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Filosofia

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José Ortega y Gasset

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

« Massa è tutto ciò che non valuta se stesso - né in bene

né in male - mediante ragioni speciali, ma che si sente

"come tutto il mondo", e tuttavia non se ne angustia, anzi

si sente a suo agio nel riconoscersi identico agli altri. »

(La ribellione delle masse)

José Ortega y Gasset

José Ortega y Gasset (IPA: [xoˈse orˈteɣa i ɣaˈset])

(Madrid, 9 maggio 1883 – Madrid, 18 ottobre 1955) è

stato un filosofo e saggista spagnolo.

Indice [nascondi]

1 Biografia

2 Idee

2.1 Circostanzialismo

2.2 Prospettivismo

2.3 Esistenzialismo e Cristianesimo

2.4 Coscienza storica

2.5 Verità

2.6 Pensiero politico

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3 Curiosità

4 Opere

5 Note

6 Bibliografia

7 Voci correlate

8 Altri progetti

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

La madre era proprietaria di un giornale di Madrid, El

Imparcial, ed il padre, Jose Ortega Munilla, era giornalista

e direttore di questo stesso giornale. Il clima giornalistico

ebbe grande influenza sulla sua vita, tanto è vero che egli

stesso fu conosciuto in larga parte per i suoi articoli.

Convinto che al popolo spagnolo si dovesse parlare in

maniera semplice e diretta, trasmise il suo pensiero

filosofico e le sue idee in materia di politica anche grazie ai

suoi articoli sul giornale. Ortega studiò nel collegio dei

gesuiti di Malaga, a partire dal 1891.

Si laureò presso la facoltà di lettere e filosofia di Madrid nel

1902 con la tesi Los terrores del año mil. Crítica de una

legenda, una tesi di sole cinquantotto pagine. In seguito si

recò in Germania dove continuò gli studi dal 1905 al 1907

a Lipsia, Norimberga, Colonia, Berlino e soprattutto a

Marburg. Li fu influenzato dal neokantismo di Hermann

Cohen e Paul Natorp, ma risultò molto sensibile alle

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posizioni di Friedrich Nietzsche e Max Scheler. Più tardi si

avvicinò, almeno in parte, anche alle posizioni di Martin

Heidegger[1]. Nel 1914 pubblicò le Meditaciones del

Quijote in cui si sofferma sullo spirito di Cervantes.

Insegnò metafisica all’Università di Madrid dal 1910 al

1936 e fu fondatore, nel 1923, della rivista Revista de

Occidente. Del 1922 è il saggio España invertebrada. Con

l'avvento della seconda repubblica spagnola Ortega si

impegnò in politica fondando il movimento "Agrupación al

Servicio de la República" nel 1931 e fu eletto Deputato

nelle Cortes. Durante la guerra civile spagnola si trasferì

all'estero e rientrò in patria nel 1948 [2]. Nel 1948 creò

l’Institudo de Humanidades, assieme al suo discepolo

Julián Marias dove proseguì l'insegnamento.

Fu esponente dell’esistenzialismo e del prospettivismo e, in

secondo momento, del cosiddetto raziovitalismo. L’opera

più famosa di Ortega è La ribellione delle masse, scritta nel

1930. Il maggior merito di Ortega è aver reso la filosofia

accessibile a tutti, usando un linguaggio il più possibile

semplice per meglio diffonderne il contenuto, esprimendo

le sue idee in articoli, conferenze, chiacchierate con la

gente più che con libri. Era il modo migliore per avvicinarsi

al popolo spagnolo che mostrava un grande disinteresse

per la filosofia. Il suo scopo non venne però compreso

tanto che alcuni lo accusarono di non essere un vero

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filosofo, perché capace di trattare ogni questione, ma

scientificamente nessuna. Fu difeso con forza dal suo

discepolo Julián Marías (padre dello scrittore Javier

Marías). Luis Abad Carretero fu suo allievo.

Idee[modifica | modifica wikitesto]

Circostanzialismo[modifica | modifica wikitesto]

Famosa è la sua affermazione “Yo soy yo y mi

circunstancia, y si no la salvo a ella no me salvo yo” (io

sono io e la mia circostanza e se non salvo questa non

salvo neppure me) che si trova nelle Meditaciones del

Quijote. Con tale asserzione intende sottolineare l’unicità

della vita di ogni essere umano, non trasferibile (nessuno

può vivere al posto mio) e determinata da circostanze

spaziale e temporali: nasco in un determinato tempo e

luogo e, in conseguenza di ciò, la mia vita si presenta con

determinate caratteristiche. Le circostanze sono molteplici

e diverse da un uomo all’altro, il che rende la sua vita

unica. La funzione delle circostanze è dunque quella di

determinare ogni singolo individuo. La loro eliminazione

comporta l’annullamento di noi stessi.

Prospettivismo[modifica | modifica wikitesto]

Ortega, similmente a Max Scheler, è sostenitore del

prospettivismo storico, ossia di una concezione della storia

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in base alla quale essa può essere compresa analizzandola

nel suo corso a partire da diverse prospettive. L’uomo

stesso, con la sua individualità, ha una visione peculiare

della realtà, che appartiene soltanto a lui. La somma totale

di tutte le prospettive della totalità degli uomini fornirebbe

la visione reale e veritiera del mondo. In sostanza, la

varietà di prospettive permette una visione più completa e

obiettiva della realtà. Una delle conseguenze più importanti

del prospettivismo è ritenere ogni posizione degna di

considerazione nonostante sia contraria alla nostra. Ogni

individuo è dunque dotato di valore per la sua originale e

unica posizione, che ne garantisce l’identificazione, e il suo

essere in disaccordo con noi deve essere considerato di

fondamentale importanza per accrescere la nostra visuale.

Per evitare scontri fra posizioni differenti è fondamentale la

tolleranza.

Esistenzialismo e Cristianesimo[modifica | modifica

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L'essere umano, immerso nella frenesia della vita, perde

autenticità nel momento in cui si allontana da se stesso.

Una delle strade di salvezza, consiste nel riscoprire il suo

autentico atteggiamento di fronte ad ogni cosa. Per

raggiungere la felicità deve inoltre perseguire una pace

interiore con la spiritualità, per cercare di bilanciare

un'epoca di crisi, di trasformazione e di rifiuto delle idee e

delle norme tradizionali ("Schema delle crisi", pag. 26). Il

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Cristianesimo, l'abbandono al soprannaturale ed a Dio

rappresentano per l'uomo un'altra via di salvezza per

arginare la ribellione delle masse, la socializzazione

dell'uomo, l'incertezza sul futuro delle ideologie, delle

norme e delle guide politiche.

Coscienza storica[modifica | modifica wikitesto]

L’uomo è erede di un passato e di credenze che da questo

passato gli giungono. Arriva nel mondo con una serie di

informazioni e conquiste già date e già realizzate. È

importante che conosca la sua storia per evitare di ripetere

gli errori che già sono stati commessi e possegga dunque

“coscienza storica”. L’uomo è continuo mutamento e nel

progredire deve cercare di far crescere la sua eredità

storica piuttosto che perderne i frutti.

Verità[modifica | modifica wikitesto]

L’uomo comincia ad essere tale quando sente la necessità

di sapere. La ricerca della verità è qualcosa di ineluttabile

nell’essere umano, che sempre cerca il senso della realtà

che lo circonda. La verità va conquistata senza pretendere

di ottenerla rifacendosi ad un’unica prospettiva. La

molteplicità di prospettive, come abbiamo già visto

parlando del prospettivismo orteghiano, dà una visione più

veritiera della realtà. Esiste però anche una verità storica,

che cambia con il mutare del tempo e delle circostanze: la

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verità non è mai data una volta per tutte e va sempre

cercata in uno sforzo continuo e instancabile.

Pensiero politico[modifica | modifica wikitesto]

Negli anni venti in Spagna vi è la dittatura di Primo de

Rivera che viene definita “dictablanda” (in scherzosa

opposizione al termine spagnolo "dictadura") in quanto non

ha le caratteristiche repressive del regime fascista. Ortega,

in questo periodo di relativa mancanza di democrazia,

scrive “La ribellione delle masse”: la storia, il progresso, si

attuano ad opera delle minoranze. Se vi deve essere un

rinnovamento, dunque, questo deve avvenire ad opera dei

migliori, che vanno, comunque, reclutati in maniera

liberal-democratica. Ortega teme che le masse chiedano

tutto allo Stato e che esso conceda loro tutto in cambio di

cieca obbedienza: ciò causerebbe una mancata

emancipazione delle masse.

Fa incontrare il liberalismo e il socialismo: il liberalismo

deve perseguire una totale emancipazione dell’individuo (a

qualunque ceto esso appartenga), il socialismo deve

abbandonare la statolatria e finire di perseguire un

egualitarismo troppo estremo. L’avvento delle masse al

pieno potere sociale è un fatto di cui bisogna prendere

atto: provoca nella società europea una crisi perché le

masse non possono guidare la società; ciò non toglie che

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esse possano scegliere i propri rappresentanti. Il problema

è l’iperdemocrazia: cioè l’emancipazione priva di

assunzione di responsabilità.

Si verifica in questo periodo il fenomeno

dell’agglomerazione: città piene, treni pieni, alberghi pieni,

le masse fanno propri i luoghi pubblici; ciò non è un male,

è indice di civiltà, “sebbene il fenomeno sia logico,

naturale, non può negarsi che prima non si verificava”.

Tutto ciò non è dovuto a un boom demografico ma alla

massificazione della società (questi individui preesistevano

ma non formavano ancora una massa). In tutto questo vi è

un elemento negativo: i migliori (in base alle loro qualità)

vengono assorbiti dalla massa, “gli attori sono assorbiti dal

coro”.

Quando Ortega parla di massa non intende la classe

operaia, poiché “massa è l’uomo medio”. La massa non è

solo un fatto quantitativo, ma anche qualitativo che palesa

una media tendente verso il basso. Il componente della

massa non si sente tale e, quindi, si sente tutto sommato a

suo agio: non realizza la condizione di conformismo in cui

è sprofondato. In questo scenario deve comunque venir

fuori una minoranza eletta: ne fa parte l’uomo che

continuamente si sforza per uscire dal coro e diventare

attore protagonista, qualunque siano il suo ceto e il suo

censo.

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Ortega non rifiuta la visione liberal-democratica, teme

l’iperdemocrazia: era meglio l’800 liberale europeo,

caratterizzato dal dialogo e dal confronto. L’iperdemocrazia

si manifesta nella massa che vuole governare con i luoghi

comuni, la vita dell’uomo-massa è priva della volontà di

progredire e di partecipare ad un processo di evoluzione

della società. La massa non capisce che se ora si può

godere di certi vantaggi ciò è dovuto al progresso: ma per

progredire ci vogliono sforzi, ci vuole l’opera di singoli

individui, usciti dal coro, diventati attori protagonisti.

Le masse, invece, considerano il progresso come qualcosa

di naturale, che non è costato alcuno sforzo. Non

“ringraziano” chi ha reso possibile questo sforzo, cioè il

liberalismo (inteso come individualismo, sforzo individuale

degli elementi migliori). La massa crede che il progresso

sia qualcosa di irreversibile: questo progresso va in realtà

mantenuto; la politica richiede mediazione e

ragionamento, mentre l’uomo-massa concepisce la politica

solo come azione diretta. Non rispetta, cioè, chi discute,

non è disposto a mettere in gioco le proprie idee.

La novità politica in Europa consiste nel venir meno delle

discussioni: questo è il regime che piace all’uomo-massa. A

tutto questo si contrappone il liberalismo: lo scopo della

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politica dovrebbe essere quello di rendere possibile la

convivenza, attraverso la discussione; bisogna avere il

diritto di dissentire. Prima vengono gli individui, poi la

collettività. Il liberalismo è “il più nobile appello che sia

risuonato nel mondo” in quanto convive con l’avversario,

accetta l’avversario e gli dà cittadinanza politica; è un

bene, infatti, che esista un’opposizione. La massa, invece,

odia a morte ciò che gli è estraneo: non dà cittadinanza

politica a chi ha opinioni dissenzienti.

Noi viviamo nell’epoca del “signorino soddisfatto”: pensa a

tutto lo Stato, lui non deve badare a nulla, si deve limitare

ad essere conformista. Tale individuo è un “bambino

viziato”: dà per scontati benessere e progresso, crede che

la vita non necessiti di competizione e che non sia

necessario che i migliori debbano emergere. Il progresso

non è una cosa facile, la massificazione, invece, induce a

ritenerlo. Lo Stato è il maggior pericolo per chi vuole uscire

dal coro: non è più un mezzo (come nella concezione

liberale) ma è ormai diventato un fine.

L’uomo-massa riceve dallo Stato tutto e ciò lo induce

all’omologazione e alla mancanza di attivismo; rischia di

dimenticare che lo Stato non può risolvere tutti i problemi,

l’individuo-massa sbaglia perché “delega in bianco”. Lo

Stato assorbe anche la società civile e l’individuo non ha

più uno spazio dove far crescere e dimostrare le proprie

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capacità. Massa e Stato si identificano a vicenda: un

esempio pratico è l’Italia di Mussolini. Ortega non è nemico

dello Stato (tanto più che è stato costruito dai liberali),

crede però che vada articolato con continenza. “Attraverso

e per mezzo dello Stato, macchina anonima, le masse

governano autonomamente”: nessuno è responsabile e si

perde l’individualità e l'unicità.

Curiosità[modifica | modifica wikitesto]

Lo scrittore Carlos Ruiz Zafòn, nel suo romanzo L'ombra

del vento, cita indirettamente il filosofo spagnolo: i due

pappagalli nello studio di uno dei protagonisti si chiamano,

appunto, Ortega e Gasset.

La scrittrice Annie Ernaux cita una riflessione di Ortega Y

Gasset nel prologo del suo libro Les Années: "Nous n'avons

que notre histoire et elle n'est pas à nous".

Alla memoria di José Ortega y Gasset è intitolato il Premio

Ortega y Gasset, assegnato annualmente dal quotidiano

spagnolo El País a coloro che si distinguono nel campo del

giornalismo e della comunicazione di lingua spagnola.

Opere[modifica | modifica wikitesto]

1914: Meditaciones del Quijote

1914: Vieja y nueva política

1916: El Espectador I

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1917: El Espectador II

1921: El Espectador III

1922: España invertebrada. Bosquejo de algunos

pensamientos históricos

1923: El tema de nuestro tiempo. El ocaso de las

revoluciones. El sentido histórico de la teoría de Einstein

1924: Las Atlántidas

1925: La deshumanización del arte e Ideas sobre la novela

1925: El Espectador IV

1927: El Espectador V

1926: El Espectador VI

1927: Espíritu de la letra

1927: Tríptico I. Mirabeau o el político

1928: Notas

1929: El Espectador VII

1929: Kant (1724-1924): Reflexiones de centenario

1930: Misión de la universidad

1930: La rebelión de las masas

1931: Rectificación de la República

1931: La redención de las provincias y la decencia nacional

1933: Goethe desde dentro

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1934: El Espectador VIII

1939: Ensimismamiento y alteración. Meditación de la

técnica

1940: El libro de las misiones

1940: Ideas y creencias

1940: Estudio sobre el amor

1941: Mocedades

1941: Historia como sistema e Del Imperio romano

1942: Teoría de Andalucía y otros ensayos

1942: Esquema de las crisis

1945: Dos prólogos. A un tratato de montería. A una

historía de la filosofía

1950: Papeles sobre Velázquez y Goya

1955: Velázquez

Opere postume

1957: El hombre y la gente

1958: La idea de principio en Leibniz y la evolución de la

teoría deductiva (scritto nel 1947)

1958: ¿Qué es filosofía? (corso del 1929).

Traduzioni italiane

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La Spagna e l'Europa, tr. Lorenzo Giusso, Ricciardi, Napoli

1936

Azorin, a cura di Carlo Bo, Cedam, Padova 1944

Schema della crisi e altri saggi, tr. Franco Meregalli,

Bompiani, Milano 1946

Il tema del nostro tempo, a cura di Sergio Solmi, Rosa e

Ballo, Milano 1947; Sugarco, Milano 1994

Lo spettatore, scelta e tr. Carlo Bo, 2 voll., Bompiani,

Milano 1949; Guanda, Parma 1984; come L'origine

sportiva dello Stato e altri saggi da "Lo spettatore", SE,

Milano 2007

La ribellione delle masse, tr. Salvatore Battaglia, Il Mulino,

Bologna 1962; TEA, Milano 1988; SE, Milano 2001

La disumanizzazione dell'arte, tr. Salvatore Battaglia, Ed.

di Ethica, Forlì 1964; Lerici, Cosenza 1980; Sossella, Roma

2005

L'uomo e la gente, tr. Lorenzo Infantino, Giuffrè, Milano

1967; Armando Roma 1996 e 2005

La missione dell'università, tr. Marcello Gammardella,

Guida, Napoli 1972

Masse e aristocrazia, a cura di Gabriele Fergola, Volpe,

Roma 1972

Cos'è la filosofia?, tr. Maria De Nicolò, Marietti, Genova

1973 e 1994

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Saggi di filosofia e di vita, tr. Niso Ciusa, San Giorgio,

Roma 1975

Una interpretazione della storia universale, Sugarco,

Milano 1978 e 1994

Paradossi pedagogici, tr. Niso Ciusa, San Giorgio, Roma

1979

Scritti politici, tr. Luciano Pellicani e Antonio Cavicchia

Scalamonti, UTET, Torino 1979

Saggi sull'amore, tr. Leonardo Rossi, SugarCo, Milano

1982; come Sull'amore, prefazione di Francesco Alberoni,

ivi 1994

Aurora della ragione storica, SugarCo, Milano 1983

Sul romanzo, tr. Otello Lottini, SugarCo, Milano 1983 e

1994

Idee per una storia della filosofia, tr. Armando Savignano,

Sansoni, Firenze 1983

Scienza e filosofia, tr. Luciano Pellicani, Armando, Roma

1983

Storia e sociologia, tr. Lorenzo Infantino, Liguori, Napoli

1983

La missione del bibliotecario e Miseria e splendore della

traduzione, tr. Amparo Lozano Maneiro e Claudio Rocco,

SugarCo, Milano 1984 e 1994

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Carte su Velazquez e Goya, tr. Cesco Vian, Electa, Milano

1984

Meditazioni sulla felicità, tr. Claudio Rocco e Amparo

Lozano Maneiro, SugarCo, Milano 1986

Meditazioni del Chisciotte, tr. Bruno Arpaia, Guida, Napoli

1986 e 2000

Metafisica e ragione storica, tr. Armando Savignano,

SugarCo, Milano 1989

Filosofia della caccia, tr. Aladino Vitali, Ed. Il paese reale,

Grosseto 1975; come Discorso sulla caccia, Vallecchi,

Firenze 1990

La scelta in amore, tr. Elena Carpi Schirone, ES, Milano

1993; SE, Milano 1997 e 2006

Aurora della ragione storica, tr. Leonardo Rossi, SugarCo,

Milano 1994

Il politico, tr. Erminia Macola, Biblioteca dell'immagine,

Pordenone 1995

Pensare e credere, tr. Elisabetta Pavani, Alinea, Firenze

1995

Vives o l'intellettuale, tr. Erminia Macola e Adone

Brandalise, Esedra, Padova 1997

La disumanizzazione dell'arte, tr. Luciano Arcella, Settimo

sigillo, Roma 1998

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Goya, tr. Roberto Rossi Testa, SE, Milano 2000;

Abscondita, Milano 2007

Meditazione sull'Europa, a cura di Dante Argeri, Seam,

Roma 2000

Miseria e splendore della traduzione, tr. Claudia Razza, Il

melangolo, Genova 2001

Origine ed epilogo della filosofia e altri scritti, tr. Armando

Savignano, Bompiani, Milano 2002

Goethe: un ritratto dall'interno, tr. Anna Benvenuti,

prefazione di Stefano Zecchi, Medusa, Milano 2003

Il mito dell'uomo nell'epoca della tecnica, tr. Nino

Matteucci, Ed. Ogni uomo e tutti gli uomini, Bologna 2005

L'idea del principio in Leibniz e l'evoluzione della teoria

deduttiva, tr. Sandro Borzoni, Saletta dell'Uva, Caserta

2006

Idea del teatro, tr. Andrea Fantini, Medusa, Milano 2006

Discorso sulla caccia, Editoriale Olimpia, Sesto fiorentino

2007

Meditazioni su Don Giovanni, a cura di Lia Ogno, Le

Lettere, Firenze 2009

Note[modifica | modifica wikitesto]

^ Si veda un'analisi dei rapporti tra Ortega e Heidegger in

quest'intervista per l'Enciclopedia Multimediale delle

scienze filosofiche

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^ Ortega Y Gasset Jose nell’Enciclopedia Treccani

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Niso Ciusa, Il pensiero di Jose Ortega y Gasset: quattro

saggi, Moderna, Sassari 1955

Nynfa Bosco, Ortega y Gasset, Ed. di filosofia, Torino 1956

Ugo Lo Bosco, Filosofia e diritto in Ortega y Gasset, Milone,

Roma 1961

Eugenio Ripepe, Il pensiero politico di Jose Ortega Y

Gasset, Giuffrè, Milano 1967

Ernesta Vigant, Il pensiero di Jose Ortega y Gasset: la sua

arte letteraria, la sua interpretazione della storia, la sua

teoria storica, Cedam, Padova 1968

Luciano Pellicani, Antropologia ed etica di Ortega y Gasset,

Guida, Napoli 1971

Gualtiero Cangiotti, L'uomo contemporaneo di Ortega y

Gasset, Argalia, Urbino 1972

Luciano Pellicani, Introduzione a Ortega y Gasset, Liguori,

Napoli 1978

Gualtiero Cangiotti, Ortega Y Gasset e la filosofia della

tecnica, Clueb, Bologna 1979

Lorenzo Infantino e Luciano Pellicani (a cura di), Attualità

di Ortega y Gasset, Le Monnier, Firenze 1984

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Armando Savignano, Antropologia e religione in José

Ortega y Gasset, Benucci, Perugia 1984

Armando Savignano, Ortega y Gasset: la ragion vitale e

storica, Sansoni, Firenze 1984

Luciano Pellicani, La sociologia storica di Ortega y Gasset,

SugarCo, Milano 1986

Lorenzo Infantino, Ortega y Gasset: una introduzione,

Armando, Roma 1990

Franco Meregalli, Introduzione a Ortega y Gasset, Laterza,

Bari 1995

Walter Ghia, Nazioni ed Europa nell'età delle masse: sul

pensiero politico di Ortega y Gasset, Istituti editoriali e

poligrafici internazionali, Pisa 1996

Armando Savignano, Introduzione a Ortega y Gasset,

Laterza, Bari 1996

Francesco Moiso, Marco Cipolloni e Jean-Claude Léveque (a

cura di), Ortega y Gasset pensatore e narratore

dell'Europa, Cisalpino, Milano 2001 [convegno di studi a

Milano, 13-14 novembre 1988 e a Gargnano del Garda,

16-18 novembre 1998]

Mimmo Calbi e Vito A. D'Armento, Il pudore pedagogico di

José Ortega y Gasset, Sallentum, Lecce 2002

Lucia Parente, Le rose di Gerico: la metafora del pensiero

di Ortega y Gasset, Gruppo Tipografico Editoriale, L'Aquila

2002

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Josè M. Sevilla, Ragione narrativa e ragione storica: una

prospettiva vichiana su Ortega y Gasset, a cura di R. Fedi e

M. Danesi, Ed. Guerra, Perugia 2002

Riccardo Venturini, Ortega y Gasset, la realtà radicale e il

sociale. Osservazioni Schutziane, Plus, Pisa 2003

Franco Cambi, Adriano Bugliani e Alessandro Mariani,

Ortega y Gasset e la "Bildung": studi critici, Unicopli,

Milano 2007

Jean-Claude Léveque, Forme della ragione storica: la

filosofia di Ortega y Gasset come filosofia europea,

Trauben, Torino 2008

Rosalina Nigro, José Ortega y Gasset. Il contributo della

critica italiana, Università degli Studi di Napoli

"L'Orientale", Napoli 2012

Giuseppe Cacciatore-Armando Mascolo, La vocazione

dell'arciere. Prospettive critiche sul pensiero di José Ortega

y Gasset, Moretti&Vitali, Bergamo 2013