OPI Weekly Report N°9/2016

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www.bloglobal.net N°9, 13-19 MARZO 2016 ISSN: 2284-1024

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Rassegna settimanale a cura dell'Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) // 13-19 marzo 2016

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N°9, 13-19 MARZO 2016

ISSN: 2284-1024

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Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo

Milano, 20 marzo 2016 ISSN: 2284-1024 A cura di: Georgiy Bogdanov Oleksiy Bondarenko Davide Borsani Luttine Ilenia Buioni Giuseppe Dentice Danilo Giordano Antonella Roberta La Fortezza Giorgia Mantelli Violetta Orban Maria Serra Alessandro Tinti

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Weekly Report N°9/2016 (13-19 marzo 2016), Osservatorio di Politica Internazionale (OPI), Milano 2016, www.bloglobal.net

Photo Credits: Luc Gnago, Reuters/Contrasto; Reuters; Gokhan Tan/Getty Images; Getty Images; La Repubblica; AFP;

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FOCUS

IMMIGRAZIONE-UNIONE EUROPEA ↴

Al termine di un lungo negoziato condotto all’interno del Consiglio Europeo del 17-18

marzo, è stato raggiunto l’accordo tra i Ventotto e Turchia in merito alla ge-

stione della crisi migratoria. L’intesa, imbastita nei suoi principi di massima nel

precedente Vertice del 7 marzo, e a latere della quale è previsto un rafforzamento

delle attività di controllo contro i trafficanti nel Mar Egeo da parte della NATO, si fonda

sui seguenti punti di azione:

1. tutti i migranti irregolari che dal 20 marzo giungeranno da Turchia in

Grecia verranno rispediti in Turchia. Ciò avverrà nel pieno rispetto delle norme

europee ed internazionali di tutela dei diritti umani, garantendo il principio di non

respingimento, escludendo perciò qualsiasi tipo di espulsione collettiva. I migranti

che giungeranno nelle isole greche saranno debitamente registrati e le domande

di asilo saranno processate dalle autorità greche in conformità con la direttiva sulle

procedure di asilo e in collaborazione con l’UNHCR. I migranti non richiedenti asilo

o la cui domanda è stata trovata infondata o inammissibile secondo la citata diret-

tiva, saranno rimandati in Turchia. Grecia e Turchia, con l’assistenza delle Istitu-

zioni e della Agenzie UE, potranno adottare ulteriori misure e concordare eventuali

accordi bilaterali necessari per il corretto funzionamento dell’accordo. I Ventotto

hanno inoltre precisato che si tratta di una misura temporanea e straordinaria e

che i costi delle operazioni di rimpatrio dei migranti irregolari saranno coperti

dall’UE;

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2. applicazione del principio “one in, one out”: per ogni siriano rimandato in

Turchia dalle isole greche, un altro siriano sarà ricollocato dalla Turchia nell’Unione

Europea in accordo ai Criteri di Vulnerabilità individuati dalle Nazioni Unite. La

priorità sarà accordata ai migranti che precedentemente non siano entrati o che

non abbiano tentato di entrare nell’UE in modo irregolare. Il meccanismo di ricol-

locamento avverrà innanzitutto in ottemperanza agli impegni definiti nel Consiglio

del 22 luglio 2015, in base ai quali restano 18.000 posti destinati al reinsedia-

mento. A qualsiasi ulteriore bisogno di reinsediamento si provvederà mediante un

analogo accordo volontario fino a un limite di 54.000 persone aggiuntive. I membri

del Coniglio Europeo si sono comunque detti disponibili a rivedere le decisioni

prese durante il Vertice del 22 settembre o qualora i nuovi accordi non riescano a

contenere il fenomeno dell’immigrazione irregolare;

3. la Turchia adotterà qualsiasi misura necessaria per evitare l’apertura di

nuove rotte marittime o terrestri di migrazione irregolare dalla Turchia verso

l’UE;

4. una volta terminati, o per lo meno drasticamente ridotti, gli attraversamenti

irregolari fra la Turchia e l’UE, verrà attivato un programma volontario di am-

missione umanitaria al quale gli Stati UE contribuiranno su base volontaria;

5. l’UE e i suoi Stati membri collaboreranno con la Turchia per migliorare la si-

tuazione umanitaria in Sira, in particolare in alcune zone limitrofe della frontiera

turca, nel quadro di uno sforzo congiunto che possa consentire alla popolazione

locale e ai rifugiati di vivere in zone più sicure.

L’attuazione di tali misure resta pertanto finalizzata al reinserimento della Turchia

all’interno di un framework di più forte cooperazione con l’UE in vista, in par-

ticolare, dello sblocco dei negoziati di adesione. Oltre all’erogazione entro il 2018 di

3 miliardi aggiuntivi ai 3 già precedentemente accordati per il finanziamento dei

progetti di identificazione e di assistenza per i rifugiati (stanziamenti che non ver-

ranno quindi destinati direttamente al governo turco), Bruxelles ha infatti accolto con

favore la ripresa delle discussioni per il miglioramento dell’unione doganale e per il

rilancio del processo di adesione – enunciato nella dichiarazione congiunta del 29

novembre 2015 – già sotto l’attuale semestre di presidenza dei Paesi Bassi. È attesa

in questo senso entro aprile una proposta della Commissione europea per l’apertura

del capitolo 33 sulle politiche fiscali, dopo l’intesa di dicembre sull’apertura del capi-

tolo 17 concernente l’economia e le politiche monetarie.

Secondo il documento operativo pubblicato dalla Commissione il 19 marzo, l’attua-

zione dell’accordo richiederà enormi sforzi operativi e, in particolare, della Gre-

cia, dove si stima che verranno impiegate almeno 4mila persone (messe a disposi-

zione da Atene, Stati membri, FRONTEX ed EASO) nelle procedure di asilo, appello e

ritorno. Per ciò che riguarda l’assistenza materiale, FRONTEX metterà a disposizione

8 navi (con una capacità di 300-400 passeggeri per nave) e 28 autobus, mentre sulle

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isole greche verranno creati campi capaci di accogliere fino a 20.000 persone (la

capacità è attualmente stimata in 6.000 posti). I costi attuazione del piano do-

vrebbero aggirarsi intorno ai 280 milioni di euro per i prossimi sei mesi.

SBARCHI NEL MEDITERRANEO DI MIGRANTI E RIFUGIATI – PANORAMICA REGIONALE FONTE: UNHCR

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SIRIA-IRAQ ↴

Il 14 marzo il Presidente russo Vladimir Putin ha annunciato il rientro parziale

del contingente militare inviato in Siria lo scorso autunno. Ribaltati i rapporti

di forza a favore dell’esercito regolare «nella lotta contro il terrorismo internazio-

nale», Putin ha espresso l’auspicio che la decisione possa incoraggiare la risoluzione

pacifica della guerra civile. Tuttavia, Mosca manterrà la presenza militare nel Paese,

nel porto di Tartous e nella base aerea di Hmeymim a Latakia, e continuerà a soste-

nere il contestato governo alawita. In questo senso, Putin ha avvertito che in caso di

necessità la Russia potrà intervenire massicciamente e in poche ore nello scenario.

Ufficialmente, la notizia ha colto di sorpresa tanto gli Stati Uniti e le potenze occiden-

tali, quanto Iran e Hezbollah anch’essi alleati di Assad. Il Cremlino sembra aver colto

l’opportunità di ridurre la scala e il costo delle operazioni militari, riportando il suc-

cesso d’immagine di un intervento rapido e decisivo nel riaprire la partita su Dama-

sco. Tuttavia, il ritmo del ritiro è al momento moderato e la decisione russa può

leggersi tanto quale un atto concordato con Washington (con cui Mosca collabora nei

gruppi di contatto per il monitoraggio del cessate il fuoco e l’implementazione del

soccorso umanitario alla popolazione civile) per affrettare i tempi di un’intesa sulla

transizione politica siriana, quanto come un invito alle cancellerie occidentali a limare

l’attrito sullo scenario ucraino. Ciononostante, i caccia militari russi continuano a sor-

volare lo spazio aereo siriano a favore delle forze lealiste e hanno incrementato i

bombardamenti contro lo Stato Islamico (IS) nell’area di Palmyra, dove è in stallo la

controffensiva governativa e dove i guerriglieri jihadisti hanno rivendicato l’uccisione

di cinque soldati russi negli scontri degli ultimi giorni.

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Allo scoccare del quinto anniversario del conflitto, sono intanto ripresi lo stesso

14 marzo i colloqui di pace mediati dalle Nazioni Unite tra il governo di Dama-

sco e i rappresentanti delle opposizioni siriane. Una nuova battuta di arresto del pro-

cesso negoziale riaprirebbe inevitabilmente i combattimenti tra le parti, ridotti dalla

tregua ancora in vigore e dall’annunciato ritiro del contingente russo. Mentre meno

del 20% dei civili è stato raggiunto dai convogli umanitari, è questo dunque il «mo-

mento della verità» come lo ha definito l’Inviato Speciale ONU per la Siria, Staffan de

Mistura, il quale ha reso noto che questo primo round si prolungherà sino al 24 marzo.

Tuttavia, un accordo sui termini della transizione appare lontano se nelle pa-

role di Muhammad Alloush, negoziatore delle opposizioni filo-saudite e leader della

brigata salafita Jaysh al-Islam, l’inizio del processo politico è condizionato «alla ca-

duta o alla morte» del Presidente Bashar al-Assad. Il rappresentante del regime ala-

wita a Ginevra, Bashar al-Jaafari, ha replicato che non discuterà direttamente con

l’Alto Comitato delle Negoziazioni trattandosi di una «delegazione terrorista guidata

da un assassino».

TERRITORIALI RICONQUISTATI DAI LEALISTI DOPO L’INTERVENTO ARMATO RUSSO – FONTE: THE NEW YORK TIMES

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A scuotere il tavolo negoziale di Ginevra è la proclamazione di autonomia fede-

rale del Rojava, ossia dei tre cantoni curdi di Jazira, Kobane e Afrin nel nord

della Siria. Non ammessi ai colloqui di pace malgrado il rilevante ruolo politico e

militare, le autorità curde unitamente a delegati arabi, assiri e turcomanni hanno

approvato il 16 marzo a Rmelian un accordo per la costituzione di un sistema di

governo federale e democratico, che reclama il riconoscimento dell’autonomia di fatto

del Kurdistan siriano e propone un modello di autogoverno multietnico e multiconfes-

sionale. Se la condanna di Damasco e di Ankara era attesa, anche Washington ha

espresso risentimento per il passo in avanti. Nonostante la stretta cooperazione nel

contrasto dell’IS, il Dipartimento di Stato ha chiarito che la potenza statunitense

non riconoscerà alcun accordo unilaterale e che un modello federale dovrà ne-

cessariamente emergere nei colloqui di pace, cui tuttavia gli esponenti politici curdi

tuttora non sono invitati a fronte del perentorio veto turco. Paradossalmente, in una

parallela audizione al Senato, il Generale Joseph Dunford, Capo di Stato Maggiore

statunitense, lodava i successi militari curdi e il crescente arruolamento di combat-

tenti arabi nelle milizie (denominate Forze Democratiche Siriane). Indiscrezioni ripor-

tate dai media russi (Mosca preme per l’inserimento curdo nei colloqui di pace) rife-

riscono che rappresentanti del Partito curdo di Unione Democratica (PYD)

potrebbero essere convocati a Ginevra alla fine dell’odierna sessione nego-

ziale. Intanto, l’Osservatorio siriano per i diritti umani ha documentato scontri a

Qamishli tra le forze di polizia curde e soldati governativi.

Malgrado sporadiche violazioni, la sospensione delle ostilità tra governo e formazioni

ribelli ha dato nuovo slancio alle manifestazioni di dissenso in numerose città

siriane. Significativamente, la tregua evidenzia i limiti della supremazia militare di

Jabhat al-Nusra (JaN), gruppo affiliato ad al-Qaeda e perciò escluso dalla tregua, e

del vessillo ideologico jihadista nel fronte eterogeneo delle opposizioni. Il 13 marzo i

miliziani di JaN e di Jund al-Aqsa (altra sigla islamista) hanno attaccato il quartier

generale della Tredicesima Divisione, importante brigata afferente all’Esercito Libero

Siriano, a Maarat al-Numaan. Nei giorni precedenti gli esponenti di JaN avevano mo-

strato insofferenza verso la riemersione delle bandiere e degli slogan della rivoluzione

nei cortei popolari.

In Iraq, il rilancio dell’offensiva dell’esercito regolare nell’Anbar (12 marzo) è corri-

sposto dal ripiegamento dei guerriglieri dell’IS dai distretti di Hit e Kubaisa, a ovest

di Ramadi. L’avanzata lungo l’Eufrate è d’importante valore strategico data la

prossimità della base di al-Asad. L’operazione, tuttavia, ha comportato lo sfollamento

di circa 35.000 civili. Intanto, Baghdad sta spostando uomini e armamenti a nord,

dove le forze di sicurezza irachene, i Peshmerga curdi e le milizie sciite si apprestano

a colpire i bastioni del Califfato islamico nella provincia petrolifera di Kirkuk.

Intanto il governo centrale ha deciso l’interruzione delle esportazioni di greggio

dal Kurdistan iracheno verso il porto turco di Ceyhan al fine di sollecitare le

autorità regionali di Erbil a riprendere le discussioni sul delicato accordo di gestione

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e allocazione dei proventi petroliferi. Non accennano invece a spegnersi le proteste

incalzate dal leader sciita Muqtada al-Sadr. Il 13 marzo migliaia di sostenitori sadristi

hanno lambito l’ingresso della “Green Zone” di Baghdad per chiedere al Primo Ministro

al-Abadi l’adozione di riforme strutturali contro la corruzione endemica. Le manife-

stazioni dilaganti in tutto l’Iraq meridionale, riflesse dalle tensioni nel Kurdistan, espli-

citano la pericolosa frammentazione settaria del Paese.

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TURCHIA ↴

Cinque persone hanno perso la vita nell’attacco suicida che il 19 marzo ha colpito

l’arteria pedonale di Istiklal Caddesi, a Istanbul: tra queste l’attentatore, che le

forze di sicurezza turche hanno inizialmente identificato come Savaş Yıldız, un uomo

originario di Adana, e che l’agenzia di stampa Anadolu ha spiegato essere un sospet-

tato militante turco dello Stato Islamico (IS) – presumibilmente legato alla cellula di

Adıyaman, i cui vertici operano in Siria, nella zona di Raqqa – già incluso nella lista

dei potenziali kamikaze. Sebbene non vi siano state finora rivendicazioni ufficiali, il

Ministro degli Interni Efkan Ala, ha successivamente dichiarato che l’attentatore

potrebbe essere Mehmet Öztürk, un giovane originario di Gaziantep e vero-

similmente vicino all’IS, e che cinque uomini sono stati arrestati nell’ambito delle

indagini sull’attentato. CNN Türk riporta che il progetto originario dell’attacco preve-

deva probabilmente la deflagrazione nella vicina Piazza Taksim, in un momento di

maggiore traffico. Un comunicato sul sito dell’Ambasciata degli Stati Uniti ad Ankara,

diramato il 17 marzo, confermava l’allerta terrorismo in Turchia ed informava i citta-

dini americani circa potenziali episodi a questo legati e connessi alla celebrazione del

Capodanno curdo, il Nevruz, i cui festeggiamenti sono stati anticipati in alcune città,

ma vietati in buona parte del Paese. La presenza di tre israeliani tra le vittime ali-

menta sospetti, non comprovati, sulla natura del target dell’attacco.

L’atto terroristico di Istanbul segue di una settimana quello avvenuto nel quar-

tiere centrale di Kizilay, ad Ankara (13 marzo), ancora una volta a distanza di

due giorni dall’avvertimento dell’Ambasciata USA, che informava i suoi cittadini di un

possibile attacco contro edifici istituzionali nel centro della capitale. L’esplosione

dell’automobile, avvenuta nei pressi di Güvenpark a ridosso di una fermata del bus,

che ha causato la morte di 37 persone e il ferimento di oltre 100, è stata rivendicata

dai Falchi per la Libertà del Kurdistan (TAK) quale atto di ritorsione contro la

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«Repubblica fascista turca» in conseguenza delle operazioni militari condotte dalle

forze di sicurezza nell’Anatolia sud-orientale, in particolare nella città di Cizre, a mag-

gioranza curda. Creato nel 2004 dalla scissione di alcuni militanti del Partito dei La-

voratori del Kurdistan (PKK), il gruppo radicale TAK è anche responsabile dell’atten-

tato kamikaze compiuto ad Ankara il 17 febbraio scorso, ai danni di un convoglio

militare turco. Come riportato da Al Monitor, i combattenti del TAK agirebbero in

maniera semi-autonoma sotto l’ombrello del PKK, che fornirebbe loro supporto

ideologico e materiale, pur disapprovando ufficialmente le azioni terroristiche con-

dotte contro civili. Tra gli attentatori è stata identificata una studentessa di 24 anni,

Seher Çağla Demir, già processata perché vicina al PKK, mentre non v’è certezza sul

coinvolgimento del presunto secondo attentatore, individuato da fonti turche in Özgür

Ünsal ma non menzionato dal comunicato diffuso dal TAK.

Immediata la reazione del governo di Ankara che, prima ancora della rivendicazione

ufficiale, ha ordinato l’intensificazione dei raid aerei contro le postazioni del

PKK nel nord dell’Iraq, impiegando caccia F-16 e F-4 2020. Inoltre, il Presidente

turco Recep Tayyp Erdoğan ha manifestato al Parlamento (16 marzo) l’urgenza di

procedere penalmente contro gli esponenti politici filo-curdi accusati di intrattenere

rapporti con i ribelli. Non può sottovalutarsi il timore che il governo nutre nei confronti

delle aspirazioni della comunità curda, specialmente a seguito di quanto accaduto in

Siria, dove il 17 marzo tre regioni settentrionali controllate dai curdi hanno votato

per la creazione di un sistema federale autonomo. Ma le pulsioni separatiste che ani-

mano il popolo curdo rappresentano solo una delle sfide che il Presidente Erdoğan è

chiamato ad affrontare. In questo momento risulta essere altrettanto prioritaria l’esi-

genza di contrastare la propaganda e la strategia del terrore attuata dallo Stato Isla-

mico. Del resto, l’allarme sicurezza – elevato dopo la serie di cinque attentati che da

luglio dello scorso anno hanno provocato oltre 200 vittime – ha motivato anche le

misure precauzionali adottate dalla Germania, che il 17 marzo ha ordinato la

chiusura delle sedi diplomatiche ad Ankara e ad Istanbul e di due scuole tede-

sche in Turchia.

Gli attentati che hanno recentemente coinvolto i due principali centri turchi e le mi-

sure preventive di Berlino dimostrano che il terrorismo rappresenta una concreta mi-

naccia per l’ordine pubblico interno: il Primo Ministro turco Ahmet Davutoğlu ha de-

finito l’atto di Istanbul come «inumano» ed ha dichiarato che il Paese proseguirà la

sua battaglia contro il terrorismo. A questo punto, nell’attuale contesto di instabilità,

appare probabile che il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP), prima forza politica

in Parlamento, possa accentuare la propria tendenza conservatrice, in un momento

in cui sul Paese già pesano i limiti alla libertà di espressione delle forze di opposizione.

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BREVI

BELGIO-FRANCIA, 15-17 MARZO ↴

Dopo cinque mesi di affannose ricerche tra Europa (in

particolar modo tra Francia e Belgio) e Siria, l’uomo

più ricercato al mondo, il belga di origini maghrebine

Salah Abdeslam, è stato arrestato attraverso

un’operazione di polizia congiunta da parte di forze

belghe e francesi. Abdeslam è stato arrestato nella serata del 17 marzo in Rue des

Quatre-vents a Molenbeek, dopo che le forze di sicurezza e di polizia franco-belghe

avevano lanciato una maxi operazione il 15 marzo a Forest, sobborgo di Bruxelles, in

cui erano stati arrestati due uomini di origini maghrebine, coinvolti nella logistica

degli attentati di Parigi del 13 novembre scorso, mentre uno, il sospetto terrorista

Mohamed Belkaid – probabilmente una falsa identità –, è morto in seguito allo scontro

a fuoco. Abdeslam era ricercato in qualità di esecutore e ideatore degli attacchi di

Parigi al Bataclan e allo Stade de France, nel quale morirono 132 persone.

Nell’operazione a Molenbeek, la polizia ha arrestato anche Amine Choukri e tre

componenti della sua famigla, rei di aver ospitato i terroristi durante la loro fuga.

Sebbene la dinamica non sia stata ancora del tutto chiarita dagli inquirenti, secondo

le prime indiscrezioni di stampa la cattura di Abdeslam – ferito durante il raid della

polizia – e dei suoi complici sarebbe avvenuta in circostanze del tutto fortuite. Inoltre,

le forze di sicurezza belghe hanno spiegato che Abdeslam è rimastro probabilmente

in tutti questi mesi nascosto sempre a Bruxelles e che la pista che conduceva al

ricercato maghrebino è sorta con evidenza dopo la perquisizione in un’abitazione di

Forest, nella quale gli inquirenti avevano trovato tracce di DNA e impronte digitali del

sospetto. Immediatamente informati degli sviluppi dell’operazione, il Premier belga

Charles Michel e il Presidente francese François Hollande hanno lasciato il Vertice UE-

Turchia sulla questione migratoria, che si teneva nelle stesse ore a Bruxelles, e in

serata hanno tenuto una conferenza stampa congiunta nella quale si sono

complimentati con polizia e con gli agenti di sicurezza per la cattura di Abdeslam. Nel

corso della conferenza stampa, Hollande ha avanzato ufficialmente una richiesta di

estradizione di Salah Abdeslam al Belgio, alla quale, almeno formalmente il Premier

belga non si è opposto. I fatti di Molenbeek e Forest si inseriscono all’interno delle

operazioni di sicurezza – alcune delle quali molto mediatiche – lanciate dal governo

belga in risposta alle critiche ricevute e alla tensione diplomatica sorta con la Francia

a seguito delle vicende di Parigi. Infatti nel corso dei mesi sono state eseguite

numerose perquisizioni e raid anti-terrorismo tra i sobborghi cittadini di Bruxelles

(Molenbeek-Saint-Jean e Forest), Charleroi e Liegi (Verviers), che hanno portato

all’arresto di 16 persone di origine maghrebina, più o meno direttamente coinvolte

con il network jihadista europeo – che potrebbe essere molto più esteso di quel che

le indagini hanno portato a conoscenza –, all’uccisione della mente delle stragi di

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Parigi, Abdelhamid Abaaoud, e alla scoperta nella capitale belga della base logistica

degli attentatori di Parigi.

COSTA D’AVORIO, 13 MARZO ↴

Un commando di uomini a volto coperto e armati di

kalashnikov e granate ha preso d’assalto la zona

turistica di Grand Bassam, lungo le spiagge ivoriane, a

circa venticinque chilometri da Abidjan, sparando sulla

popolazione civile. Secondo i testimoni, i terroristi sono

arrivati dalla spiaggia per poi dirigersi verso i tre hotel

della zona. Gli spari sono durati un paio d’ore. Sono intervenute unità delle forze

speciali e della polizia francese e ivoriana, che hanno isolato la zona ed evacuato i

feriti, lo staff e i clienti degli alberghi colpiti. L’attacco, che ricorda il modo di operare

degli assaltatori di Sousse in Tunisia, è stato rivendicato dal gruppo di al-Qaeda nel

Maghreb Islamico (AQIM) con un messaggio in inglese su Twitter e Telegram: «Per

grazia di Allah onnipotente, tre eroi dai cavalieri di Qaedat al Jihad nel Maghreb

islamico sono stati in grado di fare irruzione nel resort turistico di Grand Bassam, ad

est della città di Abidjan in Costa d’Avorio». Sebbene ufficialmente non rivendicato,

dietro agli attacchi in Costa d’Avorio potrebbe aver avuto un ruolo determinante

anche al-Mourabitoun, gruppo islamista guidato da Mokhtar Belmokhtar e attivo tra

Algeria e Mali. Da tempo la formazione del leader islamista è impegnata su un doppio

fronte: da un lato fagocitare quel che rimane di AQIM nel Sahel per affermare

definitivamente la sua leadership nel fronte africano qaedista, dall’altro nell’ergersi a

chiaro antagonista di Boko Haram in Africa occidentale. AQIM e al-Mourabitoun sono

stati infatti gli stessi gruppi che hanno rivendicato gli attacchi a Bamako, in Mali

(novembre 2015), e a Ouagadougou, in Burkina Faso (gennaio 2016). Secondo il

bilancio riportato dal Ministro dell’Interno della Costa d’Avorio, Hamed Bakayoko, si

contano 18 vittime – tra cui 15 civili e 3 ufficiali – e 33 feriti. Tre degli attentatori

sono stati uccisi, mentre i quattro italiani che si trovavano nel Paese per motivi di

lavoro sono scampati al massacro. Il Presidente della Repubblica Alassane Ouattara

ha dichiarato tre giorni di lutto nazionale e ha sottolineato che la sicurezza sarebbe

stata rafforzata nei luoghi strategici e in quelli aperti al pubblico come scuole,

ambasciate, uffici internazionali, residenze diplomatiche e zone di confine. Il

Segretario Generale dell’ONU, Ban Ki-moon, si è impegnato a dare il pieno sostegno

nel portare i responsabili davanti alla giustizia. È la prima volta che la Costa d’Avorio

viene colpita in un attacco con queste caratteristiche, anche se il Paese era già stato

in allerta dopo gli attentati jihadisti contro gli hotel burkinabè e maliani. Stando a

quanto riportato dalla stampa, le forze di sicurezza ivoriane hanno finora sventato 5

attacchi nel Paese grazie all’aiuto della Francia, che ha già una presenza militare in

loco risalente ai tempi dell’operazione Licorne (2007) e che nel corso dei mesi ha

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inviato esperti anti-terrorismo impegnati in esercitazioni congiunte franco-ivoriane di

simulazione di un attacco terroristico.

MAPPA DEGLI ATTENTATI CONTRO TURISTI E STRANIERI IN AFRICA – FONTE: AFP

GERMANIA, 13 MARZO ↴

Si sono svolte in Germania le elezioni locali per il

rinnovo dei Parlamenti dei Länder di Baden-

Württemberg, Renania-Palatinato e Sassonia-Anhalt. A

livello generale, i risultati hanno rappresentato una

sconfitta per i partiti tradizionali, CDU e SPD, mentre

hanno mostrato una forte affermazione di Alternative für Deutschland (AfD), il partito

nato nel 2013 dalla volontà di un gruppo di economisti e giornalisti, che ha impostato

la sua campagna elettorale su alcuni temi: “no” alla politica di accoglienza dei

rifugiati, “si” al ripristino dei controlli alle frontiere, referendum sull’accordo

commerciale TTIP e alla ripresa dei rapporti commerciali con la Russia. Nel Baden-

Württemberg, una delle regioni più ricche del Paese, i Grünen, il Partito dei Verdi,

hanno ottenuto oltre il 30% dei voti, mentre la CDU soltanto il 27% e AfD il 15,1%,

con la SPD scesa al 12,7% dei consensi. L’ambientalista Winfried Kretschmann,

attuale governatore della regione, ha parlato di una vittoria storica del suo partito,

ma nessuna formazione ha ottenuto la maggioranza per governare da solo e sarà

necessario ricorrere a delle coalizioni. Nello stato occidentale della Renania-palatinato

la SPD si è confermata come primo partito della regione ottenendo il 36,2% dei

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consensi, seguita dalla CDU, ferma al 31,8%, mentre AfD ha avuto il 12,6% dei voti.

La candidata vincitrice della SPD, Malu Drayer, dovrebbe essere confermata alla guida

della regione e, in questo caso, potrebbe riproporsi a livello locale la coalizione già

attuata a livello nazionale con la CDU. Pe quanto riguarda la Sassonia-Anhalt, una

delle aree più povere del Paese, ha vinto la CDU con il 29,8% dei voti, ma l’AfD ha

ottenuto un sorpendente 24,2%, diventando il secondo partito della regione, mentre

Linke e SPD hanno avuto rispettivamente il 16,3% e il 10,6% dei consensi. In questo

caso la coalizione CDU/SPD non sarà sufficiente a garantire la maggioranza, perché

le due formazioni insieme non raggiungono i 44 seggi necessari a governare. Benchè

non decisivi per la politica nazionale, queste elezioni regionali erano considerate da

molti come un test sulle politiche intraprese dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel,

con particolare riferimento alle decisioni riguardanti l’accoglienza dei rifugiati. Il vice-

cancelliere tedesco, Sigmar Gabriel della SPD, ha precisato che il risultato non

cambierà l’atteggiamento dell’esecutivo nei confronti del tema immigrazione.

RISULTATI ELETTORALI NEI LÄNDER TEDESCHI – FONTE: DIE WELT

RUSSIA, 14-16 MARZO ↴

Il Ministro degli Esteri tunisino, Khemaies Jhinaoui, ha

incontrato a Mosca il suo omologo russo, Sergej

Lavrov. Gli argomenti principali dell’incontro sono stati

la lotta al terrorismo, la situazione in Nord Africa e

quella in Medio Oriente. Il Ministro degli Esteri russo

ha sottolineato il proprio sostegno alla Tunisia nella

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sua azione contro il terrorismo; a tal riguardo si è affermata la volontà di coordinare

gli sforzi sia a livello bilaterale sia internazionale e la volontà di innalzare le relazioni

tra i due Paesi a livello di partenariato strategico, che possa comprendere non

soltanto la materia della lotta al terrorismo ma che tocchi anche temi quali

l’economia, gli scambi commerciali e gli investimenti. Durante l’incontro il Ministro

russo ha ancora una volta confermato l’indisponibilità della Russia ad intervenire

militarmente in Libia senza mandato delle Nazioni Unite. Il 16 marzo il Presidente

russo Vladimir Putin ha invece ricevuto il suo omologo israeliano Reuven Rivlin: un

incontro considerato rilevante poiché avvenuto all’indomani dell’annuncio di Mosca di

un ritiro – seppur parziale – dalla Siria. L’incontro è infatti servito a fare il punto della

situazione sulla questione siriana, sulle trattative di pace tra Israele e i palestinesi e

in generale sulla situazione mediorientale in vista, secondo quanto emerso, di un

prossimo incontro tra Putin e Netanyahu. Il Presidente israeliano ha ribadito la

posizione di Israele volta ad impedire che la doverosa lotta contro Stato Islamico

possa avere come conseguenza un rafforzamento dell’Iran e soprattutto di Hezbollah;

dal canto suo Putin ha invece ribadito il proprio impegno a garantire la sicurezza di

Israele dagli attacchi islamisti.

STATI UNITI, 15 MARZO ↴

Negli Stati Uniti, Paese in piena campagna elettorale

per individuare i candidati Presidenti dei due partiti in

vista delle presidenziali di novembre, quella appena

trascorsa è stata la settimana dell’importante “Mega

Tuesday”. Martedì 15 marzo si sono pronunciati infatti

sei Stati sul versante repubblicano e cinque su quello

democratico. I vincitori assoluti sono stati i due frontrunner da lungo tempo

identificati dai sondaggi: per i repubblicani, l’outsider Donald Trump; per i

democratici, l’ex Segretario di Stato, Hillary Clinton. Trump ha ottenuto la vittoria in

cinque Stati su sei ottenendo così 213 delegati che voteranno per lui alla convention

del prossimo luglio. Al secondo posto complessivo si è classificato il moderato John

Kasich, governatore dell’Ohio e vincitore nel suo Stato di appartenenza, che

assegnava il maggior numero di delegati al singolo candidato in questa tornata dopo

la Florida (66 vs 99). Al terzo posto, il Senatore del Texas Ted Cruz, che ha ottenuto

un risultato al di sotto delle attese senza conquistare vittorie in alcuno Stato. Finisce

inoltre qui la corsa di un altro candidato repubblicano, il Senatore della Florida Marco

Rubio, dopo il fallimentare esito nello Stato di “casa”, dove non è riuscito a imporsi

su Trump. Nel campo democratico, Hillary Clinton ha raggiunto la prima posizione in

cinque Stati su cinque, ottenendo una larga vittoria. L’unico suo avversario, il

Senatore del Vermont Bernie Sanders, non ha vinto in alcuno Stato vedendo

affievolirsi sempre più le sue chance di presentarsi a luglio alla convention con

possibilità di ottenere la nomination. La Clinton si conferma così come la grande

Page 17: OPI Weekly Report N°9/2016

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favorita per la leadership del partito: ad oggi, ha infatti ottenuto circa il doppio dei

delegati rispetto a Sanders e si avvia trionfalmente verso la nomination democratica.

NUMERO DI DELEGATI CONQUISTATI PER PARTITO – FONTE: THE NEW YORK TIMES

Page 18: OPI Weekly Report N°9/2016

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ALTRE DAL MONDO

AFGHANISTAN, 15 MARZO ↴

Negli stessi giorni della visita a Kabul del Segretario Generale della NATO, Jens Stol-

tenberg, i Talebani hanno proseguito la loro avanzata in territorio afghano ottenendo

il controllo del distretto di Khanashin, nella provincia di Helmand, a 100 miglia dalla

capitale provinciale Lashkar Gah. Secondo la testimonianza di un funzionario locale

riportata dal Washington Post i Talebani, che hanno conquistato il distretto dopo ore

di combattimenti con la polizia e le forze di sicurezza, stavano concentrando da giorni

le proprie forze intorno a questa località. Poche settimane prima i Talebani avevano

già conquistato i distretti di Musa Qala e Now Zad.

BRASILE, 17 MARZO ↴

Rimane in bilico il futuro politico e giudiziario Luiz Inácio Lula da Silva. La notizia

dell’assegnazione del incarico di Ministro della Casa Civil, una posizione simile a quella

di capo di gabinetto, all’ex Presidente del Brasile ha provocato una serie di proteste

contro l’iniziativa promossa dalla sua erede politica e attuale Presidente, Dilma Rous-

seff. A causare la reazione violenta è stato il fatto che l’assunzione di quest’incarico

lo renderebbe immune all’arresto preventivo con l’accusa di corruzione, richiesto dal

giudice Sergio Moro nei giorni scorsi. La divulgazione del colloquio telefonico tra Lula

e la Rousseff, registrato poche ore prima della nomina, ha reso di fatto la situazione

ancora più tesa. Nelle ore successive, mentre numerosi manifestanti scendevano in

piazza in diverse città del Paese, la nomina di Lula è stata sospesa prima dal giudice

di Brasilia e poi da quello di Rio de Janeiro. Entrambi i provvedimenti, però, sono stati

annullati in appello, causando forti tensioni tra le diverse procure brasiliane. La terza

sospensione della nomina è arrivata nella giornata del 19 marzo dal giudice federale

di San Paolo, ma la partita sembra tutt’altro che chiusa.

LIBIA, 17-19 MARZO ↴

Dopo la proclamazione dell’entrata in vigore del governo di unità nazionale appog-

giato dalla comunità internazionale da parte del Consiglio Presidenziale libico, i rap-

presentati di Tripoli e Tobruk hanno disconosciuto la legittimità del neo insediato

esecutivo guidato dal Primo Ministro in pectore Fajez al-Serraj. Il Premier del governo

di Tripoli, Khalifa al-Ghwell, ha minacciato di arrestare il collega al-Sarraj qualora

avesse provato a spostare e insediare da Tunisi a Tripoli la sede del nuovo esecutivo.

Sulla stessa linea politica anche Tobruk, che, per voce del suo massimo rappresen-

tante Nouri Abusahmain, Presidente del Congresso Nazionale, ha rifiutato di ricono-

scere l’autorità di al-Sarraj minacciando «una lunga guerra contro chiunque tenterà

di far entrare il governo di unità nazionale a Tripoli». Nel tentativo di uscire dall’im-

passe politico-istituzionale, le milizie di Misurata, le più importanti per numero di

uomini e le meglio organizzate del Paese, avrebbero avviato un’operazione militare,

Page 19: OPI Weekly Report N°9/2016

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al momento allo scopo intimidatorio, contro tutte le fazioni ostili al nuovo governo di

unità nazionale, per mettere in sicurezza Tripoli e per permettere ad al-Sarraj di

insediarsi nella capitale libica e dare avvio definitivamente alla transizione politica.

MYANMAR, 15 MARZO ↴

L’economista Htin Kyaw, braccio destro del Premio Nobel per la Pace Aung San Suu

Kyi, è stato eletto nuovo Presidente del Myanmar con il voto di 360 parlamentari a

favore su un totale di 652 votanti. Per la prima volta dal 1954 il Presidente della

Repubblica non è stato designato dalle forze armate del Paese. La candidatura di Htin

Kyaw è stata proposta dalla Lega Nazionale per la Democrazia in quanto il suo leader,

Aung San Suu Kyi, non avrebbe potuto accedere alla carica a causa del divieto costi-

tuzionale che le impedisce di guidare il Paese perché i suoi figli hanno passaporto

straniero. Superato questo ostacolo, Aung San Suu Kyi potrebbe entrare attivamente

a far parte del nuovo governo – che sarà in carica dal prossimo 30 marzo – rivestendo

la carica di Ministero degli Esteri. La notizia dell’elezione di Htin Kyaw ha suscitato un

ampio riscontro a livello internazionale con molte cancellerie occidentali, su tutte

quella statunitense, che si sono congratulate con il nuovo Presidente, evidenziando

nella sua nomina un passo importante sulla via della crescita democratica del Paese.

Speranza per un continuo miglioramento delle relazioni bilaterali sono state espresse

anche da Pechino, uno dei principali partner regionali del Myanmar.

NIGERIA, 16 MARZO ↴

Ancora un attentato di Boko Haram ha colpito Maiduguri, capoluogo dello Stato del

Borno. Due donne kamikaze si sono fatte esplodere in una moschea nella periferia

della città, uccidendo almeno 22 persone. Maiduguri è una delle città roccaforte di

Boko Haram, movimento jihadista legato all’IS, che dal 2009 sta conducendo un con-

flitto contro le autorità locali e centrali nigeriane al fine di implementare la sharia e

introdurre un califfato islamico negli Stati di Borno, Yobe e Adamawa. Il Presidente

nigeriano Muhammadu Buhari ha fatto della lotta a Boko Haram uno dei pilastri della

propria campagna elettorale e ha promosso, insieme a Camerun, Niger, Benin e Ciad,

una coalizione militare che ha ridotto sensibilmente le capacità del gruppo terrorista.

Ciononostante, la battaglia non sembra destina a concludersi rapidamente.

PAKISTAN, 16 MARZO ↴

É di 20 vittime e 30 feriti il bilancio dell’attentato avvenuto il 16 marzo nella città

nord-occidentale di Peshawar, quando una bomba posizionata sotto un sedile ha pro-

vocato l’esplosione di un autobus privato che trasportava impiegati del governo pa-

kistano. L’attentato è stato rivendicato dai miliziani di Lashkar-e-Islam, gruppo affi-

liato ai Talebani pachistani come vendetta per la recente conferma da parte del Tri-

bunale militare della condanna a morte di 13 terroristi legati al gruppo. L’esplosione

rappresenta il terzo attentato dello stesso genere dal 2012 ed interessa una regione

Page 20: OPI Weekly Report N°9/2016

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contigua alla frontiera con l’Afghanistan, che nell’ultimo decennio è stata bersaglio di

frequenti attacchi di matrice talebana e jihadista. Tuttavia, negli ultimi due anni si è

registrata una diminuzione degli episodi connessi con l’estremismo religioso, anche

per merito della campagna antiterrorismo promossa dal governo di Islamabad all’in-

domani della strage del 16 dicembre 2014 alla scuola pubblica militare di Peshawar.

Infatti, al massiccio intervento delle forze di sicurezza, hanno fatto seguito l’adozione

di severe norme anti-terrorismo, tra cui la rimozione della moratoria sulla pena di

morte e l’attribuzione di poteri speciali ai magistrati militari, competenti a giudicare

anche civili.

UCRAINA, 17 MARZO ↴

Il Presidente ucraino Petro Poroshenko è arrivato a Bruxelles per prendere parte ad

una serie di incontri con i vertici dell’Unione Europea e i leader di Germania e Francia.

Il sottofondo che ha fortemente influenzato i temi di questi incontri è stato il conflitto

nel Donbass e il futuro delle relazioni con la Russia. Il Presidente francese François

Hollande e il Cancelliere tedesco Angela Merkel hanno constatato un peggioramento

della situazione lungo la linea di demarcazione tra l’Ucraina e i territori ribelli nelle

ultime settimane, attribuendone la responsabilità agli insorti filo-russi. Inoltre, le parti

hanno sottolineato la centralità del rispetto degli accordi di Minsk per la normalizza-

zione della situazione nella regione, sostenendo l’impossibilità anche di una parziale

cancellazione delle sanzioni economiche nei confronti di Mosca. Con Martin Schultz e

Jean Claude Juncker si è parlato anche della liberalizzazione dei visti per i cittadini

ucraini e della cosiddetta “lista Savchenko”. Kiev, infatti, ha divulgato un elenco di

nomi, tra cui anche quello di Vladimir Putin, che Poroshenko vorrebbe fossero san-

zionati dall’Unione Europea a causa della detenzione in Russia dell’aviatrice militare

ucraina, Nadia Savchenko.

YEMEN, 13-15 MARZO ↴

Ad un anno dall’inizio delle ostilità, il conflitto yemenita assume sempre più le pro-

porzioni di una guerra senza vie di uscita. Almeno 41 persone sono morte in un raid

aereo saudita su un affollato mercato di Mastaba, nella provincia di Hajja, da mesi

controllata dai ribelli Houthi. Ad un giorno dalla strage, Ali Ajlan, amministratore di

uno degli ospedali in cui sono stati ricoverati i feriti, aveva dichiarato che a causa dei

pochi corpi rimasti intatti il bilancio della strage fosse da ritenersi ancora provvisorio.

Da mesi è teatro di scontri con i ribelli sciiti Houthi anche la città di Taiz, recentemente

riconquistata quasi interamente dalle forze pro-governative fedeli al Presidente Hadi.

Nella notte tra il 12 e il 13 marzo un raid aereo ha ucciso almeno 17 militanti di al-

Qaeda nella Penisola Arabica (AQAP) nel distretto di al-Mansoura ad Aden, un’area

oggetto di numerosi attacchi ai danni delle forze di sicurezza locali in seguito alla sua

riconquista da parte della coalizione a guida saudita lo scorso luglio.

Page 21: OPI Weekly Report N°9/2016

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ANALISI E COMMENTI

MERCATO E SHARIA: ECONOMIA E FINANZA ISLAMICA

VIOLETTA ORBAN ↴

Negli ultimi decenni l’analisi delle dinamiche interne ai Paesi islamici, dei loro rapporti

con il mondo occidentale e degli elementi di frizione che caratterizzano tali relazioni

si è concentrata prevalentemente sui fattori di tipo politico e religioso, trascurando la

dimensione economica. In conseguenza della crisi e della conseguente recessione che

ha interessato l’economia globale negli ultimi anni, si è tuttavia manifestato un cre-

scente interesse per il modello economico-finanziario di stampo islamico, talvolta ci-

tato quale esempio di maggiore stabilità, solidità e responsabilità sociale. Malgrado

si tratti di tematiche poco conosciute al di fuori di un’audience specializzata nel set-

tore, l’economia e la finanza islamica rappresentano una realtà di importanti propor-

zioni nel panorama globale. Il tasso di crescita attuale del fenomeno della finanza

islamica è stimato intorno al 10-15% all’anno e le banche islamiche operative sono

circa 500 in 75 Paesi (…) SEGUE >>>

LA PROPOSTA RUSSO-CINESE PER LA PREVENZIONE

DELLA CORSA AGLI ARMAMENTI SPAZIALI

STEFANO DOSSI ↴

Il lancio del satellite sovietico Sputnik I, nell’ottobre del 1957, e dell’Explorer statu-

nitense poco tempo dopo, diedero il via a una vera e propria corsa allo spazio extra-

atmosferico. Il potenziale militare dell’ambiente spaziale fu subito intuito e temuto.

È infatti importante notare come la rivoluzione dello Sputnik fu considerata non tanto

una scoperta in campo scientifico, quanto in campo militare-strategico. Lo spazio era,

e tuttora è, la quintessenza della regola aurea della strategia poiché nessun ambiente

meglio di questo rappresenta l’high ground tanto necessario in qualsiasi calcolo stra-

tegico dall’antichità sino ai nostri tempi. La preoccupazione delle due superpotenze

durante la Guerra Fredda consisteva nel fatto che gli sviluppi tecnologici in campo

spaziale potessero portare alla creazione di sistemi d’arma basati nello spazio e cari-

cati con testate nucleari. Il terrore derivante dalla possibilità di avere una ‘spada di

Damocle’ nucleare pendente sopra le loro teste portò Stati Uniti e Unione Sovietica

ad iniziare una corsa allo sviluppo di tecnologie spaziali (…) SEGUE >>>

A cura di

OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE

Ente di ricerca di

“BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO”

Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale

C.F. 98099880787

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