Onstage Magazine settembre 2010

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n°34 / settembre '10 n°34 / settembre '10 VASCO LIGABUE PETER GABRIEL ELISA

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Onstage n.34 settembre 2010

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VASCOLIGABUE

PETER GABRIELELISA

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VIDEO PHOTO BLOGGROUPS

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VIDEO PHOTO BLOGGROUPS

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6onstage - setteMBRe

onstage - eDItoRIaLe

Direttore ResponsabileEmanuele Vescovo

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Art Director Federico [email protected]

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RedazioneFrancesca [email protected] [email protected]

Photo editorTommaso [email protected]

Hanno collaborato a questo numero:Blueglue, Vittoria Galtrucco, Massimo Longoni, Emanuele Mancini, Claudio Morsenchio, Gianni Olfeni, Marco Rigamonti, Tommaso Riva, Giorgio Rossini

Areaconcerti srlvia Carlo De Angeli, 320141 Milanotel. 02.533558

AmministrazioneMario [email protected]

PubblicitàLuca [email protected] [email protected] Casieri [email protected] [email protected]

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Webhttp://www.onstageweb.comhttp://www.mylive.ithttp://www.areaconcerti.it

VASCOLIGABUE

PETER GABRIEL ELISA

n°34 / settembre '10

mag az i n e

ELISA: 10 SETTEMBRE: ARENA, VERONA; LIGABUE: 16-17-18 SETTEMBRE: PALAOLIMPICO, TORINO; VASCO ROSSI: 22-23, 27-28 SETTEMBRE: FUTURSHOW STATION, BOLOGNA; PETER GABRIEL: 26 SETTEMBRE: ARENA, VERONA

Onstage Magazine on tour - Settembre 2010

Tutti i locali di Milano e Roma dove trovi Onstage Magazine

Milano

RomaAvalon Pub Birreria MarconiCartolibreria Freak OutCasina dei PiniCircolo degli ArtistiCrazy BullDeja'VuDistillerie ClandestineExpressFata Morgana Freni e Frizioni

Friend's Art CafèL'infernottoLatte PiùLe SorelleLettere CafèLiving room CafèLocanda AtlantideMicca ClubMom ArtOn The Rox Open Music CafèPride Pub Rock Castle Cafè

Shanti SimposioSotto Casa Di AndreaSotto Sotto Tam Tam Zen.O

Bar MagentaBhangraBarBiblioteca SormaniBlenderBondCafe MilanoCargoColonial CaffèCuoreDeseoElettrauto Cadore Exploit Felice San SushiFrank Café Fresco Art Good Fellas

Gray Cat PubIedItem JamaicaJulien Café KapuzinerLa Bodeguita del MedioLa CaffetteriaLa FontanellaLe Coquetel Le scimmieLelephant Magazzini GeneraliMaxi BarMom MorgansPacino Café

Pharmacy Store RadetskyReefelRoialto Café Sergent Peppers Skip IntroStardustTrattoria ToscanaTwelveVoloYguana

Onstage People

Con l’editoriale del numero di agosto ho affronta-to un tema che coinvolge il mondo della musica nella sua quasi totalità e quindi molto delicato. In sintesi, la tesi è che sono pochissimi gli artisti e i gruppi di nuo-va generazione in grado di prendere il posto dei vari U2, Springsteen, Madonna, Depeche Mode e compa-gnia bella. Nel nuovo millennio solo Coldplay e Muse hanno raggiunto le vette di popolarità dei citati big e hanno fatto certi numeri dal vivo. In Italia stiamo an-cora peggio. Ma perché manca questo ricambio ai ver-tici della musica (suonata)? Ho avanzato delle ipotesi - la semplicità con cui si confeziona oggi un prodotto musicale ha cambiato le priorità di artisti e operatori, l’eccesso di offerta ha modificato il comportamento del pubblico, la scomparsa del supporto tangibile impedi-sce la costruzione di un legame affettivo con canzoni, dischi e artisti – e queste sembrano avere tutte un de-nominatore comune: l’impatto del progresso tecnolo-gico sulla musica.

L’argomento merita qualche ulteriore riflessione, che per mancanza di spazio – se sforo mi fanno secco – ho tralasciato lo scorso mese.

Nel corso della storia, le nuove tecnologie - dalla ruota al computer - non sono mai state il fine ultimo del nostro ingegno, bensì un mezzo per offrire nuove opportunità all’uomo. Naturalmente questo vale anche per la musica. Prima che comparissero gli strumenti di registrazione, si diffondeva molto lentamente in forma orale o scritta. Poi, grazie all’incisione su supporto e ai nuovi media come la radio, ha cominciato a circolare geograficamente e temporalmente con maggiore velo-cità e semplicità.

La tecnologia è un “mezzo” che fa bene alla musica. Anche i nuovi strumenti digitali. Il punto è compren-derne impatto e potenzialità, questione che spetta a chi

opera nel business musicale, non certo agli utenti. Ed è proprio questo il punto.

Prendiamo l’mp3. Ha reso possibile il downloading illegale di file musicali attraverso i software di sharing, e questo è un danno, non ci sono dubbi. Ma è vero an-che e soprattutto che attraverso Internet è ancora più facile e veloce diffondere (che fa rima con vendere) quei file musicali. Mi chiedo perché chi genera profitto col diritto d’autore abbia impiegato anni e speso milio-ni di dollari solo per combattere il danno - il processo a Napster è del 2001, tanto per intenderci - invece che investire sulle potenzialità offerte dalle nuove tecno-logie.

Qualcuno c’è arrivato. Oltre ai siti di downloading legale (il primo step) ci sono oggi in rete realtà come Spotify e Pandora che consentono di ascoltare in strea-ming canzoni scelte dall’utente senza spendere soldi, perché intervallate da interruzioni pubblicitarie, oppu-re pagando se non si vuole la pubblicità. Il pubblico può accedere a tutta la musica che vuole con semplici-tà e a costi ridotti se non nulli. I risultati sono natural-mente ottimi.

Apro una parentesi sull’Italia. Da noi questi servizi non sono disponibili, e qualcuno dovrebbe spiegarci perché.

I siti citati pagano i diritti d’autore e invogliano il pubblico a comprare i brani trasmessi in streaming, a beneficio di chi possiede il copyright. E’ un meccani-smo molto semplice e redditizio, per tutti.

Morale della favola? Se il mercato offre servizi validi e convenienti, gli utenti acquistano invece che rubare. E come d’incanto la tecnologia torna ad essere esclusi-vamente un’opportunità, anche di business, in grado di alimentare quel circolo virtuoso di cui la musica ha bisogno per investire sul talento.

Daniele Salomone

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PETER GABRIEL ELISA

Onstage Magazine - Registrazione al tribunale di Milano N°362 del 01/06/2007

Foto: Francesco Prandoni Foto: Alessio Pizzicannella Foto: Veronique Vial Foto: Nadav Kander

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8onstage - setteMBRe

indice / setteMBRerubriche

10 - ontourIl calendario completo dei concerti di settembre, con approfondimenti sulle date più interessanti.

46 - rock 'n' fashionGli inglesi Hurts hanno fatto outing. Si ispirano agli anni Ottanta e, semplicemente, non lo nascondono.

46 - live reportDi nuovo in pista dopo l’infortunio di Bono, gli U2 hanno ricominciato da Torino. Noi c’eravamo.

48 - what’s newDischi, film e video-games: ancora una volta abbiamo ascoltato, visto e giocato per voi.

54 - coming soonOttobre segna il ritorno (discografico e live) di Carlos Santana, imperatore della chitarra.

onstageweb

Live ReportI reportage fotografici di tutti i più importanti concerti del mese: Guns ‘N Roses, Vasco, Peter Gabriel, Patti Smith, Limp Bizkit, Ozzy Osburne e molti altri.

ContestOnstageweb mette in palio i biglietti per i concerti di Elisa e Peter Gabriel! In più ti regaliamo gli ingressi per le date del party itinerante “Eastpack Happy New Year”.

E poi tutte le news musicali, il calendario completo dei concerti, gli approfondimenti. Stay connected!

SeGuI ONStaGe aNChe Su FaCeBOOK DIVeNta FaN DI ONStaGe MaGaZINe

FACE TO FACE WITH ...12. BlOndE REdHEAd

L’ex peperino del rock tricolore ci racconta come si è trasforma-ta in donna matura e mamma accorta, senza smarrirsi. Tutto merito di una spontaneità immutata.

14. ELISA

26. VASCO ROSSIDi Vasco i media hanno detto tutto e di più. Per una volta, lascia-mo che sia chi lo conosce bene a parlare. Prima parte di un’av-vincente “inchiesta” sul rocker di Zocca.

32. PETER GABRIELIl più colto tra i musicisti colti torna in Italia con un progetto nuo-vo di zecca, ennesima dimostrazione della sua propensione al cambiamento. Bentornato Sir Peter.

Prima che partisse il tour, siamo andati a Correggio a verificare con i nostri occhi e orecchie quel che di buono si dice di Ligabue. E abbiamo trovato molto di più.

20. LIGABUE

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ontour/ setteMBRe

Carmen Consoli - PalermoIrene Grandi - Verona

Alessandra Amoroso - Lanusei(OG)Elio e Le Storie Tese - CremonaG. Palma & The Bluebeaters -Calitri (AV)Irene Grandi - Alimena (PA)Leonard Cohen - FirenzeMalika Ayane - Molfetta (BT)Placebo - Noci (BA)Simone Cristicchi - Carpineto

Elton John - RomaLe Vibrazioni - Villa Frati (PA)

Vasco Rossi - Casalecchio (BO)

Goran Bregovic - MilanoMorgan - Portici (NA)Niccolò Fabi - Siena

Vasco Rossi - Casalecchio (BO)

Dalla&DeGregori - BolognaPatti Smith - BolzanoThe Niro - Milano

Blonde Redhead - BolognaElisa - Catanzaro

Bandabardò - ModenaEels - MilanoElisa - Taormina (ME)Morgan - Verona

Elisa - AostaLigabue - PalermoSupertramp - Verona

Elton John - Trani (BT)Korn - MilanoOzzy Osbourne - MilanoVasco - Casalecchio (BO)

Renato Zero - Roma

Carmen Consoli - ModenaDalla&DeGregori - BresciaIrene Grandi - AvellinoLe Vibrazioni - Uta (CA)Neffa - Reggio EmiliaRoy Paci & Aretuska - Scario(SA)Velvet - Calciano (MT)

Lunedì Martedì Mercoledì

MercoledìLunedì Martedì

Lunedì Martedì Mercoledì

Lunedì Martedì Mercoledì

130 31

86 7

1513 14

222120

292827

Supertramp

Limp Bizkit

07/09 Verona

18/09 Milano

ra i trentacinque concerti europei del 70-10 Tour – organizzato per festeggiare il quarantesimo an-

niversario di Supertramp – c’è spazio anche per l’Italia. La band britannica, dopo infini-ti cambi di line up, si presenta all’Arena di Verona con gli storici membri Helliwell (sas-sofono), Siebenberg (batteria) e il fondatore

Rick Davies (voce e tastiere). Proprio Davies ha annunciato che si tratta di concerti in puro stile Supertramp: piacevoli sia per l’udito che per la vista. Chi dovesse perdersi la loro esibizione, potrà riascoltare i live della band grazie alla versione rimasterizzata di Break-fast In America, in uscita il 5 ottobre (edizione Deluxe) e il 30 novembre (Super Deluxe).

onostante abbiano annunciato da mesi il titolo del loro nuovo lavoro - cinque anni dopo The Unquestio-

nable Truth Part 1 - nessuno sa ancora quan-do i Limp Bizkit pubblicheranno Gold Cobra. Nell’attesa, il Palasharp di Milano apre le porte alla band americana che, col rientro del chitarrista Wes Borland, è di nuovo al

completo. Una buona occasione per scoprire se Fred Durst e soci sono in forma come un tempo o se la riconciliazione - a quattro anni dal loro (presunto) scioglimento - è stata solo una premeditata operazione di marketing. Incendiare il pubblico meneghino con Noo-kie, My Generation e Take a Look Around non sembra una missione così…impossibile!

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Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato

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11settembre - onstage

Arcade Fire - BolognaBandabardò - Castiglione (PG)Nina Zilli - Assisi (PG)Simone Cristicchi - Lentiscasa

Alessandra Amoroso - CagliariBandabardò - RomaElio e Le Storie Tese - VeronaG. Palma & The Bluebeaters -TrevisoIrene Grandi - Pratola Serra (AV)Linea 77 - Osnago (LC)Malika Ayane - PalermoMotel Connection - RavennaNiccolò Fabi - Ostia (Roma)Placebo - Codroipo (UD)

Mario Biondi - CatanzaroRenato Zero - Roma

Elton John - CatanzaroMotel Connection - TerniNiccolò Fabi - Moncalieri (TO)Vasco - Casalecchio (BO)

Elio e Le Storie Tese - CagliariElton John - Taormina (ME)

Dalla&DeGregori - PadovaElio e Le Storie Tese - AlgheroG. Palma & The Bluebeaters -AostaKate Nash - MilanoNeffa - Biancavilla (CT)Nina Zilli - NapoliThe Niro - Cesena

Linea 77 - CesenaPeter Gabriel - Verona

Baustelle - Cernobbio (CO)Elton John - MilanoLigabue - TorinoMotel Connection - S. Maria (CE)Niccolò Fabi - Borgo S. Dalmazzo (CN)Nina Zilli - Taneto (RE)

Ligabue - Torino Dalla&DeGregori - RietiElio e Le Storie Tese - MacerataLigabue - TorinoLimp Bizkit - MilanoMorgan - Cernobbio (CO)Motel Connection - Senigallia(AN)Neffa - Bagnoli (NA)Niccolò Fabi - Fiume Veneto (PN)Nina Zilli - Cerreto d'Esi (AN)The Niro - TorinoVasco Rossi - Cagliari

Elton John - RomaLe Vibrazioni - CataniaNina Zilli - Cernobbio (CO)

Bandabardò - TorinoBaustelle - PisaCarmen Consoli - Asolo (TV)dEUS - ModenaMorgan - Rende (CS)Paola Turci - Taranto

Alessandra Amoroso - Carpi (MO)Blonde Redhead - RomaG. Palma & The Bluebeaters - S. Elpidio (FM)Malika Ayane - CremonaNeffa - Latisana (UD)Nina Zilli - TorinoPatti Smith - MilanoSteve Miller Band - MilanoThe Niro - Ponte Alto (MO)

Baustelle - BolognaBlonde Redhead - MilanoDalla&DeGregori - GenovaElio e Le Storie Tese - Sesto (MI)G. Palma & The Bluebeaters - L'AquilaJ-Ax - Chioggia (VE)Ligabue - BariMario Biondi - MonzaMotel Connection - PisaNiccolò Fabi - GenovaNina Zilli - Varazze (SV)Patti Smith - FirenzeRoy Paci & Aretuska - GenovaSimone Cristicchi - Rovereto (TN)Stereophonics - Milano

Bandabardò - PisaElisa - VeronaIrene Grandi - Castellabate (SA)J-Ax - RavennaLinea 77 - TorinoMotel Connection - Fiuggi (FR)

Alessandra Amoroso - AlgheroBlink 182 - BolognaCarmen Consoli - Taormina (ME)Dalla&DeGregori - UdineG. Palma & The Bluebeaters - S.Margherita (GE)Guns N' Roses - RomaIrene Grandi - Brugnaturo (VV)J-Ax - Falconara (AN)Le Vibrazioni - Campanedda (SS)Ligabue - Bologna

Carmen Consoli - AnconaElio e Le Storie Tese - TrevisoGuns N' Roses - MilanoMalika Ayane - Taormina (ME)Paola Turci - Guastameroli (CH)Roy Paci & Aretuska - Palermo

Domenica

Giovedì Venerdì Sabato Domenica

Giovedì Venerdì Sabato Domenica

Giovedì

Giovedì

Venerdì Sabato Domenica

4 5

9 10 11 12

16 17 18 19

23 24 25 26

30 1 2 3

2 3Elton John

Eels

17/09 Milano, 19 e 20/09 Roma, 22/09 Trani 23/09 Catanzaro, 24/09 Taormina (ME)

15/09 Milano

lmeno tre generazioni di fan aspettano il ri-torno di Sir Elton John

in Italia, a distanza di un anno dall’ultima acclamata esibizione nel nostro paese. Una data al Te-atro Arcimboldi di Milano e una doppia serata all’Auditorium della Musica di Roma, seguite da Trani, Catanzaro e Taormina: sono questi gli appuntamenti fissati con il Baronetto inglese

che – proprio come lo scorso anno - propone un concerto solo piano e percussioni, suona-te magistralmente dallo storico compagno di palco Ray Cooper. La scaletta prevede molti grandi successi che hanno segnato gli oltre quarant’anni di carriera di Elton John: da Rocket Man a Can You Feel The Love, passando per Don’t Let The Sun Go Down On Me e Your Song.

l 23 agosto gli Eels hanno pubblicato Tomorrow Mor-ning, ultimo atto della trilo-

gia iniziata con Hombre Lobo (giu-gno 2009) e proseguita con End Times (gennaio 2010). Tre dischi in poco più di un anno sono un chiaro indizio: all’eclettico Mark Oliver Everett - meglio conosciu-to con lo pseudonimo di Mr. E – non manca certo il dono della

creatività. Ma guai a parlare di indizi in presenza del frontman degli Eels. Lo scorso giugno, la polizia inglese lo ha arrestato a Londra, perché scambiato per un terrorista. Indizi? Il suo attuale look, che fa tanto Islam. “Non tutti quelli che hanno capelli corti e la barba lunga sono terroristi. Alcuni di loro vogliono solo fare rock” ha commentato Everett.

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a maggior parte dei fan italiani non avrà ancora ascoltato il nuovo disco prima di vedervi dal vivo. Penny Sparkle esce il 13 settembre, pro-prio il giorno del terzo ed ultimo vostro concer-

to nel nostro paese. Ci dai qualche anticipazione?Il processo di composizione è stato molto diverso rispetto

agli altri. Per prima cosa, l’abbiamo scritto praticamente tutto in campagna vicino a New York, dove abbiamo affittato una casa circondata da un orto, una foresta ed un fiume. E poi abbiamo lavorato per la prima volta con Van Rivers e The Subliminal Kid, i due ragazzi svedesi che lo hanno prodotto.

E com’è andata?E’ stata una bellissima esperienza, ma anche abbastanza

difficile, come sempre quando si tratta di essere creativi. Abbiamo passato dei momenti in cui eravamo molto in-certi sul da farsi e su come andare avanti, ma alla fine ce l’abbiamo fatta.

Com’è nata l’idea di lavorare con loro?Quasi per caso. Abbiamo deciso di produrre da soli 23 (al-

bum uscito nel 2007, nda) perché non l’avevamo mai fatto pri-ma, mentre per i due dischi precedenti (Melody Of A Certain Damaged Lemons del 2000 e Misery Is A Butterfly del 2004, nda) avevamo collaborato con Guy Picciotto (cantante e chitarrista dei Fugazi, nda), a cui avevo pensato indicativamente anche per quest’ultimo disco, ma poi è andata diversamente. Abbiamo incontrato Van Rivers e The Subliminal Kid perché dovevano aiutarci con un brano che non riuscivamo a suonare: Kazu è andata in Svezia e ha lavorato a questo pezzo con loro, che a poco a poco si sono interessati all’intero album.

Qual è stata la difficoltà maggiore?Di sicuro il fatto che non ci conoscessimo e, in questi casi, più

sono le persone coinvolte e più la situazione si complica. Dal punto di vista professionale, noi avevamo voglia di qualcosa di

nuovo, per quelli che sono i nostri interessi e per quello che sa-rebbe stato suonare i brani dal vivo, e loro ovviamente avevano da seguire le loro passioni ed il loro istinto. Abbiamo dovuto trovare una via di mezzo.

E qual è la novità a cui siete giunti grazie al compromes-so?

Sono pezzi molto diversi da quelli del passato e da come li avevamo pensati originariamente. Van Rivers e The Subliminal Kid hanno un approccio ritmico abbastanza semplice, mentre noi invece siamo sempre abbastanza complessi perché tendia-

mo ad esprimere molte idee. Questa differenza è stata un pro-blema quando abbiamo cominciato, perché abbiamo dovuto mettere da parte alcuni tratti della nostra musica per introdurne altri, però il risultato alla fine è stato quello che volevamo tutti. Nel tempo abbiamo sviluppato un modo abbastanza definito di esprimerci, quindi cambiare ci ha messo alla prova.

Gli esiti di questo disco segnano quindi una svolta?Non te lo so dire, perché ho sempre trovato un po’ limitante

chiudermi a diverse modalità di espressione decidendo a priori come far venire fuori un disco. E’ un continuo voler crescere e cambiare con la musica, quindi ora è andata così e in futuro si vedrà. E’ sempre stato così per noi.

C’è anche chi ha considerato le evoluzioni della vostra lun-ga carriera (suonano insieme dal 1993, nda) come un tentativo di strizzare l’occhiolino al mercato.

Non c’entra niente il mercato, è difficile spiegare come nasce un disco: non si ha mai completamente il controllo e capita che al momento vengano fuori soluzioni su cui si decide di insistere perché possono funzionare. E’ stata una crescita talmente gra-duale che è un po’ come quando guardi delle vecchie foto, ti vedi diverso ma non sai come e quando sei cambiato, perché è successo senza che te ne accorgessi.

Sono cresciuti il pubblico che vi segue ed il successo che ri-scuotete. Siete riusciti a mantenere la libertà che vi ha sempre contraddistinto?

Non è cambiato molto, in questo disco l’etichetta ha preso qualche decisione in più rispetto al passato, ma si tratta di dettagli come per quale pezzo fare il video o la sequenza dei brani. Di sicuro ci sono più aspettative per quanto riguarda le interviste e tutto il lavoro “extra”, che porta un po’ di stress in più. Cer-chiamo di mantenere molto alto il livello qualitativo della musica, nonostante la moltiplicazione degli im-

pegni, e non è sempre facile. Come ve la state cavando? Ogni tanto è dura trovare lo stimolo giusto per fare tutto e

andare a letto senza pensare a quello che c’è da fare il giorno dopo. Ma è una grande soddisfazione, che aumenta soprat-tutto quando suoniamo e liberiamo sul palco tutte le energie, anche quelle negative legate allo stress.

A proposito di suonare dal vivo, avete preparato qualcosa di particolare per questo tour?

Per la prima volta saremo seguiti da un tecnico delle luci e cercheremo di sviluppare e curare con lui l’aspetto visivo. Sarà un’esperienza nuova anche dal punto di vista musicale, per-ché proporremo per la prima volta dal vivo 6-7 brani di Penny Sparkle, quindi per certi aspetti non sappiamo nemmeno noi come sarà suonarli. Vedremo…

Se fai noise rock e inizi la carriera sotto l’ala protettrice di Steve Shelley - batterista dei Sonic Youth, che di quella scena sono stati i padrini - rischi di trovarti chiuso in un vicolo cieco da cui è dura venire fuori. E invece i Blonde Redhead ne sono usciti alla grande, pur senza mai rinnegare di esserci stati. Come? Puntando tutto sul cambiamento. Amedeo Pace, chitarrista e fondatore della band italo-americana col gemello Simone (batterista), ci ha parlato dell’ultima, ennesima trasformazione dei Blonde Redhead.

L

<< Ho sempre trovato limitante decidere a priori come far venire fuori un disco. E’ un continuo crescere e cambiare con la musica, quindi ora è andata così e in futuro si vedrà >>

di francesca vuottoface2face / Blonde Redhead

11/09 Milano12/09 Roma

13/09 Bologna

live in italy

TUTTO SI TRASFORMA

Foto di Pier Nicola D'Amico

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live style

14onstage - settembre

> di massimo longoni, foto: veronique vial

elisa

Lo cantava Elvis al mondo intero nel 1954, ma lo potrebbe cantare anche Emma Cecile a sua mamma Elisa. C’è molto della recente maternità nello straordina-rio momento che la cantante di Monfalcone sta attraversando in questa nuova fase della sua carriera e della sua stessa vita. Del resto, un figlio mette a posto un sacco di cose. Ascoltando le parole di mamma Elisa è facile avvertire tranquilli-tà e soddisfazione. Insomma, tutto sembra filare per il verso giusto.

nche in tempi di crisi del disco, riesce sempre a raccogliere intorno a sè i fan e a vendere decine di migliaia di copie di album. Da qualche anno i suoi show sono pensati in grande, capaci di coniugare musica e ricerca visiva come le gran-

di produzioni delle star internazionali (e come loro riempie i palazzetti e le arene di tutta Italia). Giusto per gradire, è una tra le poche artiste di casa nostra in grado di fare un tour americano ed entrare nelle classifiche di vendita degli Stati Uniti (nel 2008, con Dancing, raccolta che include brani scelti tra gli album pubblicati fino ad allora, escluso Pipes & Flo-wers). Insomma, che Elisa sia davvero una big della musica italiana è ormai nei fatti. Provate a dimo-strare il contrario. Non a caso, dopo una prima tranche trionfale di date nei palasport, l’Heart A Live Tour prosegue per tutta l’estate nelle più suggestive arene all’aperto del nostro paese, dall’Arena di Milano a quella di Verona, passando per il Gran Teatro Pucciniano di Torre del Lago (LU), fino al Te-atro Antico di Taormina.

Anche questa volta hai voluto presentare uno show mol-to ambizioso dal punto di vista scenografico. La regia di Luca Tommassini è una garanzia in questo senso.Avevamo iniziato nel 2008 (con il Mechanical Dream Tour, nda) a proporre un concerto un po’ più articolato e tornare

indietro adesso sarebbe stato brutto. Non avevo voglia di uno show tradizionale senza un minimo di spettacolo e mi piaceva l’idea di proseguire con un concept in cui la musica fosse contaminata da altre forme d’arte. Pur sempre di un concerto si tratta, non parliamo certo di un musical, ma la componente visiva è molto forte. E lavorare con Luca è sem-pre un piacere, è un grande professionista.

Parlando della musica, invece, come ti sei orientata nella composizione della scaletta?Non volevamo uno spettacolo antologico perché quello lo abbiamo proposto ai tempi di Soundtrack. Questo è il tour di

Heart e quindi lo show è fortemente impernia-to sull’ultimo album, che suoniamo quasi per intero; anche se ov-viamente non possono mancare alcune hit del passato che sarebbe brutto escludere, se

non altro per rispetto del pubblico. In tutto sono quasi due ore di concerto. Per evitare di lasciar fuori brani che sono molto significativi nel mio percorso musicale – come Luce, Sleeping In Your Hands e Dancing - ho pensato di fare anche un piccolo medley, da sola al pianoforte.

Tra l’altro proponi un’incantevole versione di Wuthering Heights di Kate Bush.

E’ stata una piccola sorpresa che ho voluto fare a mia so-rella. Abbiamo sempre amato quella canzone e ho deciso

<< Emma Cecile mi ha cambiato la vita in maniera radicale. Prima c’è lei, e deve stare bene. Quando vedo che è contenta e felice inizia la mia vita e il mio spazio di musicista >>

A

IT’S ALL RIGHT MAMA!

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15settembre - onstage

CIAO OLIVIA. Insieme a Jovanotti, Baglioni, Max Gazzè e moltissimi altri artisti italiani, lo scorso 30 agosto Elisa ha partecipato a Parole di Lulù, evento organizzato da Niccolò Fabi in memoria della figlia Olivia. Gli incassi serviranno a costruire un ospedale pediatrico in Angola.

07/09 Aosta10/09 Verona

13/09 Catanzaro15/09 Taormina

live in italy

le foto del tour di elisa su www.onstageweb.com!

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16onstage - settembre

livestyle - elisa

<< Mi piacciono tutti i brani in scaletta. Mi salva il fatto che lavoriamo tantissimo sul sound, sugli arrangiamenti. E poi le canzoni a cui tenevo di più sono sempre diventate singoli >>

Discographistory

Tra il 1997 e il 2009, Elisa ha pubblicato sei album di inediti. A questi vanno aggiunte alcune raccolte per il mercato italiano e internaziona-le, come Elisa (2002, uscito in Europa), Soundtrack (2006, Italia) e Dancing (2008, Usa). Ecco un “bignami” della storia discografica della cantante friulana.

1997 - Pipes & Flowers Compiuti i 18 anni, Elisa vola in California (a

San Francisco) dal produttore Corrado Rustici per mettere a punto il suo primo album, scritto interamente in inglese. I singoli Sleeping In Your Hand e Labyrinth le regalano grande popolari-tà in patria, proiettandola verso una carriera di successo.

2000 - Asile's WorldComplice la presenza di Howie B (guru

dell’elettronica), Asile's World segna una svolta verso suoni sintetici e sperimentazioni sonore. Lo stesso anno Elisa partecipa a Sanremo con Luce, suo primo brano in italiano. Il pezzo stra-vince il festival e viene incluso in una nuova versione dell’album.

2001 - Then Comes The Sun Torna Corrado Rustici in cabina di regia e così

dopo la “sbornia elettronica” Elisa recupera (in parte) le sonorità del primo album, senza tutta-via rinnegare quanto fatto con Asile's World. Il successo di Heaven Out Of Hell aiuta Then Comes The Sun a diventare triplo disco di platino.

2003 - LotusElisa ama reinventarsi e non perde occasione

per dimostrarlo. Lotus è un disco interamente acustico che contiene brani inediti (tra cui Bro-ken) ma anche cover (come Allelujah di Leonard Cohen) e reinterpretazioni di brani già incisi (vedi Labyrinth). Al disco segue il primo tour teatrale.

2004 - Pearl DaysAnticipato dal singolo Together, il disco segna

un ritorno al rock energico degli esordi. Il pro-duttore è Glenn Ballard (già con Alanis Mori-sette), che regala a Pearl Days un sound interna-zionale. Esce una seconda versione, contenente Una poesia anche per te, secondo pezzo in italiano di Elisa.

2009 - Heart Si arriva alla storia recente di Elisa, che il 13

novembre 2009 pubblica il suo sesto disco di inediti, anticipato dalla hit Ti vorrei sollevare, cantanta in duetto con Giuliano Sangiorgi dei Negramaro. Nel frattempo Elisa è diventata mamma e ha decisamente cambiato look.

di cantarla in un concerto per farle un regalo. Ma è venuta così bene, e il pubblico ha apprezzato così tanto, che è entrata a far parte definitivamente della set list.

In concerto presenti anche Pour Que L’Amour Me Quitte, una ninna nanna francese che sei solita cantare a Emma Cecile. Come è cambiata la tua vita con il suo arrivo?

In maniera radi-cale. Prima c’è lei e deve stare bene. Quando vedo che è contenta e felice inizia la mia vita e il mio spazio di musicista. In tour è con noi perché sto ancora allattando. Ogni tre ore mangia, quindi anche prima dei concerti... Do l’ultima poppata e poi via, sul palco. Si è fat-ta un San Siro dentro il pancione (per Amiche per l’Abruzzo, nda) e adesso è in tour da quando non aveva neanche sei mesi di vita. Una bambina decisamente rock. Sono i tempi moderni.

C’è qualche canzone del tuo repertorio che eviteresti di suonare ma che non puoi togliere dalla scaletta perché la vuole il pubblico?

Sono sincera nel rispondere di no. In realtà mi salva il fatto che facciamo sempre musica in qualche modo nuova. Con i ragazzi della band e con il produttore del momento lavoro tantis-simo sull’arrangiamento, sul sound e sul testo. E poi, alla fine, le canzoni a cui tenevo di più

a livello emotivo sono sempre di-ventate singoli, quelle che han-no anche trovato successo in ter-mini di pubblico. Luce, per fare un

esempio, è un pezzo che mi piace tutt’ora. In ogni caso abbiamo fatto delle scelte in questo senso. Per esempio Almeno tu nell’universo non è in scaletta; se proprio la richiedono qualcosa ci inventeremo, magari una versione chitarra e voce, ma almeno per questo tour vorremmo concederle un giro di riposo.

Torniamo per un attimo al tuo ultimo disco, Heart. Anche per questo album ti sei divisa tra testi in inglese e altri italiano. Non hai ancora deciso cosa farai da grande?

Più cresco e più mi dico che non ha assoluta-

Foto di Simone Cecchetti

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mente importanza. Dipende da come nasce la canzone, se mi sento bene, se mi piace e mi convince. Questa regola per cui tutto debba essere in un modo o nell’al-tro non la sento più granché giusta. Di sicuro c’è che non ho mai fatto qualcosa per una semplice scelta com-merciale, di mercato: ho accettato di cantare in italiano ogni volta che sentivo il brano anche a livello emotivo, altrimenti ho lasciato perdere.

L’impressione è che comunque l’inglese sia sempre l’approdo più sicuro. La possibilità di un album inte-ramente in italiano è molto lontana?

Non lo so. Perché in realtà ci ho provato, eccome. Proprio con Heart l’intenzione era quella, ma alla fine non sono riuscita ad assemblarlo e a scrivere tutti i testi nella nostra lingua. Avevo le versioni in inglese pronte ma non mi venivano le trascrizioni in italiano.

Cantare in inglese ti ha permesso di affacciarti sul mercato statunitense con maggiore facilità ri-spetto a molti tuoi colleghi che fanno rock. Quan-to conta per Elisa la possibilità di uno sbocco in-ternazionale?

È sempre stato un grande sogno, in parte realizzato con l’ultimo tour americano. Per quanto piccolo come dimensioni (delle location, nda) mi ha dato grandi sod-disfazioni per le ottime critiche ricevute, sia da parte dei media che del pubblico. Mi piacerebbe continuare su questa strada in maniera molto serena, senza troppi pensieri riguardo ad attività promozionali e a discorsi discografici. Vorrei piuttosto ragionare sull’immagine artistica con la quale mi piacerebbe presentarmi. Quin-di continuo a lavorare sulle mie cose, puntando molto sul digitale. Mi interessa avere una presenza di un cer-to tipo sulla piattaforma web, ci lavorerò parecchio.

In studio hai spesso collaborato con grandi nomi della musica internazionale ma poi, al momento di andare in tour, ritrovi i compagni di sempre. Quanto sono importanti per te?

Molto, e lo sono stati soprattutto nei primi tempi. Eravamo tutti parecchio giovani e andare in giro con loro mi ha dato una grande sicurezza. Lavorando con

miei coetanei, che per di più sono diventati tutti amici, mi ha permesso di realizzare almeno in parte il sogno di avere un percorso con una mia band. Era quello che ho sempre desiderato, non si è mai realizzato del tut-to ma con loro c’è un po’ il feeling di un gruppo vero e proprio. La formazione rispetto agli inizi è in parte cambiata ma Andrea Rigonat (chitarrista e compagno di Elisa, nda) e Max Gelsi (basso, nda) ci sono sempre stati. Oggi sono musicisti maturi che collaborano con altri artisti e posso dire che, anche se non fossero miei amici, li sceglierei comunque: c’è una grande affinità, abbiamo un linguaggio musicale tutto nostro.

Ti ricordo tanti anni fa – eri agli esordi - in una tra-smissione di Red Ronnie, presa in giro bonariamente per un paio di ciabattoni di gomma arancioni che in-dossavi. Mi ha fatto un po’ impressione vederti sexy e aggressiva nelle ultime foto promozionali. Cosa è rimasto dell’Elisa degli esordi?

Di quella ragazzina conservo lo spirito. Io mi sento sempre abbastanza uguale ma se poi mi volto indietro vedo un abisso rispetto a quella che ero. Soprattutto negli ultimi tempi ho deciso di puntare un po’ di più sullo stile. Da una parte ero indecisa perché temevo potesse risultare una cosa un po’ finta, quasi non fossi io, con tutte questi abiti e accessori super alla moda; dall’altra ero anche stufa di non mettere mai un po’ di femminilità nel mio modo di propormi. L’ho fatto quando mi sono sentita pronta.

Quindi spazio al tacco 12...In realtà li avevo già messi a Sanremo rischiando la

morte... Potevo finire a pelle d’orso ai piedi della Carrà! Un tacco a spillo pazzesco. E dire che in albergo avevo

fatto le prove, scendendo le scale dell’hotel. Adesso mi puoi vedere anche in giro vestita così. A 18 anni qual-che volta mi facevo la permanente e mettevo le zeppe, ma una volta diventata personaggio pubblico non ave-vo mai osato. Posso dire che oggi la mia è un’immagi-ne complessa che comprende tutta una gamma di stili che vanno dalle sneakers al tacco a spillo.

Che progetti hai per il futuro?Penso a una terza parte del tour totalmente teatra-

le. Mi piacerebbe prendere i teatri per due sere e suo-nare la prima Heart e la seconda Blue, il disco di Joni Mitchell. È uno dei miei album preferiti in assoluto.

Ho in testa un progetto un po’ folle, con un sacco di voci femminili, tipo otto o nove, con il nostro batte-rista che suona i bicchieri. Una roba acustica però articolata. La scaletta sarebbe più o meno la stessa di questi mesi, naturalmente rivista in una chiave totalmente diversa.

Parliamo di un’idea o di un progetto in fase avanzata?

Diciamo che è... un’idea in fase avanzata. Ci ter-rei molto. Tra l’altro proprio su una canzone di Joni Mitchell lo scorso Natale ho duettato con una cantante americana, Sierra Naomi. Lei è un po’ la regina di You-Tube, un’altra piccola Ani Di Franco. Le ho già parlato ed è entusiasta, mi ha promesso che ci sarà.

Hai pensato di trarne un disco live? Potrebbe es-sere la tua versione degli album di cover che vanno tanto di moda in questo periodo...

Io per prima sono talmente fan di quel disco che per ora non oserei registrarlo, mi sembrerebbe un sacrile-gio. Le cover mi affascinano, ma ho paura che buttarmi in un progetto del genere potrebbe essere interpretato come “la solita minestra”. In questo momento è qual-cosa di davvero inflazionato. Quindi devo aspettare che passi un po’ la moda.

E nel frattempo?Nel frattempo ho da scrivere per il prossimo album e

incidere un disco con l’orchestra. Per fare tutto quello che ho in mente serve stare in salute e concentrarsi. E soprattutto... occorre una tata molto brava.

<< I ragazzi della band sono musicisti maturi che, anche se non fossero miei amici, sceglierei comunque: c’è una grande affinità, abbiamo un linguaggio musicale tutto nostro >>

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live style

ncontrare Ligabue è un’esperienza “rivoluzionaria”. Lucia-no è l’eccezione in un paese che elegge “rockstar dell’anno” il suo Presidente del Consiglio – ricordate la copertina di Rolling Stone? – perché protagonista di condotte (si fa per

dire) esuberanti. Lui, il Liga, quello che riempie gli stadi, conserva l’onestà di un fanciullo e l’umiltà di un uomo di campagna, senza rinunciare alla genuinità del rock, quella che fa ballare, gridare e sudare. In Italia, in questo momento, è quanto di più anticonfor-mista si possa immaginare. In casi come questo si dice “Ligabue è uno di noi”. Ma prima di pronunciare (o scrivere) quelle parole, dovremmo farci un bell’esamino di coscienza e capire quanto noi assomigliamo a lui.

Ho percepito Arrivederci, Mostro! come un album che segna in qualche modo una svolta, o per lo meno un nuo-vo inizio. Se la mia interpre-tazione è giusta, vorrei sapere da dove nasce la necessità di cambiare. Altrimenti, sei libero di smentirmi…

Diciamo che ci sono una serie di piccole svolte. La più evidente è che per la prima volta non mi sono occupato in prima persona del suono, affidando tutto a Corrado Rustici. Non ho prodotto né co-prodotto il disco e questo significa che l’album esce con le proposte di un altro che, in quanto tali, non avrei pensato. Da sempre scrivo i miei testi e le mie musiche, mi occupo degli arrangiamenti e curo ogni suono. Ma il mio gusto cade inevitabilmente sempre nello stesso punto, proprio perché è il mio gusto! Per cui avevo voglia di capire cosa sarebbe successo affidandomi ad un professionista come Corrado. Ognuno può farsi un’opinione, ma io credo che sia riuscito a trovare un sound nuovo, fresco, pur mantenendo una certa continuità con il mio passato.

Ti sei messo in discussione dopo vent’anni di straordinario successo, lo trovo un gesto di grande umiltà. I tuoi colleghi soli-tamente fanno il percorso inverso, prima affiancati da produttori e poi da soli.

Si vede che io sono partito troppo forte (ride, nda). Nel nostro mestiere il suono è importante. E’ la cifra stilistica con cui ti poni rispetto al resto del mondo. Se, ad esempio, Balliamo sul mondo avesse avuto una base pop, probabilmente la mia storia sarebbe stata diversa. Ma occuparsi di questo aspetto richiede un grande dispendio di energia. In parte è un godimento, in parte è una fati-caccia. In questo momento io sono beato perché ho delegato a un altro questa responsabilità, anche se poi se la prendono con me se il disco non piace, non con il produttore. Fare tornare i conti su aspet-ti tecnici – quanto volume esce dal disco, quanto riesce ad essere uniforme nelle varie fonti sonore, eccetera - è un lavoraccio e non sei mai sicuro che vada bene. Un produttore fa questo dalla matti-

na alla sera, ha più competenza e più sicurezze.

Perché hai scelto proprio Rustici?

Ho una grande stima di Cor-rado perché riesce a entrare in un progetto artistico senza sconvolgerne l’identità. La sua

produzione si sente, ma devi andarla a cercare, perché non tende a imporsi. Ha fatto così anche con me, lavorando tantissimo per far sì che il suono fosse cazzuto, internazionale, ma anche pieno di sfumature. L’album si prestava, essendo molto vario. Nel tempo sembra non poter stare nello stesso disco di Quando mi vieni a pren-dere, così come Caro il mio Francesco potrebbe faticare di fianco a La verità è una scelta. Lui è riuscito, in collaborazione con il sottoscritto, a creare un album che della varietà facesse la sua forza, in cui ogni episodio è chiaro da un punto di vista sonoro, pur essendo molto compatto.

Il suono è sicuramente uno degli aspetti più interessanti di Arrivederci, Mostro!. Eppure l’elemento più immediato credo sia il flusso emotivo che generano le canzoni. Avverto un’urgenza espressiva ancora più forte che in passato.

Esprimere la mia emotività credo sia l’unico modo per sentirmi bene quando scrivo. Chi fa musica gode di tanti privilegi, esporci è il minimo che possiamo dare in cambio. Non è un compito facile,

> di daniele salomone foto: alessio pizzicannella; foto live: iarno iotti

UNO DI NOI (se fOssImO cOme lUI)

Da quando è uscito, l’11 maggio scorso, Arrivederci, Mostro!, non ha conosciuto altra posi-zione in classifica che la prima. Da quando sono stati messi in vendita, i biglietti per il tour sono andati a ruba (100.000 biglietti bruciati nelle prime 48 ore). Ma i numeri, per quanto importanti e significativi, raccontano poco di Ligabue. Luciano è un personaggio fuori dagli schemi, che sorprende soprattutto per quanta poca voglia abbia di mettersi sul piedistallo. Lo abbiamo incontrato, nella sua Correggio, poche settimane prima che partisse il tour.

ligabue

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<< Non ho prodotto il disco e questo significa che l’album esce con le proposte di un altro che, in

quanto tali, non avrei pensato. Volevo capire cosa sarebbe successo affidandomi ad un altro >>

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LUCIANO AL CINEMA. Esce il 17 settembre Niente paura – come siamo, come eravamo e le canzoni di Luciano Ligabue. La pellicola, diretta da Piergiorgio Gay, racconta la storia recente dell’Italia attraverso la musica di Ligabue e la voce di alcuni personaggi famosi, tra cui lo stesso Liga.

04/09 Bologna07/09 Palermo

11/09 Bari16/09 Torino 17/09 Torino18/09 Torino

live in italy

le foto del tour di ligabue su www.onstageweb.com!

21settembre - onstage

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più ti esponi e più è facile che ti feriscano. Ma io personal-mente credo di non aver scelta - sono fatto così - sento di do-vermi mettere in gioco. Mi piace che tu senta questa urgenza e spero che la sentano tutti. Credo sia il motivo per cui uno diventa così presuntuoso da dire “Scusate, voltatevi che vi devo dire la mia”.

Questo, naturalmente, non significa che tu ti sia preso troppo sul serio.

E’ un disco molto vario, anche per quanto riguarda i testi. Si passa da un brano come Quando canterai la tua canzone che affronta il tema dell’autodeterminazione, che mi è storica-mente caro, per poi passare a La linea sotti-le che analizza quanto siamo in bilico tra i nostri comportamenti migliori e peggiori, e per questo dobbiamo perdonarci qual-che errore. Poi arriva Nel tempo, in cui un tizio di 50 anni deve fare un pezzo punk per dirti quanto veloce è stata la sua vita. Ci sono momenti diversi, compresi alcuni leggeri, giocosi. Però per me era im-portantissimo far sentire quanta partecipazione emotiva ci fosse in questo disco.

Un artista della tua “portata” genera molte aspettative. Si capisce quanto ti stiano a cuore quelle che nutri verso te stesso. Come ti poni rispetto al pubblico?

E’ fondamentale che siano appagate le aspettative della gente. Per quanto mi riguarda considero necessario raggiun-gere un pubblico tanto ampio da poter dire che le mie sono canzoni popolari. Il problema è che non c’è modo per pro-gettare questa cosa, perché le persone sono diverse. Se anche avessi conosciuto le aspettative di ognuno dei miei fan, non avrei potuto trovare un modo per appagare tutti. Anche per-ché ogni individuo impatta un disco, piuttosto che un libro

o un film, in un momento preciso della sua vita in cui è una persona diversa rispetto a quella che sarà dopo un mese o che era un mese prima. Se vogliamo c’è di mezzo anche la casualità. L’importante è sentire l’urgenza di comunicare qualcosa e farlo. E poi incrociare le dita…

Già nel 1994, con A che ora è la fine del mondo, lanciavi un messaggio molto forte, esprimendo il tuo dissenso sul potere delle televisioni. Faccio una considerazione banale: tantissime delle persone che in questi anni hanno ballato e cantato la canzone sono poi state vittime, diciamo così, di questa deriva mediatica. Insomma, non hanno recepito il

messaggio. Ti pesa?Parto da una considerazione: stiamo marciando ad una

velocità che non ci appartiene. Abbiamo bisogno di una massa d’informazioni molto più grossa rispetto a, che ne so, 5 anni fa. Raramente ci basta leggere un quotidiano la mat-tina, abbiamo bisogno di consultare una marea di siti web ogni ora per avere notizie fresche. Tutto questo toglie alla gente la possibilità di fare i conti con la potenza della realtà. Il punto è quanto riesci a riflettere su un fatto e quanto lasci che questo lavori dentro di te, che produca qualcosa. Se uno ha bisogno di sentire altre notizie subito dopo perché è as-suefatto a questa velocità, è chiaro che i messaggi restano in superficie, non entrano in profondità come devono.

Questo vale anche per la musica.La musica ha tanti problemi. Penso alla crisi delle disco-

grafiche, ai posti di lavoro persi, alle poche opportunità per gli emergenti. Ma è ancora più grave il rischio che diventi un sottofondo. Un conto è se ascolti un disco mentre fai altre cose, un altro è se gli dedichi attenzione e lasci che “lavori” su di te. Si faceva in maniera empirica con il vinile, non po-tevi skippare i brani e la musica aveva il tempo di entrarti dentro. Oggi purtroppo è sempre più raro. Può anche darsi che sia l’uomo ad adattarsi a questa velocità e ad aver biso-gno di meno tempo per farsi toccare dalla musica o da altre forme di comunicazione. Ma sinceramente, non mi sembra che stia accadendo.

Quindi ti dà fastidio se i messaggi del-le tue canzoni non sono recepiti.

Per me è una grande soddisfazione già quando la mia musica spinge le persone anche solo a ballare, a godere fisicamente della leggerezza di una canzone. E’ chiaro

che se poi uno fa attenzione anche alle parole e queste produ-cono un effetto, che sia accelerare una riflessione, strappare un sorriso o ancora trasferire un sentimento di speranza, bè, mi riempie d’orgoglio.

Mi aggancio ad una delle tracce del tema di maturità di quest’anno: “La musica – diceva Aristotele (filosofo gre-co del IV sec. a.C.) – non va praticata per un unico tipo di beneficio che da essa può derivare, ma per usi moltepli-ci, poiché può servire per l’educazione, per procurarsi la catarsi e in terzo luogo per la ricreazione, il sollievo e il riposo dallo sforzo”. Credi che il pensiero di Aristotele sia ancora attuale?

Io credo che dovrebbe esserlo. Ma stiamo vivendo un mo-mento di trasformazione e quindi per poter esprimere un giudizio dobbiamo avere ancora un po’ di pazienza. In ogni

Oltre ad essere uno dei più importanti musicisti nella storia della musica italiana, Ligabue si è cimentato anche con la letteratura (ha scritto un romanzo, una raccol-ta di racconti e una di poesie) e con il cinema. Proprio sull’esperienza da regista volevamo saperne di più.

Sono passati otto anni da quando Ligabue ha girato il suo secondo e ultimo film (Da zero a dieci, 2002), dodici dal suo esordio come regista (Radiofreccia, 1998). Un tempo sufficientemente lungo per tornare sull’argomento, cercando di capire cosa gli abbia lasciato l’esperienza cinematografica - che in ogni caso gli è valsa premi e riconoscimenti, di pubblico e critica. “Fare il regista e salire su un palco sono due esperienze agli antipodi” racconta Luciano. “Mentre sul palco uno come me, con una chiara predisposizione emotiva, non deve far altro che lasciar fluire l’emoti-vità - più o meno fregandosene di come farlo - quando giri un film è difficilissimo tirar fuori l’emozione perché la devi progettare”. Una forzatura per il rocker di Correggio, eppure l’esperienza è stata molto positiva perché ha accresciuto il suo bagaglio umano e artistico. “Proprio nel fare qualcosa che era contro la mia indole, ho maturato alcune caratteristiche come l’essere paziente, la capacità di lavorare d’equipe e di dare peso alla progettazione. Tutte cose che mi hanno fatto vedere il mio mestiere principale, il mio vero mestiere, da un’angolazione diversa”.

Radiofreccia è sicuramente il film meglio riuscito tra i due, quello per lo meno che ha portato più riconoscimenti, ma entrambi i film sono stati soddisfacenti perché hanno permesso a Ligabue di mantenere fede ad un principio fondamentale. “Mi piace pensare di non dover per forza rispettare le regole, ho sempre lottato per avere la libertà di fare scelte controcorrente, anche per i film”. Come dire, conosco le regole, ma un po’ me ne sbatto. “E’ l’unico modo con cui puoi permetterti di la-sciare il tuo segno, il tuo marchio. Radiofreccia è un film anomalo: è tutto discutibile da un punto di vista tecnico. Però c’è la spudoratezza dell’emozione. Nell’ultima inquadratura prendiamo Freccia (Stefano Accorsi, nda) di schiena, dopo che ha bruciato due macchine, sa che la ragazza non ne vuole più sapere di lui, e noi sappiamo anche che andrà a morire di overdose. Nel fatto di prenderlo di schiena mentre si sta facendo una paglia, c’è tutta l’impudenza della sua emozione. Ed era l’obiettivo che volevo raggiungere”. D.S.

Buona la prima e pure la seconda !

<< Esprimere la mia emotività credo sia l’unico modo per sentirmi bene quando scrivo. Chi fa musica gode di tanti privilegi, esporci è il

minimo che possiamo dare in cambio >>

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caso credo che non ci vorrà molto. In pochi anni potremo avere un’idea precisa del ruolo che svolge la musica in que-sto particolare contesto storico.

Torniamo alla musica suonata. Parte il tour, che t’im-pegnerà tutta l’estate. Un nuovo spettacolo da organizzare e una nuova sfida da affrontare.

Recentemente ho visto uno show meraviglio-so, quello dei Muse a San Siro. Ti “sbattevano” in faccia questo palco enorme fin dall’ingresso nello stadio, una struttura in prospettiva davvero gran-diosa, simile allo scafo di una nave. La nostra è una produzione agli antipodi, nel senso che nascondiamo le car-te. Il pubblico entra e vede che c’è qualcosa d’imponente ma cosa sia lo scopre solo durante il concerto. Ci sono luci, video e tutto il resto, ma più che sull’hardware ci siamo concentrati sul software.

A livello di “hardware”, qual è l’aspetto più difficile? Sicuramente il suono, è sempre difficile ottenere una buo-

na acustica in spazi grandi. Ma siamo molto esigenti e non vogliamo saperne di problemi. Anche se ci rendiamo con-to delle difficoltà e per questo lavoriamo con uno staff che

conosciamo bene e che ci aiuta a gestire al meglio le nostre risorse. Il volume è uno degli aspetti critici: se sei basso in uno stadio ne risente la qualità complessiva del suono. For-tunatamente a Milano hanno alzato il limite.

Non ti chiedo di svelarci le sorprese, anche se l’istinto mi suggerirebbe di farlo…

Meglio così, non ti direi niente (ride, nda). Di certo c’è il fatto che Arrivederci, mostro! è il nocciolo del concerto. Tengo moltissimo a questo disco e lo suonerò quasi tutto. Anche se è un rischio perché, sai, la gente reagisce in un certo modo ai singoli, in un altro al resto dei brani. Questi spettacoli sono più lunghi rispetto al passato proprio perché voglio proporre tutto il nuovo album senza sacrificare le canzoni del repertorio.

Quelle che la gente non vede l’ora di cantare.Voglio che tutti tornino a casa spossati, è la sensazione che

piace provare a me quando vado a vedere un live. Tutto è predisposto perché sia così. Direi che siamo sul pezzo come

non mai. Maioli (il manager di Ligabue, nda) mi dice che i dati di prevendita sono straordinari e che quindi dobbiamo dare ancora di più. Il punto è che a me sembra sempre di aver dato il massi-mo, anche in termini di produzione… Ma cer-cheremo di andare ancora oltre per fare uno dei migliori concerti di sempre.

Sono passati pochi giorni da quando ho chiacchierato con Luciano. Finisco di scrivere il pezzo e controllo il suo sito ufficiale (ligachannel.com) alla ricerca di aggiornamenti. Magari nuove date sold out. Cosa trovo? Luciano ha deciso di indire un concorso per band emergenti. L’iniziativa (che prende il nome dal brano Quando suonerai la tua canzone) porterà gruppi ed artisti sconosciuti ad esibirsi sui palchi del Ligabue Stdi 2010 poco prima che il Liga entri in scena. Fossimo tutti come lui…

<< Stiamo marciando ad una velocità che non ci appartiene, non riusciamo a fare i conti con la potenza

della realtà. I messaggi restano in superficie, non entrano in profondità come devono >>

livestyle - ligabue

FEDERICO POGGIBOLLINI, chitarraChitarrista bolognese classe 1968, “Capitan Fede” è al fianco di Luciano dal ‘94. E’ pas-sato attraverso tutte le fasi della carriera di Ligabue, ma non dimentica “la prima volta a San Siro, nel 1997, un’esperienza indimenticabile”. Prima di unirsi al rocker emiliano, ha militato anche nei Litfiba (dal ‘90 al ‘93). Come solista ha pubblicato tre dischi (l’ultimo è Caos cosmico, 2009)

NICCOLO’ BOSSINI, chitarraDa quando suo padre gli regalò la prima chitarra – aveva 11 anni – Niccolò ha pensato solo a suonare. E’ passato da varie esperienze (tra cui i Raw Power, rock band italiana) fino al celebre concerto di Campovolo del 2005, suo esordio nella Banda. Della collabora-zione con il Liga dice “E’ una grande fortuna, perché artisticamente non devo rinunciare a nulla”.

MICHAEL URBANO, batteriaNasce a Sacramento, in California, nel 1960. Da allora fa di tutto tra cui suonare la batteria con gli Smash Mouth (dal 1999 al 2006, quando lascia la band per “divergenze artistiche”) e collaborare con numerosi artisti, tra cui Elisa. Con Ligabue (a cui invidia le giacche di pel-le) comincia nel 2007: è Corrado Rustici a suggerire Michael al Liga. Consiglio accettato.

KAVEH RASTEGAR, bassoBassista e compositore statunitense, Kaveh inizia a suonare sul serio nel 1999 dividendosi tra collaborazioni e progetti da lui personalmente avviati. E’ il fondatore dei Kneebody, che nel 2003 vincono un Grammy Award per la categoria “New Music”. Anche lui indicato da Rustici, fa l’esordio al fianco di Ligabue (che definisce “intenso, gentile e divertente”) nel 2008.

JOSE’ FIORILLI, tastiereMette le mani sul pianoforte a tredici anni e a sedici è già sul palco. Folgorato da Jerry Lee Lewis (“Mi sconvolse il modo in cui suonava Great Balls Of Fire”), Josè accumula molta esperienza prima di arrivare alla corte di Ligabue, nel 2007, per il tour indoor ElleSette. Da buon romano, il suo ricordo più forte dell’avventura con il Liga è legato alla prima all’Olimpico.

LUCIANO LUISI, tastiere e programmazioniToscano classe ‘63, Luciano comincia da piccolo con la musica classica, per poi “cedere” al fascino di quella moderna. Dopo aver incontrato Zucchero – al cui fianco resta per oltre dieci anni – “Luis” (così è comunemente soprannominato) collabora con artisti come Eric Clapton, Sting e BB King. Entra nella squadra del Liga in occasione del tour europeo del 2008 e diventa titolare fisso.

Il combo del LigaLigabue Stadi 2010 è il terzo progetto live che il rocker affronta con la stessa formazione, un misto di amici italiani vecchi e nuovi e new entry dagli Stati Uniti (suggerite da Corrado Rustici). Un combo affidabile che, come dice il Liga, “spacca”.

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NUOVO ALBUM. Il 7 luglio Vasco ha annunciato, tramite la sua pagina Facebook – che vanta il record di un milione e mezzo di fan - di avere già pronto un nuovo album, che uscirà nel 2011. Titolo e data di pubblicazione del disco (che sarà il sedicesimo di inediti) sono ancora top secret.

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ualche mese fa ero convinto che il mio “rapporto” con Vasco fosse un capito-lo chiuso. Credo c’entrasse la non riu-scitissima – secondo il mio modesto e contestabile parere – cover di Creep dei

Radiohead. Ad ogni costo proprio non mi era piaciuta, per tanti motivi. Al punto che per protesta, personale e sfigatissima, avevo rinunciato ad assistere ad una delle date di Milano dello Europe Indoor Tour, primo buco in quasi vent’anni di fedele militanza. Il mio “rapporto” con il Blasco era cominciato quando – ancora adole-scente – avevo assistito ad un concerto del tour di Gli spari sopra, nell’autunno del 1993. Da allora, tra San Siro e Forum, non mi sono perso un solo live. Fino a quest’anno.Per convincermi di essere nel giusto, per settimane ho lasciato campo libero a pensieri tipo “in fondo il meglio che aveva da dare l’ha già dato” oppure “non potrà più stupirmi come in passato” e così via. Poi, per lavoro, una sera di luglio mi sono imbattuto nell’ultimo live, quel-lo registrato all’Apollo Hammersmith di Londra, Vasco London Instant Live. E come un alcolizzato che butta giù un “innocuo” goccetto durante la disintossicazione, mi è bastato il primo pezzo per tornare al punto di partenza. “Io lo so che le cose poi, non sono mai come, come te le aspettavi te”. Appunto.

CRONISTA-INVESTIGATORE Neanche a farlo apposta, poco tempo dopo essere sta-

to ri-folgorato sulla via del Blasco, dalla redazione del magazine che state leggendo mi chiedono un pezzo pro-prio su di lui. Un pezzo che con la musica c’entri poco, che si occupi invece della persona e del personaggio, un ritratto fatto con le parole. Hai detto poco. Ci vorrebbe un libro, rispondo, qualche pagina non basta. Ah, è una sorta d’inchiesta che coinvolge due numeri? Ok, pro-

viamoci, l’idea è stuzzi-cante.

Mi sento a mio agio nei panni del cronista-investigatore (un’inchie-sta, anche se giornali-stica, è pur sempre un procedimento investi-

gativo). E per indagare devo prima di tutto mettermi a caccia d’indizi. Mi servono dei “testimoni”. Parlare con qualcuno che conosce Vasco da molto tempo potrebbe essere una buona idea. I musicisti della sua band, per esempio. Maurizio Solieri e Stef Burns sono già passati dalle pagine di Onstage, quindi abbiamo già le loro te-stimonianze. Potrei sentire uno tra Cucchia, Rocchetti o il Gallo. Oppure Clara Moroni, o Frank Nemola. Matt Laug, il batterista californiano, è arrivato da poco, me-glio di no.

Chiunque siano i teste, ho bisogno di informazioni importanti e devo trovare il modo di farle venire fuori. Forse se non do l’impressione di essere un investigatore

Da quando è diventato un fenomeno di massa, giornalisti, opinionisti e cer-velloni hanno preteso di spiegarci Vasco. Con tutto il rispetto, serve molto più di un’opinione per sapere chi sia davvero il Sig. Rossi da Zocca. Bisogna scoprire l’uomo che sta dietro l’artista. Noi ci siamo messi ad “indagare” con l’aiuto di due testimoni d’eccezione: Andrea Innesto e Alberto Rocchetti, sax e tastiere della band del Blasco. Una vera e propria inchiesta in due atti. Ecco la prima parte (la seconda il prossimo mese).

> di gianni olfeni, foto: francesco prandoni

IL “CASO VASCO”part one

settembre - onstage

vasCo rossi

<< Nel 1984 mi chiamarono per fare un provino a Casalecchio. Una settimana

dopo vidi per la prima volta Vasco, che mi disse ‘sei un bel gigino e…sei assunto!’. E’ stata una grande emozione >> Cucchia

Q

18/09 Cagliari22/09 Bologna23/09 Bologna27/09 Bologna28/09 Bologna

live in italy

le foto del tour di vasco su www.onstageweb.com!

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posso ottenere quel che mi serve.Contatto l’ufficio stampa e concordo per intervistare Al-

berto Rocchetti e Andrea Innesto. Si comincia.

UN BEL “GIGINO”“Nel 1984 frequentavo Mimmo Camporeale, allora ta-

stierista di Vasco, che mi presentò la possibilità di andare in tourneè con loro. Avevano appena finito di registrare Cosa succede in città. L’anno dopo, quando uscì il disco, mi chiamarono per fare un provino a Casalecchio. Alcuni della band, come Massimo Solieri e Daniele Tedeschi (batterista, nda), li avevo già incontrati, poi ho conosciuto tutti gli altri. Una settimana dopo vidi per la prima volta Vasco, che mi disse ‘sei un bel gigino e…sei assunto!’. Questo è stato il pri-mo approccio tra noi. E’ stata una grande emozione”. Mentre Andrea Innesto detto Cucchia (“è un soprannome che mi ha dato Solieri perché facevo bene l’imitazione del tossico, che da noi si dice appunto ‘cucchia’) racconta la sua storia, riesco a immaginare tutto. Sarà l’accento, rigorosamente bolognese, sarà che mi sento un moderno Sherlock Holmes, sarà quel che sarà, ma vedo perfettamente la scena di Vasco che gli dice “sei un bel gigino…” appoggiandogli una mano sulla spalla. Cominciamo bene.

CONTATTO UMANOCuriosamente l’immaginazione mi aiuta anche con Alber-

to Rocchetti. “Avevo appena rotto con Enrico Ruggeri quan-do ho saputo che Vasco cercava la nuova band. Così ho preso una foto dal look molto rock, capelli lunghi e chiodo, e l’ho

spedita. Dopo qualche tempo ho ricevuto una telefonata per un’audizione. Mi si è fermato il cuore! Ero gasatissimo e ave-vo una smania di farmi sentire che non riesco a spiegarti. Al provino ero veramente emozionato, specialmente quando è entrato lui. Alla fine è venuto da me, con un’espressione feli-ce, e mi ha detto di studiare, perché venti giorni dopo avrem-mo cominciato le prove per il tour Liberi… liberi. Era il 1989. Non puoi capire l’emozione”. Si capisce, si capisce.

Dunque il primo incontro con il Sig. Vasco Rossi è stato per entrambi un momento molto significativo. Elementare, Watson. Il punto è: perché? Pare che abbiano provato una

grande emozione nel momento in cui hanno stabilito un con-tatto con Vasco. Un contatto umano, più che professionale.

Ecco il primo indizio.

UOMO SEMPLICECucchia e Rocchetti hanno conosciuto il Blasco a cinque

anni di distanza, un periodo di tempo in cui la carriera del ro-cker ha cambiato registro. Già a metà degli anni Ottanta go-deva di un certo seguito, ma è solo qualche anno dopo – con C’è chi dice no (1987) e Liberi... liberi (1989) - che ha cominciato a

radunare folle oceaniche. “Quando l’ho conosciuto io, Vasco era già un mito per milioni di persone - dice Rocchetti – e anche per me. Amavo la sua anima rock e, ad essere sincero, ancor di più quella romantica di Toffee, per intenderci. In ogni caso, lui era tutto tranne che una rockstar viziata. Non mi sa-rei mai aspettato di trovare un uomo così semplice”. Prendo appunti: uomo semplice.

“Nel 1985 ai concerti venivano cinquemila persone” ri-corda Cucchia. “Facevamo veramente tante date, giravamo come matti. Non era ancora quello degli stadi, però aveva già costruito molto. Io me ne rendevo conto fino ad un certo punto, ma aveva inciso dischi importanti come Albachiara e Siamo solo noi, insomma roba grossa”. E com’era allora vivere accanto a Vasco? “Quello è un periodo che non dimenticherò mai. Stavamo tanto insieme, si andava al bar a bere una cosa insieme e persino in vacanza. Ora questo, purtroppo, succe-de raramente”. Nostalgia canaglia. “Ma capita ancora che ci si ritrovi a cena, lontani da tour e prove, e si parli in tranquil-lità. E questo ci rende molto felici”.

COME UN FRATELLOLa questione “notorietà” è un punto cruciale di questa

inchiesta. Possibile che non abbia influito sul modo con cui Vasco Rossi si pone nei confronti di chi lo circonda? “Asso-lutamente no” risponde Rocchetti deciso. “Ad essere sincero quando non siamo in tour ho pochissimi rapporti con lui. Non ho neanche il suo numero di telefono. Però quando ci ritroviamo alle prove continua a darmi delle grandissime soddisfazioni, umane e professionali. In ventidue anni di rapporto mi ha sempre trattato bene e non mi ha mai man-

livestyle - vasCo rossi

<< Non ho il suo numero di telefono, ma continua a darmi delle grandissime

soddisfazioni. In ventidue anni di rapporto mi ha sempre trattato bene e non mi ha mai mancato di rispetto >> Rocchetti

Vasco torna a suonare al chiuso dopo ben 13 anni. L’ultima volta nei palazzetti coincise con il tour successivo all’uscita di Nessun pericolo per te Tour (1996).

Il Vasco Europe Indoor Tour ha preso il via con la “data zero” di Mantova il 2 ottobre 2009 e si concluderà con l’ultima delle 4 serate di Firenze, il prossimo 18 ottobre.

In totale sono 48 i concerti del tour, di cui 44 in Italia e 4 all’estero. Le date europee - Lon-dra, Bruxelles, Zurigo e Berlino - sono state concentrate nel mese di maggio.

Senza considerare la “data zero”, ai primi 30 show italiani dello Europe Indoor Tour (Pe-saro, Ancona, Caserta, Milano e Torino) hanno partecipato oltre 275.000 spettatori.

Gli 8 concerti al Mediolanum Forum di Milano (a febbraio) hanno registrato altrettanti sold out, per un totale di 89.734 spettatori e un incasso di circa 5 milioni di euro.

Tra tutti gli spettacoli in programma, quello del 18 settembre alla Fiera di Cagliari è l’unico del tour che vede esibirsi il Komandante e la sua Combriccola all’aperto.

In occasione della data all’Hammersmith Apollo di Londra – prima del Blasco nella capitale inglese - è stato registrato il doppio cd Vasco London Instant Live 04.05.2010.

Durante i primi appuntamenti, Vasco ha presentato Ad ogni costo, cover di Creep, hit dei Radiohead del 1992. È l’unico inedito inserito in scaletta fino a novembre 2009.

La set list del concerto annovera alcuni brani selezionati dal rocker dopo molti anni di assenza, come Ieri ho sgozzato mio figlio, La nostra relazione e Ogni volta.

La scaletta cambia spesso. Alcuni momenti, però, sono “intoccabili”. Tra questi, un ine-dito Vasco sale sul palco da solo per suonare Sally e Dillo alla luna, voce e chitarra.

VASCO EUROPE INDOOR TOUR in pillole

Alberto Rocchetti, classe ’55, è nato a Montalto di Castro (VT). “Mio padre era sopran-nominato ‘Lupo’, come mio nonno. Appena Vasco ha saputo che venivo dalla Maremma, ha

cominciato a chiamarmi ‘Lupo maremmano’”.

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30

livestyle - vAsCO ROssi

OnstAge - settembRe

cato di rispetto. Adoro Vasco come un fratello”. Un fratello maggiore che s’impone col carisma o con la forza? “Suona-re davanti a 80.000 persone è un’emozione forte, ma ci sono momenti in cui mi tremano davvero le mani. Per esempio quando lui apprezza una parte di piano che ho scritto per un suo brano, com’è accaduto con Anima fragile. Quelle per me sono le soddisfazioni più grandi”.

Penso che sono passati tanti anni da quando Cucchia e Rocchetti hanno conosciuto Vasco. E nel tempo i rapporti tra le persone – che siano sposi, amici o collaboratori, genitori e figli - cambiano, si evolvono. A volte peggiorano pure, ma non è questo il caso. “Abbiamo imparato anche a mandarci a ‘fanculo – racconta Cucchia - ma ci si vuole un bene dell’ani-ma e ci si rispetta”. Non c’è niente che garantisca longevità ad un rapporto quanto l’onestà. Ma con la popolarità come la mettiamo? “E’ chiaro che si tratta di un’arma a doppio taglio. Da un lato aiuta, ma è anche scomoda in certi casi. Fa tut-to parte del gioco. Quello che conta davvero è la complicità quando siamo sul palco. Lui sa che nessuno lo tradirà mai e noi sappiamo lo stesso di lui. E questo rende il nostro rap-porto molto solido. Lo capisci dagli attimi che precedono il concerto. Basta un’occhiata e ci capiamo”.

Molto interessante. I teste sostengono che in tutti questi

anni il rapporto con Vasco non sia mai cambiato, nonostan-te quest’ultimo abbia raggiunto una enorme popolarità. Soprattutto, è la componente umana del rapporto ad essere immutata. E’ un altro indizio. Il secondo.

L’INDIZIO PIU’ IMPORTANTEManca ancora un tassello per completare questa prima fase

dell’investigazione. Si sa che per una prova servono almeno tre indizi. E in questo interrogatorio mascherato da intervi-sta, anzi da interviste, ne manca giusto uno. Come novello Sherlock Holmes ho bisogno di un po’ di sana astuzia. Chie-do ai miei due super testimoni se vogliono usare lo spazio loro offerto sulle pagine di Onstage per dire a Vasco qualcosa che, per qualunque motivo, non hanno mai avuto l’occasione

di dirgli. Si parte da Rocchetti: “Vorrei approfittare di questa intervista per ringraziarlo pubblicamente. Quando l’anno scorso è mancata mia madre, per tre concerti consecutivi l’ha salutata dal palco. Mi ha commosso. È stato un gesto natura-le che non mi sarei mai aspettato. Gliene sarò sempre grato. Lasciamelo dire: Vasco riesce a stupire soprattutto dal punto di vista umano”.

Cucchia dice che no, non ha niente da dire. Perché ha sem-pre parlato faccia a faccia con Vasco ogni volta che ne ha avu-to bisogno, nel bene o nel male. E questo è davvero l’indizio più importante.

Le testimonianze di Cucchia e Rocchetti sono state decisi-ve. Ma non finisce qui. Ci sono ancora molte cose da capire per concludere l’inchiesta. Anche se forse, in cuor mio, so già a quali conclusioni porterà.

Nel frattempo, mi sono dimenticato di tutte le menate che mi ero fatto dopo aver ascoltato Ad ogni costo. Quando le opi-nioni non sono supportate dai fatti, spesso sono fragili come il cristallo. E infatti sono di nuovo strafatto di Vasco. Non so se sia una condizione ideale per un aspirante cronista-inve-stigatore, ma è semplicemente così.

Appuntamento al prossimo mese.

<< Quello che conta davvero è la complicità quando siamo sul palco. Lui sa che nessuno lo tradirà mai e noi sappiamo

lo stesso di lui. E questo rende il nostro rapporto molto solido >> Cucchia

Maurizio SoLiEri, chitarraÈ il “…bellissimo, abbronzantissimo…” amico e chitarrista di Vasco fin dai tempi di Punto Radio (fine anni '70). Il vero e proprio alter ego strumentale del rocker di Zocca, al cui fianco ha composto molte delle sue canzoni più celebri.

CLaudio GoLinELLi, bassoCon Vasco dal 1984, “il gallo” è uno dei suoi amici più fedeli oltre che bassista di straordinaria efficacia. Celebre la gag tra il Blasco e Golinelli durante le esecuzioni di Bollicine, immortalata in Live Anthology 04-05.

andrEa innESto, sax e coriÈ il 1985 quando “Cucchia” entra nella band di Vasco. Il tour è quello di Cosa succede in città, il primo nei palazzetti e nelle arene, al termine del quale il Blasco e la sua band verranno acclamati come rockstar.

aLbErto roCChEtti, tastiere“Il lupo maremmano ha perso il pelo ma non il vizio” disse una volta Diego, amico d’infanzia di Vasco e presentatore della band. Quel che è certo è che Rocchetti non perde il vizio di rimanere al fianco di Vasco, con cui collabora dal tour di Liberi liberi (1989).

StEf burnS, chitarra“Stavo ascoltando Hey Stupid di Alice Cooper e lo straordinario chitarrista di quel di-sco era Stef. Così l’ho contattato ed è entrato nella famiglia”. Se lo dice Guido Elmi, c’è da crederci. Burns fa il suo esordio live con Vasco nel 1995, in occasione del concerto-evento Rock sotto l’assedio.

frank nEMoLa, tastiere e tromba“L’uomo che tromba” è parte della Combriccola del Blasco dal concertone di Imola del 1998. Centotrentamila persone non sono male per un esordio…

CLara Moroni, cori“La più amata, la più desiderata” delle vocalist italiane si è unita alla band di Vasco nel 1996, all’epoca del tour di Nessun pericolo... per te. Da allora, sempre presente, per la gioia del Blasco e di tutti gli uomini della Combriccola.

Matt LauG, batteriaÈ stata la new entry del 2007 e da allora Vasco l’ha sempre richiamato. Americano, originario della Florida, vanta numerose collaborazioni con celebri musicisti, tra cui Alanis Morrisette. G.O.

La CoMbriCCoLa dEL bLaSCo

Insieme a Maurizio Solieri e Claudio Golinelli, Andrea Innesto è l’unico ex Steve Rogers Band ancora al fianco di Vasco. La storica formazione - è stata la back up band del Blasco

dall’80 all’87 - ha inciso un Ep e cinque dischi.

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32onstage - settembre

live style

eter Gabriel, l’orchestra, niente batteria, niente chitarre”. Lo slogan che accompagna il New Blood Tour non potrebbe essere più chiaro. Chi sarà all’Arena di Verona il pros-

simo 26 settembre si troverà di fronte un Gabriel inedito che, all’alba dei 60 anni, ha deciso davvero di infondere “nuovo sangue” alla sua musica e alla sua carriera. Prima facendo sue una serie di canzoni di altri artisti e poi mettendo mano ad alcuni suoi classici. Tutto questo lasciando per una volta da parte campionature, suoni elettronici, percussioni e chitarre, affidandosi esclusivamente alle infinite sfumature di un’or-chestra.

Il New Blood Tour è la diretta conseguenza dell’album Scratch My Back, pubblicato all’inizio di quest’anno, in cui l’artista inglese ha reinterpretato alcune canzoni di suoi col-leghi - notissime come Heroes di David Bowie o più ricercate come Street Spirit dei Radio-head - offrendone delle versioni orchestrali. Ma che nessuno pensi a un serioso (o peggio, noio-so) concerto di musica classica. Si tratta pur sempre di Peter Gabriel, il cui talento visionario ha sempre aggiunto valore alle performance strettamente musicali. Anzi, in un certo sen-so, questa serie di concerti sono da un punto di vista corogra-fico i più teatrali realizzati da Gabriel dai tempi del suo ultimo tour con i Genesis.

COME UNA SCIMMIAProprio i Genesis con lui, nella prima metà degli anni '70,

sono diventati non solo portabandiera della musica progres-sive, ma anche sinonimo di art rock allo stato puro. In quegli anni le maschere e i travestimenti che Peter Gabriel indossa sul palco contribuiscono a trasformare un semplice concerto rock in un evento teatrale in cui la componente visiva è il perfetto

complemento a quella musicale. Ma anche una volta lasciato il gruppo e intrapresa la carriera solista, l’inglese ha trovato modo di esprimersi su quel fronte. Niente più trucchi e ma-scherate, ma immancabili trovate dall’impatto scenico fortissi-mo. Basterebbe ricordare le sue due incursioni in un contesto paludato come il Festival di Sanremo, dove di fronte a una sbigottita platea in giacca e cravatta (e biglietto da un milione in tasca), si è messo a volteggiare come una scimmia appeso a una fune nel 1983, cantando Shock The Monkey, mentre nel 2003 ha interpretato Growing Up all’interno di un enorme sfera trasparente che rotolava sul palco a suo comando.

UNA PRODUZIONE GRANDIOSANon c’è quindi da stupirsi che lo sforzo in termini produttivi

per questo concerto sia uno dei più imponenti mai affrontato da lui. Quasi tre ore di spet-tacolo nettamente divise in due parti: la prima dedicata alla proposizione per intero di Scratch My Back e la se-conda incentrata sui brani della sua carriera solista.

Per mettere a punto lo show Gabriel passa quasi tre mesi, dal dicembre 2009 alla fine di febbraio del 2010, lavorando con i suoi collaboratori. Un’enormità se si pensa che è solito preparare i tour, anche quelli scenograficamente più complicati, in un mese scarso. Ma qui il terreno è nuovo e c’è tanta carne al fuoco. Le cover sono di fatto pronte, ma tutti gli arrangiamenti per orchestra dei vecchi brani di Peter sono da fare da zero. E a questo ci pensa (egregiamente) John Metcalfe, celebre violinista e com-positore neozelandese trapiantato in Inghilterra. Ma anche il numero dei musicisti necessari non è chiaro sin dall'inizio e, giorno dopo giorno, sembra crescere.

Quello che nelle intenzioni iniziali doveva essere il più sem-plice dei suoi spettacoli con il passare dei giorni finisce così con il diventare la produzione più grandiosa mai portata in giro

> di massimo longoni, foto: Nadav Kander

LUI NON MOLLASe c’è un artista che più di altri merita di rappresentare la sempre-meno-affollata cate-goria dei musicisti innovatori, questo è Peter Gabriel. In oltre quarant’anni di carriera l’ex cantante dei Genesis ha contribuito – con solo qualche giustificabile pausa - ad espandere i confini della musica pop con la sua innata propensione a sperimentare, a reinventare se stesso e la sua musica. Fino all’ultima, recente “trasformazione”.

Peter gabriel

"P

Gabriel ha deciso di infondere “nuovo sangue” alla sua musica. Facendo sue una serie di canzoni di altri artisti e poi mettendo mano ad alcuni suoi

classici. Tutto in chiave orchestrale.

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33settembre - onstage

26/09 Verona

live in italy

FOLGORATO. Peter Gabriel, sessant’anni compiuti lo scorso febbraio, ha recentemente dichiarato attraverso il suo sito internet di “essere stato trasportato nel mondo della musica grazie alla magia e all’emozione che nascono durante il processo di composizione di un brano”.

le foto del concerto di Peter gabriel su www.onstageweb.com!

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34onstage - settembre

da Gabriel: oltre 50 musicisti, i maxi schermi più grandi mai usati e una carovana di tecnici e assistenti, inclusi i numerosi animatori e video artisti impegnati a ideare e realizzare la parte scenografica dello spettacolo.

La difficoltà a portare in giro per il mondo un simile numero di musicisti viene risolta con l’ingaggio di diverse orchestre per le varie date. Per questo tour Peter rinuncia per la prima volta da anni agli usuali compagni di viaggio. Non ci saranno Tony Levin o David Rhodes: con lui sul palco, a parte l’orchestra diretta da Ben Foster, solo due vocalist, la cantante norvegese Ane Brun (tocca a lei reci-tare la parte di Kate Bush in Don’t Give Up) e la prima figlia di Peter, Melanie, che aveva già fatto da corista per lui nel tour di Growin Up nel 2002.

ALTRO CHE PROMO-TOURDopo una serata di riscaldamento, si parte dall'Omni-

sport Palais di Parigi Bercy il 23 marzo. Qualche data in l’Europa (Berlino e Londra) e poi Gabriel attraversa l’At-lantico per fare tappa prima in Canada, a Montreal, poi a New York e infine a Los Angeles.

Nonostante la tipologia di concerto le location sono di vario tipo: dai classici palazzetti dello sport, a vere pro-prie arene, passando per teatri o anfiteatri storici (proprio come Verona). Quello che non cambia è l’impatto dello

show. Così che anche chi non ha amato particolarmente Scratch My Back rimane impressionato dalla sua esecu-zione dal vivo. La carica emozionale dell'opera cresce in maniera palpabile e la voce di Peter diventa quasi un ele-mento catartico, supportato dalla centralità dell’orchestra e dalle splendide animazioni che prendono vita sui maxi schermi catturando il pubblico. Che risponde esattamente secondo le dinamiche previste da Peter: alla prima parte, introspettiva e tranquilla, la platea reagisce con applausi che si limitano alle pause tra un brano e l’altro mentre du-rante le esecuzioni l’ascolto viene fatto in quasi religioso

silenzio; nella seconda metà dello show, pen-sata briosa e su di tono, l’atmosfera si scalda. Il successo è grande e l'en-tusiasmo del cantautore alle stelle. Così quello che doveva essere in so-stanza un promo-tour di

lusso per l’album si rivela una prova generale per un tour più sostanzioso da effettuare in Europa, partendo il 12 set-tembre dall’anfiteatro di Avenches, in Svizzera.

CANZONI&AMICISul fronte della scaletta, nella metà dedicata ai pezzi

storici ogni serata può essere diversa da quella preceden-te. Peter ha provato molti brani da alternare e visita in lun-go e in largo il suo repertorio. Vengono privilegiati i lavori del grande successo commerciale come So e Us (Red Rain,

livestyle - Peter gabriel

Anche chi non ha amato particolarmente Scratch My Back rimane impressionato dalla sua esecuzione dal vivo. La carica emozionale

dell'opera cresce in maniera palpabile e la voce di Peter diventa un elemento catartico.

SOLO SOLETTO

La discografia di Peter Gabriel è composta da otto lavori in studio, cui vanno aggiunti due live, quattro colonne sonore e quattro raccolte. Ecco i “magnifici otto”.

1977 - Peter Gabriel I (conosciuto anche come Car)Per il suo debutto solista, Gabriel collabora con Bob

Ezrin. Nonostante gli sforzi, l’album non si discosta dalle produzioni dei Genesis e si fa notare piuttosto per i con-tenuti introspettivi, frutto dello stile di vita solitario adot-tato dall’artista inglese dopo la separazione dai suoi ex compagni.

1978 - Peter Gabriel II (conosciuto anche come Scratch)Il periodo “senza titolo” continua, cambia il produt-

tore: Gabriel sceglie Robert Fripp, storico chitarrista dei King Crimsom, che lo aiuta a trovare una nuova strada, con una maggiore attenzione alla sperimentazione che si traduce in sonorità cupe. L’album non riscuote un grande successo commerciale.

1980 - Peter Gabriel III (conosciuto anche come Melt)Con l’aiuto di Steve Lillywhite, l’ex Genesis “scopre” la

world music, in particolare l’uso che alcune culture mu-sicali fanno delle percussioni. Le parti di batteria incise nel disco sono totalmente prive di piatti, esperimento che influenzerà generazioni di artisti a venire. L’album è nu-mero uno in Inghilterra.

1982 - Peter Gabriel IV (conosciuto anche come Security)Il quarto lavoro solista di Gabriel è uno dei primi album

ad essere inciso completamente in digitale. Caratterizzato da una commistione tra elettronica e ritmi tribali, il suono di Security è forgiato dal primissimo modello di sintetiz-zatore Fairlight CMI, progenitore dei moderni strumenti di sintesi.

1986 – SoCon la seconda metà degli '80 arriva il successo planeta-

rio. Per il nuovo lavoro - il primo con un vero titolo - Ga-briel collabora con Daniel Lanois, che aggiunge un tocco “ambient” al gusto dell’artista inglese. So contiente hit memorabili come Sledgehammer e Don’t Give Up (in duetto con Kate Bush).

1992 – UsPassa molto tempo prima che il successore di So veda

la luce. Gabriel attraversa un momento delicato a livello personale – separazione dalla moglie e relativa lontanan-za della figlia – e riversa la sua sofferenza in Us. Il disco è introspettivo e personale, ma riesce comunque ad avere grande successo.

2002 – UpDieci anni di pausa – in cui scrive soprattutto colonne

sonore – servono a Gabriel per meditare un ritorno all’an-tico. Sonorità meno commerciali e scarsa attenzione alle imposizioni discografiche (tutte le tracce superano i sei minuti) sono i cardini di Up, ad oggi ultimo lavoro di ine-diti.

2010 - Scratch My BackT’aspetti la reunion con i Genesis e invece Peter Gabriel

piazza un colpo dei suoi. Scratch My Back è un disco di co-ver arrangiate per orchestra, in cui l’artista inglese omag-gia brani di colleghi illustri. Pop e rock sono lontani anni luce, ma il genio di Gabriel è perfettamente riconoscibile.

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Raramente nella storia del rock un gruppo che si separa o perde pezzi per strada man-tiene rapporti tanto buoni come hanno fatto i membri dei Genesis.Il divorzio, traumatico, è quello del 1975. Dopo sette anni di lavoro in comune, al ter-mine della tournée di The Lamb Lies Down On Broadway Peter Gabriel lascia, chiudendo di fatto una fase della band che, dopo di allora, non potrà più essere la stessa. L’addio non è dovuto a divergenze di Peter con gli altri componenti (che pure ci sono) quanto al suo bisogno di non sentirsi stretto nelle logiche di un gruppo. E infatti le loro strade torne-ranno regolarmente a incrociarsi. Come nel 1978, quando al Madison Square Garden di New York sale sul pal-co durante i bis per duettare con Phil Collins su I Know What I Like. Nel 1980 Peter chiede a Phil di suonare la bat-teria su Melt, il suo terzo album solista. I suoni che ne escono caratterizze-ranno il sound di Collins negli anni a veni-re. Ma il legame tra Gabriel e gli ex compa-gni è tutto nella reunion del 1982 a Milton Keynes. Quell’anno il cantante organizza il grandioso festival Womad, con artisti che arrivano da 25 paesi. Evento mirabile, che lo lascia però sommerso dai debiti. E così gli ex compagni gli vengono incontro: di fronte

a 47mila spettatori e sotto una pioggia bat-tente, la band si ritrova per una serata, con anche Steve Hackett per i bis. Phil Collins torna dietro la batteria e lascia il microfono a Peter, ma ciò che più conta è che alla fine al cantante rimane anche l’incasso dello show. Negli anni seguenti le occasioni pubbliche si fanno più rare anche se in privato i vecchi amici continuano a vedersi. E così accade che i Genesis suonino al matrimonio di Gabriel nel 2002. Poi nel 2006 la reunion sfuma per un soffio. Collins, Rutherforf e Banks deci-dono di rimettere in piedi il gruppo. “L’idea originale era di fare The Lamb Lies Down On Broadway con Peter e Steve - spiega Banks

- ne parlammo spesso e quan-do finalmente ci incontrammo pensai che sareb-be stato il giorno giusto per dire ‘sì facciamolo adesso’. Ma Pe-ter disse ‘questo è un meeting dove parliamo di cose che faremo

in futuro’. A quel punto pensammo che le cose sarebbero state lontane nel tempo - 2, 3, 5, 10 anni – ma per la tabella di marcia di Peter ne servivano venticinque”. Da allora ne sono passati quasi cinque, forse è per questo che di recente Gabriel ha balenato la possibilità di lavorare con gli ex compagni al film di Lamb. Quando? Chi può dirlo se non lui? M.L.

Don’t Give Up, In Your Eyes, Digging In The Dirt) senza per questo dimenticare l’opera più recente (da OVO arrivano Downside-up e The Nest That Sailed The Sky) o gli album più datati (Solsbury Hill dal primo e San Jacinto dal quarto). Gli amanti di Sledgehammer si devono invece mettere l’animo in pace visto che le viene riservata soltanto l’introduzione or-chestrale al concerto.

E chissà che le nuove date non riservino qualche sorpresa sul fronte degli ospiti. Duran-te il primo, breve, tour primaverile, più di un vecchio amico ha voluto far visita a Peter in oc-casione dei concerti. Alla prima parigina Yous-sou Ndour è salito sul palco per eseguire in duetto In Your Eyes; al Radio City Music Hall di New York è toccato a Lou Reed presentarsi alla fine del primo tempo per eseguire la “sua” cover, ovvero una versione rockeggiante di Solsbury Hill (quasi un anticipo di quello che dovrebbe essere I’ll Scratch Yours, ovvero l’album in cui gli artisti cove-rizzati da Gabriel in Scratch My Back restituiscono il favore). E poi, a Los Angeles, in occasione del concerto al leggenda-rio Hollywood Bowl, dietro le quinte si è materializzato Bob Ezrin, mitico produttore (da Alice Cooper ai Pink Floyd) che collaborò con Peter per i suoi primi passi da solista. Tutti desiderosi di essere partecipi di questo progetto dal fascino

innegabile.

L’IMPRONTA DI PETERSpesso nella sua carriera Gabriel si è trovato ad anticipare

i tempi, sia che si trattasse di sonorità inedite (il suo terzo album, con la batteria registrata senza piatti, ha influenzato

decine di dischi a venire), battaglie politiche (Biko ha messo sul piatto il tema dell’Apartheid con quasi un decennio di anticipo rispetto ai concertoni di fine anni '80) o nuove realtà da supportare (con l’organizzazione Womad dedicata alla world music, con cui ha fatto conoscere decine di artisti che sarebbero altrimenti rimasti nell’ombra). E anche questa vol-ta ha messo una sua impronta originale: non è certo la prima volta che rock e musica classica si incontrano, ma in genere l’orchestra era usata come una aggiunta per impreziosire, mentre qui diventa protagonista di un binomio di cui l’altra componente è la voce di Peter.

PERFEZIONISTA ALL’INVEROSIMILEQuando nell’inverno del 2006 Phil Collins, Mike Ruther-

ford e Tony Banks incontrarono Peter Gabriel per mettere a punto la storica reunion dei Genesis, dopo una serie di chiacchierate produttive, pensavano che la cosa fosse fatta. E fu allora che Peter disse: “Ok, adesso io vado in tour e poi

potremo iniziare a pensare come fare la cosa”. A quel punto gli altri tre Genesis avevano già inizia-to a fissare le date e mancava poco che già faces-sero le prove. Amici come prima e tutto rinviato (forse a mai). Questo perché per Gabriel, perfezio-nista all’inverosimile, i tempi biblici sono una spe-cie di regola. Basti pensare che tra i suoi due ultimi

album di inediti, Us e Up, sono passati dieci anni e dal 2005 è al lavoro su un nuovo disco (I/O Input/Output) che sembra ancora lontano dal vedere la luce. Il progetto di Scratch My Back però sembra averlo entusiasmato particolarmente. Al punto che, dopo essere andato in tour e aver cambiato abito anche ai suoi pezzi, la cosa gli è piaciuta tanto da decidere di registrare anche i brani della seconda parte dello show. Così l’estate appena passata non è stata di riposo ma di lavoro, causa lunghe session in studio con l’orchestra ad incidere. A 60 anni compiuti Peter Gabriel non è ancor stanco di spe-rimentare.

onstage - settembre

PRIMA O POI...… vedremo nuovamente Peter Gabriel con i Genesis. Magari non subito, come avrebbe-ro voluto i suoi ex compagni, ma succederà. Anche perché i rapporti sono buoni. Quindi perché no?

livestyle - Peter gabriel

Non è certo la prima volta che rock e classica si incontrano, ma in genere l’orchestra impreziosisce, mentre qui diventa protagonista di un binomio di cui l’altra componente è la

voce di Peter.

I Genesis nella formazione originaria. Da sinistra Steve Hackett, Mike Rutherford, Peter Gabriel, Phil Collins e Tony Banks

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ROCK 'N' FASHION

38ONStAge - SettembRe

Ph. Laurence Ellis

OTTANTA, MA PORTATI BENEa cura di Vittoria Galtrucco, foto di Lauren Ellis

Theo > shirt and trousers, Jil Sander

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ROCK 'N' FASHION

39SettembRe - ONStAge

Ph. Laurence Ellis

Adam > t-shirt, Roberto Cavalli; trousers, Jil Sander

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40

ROCK 'N' FASHION

ONStAge - SettembRe

Il prepotente ritorno dell’estetica eighties ha caratterizzato quel post-tutto che sono stati gli anni Zero. Non è chiaro chi abbia cominciato prima tra moda e musica (è nato prima l’uovo o la gallina?). In ogni caso, è un fatto che sono riapparsi suoni che crede-vamo sepolti e look che solo una decina d’anni fa avremmo etichettato come sfiga-tissimi. Eppure pochi hanno fatto outing. Il ritornello “gli anni Ottanta ci piacciono e ci hanno fortemente ispirato, ma noi siamo attuali” nasconde un legittimo gusto retrò con una patina di presunta modernità. C’è forse da vergognarsi nell’essere immersi nella new wave e nell’electro-pop fino al collo? Finalmente qualcuno trova il coraggio di dichiararsi. Gli Hurts - i manchesteriani Theo

Hutchcraft e Adam Anderson – sono anni Ottanta. E’ tutto chiaro fin dal pri-mo ascolto, dalla prima foto. Happiness – il disco d’esordio, nei negozi dal 7 settembre - è un quarto di Depeche Mode, un quarto di Pet Shop Boys, un quarto di Ultravox e infine un quarto di Human League. Il tutto supportato da canzoni pop che colpiscono dritto il bersaglio: gli undici brani dell’album – più una ghost song dedicata alla nostra Verona – sono al-trettanti potenziali singoli (per il momento ne sono stati estratti tre, Wonder-ful Life, Better Than Love e Blood, Tears & Gold). In attesa di ascoltarli dal vivo a Milano, il prossimo 24 ottobre, vale la pena di scoprirli. Fosse anche solo per la loro estrema onestà.

Adam > shirt, Dolce & Gabbana; trousers, Ermenegildo Zegna

Theo > jacket and trousers, Boglioli; shirt, Giorgio Armani

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ROCK 'N' FASHION

SettembRe - ONStAge

Adam > shirt, Iceberg; Gilet, Dolce & Gabbana; trousers, Giorgio Armani

Theo > blazer, Calvin Klein; shirt Prada; trousers, Jil Sander

Adam > shirt, Jil Sander

Theo > jacket and shirt, Calvin Klein

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ROCK 'N' FASHION

ONStAge - SettembRe

Adam > Tuxedo Jacket, Roberto Cavalli; shirt, Calvin Klein

Theo > jacket and shirt, Gucci

Adam > shirt, Calvin Klein; gilet, Ermene-gildo Zegna; trousers, Dolce & Gabbana

Theo > shirt, Jil Sander; trousers, Ermene-gildo Zegna

Page 43: Onstage Magazine settembre 2010

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ROCK 'N' FASHION

SettembRe - ONStAge

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DONNA / 1. 46,00 € - Sciarpa “Infinity” di paillettes - 2. 160,00 € - Urban Enfold, in nubuk con inserti in pelle e suola in gomma - 3. 198,00 € - Trench verde militare realizzato interamente in felpa - 4. 51,00 € - Maxi bag a secchiello in morbido feltro con colori in contrasto, sacca interna estraibile, www.camomilla.it - 5. 89,00 € - Khaki Beige oversize, indosso maschile, in cotone - 6. 12,90 € - Reggiseno nero balconcino in pizzo, 4,90 € - Perizoma in tinta in pizzo - 7. 129,00 € - Occhiale dalla forma allungata leggermente a gatta, rieditato da un modello degli anni '60. Realizzato in acetato color tartarugato chiaro opaco - 8. 75,00 € - Top-canotta sanza maniche, dal taglio oversize con applicazione di micro cerchi metallici

a cura di marianna maino e eileen casieri

cosa succede in città?

2. PUMA

3. DIMENSIONE DANZA

5. LEVI'S

6. TEZENIS

7. VOGUE EYEWEAR

8. QUICKSILVER

4. CAMOMILLA MILANO

1. ACCESSORIZE

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ROCK 'N' FASHION

ONStAge - SettembRe

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UOMO / 1. 52,95 € - Felpa in morbido cotone con cappuccio; stampa a microiniezione del logo Arena. Disponibile in più varianti colore - 2. 31,00 € - Triumph Crest t-shirt “Live and let ride – Motorcycle Royalty” la t-shirt d’eccellenza Triumph. E’ in cotone - 3. 50,00 € - Borsa con grande patta chiusa da clip, tracolla regolabile e staccabile, ampia tasca zippata sulla patta e tasca a velcro sul retro - 4. 199,00 € - Cassa: acciaio e poliuretano grigio, cinturino: silicone grigio con finitura Ip canna di fucile - 5. 139,00 € - In pregiato black denim effetto used - 6. 237,00 € - Sneaker alta ispirazione basket, in nylon e pelle: effetto vintage - 7. 33,00 € - Cintura in pelle liscia nera dalla linea pulita ed essenziale, con fibbia e passante in metallo satinato - 8. 249,00 € - Giacca impermeabile in lana con fodera interna in morbida flanella. Dettagli in cuoio sulle spalle

cosa succede in città?

7. LEVI'S FOOTWEAR & ACCESSORIES

3. EASTpAk

6. D.A. DANIELE ALESSANDRINI

2. TRIUMpH MOTORCYCLES

1. ARENA

5. MELTIN'pOT

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ROCK 'N' FASHION

SettembRe - ONStAge

8. TIMBERLAND

4. DIESEL TIME

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46onstage - settembre

livereport / livereport / agosto

U2

torino, 06/08/2010

foto : Francesco prandoni

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47settembre - onstage

livereport / agosto

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what'snew / musica

onstage - settembre

Robert Plant MarracashBand Of JoyDecca Music

Fino a qui tutto beneUniversal

di claudio morsenchio DI mattia sbriziolo

irca tre anni fa, il carismatico Plant pubblica-va il pluripremiato album Rasing Sand che, forte della collaborazione di Alison Krauss,

deliziava con dolcissime melodie acustiche interpretate con classe e leggerezza. Oggi l’istrione inglese cambia strada, convocando a corte amici e collaboratori storici per rievocare il felice periodo pre Led Zeppelin, in cui si cimentava con sonorità potenti, conturbanti e fottu-tamente rock. Non a caso Band Of Joy è anche il nome di una delle sue prime band, dove il cantante inglese sfo-derava tutta il suo eclettismo e la sua infinita irruenza. Il nuovo lavoro, ottimamente prodotto, suona blues, sussurra sonorità hard, sconfina nel soul ed addirittu-ra esplora territori indie ed alternativi. Molte anche le cover presenti, a cominciare dal singolo apripista Angel Dance, vecchio successo dei Los Lobos, fino a due otti-me re-interpretazioni di Silver Rider e Monkey, crude, malinconiche e spiazzanti canzoni dei Low, icone di un sound irriverente e a tratti dissacrante. Da ascoltare con rispetto e dedizione.

C arracash “is back in business”. Con Fino a qui tutto bene il rapper milanese – al secolo Fabio Rizzo – torna a cavalcare l’onda due

anni dopo l’esordio. Nelle 11 tracce, il flow di Marracash si alterna ai racconti dell’alter ego Fabio, che introduce I ragazzi dello zoo del berlin, Parole chiave, La parola che nessu-no riesce a dire e la titletrack, descrivendoci il mondo (e il modo) in cui vive. I testi, sempre diretti e pungenti (sco-modi?), ci raccontano un paese, l’Italia, in caduta libera eppure capace di sopravvivere - almeno fino all’atterrag-gio (o allo schianto!) - ripetendosi continuamente “fino a qui tutto bene”. La produzione dell’album è affidata quasi interamente a Deleterio e Don Joe, beatmaker della Dogo Gang, ma c’è lo zampino anche di Bloody Beetro-ots (Parole chiave), The Buildzer (Continuavano a chiamarlo Marracash) e Crookers (Fino a qui tutto bene, terzo singolo dopo Cani pazzi e Stupido). Le sequenze e il groove dei brani rendono veloce il disco che, tra gran cassa e synth elettronici, si lascia ascoltare piacevolmente dal primo all’ultimo minuto.

M

i sono diversi modi di affrontare la “fase matura” di una grande carriera. Alcuni, come i Rolling Stones, continuano a sfornare dischi nuovi che nulla aggiungono a un glorioso catalogo e che vengono per lo più ignorati dal vivo.

Altri, come Billy Joel, accettano di aver detto tutto sul piano compositivo, ci mettono una pietra sopra e si dedicano esclusivamente ai concerti. E poi ci sono quelli come Sting.

Il pungiglione inglese da qualche anno ha deciso di non aver più nulla da dire sul fron-te del pop, al punto che il suo ultimo album di inediti, Sacred Love, risale ormai al 2003. Sono poi venuti un lavoro di musica barocca e uno di ballate folk rinascimentali. Ma il suo passato è troppo ingombrante e redditizio per dimenticarlo semplicemente. Sting ha perciò trovato il modo di capitalizzarlo rimasticando e rielaborando i suoi successi in diversi modi. Una inaspettata reunion con i Police, che ha fruttato un tour mondiale durato quasi un anno ma nessun brano nuovo, e adesso Symphonicities. Con un titolo che cita volutamente l'album capolavoro dei Police, Synchronicity, il nuovo lavoro si pone a cavallo tra le due anime di Sting. Presenta infatti una serie di brani del suo repertorio reinterpretati in chiave classica grazie all'ausilio della Royal Philharmonic Orchestra di Londra. Anche qui, in fondo, nulla di nuovo, visto che Sting aveva già in passato riar-rangiato per orchestra i suoi successi. Nel 1986, per un concerto con Gil Evans a Umbria Jazz, presentò una versione swingata di Roxanne che, per inciso, era molto meglio di quella presente su Symphonicities.

Ma è innegabile che l'album abbia un suo fascino. E’ realizzato con molta cura e si fanno apprezzare tanto i pezzi più jazz, che poco si discostano dalla versione originale (come Englishman In New York), che quelli stravolti come Next To You. Meritevole poi che la scaletta sia composta anche da brani meno celebri, con cui Sting si salva dal pericolo dell’ovvio greatest hits.

C

StingSymphonicitiesDeutsche Grammophon

DI massimo lonGoni

HurtsHappinessSony Music

DI MARCO RIGAMONTI

onsiderato il livello di revival raggiunto ultima-mente, c’è davvero bisogno di un nuovo duo che vuole omaggiare l’epoca del cosiddetto

synth-pop? Probabilmente la risposta più votata sarebbe no. Ma la musica tutta negli ultimi anni si è infilata in un tunnel privo della proverbiale luce in fondo, dove il di-scorso del bisogno non regge più. Si tratta di considerare lo spazio; c’è quindi spazio per un nuovo duo che vuole rinverdire i fasti dei prima disprezzati e in seguito esalta-ti anni '80? Ebbene, Theo Hutchcraft e Adam Anderson, da Manchester, lo spazio se lo creano. Ma non a suon di gomitate e spintoni: non è lo stile che preferiscono. Loro si mettono lì, composti e pettinati, in un essenziale bianco e nero che li rende seri e decisi. Cantano di amore e dolore, riempiono gli arrangiamenti di riverberi senza vergogna, puntano su melodie intense ed evitano accuratamente la legge del “less is more” tanto cara ai producer del nuo-vo secolo. E come per magia da quei suoni sintetici viene fuori un disco caldo ed emozionante, che rapisce ascolto dopo ascolto senza stancare.

C

Foto di Fabrizio Ferri

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49settembre - onstage

Jamaica

Best Coast

Blonde Redhead

Manic Street PreachersJamaica No Problem

V2/Cooperative Music

Crazy for youWichita Recordings

Penny Sparkle4AD

Postcards from a young man Columbia

DI giANNi OLFENi

DI MATTiA SBRiZiOLO

DI EMANUELE MANCiNi

apita di ascoltare il disco d’esordio di una band e avere la netta sensazione che ricordi qualcos’altro. Se quel “qualcos’altro” diventa “molte altre cose”,

butta male. Ma capita pure di scorgere un certo stile nel modo in cui vengono assemblate quelle “molte altre cose”. Tradotto, si può incidere un buon disco anche se non si fa nulla di troppo originale. Jamaica No Problem - opera prima del duo parigino composto da Antoine Hilaire (voce e chi-tarra) e Florent Lyonnet (basso) – non è una rivoluzione ma funziona. E’ un disco divertente, nel senso letterale della pa-rola. Mette buon umore. Zero ballad, rock veloce e raffinato french touch. La produzione è di Xavier de Rosnay dei Justice e il disco è stato registrato negli studi di Cassius dove erano appena passati i Phoenix. Spiegato quel “molte altre cose” di cui sopra.

ostituite la “B” con una “W” e capirete presto da dove arrivano i Best Coast. Con il trio di Los Angeles - venuto alla ribalta grazie a internet e passaparola

- ci tuffiamo indietro nel tempo. Le sonorità lo-fi ricalcano il surf-rock dei Sessanta: fuzzy guitar, batteria e una voce dolce, quella di Bethany Cosentino, frontwoman del gruppo. Tutto molto semplice. Crazy For You è una cartolina, che ritrae le spiagge californiane, il sole e l’onda giusta da cavalcare, men-tre i testi ci raccontano di amori passeggeri, gioie e malinconie giovanili. Nulla di nuovo e nessuna svolta per la musica, ma è altrettanto vero che mai si avverte la tentazione di schiacciare il quadratino “stop” dello stereo o del riproduttore digitale del caso. Ben venga un richiamo al passato così, sereno e sen-za alcuna pretesa.

rolifici e longevi, i Blonde Redhead giungono all'ot-tavo album in quindici anni di attività, (a cui vanno aggiungeti due Ep e la colonna sonora per il docu-

film Dungeon Masters). Tre lustri in cui hanno dimostrato di essere un progetto concreto, teso alla ricerca di una persona-le espressività, spaziando tra diverse influenze e riferimenti musicali, dal noise degli esordi al quasi trip hop del loro ulti-mo lavoro. Il trio formato dai gemelli Pace (di Milano) e dalla cantante Kazu Makino non ha la predisposizione ad adagiar-si sugli allori e su formule collaudate in passato, e questo è di certo un merito che ne sottolinea l'integrità artistica. Penny Sparkle è una piacevole conferma di questa attitudine, anche se in qualche passaggio il disco si dimostra non all’altezza delle aspettative.

ecimo album per il trio gallese, il terzo dal 2007. Niente male per una band che solo una decina di anni fa minac-

ciava lo scioglimento. Rispetto al predecessore, l’ottimo Journal For Plague Lovers (2009) - forse il migliore dai tempi di Everythig Must Go (1996) - questo nuovo lavoro si presenta certamente più orecchiabile e leggero. E’ qualitativamente un passo indietro, ma un disco più radiofonico era nelle intenzioni della band. In effetti tutte le do-dici tracce di Postcards hanno un impatto imme-diato grazie a quel misto di energia e freschezza che i Manic da sempre sanno amalgamare alla perfezione. La voce di James è come sempre protagonista e gli arrangiamenti sono buoni, nonostante alcuni spunti piuttosto stucchevoli, vedi il riff glam rock della title-track. Tra i motivi di interesse, oltre alla bella copertina (che ritrae l’attore Tim Roth intento a scattare foto con una Polaroid), Postcards from a young man può vantare diverse collaborazioni degne di nota: John Cale in primis, poi Duff McKagan, ex Guns n’ Roses, e infine Ian McCulloch, leader dei Echo & the Bun-nymen. Insomma, è un discreto disco pop rock, gradevole ma senza troppe pretese, per una band che sappiamo capace di ben altro.

C

S

P

D

HOT LISTDieci brani dalla playlist di

ANDREA E MICHELE

PACK UP Eliza DoolittleEliza Doolittle (Parlophone, 2010)

SUN IN MY POCKET LocnvilleSun In My Pocket (Sony Music, 2010)

COOLER THAN ME Mike Posner31 Minutes To Takeoff (J Records, 2010)

MY UGLY BOY Skunk AnansieWonderlustre (Carosello Records, 2010)

JE VEUXZazZaz (Play On, 2010)

BACK IT UP Caro EmeraldDeleted Scenes From The Cutting Room Floor (Columbia, 2010)

XXXO M.I.A. feat Jay-Z Maya (NEET/ XL/ Interscope, 2010)

THE CATALYST Linkin ParkA Thousands Suns (Warner Music, 2010)

TIGHTROPEJanelle MonaeThe ArchAndroid (Wondaland Arts Society/ Bad Boy Records, 2010)

WE USED TO WAIT Arcade FireThe Suburbs (Merge Records/ Mercury Records, 2010)

Andrea e Michele si sono conosciuti sui banchi di scuola del li-ceo e da allora non si sono più “lasciati”: hanno seguito esperien-ze radiofoniche diverse, Andrea come speaker e Michele come dj, ma poi hanno cominciato a lavorare insieme e nel 2007 sono approdati a Radio Deejay per condurre il programma domeni-cale di calcio Due a zero. Ora sono on air con Deejay sei tu, che trasforma gli ascoltatori in dj facendogli scegliere le canzoni da mandare in onda.

Interpol InterpolCooperative Music

nutile nascondersi dietro a un dito: l’obiet-tivo principale di Paul Banks e soci era la-sciarsi alle spalle Our Love To Admire e tutte

le critiche che l’avevano seguito. Inutile anche tirarla per le lunghe: il risultato, come reso espli-cito da Success - titolo del brano che apre il loro quarto album - è stato raggiunto. Non si tratta di un ritorno alle radici estremo e spregiudicato, ma piuttosto di un ragionato passo indietro det-tato dalla voglia di catturare di nuovo la magia degli esordi, che aveva messo tutti d’accordo. L’attitudine shoegaze e quella vena tra il misterio-so e il drammatico sono conservate (come farne senza?), i riff semplici e ossessivi che penetrano il cervello dalla porta di servizio non mancano (quello di Safe Without su tutti, ma anche piano e basso di Summer Well non scherzano) e la strati-ficazione paziente di pezzi come Lights o Always Malaise (The Man I Am) convince. Quello che ai tempi non c’era ed invece oggi c’è è una potenza narrativa ai limiti del concept che dagli Interpol non ti aspetti; e così la trilogia finale, tenuta in-sieme dalle note di piano che aprono Try It On, rappresenta un passo deciso verso quella matu-rità artistica che forse la critica aveva deciso di affibbiare loro troppo presto.

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DI MARCO RigAMONTi

DI giORgiO ROSSiNi

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what'snew/ cinema

onstage - settembre

Dal romanzo d’esordio del giovane dottorando in fisica Paolo Giordano, ecco l'attesissima riduzione cinemato-grafica. Le vite di Alice e Mattia sono profondamente legate da un drammati-co episodio della loro infanzia. Il loro in-contro in realtà sarà un ritrovarsi, come due numeri primi gemelli che riescono a superare il numero pari che li divide. Il film ripercorre in maniera intima e dolorosa il percorso di riconoscimento dei due protagonisti, da sempre divisi eppure incredibilmente simili.

Perchè vederlo?Il libro, che ha vinto non senza poche

critiche il premio Strega nel 2008 e il pre-mio Campiello, ha attirato la regia del bravo Saverio Costanzo e ci ha riporta-to una bellissima Isabella Rossellini. Le riprese sono state effettuare interamente a Torino in un set blindatissimo. Per chi ama le storie intense e commoventi.

La solitudine dei numeri primi

Italia – 2010 drammatico Cast: Isabella Rossellini, Alba Rohrwacher, Filippo Timi, Maurizio Donadoni, Luca Marinelli.

di Saverio Costanzo

critica

pubblico

critica

pubblico

Futuro prossimo. Don Cobb è il miglio-re nel business dello spionaggio industria-le “onirico”: si cala nei sogni della gente e riesce a rubare preziosi segreti dal subcon-scio durante l’attività onirica. Ma questa sua abilità lo ha messo in grave pericolo, rendendolo un fuggitivo internazionale e gli è costata la perdita di tutto ciò che ha amato. Un fanta-thriller con ambizioni fi-losofiche per il ritorno alla regia di Nolan (anche sceneggiatore) dopo il successo pla-netario dei due Batman. Ricco il cast capeg-giato da Di Caprio, con l’eterno Michael Caine, la bella Marion Cotillard e gli emer-genti Ellen Page e Joseph Gordon Lewitt.

Perchè vederlo?Per i fan del regista è un appuntamen-

to da attendere contando i giorni, per tutti gli altri resta un blockbuster “intelligente” probabilmente godibilissimo. Il budget iniziale oscillava fra i 150 e i 200 milioni di dollari, con set anche in Cina e in Francia.

Inception

Gran Bretagna, Usa – 2010 thriller - 148 min Cast: Leonardo Di Caprio, Ellen Page, Tom Hardy, Michael Caine

di Christopher Nolan

critica

pubblico

Il film racconta le vite di due gemelli omozigoti dalle personalità assai diffe-renti, Bill è un brillante professore di fi-losofia, mentre Brady è un piccolo crimi-nale in carriera che coltiva marijuana in Oklahoma. Quando Bill riceve la notizia della morte di suo fratello, decide di tor-nare nel suo paese d'origine, dove viene accolto da storie assurde sulla dipartita di Brady e viene coinvolto, suo malgra-do, in un losco complotto...

Perché vederlo?Per gli appassionati di Norton, ormai

esperto trasformista, camaleonte di se stesso, che dopo Schegge di paura, Fight Club e L’Incredibile Hulk offre l’ennesima doppia interpretazione che vale il prez-zo del biglietto. Il film colpisce per la mescolanza di generi: si passa dal pulp alla commedia nera, al thriller. Risate assicurate.

Fratelli in erba

Leaves of Grass - Usa - 2010 commedia - 105 min Cast: Edward Norton, Tim Blake Nelson, Lucy de Vito, Susan Sarandon, Richard Dreyfuss

di Tim Blake Nelson

critica

pubblico

Johnny Marco è una star hollywoodiana che sopravvive secondo il credo droga, ses-so & rock and roll. Passa il suo tempo, tra un film e l’altro, a vivere di eccessi parcheggia-to nel celebre hotel di Los Angeles Chateau Marmont, lo stesso dove è morto John Be-lushi, dove Jim Morrison è quasi caduto da una finestra, dove James Dean ha ottenuto la parte che lo ha reso celebre in Gioventù bruciata. Un giorno, però, riceve la visita della figlia, una bimba di 11 anni che a ma-lapena conosce. Grazie a lei Johnny impara il significato della parola responsabilità, tro-vando la forza di crescere.

Perché vederlo?Sofia Coppola, dopo Il giardino delle

vergini suicide, Lost In Translation e Marie Antoniette, torna alla regia con una dolce parabola sulla fama e sulle sue conse-guenze. Alcune sequenze sono girate a Milano. Per chi vede in lei la degna erede del padre Francis Ford Coppola.

Somewhere

Usa - 2010 - 98 min, drammaticoCast: Stephen Dorff, Elle Fanning, Benicio Del Toro, Laura Chiatti.

di Sofia Coppola

Italia di ieri e di oggi raccontata attraverso la mu-sica, le parole, la carriera di Luciano Ligabue. La sua voce di narratore d'eccellenza e le sue canzo-

ni, conosciutissime al grande pubblico, fanno da guida in un viaggio attraverso le vicende politiche e sociali del Bel Paese dagli anni Settanta ai giorni odierni, e scandiscono un racconto collettivo affidato a materiali di repertorio e a nu-merose interviste a personalità dello sport e dello spettaco-

lo, protagonisti di eventi di cronaca, o semplicemente per-sone “comuni”. Centro della riflessione sono alcuni articoli della Costituzione, pensati come diritti da ribadire e nuovi traguardi da raggiungere. Partecipano con le loro voci e i loro pensieri tantissimi personaggi pubblici italiani, da Fa-bio Volo a Margherita Hack, da Carlo Verdone a Beppino Englaro, da Javier Zanetti a Umberto Veronesi.

Perché vederlo? Per gli amanti del documentario musicale, il racconto

sociale affidato a cantanti e gruppi rock, e per i fan di Lu-ciano Ligabue, che, dopo le esperienze da regista, approda sul grande schermo in veste di narratore e lo fa benissimo. Presentato a Venezia fuori concorso è un'operazione inte-ressante che dovrebbe essere vista sia da chi ama l'Italia, sia da chi vivrebbe volentieri altrove.

NIENTE PAURA

L'

a cura di Nick

critica

pubblico

Italia – 2010 – 85 min - documentario REGIA: Piergiorgio Gay CAST: Luciano Ligabue, Fabio Volo, Javier Zanetti, Umberto Veronesi, Paolo Rossi

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52onstage - settembre

what'snew/ games a cura di Blueglue

Annunciato da tre lunghi anni, ecco il follow-up dell’uni-co titolo riuscito nell’impresa di catalizzare l’attenzione af-frontando il tema di Cosa Nostra. Gli eventi che ruotano in-torno alla mafia potrebbero sembrare a prima vista terreno fertile per lo sviluppo di un videogioco, ma troppo spesso si è sconfinato in esagerazioni tali da rendere il prodotto finale qualcosa di artificioso e poco credibile.

Già Mafia: The Lost City Of Heaven (datato 2002) riusciva nell’impresa di risultare realistico in tutto e per tutto, ba-sandosi sulla cura dei particolari e su una discreta libertà di azione offerta al giocatore. La differenza con il primo epi-sodio è che da un’ambientazione anni ’30, Mafia II ci porta

dritti negli anni che vanno tra il secondo dopoguerra e la fine dei Cinquanta. Nei panni di Vito Scaletta, un siciliano emigrato negli Stati Uniti, dovremo eseguire delle missioni per conto di un’importante famiglia mafiosa - unico modo possibile per ripagare un debito contratto da nostro padre – in un’affascinante Empire Bay, città che unisce in maniera splendida i tratti caratteristici di New York e San Franci-sco.

Gli sviluppatori non si sono lasciati tentare dalla “moda” del free-roaming, preferendo conservare le caratteristiche di gioco dell’illustre predecessore: non c’è spazio per mis-sioni secondarie, la trama è una e va seguita per quello che

è, nonostante rimanga il giusto grado di libertà (personaliz-zazione di auto ed abbigliamento). Anche l’azione non dif-ferisce molto rispetto al primo episodio: il fulcro del game-play sta nelle adrenaliniche fasi di guida e nelle frequenti situazioni di guerriglia urbana - sempre e rigorosamente in terza persona, come da copione.

Se tutto questo può legittimamente non sorprendere, è fondamentale sottolineare come l’ottimo bilanciamento della successione degli eventi faccia passare questa decina abbondante di ore di gioco in un attimo, azzerando il pa-rametro noia con una capacità di coinvolgimento assoluta-mente sopra la media. Buonissima la seconda.

MAFIA II

(Xbox 360 - PS3) Genere: Azione

2k Games

Un ultimo colpo, quello che ti sistema per una vita. Era questo, origina-riamente, il pensiero di Lynch, trasferitosi insieme alla sua donna a Shangai dopo tutti i casini che aveva combinato nel primo episodio in quel di Tok-yo. L’incarico commissionatogli da un importante boss mafioso consisteva nell’eliminare un piccolo malvivente locale. L’affare si complica quando nel corso dell’operazione (alla quale ovviamente prende parte anche il suo in-separabile amico Kane) ci lascia le penne una ragazza che si rivelerà essere nientepopodimeno che la figlia del boss di cui sopra.

Quando la sfiga ci vede benissimo ti ritrovi in situazioni scomode. In que-sto caso scomodissime, visto che i due protagonisti si ritroveranno ad affron-tare il fuoco incrociato di malavita e forze dell’ordine. Third-person shooter dalle caratteristiche classiche (= spara e vedi di trovare un riparo credibile se non vuoi essere trivellato), il secondo capitolo di Kane & Lynch risolve solo in parte i problemi che avevano caratterizzato il primo episodio del 2008, rima-nendo tecnicamente una bella spanna al di sotto dei punti di riferimento del caso (Gears Of War su tutti). L’azione è travolgente, senza pause; l’uso di una ripresa in stile telecamera semi-amatoriale contribuisce ad elevare il ritmo di gioco ed è sicuramente uno dei punti di forza del titolo, unito alla curata am-bientazione sporca e claustrofobica.

I matematici della grafica e della realizzazione tecnica e tecnici non ci met-teranno molto a trovare delle argomentazioni di critica valide, ma per chi riesce a chiudere un occhio su questi difetti Kane & Lynch 2 rappresenterà un’esperienza davvero spassosa.

Kane & Lynch 2: Dog Days

(Xbox 360 - PS3) Genere: Azione

IO Interactive/Square Enix

Questo è per voi, cari nostalgici delle 200 lire e dei joystick impia-stricciati e sudaticci nelle malfamate sale giochi dei tempi che furono. Per voi, che nonostante la più che dignitosa destrezza tra decine di tasti e combinazioni complicate tipiche dei games di ultima genera-zione, ogni tanto sentite il bisogno di saltare e prendere a pugni tutto quello che si muove e morta lì. Per voi, che pur rimanendo a bocca aperta davanti al realismo 3D non disdegnate la semplicità delle due dimensioni. Ecco la trasposizione videoludica del fumetto culto di Bryan Lee O’Malley, splendido mix tra discendenze manga e tratti occidentali.

La trama? Per conquistare il vostro amore (la bella Ramona Flo-wers) dovrete vedervela con altri sette pretendenti che vi si sbarre-ranno davanti. Classicissimo beat ‘em up a scorrimento orizzontale, Scott Pilgrim Vs. The World punta tutto sullo stile anni ‘80 e ’90 - che si dimostra tanto vincente quanto accattivante - implementando un sistema di evoluzione del personaggio tipico dei nostri tempi. Il ri-sultato è che un genere dimenticato e dato per morto da molto tempo resuscita con una freschezza tutta sua.

Di assoluto rilievo la colonna sonora, ad opera della band newyor-kese Anamanaguchi. Questi ragazzi fanno musica (definita “chiptu-ne punk”) unendo le sonorità rock classiche (chitarra, basso e batte-ria) con suoni provenienti dal NES e dal Game Boy. Un piacere retrò da gustarsi senza vergogna alcuna.

Scott Pilgrim Vs. The World

(Xbox 360 - PS3) Genere: Picchiaduro

Ubisoft

Page 53: Onstage Magazine settembre 2010
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54onstage - settembre

comingsoon / ottobre

orse ce lo siamo dimenticati, storditi dall’inva-sione ludico-digitale a cui non abbiamo saputo opporre resistenza in questi ultimi anni, ma il

termine "guitar-hero" per lungo tempo non ha avuto nul-la a che fare con i videogame. Anzi, gli eroi della chitarra sono sempre stati in carne e ossa, possibilmente agghinda-ti di vesti eccentriche, sudati, a volte anche brutti e sporchi, spesso strafatti. Gente come Chuck Berry, Jimi Hendrix, Pete Townshend, Jimmy Page e quel messicano trapianta-to in California che risponde al nome di Carlos Santana.

Dal suo esordio sul palco di Woodstock – era l’agosto 1969 - Carlos è cambiato parecchio. Gli acidi sono un ricordo di gioventù e l’aria da santone ha sostituito lo sguardo stra-lunato di allora. Quello che Santana non ha mai smesso di fare è suonare la meravigliosa Paul Reed Smith (e non solo quella…). A 63 anni compiuti, Carlos continua a portare in giro per il mondo la sua musica e quel feeling peace&love che lo ha sempre contraddistinto, insieme al sapore latino del suo rock. L’ultimo progetto del chitarrista messicano si chiama Guitar Heaven: The Greatest Guitar Classics of All

Time. Tredici tracce in cui reinterpreta alcuni dei più gran-di successi di tutti i tempi (da Whole Lotta Love a Riders On The Storm passando per Sunshine Of Your Love e While My Guitar Gently Weeps), ospitando musicisti del calibro di Chris Cornell, Scott Weiland, Joe Cocker, Ray Manzarek e molti altri. Coprodotto da Clive Davis – direttore crea-tivo di Sony Music - il disco esce il 21 settembre, giorno in cui Santana sarà già partito per il suo tour mondiale. Che, naturalmente, tocca anche l’Italia, paese sempre caro all’artista americano.

FCARLOS SANTANA19/10 MILANO, Mediolanum Forum

30292827 1 2 3Sabato DomenicaVenerdì

4 5 6 7 8 9 10Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Domenica

12 13 14 15 16 1711Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Domenica

19 20 21 22 23 2418Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato DomenicaVasco Rossi - Firenze

Anais Mitchell - MilanoSting - Firenze

Brandon Flowers - RomaIrene Grandi - Biancavilla (CT)Renato Zero - Roma

Brandon Flowers - Milano

Blind Guardian - RomaSteve Miller Band - MilanoVasco Rossi - Firenze

Blind Guardian - MilanoVasco Rossi - Firenze

Motel Connection - Bologna

Anais Mitchell - TorinoMarta Sui Tubi - ArezzoRoy Paci & Aretuska - MilanoSupertramp - Torino

Hurts - Milano

Vasco Rossi - Firenze

Renato Zero - Roma Goldfrapp - MilanoLa Fame Di Camilla - Erba (CO)Vasco Rossi - Bolzano

Marta Sui Tubi - Seregno (MI)Renato Zero - RomaU2 - RomaVasco Rossi - Bolzano

Motel Connection - Roma La Fame Di Camilla - S. Fortunato (PG)Motel Connection - BresciaNiccolò Fabi - TrevisoNoemi - Varazze (SV)Renato Zero - RomaSteve Winwood - MilanoVasco Rossi - Bologna

Renato Zero - RomaSteve Winwood - RomaVasco Rossi - Bologna

26 2725Lunedì Martedì Mercoledì

28 29 30 31

Foto di Alan Silfen

Carlos Santana - Milano

Giovedì Venerdì Sabato Domenica

Baustelle - RiminiMarta Sui Tubi - S. Fortunato (PG)Pino Daniele - Torremaggiore (FG)Renato Zero - Roma

Fiorella Mannoia - Rimini

Tre allegri ragazzi morti - Lucca

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