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ANNO 5-1 Pagina 1
ANNO V N.1 luglio 2016
Presidente Maurizio Cianfarini Vice-Presidente Raffaella Restuccia Direttivo Palma Aliberti Elena Buttinelli Alessia Gentile
Maria Severa
Recapiti: 06-85358905 [email protected]
Redazione Maurizio Cianfarini Antonia Iorio Sara Maugeri Raffaella Restuccia
SOMMARIO Editoriale pg.1 Cianfarini Maurizio La Depressione Reattiva come risposta adattativa alla malattia oncologica pag.2 Cianfarini Maurizio, Fabiano V. Le Foto degli Amici pg.3 La Malattia oncologica nella famiglia monogenitoriale pg.4 Vjola Abdiu Le Convenzioni 7 buoni motivi e vantaggi per fare il volontario pg.6 a cura di Moby Dick
Bandi e Borse pg.10
Rubriche A domanda risponde pg.7 a cura di Maurizio Cianfarini
Non è vero ma ci credo pg.8 Aloe , l’elisir che cura … a cura di Moby Dick Eventi Formativi Help Profession, 3/c group pg. 3 Master Professionalizzante pg. 11 Open Day Training Emotional Area pg. 12 ROMA_PADOVA Training Autogeno pg. 13 Open Day Le nostre pubblicazioni pg. 13 Chi, come, cosa “Siamo” pg. 13
IL GAZZETTINO DELLA
BALENA BIANCA
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EDITORIALE
“Che fortuna…
……...ho trovato un bravo
oncologo!!”,…è una delle
frasi ricorrenti che
esprimono le persone affette
da una patologia oncologica
quando trovano medici che
li accolgono in maniera
adeguata. Questo, purtroppo,
lo ritengono solo il frutto di
un evento fortunoso.
Attenzione però, c’è chi
scambia dei medici cortesi
per medici adeguati. Ora,
senza voler entrare nel
merito delle competenze
strette della disciplina in cui
si opera, un metro di
giudizio che si può usare per
distinguere la professionalità
tutto tondo è l’etica, che non
deve mai venir meno, i
valori che sostengono l’agire
di questo medico. Questo
metro rimane ancor più
indicativo se l’area trattata
riguarda malattie gravi o
rare, e la malattia oncologica
può richiamare in alcuni casi
entrambe le voci.
Quando diffidare? Per
esempio quando si esegue
un esame diagnostico (es.
TAC) e per portare a far
vedere la risposta ci dicono
che la visita di controllo ha
tempi lunghi di prenotazione
e ci consigliano
l’intramoenia o una struttura
privata; oppure quando la
prognosi è chirurgica e una
delle prime domande che ci
fanno è: “lei è assicurato?”
e alla nostra risposta
affermativa ci consigliano
una struttura privata dove
avremmo la sicurezza che
sarà proprio lui ad operarci;
o ancora quando ci viene
proposta una cura
estremamente invasiva o
definita da “ultima spiaggia”
senza ricorrere a un altro
consulto da un altro
specialista, in un altro
centro, continua pg. 9
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La Depressione Reattiva come risposta
adattativa alla malattia oncologica
L’incontro con una patologia, o comunque con un
evento importante che evoca gravi perdite
personali sia fisiche che psicologiche, mette in
contatto la persona con le cinque fasi
dell’elaborazione del lutto, osservate e strutturate
all’interno di un modello elaborativo da Elisabeth
KŰbler-Ross, una psichiatra svizzera che nella sua
vita professionale si è occupata principalmente del
fine vita. Quando si subisce un lutto (reale o
evocato: l’incontro con la malattia, la fine di una
relazione, la perdita del lavoro, la perdita di una
persona) si attivano cinque fasi (Shock e
negazione, rabbia, patteggiamento, depressione,
accettazione) non necessariamente in maniera
sequenziale e la comparsa di una fase non esclude
la possibilità che possa tornare. Fasi considerate
fisiologiche e non patologiche, quindi quando
evocano preoccupazione? Il profilarsi di un lutto
patologico si ha quando una di queste fasi non
compare affatto o la persona indugia per mesi
all’interno di una di esse; rimandiamo all’esame
accurato delle varie fasi ai numeri arretrati della
nostra news. http://www.moby-dick.info/?page_id=1078
In questo articolo prenderemo in considerazione la
fase della depressione, momento in cui il paziente
inizia ad essere più consapevole delle perdite che
sta subendo. Vi sono due tipi di depressione,
quella reattiva in cui si incontra tutto quello che si
è perso e non si può più recuperare, e quella
predittiva, “tutto quello che potevo fare e non
posso più”.
Quando si fronteggia una malattia capita spesso di
sentirsi scoraggiati, tristi e depressi. Capita di
essere stanchi, di pensare negativamente, di
sentire che si sta lottando invano e di non riuscire
più a fare le cose che prima si svolgevano
quotidianamente. È il momento in cui familiari,
amici e conoscenti, assistendo a ciò, esortano la
persona a “reagire”,
a tirarsi su perché
altrimenti è peggio.
Allo stesso modo il
personale sanitario:
può accadere di
sentirsi dire frasi del
tipo “se ti butti giù è
peggio, lasci campo
libero alla malattia; ora dipende solo da te, devi
combattere, non puoi deprimerti”. In questa
cornice, la persona malata si sente all’interno di
spinte contrastanti: da una parte un vissuto
correlato all’evento che si sta affrontando per la
malattia, dall’altra invece si viene colpevolizzati
per come si sta
reagendo, ci si
sente inadeguati.
Spesso, sono le
persone vicine al
malato che per
primi si trovano
impreparate e non
sanno come “stare” nella relazione;
l’atteggiamento depressivo coinvolge
emotivamente i familiari, e questo è
comprensibile; meno comprensibile e non
giustificabile è la parte di competenza al personale
sanitario che dovrebbe avere una formazione
emozionale adeguata. Può essere proprio questo il
momento in cui si procede all’invio della persona
malata: la fase della depressione reattiva viene
considerata patologica, e allora si pensa di
ricorrere al sostegno psicologico.
È importante però distinguere la depressione
patologica da quella reattiva. La prima, fa parte
(assieme alle sue diverse forme) dei disturbi
dell’umore: sono disturbi in cui il sintomo
principale è l’abbassamento, spesso spontaneo,
del tono dell’umore che si accompagna ad una
serie di altri sintomi che vanno ad intaccare la
quotidiana funzionalità dell’individuo; i disturbi
dell’umore sono diagnosticabili seguendo una
serie ben precisa di criteri diagnostici.
La depressione reattiva invece, come detto già in
precedenza, è una reazione normale cui si va
incontro quando si subiscono gravi perdite; in
questa fase ci si rende conto di tutte quelle proprie
cose che sono andate perse.
Patologizzare la depressione reattiva può avere
delle conseguenze negative; come già detto in
precedenza, la persona può sentirsi in colpa per
non saper gestire la situazione in un modo
“migliore”, più adeguato. L’altra conseguenza del
non potersi concedere la depressione è rimanere
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nella fase precedente, la rabbia, mantenendo forti
nuclei inibitori e persecutori.
Il sostegno psicologico in momenti importanti
come l’incontro con una patologia grave può
essere di grande aiuto. L’ideale sarebbe se questo
iniziasse già con la comunicazione della diagnosi.
Accedere al sostegno psicologico in diversi
momenti dell’elaborazione del lutto, quando non
si riesce più a gestire la situazione è comunque
attivare una risorsa importante.
Come detto in precedenza, accade che il momento
dell’invio coincida con l’esperienza di una
depressione reattiva ed entrare in una relazione di
sostegno psicologico può essere molto importante
per la persona che può innanzitutto avere un
proprio spazio in cui esprimere i suoi vissuti in
maniera libera, senza il timore di giudizi ma si ha
la possibilità che il vissuto emotivo venga accolto,
contenuto ed elaborato per ristabilire un nuovo
equilibrio di vita, stabilendo obiettivi ed
individuando nuove risorse personali.
Maurizio Cianfarini
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La Malattia oncologica nella famiglia
monogenitoriale
Si crede di essere un castello protetto dalle mura
contro le quali niente può abbattersi. Però, nel
momento in cui si viene a contatto con la malattia
oncologica, le reazioni a riguardo sono diverse; si
entra in un loop di smarrimento, solitudine,
rabbia, paura. Queste reazioni sono in parte dovuti
a stili individuali di comportamento, anche da
quelli che la malattia stessa evoca. Inoltre, un
ruolo rilevante in tali situazioni ha la condizione
socio-familiare in cui si trovano.
La malattia oncologica è accompagnata da uno
stato di sofferenza globale che coinvolge, oltre la
persona stessa, l’intero sistema familiare, le
relazioni amicali e sociali. Per giunta, di recente,
la visione del malato oncologico si è ampliata
prendendo in considerazione non solo l’impatto
che la malattia ha sul singolo individuo ma anche
il vissuto dei loro familiari.
La diagnosi di un tumore comporta un
cambiamento radicale dello stile di vita partendo
dalla semplice organizzazione della routine
quotidiana, alle dinamiche familiari e sociali.
Chi vive l’esperienza di una patologia di tale
rilevanza va incontro ad un “riadattamento”, non
solo del proprio stile di vita ma anche quello
dell’intero sistema familiare e amicale in cui fa
parte. Tutto ciò viene annientato dalla paura e
l’ansia a dover scoprire qualcosa di “nuovo”. Si
tratta di emozioni, turbamenti alle quali, non si
può mai arrivare preparati, non ci si abitua mai.
Cosa accade se tutto ciò avviene in una famiglia
monogenitoriale?
La famiglia monogenitoriale è una condizione di
attualità che riflette la nostra società. Si tratta di
una realtà che continua ad aumentare soprattutto
nei paesi occidentali. Queste strutture familiari
non sono un fenomeno nuovo; esse erano diffuse
nel passato, ma con caratteristiche e significati
diversi rispetto ad oggi. Sebbene non si tratti di un
sistema disfunzionale è una famiglia vulnerabile
ad eventi stressanti, soprattutto ad eventi di tale
rilevanza.
I pensieri di primaria importanza, oltre alla
propria vita, sono i figli. Si va incontro alla
necessità di una continua riorganizzazione, un
cambiamento continuo, per la persona stessa e per
l’intero sistema familiare. Il ruolo del genitore in
questo momento viene capovolto, se prima esso si
prendeva cura della famiglia, ora è la famiglia che
si deve prendere cura del genitore.
Il tutto, si complica ulteriormente con la presenza
di un solo genitore. È sempre difficile rendere i
figli partecipi del proprio dolore ed altrettanto
difficile condividere con loro il vissuto della
malattia. Alcuni “reagiscono”, finché possono, da
soli alla malattia, altri cercano aiuto in medici,
amici, familiari, psicologici e psicoterapeuti.
Un genitore solo si trova a dover far fronte, oltre
alla malattia, anche alla genitorialità che sente e
che sarà costretto a lasciare. Il genitore si ritrova
cosi, nel momento in cui “bisogna” pensare al
bene altrui, al bene dei propri figli; rinchiuso tra
malattia e “doveri genitoriali”.
Spesso i genitori difronte ad ansie tumultuose che
la malattia provoca, si sentono impotenti,
arrabbiati, travolti da paure e sentimenti di colpa,
davanti a figli per i quali sono l’unico punto di
riferimento. In tali circostanze, e non solo, i
genitori tendono a nascondere il proprio malessere
ai figli, per “proteggergli” dal dolore. È
importante che i figli
sappiano determinate
informazioni dal
genitore stesso
piuttosto che da voci
estranee, d’altrettanto
rilevante è il
linguaggio usato nella
comunicazione di tale
notizia. Perciò è fondamentale che vengano aiutati
a valutare il grado di verità da rivelare ai propri
figli. Aiutare i genitori ad affrontare la malattia è
molto importante in quanto può alleggerirli da una
serie di preoccupazioni dove i figli hanno una
posizione centrale.
L’aspetto della condivisione è importante in
queste situazioni, in quanto la presenza di un
amico o familiare può essere indispensabile; per
non sentirsi soli, per sentirsi più forti in quei
delicati momenti che accompagnano la malattia.
La collaborazione attiva con la rete sociale e
familiare della persona malata è importante per
recuperare e prendere in mano la propria vita,
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sensazione che abbandona nel momento della
diagnosi e delle cure.
Riprendendo, la malattia oncologica nel contesto
della famiglia monogenitoriale, in alcune
occasioni i figli possono diventare una fonte di
risorse per affrontare la malattia e per recuperare
la padronanza della
propria vita. Riconoscere
di non essere infallibili,
riconoscere ed accettare
le proprie debolezze è un
aspetto molto
importante. Il sostegno
psicologico in
circostanze come l’incontro con una malattia
grave può essere un grande appoggio per il
genitore malato. La possibilità di avere uno spazio
individuale in cui poter esprimere e condividere le
proprie preoccupazioni con esperti che accolgono
e contengono tali vissuti. Ulteriormente
importante è aiutare il genitore ad essere in grado
di tenere conto del proprio atteggiamento per non
responsabilizzare troppo i figli. È fondamentale
accogliere anche i loro timori e allo stesso tempo
rilevante che il vissuto di questa esperienza da
parte dei figli venga rispettato.
Vjola Abdiu
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Solo psicologi?
Un’attività complessa e intensa come quella
dell’Associazione Moby Dick non ha bisogno
solo di psicologi ma di tutte le risorse, sia esse
economiche che umane per far fronte alle
numerose richieste d’aiuto. Per offrire un
sostegno psicologico serve una sede; per portare
all’attenzione delle famiglie, dei medici, di tutte
le figure curanti la possibilità di avere un
sostegno, bisogna occuparsi di numerose attività
accessorie che diventano indispensabili per la
sopravvivenza di Moby Dick. Ecco perché
abbiamo bisogno di tutte le persone “di buona
volontà” disposte ad offrire un aiuto di qualsiasi
genere e quel tempo che si sentono in grado di
offrire.
“La vita non è qualcosa ma l’opportunità di fare qualcosa”
Christian Friedrich Hebbel
Perché fare volontariato? Ecco 7 buoni motivi
La parola “volontariato” deriva dal latino
voluntarius, da voluntas, ovvero volontà.
Impegnarsi in qualcosa conforme alla volontà, che
parte da un impulso interno ed è accompagnato da
una buona cognizione di causa, un’azione che
nasce spontanea. Dare il proprio contributo
gratuitamente può essere una decisione importante
sia per la propria vita personale che professionale.
I motivi per farlo sono innumerevoli tanti quanti
sono gli esseri umani, ma c’è chi ne ha stilato una
lista esplicitandone le ragioni e i vantaggi che se
ne ottengono … chiaramente questo elenco
proviene dall’altro lato dell’oceano, dato che agli
americani piacciono tanto le guide!
dal blog www.wisebread.com
E' bene fare volontariato perché....
Sviluppa competenze Fare volontariato
permette di mettere alla prova sul campo i propri
talenti, e di apprendere nuove competenze. Se si
agisce insieme ad altri, come spesso capita, si
possono mettere in comune le esperienze e
imparare da chi già sa fare cose per voi nuove.
Ovviamente le competenze acquisite si possono
spendere poi nel resto della vita, sul lavoro, nel
percorso di studi e in qualunque campo.
Dà un esempio ai ragazzi Le nuove
generazioni devono imparare il valore della
gratuità, e voi potete contribuire a questo
insegnamento. Facendo volontariato con i giovani,
soprattutto con i bambini, potrete contribuire a
migliorare il loro futuro concretamente; chi riceve
aiuto gratuito è poi molto più propenso a fare
qualcosa per gli altri, una volta diventato adulto.
Vi aiuta sul lavoro Molti dei "colleghi"
volontari che conoscerete potrebbero un giorno
dare una mano anche a voi in campo lavorativo. E'
sorprendente quanto possa essere utile il passa
parola, soprattutto se siete alla ricerca di prima
occupazione o di un lavoro migliore
Per di più questi compagni di volontariato vi
conosceranno come una persona altruista,
disponibile, estroversa ma anche pronta a lavorare
sodo. E chi non assumerebbe un tipo così?
L'attività di volontariato potrebbe esservi molto
utile anche se non cercate lavoro perché l'avete
già. Le abilità che conquisterete attraverso
l'esperienza solidale vi possono aiutare a
migliorarvi anche nel settore lavorativo, e quindi a
fare carriera. Tutti i datori di lavoro sono
normalmente attratti dalle qualità di un leader, e
scegliendo di fare volontariato avete già
dimostrato di possederne un bel po'.
Fa risparmiare soldi Vi piacerebbe dare
una mano alla vostra associazione preferita ma
non avete molto da spendere? Offrire il vostro
lavoro in cambio di una donazione è molto più
importante per l'organizzazione e molto più
vantaggioso per voi. Non è necessario impegnarsi
due o tre volte la settimana: basta anche solo
aiutare in occasione di eventi speciali, fiere,
vendite straordinarie. Bastano davvero poche ore
al mese.
Riempie la vita Perché sprecare il tempo
libero nei centri commerciali o davanti alla tv?
Fare volontariato è molto meglio: si partecipa ad
attività interessanti, si mettono in circolo le idee,
si fanno nuove esperienze, si esce di casa! Molti
volontari hanno visto riempirsi senza sforzo la
loro agenda sociale in poco tempo, e si divertono
molto più di prima.
Vi insegna a dire grazie Uno dei regali
migliori dell'attività di volontariato è che vi fa
rendere conto di quanto siete fortunati rispetto ad
altre persone. E per questo vi insegna a dire grazie
e a smettere di volere sempre di più, all'infinito.
Vi cambia la prospettiva: capirete cosa conta
davvero nella vita e vivrete in modo più semplice,
autentico e rilassato.
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ANNO 5-1 Pagina 7
Le nostre RUBRICHE
_____________________________________
A domanda risponde a cura di Maurizio Cianfarini Presidente
dell’Associazione Moby Dick, Esperto in psiconcologia, Logotherapy ed Analisi Esistenziale, Analisi individuali, di gruppo e
di Organizzazioni; Direttore del Corso biennale in Psicologia
Oncologica. Professore a.c. Università “La Sapienza” di Roma; Collabora con numerosi enti per la formazione e la supervisione degli
operatori sanitari e dei volontari nelle città di Roma, Milano,
Campobasso, Padova, Cosenza, Potenza, Vicenza, Larino, Catania, Trapani, Firenze, Bari, Verona e Taranto
Gentilissimo dott. Cianfarini, la domanda la pongo
come familiare di una signora che sta’ affrontando
una patologia oncologica e che la struttura che la
ospita tende ad escluderci. In una relazione di cura,
spesso continuativa come quella tra oncologo e
paziente; che funzione ha la comunicazione
nell’informare il paziente oncologico sulla
situazione clinica, partendo dalla diagnosi alle
eventuali cure a cui dovrà sottoporsi? Che ruolo
potremmo avere noi come familiari?
Un consiglio, grazie V. A.
Gentile signora/e,
già quando ha iniziato a formulare la domanda mi
immaginavo che in cuor suo aveva la risposta:
“Una buona comunicazione della diagnosi,
nonché della prognosi e delle cure avrà senz’altro
un ruolo importante in tutto l’iter clinico”. Quindi
quello che mi chiedo è cosa è insito nella sua
domanda, al di là del contenuto verbale, fermo
restando che con molta probabilità può trovare
argomenti sulla “compliance” terapeutica e sulla
comunicazione, sia su numeri arretrati di questo
gazzettino che su libri specializzati.
Come può aver letto trovo delle difficoltà a dare
un’identità di genere alla sua persona, non so se
lei è una donna o un uomo, questo mi può far
azzardare l’idea di vedere in lei una difficoltà ad
apparire nella relazione, stare vicino al suo
familiare o nel percorso di cura, e vivere alcuni
atteggiamenti da parte dei medici come di
esclusione; tenga in considerazione che
l’approccio corretto da parte dei sanitari è
rivolgersi al diretto interessato e coinvolgere il
familiare su sua precisa richiesta (anche se a volte
accade il contrario).
Quello che spesso abbiamo sottolineato in questa
rubrica e che può capitare di ignorare è che anche
il familiare può essere aiutato a “stare” nelle
comunicazioni/relazione di cura. Una malattia
oncologica è un evento estremamente
destabilizzante ed il fatto che lei si senta escluso
dai medici o senta di voler un ruolo più definito è
un elemento importante che può essere trattato
anche attraverso una terapia di sostegno. Aiutare
chi aiuta è uno degli obiettivi della psicologia in
oncologia; apprezzo la sua motivazione e permetta
di farsi aiutare.
Un cordiale saluto Dr. Maurizio Cianfarini
Gentile Associazione, arriva l’estate, le strutture, sia
esse pubbliche che private chiudono per periodi di
ferie, ha senso chiedere un sostegno psicologico in
questo momento dato che la difficoltà principale che
devo affrontare è proprio quella della solitudine?
Grazie della risposta, Mario
Gentile sig. Mario, è vero è un periodo molto
delicato quello di agosto, alcuni servizi chiudono,
reparti riducono gli accessi e le figure mediche di
riferimento si prendono le ferie legittime; ma
malattia e la sofferenza purtroppo non vanno in
ferie e ai vari sentimenti di sofferenza che
accompagnano la persona malata ed il familiare si
aggiunge anche la percezione di essere soli,
abbandonati.
Per nostra esperienza possiamo dirle che prendere
un appuntamento per un colloquio anche in questo
periodo può risultare utile, portare il proprio
disagio, descriverlo e fissare il prossimo
appuntamento per settembre le darà la possibilità
di dare continuità al percorso e sentirsi meno solo.
A volte non è facile concedersi i bisogni personali
e far passare del tempo può portare di nuovo a
rimuoverli, specie se li consideriamo inadeguati
ed elementi di fragilità. Il giudizio di non sentirci
all’altezza di affrontare un evento, anche se
difficile quale il cancro, ci pone in una posizione
difficile, quando invece un elemento di forza
dell’uomo è proprio chiedere aiuto.
Se vuole ci chiami o chiami un centro di sua
fiducia, un cordiale saluto
Dr. Maurizio Cianfarini
LEGGI I NOSTRI NUMERI ARRETRATI SUL SITO,
PAGINA PUBBLICAZIONI ALLA VOCE“IL GAZZETTINO”
ANNO 5-1 Pagina 8
Non è vero... ma ci credo
Aloe, l’elisir che cura …
L'aloe è una "pianta grassa" molto comune, che
cresce sia spontaneamente sia in coltivazioni
specializzate, della quale esistono decine di
specie. Usata come pianta ornamentale e come
rimedio popolare per alcuni disturbi passeggeri,
negli ultimi anni è diventata un rimedio molto
ricercato negli ambienti alternativi per le sue
presunte proprietà curative per malattie gravi, tra
le quali il cancro. Le proprietà dell'aloe erano
conosciute già nell'antichità, sono documentati gli
usi come cicatrizzante in epoca romana e greca e
come lassativo in epoca medievale.
Altri libri di medicina alternativa parlano di effetti
dell'aloe vera, altra specie della pianta dalle
proprietà “miracolose” per la cura del cancro.
Tuttavia la "fama" di antitumorale è diffusa
soprattutto in Italia, ma molto poco in altri paesi
nei quali la pianta
è utilizzata,
sempre nella
medicina
popolare, ancora
come cicatrizzante
e lassativo e
proprio con
quest'ultima
indicazione l'aloe
è in vendita nelle
farmacie come farmaco da banco sotto forma di
estratti in sciroppo o succo e ne esistono decine di
tipi e marchi differenti. Inoltre i preparati in
vendita come integratori, in genere contengono
pochissimo principio attivo che quasi sempre ha
perso ogni sua proprietà benefica (la sostanza è
altamente sensibile alla luce, al calore ed agli
sbalzi di temperatura e si degrada molto
velocemente perdendo quasi tutte le sue qualità)
ed in questo modo è davvero molto improbabile
che un preparato "commerciale" possa avere
effetti curativi almeno vicini a quelli notati in
laboratorio. D'altra parte c'è da dire che, riguardo
a questo tipo di pianta, si studiano già da tempo
gli effetti di alcuni componenti di questo vegetale
ad esempio la sua proprietà cicatrizzante sembra
essere dovuta all'azione di stimolo nei confronti
dei vasi sanguigni che così velocizzerebbe i
normali processi di riparazione della cute, anche
se in realtà queste sono poco più che ipotesi visto
che gli studi non hanno confermato del tutto
questa possibilità: uno studio inglese ha misurato
la capacità dell'aloe nel migliorare le complicanze
dermatologiche della radioterapia e non ha notato
alcun effetto benefico particolare. Le proprietà
lassative sono dovute soprattutto alla presenza di
antrachinoni, sostanze irritanti per l'intestino. Altri
effetti studiati sono quello "ipoglicemizzante" (che
abbassa il valore di zucchero nel sangue) ed
antimicotico (che combatte le infezioni da
funghi). Estratti di aloe sono contenuti in molti
cosmetici e prodotti ad uso casalingo e possono
avere un blando
effetto
antibatterico,
antivirale e
disinfettante. La
tossicità della
sostanza è scarsa
nell'uomo quindi,
un effetto tossico
sarebbe possibile solo per dosaggi elevatissimi,
anche se non è da sottovalutare il potenziale
effetto negativo del suo potere lassativo (perdita
di sali, disidratazione). Inoltre diverse ricerche
hanno studiato e mostrato sperimentalmente la
capacità di inibire le cellule neoplastiche di alcuni
tipi di tumore, e proprio per questo, l'attenzione
degli sperimentatori si è concentrata sui
meccanismi che permettevano questo risultato. Gli
effetti sulle cellule cancerose, anche se
interessanti, sono contrastanti a volte anche
notevolmente, ma sicuramente aprono qualche
speranza. L'aloe emodina* (una degli antrachinoni
contenuti nella pianta) ha mostrato di ridurre i
tumori in cavie ed in vitro, ma sembra essere
pericolosa perché se "stimolata" dalla luce solare
o da altre radiazioni, è capace di favorire tumori
cutanei. Sembra comunque che l'effetto
antitumorale della sostanza (soprattutto nei
confronti dei tumori intestinali) abbia come
costante parallela un effetto dannoso (di stimolo
del tumore, benigno o maligno) a livello cutaneo
ed in altre cellule. Non sono pochi gli esperimenti
che hanno sottolineato questo dato.
Le proprietà immunostimolanti, antiossidanti ed
antiproliferative dell'aloe comunque, hanno fatto
ipotizzare un suo reale potenziale anticancro (non
per forza curativo ma almeno preventivo) e per
questo motivo negli ultimi anni gli studi su queste
proprietà si sono moltiplicati a dismisura, tuttavia,
proprio il sospetto di gravi effetti negativi ha
sempre fatto consigliare molta cautela nelle
conclusioni e l'interesse è rivolto soprattutto
proprio al suo contenuto di antrachinoni. In cellule
in vitro è stato dimostrato un ruolo
immunostimolante, sia per azione su alcune
ANNO 5-1 Pagina 9
cellule immunitarie che per lo stimolo di alcuni
enzimi essenziali nel processo di morte cellulare
(le cosiddette caspasi) ed esiste anche uno studio
sull'uomo che ha associato l'aloe alla
chemioterapia, dimostrando un possibile ruolo nel
miglioramento dei risultati della terapia e della
sopravvivenza dei soggetti trattati. Già nel 2000
uno studio è stato effettuato anche presso
l'università di Padova, analizzava la capacità
dell'aloe-emodina di inibire la crescita tumorale
(su tumori specifici, i neuroectodermici) in cavie.
Gli studi in vitro sono incoraggianti (ne esiste
anche uno su cellule leucemiche che ha dato
risultati positivi), è vero che sono tantissime le
sostanze capaci di eliminare o rallentare le cellule
cancerose in laboratorio e quindi non si può che
parlare di risultati ancora molto preliminari, ma la
buona notizia è che è stato scoperto anche il
meccanismo d'azione che sembra legato all'azione
degli antrachinoni contenuti nell'aloe, altro fattore
positivo è che non sembra esserci un particolare
pericolo di tossicità per l'uomo. C'è però un altro
dato che consiglia di non esagerare con
l'entusiasmo nei confronti di questa sostanza:
sembra che l'uso di aloe, contrasti direttamente
l'effetto "apoptotico" (cioè che induce la morte
cellulare) della chemioterapia (in particolare della
doxorubicina e del paclitaxel), consentendo alle
cellule neoplastiche danneggiate dai farmaci di
rigenerarsi. Inoltre è stato ipotizzato ed in parte
confermato, un ruolo favorente nei confronti dei
tumori del colon.
Le conclusioni contrastanti di diversi studi hanno
quindi limitato notevolmente l'idea di un uso
quotidiano nella cura delle malattie neoplastiche e
per questo motivo bisognerà probabilmente
aspettare l'isolamento di un derivato dell'aloe da
provare sull'uomo quando si avranno sufficienti
certezze sulla sua efficacia e sicurezza, cosa che
attualmente non esiste. Non bisogna comunque
pensare questa pianta come ad un "elisir" che cura
il cancro, non è sicuramente bevendo un bicchiere
di aloe che possiamo sconfiggere questa brutta
malattia, ma se riuscissimo a sfruttare le capacità
benefiche del suo contenuto potremmo avere
qualche beneficio. Insomma non è vero, ma ci
credo, bisognerà approfondire l'argomento e non
cedere al facile entusiasmo, ma nella storia
dell'"aloe anticancro" una base promettente
esiste**. * http://www.aloedipadrezago.it/aloe-emodina-
cancro-ricerche-pecere/
**http://medbunker.blogspot.it/2012/09/aloe-e-
cancro-cosa-ce-di-vero.html
M.D.
continua da pg. 1
in un’altra città. Nonostante sappia, lo farebbe
anche lui, che queste iniziative le prederebbe
comunque il paziente, la famiglia a prescindere,
ma andando a tentativi, mentre un suo invio
darebbe sicurezza e sentiremmo “l’altro” dotato di
un’umiltà tale da non considerarci un suo, “di
proprietà”, paziente.
Lo immagino, in una situazione di emergenza si
perde di lucidità, è in ballo la nostra vita, ma un
atteggiamento corretto da parte del medico non
aumenta questo rischio, anzi, fa sentire più al
sicuro, in buone mani.
Tanto questa categoria di medici, quando non si
soddisfano più i loro bisogni, molleranno
comunque la persona malata prima o poi.
Sono quelli che dicono che c’è un’alleanza
terapeutica purché rimaniamo pazienti,
scambiando il termine pathos (soffrire) con
patiens (disposto a sopportare, rassegnato).
Tutto questo mi ricorda il famoso sketch
dell’avvocato che discute con il cliente le
possibilità di successo: leggendo la
documentazione l’avvocato (medico) dice al
cliente “allora qui gli meniamo, qui gli meniamo,
qui ti menano, qui gli meniamo, qui ti menano
…”; tanto che ad un certo punto il cliente
(paziente) lo ferma e dice: “Avvocato mi spiega
perché quando c’è da menare siamo sempre in
due e quando c’è da prenderle, le prendo solo
io?”
A buon intenditor poche parole.
I want you
Ho bisogno di Te!
Diventa Volontario di
Moby Dick
Chiama allo 06-85358905, porta il tuo
curriculum e fissa un colloquio motivazionale,
potrai far parte dei mobydicker ed aiutare
molte persone
ANNO 5-1 Pagina 10
UN PONTE SUL FIUME GUAI
V PREMIO LETTERARIO
NAZIONALE in oncologia
Presidenza della Regione Lazio,
Comune di Roma Capitale,
CIPOMO, Collegio Italiano Primari Oncologi
Medici Ospedalieri
IPASVI, Federazione nazionale Collegi
Infermieri
AOU, Policlinico “Umberto I” di Roma
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
HA CONFERITO A TUTTE LE INIZIATIVE
PRECEDENTI LA PROPRIA MEDAGLIA DI
RAPPRESENTANZA
L’Associazione Onlus Moby Dick organizza la V Edizione
del Premio Letterario Nazionale “Un ponte sul fiume Guai” aperto a racconti inediti sul tema del cambiamento di prospettiva esistenziale
legato all’incontro con una malattia oncologica.
Il Concorso propone ai partecipanti di raccontare in forma di racconto scritto, attraverso l’episodio che ritengono più significativo,
com’è avvenuto il passaggio dalla comprensibile disperazione legata
alla scoperta di una malattia oncologica alla coraggiosa rivalutazione del senso e del valore della vita quotidiana, a partire da quegli aspetti
minimali che l’esperienza di malattia e la minaccia di morte permettono ora di valutare in modo nuovo.
I racconti inediti, di lunghezza non superiore a 6 cartelle editoriali
(12.000 battute) dovranno essere attinenti al tema, con specifiche considerazioni sulle dinamiche interiori, le emozioni e le
trasformazioni vissute nel corso dell’esperienza legata alla malattia
oncologica.
Scadenza: 3 dicembre 2016
Bando e Regolamento su www.moby-dick.info
I racconti saranno valutati dalla Giuria del Premio, composta da:
Maurizio Cianfarini e Raffaella Restuccia (psicologi Moby Dick),
Enrico Valenzi e Paolo Restuccia (Scuola Scrittura Creativa
Omero).
L’Iscrizione è gratuita; chi lo desidera può Donare un contributo
volontario che potrà detrarre fiscalmente sul c/c postale n° 37246543 intestato a: Moby Dick onlus, Via dei Caudini 4, 00185 Roma.
SE VUOI ESSERE IL NOSTRO SPONSOR CHIAMACI 06-
85358905
Dr.ssa Raffaella Restuccia
(Training Emotional Area)®
Il Piano Oncologico Nazionale 2010-2012,
oltre a riconoscere un ruolo centrale al
volontariato, sottolinea espressamente
l'importanza del supporto psicologico. Tale piano oncologico nazionale assume, per
decisione della Conferenza Stato-Regioni, il più
pregnante titolo di "documento tecnico di indirizzo per
ridurre il carico di malattia del cancro" per il triennio
2011-2013., che verrà accolto dalle Regioni, che
prevede, nell’ambito degli interventi da attuare nel
Piano Oncologico Nazionale, anche una serie di input
per offrire adeguato supporto psicologico ai pazienti.
Art. 3.2.5 Sviluppo della psico-oncologia La patologia neoplastica può avere profonde
ripercussioni sulla sfera psicologica, affettiva,
familiare, sociale e sessuale sia del paziente che dei
suoi familiari. Viene riportato dalla letteratura psico-
oncologica che il 25-30% delle persone colpite da
cancro presenta un quadro di sofferenza psicologica,
caratterizzata in particolare dalla presenza di ansia,
depressione e da difficoltà di adattamento, che
influenza negativamente la qualità di vita, l’aderenza ai
trattamenti medici e la percezione degli effetti
collaterali, la relazione medico paziente, i tempi di
degenza, di recupero e di riabilitazione. Tale sofferenza
può cronicizzare se non identificata e quindi trattata.
Le Borse di Studio
L'Associazione mette a disposizione due borse di
studio come Premio per la migliori tesi in Psicologia
Oncologica, inedita. I lavori presentati verranno
sottoposti all'insindacabile giudizio del direttivo. Le
tesi dovranno pervenire in duplice copia: " una copia
cartacea (non si accettano manoscritti) " una copia su
dischetto o CD in formato Word Per partecipare alla
selezione inviare curriculum e tesi tramite
raccomandata con ricevuta di ritorno, o recapitato di
persona, in busta chiusa indirizzata a: Associazione
Moby Dick / Selezione Corso 2017, Via dei Caudini, 4
– 00185 Roma. (Scadenza 15 dicembre 2016)
Le agevolazioni non sono cumulabili
ANNO 5-1 Pagina 11
I lavori inviati, anche se non vincitori, non saranno
restituiti e potranno essere utilizzati dall’Associazione,
citandone l’autore, per articoli scientifici
Master Professionalizzante
PSICOLOGIA ONCOLOGICA, DELLE
PATOLOGIE ORGANICHE GRAVI e
PALLIAZIONE Direttore prof Maurizio Cianfarini
“Eccellente”, “un’esperienza formativa importante”
“ho trovato quello che cercavo, una formazione che
non è solo didattica”. Questi sono solo alcuni dei feed-
back ricevuti quest'anno alla chiusura del corso di
Psicologia Oncologica; un per-corso che si avvale di
numerosi docenti che mettono al primo posto nel loro
lavoro “la relazione” con la persona portatrice di una
patologia grave ed i bisogni formativi dei discenti.
Inizio 18-19 febbraio 2017
Frequentare un Corso è una scelta importante, è un
investimento non solo economico ma anche di tempo e
risorse fisiche e mentali, ma scegliere bene ripaga di
tutti gli sforzi.
In qualsiasi ambito lavoriamo è sempre possibile
incontrare una persona malata. Se non abbiamo
nessuna preparazione questo incontro ci può mandare
in crisi dal punto di vista sia personale che
professionale.
Una formazione in questo ambito è una risorsa
imprescindibile e che ci può aiutare ad affrontare sia
nella professione che nella nostra vita personale una
perdita, un lutto relazionale ed affettivo.
La formazione è una jungla in cui è difficile muoversi,
ma se usiamo una bussola essa indicherà sempre il
nord. Il nord in questo caso è scegliere innanzitutto un
corso organizzato non da chi si improvvisa ma da un
ente che da decenni lavora nell’ambito; poi un gruppo
docente che sia formato da psicologi, psicoterapeuti e
medici.
OBIETTIVI e CONTENUTI
Conoscere e gestire gli aspetti psico-emotivi che
accompagnano l’iter clinico delle malattie organiche
gravi.
Aiutare il paziente a recuperare il senso di sé e
della propria malattia nel contesto della sua storia.
Aiutare i familiari a contenere le angosce e a
gestire la sofferenza del paziente.
Offrire agli operatori un punto di riferimento per la
conoscenza e la gestione degli aspetti emozionali".
Elementi clinici relativi alle maggiori malattie
organiche gravi
Gruppi di discussione a tema (comunicazione della
diagnosi e della prognosi, relazioni con la famiglia del
malato, burn out degli operatori).
Presentazione e discussione di casi clinici.
Accreditato per 50 ECM visita il sito per avere
informazioni sui docenti www.moby-dick.info.
Il Corso, a numero chiuso, è aperto a psicologi,
psicoterapeuti, medico chirurghi (palliativista,
chirurgia generale, anestesia e rianimazione)
infermieri, fisioterapisti, logopedisti.
Durante il secondo anno il corso sarà strutturato come
Supervisione Clinica dando la possibilità ai discenti di
portare propri casi clinici, esaminare casi clinici
dell’associazione e avere la possibilità di effettuare
osservazione e conduzione di primi colloqui su
discrezione dei docenti.
Sono previste agevolazioni del 15% per iscrizioni
entro il 30 novembre, del 25% per laureandi e
neolaureati (max 4 posti), del 20% peri Soci
PRENOTATI INVIANDO IL TUO
CURRICULUM
….e lasciati accompagnare sulla rotta
25 novembre
“OPEN DAY" PSICOLOGIA ONCOLOGICA, DELLE
PATOLOGIE ORGANICHE GRAVI e
PALLIAZIONE
interverranno Biondi G., già Direttore U.O Psicologia Pediatrica Ospedale
"Bambino Gesù"; Docente alla 2 Scuola di Psicologia Clinica "La Sapienza", Socio Onorario di Moby Dick
Cianfarini M., Presidente Ass. "Moby Dick", Direttore Scientifico per l'Educazione Continua in Medicina del Ministero della Salute;
Az. Universitaria Policlinico “Umberto I”
Psicologia Clinica “la Sapienza” Roma
Gentile A., Psicologa, è nel Direttivo dell’Ass. "Moby Dick” con cui collabora come Docente e nelle Terapie di sostegno
Di Bacco R., Dirigente Resp. della U.O. AIDS-ASL Roma C,
Gruppo di ricerca in Scienze Sessuologiche integrate (CIRS) Genova
Levano M Infermiere
Professionale esperto, Hospice
ANTEA
Pellegrini P., Professore associato,
Ospedale S. Andrea di Roma; Docente
alla Scuola di Specializzazione in Oncologia Università "La Sapienza", Socio
Onorario di Moby Dick
ANNO 5-1 Pagina 12
(Training Emotional Area)®
Direttore prof. Maurizio Cianfarini*
Organizza a Roma
data 6 ottobre h 9-19, 7 ottobre 09-13:
"Introduzione alla Logoterapia": un approccio
umanistico esistenziale alla vita, 20 Crediti ECM per
tutte le professioni sanitarie
Programma: L’immagine dell’uomo nella Logoterapia, l’uomo
tridimensionale, dall’homo faber all’homo patiens; La
possibilità di scelta ed il “divenire” nel significato; casi
clinici ed esperienziali
data 17 novembre h 9-19, 18 novembre 09-13:
"La Medicina Narrativa": un percorso sostenibile,
20 Crediti ECM per tutte le professioni sanitarie
Programma:
Definizione e strumenti della Medicina Narrativa. Le
applicazioni pratiche nei diversi contesti di cura;
imparare, raccontando, a mettersi dal punto di vista
dell’altro e ad ascoltare se stessi;
Discussione e lavoro di gruppo.
data 1 dicembre h 09-19: "Il disimpegno morale nella relazione di cura", 11 Crediti ECM per tutte
le professioni sanitarie
Programma:
Lo stress lavorativo mal gestito ha conseguenze
negative in termini di salute, depressione e ansia,
soddisfazione lavorativa, prestazioni. Si porrà l’accento
su: i meccanismi di disimpegno morale che operano in
maniera differente e sono raggruppati in base a dove
agiscono nel processo autoregolativo morale e del
comportamento;
l’impegno morale e la coesistenza con l’empatia.. Nelle
relazioni di cura l'empatia non dovrebbe mai essere
accantonata nella speranza di tentare di arginare la
sofferenza. Parallelamente non è funzionale essere
eccessivamente o forzatamente empatici, fino al limite
di oltrepassare la giusta distanza che non permette più
di distinguere le proprie emozioni e bisogni da quelli
che la persona ci sta presentando
(casi clinici)
Totale del percorso 51 ECM
AGEVOLAZIONI del 15% per iscrizioni a due
eventi, del 25% per tre eventi.
Ulteriore riduzione a seminario se non richiedenti
crediti e del 5% per i Soci
“Help Profession" il lavoro in equipe e la Mission Sanitaria
Emotional Training Area
3 C GROUP Conflitto-Confronto-Condivisione
29 settembre Roma
Gli incontri, nell’ottica dell’approccio globale al
paziente e di condivisione con gli operatori secondo il
modello dei gruppi Balint, si propongono di fornire ai
partecipanti strumenti teorici, tecnici e pratici. Il
Corso è rivolto a tutti coloro che sono impegnati in
una relazione d’aiuto e desiderano una condivisione
delle esperienze professionali.
Gli incontri saranno quindicinali, il giovedì, per un
totale di 15 incontri, dalle ore 18,00 alle ore 20,00
presso la sede dell’Associazione.
Alcuni argomenti affrontati:
Il gruppo: mentalità e linguaggio comune in ambito
sanitario
La relazione operatore/paziente Caratteristiche del metodo clinico patient-centred Caratteristiche del metodo person-centred
Le principali tecniche di comunicazione Le riunioni e la risoluzione di crisi
Gli indicatori di crisi e funzioni psicologiche aspecifiche
Il patrimonio affettivo ideale (senso di appartenenza, spirito di gruppo, identificazione con il compito)
L’evento è strettamente a numero chiuso e si attiverà con un
minimo di 8 partecipanti ed un massimo di 12
35 crediti formativi per tutte le professioni
(Training Emotional Area)®
Direttore prof. Maurizio Cianfarini*
Organizza a Padova
data 21 ottobre h 9-18, 22 ottobre 09-13: "Curare
e/o Prendersi Cura, dalla Relazione alla
Persona",
20 Crediti ECM per tutte le professioni sanitarie
Programma: Il doppio, gruppo di conoscenza. Il
rapporto operatore-paziente e le modalità di
comunicazione; Il dialogo fra gli operatori del settore;
La comunicazione e l’ascolto empatico; Il silenzio La
comunicazione non verbale; Lavoro e discussione di
gruppo. Ruolo della comunicazione e dell’ascolto con il
paziente grave e i suoi familiari. L’importanza della
comunicazione non verbale e la capacità di ascoltare
(role playing) ; Discussione di gruppo.
ANNO 5-1 Pagina 13
data 11 novembre h 9-18, 12 novembre 09-13:
"Separazione, lutto e perdita tra metafora e
realtà sanitaria",
20 Crediti ECM per tutte le professioni sanitarie
Programma: Lutto e morte nell’immaginario
collettivo; Il lutto, evento sociale; Affrontare le
esperienze di perdita; Il significato della morte e del
lutto nella pratica sanitaria; L’accompagnamento
possibile; Elaborare un lutto Il lutto complicato ed i
suoi risvolti; Esperienze guidate e casi clinici;
elaborazioni del concetto di colpa, sofferenza e morte.
Il bilancio esistenziale, lavoro e discussione di gruppo.
Dialettica tra destino e libertà, valori dell’atteggiamento
come aiuto nella ricerca di senso nella malattia.
Discussione e lavoro di gruppo.
data 17 dicembre h 09-18: "Controtransfert,
Burn-out e Compassion Fatigue",
11 Crediti ECM per tutte le professioni sanitarie
Programma: Il ruolo della comunicazione nelle varie
fasi (nel processo) della patologia; La comunicazione
non verbale; Discussione e lavoro di gruppo. Transfert
e Controtransfer; Il transfert precostuito, Ruolo della
comunicazione nella prevenzione del burn-out. Lavoro
e discussione di gruppo; burn-out e Compassion
fatigue; L’utilizzo della metafora nell’ascolto; Lavoro e
discussione di gruppo. (casi clinici)
Totale del percorso 51 ECM
AGEVOLAZIONI del 15% per iscrizioni a due
eventi, del 25% per tre eventi.
Ulteriore riduzione a seminario se non richiedenti
crediti e del 5% per i Soci
15 DICEMBRE
“OPEN DAY" IL TRAINING AUTOGENO PER UN
BENESSERE PSICOFISICO Il training autogeno letteralmente significa
“allenamento che si genera da sé”. Si tratta di una
tecnica di rilassamento che consiste in una serie di
esercizi di concentrazione, allo scopo di ottenere
un generale stato di rilassamento a livello fisico e
psichico. Mente e corpo sono due componenti
strettamente correlate, in un rapporto di influenza
reciproca e costante è quindi possibile attraverso
le attività mentali. produrre modificazioni delle
funzioni organiche e viceversa.
Le nostre PUBBLICAZIONI
_____________________________________
La malattia oncologica nella famiglia Dinamismi psicologici ed aree d’intervento
Maurizio Cianfarini
Carocci Editore (nelle migliori librerie ed in
Sede)
Caro Presidente, finalmente ho letto il tuo libro,
come promesso. Mi ero fatto l'idea, solo
dall'oggetto, senza aprirlo, che fosse più semplice,
'classico', un po’ una sorta di dispensa ampliata ad
uso e consumo
di studenti o
neofiti. Sono
rimasto invece
colpito, e non
te lo scrivo per
quella sorta di
legge non detta
per cui bisogna
fare i
complimenti a chi si conosce, e assai. Ho colto
umiltà nelle affermazioni di tutti, tipica di chi è
davvero competente nel suo settore; e molta,
molta chiarezza, trasparenza, onestà nelle
riflessioni personali, nei racconti di vita vissuta,
nelle considerazioni operative. E' tutto lineare,
diretto, approfondito. Il fatto poi che si presenti
come un libro di dimensioni ridotte è diventato
ora, a differenza dell'inizio un pregio perché
contrasta, in positivo, con i contenuti densi,
susseguenti ma, appunto, subito comprensibili. Ci
sono poi tanti riferimenti ad autori, correnti, testi,
esperienze che non possono che incuriosire perchè
non sono né solo citati né copiati pari pari.
Insomma, un bel lavoro che, almeno da come l'ho
vissuto, ha un leit-motiv che attraversa ogni
capitolo e quindi ognuno di voi, io immagino: il
cambiamento.
E pure quello che manca - la sicurezza relazionale,
l'auto compiacimento, il riferimento al proprio
vissuto come fonte di 'verità - aiuta molto ad
elevare il livello dell'intero prodotto.
Nicola Ferrari
ANNO 5-1 Pagina 14
Un ponte sul fiume guai 4 Raffaella Restuccia
Un, due, tre…QUATTRO !!
Dopo tanta acqua passata sotto questo ponte mi
trovo di fronte alla terza raccolta di Racconti e
ogni volta è un’emozione diversa.
Sempre bella, sempre nuova, sempre piena di
storie uniche e preziose.
E leggendo ogni riga si comprende un pochino di
più l’umanità sottesa a questo mondo di malattia e
di cura, mondo che rischia troppo spesso di far
passare sotto silenzio l’”essere”, tutti concentrati
sulla speranza del “curare e guarire”. L’ambiente
sanitario in generale è indaffarato nella lotta
contro la malattia e ancora poco sull’impegno a
favore della persona.
Può sembrare la stessa cosa, ma non lo è.
La ricerca è importante, l’impegno della medicina
è insostituibile, ma secondo me lo sforzo che deve
essere fatto in misura maggiore è quello di riuscire
a portare avanti la terapia (qui intesa come
comprensiva di diagnosi, prognosi, iter
terapeutico e successivi controlli) accogliendo
quel grande universo umano che si incontra in
ambulatori e reparti.
E questo è possibile solo se si riuscirà a preparare
tutti gli operatori sanitari a riconoscere e utilizzare
in positivo l’incontro con le emozioni, piacevoli o
spiacevoli ma sempre molto intense, che questo
lavoro comporta. Se così non sarà, dovremo
accettare come comprensibili, anche se non
giustificabili, gli atteggiamenti di distacco o
peggio di cinismo, di alcuni professionisti della
sanità. Come si legge in Ciao Tiziana si può
essere travolti da uno tsunami emotivo.
Troppo spesso sentiamo persone malate dolersi
per frasi ricevute dai curanti. Frasi che talvolta
aggrediscono, talvolta minimizzano, ma sempre
comportano una sofferenza aggiunta, inutile, a un
momento di vita già di per sé difficile da
affrontare, nel quale ci sarebbe bisogno di sentirsi
sicuri nell’affidarsi a figure professionali
percepite non come autoritarie o superficiali ma
come competenti e autorevoli.
Perché – questo si sa – l’incontro con un tumore
rappresenta un’esperienza scioccante, talmente
scioccante che a livello sociale e personale rimane
ancora difficile pronunciarne il nome, preferendo
ricorrere ad espressioni come ‘la malattia’ o il
‘brutto male’.
In Il sole sul soffitto leggiamo che il coraggio non
è quello che si legge sui libri, quello che crea “gli
eroi”, il coraggio ti viene quando hai tanta paura,
quando non riesci a liberarti dall’angoscia che ti
affretta il respiro e ti lascia sveglia ed attonita
nella notte.
In una condizione dolorosa ci si addolora, se una
situazione ci spaventa la reazione corrispettiva è
avere paura.
All’inizio, quando anche solo si sospetta di essere
malati, è normale rimanere spiazzati, rifiutare la
realtà, non capire quello che sta accadendo o
sentirsi come se tutto riguardasse un’altra persona.
Così come è normale poi arrabbiarsi, protestare,
disperarsi, per un ‘destino’ che si sarebbe voluto
evitare. In A mia Figlia la mamma descrive così la
sua prima reazione: un confuso miscuglio
d’incredulità, rabbia, tristezza, ansia, paura,
mentre insonnia, distrazione, angoscia,
inappetenza, divenivano velocemente compagne
inseparabili delle mie giornate.
Si impatta contro un’esperienza fuori
dall’ordinario e non è pensabile che si possa
affrontare come ogni altra situazione di vita
quotidiana, per quanto problematica. Ci vuole
tempo per assimilare il trauma e riuscire a
elaborarlo.
Perché, e questo forse è meno noto, riappropriarsi
della propria vita è possibile.
Dopo essersi sentiti costretti a subire una diagnosi
dolorosa, aver attraversato esami e visite, aver
sostenuto terapie debilitanti, il tutto accompagnato
da destabilizzanti scossoni psicologici, si può
riconquistare un senso di padronanza della propria
esistenza e ricominciare a sentirsi attivi
protagonisti della propria vita. E questo non solo
quando la malattia guarisce, ma sempre quando
riusciamo ad attingere a quel grande potenziale
che è dentro di noi.
In Nini e le sue moto il protagonista scopre che
amore e sofferenza ora si possono esprimere,
confrontare, portare fuori e arricchire di
significati nell’incontro con l’altro. Sono due lati,
dolce e amaro, della stessa vita. Nini lo ha capito
bene e nei suoi discorsi emergono come
inscindibili.
La scelta stessa di scrivere la propria esperienza di
incontro con la malattia e il cambiamento di
prospettiva che questo ha rappresentato, sono
indice di un’elaborazione in corso.
Questa elaborazione richiede come dicevamo
tempo; e richiede anche un adeguato sostegno
interpersonale e una preparazione a livello sociale
e del mondo sanitario che possa accompagnare le
persone malate senza chiusura o evitamento
difensivo.
Nel racconto “Le parole non dette” è scritto che
una delle abilità che permettono all’essere umano
ANNO 5-1 Pagina 15
di affrontare le difficoltà e di vivere serenamente
è quella di tollerare e gestire il dolore mentale.
Per questo credo che sia utile parlare apertamente
di tumore o di cancro, affinché questa malattia
non risulti più così associata ad un panico
paralizzante; ed è irrinunciabile raccontare di
coloro che, incontrato lo sconforto riscoprono la
speranza di vivere pienamente il giorno presente.
Persone che ci trasmettono il valore della vita.
Guardando il mondo dalla luna si capisce che
delimitare il campo delle possibilità può anche
essere un sollievo, che la felicità abita nel
presente e nella capacità di godere dei momenti
preziosi che la vita offre, più che nel sognare
mirabolanti futuri.
Per questo mi sembra sempre un importante
traguardo riuscire a pubblicare una raccolta di
racconti come questa.
Racconti veri, intensi, privi di vuoto esibizionismo
e pieni invece della voglia di far comprendere
cosa può significare l’incontro con una malattia
oncologica.
E cosa può significare scoprire in se stessi risorse
inimmaginabili, che consentono di affrontare ciò
che si riteneva inaffrontabile e di ritrovarsi pieni
di voglia di vivere e amare.
Racconti che amplificano la potenza e Il segreto
dei globuli arancioni.
(del 1°ed il 3° sono rimaste poche copie in sede
il 2° è andato ESAURITO!!!)
Il Sostegno Psicologico in Oncologia:
quando e perché chiedere aiuto
Percepire un bisogno significa permettersi
d’incontrarlo; questa
semplice regola (una
regola semplice ma
che implica l’incontro
con la sofferenza) vale
per tutte le persone
coinvolte in una
patologia oncologica:
paziente, familiari,
amici e personale
curante. Un aiuto concreto si rivela questo opuscolo
scritto dal dr. Maurizio Cianfarini e dalla dr.ssa
Raffaella Restuccia e distribuito gratuitamente
dall’Associazione Moby Dick a tutti i reparti e servizi
ospedalieri e non che ne facciano richiesta. Una
richiesta di un numero di copie per il Vostro reparto,
day-hospital, servizio, può essere accompagnato da
parte dell’Associazione, se lo desiderate, da un breve
incontro con il personale sanitario per aiutarli ad
individuare le caratteristiche per poter individuare le
persone che possono aver maggior bisogno di una
terapia di sostegno psicologico ed effettuare un invio.
Per averci tra di voi contattataci ai nostri recapiti.
Gratuitamente disponibile in Sede e scaricabile dal sito
L’Associazione Moby Dick è stata confermata provider
con il numero identificativo 2012. Il riconoscimento da
parte della Commissione Nazionale per la formazione
continua, che un soggetto è attivo e qualificato nel campo
della Formazione Continua in Sanità e pertanto è
abilitato a realizzare attività formative idonee per l’ECM
individuando ed attribuendo direttamente i crediti agli
enti formativi e rilasciando relativi attestati
Il coraggio più sicuro è quello che nasce da una reale
conoscenza del rischio da affrontare, mentre quello
che proviene dall'incoscienza è tanto pericoloso
quanto la vigliaccheria.
Herman Melville
dal libro "Moby Dick"
ANNO 5-1 Pagina 16
Le richieste di sostegno psicologico alla
Nostra Associazione in questi ultimi anni sono in
continuo aumento, questo grazie sia ad un passa parola,
da parte di pazienti che hanno avuto giovamento dal
percorso terapeutico effettuato, e sia grazie ad una
maggiore visibilità che l'Associazione sta avendo nel
territorio comunale e provinciale. Ogni anno
partecipano ai nostri incontri di formazione molti
operatori sanitari provenienti da tutte le Regioni
d’Italia (infermieri, medici e psicologi); questa
opportunità ci permette di far comprendere agli
operatori che le difficoltà ed il disagio che il malato
incontra non è solo fisico. Attraverso la formazione
riusciamo a far conoscere i Servizi che Moby Dick
offre in maniera totalmente gratuita. Qualche volta, nel
primo colloquio, sentiamo la persona dire: "l'avessi
saputo prima...", esprimendo non solo il suo ma
probabilmente il rammarico di molte persone che
ancora non sanno della possibilità di avere un sostegno
psicologico in momenti così difficili del loro percorso
di vita. Gli obiettivi dell’associazione
Moby Dick cerca di rispondere al bisogno dei
pazienti oncologici (e organici gravi) di condividere
emozioni, sentimenti e
vissuti legati all’esperienza
di malattia e ai suoi effetti
sulla quotidianità, effetti che
danno la sensazione di non
riuscire più a capirsi, a
relazionarsi come prima con
gli altri e con la vita, in
breve di non riconoscersi
più. Malati e familiari sperimentano affetti nuovi e
complessi, talvolta difficili da comprendere e gestire. Il
nostro obiettivo è di non lasciarli da soli a confrontarsi
con queste problematiche, nella consapevolezza che la
vita di ogni persona è la vita che potrebbe essere di
tutti.
Quali sono le modalità I colloqui per i pazienti
sono completamente gratuiti, sia che si tratti di brevi
consulenze sia per lunghi percorsi di
accompagnamento. Il paziente (malato o familiare) è
seguito nel momento in cui ne fa richiesta. Questo può
avvenire nel momento in cui riceve la diagnosi, dopo
un’operazione chirurgica, nel periodo delle cure,
quando fa i controlli periodici, quando deve riprendere
la normale quotidianità, quando la malattia si aggrava,
quando avviene il passaggio ad una terapia domiciliare
o nel caso di un familiare quando non sa come
comportarsi, quando necessita di un contenimento delle
intense emozioni.
Chi effettua il sostegno Il personale che
effettua i colloqui è specializzato, trattandosi di
psicologi e/o psicoterapeuti iscritti all’albo e che, prima
di cominciare a seguire pazienti in associazione
ricevono una formazione specifica.
Provider ECM Moby Dick è stata confermata
Provider dalla Commissione Nazionale per la
Formazione Continua - Ministero della Salute.
L'Associazione organizza corsi e seminari con
l'obiettivo di sviluppare competenze di intervento con
un’attenzione psicologica nell'area oncologica e delle
malattie organiche gravi. nell'ambito dell'Educazione
Continua in Medicina con un numero di crediti
variabile dai 7 ai 50.
Gruppi di lavoro e formazione Rivolti a
medici, psicologi, infermieri e operatori del settore (su
richiesta). Consulenze organizzative. Seminari
monotematici riguardanti aspetti psicologici della
patologia oncologica. Corsi di formazione per volontari
nell'ambito delle patologie organiche gravi. Gruppi
maratona per volontari e professionisti.
Moby Dick in rete www.moby-dick.info Uno sportello telematico
ideato per rispondere a
domande da parte dei
pazienti o dei familiari
al fine di fornire forme
di sostegno di carattere
informativo, pratico e
psicologico Un sito
aggiornato su tutte le attività dell'associazione.
www.psiconcologia.it Una rivista on-line che
vuole essere un aiuto concreto per tutti gli operatori
professionali che si confrontano quotidianamente con
la patologia oncologica. Si propone di offrire ai lettori
informazioni attraverso modelli teorici, interventi
tecnicopratici. Un contributo multidisciplinare che
pone il paziente ed i suoi familiari al centro della cura e
della relazione d'aiuto. [email protected]
Chi può aiutarci Moby Dick, come ogni
associazione, vive dell’attività dei volontari. Tutti
coloro che condividono i nostri obiettivi e vogliono
aiutarci a portarli avanti rappresentano una risorsa
insostituibile.
Come aiutarci Comunicando la propria disponibilità a prestare tempo
(anche minimo) all’associazione
Versando periodicamente (a piacere) una quota come
sostenitore utilizzando UNICREDIT codice IBAN
IT74Z0200805335000400263864 oppure sul c/c
postale n. 37246543 intestati a Moby Dick, Via dei
Caudini 4, 00185 Roma; CAUSALE: contributo
liberale
Proponendo iniziative per raccolta fondi o
manifestazioni
Contatti e-mail: [email protected]
Tel/Fax 06-85358905