OMMARIO · di Sabrina Cardile, ... di Monica Paci, Anna Gissi e Paolo Lionetti RECENT ADVANCE IN...

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S OMMARIO S COMMENTARY Ripartiamo con slancio e con alcune novità di Claudio Romano TOPIC HIGH LIGHT Intervista ad Allan Walker Intestino e batteri nel neonato: quale relazione? di Mariella Baldassarre CONTINUING MEDICAL EDUCATION ACTIVITIES Gli Inibitori di Pompa Protonica di Sabrina Cardile, Andrea Chiaro e Claudio Romano PEDIATRIC HEPATOLOGY OUTSIDE BOX Epatotossicità da farmaci. Il punto di vista del clinico di Claudia Della Corte, Maria Rita Sartorelli, Donatella Comparcola e Valerio Nobili PEDIATRIC NUTRITION OUTSIDE BOX Il bambino con ipercolesterolemia: ruolo dell’alimentazione di Irene Rutigliano, Clementina Calabrese, Massimo Pettoello-Mantovani e Angelo Campanozzi TRAINING AND EDUCATIONAL CORNER La Risonanza Magnetica dell’intestino: valore diagnostico in età pediatrica di Francesca Maccioni, Giulia Bella, Valeria Buonocore, Roberta Giovannone e Mario Marini IBD HIGHLIGHTS La gestione delle stenosi nella Malattia di Crohn: il punto di vista del pediatra e del gastroenterologo dell'adulto di Arrigo Barabino, Andrea Michielan e Giacomo Carlo Sturniolo NEWS IN PEDIATRIC GASTROENTEROLOGY PHARMACOLOGY La safety degli Inibitori di Pompa Protonica di Paolo Andreozzi, Marco Della Coletta, Alessandra D’Alessandro e Rosario Cuomo 3 4 12 7 16 31 26 20

Transcript of OMMARIO · di Sabrina Cardile, ... di Monica Paci, Anna Gissi e Paolo Lionetti RECENT ADVANCE IN...

SOMMARIOSCOMMENTARYRipartiamo con slancio e con alcune novità di Claudio Romano

TOPIC HIGH LIGHTIntervista ad Allan Walker Intestino e batteri nel neonato: quale relazione? di Mariella Baldassarre

CONTINUING MEDICAL EDUCATION ACTIVITIESGli Inibitori di Pompa Protonica di Sabrina Cardile, Andrea Chiaro e Claudio Romano

PEDIATRIC HEPATOLOGY OUTSIDE BOXEpatotossicità da farmaci. Il punto di vista del clinico di Claudia Della Corte, Maria Rita Sartorelli, Donatella Comparcola e Valerio Nobili

PEDIATRIC NUTRITION OUTSIDE BOXIl bambino con ipercolesterolemia: ruolo dell’alimentazione di Irene Rutigliano, Clementina Calabrese, Massimo Pettoello-Mantovani e Angelo Campanozzi

TRAINING AND EDUCATIONAL CORNERLa Risonanza Magnetica dell’intestino: valore diagnostico in età pediatrica di Francesca Maccioni, Giulia Bella, Valeria Buonocore, Roberta Giovannonee Mario Marini

IBD HIGHLIGHTSLa gestione delle stenosi nella Malattia di Crohn: il punto di vista del pediatra e del gastroenterologo dell'adulto di Arrigo Barabino, Andrea Michielan e Giacomo Carlo Sturniolo

NEWS IN PEDIATRIC GASTROENTEROLOGY PHARMACOLOGYLa safety degli Inibitori di Pompa Protonica di Paolo Andreozzi, Marco Della Coletta, Alessandra D’Alessandro e Rosario Cuomo

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OMMARIOSS

L’iscrizione alla SIGENP come socio è riservata a coloro che, essendo iscritti alla Società Italiana di Pediatria, dimostrano interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. I candidati alla posizione di soci SIGENP devono compilare una apposita scheda con acclusa firma di 2 soci presentato-ri. I candidati devono anche accludere un curriculum vitae che dimostri interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica.In seguito ad accettazione della presente domanda da parte del Consiglio Direttivo SIGENP, si riceverà conferma di ammissione ed indicazioni per regolarizzare il pagamento della quota associativa SIGENP. Soci ordinari e aderenti - Dall'anno 2012 i Soci potranno sce-gliere tra le seguenti opzioni:- dal 2012 solo quota associativa annuale SIGENP - senza ab-bonamento DLD (anno solare) € 35.- dal 2012 quota associativa annuale SIGENP + abbonamento DLD (anno solare) € 85.Specializzandi: invariata quota sociale dal 2012 - iscrizione SIGENP (anno solare) € 30 previa presentazione di certifi-cato di iscrizione alla scuola di specialità.

Per chi è interessato la scheda di iscrizione è disponibile sul portale SIGENP

www.sigenp.org

Per eventuale corrispondenza o per l’iscrizione alla SIGENP contattare la Segreteria SIGENP:

Area Qualità S.r.l. - Via Comelico, 3 - 20135 MilanoTel./Fax 02 55 12 322 - e-mail: [email protected]

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COME SI DIVENTA SOCI DELLARedazione e Amministrazione Area Qualità S.r.l. Via Comelico, 3 - 20135 Milano Tel./Fax 025512322 e-mail: [email protected]

Stampa Gra�che Bazzi Moretti S.p.A. Via Console Flaminio, 1 - 20134 Milano

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Periodico trimestrale registrato presso il Tribunale di Milano al n. 208 del 29/04/09

Poste Italiane Spa - Sped in A.P.D.L. 353/03 (conv. in L. 27.02.04, n° 46) art. 1, c. 1 LO/MI

Volume IV - N°1/2012 - Trimestrale Area Qualità S.r.l. - Via Comelico 3 - 20135 MI

La pubblicazione o ristampa degli articoli della rivista deve es-sere autorizzata per iscritto dall’Editore. Questa rivista è spedita in abbonamento: l’indirizzo in nostro possesso verrà utilizzato per l’invio di questa e altre pubblicazioni. Ai sensi della legge n. 196/03 è nel diritto del ricevente richiedere la cessazione dell’in-vio e/o l’aggiornamento dei dati in nostro possesso.

DIRE T TORE RESPONSABILE Giovanna Clerici [email protected]

RESPONSABILE COMMISSIONE EDITORIA Valerio Nobili [email protected]

DIRE T TORE EDITORIALE Claudio Romano [email protected]

C APO REDAT TORE Ruggiero Francavilla [email protected]

ASSISTENTI DI REDA ZIONE Andrea Chiaro [email protected] Donatella Comito donatella.comito@hotmail

COMITATO DI REDA ZIONE Salvatore Accomando [email protected] Mariella Baldassarre [email protected] Barbara Bizzarri [email protected] Osvaldo Borrelli [email protected] Angelo Campanozzi [email protected] Fortunata Civitelli [email protected] Monica Paci [email protected] Filippo Torroni [email protected] COORDINAMENTO REDA ZIONALE Fiorenza Lombardi Borgia

IMPAGINA ZIONE Elena Ribolini

Area Qualità S.r.l. Azienda certi�cata da I.M.Q.

in conformità alla norma ISO 9001:2008 con certi�cato

CSQ n° 9175. AREQ www.areaqualita.com

© 2012 Area Qualità S.r.l.

Con il contributo di EDITORE

GASTROPED QUIZUna causa non comune di enteropatia proteino-disperdente di Monica Paci, Anna Gissi e Paolo Lionetti

RECENT ADVANCE IN BASIC SCIENCELa genetica nella �brosi cistica Spunti della diagnostica di base in gastroenterologia di Vincenzina Lucidi e Fabio Majo

ENDOSCOPY LEARNING LIBRARYIl trattamento endoscopico delle stenosi ileo-coliche di Tamara Caldaro, Erminia Romeo e Luigi Dall’Oglio

PEDGL SNAPSHOTSLe occlusioni intestinali di Guglielmo Paradies, Antonio Orofino, Francesca Zullino e Francesco Caroppo

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CONSIGLIO DIRETTIVO SIGENP

Presidente

Vice-Presidente

Segretario

Tesoriere

Consiglieri

Annamaria Staiano

Valerio Nobili

Sandra Brusa

Flavia Indrio

Giovanni Di Nardo, Daniela Knafelz, Tiziana Guadagnini, Silvia Salvatore

Questa rivista è stampata su carta proveniente da fonti gestite in maniera responsabile e con inchiostri vegetali senza uso di alcol isopropilico.

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OMMENTARYCC

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Ripartiamo con slancio e con alcune novitàÈ con enorme soddisfazione che mi appresto a preparare il primo editoriale del nuovo anno del Giornale di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica, organo u�ciale della SIGENP. Raggiungere elevati standard di qualità e di gradimento è meno di�cile rispetto all’obiettivo di mantener-li o migliorarli.

Il Piano Editoriale del 2012 prevede una pubblicazione a cadenza trimestrale, mantenendo quasi inalterate le rubriche o approfondimenti dei precedenti numeri, ad eccezione di qualche novità come l’inserimento di una rubrica quale IBD Highlight che propone un "face to face" tra gastroenterologo pediatra e dell’adulto riguardo approfondimenti in tema di Malattie In�ammatorie Croniche Intestinali, la presentazione di Casi Clinici didat-tici sotto forma di quiz, uno spazio dedicato a tutto ciò che può essere utile sapere per gestire una urgenza "gastroenterologica" che spesso ci ritroviamo "out of hours" ed in�ne una rubrica dedicata alla Nutrizione.

Il Comitato Editoriale è stato in parte rinnovato con nuove, giovani ma quali�cate presenze quali Fortunata Civitelli, Monica Paci e meno "giovani" come Angelo Campanozzi, Osvaldo Borrelli e Valerio Nobili. Si è deciso di mantenere una rigida linea editoriale (scelta selezionata di argomenti ed autori, approfondimen-ti nell’ambito di scienze trasversali alla gastroenterologia e pediatria, qualità gra�ca, capacità di sintesi, siste-ma di revisione controllata dei manoscritti) allo scopo di rendere questo Giornale, un prodotto editoriale mo-derno, facile da leggere per un aggiornamento, o consultare come supporto immediato nella pratica clinica. Questi risultati sono stati raggiunti e sarà possibile mantenerli grazie al lavoro "di squadra" del Comitato Edi-toriale, alla presenza di Area Qualità che garantisce professionalità ed esperienza nella gestione di tutti gli aspetti editoriali e commerciali ed al supporto del Consiglio Direttivo ed in maniera particolare del Presidente, Annamaria Staiano, �gura determinante per entusiasmo, stimoli e capacità di aggregare tutte le forze produt-tive di questa Società.

Anche quest’anno è stato rinnovato il contributo educazionale di Malesci, che supporterà il nostro Giornale e che sarà vicina alla SIGENP anche nell’ambito di altre iniziative di tipo scienti�co e culturale.

A questo punto non mi resta che augurarVi buona lettura sperando di non tradire le attese di Voi Soci SIGENP.

Claudio Romano

Claudio Romano Direttore Editoriale Giornale SIGENP

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A CURA DI

MARIELLA BALDASSARRE

Topic High Light

ESPGHAN - NASPGHAN INTERVISTA AD ALLAN WALKER Intestino e batteri nel neonato: quale relazione?

Quando inizia la colonizzazione batterica nel neonato? Ora sappiamo che il liquido amniotico non è sterile come si credeva, e poiché il feto ingerisce ogni giorno piccole quantità di liquido amniotico è possibile che il contatto tra la mucosa intestinale ed i batteri si verifichi già durante la vita fetale?

È stato effettivamente dimostrato che il liquido amniotico contenga batteri ma in numero non sufficientemente elevato per poter fornire uno stimolo tale da attivare il sistema immunitario. Vi è tuttavia uno studio molto interessante che riguarda donne incinte, che vivono in campagna a contatto con animali di allevamento e che bevono latte non pastorizzato: i loro neonati hanno una bassa incidenza di allergie e hanno un incremento dei linfociti T-reg nel sangue del cordone ombelicale. Tale evidenza suggerisce che il microbiota presente nell'intestino di queste madri possa passare direttamente nel liquido amniotico o produrre sostanze solubili che passano nel liquido amniotico e che possono influenzare lo sviluppo della tolleranza orale in utero. Abbiamo cominciato da poco uno studio multicentrico in collaborazione con l’Uni-versità di Monaco di Baviera che ha lo scopo di definire il microbiota di queste pa-zienti. Abbiamo anche in corso uno studio su modelli animali il cui scopo è proprio quello di determinare quali sono i fattori nell'ambiente intrauterino ad influenzare lo sviluppo della funzione immunitaria della mucosa intestinale. Ci sono ancora una serie di domande senza risposta in questo campo, che è tra quelli che merita al mo-mento molta attenzione.

In che modo la colonizzazione batterica influenza il sistema immunitario del neonato?

Il neonato, quando nasce, proviene da un ambiente essenzialmente privo di germi. Se attraversa il canale del parto, entra in contatto con un salutare bolo di batteri. Questi batteri sono stimolati a proliferare con la nutrizione orale, soprattutto con l’assunzione di latte materno (1), e con lo svezzamento, con il completamento della colonizzazione batterica entro i primi do-dici-diciotto mesi di età. La maggior parte dei batteri comunica di-rettamente con le cellule epiteliali, con le cellule dendritiche che penetrano attra-verso l'epitelio e con le sottostanti cellule linfoidi. Il risultato di tale complessa interazione, che si realizza principalmente attraverso i toll-like receptors, è la maturazione delle cellule linfoidi con l’estrinsecazione di una risposta immunitaria appropriata che in-clude la tolleranza orale (2).

MARIELLA BALDASSARRE - U.O. di Neonatologia e T.I.N. del Policlinico Universitario di Bari

Il Professor Allan Walkerè uno dei maestri

della Gastroenterologia Pediatrica a livello

mondiale. Il suo amore per la ricerca e la scienza,

insieme all’amorenei confronti dei piccoli pazienti, lo ha reso unodei più importanti punti

di riferimentonel campo delle malattie gastrointestinali e della nutrizione pediatrica.

Il suo laboratorioal “Children’s Hospital” di Boston, che si estende

su una superficie davvero impressionante, è una

fucina attivissima di ideee scoperte, oltre che luogo

di formazione di molti giovani ricercatori.

Il Professor Allan Walkerè uno dei maestri

della Gastroenterologia Pediatrica a livello

mondiale. Il suo amore per la ricerca e la scienza,

insieme all’amorenei confronti dei piccoli pazienti, lo ha reso unodei più importanti punti

di riferimentonel campo delle malattie gastrointestinali e della nutrizione pediatrica.

Il suo laboratorioal “Children’s Hospital” di Boston, che si estende

su una superficie davvero impressionante, è una

fucina attivissima di ideee scoperte, oltre che luogo

di formazione di molti giovani ricercatori.

Allan Walker

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Quali fattori causano una aberrante colonizzazione batterica nel neonato?

I fattori che determinano una inadeguata colonizzazione iniziale sono essenzialmen-te tre. Il primo è la nascita attraverso il taglio cesareo, pratica molto comune nei paesi sviluppati. Il secondo è l'uso eccessivo di antibiotici perinatali alla madre du-rante la gravidanza o al neonato nel periodo perinatale. II terzo è la nascita preter-mine, sia con taglio cesareo che con parto spontaneo. In questo secondo caso, infat-ti, il passaggio attraverso il canale del parto avviene in modo così rapido che il neonato non riesce ad entrare in contatto con un gran numero di batteri, oppure il suo intestino non è in grado di rispondere alla colonizzazione batterica (3).

Quali malattie sono dovute ad una alterata colonizzazione batterica nel neonato?

Nei bambini che sono nati con una inadeguata colonizzazione batterica iniziale è stata evidenziata un'aumentata incidenza di malattie allergiche e malattie autoim-muni, tra cui il morbo di Crohn, il diabete di tipo 1, la sclerosi multipla e la malattia celiaca. Ciò che oggi si ritiene valido è che la colonizzazione batterica deve realizzar-si nell’immediato periodo post-partum perché si verifichi un’appropriata risposta immunitaria da parte della mucosa intestinale. In assenza di un'adeguata colonizza-zione iniziale, nonostante si possano mettere in atto vari tentativi terapeutici per ovviare a ciò, non si riesce a sortire sul piano immunitario lo stesso effetto rispetto a quanto avviene con la colonizzazione nel periodo neonatale.

Come si può modulare il normale processo di colonizzazione?

Ci sono molti dati sperimentali, alcuni dei quali ottenuti dal nostro lavoro di ricerca, che dimostrano come i probiotici somministrati ai neonati con inadeguata coloniz-zazione batterica iniziale possano contribuire a compensare tale inadeguatezza e a stimolare la risposta immunitaria della mucosa. Abbiamo dimostrato, in studi clinici condotti a Taiwan, che i probiotici utilizzati per prevenire l'enterocolite necrotizzan-

Il Professor W. Allan Walker è Direttore della Divisione di Nutrizione della Harvard Medical School, Professore di Pediatria e Nutrizione presso la Facoltà di Medicina di Harvard

e Direttore del Laboratorio di Immunologia Mucosale del “Massachusetts General Hospital for Children” di Boston (USA).

Laureatosi in medicina cum laude nel 1963 presso la Washington University, ha completato il suo tirocinio e la formazione specialistica in Pediatria

presso l'Ospedale Universitario del Minnesota a Minneapolis. Nel 1971 è entrato a far parte della facoltà di Medicina di Harvard

ed è diventato professore di Pediatria nel 1982. È stato a capo del programma combinato in Gastroenterologia e Nutrizione Pediatrica

presso il “Children’s Hospital” ed il “Massachusetts General Hospital for Children” dal 1982 fino al 2001. Dirige la Divisione di Nutrizione presso

la “Harvard Medical School” dal 1996. È stato “Editor-in-Chief” del “Journal of Pediatric Gastroenterology and Nutrition”

e “Food Reviews “, ma ha ricoperto responsabilità editoriali per 15 testate scientifiche. I suoi interessi di ricerca includono lo studio delle funzioni protettive

di alcuni nutrienti (omega-3, acidi grassi, probiotici) nei bambini, lo studio delle funzioni immunologiche protettive del latte materno

e lo studio dell'interazione di batteri con la mucosa intestinale come un mezzo per prevenire le malattie gastrointestinali.

Il Professor W. Allan Walker è Direttore della Divisione di Nutrizione della Harvard Medical School, Professore di Pediatria e Nutrizione presso la Facoltà di Medicina di Harvard

e Direttore del Laboratorio di Immunologia Mucosaledel “Massachusetts General Hospital for Children” di Boston (USA).

Laureatosi in medicina cum laude nel 1963 presso la Washington University, cum laude nel 1963 presso la Washington University, cum laudeha completato il suo tirocinio e la formazione specialistica in Pediatria

presso l'Ospedale Universitario del Minnesota a Minneapolis.Nel 1971 è entrato a far parte della facoltà di Medicina di Harvard

ed è diventato professore di Pediatria nel 1982.È stato a capo del programma combinato in Gastroenterologia e Nutrizione Pediatrica

presso il “Children’s Hospital” ed il “Massachusetts General Hospital for Children” dal 1982 fino al 2001. Dirige la Divisione di Nutrizione presso

la “Harvard Medical School” dal 1996.È stato “Editor-in-Chief” del “Journal of Pediatric Gastroenterology and Nutrition”

e “Food Reviews “, ma ha ricoperto responsabilità editoriali per 15 testate scientifiche.Food Reviews “, ma ha ricoperto responsabilità editoriali per 15 testate scientifiche.Food ReviewsI suoi interessi di ricerca includono lo studio delle funzioni protettive

di alcuni nutrienti (omega-3, acidi grassi, probiotici) nei bambini, lo studio delle funzioni immunologiche protettive del latte materno

e lo studio dell'interazione di batteri con la mucosa intestinale come un mezzo per prevenire le malattie gastrointestinali.

Topic High LightESPGHAN - NASPGHAN

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te hanno prodotto, sia in cellule umane “in vitro”, sia in colture d’organo che in modelli di xenotrapianto, fattori solubili capaci di up-regolare alcuni geni implicati nella modulazione di ogni tipo di risposta infiammatoria, che riteniamo un fattore importante nella NEC (4,5).

BIBLIOGRAFIA1. Rautava S, Lu L, Nanthakumar NN, Dubert-Ferrandon A, Walker WA.TGF-β2 induces

maturation of immature human intestinal epithelial cells and inhibits inflammatory cytokine responses induced via the NF-KB pathway. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2011;2.

2. Kaplan JL, Shi HN, Walker WA. The role of microbes in developmental immunologic programming. Pediatr Res 2011;69:465-72.

3. Nanthakumar N, Meng D, Goldstein AM, Zhu W, Lu L, Uauy R, Llanos A, Claud EC, Walker WA. The mechanism of excessive intestinal inflammation in necrotizing enterocolitis: an immature innate immune response. PLoS One 2011;6:e17776.

4. Ganguli K, Walker WA. Probiotics in the prevention of necrotizing enterocolitis. J Clin Gastroenterol 2011;45:133-8.

5. Chen CC, Lin WC, Kong MS, Shi HN, Walker WA, Lin CY, Huang CT, Lin YC, Jung SM, Lin TY. Oral inoculation of probiotics Lactobacillus acidophilus NCFM suppresses tumour growth both in segmental orthotopic colon cancer and extra-intestinal tissue. Br J Nutr 2011;30:1-12.

• Il contatto con il bolo di batteri che

si verifica grazie al parto per via

vaginale e all’allattamento mater-

no è salutare per il neonato. La

colonizzazione batterica deve rea-

lizzarsi nell’immediato periodo post-

partum perché si verifichi un’appro-

priata risposta immunitaria da parte

della mucosa intestinale

• L’interazione da parte dei batteri

con le cellule epiteliali, con le cel-

lule dendritiche e con le cellule lin-

foidi attraverso i toll-like receptors

determina l’estrinsecazione di una

risposta immunitaria appropriata

che include la tolleranza orale

• I fattori che determinano una ina-

deguata colonizzazione iniziale

sono la nascita attraverso il taglio

cesareo, l'uso eccessivo di antibio-

tici perinatali alla madre durante

la gravidanza o al neonato nel

periodo perinatale e la nascita

pretermine

• Nei bambini nati con una inade-

guata colonizzazione batterica

iniziale è stata evidenziata una

aumentata incidenza di malattie

allergiche e malattie autoimmuni

Key Points• Il contatto con il bolo di batteri che

si verifica grazie al parto per via

vaginale e all’allattamento mater-vaginale e all’allattamento mater-vaginale e all’allattamento mater

no è salutare per il neonato. La

colonizzazione batterica deve rea-

lizzarsi nell’immediato periodo post-

partum perché si verifichi un’appro-

priata risposta immunitaria da parte

della mucosa intestinale

•L’interazione da parte dei batteri

con le cellule epiteliali, con le cel-

lule dendritiche e con le cellule lin-

foidi attraverso i toll-like receptors

determina l’estrinsecazione di una

risposta immunitaria appropriata

che include la tolleranza orale

• I fattori che determinano una ina-

deguata colonizzazione iniziale

sono la nascita attraverso il taglio

cesareo, l'uso eccessivo di antibio-

tici perinatali alla madre durante

la gravidanza o al neonato nel

periodo perinatale e la nascita

pretermine

•Nei bambini nati con una inade-

guata colonizzazione batterica

iniziale è stata evidenziata una

aumentata incidenza di malattie

allergiche e malattie autoimmuni

Key PointsKey PointsKey PointsKey PointsKey PointsKey PointsKey PointsKey PointsKey PointsKey PointsKey PointsKey PointsKey PointsKey PointsKey PointsKey PointsKey PointsKey Points

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a cura di

OSVaLdO BOrrELLi

continuing Medical

Education activities

INTRODUZIONEGli inibitori di pompa protonica (IPP) sono tra i farmaci più utilizzati al mondo. Negli ultimi anni si è assistito ad un significativo incremento del loro impiego anche in età pediatrica con prescrizioni spesso empiriche ed off-label. Gli IPP esercitano un potente effetto anti-secretorio bloccando i canali della pompa H+K+-ATPasi. Si tratta di pro-farmaci che si accumulano nel lume delle cellule parietali, si attivano nell’ambiente acido dei canalicoli ed inibiscono la pompa pro-tonica, formando legami disolfuro stabili con il residuo di cisteina sulla superficie luminale della pompa (1). In commercio esistono 5 molecole di IPP (omeprazolo, esomeprazolo, lansoprazolo, rabe-prazolo e pantoprazolo). Le molecole con possibilità di prescrizione in età pediatrica sono:

Le indicazioni principali al loro utilizzo sono relative al trattamento della patologia acido-correlata quale l’Esofagite Erosiva (EE), la Malattia da Reflusso Gastroesofa-geo (MRGE), la Malattia Peptica gastrica e duodenale e le complicanze associate (2).

FaRmacODINamIca E FaRmacOcINETIcaGli IPP sono metabolizzati dal citocromo P450 (CYP) a livello epatico, in particola-re dalla isoforma CYP2C19, espresso nell’uomo con vari polimorfismi che può de-terminare enormi differenze nella farmacocinetica. I genotipi di CYP2C19 sono classificati in 3 gruppi: • Rapid extensive Metabolizer (RM)• Intermediate Metabolizer (IM) • Poor Metabolizer (PM).

La farmacocinetica e la farmacodinamica degli IPP dipendono dal genotipo di CYP2C19 (3). Rispetto agli individui che posseggono il fenotipo RM, i PM hanno un’esposizione maggiore dopo somministrazione di una dose terapeutica di IPP. Queste differenze, tuttavia, non giustificano una determinazione del genotipo nella pratica clinica. La farmacodinamica è correlata anche ai caratteri intrinseci delle molecole. È stato dimostrato come ogni molecola è rapidamente assorbita dopo somministrazione orale con un picco di concentrazione plasmatica (PPK) che si ma-nifesta dopo 2-4 ore. La durata dell’acido-soppressione è relativamente lunga per ogni molecola (48±72 h) in relazione al legame irreversibile della sulfanimide con la pompa H+K+-ATPasi. In età pediatrica, gli IPP sono rapidamente assorbiti subito dopo la somministrazio-ne orale e anche rapidamente metabolizzati similarmente a quanto riportato per gli

Gli inibitori di pompa protonicaSabrina Cardile, andrea Chiaro e Claudio romanoDipartimento di Scienze Pediatriche mediche e chirurgiche, Università di messina

There are safety and efficacy data in pediatrics

for use PPIs. Many disorders that are more common than GERD can cause gastroesophageal

symptoms in infants. Empiric trials of acid-suppressive medications may be given

in children for short periods and with several caveats, particularly with PPIs. If

patients do not respond, or if they relapse off treatment, diagnostic investigation is

required before committing tolonger-term treatment.

Acid-suppressive medicationsare overprescribed

in children, especiallyin infants, and a growing

body of evidence indicates that acid suppression with

an H2RA or PPI results in a higher rate of some

infections in children.To manage the risk–benefit balance, acid-suppressive

drugs should be usedwith caution.

• Omeprazolo (OME) ed Esomeprazolo (ESO) in Europa (bambini > 1 anno)

• Omeprazolo (OME), Esomeprazolo (ESO) e Lansoprazolo (LANSO) solo negli USA (esclusi neonati e lattanti).

Continuing Medical Education Activities

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adulti. La clearance invece risulta apparentemente più veloce a causa della maggiore capacità metabolica e delle differenze nella biodisponibilità (4). Il metabolismo pre-valentemente epatico degli IPP attraverso la via del citocromo P450 induce a ipotiz-zare che la maturazione degli enzimi coinvolti (CYP3A4, CYP2C19), inizi immedia-tamente prima della nascita, ma si completi più tardi nel corso della vita. Pertanto, differenti stati di maturazione possono essere responsabili di un’ampia variabilità farmacocinetica nel lattante rispetto agli adulti e potrebbero anche spiegare la più alta esposizione sistemica (bassa safety) osservata in un’età < 12 mesi. In conclusione, dosi più alte pro/kg sono necessarie nel lattante e nel bambino < 3 anni di età allo scopo di ottenere una soppressione acida terapeutica.

UTIlIZZO IN ETà PEDIaTRIca ED INDIcaZIONI In età pediatrica l’utilizzo degli IPP è condizionato dalla fascia d’età. Nei bambini con età < 1 anno il loro uso è considerato off-label, anche se negli ultimi anni è aumentato l’utilizzo di questi farmaci come terapia di seconda linea, dopo il fallimento della tera-pia con anti-H2. Orenstein et al (5) hanno dimostrato in un trial condotto su 161

bambini di età inferiore ai 12 mesi con sospetta MRGE (pianto inconso-labile e irritabilità) che la risposta clinica dopo un ciclo con IPP era so-vrapponibile tra gruppo trattato (4 settimane con lansoprazolo) e place-bo (54%). Altri trials hanno in precedenza evidenziato come la terapia “empirica” con IPP non è giustificata nel bambino < 12 mesi senza che vi siano segnali d’allarme. Nel bambino e nell’adolescente con sospetta MRGE l’approccio ini-ziale dovrebbe essere di tipo conservativo con modifiche dello stile di vita, e se queste misure risultassero inefficaci, un trial empirico per 4 settimane con IPP (IPP test) sarebbe giustificato. Una buona risposta clinica non consentirebbe comunque la conferma della diagnosi (6). Gli IPP si sono dimostrati efficaci nella guarigione dell’EE e nel determinare sollievo dei sintomi da MRGE con superiorità in termini di risultato rispetto ad altre molecole (anti-H2) (7). Le dosi ottimali di IPP approvati per i pazienti pediatrici sono compresi in un range da 0.7-3.5 mg/kg/die per l’omepra-zolo e 0.2-1 mg/kg/die per l’esomeprazolo per 8-12 setti-mane utilizzando una strategia top-down (8).Negli adulti la terapia di mantenimento con IPP si è di-

mostrata superiore al placebo nel mantenere la remissione do-po la guarigione dell’EE e nel prevenire le ricadute. Anche se il rischio

di ricaduta nel bambino è minore, una recente review ha dimostrato che, anche nei bambini tra 1 e 17 anni, la terapia di mantenimento con IPP è associata a minor tasso di recidive, con rari e non gravi effetti collaterali e favorevole rapporto rischio-beneficio. In bambini con EE, una terapia di mantenimento è giustificata ad oggi però solo in alcune categorie a rischio (es. cerebropatici, pazienti con atresia esofa-gea operata), in questi soggetti, visto l’aumentato tasso di recidive, viene ritenuta necessaria e comunque ben tollerata (9).

EFFETTI cOllaTERalI E SaFETy Negli ultimi anni diversi trials hanno dimostrato come gli IPP assunti per lunghi pe-riodi, risultano sicuri e ben tollerati anche in età pediatrica. Gli effetti collaterali più frequentemente riportati sono di tipo idiosincratico: diarrea, stipsi, cefalea e nausea, presenti in oltre il 14% dei bambini in trattamento con IPP (10). È stato dimostrato come gli IPP, inducendo una costante soppressione acida potreb-bero determinare una iperplasia delle cellule parietali e delle cellule simil-enterocro-

Gli Inibitori di pompa protonica

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maffini. In soggetti trattati con IPP a lungo termine è stata descritta, inoltre, un’au-mentata incidenza di infezioni da Clostridium difficile, gastroenteriti acute, polmoniti acquisite in comunità e di deficit di vitamina B12. Comunque, gli IPP an-che se non ancora approvati in tutte le fasce di età, si sono dimostrati farmaci sicuri e ben tollerati.

ObIETTIvO DElla REvISIONE Valutare l’uso dei PPI in età pediatrica, nelle varie fasce d’età, con particolare atten-zione alla farmacocinetica e farmacodinamica, allo scopo di estrapolare indicazioni per il corretto uso, posologia e modalità di somministrazione oltre eventuali effetti avversi legati all’uso del farmaco nei disturbi acido-correlati.

mETODOlOgIa DElla RIcERca bIblIOgRaFIca È stata condotta una sistematica ricerca della Letteratura (PubMed/Medline and Co-chrane Collaboration Database) allo scopo di identificare studi clinici controllati e rando-mizzati (RCT) e Reviews pubblicati negli ultimi 5 anni. Le parole chiave utilizzate sono state:

RISUlTaTI Utilizzando questa metodologia di ricerca sono stati evidenziati 51 RCT e 23 Re-views, di cui solo 8 RCT e 12 Reviews corrispondevano ai criteri ricercati. Dai dati estratti dagli studi, è emerso come sia di fondamentale importanza tener presente la diversa farmacocinetica e farmacodinamica degli IPP in età pediatrica rispetto alla popolazione adulta. Infatti non è possibile estrapolare prove di efficacia degli IPP negli adulti, modulando la dose nei bambini, ma devono essere considerate le va-rianti individuali di diversa clearance, metabolismo e biodisponibilità in modo da rag-giungere gli effetti terapeutici desiderati (livello di evidenza B). Appare necessario, inoltre, utilizzare solo gli IPP che sono approvati per uso pedia-trico ed attenersi alle strette indicazioni che ci vengono fornite dalle evidenze scien-tifiche, evitando un non corretto utilizzo di questa classe di farmaci. Non è sorpren-dente che gli IPP siano in grado di ridurre l’acidità gastrica, ma diversi RCT hanno evidenziato come l’utilizzo empirico degli IPP nei lattanti non sia considerato effi-cace, rispetto al placebo, nel ridurre i sintomi da sospetto reflusso gastroesofageo (livello di evidenza B). In tale fascia di età non è indicato un loro utilizzo in assenza di adeguata conferma dopo diagnostica strumentale (endoscopia) (livello di evidenza C).Nel management del bambino e dell’adolescente con MRGE, il ruolo ed il corretto timing per l’avvio della terapia con IPP è stato analizzato in molti studi ed è suppor-tato da prove di efficacia (livello di evidenza A), anche se sono scarsi i dati relativi alla terapia a lungo termine. Appare dimostrata l’utilità di uno svezzamento gradua-le dalla terapia (livello di evidenza B).

• “inibitori di pompa protonica” (Medical Subject Headings [MESH] and all fields)

• “reflusso gastroesofageo”

• “sintomi gastroesofagei”

• “sintomi extragastroesofagei”

• “esofagite”

• “MRGE”

• “lattanti”

• “bambini”

• “adolescenti”.

Continuing Medical Education Activities

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cONclUSIONI E PROSPETTIvE Gli IPP sono ormai largamente utilizzati nella pratica clinica, anche se in molti casi non vengono rispettate le corrette indicazioni e dosaggi, variabili fondamentali so-prattutto in età pediatrica, dove la farmacocinetica e la far-macodinamica risultano indispensabili per ottimizzare la risposta clinica. Malgrado il progressivo aumento nell’utiliz-zo di questi farmaci, sono necessari ulteriori studi per stabilire l’effettiva durata del ciclo di terapia. Una migliore conoscenza della storia naturale della MRGE e del rischio di complicanze a lungo termine (esofago di Barrett) potrebbe chiarire il ruolo di questa classe di farmaci, specie in età pediatrica.

bIblIOgRaFIa1. Kearns GL, Winter HS. Proton pump inhibitors in pediatrics: relevant pharmacokinetics and

pharmacodynamics. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2003Nov-Dec;37Suppl1:S52-9. 2. Richardson P, Hawkey CJ, Stack WA. Proton Pump Inhibitors: pharmacology and rationale for use

in gastrointestinal disorders. Drugs 1998 Sep;56(3):307-335.3. Klotz U. Clinical impact of CYP2C19 polymorphism on the action of proton pump inhibitors:

a review of a special problem. Int J Clin Pharmacol Ther 2006 Jul;44(7):297-302.4. Litalien C, Théoret Y, Faure C. Pharmacokinetics of proton pump inhibitors in children.

Clin Pharmacokinet 2005;44(5):441-66.5. Orenstein SR, Hassall E, Furmaga-Jablonska W et al. M. Multicenter, doubleblind, randomized,

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7. Van der Pol RJ, Smits MJ, van Wijk MP et al. Efficacy of proton-pump inhibitors in children with gastroesophageal reflux disease: a systematic review. Pediatrics 2011 May;127(5):925-35. Epub 2011 Apr 4.

8. Romano C, Chiaro C, Comito D et. al. Proton Pump Inhibitors in Pediatrics: Evaluation of Efficacy in GERD Therapy. Curr Clin Pharmacol 2011 Feb 1;6(1):41-7.

9. Illueca M, Wernersson B, Henderson C, Lundborg P. Maintenance treatment with proton pump inhibitors for reflux esophagitis in pediatric patients: a systematic literature analysis. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2010 Dec;51(6):733-40.

10. Hassall E, Kerr W, El-Serag HB. Characteristics of children receiving proton pump inhibitors continuously for up to 11 years duration. J Pediatr 2007;150:262-7.

• La prescrizione degli IPP nel

bambino deve rispettare corret-

te indicazioni e devono essere

utilizzate solo molecole autorizza-

te per l’età pediatrica

• La farmacocinetica e la farma-

codinamica degli IPP è variabile

e correlata al genotipo CYP2C19

• Non è approvato l’uso empirico

degli IPP nei lattanti con sintomi

suggestivi di reflusso gastroeso-

fageo

• Gli IPP possono essere considerati

farmaci sicuri e ben tollerati anche

in età pediatrica con rari e non

gravi eventi avversi

• Sono necessari ulteriori studi

per stabilire l’efficacia long-term

di questa classe di farmaci nella

prevenzione delle complicanze

della MRGE

Key Points

I vaNTaggI DI ESSERE SOcI SIgENP

glI ScOPI PRINcIPalI DElla SOcIETà SONO:• promuovere studi di fisiopatologia dell’intestino, del fegato, del pancreas e di nutrizione clinica in età pediatrica, con parti-

colare attenzione agli aspetti multidisciplinari; • promuovere attività di educazione scientifica dei giovani ricercatori; • promuovere la standardizzazione di metodologie cliniche; • promuovere le conoscenze in gastroenterologia pediatrica attraverso l’aggiornamento dei pediatri; • Elevare la consapevolezza sull’importanza delle patologie croniche dell’apparato digerente e del fegato in età pediatrica; • tutelare la salute supportando la ricerca e l’educazione sulle cause, sulla prevenzione e sul trattamento delle malattie

dell’apparato digerente e del fegato; • Sviluppare le relazioni scientifiche con le altre società italiane e internazionali e le attività di ricerca in gastroenterologia,

epatologia e nutrizione pediatrica; • promuovere la cooperazione scientifica con l’industria al fine di facilitare il raggiungimento degli scopi societari.

cOmE SI DIvENTa SOcI DElla SIgENP:L’iscrizione alla SiGENp come socio è riservata a coloro che, essendo iscritti alla Società italiana di pediatria, dimostrino inte-resse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione pediatrica. i candidati alla posizione di soci SiGENp devono compilare un’apposita scheda con acclusa firma di 2 soci presentatori. i candidati devono anche accludere un curriculum vitae che dimostri interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione pediatrica.in seguito ad accettazione della presente domanda da parte del Consiglio Direttivo SiGENp, si riceverà conferma di ammissio-ne ed indicazioni per regolarizzare il pagamento della quota associativa SiGENp.

Soci ordinari e aderenti - Dall’anno 2012 i Soci potranno scegliere tra le seguenti opzioni:- dal 2012 solo quota associativa annuale SiGENp - senza abbonamento DLD (anno solare) € 35.- dal 2012 quota associativa annuale SiGENp + abbonamento DLD (anno solare) € 85.

Specializzandi: invariata quota sociale dal 2012 - iscrizione SiGENp (anno solare) € 30 previa presentazione di certificato di iscrizione alla scuola di specialità.

I bENEFIcI cONcESSI aI SOcI SONO:• La possibilità di partecipare agli studi multicentrici proposti o di essere promotori di nuovi;• La possibilità di accedere alle aree riservate del portale SiGENp che contengono le linee guida elaborate dalla società, ar-

ticoli scelti dalla letteratura nazionale ed internazionale, l’elenco dei progetti in corso ancora aperti, tutte le informazioni della vita della società, i bandi delle borse di studio;

• La possibilità di partecipare ai bandi per vincere le borse di studio che annualmente vengono bandite per premiare i pro-getti di studio più meritevoli;

• L’abbonamento al Giornale SiGENp con uscita trimestrale;• La quota ridotta di iscrizione al congresso nazionale.

Per chi è interessato la scheda di iscrizione è disponibile sul portale SIgENP www.sigenp.org

per eventuale corrispondenza o per l’iscrizione alla SiGENp contattare la Segreteria SIgENP:

area Qualità S.r.l. - Via Comelico, 3 - 20135 Milanotel./Fax 02 55 12 322 - e-mail: [email protected]

a cura di

VaLEriO NOBiLi

Pediatric Hepatology

Outside Box

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EpidEmiologia E patogEnEsiL’epatotossicità farmaco-indotta (Drug Induced Liver Disease - DILD) rappre-senta in età pediatrica una causa non trascurabile, anche se talora misconosciuta, di danno epatico. Ad oggi non sono noti dati sistematici relativi all’incidenza di tale pato-logia nella popolazione pediatrica, sebbene negli ultimi anni sia stato registrato un aumento dei casi segnalati (1).

Due sono i principali meccanismi di induzione di danno epatico:

Quadro clinico Lo spettro di patologia epatica indotta da farmaci è estremamente ampio, potendo andare dall’isolato aumento degli enzimi epatici a quadri di epatopatia acuta e croni-ca, talora ad impronta colestatica, di variabile gravità, sino all’insufficienza epatica. È stato infatti riportato che il 20% circa dei casi di insufficienza epatica acuta in età pediatrica è causato dall’utilizzo di farmaci (nel 15% dei casi il farmaco coinvolto è il paracetamolo, nel 5% dei casi si tratta di farmaci diversi, quali antiepilettici e/o anti-biotici prevalentemente) (4). I sintomi clinici precoci sono generalmente aspecifici (malessere, nausea, anoressia), sebbene febbre, linfoadenopatia e rash possano essere presenti nelle forme da ipersen-sibilità. Nelle forme a prevalente danno colestatico l’ittero ed il prurito dominano il quadro clinico, sebbene siano manifestazioni più tardive.

diagnosiLa diagnosi di epatotossicità da farmaci è una diagnosi prevalentemente clinica e di esclusione; elemento chiave è rappresentato da una accurata anamnesi che dovrebbe coprire i seguenti aspetti:

Epatotossicità da farmaciIl punto di vista del clinicoClaudia della Corte, Maria rita Sartorelli, donatella CoMparCola e Valerio nobilireparto di malattie Epato-metaboliche, ospedale pediatrico "Bambino gesù", irccs di roma

Drug-induced liver disease(DILD) is an under-recognized

cause of pediatric liver disease. DILD can result from dosage-dependent

hepatotoxicity or from adverse reactions to

drug used in therapeutic dosage. Early diagnosis

and prompt withdrawal of the offending drug is the key to successful management

of most DILD. Although there are not controlled

trials, corticosteroids and ursodeoxycholic acid

can be considered if no improvement is seen after discontinuation of drug.

1) dose-dipendente in cui la tossicità è causata da un dosaggio inappropriato o da un uso prolungato del farmaco;

2) idiosincrasico

in cui la tossicità è dose-indipendente, dunque imprevedibile, e nella patogenesi del danno i fattori legati all’ospite svolgono un ruolo cruciale.

Molteplici sono i meccanismi coinvolti nella patogenesi delle forme idiosincrasiche, quali legame del farmaco a proteine cellulari o di membrana con conseguente deplezione di fattori essenziali o blocco di particolari vie biochimiche, alterazione dei meccanismi di tra-sporto canalicolare della bile, biotrasformazione del farmaco con formazione di complessi immunogeni. Inoltre, è stato descritto che alcuni farmaci sono in grado di influenzare i meccanismi di apoptosi epatocitaria o l’attività mitocondriale e che anche cellule differen-ti dagli epatociti (cellule endoteliali, cellule di Kupffer e/o cellule stellate) possono essere coinvolte nella patogenesi del danno epatico (2,3).

13

Epatotossicità da farmaciIl punto di vista del clinico

Come precedentemente detto, è indispensabile escludere tutte le altre possibili cause no-te di epatopatia. Ulteriore conferma diagnostica è data dalla risoluzione del quadro dopo la sospensione del farmaco; il re-challange, ovvero la ri-correnza dei sintomi dopo la reintroduzione del farmaco, confermerebbe la diagnosi ma è generalmente controin-dicato (5). Sono state proposte alcune scale semiquantitative, come il Rousse Uclaf Causality Assessment Method of the Council of International Organization of Medical Sciences (RUCAM/CIOMS), il Naranjo Probability Scale e il Maria e Victorino Scale, al fine di migliorare la specificità diagnostica nei casi di epatotossicità da farma-ci. Tali scoring systems si basano su: intervallo post-espo-sizione, pattern biochimico, esclusione di cause alternati-ve di danno epatico, presenza di manifestazioni cliniche extraepatiche, re-challange e casi precedentemente descritti (6). Nonostante la loro rela-tiva semplicità, queste scale non sono mai state realmente utilizzate nella pratica clinica pediatrica ed il loro uso routinario non è raccomandato. I motivi alla base del loro man-cato impiego sono molteplici. In primo luogo essi prendono in considerazione i livelli fosfatasi alcalina (ALP), che sono ampiamente variabili nei bambini in fase di accresci-mento per la produzione extraepatica di ALP nell’osso. Inoltre, taluni items di tali score, non sono generalmente applicabili all’età pediatrica (abuso di alcool, gravidanza, malat-tie cardiovascolari) (5).

Esami di laboratorioDal punto di vista laboratoristico non esistono tests diagnostici; tuttavia, nei casi di epato-tossicità da farmaci con meccanismo dose-dipendente, una diagnosi specifica può essere posta sulla base delle concentrazioni plasmatiche del farmaco (paracetamolo, aspirina) (7) oppure sulla base del riscontro di anticorpi specifici (alotano).Un'alterazione caratteristicamente associata ad alcune forme di epatotossicità da farmaci è l’eosinofilia periferica. In caso di mancato miglioramento del quadro clinico-laboratoristico dopo la sospensione del farmaco, la diagnosi di epatotossicità farmaco-indotta deve essere messa in discussione.

Biopsia epaticaSebbene non esista un quadro istologico patognomonico, la biopsia epatica permette di definire la severità istologica del quadro e consente di escludere alcune diagnosi differen-ziali (ad es: epatite autoimmune) (8).

tabella 1 Principali farmaci coinvolti in segnala-zioni di epatotossicità in età pediatri-ca e loro meccanismo d’azione

dose-dipendente idiosincrasico

Paracetamolo Antiepilettici

Isoniazide Antibiotici

Tetracicline (minociclina)

Ureidopenicilline (piperacillina)

• tutti i farmaci assunti nelle 6-8 settimane antecedenti la comparsa della sintomatologia clinica, inclusi i prodotti da banco e quelli assunti accidentalmente

• dosaggio totale di farmaco assunto e modalità di somministrazione

• rapporto temporale tra comparsa dei sintomi ed assunzione del farmaco

• sintomatologia presentata (febbre, rash, nausea, vomito, iporessia…)

• eventuali fattori di rischio, quali precedenti reazioni a farmaci, storia familiare di farmaco-tossicità, assunzione di altri farmaci contemporaneamente, co-morbidità.

Pediatric Hepatology Outside Box

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Le lesioni istopatologiche dell’epatotossicità da farmaci sono generalmente non specifi-che e possono essere distinte in 3 gruppi sulla base del tipo di lesione prevalente:

storia naturalEGeneralmente la sospensione del farmaco tossico determina nella maggior parte dei casi un progressivo miglioramento del quadro clinico-laboratoristico. Il tempo della guarigione è variabile e dipende dal tipo di danno epatico instauratosi. Alcuni studi hanno dimostrato che talora, anche a distanza di tempo dall’inizio della sintomato-logia, persistono spie di danno epatico, quali alterazioni laboratoristiche o ecografi-che; tale persistenza del danno è stata messa in relazione con il riscontro di fibrosi epatica all’esordio o con la persistente assunzione del farmaco tossico (antinfiamma-tori non steroidei, farmaci psicotropi, antibiotici). La prognosi è molto variabile ed in parte dipendente anche dal farmaco coinvolto. Ad esempio è stato dimostrato che la prognosi migliore è associata alla tossicità da paracetamolo, rispetto ad altri far-maci, come ad esempio il valproato.

trattamEnto La precoce identificazione e sospensione del farmaco causale è il principale tratta-mento dell’epatotossicità da farmaco. Un trattamento specifico è raramente neces-sario. Due eccezioni sono rappresentate dalla tossicità da paracetamolo, trattata con

tabella 2 Epatotossicità da paracetamolo

dose tossica ≥ 150 mg/kg

meccanismo d’azione Dose dipendente (saturazione di tutti i meccanismi di detossificazione)

sintomatologia

Precoce: anoressia, nausea, vomito e, talora, ipoglicemia e lattico acidosi

> 48 ore: danno epatico con citolisi massiva e colestasi; coagulopatia

3-5 gg: encefalopatia, insufficienza renale

diagnosi Basata sulla anamnesi e dosaggio dei livelli sierici di paracetamolo

istologia Prevalente necrosi pericentrovenulare

trattamentoN-acetilcisteina (dose d’attacco 150 mg/kg ev, da ridurre nelle ore successive)

Il trattamento precoce si associa ad un outcome migliore

outcome90-94% dei casi: guarigione

6% dei casi: necessità di epatotrapianto o decesso

• danno acuto epatocellulare con infiltrato infiammatorio

• danno colestatico

• danno con vanificazione dei dotti biliari.

Epatossicità da farmaci. il punto di vista del clinico

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•L’epatotossicità da farmaci può

presentarsi mediante un ampio

spettro di manifestazioni cliniche

che vanno dall’isolata ipertransa-

minasemia a quadri di epatopatia

acuta e cronica di variabile gra-

vità, sino all’insufficienza epatica

acuta

•La diagnosi di epatotossicità da

farmaci resta ad oggi una dia-

gnosi prevalentemente clinica e

di esclusione, non esistendo tests

biochimici e/o quadri istologici

patognomonici

•Il principale trattamento dell’epa-

totossicità da farmaci rappresen-

tato dalla sospensione del farma-

co tossico associata ad adeguate

misure di supporto; solo raramente

è disponibile una terapia specifica

(N-acetilcisteina per tossicità da

paracetamolo)

•Steroidi ed UDCA dovrebbero

essere considerati nelle forme non

responsive alla sospensione del far-

maco. L’UDCA è da utilizzarsi princi-

palmente nelle forme ad impronta

colestatica

Key Pointssomministrazioni di N-acetilcisteina, e dalla tossicità dal valproato di sodio, in cui la carnitina può essere di beneficio. Sebbene ad oggi non siano stati ancora condotti trials clinici sull’utilizzo di corticosteroidi o acido ursodesossicolico nelle epatopatie da farmaci, ci sono alcuni reports aneddotici sulla loro efficacia. Teoricamente sem-brerebbe appropriato ricorrere agli steroidi nei pazienti che hanno una epatopatia severa con caratteristiche di allergia e che non migliorano dopo la sospensione del farmaco-tossico. Allo stesso modo un ciclo di acido ursodesossicolico potrebbe essere utile nelle forme ad impronta colestatica a decorso protratto (5,9).

BiBliograFia1. Star K, Norén GN, Nordin K et al. Suspected adverse Drug reactions reported for children

worldwide. An exploratory study using VigiBase. Drug Saf 2011;34:415-28.2. Molleston JP, Fontana RJ, Lopez MJ et al. Characteristics of idiosyncratic drug-induced liver

injury in children: results from the DILIN prospective study. JPGN 2011;53:182-9. 3. Lee MW. Drug-induced hepatotoxicity. N Engl J Med 2003;349:474-85. 4. Squires Jr RH, Shneider BL, Bucuvalas J et al. Acute liver failure in children: the first 348

patients in the pediatric acute liver failure study group. J Pediatr 2006;148:652-8. 5. Murray KF, Hadzic N, Wirth S et al. Drug-related hepatotoxicity and acute liver failure.

JPGN 2008;47:395-405. 6. Hayashi PH. Causality assessment in Drug-induced liver injury. Semin Liver Dis

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in patients with acute liver failure. Gastroenterology 2006;130:687-94. 8. Farrell GC, Liddle C. Drugs and the liver updated, 2002. Semin Liver Dis 2002;22:109-13.9. Nathwani RA, Kaplowitz N. Drug hepatotoxicity. Clin Liv Dis 2006;10:207-17.

a cura di

aNGELO caMPaNOZZi

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Pediatric Nutrition

Outside Box

INTRODUZIONEIl ruolo dell’alimentazione nella prevenzione degli accidenti cardiovascolari è ormai ac-certato. L’ipercolesterolemia è considerata uno dei fattori di rischio più importanti: esiste, difatti, correlazione statistica tra coronaropatia e livelli ematici di colesterolo. L’identifi-cazione precoce di bambini ipercolesterolemici permette l’attuazione di misure corretti-ve al fine di bloccare la progressione, verso un punto di non ritorno, dei processi di invec-chiamento vascolare.

PROgRammaZIONE mETabOlIcaLe perturbazioni insorgenti durante la vita intrauterina e nell’immediato periodo post-natale svolgono un ruolo centrale nell’omeostasi metabolica: gli squilibri nutrizionali nella gestante possono condizionare lo sviluppo fetale e influire sul determinismo di pa-tologie croniche (ipotesi di Barker-Thrifty Phenotype). La placenta umana è relativamente permeabile agli acidi grassi e al colesterolo: una die-ta ricca in grassi saturi durante la gestazione altera l’equilibrio energetico, intervenendo sui meccanismi alla base della regolazione dell’appetito e predisponendo all’insorgenza della sindrome metabolica. L’ipercolesterolemia materna, seppur limitata al periodo ge-stazionale, può determinare lesioni prearteriosclerotiche nell’organismo in via di svilup-po. Il profilo ematico di acidi grassi trans, omega 6 e omega 3 influisce sulla crescita feta-le [Tabella 1] (1-2). L’adattamento dietetico materno è auspicabile per un adeguato sviluppo del feto, con tutte le implicazioni intercorrenti in età adulta.

Il bambino con ipercolesterolemia: ruolo dell’alimentazioneIrene rutIglIano, ClementIna Calabrese, massImo Pettoello-mantovanI e angelo CamPanozzIclinica Pediatrica, Università degli Studi di Foggia

Hypercholesterolemia is one of the most important

cardiovascular risk factor: a strong relationship has been shown between the prevalence and extent of the asymptomatic

atherosclerotic lesions and plasma lipid concentrations

in children and adult. Environmental factors,

such as diet, and genetic predisposition are involved

in the pathogenesis of hypercholesterolemia.

dietary interventions and lifestyle modifications have been suggested,

either independently or as adjuvant to drug therapy, in hypercholesterolemic children. We analyze the

effects of prenatal nutrition, the positive role of breast-

feeding, the impact of dietary lipids and other dietary supplementation in the

prevention and management of childhood dyslipidemia.

Tabella 1 Profilo lipidico materno ed effetti sulla crescita fetale

Profilo lipidico materno Effetti sulla crescita fetale

Ridotte concentrazioni plasmatiche di acidi grassi ω3 e ω6 lc-PUFa Dgla (20:3n-6)

Maggiore rischio di neonato SGA

aumento concentrazioni plasmatiche di acidi grassi ω6 lc-PUFa aa (20:4n-6)

Maggiore rischio di neonato SGA

aumentato intake calorico di acidi grassi trans nel II trimestre di gestazione

Maggiore rischio di neonato LGA

alImENTaZIONE NEI PRImI 2 aNNI DI vITa L’allattamento materno è associato a riduzione del rischio cardiovascolare. Per quanto i livelli di colesterolo ematico siano più elevati negli allattati al seno, si è riscon-trata una colesterolemia più bassa negli adulti che hanno assunto latte materno nella prima infanzia. Diversi sono i dubbi nell’interpretazione del meccanismo che sottende tale condizione; si ritiene che le più alte concentrazioni di colesterolo presenti nel latte materno rispetto al latte adattato, inducano una migliore regolazione del metabolismo lipidico attraverso la down-regulation della HMGcoA reduttasi epatica (3). Il periodo dello svezzamento rappresenta un momento critico. Non ci sono molti studi che abbiano analizzato l’effetto della dieta nei primi due anni di vita sul rischio cardiovascolare dell’adulto, perché i fattori di confondimento sono tanti. Di certo l’eccessivo consumo proteico derivante da uno svezzamento inadeguato o precoce,

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rappresenta una condizione predisponente alla comparsa di obesità.L’American Academy of Pediatrics (AAP) non prevede restrizioni dietetiche nei bam-bini di età inferiore ai due anni, periodo di elevato fabbisogno metabolico, ma racco-manda l’uso di latte a ridotto contenuto lipidico in bambini di età superiore ai 12 mesi con rischio elevato per obesità o con anamnesi familiare per dislipidemia (4).

QUaNDO INIZIaRE Il TRaTTamENTO DIETETIcOIl riscontro di un profilo lipidico alterato necessita di ulteriore controllo dopo circa tre setti-mane dalla prima valutazione; in caso di persistenza di alterazioni della lipidemia [Tabella 2] va improntato un approccio dietetico (4). Il trattamento non farmacologico dell’ipercole-sterolemia prevede non solo la riduzione delle calorie totali provenienti dai lipidi, ma anche l’ottimizzazione dei grassi ingeriti e l’eliminazio-ne di eventuali fattori di comorbilità quali obesi-tà e fumo di sigaretta (abitudine crescente negli adolescenti, indagine SIP-SIMA 2010). Nelle forme di iperlipidemia primitiva le restri-zioni dietetiche inducono generalmente solo lie-ve riduzione delle LDL (soprattutto se >190 mg/dL), ma vanno intraprese per migliorare la risposta alla terapia farmacologica (5).

Riduzione delle calorie provenienti dai lipidiLa limitazione delle calorie provenienti dai lipidi rappresenta il primo passo della preven-zione nei soggetti a rischio. L’adeguatezza nutrizionale deve essere garantita per sostene-re l’accrescimento dell’individuo. L’approccio codificato dal National Cholesterol Education Progam prevede un interven-to in due fasi (6). La prima si avvale di una dieta mirata alla ingestione di lipidi in quan-titativo tale da non superare il 30% delle calorie giornaliere, di colesterolo non superiore a 300 mg/die e di grassi saturi inferiore al 10% dell’intake energetico. In caso di persi-stenza di dislipidemia, dopo un periodo minimo di tre mesi di dieta, è possibile passare alla seconda fase con riduzione degli acidi grassi saturi al 7% delle calorie totali e intake giornaliero massimo di colesterolo pari a 200 mg.

Ottimizzazione dei grassi ingeritiIl rischio cardiovascolare è correlato alla tipologia di grassi presenti nella dieta. L’eccessi-vo consumo di acidi grassi saturi induce aumento della colesterolemia, incremento delle LDL e riduzione dell’attività dei recettori per le lipoproteine a bassa densità, responsabi-li della loro clearance. Gli acidi monoinsaturi riducono la concentrazione ematica e la suscettibilità ossidativa del colesterolo LDL, senza effetti sulle HDL. Anche gli acidi grassi polinsaturi, classificati in base alla loro struttura in ω3 e ω6, presentano effetti sulla colesterolemia. Il gruppo degli ω6 riduce i livelli ematici di LDL, ma determina anche riduzione delle HDL. Inoltre, gli ω6 indirizzano il metabolismo dell’acido arachidonico a trombossano A2, noto per le capacità trombogeniche e vaso-costrittrici. Ad alte dosi aumentano la suscettibilità ossidativa delle LDL favorendone l’accumulo nei macrofagi (7). Gli acidi polinsaturi della serie ω3 contribuiscono alla riduzione della colesterolemia, indirizzano positivamente il metabolismo delle prostacicline, responsabili di effetto vaso-dilatatore e antitrombogeno. Gli ω3 contenuti nell’olio di pesce (acido eicosapentaenoi-co) diminuiscono la trigliceridemia e il rischio cardiovascolare. Tali osservazioni suggeriscono l’importanza di favorire l’assunzione alimentare di acidi ω3, di preferire acidi grassi monoinsaturi ponendo attenzione alla loro origine: gli ali-

Tabella 2 Valori di riferimento delle concentrazioni plasmatiche di colesterolo totale e LDL nei bambini e adolescenti (4)

livello Percentualecolesterolo totale

mg/dllDl

mg/dl

accettabile < 75° < 170 < 110

borderline 75°-95° 170-199 110-129

Elevato > 95° > 200 > 130

Pediatric Nutrition Outside Box

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menti ricchi in monoinsaturi abbondano anche in acidi saturi, per cui la scelta deve rica-dere su prodotti di origine vegetale [Tabella 3].è stato riportato che ottimizzando l’intake di acidi grassi, aumentando l’introito di alimenti di origine vegetale, modificando gli stili di vita, anche una dieta che contenga lipidi in ragio-ne superiore al 30% delle calorie totali (non eccedendo il 35%) può risultare adeguata (7).Gli acidi grassi trans, così definiti in base alla loro configurazione sterica, sono principal-mente prodotti da processi di idrogenazione catalitica o da trattamenti termici indotti per migliorare la palatabilità o il grado di solidificazione alimentare. Questi acidi industriali, noti come idrogenati, inducono riduzione della colesterolemia HDL, incremento dei li-velli di LDL e di lipoproteina a, fattore di rischio cardiovascolare indipendente. Il consumo di acidi idrogenati è associato a rischio cardiovascolare: i livelli ematici di PCR e IL-6 risultano più elevati in soggetti che ne assumono maggiori quantità, per effetto pro-in-fiammatorio sulle cellule endoteliali (8). Le linee guida dell’American Heart Association, codificate dall’AAP per l’età evolutiva (4), ne raccomandano un intake inferiore all’1% delle calorie giornaliere.

Supplementi dietetici Il termine fitosteroli comprende steroli (e stanoli) di origine vegetale. Assunti con la dieta, interferiscono con l’assorbimento intestinale del colesterolo e ne modificherebbero il sistema di clearance endogeno. Studi clinici hanno dimostrato che un intake di fitostero-li pari a 1.6 g/die riduce del 10% le LDL in bambini affetti da ipercolesterolemia fami-liare. L’effetto positivo sulla colesterolemia è stato di recente confermato in altre forme di dislipidemia primitiva (9). Non sono noti gli effetti a lungo termine di una dieta arricchi-ta in fitosteroli, per cui le evidenze correnti ne raccomandano l’utilizzo solo negli adulti. Inoltre, è stato riportato che la supplementazione dietetica in fitosteroli ridurrebbe l’as-sorbimento intestinale di beta-carotene, mentre permangono controversie sugli effetti indotti sulla concentrazione plasmatica di altre vitamine liposolubili (4,10).Le fibre solubili (glucano, pectina, psyllium) sono presenti in cereali complessi, legumi, frutta. Sono sostanze resistenti alla digestione enzimatica gastrointestinale, capaci di in-terferire con il circolo enteroepatico del colesterolo. L’assunzione quotidiana di fibre so-lubili presenterebbe effetto benefico sulla colesterolemia in soggetti ipercolesterolemici (11). L’AAP ne raccomanda un consumo giornaliero calcolabile addizionando all’età del bambino il valore di 5. Il risultato, espresso in grammi, riferisce la dose supplementare di fibra da assumere nelle 24 ore (massimo di 20 g/die).

cONclUSIONIL’adeguatezza nutrizionale va sostenuta sin dagli albori della vita: è auspicabile nella gestante una corretta alimentazione per il benessere dell’organismo in accrescimento. L’allattamento materno va sostenuto e incoraggiato. L’introito alimentare di grassi di origine animale va limitato. Particolare attenzione deve essere rivolta al consumo di ali-menti di origine industriale, fonte di grassi idrogenati; mentre va incentivata l’assunzione di frutta, verdura, legumi, cereali integrali e pesce (fonte di omega 3).

Tabella 3 Principali fonti alimentari di acidi grassi

acidi grassi alimenti

Saturi Latte intero e latticini, burro, carni grasse, formaggi, burro di cacao, olio di palma, olio di cocco

monoinsaturi Olio di oliva, olio di semi di girasole, olio di colza

Polinsaturi ω6 Olio di arachidi, olio di mais, olio di lino, olio di soia

Polinsaturi ω3 Olio di fegato di merluzzo, pesci grassi

Idrogenati Margarine, prodotti industriali (biscotti, merendine, snack)

Il bambino con ipercolesterolemia: ruolo dell’alimentazione

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• La prevenzione cardiovascolare

trova un ruolo importante nell’ali-mentazione: una dieta adeguata

interviene nell’ambito delle strategie

di riduzione del rischio di accidenti

cardiovascolari

• Lo stato nutrizionale e gli stili di vita

della donna durante la gestazione

influenzano lo sviluppo fetale con

ripercussioni sulla predisposizione ad

uno o più fattori di rischio per acci-denti cardiovascolari nell’età adulta

• Il riconoscimento di bambini iper-colesterolemici permette l’attuazio-ne di misure correttive: l’approccio

dietetico deve mirare non solo alla

riduzione delle calorie provenienti

dai lipidi, ma anche alla ottimizzazio-

ne della tipologia di grassi introdotti

con l’alimentazione quotidiana

• L’eccessivo consumo di prodotti

in commercio ricchi di acidi grassi

trans (o idrogenati) è associato ad

un elevato rischio di accidenti car-diovascolari

Key PointsbIblIOgRaFIa1. van Eijsden M, Hornstra G, van der Wal MF et al. Maternal n-3, n-6 and trans fatty acid

profile early in pregnancy and term birth weight: a prospective cohort study. Am J Clin Nutr 2008;87:887-95.

2. Cohen JF, Rifas-Shiman SL, Rimm E et al. Maternal trans fatty acid intake and fetal growth. Am J Clin Nutr 2011;94:1241-7.

3. Wong WW, Hachey DL, Insull W et al. Effect of dietary cholesterol on cholesterol synthesis in breast-fed and formula-fed infants. J Lipid Res 1993;34:1403-11.

4. Daniels SR, Greer FR. Lipid Screening and Cardiovascular Health in Childhood. Pediatrics 2008;122:198-208.

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a cura di

BarBara BiZZarriTraining and

Educational corner

La Risonanza Magnetica dell’intestino: valore diagnostico in età pediatricaFrancesca Maccioni, Giulia Bella, Valeria Buonocore, roBerta GioVannone e Mario MariniDipartimento di Scienze Radiologiche, Oncologia ed Anatomia Patologica, Policlinico Umberto I, Università Sapienza di Roma

Magnetic resonance imaging of the bowel is a diagnostic modality increasingly used

in the study of inflammatory bowel diseases such as

crohn’s disease and ulcerative colitis. its use

is also suitable for the evaluation of celiac disease

and malformations. Thanks to its panoramic field

of view and the absence of biological hazards known,

it is particularly suitable for the evaluation of pediatric patients. The limits of this

technique are due to the high management costs and poor

accessibility. However, being an effective

diagnostic procedure,non-invasive and repeatable,

it is hoped that in futureMri might be more frequently

used in childhood, thus offering a diagnostic

management of iBd completely free

of radiation.

INTRODUZIONELa Risonanza Magnetica (RM) è una metodica di imaging sempre più frequentemente uti-lizzata in età pediatrica, in primo luogo perché priva di radiazioni ionizzanti, un valore fon-damentale per questi pazienti. È noto, infatti, che la popolazione pediatrica abbia una mag-giore sensibilità agli effetti nocivi delle radiazioni ed un maggior rischio di effetti tardivi, che possono evidenziarsi a distanza di decenni dall’evento radiante, per la lunga aspettativa di vita (1). Accanto a tale indubbio vantaggio, la RM è caratterizzata da un elevato contrasto tissutale, particolarmente adatto allo studio dei tessuti flogistici, dalla capacità di esaminare in tutti i piani dello spazio e dalla disponibilità di numerosi parametri di valutazione, ad esempio sequenze pesate in T1 o in T2 per esaltare i diversi tempi di rilassamento dei tessu-ti, ovvero con caratteristiche e valori diagnostici diversi e complementari. Inoltre, a differen-za di altre metodiche, la RM è in continua evoluzione tecnologica e nuove possibilità di imaging vengono continuamente sviluppate e introdotte clinicamente, come ad esempio recentemente l’imaging in diffusione in grado di differenziare tessuti patologici sulla base della diffusione delle molecole di acqua (Diffusion Weighted Imaging), o l’imaging ba-sato sull’analisi spettroscopica di alcune molecole tissutali (MR Spectroscopy).Soltanto fino ad alcuni anni fa la RM era considerata una metodica di limitata utilità nella valutazione del piccolo e del grosso intestino, a causa dell’utilizzo di sequenze a lenta acqui-sizione, che determinavano artefatti dovuti ai movimenti respiratori e peristaltici dell’addo-me. I recenti progressi tecnologici (gradienti più potenti e veloci, bobine di superficie, dispo-nibilità di sequenze veloci) hanno sensibilmente migliorato la qualità delle immagini RM ampliandone le potenzialità diagnostiche sia a livello addominale che gastrointestinale. Le nuove bobine phased-array (bobine di superficie in grado di ricevere il segnale con minore dispersione) hanno notevolmente migliorato la risoluzione spaziale consentendo lo studio della sottile parete intestinale; la disponibilità di sequenze veloci T1 e T2-pesate e l’introdu-zione di mezzi di contrasto intestinali positivi e negativi ha consentito la valutazione dell’in-testino in condizioni migliori, fornendo nuovi criteri di diagnosi (2). Inoltre la recente velo-cizzazione di alcune sequenze rende possibile attualmente acquisire le immagini senza trattenere il respiro (tecnica breath-hold free), di fondamentale importanza per i pazienti pediatrici. Attualmente la RM è in grado di offrire uno studio completo sia degli organi ad-dominali parenchimatosi (fegato, pancreas) che del tubo gastroenterico, comparabile, e per alcuni aspetti superiore, a quello offerto dalla TC multistrato.

ASPETTI TEcNIcILa RM viene eseguita con magneti ad alto campo (1 o 1.5 Tesla) che garantiscono una qualità elevata delle prestazioni diagnostiche, generalmente superiore rispetto ad i magneti a campo inferiore. Attualmente sono disponibili anche magneti a 3 Tesla, ma il loro uso clinico rimane sperimentale, in particolare in età pediatrica, ed a tutt’oggi prevalentemente focalizzato al neuro-imaging. Uno studio adeguato del tubo gastroenterico con RM prevede l’uso di mezzo di contrasto intestinale per distendere il lume ed ottenere un’omogeneizzazione del segnale endolumi-nale. Un’adeguata distensione intestinale può essere ottenuta sia somministrando mezzi di contrasto per os (Entero-RM) sia utilizzando un sondino naso-digiunale (RM-Enteroclisi). Il grado di distensione del piccolo intestino è superiore con l’enteroclisi, ma nei pazienti

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pediatrici l’enterografia è generalmente preferita per la sua non invasività. I mezzi di con-trasto intestinali da somministrare per os si dividono in due categorie:

Al momento attuale non vi è accordo sui mezzi di contrasto da considerare “ideali” in età adulta o pediatrica ed entrambi sono ugualmente utilizzati con risultati soddisfacenti. Sulla base della nostra esperienza riteniamo che il contrasto bifasico sia particolarmente utile nello studio delle enteropatie come il morbo celiaco o le poliposi, mentre per le IBD sia più efficace il contrasto negativo. Poiché la capacità di assumere contrasto per os è co-munque limitata in età pediatrica, è bene valutare anticipatamente le possibilità di assun-zione del bambino o dell’adolescente prima di eseguire l’indagine. Generalmente sotto i 6-7 anni è utile anche somministrare solo succhi di frutta o acqua per ottenere una minima distensione. Le sequenze T2-pesate sono fondamentali per lo studio dell’addome e dell’intestino in età pediatrica, soprattutto perché prive di artefatti da movimento ed acquisibili anche senza trattenere il respiro, grazie ai veloci tempi di acquisizione (inferiori ad un secondo per im-magine). Utilizzando sequenze veloci è possibile anche eseguire studi dinamici-funzionali sulla motilità intestinale, sia a livello gastroesofageo che del tenue (fluoro-RM), ottenendo informazioni sulla peristalsi simili a quelle fornite in radiologia tradizionale dalla fluoroso-copia. È inoltre possibile eseguire studi contrastografici di “dynamic contrast-enhancement” du-rante la somministrazione endovenosa di Gadolinio, grazie alle sequenze T1-pesate ad acquisizione veloce (un gruppo di immagini di 15-25 scansioni circa durante una singola apnea respiratoria di circa 20 secondi), tuttavia maggiormente gravate da artefatti rispetto alle sequenze T2-pesate; in questi casi può esser utile la somministrazione di farmaci spa-smolitici prima del contrasto. La sedazione del paziente pediatrico sottoposto ad RM dell’intestino non è generalmente mai necessaria poiché la presenza rassicurante di un ge-nitore accanto al bambino è sempre possibile, per tutta la durata dell’esame.

INDIcAZIONI Certamente l’indicazione primaria alla RM dell’intestino è rappresentata dalle Malattie Infiammatorie Intestinali Croniche (MICI o IBD).La Risonanza Magnetica dell’intestino è una metodica sempre più utilizzata nello studio delle malattie infiammatorie intestinali per la sua elevata sensibilità nei confronti dei tessuti flogistici, per la panoramicità e l’assenza di rischi biologici noti, pertanto particolarmente adatta all’età pediatrica. Diversi studi hanno confermato l’efficacia diagnostica della RM nella valutazione della Malattia di Crohn (MC) pediatrica, sovrapponibile a quella ottenuta nell’adulto. Anche nel paziente pediatrico, la RM è in grado di valutare tutti i principali aspetti della malattia, in particolare di identificare le sedi di attività nel piccolo e grosso intestino, di valutare le carat-teristiche delle lesioni intestinali (ispessimento parietale, grado di stenosi, grado di attività flogistica) e le principali complicanze loco-regionali, in particolare aderenze e fistole, asces-si e flemmoni (4-8). La RM consente, infatti, di identificare con elevata accuratezza (sensi-bilità 93%, specificità 90%) l’ispessimento parietale tipico della malattia, specie se superiore ai 4 mm, sia a livello del tenue che del colon, inoltre di valutare il grado di edema parietale e periviscerale con sequenze T2-pesate ed il potenziamento parietale dopo iniezione di mdc (Gadolinio) con sequenze T1 pesate (4-8) [Figura 1]. La valutazione integrata di tali

1) bifasici, con comportamento simile all’acqua, rappresentati da soluzioni non assorbibili, ge-neralmente polyethylenglicole (PEG) o mannitolo, con effetto negativo nelle sequenze T1 pesate e positivo nelle T2 (2,3);

2) negativi o super-paramagnetici, formati da particelle di ossido di ferro, rivestiti di silicone in una soluzione non assorbibile, che producono un effetto negativo sia in T1 che in T2 (4).

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parametri (edema, vascolarizzazione ed ispessimento parietale) fornisce sostanzial-mente un giudizio sull’attività flogistica di malattia. Numerosi studi di RM, per lo più condotti su pazienti adulti, hanno dimo-strato l’accuratezza di tale indagine nel va-lutare l’attività di malattia del Crohn, in alternativa e ad integrazione degli indici clinici ed endoscopici di attività più comu-nemente utilizzati (6,9,10). Inoltre, grazie alla panoramicità della RM, con un solo esame diagnostico è possibile valutare estensione di malattia e complicanze dal digiuno alla regione retto-anale. La malat-tia perianale rappresenta un evento fre-quente in età pediatrica, che spesso richie-de rilevanti modifiche del programma terapeutico e di non semplice valutazione. La RM è attualmente in grado di identifi-care e stadiare anche la malattia perianale con elevata accuratezza e senza invasività. Tutte le complicanze della Malattia di Crohn sono identificabili accuratamente con RM, particolarmente ascessi e le fisto-le complesse, ad esempio tra diversi tratti intestinali, tra intestino ed apparato genito-urinario o strutture muscolari. Nella Retto-colite Ulcerosa (RCU), la RM ha un ruolo importante soprattutto nella valutazione delle forme severe, laddove sia controindi-cata l’esecuzione di un esame endoscopico completo. In questi pazienti la RM è in grado di valutare la severità della malattia, la sua estensione colica e di monitorare l’efficacia del trattamento, considerando

parametri analoghi a quelli valutati nella malattia di Crohn (11). Inoltre la RM può esse-re utile per valutare le pouch ileali dopo colectomia totale.

Altre patologie gastrointestinali La RM ha potenzialità non ancora completamente esplorate nello studio di numerose altre patologie intestinali, in particolare per alterazioni di tipo funzionale o malformativo. È sta-ta preliminarmente utilizzata con risultati soddisfacenti nello studio di alterazioni disfunzio-nali gastroesofagee. Sono stati eseguiti studi di motilità intestinale anche nella malattia di Crohn, per lo più in pazienti adulti. È possibile valutare mal rotazioni, diverticolo di Me-ckel, stenosi su base malformativa del duodeno o di altri segmenti. La RM è stata utilizzata con successo per valutare le principali alterazioni morfologiche e le alterazioni del rilievo plicale nella malattia celiaca (3).

LImITII principali limiti della RM sono rappresentati dai costi elevati dell’esame e dalla sua scarsa accessibilità. L’uso della RM per esami sull’apparato addominale e gastrointestinale in ge-nere è relativamente limitato rispetto agli esami neuro-radiologici che ne rappresentano l’indicazione principale. Inoltre occorre ricordare che i risultati diagnostici sono fortemente

Fig. 1 a, b Immagini RM dell’addome acquisite su piano coronale, rispettivamente T2-pesata (a) e T1-pesata post-contrasto (b) dopo somministrazione di mdc negativo per os. Si osserva marcato ispessimento parietale diffuso e concentrico (freccia a) a carico di un esteso tratto di ileo distale localizzato in fossa iliaca destra. Tale tratto è caratterizzato da un’accentuazione del segnale di parete T1-post Gadolinio, (freccia b) come per una condizione di flogosi di grado lieve-moderato. Concomita proliferazione fibroadiposa del tessuto adiposo loco regionale. Le restanti anse del tenue presentano calibro e spessore parietale regolari

a) b)

Fig.1 c, d Immagini RM dell’addome acquisite su piano assiale, rispettivamente T2-pesata (a) e T1-pesata post-contrasto (b). E’ possibile osservare con maggior dettaglio l’ispessimento parietale marcato dell’ileo distale, con stenosi del lume ed evidente dilatazione a monte (freccia c e d)

c) d)

La Risonanza Magnetica dell’intestino: valore diagnostico in età pediatrica

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condizionati dall’aggiornamento tecnologico e dall’esperienza dell’operatore. Infatti, solo le attrezzature più recenti dispongono dell’hardware e software in grado di eseguire esami di elevato valore diagnostico nello studio dell’intestino. Inoltre, per ottenere risultati diagnosti-ci utili ai fini clinici, è indispensabile una specifica esperienza clinica e tecnica del radiologo. La RM offre, infatti, molte e diverse possibilità di esecuzione; l’esame dell’intestino è diffi-cilmente standardizzabile e deve esser modulato di volta in volta dal radiologo gastrointe-stinale in base alla richiesta clinica ed alla condizione specifica del paziente. Per tali motivi tale esame dovrebbe essere eseguito prevalentemente in centri di riferimento dedicati. I limiti diagnostici nella valutazione della MC sono relativi e possono includere una minor accuratezza nella valutazione delle lesioni digiunali rispetto alle altre localizzazioni del tenue e colon, ed una possibile sottostima delle stenosi di basso grado e di piccoli tramiti fistolosi, specie quando il contrasto intestinale viene somministrato per os piuttosto che per enteroclisi. Infine esistono rare controindicazioni all’esame che includono la claustrofobia e la presenza di dispositivi elettronici impiantati nel corpo del paziente (es. neuro stimolatori o pace-maker).

ITER DIAGNOSTIcOCome è noto la diagnosi e la stadiazione della malattia di Crohn (MC) è estremamente complessa, sia nel paziente adulto che pediatrico, a causa della localizzazione segmentaria delle lesioni sia nel piccolo che nel grosso intestino e per l’estensione trans-murale del pro-cesso flogistico. Pertanto nei bambini, come nei pazienti adulti, l’identificazione e la valuta-zione delle lesioni intestinali è basata sull’associazione di varie indagini diagnostiche, che includono l’ecografia, l’ileo-colonscopia, la capsula endoscopica, eventualmente il tenue seriato e/o il clisma opaco, la scintigrafia, la TC e recentemente la RM. Con l’introduzione della RM nell’iter diagnostico, molti esami basati sull’uso di radiazioni ionizzanti possono esser evitati e lasciati eventualmente come esami di terzo livello. Attualmente è possibile ipotizzare un iter diagnostico completamente “radiation-free” nel MC in età pediatrica.L’ecografia, essendo in grado di fornire informazioni sulla caratteristica estensione trans murale della malattia, rimane sicuramente l’indagine di prima linea, per la sua disponibili-tà, mancanza di invasività e alta accuratezza (sensibilità 84%, specificità 92%) sia nella fase diagnostica iniziale che nel follow-up dei pazienti pediatrici (7). L’endoscopia integrata dal-le biopsie fornisce importanti dati riguardanti il versante endoluminale della malattia e mantiene un ruolo imprescindibile sia nella fase iniziale diagnostica che nel follow-up. Le informazioni ottenute con la RM possono, infatti, completare e integrare i dati morfologici ecografici e quelli endoluminali forniti dall’endoscopia, come un esame di riferimento di secondo livello. Nei pazienti pediatrici la RM attualmente può, quando disponibile ed accessibile, sostituire la TC e gli studi con bario nella maggior parte dei casi. In particolare, l’uso della TC mul-tistrato deve essere il più possibile limitato in pazienti pediatrici, visto il non irrilevante ri-schio da danni da radiazioni che si associa all’esposizione ripetuta a scopo diagnostico in età pediatrica. In particolare, il ruolo della RM appare fondamentale in tutti i casi in cui si so-spetti una riacutizzazione della malattia o l’insorgenza di complicanze che potrebbero mo-dificare il programma terapeutico. Inoltre, nei pazienti pediatrici ancor più che negli adul-ti, appare sempre più importante monitorizzare con una modalità accurata di imaging l’attività di malattia e gli effetti dei farmaci immunosoppressori e biologici a breve e medio-termine.

cONcLUSIONI Grazie all’elevato contrasto tissutale ed all’assenza di radiazioni ionizzanti, la RM rap-presenta una modalità di imaging potenzialmente ideale per lo studio di patologie addo-minali e gastrointestinali in età pediatrica ed in particolare nello studio della MC. Infatti, essendo una procedura diagnostica efficace, non invasiva e ripetibile è particolarmente adatto allo studio e follow-up di una patologia benigna cronica recidivante. Con l’intro-duzione di tale metodica è possibile ipotizzare in età pediatrica un iter diagnostico com-

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pletamente privo di radiazioni nella ma-lattia di Crohn e rettocolite. Occorre ricordare che la RM dell’intestino rap-presenta un esame altamente specialisti-co, generalmente eseguito in centri di riferimento. Nei casi in cui la RM non sia disponibile, gli esami radiologici con uso di radiazioni, in particolare gli esami contrastografici con bario ed occasio-nalmente la TC, mantengono certa-mente un ruolo diagnostico importante [Tabelle 1 e 2].

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Tabella 1 Ruolo diagnostico integrato delle metodiche diagnostico-strumentali efficaci nella valutazione del morbo di Crohn pediatrico, inclusa la RM dell’intestino

Diagnosi Primaria

stadiazionePrimaria

attività di malattia

stadiazione-rivalutazione in corso di riacutizzazione

Ecografia (HRUS) con color Doppler

+++ ++ ++ ++

Rm + +++ +++ +++

Esami radiologici con bario

+ + - +

Tc + + + +

Scintigrafia ++ + + +

Ileocolonscopia +++ ++ ++ ++

+++ Fondamentale ++ Molto utile + Occasionalmente utile

Tabella 2 Ruolo diagnostico integrato delle metodiche diagnostico-strumentali efficaci nella valutazione del morbo di Crohn pediatrico, in cui la RM dell’intestino sia esclusa perché non disponibile.

Diagnosi Primaria

stadiazionePrimaria

attività di malattia

stadiazione-rivalutazione in corso di riacutizzazione

Ecografia (HRUS) con color Doppler

+++ ++ ++ ++

Esami radiologici con bario

++ ++ - +

Tc + + + ++

Scintigrafia ++ + ++ ++

Ileocolonscopia +++ ++ ++ ++

+++ Fondamentale ++ Molto utile + Occasionalmente utile

• La RM dell’intestino ha un ruolo

crescente nello studio delle

malattie gastrointestinali in età

pediatrica

• La RM può valutare accurata-

mente sede, estensione, attività

e complicanze della Malattia di

Crohn in pazienti pediatrici

• è possibile ipotizzare un iter dia-

gnostico privo di radiazioni nello

studio della Malattia di Crohn

pediatrica, integrando ecogra-

fia, endoscopia e RM

Key Points

Commissione editoria siGenPResponsabile di commissione VALERIO NOBILI - RomaDirettore Editoriale Giornale SIGENP CLAUDIO ROMANO - MessinaDirettore Responsabile Giornale SIGENP G. Clerici, EDITORE AREA QUALITÀ - Milano

NEL PROSSIMO NUMERO• Intervista a G. Furuta Il ruolo degli eosinofili nella patologia gastrointestinale• I dolori addominali ricorrenti - M. Benninga• La colelitiasi in età pediatrica - D. Falchetti• La gestione domiciliare del bambino in nutrizione enterale - A. Diamanti• Lo svuotamento gastrico scintigrafico - L. Biassoni• La mesalazina: cosa c’è di nuovo? - G. Guariso e W. Fries• Il DHA - C. Agostoni• Quiz Caso Clinico - da “La Sapienza” di Roma• La Steatosi epatica DHA e il meccanismo molecolare - V. Nobili• L’EUS in età pediatrica - B. Bizzarri• La rettorragia - G. Lombardi

Il Giornale è on line in versione e-publishing sul Portale

www.sigenp.orgEntrando dalla Sezione “EDITORIA”

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a cura di

FOrTuNaTa ciViTELLi

iBd Highlights

CliniCaIl restringimento del lume intestinale nella malattia di Crohn (MC) è dovuto sia all’infiltrazione infiammatoria della parete, sia alla fibrosi transmurale. Il processo fibrotico è conseguenza della flogosi cronica a tutto spessore che induce una prolife-razione delle cellule mesenchimali “collagen-expressing” sotto lo stimolo di citochi-ne come il TNF-α, con conseguente incremento della sintesi e della deposizione di collagene extra-cellulare. Si ipotizza una predisposizione genetica allo sviluppo di fibrosi.L’insorgenza di stenosi nella MC del bambino è una complicanza associata a maggior rischio di prima chirurgia. Essa è più frequente nei soggetti diagnosticati tra i 6 e 17 anni di età rispetto a quelli al di sotto dei 6. L’incidenza cumulativa di stenosi nel tem-po varia in età pediatrica in relazione alla localizzazione iniziale di malattia. A 1, 5, 10 anni dalla diagnosi corrisponde rispettivamente al 5.9%, 12.9%, 39.3% nella MC ileale, al 6.4%, 17.1%, 18.7% in quella ileo-colonica e al 1.5%, 7.7%. 11.4% nell’inte-ressamento esclusivamente colonico (1).Un’ostruzione parziale del lume intestinale causa dismotilità, inappetenza, nausea, dolore addominale, diarrea (secondaria a contaminazione batterica dell’intestino) o stipsi. Nelle stenosi serrate si delinea invece il quadro clinico dell’occlusione intesti-nale meccanica, con meteorismo e dolorabilità addominale, coliche severe, alvo chiuso a feci e gas, vomito biliare o fecaloide e presenza, all’RX diretta dell’addome, di sovradistesione delle anse a monte della stenosi con livelli idro-aerei.

Diagnosi strumentaleLa presenza di stenosi, se in sede accessibile, dovrebbe essere documentata dall’en-doscopia, mentre la moderna diagnosi radiologica si avvale dell’ultrasonografia (US), dell’entero-TC e dell’entero-RM. Tali indagini puntualizzano grado, lunghez-za e tortuosità della stenosi e forniscono informazioni sulla componente fibrotica o infiammatoria della stessa, potendo in parte indirizzare la terapia medica o chirur-gica. Per la non invasività, il basso costo, l’assenza di radiazioni e l’ampia disponibi-lità, l’US è diventata metodica molto in uso per l’imaging delle malattie infiamma-torie intestinali del bambino, pur con i limiti legati alla sua operatore-dipendenza e alla difficoltà nell’evidenziare l’intestino nella sua interezza. Le recenti innovazioni tecnologiche ed il ricorso a mezzi di contrasto orali anecoici non assorbibili (PEG), che favoriscono la distensione delle anse, ne hanno migliorato le performance diagnostiche (SICUS da “small intestinal contrast ultra-sono-graphy”).

La gestione delle stenosi nella Malattia di Crohn: il punto di vista del pediatra e del gastroenterologo dell’adulto

il Punto Di Vista Del gastroenterologo PeDiatraArrigo Barabino - Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, IRCCS G. Gaslini di Genova

development of strictures in pediatric crohn’s disease is common. ultrasonography and Mri are the main used diagnostic tools. Strictures

refractory to medical treatment can be managed by endoscopy dilatation, resection or strictureplasty.

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La stenosi è individuata come un ispessimento di parete con lume ristretto (<1 cm), variabilmente associato a dilatazione (>2.5 cm) e aumentata peristalsi dell’ansa pre-stenotica. La sensibilità dell’US nell’identificazione delle stenosi è del 74-80%, con un’accuratezza maggiore per quelle ileali (85%) rispetto alle coliche (59%). L’incre-mento del segnale Doppler suggerisce infiammazione, mentre la scarsa vascolarizza-zione con segni di retrazione di anse adiacenti depone per fibrosi (2).Sia per la Tomografia Computerizzata (TC) che per la Risonanza Magnetica (RM) dell’intestino è richiesta la distensione delle anse mediante abbondante quantità (500-750 cc in bambini di età > a 10 anni) di mezzo di contrasto (PEG) da assumer-si per via orale o mediante sondino naso gastrico nei bambini non collaboranti. In entrambe le metodiche è necessario anche un contrasto endovenoso per evidenziare il “contrast enhancement” (CE), tanto più marcato quanto più è preminente la com-ponente infiammatoria della stenosi. Poiché in età pediatrica la TC è poco utilizzata per l’eccessiva esposizione a radiazioni ionizzanti, la RM è diventata l’indagine di scelta. La stenosi è di agevole individuazione considerando che il normale lume in-testinale è di circa a 2.5 cm di diametro e che spesso è presente una dilatazione pre-stenotica. Il riscontro di una parete intestinale ipointensa e senza un significativo CE indica una stenosi fibrotica di lunga data (2).

teraPiaBambini sintomatici, senza chiare evidenze di ileo meccanico, con stenosi a premi-nente componente infiammatoria possono rispondere alla terapia nutrizionale o ste-roidea associata alle tiopurine. Nelle stenosi infiammatorie non rispondenti a tali terapie e non raggiungibili endoscopicamente può essere tentata la terapia biologica con anti TNF-α. Le stenosi refrattarie alla terapia medica o a prevalente componen-te fibrotica possono essere trattate per via endoscopica o chirurgica mediante strittu-ro-plastica o resezione.La dilatazione endoscopica con pallone, anche se metodica efficace e conservativa, è condizionata dalle possibili complicanze ad essa correlate, dalla lunghezza e tor-tuosità della stenosi e dalle frequenti recidive. Uno studio pediatrico prospettico, randomizzato, in doppio ceco ha dimostrato che l’iniezione intralesionale di triamci-nolone post-dilatazione endoscopica è efficace nel ridurre la necessità sia di ulteriori dilatazioni che di chirurgia (3). Tale procedura è stata recentemente applicata nel bambino anche a stenosi ileali raggiungibili mediante enteroscopia con singolo pallone (4). Un’indagine retrospet-tiva, che ha paragonato nel bambino la resezione verso la stritturo-plastica, non ha dimostrato differenze significative nel tasso di recidive a lungo termine tra le due metodiche (5). Considerata la natura recidivante della malattia e l’aumento del ri-schio di intervento chirurgico nel corso del tempo, una chirurgia conservativa do-vrebbe sempre essere auspicata.

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IBD Highlights

28

CliniCaLa maggior parte dei pazienti adulti con Malattia di Crohn (MC) presenta un feno-tipo infiammatorio alla diagnosi, ma con il tempo va incontro ad una modifica del comportamento di malattia e dopo dieci anni circa il 40% evolve in una forma ste-nosante (1). Negli ultimi trent’anni si è assistito ad un aumento esponenziale dell’uso di farmaci immunosoppressori cui non ha corrisposto una riduzione del numero di pazienti sottoposti a resezione intestinale (2). È quindi verosimile che la progressione della malattia stenosante sia associata ad una fibrosi irreversibile o ad un fallimento della terapia steroidea associata ad immunosoppressori. La sfida per il gastroenterologo è quella di individuare le stenosi in cui la componen-te infiammatoria sia ancora suscettibile di terapia medica, anche più precoce ed aggressiva ad esempio con farmaci biologici, al fine di risolvere il quadro clinico del paziente e di evitare la successiva evoluzione fibrotica. Nella pratica clinica ci si deve basare su parametri radiologici, laboratoristici (PCR, calprotectina o lattoferrina fecale, test di permeabilità intestinale ai tre zuccheri) e clinici (febbre, calo pondera-le o diarrea).

teraPiaPer lungo tempo l’unico approccio terapeutico alla malattia stenosante era costituito dalla resezione chirurgica. Solo negli anni ’80 è stato dimostrato che l’asportazione completa del segmento intestinale malato non proteggeva da una successiva recidiva (3). Pertanto l’atteggiamento è mutato verso una chirurgia di risparmio, anche in considerazione del decorso recidivante della malattia con rischio di sindrome dell’in-testino corto in caso di resezioni troppo ampie e/o ripetute. È in questo contesto che sono state applicate la stritturoplastica e la dilatazione endoscopica tramite pallone. Le prime stritturoplastiche applicate sono state quelle del tipo Heineke-Mikulicz (incisione longitudinale del segmento stenotico seguita da una sutura tra-sversale del viscere). Oltre a risparmiare intestino, questo evita la creazione di un’a-nastomosi che è una delle sedi più frequenti di recidiva di malattia. Tale tecnica è ancora oggi applicata nelle stenosi brevi, mentre per stenosi più lunghe si usano altri tipi di stritturoplastica (secondo Finney, Jaboulay o Michelassi) con creazione di una anastomosi tra due anse intestinali coinvolte.La dilatazione endoscopica tramite pallone era tradizionalmente riservata a stenosi dell’ileo terminale o del colon; oggi l’enteroscopia a singolo e doppio pallone con-sente di raggiungere anche segmenti intestinali più prossimali (4).La stritturoplastica presenta un’efficacia sovrapponibile alla dilatazione endoscopi-ca, con una percentuale di ricorrenza di malattia intorno al 25%. Per quanto riguar-da la sicurezza, la stritturoplastica è gravata da un più alto numero (5% contro 3%) di complicanze maggiori (deiscenza anastomotica, ascessi, fistole, sepsi, emorragie,

il Punto Di Vista Del gastroenterologo Dell’aDultoAndrea Michielan, Giacomo Carlo Sturniolo - Dipartimento di Scienze Chirurgiche

e Gastroenterologiche, Università degli Studi di Padova

Stricturing phenotype is often the ultimate expression of crohn’disease and considering the relapsing course of the disease avoidance of resective surgery

is fundamental to preserve the gut length and function. Therefore conservative techniques like stricturoplasty or balloon dilatation have

been developed but the challenge for the gastroenterologist is to minimize the risk of recurrence and stricture.

La gestione delle stenosi nella Malattia di Crohn: il punto di vista del pediatra e del gastroenterologo dell’adulto

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ileo) rispetto alla dilatazione endoscopica (perforazione e sanguinamento severo) (5). Le due tecniche quindi sono oggi considerate complementari per le stenosi brevi, con le uniche limitazioni per le stenosi su anastomosi (in cui è da preferirsi la dilata-zione endoscopica) e le stenosi del colon (in cui la resezione è considerata più sicura per il maggior rischio di neoplasia) (6). La scelta della tecnica deve tenere conto di diversi fattori tra cui l’età, l’esperienza del centro, la sede della stenosi e le preferenze del paziente che può non volere sottoporsi ad un intervento chirurgico. La gestione della MC stenosante sembra quindi ancora di pertinenza prevalente-mente chirurgica o di endoscopia interventistica, ma è lecito chiedersi quale sia oggi il ruolo della terapia medica. Fino a qualche anno fa si riteneva che i pazienti con sintomi subocclusivi potessero giovarsi di un ciclo di steroidi per trattare la pre-sunta componente infiammatoria della stenosi. Parallelamente si riteneva che tera-pie mediche più aggressive e più precoci, come i farmaci biologici, comportassero una guarigione troppo rapida con formazione di fibrosi e quindi aggravamento del-la stenosi. Studi più recenti hanno invece dimostrato che i fattori di rischio per lo sviluppo o l’aggravamento di una stenosi sono la durata e la severità di malattia, la localizzazione ileale e una terapia steroidea di recente introduzione (7). Un ciclo di steroidi può quindi essere rischioso oltre che inefficace, almeno nei pazienti che non siano steroidodipendenti. Crescente importanza è stata riconosciuta ai farmaci bio-logici anche perché diminuiscono il rischio di complicanze settiche intra-addomina-li postoperatorie (ascessi, fistole, deiscenze) sia nei pazienti sottoposti a resezione che a stritturoplastica (8). Bisogna infine considerare il ruolo della terapia medica nel ridurre il rischio di recidiva chirurgica. I pazienti possono essere stratificati in base al loro rischio di recidiva:

I pazienti a rischio alto e intermedio richiedono una terapia più aggressiva e preco-ce, senza attendere la recidiva endoscopica, che si deve avvalere rispettivamente dei farmaci biologici e delle tiopurine. I pazienti con basso rischio non necessitano invece di modifiche terapeutiche nel post-operatorio. In tutti i casi è comunque indicata una stretta sorveglianza endosco-pica: colonscopia di controllo dopo i primi 6-12 mesi dall’intervento che, in assenza di segni di ripresa di malattia tali da dover modificare la terapia, potrà essere ripetu-ta ogni 1-3 anni (9). Infine tra i fattori di rischio di recidiva post-chirurgica nell’adul-to bisogna ricordare il fumo di sigaretta: i fumatori, e particolarmente le donne, hanno un rischio di recidiva clinica e chirurgica che è più del doppio dei non fuma-tori. Tuttavia tale rischio viene minimizzato qualora i pazienti smettano di fumare. Studi recenti sembrano non confermare un effetto negativo del fumo sul decorso della malattia ma le popolazioni in esame comprendono un’alta percentuale di pa-zienti in terapia immunosoppressiva (10). È quindi fondamentale incoraggiare sem-pre la sospensione del fumo di sigaretta.

ConClusioniGli interventi chirurgici sono purtroppo ancora molto frequenti nella MC, partico-larmente nel fenotipo stenosante, sia in età pediatrica che nell’adulto. L’unica possi-bilità di modificare la storia naturale è rappresentata probabilmente da una diagno-si precoce e da una terapia di attacco più aggressiva nei pazienti a maggior rischio.

• basso rischio se malattia di lunga durata con primo intervento chirurgico per stenosi breve

• rischio intermedio se malattia di durata inferiore ai 10 anni, sottoposta a chirurgia per stenosi lunga o per fenotipo infiammatorio

• alto rischio se malattia fistolizzante o se già sottoposta ad almeno due interventi per stenosi.

IBD Highlights

30

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• La gestione di questa condizione non presenta sostanziali differenze tra l’adulto ed il

bambino

• Nei pazienti con MC stenosante è fondamentale identificare, attraverso i dati bioumo-

rali e strumentali, quelli con una componente prevalentemente infiammatoria della

stenosi, ancora suscettibile di terapia medica

• Per la caratterizzazione delle stenosi dovrebbero essere sempre preferite le metodiche

di imaging non invasive, come la US e la MR, soprattutto in età pediatrica

• L’uso di corticosteroidi non è sempre raccomandato nelle stenosi sintomatiche, men-

tre i farmaci biologici, sotto un accurato follow-up clinico e radiologico, rappresenta-

no oggi una efficace strategia terapeutica, anche in considerazione del minor rischio

post-operatorio

• La dilatazione endoscopica e la stricturoplastica costituiscono due valide alternative

di terapia per le stenosi di breve lunghezza, mentre la resezione chirurgica è riservata

alle stenosi lunghe

• Nei pazienti ad alto rischio di recidiva post-chirurgica è raccomandato un approccio

terapeutico più aggressivo

• La cessazione del fumo di sigaretta deve sempre essere raccomandata

Key Points

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a cura di

MONica PaciNews in Pediatric

Gastroenterology

Pharmacology

INTRODUZIONEGli inibitori di pompa protonica (IPP) sono una classe di farmaci che sopprime la produ-zione gastrica di acido cloridrico attraverso il blocco irreversibile dell’enzima H+-K+ATPasi (pompa protonica) localizzato sulle membrane delle cellule parietali gastriche.Gli IPP sono diventati un presidio terapeutico indispensabile nel trattamento delle pato-logie acido-correlate ed hanno sostituito quasi completamente farmaci quali gli anti-acidi e gli antagonisti del recettore H2 dell’istamina. L’elevata efficacia associata all’eleva-ta prevalenza della patologia peptica rendono ragione del largo consumo di IPP in Italia e nel mondo.Tuttavia, proprio a causa del loro ampio utilizzo, negli anni sono state segnalate reazioni avverse sia nel trattamento a breve che a lungo termine.Tali reazioni si possono classificare in acute e croniche e queste ultime, a loro volta, in gastrointestinali ed extra-gastrointestinali (1). La loro patogenesi è correlata, per quelle acute, prevalentemente a fenomeni idiosincrasici ed immunomediati, per le croniche al meccanismo d’azione del farmaco che determina sia innalzamento del pH gastrico con ipergastrinemia secondaria che interferenza con il metabolismo citocromo P450 (CYP 450)-dipendente.

EffETTI AcUTIGli effetti collaterali acuti compaiono entro poche ore o giorni dall’assunzione del farma-co e consistono prevalentemente in reazioni lievi come nausea, diarrea, mal di testa, vertigini, rash cutaneo e prurito. Studi recenti dimostrano che il rischio di effetti collate-rali a breve termine varia intorno all’1-3%, senza significative differenze tra le varie mo-lecole. Reazioni severe sono invece estremamente rare: in letteratura una casistica che raccoglie le segnalazioni dal 1992 al 2007 riporta 64 casi di nefrite acuta interstiziale as-sociati all’utilizzo di omeprazolo. Tale complicanza è probabilmente il risultato di un’i-persensibilità mediata da meccanismi cellulari ed umorali. Infine sono riportati rari casi di epatite acuta e disturbi visivi (2).

EffETTI cRONIcI sUll’AppARATO gAsTROINTEsTINAlEL’utilizzo cronico di IPP, con la correlata ipergastrinemia, può portare alla comparsa di alterazioni sia funzionali che morfologiche a carico dell’apparato gastrointestinale, ed in particolare dello stomaco.Infatti l’azione trofica esercitata dalla gastrina induce la crescita e la proliferazione delle

La safety degli inibitori di pompa protonicaPaolo andreozzi, Marco della coletta, alessandra d’alessandro e rosario cuoMoDipartimento di Medicina clinica e sperimentale, Università “federico II” di Napoli

Come è consuetudine in questa rubrica ospitiamo un contributo proveniente

dalla gastroenterologia dell’adulto su tematiche

di estrema attualità ed in cui può essere utile una comparazione con le esperienze o le evidenze

presenti in età pediatrica. La safety degli Inibitori di

Pompa Protonica è ampiamente dimostrata nel bambino e non vi sono segnalazioni di importanti eventi avversi. L’articolo di Cuomo et al, rappresenta

un update riguardo eventuali reazioni acute

e croniche riferibili esclusivamente all’adulto.

Proton pump inhibitors are the most commonly prescribed class of drugs to treat patients with acid-related disorders because of their safety and effectiveness.

However, as other drugs classes, they has a potential for side effects. In this article we examined available data on the adverse effects of short-term and long-term

therapy and on the most recently findings regarding drugs interactions.

News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology

32

cellule parietali e delle cellule enterocromaffini che producono istamina. La brusca so-spensione del trattamento con IPP può determinare un aumento della secrezione gastri-ca, noto come “effetto rimbalzo”, che può essere prevenuto attraverso la graduale ri-duzione del dosaggio prima della sospensione.Tuttavia l’attenzione dei ricercatori si è focalizzata soprattutto sulle modificazioni morfo-logiche a carico della mucosa gastrica indotte dalla stimolazione in senso ipertrofico ed iperplastico della gastrina: è stata infatti ipotizzata ed è oggetto di studio l’associazione tra gli IPP e i polipi ghiandolari del fondo gastrico.Queste formazioni rappresentano un reperto endoscopico frequente (circa 2% nella po-polazione generale) ed è stata osservata un’aumentata incidenza in pazienti in terapia con IPP da oltre 12 mesi. I dati disponibili suggeriscono la natura benigna di tali polipi senza evidenza di rischio di displasia e senza quindi necessità di monitoraggio nel tempo e di rimozione endoscopica.Non è stata osservata una diretta correlazione tra l’uso di IPP e lo sviluppo di gastrite atrofica in assenza di infezione da Helicobacter Pylori (Hp). Tuttavia la prolungata soppres-sione acida altera il quadro della gastrite in soggetti Hp-positivi facilitando l’evoluzione di una forma antrale verso una gastrite del corpo gastrico, con peggioramento dell’atrofia ghiandolare. Quest’ultima predispone alla metaplasia intestinale che rappresenta un fat-tore di rischio per l’adenocarcinoma gastrico.Ciò ha indotto ad ipotizzare che l’uso prolungato di IPP in pazienti con infezione da Hp possa predisporre al cancro gastrico, non esistono però ad oggi studi di coorte che abbiano confermato tale ipotesi. Nonostante ciò, a scopo precauzionale, la Consensus di Maastricht raccomanda l’eradicazione dell’Hp prima di iniziare una terapia cronica

acido-soppressiva (3). Inoltre, la ridotta attività battericida del succo gastrico insieme alla riduzione della funzione granulocitaria indotta dagli IPP, soprattutto in età precoce o avanzata ed in presenza di malattie croniche ed immunodepressione iatrogena, può favorire una modificazione in termini quantitativi e qualitativi della flora batterica intestinale.Questo spiegherebbe l’associazione con la sindrome da sovracrescita batterica del piccolo intestino e con l’incrementato rischio di infezioni enteriche, in par-ticolare da Clostridium difficile (2). Infine, negli ultimi anni si è ipotizzato un possibile ruolo degli IPP nella patogenesi delle allergie alimentari: la riduzione della denaturazione pro-teica del succo gastrico, associato all’aumentata permeabilità intestinale indotta dalla terapia acido-soppressiva, favorirebbe l’incontro tra gli aller-geni alimentari e le cellule del sistema immunitario (4). La relazione esi-stente tra l’aumentata incidenza di patologie come l’esofagite eosinofila e

Tabella 1 Reazioni avverse acute

Tipo di reazione Effetto

Intolleranza al farmaco

NauseaDiarreaMal di testaVertiginiprurito

Reazione IgE-mediata

prurito Rash cutaneoOrticariaAngioedemaReazioni anafilattiche

Reazioni idiosincrasiche Nefrite acuta interstiziale

Tabella 2 Reazioni avverse croniche

sito Meccanismo patogenetico Effetto

Effetti gastrointestinaliRiduzione del pH gastrico con ipergastrinemia secondaria

Effetto rimbalzo alla sospensione del trattamento

polipi ghiandolari del fondo gastrico

infezioni enteriche (in particolare da C. difficile)

Aumenta permeabilità intestinale ed allergie

Effetti extra-gastrointestinali

Ridotto assorbimento intestinale dei nutrienti

Osteoporosi con aumento del rischio di fratture spontanee dell’anca

Aumentata colonizzazione batterica

Riduzione delle difese immunitariepolmoniti di comunità in pazienti con trattamento < 30 giorni

La safety degli inibitori di Pompa Protonica

33

•Le reazioniacutesevereda inibitori

di pompa protonica (IPP) sono

rare e coinvolgono meccanismi

immuno-allergiciedidiosincrasici

•Esisteun’associazionetraIPPepolipi

ghiandolaridelfondogastricosenza

evidenzadievoluzioneneoplastica

•L’eradicazione da Helicobacter

pylori è necessaria prima di iniziare

una terapia cronica con IPP per la

possibilepredisposizioneall’insorgenza

diadenocarcinomadellostomaco

•Lasindromedasovracrescitabatterica

del piccolo intestino è associata

all’utilizzo di IPP che determinano

la riduzione dell’attività battericida

dell’ambiente gastrico e della

funzionegranulocitariamucosaledello

stomaco

•Possibili associazioni tra terapia con

IPP e fenomeni broncopneumonici

ed osteoporosi con aumento

del rischio di fratture spontanee

dell’anca

•Necessità di valutare interazioni

farmacologiche(es.Clopidogrel) in

casodiconcomitanteassunzionedi

IPPefarmaciconmetabolismoCYP

450-dipendente

Key Pointsla diffusione dell’uso degli IPP, soprattutto tra i bambini, supporta tale ipotesi, la cui validazione richiede ulteriori studi (5).

EffETTI ExTRA-gAsTROINTEsTINAlIL’acidità gastrica gioca un ruolo importante nel processo di assorbimento della vitamina B12 e del ferro. Tuttavia gli studi non hanno confermato che l’uso prolungato di IPP pos-sa determinare stati carenziali: non è stata osservata una significativa riduzione dei livelli sierici di B12, tranne che nei soggetti anziani e nei pazienti con sindrome di Zollinger-Ellison, e non sono stati riportati casi di anemia e neuropatia indotti da deficit vitaminico né stati ferro-carenziali (1).La terapia cronica con IPP è stata associata ad un aumentato rischio di osteoporosi, in particolare di fratture spontanee dell’anca. Si ipotizza che la riduzione della densità ossea sia il risultato dell’interazione di diversi meccanismi quali la riduzione dell’assorbimento del calcio a livello intestinale e l’ipergastrinemia secondaria che favorirebbero i processi di riassorbimento osseo mediante la stimolazione delle ghiandole paratiroidi. Sebbene siano necessari ulteriori studi per comprendere i meccanismi patogenetici vi sono eviden-ze sufficienti per innalzare l’attenzione nei soggetti a rischio, come pazienti anziani o in terapia con corticosteroidi (2).Resta infine da stabilire il rapporto tra i fenomeni broncopneumonici e la terapia con IPP. La crescita batterica osservata nell’ambiente gastrico dei soggetti che fanno uso di IPP, favorirebbe la colonizzazione delle piccole vie aeree attraverso fenomeni di microa-spirazione del succo gastrico. Diversi studi hanno osservato un’aumentata incidenza di polmoniti di comunità. Uno studio caso controllo britannico ha tuttavia evidenziato la relazione inversa tra rischio di processi infettivi e durata della terapia: l’utilizzo di IPP per un tempo inferiore ai 30 giorni sembra aumentare il rischio di polmoniti rispetto ad un uso per più di 6 mesi (6).

INTERAZIONI fARMAcOlOgIchEUna nota infine sulle possibili interazioni farmacologiche degli IPP, mediate principal-mente dalla ridotta biodisponibilità di farmaci che richiedono un ambiente acido per l’assorbimento (ketoconazolo o itraconazolo) o all’inibizione competitiva del CYP 450, rilevante soprattutto per farmaci con metabolismo epatico e dotati di un ristretto inter-vallo terapeutico quali il diazepam, la fenitoina o il warfarin. Infine di interesse è l’interazione tra IPP e clopidogrel: l’inibizione competitiva del siste-ma enzimatico bloccherebbe l’attivazione del farmaco a livello epatico, esponendo i sog-getti in trattamento al rischio di eventi cardiovascolari. Tuttavia i dati in letteratura sono discordanti e necessitano di ulteriori studi (7).

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what are the latest FDA recommendations? Am J Gastroenterol 2010;105:1211.

a cura di

cLaudiO rOMaNO

GastroPed Quiz

Una causa non comune di enteropatia proteino-disperdenteMonica Paci, anna Gissi E Paolo lionEttiDipartimento di Scienze per la Salute della Donna e del Bambino, Università di Firenze S.O.D. Gastroenterologia Pediatrica, A.O.U. Meyer di Firenze

PRESENTAZIONE CLINICAS. è una bambina di 4 anni con diagnosi di Istiocitosi a cellule di Langherans sistemica (LCH) all’età di 2 mesi, trattata con prednisone, vinblastina e 6-mercaptopurina e successiva chemioterapia con citarabina e 2-clorodeossiadenosina con totale remissione di malattia. A 1 mese dal termine comparsa di diarrea (3-10 scariche/die) associata ad addominalgia anche notturna ed arresto ponderale. Agli esami ematici rilievo di anticorpi anti-tranglutaminasi (tTG) a medio-alto titolo, confermati a più controlli, anticorpi anti endomisio negativi. Viene eseguita biopsia duodenale che risulta nella norma e determinazione HLA negativa per entrambi gli aplotipi DQ2 e DQ8. In attesa di tali referti viene iniziata dieta senza glutine (DSG) con apparente remissione dei sintomi. Il regime dietetico viene proseguito su richiesta della famiglia nonostante la scarsa evidenza di celiachia ma i tTG persistono positivi nonostante la DSG seguita scrupolosamente. La bambina rimane in benessere clinico per i successivi 16 mesi, quando (4 anni) compare febbre ricorrente, modesto aumento degli indici di flogosi e positività di Anticorpi anti-nucleo, anti cardiolipina e del lupus anticoagulant. Viene valutata in Reumatologia per sospetta sindrome in-fiammatoria con componente autoimmune e viene trattata con boli di steroidi dopo aver effettuato aspirato midollare risultato nella norma. Viene interrotta la DSG ma la madre riferisce repentina comparsa di diarrea per cui la riprende senza però miglioramento. Per tale motivo giunge alla nostra attenzione.

ESAME OBIETTIVOCondizioni generali mediocri. Peso 15 Kg, Altezza 91 cm. Pallore cutaneo. Nulla da segnalare all’obiettività cardiaca e toracica. L’addome è teso, meteorico, con fegato palpabile 3 dita dall’arcata costale e milza all’ombelicale traversa.

SVILUPPO DEL CASO CLINICO PRIMA PARTEGli oncologi, sulla base degli esami ematici sostanzialmente negativi, e di una recente RM addome negativa, escludono una ripresa di malattia. S. mostra però progressivo peggioramento clinico con diarrea, ipoproteinemia, progressivo aumento degli indici di flogosi e feb-bre. All’esame delle feci Rotavirus positivo.

IPOTESI DIAGNOSTICHE• Diarrea infettiva?

• Enteropatia associata ad Istiocitosi?• Celiachia?

• MICI?

la soluzione del caso clinico a pagina 43

34

35

a cura di

salvatore accomandorecent advance

in Basic science La genetica nella fibrosi cisticaSpunti della diagnostica di base in gastroenterologiaVincenzina Lucidi e Fabio MajoU.O.C. di Fibrosi Cistica, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, IRCCS di Roma

Cystic Fibrosis is an autosomal recessive

disease caused by mutations in the CFTR gene.

Clinical manifestations, however, are influenced

by a host of complex interactions with other

genes, with physical and sociocultural environment

in which the patients lives, and by the efforts

of healthcare providers. Studies on CF animal models clarified some

pathogenetic mechanisms of the disease.

INTRODUZIONEIl gene CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane conductance Regulator), responsabile della fibrosi cistica (FC), è stato identificato nel 1989. Attualmente sono state riconosciu-te circa 1900 mutazioni (1). La proteina codificata dal gene CFTR costituisce il canale del cloro posizionato sulla membrana apicale delle cellule epiteliali differenziate. Le ca-ratteristiche cliniche principali della FC sono l’insufficienza pancreatica e la malattia polmonare progressiva. Altre caratteristiche della malattia sono l’ostruzione dei dotti bi-liari con conseguente cirrosi biliare ed ipertensione portale, ridotta fertilità soprattutto maschile, ostruzione intestinale, sinusopatia cronica con poliposi recidivante e diabete. Attualmente risulta paradossale come nonostante la notevole conoscenza della FC e del-le sue caratteristiche non sia ancora del tutto chiaro il processo etiopatogenetico alla base della malattia.Inizialmente si è ipotizzato che mutazioni di CFTR causassero semplicemente una disfun-zione del canale per il trasporto del cloro sulle pareti delle cellule epiteliali esocrine. Sebbe-ne ancora oggi tutti i test diagnostici per l’FC siano basati su valutazioni delle anomalie nel trasporto degli ioni cloro (test del sudore, studio della differenza dei potenziali nasali, studio elettrofisiologico della mucosa rettale: ICM - Intestinal Current Measurement) emerge un ruolo fisiopatologico della proteina CFTR molto più complesso. Infatti la gravità della malattia polmonare non correla con il residuo funzionale del canale del cloro: forme mild di malattia con test del sudore borderline e spesso diagnosi tardiva possono evolvere in insufficienza respiratoria grave. È stato dimostrato che la proteina CFTR interagisce con i canali del sodio (ENaC) e con altri canali del cloro, non CFTR.Studi di correlazione genotipo-fenotipo in gemelli affetti da FC hanno dimostrato l’impor-tante ruolo di geni modificatori nella complessità della espressione clinica e nella risposta alla terapia preventiva (2). Anche la capacità del sistema immunitario “adattivo” ed “inna-to” può contribuire a modificare le manifestazioni del difetto di base del gene CFTR (3).A determinare l’importante variabilità fenotipica della FC contribuiscono però in una percentuale molto significativa molti fattori non genetici come l’ambiente (pollution, fumo, microrganismi patogeni), aspetti socio demografici, culturali, contesto familiare e capaci-tà di accettazione delle cure piuttosto che le possibili barriere all’accesso delle cure (4).Il primo modello di topo FC era in grado di riprodurre solamente gli aspetti polmonari della malattia. Solo recentemente con la realizzazione di maiali FC (CFTR -/-) è stato possibile studiare i meccanismi fisiopatologici responsabili del danno evolutivo in parti-colare dell’apparato gastrointestinale: infatti il maiale FC sviluppa precocemente le lesio-ni gastrointestinali tipiche della malattia nel 100% dei feti.

INFIammaZIONE PaNCREaTICaL’infiammazione pancreatica era stata già descritta dalla stessa Andersen nel 1938 quan-do per la prima volta la FC veniva definita come nuova entità nosologica. Gli studi sul maiale FC confermano la presenza negli stadi iniziali di aggregati di neutrofili e macro-fagi principalmente dentro gli acini dilatati e nei dotti ectasici, soprattutto nelle aree di distruzione pancreatica più grave. Questo quadro “pancreatitico” inizia con depositi di zimogeno eosinofilico (rappresentato dagli enzimi secreti nel lume) che frammisto al mu-

Recent Advance in Basic Science

36

co denso, dilata i dotti, formando “cisti” con progressivo ispessimento dell’epitelio e me-taplasia mucosa.Ben note sono le pancreatiti ricorrenti in pazienti con sufficienza pancreatica e più rara-mente in pazienti con insufficienza pancreatica (2.8% dei casi). A volte la pancreatite è il primo sintomo di una forma classica ad inizio tardivo di FC (test del sudore con Cl >60 mEq/l e/o genetica positiva) o di forme atipiche di FC (Cl >30 ma <60 mEq/l con due mutazioni CFTR e/o studio della differenza dei potenziali nasali positivo). Le mutazioni del gene CFTR sono state comunque riscontrate nelle pancreatiti ricorrenti e croniche in un’alta percentuale di casi (oltre il 40%) a testimoniare il ruolo patogenetico della atti-vazione precoce del tripsinogeno a tripsina all’interno dei dotti pancreatici causa il ral-lentamento del flusso pancreatico (pancreatiti CFTR correlate).

la malaTTIa EPaTICaLa malattia epatica è la seconda causa di morte nei pazienti con FC. Il malfunzionamen-to del gene CFTR che si esprime su tutte le cellule epiteliali dei dotti biliari, causa lesioni caratterizzate da proliferazione biliare, fibrosi e infiammazione fino alla formazione di cirrosi multi lobulare in oltre il 17% dei pazienti. Ciò si realizza già prima della pubertà, confermando il coinvolgimento di altri geni. Questo meccanismo patogenetico ben evi-dente nel modello animale con ostruzione da plugs mucocellulari (un insieme di cellule infiammatorie, detriti cellulari e muco) frammisti a concrezioni di bile principalmente nei dotti biliari più grandi. Lo stesso accade nella colecisti con una prevalenza maggiore di colecistiti con o senza calcolosi (circa il 30% dei pazienti) probabilmente legata alla fre-quente ostruzione del dotto cistico.

l’IlEO Da mECONIOL’ileo da meconio è un’ostruzione dell’ileo terminale causata da meconio ispessito che può associarsi o meno ad atresia, necrosi e perforazione della parete ileale. Nel passato l’ileo da meconio era considerato strettamente correlato al gene CFTR poiché circa l’80-90% dei neonati con ileo risultavano essere affetti da FC. L’eziopatogenesi dell’ileo in assenza della FC non è ancora molto chiara anche se è stato dimostrato da Toyosaka e più recentemente da Yoo che possono intervenire altre cause come l’immaturità del plesso mioenterico e delle cellule interstiziali di Cajal, ambedue dimostrate predisponenti lo sviluppo dell’ileo da me-conio (5)Studi recenti sembrano invece sottolineare che l’ileo da meconio rappresenti l’epifenomeno di uno spettro ampio di patologie in cui il gene CFTR è responsabile solamente in poco più della metà dei casi (6). Sicuramente i pazienti omozigoti del F508 sono a più alto rischio di sviluppare ileo, spesso complicato, mentre i pazienti con mutazioni G551D e R117H pre-sentano una incidenza significativamente minore. Inoltre è stato dimostrato che geni mo-dificatori localizzati sul cromosoma 4 (4q35.1), 8 (8q23.1), 11 (11q25) e 19 (19q13) contri-buiscono allo sviluppo dell’ileo da meconio del neonato con FC. (7)

I neonati con FC hanno un rischio di atresia intestinale 200 volte maggiore della po-polazione caucasica generale ma il meccanismo patogenetico che produce atresia non è ancora oggi ben chiarito (ostruzione meconiale che predispone ad alterazioni vascolari?).

la DIvERTICOlOSI DEl COlON E DEll’aPPENDICELa diverticolosi del colon e dell’appendice è stata documentata nel passato con una preva-lenza del 7-14% nei pazienti FC in una età media molto precoce (13 anni). Le cause po-trebbero essere l’aumento di distensione e pressione della parete intestinale causata da rista-gno intraluminale ed ipertrofia della muscolatura liscia già durante la vita fetale, come confermato anche nei maiali FC (8).

Un ultimo aspetto derivante dallo studio dei maiali FC offre un interessante spunto di

La genetica nella fibrosi cisticaSpunti della diagnostica di base in gastroenterologia

37

riflessione: a differenza di quanto avviene per l’intestino i polmoni dei maiali knockout CFTR sono simili a quelli dei maiali wild-type e non presentano infiammazione. Le cellu-le FC sono sicuramente responsabili di una risposta infiammatoria eccessiva ma è possi-bile, pertanto, che l’infiammazione non sia una caratteristica innata ma che rappresenti una risposta esagerata a stimoli esterni.

L’alta frequenza di sintomi gastrointestinali nei pazienti affetti da FC è stata correlata al malassorbimento del lattosio, confermato da breath test dopo carico orale di latto-sio (9) e dalla bassa attività di lattasi nelle biopsie intestinali di FC. La recente ricerca del gene della lattasi (LCT-MIM 603202) predisponente l’ipolattasia tipo adulto (ATH), stu-diata in 289 pazienti con FC non ha invece evidenziato alcuna differenza rispetto ai soggetti sani nella percentuale di mutazioni del gene LCT (31,5 vs 32,5%). Anche il ma-lassorbimento di lattosio è risultato sovrapponibile tra le due popolazioni (6.9 vs 7,2%). Questi risultati sono molto importanti perché dimostrano che la diagnosi di malassorbi-mento al lattosio non è affidabile se si utilizzano criteri clinici e si dimostra che spesso le restrizioni dietetiche utilizzate potrebbero non essere necessarie.

È noto da tempo che il portatore di mutazione CFTR è più resistente a fattori che cau-sano diarrea determinando nel passato un grosso impatto sulla sopravvivenza della po-polazione generale. Ciò potrebbe aver dato un vantaggio selettivo sufficiente a mantene-re una più alta frequenza degli alleli FC nella popolazione (10)

BIBlIOGRaFIa1. URL: http://www.genet.sickkids.on.ca/StatisticsPage.html.2. Blackman SM, Deering-Brose R, McWilliams R et al. Relative contribuition of genetic and

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predisposition to lactase persistence in cystic fibrosis. European J Hum Genetics 2011;19;748-752.

• Da quando è stato identificato

il gene della FC nel 1989, abbia-

mo assistito ad una importante

incremento delle conoscenze

fisiopatologiche che sono alla

base della malattia. Nonostante

ciò ancora oggi non è sufficiente-

mente chiaro il ruolo patogeneti-

co del gene CFTR

• Di certo la FC si esprime come

una malattia infiammatoria cro-

nica dell’acino pancreatico sin

dalle prime epoche della vita

mentre la presenza e la severità

della malattia epatica sembra

più correlabile a geni modificatori

• L’epitelio intestinale regola

il trasporto di nutrienti, elettroliti

ed acqua ed il CFTR presente

abbondantemente sulla mem-

brana luminale intestinale è un

gene importante in questi pro-

cessi. La sua disfunzione altera la

secrezione di cloro ed acqua ed

incrementa la secrezione di Na e

altera l’assorbimento di nutrienti

Na-dipendenti

• Gli outcomes della malattia FC

sono il risultato di una interazio-

ne tra fattori genetici, influenze

ambientali e capacità di cura

Key Points

38

a cura di

FiLiPPO TOrrONiEndoscopy

Learning Library Il trattamento endoscopico delle stenosi ileo-colicheTamara Caldaro, Erminia romEo E luigi dall’oglioU.O.C. Chirurgia ed Endoscopia Digestiva, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, IRCCS di Roma

a 14 year-old female underwent, in a Surgical unit of another Hospital, esplorative laparoscopy for suspected appendicitis because of vomiting, abdominal distension and fever with a suspect of crohn’s disease.

She was admitted to our digestive and Endoscopy unit for the same clinical presentation; she underwent lower endoscopy and the diagnosis confirmed the suspect of crohn’s disease with ileo-cecal valve stricture.

Surgical treatment was assumed.

PRESEntazIOnE DEl CaSO ClInICOM.G, femmina di 14 anni, giunta a ricovero presso altra struttura per dolore addomi-nale, vomito, alvo chiuso a feci e gas, feb-bre; nel sospetto di appendicite acuta, la paziente veniva sottoposta a laparoscopia esplorativa con riscontro di parete dell’ileo terminale edematosa e stenotica con lieve dilatazione dell’ansa a monte. Nel sospetto di malattia di Crohn, la paziente veniva tra-sferita alla nostra UOC. Esame obiettivo all’ingresso: addome mo-dicamente disteso, trattabile, dolente alla palpazione profonda in fianco e fossa ilia-ca destra; aumento degli indici di flogosi, leucocitosi neutrofila. Eseguita colonscopia che evidenziava ulcerazioni della mucosa a livello del ceco, con stenosi della valvola ileo-cecale (VIC). Nella necessità di valutare le caratteristiche della stenosi ileale (lunghezza, numero delle stenosi, ascessi o fistole intestinali), la pazien-te è stata sottoposta a Risonanza Magnetica Nucleare (RMn) [Figura 1] dell’addome ed a SICUS (Small Intestine Contrast Ultraso-nography) [Figura 2]. Gli esami radiologici avevano evidenziato ispessimento trans-murale dell’ultima ansa ileale con riduzione di calibro e lieve dilatazione a monte, coin-volgimento della valvola ileo-cecale e del ceco e del tessuto adiposo mesenterico pe-riviscerale, non ascessi intra-addominali.

Figura 2 SICUS: stenosi ileo terminale

Figura 1 RMN addome

39

SVIlUPPO DEl CaSO ClInICOIn considerazione dell’esito degli esami radiologici, si iniziava terapia corticosteroidea e nutrizionale esclusiva con dieta polimerica per 2 mesi. In seguito all’insorgenza di un nuovo episodio sub-occlusivo a circa un mese dalla sospensione degli steroidi, si effettuava colonscopia con vi-sualizzazione della stenosi ileo-colica; previo posizionamento di un filo-guida sotto controllo radiologico è stato inserito un dilatatore idrostatico da 15 mm nel lume e, mediante iniezione di mezzo di contrasto idroso-lubile con progressiva insufflazione del dilatatore, si è ottenuta la risolu-zione della stenosi a carico della VIC. Rimosso il dilatatore idrostatico, si è iniettato mezzo di contrasto idrosolubile nel lume intestinale dilatato per controllare l’assenza di perforazione intestinale [Figure 3 e 4].

Dopo la dilatazione, si faceva progredire l’endoscopio nell’ileo distale il cui ca-libro appariva sub-stenotico; iniettato mdc idrosolubile, si visualizzava sub ste-nosi della lunghezza > 5 cm pertanto si decideva di soprassedere ad ulteriore dilatazione idrostatica e effettuare nuovo ciclo di terapia steroidea. Dopo circa 3 mesi di benessere clinico, la paziente presentava episodio sub-occlusivo per cui, in considerazione delle caratteristiche della stenosi ileale, si procedeva a stricturoplastica secondo Mikulicz [Figura 5].

Figura 3 Dilatazione endoscopica della valvola ileo-cecale con dilatatore idrostatico

Figura 4 Valvola ileo-cecale dopo la dilatazione idrostatica

Figura 5 Stricturoplastica secondo Heineke-Miku-licz Modificato da Kumar D, Alexander-Williams J. Crohns Disease and Ulcerative Colitis: Surgical Management. London, United Kingdom: Springer; 1993:89-101.

Endoscopy Learning Library

40

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BIBlIOGRaFIa

• Le principali complicanze della malattia

di Crohn sono rappresentate da stenosi,

fistole, ascessi

• La terapia chirurgica è rivolta a risolvere le

complicanze

• Le stenosi infiammatorie possono essere

trattate endoscopicamente mediante

dilatazione idrostatica

Key Points

COnClUSIOnI E MESSaGGI PRatICILe indicazioni all’intervento chirurgico nella malattia di Crohn sono limitate al trattamento delle complicanze (stenosi inte-stinali, fistole entero-enteriche/entero-vescicali/entero-cutanee, ascessi e fistole perianali) ed alle situazioni non controlla-bili con la terapia medica e/o nutrizionale.Nella malattia di Crohn stenosante, la risoluzione della stenosi è richiesta nei casi di sub-occlusione/occlusione intestinale.La scelta del trattamento più idoneo è secondaria alla definizione di sede, numero, lunghezza della stenosi intestinale, me-diante indagini ecografiche e radiologiche.La terapia chirurgica diventa di prima scelta nei pazienti con sintomi ostruttivi, refrattari ad una iniziale terapia steroidea, o in assenza di segni di attività di malattia. In questi pazienti le caratteristiche della parete intestinale a livello della stenosi suggerirebbero un processo fibroso.In presenza di stenosi infiammatorie, coliche, ileo-coliche o anastomotiche, con indici di attività di malattia, di lunghezza in-feriore a 5-8 cm si può tentare dilatazione idrostatica per via endoscopica, mentre per stenosi di lunghezza maggiore o ste-nosi multiple, è indicato l’intervento chirurgico di stricturoplastica o resezione intestinale da effettuarsi c/o Centri pediatrici dedicati. La resezione rappresenta un intervento demolitivo che comporta riduzione della superficie intestinale assorben-te con possibile conseguente sindrome da intestino corto. La stricturoplastica, invece, preserva la lunghezza dell’intestino e, a seconda della lunghezza e del numero di stenosi presenti, sono possibili diverse tecniche chirurgiche.In conclusione, nella malattia di Crohn stenosante e sintomatica è fondamentale definire la tipologia della stenosi per un corretto programma terapeutico.

41

a cura di

salvatore accomando

e mariella Baldassarre

PedGl snapshots Le occlusioni intestinali GuGlielmo Paradies1, antonio orofino1, francesca Zullino2 e francesco caroPPo1 1U.O. Chirurgia Pediatrica Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico P.O. “Giovanni XXIII” di Bari 2U.O. Chirurgia Pediatrica P.O. “F. Ferrari” di Casarano (LE)

INTRODUZIONEL’occlusione intestinale è una patologia dell’apparato gastrointestinale causata da anomalie congenite di sviluppo del tubo digerente o secondaria ad altre condizioni cliniche. Si può identificare e distinguere questa condizione a seconda della fascia di età in cui si manifesta (neonato, lattante, bambino). Tale distinzione ha particolare significato pratico sia per la differente eziopatogenesi in relazione all’età, sia per la diversità delle problematiche assi-stenziali e tecniche che ne conseguono. In Tabella 1 sono riportate le più comuni cause di occlusione intestinali nel neonato. La sede dell’occlusione alta o bassa, a seconda del distret-to anatomico interessato, condiziona i tempi di insorgenza della sintomatologia [Tabella 2]. Le cause più frequenti di occlusione intestinale nel lattante di età compresa tra i 4 e 12 mesi possono essere considerate l’invaginazione intestinale [Tabella 3], l’ernia strozzata e il volvolo intestinale su diverticolo di Meckel [Tabella 4-5]. Nel bambino più grande le cause di occlusio-ne possono essere correlate ad aderenze intestinali (in quei pazienti sottoposti precedente-mente ad interventi di chirurgia addominale), tumori intestinali o extraintestinali (retroperi-toneali), volvoli, morbo di Crohn, stipsi funzionale o organica, corpi estranei, parassiti.

The child with an intestinal occlusion requires a thorough history and physical examination followed by a focused laboratory and imaging evaluation.

When to operate immediately, when to observe, and when not to operate at all represent major challenges in the management

of a child with an intestinal occlusion.

Tabella 1 Occlusioni neonatali

Atresia esofagea

Atresie duodenali

Atresie ileali

Volvolo completo dell’intestino tenue

Ileo da meconio

Malattia di Hirschsprung

Malformazioni ano rettali

PedGl SnapshotsTabella 2 Algoritmo delle Occlusioni Intestinali

Segni o sintomi clinici suggestivi di occlusione intestinale (Vomito biliare, distensione addominale etc)

Vomito

Gastrico BiliareIperamilasemia ed

Iperlipasemia + dolori addominali

Rx Addome Rx Addome

Approccio medico o chirurgico

Indagini di laboratorio

Ecografia dell’addome

Normale distribuzione del meteorismo Ostruzione prossimale

Osservazione Studio radiologico del transito

Approccio chirurgico appropriato

Ostruzione Ostruzione distale

Studio radiologico del transito

Clisma opaco con mdc iodato?

Approccio chirurgico appropriato

Approccio chirurgico appropriato

PedGl Snapshots

42

PedGl Snapshots

Tabella 3 Algoritmo delle Invaginazioni

Sospetto di Invaginazione

Ecografia Rx diretta addome

Contrastografia

Invaginazione Negativa

OsservazioneRiduzione idrostatica

Risoluzione

Ricovero in osservazione

Non risoluzione

Riduzione chirurgica VLS - Open

Tabella 4 Algoritmo della Malrotazione e/o Volvolo

Obiettività clinica Sospetto Clinico

Contrastografia del tratto superiore

Normale Dubbio Malrotazione

Con volvolo

Approccio chirurgico in urgenza

Senza volvoloEcografiaConsiderare

altre patologie

Intervento chirurgicoUlteriori indagini

Tabella 5 Diagnosi differenziale tra occlusione e strozzamento/volvolo

Occlusione Strozzamento/Volvolo

Inizio graduale della sintomatologia Sintomatologia acuta

Vomito (gastrico poi biliare o fecaloide) Dolore

Chiusura a feci e gas Vomito

Possibile broncoaspirazione Ileo paralitico

Ileo paralitico Shock

Disidratazione Sangue e muco nelle feci

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43

a cura di

cLaudiO rOMaNO

GastroPed Quiz

43

SVILUPPO DEL CASO CLINICO SECONDA PARTEVengono eseguiti esami endoscopici: alla EGDS mucosa duodenale con aspetto grossolano dei villi ed evidenti discromie biancastre [Figura 1]; alla colonscopia aspetto analogo dell’ileo terminale e mucosa di tutto il colon edematosa, con aree eritematose e discromie biancastre, perdita della au-strature e scomparsa del pattern vascolare. L’esame istologico mostra nella lamina propria strutture ghiandolari iperplastiche con incremento della com-ponente infiammatoria costituita da elementi di media e grossa taglia che all’indagine immunoistochimica risultano diffusamente positivi con la pro-teina SI00 e con l’anticorpo anti-CD lA.

Tali caratteristiche morfologiche ed immunoistochimiche associate al quadro clinico, consentono di porre diagnosi di

Enteropatia associata ad Istiocitosi a Cellule di Langherans.

PUNTI CRITICI DELLA DIAGNOSTICA DIFFERENZIALELa LCH può complicarsi con un quadro di enteropatia proteino-disperdente, ma non viene solitamente indicata tra le possibili cause di que-sta condizione. Pazienti con diagnosi nota di LCH dovrebbero essere attentamente valutati in tal senso ma esiste anche la possibilità che i soli sintomi gastrointestinali caratterizzino l’esordio di malattia. L’interessamento intestinale da LCH è una condizione non comune ma ha una prognosi infausta e dovrebbe quindi essere considerato nella diagnostica differenziale di bambini con sintomi gastrointestinali refratta-ri, in particolare in chi presenta una proteino-dispersione. In questi casi la biopsia intestinale è fortemente raccomandata per una diagnosi precoce. L’aumento dei soli anticorpi anti-tTG, invece, può essere aspecifico e presente in pazienti neoplastici, in patologie infiammatorie croniche e autoimmuni.

• Pensare anche all’istiocitosi a cellule di Langherans

tra le cause di enteropatia proteino-disperdente

Key Points

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BIBLIOGRAFIA

Figura 1 Mucosa duodenale con aspetto grossolano dei villi ed evidenti discromie biancastre

Soluzione del caso clinico di pagina 34Una causa non comune di enteropatia proteino-disperdenteMonica Paci, anna GiSSi E Paolo lionEttiDipartimento di Scienze per la Salute della Donna e del Bambino, Università di FirenzeS.O.D. Gastroenterologia Pediatrica, A.O.U. Meyer di Firenze

CONGRESSO NAZIONALE SIGENP

XIX

Parma, 11-13 ottobre 2012Hotel Parma & Congressi

Presidenti del CongressoAnnamaria StaianoGian Luigi de’ AngelisVice PresidenteSandra BrusaComitato ScientificoConsiglio Direttivo SIGENPPresidente: Annamaria StaianoVice Presidente: Valerio NobiliSegretario: Sandra BrusaTesoriere: Flavia IndrioConsiglieri: Giovanni Di NardoDaniela Knafelz, Tiziana GuadagniniSilvia Salvatore

Segreteria OrganizzativaECON SrlVia della Moscova 1620121 MilanoTel. 0229005745Fax 0229005790e-mail: [email protected]

Segreteria permanente SIGENPArea QualitàVia Comelico, 320135 MilanoTel/Fax: 025512322e-mail: [email protected]

1° CORSO PRECONGRESSUALE DI TECNICHE ENDOSCOPICHE AVANZATE2° CORSO PRECONGRESSUALE DI EPATOLOGIA E NUTRIZIONEParma, 10 ottobre 2012

Il tratto gastrointestinale e non solo:il gastroenterologo e gli altri specialisti del bambino

Il programma e successivi aggiornamenti saranno disponibili sui siti:www.sigenp.org - www.econcongressi.it

1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE. DIOSMECTAL 3 g polvere per sospensione orale. 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA. Una bustina contiene: principio attivo: diosmectite 3 g. Per l’elenco completo degli eccipienti vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA. Polvere per sospensione orale. 4. INFORMAZIONI CLINICHE. Numerose sono le esperienze cliniche condotte con diosmectite nell’adulto e nel bambino, con affezioni del: - tratto digerente superiore, che sono di tipo prevalentemente funzionale o iatrogeno: ipersecrezione acida, associata a ridotta attività protettiva della mucosa gastroduodenale, reflusso gastroesofageo e/o duodeno-gastrico, discinesie, assunzione di farmaci potenzialmente lesivi a carico delle mucose; - tratto digerente inferiore, che sono di tipo prevalentemente infettivo: virulentazione della flora batterica saprofita e/o colonizzazione da parte di agenti patogeni. La patologia funzionale o iatrogena è più frequente nell’adulto, mentre quella infettiva è dominante nel bambino. I risultati di queste esperienze sono concordi nel riconoscere un’elevata incidenza di guarigioni o di miglioramenti marcati della sintomatologia ottenuti con diosmectite rispetto a quelli dei gruppi omogenei di confronto trattati con farmaci attivi di pari indicazione e, soprattutto, a quelli trattati in doppio cieco con placebo. 4.1. Indicazioni terapeutiche. • trattamento sintomatico orale della sintomatologia dolorosa delle affezioni esofago-gastro-intestinali, quali reflusso esofageo e sue complicazioni (esofagite), ernia dello hiatus, gastrite, ulcera gastroduodenale, bulbite, colite, colopatie funzionali, meteorismo. • trattamento delle diarree acute e croniche nei bambini (inclusi i neonati) e negli adulti , in aggiunta ai trattamenti con soluzioni reidratanti saline. 4.2. Posologia e modo di somministrazione. Posologia Trattamento della diarrea acuta: Bambini:e neonati: - al di sotto di 1 anno: 2 bustine al giorno per 3 giorni, poi 1 bustina al giorno fino a completa risoluzione della diarrea, per un periodo di trattamento massimo di 14 giorni; se l’episodio di diarrea acuta non si risolve dopo 7 giorni di trattamento, si consiglia di consultare il medico. - al di sopra di 1 anno: 4 bustine al giorno per 3 giorni, poi 2 bustine al giorno fino a completa risoluzione della diarrea, per un periodo di trattamento massimo di 14 giorni; se l’episodio di diarrea acuta non si risolve dopo 7 giorni di trattamento, si consiglia di consultare il medico. Adulti: - la dose giornaliera raccomandata è di 6 bustine al giorno Trattamento delle altre indicazioni: Bambini e neonati: - al di sotto di 1 anno:1 bustina/die; - da 1 a 2 anni:1-2 bustine/die; - al di sopra dei 2 anni:2-3 bustine/die. Adulti: - in media 3 bustine al giorno. Modo di somministrazione: Il contenuto della bustina deve essere disperso in sospensione poco prima dell’uso. Si consiglia di somministrare preferibilmente dopo i pasti nella esofagite ed a distanza dei pasti nelle altre indicazioni. Bambini e neonati: Il contenuto della bustina può essere disperso in sospensione nel biberon in 50 ml di acqua e suddiviso in 2-3 dosi nel corso della giornata o mescolato con qualsiasi altra bevanda o alimento semiliquido. Adulti: Per ottenere una sospensione omogenea, versare lentamente la polvere in mezzo bicchiere di acqua e mescolare. 4.3. Controindicazioni. Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti. 4.4. Avvertenze speciali e precauzioni di impiego. La somministrazione di altri eventuali farmaci orali deve essere effettuata a distanza dall’assunzione di DIOSMECTAL. Usare con prudenza nell’adulto con storia pregressa di stipsi cronica grave. Il trattamento della diarrea acuta nei bambini deve essere associato ad una somministrazione precoce di sali minerali (integratori salini orali) per evitare la disidratazione. Negli adulti, il trattamento con Diosmectal non esime dalla reidratazione, quando questa appaia necessaria. L’entità della integrazione con sali minerali e della reidratazione, eventualmente anche per via venosa, deve essere adattata sulla base della gravità della diarrea ed in funzione dell’età e del quadro clinico del paziente. Il medicinale contiene glucosio monoidrato quindi i pazienti affetti da rari problemi di malassorbimento di glucosio-galattosio, non devono assumere questo medicinale. 4.5. Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione. Il suo elevato potere adsorbente può interferire con l’assorbimento gastrointestinale di alcuni farmaci somministrati per via orale. Le altre eventuali terapie orali devono, pertanto, essere assunte a distanza da DIOSMECTAL. 4.6. Fertilità, gravidanza e allattamento. Diosmectal non viene assorbito. Pertanto, non presenta limitazione d’impiego nelle suddette condizioni. 4.7. Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari. Non pertinente. 4.8. Effetti indesiderati. Gli effetti indesiderati riportati durante gli studi clinici con le seguenti frequenze, sono sempre stati lievi e transitori ed hanno interessato il sistema gastrointestinale: - non comune (≥ 1/1.000, ≤ 1/100): episodi di stipsi. Questi episodi sono migliorati dopo aggiustamenti individuali della posologia. Ulteriori informazioni derivanti dall’esperienza post-marketing includono casi molto rari (frequenza non nota) di reazioni di ipersensibilità, inclusi orticaria, rash, prurito o angioedema. 4.9. Sovradosaggio. Non sono segnalati casi di sovradosaggio o di intossicazione. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE. 5.1. Proprietà farmacodinamiche. Categoria farmacoterapeutica: adsorbenti intestinali, codice ATC: A07BC05. DIOSMECTAL possiede proprietà gastroprotettive in quanto interagisce con le glicoproteine del film mucoso che riveste la parete gastroduodenale, modificandone le caratteristiche fisico chimiche in modo tale da accentuare le funzioni protettive nei confronti dell’ipersecrezione acida, che è implicata nella patogenesi dell’ulcera gastroduodenale, degli enzimi proteolitici, di talune sostanze gastrolesive e di microrganismi patogeni. Possiede inoltre attività antifermentative, legate essenzialmente alla sua struttura cristallina in lamelle sovrapposte che gli conferisce un elevato potere adsorbente. Questo potere si esercita nei confronti di sostanze neutre o ionizzate, della flora e delle tossine microbiche, dei gas intestinali. Infine ha la proprietà di attivare alcuni fattori della coagulazione (VII, VIII, XII) che può risultare utile in sede locale in caso di sanguinamento da erosioni o ulcerazioni della mucosa. È radiotrasparente e non influisce sul tempo di transito gastrointestinale. I risultati dei dati combinati di due studi clinici randomizzati in doppio cieco controllati con placebo condotti su 602 bambini di età compresa tra 1 e 36 mesi con diarrea acuta ai quali è stato somministrato Diosmectal o placebo in combinazione con integratori salini orali, hanno mostrato una diminuzione significativa nelle prime 72 ore della emissione di feci nella popolazione complessiva: in media 94,5 (deviazione standard 74,4) g / kg nel gruppo di pazienti trattati con diosmectite rispetto a 104,1 (94,2) g / kg nel gruppo di pazienti trattati con placebo (p = 0,0016). Nella sotto-popolazione (n = 91) positiva a rotavirus, la media di emissione di feci (g / kg di peso corporeo) è 124,3 (deviazione standard 98,3) nel gruppo di pazienti trattati con diosmectite rispetto a 186,8 (147,2) nel gruppo di pazienti trattati con placebo (p = 0,0005). Un terzo studio in doppio cieco controllato con placebo condotto su 243 bambini di età compresa tra 2 e 36 mesi con diarrea acquosa acuta trattato con disomectite in combinazione con integratori salini orali non ha mostrato alcuna significativa differenza nell’emissione media di feci: la quantità media (± Deviazione standard) cumulativa nelle prime 48 ore è stata di 98.5 ± 78.0 g/kg di peso corporeo nel gruppo trattato con diosmectite rispetto a 112.1 ± 91.8 g/kg di peso corporeo nel gruppo trattato con placebo (NS). Tuttavia, l’endpoint secondario “diminuzione della durata degli episodi di diarrea” è stato raggiunto in maniera significativa nel gruppo trattato con diosmectite: mediana [range] 43 ore (10-289) nel gruppo trattato con diosmectite, 72 ore (12-287.5) nel gruppo placebo (p=0.0263). I risultati di uno studio randomizzato in doppio cieco effettuato su 329 adulti con diarrea acquosa acuta hanno evidenziato un significativo decremento della durata della diarrea nel gruppo di pazienti trattati con la diosmectite (mediana di 53.8 ore [3,7 – 167,3] rispetto al gruppo di pazienti trattati con placebo (mediana di 69 ore [2,2-165,2]), p=0.029. 5.2. Proprietà farmacocinetiche. Studi sperimentali e clinici hanno dimostrato che il preparato non supera la barriera gastroenterica neppure nei pazienti con alterazioni funzionali e strutturali della mucosa gastroenterica, che potrebbero costituire un fattore favorente sull’assorbimento. 5.3. Dati preclinici di sicurezza. Gli studi di tossicità cronica condotti nel ratto e nel cane per un periodo di un anno, dimostrano che il principio attivo del preparato anche a dosi 10-15 volte superiori a quella terapeutica non induce modificazioni ed alterazioni specifiche a carico di organi e funzioni, in considerazione anche del suo non assorbimento. Si sono registrate in alcuni animali modificazioni a carico del metabolismo lipidico in particolare aumento di trigliceridemia alle alte dosi che non trovano una spiegazione ragionevole ma che in ogni caso non sono mai dose-dipendente, spesso regrediscono nel tempo e non raggiungono livelli patologici. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE. 6.1. Elenco degli eccipienti. Saccarina sodica, glucosio monoidrato, aroma vaniglia, aroma arancio. 6.2. Incompatibilità. Nessuna, ad esclusione delle interferenze in fase di assorbimento nei confronti di alcuni altri farmaci somministrati contemporaneamente. 6.3. Periodo di validità. 3 anni a confezione integra. 6.4. Precauzioni particolari per la conservazione. Questo medicinale non richiede alcuna condizione particolare di conservazione. 6.5. Natura e contenuto del contenitore. Astuccio di cartone contenente 30 bustine termosaldate da 3,760 g. Astuccio di cartone contenente 20 bustine termosaldate da 3,760 g. Astuccio di cartone contenente 10 bustine termosaldate da 3,760 g. è possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate. 6.6. Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione. Per ottenere una sospensione omogenea, versare lentamente la polvere in mezzo bicchiere di acqua e mescolare regolarmente. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO. Istituto Farmacobiologico Malesci S.p.A. - Via Lungo l’Ema, 7 - Bagno a Ripoli FI. Su licenza: SCRAS S.A. - Parigi (Francia). 8. NUMERI DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO. AIC n. 028852010 (30 bustine). AIC n. 028852034 (20 bustine). AIC n. 028852022 (10 bustine). 9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE. Data di prima autorizzazione: - 30 bustine: 31.10.1995. - 10 e 20 bustine: 18.11.1999. Data dell’ultimo rinnovo: 31.10.2010. 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO. Luglio 2011.

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Prezzo comprensivo delle riduzioni temporanee di cui alle determinazioni AIFA 30 dicembre 2005, 3 luglio 2006 e 27 settembre 2006.

RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO

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CONGRESSO NAZIONALE SIGENP

XIX

Parma, 11-13 ottobre 2012Hotel Parma & Congressi

Presidenti del CongressoAnnamaria StaianoGian Luigi de’ AngelisVice PresidenteSandra BrusaComitato ScientificoConsiglio Direttivo SIGENPPresidente: Annamaria StaianoVice Presidente: Valerio NobiliSegretario: Sandra BrusaTesoriere: Flavia IndrioConsiglieri: Giovanni Di NardoDaniela Knafelz, Tiziana GuadagniniSilvia Salvatore

Segreteria OrganizzativaECON SrlVia della Moscova 1620121 MilanoTel. 0229005745Fax 0229005790e-mail: [email protected]

Segreteria permanente SIGENPArea QualitàVia Comelico, 320135 MilanoTel/Fax: 025512322e-mail: [email protected]

1° CORSO PRECONGRESSUALE DI TECNICHE ENDOSCOPICHE AVANZATE2° CORSO PRECONGRESSUALE DI EPATOLOGIA E NUTRIZIONEParma, 10 ottobre 2012

Il tratto gastrointestinale e non solo:il gastroenterologo e gli altri specialisti del bambino

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1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE. DIOSMECTAL 3 g polvere per sospensione orale. 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA. Una bustina contiene: principio attivo: diosmectite 3 g. Per l’elenco completo degli eccipienti vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA. Polvere per sospensione orale. 4. INFORMAZIONI CLINICHE. Numerose sono le esperienze cliniche condotte con diosmectite nell’adulto e nel bambino, con affezioni del: - tratto digerente superiore, che sono di tipo prevalentemente funzionale o iatrogeno: ipersecrezione acida, associata a ridotta attività protettiva della mucosa gastroduodenale, reflusso gastroesofageo e/o duodeno-gastrico, discinesie, assunzione di farmaci potenzialmente lesivi a carico delle mucose; - tratto digerente inferiore, che sono di tipo prevalentemente infettivo: virulentazione della flora batterica saprofita e/o colonizzazione da parte di agenti patogeni. La patologia funzionale o iatrogena è più frequente nell’adulto, mentre quella infettiva è dominante nel bambino. I risultati di queste esperienze sono concordi nel riconoscere un’elevata incidenza di guarigioni o di miglioramenti marcati della sintomatologia ottenuti con diosmectite rispetto a quelli dei gruppi omogenei di confronto trattati con farmaci attivi di pari indicazione e, soprattutto, a quelli trattati in doppio cieco con placebo. 4.1. Indicazioni terapeutiche. • trattamento sintomatico orale della sintomatologia dolorosa delle affezioni esofago-gastro-intestinali, quali reflusso esofageo e sue complicazioni (esofagite), ernia dello hiatus, gastrite, ulcera gastroduodenale, bulbite, colite, colopatie funzionali, meteorismo. • trattamento delle diarree acute e croniche nei bambini (inclusi i neonati) e negli adulti , in aggiunta ai trattamenti con soluzioni reidratanti saline. 4.2. Posologia e modo di somministrazione. Posologia Trattamento della diarrea acuta: Bambini:e neonati: - al di sotto di 1 anno: 2 bustine al giorno per 3 giorni, poi 1 bustina al giorno fino a completa risoluzione della diarrea, per un periodo di trattamento massimo di 14 giorni; se l’episodio di diarrea acuta non si risolve dopo 7 giorni di trattamento, si consiglia di consultare il medico. - al di sopra di 1 anno: 4 bustine al giorno per 3 giorni, poi 2 bustine al giorno fino a completa risoluzione della diarrea, per un periodo di trattamento massimo di 14 giorni; se l’episodio di diarrea acuta non si risolve dopo 7 giorni di trattamento, si consiglia di consultare il medico. Adulti: - la dose giornaliera raccomandata è di 6 bustine al giorno Trattamento delle altre indicazioni: Bambini e neonati: - al di sotto di 1 anno:1 bustina/die; - da 1 a 2 anni:1-2 bustine/die; - al di sopra dei 2 anni:2-3 bustine/die. Adulti: - in media 3 bustine al giorno. Modo di somministrazione: Il contenuto della bustina deve essere disperso in sospensione poco prima dell’uso. Si consiglia di somministrare preferibilmente dopo i pasti nella esofagite ed a distanza dei pasti nelle altre indicazioni. Bambini e neonati: Il contenuto della bustina può essere disperso in sospensione nel biberon in 50 ml di acqua e suddiviso in 2-3 dosi nel corso della giornata o mescolato con qualsiasi altra bevanda o alimento semiliquido. Adulti: Per ottenere una sospensione omogenea, versare lentamente la polvere in mezzo bicchiere di acqua e mescolare. 4.3. Controindicazioni. Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti. 4.4. Avvertenze speciali e precauzioni di impiego. La somministrazione di altri eventuali farmaci orali deve essere effettuata a distanza dall’assunzione di DIOSMECTAL. Usare con prudenza nell’adulto con storia pregressa di stipsi cronica grave. Il trattamento della diarrea acuta nei bambini deve essere associato ad una somministrazione precoce di sali minerali (integratori salini orali) per evitare la disidratazione. Negli adulti, il trattamento con Diosmectal non esime dalla reidratazione, quando questa appaia necessaria. L’entità della integrazione con sali minerali e della reidratazione, eventualmente anche per via venosa, deve essere adattata sulla base della gravità della diarrea ed in funzione dell’età e del quadro clinico del paziente. Il medicinale contiene glucosio monoidrato quindi i pazienti affetti da rari problemi di malassorbimento di glucosio-galattosio, non devono assumere questo medicinale. 4.5. Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione. Il suo elevato potere adsorbente può interferire con l’assorbimento gastrointestinale di alcuni farmaci somministrati per via orale. Le altre eventuali terapie orali devono, pertanto, essere assunte a distanza da DIOSMECTAL. 4.6. Fertilità, gravidanza e allattamento. Diosmectal non viene assorbito. Pertanto, non presenta limitazione d’impiego nelle suddette condizioni. 4.7. Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari. Non pertinente. 4.8. Effetti indesiderati. Gli effetti indesiderati riportati durante gli studi clinici con le seguenti frequenze, sono sempre stati lievi e transitori ed hanno interessato il sistema gastrointestinale: - non comune (≥ 1/1.000, ≤ 1/100): episodi di stipsi. Questi episodi sono migliorati dopo aggiustamenti individuali della posologia. Ulteriori informazioni derivanti dall’esperienza post-marketing includono casi molto rari (frequenza non nota) di reazioni di ipersensibilità, inclusi orticaria, rash, prurito o angioedema. 4.9. Sovradosaggio. Non sono segnalati casi di sovradosaggio o di intossicazione. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE. 5.1. Proprietà farmacodinamiche. Categoria farmacoterapeutica: adsorbenti intestinali, codice ATC: A07BC05. DIOSMECTAL possiede proprietà gastroprotettive in quanto interagisce con le glicoproteine del film mucoso che riveste la parete gastroduodenale, modificandone le caratteristiche fisico chimiche in modo tale da accentuare le funzioni protettive nei confronti dell’ipersecrezione acida, che è implicata nella patogenesi dell’ulcera gastroduodenale, degli enzimi proteolitici, di talune sostanze gastrolesive e di microrganismi patogeni. Possiede inoltre attività antifermentative, legate essenzialmente alla sua struttura cristallina in lamelle sovrapposte che gli conferisce un elevato potere adsorbente. Questo potere si esercita nei confronti di sostanze neutre o ionizzate, della flora e delle tossine microbiche, dei gas intestinali. Infine ha la proprietà di attivare alcuni fattori della coagulazione (VII, VIII, XII) che può risultare utile in sede locale in caso di sanguinamento da erosioni o ulcerazioni della mucosa. È radiotrasparente e non influisce sul tempo di transito gastrointestinale. I risultati dei dati combinati di due studi clinici randomizzati in doppio cieco controllati con placebo condotti su 602 bambini di età compresa tra 1 e 36 mesi con diarrea acuta ai quali è stato somministrato Diosmectal o placebo in combinazione con integratori salini orali, hanno mostrato una diminuzione significativa nelle prime 72 ore della emissione di feci nella popolazione complessiva: in media 94,5 (deviazione standard 74,4) g / kg nel gruppo di pazienti trattati con diosmectite rispetto a 104,1 (94,2) g / kg nel gruppo di pazienti trattati con placebo (p = 0,0016). Nella sotto-popolazione (n = 91) positiva a rotavirus, la media di emissione di feci (g / kg di peso corporeo) è 124,3 (deviazione standard 98,3) nel gruppo di pazienti trattati con diosmectite rispetto a 186,8 (147,2) nel gruppo di pazienti trattati con placebo (p = 0,0005). Un terzo studio in doppio cieco controllato con placebo condotto su 243 bambini di età compresa tra 2 e 36 mesi con diarrea acquosa acuta trattato con disomectite in combinazione con integratori salini orali non ha mostrato alcuna significativa differenza nell’emissione media di feci: la quantità media (± Deviazione standard) cumulativa nelle prime 48 ore è stata di 98.5 ± 78.0 g/kg di peso corporeo nel gruppo trattato con diosmectite rispetto a 112.1 ± 91.8 g/kg di peso corporeo nel gruppo trattato con placebo (NS). Tuttavia, l’endpoint secondario “diminuzione della durata degli episodi di diarrea” è stato raggiunto in maniera significativa nel gruppo trattato con diosmectite: mediana [range] 43 ore (10-289) nel gruppo trattato con diosmectite, 72 ore (12-287.5) nel gruppo placebo (p=0.0263). I risultati di uno studio randomizzato in doppio cieco effettuato su 329 adulti con diarrea acquosa acuta hanno evidenziato un significativo decremento della durata della diarrea nel gruppo di pazienti trattati con la diosmectite (mediana di 53.8 ore [3,7 – 167,3] rispetto al gruppo di pazienti trattati con placebo (mediana di 69 ore [2,2-165,2]), p=0.029. 5.2. Proprietà farmacocinetiche. Studi sperimentali e clinici hanno dimostrato che il preparato non supera la barriera gastroenterica neppure nei pazienti con alterazioni funzionali e strutturali della mucosa gastroenterica, che potrebbero costituire un fattore favorente sull’assorbimento. 5.3. Dati preclinici di sicurezza. Gli studi di tossicità cronica condotti nel ratto e nel cane per un periodo di un anno, dimostrano che il principio attivo del preparato anche a dosi 10-15 volte superiori a quella terapeutica non induce modificazioni ed alterazioni specifiche a carico di organi e funzioni, in considerazione anche del suo non assorbimento. Si sono registrate in alcuni animali modificazioni a carico del metabolismo lipidico in particolare aumento di trigliceridemia alle alte dosi che non trovano una spiegazione ragionevole ma che in ogni caso non sono mai dose-dipendente, spesso regrediscono nel tempo e non raggiungono livelli patologici. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE. 6.1. Elenco degli eccipienti. Saccarina sodica, glucosio monoidrato, aroma vaniglia, aroma arancio. 6.2. Incompatibilità. Nessuna, ad esclusione delle interferenze in fase di assorbimento nei confronti di alcuni altri farmaci somministrati contemporaneamente. 6.3. Periodo di validità. 3 anni a confezione integra. 6.4. Precauzioni particolari per la conservazione. Questo medicinale non richiede alcuna condizione particolare di conservazione. 6.5. Natura e contenuto del contenitore. Astuccio di cartone contenente 30 bustine termosaldate da 3,760 g. Astuccio di cartone contenente 20 bustine termosaldate da 3,760 g. Astuccio di cartone contenente 10 bustine termosaldate da 3,760 g. è possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate. 6.6. Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione. Per ottenere una sospensione omogenea, versare lentamente la polvere in mezzo bicchiere di acqua e mescolare regolarmente. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO. Istituto Farmacobiologico Malesci S.p.A. - Via Lungo l’Ema, 7 - Bagno a Ripoli FI. Su licenza: SCRAS S.A. - Parigi (Francia). 8. NUMERI DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO. AIC n. 028852010 (30 bustine). AIC n. 028852034 (20 bustine). AIC n. 028852022 (10 bustine). 9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE. Data di prima autorizzazione: - 30 bustine: 31.10.1995. - 10 e 20 bustine: 18.11.1999. Data dell’ultimo rinnovo: 31.10.2010. 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO. Luglio 2011.

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RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO

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1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE. LUCEN 10 mg granulato gastroresistente per sospensione orale, in bustina. 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA. Ogni bustina contiene: 10 mg di esomeprazolo (come magnesio triidrato). Eccipienti: saccarosio 6,8 mg e glucosio 2,8 mg. Per l’elenco completo degli eccipienti vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA. Granulato gastroresistente per sospensione orale, in bustina. Granuli fini giallo pallido. Possono essere visibili granuli bruni. 4. INFORMAZIONI CLINICHE. 4.1. Indicazioni terapeutiche. Lucen sospensione orale è principalmente indicato per il trattamento della malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) nei bambini da 1 a 11 anni di età. Malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) - trattamento dell’esofagite da reflusso erosiva dimostrata endoscopicamente; - trattamento sintomatico della malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE). Lucen sospensione orale, può essere usato anche nei pazienti che hanno difficoltà a deglutire le compresse gastroresistenti dispersibili di Lucen. Per le indicazioni nei pazienti dai 12 anni di età si rimanda al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di Lucen compresse gastroresistenti. 4.2. Posologia e modo di somministrazione. Per la dose da 10 mg, svuotare il contenuto di una bustina da 10 mg in un bicchiere contenente 15 ml di acqua. Per la dose da 20 mg, svuotare il contenuto di due bustine da 10 mg in un bicchiere contenente 30 ml di acqua. Non usare acqua gasata. Mescolare il contenuto fino ad ottenere la dispersione del granulato e lasciare addensare per alcuni minuti. Mescolare di nuovo e bere il contenuto entro 30 minuti. I granuli non devono essere masticati o frantumati. Sciacquare il bicchiere con 15 ml di acqua per assumere tutti i granuli. Per i pazienti con sondino nasogastrico o gastrico: vedere paragrafo 6.6 per la preparazione e le istruzioni per la somministrazione. Bambini da 1 a 11 anni di età con peso corporeo ≥ 10 kg Malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) - Trattamento dell’esofagite da reflusso erosiva dimostrata endoscopicamente Peso ≥ 10 - <20 kg: 10 mg una volta al giorno per 8 settimane. Peso ≥ 20 kg: 10 mg o 20 mg una volta al giorno per 8 settimane. - Trattamento sintomatico della malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) 10 mg una volta al giorno fino ad 8 settimane. Dosi superiori a 1 mg/kg/die non sono state studiate. Adulti ed adolescenti dai 12 anni di età Per la posologia nei pazienti dai 12 anni di età si rimanda al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di Lucen compresse gastroresistenti. Bambini al di sotto di 1 anno di età o < 10 kg Lucen non deve essere impiegato nei bambini al di sotto dell’anno di vita o nei bambini con peso < 10 kg in quanto non sono disponibili dati. Pazienti con funzionalità renale ridotta Nei pazienti con ridotta funzionalità renale non sono necessari adattamenti di dosaggio. In considerazione della limitata esperienza clinica, i pazienti con grave insufficienza renale devono essere trattati con cautela (vedere paragrafo 5.2). Pazienti con funzionalità epatica ridotta Nei pazienti con compromissione epatica lieve o moderata non è richiesto un adattamento della dose. Nei pazienti di età ≥ 12 anni con compromissione epatica grave non deve essere superata la dose massima di 20 mg di Lucen. Nei bambini di 1-11 anni con compromissione epatica grave non deve essere superata la dose massima di 10 mg (vedere paragrafo 5.2). 4.3. Controindicazioni. Ipersensibilità nota verso l’esomeprazolo, verso i sostituti benzimidazolici o verso qualunque altro componente della formulazione. L’esomeprazolo non deve essere usato in concomitanza con nelfinavir (vedere paragrafo 4.5). 4.4. Avvertenze speciali e precauzioni d’impiego. In presenza di qualsiasi sintomo allarmante (per esempio significativa perdita di peso non intenzionale, vomito ricorrente, disfagia, ematemesi o melena) e quando si sospetta o è confermata la presenza di un’ulcera gastrica, la natura maligna dell’ulcera deve essere esclusa in quanto la terapia con Lucen potrebbe alleviare i sintomi e ritardare la diagnosi. Pazienti trattati per un lungo periodo (in particolare quelli sottoposti a trattamento per più di un anno) devono essere controllati regolarmente. Il trattamento a lungo termine è indicato negli adulti e negli adolescenti (dai 12 anni di età in poi, vedere paragrafo 4.1). I pazienti in regime terapeutico di trattamento al bisogno devono essere istruiti a contattare il loro medico qualora i sintomi avvertiti dovessero assumere un carattere diverso. Il trattamento al bisogno non è stato studiato nei bambini e quindi non è indicato in questo gruppo di pazienti. Nei pazienti che seguono questo regime terapeutico devono essere tenute in considerazione le implicazioni dovute alle fluttuazioni delle concentrazioni plasmatiche dell’esomeprazolo per le interazioni con altri farmaci (vedere paragrafo 4.5). La specialità medicinale contiene saccarosio e glucosio. I pazienti affetti da rari problemi ereditari di intolleranza al fruttosio, da malassorbimento di glucosio-galattosio, o da insufficienza di sucrasi isomaltasi, non devono assumere questo medicinale. La co-somministrazione di esomeprazolo e atazanavir non è raccomandata (vedere paragrafo 4.5). Se l’associazione di atazanavir con un inibitore di pompa protonica è inevitabile, si raccomanda uno stretto monitoraggio clinico in associazione ad un aumento della dose di atazanavir a 400 mg con 100 mg di ritonavir; la dose di esomeprazolo non deve superare i 20 mg. L’esomeprazolo è un inibitore del CYP2C19. All’inizio o alla fine del trattamento con esomeprazolo deve essere considerata la potenziale interazione con farmaci metabolizzati dal CYP2C19. È stata osservata un’interazione tra clopidogrel e omeprazolo (vedere paragrafo 4.5). La rilevanza clinica di questa interazione è incerta. A titolo precauzionale, deve essere scoraggiato l’uso concomitante di esomeprazolo e clopidogrel. 4.5. Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione. Influenza dell’esomeprazolo sulla farmacocinetica di altri farmaci. Prodotti medicinali con assorbimento dipendente dal pH La ridotta acidità intragastrica correlata al trattamento con esomeprazolo può aumentare o diminuire l’assorbimento di alcuni farmaci, se il loro meccanismo di assorbimento è influenzato dall’acidità gastrica. Come osservato per altri inibitori della secrezione acida o antiacidi, l’assorbimento di ketoconazolo e itraconazolo può diminuire durante il trattamento con esomeprazolo. Sono state segnalate interazioni tra omeprazolo e alcuni inibitori della proteasi. La rilevanza clinica e i meccanismi di tali interazioni non sono sempre noti. Un aumento del pH gastrico durante il trattamento con omeprazolo può modificare l’assorbimento degli inibitori della proteasi. Altri possibili meccanismi di interazione avvengono attraverso inibizione del CYP2C19. È stata segnalata una diminuzione dei livelli sierici di atazanavir e nelfinavir quando somministrati con omeprazolo e pertanto la somministrazione concomitante non è raccomandata. La somministrazione concomitante di omeprazolo (40 mg/die) con atazanavir 300 mg/ritonavir 100 mg nei volontari sani determina una sostanziale riduzione dell’esposizione ad atazanavir (una diminuzione di circa il 75% dell’AUC, Cmax e Cmin). Un aumento della dose di atazanavir a 400 mg non compensa l’impatto dell’omeprazolo sull’esposizione ad atazanavir. La co-somministrazione di omeprazolo (20mg/die) atazanavir 400 mg/ritonavir 100 mg in volontari sani è risultata in una diminuzione di circa il 30% nell’esposizione ad atazanavir rispetto all’esposizione osservata con atazanavir 300 mg/ritonavir 100 mg/die senza omeprazolo 20 mg/die. La co-somministrazione di omeprazolo (40 mg/die) ha ridotto l’AUC, la Cmax e la Cmin medi di nelfinavir del 36–39% e l’AUC, la Cmax e la Cmin medi del metabolita farmacologicamente attivo M8 del 75–92%. Sono stati segnalati aumentati livelli sierici (80-100%) di saquinavir (in co-somministrazione con ritonavir) durante il trattamento concomitante con omeprazolo (40 mg/die). Il trattamento con omeprazolo 20 mg/die non ha avuto effetti sull’esposizione di darunavir (in co-somministrazione con ritonavir) e amprenavir (in co-somministrazione con ritonavir). Il trattamento con esomeprazolo 20 mg/die non ha avuto effetti sull’esposizione di amprenavir (con e senza co-somministrazione di ritonavir). Il trattamento con omeprazolo 40 mg/die non ha avuto effetti sull’esposizione di lopinavir (in co-somministrazione con ritonavir). La co-somministrazione di esomeprazolo e atazanavir non è raccomandata e la co-somministrazione di esomeprazolo e nelfinavir è controindicata a causa degli effetti farmacodinamici e delle proprietà farmacocinetiche simili di omeprazolo ed esomeprazolo. Farmaci metabolizzati dal CYP2C19 L’esomeprazolo inibisce il suo principale enzima metabolizzante, il CYP2C19. Quando l’esomeprazolo è associato ad altri farmaci metabolizzati attraverso il CYP2C19, come diazepam, citalopram, imipramina, clomipramina, fenitoina, ecc., le concentrazioni plasmatiche di questi farmaci potrebbero essere aumentate e potrebbe rendersi necessaria una riduzione delle dosi. Ciò va tenuto in particolare considerazione quando l’esomeprazolo viene prescritto al bisogno. La somministrazione concomitante di esomeprazolo 30 mg promuove una riduzione del 45% della clearance del diazepam, substrato del CYP2C19. La somministrazione concomitante di 40 mg di esomeprazolo promuove nei pazienti epilettici un innalzamento dei livelli plasmatici minimi della fenitoina del 13%. Si raccomanda di monitorare le concentrazioni plasmatiche della fenitoina quando si inizia o si sospende il trattamento con esomeprazolo. L’omeprazolo (40 mg/die) aumenta la Cmax e l’AUCt del voriconazolo (substrato del CYP2C19) rispettivamente del 15% e del 41%. La somministrazione concomitante di 40 mg di esomeprazolo a pazienti in trattamento con warfarin ha evidenziato, in uno studio clinico, che i tempi di coagulazione rimanevano entro un intervallo di normalità. Tuttavia, dopo la commercializzazione del prodotto, durante il trattamento concomitante, sono stati segnalati alcuni casi isolati di innalzamento dei valori di INR di rilevanza clinica. Si raccomanda il monitoraggio del pazienteall’inizio ed al termine del trattamento concomitante con esomeprazolo durante la terapia con warfarin o altri derivati cumarinici. Nei volontari sani, la somministrazione concomitante di esomeprazolo 40 mg e cisapride promuove un innalzamento del 32% dell’area sotto la curva concentrazione plasmatica/tempo (AUC) e un prolungamento del 31% dell’emivita di eliminazione (t½), ma non un aumento significativo dei picchi di concentrazione plasmatica della cisapride. Il lieve prolungamento dell’intervallo QTc osservato dopo somministrazione della cisapride da sola non è ulteriormente allungato in seguito all’ associazione di cisapride ed esomeprazolo. È stato dimostrato che l’esomeprazolo non ha effetti clinici rilevanti sulla farmacocinetica di amoxicillina e chinidina. Non sono state evidenziate interazioni farmacocinetiche clinicamente rilevanti negli studi a breve termine in cui è stata valutata la somministrazione concomitante di esomeprazolo con naprossene o con rofecoxib.

RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO10mg

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In uno studio clinico cross-over, clopidogrel (dose di carico 300 mg seguita da 75 mg/die) è stato somministrato per 5 giorni in monoterapia e con omeprazolo (80 mg somministrati insieme a clopidogrel). L’esposizione al metabolita attivo di clopidogrel è diminuita del 46% (giorno 1) e del 42% (giorno 5) quando clopidogrel e omeprazolo sono stati co-somministrati. Quando clopidogrel e omeprazolo sono stati co-somministrati si è avuta una diminuzione del 47% (24 ore) e del 30% (giorno 5) dell’inibizione media dell’aggregazione piastrinica (IPA). In un altro studio è stato dimostrato che la somministrazione di clopidogrel e omeprazolo in tempi differenti non previene la loro interazione, che sembra guidata dall’azione inibitrice dell’omeprazolo sul CYP2C19. Sono stati segnalati dati non univoci, provenienti da studi osservazionali e clinici, sulle implicazioni cliniche di questa interazione farmacocinetica/farmacodinamica in termini di eventi cardiovascolari maggiori. Influenza di altri farmaci sulla farmacocinetica dell’esomeprazolo L’esomeprazolo è metabolizzato attraverso il CYP2C19 e il CYP3A4. Il trattamento concomitante con esomeprazolo e un inibitore del CYP3A4, claritromicina (500 mg b.i.d.) promuove un raddoppio dell’esposizione (AUC) all’esomeprazolo. La somministrazione concomitante di esomeprazolo ed un inibitore combinato del CYP2C19 e del CYP3A4 può portare ad un’esposizione di esomeprazolo più che raddoppiata. Il voriconazolo, inibitore del CYP2C19 e del CYP3A4, innalza l’AUCt dell’omeprazolo del 280%. Un adattamento della dose di esomeprazolo non è regolarmente richiesto in entrambe le sopra menzionate situazioni, tuttavia, deve essere preso in considerazione nei pazienti con compromissione epatica grave e nei casi in cui è indicato un trattamento a lungo termine. Il trattamento a lungo termine è indicato negli adulti e negli adolescenti (dai 12 anni di età in poi, vedere paragrafo 4.1). 4.6. Gravidanza e allattamento. Per Lucen i dati clinici sull’esposizione in gravidanza sono insufficienti. Con l’omeprazolo, miscela racemica, non sono state osservate malformazioni o effetti fetotossici negli studi epidemiologici condotti su un vasto numero di donne in gravidanza. Studi condotti negli animali con esomeprazolo non indicano effetti dannosi diretti o indiretti a carico dello sviluppo embriofetale. Studi condotti negli animali con la miscela racemica non indicano effetti dannosi diretti o indiretti sulla gravidanza, parto o sviluppo postnatale. La prescrizione del farmaco a donne in gravidanza deve avvenire con cautela. Non è noto se l’esomeprazolo venga escreto nel latte materno. Non sono stati condotti studi nelle donne che allattano, pertanto Lucen non deve essere usato durante l’allattamento. 4.7. Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari. Non è stato osservato nessun effetto. 4.8. Effetti indesiderati. Le seguenti reazioni avverse sono state identificate sospettate durante gli studi clinici condotti con l’esomeprazolo e dopo la commercializzazione. Nessuna di queste è risultata dose-correlata. Le reazioni sono state classificate in base alla frequenza: molto comune > 1/10; comune >1/100, <1/10; non comune ≥1/1000, <1/100; raro ≥1/10.000, <1/1000; molto raro < 1/10.000; non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili). Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione Rare: malessere, aumentata sudorazione. Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Rare: broncospasmo. Patologie del sistema emolinfopoietico Rare: leucopenia, trombocitopenia. Molto rare: agranulocitosi, pancitopenia. Patologie del sistema nervoso Comuni: cefalea. Non comuni: capogiri, parestesia, sonnolenza. Rare: disturbi del gusto. Disturbi del sistema immunitario Rare: reazioni di ipersensibilità quali ad esempio febbre, angioedema e reazione/shock anafilattico. Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Non comuni: dermatite, prurito, eruzione cutanea, orticaria. Rare: alopecia, fotosensibilità. Molto rare: eritema multiforme, sindrome di Stevens-Johnson, necrolisi epidermica tossica (TEN). Patologie epatobiliari Non comuni: innalzamento dei valori degli enzimi epatici. Rare: epatiti con o senza ittero. Molto rare: insufficienza epatica, encefalopatia nei pazienti con malattia epatica preesistente. Patologie gastrointestinali Comuni: dolore addominale, costipazione, diarrea, flatulenza, nausea/vomito. Non comuni: secchezza della bocca. Rare: stomatite, candidosi gastrointestinale. Disturbi del metabolismo e della nutrizione Non comuni: edema periferico. Rare: iponatriemia. Molto rare: ipomagnesiemia. Patologie del sistema muscolo-scheletrico e del tessuto connettivo Rare: artralgia, mialgia. Molto rare: debolezza muscolare. Patologie renali e urinarie Molto rare: nefrite interstiziale. Disturbi psichiatrici Non comuni: insonnia. Rare: agitazione, confusione, depressione. Molto rare: aggressività, allucinazioni. Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella Molto rare: ginecomastia. Patologie dell’occhio Rare: offuscamento della vista. Patologie dell’orecchio e del labirinto Non comuni: vertigini. 4.9. Sovradosaggio. L’esperienza sul sovradosaggio intenzionale è attualmente molto limitata. Sintomi gastrointestinali e debolezza sono stati descritti in relazione all’assunzione di 280 mg. Dosi singole di 80 mg di esomeprazolo non hanno causato conseguenze. Non è noto un antidoto specifico. L’esomeprazolo è ampiamente legato alle proteine plasmatiche e pertanto non è velocemente dializzabile. Come in tutti i casi di sovradosaggio, il trattamento deve essere sintomatico, adottando misure di supporto generiche. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE. 5.1. Proprietà farmacodinamiche. Categoria farmacoterapeutica: inibitori della pompa acida. Codice ATC: A02BC05. L’esomeprazolo è lisomero S dell’omeprazolo e riduce la secrezione acida gastrica mediante un meccanismo di azione specifico e selettivo. L’esomeprazolo è un inibitore specifico della pompa acida a livello della cellula parietale. Entrambi gli isomeri dell’omeprazolo, R e S, hanno attività farmacodinamica simile. Sito e meccanismo di azione L’esomeprazolo è una base debole ed è concentrato e convertito nella forma attiva nell’ambiente fortemente acido dei canalicoli intracellulari della cellula parietale, dove inibisce l’enzima H+K+-ATPasi - pompa acida promuovendo un’inibizione della secrezione acida basale e stimolata. Effetti sulla secrezione acida gastrica Dopo la somministrazione orale di esomeprazolo da 20 mg e 40 mg, l’effetto sulla secrezione acida si manifesta entro 1 ora. Dopo somministrazioni ripetute con esomeprazolo da 20 mg una volta al giorno per 5 giorni, il picco medio di secrezione acida dopo stimolazione con pentagastrina risulta ridotto del 90% quando valutato 6-7 ore dopo la dose del quinto giorno. Dopo 5 giorni di somministrazione orale con esomeprazolo da 20 mg e 40 mg, il pH intragastrico viene mantenuto a valori superiori a 4 rispettivamente per un tempo medio di 13 e 17 ore su 24 nei pazienti con malattia da reflusso gastroesofageo sintomatica. La proporzione dei pazienti che mantiene il pH intragastrico a valori superiori a 4 per almeno 8, 12 e 16 ore è rispettivamente pari al 76%, 54% e 24% per l’esomeprazolo da 20 mg, e pari al 97%, 92% e 56% per l’esomeprazolo da 40 mg. È stata dimostrata una correlazione tra l’esposizione al farmaco e l’inibizione della secrezione acida usando l’AUC come parametro surrogato della concentrazione plasmatica. Effetti terapeutici sull’inibizione acida L’esomeprazolo da 40 mg promuove la guarigione dell’esofagite da reflusso in circa il 78% dei pazienti dopo 4 settimane e nel 93% dopo 8 settimane. Altri effetti correlati all’inibizione acida Durante il trattamento con farmaci antisecretori è stato osservato un innalzamento dei livelli sierici di gastrina in risposta alla diminuita secrezione acida. Un aumento del numero delle cellule ECL, possibilmente correlato ad un aumento dei livelli della gastrinemia, è stato osservato in alcuni pazienti durante il trattamento a lungo termine con esomeprazolo. Durante il trattamento a lungo termine con farmaci antisecretori, è stato osservato un aumento della frequenza di comparsa di cisti ghiandolari gastriche che rappresentano la fisiologica conseguenza della pronunciata inibizione della secrezione acida. Dette formazioni sono di natura benigna e appaiono reversibili. Bambini con malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) da 1 a 11 anni di età In uno studio multicentrico a gruppi paralleli, 109 pazienti con MRGE dimostrata endoscopicamente (da 1 a 11 anni di età) sono stati trattati con Lucen una volta al giorno per 8 settimane al fine di valutare la sicurezza e la tollerabilità. Il dosaggio per peso corporeo del paziente era il seguente: Peso < 20 kg: 5 mg o 10 mg di esomeprazolo una volta al giorno. Peso ≥ 20 kg: 10 mg o 20 mg di esomeprazolo una volta al giorno. I pazienti sono stati caratterizzati endoscopicamente in base alla presenza o assenza di esofagite erosiva. 53 pazienti avevano al tempo basale esofagite erosiva. Dei 45 pazienti sottoposti a follow-up endoscopico, 43 (93,3%) erano guariti dall’esofagite erosiva durante le 8 settimane di trattamento. 5.2. Proprietà farmacocinetiche. Assorbimento e distribuzione L’esomeprazolo è sensibile all’ambiente acido ed è somministrato per via orale in forma di granuli gastroresistenti. In vivo, la conversione a R-isomero è irrilevante. L’assorbimento dell’esomeprazolo è rapido, con picchi di livelli plasmatici riscontrabili approssimativamente 1-2 ore dopo l’assunzione della dose. La biodisponibilità totale è pari al 64% dopo una singola somministrazione di 40 mg ed arriva all’89% dopo somministrazioni giornaliere ripetute. Per il dosaggio da 20 mg di esomeprazolo i valori corrispondenti sono pari rispettivamente al 50% e al 68%. Il volume di distribuzione apparente allo stato stazionario nei soggetti sani è di circa 0,22 l/kg di peso corporeo. Il 97% di esomeprazolo si lega alle proteine plasmatiche. L’assunzione di cibo ritarda e diminuisce l’assorbimento dell’esomeprazolo, sebbene questo non abbia alcuna significativa influenza sull’effetto dell’esomeprazolo sull’acidità intragastrica. Metabolismo ed eliminazione L’esomeprazolo è metabolizzato completamente dal sistema del citocromo P450 (CYP). La maggior parte del metabolismo dell’esomeprazolo è dipendente dal CYP2C19 polimorficamente espresso, responsabile della formazione di idrossi- e desmetil metaboliti di esomeprazolo. La parte restante dipende da un’altra isoforma specifica, CYP3A4, responsabile della formazione di esomeprazolo sulfonato, che rappresenta il principale metabolita plasmatico. I parametri sotto riportati riflettono principalmente la farmacocinetica negli individui metabolizzatori rapidi, forniti di un enzima CYP2C19 funzionante. La clearance plasmatica totale è pari a circa 17 l/h dopo una singola dose e pari a circa 9 l/h dopo somministrazioni ripetute. L’emivita di eliminazione plasmatica dell’esomeprazolo è di circa 1,3 ore dopo somministrazioni giornaliere ripetute. La farmacocinetica dell’esomeprazolo è stata studiata fino a dosi di 40 mg b.i.d. L’area sotto la curva concentrazione plasmatica/tempo aumenta con la somministrazione ripetuta di esomeprazolo. Questo aumento è dose dipendente e porta ad un aumento dell’AUC più che proporzionale alla dose dopo somministrazioni ripetute. Questa dose-dipendenza e tempo-dipendenza sono dovute alla diminuzione dell’effetto di primo passaggio metabolico e della clearance sistemica, probabilmente dovuta all’inibizione dell’enzima CYP2C19 causata dall’esomeprazolo e/o dal suo metabolita sulfonato. Nell’intervallo di tempo tra le somministrazioni, l’esomeprazolo è completamente eliminato dal plasma e non ha tendenza all’accumulo quando somministrato una volta al giorno. I maggiori metaboliti dell’esomeprazolo non hanno effetti sulla secrezione acida. Quasi l’80% di una dose orale di esomeprazolo viene escreto come metaboliti nelle urine, il rimanente si ritrova nelle feci. Meno dell’1% del farmaco di origine si ritrova nelle urine. Popolazione di pazienti particolari Approssimativamente il 2,9±1,5% della popolazione, denominata metabolizzatori lenti, ha una funzionalità insufficiente dell’enzima CYP2C19. In questi individui è probabile che il metabolismo dell’esomeprazolo sia principalmente catalizzato attraverso il CYP3A4. Dopo somministrazioni giornaliere ripetute di 40 mg di esomeprazolo, la media dell’area sotto la curva concentrazione plasmatica/tempo era approssimativamente più alta del 100% nei metabolizzatori lenti rispetto ai soggetti con l’enzima CYP2C19 funzionante (rapidi metabolizzatori). Il picco medio di concentrazione plasmatica era aumentato di circa il 60%. Queste osservazioni non hanno implicazioni sulla posologia dell’esomeprazolo. Il metabolismo dell’esomeprazolo non è modificato significativamente nei

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1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE. LUCEN 10 mg granulato gastroresistente per sospensione orale, in bustina. 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA. Ogni bustina contiene: 10 mg di esomeprazolo (come magnesio triidrato). Eccipienti: saccarosio 6,8 mg e glucosio 2,8 mg. Per l’elenco completo degli eccipienti vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA. Granulato gastroresistente per sospensione orale, in bustina. Granuli fini giallo pallido. Possono essere visibili granuli bruni. 4. INFORMAZIONI CLINICHE. 4.1. Indicazioni terapeutiche. Lucen sospensione orale è principalmente indicato per il trattamento della malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) nei bambini da 1 a 11 anni di età. Malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) - trattamento dell’esofagite da reflusso erosiva dimostrata endoscopicamente; - trattamento sintomatico della malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE). Lucen sospensione orale, può essere usato anche nei pazienti che hanno difficoltà a deglutire le compresse gastroresistenti dispersibili di Lucen. Per le indicazioni nei pazienti dai 12 anni di età si rimanda al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di Lucen compresse gastroresistenti. 4.2. Posologia e modo di somministrazione. Per la dose da 10 mg, svuotare il contenuto di una bustina da 10 mg in un bicchiere contenente 15 ml di acqua. Per la dose da 20 mg, svuotare il contenuto di due bustine da 10 mg in un bicchiere contenente 30 ml di acqua. Non usare acqua gasata. Mescolare il contenuto fino ad ottenere la dispersione del granulato e lasciare addensare per alcuni minuti. Mescolare di nuovo e bere il contenuto entro 30 minuti. I granuli non devono essere masticati o frantumati. Sciacquare il bicchiere con 15 ml di acqua per assumere tutti i granuli. Per i pazienti con sondino nasogastrico o gastrico: vedere paragrafo 6.6 per la preparazione e le istruzioni per la somministrazione. Bambini da 1 a 11 anni di età con peso corporeo ≥ 10 kg Malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) - Trattamento dell’esofagite da reflusso erosiva dimostrata endoscopicamente Peso ≥ 10 - <20 kg: 10 mg una volta al giorno per 8 settimane. Peso ≥ 20 kg: 10 mg o 20 mg una volta al giorno per 8 settimane. - Trattamento sintomatico della malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) 10 mg una volta al giorno fino ad 8 settimane. Dosi superiori a 1 mg/kg/die non sono state studiate. Adulti ed adolescenti dai 12 anni di età Per la posologia nei pazienti dai 12 anni di età si rimanda al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di Lucen compresse gastroresistenti. Bambini al di sotto di 1 anno di età o < 10 kg Lucen non deve essere impiegato nei bambini al di sotto dell’anno di vita o nei bambini con peso < 10 kg in quanto non sono disponibili dati. Pazienti con funzionalità renale ridotta Nei pazienti con ridotta funzionalità renale non sono necessari adattamenti di dosaggio. In considerazione della limitata esperienza clinica, i pazienti con grave insufficienza renale devono essere trattati con cautela (vedere paragrafo 5.2). Pazienti con funzionalità epatica ridotta Nei pazienti con compromissione epatica lieve o moderata non è richiesto un adattamento della dose. Nei pazienti di età ≥ 12 anni con compromissione epatica grave non deve essere superata la dose massima di 20 mg di Lucen. Nei bambini di 1-11 anni con compromissione epatica grave non deve essere superata la dose massima di 10 mg (vedere paragrafo 5.2). 4.3. Controindicazioni. Ipersensibilità nota verso l’esomeprazolo, verso i sostituti benzimidazolici o verso qualunque altro componente della formulazione. L’esomeprazolo non deve essere usato in concomitanza con nelfinavir (vedere paragrafo 4.5). 4.4. Avvertenze speciali e precauzioni d’impiego. In presenza di qualsiasi sintomo allarmante (per esempio significativa perdita di peso non intenzionale, vomito ricorrente, disfagia, ematemesi o melena) e quando si sospetta o è confermata la presenza di un’ulcera gastrica, la natura maligna dell’ulcera deve essere esclusa in quanto la terapia con Lucen potrebbe alleviare i sintomi e ritardare la diagnosi. Pazienti trattati per un lungo periodo (in particolare quelli sottoposti a trattamento per più di un anno) devono essere controllati regolarmente. Il trattamento a lungo termine è indicato negli adulti e negli adolescenti (dai 12 anni di età in poi, vedere paragrafo 4.1). I pazienti in regime terapeutico di trattamento al bisogno devono essere istruiti a contattare il loro medico qualora i sintomi avvertiti dovessero assumere un carattere diverso. Il trattamento al bisogno non è stato studiato nei bambini e quindi non è indicato in questo gruppo di pazienti. Nei pazienti che seguono questo regime terapeutico devono essere tenute in considerazione le implicazioni dovute alle fluttuazioni delle concentrazioni plasmatiche dell’esomeprazolo per le interazioni con altri farmaci (vedere paragrafo 4.5). La specialità medicinale contiene saccarosio e glucosio. I pazienti affetti da rari problemi ereditari di intolleranza al fruttosio, da malassorbimento di glucosio-galattosio, o da insufficienza di sucrasi isomaltasi, non devono assumere questo medicinale. La co-somministrazione di esomeprazolo e atazanavir non è raccomandata (vedere paragrafo 4.5). Se l’associazione di atazanavir con un inibitore di pompa protonica è inevitabile, si raccomanda uno stretto monitoraggio clinico in associazione ad un aumento della dose di atazanavir a 400 mg con 100 mg di ritonavir; la dose di esomeprazolo non deve superare i 20 mg. L’esomeprazolo è un inibitore del CYP2C19. All’inizio o alla fine del trattamento con esomeprazolo deve essere considerata la potenziale interazione con farmaci metabolizzati dal CYP2C19. È stata osservata un’interazione tra clopidogrel e omeprazolo (vedere paragrafo 4.5). La rilevanza clinica di questa interazione è incerta. A titolo precauzionale, deve essere scoraggiato l’uso concomitante di esomeprazolo e clopidogrel. 4.5. Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione. Influenza dell’esomeprazolo sulla farmacocinetica di altri farmaci. Prodotti medicinali con assorbimento dipendente dal pH La ridotta acidità intragastrica correlata al trattamento con esomeprazolo può aumentare o diminuire l’assorbimento di alcuni farmaci, se il loro meccanismo di assorbimento è influenzato dall’acidità gastrica. Come osservato per altri inibitori della secrezione acida o antiacidi, l’assorbimento di ketoconazolo e itraconazolo può diminuire durante il trattamento con esomeprazolo. Sono state segnalate interazioni tra omeprazolo e alcuni inibitori della proteasi. La rilevanza clinica e i meccanismi di tali interazioni non sono sempre noti. Un aumento del pH gastrico durante il trattamento con omeprazolo può modificare l’assorbimento degli inibitori della proteasi. Altri possibili meccanismi di interazione avvengono attraverso inibizione del CYP2C19. È stata segnalata una diminuzione dei livelli sierici di atazanavir e nelfinavir quando somministrati con omeprazolo e pertanto la somministrazione concomitante non è raccomandata. La somministrazione concomitante di omeprazolo (40 mg/die) con atazanavir 300 mg/ritonavir 100 mg nei volontari sani determina una sostanziale riduzione dell’esposizione ad atazanavir (una diminuzione di circa il 75% dell’AUC, Cmax e Cmin). Un aumento della dose di atazanavir a 400 mg non compensa l’impatto dell’omeprazolo sull’esposizione ad atazanavir. La co-somministrazione di omeprazolo (20mg/die) atazanavir 400 mg/ritonavir 100 mg in volontari sani è risultata in una diminuzione di circa il 30% nell’esposizione ad atazanavir rispetto all’esposizione osservata con atazanavir 300 mg/ritonavir 100 mg/die senza omeprazolo 20 mg/die. La co-somministrazione di omeprazolo (40 mg/die) ha ridotto l’AUC, la Cmax e la Cmin medi di nelfinavir del 36–39% e l’AUC, la Cmax e la Cmin medi del metabolita farmacologicamente attivo M8 del 75–92%. Sono stati segnalati aumentati livelli sierici (80-100%) di saquinavir (in co-somministrazione con ritonavir) durante il trattamento concomitante con omeprazolo (40 mg/die). Il trattamento con omeprazolo 20 mg/die non ha avuto effetti sull’esposizione di darunavir (in co-somministrazione con ritonavir) e amprenavir (in co-somministrazione con ritonavir). Il trattamento con esomeprazolo 20 mg/die non ha avuto effetti sull’esposizione di amprenavir (con e senza co-somministrazione di ritonavir). Il trattamento con omeprazolo 40 mg/die non ha avuto effetti sull’esposizione di lopinavir (in co-somministrazione con ritonavir). La co-somministrazione di esomeprazolo e atazanavir non è raccomandata e la co-somministrazione di esomeprazolo e nelfinavir è controindicata a causa degli effetti farmacodinamici e delle proprietà farmacocinetiche simili di omeprazolo ed esomeprazolo. Farmaci metabolizzati dal CYP2C19 L’esomeprazolo inibisce il suo principale enzima metabolizzante, il CYP2C19. Quando l’esomeprazolo è associato ad altri farmaci metabolizzati attraverso il CYP2C19, come diazepam, citalopram, imipramina, clomipramina, fenitoina, ecc., le concentrazioni plasmatiche di questi farmaci potrebbero essere aumentate e potrebbe rendersi necessaria una riduzione delle dosi. Ciò va tenuto in particolare considerazione quando l’esomeprazolo viene prescritto al bisogno. La somministrazione concomitante di esomeprazolo 30 mg promuove una riduzione del 45% della clearance del diazepam, substrato del CYP2C19. La somministrazione concomitante di 40 mg di esomeprazolo promuove nei pazienti epilettici un innalzamento dei livelli plasmatici minimi della fenitoina del 13%. Si raccomanda di monitorare le concentrazioni plasmatiche della fenitoina quando si inizia o si sospende il trattamento con esomeprazolo. L’omeprazolo (40 mg/die) aumenta la Cmax e l’AUCt del voriconazolo (substrato del CYP2C19) rispettivamente del 15% e del 41%. La somministrazione concomitante di 40 mg di esomeprazolo a pazienti in trattamento con warfarin ha evidenziato, in uno studio clinico, che i tempi di coagulazione rimanevano entro un intervallo di normalità. Tuttavia, dopo la commercializzazione del prodotto, durante il trattamento concomitante, sono stati segnalati alcuni casi isolati di innalzamento dei valori di INR di rilevanza clinica. Si raccomanda il monitoraggio del pazienteall’inizio ed al termine del trattamento concomitante con esomeprazolo durante la terapia con warfarin o altri derivati cumarinici. Nei volontari sani, la somministrazione concomitante di esomeprazolo 40 mg e cisapride promuove un innalzamento del 32% dell’area sotto la curva concentrazione plasmatica/tempo (AUC) e un prolungamento del 31% dell’emivita di eliminazione (t½), ma non un aumento significativo dei picchi di concentrazione plasmatica della cisapride. Il lieve prolungamento dell’intervallo QTc osservato dopo somministrazione della cisapride da sola non è ulteriormente allungato in seguito all’ associazione di cisapride ed esomeprazolo. È stato dimostrato che l’esomeprazolo non ha effetti clinici rilevanti sulla farmacocinetica di amoxicillina e chinidina. Non sono state evidenziate interazioni farmacocinetiche clinicamente rilevanti negli studi a breve termine in cui è stata valutata la somministrazione concomitante di esomeprazolo con naprossene o con rofecoxib.

RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO10mg

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In uno studio clinico cross-over, clopidogrel (dose di carico 300 mg seguita da 75 mg/die) è stato somministrato per 5 giorni in monoterapia e con omeprazolo (80 mg somministrati insieme a clopidogrel). L’esposizione al metabolita attivo di clopidogrel è diminuita del 46% (giorno 1) e del 42% (giorno 5) quando clopidogrel e omeprazolo sono stati co-somministrati. Quando clopidogrel e omeprazolo sono stati co-somministrati si è avuta una diminuzione del 47% (24 ore) e del 30% (giorno 5) dell’inibizione media dell’aggregazione piastrinica (IPA). In un altro studio è stato dimostrato che la somministrazione di clopidogrel e omeprazolo in tempi differenti non previene la loro interazione, che sembra guidata dall’azione inibitrice dell’omeprazolo sul CYP2C19. Sono stati segnalati dati non univoci, provenienti da studi osservazionali e clinici, sulle implicazioni cliniche di questa interazione farmacocinetica/farmacodinamica in termini di eventi cardiovascolari maggiori. Influenza di altri farmaci sulla farmacocinetica dell’esomeprazolo L’esomeprazolo è metabolizzato attraverso il CYP2C19 e il CYP3A4. Il trattamento concomitante con esomeprazolo e un inibitore del CYP3A4, claritromicina (500 mg b.i.d.) promuove un raddoppio dell’esposizione (AUC) all’esomeprazolo. La somministrazione concomitante di esomeprazolo ed un inibitore combinato del CYP2C19 e del CYP3A4 può portare ad un’esposizione di esomeprazolo più che raddoppiata. Il voriconazolo, inibitore del CYP2C19 e del CYP3A4, innalza l’AUCt dell’omeprazolo del 280%. Un adattamento della dose di esomeprazolo non è regolarmente richiesto in entrambe le sopra menzionate situazioni, tuttavia, deve essere preso in considerazione nei pazienti con compromissione epatica grave e nei casi in cui è indicato un trattamento a lungo termine. Il trattamento a lungo termine è indicato negli adulti e negli adolescenti (dai 12 anni di età in poi, vedere paragrafo 4.1). 4.6. Gravidanza e allattamento. Per Lucen i dati clinici sull’esposizione in gravidanza sono insufficienti. Con l’omeprazolo, miscela racemica, non sono state osservate malformazioni o effetti fetotossici negli studi epidemiologici condotti su un vasto numero di donne in gravidanza. Studi condotti negli animali con esomeprazolo non indicano effetti dannosi diretti o indiretti a carico dello sviluppo embriofetale. Studi condotti negli animali con la miscela racemica non indicano effetti dannosi diretti o indiretti sulla gravidanza, parto o sviluppo postnatale. La prescrizione del farmaco a donne in gravidanza deve avvenire con cautela. Non è noto se l’esomeprazolo venga escreto nel latte materno. Non sono stati condotti studi nelle donne che allattano, pertanto Lucen non deve essere usato durante l’allattamento. 4.7. Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari. Non è stato osservato nessun effetto. 4.8. Effetti indesiderati. Le seguenti reazioni avverse sono state identificate sospettate durante gli studi clinici condotti con l’esomeprazolo e dopo la commercializzazione. Nessuna di queste è risultata dose-correlata. Le reazioni sono state classificate in base alla frequenza: molto comune > 1/10; comune >1/100, <1/10; non comune ≥1/1000, <1/100; raro ≥1/10.000, <1/1000; molto raro < 1/10.000; non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili). Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione Rare: malessere, aumentata sudorazione. Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Rare: broncospasmo. Patologie del sistema emolinfopoietico Rare: leucopenia, trombocitopenia. Molto rare: agranulocitosi, pancitopenia. Patologie del sistema nervoso Comuni: cefalea. Non comuni: capogiri, parestesia, sonnolenza. Rare: disturbi del gusto. Disturbi del sistema immunitario Rare: reazioni di ipersensibilità quali ad esempio febbre, angioedema e reazione/shock anafilattico. Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Non comuni: dermatite, prurito, eruzione cutanea, orticaria. Rare: alopecia, fotosensibilità. Molto rare: eritema multiforme, sindrome di Stevens-Johnson, necrolisi epidermica tossica (TEN). Patologie epatobiliari Non comuni: innalzamento dei valori degli enzimi epatici. Rare: epatiti con o senza ittero. Molto rare: insufficienza epatica, encefalopatia nei pazienti con malattia epatica preesistente. Patologie gastrointestinali Comuni: dolore addominale, costipazione, diarrea, flatulenza, nausea/vomito. Non comuni: secchezza della bocca. Rare: stomatite, candidosi gastrointestinale. Disturbi del metabolismo e della nutrizione Non comuni: edema periferico. Rare: iponatriemia. Molto rare: ipomagnesiemia. Patologie del sistema muscolo-scheletrico e del tessuto connettivo Rare: artralgia, mialgia. Molto rare: debolezza muscolare. Patologie renali e urinarie Molto rare: nefrite interstiziale. Disturbi psichiatrici Non comuni: insonnia. Rare: agitazione, confusione, depressione. Molto rare: aggressività, allucinazioni. Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella Molto rare: ginecomastia. Patologie dell’occhio Rare: offuscamento della vista. Patologie dell’orecchio e del labirinto Non comuni: vertigini. 4.9. Sovradosaggio. L’esperienza sul sovradosaggio intenzionale è attualmente molto limitata. Sintomi gastrointestinali e debolezza sono stati descritti in relazione all’assunzione di 280 mg. Dosi singole di 80 mg di esomeprazolo non hanno causato conseguenze. Non è noto un antidoto specifico. L’esomeprazolo è ampiamente legato alle proteine plasmatiche e pertanto non è velocemente dializzabile. Come in tutti i casi di sovradosaggio, il trattamento deve essere sintomatico, adottando misure di supporto generiche. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE. 5.1. Proprietà farmacodinamiche. Categoria farmacoterapeutica: inibitori della pompa acida. Codice ATC: A02BC05. L’esomeprazolo è lisomero S dell’omeprazolo e riduce la secrezione acida gastrica mediante un meccanismo di azione specifico e selettivo. L’esomeprazolo è un inibitore specifico della pompa acida a livello della cellula parietale. Entrambi gli isomeri dell’omeprazolo, R e S, hanno attività farmacodinamica simile. Sito e meccanismo di azione L’esomeprazolo è una base debole ed è concentrato e convertito nella forma attiva nell’ambiente fortemente acido dei canalicoli intracellulari della cellula parietale, dove inibisce l’enzima H+K+-ATPasi - pompa acida promuovendo un’inibizione della secrezione acida basale e stimolata. Effetti sulla secrezione acida gastrica Dopo la somministrazione orale di esomeprazolo da 20 mg e 40 mg, l’effetto sulla secrezione acida si manifesta entro 1 ora. Dopo somministrazioni ripetute con esomeprazolo da 20 mg una volta al giorno per 5 giorni, il picco medio di secrezione acida dopo stimolazione con pentagastrina risulta ridotto del 90% quando valutato 6-7 ore dopo la dose del quinto giorno. Dopo 5 giorni di somministrazione orale con esomeprazolo da 20 mg e 40 mg, il pH intragastrico viene mantenuto a valori superiori a 4 rispettivamente per un tempo medio di 13 e 17 ore su 24 nei pazienti con malattia da reflusso gastroesofageo sintomatica. La proporzione dei pazienti che mantiene il pH intragastrico a valori superiori a 4 per almeno 8, 12 e 16 ore è rispettivamente pari al 76%, 54% e 24% per l’esomeprazolo da 20 mg, e pari al 97%, 92% e 56% per l’esomeprazolo da 40 mg. È stata dimostrata una correlazione tra l’esposizione al farmaco e l’inibizione della secrezione acida usando l’AUC come parametro surrogato della concentrazione plasmatica. Effetti terapeutici sull’inibizione acida L’esomeprazolo da 40 mg promuove la guarigione dell’esofagite da reflusso in circa il 78% dei pazienti dopo 4 settimane e nel 93% dopo 8 settimane. Altri effetti correlati all’inibizione acida Durante il trattamento con farmaci antisecretori è stato osservato un innalzamento dei livelli sierici di gastrina in risposta alla diminuita secrezione acida. Un aumento del numero delle cellule ECL, possibilmente correlato ad un aumento dei livelli della gastrinemia, è stato osservato in alcuni pazienti durante il trattamento a lungo termine con esomeprazolo. Durante il trattamento a lungo termine con farmaci antisecretori, è stato osservato un aumento della frequenza di comparsa di cisti ghiandolari gastriche che rappresentano la fisiologica conseguenza della pronunciata inibizione della secrezione acida. Dette formazioni sono di natura benigna e appaiono reversibili. Bambini con malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) da 1 a 11 anni di età In uno studio multicentrico a gruppi paralleli, 109 pazienti con MRGE dimostrata endoscopicamente (da 1 a 11 anni di età) sono stati trattati con Lucen una volta al giorno per 8 settimane al fine di valutare la sicurezza e la tollerabilità. Il dosaggio per peso corporeo del paziente era il seguente: Peso < 20 kg: 5 mg o 10 mg di esomeprazolo una volta al giorno. Peso ≥ 20 kg: 10 mg o 20 mg di esomeprazolo una volta al giorno. I pazienti sono stati caratterizzati endoscopicamente in base alla presenza o assenza di esofagite erosiva. 53 pazienti avevano al tempo basale esofagite erosiva. Dei 45 pazienti sottoposti a follow-up endoscopico, 43 (93,3%) erano guariti dall’esofagite erosiva durante le 8 settimane di trattamento. 5.2. Proprietà farmacocinetiche. Assorbimento e distribuzione L’esomeprazolo è sensibile all’ambiente acido ed è somministrato per via orale in forma di granuli gastroresistenti. In vivo, la conversione a R-isomero è irrilevante. L’assorbimento dell’esomeprazolo è rapido, con picchi di livelli plasmatici riscontrabili approssimativamente 1-2 ore dopo l’assunzione della dose. La biodisponibilità totale è pari al 64% dopo una singola somministrazione di 40 mg ed arriva all’89% dopo somministrazioni giornaliere ripetute. Per il dosaggio da 20 mg di esomeprazolo i valori corrispondenti sono pari rispettivamente al 50% e al 68%. Il volume di distribuzione apparente allo stato stazionario nei soggetti sani è di circa 0,22 l/kg di peso corporeo. Il 97% di esomeprazolo si lega alle proteine plasmatiche. L’assunzione di cibo ritarda e diminuisce l’assorbimento dell’esomeprazolo, sebbene questo non abbia alcuna significativa influenza sull’effetto dell’esomeprazolo sull’acidità intragastrica. Metabolismo ed eliminazione L’esomeprazolo è metabolizzato completamente dal sistema del citocromo P450 (CYP). La maggior parte del metabolismo dell’esomeprazolo è dipendente dal CYP2C19 polimorficamente espresso, responsabile della formazione di idrossi- e desmetil metaboliti di esomeprazolo. La parte restante dipende da un’altra isoforma specifica, CYP3A4, responsabile della formazione di esomeprazolo sulfonato, che rappresenta il principale metabolita plasmatico. I parametri sotto riportati riflettono principalmente la farmacocinetica negli individui metabolizzatori rapidi, forniti di un enzima CYP2C19 funzionante. La clearance plasmatica totale è pari a circa 17 l/h dopo una singola dose e pari a circa 9 l/h dopo somministrazioni ripetute. L’emivita di eliminazione plasmatica dell’esomeprazolo è di circa 1,3 ore dopo somministrazioni giornaliere ripetute. La farmacocinetica dell’esomeprazolo è stata studiata fino a dosi di 40 mg b.i.d. L’area sotto la curva concentrazione plasmatica/tempo aumenta con la somministrazione ripetuta di esomeprazolo. Questo aumento è dose dipendente e porta ad un aumento dell’AUC più che proporzionale alla dose dopo somministrazioni ripetute. Questa dose-dipendenza e tempo-dipendenza sono dovute alla diminuzione dell’effetto di primo passaggio metabolico e della clearance sistemica, probabilmente dovuta all’inibizione dell’enzima CYP2C19 causata dall’esomeprazolo e/o dal suo metabolita sulfonato. Nell’intervallo di tempo tra le somministrazioni, l’esomeprazolo è completamente eliminato dal plasma e non ha tendenza all’accumulo quando somministrato una volta al giorno. I maggiori metaboliti dell’esomeprazolo non hanno effetti sulla secrezione acida. Quasi l’80% di una dose orale di esomeprazolo viene escreto come metaboliti nelle urine, il rimanente si ritrova nelle feci. Meno dell’1% del farmaco di origine si ritrova nelle urine. Popolazione di pazienti particolari Approssimativamente il 2,9±1,5% della popolazione, denominata metabolizzatori lenti, ha una funzionalità insufficiente dell’enzima CYP2C19. In questi individui è probabile che il metabolismo dell’esomeprazolo sia principalmente catalizzato attraverso il CYP3A4. Dopo somministrazioni giornaliere ripetute di 40 mg di esomeprazolo, la media dell’area sotto la curva concentrazione plasmatica/tempo era approssimativamente più alta del 100% nei metabolizzatori lenti rispetto ai soggetti con l’enzima CYP2C19 funzionante (rapidi metabolizzatori). Il picco medio di concentrazione plasmatica era aumentato di circa il 60%. Queste osservazioni non hanno implicazioni sulla posologia dell’esomeprazolo. Il metabolismo dell’esomeprazolo non è modificato significativamente nei

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soggetti anziani (71-80 anni). Dopo una singola somministrazione di 40 mg di esomeprazolo, la media dell’area sotto la curva concentrazione plasmatica/tempo è approssimativamente più alta del 30% nelle donne rispetto agli uomini. Dopo somministrazioni giornaliere ripetute non è stata osservata alcuna differenza tra i sessi. Queste osservazioni non hanno implicazioni per la posologia dell’esomeprazolo. Il metabolismo dell’esomeprazolo nei pazienti con disfunzioni epatiche lievi – moderate può essere compromesso. La velocità metabolica è diminuita nei pazienti con gravi disfunzioni epatiche con conseguente raddoppiamento dell’area sotto la curva concentrazione plasmatica/tempo dell’esomeprazolo. Quindi nei pazienti con disfunzione grave non deve essere superata la dose massima di 20 mg. L’esomeprazolo e i suoi metaboliti principali non mostrano alcuna tendenza all’accumulo quando somministrati una volta al giorno. Non sono stati condotti studi nei pazienti con ridotta funzionalità renale. Poiché il rene è responsabile dell’escrezione dei metaboliti dell’esomeprazolo ma non dell’eliminazione del composto di origine, si ritiene che il metabolismo dell’esomeprazolo non venga modificato nei pazienti con funzionalità renale ridotta. Popolazione pediatrica Adolescenti dai 12 ai 18 anni di età: Dopo somministrazioni ripetute di esomeprazolo da 20 mg e 40 mg, l’esposizione totale (AUC) ed il tempo di raggiungimento della massima concentrazione plasmatica del farmaco (tmax) negli adolescenti di 12-18 anni sono risultati simili a quelli osservati negli adulti. Bambini da 1 a 11 anni di età: Dopo somministrazioni ripetute di 10 mg di esomeprazolo, l’esposizione totale (AUC) osservata all’interno dell’intervallo di età da 1 a 11 anni è risultata simile, e l’esposizione era simile a quella degli adolescenti e degli adulti trattati con la dose di 20 mg. Dopo somministrazioni ripetute di 20 mg di esomeprazolo, l’esposizione totale (AUC) era più elevata nei bambini da 6 a 11 anni rispetto a quella osservata negli adolescenti e negli adulti trattati con la medesima dose. 5.3. Dati preclinici di sicurezza. Gli studi preclinici convenzionali di tossicità, genotossicità e tossicità della riproduzione con somministrazioni ripetute non hanno evidenziato particolari rischi per l’uomo. Gli studi di cancerogenesi nei ratti trattati con la miscela racemica hanno evidenziato un’iperplasia delle cellule gastriche ECL e carcinoidi. Tali modificazioni osservate nei ratti sono il risultato di un’elevata e pronunciata ipergastrinemia secondaria all’inibizione acida e sono state osservate nel ratto dopo trattamenti protratti nel tempo con gli inibitori della secrezione acida gastrica. Rispetto a quanto osservato negli animali adulti, non sono stati osservati effetti tossici nuovi o inattesi nei ratti e nei cani giovani in seguito a somministrazione di esomeprazolo per 3 mesi. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE. 6.1. Elenco degli eccipienti. Granuli di esomeprazolo: Glicerolo monostearato 40-55, Idrossipropil cellulosa, Ipromellosa, Magnesio stearato, Acido metacrilico etile acrilato copolimero (1:1) dispersione al 30%, Polisorbato 80, Saccarosio sfere (saccarosio e amido di mais), Talco, Trietil citrato. Granuli inerti: Acido citrico anidro (per la regolazione del pH), Crospovidone, Glucosio, Idrossipropil cellulosa, Ferro ossido giallo (E172), Gomma Xantana. 6.2. Incompatibilità. Non pertinente. 6.3. Periodo di validità. 3 anni. Il prodotto deve essere assunto entro 30 minuti dalla ricostituzione. 6.4. Precauzioni particolari per la conservazione. Non ci sono istruzioni particolari per la conservazione. 6.5. Natura e contenuto del contenitore. Confezione da 28 bustine. Bustine (contenenti granuli) formate da 3 strati: polietilene tereftalato (PET), alluminio, polietilene a bassa densità (LDPE) che protegge i granuli dall’umidità. 6.6. Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione. Per i pazienti con sondino nasogastrico o gastrico: 1) Per somministrare una dose di 10 mg, aggiungere il contenuto di una bustina da 10 mg a 15 ml di acqua. 2) Per somministrare una dose di 20 mg, aggiungere il contenuto di due bustine da 10 mg a 30 ml di acqua. 3) Mescolare. 4) Lasciare addensare per alcuni minuti. 5) Mescolare di nuovo. 6) Prelevare la sospensione con una siringa. 7) Iniettare attraverso il sondino, di diametro pari a 6 French o superiore, nello stomaco entro 30 minuti dalla ricostituzione. 8) Riempire di nuovo la siringa con 15 ml di acqua per la dose da 10 mg e con 30 ml di acqua per la dose da 20 mg. 9) Agitare ed iniettare il contenuto rimasto dal sondino nasogastrico o gastrico nello stomaco. La sospensione non utilizzata deve essere scartata. 7. TITOLARE DELL’AutORIzzAzIOnE ALL’IMMISSIOnE In COMMERCIO. Istituto Farmacobiologico Malesci S.p.A. Via Lungo L’Ema 7 – 50015 Bagno a Ripoli (FI). 8. nuMERO DELL’AutORIzzAzIOnE ALL’IMMISSIOnE In COMMERCIO. Lucen 10 mg granulato gastroresistente per sospensione orale, confezione da 28 bustine – AIC: 035367554/M. 9. DAtA DELLA PRIMA AutORIzzAzIOnE/RInnOVO DELL’AutORIzzAzIOnE. Prima autorizzazione: 02 Aprile 2009. Data dell’ultimo rinnovo: 10 Marzo 2010. 10. DAtA DI REVISIOnE DEL tEStO. Febbraio 2011.

CONFEZIONI PREZZO AL PUBBLICO CLASSE NOTA10 mg 28 bustine 18,42* A 48+1

*Prezzo comprensivo delle riduzioni temporanee di cui alle determinazioni AIFA 30 dicembre 2005, 3 luglio 2006 e 27 settembre 2006.

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