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CATALOGO NY CARLSBERG GLYPTOTEK - COPENAGHEN MUSEO REGIONALE DI CAMARINA EDITO DA MOSTRA ARCHEOLOGICA MUSEO REGIONALE DI CAMARINA di Jan Kindberg Jacobsen e Giovanni Distefano Sito web: www.mostranaufragi.it

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MOSTRA ARCHEOLOGICAMUSEO REGIONALE DI CAMARINA

di Jan Kindberg Jacobsen e Giovanni Distefano

Sito web: www.mostranaufragi.it

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Per l ’arte, per camar ina

La realizzazione di questo catalogo è stata resa possibile grazie all’intervento di Banca Nuova, che ha voluto sponsorizzare l’iniziativa del Museo Archeologico Regionale di Camarina con un contributo finanziario destinato a coprire integralmente i costi di stampa.Banca Nuova, del Gruppo Banca Popolare di Vincenza, è una tra le realtà bancarie più giovani e dinamiche; presente dal 2000 principalmente in Sicilia e Calabria con oltre cento sportelli. Il suo punto di forza è il legame molto forte con il territorio, con l’obiettivo di ricercare e favorire un modello di crescita che tenga conto delle caratteristiche economiche, sociali e culturali del Meridione.In quest’ottica, Banca Nuova ha sempre ricercato un rapporto diretto con soggetti privati e istituzioni pubbliche locali, mostrando profondo interesse e attenzione costante verso iniziative in grado di lasciare un segno nel campo della cultura, dell’arte, della tradizione, del sociale, della storia del territorio.Ricordiamo, nel campo dell’editoria, la realizzazione di una collana che ripercorre 23 secoli di storia, dall’800 a.C. al 1500, dedicata alle diverse civiltà che hanno arricchito il patrimonio artistico culturale della Sicilia, ma anche una interessante pubblicazione sul parco archeologico di Selinunte, una sull’archeologia subacquea nei mari di Sicilia e due album fotografici dedicati a Pantelleria e Salina.Notevole anche l’impegno verso iniziative museali e di sostegno alla tutela e alla valorizzazione dei beni culturali di cui il territorio è ricchissimo, come la partnership con l’Assessorato regionale nell’ambito delle manifestazioni svoltesi nel 2004 per i venticinque anni dei Beni culturali in Sicilia.Collaborazione che è continuata nel tempo, con interventi di restauro di opere d’arte, sponsorizzazioni

di mostre pittoriche e fotografiche, fino al recente, determinante contributo della Banca per la realizzazione del nuovo spazio espositivo al Museo Whitaker di Mozia, che ha accolto la splendida statua del Giovinetto, noto come l’Auriga. L’opera era stata esposta a Londra in occasione delle Olimpiadi e poi al Paul Getty Museum di Los Angeles ed è tornata nell’isola l’8 gennaio scorso dopo quasi due anni di assenza.La politica della Banca nei confronti di questi temi è felicemente riassunta nelle parole del suo Presidente, Marino Breganze: «Banca Nuova ha sempre creduto che la crescita economica e sociale di un territorio debba necessariamente passare anche dalla valorizzazione della cultura. La Sicilia può contare su un inestimabile patrimonio di beni artistici, frutto della commistione di culture che si sono susseguite nel tempo. In occasione della mostra “Naufragi”, Banca Nuova ha voluto dare il proprio supporto non solo ad un evento di notevole interesse culturale, ma al contempo ha inteso contribuire anche alla promozione del Museo Archeologico di Kamarina, ricco di tesori di inestimabile valore emersi dallo splendido mare antistante la costa, al centro di un territorio che si conferma sempre più meta di turismo di qualità».

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Presentaz ione

L’augurio di Fleming Friburg, espresso nel 2012, in occasione della mostra a Copenaghen del “Tesoro dei sei imperatori”, di ripetere un evento in collaborazio-ne fra la Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen ed il Museo di Camarina, è stato un auspicio fecondo. Teatro di questo evento è ora il Museo siciliano di Camarina dove grazie al munifico prestito accordato dal Direttore del Dipartimento delle Antichità della Glyptotek Jan Kindberg Jacobsen, è possibile esporre uno dei sarcofagi figurati di età romana fra i più si-gnificatvi e pregiati delle collezioni di tutta Europa.Il tema del naufragio rappresentato nella scena figu-rata della fronte del sarcofago, ripreso dall’esposizio-ne dei reperti recuperati nei due relitti camarinesi, è il filo conduttore intrigante e drammatico della mostra. In questa esposizione si raccontano e si intrecciano storie anonime di Uomini e cose che viaggiavano sulle rotte del Mediterraneo fra la fine del terzo e gli inizi del quarto secolo d.C. Anfore per il trasporto di derrate, ceramiche da mensa, oggetti della vita quotidiana dei marinai a bordo si coniugano con le immagini realistiche riproposte nel sarcofago di un uomo caduto in mare, fra le navi da carico, in un por-to con un faro. Uomini e cose sono riproposti nella mostra in un rigoroso contesto storico così che fago-citano la riflessione storica e l’attenzione del pubblico per i temi dell’approvvigionamento delle derrate e del commercio nel mondo romano nel periodo della Tetrarchia, fra Diocleziano e Costantino. Emerge così con evidenza, nell’ambito della storia economica del-la tardoantichità, il ruolo produttivo dell’Africa per le province centro-orientali dell’Impero.Il Museo di Camarina conferma con questa nuova mostra una politica culturale e scientifica oculata e moderata, priva di sensazionalismi tipici delle mostre

commerciali. Per avere potuto realizzare questo evento camarinese debbo tantissimi ringraziamenti: agli amici danesi e danesi di adozione, Jan Kindberg Jacobsen e Gloria Mittica Jacobsen; ai componenti l’Equipe didattica del Museo, Proff. Gino Baglieri, Giovanni Bellina, Manuela Distefano, Angelica Ferraro, Gianni Modica; all’Ing. Giuseppe Savarino, dirigente dell’U.O. I ed a tutto il personale dell’ufficio (Maurizio Butera, Giuseppe Cannizzaro, Giuseppe Di Raimondo, Rosalia Dimartino, Angelo Emanuele Ferro, Giovanni Giacchi, Vincenza La Rosa, Grazia Maria Lercara, Filippo Nativo, Salvatrice Salmè e Giuseppe Stamilla), nonchè a tutto il personale ASU che collabora per la fruizione (Maria Aurora Arena, Aurnia Rosario, Zelinda Buoncuore, Antonino Fiore, Gianluigi Longobardi, Antonia Mazza e Tiziana Spadaro).Molto grato sono inoltre nei confronti di Enzo Piazzese, presidente dell’Archeoclub d’Italia, sede di Ragusa ed allo studio grafico Kreativamente di Emanuele Cavarra. Una riconoscenza profonda debbo al Dott. Francesco Faranda che ha contribuito ad accendere i riflettori dell’interesse nazionale sulla mostra. Un enorme debito di riconoscenza mi lega particolarmente a tutti gli sponsor che ci hanno voluto sostenere credendo nell’iniziativa ed alla direzione della Banca Nuova per avere edito i cataloghi.

Giovanni DistefanoDirettore del Museo Regionale di Camarina

Camarina, novembre 2014

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Sarcofago con scena mar i t t ima, Ny Car lsberg Glyptotek Copenhagen ( I .N. 1299)

Jan Kindberg Jacobsen – Glor ia Paola Mitt ica

I sarcofagi marmorei decorati mediante composizione a figure in serie continua sono rari e altrettanto rari sono i documenti iconografici su bassorilievo le cui scene figurate illustrano le attività marittime nel mondo antico. Tra i pochi esemplari noti quello esposto presso la Ny Carlsberg Glyptotek presenta certamente un’abbondante ricchezza dei dettagli figurativi scolpiti.Il sarcofago in marmo bianco scolpito è del tipo a cassa di forma leggemente ellittica; l’esemplare è esposto e custodito nella Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen (I.N. 1299) poichè acquisito dalle collezioni di Villa Borghese nel 1895 (Fig. 1).

La provienza indicata è Ostia, probabilmente per-tinente alla necropoli di Portus dell’Isola Sacra. La definizione accurata dei particolari conferisce alla composizione una resa stilistica di carattere realistico

e ci permette di inserirlo nella produzione funeraria definita popolareggiante della seconda metà del III secolo d.C., nella fattispecie della prima età tetrar-chica. L’arca è monolitica. Le misure corrispondono a 1,78 mt di lunghezza x 0,52 mt di altezza x 0,54 mt di profondità; lo spessore della faccia frontale è di 3,0 cm, mentre lo sbalzo massimo del rilievo (vela quadra dell’imbarcazione posta a sinistra della sce-na) è di 3,5 cm. Il poggiatesta presente all´interno del sarcofago misura 36 x 22 x 2 cm. Sul fondo è leggi-bile un intervento di restauro avvenuto certamente prima dell’acquisizione del sarcofago da parte della NCG. Uno dei due frammenti di lastra marmorea impiegati per risanare il danneggiamento sul fondo è pertinente ad una lastra funeraria e conserva parte di un’iscrizione. La morfologia del bordo testimonia la presenza del coperchio e del sarcofago. Entrambi i lati brevi presentano una decorazione di motivi in-cisi: due scudi esagonali incrociati al di sopra di una bipenne (Fig. 2).

Il monumento funebre è in ottimo stato di conser-vazione, fatta eccezione per alcuni danni arrecati a parti sporgenti del rilie-vo: l’imbaracazione rap-presentata sul lato sini-stro della scena presenta lacune di ridotte dimen-sioni a prua, al cordame e alla cabina di poppa; il rematore in poppa a tale

Fig. 1 Il sarcofago nella collezione di Villa Borghese.

Fig. 2 Lato breve con scudi e bipenne.

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imbarcazione manca dell’arto superiore destro e del-la mano sinistra; il marinaio che gestisce l’apparato velico manca dell’avambraccio sia destro che sinistro. L’unica lacuna riscontata sull’imbarcazione rappre-sentata al centro della scena interessa il governale. Infine, il rematore dell’imbarcazione rappresentata a destra della scena manca di una porzione del brac-cio sinistro. La forma plastica del rilievo era ravvi-vata dall’effetto policromo, di cui si conservano alcu-ni pigmenti di colore riconducili al rosso (contorno degli alberi delle navi) e verde-blu (le onde marine). La decorazione a rilievo è disposta sul lato frontale del sarcofago e rappresenta tre imbarcazioni a vela il cui equipaggio si compone di tre marinai raffigurati nudi: un rematore seduto in poppa che impugnando il governale dirige la navigazione in mare e due marinai in-tenti a gestire vele e cordami (Fig. 3). Tre sono le teste barbate: il rematore in poppa al natante centrale, il rematore in pop-pa ed il marinaio in prua al natante di destra. Uno dei marinai del natante di sinistra si trova in prossimità della prua, raffigura-to chino; egli sporge in fuori dall’imbarcazione poi-chè ha probabilmente calato in acqua la piccola barca di salvataggio rappresentata appunto in mare in sua corrispondenza e con la prua rivolta verso sinistra. Intanto, secondo gli esperti in materia marittima, le due imbarcazioni sulla destra del rilievo sembrano impegnate in un’attenta manovra al fine di evitare la collissione tra loro. Il momento di navigazione rap-presentato non appare sereno, forse la causa è da at-tribuire al forte vento che spira e che determina un consistente moto ondoso, difatti le vele issate sono

gonfie e i gagliardetti volteggiano sulle navi. Una serie di elementi accomunano le tre imbarcazioni: uguali appaiono la cabina di poppa, l’apparato di go-verno e la cassa che dal governale collocato a poppa si prolunga fino a prua. In prua ai tre natanti sono presenti bitte e teste di bagli aggettanti dallo scafo. Il fasciame dello scafo dei tre natanti presenta dei corsi di cinta. Tuttavia, le tre imbarcazioni presentano an-che delle differenze vistose: ad esempio le due latera-li presentano l’albero leggermente decentrato verso prua e vela quadra; mentre l’imbarcazione raffigurata al centro della scena presenta l’albero posto all’estre-ma prua e vela a livarda. Le prime due imbarcazioni, a partire da sinistra, navigano nella medesima dire-zione e quindi in direzione opposta rispetto al natan-

te presente sul lato destro del rilievo. La prua della nave di sinistra è convessa, la prua della nave di destra è concava con piede di ruota ag-gettante ed oculus; la prua della nave rap-presentata al centro

è convessa. Le due imbarcazioni laterali presenta-no simile decorazione a cheniscus presso le estremi-tà poppiere, mentre il natante centrale presenta un pennaccio mostravento sulla sommità del dritto di poppa. Le prime due imbarcazioni a partire da sini-stra presentano una pernaccia a scimitarra, mentre il natante di destra presenta una pernaccia a chenisco. Giulia Boetto esaminando una serie di documenti iconografici ha preso in considerazione l’imbarcazio-ne rappresentata al centro del rilievo e osservandone il tipo di vela l’ha identificata come una nave caudica-ria, tale interpretazione non è accolta invece da Piero Dell’Amico il quale fa riferimento a caratteristiche

Fig. 3 La fronte del Sarcofago con la scena figurata.

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navali simili riscontrate per l’imbarcazione raffigu-rata nel bassorilievo di una lastra in terracotta posta a decorazione di una tomba dell’Isola Sacra di Ostia di II secolo d.C. e interpretata invece come un rimor-chiatore portuale¹.Al centro della scena, tra le alte creste delle onde, è rappresentato un uomo, anch’esso nudo, con il braccio sinistro sollevato.Un gruppo di cinque delfini nuota gettandosi tra i sinuosi flutti del mare, tre delfini si trovano sul lato destro dell’uomo in mare e due sul suo lato sinistro. Il primo delfino rappresentato sul lato sinistro del rilievo nuota nelle stessa direzione dell’imbarcazione qui presente, mentre gli altri quattro delfini nuotano seguendo la direzione dell’imbarcazione presente sul lato destro del rilievo. All’estrema destra della scena vi è un faro ben definito nella sua articolazione in muratura isodomica, a tre piani con tre finestre visibili sui due piani sommitali, i due piani inferiori sono di forma quadrangolare mentre il piano più alto è di forma cilindrica ed è sormontato da una fiaccola accesa.All’estrema sinistra della scena è visibile un edificio in opus quadratum con terrazza sulla quale sono rappresentati due uomini, entrambi indossano una tunica caratterizzata da maniche corte e sembrano avere le mani conserte in atteggiamento di tensione (Fig. 4).L’uomo sulla destra è barbato e sembra recare un oggetto nella sua mano destra, l’uomo imberbe sul-la sinistra presenta capigliatura corta e riccioluta. Il viso dei due uomini, dai lineamenti piuttosto matu-ri, sembra tormentato da rughe di espressione rese al centro del volto. Nel portico del piano inferiore di questo edificio è presente un inserviente imberbe dal-

la chioma a calotta distinta in boccoli, la resa della capigliatura insieme ai lineamenti del volto gli confe-riscono aspetto negroide. Egli indossa tunica corta e calzari chiusi, tra le mani regge un vassoio colmo di vivande. Sul lato breve sinistro del sarcofago è rap-presentato, stante su una sporgenza rocciosa, un al-tro inserviente imberbe con capelli corti e lisci, egli indossa una tunica corta con mantellina, nella mano destra reca un cesto di vivande, la mano sinistra è sollevata forse nel gesto di impartire disposizioni. Lo spazio disponibile alla lavorazione del bassorilie-vo è limitato, pertanto i reali rapporti dimensionali, e forse anche la traiettoria di navigazione e la rotta dei delfini, non vengono rispettati. Per questa stes-sa ragione riscontriamo la presenza di edifici di terra ferma visibili sulle estremità della scena. La presenza di edifici di terra-ferma all’interno della scena lascia intuire che l’evento si sta svolgendo all’ingresso di un porto e a tal riguardo la critica che ha ampiamente e in vario modo analizzato il rilievo di questo sarcofa-go², proponendo come ambientazione dell’evento il porto di Ostia. La raffigurazione del faro sul limite si-

1) Boetto 2008, p. 56; Dell’Amico 2011, pp. 189-190. Per il bassorilievo su lastra in terracotta da una tomba dell’Isola Sacra di Ostia cfr. Lionel 1971, p. 336, fig. 193.

Fig. 4 Particolare della terrazza dell’edificio con personaggi.

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nistro della scena non è troppo diverso dallo schema attestato per la resa realistica del faro ostiense, il qua-le sarebbe stato organizzato in quattro piani³. Una lettura in senso metaforico della scena in cui i motivi iconografici della nave e del faro in ambito funerario⁴ assumono grande valore simbolico-figurativo, indur-rebbe ad intendere la scena come la rappresentazione della navigatio vitae del defunto, che impegnato in at-tività marittime ha dovuto affrontare diversi pericoli, accompagnato dal delfino, compagno di avventure e complice degli uomini di mare, che salva i naufraghi riportandoli in superficie e traghetta le anime al mon-do ultraterreno. La sua morte con il raggiungimento al porto sicuro è segnalato dalla presenza del faro. Il defunto, che ha di certo un legame con la vita marit-tima, potrebbe essere colui che vediamo sul terrazzo dell´edificio presente sul lato sinistro della scena, la sua ricchezza sarebbe testimoniata dall´abitazione piuttosto imponenente e dalla presenza di servitu´, potrebbe dunque trattarsi di un armatore.Tuttavia, la figura rappresentata in mare, al centro della scena, non e´ stata riscontrata in altri rilievi di carattere funerario e potrebbe quindi rivestire uno specifico carattere realistico legato ad un evento che ha interessato la vita del defunto e la sua morte in mare.

2) Platner 1842, III, p. 231, n. 12; Iacopi 1943, p. 85, Fig. 61; Poulsen 1951, n. 787; Casson 1959, p. 219-222, tav. 13 a-b, fig. 6; Lawrence 1962, p. 289, tav. 77,2; Andreae 1963, p. 1963, p. 135, n. 27, nota 7; Casson 1963, p. 110, fig. 4; Casson 1971, p. 174, 179, 224, 234, 240, 246, fig. 147, 179; Toby 1974, p. 205 ss., fig. 1; Göttlicher 1977, p. 47, fig. 21; Koch – Sichtermann 1982, p. 125, fig. 133; Pekáry 1984, p. 185, fig. 1; Göttlicher 1985, p. 115, fig. 74; Höckmann 1985, p. 71, fig. 59; Basch 1987, p. 471, fig. 1062, 1082, 1083; Koch 1988, p. 237, tav. 87,1; Walker 1990, p. 20; Amedick 1991, p. 55, 58, 130, n.57, tav. 46, 2-4, 47, 1, 48, 1-2, 49, 3; Stubbe Østergaard 1996, p. 77-79; Sapelli 2000, p. 480, N. Cat. 99, fig. 99; Boetto 2008, pp. 56-57, Fig. 36; Dell’Amico 2011, pp. 189-191, Fig. 9.3) Reddé 1979, pp. 845-872.4) Gambassi 2000, s.v. Faro e s.v. Nave, in Temi di iconografia paleocristiana, cura e introduzione di F. Bisconti, Città del Vaticano 2000, pp. 179-180, pp. 228-230.

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Jan Kindberg JacobsenGloria Paola Mittica

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Fra le collezioni del Museo Regionale di Camarina (1) si conservano due lotti di anfore e ceramiche del IV sec. d.C. provenienti da due diverse aree antistanti la costa meridionale della Sicilia. I rinvenimenti furono effettuati negli anni ottanta del secolo scorso nelle località Femmina Morta (2) e Randello (3), a sud di Camarina (fig. 1).

Il naufragio a Randello: Sardina pilchardus e anfore lusitane

Nel sito di località Randello è certa la presenza di un relitto con tre o quattro ancore in ferro e un carico di anfore di fabbricazione lusitana (figg. 2-3) (4).Le anfore del carico, avvistate sul fondo del mare, giacevano in ordine sparso nella sabbia e in parte erano concentrate fra le due ancore (fig. 2). Originariamente

Naufragi “anonimi” di età tardoant ica nel Mediterraneo centra le:garum e ol io sul le rotte per l ’Or iente

di Giovanni Distefano

Fig. 1 L’ubicazione dei due relitti lungo la costa meridionale della Sicilia.

Fig. 2 Località Randello i resti del carico di anfore, con le ancore.

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sono suddividere in quattro gruppi per il diametro dell’imboccatura e per la grandezza del corpo e si possono assegnare al 330 d.C.(fig. 5).

Alcuni campioni di argilla delle anfore sono stati sottoposti ad analisi mineralogico-petrografiche (9) e ad analisi mineralogiche di tipo quantitativo. L’analisi in sezione sottile ha evidenziato una struttura con cristalli di grandi dimensioni dispersi in una pasta di fondo. Nella pasta sono evidenti ossido di ferro (magnetite), granuli silicatici (quarzo e feldspati), lamelle micacee e quarzo policristallino.È possibile che l’artigiano abbia intenzionalmente ag-giunto materiale sabbioso nell’impasto per facilitarne la modellazione. A seguito di queste analisi si può ipotizzare per queste anfore una fabbrica lusitana: probabilmente furono prodotte nella regione centrale nell’attuale Portogallo. La divisione dei contenitori in quattro gruppi può essere messa in relazione al fatto che nel laboratorio in cui furono confezionati i con-tenitori il maestro vasaio era stato assistito da due o

i contenitori erano sistemati nella parte più bassa della stiva in posizione verticale, uno accanto all’altro (5). Probabilmente questa fu la parte del carico che rimase all’interno dello scafo anche dopo l’affondamento (fig. 2).Le anfore recuperate nei dintorni e al di fuori dello spazio fra le due ancore (fig. 3), erano invece quelle che originariamente dovevano es-sere sistemate nella parte più alta

del carico, cioè nei livelli superi-ori della stiva. Questi contenitori

dovettero subito disperdersi durante il naufragio. La quantità delle anfore avvistate nel 1981 (circa 40-50) (6) aveva consentito di ipotizzare un carico originari-amente composto da un minimo di 90 ad un mas-

simo di 130 - 200 contenitori (7). E’ stato così supposto che nella località Randello naufragò, nel primo quarto del IV secolo d.C., una piccola imbarcazione con un carico pressoché esclusivo e al-quanto modesto. Le anfore del re-litto presentano un corpo di forma cilindrica e sono in argilla di colo-re rosso-chiaro, arancione, o grigio chiaro, con inclusi. La spalla delle anfore è alquanto discendente; il collo corto e cilindrico; l’orlo è svasato; le anse corte, curvilinee, impostate fra l’orlo e la spalla (fig. 4). La capienza di ogni anfora è di circa 22 litri. Questi contenitori sono tutti di un unico tipo, definito Almagro 50 o Keay XXII (8). Le an-fore del relitto di Randello si pos-

Fig. 3 Località Randello una delle ancore (da Par-ker, in archivio Soprint.)

Fig. 4 Un’anfora tipo Almagro 50 dal relitto di Randello.

Fig. 5 Museo di Camarina. Anfore dal relitto di Randello (da Parker 1989, con rielaborazioni)

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tre collaboratori e forse anche da vari aiutanti (10).All’interno delle anfore rac-colte nel mare nella località di Randello si conservava, al mo-mento della scoperta, ancora parte del contenuto: in totale è stato possibile estrarre circa 1 kg di campione umido (sab-bia e materiale organico) che essiccato si è ridotto a circa 500 gr. Le analisi del contenuto fu-rono eseguite nel Dipartimento di Zoologia del Britsh Museum (Natural History) da Alwyne Wheeler e da Alison Locker (11). Fu possibile accertare che i resti organici recuperati ap-partenevano a lische di pesci di cui si conservavano le verte-bre e la cartilagine della testa: aringhe e sarde piccole, attri-

buibili al genere sardina pilchardus (fig. 6).In totale furono recuperati trecentocinquantatre cam-pioni riferibili a cartilagine opercolare e dentaria che hanno permesso di determinare delle misure dei pesci. Le sardine deposte nelle anfore erano lunghe al massimo da 125 a 139 mm. e certamente vi furono stipate per intero, senza essere frazionate.Queste sarde costituivano una vera e propria conser-va in salamoia, tipo garum.Certamente i pesci erano destinati alla commercializ-zazione come prodotto non fresco quindi è da sup-porre anche un mercato di accumulo del pescato pri-ma del confezionamento e forse anche un tempo di ammortizzazione della materia prima, pescata in più stagioni. La cattura delle sarde deposte nelle anfore di Randello per la produzione di questo prodotto av-

venne probabilmente da dicembre ad aprile, quando cioè il pesce era al secondo anno di vita. La lunghe-zza delle lische conferma infatti che le sardine erano già adulte e sessualmente idonee alla riproduzione tanto che la deposizione delle uova, che in genere av-viene fino ad aprile comportando una migrazione in mare aperto, ne favorì un’abbondante pesca con le reti d’altura.La produzione di questo tipo di garum spagnolo contenuto nelle anfore lusitane trovate nel relitto della località di Randello comportava non solo l’organizzazione delle attività di pesca, ma anche un accumulo, una salatura del pescato, con il sale della regione di Setubal e quindi una operazione di stivaggio nei contenitori e, infine, il carico sulle imbarcazioni per la varie destinazioni.Il trasporto via mare era la fase finale del processo e certamente era affidato a terzi che ne decidevano, sulla scorta della domanda, la quantità di prodotto da imbarcare e anche le rotte di destinazione. Probabilmente da parte di chi organizzava il trasporto veniva scelto anche il tipo di imbarcazione da utilizzare.Nel caso del carico della località di Randello è possibile stimare una quantità di circa 3.000 kg di prodotto netto, certamente non un carico molto oneroso. Il piccolo carico di località Randello è importante per determinare sia il circuito di distribuzione di questo tipo di garum associato alle anfore Almagro 50 nel IV secolo che per ipotizzare i mercati finali e le varie modalità del consumo e della commercializzazione di questo pesce salato iberico, nell’ambito delle dinamiche della storia economica del Mediterraneo in età tardoantica.Le anfore prodotte nella Lusitania sono dei conteni-tori esclusivi per il trasporto del garum come ormai è stato accertato (12) e l’analisi comparata della pre-senza di questi contenitori nei relitti, consente ora di

Fig. 6 Resti di cartilagine delle sardine rinvenute nelle anfore di Randello (da Whe-eler e Locker 1985, con riela-borazioni)

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africane II D, Almagro 50 e 51, Dressel 20 e Dressel 30 contenevano pesce (13) (fig. 8).La composizione mista di questi carichi e la maniera di distribuzione degli stessi conferma, come detto, un circuito di soddisfacimento a medio raggio (fig. 7).Invece, la presenza dei carichi esclusivi di Almagro 50 a Nora (Sardegna meridionale), a Maratea (costa Tirrenica italiana), a Randello (Sicilia) e a Zirje (costa croata) (11) (fig. 7) conferma l’esistenza di un segmento di distribuzione più veloce per mercati più lontani e per rifornimenti più esigenti (fig. 9).Il confronto comparativo e statistico fra i due generi

restituire un sistema commerciale ramificato e varie-gato proprio di un mercato multipolare: certamente c’è un circuito della distribuzione di tipo esclusivo che copre i mercati più esigenti, i mercati più lontani, nel Mediterraneo centrale e orientale e nell’alto Adri-atico (fig. 7), e poi c’è un circuito a medio raggio in cui i carichi misti assicurano un commercio più intenso e variegato in rapporto ad una domanda forse più dif-fusa (fig. 7).Una serie di relitti con carichi misti confermano questo tipo di commercio. Nel relitto di Cabrera A (del 300-325 d.C.), le anfore Beltràn 72, le Almagro 50 e 51 C contenevano resti di sgombro; nel relitto di Port Vendres (del 400 d.C.), le anfore Almagro 50 e 51 contenevano sardine pilchardus (fig. 8); nei relitti di Plannier (del 300-325 d.C.) e di Lavezzi (375-425), le anfore erano dei tipi Almagro 51 C, Beltran 72, Dressel 23 e anche Almagro 50: queste anfore contenevano sgombro (fig. 8).Nel relitto di Lazzareto (databile al 325 d.C.), le anfore

Fig. 8 Analisi dei contenuti dei carichi misti con anfore Almagro 50

Fig. 9 Analisi dei contenuti dei carichi esclusivi

CARICHI MISTI

CARICHI ESCLUSIVI DI ANFORE “ALMAGRO 50”

Fig. 7 Distribuzione di carichi con anfore nel Mediterraneo

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di carichi (fig. 10) è di 7 a 4, a favore dei carichi misti e quindi è certa l’esistenza di un sistema di distribuzione bipolare pur con una prevalenza di carichi misti in ragione ad una domanda spalmata su più tipi di approvviggionamenti. Probabilmente, la forte concentrazione di carichi misti con anfore tipo Almagro 50 lungo le coste francesi può dipendere dall’attivazione dei mercati distribuiti lungo la valle del Rodano che si rifornivano di merci di vario tipo.Il piccolo carico di località Randello, come quello di Zirje, di Maratea e Nora, permette invece di ipotizzare, pur in un generale decremento nel IV secolo delle produzioni iberiche, una domanda di pesce salato iberico ancora alquanto sostenuta (15). I consumatori, nell’ambito di un libero mercato, da veri buongustai non si facevano mancare la leccornia del garum o del pesce salato, la cui moda alimentare si diffuse anche nelle aree periferiche.

Il naufragio a “Femmina Morta”: un carico di garum e olio africano

I resti di un relitto, con un carico di anfore e ceramiche africane, si trovano lungo la costa rocciosa ad ovest di Punta Secca, in località “Femmina Morta”, a sud di Camarina (fig. 1). Le ricerche dei primi anni set-

Fig. 11 Femmina Morta. Topografia dei resti del relitto (da Parker 1976-77, con rielaborazioni).

Anfora tipo Africana II C e Dressel 23 e II B

Almagro 51

Fig. 12 Femmina Morta. Distribuzione delle anfore (da Parker 1976-77, con rielaborazioni).

Fig. 10 Analisi statistico-comparativa dei carichi misti ed esclusiviCARICHI ESCLUSIVICARICHI MISTI

tanta (16) hanno individuato alcuni resti lignei dello scafo, anfore e ceramiche. Le prime indagini (17) con-sentirono di individuare l’area dell’affondamento del carico (fig. 11) in parte disperso in una zona di circa 250 mq. In questa area si rinvennero sia la maggiore quantità di anfore che ceramiche e tegole (fig. 12) (18). Le anfore di tipo africano II D erano disperse in superficie, mentre risultano più concentrate e in

14

connessione fra di loro le anfore Africane II B, Dres-sel 23 e poche anfore Almagro 51. Segno questo che il carico trasportato era stato composto con un certo ordine: prima furono stivate le anfore Almagro 51 e le Dressel 23 con le Africane II B. Per ultimo furono imbarcate le Africane II D che dovevano essere collo-cate nella parte più alta del carico; questi contenitori, infatti, furono i primi a disperdersi durante il naufra-

gio. Del relitto furono individ-uati solo pochissimi resti del fasciame, ma anche chiodi in bronzo. Certamente i laterizi e i tubuli fittili recuperati sono da attribuire alla presenza di una piccola cabina a prua, come spesso si evince da varie icono-grafie antiche. Questo spazio di ricovero a bordo doveva essere coperto con una volta sottile apparecchiata nell’intradosso con laterizi cavi a forma di tu-

buli peduncolati e rifinita con una camicia esterna ad intonaco cementizio. I tubuli recuperati restituiscono una lunghezza media di questi laterizi, compresa l’appendice conica, di cm. 18 (fig. 13a).Date le misure è probabile che gli archi dei tubuli furono impiegati trasversalmente alla volta a botte costituendo in tal modo un sistema autoportante grazie all’incastro dei peduncoli e realizzando una centina fissa per la stesa del manto (19). Lo spazio che fu coperto a bordo non doveva essere più largo di due metri. Questa tecnica costruttiva autoportante che prevedeva l’impiego dei tubuli peduncolati può essere stata sperimentata già in età ellenistica in area centro-mediterranea (20) ma fu poi elaborata nella tardantichità nella Provincia Proconsularis. Le analogie dimensionali fra i tubuli utilizzati nell’imbarcazione di località “Femmina Morta” con

quelli provenienti da altri contesti nord-africani (fig. 13b) potrebbe indiziare la costruzione dello scafo in uno scalo del nord-Africa. Dal relitto provengono an-che tegole, di tipo africano, forse per la copertura del castello di poppa (21). Certamente dal nord-Africa dovevano provenire le maggiori quantità di prodotti trasportati nei contenitori: olio e garum. Infatti fra le cento anfore recuperate la maggiore percentuale di contenitori, circa il 70%, provenivano dalla Byzacena

e dalla Zeugitana. Solo una percentuale minima di anfore sono di fab-bricazione baetica e lu-sitana.Le anfore africane II D (fig. 14) (22) provenienti dalla Byzacena sono contenitori in argilla di colore rosso chiaro con il corpo a forma cilindrica, molto affusolato, il collo tronco-conico, l’orlo con una larga fascia rigirata,

schiacciata e indistinta;

Fig. 13a Museo Camarina. Tubuli da Femmina Morta (foto G. Giacchi)

Fig. 13b LEPTIS MA-GNA, tubulu del ninfeo (A, B) e di altri contesti (C; Cherchell; D; Bulla Regia; E; Cartagine; F; Grado; G; Morgantina (da Tomasello 2004).

Fig. 14 Museo di Camarina.Femmina Morta. Anfore Africane IID (tipo 26) (da Parker 1976-77, con rielaborazioni).

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le anse sono di forma circolare e il fondo è tronco-conico. Sulla scorta delle recenti classificazioni delle anfore di produzione africana quelle di località Femmina Morta sono assegnabili alla variante D2 (tipo 26) della anfore II D, probabilmente fabbricate a Leptiminus, prima del 325 d.C. In queste anfore si commercializzava l’olio o il pesce. Un secondo gruppo di anfore (fig. 15) imbarcate nel carico di località Femmina Morta possono essere assegnate al tipo Africano II C (23).

Queste anfore in argilla rossa, di colore biancastro in superficie, con il corpo cilindrico, molto allungato, spalla sfinata, fondo tronco-conico, si possono asseg-nare, sulla scorta della forma dell’orlo e dalle anse, alla variante C1 e C3 delle anfore Africane classiche II C. Queste anfore erano state prodotte negli atelier di Salakita e Nabeul proprio agli inizi del IV sec.d.C. ed erano utilizzate per il trasporto di salsa di pesce (24). Alcune anfore possono essere del tipo noto come afri-

cane II B, “pseudo-tripolitane” (tipo 23) (25) (fig. 16), un pò più antiche delle altre. Questi contenitori sono

forse degli esemplari che appartenevano a qualche carico precedente e forse furono più volte riutilizzate, come sembrerebbe evincersi dal logorio delle pareti. Queste anfore che provenivano dal Sebket Sidi el-Hani (nell’interno della Tunisia) erano utilizzate per il tra-sporto dell’olio del Sahel. L’impasto tende ad essere di colore rosso chiaro con ingobbio colore crema, con inclusi di quarzo. La forma del corpo è cilindrica, un po’ espansa nella parte bassa, il collo è tronco-conico, con orlo triangolare con gradino. Le anse sono a sezi-one ellittica schiacciata (fig. 16).Infine il carico era completato anche da pochissime anfore di produzione hispanica per olio e salsa di pesce. Sono conteni-tori assegnabili ai tipi noti come Dres-sel 23 e Almagro 51. Le prime anfore (fig. 17) sono ad impasto di colore crema poco depurata, dal corpo a forma globulare, collo basso e piccolo, con orlo a sezione tri-angolare, con anse ad orecchie. Questi con-tenitori provenivano

Fig. 15 Museo di Camarina. Femmina Morta. Anfore Africane IIC, varianti C1 C3 (da Parker 1976-77, con rielaborazioni).

Fig. 16 Museo di Camarina. Femmina Morta. Anfora tipo Africana IIB (pseudo tripolitana, tipo 23 (da Parker 1976-77, con rielaborazioni).

Fig. 17 Museo di Camarina. Femmina Mor-ta. Anfore tipo Dressel 23 (da Parker 1976-77, con rielaborazioni).

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dalla valle del Guadalquivir e trasportavano olio (26).Nel carico c’erano anche anfore per il trasporto di salsa di pesce dalla Lusitania: anfore Almagro51 (fig. 18) (27). Questi contenitori in argilla di colore rosso-arancione, con inclusi di mica, hanno il corpo

piriforme, con il collo corto, con orlo a sezione triangolare e le anse a fascia schiacciata. Nel relitto è stata rinvenuta ceramica sigillata africana (tipo D), cioè produzioni fini da mensa di origine africana, eseguite nella Zeugitana: coppa Hayes 42, piatti Hayes 61, 67 e 58a, coppette Hayes 9b, coppe Hayes

51d e coppe Hayes 44 (fig. 19). Queste forme si datano fra i primi anni del IV e l’ultimo quarto del secolo (28).La selezione delle forme fa pensare a un piccolo lotto di ceramica da men-sa imbarcata per essere venduta.Questi prodotti possono essere assegnabili alla produzione D2 in argilla grossolana a vernice bril-lante che riprendono le tradizioni della sigilla af-ricana A/D (29).

Queste ceramiche sono quasi tutte a forme aperte e dovevano raggiungere notevoli dimensioni, forse in rapporto alle nuove abitudini alimentari. Fra le ce-ramiche sono pure presenti forme utilizzate sul fuoco: una pentola di forma globulare, tipo Bonifay 32 (30). Il carico misto dell’imbarcazione della località Femmi-na Morta, in prevalenza presenta prodotti africani e certamente può essere in relazione ad un’origine nord-africana del vettore che ha imbarcato intorno al 375 d.C. circa 1.500-2.000 litri di olio del Sahel tu-nisino in anfore prodotte nella zona di Leptiminus e circa 500 kg. di salsa di pesce da Nabeul e Salkta. Ma nella parte più profonda dello scafo era stivato l’olio e la salsa di pesce della penisola iberica: l’imbarco di questi prodotti dovette avvenire prima di partire dal porto principale, forse Cartagine. In assenza di conoscenze ulteriori sui resti dei legni dello scafo, che avrebbero potuto svelarci l’età dell’imbarcazione, è certo che la nave non era al primo viaggio: alcune an-fore più antiche (le Africane II B o pseudo-tripolitane) sono veri e propri contenitori-navetta.Certamente il carico per il tipo di composizione era una commissione privata e destinata al libero mer-cato, probabilmente per una ricca città dell’Oriente. Infatti la località sulla costa meridionale della Sicilia dove ha fatto naufragio l’imbarcazione è lontana dal-la rotta Cartagine - Ostia che utilizzava piuttosto la traiettoria del Banco Grahm. I resti dei naufragi avve-nuti nella località di Femmina Morta e di altri simili a Marzamemi e a Klenti (Malta) confermano infatti l’esistenza di una rotta verso est, verso i mercati di Costantinopoli.

Giovanni Di Stefano

Fig. 18 Museo di Camarina. Femmina Morta. Anfore tipo Almagro 51 (da Parker 1976-77, con rielaborazioni).

Fig. 19 Museo di Camarina. Femmina Morta: a, coppetta Hayes 9,b; b, coppa Hayes 42; c, coppa Hayes 44; d, piatto Hayes 61; e, piatto Hayes 58a; f, piatto Hayes 67; g, coppa Hayes 51d (da Par-ker 1976-77, con ielaborazioni).

a b

c

d

e

f

g

17

Catalogo*

RANDELLO

1. Anfora Almago 50 (Keay XVI-XXII), in argilla grigio chiara con inclusi di colore bianco e grigio, mancante di parte dell’orlo, con corpo di forma cilindrica, molto allungato, ampia spalla discendente, collo svasato, estroflesso, a sezione triangolare, anse a bastoncino con andamento curvilineo, fra l’orlo e la spalla, puntale corto, a sezione triangolare e fondo conico. h. cm. 112 – gruppo I° Randello – Parker2.Anfora Almago 50 (Keay XVI-XXII), in argilla grigio chiara con inclusi di colore bianco e grigio, intera, con corpo di forma cilindrica, molto allungato, ampia spalla discendente, collo svasato, estroflesso, a sezione triangolare, anse a bastoncino con andamento curvilineo, fra l’orlo e la spalla, puntale corto, a sezione triangolare e fondo conico.h. cm. 112 – Randello – Parker.3. Anfora Almago 50 (Keay XVI-XXII), in argilla grigio chiara con inclusi di colore bianco e grigio, mancante di metà del corpo, di forma cilindrica, molto allungato, ampia spalla discendente, collo svasato, estroflesso, a sezione triangolare, anse a bastoncino con andamento curvilineo, fra l’orlo e la spalla.h. cm. 60 – gruppo I° Randello – Parker4. Anfora Almago 50 (Keay XVI-XXII), in argilla grigio chiara con inclusi di colore bianco e grigio, mancante di metà de corpo di forma cilindrica, molto allungato, ampia spalla discendente, collo svasato, estroflesso, a sezione triangolare, anse a bastoncino con andamento curvilineo, fra l’orlo e la spalla, puntale corto, a sezione triangolare e fondo conico.h. cm. 63 – gruppo I° Randello – Parker5. Anfora Almago 50 (Keay XVI-XXII), in argilla grigio chiara con inclusi di colore bianco e grigio, mancante del collo e della metà del corpo di forma cilindrica, molto allungato, puntale corto, a sezione triangolare e fondo conico.h. cm. 65 – gruppo I° Randello – Parker6. Anfora Almago 50 (Keay XVI-XXII), in argilla grigio chiara con inclusi di colore bianco e grigio, mancante del collo, con corpo di forma cilindrica, molto allungato, puntale corto, a sezione triangolare e fondo conico.h. cm. 110 – gruppo I° Randello – Parker7. Anfora Almago 50 (Keay XVI-XXII), in argilla rosso chiaro con inclusi di colore bianco e grigio, integra, con corpo di forma

cilindrica, molto allungato, ampia spalla discendente, collo svasato, estroflesso, a sezione triangolare, anse a bastoncino con andamento semi- circolare, fra l’orlo e la spalla, puntale corto, a sezione triangolare e fondo conico.h. cm. 113 – gruppo II° Randello – Parker8. Anfora Almago 50 (Keay XVI-XXII), in argilla rosso chiaro con inclusi di colore bianco e grigio, integra, con corpo di forma cilindrica, molto allungato, ampia spalla discendente, collo svasato, estroflesso, a sezione triangolare, anse a bastoncino con andamento semi- circolare, fra l’orlo e la spalla, puntale corto, a sezione triangolare e fondo conico.h. cm. 113 – gruppo II° Randello – Parker9. Anfora Almago 50 (Keay XVI-XXII), in argilla rosso chiaro con inclusi di colore bianco e grigio, mancante del collo, di forma cilindrica, molto allungato, ampia spalla discendente, collo svasato, estroflesso, a sezione triangolare, anse a bastoncino con andamento curvilineo, fra l’orlo e la spalla, puntale corto, a sezione triangolare e fondo conico.h. cm. 113 – gruppo II° Randello – Parker10. Anfora Almago 50 (Keay XVI-XXII), in argilla rosso chiaro con inclusi di colore bianco e grigio, mancante della metà inferiore del corpo, di forma cilindrica, molto allungato, ampia spalla discendente, collo svasato, estroflesso, a sezione triangolare, anse a bastoncino con andamento curvilineo, fra l’orlo e la spalla, con ingrossamento all’attacco superiore, puntale corto, a sezione triangolare e fondo conico.h. cm. 55 – gruppo III° Randello – Parker11. Anfora Almago 50 (Keay XVI-XXII), in argilla rosso chiaro con inclusi di colore bianco e grigio, mancante della metà superiore del corpo, di forma cilindrica, molto allungato, puntale corto, a sezione triangolare e fondo conico.h. cm. 85 – gruppo III° Randello – Parker12. Anfora Almago 50 (Keay XVI-XXII), in argilla rosso chiaro-arancione con inclusi di colore bianco e grigio, intera, con corpo di forma cilindrica, molto allungato, ampia spalla discendente, collo svasato, estroflesso, a sezione triangolare, anse sottili con andamento curvilineo, fra l’orlo e la spalla, con ingrossamento all’attacco superiore, puntale corto, a sezione triangolare e fondo conico.h. cm. 110 – gruppo IV° Randello – Parker13. Anfora Almago 50 (Keay XVI-XXII), in argilla rosso chiaro-arancione con inclusi di colore bianco e grigio, intera, con corpo, di forma cilindrica, molto allungato, ampia spalla discendente, collo basso cilindrico, piccola, orlo svasato, estroflesso, a sezione triangolare, anse sottili a bastoncino con andamento curvilineo, fra l’orlo e la spalla, puntale corto, a sezione triangolare e fondo

18

conico.h. cm. 113 – gruppo IV° Randello – Parker14. Anfora Almago 50 (Keay XVI-XXII), in argilla rosso chiaro-arancione con inclusi di colore bianco e grigio, intera, con corpo, di forma cilindrica, molto allungato, ampia spalla discendente, collo basso cilindrico, orlo svasato, estroflesso, a sezione triangolare, anse sottili a bastoncino con andamento curvilineo, fra l’orlo e la spalla, puntale corto, a sezione triangolare e fondo conico.h. cm. 110 – gruppo IV° Randello – Parker15. Anfora Almago 50 (Keay XVI-XXII), in argilla rosso chiaro-arancione con inclusi di colore bianco e grigio, mancante della metà inferiore de corpo, di forma cilindrica, molto allungato, ampia spalla discendente, collo basso cilindrico, bocca piccola, orlo svasato, estroflesso, a sezione triangolare, anse sottili a bastoncino con andamento curvilineo, fra l’orlo e la spalla, puntale corto, a sezione triangolare e fondo conico.h. cm. 35 – gruppo I° Randello

FEMMINA MORTA

1. Anfora Africana II D (Bonifay, type 26) in argilla di colore rosso chiaro-arancione e inclusi di colore grigio, con ingobbio di colore crema, di cui si conserva il collo e un manico con corpo di forma presumibile cilindrica, molto affusolata, spalla discendente, collo tronco-conico e orlo a fascia schiacciata indistinto (II D2), anse circolari, a sezione ellittica, fra l’orlo e la spalla.2. Anfora Africana II D (Bonifay, type 26) in argilla di colore rosso chiaro-arancione e inclusi di colore grigio, di cui si conserva il collo e le anse con corpo di forma presumibile cilindrica, molto affusolata, spalla discendente, collo tronco-conico e orlo a fascia schiacciata indistinto (II D2), anse circolari, a sezione ellittica, fra l’orlo e le spalle, con fondo alto e piano.3. Anfora Africana II D (Bonifay, type 26) in argilla di colore rosso chiaro-arancione e inclusi di colore grigio, di cui si conserva parte del collo tronco-conico e orlo a fascia schiacciata indistinto (II D2), anse circolari, a sezione ellittica, fra l’orlo e le spalle.4. Anfora Africana II D (Bonifay, type 26) in argilla di colore rosso chiaro-arancione e inclusi di colore grigio, di cui si conserva parte del collo, spalla discendente. Collo tronco-conico e orlo a fascia schiacciata indistinto (II D2), anse circolari, a sezione ellittica, fra l’orlo e le spalle.5. Anfora Africana II D (Bonifay, type 26) in argilla di colore rosso chiaro-arancione e inclusi di colore grigio, di cui si conserva il collo con corpo di forma presumibile cilindrica, molto affusolata,

collo tronco-conico e orlo a fascia schiacciata indistinto (II D2), anse circolari, a sezione ellittica, fra l’orlo e le spalle.6. Anfora Africana II D (Bonifay, type 26) in argilla di colore rosso chiaro-arancione e inclusi di colore grigio, di cui si conserva il collo con corpo di forma presumibile cilindrica, molto affusolata, collo tronco-conico e orlo a fascia schiacciata indistinto (II D2), anse circolari, a sezione ellittica, fra l’orlo e le spalle.7. Anfora Africana II D (Bonifay, type 26) in argilla di colore rosso chiaro-arancione e inclusi di colore grigio, di cui si conserva il collo con corpo di forma presumibile cilindrica, molto affusolata, collo tronco-conico e orlo a fascia schiacciata indistinto (II D2), anse circolari, a sezione ellittica, fra l’orlo e le spalle.8. Anfora Africana II D (Bonifay, type 26) in argilla di colore rosso chiaro-arancione e inclusi di colore grigio, di cui si conserva il collo con corpo di forma presumibile cilindrica, molto affusolata, collo tronco-conico e orlo a fascia schiacciata indistinto (II D2), anse circolari, a sezione ellittica, fra l’orlo e le spalle.9. Anfora Africana II D (Bonifay, type 26) in argilla di colore rosso chiaro-arancione e inclusi di colore grigio, di cui si conserva il collo e un manico con corpo di forma presumibile cilindrica, molto affusolata, collo tronco-conico e orlo a fascia schiacciata indistinto (II D2), ansa circolare, a sezione ellittica, fra l’orlo e la spalla.10. Anfora Africana II B (Bonifay, type 23, pseudo tripolitana), in argilla di colore rosso chiaro-arancione ricoperta da un ingobbio color crema, con inclusi chiare di cui si conserva il collo e un solo manico con l’attacco del corpo cilindrico espanso, spalla discendente, collo tronco-conico, orlo a fascia, labbro svasato, ansa robusta, fra l’orlo e la spalla, a sezione ellittica.11. Anfora Africana II B (Bonifay, type 23, pseudo tripolitana), in argilla di colore rosso chiaro-arancione, con inclusi chiari di cui si conserva il collo e parte della spalla, con l’attacco del corpo cilindrico espanso, spalla discendente, collo tronco-conico, orlo a fascia, labbro svasato, anse robuste, fra l’orlo e la spalla, a sezione ellittica.12. Anfora Africana C1, ad impasto depurato di colore grigio, con inclusi, di cui si conserva il collo e i manici, con corpo probabilmente globulare, corpo basso cilindrico, orlo a fasce rilevate, anse semicircolari.13. Anfora Dressel 23, ad impasto depurato di colore - grigio con inclusi, di cui si conserva il collo e i due manici con corpo probabilmente globulare; collo basso cilindrico, piccolo orlo a sezione triangolare con leggero solco, anse ad orecchie di forma circolare.14. Anfora Dressel 23, ad impasto depurato di colore grigio rosso con inclusi, di cui si conserva il collo e un manico con corpo

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33. Coppa a listello tipo Hayes 51D (decorazione a rotella), h. cm.6; diametro orlo cm. 20,5.34. Coppa tipo Hayes 9B, h. cm. 7,835. Frammento dell’orlo e delle parti di piatto tipo Hayes 42.36. Frammenti di coppa tipo Hayes 44; a) parte di orlo e tesa, cm. 7,3; b) parte di orlo e tesa, cm. 8,5; c) parte di orlo e tesa cm. 10; d) parte di orlo e tesa, cm. 6.

* Il catalogo è di Giovanni Distefano, dal n° 1 al n°15 di Randello e dal n° 5 al n° 30 di Femmina Morta; di Saverio Scerra dal n° 1 al n° 4 e il n 14 di Femmina Morta, e di Annamaria Sammito, dal n° 31 al n° 36 di Femmina Morta.

probabilmente globulare; collo basso cilindrico, piccolo orlo a sezione triangolare con leggero solco, ansa ad orecchie di forma circolare.15. Anfora Dressel 23, ad impasto depurato di colore grigio con inclusi, di cui si conserva il collo e una ansa con corpo probabilmente globulare; collo basso cilindrico, piccolo orlo a sezione triangolare con leggero solco, ansa ad orecchie di forma circolare.16. Anfora Dressel 23, ad impasto depurato di colore roso con inclusi, di cui si conserva il collo e un manico, con corpo probabilmente globulare; collo basso cilindrico, piccolo orlo a sezione triangolare con leggero solco, ansa ad orecchie di forma circolare.17. Anfora Dressel 23, ad impasto depurato di colore rosso con inclusi, di cui si conserva il collo e parte del corpo globulare; collo basso cilindrico, piccolo orlo a sezione triangolare con leggero solco, anse ad orecchie di forma circolare.18. Anfora Dressel 23, ad impasto depurato di colore rosso con inclusi, di cui si conserva il collo e i due manici con corpo probabilmente globulare; collo basso cilindrico, piccolo orlo a sezione triangolare con leggero solco, anse ad orecchie di forma circolare.19. Pentola in piombo schiacciata originariamente a corpo emisferico, orlo ispessito, diametro bocca cm. 1620. Bicchierino in piombo, integro, con corpo cilindrico; diametro fondo cm.6, h. cm. 721. Pentolino in rame schiacciato con consistenti tracce di bruciato, con corpo di forma cilindrica, anse ad anello; h. cm. 8,522. Peso in piombo di forma tronco conca cilindrica gr. 320; diametro cm. 623. Peso in piombo tronco-piramidale gr. 430; diametro cm. 624. Ansa in bronzo frammentaria con attacco25. Tubo di sentina a sezione circolare con rivestimento, diametro cm. 1,7, lunghezza cm. 3526. N° 6 chiodi in bronzo a sezione circolare, con testa circolare, lunghezza cm. 5,727. Fibula in bronzo cuneiforme con attacco dell’ardiglione.28. Fibula di forma rettangolare con ardiglione.29. Pentola mancante del fondo con due anse ad anello verticali, con forti incrostazioni di affumicazione; diametro bocca cm. 1130. N°15 tubuli peduncolati, frammentari, in argilla chiara con vistose scanalature sulla superficie.31. Frammento di piatto tipo Hayes 58A, orlo a corta tesa, lungh. cm. 15,05.32. N°3 frammenti di piatti tipo Hayes 67, orli e parti delle pareti ; a) lungh. Cm. 16,5; b) lungh. cm. 16,50; c) lung. cm. 8.

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Note(1) Di Stefano 1998(2) Parker 1976-77, p. 622-628; Tortorelle 1981, p. 364-365; Guerrero 1989, p. 32; Parker 1982, p. 177(3) Wheeler – Locker 1985, pp. 97-100: Parker 1989, pp. 650-653; Throlkmorton 1988, p. 70; Parker 1992. p. 364; Di Stefano 2002, pp. 635-641(4) cfr. Parker 1989; pp. 650-653; Parker 1992, p. 364; Di Stefano 2002, pp. 635-641(5) cfr. Parker 1989, fig. 1; Archivio Soprintendenza di Siracusa, prot. n.2/10/1 Randello(6) Parker 1989, p. 650. Al Museo di Camarina sono pervenute sei anfore intere, sei anfore mancanti di parte del corpo e vari altri frammenti (circa un centinaio di frammenti ceramici, otto chiodi), cfr. relazione del 3 novembre 1982, prot. n. 9313, già Archivio Soprintendenza di Siracusa.(7) Di Stefano 2002, p. 635(8) Keay 1984, pp. 149-155(9) cfr. Di Stefano 2002, p. 628(10) Di Stefano 1984, p. 637, Parker 1989, p. 650(11) Throckmorton 1988, p. 70(12) Wheeler – Locker 1985, pp. 97-106(13) cfr. Parker 1992, s.v. ; Volpe 2002, pp. 239-250(14) Parker 1992, S.V.(15) Volpe 2001, pp. 10-13(16) Parker 1976-77, pp.622-628; Tortorella 1981, pp. 364-365; Guerrero 1988, p. 32; Parker 1992, p. 177(17) Parker 1976-77, pp. 622-628; cfr. già Archivio Soprintendenza di Siracusa N° 2/10/1,5(18) Parker 1976-77, p. 625(19) Storz 1997(20) Wilson 1992, pp. 97-129; Tomasello 2004, pp. 1908-1870; Scauri 2009, pp. 121-124(21) Wilson 1979, pp. 11-32(22) Per la classificazione dei contenitori africani si è utilizzato Bonifay 2004, pp. 115-117(23) Ibid, pp. 114-115(24) Ibid, p. 115(25) Ibid, p. 114

(26) Parker 1992, p. 364(27) Ibid, p. 363(28) Tortorici 1987, p. 286(29) Atlante 1981, pp. 78-81(30) Bonifay 2000, pp. 210-227(31) Mosca 2002, pp. 481-490

Bibl iograf iaBONIFAY 2004 – M.Bonifay, Etudes sur la céramique romaine tardive d’Afrique, Bari 2004, S. 1301, pp. 110-117DI STEFANO 1988 – G, Di Stefano, Collezioni subacquee del Museo Regionale di Camarina, Firenze 1998DI STEFANO 2002 – G. Di Stefano, Marmi africani e garum spagnolo nel Mediterraneo Centrale: tracce di alcune rotte commerciali di età romana, in L’Africa Romana, Atti del XIV Convegno di Studi, Lo spazio marittimo nel Mediterraneo occidentale: geografia storica ed economica (Sassari 7-10 ottobre 2000), Roma 2002, pp. 627-641GUERRERO 1988 – U.M. Guerrero Ayuso, El material anfòrico, p. 32, in G. Pons Homar e M.M Riera Frau, Excavaciones arqueològiques a de Sen de Mallorca, in Boll. De la Soc. Arq. Lul, 44, 3-4, pp. 622-641MOSCA 2002 - A. Mosca, Aspetti della rotta Roma-Cartagine, in L’Africa Romana, Atti del XIV Convegno di Studio, Sassari 7-10 - 2002PARKER 1976-77 – A.J. Parker, Sicilia e Malta nel commercio marittimo dell’antichità, Kokalos, XXII – XXIII 1976-77, tomo II, 1, pp. 622-631PARKER 1989 – A.J. Parker, Amphores almagro 50 de l’épave de Randello (Sicilia), in Amphores Romaines et histoire économique, dix ans de recherche (Coll. De l’E’cole Francaise de Rome, II, 4) Roma 1989, pp. 650-653PARKER 1992 – A.J. Parker, Ancient shipurecks of the Mediterranean e the Roman provinces, in BAR International Series 580, 1992, p. 177, p. 364KEAY – S.J. Keay, Late Roman amphorae in the Western Mediterranean. A Typology and economic study. The Catalan evidence, in BAR, Int. Series, 196, 1984, pp. 149-55PONSICH – M.Ponsich, Aceite de Oliva y salazones de pescado, Madrid 1988, pp. 48-65SCAURI 2009 – AA.VV., Il Relitto tardo – antico, Scauri a Pantelleria, Palermo 2009STORZ 1997 – S. Storz, La tecnica edilizia romana, Milano1997

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TORTORELLA 1987 – S.Tortorella, La ceramica africana in un riesame della problematica, in Céramiques hellenistiques et romaines, II, paris 1987THROCKMORTON 1989 – P. Throckmorton, Atlante di Archeologia subacquea, Tomo 19TOMASELLO 2004 – F. Tomasello, Una volta leggera del II secolo a Leptis Magna, in Africa Romana, Atti XV Convegno, Roma 2004, pp. 1809-1820VOLPE 2001 – G. Volpe, Censire i relitti del Mediterraneo in età tardo antica, in L’Archeologia subacquea, VII, 2, 2001, pp. 10-15VOLPE 2002 – G. Volpe, Relitti e rotte commerciali nel Mediterraneo occidentale tardoantico, in Africa Romana, Atti del XIV Convegno di Studi, Sassari, 7-10 dicembre 2000, Roma 2002, pp. 239-250, pp. 481-490.WHEELER – LOCKER 1985 – A. Wheeler e A. Locker, The estimation of size in sardines (Sardina pilvhardus) from amphorae in a whach at Randello, Sicily, in Journal of Archeological Science, 1985, ppp. 197-200WILSON 1979 – R.J. Wilson, Brik and tiles in Roman Sicily, in BAR, 68.1979, pp. 11-32WILSON 1992 – R.J. Wilson, Terracotta vaulting tubes (tubi fittili).on their origin and distrubution, in J.R.A., 5, 1992, pp. 97-129.

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