Numero 24 giugno 2012 lascuolapossibile
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Transcript of Numero 24 giugno 2012 lascuolapossibile
________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Innova Servizi – www.innovaservizi.it
Pag.1
Pubblicata da Sysform Editore 00131 Roma Via Monte Manno 23 - Direttore Responsabile Manuela Rosci
Edizione cartacea della rivista telematica www.lascuolapossibile.it
Iscrizione al Tribunale di Roma 63/2010 del 24/02/2010
N.24 giugno 2012 Web Content Manager Maurizio Scarabotti
Editoriale
Ma come dovrebbe "funzionare" un docente? La funzione docente di Rosci Manuela - Editoriali
Siamo giunti a conclusione di un altro anno
scolastico e nasce spontaneo dire ... sem-
bra ieri che abbiamo iniziato! La percezione
del tempo che passa è certamente influen-
zata dai nostri stati d'animo, da ciò che ab-
biamo vissuto -nel bene e nel male- da
quanto abbiamo fatto, da quanto siamo
soddisfatti, seppur stanchi.
Ogni anno (ma anche ogni nostra esperien-
za) si conclude con una valutazione, che
può essere anche molto sommaria, tra le
cose che sono andate e quelle che è meglio
dimenticare, anche se spesso è difficile "la-
sciare andare" ciò che ti ha toccato in nega-
tivo, ciò che ti ha ferito.
Abbiamo scelto di dedicare l'ultimo numero
ai bilanci -tasto dolente in questo periodo!-
a ciò che ci siamo portati via di importante,
emozionale, di indimenticabile in questo
anno di lavoro, affiancando anche qualche
nota di rammarico per ciò che non si è riu-
sciti a fare, o non come si sarebbe voluto. I
nostri autori sono stati autentici nel raccon-
tare le loro storie, di oggi come di ieri, di
come si sono sentiti e perché qualche scel-
ta, di natura didattica quanto relazionale,
abbia lasciato in loro la voglia di donarla, di
raccontarla a tutti noi.
Ma che significa "essere autentici"?
Mi aiuto ricercando su Wikipedia (oggi risul-
ta essere il più gettonato luogo per ricerca-
re spiegazioni, da grandi e piccini!).
Ho scelto:
"Il termine diretto da cui deriva quello di
autenticità è autentico (dal lat. tardo au-
thentĭcus, dal greco αὐϑεντικός, derivato di
αὐϑέντης (che vuol dire "autore"; "che ope-
ra da sé" e che significava in senso lato
"avere autorità su sé stessi"). La parola è
composta da autòs (sé stesso) ed entòs (in,
dentro) e quindi in senso più pregnante au-
tentico può voler dire che autentico è ciò
che si riferisce alla nostra vera interiorità, al
di là di quello che vogliamo apparire o cre-
diamo di essere.
....La ricerca dell'autentica interiorità non è
propria soltanto della filosofia ma anche
della pedagogia che si propone di far emer-
gere con l'educazione l'individuo autentico e
svilupparne le potenzialità che possono
raggiungersi insegnando a non limitarsi nel-
la propria egoità, nel proprio io individuale,
ma a superare l'incapacità di relazionarsi
nel mondo, con quell'"esserci" (dasein) che
ci permette di superare l'heideggeriana
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inautenticità e anonima impersonalità. Ren-
dersi conto attraverso la scienza dell'educa-
zione della centralità della propria persona
inserita in un ambiente sociale dove accan-
to all'"io" esiste anche il "noi".
E ancora:
"Il concetto di autenticità ha una connota-
zione soggettiva e una oggettiva. Per la
prima l'autenticità è la sincerità che l'uomo
ha con sé stesso, quando cioè non si finge
di essere quello che non è, quando è genui-
namente quello che il suo carattere lo fa
essere. A questa interiorità spontanea e au-
tentica deve però corrispondere un coeren-
te comportamento esterno: vi deve essere
un accordo tra le vere caratteristiche inte-
riori e il rapporto con gli altri nel senso che
l'uomo soggettivamente autentico accorda il
suo temperamento a ciò che dice e fa: dice
ciò che pensa, fa quello in cui crede."
Qualche considerazione. Nella nostra fun-
zione docente è importante dunque accom-
pagnare i nostri studenti verso questo per-
corso di "autenticità" che deve poter coniu-
gare la propria persona con quella di tanti
altri che insieme a noi formano l'ambiente
sociale. Non è forse la classe un "ambiente
sociale" predefinito, a disposizione proprio
per apprendere ciò? Non è forse l'azione
quotidiana del "lanciare il sasso nello sta-
gno" -lanciare ad esempio una provocazio-
ne didattica alla classe- che contraddistin-
gue il lavoro di ogni giorno di tantissimi do-
centi, che serve a mettere in gioco se stessi
con il proprio io ma anche con gli altri? Non
è compito della scuola, e quindi della nostra
funzione docente, "aprire le menti" e co-
struire un "noi" che possa essere anche di
supporto a tanti "IO" presenti in ogni clas-
se?
Immaginate quanti siamo a svolgere questa
funzione: probabilmente siamo "l'azienda"
più numerosa, che conta più lavoratori in
assoluto! E tutti svolgiamo l'attività quoti-
diana di accompagnare i nostri alunni verso
quella consapevolezza che ha ragione di es-
sere perseguita proprio nell'ambiente socia-
le per eccellenza, che è stato individuato da
sempre (la classe) come luogo "sociale" do-
ve imparare a fare e a stare ... in modo
"autentico".
Se non siamo convinti che la nostra mission
sia di natura pedagogica (educativa) e non
solo disciplinare (istruttiva) ... COSA CON-
TINUIAMO A DARE CON LA NOSTRA FUN-
ZIONE? Quale valore aggiunto potrebbe es-
serci nell'insegnare qualcosa a qualcuno se
non proprio nella nostro essere AUTENTI-
CAMENTE capaci di accompagnare i più gio-
vani di noi a ragionare diversamente da noi,
a considerare l'altro una risorsa seppur di-
verso da te, a essere leale piuttosto che fal-
so, con se stesso e con gli altri, a guardare
oltre ciò che oggi riesci a vedere, a sentire
il dolore dell'insuccesso quanto la gioia del
successo, a sopportare l'errore quanto l'ec-
cellenza, a sapersi accettare quanto critica-
re ....
Capite bene che sento questa funzione così
importante, così vitale che cerco di essere
autentica nel mio lavoro, cercando di inte-
grare l'aspetto interiore del concetto (l'au-
tenticità è la sincerità che l'uomo ha con sé
stesso, quando cioè non si finge di essere
quello che non è, quando è genuinamente
quello che il suo carattere lo fa essere) con
il comportamento esterno (l'uomo soggetti-
vamente autentico accorda il suo tempera-
mento a ciò che dice e fa) che si sintetizza
bene nel motto: dice ciò che pensa, fa
quello in cui crede.
Ma il mio lavoro non si realizza solo con gli
studenti, si concretizza molto anche nel
rapporto tra colleghi e anche questo do-
vrebbe essere... autentico, nella costruzio-
ne di senso che riesce a dare un gruppo di
persone che potrebbero/dovrebbero condi-
videre la stessa mission e forse anche la
stessa vision!
Ebbene, ciò che mi porto via da questo an-
no, o meglio da un ciclo di vita professiona-
le, oltre che amicale, insieme a un gruppo
di docenti con cui ho lavorato per undici
anni, è che un gruppo (di docenti, ad
esempio!) diventa forte quando i membri
sono autentici non a parole ma a fatti,
quando si è maturi per poter dire ciò che si
pensa (e questo è abbastanza frequente tra
gli adulti) ma altrettanto capaci di mettere
in atto coerentemente il proprio pensiero, di
fare AZIONE che vada verso la realizzazione
di ciò che si dice, all'insegna della condivi-
sione, come risultato di una messa in gioco
di molti ("tutti" è difficile!). Fatti, non solo
chiacchiere!
Quando si costruisce questa identità collet-
tiva, quando ognuno mette in gioco se stes-
so, il suo sé soggettivo al servizio di una vi-
sione comune, una comune ricerca di azio-
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ne ... l'esperienza non solo è gratificante
ma riesce a produrre cambiamenti impen-
sabili, nei singoli e nel gruppo stesso. Que-
sto mi porto via, il lavorare in maniera "au-
tentica" con un gruppo di colleghi.
E' stato fantastico.
Unica accortezza (nota dolente): attenzione
a chi si spaccia per "autentico" e in realtà si
ferma solo a essere ciò che è, senza nessu-
no sforzo per cambiare (azione indubbia-
mente faticosa!) o per condividere con gli
altri, nel mettersi in gioco per il gruppo,
trincerandosi dietro pietose affermazione
(ma io sono così, non è colpa mia!).
Diffidate: spesso sono persone non sincere
... anzi FALSE e, come le monete fasulle,
non valgono nulla, tanto vale non prenderle
in considerazione, evitarle .... non esistono
per me!
Grazie a tutte/i veri autentici che ho incon-
trato nel mio cammino, sono molti, ma mol-
ti di più delle persone che non lo sono.
Manuela Rosci
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In questo numero di giugno 2012
Area Tematica Titolo Autore
Ma come dovrebbe "funzionare"
un docente? Rosci Manuela
Cuore di Cinema Riccardi Barbara
Re Artù e la Tavola Quasi Rotonda Lucci Laura
Se hai una montagna di neve,
tienila all'ombra Ansuini Cristina
Alunni speciali La redazione
BIZ Factory 2012 premia l'eccel-
lenza imprenditoriale giovanile La redazione
QUELLO CHE NON HO... La redazione
Amore di sé Riccardi Barbara
La mia collega. Agolino Simona Lo-
retta
Una rosa blu Crasso Antonella
Golia Amore a prima vista Riccardi Barbara
Meglio saltare o... superare l'osta-
colo? Nucera Roberto
Hanno collaborato in questo nu-
mero giugno 2012 La redazione
IL DOCENTE è soprattutto una
docente? Un mondo precario al
femminile?
Presutti Serenella
Insegnante curricolare o di soste-
gno? Traversetti Marianna
Promozione e respingimento? Sabatini Roberto
Qualche rammarico? Infantino Aminta Pa-
trizia
Raffaella, un'insegnante, il mio
mito Paci Lucia Giovanna
Il futuro sono gli e-book! Monacelli Rodolfo
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DDalla prima pagina
Dalla prima pagina
Il futuro sono gli e-book! Finalmente anche in Italia? di Monacelli Rodolfo - Scuola & Tecnologia
Ho l'impressione che a proposito di ebook e
dintorni, si corra il rischio di continuare a
ripetere che è 'troppo presto', fino a quando
non ci si accorgerà che, all'improvviso, è
'troppo tardi'(Alessandro Zaccuri, scrittore)
Uno dei fenomeni più interessanti dell'edito-
ria italiana è certamente quello degli e-
book. Un fenomeno nuovo soltanto per il
mercato italiano, mentre nel resto del mon-
do è, se non affermato in base a tutte le
sue potenzialità, consolidato in maniera si-
gnificativa. Basti vedere il mercato ameri-
cano, grazie soprattutto all'avvento di
Amazon, e a quello europeo (andare sui
link indicati per leggersi qualche dato
estremamente significativo).
L'Italia, si sa, è una società e un mercato
estremamente conservatore e dunque l'av-
vento degli e-book è stato, ed è, molto più
complesso. Ma un'inversione di tendenza
esiste.
Grazie, anche in questo caso, all'arrivo della
versione italiana di Amazon nel nostro Pae-
se, la vendita (in particolare del Kindle) di
lettori ad un prezzo più accessibile (il Kindle
base viene venduto a soli 99€) ed una let-
tura che si avvicina molto a quella di un li-
bro di "carta".
Nonostante questi chiari miglioramenti l'in-
cidenza degli e-book sul totale dei libri ven-
duti in Italia è ancora insignificante, poco
più dell'1%, anche se è vero che il numero
dei titoli disponibili, in un solo anno (Maggio
2011/Maggio 2012), sono triplicati.
In parallelo con i titoli sono, inoltre, aumen-
tati anche gli e-book store: in Italia, at-
tualmente, oltre al già citato Amazon, si
possono trovare e-books (gratis o a paga-
mento) anche su Ibs, Bol, Issuu, EbooksIta-
lia, Bookrepublic, e molti altri.
Questo è cer-
tamente un
segnale che
è quello il fu-
turo dell'edi-
toria. Del re-
sto, numero-
si sarebbero,
e saranno, i
vantaggi nel
passaggio
dal libro cartaceo a quello digitale. Dato il
limitato spazio non possiamo approfondire
l'argomento, ma cerchiamo di evidenziare
alcuni aspetti, i più significativi:
- Abbassamento dei costi. Con gli e-book
si abbasseranno i costi per le case editrici e
questo darà loro la possibilità di poter inve-
stire su autori e testi meno commerciali,
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migliorando la qualità complessiva dell'edi-
toria italiana.
- Risparmio ambientale. Con gli e-book
non si utilizzerà la carta ma soltanto il digi-
tale e questo permetterà di non uccidere
milioni di alberi ogni anno per libri, a dire la
verità, che non meriterebbero tutti questi
sacrifici.
- Eliminazione degli sprechi. Con gli
ebook non si potrà assistere a quel feno-
meno esecrabile che avviene oggi nell'am-
bito dell'editoria cartacea. Quel fenomeno,
cioè, per cui, ormai, alcuni libri resistono
nelle librerie poche settimane e vengono, a
seguito delle mancate vendite, mandati al
macero. Questo, con gli e-book (così come
con tutti i prodotti digitali), ovviamente non
potrà succedere.
Come si vede, i vantaggi (e abbiamo citato
solamente i più significativi) degli e-book
sono molteplici. Numerosi vantaggi, nell'uti-
lizzo degli e-book, si avrebbero anche nel
mondo della scuola, partendo dal fatto
che i nostri studenti e figli non dovrebbero
essere più costretti a portare zaini pieni di
decine e decine di libri per tutte le materie.
Anche per gli insegnanti l'utilizzo degli e-
book faciliterebbe di molto il loro lavoro.
Basti pensare, ad esempio, che in un Kind-
le, si possono contenere migliaia di testi
consultabili immediatamente, qualunque sia
il luogo dove ci si trova, sia per formazione
personale
che per mo-
tivi lavorati-
vi.
Perché, dun-
que, non ini-
ziare, già da
queste va-
canze, a su-
perare il no-
stro conser-
vatorismo e
scetticismo e
iniziare a
leggere qual-
che e-book?
Questo, tra
le altre cose,
ci risparmie-
rebbe un bel
po' di posto nelle nostre valigie sempre più
ingombranti. Un consiglio che mi permetto
di dare a tutti i lettori di questa rivista è di
acquistare subito il libro di Esterina Castal-
do, "Il gioco di parole. Lo sviluppo e le
difficoltà di linguaggio", che è possibile
acquistare sul sito della Sysform Editore.
Un libro che ci permettiamo di consigliare
perché estremamente interessante ed in
cui, come scrive l'autrice stessa, <<genito-
ri, insegnanti, educatori, terapisti, ecc...
potranno conoscere il linguaggio, come
si sviluppa, come dovrebbe essere uno
sviluppo normale e come interpretare i
campanelli d'allarme, in modo tale da in-
tervenire il più precocemente possibile>>.
Buone vacanze e buoni e-books a tutti!
Rodolfo Monacelli, staff di Sysform Editore
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Golia Amore a prima vista Un blog laboratoriale per meglio convivere con il nostro migliore Amico di Riccardi Barbara - L'intervista
Un Amore a prima vista durato 18 anni, nel
Bar Termini in Via S. Croce in Gerusalem-
me, in una gelida mattinata di inverno, lui
una pallina di pelo nero arruffato, avvolto in
una sciarpa bianca si è presentato a me.
Oggi dopo tanti anni mi sto chiedendo se è
stato Amore o se è stato l'effetto dopo il
prelievo di sangue e lo stomaco vuoto che
hanno reso fattiva l'audace adozione tra me
e il mio futuro Amichetto.
Mentre ingurgitavo in fretta la doppia razio-
ne di cornetto e cappuccino si avvicina al
bancone un signore distinto con in braccio
un'enorme sciarpa bianca. Incuriosita ma
distratta dal masticare chiedo cosa celava
di tanto prezioso, lui senza proferir parola
prende e inizia a scartare la sciarpa e sor-
presa un esserino dallo sguardo furbetto si
fa intravedere, di colpo lascio cadere nel
piatto il cornetto e afferro il cucciolo di pelo
yorkshire, ci gioco, mi mordicchia, lo stra-
pazzo, mi lecca, lo manipolo, è fatta Eros
ha scoccato il suo dardo...
Il padrone intanto racconta che si tratta del
figlio di Punto e Virgola, i cani della Carrà,
ricordate la sua trasmissione: "Quanti fa-
gioli contiene l'ampolla? Quante lenticchie
..." , io non avevo proprio bisogno di farmi
ammaliare, già avevo deciso: "Golia è
mio"!!" Ora la parte più difficile dell'impre-
sa, arrivare al si di mamma, che dire, si era
già fatta catturare al loro primo scambio di
sguardi. L'ostacolo, papà come la prenderà?
All'unisono, alleate, io e la mamma, deci-
diamo di portarlo a casa: "A giochi fatti non
potrà dire di NO ..."
Così fu! Al primo incontro, frase classica: "O
entra lui o vado io via di casa", e noi: "Be-
ne, d'accordo...", il secondo giorno Golia,
ah dimenticavo il peloso l'avevo battezzato
Golia, primo per simbolismo al gigante
grande, grosso e vincente e poi perché nero
e tondo proprio come una caramella Golia,
in onore al mio nonno amato a cui piaceva-
no da impazzire, terzo per in riferimento al
piccolo di elefante della Walt Disney che ha
messo in salvo i suoi amici di fronte la
comparsa di un topolino; vi stavo dicendo
che Golia non si staccava un momento da
papà, sembrava quasi che avesse capito
che doveva catturarsi le sue grazie con la
sua simpatia e bellezza. Certo l'approccio
non era proprio quello giusto, perché conti-
nuava ad assillarlo mordicchiandogli i lacci
delle scarpe, tanto lo sapeva bene Golia,
nato ad ottobre nel segno anche lui, come il
babbo dello scorpione, fermo e volitivo
avrebbe fatto breccia anche nel più dei gla-
ciali dei cuori.
In realtà papà non è che non lo voleva,
aveva solo paura dei cani, una paura che ha
Dalla prima pagina
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avuto fin da piccolo avendo avuto un'espe-
rienza negativa legata al ricordo/rapporto
dei suoi due boxer di cui i nonni avevano
una passione. Si sa che i boxer sono gioca-
relloni, saltano e non controllano la loro
esuberanza, da lì un brutto approccio di
contatto è stato fatale ad incutergli terrore
dei quattro zampe. L'incontro di Golia con
lui, una volta entrato in contatto, è stato te-
rapeutico riuscendo a superare ogni remo-
ra. Come l'Amore può tutto!!
Proprio di questo, di come un cane può
essere di aiuto per superare paure e
fobie ce lo spiega la nostra esperta
comportamentista cinofila Giulia, la
quale ha creato apposta un blog sul no-
stro "Net for Kids" il social network
under 14. Giulia spiegherà trucchi e me-
stieri per guadagnarci la loro fiducia e la lo-
ro simpatia, come farci ascoltare ed ubbidi-
re senza troppa fatica. Insomma come ren-
dere migliore il rapporto con il nostro mi-
gliore Amico!!
DIMENTICAVO DI DIRVI: tutto questo vale
solo per gli iscritti a NET for KIDS il social
network under 14.
Giulia sono molte le persone che hanno
paura di un cane?
La paura ad avvicinarsi ad un cane appar-
tiene a molte persone. Ci sono persone che
hanno vissuto direttamente, sulla propria
pelle un' esperienza negativa e altre invece
hanno assistito a episodi di "violenza" e ne
sono rimaste colpite.
Perché si ha paura?
La paura riguardo il rapporto uomo-cane è
dovuta al fatto che la maggior parte delle
persone non sa "comprendere" ciò che il
cane ci sta comunicando attraverso il corpo
(il linguaggio non verbale). Alcune persone
credono che tutti i cani che attaccano in
modo lieve o meno un essere umano sono
per forza cani aggressivi e cattivi ma non è
affatto vero, è come dire che quando ve-
diamo una persona litigare con un'altra su
un mezzo pubblico ad esempio pensiamo si
tratti di una persona cattiva "sempre", ven-
tiquattro ore su ventiquattro. È la circostan-
za, il contesto che fa cambiare alle volte il
carattere dell'individuo, uomo o animale
che sia. Ogni reazione e comportamento del
cane ha una logica alle spalle; i cani ag-
gressivi esistono ma con l'esperienza di
persone competenti si possono aiutare a
modificare il loro comportamento.
E' possibile superare la paura dei cani?
Si può "guarire" da queste fobie gradual-
mente ma bisogna avere la volontà di farlo
e ricorrere ad "aiuti" esterni, come ad
esempio possono essere quelli familiari o di
persone competenti in campo cinofilo (l'e-
ducatore e/o il comportamentalista ). Ci si
può avvicinare ad un cane di taglia medio-
piccola (anche se la taglia non ha un gran
valore); maggiore importanza c'è l'ha il ca-
ne che troviamo "carino" anche se facciamo
fatica ad avvicinarci proprio a causa della
nostra paura.
Di che cosa parlerai con i ragazzini su
NET for KIDS?
Affronterò con loro i problemi, i dubbi e le
curiosità circa i cani. E' probabile che qual-
cuno abbia già un cane e potrò dare loro
consigli su come migliorare il rapporto con
lui. Per chi non ha ancora un cane e deside-
ra tanto averlo ... parleremo anche dei ca-
nili e delle attività di adozione che si posso-
no realizzare. Vi aspetto tutti su NET for
KIDS, iscrivetevi al gruppo: IO AMO IL
MIO CANE!!!
Grazie Giulia e complimenti per l'iniziativa
che certamente sarà interessantissima per
tutti gli under 14 che amano i cani.
Barbara Riccardi
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Re Artù e la Tavola Quasi Rotonda ... E così m'invento il medioevo di Lucci Laura - Attività Laboratoriali
Trovo veramente assurdo che un bambino
di 11 anni esca dalla scuola primaria cono-
scendo la storia fino ai romani.
Personalmente, ho sempre pensato che nel-
la primaria la storia si dovesse raccontare
partendo dal proprio vissuto, per passare
poi al vissuto dei genitori, poi dei nonni e
via via indietro fino alla preistoria. Proba-
bilmente, aiuteremmo i nostri ragazzi ad
avere un concetto spazio-tempo migliore,
ma questa è fantascienza lo capisco!
Però trovarci ad avere dei ragazzini di 10
anni che non sanno chi sia Carlo Magno o
Napoleone, che ritengano che Colombo
sia un commissario un po' attempato che
passano solo su rete 4, che non hanno idea
di cosa sia la portata innovatrice di una Ri-
voluzione Francese o una Rivoluzione
industriale, che non conoscano la follia
della guerra che porta popoli fino a ieri ami-
ci a combattersi allo stremo per seguire un
ideale perverso... perdonatemi ma io trovo
tutto questo una follia ed è deprimente sia
come docente sia come genitore:
➢ come docente, in quanto so che il mio
compito è quello di far emergere la Persona
dei miei piccoletti, formare la loro coscienza
sociale e civile... ma con che mezzi... 9 me-
si a parlare di preistoria, altri 9 per i popoli
antichi e altri 9 mesi a parlare dei romani...
come possono i bambini sentire vicino que-
sto percorso?;
➢ come genitore, perché per portare i no-
stri figli ad un museo, o li abbiamo prepara-
ti una settimana prima o ci ritroviamo in fila
per i biglietti a raccontare velocemente 100
anni di storia, oppure quando vediamo un
film - sarà sicuramente successo anche a
voi di vedere un film storico con i vostri figli
e di sfruttare le scene in cui succedeva poco
per raccontare velocemente qualcosa per
far capire loro... una fatica!!!(adesso che ci
penso chi ha inventato il tasto pausa in my-
sky doveva avere un figlio nella primaria)
Naturalmente stiamo parlando di genitori
attenti che credono nel loro compito educa-
tivo, che hanno la coscienza che la loro
prima Chiamata sono i loro figli e quindi
parliamo di figli fortunati.
Ma tutti i bambini hanno questo tipo di ge-
nitori? E i bambini che non hanno genitori
così, vuoi perché presi dal lavoro, vuoi per-
ché non pensano siano importanti queste
cose?
Ma scusate... ma la scuola una volta non
era quell'opportunità che permetteva a tutti
di crescere e scegliere come essere in futu-
ro?
Ok, ci hanno tolto la storia... quindi a noi
insegnanti irriducibili cosa rimane?
LA FANTASIA ... e così m'invento il me-
dioevo!
Ecco co-
me nasce
il percor-
so che ci
porta alla
parodia
della più
famosa
delle
"leggen-
de stori-
che" Re
Artù e i
cavalieri
della
Tavola
Roton-
da.
A settembre presento un progetto di un La-
boratorio Teatrale inserito nei due filoni
cardine della mia scuola: Progetto Fiaba e
Progetto Alimentare.
Partiamo con la lettura in classe di un libro:
"La leggenda di Re Artù - Giunti del borgo":
ogni capitolo ci porta degli approfondimenti
Dalla prima pagina
Medioevo
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Pag.10
e nasce così un quaderno, affrontiamo in-
sieme temi della società medievale, le ca-
ste, gli usi, i costumi.
Vediamo insieme come nasce la cavalleria,
il codice cavalleresco e seguiamo il percorso
del bambino destinato a diventare cavalie-
re. Troviamo il rito d'iniziazione del cavalie-
re, la veglia, la purificazione e il grande
giorno dell'investitura... (internet+libri=
cocktail perfetto) e con dei disegni fissiamo
meglio i concetti.
Passiamo poi alla visione del film "L'ultima
legione" sapientemente epurato delle sce-
ne più cruente da un genio, genitore della
nostra classe, che piace molto e galvanizza
i ragazzi.
Questo ci permette di parlare delle spade
del medioevo e conduciamo così una ricerca
sulle spade più famose. Ci soffermiamo poi
sui vari personaggi del libro, come si pre-
sentano e quali sono le valenze positive o
negative che incarnano: Re Artù, Merlino,
Ginevra, Lancillotto, Morgana e i vari cava-
lieri.
Ogni tanto ci rilassiamo con qualche punta-
ta di "King Arthur and the Knights Of
Justice" , un cartone animato intriso di va-
lori cavallereschi, che ha accompagnato i
bambini ad identificarsi nei vari cavalieri e
nelle varie dame. Parallelamente viene se-
guito un percorso di educazione alimentare
che porta i bambini a conoscere le regole
della corretta alimentazione che privilegia
una dieta sana ed equilibrata.
Alla fine del nostro percorso portiamo a tea-
tro una parodia della storia di Re Artù, con
un Merlino dietologo, che impone diete
strettissime ai cavalieri per far raggiungere
loro una forma perfetta, ma i cavalieri tro-
vano un escamotage per beffare Merlino. Il
finale tragicomico porta Merlino a riflettere
e a trovare il giusto equilibrio.
Abbiamo imparato cose nuove, abbiamo
condiviso un periodo storico che, forse in
pochi gesti, è ancora presente nella vita di
oggi e ci siamo divertiti.
... QUESTA È LA SCUOLA IN CUI CRE-
DO!
Laura Lucci, docente 70°CD Falcone - Roma
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Pag.11
QUELLO CHE NON HO... Io bambino scolaro italiano(perché tutte queste cose me le hanno tagliate:costavano troppo!!!) di La redazione - Dalla redazione
· Una Scuola a Tempo Pieno di qualità
(ce l'avevo, me l'hanno distrutta!)
· due maestre (oggi ne ho tantissime che
vanno e vengono nella mia classe e io e non
capisco più chi di loro insegna che cosa!)
· una maestra specialista di inglese, se
le mie maestre non conoscono bene la lin-
gua straniera (adesso la insegna una di lo-
ro, dopo un corso online di 50 ore... ma lei
aveva studiato solo francese e tanto tempo
fa!)
· il tempo per crescere, imparare in modo
tranquillo, essere ascoltato e ascoltare i
compagni (si corre, si aprono e chiudono
quaderni diversi, si risponde a tantissimi
test e quiz , non si può ragionare con cal-
ma, non si può sbagliare!)
· i laboratori (non c'è più chi ci può segui-
re come prima, quando, a piccoli gruppi, di-
pingevamo, utilizzavamo i computer, suo-
navamo gli strumenti musicali, preparava-
mo spettacoli, scrivevamo giornalini...)
· il tempo per giocare in giardino o in
palestra e per chiacchierare e discutere
un po' con i compagni e le compagne
(adesso le ore a disposizione sono pochis-
sime, non più di 27 e maestre e maestri ci
dicono che dobbiamo leggere, scrivere, ad-
destrarci a rispondere alle prove di ma-
tematica e di lingua, studiare senza di-
strarci, per essere premiati come alunni
migliori e poter far premiare la nostra
come la scuola migliore delle altre : "ma"
dico io "siamo in una corsa ad ostacoli"?)
· il tempo per guardare le cose con
calma, dentro e fuori della scuola e
farmi domande a cui rispondere con l'aiu-
to dei compagni e delle maestre (niente
più visite guidate al quartiere, ai luoghi
importanti della mia città, ad altre città e
paesi d'Italia, ai parchi, alle biblioteche, ai
teatri... non c'è più chi possa accompa-
gnarci, perché siamo sempre con un solo
insegnante e non ci sono più soldi da in-
vestire né della mia famiglia, né della
scuola)
· il tempo per conoscere i miei compa-
gni di altri Paesi (non c'è modo per ascol-
tare i racconti e per scambiarsi esperienze
con i compagni di classe o di scuola che
vengono da lontano, ma non c'è neanche
tempo per scrivere a "compagni di penna"
di Paesi europei con i quali, in passato, ab-
biamo anche realizzato progetti Come-
nius)
· la carta igienica, il sapone, i materiali
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per l'igiene personale (veramente questi
sono sempre stati pochissimi, ma adesso
proprio non ce ne sono più e devono com-
prarli i nostri genitori)
· una scuola pulita, bella, in ordine (mi
dicono che ci sono sempre meno soldi per
chi rimette in ordine e lava la mia scuola e
per chi dovrebbe realizzare i lavori di manu-
tenzione dei locali)
· i miei cari bidelli (adesso si chiamano
collaboratori scolastici, ma sono sempre di
meno e non posso chiedere niente a nessu-
no quando ho bisogno di una mano per ri-
vestirmi, per trasportare materiali dalla mia
classe ad altre, per spostarmi dentro la
scuola, per essere accudito se sono mo-
mentaneamente disabile... per fare una
chiacchierata quando sono stanco o nervoso
e la maestra mi invita a fare un giro fuori
della classe)
· la maestra o il maestro di sostegno,
se ho difficoltà a muovermi, ad impara-
re, a comunicare(ormai l'insegnante che
si dedica a me ha solo un'ora al giorno per-
ché deve seguire almeno altri 3 o 4 bambi-
ni)
Non ho più la scuola accogliente e stimo-
lante che la Costituzione italiana mi ga-
rantiva, perchè la crisi economica del no-
stro paese, come mi hanno spiegato mam-
ma e papà e gli insegnanti, la stiamo pa-
gando noi, i bambini, gli studenti, insieme
ai malati, agli anziani, ai più poveri.
Ma io non credo che questa ingiustizia
possa continuare e chiedo ai miei genito-
ri, ai maestri, ai ministri, ai politici, alle per-
sone di cultura, a chi lavora in TV e nei
giornali... di darsi da fare per restituire a
me a ai miei compagni quello che ci spetta
perché possiamo crescere sani, e diventare
adulti interessati e CITTADINI CAPACI DI
RAGIONARE CON LE NOSTRE TESTE.
dal web
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Una rosa blu Sfogliando pensieri di un anno tra i banchi di scuola di Crasso Antonella - Integrazione Scolastica
Il mio anno scolastico si è concluso con una
rosa blu, donatami dai miei alunni della
seconda: un gesto d'amore, posso dirlo con
certezza, a mettere il sigillo su un anno vis-
suto insieme tra tante difficoltà,problemi e
crescita reciproca.
La classe mi è stata assegnata a settembre,
tutto era nuovo, la scuola nella quale mi ero
appena trasferita dopo l'immissione in ruo-
lo, grandi numeri, molti colleghi con i quali
avrei lavorato, tutti da conoscere tra incer-
tezze e un nuovo universo lavorativo e
umano da scoprire: come al solito io mi so-
no buttata con entusiasmo in questa nuova
avventura, cosciente che, nonostante le ap-
parenze non tutto sarebbe stato rose e fio-
ri..(rose blu a parte,s'intende!).
La seconda è una classe prevalentemente
femminile, i ragazzi sono pochi e piccoli ri-
spetto alle femmine, le quali invece sono
estremamente vivaci e battagliere, molto
più avanti dei maschi in tutto... c'era anche
da gestire una new entry molto problemati-
ca che ha un po' alterato i già difficili equili-
bri, una ragazza troppo bella e mai davvero
accettata e un consiglio di classe con alcuni
rapporti interni difficili... il tutto condito da
una grande diffidenza iniziale verso l'inse-
gnante e la collega nuova, ancora una volta
tutto da dimostrare!
Gli inizi non sono stati per niente facili:
uscivo da quella classe con l'impressione di
essere trasparente, con l'amara sensazione
di non aver dato il mio contributo significa-
tivo,con la sofferenza di vedere questi ra-
gazzi che emotivamente erano come ragge-
lati, non riuscivano a lasciarsi andare, diffi-
denti e totalmente privi di espansività.
Ho capito che un anno così non lo potevo
passare, pena lo spegnere in me quel fuoco
che invece è sempre vivo di competenza
emotiva e di interazione significativa, e così
dal mio cantuccio accanto al ragazzo (fan-
tastico) che ho seguito quest'anno, ho co-
minciato con lo spostarmi fisicamente in un
luogo nel quale fossi visibile a tutta la clas-
se e potessi vedere tutti e poi, sfruttando le
tante ore di italiano in compresenza, ho
cominciato ad intervenire durante le lezioni,
apportando pian piano il mio patrimonio di
esperienze e di conoscenze.
In questo è stato molto importante l'appor-
to della mia collega di italiano, una di quelle
insegnanti veramente preparate, intelligenti
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e "toste" che ho avuto la fortuna di incon-
trare, una di quelle che pretende tantissimo
dai ragazzi, ma si spende in maniera totale
per loro: lei ha cominciato ad interpellarmi
a ogni lezione, a lasciarmi spazio, a la-
sciarmi spesso la gestione delle discussioni,
ad affidarmi gruppi, progetti, in pratica in
poco tempo e davanti ai ragazzi non poteva
fare più a meno di condividere con me ogni
decisione e ogni strategia.
Questo ha cambiato significativamente le
cose, gli stessi alunni hanno avvertito una
presenza che per loro poteva essere (come
sempre dovrebbe) importante e costituire
una risorsa preziosa e il loro atteggiamento
in breve è completamente cambiato: con
gioia li ho visti da allora ogni giorno cer-
carmi, e soprattutto affidarsi a me, confida-
re ogni paura sia a livello scolastico che sul
piano personale. Ricordo a proposito una
cosa che mi ha tanto commosso!Verso
maggio la classe è partita per un campo
scuola (al quale loro volevano tanto che io
partecipassi, ma, ahimé, dolenti note, nes-
suno si è sognato di chiedermelo...) siamo
rimasti un po' di giorni senza vederci, anche
perché quando loro sono tornati, per alcuni
giorni non ci sono stata io e nel frattempo
la classe aveva avuto una serie di problemi
e discussioni.
Morale: quando ci siamo rivisti si sono pre-
cipitati ad abbracciarmi dicendomi :"Prof, ci
è mancata tantissimo, finalmente torna il
sole in questa classe, rivediamo la luce!!".
Erano così contenti di vedermi che lì ho ve-
ramente capito di aver fatto breccia nei loro
cuori ed è una sensazione che niente può
descrivere. Un'altra cosa simpatica che mi è
capitata è stata quella di quando sono par-
tita per portare mia figlia ai campionati di
danza e insieme alla squadra è partita an-
che una delle mie alunne, una delle più
brave, insieme alla mamma, la quale, dopo
alcuni giorni di reciproca conoscenza mi ha
confidato:"Prof, non dica a mia figlia che
gliel'ho detto, ma parla sempre di lei e dice
che lei è davvero speciale!".
Potrei continuare con le note liete, ce ne
sono state molte che hanno reso i miei
giorni ricchi e pieni, ma... c'è sempre un
"ma" quando si tratta di scuola, di rapporti
umani, di persone che il caso ha messo in-
sieme. E c'è che a parte i già citati casi di
colleghi "illuminati", siamo ancora lì... la
cultura del sostegno proprio fa fatica
ad attecchire e accanto a persone che
sono consapevoli della loro inadegua-
tezza in merito e che però si ingegnano di
chiederti, di informarsi, di consigliarsi, di
aggiornarsi, c'è chi demanda fortemente
all'insegnante di sostegno la gestione to-
tale delle situazioni che vedono coinvolti gli
alunni in situazione di handicap, ma non
con l'umiltà di chi non sa come gestire,
bensì con la supponenza di chi, sostanzial-
mente se ne lava le mani.
A malincuore devo dire che, in tante occa-
sioni, anche i "vertici" che dovrebbero evi-
tare il presentarsi o peggio il ripetersi di
certe situazioni, non l'hanno fatto, anzi,
hanno avallato penose situazioni, costrin-
gendo spesso noi docenti di sostegno a gi-
rare come trottole nel solito, avvilente, ruo-
lo di tappabuchi, ormai così invalso in certi
contesti. E poi, quel che è peggio,consigli di
classe spesso spaccati nella considerazione
di ciò che è un alunno al momento di deci-
dere della sua bocciatura. Quest'anno, no-
nostante tutti i miei sforzi, la ragazza nuova
è stata fermata, non sono riuscita a far
cambiare idea ai miei colleghi, a fronte di
una situazione personale e familiare dell'a-
lunna per la quale una bocciatura sarebbe
stata (per giunta è già la seconda) inutile e
dannosa. Certo,il dato numerico è incontro-
vertibile, tante insufficienze, la matematica
che nella sua fredda oggettività condanna
ragazzi così... ma ho posto il problema
se un ragazzo,un adolescente, non
possa essere considerato qualcosa di
più di una sequenza di numeri su una
scheda di valutazione, se la tanto sban-
dierata considerazione dell'alunno nella sua
totalità e globalità (e quindi con i suoi vis-
suti problematici) non venisse prima di tut-
to, anche prima del profitto... ma nessuno
ha voluto prendersi la responsabilità di ca-
pire e questo mi ha ferito molto.
Il non capirsi sulle cose importanti, il voler
imporre a livello personale le proprie opi-
nioni, facendo valere il proprio "peso"di do-
cente che conta, la mancanza di quella fles-
sibilità di pensiero tanto necessaria nei no-
stri consigli di classe, la cecità di non voler
vedere oltre le apparenze sono cose sulle
quali, credo, sia sempre attuale riflettere.
E così un altro anno se ne è andato e sfo-
gliando i petali della rosa blu ho ricompo-
sto il mosaico delle vittorie e delle sconfitte
di quest'anno, ricordando, valutando, pro-
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grammando, che, se non sono state sempre
vittorie, almeno sono stati dei bei pareggi...
e in tempi di Europei di calcio la cosa è
quanto mai attuale!
L'ultimo regalo di questo anno scolastico
me lo ha fatto il "mio" AEC, un ragazzo
splendido con il quale abbiamo lavorato be-
nissimo; mi ha regalato il catalogo della sua
mostra di pittura (è un giovane artista do-
tato e quotato...) con la dedica:"Ad Anto-
nella, tanto generosa e gentile".
Grazie per aver compreso lo spirito col qua-
le lavoro, grazie per aver colto l'essenza.
Antonella Crasso, docente di sostegno SMS
E.Mayorana – Roma
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IL DOCENTE è soprattutto una docente? Un mondo precario al femminile? I pregiudizi del passato o le incertezze nel futuro?....quali
speranze e azioni possibili? di Presutti Serenella - Organizzazione Scolastica
Pensa-
re alla
figura
del Do-
cente è
per me
un'a-
zione a
forti
tinte
emoti-
ve e
cognitive...e non potrebbe che esserlo, in
considerazione del fatto che ho svolto que-
sto ruolo per la maggior parte della mia vita
lavorativa.
Due ordini di considerazioni e linee di pen-
siero vorrei condividere con colleghi lettori
abituali o meno di queste pagine: la prima
a sfondo sociologico, la seconda di tipo più
tecnico/esperienziale, se così si può dire.
" L'insegnante sceglie questo lavoro il più
delle volte per ripiego"...ahimè...quante
volte qualcuno (troppo) spesso si è sentito
legittimato ad esprimere questo retropen-
siero, che altro non è che voce di un pro-
fondo pre-giudizio radicato nel sentire po-
polare dalla nascita della Scuola pubblica
nazionale... ma che, come tutti i pregiudizi
non ha reso e, meno che mai ora rende,
giustizia della realtà.
Questa è una profonda convinzione, credo,
di chi la scuola la fa e la vive tutti i giorni,
ma anche di chi è fruitore attento del servi-
zio.
Esistono scuole di qualità e insegnanti di
qualità che fanno la differenza, ma la ca-
sualità non è più il principio prioritario che
governa la realtà del nostro Sistema d'I-
struzione.
Non più, appunto.
Nonostante la forte femminilizzazione
del corpo docente (...anche della Dirigen-
za...), i forti e radicali cambiamenti sociali
del mondo occidentale, quelli che per capir-
ci attualmente sono in discussione tanto da
mettere in profondissima crisi l'intero asset-
to della vecchia Europa, ci consegnano oggi
un profilo del docente sostanzialmente di-
verso, in linea più con l'"idea di Lavoro" at-
traversata dalle ferite della crisi globale
come anche dalla forza propulsiva della ne-
cessità del cambiamento e dello sviluppo
degli scenari della formazione per le nuove
generazioni.
"Questa schiacciante prevalenza numerica-
ci dice Irene Biemmi, ricercatrice TD presso
il Dipartimento di Scienze dell'Educazione
dell'Università di Firenze - ha indotto molti
a credere che a scuola non ci fossero più
problemi discriminazioni di genere: la scuo-
la, nel sentire comune, appare come uno
dei pochi contesti della società italiana, no-
toriamente maschilista, in cui le pari oppor-
tunità tra uomini e donne vengono effetti-
vamente esercitate.
Questo malinteso nasce, in parte, dall'avere
ipotizzato una correlazione positiva tra la
femminilizzazione del corpo docente e l'in-
teresse per le tematiche di genere, conside-
rate in genere come tematiche di pertinen-
za femminile.
Sulla scia di quanto avvenuto negli anni '70
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insegnante... donna
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del Novecento, si è supposto che le donne
insegnanti si sarebbero fatte naturalmente
promotrici di una cultura più paritaria e più
attenta alle differenze di genere, portando
nelle aule scolastiche le istanze emerse dal
movimento neofemminista. Così non è sta-
to. Diversi studi hanno denunciato una sor-
ta di complicità delle donne-insegnanti nel
perpetuare acriticamente una cultura ses-
sista e conservatrice, trasmettendo alle
nuove generazioni femminili una "cultura
della subalternità" di cui sono state loro
stesse prime vittime."
Inoltre sarebbe opportuno riflettere sul fat-
to che se che fino agli anni '80 la scuola era
da considerarsi un ambito quasi esclusiva-
mente ad appannaggio "rosa" per la parti-
colare organizzazione del lavoro stesso, il
più delle volte a "mezza giornata", come
moltissime realtà ministeriali, che lasciava il
tempo adeguato per occuparsi della (pro-
pria) famiglia, oggi insegnare è conside-
rato un lavoro per lo più precario e di
difficile stabilizzazione, come la quasi to-
talità delle occupazioni... e non solo in Ita-
lia!
I dati divulgati dal rapporto UE "Cifre
chiave dell'istruzione 2012", non lascia-
no scampo: in Bulgaria le insegnanti arriva-
no fino all'80%. Ma calano ai livelli più alti
di istruzione. I dati del rapporto ci conse-
gnano un'immagine della Scuola in Europa
dove le insegnanti donna sono presenti in
maggioranza nella scuola primaria e secon-
daria, tanto da raggiungere il 60%.
In quattro Paesi (Bulgaria, Estonia, Latvia e
Lituania) sono l'80% del corpo docente.
L'età delle docenti europee della scuola
primaria è anche molto alta, specialmente
in Italia, Germania e Svezia in cui la metà
supera i 50 anni.
I docenti della secondaria sono in media più
vecchi di quelli della primaria, infatti preva-
le il gruppo che ha più di 50 anni. In Italia,
ad esempio, gli insegnanti con più di 50 an-
ni sono più del 50%, pochissimi hanno
meno di 30 anni. I docenti della secondaria
più giovani si trovano in Polonia, Portogallo
e d Malta, dove il gruppo dai 30 ai 39 anni è
il più folto, a Malta sono ad esempio più
della metà.
Nella maggior parte dei Paesi UE i docenti
vanno in pensione appena la legge glielo
consente, anche dopo aver raggiunto il mi-
nimo degli anni richiesti. Solo un piccolissi-
mo 5% continua a lavorare dopo aver rag-
giunto i requisiti minimi. E' da notare però
che i requisiti minimi di età per il pensio-
namento sono cresciuti di un terzo in tutti i
Paesi UE dal 2001. (da "Orizzonte scuola",
Giulia Boffo, febbraio 2012)
Pertanto i Precari sono sempre più SENZA
DIFFERENZA DI GENERE, semmai la diffe-
renza e la distanza sono GENERAZIONALI!
Viene da pensare che è ormai di vitale im-
portanza che non si confondano le modalità
di espressione del diritto alle "pari opportu-
nità", o per lo più barattate per tali, che na-
scondano invece pericolosissimi sottrazioni
di altri di diritti... Come, con la più ampia e
necessaria onestà intellettuale, non pos-
siamo più indugiare sulle espressioni di pri-
vilegio, o meglio di spirito corporativo,
rispetto alle differenze nell'impegno di tem-
po lavorativo e di competenza da parte di
alcuni docenti (in numero sempre maggiore
per la verità) che fanno la differenza nell'
Offerta formativa negli Istituti scolastici...
Sono diventata docente alla fine di un per-
corso di studi e di tirocinio in ambito educa-
tivo ma non scolastico; un percorso di ap-
profondimento pedagogico e di specializza-
zione per "piccole comunità" di ragazzi in
difficoltà. Nascevano le esperienze delle ca-
se famiglia e delle equipe psicopedagogi-
che... ma solo sperimentalmente, non pro-
prio, diciamo così, un'occupazione lavorati-
va...
MA NON SONO DIVENTATA INSEGNAN-
TE PER CASO! Semmai, IL CASO MI HA
VOLUTO INSEGNANTE...come, dopo
molti anni, il caso non mi ha voluto Di-
rigente scolastico...
Non è un ragionamento tautologico il mio,
ma la considerazione che l'esperienza in
ambito educativo è preformante per alcune
professioni che hanno (debbono averlo!!) in
comune una matrice culturale e di cono-
scenze che, debitamente approfondite e
specificate, orientano verso alcune attività
lavorative.
Sono profondamente convinta che la forma-
zione iniziale dei Docenti non debba passare
attraverso una forte specializzazione, ma
piuttosto attraverso una serie di esperienze
significative in ambito educativo e formati-
vo, un ventaglio di opportunità formative
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pregnanti che poi l'incontro con la realtà
personale e sociale darà spazio alla scelta
personale...come una sorta di "possibilità
a..." (ricordate il delizioso film "Sliding
doors"?!?)
Se siamo o meno noi stessi a determinare
le scelte che orientano o cambiano le nostre
vite è un tema antico quanto il pensiero
umano...la filosofia e la scienza si sono mi-
surate per secoli su questi temi, senza ri-
solvere il dilemma, naturalmente...
Io sono convinta, come Forrest Gump, lo
strampalato protagonista dell'omonimo film,
che:
...Non lo so... se abbiamo ognuno il suo de-
stino o se siamo tutti trasportati in giro per
caso come da una brezza... ma io credo,
può darsi le due cose, forse le due cose ca-
pitano nello stesso momento. (Forrest
Gump)
Serenella Presutti,
Dirigente scolastico 143°C.D."Spinaceto"
Psicopedagogista e Counsellor professionale
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Raffaella, un'insegnante, il mio mito Ho ritrovato trent'anni dopo la mia professoressa di liceo di Paci Lucia Giovanna - Orizzonte scuola
Ho ritrovato per caso, dopo trent'anni, la
mia professoressa di italiano del liceo.
Non ci siamo visti, ma Facebook ci ha
permesso di parlarci.
L'emozione per me è stata enorme, perché
quest'insegnante è stata un mito, per anni,
per me, e ancora di più oggi, che la vedo
con gli occhi dell'età e dell'esperienza che
ho fatto da genitore, è per me l'Insegnante.
L'opinione in realtà non è personale, ma
condivisa con i miei vecchi compagni di
scuola e a posteriori, oggi, provo a capire
perché.
Raffaella - così si è sempre fatta chiamare,
chiedendo il tu- era allora non ancora tren-
tenne, probabilmente alle prime armi nella
sua professione, ma noi non l'abbiamo mai-
saputo, nel senso che non abbiamo mai
percepito questa sua giovane esperienza,
perché ci è sembrata da subito come una
che sapesse proprio tanto il fatto suo,
con consapevolezza e convinzione.
Eravamo in una scuola parificata, di élite
socio culturale abbastanza alta, sia per
utenza sia per classe insegnante, di buona
borghesia un po' conformista, come
da tradizione e aspettative e Raffael-
la era la rottura, giovane sessantot-
tina, contro gli schemi ma con tanta
sostanza. Anche fisicamente me la
ricordo diversa: capelli corti, jeans e
maglietta, borsa tipo Tolfa a tracolla,
seduta sulla sedia, in maniera morbi-
da, un po'"sdraiata" sullo schienale e
di traverso, specialmente quando in-
terrogava.
Piccoletta ma grintosa, sprigionava
un'autorevolezza potentissima,
per niente intaccata da quel tu, che
era pure abbastanza ragionevole, sia
pure inconsueto, dal momento che
aveva poco più di dieci anni più di
noi.
Credo che questa si basasse sulla forza del-
le sue idee, intese come sapere e cono-
scenza, ma anche come ideali, di quello che
era il suo compito di traghettatrice, di quel-
la che era la sua professione.
Chiacchieravo un po' di tempo fa con Ma-
retta Damiano, che scrive su queste pagi-
ne, e lei, approdata a fare la Dirigente sco-
lastica dopo una vita passata tra i banchi
come insegnante, mi ha dato una definizio-
ne di professione e professore, che mi ha
aperto degli orizzonti: "proprio perché
usiamo questa parola veicolata dalla Reli-
gione che 'si professa perché ci si crede', a
mio avviso un professionista è una per-
sona che crede profondamente in quel-
lo che fa, e ci si spende senza riserve. Di-
versamente da chi fa semplicemente 'un la-
voro'".
Raffaella credeva in quello che faceva e
lo faceva senza riserve, con passione e
fede, entrava nelle cose e ci portava
pure te, in maniera critica, senza supe-
riorità. Noi stavamo con lei, dentro gli ar-
Dalla prima pagina
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Pag.20
gomenti, nei libri, nelle discussioni, alla pa-
ri, in modo dialettico, perché lo scopo era
far funzionare le nostre teste e le no-
stre coscienze, ci veniva dato tanto e
dovevamo muoverci tanto.
Che ricordi, che successo! Ricordo temi di
letteratura, dati come compiti in classe,
particolarmente complessi e strutturati, che
ci lasciava portare a casa, perché potessimo
"studiarci sopra", per poterli elaborare al
massimo, perché quello che contava era
che imparassimo a costruire un discorso di
senso, critico, e non era importante che po-
tessimo "attingere a delle fonti" (copiare?!),
ma anzi, proprio saperle utilizzare. Non era
scontato che prendessi 9, ma se capitava
era proprio perché avevi capito come lavo-
rare e trarre il massimo dal materiale a tua
disposizione.
Quanto ho imparato da quest'autonomia di
lavoro, dalla fiducia che mi è stata accorda-
ta e quanta autostima è risultata dal suo
gioire dei miei successi o dei miei progressi!
Ho ragionato tanto durante quest'anno su
questo, perché mia figlia Benedetta ha avu-
to un'insegnante assolutamente lontana da
questo modello, che si è auto definita "non
un'educatrice" e che mi ha costretto più
volte a pensare a quale fosse, appunto, lo
status di un docente.
Sempre Maretta mi ha detto: "tutti possono
insegnare, ma pochi sono i Maestri, perché
Maestro è colui che lascia il segno"...
Mi viene da dedurre, allora, che un inse-
gnante è colui che ti accompagna, anzi
ti "seduce", nel senso più proprio del ter-
mine, ti porta a sé e con sé, per quella
che, però, rimane la tua strada, con i tuoi
mezzi, i tuoi tempi, i tuoi successi e i tuoi
fallimenti e gioisce dei tuoi risultati, aiutan-
doti a correggere il tiro laddove tu ne abbia
bisogno.
Mi ha scritto Raffaella di recente: " Negli
anni ho insegnato in scuole molto diverse e
ho avuto esperienze diversissime, in alcuni
casi ho avuto anche molta paura perché
portare avanti certe idee era davvero diffici-
le in situazioni dove gli unici valori erano i
soldi o la forza brutale. Eppure, ho sempre
riscontrato che al mio comportamento pri-
ma o poi corrispondeva una risposta, per-
ché i ragazzi cercano esempi, regole e
rigore. Certo devi morire per conquistarti
autorevolezza senza essere autoritaria,
devi essere sempre all'erta..."
Ecco: morire vuol dire ogni volta abbando-
nare delle certezze precostituite e doverle
ogni giorno reinventare nel confronto con
te, nella messa in discussione, senza paura
di raccogliere una sfida, nell'intenzione di
essere un esempio da seguire.
Raffaella ci ha insegnato il valore dell'intel-
ligenza, la regola del lavoro e il rigore
dell'impegno, è stata un esempio perché ha
rispettato queste regole con noi, sempre
mossa dal desiderio di non concedere spa-
zio alla banalità, alla superficialità, alla tra-
scuratezza, così, semplicemente, per fede
naturale o per intenzione, non so bene dove
penda la bilancia, mi verrebbe da dire, in
maniera normale, anche se di normale
Raffaella non aveva niente e, infatti,
non l'ho mai più trovata un'insegnante
come lei!
Lucia Giovanna Paci,
genitore IV Municipio - Roma
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Meglio saltare o... superare l'ostacolo? Non vince il singolo ma il gioco di squadra. di Nucera Roberto - Oltre a noi...
Un altro
anno in
cantiere,
un'altra
esperienza
da mettere
in quella
valigia mai
riposta
nell'arma-
dio, ma
nell'angoli-
no della
stanza o
dietro la porta: semi aperta, pronta all'uso
e a ripartire.
Il lavoro dell'insegnante è quello di chi
socchiude la porta e lascia uno spiraglio
in entrata e in uscita, che sia di luce, la
presa d'aria o d'altro non ha importanza. È
la riflessione sull'operato, l'aver fatto, l'at-
tesa di coglierne i frutti o almeno vederli at-
tecchire e, piano piano, germogliare. È lo
sguardo all'indietro, non malinconico
ma cosciente. È la spinta ad andare
avanti più consapevoli e responsabili.
Quando decisi di intraprendere questo me-
stiere, forse, non ero assolutamente co-
scienzioso. Chi decide di prendere una stra-
da nella quale sa, a priori, che ci saranno
ostacoli da superare!? Ebbene l'ostacolista
lo sa. Infatti è quella persona che sa di do-
ver attraversare un percorso nel quale si ri-
trova a superare (e non saltare) dei cosid-
detti ostacoli e non si tira indietro. Pazzo!?
Assolutamente no. Ha fatto la sua scelta e
per affrontarla al meglio si prepara, si alle-
na, può sbagliare, ma è sempre là, pronto a
dare di più.
Oggi mi sento un po' quell'ostacolista. È cu-
rioso che nel linguaggio dell'atletica non si
saltano gli ostacoli, ma si superano ed in
effetti è quello che accade, anche se non
così nell'immediato come nella specialità,
nell'essere docenti. In realtà dovrebbe es-
serlo per tante cose, se non per tutte.
Bisogna affrontare, superare ciò che ci
si presenta davanti e non schivarlo... o
saltarlo, perché in questa azione manche-
rebbe la presa di coscienza, l'esperienza
della conoscenza, la crescita.
Ogni anno trovo che si parano ostacoli dif-
ferenti, ai quali vorrei dare un'accezione
positiva, almeno nel concetto, vale a dire
punti di vista diversi. Quando lavoriamo con
tante persone, ponendoci una finalità co-
mune è quasi fisiologico che succeda, però,
tutto ciò che è regolare può degenerare
quando si perde di vista l'obiettivo co-
mune appunto e condiviso e si comin-
cia ad andare avanti da soli. Il meccani-
smo si confonde.
Non si può quindi fare a meno di riossige-
nare l'ingranaggio e alimentarlo di chia-
rezza.
La difficoltà sta proprio nella volontà di far-
lo, nell'aprirsi all'altro come un proprio pari,
comprendere che insieme si può fare
squadra e in cui ognuno è parte sostan-
ziale e rilevante.
È in questo gioco di team che l'esperienza
diversa, che distingue i giovani dai "vetera-
ni", diventa arricchente, valorizzante e mo-
tivo di unione, dove ognuno può appren-
dere dall'altro e nessuno si sente una ri-
serva o messo in disparte.
Non si tratta di essere più bravi perché più
anziani o più freschi e ricchi di idee perché
giovani, perché pensando così si intrapren-
de la strada dell'isolamento e prende spazio
quell'immaginario erroneo della propria fun-
zione dove l'io, anziché coniugarsi e sposar-
si con i suoi "simili", si allarga a sproposito
dimenticando di non essere solo.
Questi i propositi che personalmente mi
pongo e propongo, che metto in quel baga-
glio pronto all'uso: percorrere insieme il
percorso, aiutarsi e sostenersi recipro-
camente, imparare a chiedere aiuto quan-
do da soli non ce la facciamo, avere il co-
raggio di dividersi se l'altro fa solo da peso.
Roberto Nucera,
docente di sostegno IC "Carlo Levi", Roma
Dalla prima pagina
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Cuore di Cinema Va' dove ti porta l'Amicizia di Riccardi Barbara - Attività Laboratoriali
L'abilità del fare sta nel vedere e nell'ascol-
tare
J. Krishnamurti
"Tutti i nostri desideri" di P. Lioret evi-
denzia il valore delle relazione umane POS-
SIBILI e il significato dell'Amore!!
L'anno scola-
stico 2011/12,
è stato un an-
no pieno di in-
contri e di
molte prove
alla "Mario
Bros", segnato
dalla fatica ti-
tanica per ogni
cosa, nessuna
facile. Poi, pian pianino, il ritorno del figliol
prodigo ha dato un senso allo scotto pagato
e da pagare.
L'ora del "ripagamento karmico" è arrivata
dall'incontro con persone che usano lo stes-
so canale comunicativo: l'ascolto condiviso,
integrato dal ponderare opinioni, idee e
progetti, adoperando lo stesso "canale
della messa in onda" e soprattutto appa-
gata nel condividere un ruolo di prestigio
insieme ai miei compagni di viaggio, le leg-
gendarie F.S., (no, Ferrovie di Stato), Figu-
re Strumentali Ambito Linguistico Espressi-
vo. Un ruolo che ho investo, grazie alla fi-
ducia e nel credere nelle mie capacità da
parte dei miei colleghi di Plesso, (fiducia
che spero di non aver tradito e deluso).
Orgogliosa di aver fatto parte di questo
team, perché calzante al mio stile di libero
pensiero, creativo e giocoso. Già al primo
nostro incontro, di condutto-
ri/rappresentanti dei pensieri dei nostri
quattro Plessi, si è respirato un'aria amica-
le, in pieno travolgimento di interessi pie-
namente condivisi. Da subito è sbucata dal
cilindro l'idea di progettualità, basata sulla
visione filmica, una recherche di quattro
film sul tema dell'Amicizia in ogni sua
forma, il titolo della rassegna: "Cuore di
Cinema".
Le cose belle della vita
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All'unisono, ci siamo "riconosciuti", interes-
sati e animati in qualcosa che ci aveva già
visto sperimentatori brevettati nel nostro
C.D., con ben due Cineforum di grande im-
patto, a diversa gittata, "i film che uniscono
come mezzo di espressione e comunicazio-
ne".
"Cuore di Cinema" e i suoi obiettivi:
• Proporre la narrazione cinematografica
come mezzo per la rielaborazione della
realtà in cui i ragazzi vivono e crescono,
con particolare attenzione al rapporto del
sé e dell'altro, ognuno con le proprie dif-
ferenze di pensiero e di analisi, come valore
aggiunto, sviluppando capacità di osserva-
zione, ascolto e interpretazione della realtà.
• Stimolare lo sviluppo delle proprie capaci-
tà relazionali.
• Sviluppare le competenze coerenti per
l'acquisizione di analisi della trama e dei
personaggi.
• Sviluppare competenze
avanzate nell'utilizzo delle va-
rie possibilità espressive forni-
te dagli strumenti audiovisivi.
• Creare degli elaborati con
l'utilizzo in modo trasversale
di ogni disciplina.
• Acquisizione delle capacità
di applicare la metodologia
della ricerca-azione, redigere
una scheda riassuntiva utiliz-
zando diversi linguaggi e mo-
dalità comunicative.
Con "Cuore di Cinema" ab-
biamo brevettato la possibilità
di realizzare anche un labora-
torio di scrittura creativa, gra-
zie anche ad una scheda di
analisi del: titolo, dei perso-
naggi, della trama, del finale e
la creazione di disegni rias-
suntivi del concetto base del
film.
I film quindi come mezzo per
comunicare e sviluppare, so-
prattutto da parte dei più ti-
midi/impacciati e di chi ha dif-
ficoltà, i propri sentimenti, le
proprie emozioni, i propri stati
d'animo e le varie forme di
percezione sensoriale. Le
immagini per dar vita ad
esperienze dove potersi rac-
contare ed entrare in conver-
sazione con tutti senza il ti-
more di essere giudicati ed
essere giudicanti, un'espe-
rienza democratica ed accessibile a tutti. La
visione filmica può diventare lo strumento
ideale per affrontare e comprendere in pro-
fondità delle problematiche complesse, per
favorire e supportare il processo di crescita
personale dei nostri ragazzi, promuovendo
l'individuazione dell'immagine che ognuno
ha di sé all'interno delle dinamiche sociali, e
proponendo una didattica progettuale ed
interattiva di ricerca e confronto di concet-
ti e contenuti.
Grazie a questo esperimento abbiamo visto
che stimolare culturalmente e concettual-
mente, attiva interessi e motivazioni e i ra-
gazzi sono portati a dare il meglio di sé in
ogni situazione, approfondendo in maniera
creativa dialoghi, ricerche, analisi e con-
fronti. Da questa analisi siamo pronti a con-
fermare che possa divenire una nuova stra-
Cuore di cinema
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tegia di pensiero critico, creativo e posi-
tivo, una vera e propria innovazione didat-
tica da trasferire all'interno della Scuola, da
applicare ad ogni disciplina come salvagen-
te per un dialogo che avvicini alle nuove
generazioni e rimuova gli ostacoli del loro
disagio per mancanza di motivazioni,
nell'incapacità di vedere e di trovare nella
Scuola un percorso futuro. Un intervento
educativo, in cui i giovani divengono i pro-
tagonisti del cammino formativo e culturale,
come strategia di intervento e/o prevenzio-
ne, dove poter esprimere le proprie emo-
zioni, i propri sentimenti e il proprio senti-
re/vedere ognuno dalla propria "angolatu-
ra".
Il Cinema, quindi come nuovo strumento di
comunicazione nel percorso educativo sco-
lastico, un linguaggio per tutti che supera le
barriere e "allarga la visione".
Con l'intento di ampliare ancora questo
Progetto, per il prossimo anno scolastico, è
stata "ripromessa" quest'avventura nel
mondo filmico.
Ringrazio tutti per la grande bella esperien-
za condivisa "Cuore di Cinema", con i picco-
li, i nostri ragazzi, e con i grandi, noi docen-
ti! Grazie per la possibilità regalata di
esprimere la mia più grande passione, chi
mi legge lo sa bene, in ogni articolo faccio
sempre uso ad
un riferimento
...
utilizzando trai-
ler o spezzoni,
frasi o foto,
questa è la di-
chiarazione del
mio Amore per
la VII Arte e
verso tutti
quelli a cui
tengo!
Alle prossime avventure!!
P.S. Il filosofo J. Krishnamurti insisteva
nel dire che: "La scuola deve essere un po-
sto dove l'insegnante e l'allievo esplorano
non solo il mondo esterno della conoscenza
ma anche il proprio pensiero e il proprio
comportamento per capire il condiziona-
mento che distorce la realtà. Solo liberi dai
condizionamenti si può veramente impara-
re".
Barbara Riccardi,
docente 143° CD Spinaceto – Roma
Krishamurti
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Se hai una montagna di neve, tienila all'ombra Riflessioni sulla visione di film non banali di Ansuini Cristina - Attività Laboratoriali
Non importa quanto sia stretta la porta,
Quanto piena di castighi la vita,
Io sono il padrone del mio destino:
Io sono il capitano della mia anima.
William Ernest Henley (1849-1903)
Come ho avuto occasione di scrivere, la
comunicazione è una delle parole chiave
della mia vita. Ogni mezzo è lecito e buono
per affrontare un argomento importante,
uno scambio proficuo, una tematica spino-
sa.
Quest'anno, che nonostante le tante diffi-
coltà è stato uno dei più belli della mia or-
mai considerevole carriera di maestra, ho
voluto utilizzare il linguaggio cinemato-
grafico per poter poi creare dei cerchi in
cui far circolare idee, valori, principi, per
seminare un po' di germogli sani, da annaf-
fiare con cura, da sostenere con attenzione,
da curare con praticità.
Ho così sostenuto letture e discussioni con
visioni di film, un po' fuori circuito, ma ric-
chi di spunti comunicativi e di idee su cui
soffermarsi.
Alcuni di questi ci sono decisamente rimasti
nel cuore ed hanno avuto un posto speciale
nel nostro percorso.
Il primo è "I ragazzi del coro", titolo origi-
nale "Les choristes", un film francese del
2004, che ha avuto la nomination all'Oscar
dell'anno successivo.Racconta di una sorta
di collegio di "ragazzi difficili" e di un inse-
gnante di musica che riesce a trasformare
in risorse quelle che fino al suo arrivo erano
state considerate devianze.
Il film ha una caratterizzazione dei perso-
naggi tale, una descrizione così acuta e
puntuale, una poesia così diffusa, che lascia
inizialmente senza parole, con una commo-
zione ed una forza allo stesso tempo che fa
pensare a tutte le occasioni perdute per va-
lorizzare una potenzialità, ma anche al po-
tere dello scambio affettivo, alla ricchezza
del linguaggio musicale, alla positività di un
pizzico di sana trasgressione.
Un altro film speciale è stato "We want
sex equality", un film inglese che racconta
la storia vera di un manipolo di donne ope-
raie che, sul finire degli anni 60, riesce ad
ottenere un adeguamento salariale rispetto
ai colleghi maschi scioperando e protestan-
Attività Laboratoriali
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Pag.26
do contro un colosso dell'industria automo-
bilistica.
È un film che ho avuto qualche timore a
proporre, riflettendo sul fatto che forse cer-
te tematiche sono ancora distanti dal mon-
do di bambini della scuola elementare, ma i
fatti mi hanno poi confortato sulla giustezza
della mia proposta: i bambini sono rimasti
affascinati da questo argomento e lo hanno
poi attualizzato, chiedendo di riportarlo alla
realtà attuale, facendo ricerche e ponendo
domande anche in famiglia.
Le osservazioni sono state anche relative
all'abbigliamento dell'epoca, al linguaggio,
ai rapporti familiari e a quelli tra colleghe
operaie, alle reazioni del mondo maschile...
l'interesse dei bambini è andato ben oltre le
mie più rosee aspettative!
Per la fine dell'anno scolastico ho lasciato
uno dei miei film del cuore, che guardo
quando ho bisogno di una spinta in più, di
riallacciare i fili dei pensieri, di dipanare un
po' dì di nebbie fastidiose: si tratta di "In-
victus", di Clint Eastwood.
È il racconto poetico e stupefacente, della
nascita di una nuova società, quella sudafri-
cana, all'insegna della condivisione, dell'u-
guaglianza, di uno sguardo acceso verso il
futuro per cancellare serenamente gli orrori
del passato.
Al centro c'è Nelson Mandela, che crede
fermamente in una nuova società di uguali,
senza apartheid e che cerca un punto vero,
solido, da cui partire. Trova questo punto
nello sport: il trait d'union tra bianchi e neri
sarà il sostegno alla squadra di rugby suda-
fricana, durante il Campionato del Mondo
che si svolgerà proprio in Sud Africa.
Il neo presidente non ha un compito facile:
deve affrontare il sospetto dei bianchi, che
temono di perdere tutti i loro secolari privi-
legi, e la diffidenza dei neri, che ancora non
vogliono credere all'enormità del cambia-
mento epocale di cui sono protagonisti.
La forza del personaggio sta proprio nella
sua poeticità, nell' aver fatto tesoro di
ogni esperienza,anche la più terribile, rico-
noscendo la preziosità nascosta negli altri e
nel saperla ricapitolare al momento oppor-
tuno. Tutto ciò consentirà di creare un
nuovo spirito nazionale che sarà sugella-
to, proprio come fiabe più belle, con la vit-
toria della Coppa del Mondo.
L'intreccio tra poesia - il titolo è relativo ad
una poesia di William Ernest Henley la
cui forza ha contribuito ad aiutare Mandela
a sopportare tanti anni di prigione - e sport
è davvero trascinante e mette in luce i valo-
ri veri di entrambi questi elementi portanti
della vita: l'emozione, la scrittura, la lealtà,
lo scambio vitale... e come essi possano
avere delle risorse davvero incredibili.
La visione di questo film e le discussioni, le
poesie, i disegni che da esso sono scaturiti,
hanno segnanto un po' la fine di questo an-
no scolastico dandogli un sapore speciale,
unico da conservare tra le cose più care,
come "la montagna di neve da tenere
all'ombra" .
Cristina Ansuini,
Psicologa, Docente presso la scuola "2 ot-
tobre 1870", I.C.Piazza Borgonicini Duca,
Roma
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Insegnante curricolare o di sostegno? Tutte e due, grazie! di Traversetti Marianna - Organizzazione Scolastica
Insegnante curricolare o di sostegno?
Tutte e due, grazie!
Si impara ad insegnare... insegnando agli
allievi con bisogni educativi speciali
Cosa mi "porto a casa" da questo anno sco-
lastico? Sicuramente molto cose, alcune
delle quali assai negative, di quelle che non
vorresti che accadessero in un posto eletti-
vo quale è la scuola, altre molto positive
che nutrono le insegnanti di quella forma di
consapevolezza e di entusiasmo che per-
mette loro di continuare ad andare avanti
nel percorso di insegnamento, al di là di
tutte le nefandezze politiche, ministeriali e
sociali che abitano le istituzioni scolastiche.
Senz'altro ciò che più si fa evidente ai miei
occhi da qualche tempo a questa parte e
che, proprio in questo anno scolastico, si fa
più sentire in me è la scoperta di quanto gli
allievi con difficoltà di apprendimento siano
portatori di un'unicità incredibile: quella di
produrre, in senso pedagogicamente euri-
stico, un cambiamento straordinario nell'a-
zione didattica ed educativa dell'insegnante.
Molto spesso, infatti, si pensa che la didatti-
ca per gli alunni con bisogni educativi spe-
ciali sia cosa a se stante, sia altro dalla di-
dattica quella vera, quella di tutti i giorni,
quella per tutta la classe. Non c'è niente di
più sbagliato. Solo chi insegna ai bambini in
difficoltà, sia nel ruolo di docente curricola-
re sia di sostegno, possiede le competenze
specifiche e generiche nel contempo che
aprono la via a qualsiasi tipo di insegna-
mento, a quello per tutti, essenzialmente.
L'insegnante che si interroga, si forma, ri-
flette e sbatte il muso su proposte mirate a
specifiche disabilità o necessità o difficoltà
riesce ad amplia il suo bagaglio conoscitivo,
in termini di operatività con gli studenti, e
costruisce da sé un'impalcatura salda, sta-
bile e dinamica contemporaneamente, che
sostiene tutte le strategie metodologiche
che possono essere messe in campo nel
processo dell'insegnare e dell'apprendere....
È un'insegnante di serie A, di quelli che
lasciano il segno, di quelli che non si scor-
dano, di quelli che, a volte, sono "ingom-
branti" ma determinati per aiutare le perso-
ne a crescere. E solo chi comprende la ne-
cessità, da docente curricolare o di soste-
gno che sia, di dover partire dai bambini in
difficoltà per arrivare ad una competenza
didattica di qualità e per raggiungere "tutte
le teste", allora si dispone nelle condizioni
ottimali per insegnare. Eh sì, perché non
sempre ci si pone nelle condizioni ottimali.
Non sempre si insegna. Non sempre si in-
segna bene.
Un monito per l'estate è, allora, quello di
ricercare nel proprio patrimonio professio-
nale quegli aspetti che bisogna buttare al
largo , per dimenticarli e non averne nem-
meno un ricordo che, inconsciamente, pos-
sa ritornare alla ribalta; e quelli, invece, che
bisogna andare a raccogliere, con la ma-
schera della consapevolezza e le pinne della
meraviglia, in fondo al mare, per poi portar-
li su, in superficie, avvicinandoli pian piano
alla riva, accompagnandoli con cura e dedi-
zione, sapendo che, una volta giunti in ter-
raferma, saranno i nostri tesori di cono-
scenze, di valori, di competenze, di aspetta-
tive e di credi pedagogici che custodiremo
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gelosamente, per sfruttarne la loro preziosi-
tà in tutte le occasioni in cui vorremo sfog-
giarli mettendoli al servizio degli altri e, so-
prattutto, degli alunni.
L'integrazione degli alunni disabili è una sfida per tutti
Stella Targetti, vicepresidente e assessore alla Scuola della Regione Toscana
Marianna Traversetti,
docente scuola primaria IC Perazzi – Roma
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Promozione e respingimento? La fine dell'anno scolastico di Sabatini Roberto - Organizzazione Scolastica
Questo è il primo anno in cui non ho nulla
che sia andato male, né che sia andato be-
ne, dal momento che ho lasciato il servizio
all'inizio dell'a.s. 2011/2012; ma vorrei co-
gliere l'occasione per esprimere il mio pen-
siero su un aspetto della funzione docente
che nemmeno dopo quasi quarant'anni di
esercizio ha trovato la sua "via". Mi riferisco
alla fine di ogni anno scolastico e alla sua
routine valutativa e selettiva, al suo esito
che, soprattutto nella secondaria di secondo
grado, oscilla tra promozione e respingi-
mento. Quindi soltanto una riflessione su un
momento difficile, non solo per gli studenti,
ma anche per i docenti; una difficoltà di cui
si parla poco perché lo stereotipo prevalen-
te dipinge l'insegnante più come sadico se-
lettore sociale che non come un masochista
rassegnato e tollerante.
Naturalmente si tratta di due estremi che
allo stato puro sono anche estremamente
rari, ma dal momento che l'opinione più dif-
fusa è quella degli insegnanti che arrivano
agli esami e agli scrutini animati da desideri
di decimazione per lo scarso rendimento dei
loro studenti, da sentimenti vendicativi per
la condotta inopportuna che questi ultimi
hanno tenuto e per fare giustizia valutativa
del pessimo rapporto che molti allievi hanno
con il mondo della formazione, spezzerò più
d'una lancia in favore di un'altra categoria
di docenti, meno nota e di cui solo nella
narrativa lacrimevole tipo "Cuore" venivano
presi in considerazione drammi e dubbi,
problemi e stati d'animo.
In realtà per
una fetta
non trascu-
rabile della
popolazione
insegnante il
momento
della valuta-
zione e tutta
la complessa
burocrazia
degli esami
e degli scru-
tini si configura come un autentico con-
flitto di ruolo, ossia come un'incom-
benza inevitabile, prevista e prescritta
nella funzione, ma di cui questi colleghi
avrebbero volentieri fatto a meno.
Se nelle competenze e nei compiti di ogni
insegnante non può mancare la verifica e la
valutazione, va anche detto che il momento
valutativo in senso proprio è decisamente
esterno a quello della spiegazione e della
trasmissione di dati e nozioni, idee e pen-
sieri, è completamente estraneo a quello
della stimolazione delle correlazioni e della
creatività, a quello della interpretazione dei
testi, a quello del trasferimento di padro-
nanza e di capacità di problem solving e co-
sì via.
La misura delle capacità e delle conoscenze
raggiunte da un allievo mi hanno sempre
suscitato le perplessità su cui invito i lettore
a seguirmi. Il primo problema si pone pro-
Organizzazione scolastica
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prio nel merito: valutare bene è diffici-
lissimo e la mania di somministrare
"prove oggettive" è un escamotage che
crea più problemi di quanti ne risolva.
Tutti gli addetti ai lavori sanno benissimo
che anche i migliori test quantificano solo
certi tipi di abilità mentali, sono infatti favo-
revoli a determinati tipi di intelligenza e
diagnostici solo nei confronti di certe disci-
pline.
Questo per tacere del quoziente di fortu-
na che è strutturalmente presente in que-
sto tipo di prove e che può andare dal 25%
nelle domande con risposta a scelta multi-
pla (di solito composte da 3 distrattori e da
una risposta giusta) fino al 50% nelle do-
mande con risposta Si/No, oppure Ve-
ro/Falso.
L'obiezione che ormai il resto del mondo si
sta orientando in questo modo e che se non
vuoi esserne tagliato fuori e perdere com-
petitività devi fare altrettanto ha tutta la
sua validità, ma vuole anche dire andare
dove tira il vento più forte, dove porta la
corrente più potente, scimmiottare gli altri,
chinarsi e obbedire ai vari decisori di turno.
L'argomentare, l'esporre, il periodare, il ra-
gionare, ma anche l'inventare, l'escogitare,
il correlare, il dubitare e l'osare, tentando
nuove associazioni e nuove soluzioni sono
abilità secondo me decisive che non solo
cadono del tutto oltre la portata dei test,
ma persino delle più collaudate forme di ve-
rifica perché il poco tempo a disposizione e
la necessità di sondare l'assimilazione del
semplice programma svolto, si mangiano il
valore diagnostico delle prove e non lascia-
no margini all'espressione delle varie forme
mentis dei nostri studenti.
Più lo studente con cui abbiamo a che fare
è sui generis, personale e originale e più la
valutazione è randomica, aleatoria, poiché
più è individuale la sua prestazione e meno
siamo in grado di effettuare comparazioni e
di misurare la sua preparazione con prove e
criteri che vorrebbero essere anche inter-
soggettivi.
In questi casi viene alla luce la tendenza
dell'istituzione scolastica a omogeneizzare,
a rendere uniforme e seriale la formazione,
a ridurre la creatività e l'unicità personale
degli studenti.
Il secondo problema si pone invece nelle
conseguenze della valutazione, ossia nel
suo aspetto promozionale/selettivo.
Sono convinto che gli esami non fini-
scano mai e che per molti versi siamo
sempre sotto esame, da parte di qual-
cuno, di qualcosa e, spesso, di noi
stessi, che non finiamo mai di valutare la
nostra efficienza, la nostra prestazione, il
nostro successo in tutti gli aspetti del quoti-
diano e ci infliggiamo severe sentenze, o
pessimi sentimenti di colpa e di vergogna.
Per spiegare ai miei allievi che dovevano
considerare normale e accettare la necessi-
tà di essere esaminati, sono arrivato ad
esemplificare che persino tra di loro si valu-
tavano senza pietà, che persino l'innamo-
ramento non risparmiava loro pesanti valu-
tazioni, confronti e competitività: tutti valu-
tano, soppesano, scelgono; chi scelgono? Il
migliore, quello che piace di più, il più
simpatico, il più affidabile, il più caro e
così via e non è piacevole essere re-
spinti in queste materie!
Però questi nostri esami hanno delle conse-
guenze che si collocano su piani diversi da
quelli relazionali, hanno esiti in aspetti che
esulano dal nostro rapporto con i nostri
studenti, si ripercuotono sul loro percorso in
modi e termini che ci sfuggono.
Il fatto è che la valutazione sommativa è
anche una vera e propria promozione so-
ciale; il buon proseguimento della carriera
scolastica dello studente è anche un soste-
gno al più generale processo di inseri-
mento socioculturale della persona.
Questo va bene e ne siamo lieti, ma ciò
vuole anche dire che respingere non è solo
una battuta d'arresto nel percorso formati-
vo dell'allievo, ma anche un ostacolo posto
sul percorso di inserimento socioculturale
della persona.
Possiamo consolarci affermando che la cor-
relazione tra successo scolastico e successo
professionale è modesta e potremmo persi-
no dire che anche la correlazione tra il suc-
cesso professionale e la felicità è contenuta,
ma sappiamo bene che ci stiamo consolan-
do!
Non per nulla alcuni decenni fa venne intro-
dotta la nozione di mortalità scolastica
per indicare gli studenti che venivano re-
spinti e che abbandonavano il ciclo di studi
senza aver conseguito titoli e quello di di-
spersione per individuare e quantificare gli
anni persi e che dovevano essere ripetuti;
due termini che dipingono come pieno di
conseguenze, se non drammatico, perdere
anni scolastici o non conseguire i titoli pre-
visti dal corso di studi.
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Pur sapendo bene che non è possibile né
corretto promuovere indipendentemente dal
merito e che non sempre il tempo scolasti-
camente perso è perso davvero, molti col-
leghi sentono queste scelte, questi giudizi e
le loro conseguenze come problemi, umani
prima di tutto, perché sanno che dietro ogni
studente che non ha superato le prove c'è
una storia individuale, una serie di motivi e
di situazioni che vengono prima della sua
preparazione e che sfociano in quell'esito;
sistemici in seconda battuta, perché non
possono non vedere che è il sistema nel
suo complesso a generare questi imbuti at-
traverso cui si deve passare per affermarsi
negli studi e che conducono ad altri imbuti
volta per volta da superare per affermarsi
nel mondo del lavoro e del successo sociale,
politico.
Dal momento che si sa bene che questo
processo selettivo non è effettuato con pari
opportunità, perché il ventaglio dei vari
vantaggi e svantaggi, dei vari privilegi e
impedimenti è ampio e non dovuto al meri-
to, si ha modo di dubitare che il merito mi-
surato possa essere giusto e dirimente.
Insomma vorrei che gli studenti sapessero
quanta partecipazione, preoccupazione e
apprensione può albergare l'insegnante che
li valuta e che in caso negativo li respinge e
li costringe a ripetere la prova!
Roberto Sabatini
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Qualche rammarico? L'anno è finito di Infantino Aminta Patrizia - Organizzazione Scolastica
Ripercorro con il pensiero l'intero anno sco-
lastico. Sono soddisfatta? Si, assolutamen-
te, dei ragazzi, dei colleghi, delle collabora-
zioni che abbiamo creato. In tutte le classi?
Bhé, non esageriamo, magari fosse così
semplice! Ho due sezioni e in una è andata
meglio dell'altra. Ho avuto più spazio per
lavorare sulla classe. I colleghi mi hanno
dato il tempo necessario per affrontare te-
matiche integrative e per stimolare i ragazzi
con le tecniche attive collaborative. Ne sono
emerse menti curiose e motivate, anche se
spesso la creatività genera caos e disordi-
ne.
L'altra classe, invece, è stata impostata su
lavori culturalmente più nozionistici e, di
fronte a un brainstorming, un problem sol-
ving o a un circle time, i docenti temevano
la perdita di tempo. Per non parlare del
computer! Si ha ancora il timore che rubi
spazio al nozionistico. E i lavori creativi?
Roba da elementare, ormai devono avviarsi
al liceo! Mi rimane il rammarico di non aver
insistito a volte ma, del resto, in questa
scuola non mi conoscevano ancora e io ho
scelto di entrare in punta di piedi!
Eppure qualche lavoro creativo informatico
in più mi sarebbe piaciuto farlo!
Soprattutto per prepararli agli esami.
La rivoluzione digitale del XXI secolo por-
ta con se un divario tecnologico tra le espe-
rienze dei ragazzi e quelle degli insegnanti.
E' un divario che dobbiamo evitare che ci
allontani. I nostri ragazzi sono digital nati-
ve, per usare un termine coniato da Marc
Prensky, perché sono nati durante l'era di-
gitale e sono cresciuti con le tecnologie di-
gitali. Sono madre lingua.
Noi docenti siamo ancora tutti digital im-
migrant, dobbiamo destreggiarci, impara-
re, stare al passo con i tempi, ma è anche
vero che noi siamo il ponte tra il prima e il
dopo rivoluzione e abbiamo il dovere di in-
dirizzarli verso il giusto uso delle tecnologie.
Il modo di relazionarsi cambia e si svilup-
pano difficoltà relazionali. La tecnologia in-
formatica è un mezzo che motiva maggior-
mente i ragazzi ma va utilizzato in modo
razionale, spesso i percorsi vanno persona-
lizzati ma, soprattutto, va compreso
quando è il caso di utilizzare il digitale
o il tradizionale. È come se volessimo so-
stituire l'aereo con la bicicletta. Ogni cosa
ha il suo tempo e va usata a suo tempo.
Sarebbe inopportuno, disagevole e dispen-
dioso recarsi a scuola in aereo anziché a
piedi. Personalmente sono maggiormente
orientata a muovermi a piedi, in bici, in
macchina, ma sempre più spesso a scuola
siamo forniti di aule interattive, virtuali con
computer, internet, LIM, dove si può impa-
rare ad usare elementi di informatica, invia-
re mail, word, powerpoint. Il computer nella
didattica psicopedagogica potrebbe appor-
tare un contributo rilevante senza sostituirsi
ai libri e alle tecniche attive 'face to face'.
E noi docenti, se fossimo formati meglio,
potremmo utilizzare questo strumento per
incuriosire e per motivare.
Altri rammarichi? Si, l'uso delle prove in-
valsi agli esami. Lungi da me qualsiasi po-
lemica al riguardo. Oggettivamente noto
che i risultati delle prove invalsi sono diso-
Organizzazione scoalstica
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rientanti e lasciano una sorta di amarezza
in noi e nei ragazzi più 'studiosi'. Per qual-
che ragazzo anche a questi ultimi esami di
terza media sono state quasi paralizzanti.
Per assurdo sono andati meglio i ragazzi
che andavano peggio.
Mi sforzo di capire perché e poi
mi sorge un dubbio. Sono pro-
ve che valutano la logica più
che i saperi e questa si svilup-
pa più con le tecniche pedagogi-
che attive che aiutano ad appli-
care il ragionamento alla cono-
scenza.
Aiutano ad acquisire competen-
ze, a risolvere a mente aperta i problemi.
Ma allora se così fosse torniamo all'impor-
tanza di integrare alle lezioni frontali le tec-
niche attive collaborative, permettendo, a
noi docenti, di raggiungere tutti gli stili di
apprendimento e le diverse intelligenze.
Forse le prove invalsi avrebbero maggiore
senso se non ci crollassero dall'alto co-
me un'imposizione e senza che nessuno ci
formi e ci spieghi concretamente come pre-
parare al meglio i nostri ragazzi.
Aminta Patrizia Infantino,
Docente di Sostegno Scuola Superiore di
primo grado "SMS Pintor" e "Cecco Angio-
lieri" – Roma
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Amore di sé Dedicato a noi operatori scolastici di passioni di Riccardi Barbara - Dedicato a te
Dedicato a tutti noi animatori di ricerca-
azione, nel fare/dare con passione durante
il difficile cammino di docenti viandanti di
incontri e rapporti, rabdomanti della vera
essenza del nostro compito: trasmettere
saperi per insegnare a saper fare.
A noi dedico uno scritto di passione, di un
uomo che ha vissuto ogni suo ciak con ar-
dore: Charles Chaplin in occasione del suo
70° compleanno dal libro "Il Segreto del
Cuore" di Ruediger Schache.
Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
mi sono reso conto
che la sofferenza e il dolore emozionali sono
solo un avvertimento
che mi dice di non vivere contro la mia veri-
tà.
Oggi so che questo si chiama AUTENTI-
CITÁ.
Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
ho capito
com'è imbarazzante aver voluto imporre a
qualcuno i miei desideri,
pur sapendo che i tempi non erano maturi e
la persona non era pronta,
anche se quella persona ero io.
Oggi so che questo si chiama RISPETTO
PER SE STESSI.
Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
ho smesso
di desiderare un'altra vita e mi sono accorto
che tutto ciò che mi circonda
è un invito a crescere.
Oggi so che questo si chiama MATURITÁ.
Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
ho capito di trovarmi sempre
ed in ogni occasione al posto giusto nel
momento giusto e che tutto quello
che succede va bene.
Da allora ho potuto stare tranquillo.
Oggi so che questo si chiama RISPETTO
PER SÈ STESSI.
Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
ho smesso di privarmi del mio tempo
libero
e di concepire progetti grandiosi per il futu-
ro.
Oggi faccio solo ciò che mi procura gioia e
divertimento,
ciò che amo e che mi fa ridere, a modo mio
e con i miei ritmi.
Oggi so che questo si chiama SINCERITÁ.
Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
mi sono liberato di tutto ciò
che non mi faceva del bene: cibi, persone,
cose, situazioni e da tutto ciò
che mi tirava verso il basso allontanandomi
da me stesso,
all'inizio lo chiamavo "sano egoismo", ma
oggi so che questo è AMORE DI SÈ.
Quando ho cominciato ad
amarmi davvero, ho smes-
so di voler avere sempre
ragione.
E cosi ho commesso meno
errori.
Oggi mi sono reso conto
che questo si chiama SEM-
PLICITÁ
Quando ho cominciato ad
amarmi davvero, mi sono
rifiutato di vivere nel passato
e di preoccuparmi del mio futuro.
Ora vivo di più nel momento presente, in
cui TUTTO ha un luogo.
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È la mia condizione di vita quotidiana e la
chiamo PERFEZIONE.
Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
mi sono reso conto che il mio pensiero può
rendermi miserabile e malato.
Ma quando ho chiamato a raccolta le ener-
gie del mio cuore, l'intelletto è
diventato
un compagno importante.
Oggi a questa unione dò il nome di SAG-
GEZZA DEL CUORE.
Non dobbiamo continuare a temere i con-
trasti, i conflitti e i problemi con noi
stessi e con gli altri
perché perfino le stelle, a volte, si scontra-
no fra loro dando origine a nuovi mondi.
Oggi so che QUESTO è LA VITA!
Buona pausa vacanziera per un respiro di
aria pura e fresca...
Barbara Riccardi
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La mia collega. Un anno speciale con una persona speciale. di Agolino Simona Loretta - Dedicato a te
"Totò e Peppino". Così fummo definite
all'inizio della nostra avventura,che si è
conclusa quest'anno al termine di cinque
bellissimi anni e pieni d'incognite. Io stessa
sono stata l'incognita costante in questo ci-
clo, che a settembre sperava di poter torna-
re a lavorare nella "nostra" scuola e con la
sua collega.
La scuola non è solo un luogo di studio, ma
anche un ambiente dove si creano e si vi-
vono relazioni: rapporti tra compagni e
compagne di classe; rapporti tra insegnanti
e allievi; tra insegnanti e genitori e tra do-
centi e altri docenti. Noi due abbiamo sem-
pre cercato di favorire una relazione tra
insegnante e allievo, basata sulla fiducia
e apertura reciproca non lo abbiamo ritenu-
to importante solo sul piano umano, ma an-
che su quello didattico e formativo e ab-
biamo sempre cercato di tessere i rapporti
tra compagni e compagne, per favorire
una maggiore apertura e ascolto verso l'al-
tro. Abbiamo sempre cercato di sollecitare i
rapporti tra insegnanti e genitori, affin-
ché il nostro lavoro a scuola non fosse vani-
ficato fuori, ma che continuasse oltre l'ora-
rio scolastico. Oggi fare l'insegnante è sem-
pre più difficile, poiché sono profondamente
cambiati i linguaggi e gli interessi degli stu-
denti e, soprattutto, è cambiato il modo di
gestire la classe e la disciplina: i modelli se-
veri e autoritari del passato - cui alcuni in-
segnanti fanno ancora ricorso - sono oggi
inefficaci e non più accettabili e credo che
insieme abbiamo cercato di insegnare que-
sto ai nostri alunni; ma altrettanto ineffica-
ce consideravamo l'atteggiamento di rasse-
gnato laissez-faire seguito da altri inse-
gnanti, che lasciava la classe nel caos e fa-
Dedicato a te
Totò e Peppino
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ceva perdere all'insegnante il rispetto di sé
e degli allievi.
In realtà, noi abbiamo cercato un dialogo
costante sia fra di noi che fra gli alunni e
trovato insieme ogni soluzione ai problemi
che dovevamo affrontare con modalità di
gestione costruttiva della classe, e per il
bene di tutti.Era importante per noi rendere
stimolante e accogliente l'ambiente scola-
stico, in modo che ciascun bambino potesse
sviluppare le personali capacità espressive
e comunicative e in questo siamo state,
ognuna nel proprio ambito, delle insegnanti
non ben viste da alcune colleghe, ma siamo
rimaste sempre unite fino al nostro tra-
guardo.
Abbiamo compreso che, per svolgere effica-
cemente la nostra azione educativa, non
bastava conoscere la propria disciplina ed i
principi pedagogici e didattici, ma era ne-
cessario capire la complessa rete delle rela-
zioni all'interno della nostra classe. Come
spesso accadeva, non importava se resta-
vamo oltre il nostro orario di servizio, per-
ché sapevamo che farlo era un nostro pia-
cere, nel condividere ogni singolo momento
della nostra avventura.
Purtroppo collaborare in armonia con gli al-
tri non è stato facile, spesso il nostro luogo
di lavoro è stato caratterizzato da rapporti
freddi e di pura facciata, da invidie e ge-
losie, da conflitti latenti tra colleghi e le
nostre spensierate risate a molte davano
fastidio perché... non é decoroso ridere! Ma
quello che è stato evidente a tutti è il no-
stro rapporto di lavoro basato sull'amicizia,
cosa rara nel nostro ambiente.
Grazie collega, di avere reso belli per en-
trambe questi cinque anni, anche nelle tan-
te difficoltà vissute, con l'augurio e la spe-
ranza che se ne possano vivere ancora.
Credo in te, amica.
Credo nel tuo sorriso,
finestra aperta nel tuo essere.
Credo nel tuo sguardo,
specchio della tua onestà.
Credo nella tua mano,
sempre tesa per dare.
Credo nel tuo abbraccio,
accoglienza sincera del tuo cuore.
Credo nella tua parola,
espressione di quel che ami e speri.
Credo in te, amica,
così, semplicemente,
nell'eloquenza del silenzio.
Elena Oshiro
Simona Loretta Agolino,
Giurista,docente I.C."2 Ottobre
1870",piazza Borgoncini Duca Roma.
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Alunni speciali Apprendere l'inclusione a scuola di La redazione - Dalla redazione
Ci fa piacere pubblicizzare il lavoro di Patri-
zia Aminta Infantino che scrive anche sulle
pagine di questa rivista. In bocca al lupo
per la sua nuova avventura!
In ogni classe sono inseriti ragazzi che han-
no bisogno di essere integrati attraverso
una didattica speciale adeguata ai loro bi-
sogni speciali. Questo diventa un'opportu-
nità se i docenti trasformano i bisogni spe-
ciali del singolo in un'occasione di cresci-
ta per tutta la classe attraverso la speri-
mentazione di innovative tecniche attive
d'insegnamento. Dalla solita e ripetitiva le-
zione frontale alle tecniche cooperative
che permettono sia di scoprire la potenza
del cervello del gruppo che di sperimentare
tutti i talenti che i ragazzi possiedono. È il
salto qualitativo tra l'integrazione, l'in-
clusione e l'interazione.
"Alunni speciali" è un invito a lasciarsi cat-
turare dal piacere dell'educazione in una
scuola finalmente cooperativa dove a vince-
re non è il primo che alza la mano ma colui
che aiuta l'altro ad alzarla. Vince chi ha le
emozioni chiare più che le idee. Vince chi è
felice di non essere l'unico ad essere felice.
Vince chi è capace di risvegliare in sé il ri-
spetto e la dignità. Vincono gli insegnanti
che sanno lasciare un segno. Vince chi edu-
ca tirando fuori dall'altro il miglior "sé
stesso" possibile. Vince chi sa ascoltare.
Vince chi ha i mezzi per educare e li sa
mettere al servizio degli altri.
Questo libro è destinato a quelle guide, ge-
nitori ma soprattutto insegnanti, che cerca-
no di trasformare le sofferenze in una forza
dirompente, comprendendo che la "diversi-
tà" o il "trauma" possono rappresentare un
trampolino di lancio per la propria realizza-
zione.
Aminta Patrizia Infantino vive e lavora a
Roma. È insegnante nella scuola secondaria
di primo grado e specializzata in Scienze
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Motorie e Attività di Sostegno e Integrazio-
ne. Sostenitrice del gioco e delle tecniche
attive utilizzate come strumento didattico,
crede nella scuola e nel valore della sempli-
cità dell'atto educativo. Arricchisce il per-
corso personale con passioni inerenti e in-
tegranti l'unione tra sé e il suo lavoro: dan-
za, teatro, shiatsu, medicina tradizionale ci-
nese, biopsicosomatica.
Edizioni la meridiana, Collana partenze
pp. 116, Euro 14,50
NOVITÀ IN LIBRERIA
Per richiederlo e per ulteriori informazioni
o visitate il sito www.lameridiana.it
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Pag.40
BIZ Factory 2012 premia l'eccellenza imprendi-
toriale giovanile Il premio "Migliore impresa JA" all'Istituto Fermi di Pontedera di La redazione - Dalla redazione
Si è conclusa l'8 giugno a Pisa, presso la
Stazione Leopolda, la nona edizione di BIZ
Factory, l'evento ideato da Junior Achie-
vement Italia, che ha visto 150 studenti
delle scuole superiori provenienti da tutta
Italia affrontarsi sul terreno dell'imprendi-
toria giovanile con 20 idee d'impresa ori-
ginali.
Si è aggiudicato il premio "Migliore Im-
presa JA" 2012 BISS Group dell'Istituto
Fermi di Pontedera con la penna USB
"KeyPassWorld". Gli studenti pisani si
presentano con l'acronimo di Business, In-
novation, Simple, Software e con questa di-
chiarazione di mission: "Semplificare la na-
vigazione in rete per agevolare la diffusione
di Internet e consentirne l'utilizzo a un
sempre maggior nume-
ro di utenti".
KeyPassWorld è una
penna USB che, inseri-
ta nel computer, memo-
rizza le credenziali che
l'utente crea per regi-
strarsi ai siti di suo inte-
resse consentendo, suc-
cessivamente, l'accesso diretto ai siti stessi,
senza dover più ripetere le operazioni di lo-
gin e senza doverle memorizzare sul pro-
prio PC, a scapito della sicurezza. La pen-
drive è in vendita online sul sito
www.bissgroup.it
Il vincitore è stato decretato da una giuria
di professionisti presieduta da Roberto
Barontini, Direttore Master Mains presso
l'Istituto di Management della Scuola Su-
periore Sant'Anna di Pisa e la premiazione
è stata preceduta da un talk show condot-
to da Roberto Bonzio, giornalista e blog-
ger di Italiani di Frontiera.
Hanno portato, inoltre, la loro testimo-
nianza durante la serata anche Francesca
Mazzocchi, rappresentante Progetto RENA
(Rete per l'Eccellenza Nazionale); i Gruppi
di Ricerca della Scuola Superiore S. Anna di
Pisa con progetti sul tema della Smart City;
e Jacopo Deiuri, studente-imprenditore,
Presidente Alumni JA.
La Redazione
Notizie dalla redazione
BIZ FACTORY