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periodico della Giunta regionale del Veneto

Notiziario Bibliografico

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SOMMARIO

Fonti e ricerca storica per la conoscenza del Veneto (Maurizio Molina) 5

RECENSIONI E SEGNALAZIONI

Opere generaliItinerari tra le fonti (Valentina Trentin) 7

Hieronymi Bonomii Tarvisini Antiquarii libri duo, a cura di F. D’Alessi (Valentina Trentin) 7

Mille anni di libri: un possibile percorso tra i tesori della Biblioteca Civica di VeronaD. Giri, Il fondo antico ispanico della Biblioteca Civica di Verona(Valentina Trentin 7

R. Berveglieri, Inventori stranieri a Venezia (1474-1788) (Valentina Trentin) 7

Per una pedagogia della biblioteca giovanile, a cura di A.M. Bernardinis (Donata Banzato) 8

Storia della ChiesaD. Rando, Una chiesa di frontiera. Le istituzioni ecclesiastiche veneziane nel secoli VI-XII

(Cecilia Passarin) 8

Religiones novae (Ferdinando Perissinotto) 8

Predicazione francescana e società veneta nel Quattrocento: committenza, ascolto, ricezione(Simonetta Pelusi) 9

L. Calò, Giulio Gherlandi «heretico ostinatissimo». Un predicatore eterodosso del Cinquecentotra il Veneto e la Moravia (Cecilia Passarin) 9

P. Gios, Il graticolato romano nel Quattrocento. La visita pastorale di Diotisalvi da Folignoa nord-est di Padova (1454) (Lorenza Pamato) 9

Pievi, conventi e monasteri in territorio trevigiano nel Medioevo (Lorenza Pamato) 10

G. Polo - G. Venturini, I Battuti e l’Ospedale di Mogliano (Luca Parisato) 10

La Chiesa di Venezia nel primo Novecento, a cura di S. Tramontin (Giovanna Battiston) 10

L. Lugaresi, Identità e interazione. Salara - S. Croce: una comunità un monastero (Lorenza Pamato) 10

S. Fornasa, La chiesa campestre di S. Fermo nella storia di Castelgomberto (Lorenza Pamato) 11

F.S. Cuman, Campodarsego e i suoi “capitei” (Elio Franzin) 11

F.S. Cuman, Belvedere di Tezze sul Brenta: la chiesa madre dei capitelli. Dalle edicole sacrealla Chiesa e dalla Chiesa a Dio (Lorenza Pamato) 11

La devozione antoniana nei cinque continenti. Chiese e santuari dedicati al Santo di Padova,a cura di L. Segafreddo (Marco Bevilacqua) 11

Scienze socialiComitati etici. Una proposta bioetica per il mondo sanitario, a cura di C. Viafora(Susanna Falchero) 12

Il posto dei bambini, a cura di L. Trevisan (Susanna Falchero) 12

Le strettorie del tempo. I bambini e l’Aids, a cura di C. Giaquinto e S. Casella(Maria Pia Codato) 12

Dieci anni nel segno della differenza (Lina Ossi) 12

Natalità e mortalità delle imprese e determinanti dell’imprenditorialità,a cura di F. Belussi e R. Pozzana (Marco Bevilacqua) 12

Il sistema imprenditoriale della Bassa Padovana, a cura di G. Corò e M. GambuzzaDinamiche delle imprese e dei lavoratori dipendenti nel Veneto, a cura di F. OccariRapporto 1995 sull’artigianato in Veneto, a cura di B. Anastasia e F. Occari(Marco Bevilacqua) 13

G. Imperatori, Il cittadino protagonista. Guida ai diritti e ai doveri (Maria Pia Codato) 13

AmbienteSui parchi e sulle aree protette, a cura di F. ViolaAree protette nella Regione del Veneto, a cura di R. Marzello(Alessandra Pavanello) 13

R. Casarin - M. Franco - L. Passadore, Norme per la tutela dell’ambiente(Alessandra Pavanello) 13

Notiziario bibliograficon. 22, luglio 1996periodico quadrimestraled’informazione bibliograficaa cura della Giunta regionale del Veneto

Comitato promotoreGiancarlo Galan (presidente della Giunta regio-nale), Maurizio Molina (dirigente coordinatoredei dipartimenti per l’informazione-editoria edattività culturali)

Comitato di redazioneClaudio Bellinati (direttore dell’Archivio e dellaBiblioteca Capitolare di Padova), Chiara Finesso,Bianca Lanfranchi Strina (sovrintendente ai Beniarchivistici del Veneto), Anelio Pellizzon, SilvioTramontin (docente di storia della chiesa)

Direttore responsabileAnelio PellizzonResponsabile di redazioneChiara FinessoSegreteria di redazioneGiovanna Battiston, Susanna Falchero

Collaboratori alla redazione di questo numeroMaria Chiara Aguiari, Donata Banzato, Giovan-na Battiston, Marco Bevilacqua, AnnamariaBonanome, Sonia Celeghin, Maria Pia Codato,Giuseppe De Meo, Antonio Fabris, SusannaFalchero, Andrea Franzin, Elio Franzin, GuidoGalesso Nadir, Barbara Giaccaglia, MartaGiacometti, Cinzio Gibin, Espedita Grandesso,Gadi Luzzatto Voghera, Giovanni Mari, Mauri-zio Molina, Antonio Napoli, Giorgio Nonveiller,Andrea Nordio, Lina Ossi, Lorenza Pamato,Alessandra Pavanello, Luca Parisato, CeciliaPassarin, Simonetta Pelusi, Ferdinando Peris-sinotto, Anna Pietropolli, Giovanni Punzo, Ma-rio Quaranta, Claudio Rossi, Sileno Salvagnini,Valentina Trentin, Anna Vildera, Carlo Zilio

Collaboratori alla rassegna bibliograficadi questo numeroGiovanna Battiston, Susanna Falchero, IsabellaOrfano, Luca Parisato, Giovanni Plebani

Direzione, redazione e amministrazioneGiunta regionale del VenetoDipartimento per l’Informazione30121 Venezia - Palazzo ScerimanCannaregio Lista di Spagna, 168tel. 041/2792616

Periodicità: quadrimestraleTiratura: 15.000 copieDistribuzione gratuita

Autorizzazione del Tribunale di Padova n. 1291del 21-6-1991Spedizione in abb. postale comma 34 art. 2 Legge549/95 - taxe perçue - tassa riscossa - Padova CMPStampa: Arti Grafiche Padovane

In copertina: Egon Schiele, Ritratto di Hugo Koller,1918, Vienna, Österreichische Galerie

Nel precedente “Notiziario Bibliografico” n. 21 perun errore tipografico la didascalia della foto dicopertina risultava ancora quella del n. 20. La cor-retta didascalia dell’immagine di copertina del n. 21è: Wilhelm Leibl, Tre donne in chiesa, 1878-82,Amburgo, Kunsthalle. Si ringrazia la dott.ssa Bian-ca Ferone Perle dell’Istituto Italiano di Cultura diWolfsburg per la segnalazione.

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Il lago S. Croce. Studi limnologici 1993, a cura di M. Zaneti,R. Loro, M. Sligardi, P. Turin (Andrea Franzin) 14

Geologia, idrogeologia e qualità dei principali acquiferiveronesi, a cura di L. Sorbini (Andrea Franzin) 14

T. Magalotti, Marmolda regina. Pagine di storia alpinistica(Alessandra Pavanello) 14

I. Simolella, Il parco della villa comunale di Portogruaro(Andrea Franzin) 15

TradizioniA. Manno, I mestieri di Venezia. Storia arte e devozionedelle corporazioni dal XIII al XVIII secolo (Carlo Zilio) 15

D. Coltro, Parole perdute. Il parlar figurato nella tradizione orale veneta(Annamaria Bonanome) 15

A. Benetti, Favola, leggenda e realtà nei racconti del “filò”dei Monti LessiniG. Vedovelli - M.L. Cappellari, ...Fiabe del Garda(Carlo Zilio) 15

L. Galvan, La tragedia. Ricordi di un’antica tradizione in Zuglianoe dintorni (Carlo Zilio) 16

ArteG. Tigler, Il portale maggiore di S. Marco a Venezia.Aspetti iconografici e stilistici dei rilievi duecentesachi(Guido Galesso Nadir) 16

Il tesoro di San Marco. La Pala d’oro, a cura di H.R. Hahnlosere R. Polacco (Maria Chiara Aguiari) 16

Pittura murale esterna nel Veneto. Vicenza e provincia,a cura di A. Pranovi (Anna Pietropolli) 16

Ritratti per un Santo, a cura di M. Binotto (Maria Chiara Aguiari) 17

Antonio Carneo nella pittura veneziana del Seicento,a cura di C. Furlan (Anna Pietropolli) 17

Antonio Carneo, a cura di G. Bergamini e P. Goi (Anna Pietropolli) 17

L’immagine del Veneto. Luoghi e vita della città, a cura di A. Cornoldi(Sileno Salvagnini) 18

L’immagine del Veneto. La rappresentazione della città,a cura di A. Cornoldi (Luca Parisato) 18

Luca Carlevarijs. Le Fabriche e Vedute di Venezia, a cura di I. Reale(Maria Chiara Aguiari) 18

G. Mies, Arte e artisti di Cappella Maggiore (Barbara Giaccaglia) 18

Medoro Coghetto, un vedutista trevigiano alla camera ottica(Luca Parisato) 19

Argenti veneti del ’700 e ’800. Dalla Repubblica Serenissima al RegnoLombardo Veneto, a cura di F. Pellegrini (Marco Bevilacqua) 19

Astolfo de Maria, a cura di G. Dal Canton (Giorgio Nonveiller) 19

Crali Futurista, Aeropittura futurista (Giorgio Nonveiller) 20

Arturo Martini, a cura di N. Stringa (Giorgio Nonveiller) 20

Fernando De Filippi. L’enigma metafisico,a cura di G. Cortenova ed E. Crispolti (Giorgio Nonveiller) 20

4a Biennale di incisione Alberto Martini,a cura di R. Costella e A. Segatto (Luca Parisato) 21

Le immagini della fantasia. 13a Mostra Internazionaled’Illustrazione per l’infanzia (Marco Bevilacqua) 21

Segni e sogni. Pensieri e disegni di Toni Benetton,a cura di M. Cabianca (Sileno Salvagnini) 21

U. Franzoi, Itinerari segreti nel Palazzo Ducale (Anna Pietropolli) 21

Veneto. Itinerari ebraici. I luoghi, la storia, l’artea cura di F. Brandes (Annamaria Bonanome) 22

F. Barbieri, Il museo di Palazzo Chiericati (Barbara Giaccaglia) 22

Palazzo Ziani. Storia, architettura, decorazioni,a cura di G. Romanelli (Barbara Giaccaglia) 22

T. Pignatti, Venezia. Guida ai dipinti nei luoghi di origine.Museo diffuso: la pitturaA. Salvadori, Venezia. Guida ai principali edifici. Storiadell’architettura e della forma urbana(Barbara Giaccaglia) 23

Basilica dei Santi Giovanni e Paolo. Arte e devozione,a cura di A. Manno e S. SponzaChiesa di Santa Maria dei Carmini. Arte e devozione,a cura di L. Moretti e S. Branca Savini(Barbara Giaccaglia) 23

G. Gottardo - U. Gamba, Monasteri e santuari d’Italia(Lorenza Pamato) 23

Architettura - Urbanistica - PaesaggioJ. McAndrew, L’architettura veneziana del primo Rinascimento,a cura di M. Bulgarelli (Guido Galesso Nadir) 23

H.A. Millon, Filippo Juvarra e Palladio (Guido Galesso Nadir) 23

Molino Stucky. Ricerche storiche e ipotesi di restauro,a cura di F. Amendolagine (Guido Galesso Nadir) 24

I giardini della Riviera del Brenta, a cura di G. Rallo (Lina Ossi) 24

La politica della casa all’inizio del XX secolo, a cura di D. Calabi(Sonia Celeghin) 24

La laguna di Venezia, a cura di G. Caniato, E. Turri e M. Zanetti(Cinzio Gibin) 25

G.B. Stefinlongo, La laguna restaurata (Guido Galesso Nadir) 25

Piazza Ferretto. Progetto esecutivo di riqualificazionee arredo urbano di Guido Zordan (Guido Galesso Nadir) 25

Formazione professionale per il restauro. Cinque anni di interventitra Chioggia e Venezia (Anna Pietropolli) 25

P. Merlini, Luogo e trasformazione. Esperienza didattica e concorsuale,a cura di G. Ferrarese e F. Maragotto (Guido Galesso Nadir) 26

Il castello di Fratta. Studi, immagini, documenti,a cura di A. Battiston e V. Gobbo (Barbara Giaccaglia) 26

Vicenza tra architettura e paesaggio (Lina Ossi) 26

Musica - TeatroV. Bolcato, Leone Leoni e la musica a Vicenza nei secoli XVI-XVII.Catalogo tematico (Anna Vildera) 26

J. Dalla Vecchia, L’organizzazione della cappella musicaleantoniana di Padova nel Settecento (Anna Vildera) 26

Antonio Buzzolla. Una vita musicale nella Venezia romantica,a cura di F. Passadore e L. Sirch (Anna Vildera) 27

F. Mancini - M.T. Muraro - E. Povoledo, I Teatri del Veneto,I/1: Venezia. Teatri effimeri e nobili imprenditori (Giuseppe De Meo) 27

Problemi di critica goldoniana, a cura di G. Padoan (Giuseppe De Meo) 28

M.I. Biggi, L’immagine e la scena. Giuseppe Borsatoscenografo alla Fenice (Giorgio Nonveiller) 28

Retroscena di “Acciaio”. Indagine su un’esperienzacinematografica di G. Francesco Malipiero (Anna Vildera) 29

Maschere e mascheramenti. I Sartori tra arte e teatro,a cura di D. Sartori e P. Piizzi (Giuseppe De Meo) 29

StoriaGli atti originali della Cancelleria veneziana, I: 1090-1198,a cura di M. Pozza (Valentina Trentin) 29

Statuti di Cittadella del secolo XIV, a cura di G. Citton e D. Mazzon(Cecilia Passarin) 30

G. Cracco, Nato sul mezzogiorno. La storia di Ezzelino(Marta Giacometti) 30

A. Rizzi, Ludus/ludere. Giocare in Italia alla finedel Medio Evo (Anna Bonanome) 30

Relazioni di ambasciatori veneti al Senato,XIV: Costantinopoli. Relazioni inedite (1512-1789),a cura di M.P. Pedani Fabris (Giovanna Battiston) 30

G. Luzzatto, Storia economica di Venezia dall’XI al XVI secolo(Ferdinando Perissinotto) 31

M.T. Todesco, Oderzo e Motta. Paesaggio agrario, produzionee conduzione di due podesterie nella prima metà del secolo XVI(Marco Bevilacqua) 31

Giornata di studi di storia bassanese in memoria di Gina Fasoli,a cura di R. Del Sal (Cecilia Passarin) 31

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La popolazione nel dogado veneto nei secoli XVII e XVIII,a cura di M. Etonti e F. Rossi (Maria Pia Codato) 32

F.P. Favaloro, L’Esercito veneziano del ’700 (Giovanni Punzo) 32

A. Pretto, La Corte di Stienta. Da Luigi a Paolo Camerini(1866-1930) (Claudio Rossi) 32

A. Lazzarini, Fra terra e acqua. L’azienda risicola di una famigliaveneziana del delta del Po, vol. II (Giovanni Punzo) 33

Portogruaro nell’Ottocento. Contesto storico e ambiente sociale,a cura di R. Simonato e R. Sandron (Claudio Rossi) 33

A. Casellato, Libri per il popolo. Appunti sulle biblioteche popolarie l’organizzazione della cultura a Treviso tra Ottocento e Novecento(Antonio Napoli) 33

Cornudesi, italiani purissimi! L’utopia risorgimentale del ’48.Cronaca segreta e integrale di un testimone involontario.Dal manoscritto di Giuseppe Castagna di Nogaré,a cura di S. Narduzzo (Marco Bevilacqua) 33

E. Acerbi, La Grande Guerra sul Pasubio (Giovanni Punzo) 34

E. Bucciol, 1915-1918. Foto italiane e austro-ungariche fronte a fronte(Marco Bevilacqua) 34

P. Giacomel, 1914-1915. Cortina d’Ampezzo. Dal Tirolo all’ItaliaP. Giacomel, 1914-1919. Dramma di una famiglia ampezzanaP. Giacomel, Giugno-Ottobre 1915. Bombordano Cortina!(Antonio Napoli) 34

M. Sacilotto, Annone Veneto (Giovanni Mari) 34

Pontelongo. Immagini e documenti (Giovanni Mari) 34

C. Miotto - P. Miotto, Il territorio di Villa del Conte nella storia.L’Abbazia di S. Pietro e S. Eufemia, S. Massimo di Borgetto ela Contea del Restello (Marco Bevilacqua) 35

A. Moret, Serravalle piccola Firenze del Veneto (Claudio Rossi) 35

L. Divari, Barche tradizionali del Golfo di Venezia (Cinzio Gibin) 35

Marineria tradizionale in Adriatico, a cura di M. Marzari(Cinzio Gibin) 35

Dalla scuola nautica ai transatlantici. 250 anni di cultura e attivitàmarittima a Trieste (Cinzio Gibin) 35

SERVIZIO REGIONALE DI DOCUMENTAZIONE

DEI BENI CULTURALI

Lapidi cimiteriali ebraiche: una pagina di storia civile(Espedita Grandesso) 36

Cenni per una storia dell’insediamento ebraico nel Veneto(Gadi Luzzatto Voghera) 38

MATERIALI D’ARCHIVIO

L’Ospedale dei Derelitti a Venezia (Andrea Nordio) 39

L’EDITORIA NEL VENETO

La pittura nel Veneto: il Settecento (Anna Pietropolli) 41

La Resistenza nel Veneto: 43

S. Tramontin, La lotta partigiana nel Veneto e il contributodei cattolici (Ferdinando Perissinotto) 43

Gli ebrei a Venezia 1938-1945. Una comunità tra persecuzionee rinascita, a cura di R. Segre (Marco Bevilacqua) 43

“Venetica”, n. 4/1995 (Ferdinando Perissinotto) 43

I. Bizzi, La Resistenza nel Polesine (Giovanni Punzo) 44

A. Rondina, Polesine 1944-45. Guerra e Liberazione (Giovanni Punzo) 44

S. Residori, Donne in guerra. La quotidianità femminilenel Polesine nel secondo conflitto mondiale (Donata Banzato) 44

L. Antonel, I silenzi della guerra. Prigionieri di guerra alleatie contadini nel Veneto orientale. 1943-1945 (Giovanni Punzo) 44

Tra Liberazione e ricostruzione.Padova, 8 settembre 1943 - 2 giugno 1946, a cura di L. Scalco(Antonio Napoli) 45

Il 50° della liberazione nel Padovano, a cura di T. Merlin(Antonio Napoli) 45

Dall’antifascismo alla guerra di liberazione. Elaborati degli studentidelle scuole medie e superiori di Padova e provincia (Antonio Napoli) 45

M. Gecchele - D. Vicentini, Il dolore della guerra.Vicende e testimonianze in Val d’Alpone e dintorni (Giovanni Punzo) 46

M. Lazzaro, Fascismo, antifascismo, Resistenza a Camin di Padova(Antonio Napoli) 46

I giorni del dolore. Cronaca dell’eccidio del 28 aprile 1945.Saonara-Villatora (Giovanni Mari) 46

W. Canna, Ricordi. Ottobre 1943 - Aprile 1945 (Giovanni Mari) 46

V. Marangon, Val Brenta valle partigiana (Antonio Napoli) 46

PERCORSI DIDATTICI

L’arte contemporanea nella scuola veneta (Lina Ossi) 47

RIVISTERIA VENETA

Spoglio dei periodici di arte (1994-1996): 49

Anfione Zeto 49Architettura Intersezioni 49Arte veneta 49Bollettino dei Civici Musei veneziani d’arte e di storia 49Bollettino du - IUAV 49Ciemme 49Cronache Ca’ Tron - IUAV 50Diastema. Rivista di cultura e informazione musicale 50Informazioni e studi vivaldiani 52Musica e Storia 53Naos il luogo abitato 53Opera e libretto 53Progetto Restauro 53Qnst. Il giornale degli artisti 53Rassegna veneta di studi musicali 54Restauri di Marca 54Saggi e Memorie di storia dell’arte 54Subsidia Musica Veneta 54Venezia Arti 55Venezia Cinquecento 56Verona illustrata 56Altre riviste segnalate 57

Spoglio dei periodici di lettere e filosofia (1995-1996): 57

Annali di Ca’ Foscari 57Anterem. Rivista di ricerca letteraria 58Archivio di filosofia 58Axiomathes. Quaderni del centro studi per la filosofia mitteleuropea 59Con-tratto. Rivista di filosofia tomista e di filosofia contemporanea 59Filologia veneta. Lingua, letteratura, tradizioni 60Italia medioevale e umanistica 60Lettere italiane 60Lingua e letteratura 61L’ozio. Almanacco di lettere ed arti 61Medioevo. Rivista di storia della filosofia medievale 62Quaderni di lingue e letterature 62Quaderni Veneti 63Studi novecenteschi. Rivista di storia della letteratura italianacontemporanea 63Studi Petrarcheschi 63

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Nel corso di questo ultimo decennio sono stati approfonditimolteplici aspetti della ricerca storica e della edizione di fontiper la conoscenza del Veneto. La presenza della Regione siconfigura con un ruolo essenzialmente di tipo “istituzionale”,quasi in risposta alla domanda: quale tipo di intervento haoperato la Regione del Veneto nel campo della pubblicazionedelle fonti?

Con la legge n. 9 del 15.1.85 viene promosso un programmadi iniziative editoriali finalizzato alla valorizzazione del patri-monio storico della civiltà di Venezia e del Veneto. In partico-lare, con tale legge, si è dato avvio alla pubblicazione di fontirelative alla storia del Veneto, mediante la stipula di appositeconvenzioni con vari Comitati ed Istituti: a partire dal 1986, conil “Comitato per la pubblicazione delle fonti relative alla storiadi Venezia”, il più antico e da lungo tempo preesistente allanormativa regionale, per arrivare alla recente convenzione,stipulata alla fine del 1994, con la giovane “Associazioneveneta per la storia locale”. I Comitati e gli Istituti interessati daconvenzioni regionali sono:– Comitato per la pubblicazione delle fonti relative alla storia di

Venezia;– Comitato per la pubblicazione delle fonti relative alla terrafer-

ma veneta;– Centro veneto - Studi e Ricerche sulle Civiltà Classiche e

Orientali;– Fondazione Ugo e Olga Levi - Centro di Cultura Musicale

superiore;– C.I.S.O. - Centro Italiano di Storia Sanitaria e Ospitaliera -

Sezione veneta;– Istituto Veneto per la Storia della Resistenza;– Comitato per la pubblicazione di fonti relative a testi e

monumenti della cultura musicale veneta;– Association Internationale pour l’Historie du Verre - Comita-

to Nazionale Italiano;– Associazione veneta per la storia locale.

Le convenzioni stipulate dalla Giunta regionale sono, quindi,finora nove e si tratta senza dubbio di un numero “aperto” anuove sollecitazioni e impulsi che possano pervenire da parte distudiosi e ricercatori. Preme, inoltre, ricordare che le primeconvenzioni, a durata decennale, stipulate nel 1986, sono inscadenza nel corso di quest’anno e che la Giunta, nell’intento digarantire continuità alle iniziative avviate, ha in corso dipredisposizione il provvedimento per il loro rinnovo.

Secondo quanto previsto dalla legge e dalle singole conven-zioni, i Comitati sono tenuti a presentare annualmente i propriprogrammi di pubblicazioni alla Giunta regionale che, con

Fonti e ricerca storica per la conoscenza del Veneto(Maurizio Molina)

deliberazione annuale e compatibilmente con la disponibilitàfinanziaria dell’apposito capitolo di spesa, provvede alla loroapprovazione e alla determinazione dell’ammontare del contri-buto finanziario destinato alle iniziative. Il contributo regionale,di norma, corrisponde alla copertura dei costi per la stampa deivolumi e per l’eventuale campagna fotografica, con riserva afavore dell’Amministrazione di un numero proporzionato divolumi, da destinare a fini di pubblica utilità. I destinatari deivolumi di fonti sono, oltre agli studiosi e alle Istituzioni italianee straniere interessate, a seconda della specificità degli argomen-ti trattati, le principali biblioteche civiche, universitarie e diIstituti culturali del Veneto, nonché, qualora il numero dellecopie di spettanza regionale lo consenta, le biblioteche naziona-li, statali ed universitarie d’Italia.

Il bilancio di un decennio di attività può essere valutato,ritengo, in modo decisamente positivo: le pubblicazioni com-plessivamente edite, suddivise nei vari filoni di ricerca, sono benquaranta, mentre altre venticinque opere hanno già ottenuto laconcessione del contributo regionale e sono ora in corso diedizione. Di molte di esse sono già state presentate le primebozze di stampa.

Assai numerosi e positivi sono stati i riscontri da parte diricercatori, studiosi ed Istituti specializzati. Si può, pertanto,ritenere che la legge abbia dato impulso determinante a un’atti-vità di pubblicazione davvero considerevole, rispetto alla qualei soggetti convenzionati continuano a presentare proposte dinotevole interesse culturale, tali da garantire la prosecuzione delprogramma senza vincoli diversi da quelli posti, purtroppo, dallimite dello stanziamento di bilancio.

Va doverosamente detto che il lavoro regionale, per feliceconsuetudine, viene condotto in piena sintonia e sinergia nel-l’ambito di un proficuo coordinamento con gli Uffici dello Stato,sia come Amministrazione centrale che periferica.

Nell’affermare la validità dell’iniziativa ed operando, comeprima accennato, per garantirne la continuità oltre il decennioinizialmente previsto, la Regione del Veneto è comunque apertaad ogni tipo di suggerimento volto ad inserire nel suo percorsoprogrammatorio interventi sempre più idonei (soprattutto intermini di organicità, e mi riferisco anche alle valide indicazionifromulate nel corso di un prestigioso Convegno in materia,organizzato nello scorso mese di marzo a Venezia dall’IstitutoVeneto di Scienze Lettere ed Arti), ai fini della migliore com-prensione del proprio territorio, delle proprie comunità, concor-rendo così, con la lettura intelligente del passato, ad una preziosacapitalizzazione delle conoscenze scientifiche, come investi-mento presente e futuro.

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Volumi di Fonti editi con il contributodella Regione del Veneto

Fonti relative alla storia di Venezia

Codex Publicorum (Codice del Piovego), vol. I, a cura di BiancaLanfranchi Strina, Venezia, 1985.

S. Giorgio Maggiore, vol. IV: Indice, a cura di Luigi Lanfranchi,Venezia, 1986.

SS. Trinità e S. Michele Arcangelo di Brondolo, vol. III: Documenti1200-1229 e notizie di documenti, a cura di Bianca LanfranchiStrina, Venezia, 1987.

Ragioni antique spettanti all’arte del mare et fabrique de vasselli.Manoscritto nautico del sec. XV, a cura di Giorgetta BonfiglioDosio, Venezia, 1987.

Ambasciata straordinaria al Sultano d’Egitto (1489-1490), a cura diFranco Rossi, Venezia, 1988.

Benedettini in S. Daniele (1046-1198), a cura di Elisabette Santschi,Venezia, 1989.

Pietro di Versi, Raxion de Marineri. Taccuino nau-tico del XV secolo,a cura di Annalisa Contiero, Venezia, 1991.

Consiglio dei Dieci. Deliberazioni miste. Registro V (1348-1363), acura di Ferruccio Zago, Venezia, 1993.

Fonti relative alla terraferma veneta

Il Catastico di S. Giustina di Monselice detto di Ezzelino, a cura diLuigi Caberlin, Padova, Antenore, 1988.

Il Formulario Vicentino-Padovano di lettere vescovili (sec. XIV), acura di Gilda Mantovani, Padova, Antenore, 1988.

I documenti del Comune di Bassano dal 1259 al 1295, a cura di FrancoScarmoncin, Padova, Antenore, 1989.

Le carte dei lebbrosi di Verona tra XII e XIII secolo, a cura di AnnamariaRossi Saccomani, Padova, Antenore, 1989.

Cronicae di Battista Pagliarini, a cura di James S. Grubb, Padova,Antenore, 1990.

I monumenta Reliquiarum di S. Corona di Vicenza, a cura di FrancescaLamastro Tognato, Padova, Antenore, 1992.

I “Sermones de Beata Virgine” (1266) di Bartolomeo da BreganzeO.P., a cura di Laura Gaffuri, Padova, Antenore, 1992.

Le carte di S. Colombano di Bardolino 1134-1205, a cura di AndreaPiazza, Padova, Antenore, 1994.

Fonti per lo studio dei rapporti con le civiltà dell’Oriente

Il “Canon Medicinae” di Avicenna nella tradizione ebraica, a cura diGiuliano Tamani, Padova, Editoriale Programma, 1988.

Oracula Leonis, a cura di Antonio Rigo, Padova, Editoriale Program-ma, 1988.

Novum Testamentum Bosniacum Marcianum, a cura di SimonettaPelusi, Padova, Editoriale Programma, 1991.

L’India di Nicolò De Conti, a cura di Alessandro Grossato, Padova,Editoriale Programma, 1994.

Cataloghi di fondi musicali italiani

Il fondo musicale Malaspina nell’Archivio di Stato di Verona, a curadi Emanuele Negri, Roma, Torre d’Orfeo, 1989.

Il fondo musicale dell’archivio capitolare della cattedrale di Adria, acura di Francesco Passadore, Roma, Torre d’Orfeo, 1989.

Il fondo musicale della Biblioteca Capitolare del Duomo di Treviso, acura di Francesca Ferrarese e Cristina Gallo, Roma, Torre d’Orfeo,1990.

Il fondo musicale dell’I.R.E. Istituzioni di ricovero e di educazione diVenezia, a cura di Stefano de Sanctis e Nadia Nigris, Roma, Torred’Orfeo, 1990.

Le stampe musicali antiche del fondo Torrefranca del ConservatorioBenedetto Marcello, a cura di Andrea Fabiano, Firenze, Olschki,1992, 2 voll.

San Marco: vitalità di una tradizione. Il fondo musicale e la Cappelladal Settecento ad oggi, a cura di Francesco Passadore e FrancoRossi, Venezia, Fondazione Levi, 1994 (vol. II: Manoscritti A-F;vol. III: Manoscritti G-Z; vol. IV: Libri liturgici - Fondo antico -Stampe; vol. I: in preparazione).

Catalogo dei libretti del Conservatorio Benedetto Marcello, vol. I, acura di Emanuela Negri, Firenze, Olschki, 1994.

Catalogo dei libretti del Conservatorio Benedetto Marcello, vol. II, acura di Sabina Carboni, Firenze, Olschki, 1994.

Catalogo dei libretti del Conservatorio Benedetto Marcello, vol. III, acura di Francesca Gatta, Firenze, Olschki, 1994.

Catalogo dei libretti del Conservatorio Benedetto Marcello, vol. IV, acura di Livio Aragona, Firenze, Olschki, 1995.

Leone Leoni e la musica a Vicenza nei secoli XVI-XVII. Catalogotematico, a cura di Vittorio Bolcato, Venezia, Fondazione Levi, 1995.

Fonti per la storia della sanità

Dalla scienza medica alla pratica dei corpi. Fonti e manoscritti per lasanità, a cura di Nelli-Elena Vanzan Marchini, Vicenza, NeriPozza, 1993.

I mali e i rimedi della Serenissima, di Nelli-Elena Vanzan Marchini,Vicenza, Neri Pozza, 1995.

Le leggi di Sanità della Repubblica di Venezia, vol. I, a cura di Nelli-Elena Vanzan Marchini, Vicenza, Neri Pozza, 1995.

Fonti per la storia della Resistenza nel Veneto

Politica e organizzazione della resistenza armata, vol. I: Atti delComando Militare Regionale Veneto. Carteggi di esponenti azio-nisti (1943-44), a cura di Anna Maria Preziosi, Vicenza, Neri Pozza,1992.

Politica e organizzazione della resistenza armata, vol. II: Atti del Co-mando Militare Regionale Veneto (1945), a cura di Chiara Saonara,Vicenza, Neri Pozza, 1993.

Don Luigi Rondin: Diario 1931-1948, a cura di Pierantonio Gios,Vicenza, Neri Pozza, 1994.

Fonti della cultura musicale veneta

Rassegna veneta di studi musicali, V-VI, 1989/90, Padova, Cleup, 1992.Rassegna veneta di studi musicali, VII-VIII, 1991/92, Padova, Cleup,

1994.

Comitato Nazionale Italiano dell’Association Internationalepour l’Histoire du verre

Vetri antichi del Museo Vetrario di Murano, a cura di Giovanna LuisaRavagnan, Comitato Nazionale Italiano dell’AIHV, 1994.

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OPERE GENERALI

Itinerari tra le fonti, Treviso, Comune - Bibliotecacomunale - Archivio di Stato, 4 opere in cartella, 1994,8°, L. 10.000:

LUCIO BONORA, Fonti ecclesiastiche vescovili: le visitepastorali, pp. 15, ill. (Quaderno, 5).

DANIELA RANDO, Archivi di monasteri e conventi: l’etàmedievale, pp. 15, ill. (Quaderno, 6).

FRANCESCA CAVAZZANA ROMANELLI, Archivi di monasterie conventi: l’età moderna, pp. 15, ill. (Quaderno, 7).

DAVID BRYANT - MICHELA POZZOBON - ELENA QUARANTA,Musica a Treviso nel Cinquecento: le fonti d’archivio,pp. 15, ill. (Quaderno, 8).

Continua con la pubblicazione di questi quattrofascicoli, proposti assieme in una cartella, l’interessan-te iniziativa della Biblioteca Comunale e dell’Archiviodi Stato di Treviso. Il dichiarato intento propedeuticorende particolarmente interessante l’iniziativa , in quan-to risponde a domande date troppo spesso per sconta-te anche dal mondo universitario.

Tre opuscoli sono dedicati ad un fondo (o ad una suaparte) di cui vengono descritti consistenza, strumenti dicorredo e bibliografici, per cui è offerta una letturastoriografica, un itinerario appunto, tra i molti possibili.

Lucio Bonora ha studiato il fondo delle Visite pasto-rali dell’Archivio della Curia Vescovile di Treviso, e ilsuo saggio traccia la storia dell’istituzione “visita pa-storale” e la tipologia dei documenti conservati a testi-monianza della visita.

Daniela Rando e Francesca Cavazzana Romanelli ciintroducono nel vasto mondo delle “corporazioni sop-presse”, fondo (o meglio complesso di fondi) formatosiin seguito alle leggi napoleoniche che assegnarono gliarchivi di monasteri e conventi, assieme agli altri benireligiosi, al demanio dello Stato. Daniela Rando illustraper l’età medievale le vicende dei primi istituti religiosicittadini e propone di utilizzare questi documenti ancheper la storia del comune duecentesco. Francesca Ca-vazzana Romanelli invece espone per l’età moderna unpanorama più generale dominato soprattutto dai “viag-gi”, spesso perigliosi, che le carte dovettero affrontaretra fine Settecento e primo Ottocento.

Di genere diverso è il lavoro a tre mani sulla musicaa Treviso nel Cinquecento. Non è infatti dedicato a unsingolo fondo, ma piuttosto all’individuazione e al-l’utilizzo delle fonti archivistiche per interpretare lescarse fonti musicali superstiti.

Valentina Trentin

Hieronymi Bonomii Tarvisini Antiquarii libri duo, edi-zione critica a cura di Fabio D’Alessi, Venezia, IstitutoVeneto di scienze lettere ed arti, 1995, 8°, pp. LXVII-185, L. 30.000.

Girolamo Bologni fu il massimo esponente del-l’umanesimo trevigiano. Notaio dal 1470, lavorò aBelluno, Venezia e Roma, prima di stabilirsi defini-tivamente a Treviso. Fino a poco tempo fa le sue opereerano inedite, anche per le grandi difficoltà incontratedagli studiosi nello stabilire un testo critico, data l’estre-ma complessità dei manoscritti del Bologni, che aveval’abitudine di collazionare e riscrivere le sue opere peranni. Quest’opera, sia per l’argomento che per la novitàdella trattazione, è assai interessante. Si tratta infattidella prima raccolta sistematica dedicata all’epigrafialatina. Il Bologni raccolse ed analizzò moltissime iscri-zioni, fornendo indicazioni metodologiche per la lorointerpretazione, la datazione e l’uso come fonti per laconoscenza del mondo antico.

Il testo critico è stato stabilito da D’Alessi colla-zionando i diversi testimoni codicologici, tra cui mettein evidenza tre manoscritti. Il codice 2667 del MuseoCorrer di Venezia, indicato nello stemma codicum conla lettera V, esemplato dal figlio Giulio nel 1507,presenta una lacuna che l’ultimo proprietario del mano-scritto, Emanuele Cicogna, integrò, e postille autografe

di Girolamo e del Cicogna. Il codice II, 36 dellaBiblioteca Capitolare di Treviso, indicato con la letteraC, contiene, oltre al trattatello (compreso un fascicolotolto dal codice precedente), alcuni componimenti po-etici autografi. Il codice 1087 della Biblioteca Comu-nale di Treviso, infine, indicato con la lettera T, èl’unico a premettere al trattato il testo di un componi-mento Ad lectorem. Per questi e gli altri testimoni ilcuratore ricostruisce la storia codicologica ed anchel’utilizzo di essi (e di altri ritenuti scomparsi) da partedegli studiosi che hanno conosciuto e studiato iltrattatello.

Importante è anche la parte dedicata alla fortuna deltesto e alla sua trasmissione. D’Alessi individua tra gliumanisti trevigiani alcune figure rilevanti a questoproposito, per esempio quella del giureconsulto NicolòMauro (per il quale avanza anche l’ipotesi che si possatrattare del copista di T), e di Bartolomeo Burchelati.Molto importante è stato il lavoro del canonico trevigianoVittore Scotti (1692-1748), che essendo in contatto congli antenati del Bologni poté studiare i manoscrittioriginali, con l’obiettivo di preparare l’edizione criticadi alcune delle opere. Alcuni eruditi settecenteschicome Jacopo Facciolati e Scipione Maffei non apprez-zarono il lavoro dell’antiquario trevigiano, mentre ilMuratori fu più interessato. Anche Apostolo Zeno logiudicò positivamente.

D’Alessi conclude il corposo saggio premesso al-l’edizione critica con una complessa analisi delle va-rianti, operando dove possibile una distinzione traquelle d’autore e quelle dovute alla tradizione mano-scritta del testo. Notevolissimo è poi il lavoro compiutoper identificare le numerosissime fonti epigrafiche enarrative. Segnaliamo che nel 1990 l’Istituto Veneto hapromosso la pubblicazione, a cura di Caterina Griffante,della prima edizione della maggiore opera poetica delBologni, i Candidae libri tres.

Valentina Trentin

Mille anni di libri: un possibile percorso tra i tesoridella Biblioteca Civica, a cura di Gino Castiglioni,Agostino Contò, Alessandro Corubolo, Ennio Sandal,Verona, Biblioteca Civica, 1994, 8°, pp. 169, ill., s.i.p.

DONATO GIRI, Il fondo antico ispanico della BibliotecaCivica di Verona, Verona, Biblioteca Civica - Kassel,Edition Reichenberger, 1992, 8°, pp. 198, ill., s.i.p.

Nel 1994 è stata allestita in un’antica sala settecen-tesca da decenni chiusa al pubblico una bella mostrabibliografica significativamente intitolata Mille anni dilibri: un possibile percorso fra i tesori della BibliotecaCivica. Il catalogo della mostra resta a testimonianza diuna proposta di conoscenza di un’antica bibliotecadella nostra regione. Nella sua introduzione il direttoredella Biblioteca Civica di Verona e coordinatore del-l’esposizione Ennio Sandal propone tre possibili modi

di avvicinarsi ai circa settanta tesori bibliografici espo-sti (accessibili anche ora attraverso le ricche schededescrittive e le belle riproduzioni).

Innanzitutto è possibile individuare un aspetto loca-le, che testimonia il ruolo svolto da Verona nella storiadel libro, a partire dallo scriptorium più antico d’Euro-pa, quello allestito presso la Biblioteca Capitolare,passando per la produzione di Felice Feliciano perarrivare a Giovanni Mardesteig e Renzo Sommaruga.Un secondo approccio è quello storico, che seguel’evoluzione delle forme di produzione del libro, daimanoscritti pergamenacei ai testi umanistici, dagliincunaboli ai moderni testi stampati a mano con litogra-fie di grandi artisti. È possibile certamente anche unalettura, forse più consueta, sul filo dell’eccezionalerarità e pregio artistico di alcuni esemplari.

La mostra non intendeva certo descrivere completa-mente la ricchezza e la varietà dei vari nuclei checompongono la Biblioteca Civica, ma darne per cosìdire un assaggio che inviti anche i non specialisti ad unamaggiore frequentazione dei beni librari.

Un accesso specialistico consente invece il catalogodedicato da Donato Ghiri alle edizioni spagnole e diautori ispanici quattro e cinquecenteschi. Frutto dellacollaborazione tra istituzione e ricercatore esterno, ilrepertorio descrive con schede succinte ma complete ebiblioteconomicamente valide i 337 esemplari reperiti.La ricerca, estesa a tutti i fondi della biblioteca, hainteressato le edizioni antiche di autori ispanici anchetradotti, di autori stranieri tradotti in spagnolo, diziona-ri e opere anonime ma attribuite a spagnoli. Inserito inun più vasto progetto di censimento a livello nazionale,il repertorio è un utile strumento di ricerca, completo diindici analitici (dei collaboratori e traduttori, dei luoghidi stampa, editori e stampatori, dei possessori) e dinumerose riproduzioni.

Valentina Trentin

ROBERTO BERVEGLIERI, Inventori stranieri a Venezia(1474-1788). Importazione di tecnologia e circolazio-ne di tecnici artigiani inventori. Repertorio, Venezia,Istituto Veneto di scienze lettere ed arti, 1995, 8°, pp.323, ill., L. 38.000.

Nel 1939 Giulio Mandich scoprì una “parte” delSenato Veneto, datata 19 marzo 1494, che abbatté ilprimato fino allora detenuto dall’Inghilterra con loStatue of Monopolies del 1623 nel campo della prote-zione legale delle nuove invenzioni.

Fin dalla nascita dei Comuni gli artigiani cercaronodi ottenere il monopolio delle loro attività organizzan-dosi in Corporazioni, che erano naturalmente ostili siaalle innovazioni sia agli stranieri. Questo comportavaper gli inventori, e per gli artigiani stranieri, la necessitàdi una speciale protezione da parte del governo dellacittà per consentire l’esercizio delle loro attività. Èquesta l’origine pratica della “parte” del Senato Veneto,e anche di simili norme presenti negli statuti di cittàitaliane e straniere. Spesso queste norme comportava-no anche incentivi per invogliare gli artigiani stranieria stabilirsi in città, ed il divieto agli artigiani cittadini ditrasferirsi ed esportare la loro arte. Ben presto infatti gliamministratori si resero conto dei miglioramenti chenuove invenzioni potevano apportare alla vita econo-mica e sociale della comunità.

La legislazione veneta, oltre che cronologicamentemolto precoce, contiene, anche se in forma imperfetta,molti elementi importanti che sono presenti anche nellelegislazioni moderne: la novità delle scoperte o appli-cazioni, l’esame preliminare (spesso includente provepratiche), l’effettiva utilità, la definizione della materiae del contenuto tecnologico, la messa in pratica obbli-gatoria delle scoperte, le pene per le imitazioni, le mi-sure contro l’aumento dei prezzi ecc.

La documentazione relativa alle “patenti” concessedal Senato Veneto sono conservate presso l’Archivio diStato di Venezia in oltre 400 registri corrispondenti aquasi 3000 filze, che contengono la minuta dei provve-dimenti corredata di tutta la pratica istruttoria.

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Recensioni e segnalazioni

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Roberto Berveglieri, studioso di storia economica, apartire dalla tesi di laurea ha dedicato oltre un ventennioall’esplorazione di questa massa di carte, ancora larga-mente sconosciuta se si eccettuano alcune ricerche insettori specifici (soprattutto per i privilegi di stampa),portando a termine la ricerca fino al 1788. Sta attual-mente lavorando alle filze fino al 1797, che purtropposono prive di registri. L’obiettivo è la pubblicazione deiregesti di tutto il fondo. A titolo di saggio presenta iregesti delle “patenti” concesse a stranieri europei,escludendo gli italiani “foresti” (cioè non sudditi dellaSerenissima). Questa scelta è particolarmente interes-sante per Berveglieri, che intende studiare i modi in cuiil sapere tecnologico si è trasmesso. Nell’ampio saggiopremesso all’edizione dei regesti il ricercatore analiz-za, realizzando anche tabelle statistiche, l’andamentodelle concessioni dei brevetti dal punto di vista crono-logico, tipologico e geografico (secondo l’ordine degliinventori).

Cinque indici (onomastico, toponomastico, pertipologia dei brevetti, per mestieri, per materie) con-sentono agevole accesso a 108 schede, che illustrano inmodo completo tutto il materiale presente nella pratica(in cui si trova tra l’altro la supplica dell’inventore,relazioni richieste alle magistrature competenti, inter-venti delle corporazioni, disegni illustrativi). Anche separziale, si tratta di un repertorio veramente prezioso eutilizzabile per molti studi, sia su personaggi ed eventispecifici che per analisi più generali.

Valentina Trentin

UNIVERSITÀ DI PADOVA - DIPARTIMENTO DI SCIENZE DEL-L’EDUCAZIONE - SETTORE DI RICERCA SULLA PEDAGOGIA

DELLA LETTURA E LETTERATURA GIOVANILE, Per una peda-gogia della biblioteca giovanile, a cura di Anna MariaBernardinis, Padova, Imprimitur, 1995, 8°, pp. 267, L.30.000.

Negli ultimi anni, in campo biblioteconomico, l’in-teresse degli studiosi è andato sempre più concentran-dosi sul problema della catalogazione per l’importanzache essa riveste nel favorire e sviluppare una correttafruizione del patrimonio librario. Il catalogo, infatti,quale “immagine simbolica dei materiali offerti dallabiblioteca, è lo strumento-chiave che permette di acce-dervi”. Non assolvendo solo ad una funzione ordinatriceo di accesso ai libri, ma evidenziando i principali nucleidi interesse, gli argomenti e i possibili raccordi tra imateriali presenti, il catalogo diventa un’importantestrumento di formazione del lettore. Tale aspettoformativo acquista una valenza ancora più significativae fondamentale nel caso delle biblioteche per giovani.Tali biblioteche, rivolgendosi ad una utenza in faseevolutiva, con interessi e bisogni diversi da quelli delmondo degli adulti, hanno il compito di agevolare almassimo la fruibilità del materiale, non solo fornendoai giovani quanto essi vanno già cercando, ma offrendoa loro continuamente nuove possibilità di lettura. Uncatalogo rigidamente modellato su quello della biblio-teca per adulti rischia di diventare un ostacolo all’in-contro del giovane con il libro, mancando quindi ilproprio scopo precipuo e, nel peggiore dei casi, scorag-giando la fruizione della biblioteca.

Tale consapevolezza è uno dei frutti delle ricerchesul processo della lettura e sulle abilità che esso coin-volge. In questi ultimi vent’anni, in particolare, lapsicologia della lettura, occupandosi degli aspetticognitivo-affettivi di tale attività, ha messo in lucecome l’interesse per la lettura venga determinato dacompetenze cognitive che si sviluppano nel corso del-l’età, dalle variabili psicologiche dei giovani e dallesollecitazioni educative che a loro vengono offerte. Siè giunti allo sviluppo di precise metodologie didatticheattraverso le quali è possibile rimuovere i maggioriostacoli alla capacità di lettura e sviluppare un approc-cio consapevole e maturo al testo.

Compito, comunque, non facile, dato che gli studi ele ricerche in psicologia della lettura hanno mostratoche anche adulti con livelli scolastici superiori appaio-

no in possesso di modalità di lettura semplici, ingenue;tale compito acquista ancora più importanza in un’otti-ca di educazione permanente. La biblioteca, con ilmateriale da lei offerto e con gli spunti culturali e socialiche può offrire, si presenta quindi come uno dei luoghiprivilegiati di tale educazione permanente. Il volume inquestione offre un’interessante panoramica sugli svi-luppi delle teorie e ricerche sulla lettura; lettura intesasoprattutto come pratica sociale, cioè tentando di co-gliere la molteplicità di relazione tra testo e lettore, tralettore e il suo sapere e comportamento socio-culturalein genere. Viene poi ulteriormente definito il campo inquestione, focalizzando il problema della bibliotecagiovanile e delle sue implicazioni pedagogiche. Il pro-blema del catalogo viene affrontato sotto varieangolazioni, con interessanti esempi tratti da gruppi dilavoro delle Università di Firenze, Roma e Padova.

Donata Banzato

STORIA DELLA CHIESA

DANIELA RANDO, Una chiesa di frontiera. Le istituzioniecclesiastiche veneziane nei secoli VI-XII, Bologna, IlMulino, 1994, 8°, pp. 324, L. 40.000.

La storia della chiesa di Venezia in età medioevalepuò contare su un certo numero di ricerche e lavoriconcentrati, però, su singoli momenti; sembra manca-re, insomma, alla storia ecclesiastica della città lagunareuno studio “globale”, che prenda in considerazione larealtà della chiesa veneziana nei suoi molteplici aspetti:i problemi organizzativi, le esigenze spirituali, il lega-me fra patriziato di governo e gerarchie ecclesiastiche.Le motivazioni di queste scelte, nonostante l’enormedisponibilità bibliografica e archivistica, sono stateindividuate sia nelle tendenze della passata storiografia,sia nel mito stesso di Venezia, che ha fatto risaltare ilsuo essere città laica e dedita ai commerci dove laChiesa, sostanzialmente subordinata alle necessità del-lo Stato, era un mezzo per acquisire prestigio sociale.

Da queste considerazioni è partito il tentativo dianalizzare le istituzioni ecclesiastiche altomedioevali(VI-XII secolo) nella loro complessa realtà di struttureorganizzative e normative nelle quali trova ordine ilsentimento religioso; tralasciando inevitabilmente, però,quelle esperienze religiose e spirituali che, per lorodebolezza o per rifiuto istituzionale, non hanno trovatoun loro spazio. L’arco di tempo preso in considerazioneè stato scandito in periodi per la peculiarità dellevicende che caratterizzarono la Chiesa e lo Stato vene-ziano al suo evolversi.

Il lungo e difficile processo di formazione dellachiesa lagunare (VI-VIII secolo) ebbe il suo avvio aseguito dell’invasione longobarda del 568-569 chedeterminò una divisione fra l’area soggetta alla domi-nazione longobarda, con a capo la provincia di Aquileia,e la zona rimasta sotto il controllo bizantino con sede aGrado. A questa primaria divisione politica seguì benpresto quella religiosa per finire, dopo vari contrasti,con il profilarsi di Grado quale sede metropolita del-l’area corrispondente all’incirca al ducato veneziano. Ilprocesso che portò alla nascita delle sei diocesi dellalaguna – Torcello, Malamocco, Jesolo (Equilo), Caorle,Cittanova Eracliana e Olivolo ( poi Castello) – è tuttoraoggetto di studio e ricerca soprattutto per lo stato dellefonti, talora contraddittorie come quelle cronachistichee talora frammentarie come quelle d’archivio. Tuttaviadalla confusa vicenda delle origini emerge chiaramenteil legame fra la dislocazione delle sedi episcopali e gliavvenimenti politico-istituzionali e sociali legati allecontinue invasioni. Non è stato ancora completamentechiarito, però, come abbiano influito le istituzioni ec-clesiastiche locali nell’organizzazione delle comunitàe come queste ultime abbiano determinato a loro voltail formarsi di pievi e cappelle.

Fra il IX e XI secolo le istituzioni ecclesiastichelagunari perfezionarono la loro fisionomia e la loro

organizzazione, configurandosi in strutture ben distin-te influenzate più dalla passata cultura bizantina che daquella germanico-occidentale (furono rare le chieseprivate); fu mantenuta una stretta simbiosi con le istitu-zioni civili e fra ceti dominanti e clero, che visseall’ombra del patriziato di governo. La collocazione fradue mondi e due culture diverse fece di queste zoneun’area di circolazione di uomini e di idee: influssibizantini si poterono mescolare a influssi provenientidall’Occidente, facendo della chiesa veneziana un ter-reno d’incontro fra culture e religiosità differenti, ap-punto una “chiesa di frontiera” sensibile e talora dispo-nibile verso nuove correnti spirituali e culturali. Questarealtà costituì un terreno fecondo per l’azione di rifor-ma che si attuò alla fine del X. Tuttavia i risultati piùsensibili del rinnovamento si ottennero soltanto a par-tire dal XII secolo, un periodo in cui si ebbe una vera epropria svolta pastorale. La ricchezza e la vastità dellefonti relative a questo secolo offrono un panoramavivace e vario della situazione ecclesiastica di Veneziae delineano il profilo di una chiesa nata con trattipeculiari e che non ha mai totalmente appiattito lapropria natura di chiesa locale, marcata da una certadebolezza dell’episcopato, attenta alle influenze ester-ne, rivolta oltre i confini della laguna e sempre parteci-pe di una concezione politico-religiosa tale da non di-videre quasi mai i due poteri, il civile e l’ecclesiastico.

Cecilia Passarin

Religiones novae, “Quaderni di Storia religiosa”, n. 2,Verona, Cierre, 1995, 8°, pp. 252, L. 28.000.

In questo secondo volume dei “Quaderni di storiareligiosa”, gli autori vogliono approfondire il temadelle nuove esperienze di religiosità che, sull’onda diuna perenne volontà di renovatio coessenziale allastessa storia del cristianesimo medievale, si concentra-no soprattutto fra il XII e il XIII secolo. L’area geogra-fica d’interesse è ancora una volta il settentrione d’Ita-lia con un’attenzione particolare però al Nord Est e alleesperienze che maturarono fra Verona e Vicenza.

L’interesse dei diversi interventi, che prendono spun-to da una rilettura, curata da Giovanni Merlo, Giusep-pina De Sandre Gasparini e Antonio Rigon, de I fratiServi di S. Maria di Franco Dal Pino, non è semplice-mente suscitato dalle ricostruzioni attente e documen-tate sul pullulare di fermenti di rinnovamento cheattraversò soprattutto il tessuto della nuova urba-nizzazione nel periodo esaminato, ma scaturisce inmodo particolare dalla riflessione sul concetto stesso diNovitas. Molto stimolante in questo senso è il testo diCristina La Rocca, che si interroga proprio sulla perce-zione soggettiva che i contemporanei avevano di quelleesperienze, sulla loro valutazione degli aspetti di rottu-ra o continuità con la tradizione, in altre parole sull’am-bigua novità di questi movimenti. Non si tratta qui,come fece in passato certa critica storiografica, diretrodatare il concetto stesso di rinascenza per faredella contrapposizione fra novitas e vetustas il leitmotiv attraverso cui rileggere complessivamente ladinamica evolutiva dell’intera società, ma di compren-dere che “esiste un profondo iato tra ciò che l’analisistorica porta a concepire come lento processo di cam-biamento e il modo attraverso cui gli attori di quelprocesso più o meno consciamente lo rappresentano”.In questo senso bisogna giudicare con attenzione ciòche i documenti definiscono, a volte con enfasiconclamata, novitas perché spesso l’ostentazione dielementi di rottura con il passato è “intesa a celare lasopravvivenza di persone, idee, interessi; così come ledichiarazioni di rispetto meticoloso della tradizione,contengono in sé novità implicite e striscianti”. Inquest’ottica, fa notare La Rocca, le capacità di attrazio-ne di un nuovo ordine religioso, il consolidarsi del suopatrimonio attarverso il meccanismo dei lasciti e delledonazioni, non deve essere tanto inteso come sintomodi decadenza e corruzione rispetto ad una originariapurezza di costumi, quanto come testimonianza delsuccesso di una proposta religiosa, di rigore e saldezza

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morale di una comunità che non dilapidava ciò checonosceva. Controprova di queste indicazioni me-todologiche si può ritrovare nella ricerca sul camposvolta dal saggio di Mariaclara Rossi dedicato agliorientamenti religiosi nei testamenti veronesi del Due-cento. L’analisi particolareggiata di circa 300 testa-mentari giunge infatti alle conclusioni che i testatoriveronesi riconobbero la centralità e l’importanza deinuovi fermenti religiosi, ma non agirono in modoindiscriminato: privilegiarono invece quelle istituzio-ni, quali i canonici di San Marco nella prima metà delsecolo e i Mendicanti nella seconda, ben inserite neltessuto sociale cittadino e divenute “garanzia di unastruttura e di una organizzazione efficace”.

Ferdinando Perissinotto

Predicazione francescana e società veneta nel Quat-trocento: committenza, ascolto, ricezione, Atti del IIConvegno internazionale di studi francescani (Padova,26-28 marzo 1987), Padova, Centro Studi Antoniani,1995, 8°, pp. 271, ill., L. 45.000.

A distanza di otto anni dal convegno viene ripropostal’edizione di questi “Atti”, già apparsi nel 1989 nellarivista “Le Venezie Francescane”, che costituiscono uncontributo di estrema importanza per l’analisi di mo-delli ed effetti che la predicazione francescana ebbe, inun periodo certamente molto travagliato per la Chiesacattolica e per i suoi vertici, su un territorio profonda-mente segnato dall’egemonia politica e culturale diVenezia rispetto alla sua terraferma. Se infatti le figuredi maggior rilievo della predicazione francescana delXV secolo – Bernardino da Siena, Giovanni da Ca-pestrano, Alberto da Sarteano e Giacomo della Marca– prese singolarmente sono da decenni oggetto di studimonografici e convegni, eguale attenzione non è maistata rivolta alla contestualizzazione socio-culturaledella loro attività, e di quella di altri predicatori menoconosciuti, sul territorio veneto.

Come si evince dal sottotitolo del volume, i proble-mi che i lavori qui raccolti cercano di evidenziarescaturiscono dall’intento di rivisitare con criteristoriografici un fenomeno come la predicazione, cheper la sua natura articolata richiede un approccio estre-mamente diversificato: dall’occasione che dà spunto alsermone, al rapporto fra predicatore e città, alle tecni-che e ai contenuti delle prediche, ai loro eventualiriflessi concreti nella vita sociale. Si è sentita dunquel’esigenza di affrontare la questione nella sua comples-sità, di sviscerare ed inquadrare socialmente importantiaspetti sinora trattati in maniera marginale – come adesempio l’effetto della predicazione in relazione allapotenziale suggestionabilità delle folle, se è vero checiò che colpiva l’anima popolare era “meno un messag-gio di carattere dottrinale o morale [...] di più una seriedi gesti significanti spesso straordinari e in ogni casospettacolosi” come miracolose guarigioni (G. De SandreGasparini, La predicazione di San Giovanni daCapestrano a Verona, p. 107).

K. Elm, nel lavoro che funge da introduzione alvolume, sottolinea il ruolo di strumento di riformaculturale della predicazione francescana, paragonan-dola addirittura alle moderne campagne tese all’al-fabetizzazione dei paesi in via di sviluppo; mentre lepotenzialità contenute nella predicazione francescanasono descritte da A. Rigon nei risultati concreti di essa:fondazione di ospedali, chiesette, oratori e modelli dicomportamento civile che riflettevano, pur fra limiti econtraddizioni, l’impegno pastorale dei frati predicato-ri in quell’epoca efficacemente definita come di pas-saggio “dal deserto alla folla” da G. Merlo, che presentaun’analisi dei contrasti sorti nel movimento francescanoin seguito alle esigenze di adattamento dal romitaggioall’ambiente cittadino.

Gli interventi di D. Gallo, F. Sorelli, D. Gobbi e G.P.Pacini si rivelano utilissimi come basi documentalisulla predicazione francescana rispettivamente nellacattedrale di Padova, a Venezia, nel Trentino e a Vicenza;più mirati i lavori di R. Rusconi, sull’iconografia di

rifiutati dalla popolazione, quanto perché avversatidalla Repubblica di Venezia, meno tollerante verso lapredicazione eterodossa sentita ormai come un perico-loso elemento di sovvertimento sociale. La repressionespinse taluni all’esilio, altri alla clandestinità, altri alladedizione al culto cattolico al solo scopo di evitare lapersecuzione. Il Gherlandi scelse l’esilio in Moravia,aderendo alle comunità hutterite. Dalle parole delGherlandi si deducono, oltre che i temi della sua fede ei punti di disaccordo dottrinale con quella cattolica, imotivi che spinsero la Serenissima a retrocedere dallapropria politica di apertura. Nelle teorie del Gherlandiil Vangelo e le parole di Cristo non restano argomentidi discussione teologica o di fede, ma acquistano sem-pre una profonda valenza politica, perché indicatoridella necessità di una chiesa diversa e autonoma daquella cattolica, libera dalle implicazioni temporali,non corrotta e autoritaria e che agisca in una comunitàfondata sull’uguaglianza e sulla tolleranza. Agli occhidegli inquisitori e dei politici veneziani, i tentativi diproselitismo del Gherlandi, in un momento in cuil’eterodossia era combattuta e rifiutata, costituivano unpericolo per l’ordine sociale e pertanto venne fattoarrestare e, dopo il processo, primo di una lunga serie,condannato alla pena capitale.

Cecilia Passarin

PIERANTONIO GIOS, Il graticolato romano nel Quattro-cento. La visita pastorale di Diotisalvi da Foligno anord-est di Padova (1454), Padova, Cleup - SantaMaria di Sala (PD), Biblioteca Comunale, 1995, 8°, pp.144, ill., s.i.p.

Nella zona posta a nord-est di Padova si riscontraancora presente la struttura del graticolato romano, unapeculiarità che si è conservata nel corso dei secoli e cheha caratterizzato questo lembo di territorio. Nella pre-sentazione al volume si lamenta però l’assenza finora diun piano organico di studi tesi ad individuare e recupe-rare appieno l’identità e lo sviluppo storico di questoterritorio. Il lavoro di Gios si propone quindi comepresupposto e modello metodologico del progetto diricerca che il Comune di Santa Maria di Sala intendeavviare in tal senso, anche attraverso la collaborazionecon l’Università di Padova.

La fonte storica, l’“osservatorio” da cui è partitaquesta ricerca sono le visite pastorali, nello specifico ildiario della visita svolta nel 1454 da Diotisalvi daFoligno, vicario del vescovo Fantino Dandolo. Undocumento che mostra un particolareggiato quadrodella situazione non solo religiosa ma anche sociale edeconomica del territorio. Allo studio introduttivo, chepresenta la situazione in cui il Diotisalvi si trovò adagire e le modalità ed i contenuti del suo operare,seguono le tre Appendici: il diario della visita con tappee spostamenti, i nomi dei rettori delle chiese visitate ela trascrizione del testo latino, a cui hanno collaboratodon Stefano Dal Santo e don Giuseppe Rigoni. L’indicedei nomi di persona e luogo che compaiono nel corsodella relazione e un altro indice relativo al saggiointroduttivo concludono il volume. Dodici tavole ac-compagnano il testo, con riproduzioni di atti della visitae di illustrazioni del territorio tratte da documenticonservati presso l’Archivio di Stato di Padova.

Il 1405 è la data che segna la caduta della Signoriacarrarese e l’inizio dell’espansione veneziana oltre iconfini lagunari, soprattutto verso Padova, con unprogramma di controllo e riforme attuato insediandoesponenti del patriziato veneziano in cariche dell’am-ministrazione civile ed ecclesiastiche, con interventi dirafforzamento degli apparati statali e di riassetto eco-nomico e puntando a dare un’accentrata organizzazio-ne alle istituzioni e al patrimonio della Chiesa. Siesportarono verso la terraferma quei nuovi movimentie quelle istanze di riforma religiosa che già si eranoespresse entro i confini della laguna. La guida delladiocesi di Padova venne affidata a vescovi venezianiper raggiungere una integrazione tra le strutture politi-che ed ecclesiastiche. Dal 1409 al 1459 si susseguironoinfatti quattro vescovi provenienti da famiglie venezia-

Giovanni da Capestrano, e di O. Visani Ravaioli, che,nel contesto di uno studio sulla predicazione di Robertoda Lecce a Padova, pubblica qui per la prima voltal’edizione critica del suo Sermo de luxuria.

Simonetta Pelusi

LUCA CALÒ, Giulio Gherlandi «heretico ostinatissi-mo». Un predicatore eterodosso del Cinquecento tra ilVeneto e la Moravia, Venezia, Il Cardo, 1996, 8°, pp.191, L. 29.000.

La vicenda di Giulio Gherlandi, originario diSpresiano, è qui ricostruita attraverso i dati forniti daiverbali degli interrogatori, dalle testimonianze rese alprocesso, dalle lettere ai confratelli e da ogni altratestimonianza sulla sua predicazione eterodossa editinerante condotta attraverso il Veneto e la Moravia. IlGherlandi venne arrestato a fine settembre del 1561 inun’osteria di un piccolo borgo della Marca trevigianasu segnalazione del podestà, con l’accusa di predicaredottrine eretiche; all’arresto seguì il carcere, il processoe la pena di morte. Tuttavia la sua vita e la sua attivitàsuperano la semplice biografia, per essere calate nelperiodo storico in cui si è formato il suo pensiero e la suafede. La prima metà del XVI secolo, infatti, è caratteriz-zata da una forte crisi delle istituzioni ecclesiastiche,che si vedono abbandonate da una popolazione ormaistanca della loro corruzione e della loro ignoranza.

In questo clima si inserisce la predicazione eterodossadel Gherlandi: sulla spinta della Riforma protestante sifaceva portavoce del malcontento popolare, e primache la reazione della Chiesa cattolica avesse potutosortite qualche risultato. Le zone del Veneto in cui ilGherlandi andò predicando godevano, inoltre, dellapolitica di tolleranza religiosa professata dalla Serenis-sima; in esse i predicatori trovarono un terreno nelquale sopravvivevano echi della medioevale pre-dicazione catara e patarinica e che contribuirono a faredel Veneto una zona privilegiata dove divulgare unadottrina diversa da quella cattolica e in aperta opposi-zione alla chiesa di Roma. In ambito veneto, infatti, nelprimo Cinquecento furono molti i predicatori eterodossiche batterono piazze e campagne per diffondere lapropria fede, forti di un linguaggio diretto, chiaro,basato su un lessico comune e totalmente privo di ognipolemica di sapore dottrinale. La loro fortuna, cosìcome quella del Gherlandi, cominciò a declinare fra glianni cinquanta e sessanta del secolo, non tanto perché

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ne illustri e legate al ceto di governo: Albano Michiel,Pietro Marcello, Pietro Donà, Fantino Dandolo, gliultimi tre esponenti dell’umanesimo veneziano, “atten-ti alle necessità della repubblica e della chiesa, inperfetta simbiosi tra cultura laica e cultura cristiana”.

La diocesi padovana versava in condizioni generalidi miseria, difficoltà e debolezza, con una rilevantepresenza di clero forestiero e impreparato. Nei suoiconfronti l’episcopato si servì dello strumento sinodaleper emanare nuove costituzioni moralizzatrici e tese almantenimento del patrimonio ecclesiastico. L’azionedi riforma interessava e coinvolgeva anche la popola-zione laica, per dare un maggior ordine alla vita pubbli-ca. Le popolazioni vennero quindi sottoposte a verificae controllo attento da parte dei vescovi, che agivano sulterritorio servendosi di vicari.

In questo quadro si inserì l’azione del Diotisalvi,vicario del vescovo Fantino Dandolo e giunto a Padovanel 1452. Le sue ispezioni, che datano dal 1452 al 1458,sono caratterizzate dal personale coinvolgimento edall’attenzione alla vita del clero, dai suoi contatti coni fedeli che cercò di indurre ad una migliore vitacristiana, anche con colloqui ed incontri personali;ottenendo infine risultati quasi migliori di quelli del suopredecessore, Niccolò Grassetto, raccolti con metodiinquisitoriali. Nel 1454 Diotisalvi visitò il territorio anord-est di Padova, il graticolato romano. Aiutato dacollaboratori e con un’attenta indagine verificava lostato del clero, per lo più forestiero e con un profiloumano e spirituale eterogeneo, di formazione piuttostorudimentale ma adeguata alle esigenze dei fedeli chericercavano nei loro parroci soprattutto qualità umane.Alcuni vennero però richiamati per impreparazione oper comportamenti non consoni al loro stato, come lafrequentazione di taverne e la pericolosa convivenzacon donne. Per quanto riguarda i laici si evidenziò ilprogressivo distacco dalla pratica sacramentale, ancheperché spesso un parroco riuniva in sé più incarichi e gliera quindi impossibile seguire ogni comunità. L’asten-sione dai sacramenti poteva derivare da comportamenticontrari al matrimonio, concubinato e adulterio, fre-quentazione di osterie e, soprattutto tra le donne, diffu-sione delle superstizioni. La visita comprendeva anchel’esame degli edifici sacri: alcuni erano adibiti a ma-gazzini, altri erano quasi abbandonati, ma nel comples-so risulta una situazione meno disastrosa di quellarilevata nella zona della Bassa Padana dal Grassetto. IlDiotisalvi agì energicamente, convocò assemblee par-rocchiali e mobilitò e coinvolse i massari, incaricati coni preti di procedere all’inventario dei beni delle chiesee all’amministrazione della parrocchia. Mise in attoprovvedimenti fiscali e amministrativi, propose unnuovo modello al clero, promuovendone una miglioreformazione spirituale e una maggiore osservanza mo-rale e disciplinare. La sua azione continuò anche dopola conclusione delle visite, seguì infatti da lontano enegli anni seguenti le vicende delle chiese, del clero edei fedeli. Nel 1459 scomparve il Dandolo e Diotisalvi,rimasto senza appoggio, dovette allentare le sue rifor-me e poco dopo lasciò l’incarico. Con Diotisalvi, “figu-ra paradigmatica di vicario vescovile”, scompariva unodei massimi esponenti della “via veneta alla riforma”.

Lorenza Pamato

COMUNE DI VILLORBA - BIBLIOTECA COMUNALE - GRUPPO

ARCHEOLOGICO TREVIGIANO, Pievi, conventi e monasteriin territorio trevigiano nel Medioevo, Giornata di studistorici (Villorba, Biblioteca Comunale, 24 settembre1994), Villorba (TV), Amministrazione comunale, 1995,4°, pp. 46, s.i.p.

Un “viaggio nel tempo” per conoscere la propriastoria, il proprio Medioevo: così viene introdotto que-sto volumetto in cui sono raccolte le sei relazionipresentate nel corso della seconda giornata di studiindetta dal Gruppo Archeologico Trevigiano in colla-borazione con la Biblioteca Comunale di Villorba.

La Marca trevigiana, in cui agirono movimenti edistituzioni caratterizzanti il Medioevo, offre un panora-ma di notevole vivacità religiosa. Le vicende di tali

La Chiesa di Venezia nel primo Novecento, a cura diSilvio Tramontin, Venezia, Studium Cattolico Vene-ziano, 1995, 8°, pp. 231, ill., L. 35.000.

Con questo nono volume la collana di “Contributialla storia della Chiesa veneziana” si avvia alla conclu-sione (è in preparazione un decimo, ultimo volume suLa Chiesa di Venezia dal secondo dopoguerra al Con-cilio). Il volume dedicato alla Chiesa veneziana delprimo Novecento, curato da mons. Silvio Tramontin,comprende gli episcopati di Cavallari e La Fontaine, unbreve profilo delle due nuove Congregazioni religiosesorte e Venezia in questo periodo (le Ancelle missiona-rie del Santissimo Sacramento e le Suore Domenicanedella Beata Imelda dette più comunemente Imeldine),l’ampliamento del patriarcato in terraferma (1919-1927), l’operato della Giunta Grimani sorta dall’alle-anza tra cattolici e liberali moderati per volere delpatriarca Sarto, le iniziative sociali dei cattolici in queiprimi decenni del Novecento.

Ma è tutta la vita della comunità ecclesiale venezia-na che viene illustrata, nella liturgia, nella catechesi,nella pastorale, nel problematico impegno politico,nella crisi e nel successivo sviluppo dell’Azione catto-lica. Sullo sfondo il dramma del modernismo e i grandieventi della società italiana: l’età giolittiana, la guerradi Libia, la fine delle libertà democratiche con l’avven-to del fascismo e il suo consolidarsi in regime. Sulvolume – che ospita contributi di Bruno Bertoli, CasimiraGrandi, Giovanni Vian, Silvio Tramontin, AntonioNiero, Giusy Sozza – avremo occasione di tornare piùdiffusamente in occasione di un prossimo ampio artico-lo dedicato alla collana.

Giovanna Battiston

LUIGI LUGARESI, Identità e interazione. Salara - S. Croce:una comunità un monastero, Salara (RO), Bibliotecacomunale “A. Bignardi”, 1994, 4°, pp. 113, ill., s.i.p.

La storia di Salara, piccolo centro della “Traspadanaferrarese” (territorio veneto ma che è stato strettamentelegato a Ferrara attraverso le fondazioni monastiche didipendenza ferrarese), e quella del monastero di S.Croce si fondono nella storia dei continui contrasti frale due comunità, scontri dovuti alla questione deldiretto dominio esercitato e preteso dai monaci e riven-dicato dalla collettività salarese. Gli studi su Salara sisono fatti più numerosi ed attenti a partire dagli anni’70, grazie soprattutto ai diversi contributi portati daAlberto Bignardi, a cui è ora dedicata la BibliotecaComunale che ha voluto la presente pubblicazione. IlBignardi ha improntato le sue ricerche ad una “serrataanalisi municipale, fornite però di un respiro che tra-scendeva l’immanenza del fenomeno per proiettarsi inuna visione più ampia e articolata della storia e dellasocietà”, e fornendo un prezioso modello per gli studiriguardanti le comunità contigue. Il presente lavoro diLugaresi prende dunque le mosse dagli studi di Bignardie li integra con nuovo materiale documentario, partico-larmente attento all’analisi funzionale dei rapporti tra ildominio temporale dei monaci e Salara, ripercorrendol’arco diacronico che va dall’insediamento dei monacisino alla loro espulsione in età napoleonica. Le recentiricerche hanno portato alla luce, oltre a nuovi partico-lari architettonici della struttura monastica, inediti do-cumenti relativi alla questione della dipendenza diSalara dal diretto dominio monastico: atti delle investi-ture, i contratti agrari, le relazioni dei processi, latoponomastica, documenti iconografici e catastali (ma-teriale che è stato esposto nel corso della mostra sulMonastero di S. Croce tenutasi a Salara nell’agosto del1991, in parte presentato nelle appendici che concludo-no il presente volume).

Salara, sorta entro il comitatus di Ficarolo, è attestataautonomamente per la prima volta nel 1084 comeborgo Salares; risale invece agli albori del secolo XIIl’insediamento monastico regolare di S. Croce, dipen-dente da S. Frediano di Lucca fino alla fine del secoloXV e poi dalla Congregazione di S. Giustina di Padova.Il monastero rappresentò un’importantissima presenza

movimenti, alcuni colti nelle fasi del primo insedia-mento e della loro affermazione, altri seguiti fin nellesuccessive evoluzioni – talvolta sino alla soppressionenapoleonica che ne ha spesso decretato la scomparsamateriale, oltreché la fine come istituto religioso – siintrecciano con la storia politica e sociale dei vari centridella Marca, segnata, fra l’altro, dalla dominazione deida Romano nei decenni centrali del XIII secolo e daicontinui conflitti di interesse con il vicino “colosso”veneziano. I relatori si sono occupati degli Ordinimendicanti, Minori, Predicatori ed Eremitani, del mo-nastero benedettino di S. Maria del Pero, dei numerosiospizi fondati dagli Ordini monastico-cavallereschi,Templari e Giovanniti, della storia della diocesi diCeneda con le sue pievi “cellule”, dell’Ordinamentoterritoriale diocesano, della “domus hospitali” diLovadina e della storia della chiesa altomedievale di S.Alberto di Piovesano in Locenigo.

Lorenza Pamato

GIUSEPPE POLO - GIUSEPPE VENTURINI, I Battuti e l’ospe-dale di Mogliano, Mogliano Veneto (TV), Comitato peril millennio - Gruppo di ricerca storica “Astori”, 1995,8°, pp. 75, ill., s.i.p.

In questo volume vengono ripercorse le vicendestoriche della Confraternita dei Battuti e dell’Ospedaledi Mogliano Veneto. Dopo alcuni saggi introduttivi,dove vengono esaminate le antiche forme di religiositàe associazione, gli autori si soffermano sull’evoluzionestorica avuta dalle confraternite dei Battuti, le quali,nate intorno al 1260 in Umbria, si spostarono e siaffermarono nel Veneto attorno al 1300. Le confraternitepassarono da una prima fase dove le penitenze e lareligiosità più spontanea erano i fattori predominanti,ad una fase successiva in cui le “pubbliche penitenze”vennero sostituite da una ricerca della carità verso i“poveri in Cristo”.

Le vicende dell’Ospedale di Mogliano Veneto se-guono parallelamente quelle della confraternita deiBattuti. L’ospedale venne fondato nel 1398 su unterreno preso a livello dall’abbadessa del paese; nel1407 la sua gestione passò ai Battuti e rimarrà allaconfraternita fino alla fine del XIX secolo.

Gli autori nel volume si soffermano sull’analisidegli articoli di cui era composta la Mariegola deiBattuti: la confraternita era formata da un gastaldo, duemassari, un numero imprecisato di zappafangi e dalpriore; nell’ospedale abitava inoltre il capellano, sti-pendiato dai fratelli per dire messa nella chiesetta deiBattuti. Le vicende della confraternita e dell’ospedalesono descritte in modo molto accurato; molto utilirisultano essere le “tabelle cronologiche” che accom-pagnano la lettura del testo secolo per secolo fino al1810, anno in cui l’ospedale e la Confraternita deiBattuti vennero soppressi.

Luca Parisato

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economica e politica e fu elemento catalizzatore dellacomunità salarese, secondo un intreccio ben evidenziatonel corso di questo studio che ripercorre la storia diSalara sulla base degli atti economico-giuridici delconflitto. Un documento pone il primo procedimento dirivendicazione della giurisdizione territoriale da partedei salaresi alla fine del secolo XV, ma il culmine siraggiunge nel secolo XVII, con sentenze che però ricu-savano le pretese di Salara. In alternanza agli scontri, idue periodi di cosiddetta pax monastica in seguito allesentenze del 1508 e del 1659 di riconoscimento deidiritti del monastero.

Lorenza Pamato

SILVANO FORNASA, La chiesa campestre di S. Fermonella storia di Castelgomberto, Castelgomberto (VI),Biblioteca comunale, 1994, 8°, pp. 310, ill., s.i.p.

Questo lavoro di Silvano Fornasa è dedicato allastoria della chiesa campestre dei SS. Fermo e Rusticoche si trova a Castelgomberto, nella vicentina valledell’Agno. Lo studio è avvenuto sulla base di docu-menti conservati per la maggior parte nel fondo delmonastero benedettino di S. Maria in Organo pressol’Archivio di Stato di Verona. Le fonti utilizzate sonoinfatti soprattutto archivistiche, con alcuni contributidell’epigrafia e dell’archeologia. Di alcuni documentiviene data la trascrizione in calce al volume, tra questil’investitura del 1191. La monografia tratta le vicendestoriche della chiesa di S. Fermo, inserite nel più vastocontesto della comunità di Castelgomberto che rimanesullo sfondo. A Castelgomberto sono dedicati alcuniapprofondimenti di storia locale, relativi all’economiae alla società, al succedersi di diverse dominazioni,all’andamento demografico in occasione deglispostamenti di popolazione sul territorio e del ricorreredelle epidemie di peste.

La chiesa è intitolata ai Santi Fermo e Rustico, diorigine africana ma “trapiantati” nell’Italia settentrio-nale, unici destinatari rimasti del culto fino al sec. XVI,quando la devozione si è estesa anche a S. Bovo e allaMadonna. L’arco cronologico nel quale si snodano levicende della chiesa non è precisamente definibile perle origini; non è nota la data di erezione, ma il ritrova-mento al suo interno di una lapide funeraria romana (Isec. a.C. - II d.C.) fa pensare ad una continuità con unpreesistente luogo di culto funebre. Il primo documentoè del 1191 e l’edificio vi compare come proprietàdell’abbazia benedettina di S. Maria in Organo, diVicenza. Si tratta dell’investitura del beneficio dellachiesa ad un Trissino; è documentata anche la presenzapresso la chiesa di una “fraternità” di penitenti laici, cheperaltro non è più menzionata dopo il 1251. Nel 1444S. Maria in Organo passò con tutti i suoi possedimenti,compresa la chiesa di S. Fermo, nelle mani della Con-gregazione dei monaci bianchi di Monte Oliveto. Lachiesa ha subìto vari interventi di restauro e conserva-tivi: nel corso del Seicento, quando la si trova menzio-nata col titolo onorifico di “abbazia nuncupata”, malavori più importanti furono fatti eseguire dall’abateMichele Bertazzi, divenuto beneficiario all’inizio delsecolo XVIII. L’edificio venne in parte rifatto e sullafacciata venne posto lo stemma che rappresenta laCongregazione Olivetana e l’abbazia di S. Maria inOrgano. Dopo la soppressione degli Ordini Religiosidel 1807 un discendente dei Trissino acquistò la chiesa,in nome dell’antico legame con la sua famiglia. Infine,nel 1920, è divenuta Oratorio pubblico della parrocchiadi Castelgomberto. Ultima vicenda riguardante la chie-sa è il restauro compiuto a partire dal 1991 e la succes-siva inaugurazione solenne.

Della storia di Castelgomberto, trovano qui postoalcune ricerche circoscritte. Insediamenti umani furo-no presenti sul territorio nei due siti di Chiuse eCastelgomberto sin dall’età preistorica. Per Chiuse sipone la discriminante dell’anno 1000 per quanto ri-guarda l’esistenza di documenti scritti, perCastelgomberto la prima data sicura è invece il 1191.La presenza di due castelli, di cui rimangono oggi solopoche vestigia, quello vescovile di Chiuse, dei Da

to movimento sociale dei cattolici (sindacati agricoli,casse rurali ecc.), direttamente legato al papa venetoPio X. Questo vescovo, più conosciuto a Treviso che indiocesi a Padova, ha svolto un ruolo importante anchedurante la prima Guerra mondiale.

Elio Franzin

FIORENZO SILVANO CUMAN, Belvedere di Tezze sul Brenta:la chiesa madre dei capitelli. Dalle edicole sacre allaChiesa e dalla Chiesa a Dio, Marostica (VI), I.R.S.E.P.S.- Istituto di Ricerche e di Studi sull’Edilizia PopolareSacra, 1994, 4°, pp. 154, ill., s.i.p.

Il lavoro compiuto da p. Fiorenzo Silvano Cuman,affiancato ed aiutato dal professor Zorzi e dal professorTessari, costituisce un’interessante ricerca su quel ric-co patrimonio di pietà popolare, arte e cultura, che sonoi capitelli. Questi piccoli “edifici” che racchiudono ecustodiscono un’immagine sacra trovano la loro ascen-denza nelle edicole pagane, distrutte agli inizi delcristianesimo e poi risorte ma con raffigurazioni sacre;nel tempo hanno avuto, ed in parte conservano, ancheun senso laico e civile quali ad esempio l’indicazione diun confine territoriale, ma importa qui il loro significa-to religioso di espressione penitenziale e di fede religio-sa. Di più, il capitello viene visto come un “grano disenapa da cui prende avvio la ricerca di Dio”, come unmoderno catechismo per immagini, da sempre luogo diritrovo per i fedeli per le celebrazioni religiose. Ilcapitello rappresenta, quindi, il punto di partenza di unpercorso che conduce sino alla chiesa, luogo fisicodell’unità dei credenti e da cui “prende coscienza laparte più metafisica del viaggio, quella che conducealle soglie del divino”. Il presente volume è dunquevolto alla presentazione di tutti questi “granelli”, pregnidi un senso religioso che trascende la pura materialitàdell’edicola, non dunque una semplice catalogazionema la proposta di un percorso da cui emerge “un modopovero, innocente ma genuino, di fare Chiesa”.

Il territorio preso in esame è quello del comuneveneto di Tezze sul Brenta (a cui fanno capo le localitàdi Belvedere, Tezze, Stroppari, Granella, Cusinati,Campagnari e Laghi); nelle prime pagine ne vieneriprodotta la pianta con indicata l’ubicazione delle oltrecento edicole sacre presenti. Ciascuna edicola viene poipresentata con l’esatto indirizzo, la descrizione delmanufatto, eventuali notizie storiche e lo stato di con-servazione; si ricordano le occasioni in cui si svolgonoriti di preghiera e processioni che interessano il capitel-lo. Particolarmente rilevante è la titolazione delle di-verse edicole: santi, patroni dei lavori tipici delle zonerurali e con delle chiare predilezioni ad esempio per S.Antonio (con quasi 20 capitelli a lui dedicati), le“Madonne”, la madre di Cristo, corredentrice, ReginaCoeli, e il Cristo, da Gesù Bambino al Redentore.Figure che offrono rifugio e protezione, oltre che esor-tazione alla fede. Molte descrizioni sono corredatedalla riproduzione fotografica, di alcune viene presen-tata anche la riproduzione grafica realizzata da Zorzi,una serie di acquerelli accompagnati dalle didascaliedel Tessari.

Lorenza Pamato

La devozione antoniana nei cinque continenti. Chiesee santuari dedicati al Santo di Padova, a cura diLuciano Segafreddo, pref. del card. Paul Poupard,Padova, Messaggero, 1995, 4°, pp. 197, ill., L. 60.000.

Il 1995, anno delle celebrazioni antoniane, ha messoin luce in modo sorprendente come il culto di questosanto sia ancora il più sentito nel mondo della cristiani-tà. Centinaia di migliaia sono stati i pellegrini che,durante tutti i dodici mesi dell’ottavo centenario dellanascita del grande portoghese, hanno affollato Padovae la sua basilica. Per testimoniare la ricchezza e lavarietà di tale devozione, le Edizioni Messaggero han-no pubblicato un volume che raccoglie una grandequantità di immagini, di documenti, di informazioni.

Chiuse, e quello di Castelgomberto, proprietà dei DaCastelgomberto, esponenti della piccola nobiltà rurale,riconducono all’esistenza di due villaggi, fusi in unosolo nel secolo XIV. Tra le famiglie di rilievo – oltre aiDa Chiuse, i Da Castelgomberto ed i Trissino, ed altriminori – si ricorda la penetrazione fondiaria operata daiPiovene, gruppo molto importante per la storia diCastelgomberto sin dal secolo XV. Gli approfondimen-ti relativi alla comunità si concludono con il capitolorelativo agli anni tra la fine del secolo XVIII ed il primovenetnnio del XIX, con la dominazione austriaca inter-rotta dalla breve annessione al Regno Italico (1805-1813) e la grave crisi economica alla fine di questoperiodo.

Lorenza Pamato

FIORENZO SILVANO CUMAN, Campodarsego e i suoi“capitei”, Marostica (VI), I.R.S.E.P.S. - Istituto di Ricer-che e di Studi sull’Edilizia Popolare Sacra, 1994, 8°, pp.[125], ill., L. 25.000.

Un capuccino, padre Fiorenzo Silvano Cuman, èl’animatore dell’Istituto di Ricerche e Studi sull’Edili-zia Popolare Sacra con sede a Marostica. La collanadedicata ai cosiddetti “capitei” è arrivata al 28° volume.I capitelli – di legno sulle biforcazioni degli alberi o inmuratura ai confini delle proprietà agricole e ai confinidelle strade – sono stati una delle espressioni, relativa-mente autonome, se non della religiosità almeno delladevozione popolare dei veneti. Chi, a proprie spese, sicostruiva il capitello lo dedicava al Santo che preferivascegliendo anche lo stile, il pittore, la riproduzione dafar eseguire. Con l’invasione delle campagne venete daparte dello stile piccolo borghese i capitelli sono diven-tati inesorabilmente brutti. Si salvano soltanto quellipiù antichi o quelli che riproducono gli antichi.

A Campodarsego la “Crose dei Bani”, quattro pezzidi legno con i chiodi, le tenaglie, il partello, il recipien-te, la mano dello schiaffo. Una sintesi essenziale edefficace della Passione di Cristo. A Reschigliano l’Im-macolata di via Pontarola di cui non si conosce l’età. AFiumicello il Crocifisso di un ignoto Madonaro dellafine dell’Ottocento. All’invasione dei brutti capitelli, siaggiunge nel caso della frazione di Sant’Andrea (unadelle quattro del Comune di Campodarsego assieme aReschigliano, Bronzola, Fiumicello) l’irritazione cheprovoca il fatto che persino nella nuova toponomasticaS. Andrea di Codiverno, la località ricordata nel Cantotredicesimo dell’Inferno, quello di Pier della Vigna, èstata trasformata in S. Andrea di Campodarsego. Ètroppo chiedere che gli abitanti di Sant’Andrea ricordi-no il brano della Divina Commedia, uno dei più grandipoemi religiosi della storia dell’umanità, almeno conuna lapide se non con un capitello?

Sia Campodarsego che la frazione di Fiumicelloricordano giustamente la figura di monsignor AndreaLonghin, capuccino e vescovo di Treviso. Longhin èuna delle figure più interessanti dell’episcopato veneto,ispiratore dopo la prima Guerra mondiale del cosiddet-

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Partendo dal Portogallo, dove Antonio nacque nel1195, l’itinerario della devozione antoniana nel mondosi snoda attraverso i cinque continenti, fino a giungerein Australia e nell’estremo Oriente. Il volume – curatoda Luciano Segafreddo, direttore dell’edizione italianaper l’estero del Messaggero di Sant’Antonio – fornisceuna ricca documentazione storica e fotografica deiluoghi in cui si è radicato il culto del Santo di Padovae delle manifestazioni (celebrazioni, processioni, festepopolari) che ancora oggi, nel suo nome, animano iquattro angoli della terra.

Marco Bevilacqua

SCIENZE SOCIALI

Comitati etici. Una proposta bioetica per il mondosanitario, a cura di Corrado Viafora, Padova, Fonda-zione Lanza - Gregoriana, 1995, 8°, pp. 262, L. 40.000.

La riflessione e l’approfondimento sulla bioeticapromossi dalla patavina Fondazione Lanza proseguonocon il volume Comitati etici, curato da Corrado Viafora.Con questo testo – così come per altre precedentipubblicazioni della Fondazione Lanza – l’attenzione ècentrata sull’importanza assunta dalla bioetica in Italiae all’estero. In particolare, viene qui presentata unaserie di interventi che ripercorrono le tematiche affron-tate nei corsi di formazione sui Comitati etici in ospe-dale, all’interno del Progetto “Etica e Medicina” coor-dinato dallo stesso Viafora.

Ma quali sono le linee base della bioetica? In-nanzitutto l’assunto che sia la scienza a dover servirel’uomo e non viceversa, in secondo luogo la necessitàdi estendere a livello universale diritti e doveri, control-lare gli abusi, evitare le discriminazioni, creare nuovicomitati bioetici, il tutto nel rispetto della trasparenza.Ecco perché i comitati etici sorgono dapprima nell’am-bito della ricerca e della sperimentazione – dove leesigenze di protezione dei soggetti umani coinvoltisono maggiori – per estendersi in seguito a strutture piùlimitate territorialmente (comitati etici nazionali) o percompetenza (comitati etici ospedalieri).

Come ci viene fatto notare nel testo, alla luce dellenuove procedure tecnologiche e terapeutiche i codicideontologici classici sono diventati obsoleti, in quantosono mutate le domande a cui rispondere. Infatti “l’ac-cettazione a livello mondiale del diritto all’auto-determinazione è espressione dello spostamento versoil pluralismo morale e verso la conflittualità moraleladdove prima esisteva omogeneità etica basata sullareligione” (p. 41). In sostanza è cambiato il rapportomedico-paziente-istituzione e le svariate opportunitàterapeutiche richiedono da un lato un più ampiocoinvolgimento del paziente nelle decisioni e dall’altrouna maggiore necessità di divulgazione da parte delsistema sanitario.

Nella convinzione che la base per lo sviluppo deicomitati etici sia un’adeguata attività formativa, laFondazione Lanza offre ai lettori l’opportunità di averesia una panoramica dello stato della disciplina in Italiae all’estero, sia un valido strumento di conoscenza,approfondimento e metodologia di quella che è ladiscussione etica dei casi clinici.

Susanna Falchero

Il posto dei bambini, a cura di Lucia Trevisan, Verona,Comune - Settore Pubblica Istruzione - Unità AsiliNido - Cierre, 1996, 8°, pp. 358, ill., s.i.p.

A dispetto della mole non indifferente, Il posto deibambini è un volume scorrevole e assai poco pesante daleggere: è il frutto di un intenso lavoro pluriennale –iniziato nel 1989/90 – di formazione per e con leeducatrici degli asili nido di Verona.

Come sottolinea il titolo, il tema centrale del testo èil rapporto bambino-spazio fisico e spazio psicologico,

rapporto caratterizzato da peculiarità che non si riscon-trano in altri momenti della vita. Infatti, troppo spessoe troppo a lungo si sono trascurate le differenze trabambino e adulto nel confrontarsi con l’ambiente cir-costante: il bambino – specie quando è molto piccolo –ha una serie di bisogni da soddisfare che sono fonda-mentali per il suo sviluppo, così come ha un approcciocon gli spazi e gli oggetti che per forza di cose è diversoda quello di un adulto. Nel bambino sono più sentiti ilbisogno di continuità, di appartenenza, di coerenza, neisuoi primi spostamenti dal nucleo familiare alla piùgrande comunità degli altri bambini e degli altri adulti,così come sono qualitativamente diverse le sue capaci-tà cognitive (per esempio orientamento e memoria).

Ecco allora che – suddivisi in paragrafi brevi, chiari,ricchi di disegni, illustrazioni, schemi e fotografie –vengono presentati gli approcci teorici e le applicazionipratiche sul ruolo psico-pedagogico dell’“ambiente-nido”, nella sua duplice accezione di ambiente fisico eambiente umano. Particolarmente interessanti sono leriflessioni su “come” strutturare uno spazio adeguatoalle necessità dei più piccoli, e sugli oggetti, i materialie i giocattoli che aiutano i bambini a crescere e maturarele proprie esperienze.

Susanna Falchero

Le strettoie del tempo. I bambini e l’Aids, a cura diCarlo Giaquinto e Silvia Casella, Padova, Calusca,1995, 16°, pp. 122, L. 15.000.

Il libro raccoglie le testimonianze, in forma epistolare,di parenti di bambini sieropositivi e di operatori sanitariche dal 1984 li seguono al Dipartimento di Pediatriadell’Università di Padova. Parlano di pregiudizi, paure,indifferenza, dolore e morte. Ma anche di generosità,solidarietà, amore. Quando si contrae il virus dell’Aidsè una lotta “grande, terribile, impari”, accompagnatadall’angoscia per chi si lascia solo e indifeso.

“Muoio io, e i bambini? Si troverà una famiglia cheli prenda tutti e tre? Sentiranno la mia mancanza?Riusciranno a perdonarmi? Da grandi, chi spiegheràloro che cos’è la gioia e il dolore, l’amore e l’odio, checosa è giusto e che cosa è sbagliato?” (Luisa). Nel libroè testimoniata la generosità di chi adotta un bambinosieropositivo: “Quando l’abbiamo adottata la nostrasperanza era che la piccola rientrasse in quell’80% chesi negativizza entro il primo anno di vita. Non è statocosì. Ma è nato dentro di noi un legame viscerale conquesta creatura, senza che la sua sieropositività offu-scasse in qualche modo quelle semplici e intense gioieche ogni genitore prova per il proprio figlio” (Roberta).Il dolore della perdita: “Quando si perde uno di loro, siperde un affetto e si vive una sconfitta. I medici aveva-no bisogno di sentirsi un po’ meno medici e più uomini.Questo, di sicuro l’Aids ce lo ha insegnato” (Susanna).E alla fine una riflessione per tutti: “L’uomo, a mioavviso, deve rendersi conto che le sue decisioni e le suescelte sono strettamente legate al futuro della società.Diviene così il diretto responsabile di tutto ciò che saràil domani, che grida alla vita e richiama ad una maggio-re responsabilità” (Stefano).

Maria Pia Codato

CENTRO DOCUMENTAZIONE DONNA “LIDIA CREPET”, Diecianni nel segno della differenza, Padova, 1995, 8°, pp.101, ill., s.i.p.

Il volume presenta le tappe fondamentali del primodecennio di attività del Centro Documentazione Donna“Lidia Crepet” di Padova, affiancando alla documenta-zione delle varie iniziative una serie di testimonianzeraccolte nella forma dell’intervista alle protagonisteche hanno animato il dibattito sulla differenza di gene-re. Il Centro è nato “ dall’incontro di donne con storieed esperienze diverse che si sono trovate insieme nellebattaglie sull’aborto, per la legge contro la violenzasessuale, per i consultori. Alcune provengono dall’UDI,altre dal movimento femminista degli anni ’70, altre

ancora portano la loro soggettività costruita in espe-rienze politiche e sindacali varie [...]. La condizionestorica che permette l’incontro è dovuta ad una serie dicoincidenze. Fondamentale è il congresso del 1982 incui l’UDI si autoscioglie come struttura organizzativa,leggendo nell’organizzazione centralista l’impossibili-tà di far emergere risorse e differenze. Ma pesa altret-tanto, nel desiderio di cercare strade nuove, la crisi dipartecipazione e militanza dei gruppi femministi deglianni ’70”. Nelle linee programmatiche originarie ilCentro patavino si propone di: documentare la storiadelle donne; promuovere ricerche ed iniziative perapprofondire la conoscenza della condizione femmini-le; sperimentare nuove forme di rapporto con le istitu-zioni pubbliche ed in particolare con le amministrazio-ni locali; costituire una biblioteca specialistica.

La riflessione iniziale dell’attività del Centro si èconcretata in una mostra e in un dibattito pubblico sultema La donna e il parto; successivamente l’interessesi è focalizzato su Il disagio mentale della donna,mentre in parallelo veniva avviata e si consolidava lapratica della lettura collettiva. Alle Sette rassegne cine-matografiche degli anni successivi si sono affiancati gliIncontri con l’autrice nei quali si sono avvicendate, trale altre, Franca Ongaro Basaglia, Luisa Muraro, RinaGagliardi, Silvia Vegetti Finzi, Lidia Menapace, Fran-ca Bimbi, Maria Luisa Boccia, Alessandra Bocchetti.La più recente iniziativa – Auto-bio-grafia. Il sè, la vita,la scrittura – è nata con l’obiettivo di affermare ladignità letteraria dei generi di scrittura consideratiminori: lettere, diari, biografie. Tutto questo vienedocumentato anche nelle difficoltà personali e politi-che che via via sono emerse nella realizzazione praticadelle varie iniziative, dando conto di un’esperienzastorica nella quale il vissuto ha intrecciato soggettivitàe politica, bisogni individuali e collettivi.

Lina Ossi

Natalità e mortalità delle imprese e determinantidell’imprenditorialità, a cura di Fiorenza Belussi eRoberto Pozzana, Milano, Franco Angeli, 1995, pp.265, 8°, ill., L. 28.000.

L’attuale sistema economico occidentale, caratte-rizzato da alti livelli di concorrenzialità, innovazionetecnologica e mobilità produttiva (sia delle merci e deiservizi prodotti, sia della forza lavoro), ha nella grandenatalità e mortalità delle imprese uno dei suoi elementicostitutivi. Il mercato, così come esso è concepito efunziona nelle società capitalistiche, sembra favorireuna diffusa imprenditorialità, ma elimina rapidamentee senza possibilità di appello le imprese caratterizzateda cattiva o scarsa propensione all’investimento o dacicli produttivi desueti.

Questo libro, frutto delle ricerche di studiosi discienze economiche e statistiche, offre – attraversoindagini di taglio empirico – uno spaccato dell’attualesituazione economica, mettendo in relazione nuovaimprenditorialità e nuove imprese, due realtà non omo-genee (cioè non sempre riconducibili alle stesse deter-minanti), ma in stretta interconnessione. Su questopunto, in sede di introduzione, sono molto chiari icuratori del volume, secondo i quali “le stesse capacitàdi tenuta” di un sistema produttivo locale, il suo sapersiriarticolare e riaggiustare, in risposta ai segnali dimercato e al cambiamento delle condizioni del contestosocio-economico, “si basano non solo sulla vitalità edinamicità delle imprese esistenti, ma anche sullepotenzialità espresse dalla nuova imprenditorialità che,in itinere, si presenta come il futuro non ancora realiz-zato di ogni sistema economico”.

Il libro presenta un’analisi dettagliata dei processi dimortalità e natalità delle imprese industriali della pro-vincia di Venezia utilizzando due fonti statistiche disicura affidabilità per lo studio dei fenomeni dellademografia industriale: i dati provengono infatti daCerved e Inps. Il lavoro è organizzato in sei capitoli,alcuni dei quali dedicati specificamente alla realtàproduttiva veneziana. I primi due (“Indagine sullanatalità e mortalità delle imprese industriali nella pro-

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vincia di Venezia” e “La demografia imprenditorialesecondo le fonti Inps e Cerved: un confronto”) descri-vono la situazione industriale in quella zona, sulla basedi analisi di stock e dei flussi di entrata e uscita dai varisettori produttivi. Il primo capitolo, in particolare,esamina i flussi di mortalità e natalità imprenditorialeper tutti gli anni ’80 e per i primi anni ’90 (disaggregatiper settore produttivo) in una provincia – quella diVenezia – caratterizzata sì da una forte presenza dipochi grandi gruppi industriali, ma anche dallacoesistenza di un rilevante numero di piccole e medieaziende collocate in settori quali l’alimentare, il tessile,le calzature, le pelli, la carta e la stampa. Dai datiemerge come, nel corso dell’ultimo decennio, la dina-mica demografica delle imprese industriali abbia avutonel complesso un saldo largamente positivo, grazie perlo più al notevole tasso di espansione (vicino al 40%)delle imprese di piccole dimensioni. In seguito, neiprimi anni ’90, questa dinamica espansiva si è esaurita,sia per la cattiva congiuntura economica, sia per ragionistrutturali (perdita di competitività della struttura indu-striale locale). Incentrato sulla realtà economica localedel veneziano è anche il quarto capitolo (“Lo sviluppodi nuove imprese nell’area veneziana: le determinantidell’imprenditorialità”), che offre una lettura qualitativadei fenomeni rilevati statisticamente e prende lo spuntoda una rilevazione condotta – attraverso interviste equestionari – su un campione casuale di 200 nuoveimprese. Tra le conclusioni emerse da questo lavoro,interessanti sono le ipotesi formulate circa l’esistenzadi barriere extra-economiche all’ingresso di nuoveimprese nel mercato e alla crescita delle neonate picco-le industrie.

Marco Bevilacqua

Il sistema territoriale della Bassa Padovana. Identità esviluppo di un’area in transizione, a cura di G. Corò eM. Gambuzza, Venezia Mestre, Ires Veneto, 1995, 4°,pp. 33 + all. statistici, ill., s.i.p.

Dinamiche delle imprese e dei lavoratori dipendentinel Veneto 1989-1993 sulla base dei dati di fonte Inps,a cura di Fabio Occari, Venezia Mestre, Ires Veneto,1995, 4°, pp. 10 + all. statistici, ill., s.i.p.

Rapporto 1995 sull’artigianato in Veneto. Profilisettoriali ed articolazioni territoriali delle dinamicheoccupazionali, a cura di B. Anastasia e F. Occari,Venezia Mestre, Ires Veneto, 1995, 4°, pp. 22 + all.statistici, ill., s.i.p.

Si tratta di tre pubblicazioni dell’Istituto di ricercheeconomiche e sociali del Veneto, uscite nel corso del1995. Il primo fascicolo (Il sistema territoriale dellaBassa Padovana. Identità e sviluppo di un’area intransizione) analizza la realtà economica e socialedell’area presa in esame, al fine di pervenire all’identi-ficazione di linee di sviluppo che valorizzino le speci-ficità e le vocazioni locali. La Bassa Padovana è “tradi-zionalmente considerata nel contesto veneto comeun’area di frontiera con espliciti segnali di ritardorelativamente al resto della regione”. I curatori dellaricerca, partendo da un tentativo di definizione geogra-fica e culturale della Bassa, intendono offrire un’analisirealistica delle prospettive di sviluppo dell’area, pro-spettive legate non solo a un ritorno alle vocazionieconomiche locali – un settore agricolo ancora forte, unquadro ambientale di qualità elevata “proprio in virtùdella relativa marginalità rispetto ai processi di diffu-sione di attività antropiche (produttive e insediative)”,la ricchezza delle bellezze artistiche –, ma anche a unamaggiore identità territoriale e a una crescita qualitativadelle forme di autorappresentazione e delle idee disviluppo degli individui.

Il secondo fascicolo (Dinamiche delle imprese e deilavoratori dipendenti nel Veneto 1989-1993 sulla basedei dati di fonte Inps) consiste nella pubblicazione diuna serie di dati statistici provenienti da un’analisiamministrativa costruita sulla base dei dati dell’Osser-vatorio imprese e lavoratori dipendenti dell’Inps. I dati– particolarmente attendibili data la fonte (i modelli

DM10 che le imprese presentano mensilmente all’Inpsper la denuncia del personale dipendente) – sonodisaggregati per provincia, classe di attività, classe diaddetti e anno di riferimento.

La terza pubblicazione (Rapporto 1995 sull’artigia-nato in Veneto. Profili settoriali ed articolazioni terri-toriali delle dinamiche occupazionali) è una ricercacondotta utilizzando una gran mole di dati provenientida fonti diverse e qualificate: Istat, Cerved - Camere dicommercio, Ministero del Lavoro, Inps. Lo scopo diquesto lavoro è quello di aggiornare e aumentare ilgrado di conoscenza delle dimensioni, delle caratteri-stiche e dell’incidenza dell’artigianato nel sistema eco-nomico veneto. Particolare spazio è stato riservato alleimprese artigiane, di cui il testo riporta interessantidisamine di stock e di flusso.

Com’è nella tradizione dell’Ires, anche queste trepubblicazioni, proponendosi come strumento di analisie di lavoro per insegnanti, amministratori pubblici eprivati, giornalisti e sindacalisti, contribuiscono nellosforzo di rendere quantificabili e comprensibili i pro-cessi socio-economici in atto nella nostra regione.

Marco Bevilacqua

GABRIELLA IMPERATORI, Il cittadino protagonista. Gui-da ai diritti e doveri, Padova, Comune, 1995, 8°, pp.138, s.i.p.

Il volumetto di Gabriella Imperatori fa seguito a unConvegno tenutosi a Padova nel marzo ’95 e costituisce“una tappa intermedia nell’ambito di un progetto chemira a istituire in città dei sistemi di educazione civicapermanente”. Vuole guidare il cittadino a prenderecoscienza dei propri diritti e dei propri doveri. Per lacostruzione di una società più democratica. Il cittadinodeve abbandonare l’idea che tutto gli sia dovuto, riser-vandosi il diritto di critica, di lamentela, di protesta;deve trasformarsi da “portatore di problemi a portatoredi soluzioni”. Farsi protagonista del cambiamento.Convincendosi che solo attraverso un’azione “di con-trollo, di partecipazione e di suggerimento” potrà ren-dere la pubblica amministrazione più moderna, snella,efficiente e trasparente e muoversi “non più in unmisterioso universo labirintico, in balia di forze scono-sciute, ma in un territorio aperto e ispezionabile”.

Ogni cittadino deve attivarsi, anche quello che sisente solo ed emarginato, inutile e impotente perchépossiede risorse da sfruttare e può contribuire a rendereil rapporto fra amministratore e utente un rapporto“inter pares”, in uno spirito di reciprocità, di solidarietà.Dal canto suo, la pubblica amministrazione, fornendoservizi più accessibili e attenti alla persona, creando lefigure del “responsabile di procedimento”, del “difen-sore civico”, attivando “l’ufficio per le informazionidel cittadino”, si sta adoperando (le leggi 142 e 241 del1990 danno utili indicazioni per il cambiamento) per lacreazione di una città “amica” in cui la qualità della vitadiventi migliore.

Maria Pia Codato

AMBIENTE

Sui parchi e sulle aree protette, a cura di Franco Viola,Venezia, Regione Veneto - Azienda Regionale Foreste,1994, 8°, pp. 183, ill., s.i.p.

Aree protette nella Regione del Veneto, a cura diRodolfo Marzello, Venezia, Giunta Regionale delVeneto - Segreteria Regionale per il Territorio - Dipar-timento Regionale per i Parchi e le Riserve Naturali,1994, 4°, pp. 160, ill., s.i.p.

L’uomo, che per far fronte alle sue necessità hasfruttato per secoli l’ambiente e le sue risorse ritenendoche fosse un suo diritto, si è reso recentemente contoche molto di quello che si è “preso” non tornerà mai più

ad essere come prima. Finalmente, anche se in ritardo,ha capito che continuando ad adottare questa politica èil suo stesso benessere ad essere compromesso, laqualità della sua vita e ancor più quella delle generazio-ni future ed ha iniziato a proteggere, invece che asfruttare, alcune porzioni del territorio. È in questoambito che la Regione Veneto si sta muovendo e le duepubblicazioni in questione ne sono testimonianza.

Il quinto volume della serie “Quaderni” editodall’ARF, Azienda Regionale Foreste, costituisce lasintesi di due anni di corsi di formazione per nuoveprofessioni addette alla gestione dei parchi e delle areeprotette. Non è infatti sufficiente istituire i parchi e learee protette, bisogna gestirli e curarli in tutti i loroaspetti e per far ciò sono necessarie professionalitàadeguate. Il volume, a stesura del quale hanno collabo-rato personalità come il direttore dell’Azienda Regio-nale Foreste, professori universitari e i direttori deiParchi della Regione, tocca argomenti e questioni dinotevole interesse e, partendo dalla storia dei parchi,affronta le politiche di gestione perseguite nel tempo,fino ad arrivare alla moderna concezione naturalistica.Affronta problemi che da sempre accompagnano lastoria dei parchi, come l’avversione delle popolazionilocali alla loro costituzione e la scarsa informazione suvincoli, divieti e facilitazioni.

Se affianchiamo a questa pubblicazione il volumettocurato dal Dipartimento Regionale per i Parchi e leRiserve Naturali Aree protette nella Regione del Venetoil quadro risulterà completo. Qui vengono presentatiesaurientemente i singoli ambiti naturali protetti delVeneto (Parco Regionale dei Colli Euganei, delle Do-lomiti d’Ampezzo, della Lessinia e del Fiume Sile,Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi e zona umidadi Valle Averto), i criteri che hanno portato alla loroscelta e la legislazione, sia regionale che statale, che lidisciplina, con particolare riguardo al PTRC (PianoTerritoriale Regionale di Coordinamento), del qualeriporta ampi stralci, per concludere con la famosa“legge quadro sulle Aree Protette” n. 394 del 1991.

Alessandra Pavanello

ROBERTO CASARIN - MARCELLO FRANCO - LUCA PASSADORE,Norme per la tutela dell’ambiente. Legge Regionale 16aprile 1985 n. 33 e successive modifiche e integrazioni,Mogliano Veneto (TV), Arcari - SIAV, 1995, 8°, pp. 174,L. 30.000.

Uno sforzo non indifferente quello compiuto dallaSIAV, Società di servizi delle Federazione e delleAssociazioni degli Industriali del Veneto, per racco-gliere e ordinare la normativa vigente in campo am-bientale. Non è infatti semplice neanche per gli addettiai lavori addentrarsi in materia e orientarsi tra leggi,modifiche e integrazioni che continuano a proliferarein modo piuttosto disordinato. La salvaguardia del-l’ambiente dall’inquinamento è senza dubbio uno deicompiti fondamentali a cui la nostra società non puòsottrarsi. Ma un problema di tale entità necessita,innanzitutto, di una legislazione adeguata, chiara ecompleta in tutti i suoi aspetti. Basti invece pensare che,solo in materia di rifiuti, esistono in Italia, tra leggistatali, regionali, decreti, regolamenti e sentenze, oltre700 norme, in attesa dell’approvazione del progetto dilegge-quadro sulla gestione dei rifiuti che, se verràapprovato, metterà finalmente ordine.

La presente pubblicazione si propone di offrire, inattesa del riordino della normativa, un valido strumentoa coloro che lavorano nel settore, e lo fa partendo dallalegge regionale del 16 aprile 1985 n. 33 che rappresental’oggetto primario del volume. Tale legge sulle “normeper la tutela dell’ambiente” è infatti riportata integral-mente, inserendo direttamente nel testo modifiche eintegrazioni che si sono succedute negli anni e annotan-do a pié pagina tutti gli opportuni riferimenti. Vengonosuccessivamente proposte le leggi modificative e dicompletamento della 33/85, mentre la terza parte dellapubblicazione contiene schemi di sintesi, tabelle equadri sinottici chiari e facilmente comprensibili sullecompetenze, gli adempimenti e le procedure ammini-

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con il tasso di inquinamento, sono state effettuateanalisi fitoplanctoniche, zooplanctoniche e macro-bentoniche. Anche lo stato di salute delle specie ittichedel lago è stato ampiamente studiato e documentato,mettendo in evidenza le notevoli modificazioni avve-nute nei decenni, dovute all’azione dell’uomo sul-l’ecosistema lacustre.

Andrea Franzin

Geologia, idrogeologia e qualità dei principali acquiferiveronesi, a cura di L. Sorbini, “Memorie del MuseoCivico di Storia Naturale (IIa Serie) - Sezione Scienzedella Terra”, n. 4, 1993, Verona, Comune - Assessoratoall’Ecologia - Museo Civico di Storia Naturale, 1994,8°, pp. 150, ill., carte allegate, s.i.p.

Questa pubblicazione a partecipazione multidi-sciplinare, che vede coinvolti specialisti universitari etecnici comunali, sviluppa in modo rigoroso lo studiodelle maggiori riserve idropotabili del Comune di Vero-na, allo scopo di definire in modo completo i caratteriidrici, idrogeologici ed igienici di tali acquiferi. Lostudio ha preso spunto dalla necessità di definire in modounivoco l’impatto dagli innumerevoli allevamentizootecnici presenti in Lessinia e la relazione tra eventualiforme d’inquinamento idrico e le diverse situazioniantropiche (industrie, agricoltura, insediamenti civili)della zona. Si è voluto quindi controllare, mettendo inatto una proposta dell’Assessorato all’Ecologia del Co-mune di Verona (a cui hanno aderito il presidiomultizonale di prevenzione dell’ULSS 25 di Verona el’Azienda Generale Servizi Municipalizzati), se l’inqui-namento delle falde di pianura dimostrato dalle analisichimiche effettuate in alcuni pozzi era imputabile aqueste cause, ovvero se esisteva una connessionedimostrabile tra allevamenti ed inquinanti. Si rese quindiinteressante verificare se anche l’acquifero di fondodell’Altopiano lessineo subisse, com’era evidente per lesorgenti a quote elevate, l’impatto degli allevamentidislocati nelle aree di montagna.

Il lavoro inizia con una completa e ampia carat-terizzaztione geologica del territorio, che culmina nellastesura di una carta geologica in cui si evidenziano leformazioni litiologiche e il quadro tettonico dell’area.Questo studio, affrontato da specialisti di varie discipli-ne pertinenti alle scienze della terra, evidenzia l’aspettocarsico del territorio e più precisamente uno stilefluviocarsico per il predominio delle forme fluvialiimpresse. La frequenza delle linee di faglia e fratturerendono importante anche una morfologia tectocarsica.Le discontinuità rocciose sono in questa zona comune-mente allargate da fenomeni di dissoluzione carsica epermettono il deflusso veloce delle acque verso ilbasso. Esse diventano quindi essenziali nello sviluppodel carsismo dell’area e la privano di un’idrografiasuperficiale. Nel lavoro sono delineate le varie sorgentiin quota e il comportamento idrologico delle varieformazioni litiologiche presenti, allo scopo d’inqua-drare i corpi idrici e le loro dinamiche di deflusso escambio. Il regime delle sorgenti, in stretto sincroni-smo con l’andamento pluviometrico dell’area monta-na, rivela un carsismo per condotti particolarmentesviluppato, in relazione alla presenza di circuiti carsici

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strative, l’elenco di tutta la normativa statale e regiona-le e altro.

Addentriamoci ora solo un attimo nella materia escopriamo quanti singoli argomenti su cui la 33/85 dàdisposizioni: dalle emissioni nell’atmosfera di fumi aquelle di rumori, onde e vibrazioni, dall’uso delle acqueallo scarico dei reflui di qualsiasi tipo, dallo smaltimentodei rifiuti all’impatto ambientale di opere di vario tipo.Infine l’ultima parte della pubblicazione è, proprio pergli addetti ai lavori, un concentrato di dati e codici:riporta parametri relativi ai limiti di accettabilità degliscarichi idrici, delle emissioni in atmosfera, nonché laclassificazione e codifica dei rifiuti e dei residuiutilizzabili. Bastano questi accenni per rendersi contodella fondamentale importanza degli argomenti trattatie dell’attuale valore di queste 170 pagine anche se,come auspicano gli autori, diventeranno obsolete nonappena verrà riordinata tale normativa.

Alessandra Pavanello

Il lago di Santa Croce. Studi limnologici - 1993, a curadi Marco Zanetti, Roberto Loro, maurizio Sligardi,Paolo Turin, Belluno, Amministrazione Provinciale -Assessorato Caccia e Pesca - APS Bacino di pesca n.7Alpago, Bioprogramm (Padova - Oderzo), s.d., 4°, pp.102, ill., s.i.p.

Se chiedessi a molti miei concittadini quali sono leloro conoscenze del lago di S. Croce, riceverei lerisposte più disparate: “Non è quello che si incontraquando si va in Cadore?”, “Sì, è quello che si vede dallanuova autostrada dell’Alemagna”. Altri lo ricordereb-bero come il luogo in cui, superata la “fastidiosissima”sella del Fadalto, hanno spesso potuto dare gas allemacchine e superare gli immancabili mezzi lenti cherallentavano la corsa verso le vacanze. Qualcuno, conla coda dell’occhio, avrà anche osservato sfugge-volmente la distesa d’acqua, quieta e malinconica,come solo i laghi a volte sanno essere. Poco sotto lastrada avrà intravisto una serie di piccole spiaggeciottolose, con gli immancabili e colorati turisti tede-schi. Un vecchio compagno di università girava per lecime sovrastanti il lago per la sua tesi di laurea e me neparlava come di un posto isolato e selvaggio. E pensareche veniva dallo Zimbabwe...

Ricordo che spesso, passando nelle vicinanze dellago, mi sono soffermato ad osservare per deformazio-ne professionale le nicchie di distacco sulle pareti deimonti Faverghera e Costa. A prima vista quegli specchidi scivolamento sembravano senz’ombra di dubbio idiretti responsabili dell’accumulo del materiale caoticoche costituisce lo sbarramento del Fadalto e che ha datoorigine al lago. Lo sbarramento, che potrebbe essereanche di origine fluvioglaciale, causò la deviazione delcorso del Piave che dirottò verso la Val Belluna, proba-bilmente uno dei suoi rami secondari.

È la seconda volta che mi capita di recensire unaserie di studi sul lago di S. Croce. Le amministrazionilocali e provinciali sembrano tenere in una certa consi-derazione questo piccolo lago alpino, non bello come illago di Braies né famoso come quello di Carezza. Nellarealtà montana, generalmente povera, un lago rappre-senta un bene in più da sfruttare e di conseguenza datutelare. Ai nostri giorni il lago non è più una vera epropria fonte di sostentamento per le popolazioni cheabitano intorno alle sue rive, ma continua a dare il suoapporto vitale all’economia attraverso un utilizzo ascopi idroelettrici delle sue acque. Esse sono convo-gliate a tale scopo alle centrali a valle del Fadalto. Lesue acque sono utilizzate anche a scopi turistico-ricrea-tivi. Questo lavoro è inserito in un progetto di salva-guardia e controllo che la Provincia di Belluno hainiziato da tempo sui diversi laghi del proprio territorio.Lo stato trofico delle acque e la sua evoluzione sonostati analizzati attraverso lo studio di innumerevoliparametri chimico-fisici e biologici, ricavando interes-santi dati sulla sua dipendenza dagli interventi naturalie antropici. Oltre allo studio dei parametri, che servonoa delineare il carattere dei sedimenti e il loro rapporto

di notevole entità. Durante la fase iniziale del lavorofurono impostati sistemi automatici di controllo deiprincipali caratteri chimici e chimico-fisici, e una cam-pagna di indagini geognostiche e geofisiche, allo scopodi definire la struttura e la “geometria” degli acquiferiin profondità. Lo studio idrochimico e idrogeologico,con la definizione dei caratteri dell’acquifero alluvio-nale dell’alta pianura veronese, infine, ha permesso diavere un quadro abbastanza ampio e particolareggiatoper rispondere ai quesiti che avevano dato avvio allavoro. Gli autori hanno riscontrato una situazionegeneralizzata di inquinamento fecale (coliformi fecalie streptococchi fecali), senza essere in grado di relazio-nare i dati chimici e microbiologici che lo caratterizza-vano con quelli relativi alle varie attività produttivepotenzialmente inquinanti. Tali attività sono stateevidenziate in un’utilissima “Carta dell’ImpattoAntropico”, anche questa allegata al lavoro.

La conoscenza delle dinamiche che regolano laricarica dei corpi idrici e il deflusso dalle zone collinarie montuose alla falda idrica dell’alta pianura veronese,può permettere alle Amministrazioni competenti dieffettuare una buona perimetrazione delle aree da sal-vaguardare. Essa potrà consentire di individuare inmodo tempestivo (attraverso la creazione di stazioni dirilevamento continuo dei parametri chimici, micro-biologici e piezometrici) eventuali fonti di inquina-mento, permettendo una rapida circoscrizione a salva-guardia del bene ambientale. La risorsa idrica diventeràin futuro sempre più importante, essendo sottoposta aduna pressione antropica sempre maggiore. L’aumenta-ta sensibilità del settore pubblico e privato e un rapidomoltiplicarsi della legislazione in campo ambientale(purtroppo non sempre ancora supportata da un’effet-tiva azione di tutela), sia in ambito europeo sia stretta-mente nazionale, permettono un certo ottimismo per ilfuturo.

Andrea Franzin

TOMMASO MAGALOTTI, Marmolada Regina. Pagine distoria alpinistica, Cavallermaggiore (CN), Gribaudo,1993, 4°, pp. 489, ill., L. 86.000.

Ogni persona che si avvicini alla montagna senzapregiudizi, disponibile ad accogliere nuove sensazionied emozioni, non può non rimanere rapita dallamaestosità delle cime, dai loro colori e dal loro silenzio.Ed ecco che la montagna diventa parte dell’uomo, lesue pareti diventano una sfida e la conquista di una cimala sua passione.

Tommaso Magalotti, pittore di professione e colla-boratore giornalistico, ha raccontato e dipinto tantestorie di montagna, ma con Marmolada Regina havoluto andare oltre scrivendo la storia alpinistica, econtemporaneamente la storia della letteratura al-pinistica, della regina delle Dolomiti. Ma non si puòparlare di Marmolada e tralasciare quello che accaddea pochi chilometri da lei, nelle cime vicine, perché lasua storia è intimamente legata a quella delle altre vettedolomitiche: ecco quindi che questa storia esce dai suoiconfini geografici e diventa la storia dell’alpinismo. Sì,perché sulla Marmolada si sono fermati tutti i grandi,dai primi scalatori che raggiunsero la cima nel secoloscorso, a quelli che si sono cimentati e si cimentano conspigoli o vie dirette, fino alla moderna arrampicatasportiva. Tutte le avventure, i tentativi, le vittorie e lesconfitte sono fedelmente riportati in ordine cronologi-co in queste cinquecento pagine; non si tratta di unromanzo, non è una guida per lo scalatore né, tantomeno, per l’escursionista, non è neppure un libro tecni-co: è la storia dell’alpinismo narrata sì dall’autore maanche, ove sono stati rinvenuti diari e annotazioni,direttamente dai protagonisti. Il grande pregio diMagalotti sta anche, o soprattutto, in questo: essersiimmedesimato nella parte a tal punto da parlare di ogniepoca e di ogni alpinista con il linguaggio proprio delperiodo e del personaggio.

Ampio spazio viene dato all’epoca eroica, all’epocadelle grandi imprese compresa tra il 1930 e il 1970,all’epoca del 6° grado sulla parete sud, per arrivare al

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nostro tempo con l’arrampicata sportiva e la sua nuovafilosofia. Ma gli “eroi” della Marmolada non sono solocoloro che hanno sfidato le sue pareti: queste roccesono state teatro di guerra, tanti alpini hanno combattu-to e sono morti, e l’autore affronta la tragicità di questiracconti con immensa umanità e discrezione. E quelche rimane al termine di questa lettura è la consapevo-lezza che la storia delle Dolomiti, quella con la “esse”maiuscola, la fanno sempre e solamente gli uomini.

Alessandra Pavanello

IVO SIMOLELLA, Il parco della villa comunale diPortogruaro. Guida al riconoscimento degli alberi edegli arbusti, Portogruaro (VE), Nuova Dimensione -Ediciclo, 1993, 8°, pp. 111, ill., L. 16.000.

Riaprire gli occhi ed osservare quello che ci circondafocalizzando con un nuovo interesse le cose a cui siamoormai abituati, è un’operazione non sempre facile pernoi uomini moderni. È capitato ad ognuno di noicomunque di sollevare per caso la testa nel bel mezzodella propria città, quella in cui viviamo da trent’anni eche riteniamo di conoscere come il giardino di casanostra, e scoprire un mondo completamente nuovo:scorci inaspettati ed insoliti colpiscono infatti i nostriocchi se per un attimo entriamo in questa “quartadimensione”, che per accoglierci aspetta solo che innal-ziamo di poco il nostro campo visivo. Se trasportiamoqueste considerazioni sull’immenso palcoscenico del-la natura amplifichiamo enormenente le nostre possibi-lità di stupire davanti alla sua splendida complessità.Non occorre però intraprendere a tutti i costi la stradadei boschi per godere di qualche affascinante scopertao per potere imparare, divertendosi, qualcosa di nuovo.

Il parco descritto in questo libro, piccola oasi natu-rale nella zona, è proprio uno di quei luoghi in cuipotremmo cominciare ad osservare con occhi nuoviquello che ci circonda. Il parco descritto ha una esten-sione di circa 3 ettari ed è la cornice della Villa Comu-nale di Portogruaro, già Palazzo Marzotto, realizzataintorno al 1530 ad opera probabilmente di Guglielmode Grigi detto il Bergamasco. Valorizzare e rendereabbordabile a tutti un bene comune come questo parcoè uno degli scopi di questa agile pubblicazione, natacome risultato di un censimento completo delle speciearboree ivi residenti, effettuato dall’autore tra il 1992 eil 1993.

Uno spazio verde pubblico come questo, normal-mente frequentato dai cittadini di Portogruaro, puòconsentire di svolgere molte attività legate all’osser-vazione diretta dei fenomeni naturali e raggiungerequindi alcune finalità proprie della didattica. Il librosembra essere diretto infatti principalmente a studentied alunni di asili e scuole che possono trovare, nelladettagliata descrizione di tutte le specie presenti nelparco, un valido supporto per il lavoro di campagna.Questo potrebbe e dovrebbe coronare lo studio teoricoeffettuato in aula delle specie presenti nel nostro terri-torio. L’autore con questo intento, oltre alle schededescrittive delle varie specie, corredate da disegni inbianco e nero che possono essere colorati dagli studentidirettamente in campagna, fornisce delle proposte di-dattiche legate ad obiettivi naturalistici abbastanzaagevoli da raggiungere, come il riconoscimento dellespecie arboree e lo sviluppo della capacità di osserva-zione. Il raggiungimento di questo obiettivo vieneproposto attraverso alcuni semplici giochi che possonoaiutare a stimolare l’apprendimento dei ragazzi dellescuole materne, elementari e medie inferiori in modonaturale e non prettamente scolastico. Cenni dinomenclatura e di regolamentazione dell’uso dei par-chi e dei giardini comunali concludono il volume.

Andrea Franzin

TRADIZIONI

ANTONIO MANNO, I mestieri di Venezia. Storia, arte edevozione delle corporazioni dal XIII al XVIII secolo,fotografie di Piero Codato e Massimo Venchierutti,Cittadella (PD), Biblos, 1995, 4°, pp. 189, ill., L. 85.000.

La potenza di Venezia stava nella sua autosufficien-te economia. Per garantirsi una tale autonomia il gover-no veneziano rendeva omaggio ai ceti produttivi preoc-cupandosi di emanare leggi che regolavano la vita dellecorporazioni. In quest’opera Antonio Manno ci parladell’importanza delle confraternite dei mestieri svelan-doci l’intreccio indissolubile che esisteva nella Vene-zia medievale tra lavoro, etica e religione. Il libroraccoglie varie notizie delle professioni praticate al-l’epoca, suddividendole per capitoli dedicati all’edili-zia, alla salute, al vetro, all’arte e decorazione ecc.,narrandoci episodi relativi allo statuto di corporazione,alle sedi, alle chiese e al Santo Patrono di riferimento.

Ciò che risulta è un colorato affresco che mette inluce una città estremamente interessante e viva, che giànel XIII secolo annotava ben 203 arti dotate di statutoautonomo (il più antico di cui si ha notizia nell’anno1219 è quello dei sarti). Dal 1300 al 1500 le corporazio-ni prolificarono soprattutto nei settori della cantieristica,dei tessuti, dell’alimentazione, dell’abbigliamento edella mercatura. Fino al Seicento Venezia è grande nelmondo grazie soprattutto ai traffici commerciali, ga-rantiti dalla poliedrica attività dei suoi artigiani. Iconflitti e le problematiche tra le confraternite veniva-no assorbiti dal tessuto sociale e dai progetti ambiziosidi una città autarchica che sapeva comunicare e com-battere per imporre il proprio commercio nel mondofino ad allora conosciuto. La disgregazione delle cor-porazioni avverrà nel ’700 con il declino stesso diVenezia, la loro definitiva soppressione avverrà tra il1806 e il 1807.

Per ogni confraternita l’autore ci fornisce singolariinformazioni tra il buffo e il serioso, ne segnaliamoalcune. Nell’ordinamento dei forneri c’erano gravisanzioni contro chi nominava il diavolo: probabilmen-te, per coloro che tutti i giorni dovevano fare il pane evedevano fiamme continue ardere la legna, Luciferodoveva essere un fantasma sempre presente da tenerelontano il più possibile. Nello statuto degli orefici,invece, s’interdiva agli ebrei il commercio di ori, argen-ti e gemme. Una notizia interessante l’apprendiamoleggendo il capitolo sui medici generici: una volta ibarbieri non si limitavano a fare la barba, ma praticava-no pure il salasso e l’estrazione dei denti. E sempre deibarbieri facevano parte le categorie dei conzaossi (gliaggiustaossi) e i norsini (gli addetti alla cura degliorgani genitali).

La vita delle corporazioni era molto comunitaria.Ognuna di queste era suddivisa in specifiche categorie

denominate colonnelli. Il gastaldo era il direttore dellaconfraternita, numerose erano comunque le caricheall’interno di un gruppo. L’autore sottolinea spesso ilsaldo legame che esisteva tra le scuole di devozione, lechiese e le corporazioni veneziane. In nome del santopatrono si facevano feste, si edificavano ospizi, piccoliospedali, altari e soprattutto si facevano affari. Perquesto Martin Lutero, rivolgendosi alle confraterniteveneziane, lanciava anatemi definendole luoghi di cor-ruzione dello spirito, dove “ci si riunisce per satollarsie cioncare, si fa dire messa o alcune messe e poi sidedica al diavolo tutto il giorno e la notte e il giornoseguente”. E concludeva affermando: “ciò che si chia-ma una confraternita, è piuttosto una combriccola, ed èproprio una costumanza pagana, anzi maialesca”.

Carlo Zilio

DINO COLTRO, Parole perdute. Il parlar figurato nellatradizione orale veneta, Verona, Cierre, 1995, 8°, pp.285, L. 29.000.

Il mondo veneto, si sa, ha profonde radici contadineche la lingua per prima rivela in modo vario e consisten-te. La tendenza conservativa della società contadina,prevalentemente chiusa in se stessa, caratterizzata damodi di vita uniformi e da una cultura popolare preva-lentemente orale, ha prodotto nel tempo una sorta di“koiné veneto-padana” di tradizione secolare.

Convinto che la lingua rappresenti uno strumentoconoscitivo di una civiltà e delle sue espressioni, DinoColtro, esperto studioso della realtà veneta, ha volutoqui raccogliere un vasto repertorio di quel linguaggio ditradizione orale: una ricca documentazione di quelle“parole perdute” prima che esse vadano completamen-te dimenticate. Una raccolta di modi di dire, proverbi,locuzioni che nella straordinaria forza creativa deldialetto trovano tutta la loro pregnanza. L’autore liraggruppa volutamente secondo tipologie non rigoroseo scientifiche ma legate ai modi di vita e alle abitudinicontadine, estraendole di volta in volta dal quotidiano,dal costume, dalle credenze religiose o pseudo-religio-se, dalla topografia, dalla storia e così via. La traduzio-ne letterale di queste espressioni, di questo “parlarcurioso”, come la gente veneta definiva il parlarefigurato, è arricchita sapientemente dall’analisi etimo-logica e da un’interessante ricerca storica e culturale.

Annamaria Bonanome

ATTILIO BENETTI, Favola leggenda e realtà nei raccontidel “filò” dei Monti Lessini, s.e. [Verona, Coop. lito-tipografica Novastampa], 1995, 8°, pp. 168, ill., s.i.p.

GIORGIO VEDOVELLI - MARIA LUISA CAPPELLARI, ’Navolta gh’era... Fiabe del Garda, disegni di ElisaVedovelli, Torri del Benaco (VR), Centro studi per ilterritorio benacense, 1995, 8°, pp. 123, ill., L. 20.000.

Raccontare storie, far passare il tempo narrandovicende fantastiche o reali, socializzare e nello stessoistante trasmettere il sapere ai bambini per avvicinarliai casi della vita. Queste cose si facevano con estremasemplicità nella Padania, nelle stalle dei contadiniveronesi, tra la zona del Garda e i monti Lessini fino a30 anni fa. Durante i filò, le veglie serali nelle stalle, conl’ambiente illuminato da una lampada ad olio, le donnefilavano la lana sul fuso, gli uomini sistemavano gliattrezzi agricoli e nel frattempo si parlava molto, siesorcizzava l’oscurità con un immaginario che prende-va forma tramite parole magiche e ossessive a cui tuttii bambini prestavano la massima attenzione. Spesso lestorie erano raccontate da appositi cantori, cioè daicontafole che passavano di stalla in stalla in cambio diun posto per dormire o di una scodella di minestra.

Questi due libri ci introducono nel mondo incantatodegli orchi, delle fade, delle strie che secondo le leg-gende abitavano le grotte dei monti Lessini nel verone-se e così pure negli ambienti vivaci dei paesini delGarda, nelle novelle popolate di animali, angeli, diavo-

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li, bambini e contadini. Queste ultime non parlanoquasi mai del lago famoso perché le storie narrate eranosoprattutto patrimonio dei contadini e non dei pescato-ri, i quali non avevano l’abitudine dei filò: andavano aletto troppo presto per potersi alzare alle due del mat-tino. Il lago di Garda come soggetto ha quindi ispiratola diffusione delle resarie, cioè le storie che narravanovicende realmente accadute, raccontate dai pescatorinelle osterie tra una partita di carte e l’altra durante igiorni di burrasca, i periodi di non lavoro. Bisogna dareatto agli autori dei due testi di aver svolto un ottimolavoro di ricerca, utile pure per un progetto didatticointerculturale che metta a confronto riti e cerimonie diculture diverse proprio partendo dalle fiabe.

Carlo Zilio

LUIGI GALVAN, La tragedia. Ricordi di un’antica tradi-zione in Zugliano e dintorni e noterelle di storia paesa-na, Battaglia Terme (PD), La Galiverna, 1994, 8°, pp.93, ill., s.i.p.

Il teatro come rito catartico di un’intera popolazioneche ritrovava la propria identità in un modo particolaredi stare insieme, interpretando i quadri importanti della“Passione” di Gesù Cristo. Il paese di Zugliano, nelvicentino, ha iniziato a rappresentare tale cerimonia nel1873 e la spettacolare catarsi è durata fino agli odiernianni ’50. Gran parte della popolazione partecipava allarecita indossando costumi d’epoca. La rappresentazio-ne avveniva durante le domeniche pomeriggio di Qua-resima, durava 4-5 ore e si svolgeva sotto i portici dellefattorie e di altri grandi edifici del paese. Gli attorirecitavano gratis e il pubblico che arrivava da paesivicini e lontani era sempre molto numeroso. Gli obolirichiesti all’entrata dello spettacolo servivano, di soli-to, per finanziare opere edilizie per la chiesa.

Il libro La tragedia si presenta come una raccolta diricordi vissuti in prima persona dai diretti protagonistidella sacra rappresentazione, un rito teatrale che inquesti ultimi anni è stato riscoperto e riproposto inchiave folcloristica (e turistica) in varie parti d’Italia.

Carlo Zilio

ARTE

GUIDO TIGLER, Il portale maggiore di S. Marco aVenezia. Aspetti iconografici e stilistici dei rilieviduecenteschi, Venezia, Istituto Veneto di scienze, let-tere e arti, 1995, 8°, pp. 579, ill., L. 68.000.

Le ambizioni e l’altezza del compito assunto dalgiovane studioso nel confronto con il capolavoro vene-ziano sono stati premiati dalla presente pubblicazioneche ne sancisce il successo. Il volume traduce in unarticolato percorso di lettura i risultati delle indaginicondotte dall’autore in occasione della elaborazionedella tesi di dottorato presso l’Università della cittàlagunare. Tigler ci guida con sicurezza ad un attentoesame dei rilievi duecenteschi del grande portale mar-ciano, confortato dagli esiti dei recenti restauri, grazieai quali si è giunti alla riscoperta della doratura epolicromia originali. La consapevolezza dell’estremacomplessità dell’obiettivo, in assenza di documenta-zione archivistica diretta, è presente nello studioso, eglianzi sa farne un prezioso strumento d’argine ad ognipretesa di velleitaria esaustività. Offre al lettore l’ac-cesso alle condizioni entro le quali ha potuto egli stessooperare; propone con determinazione e chiarezza leipotesi interpretative, esibendo, per altro, i limiti, leesigenze e le possibilità di integrazione.

Nel presentare il punto di partenza del proprio lavo-ro, l’autore dichiara la convinzione iniziale, posta averifica, di trovarsi di fronte ad un “organismo unitario,progettato insieme”, che emerge nonostante l’appari-scente differenza fra gli arconi. Per comprendere espiegare tale contrasto ritiene utile procedere in primo

arricchito in occasione delle celebrazioni per il nonocentenario marciano, tenutosi nel 1994, dai contributidi studiosi quali Renato Pedrocco, Elisabeth Tabinet-Delahaye, Rona Goffen, Antonio Niero. Il volumepresenta, oltre ai saggi di Hahnloser Le oreficerie dellaPala d’oro, di Valbach Gli smalti della Pala d’oro, diPetrusi e Bischoff Le iscrizioni della Pala d’oro, alcunicontributi che evidenziano le ricerche successive rela-tive sia alla Pala d’oro che a quella feriale. Per la primasono stati inseriti gli scritti recenti di Renato Polacco edi Elisabeth Delahaye, mentre per la seconda è statoincluso lo studio di Rona Goffen su La pala di PaoloVeneziano. L’opera è completata dal censimento diAntonio Niero sulle pale lagunari.

In una nuova lettura della Pala d’oro, Renato Polac-co riesce a dimostrare come “...ogni elemento dell’ope-ra... risponda senza nulla di casuale a un programmaben definito che imposta la grande sacra rappresenta-zione secondo una precisa scala di valori gerarchici”,rivelando inoltre come la parte inferiore della palariveli un’assoluta identità di esecuzione. Un ordinegerarchico riproposto anche nelle iscrizioni greche elatine, talora coesistenti in alcuni degli smalti. Secondola rigorosa regola bizantina, il registro inferiore grecoè riservato ai sovrani delle corti celeste (La Vergine) eterrena (Irene e Alessio Comneno), ai due profeti-reSalomone e Davide. Il latino richiesto dal committente,doge Oldelaffo Falier, contraddistingue quest’ultimo, egli altri profeti. Mosé ed Isaia recano “legende” ingreco e profezie in latino; a Cristo al centro della palae nel secondo registro spetta il latino, in quanto rivelatoalle genti attraverso gli Evangelisti e gli Apostoli; nellesfere più alte della corte celeste, ricompare il greco(Etimasia, Cherubini, angeli e arcangeli).

Il contributo di Elisabeth Taburet Delahaye I gioiellidella Pala d’oro, in particolare la parte che concerne lamontatura delle pietre preziose, che arricchirono laPala d’oro tra il 1342 e il 1345, ripercorre in modopersonale l’intervento di Hahnloser nella prima edizio-ne del Tesoro di San Marco, non mancando di soffer-marsi sulle ricerche degli ultimi venticinque anni eapportando nuove considerazioni alla storia del gioiel-lo europeo del Trecento.

In Le pale feriali, di Rona Goffen e G. Fiocco, vienefornita un’interpretazione completa sotto ogni singoloaspetto storico e iconografico della Pala feriale di PaoloVeneziano che consente “...una vera e propria riscopertadel capolavoro”, che va collocato “...tra i grandi stru-menti di comunicazione utilizzati dal doge Dandolo peraffermare la legittimità del potere della RepubblicaVeneta in quanto erede di Roma e di Bisanzio... La Palaferiale diventa in questo senso complementare alla Palad’oro, alla cappella di sant’Isidoro e ai mosaici delBattistero, grandi opere tutte volute dal doge in questastessa prospettiva”, come evidenziano nell’introduzio-ne Alessandro Bettagno ed Enrich Steingraber.

Il volume si conclude con il Censimento delle Palenell’area lagunare, di Antonio Niero, che prende inesame le Pale d’oro e d’argento veneziane e lagunari, dicui sono noti almeno sedici esemplari. Il volume ècorredato da un apparato iconografico che facilita lalettura artistica della Pala d’oro, che per la prima voltaè stata smontata, analizzata, fotografata pezzo per pez-zo. Ricco è infatti nel volume l’apparato fotografico. Lamaggior parte degli smalti bizantini è riprodotta acolori a grandezza naturale. L’ultima parte del materia-le iconografico riguarda la Pala feriale, gli acquerelliottocenteschi inediti raffiguranti il ciborio duecentescodell’altare maggiore e le pale delle altre chiese dellalaguna di Venezia.

Maria Chiara Aguiari

Pittura murale esterna nel Veneto. Vicenza e provin-cia, a cura di Alessandra Pranovi, Venezia, GiuntaRegionale del Veneto - Bassano del Grappa (VI),Ghedina & Tassotti, 1995, 8°, pp. 263, ill., L. 80.000.

La collana regionale sulla pittura murale esterna nelVeneto è giunta, con la realizzazione del volume dedi-cato al territorio del Vicentino, al suo quinto appunta-

luogo all’esame distinto del programma iconografico,in modo da poter poi finalmente esaminare sepa-ratamente gli aspetti stilistici. I confronti operati nel-l’indagine hanno posto in evidenza come sia spessoassente una perfetta corrispondenza fra riferimenticontenutistici e formali. L’omogeneità simbolica cosìcercata viene riconosciuta, anche sulle tracce di prece-denti autorevoli ipotesi, nel soggetto del perduto mo-saico, costituito al centro del portale – noto solo indiret-tamente grazie al telero di Gentile Bellini – raffigurantela Processione della Croce in Piazza S. Marco. L’ipo-tesi così formulata potrà essere confortata solo dal-l’esame complessivo, oggi parziale, della facciataduecentesca, alla quale spera di potersi dedicare lostudioso.

Il fascino della lettura è determinato dal procedi-mento indiziario che ci conduce nell’intreccio dellasimbologia medievale, nutrita dal crogiolo di cultureconfluite nell’opera dei maestri del portale. Negli esitidi questa confluenza Tigler vede la sintesi di un pro-gramma iconografico enciclopedico ed etico-religiosoche avvicina, e indirettamente fa dipendere, l’operaveneziana alle precedenti esperienze francesi dell’Ilede France. Viceversa tende ad escludere una inten-zionalità politica, già in precedenza accreditata, mentreritiene plausibile siano stati conferiti a posteriori altrisignificati. Il contesto scultoreo così concepito risulte-rebbe pienamente complementare rispetto alla Parousia,riconosciuta nello scomparso mosaico, nella quale tro-verebbe compimento il piano teologico-escatologico.

La separazione dell’analisi stilistica, posta al termi-ne dell’indagine iconografica, non consegue da untentativo, sulle orme crociane, di separare i due ambiti,ma semmai di evitare di travasare riconosciuteascendenze pertinenti alla seconda nella prima. Questapremessa risulta indispensabile per condividere l’ipo-tesi ulteriore di questo lavoro, secondo la quale, in unarco di tempo inferiore a quello finora ritenuto – com-preso fra il quarto e il quinto decennio del Duecento –, un unico cantiere abbia realizzato l’intera opera. Leriscontrate differenze di stile e di qualità sarebberoallora giustificate da interventi della bottega accanto aquelli dei maestri caposcuola, aggiornati rispetto aquanto di nuovo avveniva ad Occidente. La ricercadella via di apertura, in particolare alle esperienzefrancesi, conduce Tigler a sostenere la mediazione dimaestranze emiliane, di derivazione antelamica, chedivennero fattore essenziale della sintesi veneziana.

Guido Galesso Nadir

Il tesoro di San Marco. La Pala d’oro, a cura di H.R.Hahnloser e R. Polacco, Venezia, Canal & StamperiaEditrice, 1994, 4°, pp. XXI-215, ill., L. s.i.p.

Il volume costituisce una riedizione del libro sullaPala d’oro precedentemente curato da Hans Hahnloser– primo dei due volumi, usciti rispettivamente nel 1965e 1974, del Tesoro di San Marco –, aggiornato ed

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Ritratti per un Santo, a cura di Margaret Binotto,Padova, Centro Studi Antoniani, 1995, 8°, pp. 101, ill.,L. 30.000.

Il volumetto, pubblicato in occasione dell’VIII cen-tenario della nascita di sant’Antonio di Padova, illustrai dipinti antoniani che si trovavano nel tempiofrancescano di San Lorenzo a Vicenza e altri reperibilinel centro storico cittadino. L’iconografia di sant’An-tonio, discepolo di san Francesco, è presentata nell’in-teressante pubblicazione in tutti i suoi vari aspetti,contribuendo in qualche modo a fare chiarezza attornoalla figura di un Santo così tanto amato e venerato.

Dal tema iconografico antico in cui i santi Antonioe Francesco appaiono molto simili, ambedue sorreg-gendo la croce o il vangelo – dove comunque sanFrancesco si distingue per la presenza delle stimmate eper la rada barba –, si passa, verso la fine del Trecento,alla raffigurazione del Santo padovano con il giglio,d’ora in poi suo simbolo. Al di là del giglio, quasionnipresente, sant’Antonio viene raffigurato in formee tipologie differenti: con l’abito vile cinto di corda apiedi nudi; con un cuore umano nella mano; con ilfuoco; con il libro. A partire dal Cinquecento, compareanche sant’Antonio in estatica contemplazione o indialogo affettuoso con Gesù Bambino, contribuendo,come sottolinea padre Ludovico M. Bertazzo nel suointervento, a rendere più vivace un’immagine altrimen-ti stanca e statica. Nell’Ottocento sant’Antonio vieneraffigurato come promotore della distribuzione delpane ai poveri.

Il catalogo comprende splendide opere di autoriprestigiosi attivi tra il XIV ed il XVIII secolo, quali PaoloVeneziano, Giulio Carpioni, Pietro Liberi, AntonioZanchi, Antonio De’ Pieri, Antonio Arrigoni e Co-stantino Pasqualotto. Le schede, ricche e precise, sonoaccompagnate nell’ultima sezione del catalogo daaltrettante tavole a colori.

Maria Chiara Aguiari

Antonio Carneo nella pittura veneziana del Seicento,catalogo della mostra (Portogruaro, Palazzo Vescovile,6 maggio - 6 agosto 1995), a cura di Caterina Furlan,Milano, Electa, 1995, 4°, pp. 220, ill., L. 70.000.

La bella mostra su Antonio Carneo tenutasi aPortogruaro nell’estate del 1995 è stata affiancata da uncatalogo che ben rispecchia la ricchezza e l’importanzadell’esposizione, sicuramente una delle più interessan-ti e scientificamente valide dello scorso anno. La primaidea della realizzazione di una mostra dedicata al Carneo(nato a Concordia Sagittaria nel 1637 e morto a Porto-gruaro nel 1692) venne all’Amministrazione Comuna-le di Portogruaro in occasione del terzo centenario dellamorte dell’artista, ed è stata infine attuata nel ’95, dopoche si era tenuta nel 1993 una Giornata di Studiosull’artista e che l’interesse su di lui era finalmenteparso tale da giustificare un’esposizione a lui dedicata.

Il catalogo, curato con attenzione da Caterina Furlan,offre, oltre ovviamente alle schede delle opere esposte,alcuni interessanti saggi: nel primo, dedicato alla Pittu-ra del Seicento a Venezia, Stefania Mason ripercorre levicende artistiche a Venezia nel corso del XVII secolo,necessarie per comprendere i riferimenti artistici delCarneo negli anni della sua formazione, avvenuta attor-no alla metà del ’600 e trascorsa presumibilmente infrequenti spostamenti da Portogruaro a Venezia, dovepoteva trovare molteplici novità e occasioni di stimolo.

Caterina Furlan ha invece tracciato il Profilo diAntonio Carneo, dove, dopo un’attenta rilettura dellafortuna critica del pittore, ne ripercorre la carriera,risistemando la cronologia delle opere e mettendofinalmente nella giusta luce l’importanza delle fonti astampa – soprattutto nordiche – all’interno della produ-zione del pittore, quali strumenti di continuo aggiorna-mento artistico.

Giuseppe Bergamini dedica invece il suo saggio allaPittura del Seicento in Friuli: allo scadere del Cinque-cento e ai primi anni del secolo successivo vige unasituazione stagnante rivolta ancora ad un tardo por-

mento, dopo quelli su Padova, Venezia, Verona eBelluno. La ricerca, iniziata ancora nel 1991 e conti-nuata anche se con interruzioni fino al 1995, ha portatoall’individuazione e alla conseguente schedatura di piùdi 1200 testimonianze di decorazione esterna ad affre-sco, ben più numerose delle 4-500 che inizialmenteerano state preventivate, come sottolinea FernandoRigon nell’Introduzione, costringendo così a mutare erivedere le dimensioni editoriali stesse del volume e aridurre in alcuni casi drasticamente l’estensione delleschede. Si è deciso perciò di dare la priorità allapubblicazione completa del censimento, anche a costodi apparire solo un piano di indagine piuttosto che ilfrutto di una lunga e faticosa ricerca.

Come puntualizza la curatrice del libro, AlessandraPranovi, nella Presentazione, le indagini svolte hannoconfermato le diverse caratteristiche dei due principalicentri urbani della provincia, Vicenza e Bassano, che,pur essendo topograficamente vicini, hanno sviluppatomodalità culturali ed artistiche differenti. Infatti seVicenza, che nel XV secolo si caratterizza come urbspicta non molto diversamente dalle altre città del Veneto,va poi progressivamente perdendo questa peculiaritànei secoli successivi a causa della preponderante im-portanza dell’architettura e della purezza del linguag-gio architettonico – a scapito quindi di interventi deco-rativi ad affresco, giudicati superflui –, a Bassanoinvece si assiste non solo fin dal XIV secolo ad unaproduzione pittorica ad affresco ben più prestigiosa diquella vicentina, grazie ai contatti con la pittura pado-vana del Guariento prima e dello Squarcione poi, maanche, in seguito, alla continua utilizzazione delladecorazione esterna ad affresco quale elemento quali-ficante per un tipo di architettura semplice e in molticasi modesta.

Per comprendere più chiaramente le differenti ten-denze dei due nuclei urbani, basti pensare che mentreVicenza nel ’500 è caratterizzata dall’opera archi-tettonica del Palladio, Bassano è invece indissolubil-mente legata ai Da Ponte, che, con Jacopo, lascianoanche nella decorazione murale degli esempi notevoli,come gli affreschi di Casa dal Corno.

Molte novità sono emerse anche per quanto riguardala decorazione delle ville, dove si sono scoperti alcunidipinti inediti, come in Villa Thiene alla Ca’ Salbeghedi Monticello Conte Otto o gli affreschi di Cosroe Dusia Molvena, senza contare che molto spesso, comescrive Alessandra Pranovi, non è stato possibile acce-dere direttamente alle proprietà private per verificarel’esistenza di dipinti e che in questi casi non vi è quasimai una bibliografia specifica che possa consentire disapere in anticipo dove e cosa cercare.

La veste editoriale, ovviamente del tutto simile aglialtri volumi della collana, comprende un apparatofotografico che è pari a circa il 30% di quello esistente.La scelta delle foto è caduta sugli esempi più rilevanti,ma deve essere qui sottolineato che il resto del materia-le è comunque disponibile presso la BibliotecaBertoliana di Vicenza. L’opera infine è completata daun’accurata bibliografia.

Anna Pietropolli

denonismo e a schemi tintoretteschi; ma l’ambienteviene vivificato in primis dalla presenza di AlessandroVarotari detto il Padovanino, che lascia in Friuli alcuneopere fondamentali proprio per la formazione del Carneoe per il rinnovamento di alcuni artisti locali, qualiGiuseppe Cosattini, anch’egli importante per gli annigiovanili del pittore concordiense. È comunque inte-ressante notare che nella seconda metà del Seicento lapersonalità del Carneo è circondata solamente da pitto-ri locali di scarso interesse: l’unico evento degno dinota è la decorazione del soffitto della navata dellachiesa del Carmine a Udine, dovuta a due pittori“foresti”, il lucchese Pietro Ricchi ed il quadraturistabolognese Pietro Antonio Torri.

Ai saggi segue il catalogo delle opere presenti inmostra, riprodotte tutte a colori, comprendenti sia di-pinti del Carneo (qualche dubbio sulla sua autografiarimane per il Buon samaritano alla scheda 18) sia operedi artisti fondamentali per l’arte veneta del Seicento:Luca Giordano, Bernardo Strozzi, Domenico Fetti edaltri. Chiude il volume l’utile raccolta di documentisulla vita e sulle opere dell’artista finora venuti allaluce, curata da Paolo Goi.

Anna Pietropolli

Antonio Carneo (1637-1692), Atti della Giornata distudio (26 marzo 1993), a cura di Giuseppe Bergaminie Paolo Goi, Città di Portogruaro, 1995, 4°, pp. 161, ill.,s.i.p.

Questo volume dalla elegante veste grafica racco-glie gli Atti della giornata di studio dedicata al pittoreconcordiense Antonio Carneo, voluta dal Comune diPortogruaro per ricordare il terzo centenario della mor-te dell’artista, avvenuta a Portogruaro il 16 dicembre1692, e che, come sottolineano i due curatori del libroGiuseppe Bergamini e Paolo Goi, è servita a fare ilpunto della situazione sul pittore e ad aprire nuoveprospettive di studio.

I contributi dei vari studiosi sono stati suddivisi in tresezioni a seconda del loro contenuto: nelle parti dedica-te alla Storia e alla Cultura vengono infatti raggruppatiinterventi che illustrano la situazione storica e culturalenel Friuli del XVII secolo, tra i quali particolarmenteinteressanti per la novità della prospettiva sono quelli diGilberto Pressacco su Musica e pittura nell’opera diAntonio Carneo e di Fabio Metz sulla Storia musicaledi Portogruaro nel ’600. Ma è la sezione Arte quellaovviamente più ricca, con contributi che vanno da unProfilo di Antonio Carneo di Aldo Rizzi, che opera unarisistemazione completa della vita e della produzionedell’artista, a quello sulla Committenza di AntonioCarneo di Giuseppe Maria Pilo, dedicato soprattutto adopere di soggetto profano e di devozione privata, com-pletato in parte dalle pagine di Giuseppe Bergamini suDa Bellunello al Carneo: quadri udinesi di committenzapubblica. Interessante è inoltre il contributo di PaoloGoi su Carneo e Carneadi, che, oltre a rileggere criti-camente i numerosi dipinti più o meno validamente

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Luca Carlevarijs. Le Fabriche e Vedute di Venetia,catalogo della mostra (Udine, Soprintendenza aiBBAASS, 4 dicembre 1995 - 20 gennaio 1996), a cura diIsabella Reale, Venezia, Marsilio, 1995, 4°, pp. 155,ill., L. 40.000.

Il volume costituisce il catalogo della mostra che siè tenuta a Udine dal 4 dicembre 1995 al 20 gennaio1996, in collaborazione e con il patrocinio della Soprin-tendenza ai BBASS del Friuli Venezia Giulia. I duesaggi d’apertura Luca Carlevarijs, pittor nostro e ma-tematico e Le Venete magnificenze di Carlevarijs,rispettivamente di Ennio Concina e Isabella Reale,presentano e chiariscono i contenuti e gli “intenti”dell’opera incisoria di Luca Carlevarijs, che apre eindirizza la grande stagione del vedutismo veneziano.

La serie delle Fabriche e Vedute, come sottolineaEnnio Concina, “...costituisce una rappresentazionesistematica della veneta magnificenza rivolta anzituttoalla circolazione esterna del tutto coerente con la poli-tica della Repubblica Serenissima, ridotta ormai alruolo di ‘piccola potenza’ e a maggior ragione quantomai attenta al configurarsi dell’opinione di sé presso gliambienti culturali”.

Nel volume le vedute di edifici e luoghi della cittàseguono un rigoroso ordine per così dire “narrativo”,che parte dalle opere di architettura religiosa, seguite daquelle civili, per culminare in quelle private. In talmodo “...le Fabriche e le Vedute oltre che apparire unelogio per immagini della Serenissima, si propongonocome una sorta di compendio storico dell’architetturaveneziana...”, come suggerisce Ennio Concina.

Le centotre architetture veneziane disegnate dalvero e incise all’acquaforte avevano quindi il “compi-to” di circuitare l’immagine delle “Venete magnificen-ze” architettoniche-urbanistiche di una città meta indi-scussa del Grand Tour. D’altra parte lo stesso messag-gio affidato dal Carlevarijs ai posteri, nel frontespiziodell’opera, è senza dubbio esplicito: “...rendere piùfacile alla notizia de Paesi stranieri le Venete magnifi-cenze”. Questi i temi centrali trattati nell’intervento diIsabella Reale, ai quali si accompagnano precise indi-cazioni tecnico-scientifiche sull’arte incisoria di LucaCarlevarijs che non mancano di considerare le varieedizioni e stati delle Fabriche e Vedute di Venezia.

Il catalogo presenta la seconda edizione delleFabriche e Vedute di Venezia che si compone dicentouno tavole numerate progressivamente in basso adestra. Tutte le incisioni sono all’acquaforte e recano lafirma dell’autore in basso a destra: “Luca Carlevarijsdel et inc”.

Maria Chiara Aguiari

GIORGIO MIES, Arte e artisti di Cappella Maggiore,Cappella Maggiore (TV), Comune, 1995, 8°, pp. 108,ill., s.i.p.

Il volume si presenta suddiviso in due sezioni, di cuila prima rappresenta il catalogo dei luoghi più signifi-cativi, dal punto di vista artistico, del Comune diCappella Maggiore, in provincia di Treviso. La secon-

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attribuiti al Carneo negli ultimi decenni, cerca di isolarealcuni pittori minori, che possono facilmente esserepassati sotto il nome del Carneo, come Camillo Lorioe Giacomo Carneo.

Chiude il libro la segnalazione di Daniele Pinni sulritrovamento di un dipinto rappresentante il Suicidio diCatone al Museo Archeologico di Portogruaro, la cuiattribuzione viene lasciata aperta per le cattive condi-zioni in cui si trova, ma che comunque può ragionevol-mente porsi tra il Langetti ed il Carneo.

Anna Pietropolli

L’immagine del Veneto. Luoghi e vita della città, a curadi Adriano Cornoldi, Padova, Cassa di Risparmio diPadova e Rovigo - Limena (PD), Signum Arte, 1995, 4°,pp. 109, ill., s.i.p.

L’obiettivo che si pone il volume è al contempoambizioso e affascinante: testimoniare, partendo da undocumento, un monumento, un dipinto, “gli aspetti piùsignificativi che caratterizzano le città venete”. Minie-ra inesauribile di tale passato è ovviamente, in primis,la grande pittura veneta. La quale sovente presenta unacaratteristica assai particolare, osserva nel suo saggio ilcuratore: quella di presentarsi come una sorta di feno-meno filmico della realtà veneta, di emozionantemontage di luoghi e suggestioni differenti. “Un dipintodi Carpaccio conservato al museo di Avignone mostraun paesaggio urbano fantastico, dove sono riconoscibi-li tuttavia il ponte di Castelvecchio a Verona, motivi dimura e di torri che richiamano sicuramente Vicenza eforse Marostica, Soave e Montagnana e, su uno speroneroccioso, il monastero dei Santi Vittore e Corona aFeltre”. In tal modo, conclude Cornoldi, “vengonoricomposte in un unico mosaico tessere allusive delle‘diversità urbane’ della terraferma veneta” (p. 9). Èpossibile naturalmente elencare molti altri artisti, daGiorgione, a Bellini, a Tiziano, a Lotto, proseguel’autore. Tutti tesi a inventare spazi, a sperimentaresoluzioni, a disfrenare al massimo grado la fantasia.C’è un perché, osserva Cornoldi: la pittura offre possi-bilità che l’architettura non può offrire, limitata com’èda vincoli pratici. In altre parole, queste miscellanee dipaesaggi e favolosi edifici mostrano, dell’architettura,“la dimensione utopica” (p. 12).

Leggendo il testo di Claudio Rebeschini sul Pratodella Valle viene una certa malinconia nel pensare cosaavrebbe voluto – e potuto – essere questo mirabileintervento del grande illuminismo veneto, e non è stato.Andrea Memmo, che l’aveva concepito, anni dopoebbe a scrivere sconsolato: “...un’impresa per la qualerischiai il mio interesse, la mia fortuna, per la qualetante immense fatiche feci per ogni aspetto ed ebbi tantidisturbi e incomodi e tanti nemici sol perché speraisempre che potesse essere utile ai miei Padovaniamatissimi...” (p. 38).

Dire che Verona si identifica con l’Arena è comedire che Roma è impensabile senza il Colosseo o Parigisenza la Tour Eiffel. Fatto tanto più vero se si pensa alle

innumerevoli leggende sorte soprattutto in epoca me-dievale: “La più nota vuole che l’arena sia opera deldemonio: un ricchissimo gentiluomo condannato amorte, chiese ai giudici di avere a qualunque prezzosalva la vita: questi gli offrirono la grazia solo se avesseeretto l’Arena in una sola notte. Questi non si scorag-giò, e stipulò un patto con Satana, al quale offrì l’animain cambio dell’opera compiuta...” (p. 62). In base adun’altra leggenda, continua Nico Bolla, “non fu l’Are-na ad essere costruita a Verona, bensì Verona ad essercostruita intorno all’Arena, eretta, vera cattedrale neldeserto, da una profuga di Troia...” (ib.). Si potrebbecontinuare a lungo, ma non si farebbe altro che confer-mare quanto in profondità essa sia piantata nell’imma-ginario dei veronesi. In tutti, indipendentemente dal-l’estrazione sociale: e non solo per quanto riguarda glispettacoli (o i supplizi: altra forma, purtroppo, di “spet-tacolo”), ma anche, come provano documenti più vicinia noi, “esposizioni di animali esotici e di prodotti locali,benedizioni di pontefici in visita, voli di mongolfiere,gioco del pallone e della tombola, scalata di alberi dellacuccagna...” (p. 68). Una fama maggiore di quella –cambiando città – che ebbero, a Vicenza, monumentinon meno eccelsi come il Palazzo della Ragione, laTorre del Territorio, il Teatro Olimpico. I quali furonoe sono bensì amatissimi dai propri cittadini, ma anchevissuti come momenti utopici appartenuti ad una cultu-ra aulica, lontana ancorché vitale. Non a caso, scrivonoGuido Beltramini e Susanna Slossel, “Una Vicenzaall’antica, così come la immaginavano Palladio e i suoicommittenti, sarà possibile solo fra le quinte dell’ulti-mo progetto palladiano: il teatro Olimpico” (p. 21).

Sileno Salvagnini

L’immagine del Veneto. La rappresentazione dellacittà, a cura di Adriano Cornoldi, Padova, Cassa diRisparmio di Padova e Rovigo - Limena (PD), SignumArte, 1995, 4°, pp. 221, ill., s.i.p.

Si tratta di uno splendido volume, riccamente illu-strato, dove la rappresentazione della città viene affron-tata, in vari saggi, da diverse prospettive. Apre ilvolume l’affascinante intervento di Adriano Cornoldi,che cerca di riportare alla luce la forma urbis delle cittàattraverso l’accostamento di brani di letteratura e testi-monianze dipinte. Ne esce un saggio interessantissimo.Vengono descritti gli elementi sui quali la letteratura sisofferma nelle descrizioni delle città e confrontati conquelli tipici della rappresentazione per immagini, enell’ambito di quest’ultima vengono analizzate le di-verse tecniche di descrizione della città: l’affresco, lascultura e l’incisione. Queste considerazioni sono ac-compagnate da una vera e propria antologia di testi edimmagini. Il secondo intervento di Adriano Verdi ana-lizza i limiti delle città, i loro confini in un excursusstorico che va dall’impero romano fino al primo Cin-quecento. Emanuela Verger studia, nel suo breve sag-gio, due aspetti caratteristici della realtà urbana: ilfiume e la piazza, mentre Gabriele Cappellato ci infor-ma sulle diverse tecniche e forme di rappresentazionedelle città venete. Molto interessante il saggio diMariaromana Quendolo e Amelia Trevelani: le duestudiose affrontano l’argomento della diffusione del-l’immagine delle città venete per mezzo di vedute opiante a stampa sugli atlanti editi in Europa tra il XVI eil XVIII secolo. Le immagini delle città escono così daiconfini nazionali e contribuiscono a costruire alcunistereotipi relativi alle città venete: Venezia marciana,Verona romana e Padova antenorea. Conclude il volu-me il saggio di Franca Pivetta che attraverso le imma-gini della città ne segue le trasformazioni, i mutamenti.Ogni saggio è affiancato da una ricchissima appendiceiconografica; le illustrazioni sono tutte accompagnateda schede che in molti casi diventano dei veri e propripiccoli saggi. Il volume è scritto, illustrato e organizza-to per poter raggiungere un vasto pubblico ed ha ilgrande merito di contribuire alla conoscenza di queglielementi che hanno concorso a formare l’immaginedelle città del Veneto.

Luca Parisato

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da sezione, invece, è costituita dalle notizie principaliriguardanti alcuni artisti che sono nati e vissuti a Cap-pella Maggiore.

L’opera ha inizio con la storia della Parrocchiale diCappella Maggiore, la cui costruzione ebbe termine il22 luglio 1494, come si deduce da una lapide muratasulla parete della navata destra. In origine, stando aquanto si evince dai documenti antichi, le chiese pote-vano essere due: una dedicata a S. Maria Maddalena eduna a S. Tiziano. Successivamente venne consacratauna chiesa intitolata ad entrambi i santi, dalla quale èderivata l’attuale parrocchiale. In essa si trovano diver-se opere d’arte, tra le quali spiccano una statua in legnopolicromo raffigurante una Madonna col Bambino introno di autore ignoto, una pala d’altare barocca inlegno dorato suddivisa in tre nicchie con una statuadella Madonna col Bambino affiancata da S. MariaMaddalena e da S. Tiziano, pala attribuibile ad AntonioPigatti; vi sono poi vari affreschi, tra cui ad esempio Iquattro Evangelisti sulle pareti della navata centrale,La Trasfigurazione e Il sacrificio di Abramo sul soffit-to, attribuibili a Demetrio Alpago (1870-1908). Il volu-me prosegue con un breve catalogo di altre operecustodite nella parrocchiale.

Si parla poi dell’Oratorio di S. Francesco d’Assisi inBorgo Villa, abbellito con opere moderne; della Chiesadella Santissima Trinità, di origini altomedievali, nellaquale di trovano un grande affresco rappresentanteL’Ultima Cena risalente al primo Trecento ed un ciclodi affreschi quattrocenteschi che costituisce uno degliesempi più interessanti delle cosiddette Bibbie deiPoveri, incentrate sul tema cristologico; della Parroc-chiale di S. Vito di Anzano, la cui costruzione nellaforma attuale venne terminata nel 1787, che conservadiverse opere pregevoli, tra le quali la più nota è la palacon la Madonna col Bambino in gloria e i SS. Vito,Rocco, Sebastiano e Tiziano di Francesco Pagani daMilano, morto dopo il 1552; dell’Oratorio di S.Apollonia in Borgo S. Apollonia, costruito agli inizi del’700; infine dell’Oratorio della Madonna delle Grazie,che custodiva fino a qualche decennio fa un’icona conla Madonna col Bambino, dipinta con tutta la probabi-lità nella prima metà del XVII secolo, ora spostata inluogo più sicuro.

Nella seconda sezione del volume l’autore ci pone aconoscenza delle vicende biografiche degli artisti diCappella Maggiore e delle opere da loro realizzate nelcorso degli anni. Essi sono: Erminio Soldera (1874-1955), Luigi Cillo (1920-), Giuseppe Garbellotto (1896-1925), Antonio Furlan (1913-1980), Mario Dal Fabbro(1913-1990). Segue la bibliografia.

Barbara Giaccaglia

Medoro Coghetto (1707-1793) un vedutista trevigianoalla camera ottica, Treviso, Canova, 1995, 8°, pp. 55,ill., L. 15.000.

Il volume vuole testimoniare l’attività di un pittoretrevisano poco conosciuto, Medoro Coghetto, che nellasua breve attività pittorica ha lasciato delle interessantiprove di vedute che hanno come soggetto la città di

Treviso. Attraverso questi dipinti, Danilo Gasparini,autore del saggio di apertura, può “leggere” una cittàcaratterizzata da piazze deserte, vie solitarie e pochebarche che stancamente risalgono il Sile, evidenziando,nel pieno del Settecento, un irreversibile declino eco-nomico. Spetta a Eugenio Manzato tracciare un profiloartistico di Coghetto; veniamo così a conoscenza di unsuo alunnato presso lo Zompini, di cui già aveva scrittoil Federici nelle sue Memorie trevigiane, informandocianche di un suo prematuro abbandono della pittura perintraprendere la carriera ecclesiastica.

Il pittore utilizza per le sue vedute la camera ottica,realizzando così delle vedute minuziose, con un puntodi vista rialzato, caratteristiche queste che rimandanoalla conoscenza del Canaletto. Lucio Bonora ha ilmerito di fare un po’ di luce sulla biografia dell’artistagrazie ad una approfondita ricerca sulle fonti documen-tarie. Chiude il volume un contributo di Carlo AlbertoZotti Minici sull’uso della camera ottica. Le settevedute di cui si compone la mostra dedicata a MedoroCoghetto sono state acquistate dall’Amministrazionecomunale di Treviso nel 1951.

Luca Parisato

Argenti veneti del ’700 e ’800. Dalla Repubblica Sere-nissima al Regno Lombardo Veneto, catalogo dellamostra (Padova, Pedrocchi, 16 dicembre 1995 - 3marzo 1996), a cura di Franca Pellegrini, Padova, LaGarangola, 1995, 8°, pp. 119, ill., s.i.p.

Questo volume costituisce il catalogo di uno dei piùrecenti e apprezzati appuntamenti espositivi del PianoNobile del Caffé Pedrocchi di Padova. Le splendidesale dell’edificio jappelliano hanno ospitato questavolta un affascinante excursus nel mondo dell’argente-ria da tavola e da decoro che i Musei Civici e l’Asses-sorato alla Cultura del Comune di Padova hanno alle-stito selezionando tra centinaia di rari manufatti delSettecento e dell’Ottocento, di produzione veneta.

Il testo si apre con il contributo di Franca Pellegrini– curatrice della mostra – che ricostruisce opportuna-mente, sia pure con la necessaria concisione, le vicendestoriche della produzione nel Veneto di manufatti inargento, produzione che nacque e si sviluppò a Veneziagrazie all’attivita di artigiani orefici iscritti alla Scuoladei Oresi, la cui origine risale al X secolo e la cui attivitàsi concluse nel 1806, quando furono soppresse le Cor-porazioni d’arti e mestieri. La loro produzione eracaratterizzata dall’apposizione sull’oggetto di un bollo(detto anche punzone) che doveva recare il simbolodell’insegna della bottega e quello dell’orefice chel’aveva eseguito. Successivamente, l’oggetto dovevaessere sottoposto – presso la Zecca – al controlloufficiale di due “sazadori” o “toccadori”, che dovevanogarantire sulla bontà della lega utilizzata e quindi, incaso di esame positivo, apporre a loro volta un bollo digaranzia. Un altro capitoletto – “Considerazioni sualcune opere del Tesoro della Cattedrale di Padova”, diPiero Pazzi – è riservato a uno dei più importanti nucleidi oreficeria sacra del Veneto.

Nella vera e propria sezione del catalogo, ottantasono i manufatti presentati in sintetiche schede corre-date di fotografie; alcuni sono autentici gioielli, altri dinon eccelso valore artistico, ma comunque rappresen-tativi di un’epoca. Si tratta di piatti, candelieri, calamai,teiere, zuppiere, posateria, vassoi provenienti da casenobili e alto-borghesi e oggi di proprietà dei MuseiCivici d’arte medievale e moderna di Padova e dicollezionisti privati. Il pezzo forte è sicuramente unaspilla di Antonio Cortellazzo, che raffigura, con unaraffinata incisione a cesello e bulino, il mito di Anfitrite.Altro oggetto importante è un vassoio attribuito adAnzolo Scarabello (o comunque alla sua bottega), il piùfamoso e apprezzato argentiere veneto dell’ultima etàbarocca, autore, tra l’altro, di un consistente numero diopere del Tesoro della Cattedrale di Padova. Allievodello Scarabello fu Sante Benato – che operò a Padovatra il 1780 e il 1816 –, presente all’esposizione con unoriginale versatoio, prezioso anche dato l’esiguo nu-mero di opere del Benato ancora visibili (una di questeè un grande ostensorio custodito nella chiesa di san

Silvestro a Venezia). Tra i calamai, di grande effettoquello a sarcofago di Giuseppe Brusa (attivo a Milanotra il 1820 e il 1876), che ben rappresenta un certo gustoper l’antico presente nelle tendenze decorative delprimo Ottocento. Ma la palma dell’originalità spettacertamente all’insolita coppa costituita da un guscio dinoce di cocco legato, con gusto di ispirazione fiammin-ga e germanica, da una decorativa struttura in argento,opera del padovano Antonio Montin.

Marco Bevilacqua

Astolfo de Maria 1891-1946, catalogo della mostra(Venezia, Palazzo Fortuny, 23 marzo - 19 maggio1996), a cura di Giuseppina Dal Canton, Milano, Electa,1996, 8°, pp. 126, ill., L. 60.000.

La mostra di Astolfo de Maria, figlio del più notoMario de Maria (Marius Pictor), apre uno squarcio suun ambito poco conosciuto della pittura veneziana trale due guerre che si è mossa tra “Realismo magico” e“Nuova oggettività” tedesca. La pittura di Astolfo deMaria si forma entro una cultura raffinata e aristocrati-ca, vicina all’ambiente dannunziano, fra tardo simboli-smo e secessionismo (che guarda più a Monaco che aVienna): basta vedere due dipinti estremamente sofisti-cati come Allegoria erotica del 1917 e Dogaressa del1917-19, entrambi conservati al Vittoriale degli Italia-ni. Il pittore ha fatto parte dell’ala più “moderata” dellemostre di Ca’ Pesaro vicina a Guido Cadorin, condivi-dendo non pochi tratti artistici e culturali con BortoloSacchi, Dino Martens e Cagnaccio di San Pietro: daquelli ideativi e stilistici a quelli più legati al mestierein senso “artigiano” e fabbrile (si pensi alle ricerchesulle tecniche pittoriche antiche). De Maria hacoadiuvato Cadorin nelle decorazioni pittoriche dellechiese parrocchiali della Marca trevigiana di Col SanMartino nel 1921 (assieme a Sacchi) e di Moriago dellaBattaglia nel 1925, sicuramente due tra gli episodi piùrilevanti di arte religiosa degli anni Venti.

De Maria guarda sempre ad un realismo nordicopiuttosto secco che negli anni Trenta verrà “stemperatoda un certo edonismo”, anche se la sua pittura saràspesso caratterizzata da un “iperrealismo oltranzista,sul punto di trapassare nell’esatto suo contrario” –come scrive giustamente la Dal Canton – e che a mioavviso tende verso una visione allucinata del mondo.Ciò accade soprattutto nei ritratti: si vedano quellidedicati a D’Annunzio (che la curatrice propone didatare 1921-22), al Signor Cesati di Brescia (1931) oalla Signora Baggio (1942). Ma anche nei paesaggitroviamo la stessa tendenza: si vedano Campo Bandie-ra e Moro (1932) e In attesa di padroni (Villa Veneta)(1935), tra i cui antefatti non vedrei tanto l’enigmaticitàdelle Ville romane dechirichiane – come propone lacuratrice – ma appunto l’allucinarsi stesso della visionein una pittura di diretta ascendenza tedesca, affine acerti esterni di Bortolo Sacchi. Questa perfetta lucidità,nella sua assoluta freddezza, è del tutto estranea aqualsivoglia matrice espressionista; semmai de Mariasi avvicina in Duello all’alba (1942) e in Favola (1944)a una dura e surreale rarefazione narrativa, con venaturenaïve e persino magrittiane (come opportunamente

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segnala la Dal Canton), su ciò varrebbe la pena diindagare ulteriormente, dato che tale caratteristica ap-pare come una polarità della pittura dell’artista.

Il catalogo di questa mostra, a cinquant’anni dall’ul-tima personale veneziana di Astolfo de Maria, si segna-la per la scelta delle opere – ristretta ma significativa –e per l’attenta ricostruzione delle circostanze dellecommittenze nonché dei contesti storici e artistici deidipinti e dei disegni esposti, individuandone acutamen-te le ascendenze culturali e stilistiche, costituendo permerito di Giuseppina Dal Canton un’utile premessa aulteriori approfondimenti di talune vicende pittoricheveneziane tra gli anni Venti e gli anni Quaranta, tuttoranon molto frequentate dalla storiografia artistica con-temporanea.

Giorgio Nonveiller

CRALI FUTURISTA, Aeropittura futurista (plasticaspaziale), con una post-fazione di Claudio Rebeschini,Padova, Signum Arte, 1996, 16°, pp. 110, ill., L.30.000.

È curioso che un artista come Tullio Crali (nato inDalmazia nel 1910), tuttora operante, concluda e diaalle stampe un volume di teoria e poetica di Aeropitturafuturista, quasi sessantasette anni dopo il primo mani-festo di quel movimento, pubblicato il 22 settembre1929 sulla “Gazzetta del Popolo” di Torino, firmato daBalla, Benedetta, Depero, Dottori, Fillia, Marinetti,Prampolini, Somenzi e Tato, evidentemente nel dupli-ce intento di dare una testimonianza personale e di fareil punto sul nucleo ideologico-poetico della propriaispirazione pittorica. Crali comincia infatti a esporre aGorizia nel ’29 con una pittura che trova i suoi riferi-menti in Balla, Boccioni e Prampolini, partecipandoregolarmente dal ’31 alle mostre di Aeropittura futu-rista, acquisendo via via declinazioni più personali,effettivamente legate a esperienze di volo a partire dal1928 (nel Campo d’aviazione di Gorizia). In pittura,come scrive Crali, “non è tanto il soggetto aeronauticoche interessa quanto ‘la vita dell’uomo nello spazio’[...]: è l’incontro dell’uomo col cosmo che attira lanostra attenzione”. Tale incontro si apre al “meravi-glioso”, “di fronte alla grande incognita dell’Infinito”,cioè uno stato di “costante mobilità” dove i riferimentifissi legati alla terra si alterano notevolmente suggeren-do uno spazio mobile e fluttuante dove il boccionianodinamismo e la conmpenetrazione dei piani e deglioggetti debbono includere, attraverso la sintesi plasti-co-pittorica, anche le “alterazioni emotive e sensitive”legate alla velocità (elemento su cui aveva insistitoMarinetti).

Negli anni 1929-30 Crali tende a individuare “alme-no quattro tendenze con relative varianti e trasforma-zioni” nelle avanguardie artistiche, di cui la quartasarebbe “una tendenza dinamica che dal Futurismoinveste l’orfismo e l’estetica della macchina per giun-gere all’Aeropittura e puntare verso un’arte orbitale dame preannunciata – scrive l’artista – vent’anni or sono

e che oggi, con la pubblicità applicata ai satelliti,conferma le proprie intenzioni”.

Ma se “la cosa più affascinante dell’Aeropittura èche in essa non esistono regole, grammatica o sintassipittorica: per ciò che riguarda la forma ognuno è liberodi cercare di esprimersi in base alle proprie esperienzeed emozioni” (Rebeschini), è anche vero d’altro cantoche tutto ciò deve restare entro i limiti della pittura,senza “rompere le regole dell’arte”, come scrive Crali.Che questo possa costituire un limite o un pregio èquestione che qui non è possibile analizzare e valutare.È il caso invece di ricordare come sia stato Marinetti inpersona a suggerire a Crali di scrivere un librosull’Aeropittura futurista probabilmente già nei primianni Trenta, e come l’artista abbia discusso e redattoassieme all’inventore del Futurismo due manifesti: nel1942 il “Manifesto dell’illusionismo plastico” e nel1944 “Parole musicali - Alfabeto in libertà”.

Il volumetto di Crali ha tutta l’eleganza del reprintanche nelle scelte tipo-grafico-impaginative, sobria-mente futuriste, e sembra quasi l’adempimento di un’an-tica promessa che è insieme uno sguardo retrospettivosull’Aeropittura futurista e la testimonianza di unapropria linea coerente di sviluppo pittorico dal 1929 adoggi.

Giorgio Nonveiller

Arturo Martini. Opere edite e inedite 1908-1944 eSintonie: omaggio a Martini, Alimonti, Bentivoglio,Burke, Conte, Dituri, Frare, Meo, Torelli, Trafeli,catalogo della mostra (Bassano del Grappa, GalleriaDieda, 27 gennaio - 10 marzo 1996) a cura di NicoStringa, con uno scritto di Enrico Crispolti e testimo-nianze di Antonio Muzi e Luciano Gaspari, Milano,Electa, 1996, 8°, pp. 79, ill., s.i.p.

Una mostra di Arturo Martini quando è intelligente-mente condotta, come è il caso dell’esposizione e delcatalogo curati da Nico Stringa per conto della nuovaGalleria Dieda di Bassano del Grappa (VI), forniscesempre – al di là di una certa reperibilità occasionaledelle opere – qualche spunto per l’approfondimento delcomplesso pensiero scultoreo dell’artista. Le singoleopere presentate, legate ad alcune riscoperte grazie allamagnanimità di qualche collezionista, hanno dato luo-go al chiarimento di talune circostanze creative e digravitazione di idee martiniane sia riferibili a operenote, sia riferibili a quelle poco o per nulla conosciute.Si tratta in tutto di 24 opere tra scultute, terraglie,disegni e opere grafiche dal 1908 al 1944, coprendo inuna sorta di breve spaccato quasi tutta la carriera diMartini, mostrando alcuni momenti del suo travaglioartistico e teorico.

Gioverà subito ricordare alcune delle opere piùimportanti presenti nell’esposizione e nel catalogo:Icaro, terraglia del 1910; Paesaggio-Uragano,cheramografia del 1913; Testa di Fanciulla, disegnodel 1920; Formella per il Monumento ai Pionieri diWorcester, gesso del 1925; Orfeo, terracotta del 1926-

27; La Forza e gli Eroi, bronzo del 1934; Morte diSaffo, gesso patinato del 1936 ca.; Il pittore DellaTorre, bronzo del 1943 ca.; Deposizione, gesso patinatodel 1944; Atmosfera di una testa, disegno del 1943-44.Del tutto inedito è il ritratto di Cavour, una piccolaterracotta del 1908 ca., forse la vera sorpresa di questaesposizione, che mostra benissimo il perspicace rap-porto del giovane Martini con la scultura soprattuttoveneta tardo ottocentesca e d’inizio del nostro secolo.Veramente notevole per qualità plastica è il bronzoAmanti del 1941-42, strettamente imparentato con uncapolavoro del grande artista trevigiano come L’am-plesso, un marmo del 1941. Amanti è una scultura cheviene esposta per la prima volta, seppure già pubblicatada Guido Perocco nel suo Catalogo delle sculture edelle ceramiche di Arturo Martini, edito da Neri Pozzanel 1966. Una terza scultura affatto inedita è Amazzone,terracotta del 1944 ca., che presenta un carattere piùsperimentale: una ricerca di morfemi plastici e di pianigiustapposti, soprattutto nella veduta posteriore, cuinon nuoce una certa incompiutezza.

Ma un aspetto interessante dell’operazione espositivaconsiste nel fatto che alle opere di Martini è statoaffiancato un omaggio al grande scultore, identificandoalcune “sintonie” tra la sua opera e quella di artistid’oggi, giovani e meno giovani. Con impostazioni erisultati diversi Mirella Bentivoglio, Bruno Conte,Michael Burke, Anna Torelli e Mino Trafeli produconouna serie di opere che prendono spunto dal famoso“libro muto” di Martini: Contemplazioni (edito a Faenzanel 1918), antesignano di tanti successivi “libri d’arti-sta”. Alessandra Alimonti, Giancarla Frare e GisellaMeo producono opere che traggono ispirazione dallaFontana ideata da Martini per Anticoli Corrado nel1926, mentre invece Frank Dituri prende spunto dalMonumento ai Pionieri di Worcester. L’intento è quel-lo di registrare la più recente “irradiazione martiniana”(che Stringa identifica con una terza fase, tra gli anni’70 e ’90) mediante una problematica che solo margi-nalmente può avere a che fare con la critica, in una ri-valutazione diretta che va da Martini agli artisti d’oggi.

Giorgio Nonveiller

Fernando De Filippi. L’enigma metafisico, catalogodella mostra (Verona, Palazzo Forti, novembre 1995 -gennaio 1996), a cura di Giorgio Cortenova ed EnricoCrispolti, con contributi dei curatori e di Antoniod’Avossa, Milano, Fabbri, 1995, 4°, pp. 160, ill., s.i.p.

“Più che classico, in realtà l’accento evocativo [inDe Filippi] appare nostalgicamente neoclassico. MaDe Filippi... non crede ad una possibile restituzione, adun’anabasi sentimentale anacronistica. Gli preme so-prattutto la restituzione di una possibile lirica dellamemoria, che non è di eventi ma di qualità di pensie-ro...” (p. 18). Per chi non conosca l’ultima produzionedel pittore leccese – ma da molti anni ormai milanesed’adozione – queste parole di Enrico Crispolti paionoilluminanti. Le oltre duecento opere presenti a Veronadicono infatti questo: un uso continuo e quasi ossessivodi motivi architettonici classici come timpani, archi,lunette, edicole, serliane e via discorrendo, ritagliati sutele sagomate, talvolta – ad esempio, Il tempio abitato,1986 – culminanti in vere e proprie istallazioni. Sareb-be facile ricorrere ad uno stereotipato genius loci: DeFilippi, meridionale, per ciò stesso avvertirebbe influs-si provenienti da un lontano tempo greco. In realtà,come ben avverte Crispolti, più che l’idea di classico inDe Filippi alita la nostalgia di quello: e dunque, unapproccio al medesimo che assume i contorni delrimpianto neoclassico. O, se si preferisce, manieristico,attribuendo all’aggettivo il senso vitale che gli davanostorici dell’arte come Dvorák e Hauser, vale a direl’impiego labirintico di linguaggi che il tempo hamutato di senso, e che l’autore in un sovrumano maaltresì inane sforzo tenta di ripristinare. Più che amonumenti della Magna Grecia dunque, o di Roma, learchitetture dipinte di De Filippi evocano una Franciaal suo declino nei modelli del Petit Trianon, e quindi di

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un’epoca ancora una volta neoclassica; o ancora, gliimprobabili spazi di un tempo esso pure al tramonto,quello degli encausti del quarto stile pompeiano.

Quanto all’evoluzione stilistica, Crispolti individuatre fasi fondamentali nella produzione di De Filippi. Laprima è quella della “preistoria”, dei primi anni che ilpittore trascorre a Milano. Negli anni Sessanta, lametropoli lombarda suggerisce al giovane leccese “imodi di un aggrovigliato organicismo postinformale,fondato sul ‘relazionismo’ da pochissimo pronunciato,e in breve consumato, di Romagnoni, come di Aricò, edi Vaglieri...” (p. 11). Un secondo momento, intornoalla metà dello stesso decennio, vede De Filippi orga-nizzare immagini “entro riquadrature paratatticamenteconnesse, quale evidente sistema di articolazione strut-turale costituito, dunque, in filtro figurale organizzato,d’una dimensione di memoria” (p. 12). È in questa faseche si possono notare motivi palindromi, inversioni disenso che contribuiscono a rendere intellettualmentepiù complesso il ricorso alla memoria di de Filippi. Allafine degli anni Sessanta, infine, comincia un terzoperiodo, che prosegue sostanzialmente fino ai nostrigiorni, dove il pittore affina quanto di sperimentaleaveva eseguito in precedenza, facendo sì che il riscon-tro memoriale s’avvicini “sempre più oggettivato, adoccasioni di carattere esplicitamente politico civile”(ib.). Chiudiamo osservando, con d’Avossa, come que-sto cammino di De Filippi rievochi l’illuminismo set-tecentesco; rivissuto, modernamente, perseguendo daun lato “la non separazione tra i generi intesi tradizio-nalmente come separati ma confinanti territorialmente;dall’altro l’idea [...] di una fine dei generi e di una loroinevitabile fusione sul piano teorico” (p. 21).

Sileno Salvagnini

4aBiennale di incisione Alberto Martini, catalogo dellamostra (Oderzo, Palazzo Foscolo, 24 marzo - 19 mag-gio 1996), a cura di Roberto Costella e Aldo Segatto,Oderzo (TV), Comune, 1996, 8°, pp. 192, ill., s.i.p.

La Biennale dell’incisione “Alberto Martini”, giun-ta alla sua quarta edizione, si è ormai guadagnataun’importante spazio nell’ambito delle manifestazioniitaliane dedicate all’arte dell’incisione. Con quest’ulti-ma edizione Oderzo diventa sicuramente un punto diriferimento culturale per quanti amano questa anticaarte. Il catalogo della mostra bene documenta l’impor-tanza assunta da questa manifestazione, sono infattiriprodotte gran parte delle duecentocinquanta opere deimaggiori maestri contemporanei esposte a PalazzoFoscolo, sede dell’esposizione. Ne emerge un panora-ma artistico estremamente vario e valido. Vengonopresentati 40 artisti italiani che, come scrive RaffaeleCosta nel suo saggio, si potrebbero dividere in duegrandi gruppi: “quelli che sono più sensibili ai fatti delquotidiano e quelli che vi rinunciano per amore dellaindistinta vaghezza di un’emozione lirica fine a sestessa”. L’internazionalità della Biennale opitergina èdimostrata dalla presenza di 15 maestri incisori dellaRepubblica ceca scelti da Jirí Machalicky, direttoredella Galleria Nazionale di Praga, che li introduce conun ottimo saggio dal quale emergono le forti “mesco-lanze” culturali che da sempre hanno caratterizzatoquell’area geografica.

La Biennale, dopo aver organizzato nelle precedentirassegne delle retrospettive dedicate a Giovanni Viviani,Giovanni Barbisan, Neri Pozza, Lino Bianchi Barriviera,e delle personali di Mario Calandri, Enzo Faraoni,Gianfranco Ferroni, Walter Piacesi, Armando Pizzinato,Luigi Spacal e Giuseppe Zigania, quest’anno rendeomaggio a due grandi artisti: Virgilio Tramontin eRemo Wolf. Tramontin, nato a San Vito al Tagliamentonel 1908, è un poeta dell’acquaforte e sicuramente frai maggiori esponenti italiani di questa tecnica incisoria.Le sue opere sono estremamente raffinate, riproduconoprincipalmente le atmosfere della campagna veneta efriulana, nelle sue incisioni emerge il senso della me-moria, la nostalgia, l’esigenza di tramandare gli umori,le suggestioni di un paesaggio che viene continuamenteaggredito dalla civiltà senza memoria del consumismo.

Remo Wolf è forse il maggiore xilografo italiano, il suosegno espressionista sembra scavare nel legno tratte-nendo a stento una violenza espressiva che rifletteun’intransigenza morale, un bisogno di denuncia, chesono propri di questo grande artista. Le sue opere sonodi forte impatto visivo, suscitano emozioni e riflessio-ni. Da segnalare, infine, il saggio di Giorgio Trentin,che tratteggia con notevole efficacia la personalitàartistica di Tramontin e Wolf.

Luca Parisato

Le immagini della fantasia. 13a Mostra Internazionaled’Illustrazione per l’infanzia, catalogo della mostra(Sàrmede, Palazzo Municipale, 4 novembre - 17 di-cembre 1995 - Treviso, Casa dei Carraresi, 20 gennaio- 25 febbraio 1996), Sàrmede (TV), Comune - Provinciadi Treviso, 1995, 4°, pp. 207, ill., s.i.p.

La Mostra Internazionale dell’Illustrazione per l’in-fanzia di Sàrmede, giunta alla sua tredicesima edizione,ha saputo coniugare anche nel 1995 un impegno cultu-rale, divenuto ormai di importanza internazionale, conl’interesse e la grande partecipazione del pubblico e deimezzi d’informazione. Come tradizione, sono conve-nuti nel piccolo paese trevigiano i migliori artisti mon-diali, che hanno esposto le loro opere dedicate alle piùbelle favole tradizionali del mondo. Il catalogo, comesempre, è l’occasione per poter ammirare la loro produ-zione anche dopo la conclusione della manifestazione.

Segni e sogni. Pensieri e disegni di Toni Benetton, acura di Marina Cabianca, Mogliano Veneto (TV), Han-gar Edizioni, 1995, pp. 56, ill., L. 18.000.

Presentando, sul finire dell’anno scorso, questo li-bro del vecchio amico alla Libreria Canova di Treviso,Andrea Zanzotto stigmatizzava una delle caratteristi-che principali dell’indole dello scultore, recentementescomparso, vale a dire la continuità fra il suo operare el’innocenza, la spontaneità dei bambini. Vicinanzaperaltro dichiarata dallo stesso artista, che in uno diquesti “pensieri”, prossimi alla confessione di tipolirico, scrive: “Ho osservato i movimenti / dei bambini,i loro giochi / con i cerchi e ne ho trattop delle compo-sizioni / equilibrate, ma anche vivaci, / in cui appaionopalloncini / o bolle di sapone”. Tuttavia l’aspetto del-l’infanzia, ludico, non è assimilabile alla naiveté, alprimitivismo di maniera che talvolta ostentano artistiscaltri o che si ritengono tali, ma ha motivazioni piùprofondamente autentiche. Si può percepire questoleggendo qualche altra lirica di commento alle imma-gini: “Mi piace, col bronzo / ritrarre i bambini, / perchénon è nella loro / natura nascondere / la verità”. E ancora“Per fare un ritratto devo / prima giocare, parlare,diventare coetaneo / del bambino. / È solo così cheperde le / difesa e diventa trasparente”. Il desiderio disincerità si riflette anche sulla tecnica usata; in questosenso, quanto dice a proposito dell’acquerello illuminadi luce nuova la sua produzione scultorea: “Mi divertoad usare / gli acquerelli. / Non ho mai usato / altri colori.Traccio il disegno con / la penna che poi sparisce / conl’acqua”. In effetti quello che colpisce di questi acque-relli è una certa consonanza con la leggerezza di operein ferro o acciaio realizzate dallo stesso. Si pensi allaGrande sfera: possente, stagliantesi nello spazio qualefiglia di un moderno Vulcano, ma al medesimo tempoeterea, evocante l’arabesco, la misura mentale più cheil prodotto di un plastikos. Perciò, ci sia concesso diavvertire consonanze, benché ne sia stato grande allie-vo, più che con l’Arturo Martini che sosteneva “Anchesolo stringendo la creta uno scultore autentico può farescultura”, con un grande pittore come Birolli, per ilquale il segno della matita all’inizio era come “un semeamorfo, incorrotto, presagio di forme non ancora siste-mate nell’iconografia della natura”. Parole che sembra-no ritornare in quest’altro pensiero di Benetton: “Al-l’origine c’è sempre / un’immagine che mi / colpisce eche cerco / di fissare con pochi segni, / veloci edessenziali. / In questo modo ricordo / più tardi tutte lesfumature / di colore, di forma, / di movimento”.

Sileno Salvagnini

UMBERTO FRANZOI, Itinerari segreti nel Palazzo Ducaledi Venezia, Treviso, Canova, 19952, 4°, pp. 269, ill., L.55.000.

Giunto alla seconda edizione, questo volume – cheha visto la luce per la prima volta nel 1983 – illustradettagliatamente i cosiddetti “itinerari segreti” del Pa-lazzo Ducale di Venezia. Con questa definizione siintende una numerosa serie di spazi non compresi nelnormale percorso museale, più “aulico”, ripristinatinegli anni scorsi dopo un lungo periodo in cui eranostati purtroppo completamente dimenticati. Questi per-corsi consentono al visitatore di accostarsi ad un’altraparte della vita pubblica veneziana, meno “ufficiale” diquella espressa per esempio dalla Sala del Consiglio deiX o dalla Porta della Carta, ma non per questo menovitale per il buon funzionamento della Repubblica.

In questi spazi avevano luogo svariate attività con-nesse con la vita politico-giudiziaria di Venezia, moltedelle quali estremamente delicate: si andava dall’Uffi-cio del Savio alla Scrittura, a cui facevano capo tuttal’amministrazione e la giustizia militare, agli Uffici diCancelleria, presieduti da un Cancellier Grande, quasiun moderno archivio generale dove si preparavano,rubricavano e archiviavano gli atti pubblici e quelliinterni delle Magistrature della Repubblica. Sicura-mente più importante rispetto al settore della Cancelle-ria fu – come sottolinea Umberto Franzoi, autore del

Accanto alle belle riproduzioni a colori di tutti i mate-riali esposti in mostra, il volume contiene anche leschede biografiche degli artisti che hanno preso partealla manifestazione e che hanno saputo arricchire le“immagini della fantasia” di “innumerevoli idiomi contutta la loro ricchezza”, dando dignità e interesse –scrive la critica d’arte Judita Krivec Dragan nella suabella introduzione – a quegli “accattivanti dettagliracchiusi nell’irripetibile individualità di popoli, cultu-re e persone, senza la quale anche l’idea più seria diquesto mondo perderebbe ogni fascino”.

Gli eroi immortali dell’infanzia rivivono nei colori enei tratti di questi artisti, che, utilizzando le tecniche piùdiverse (acquerello, tempera, collage, acrilico, china,pastello, guache), hanno trasferito su tela o su cartonci-no il loro mondo immaginario. Un’attenzione partico-lare è stata riservata anche in questa edizione dellamostra e del catalogo agli autori provenienti dall’Oriente,in particolare da Cina, Iran e Ucraina. Tra i tanti nomi,va segnalato quello del cinese Feng Jiannan, cui Sàrmedeha dedicato anche una personale che attesta il suovalore internazionale.

Marco Bevilacqua

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La regione viene geograficamente suddivisa secon-do tre itinerari, illustrati da piantine essenziali: Veneziae il Veneto nord-orientale nel primo, Padova e ilVeneto centro-meridionale nel secondo, Verona e ilVeneto centro-settentrionale nel terzo. La successionedelle località segue poi però un ordine alfabetico cherende più agile e immediata la consultazione dellaguida, attenta ai diversi aspetti artistici, storici e dicostume di queste comunità. Si cerca, dove possibile, diricostruirne la consistenza numerica, le occupazioniprevalenti, talvolta le persecuzioni subite. Da segnalareil ricco apparato fotografico che accompagna un testoesauriente ma non pesante. Curiosa l’attenzione rivoltaalla tradizione culinaria ebraica, a volte tanto radicatanel costume veneto da essere all’origine di numerosipiatti tipici, come le sarde in saor, i bigoli in salsa, ibussolà, a conferma di come secoli di frequentazioneabbiano creato una sorta di “simbiosi” tra le abitudinialimentari dei veneti e le vere e proprie regolegastronimiche degli ebrei.

Annamaria Bonanome

FRANCO BARBIERI, Il museo di Palazzo Chiericati. Gui-da breve, Vicenza, Fondazione Giuseppe Roi, 1995, 8°,pp. 144, ill., s.i.p.

Nel 1995 la Fondazione Giuseppe Roi di Vicenza hacurato la pubblicazione della prima guida breve delmuseo di Palazzo Chiericati, allo scopo di divulgare lastoria del palazzo stesso e favorire, da parte del pubbli-co, una conoscenza dettagliata ed approfondita deimolti tesori artistici in esso conservati.

Palazzo Chiericati rappresenta uno dei capolavoridella prima maturità del Palladio. Il sommo architettone consegnò i disegni al committente, GirolamoChiericati, nel 1550; i lavori per la costruzione dell’edi-ficio ebbero inizio nel 1551 e proseguirono negli annisuccessivi, nonostante la morte di Girolamo Chiericatiavvenuta nel 1557. Suo figlio Valerio, tra il 1557 e il1558, provvide a far decorare gli ambienti dell’ala suddel palazzo, che venne così terminata; nel propriotestamento destinò, poi, un lascito di 400 ducati annuiaffinché la costruzione venisse proseguita. Nonostantequesto generoso lascito, però, i lavori furono interrottiper un lungo periodo; qualche intervento venne realiz-zato nel 1626, ma l’edificio venne completato in tutte lesue parti solo verso la fine del XVII secolo. Parallela-mente alla decadenza della famiglia Chiericati si assi-stette, nel ’700, al progressivo degrado del palazzo, chefu poi venduto attorno al 1838 al Comune di Vicenza.Nel 1853 ebbero inizio i restauri necessari a far sì chel’edificio potesse divenire la sede del Museo Civicocittadino. Tra il 1866 ed il 1867 fu realizzato unampliamento della fabbrica, allo scopo di ottenere piùsale da dedicare all’esposizione delle raccolte museali;questo purtroppo provocò un grosso squilibrio neirapporti architettonici voluti dal Palladio. Dal 1893fino ai giorni nostri si sono poi susseguiti numerosi

lavori di ristrutturazione e di restauro. Nel volume sonosuccessivamente ricordate le vicende che portaronoalla formazione delle raccolte artistiche del MuseoCivico di Vicenza, che si costituirono a partire dal1820, e i criteri in base ai quali si è giunti all’attualeallestimento espositivo, inaugurato nel marzo del 1994.La guida prosegue e si conclude con l’itinerario di visitanel quale si parla delle opere esposte nei vari ambienti,opere consistenti in dipinti, sculture, incisioni, stampe,numismatica, bronzetti, mobili.

Barbara Giaccaglia

Palazzo Ziani. Storia, architettura, decorazioni, a curadi Giandomenico Romanelli, Venezia, Albrizzi, 1994,4°, pp. 164, ill., L. 80.000.

Palazzo Ziani, situato a Venezia tra le chiese di SanSalvador e di San Zulian, è divenuto la sede dellaVeneziana Gas, che ha promosso i lavori di restauro edi ristrutturazione del prestigioso edificio ed ha raccol-to nel presente volume, composto da tre diversi saggi,i lodevoli risultati di uno studio approfondito riguar-dante il palazzo e le sue complesse vicende storiche.

Il primo saggio si deve a Irmgard Fees, che ci illustrala storia della famiglia Ziani e della parrocchia di SanZulian nel medioevo. Nell’agosto del 1164 EnricoMichiel cedeva a Sebastiano Ziani un terreno edificatocollocato nella parrocchia di San Zulian; tale terrenoedificato altro non era che l’attuale Palazzo Ziani. Imembri della famiglia Ziani, secondo le notizie ricava-te dalle fonti archivistiche, appertenevano presumi-bilmente al ceto medio, non ricoprirono cariche impor-tanti e non svolsero nulla di particolarmente rilevantefino all’XI secolo. Le cose cambiarono notevolmentecon la personalità di Sebastiano Ziani, nato, come sisuppone, nel 1102. Sebastiano aveva intrecciato rap-porti commerciali con Costantinopoli e con Alessan-dria d’Egitto ed era divenuto in breve un uomo moltoricco; nel 1150 il doge lo inviò come ambasciatore allacorte di Bisanzio e dopo alcuni anni divenne strettoconsigliere del doge Vitale Michiel. Nel 1171, a quasisettant’anni, venne eletto doge egli stesso e cercò dirisollevare le sorti di Venezia, allora in grave crisi conBisanzio. Il 12 aprile 1178 Sebastiano Ziani morì e isuoi due figli, Giacomo e Pietro, ottennero una vastis-sima eredità. Nel 1192 morì anche Giacomo e Pietrorimase erede dell’immenso patrimonio; nel 1205, quan-do era decisamente l’uomo più facoltoso e potente diVenezia, Pietro Ziani fu eletto doge. Durante il suodogado Venezia conobbe una fortissima ripresa econo-mica ed egli seppe guidare la città come un vero eproprio doge-monarca. Il suo figlio minore, Marco, sidedicò poco all’attività commerciale e condusse inveceuna brillante vita mondana. Morì nel 1253 e con luiscomparve l’ultimo esponente della famiglia Ziani.

È opera di Marta Tortorella il secondo saggio delvolume che, in base all’analisi di numerosi documentiarchivistici, descrive dettagliatamente i cambiamentiavvenuti in Palazzo Ziani nel corso dei secoli ed i suoisvariati passaggi di proprietà. Dopo gli Ziani ne entra-rono in possesso i Surian e successivamente gli Zorzi;il 30 gennaio 1743 una certa Fontana Zorzi sposòNicolò I Erizzo del ramo di San Martin e dalle fontirisulta che già nel 1748 alcune proprietà degli Zorzi, trale quali il palazzo di San Zulian, erano passate proprioagli Erizzo del ramo di San Martin. Di eredità in ereditàsi giunge fino al 1806, anno in cui alla morte dello zioil nipote Nicolò I Erizzo divenne proprietario del suoingente patrimonio ed anche di Palazzo Ziani.

Secondo Giandomenico Romanelli, autore del terzoed ultimo saggio dell’opera, presumibilmente proprioin tale data va collocato l’intervento di decorazione adaffresco del “casino” situato al secondo piano delpalazzo; l’erede commissionò, infatti, una decorazioneneoclassica dell’appartamento seguendo i dettami di ungusto e di una moda che si erano andati diffondendo giàa partire dagli ultimi decenni del ’700 e che nei primianni dell’800 raggiunsero l’apice del successo. L’arti-sta che eseguì tali affreschi fu verosimilmente PietroMoro, che aveva già lavorato per gli Erizzo in un

libro nonché Direttore di Palazzo Ducale – quello deigrandi Tribunali, cioè le due Magistrature del Consi-glio dei X e dell’Inquisizione. Si entra per primonell’Ufficio degli Avogadori di Comun, addetti alConsiglio dei X, il cui compito fondamentale era quellodi tutelare le leggi e controllare che venissero osservateed applicate. Più avanti si entra nella Sala dei Tre Capidel Consiglio dei X, riccamente decorata e dove sonoconservate due fondamentali opere di JheronimusBosch, il Trittico di Santa Liberata e il Trittico degliEremiti. La Magistratura dei Tre Capi, organo ristrettodel Consiglio dei X, si occupava di tutti i processi incorso e di tutti i carcerati, con il compito di ascoltarli edi decidere sull’andamento dei processi. Per questomotivo i Tre Capi vennero confusi e sovrapposti agliInquisitori, che invece avevano altri e ben più gravosicompiti. Essi infatti, ai quali era riservata la Sala degliInquisitori, dovevano occuparsi della repressione degliattentati contro lo Stato (tradimento, spionaggio ecc.).Strettamente collegati all’attività dei Tre Capi e degliInquisitori sono i cosiddetti “Piombi”, cioè le celledestinate a sistemare i prigionieri, suddivise in tregruppi distinti. Dai “piombi” si arriva poi alla Cameradel Tormento, dove i prigionieri venivano interrogati esottoposti a tortura, strumento che comunque fu usatomolto poco dagli Inquisitori, fino quasi a scompariregià a partire dal XVII secolo.

Un altro aspetto della vita di Palazzo Ducale è quelloche affiora dalle stanze delle Cucine, situate al pianoterra, di cui però si possono oggi ammirare solamentel’ampiezza e le robuste volte.

Il libro non è comunque solo una guida agli “ItinerariSegreti”, ma fornisce numerose notizie storiche e de-scrive alcuni avvenimenti salienti per la vita dellaSerenissima, quali le congiure ordite da BaiamonteTiepolo e successivamente da Marin Faliero. Inoltre leillustrazioni riproducono – oltre agli ambienti cosìcome li possiamo ammirare oggi – numerose stampe etestimonianze dell’epoca, che fanno rivivere ancorameglio l’atmosfera che si respirava in Palazzo Ducalenei secoli dello splendore di Venezia.

Anna Pietropolli

Veneto. Itinerari ebraici. I luoghi, la storia, l’arte, acura di Francesca Brandes, Venezia, Marsilio - Regio-ne del Veneto 1995, 8°, pp. 191, ill., L. 32.000.

Guida turistica e progetto di tutela e valorizzazioneambientale, questo volume intende offrire una detta-gliata ricostruzione e una visione d’insieme dell’inse-diamento ebraico nel Veneto attraverso i secoli. Se-guendo questo obiettivo, l’attenzione non viene limita-ta alle città maggiori, Venezia, Padova e Verona, dovepure ancor oggi risiedono le comunità più numerose,ma si allarga ai centri minori, tanto quelli nei quali lapresenza ebraica fu appena avvertibile, come Lendinarao Cittadella, quanto quelli dove essa ha lasciato segnipreziosi d’arte come Conegliano e Ceneda.

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appartamento alle Procuratie Vecchie a Venezia e inuna villa a Pontelongo presso Padova. Egli non fu certoun artista di grande rilievo nel ricco panorama delladecorazione neoclassica veneziana, ma svolse un co-spicuo numero di lavori in palazzi veneziani e in villedella terraferma; veneziano di nascita, fu attivo tra il1774 ed il 1819. Nel “casino” degli Erizzo egli decoròdiversi ambienti con scene mitologiche, figure di divi-nità, grottesche, segni dello zodiaco, e tali affreschisono giunti fino ai nostri giorni abbastanza integri.Bellissime foto a colori riguardanti tale decorazioneillustrano il volume, che si chiude con un’appendicedocumentaria a cura di Marta Tortorella e con labibliografia.

Barbara Giaccaglia

TERISIO PIGNATTI, Venezia. Guida ai dipinti nei luoghi diorigine. Museo diffuso: la pittura, Venezia, Canal &Stamperia, 1995, 8°, pp. 158, ill., L. 28.000.

ANTONIO SALVADORI, Venezia. Guida ai principali edi-fici. Storia dell’architettura e della forma urbana,Venezia, Canal & Stamperia, 1995, 8°, pp. 160, ill., L.24.000.

Entrambi i volumi fanno parte della collana “LeGuide Canal”. Il primo rientra nella serie sulla pittura,il secondo nella serie sull’architettura; tutti e due, però,parlano di Venezia, curando ognuno l’aspetto suddetto.

Il volume di Terisio Pignatti è una guida ai museicittadini, che raccolgono esempi stupefacenti dellagrande pittura veneziana dal ’300 al ’700, a cui siaggiungono le opere dei pittori moderni e contempora-nei. Segue una serie di itinerari riguardanti i sei sestieridi Venezia e le isole.

Il volume di Antonio Salvadori intende, invece,essere un aiuto per il visitatore interessato all’architet-tura della città e descrive da questo punto di vista tuttii principali e più noti monumenti di Venezia, tenendopresente anche l’aspetto urbanistico.

Barbara Giaccaglia

Basilica dei Santi Giovanni e Paolo. Arte e devozione,testi di Antonio Manno e Sandro Sponza, Venezia,Marsilio, 1995, 8°, pp. 71, ill., L. 10.000.

Chiesa di Santa Maria dei Carmini. Arte e devozione,testi di Lino Moretti e Simona Branca Savini, Venezia,Marsilio, 1995, 8°, pp. 47, ill., L. 8.000.

I due volumetti appartengono entrambi alla collana“Venezia. Dal museo alla città”, edita dalla MarsilioEditori; tale collana, realizzata a cura del Ministero peri Beni Culturali e Ambientali unitamente alla Soprin-tendenza ai Beni Artistici e Storici di Venezia e allaCuria Patriarcale di Venezia, è costituita da guidemonografiche dedicate alle chiese veneziane.

La prima delle due pubblicazioni qui prese in esameriguarda la Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, la

seconda la Chiesa di Santa Maria dei Carmini. Illustrateda fotografie in bianco e nero, entrambe le guide siaprono con la pianta dell’edificio religioso analizzatocorredata di un elenco delle opere d’arte che impre-ziosiscono l’edificio stesso. Seguono le notizie storichee l’accurata descrizione dell’esterno e dell’interno del-le due chiese. Il volumetto che ci parla della Basilica deiSanti Giovanni e Paolo si conclude con la storia dellenumerosissime opere ivi conservate, mentre quello checi illustra la Chiesa di Santa Maria dei Carmini terminacon uno studio dell’iconografia in essa presente.

Barbara Giaccaglia

GIUSEPPE GOTTARDO - ULDERICO GAMBA, Monasteri esantuari d’Italia. Un viaggio alla ricerca dei più beimonumenti sacri del nostro Paese sorti in epochediverse e nei luoghi più suggestivi, Roma, NewtonCompton, 1994, 8°, pp. 400, ill., L. 30.000.

“Itinerari turistici e pagine di storia” è quanto sipropongono di offrire al lettore gli autori con il lorosguardo gettato su una buona parte della rete di mona-steri e santuari presenti in Italia, un patrimonio cultura-le, storico e artistico di notevolissimo interesse e valoree molto spesso misconosciuto, se si escludono i grandie più famosi centri di culto. Il criterio guida nella sceltadei centri da presentare è stato quello di includere imonasteri che furono, o sono, sede di vita contemplativaed i santuari espressione di fede e devozione concreta,di cui molti sono luoghi di culto mariano.

Nella parte dedicata alla descrizione di questi luoghisi procede da Nord a Sud, dalla Lombardia alla Sarde-gna; ogni regione è preceduta da una breve sintesistorico-artistica e da una cartina con indicati i luoghiconsiderati, di ciascuno si delineano la storia, dallafondazione ai giorni nostri, l’attuale destinazione (al-cuni non ospitano più comunità religiose ma sonodivenuti proprietà dello Stato o private) e le particomunque visitabili, le opere di pregio conservate, perfinire con le indicazioni stradali per giungervi. Accom-pagnano il testo disegni e riproduzioni di incisioniantiche. Nelle pagine dedicate al Veneto trovano postoaccanto ai maggiori luoghi di culto anche altri menoconosciuti. I monasteri e le fondazioni di Venezia edelle isole della laguna, i grandi centri padovani delSanto e di S. Giustina, poi la zona settentrionale delVeneto e quella meridionale, in cui si trova il maggiornumero dei luoghi di culto, fra le province di Padova,Vicenza e Rovigo. Fra i santuari e monasteri venetipresentati: S. Giorgio Maggiore, S. Zaccaria, la Ma-donna dell’Orto, S. Clemente, S. Michele in Isola, S.Nicolò al Lido, S. Lazzaro degli Armeni, Torcello perVenezia, l’abbazia di S. Maria a Follina (TV), S. Pietrodi Felletto, S. Eustachio a Nervesa, S. Maria in Sylvispresso Portogruaro, la Madonna dei Miracoli a Motta(TV), il Santo e S. Giustina a Padova, S. Maria delleGrazie a Piove di Sacco, l’Abbazia di Candiana...

Lorenza Pamato

ARCHITETTURA - URBANISTICAPAESAGGIO

JOHN MCANDREW, L’architettura veneziana del primoRinascimento, a cura di Massimo Bulgarelli, Venezia,Marsilio, 1995, 8°, pp. XV-493, ill., L. 96.000.

La scelta di ristampare questo testo appare immedia-tamente opportuna alla luce dei risultati che presenta.Nonostante la sua prima edizione in lingua originale,risalente al 1980, avvenisse due anni dopo la mortedell’autore, senza che questi potesse curarne la revisio-ne, il volume costituisce una tappa fondamentale nellostudio dell’architettura veneziana del primo rina-scimento. La seconda edizione italiana – la precedentefu nel 1983 – è stata realizzata apportando modificherelative solo agli apparati complementari, con l’elimi-nazione delle appendici, l’aggiornamento delle ripro-duzioni rispetto alle opere restaurate nel frattempo el’utile bibliografia aggiornata agli anni trascorsi.

L’importanza dell’opera si comprende tenendo con-to dello stato degli studi al momento del suo concepi-mento, quando la scarsità di materiale fotografico sem-brava precluderli, mentre fu merito di McAndrew ri-volgersi al patrimonio di opere esistenti, sottoponendo-le alla sua diretta osservazione. Proprio da questo inizioprese forma, almeno in parte, la sua impostazione, cheprivilegia il momento descrittivo, fino a farlo assurgerea base metodologica. D’altronde la descrizione risultacostantemente avvertita del rischio di una pericolosaridondanza delle parole rispetto alle immagini.

La constatazione dell’esigua redazione in linguainglese di testi articolati sull’architettura veneziana deltardo Quattrocento, ad opera dei primi costruttorilombardi che vi introdussero le innovazioni toscane,portò l’autore ad un’indagine minuziosa, consapevoledella continuità strutturale, sia nell’edilizia religiosache civile, propria delle fabbriche della città lagunaredal XV al XVIII secolo. Le novità, come recentemente hasostenuto Wladimiro Dorigo, riguardarono esclusiva-mente le scelte stilistiche. Ad esse si rivolge lo studiosoche riconosce all’architettura veneziana la capacità diassimilare il nuovo traducendolo in lingua specifica. Ilsaggio di McAndrew coglie, a partire dalla loro genesi,gli aspetti peculiari della prima sintesi fra tradizioneveneziana e contributi foresti, facendo precipitare nellasapiente descrizione di ogni singolo edificio, nel suomodo di proporsi allo sguardo dell’osservatore, lacomplessa dialettica che ne fu all’origine.

Guido Galesso Nadir

HENRY A. MILLON, Filippo Juvarra e Palladio, Pro-lusione al XXXVII Corso sull’architettura di AndreaPalladio (Vicenza, Teatro Olimpico, 4 settembre 1995),Vicenza, Centro Internazionale di Studi di ArchitetturaAndrea Palladio, 1995, 16°, pp. 66, ill., s.i.p.

Il volumetto raccoglie la prolusione presentata daH.A. Millon il 4 settembre 1995 e comunica gli esitidegli studi condotti dall’autore sull’attività dell’archi-tetto messinese nel decennio trascorso a Roma all’ini-zio del Settecento, prima come allievo e successiva-mente come insegnante, presso l’Accademia di SanLuca. La ricognizione esamina il materiale costituitodalla significativa mole di disegni prodotti dagli archi-tetti attivi nella capitale dello Stato Pontificio e daFilippo Juvarra negli anni che precedettero la feliceesperienza di quest’ultimo come interprete delle ambi-zioni sabaude. Da essa emergono le particolarità dellescelte dell’architetto, colto nelle sue meditazioni sugliautori del passato – in particolare nei confronti diAndrea Palladio – nel periodo del compimento del suopercorso formativo. L’indagine di Millon pone in lucecome le riflessioni di Juvarra fossero condotte su pub-blicazioni e disegni, originali e coevi, ma anche attra-verso la diretta conoscenza dell’assimilazione dell’operadel maestro veneto, disponibile nelle realizzazioni ro-mane del XVII secolo, soprattutto di Bernini.

Guido Galesso Nadir

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Molino Stucky. Ricerche storiche e ipotesi di restauro,a cura di Francesco Amendolagine, Venezia, Il Cardo,1995, 4°, pp. XIII-117, ill., L. 90.000.

L’imponente manufatto che si affaccia al terminedel Canale della Giudecca, inquietante per la sua alteritàrispetto all’orizzonte veneziano, versava fino a pocotempo fa in uno stato di completo degrado a causa delsuo totale abbandono; da tempo era oggetto d’attenzio-ne, ma solo ora si sta procedendo al suo reintegrofunzionale nella città. Questo volume offre la possibi-lità di esaminare quanto è emerso dalle indagini chehanno preceduto l’intervento attualmente in corso e glistessi piani che lo informano. Il recupero di MolinoStucky è voluto dalla proprietà, Acqua Pia AnticaAcqua Marcia, ed ha coinvolto l’Istituto universitariodella Facoltà di Architettura di Hannover e i pubbliciamministratori di Venezia, consentendo l’allestimentodella mostra dedicata alla Scuola architettonica dellacittà tedesca.

Il testo si articola in due parti, la prima dedicata allericerche storiche, la seconda alla presentazione delprogetto di restauro. Gli attuali studi hanno preso lemosse da uno stadio ampiamente lacunoso e quindirispondono alla necessità di una ricognizione estesaall’osservazione del sito – l’isola della Giudecca –rivolta ai preesistenti insediamenti lì installati, alla lorodestinazione funzionale, e alla storia della macinazionea Venezia. Silvano Onda, che ha curato il primo capi-tolo, estende il suo interesse alla presentazione delquadro dell’attività industriale veneziana nell’Otto-cento per poi innestare in essa e descrivere le vicendeche portarono all’iniziativa degli Stucky, imprenditoridi origine svizzera già presenti precedentementenell’entroterra. I successivi capitoli, redatti a più mani,affrontano ampiamente la storia dell’architettura dellaScuola di Hannover, dalla quale proviene ErnstWullekopf, che nel 1894 intraprese la progettazione delmolino veneziano. La sua attività si svolse al margineultimo della storia dell’esperienza neogotica tedescainiziata con Conrad Wilhelm Hase e affermatasi nelsecondo Ottocento oltre che ad Hannover, segnandoneprofondamente il volto, nei paesi scandinavi, in Svizze-ra, in Austria e negli Stati Uniti. Le ambizioni deicommittenti e le relative risposte progettuali diWullekopf vengono esaminate ponendo in evidenza iltentativo di sintesi fra le esigenze propriamentefunzionali e rappresentative richieste dagli Stucky,sintesi che dovette affrontare notevoli difficoltà adessere accettata dalle autorità locali. Conclude la primaparte del volume la presentazione dell’interessantemateriale emerso dagli archivi della società Acqua PiaAntica Acqua Marcia, costituito da disegni e progettiattinenti l’attività degli Stucky.

La presentazione dei progetti di restauro, da parte diFrancesco Amendolagine e Giuseppe Boccanegra, di-chiara le premesse metodologiche dell’intervento, cheassume i vincoli posti dal riconoscimento del caratteredi monumento storico del complesso industriale dellaGiudecca da parte della Soprintendenza di Venezia nel1988. Il restauro conservativo intende risolvere alcontempo i problemi di compatibilità con un pienoreimpiego dell’insediamento e del suo organico

reinserimento nell’ambito della vita della città. Il pro-getto deve quindi rispondere all’ardua esigenza diintegrare le nuove destinazioni d’uso – abitazioni,albergo, centro commerciale, centro congressi – con ilripristino integrale delle strutture, dei materiali, delleforme complessive della costruzione.

Guido Galesso Nadir

MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI - UFFICIO

CENTRALE PER I BENI AMBIENTALI ARCHITETTONICI

ARCHEOLOGICI ARTISTICI E STORICI - SOPRINTENDENZA PER IBENI AMBIENTALI E ARCHITETTONICI DEL VENETO ORIENTA-LE, I giardini della Riviera del Brenta. Studi e cataloga-zione delle architetture vegetali, a cura di GiuseppeRallo, Venezia, Marsilio, 1995, pp. 231, ill., L. 75.000.

Il volume si segnala per la ricchezza dei contributi eper il prezioso apparato iconografico, bibliografico edocumentario. Il giardino sul naviglio, “indispensabilecorredo della villa, scena ideale per la villeggiaturagoldoniana, sede delle evasioni oziose dalla città econtemporaneamente luogo legato all’agricoltura e allaproduzione [...] è ancor oggi una parte sostanziale delpaesaggio fluviale tra Venezia e Padova”. GuglielmoMonti osserva, in apertura, che il sito storico oggi“compresso tra la disordinata periferia padovana el’arrogante industria di Porto Marghera [...] rischia diperdere gradualmente la propria identità. Eppure, an-che così isolato in un territorio che la emargina, laRiviera presenta una ricca gamma di stratificazioniculturali che attendono solo di essere valorizzate”.L’uso conservativo del territorio, tuttavia, presupponescelte lungimiranti e coordinate che portano, ad esem-pio, a modellare il flusso di visitatori, a incentivare laconoscenza della storia dei luoghi, a moltiplicare ipercorsi per evitare la concentrazione, a garantire lapermanenza degli abitanti contro i fenomeni dimusealizzazione spinta ecc. La rete di interventi fina-lizzati alla conservazione e alla tutela tocca interessiconsolidati e frustra attese di arricchimento. È perciònecessario divulgare i vantaggi derivanti dalla conser-vazione e valorizzazione e, insieme, adoperare i vincoliche permettono all’istituzione pubblica di dialogarepositivamente con l’iniziativa privata e, in caso dicontrasti, di far valere le esigenze della collettività,nella consapevolezza che l’eredità culturale è sì unarisorsa pianificabile e una straordinaria ricchezza, mache non è rinnovabile alla pari delle futili merci.

Vincenzo Fontana si sofferma sulle forme peculiaridei giardini del Brenta e ricostruisce, sulla base dellefonti, l’immagine delle ville con l’originale sistemazio-ne delle architetture vegetali. Giuseppe Rallo ed Elisa-betta Salvi riflettono sulla rete di relazioni che struttu-rano e qualificano il paesaggio fluviale e osservanocome nell’architettura delle ville il rapporto primario èsottolineato in molti casi dall’asse compositivo delcomplesso, perpendicolare al corso d’acqua. Moltielementi contribuiscono alla definizione formale: l’or-

ganizzazione interna degli spazi, gli aspetti produttivi eornamentali, gli arredi, la presenza dell’acqua, lerecinzioni ecc. Paolo Semenzato prende in esame Lacomponente vegetazionale, analizzandone la composi-zione botanica, l’assetto compositivo, i particolari pro-blemi di gestione e di salvaguardia.

La seconda parte del volume è dedicata al giardinodi Villa Pisani a Stra. Giuseppe Rallo e Patrizio Giulinine ripercorrono le vicende dalle origini alla configura-zione attuale, negli aspetti architettonici e botanici; diquesti ultimi esiste una straordinaria documentazionerelativa al periodo compreso tra il 1818 e il 1908,costituita da ben tre inventari che elencano con preci-sione le presenze vegetali del parco. Nella parte conclu-siva, dedicata ai metodi e strumenti di catalogazione,Anna Fornessa e Raffaella Vendramin passano in ras-segna i caratteri esemplari dei giardini più importanti ecompletano la documentazione con un Catalogo deigiardini del Brenta.

Lina Ossi

La politica della casa all’inizio del XX secolo, Attidella prima Giornata di studio “Luigi Luzzatti” per lastoria dell’Italia contemporanea (Venezia, 3 dicembre1993), a cura di Donatella Calabi, Venezia, IstitutoVeneto di scienze lettere ed arti, 1995, 8°, pp. 295, ill.,L. 50.000.

Il volume, che raccoglie gli atti della prima giornatadi studio dedicata all’illustre statista veneziano LuigiLuzzatti su iniziativa dell’Istituto Veneto di scienzelettere ed arti, riporta numerosi documenti inediti fa-centi parte dell’archivio e della biblioteca luzzattiana,che vengono analizzati e proposti al lettore a testimo-nianza della sensibilità e dell’impegno politico cheebbe il parlamentare veneziano nel settore della casa edel credito edilizio.

L’interesse della politica della casa ai primi del ’900da parte del Luzzatti si esplica – come scrive la curatriceDonatella Calabi – “in un lungo lavoro di studio edocumentazione che ha inizio il 22 settembre 1901 neldiscorso di Lodi ed in un primo disegno di legge chesarà alla base dei successivi provvedimenti del 1903 edel 1904 fino al Testo Unico che li comprende”. Ilvolume esaustivamente ripercorre, analizzando la per-sonalità del ministro e il suo metodo, gli aspetti legisla-tivi, i contatti , le collaborazioni, le esperienze con i varipaesi europei e gli incontri che lo stesso ebbe con alcunitra i più illustri esponenti del movimento per la politicadelle abitazioni, in un periodo in cui è fortementeavvertita la realtà del problema abitativo per i cittadinia basso reddito.

Il contributo di Susanna Magri richiama i lineamen-ti della prima legislazione francese relativa alla casapopolare, nata tra la fine del secolo scorso e il 1914, incui si tendeva sia a promuovere la proprietà dell’allog-gio abitativo sia ad “incentivare la costruzione di casein affitto destinate alle famiglie meno abbienti confe-rendo, alle autorità locali, la possibilità di costruiredirettamente ed attraverso un nuovo ente autonomo:l’Office public des habitations à bon marché”.

Bruno De Meulder evoca la legge relativa alle abi-tazioni “ouvrières” del 9 agosto 1889 emanata in Bel-gio a favore di prezzi a buon mercato e basata, comealtri provvedimenti legislativi europei, su interventipubblici. Sia dall’esempio belga che dalla legge inglesedel 1890 sarà ispirata la stessa legge Luzzatti la quale– scrive Heleni Porfyriou – “promuoverà la costruzionedi case popolari come investimento modesto, ma sicu-ro, affidato alle cooperative edilizie, riprendendo quin-di le esperienze degli altri paesi europei”. L’autricepassa in rassegna l’influenza che ebbe il movimentocooperativo inglese sul pensiero luzzattiano, propo-nendo un’excursus sulla politica della casa in Inghilter-ra dal 1840 al 1914.

Gerhard Kuck relaziona il sistema della casa nelReich tedesco, tra il 1870 e il 1918, rievocando leimmagini dei casermoni di Berlino, i Mietskasermen,che costituivano una risposta alla crisi degli alloggi inquel periodo. Attraverso l’analisi delle iniziative e delle

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alternative di edilizia popolare, avviatisi dopo il 1880,l’autore illustra l’attività edilizia e gli interventi legisla-tivi del Reich e dei singoli stati tedeschi.

La proposta di legge che presentò Luigi Luzzatti allaCamera, il 14 maggio del 1902, con la quale si intende-va “favorire la costruzione e l’assegnazione di abitazio-ni a coloro che ne erano sprovvisti facendo leva sullecooperative”, viene esaminata da Giovanni Zalin, chesottolinea l’importanza della campagna informativache il ministro iniziò alla fine dell’800 a favore dellacooperazione e la cui validità di idee ebbe esito positivonella legge organica sulle case popolari varata il 31maggio del 1903. L’intervento di Vincenzo Fontanapropone un excursus tipologico di alcuni dei principaliinsediamenti di case popolari nelle città di Torino,Milano e Roma. All’indomani della Legge Luzzatti del1903 e qualche anno più tardi i provvedimenti sullecase popolari – afferma Zucconi – “appaiono l’occasio-ne per mettere in essere alcuni ipotesi di riordinosociale ed economico... elaborate da tempo”. Il proble-ma delle abitazioni a basso costo “non rappresenta –continua l’autore – che un tassello di una più ampiaprospettiva riformatrice”, e deve essere affrontatounitamente al problema dell’espansione urbana.

A conclusione del volume si segnala la preziosaguida-inventario di una sezione dell’archivio Luzzatti,curata da Elena Svalduz.

Sonia Celeghin

La laguna di Venezia, a cura di Giovanni Caniato,Eugenio Turri e Michele Zanetti, introd. di AngeloMarzollo, Verona, Cierre - Unesco, 1995, 4°, pp. 527,ill., L. 149.000.

Volume ponderoso, edizione elegante per un argo-mento storico-attuale molto corposo il cui ingressonella storia, rileva Wladimiro Dorigo, è dovuto a TitoLivio nel I secolo a.C.: la laguna di Venezia. Unecosistema che si è retto nei secoli, fino ad assumere laconfigurazione di oggi, conciliando l’agire della naturacon l’intervento umano. L’interazione di questi dueelementi, antropico e naturale, rende il tema complessoe suggestivo perché richiede di focalizzare l’attenzionesu una molteplicità di aspetti: l’azione dei fiumi e delmare, la flora e fauna lagunare e le sue variazioni neltempo, la laguna come fonte di vita per l’uomo perchévi trova le risorse alimentari e perché rappresenta unadifesa naturale, quindi l’etnografia quale rappresenta-zione del pulsare interiore dei singoli individui chetrapela attraverso leggende e storie orali. Da qui lanecessità di affrontare il tema “laguna di Venezia” dapunti di vista diversi, suddividendolo in varie sezioniriguardanti l’ecosistema lagunare, l’origine, l’evolu-zione e l’archeologia della laguna, l’ambiente lagunaree l’economia, le esigenze di difesa militare, per finirecon l’immagine che i viaggiatori stranieri si sono fattidel paesaggio lagunare. Una tale impostazione nonpoteva avere che il contributo di più specialisti: igeografi Pierre George, Denis Cosgrove e FrancescoVallerani; il fisico Silvia Cavazzoni, i biologi GiovanniCaniglia e Luca Mizzan, gli storici Ennio Concina, ilgià citato Wladimiro Dorigo e Salvatore Ciriacono, ildialettologo Manlio Cortelazzo, e poi Marilla Battilana,Ernesto Canal, Alessandro Calzavara e Gabriele Zanettofino al premio nobel per la letteratura Joseph Brodskijche ha curato la presentazione.

Il testo e il vasto apparato iconografico sono arric-chiti da numerose schede riguardanti località lagunari(Chioggia, Burano, Murano ecc.) e aspetti di costume(il lutto e le feste sull’acqua, le regate ecc.). Un volumeche parla della laguna e che ha costantemente presenteVenezia e la sua salvaguardia, che mette in evidenzaquanto dialettico sia il rapporto uomo-natura così comelo aveva intuito ed espresso Cristoforo Sabbadino in unsuo sonetto riportato da Caniato: “Venetia / li fiumi, e’l mar e gl’huomen tu hai per inimici / e ’l provi, e nonlo credi / Non tardar, apri gli occhi e muovi i piedi / chevolendol poi far, tu non potrai / Scaccia i fiumi da te /le voglie ingorde degl’huomeni raffrena”.

Cinzio Gibin

GIOVANNI BATTISTA STEFINLONGO, La Laguna restaura-ta. Materiali per il Restauro Urbano, a cura di AndreaVenturini e Maria Cristina Vecchi, Venezia, IlCampiello, 1995, 4°, pp. 212, ill., L. 21.400.

Il participio contenuto nel titolo riassume efficace-mente l’intenzione provocatoria compresa nella rac-colta che questo volume presenta. Lungi dall’essererestaurata, la Laguna di Venezia versa in uno stato diabbandono rispetto al quale, come giustamente notatodal promotore dell’iniziativa qui presentata, le ricor-renti denunce dei giornali locali nelle pagine ferra-gostane appaiono irrisorie. Di fronte alle sterililamentazioni, il presente lavoro, prodotto nell’ambitodegli insegnamenti presso la Facoltà di Architetturadell’Università di Venezia, intende esemplificare al-l’opinione pubblica e agli amministratori della città ciòche potrebbe essere effettivamente fatto, indipendente-mente dalla validità di ogni singolo progetto qui edito.

Il volume raccoglie le schede della ricerca e dellaelaborazione sistematica prodotte nel corso delle eser-citazioni – svolte per il Corso di Restauro Urbano neglianni accademici 1990/91 e 1991/92 – sul tema delrestauro, del recupero e del riuso dell’ambiente e delpaesaggio della Laguna. L’iniziativa aveva trovato unaprima esposizione pubblica nella mostra e nelle confe-renze svolte nell’inverno 1994/95 presso la Sala S.Leonardo della stessa città, posta al centro del territorioesaminato; vuole essere il prodotto dei due momentiche, come sostenuto dal professor Stefinlongo, costitui-scono la ragione dell’attività accademica: la ricerca e ladidattica. Il docente, al cospetto della condizione didegrado complessivo di un paesaggio così vario – sottol’aspetto urbanistico, architettonico e naturalistico –che trova la propria origine nella caduta degli equilibrigenerati dalla Repubblica Serenissima, nell’ambitodella quale erano radicate le ragioni della sua esistenza,si dice consapevole dell’ambizione implicita in ogniprogetto rigenerativo del territorio, del suo carattereutopico. Tuttavia, o forse anche per questo, ha saputosollecitare gli entusiasmi degli studenti partecipi del-l’iniziativa “in forme che attraverso il processo cono-scenza-progetto garantiscono il permanere della me-moria e delle cose in uno con le ineluttabili innovazioni,nella continuità del mutamento, ovvero: nell’unicaforma possibile di conservazione”. D’altronde questoatteggiamento nei confronti della questione del restau-ro architettonico si fonda sulla convinzione della speci-ficità di una disciplina che deve confrontarsi conl’utilitas.

I progetti presentati sono informati ad una me-todologia che esclude la via di un restauro conservativoelusivo dell’esigenza del riuso; si confrontano con lanecessità di inventare una nuova funzione per luoghidestinati altrimenti a scomparire, almeno nella loroidentità sedimentata nella storia e già profondamentesegnata proprio dalla pretesa di una conservazioneassoluta, in assenza di reali nuove prospettive. Alfunesto pericolo rappresentato dall’atrofia funzionale iprogetti sembrano rispondere con proposte che ribadi-scono la vocazione della Laguna come luogo di unacittà diffusa.

Guido Galesso Nadir

Piazza Ferretto. Progetto esecutivo di riqualificazionee arredo urbano di Guido Zordan, a cura di PaoloCeccon e Pisana Posocco, Venezia, Marsilio, 1995, 4°,pp. 63, ill., L. 25.000.

Il volume risponde alla sentita esigenza di renderepubblico il progetto esecutivo di un intervento di arredourbano, mirato a riqualificare il centro depauperato diuna città come Mestre, che vive il controverso connubiocon l’imponente realtà di Venezia. Il secolare e irrisoltoproblema di ridefinire le funzioni e le forme dellapiazza per eccellenza del vitale centro veneto risultaesposto nella sua complessità. Vengono conseguente-mente illustrate le varie possibilità e i limiti dellesoluzioni perseguibili, dalle quali sono scaturite lescelte operative. Dalla constatazione dell’impossibilitàdi un restauro conservativo, che ripristinasse la funzio-ne di snodo stradale, come di una soluzione assoluta-mente nuova ed estranea alla storia della città, discendela scelta “del recupero dei valori, dei significati e deisapori storici con una progettazione libera e con l’usodi materiali nuovi”.

Guido Galesso Nadir

Formazione professionale per il restauro. Cinque annidi interventi tra Chioggia e Venezia (1991-1995), dire-zione di Renzo Ravagnan, coordinamento scientificodi Vasco Fassina, cura editoriale di Marina Daga,Venezia, Centro Formazione Maestranze Edili e Affinidi Venezia e Provincia, 1995, 4°, pp. 135, ill., s.i.p.

Questo volume, come già preannuncia il titolo,illustra gli interventi di restauro effettuati dagli allievidei primi due corsi biennali per la formazione di Ope-ratori del restauro, svoltisi tra il 1991 e il 1995, organiz-zati dal Centro per la Formazione Maestranze Edili eAffini di Venezia e provincia, sotto la direzione diRenzo Ravagnan. Lo scopo di questi corsi, come sotto-lineano nella Presentazione il Presidente del CentroAlberto Franchini e il Vicepresidente Paolo Pozzobon,è quello di preparare con le giuste competenze teorico-pratiche giovani intenzionati ad operare per la conser-vazione del patrimonio artistico, con particolare riferi-mento al restauro di pietra, dipinti murali, stucchi.

Uno dei momenti più importanti dei corsi sono statii cantieri-scuola, dove gli allievi si sono impegnati nelrecupero di manufatti di notevole pregio storico-artisti-co, seguiti direttamente dalle due Soprintendenze aiBeni Ambientali e Architettonici e Artistici e Storici diVenezia. Il libro infatti ripercorre in ordine cronologicogli interventi effettuati: per il primo Corso (1991-93)nella città di Chioggia (ad esempio, restauro delle lapidinella cattedrale o degli altari della chiesa di San Giaco-mo), per il secondo (1993-95) a Venezia (restauro dellecappelle absidali minori della chiesa di Ognissanti edegli altari della chiesa delle Eremite). Ogni restauroviene preceduto da una breve nota storica introduttiva,seguita dalla relazione dettagliata sui lavori che sonostati necessari per il recupero dell’opera – tecniche emateriali impiegati, indagini scientifiche compiute –

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con numerose fotografie e vari grafici e rilievi, cheillustrano le successive fasi degli interventi.

La ricchezza e il valore dei risultati ottenuti daigiovani impegnati in questi Corsi – con l’aiuto con-giunto dei docenti, dei tecnici e degli Enti pubblici eprivati – sono sicuramente di alto livello tecnico-scien-tifico e fanno ben sperare per i prossimi anni, soprattut-to se si pensa all’ampliamento dei corsi in programmaal Centro Formazione Maestranze Edili e Affini diVenezia e Provincia.

Anna Pietropolli

PAOLO MERLINI, Luogo e trasformazione. Esperienzadidattica e concorsuale, a cura di Giuliano Ferrarese eFilippo Maragotto, Venezia, Il Campiello, 1995, 4°, pp.134, ill., L. 14.500.

Il testo scaturisce dalla volontà di esporre alcunitentativi di intervento architettonico in contesti urbani.Alcuni, costituiti da tesi di laurea, si confrontano conluoghi molto problematici della città di Padova – inparticolare le aree degli Eremitani, di Porta Molino edel Bassanello –, gli altri propongono specifici progettiper concorsi relativi a Torreglia, Maserà, Rovigo eBerlino. Le proposte sono accomunate dalla esplicitaricerca, dichiarata da Paolo Merlini nei capitoliintroduttivi, di fondare la progettazione nell’accuratorilievo dei caratteri propri dei siti, dai quali devonoemergere le organiche risposte progettuali. All’interes-se per l’argomento del volume non fa sufficiente ri-scontro il controllo redazionale dei testi.

Guido Galesso Nadir

Il Castello di Fratta. Studi, immagini, documenti, acura di Andrea Battiston e Vincenzo Gobbo, pref. diStanislao Nievo, Latisana (UD), Edizioni La Bassa -Fossalta di Portogruaro (VE), Biblioteca Comunale,1995, 4°, pp. 248, ill., s.i.p.

Il volume, che fa parte della collana “La bassa”, èopera principalmente di Andrea Battiston, VincenzoGobbo e Paolo De Rocco; altri saggi si devono a PierCarlo Begotti, Francesco Dainese, Maurizio Gobbato,Marco Pasian, Giorgio Bivi. Scopo del volume è quellodi ricostruire la storia dell’ormai scomparso castello diFratta, esaminandone l’antica struttura e dando rilievoall’indagine archeologica recentemente compiuta.

Nel comune di Fossalta di Portogruaro sono visibilioggi un casale e un campo circondato da alberi ecespugli, siti in quella che un tempo era l’area su cuisorgeva il castello. Le notizie storiche riguardanti ilcastello partono dal 1244 fino ad arrivare al 1587.Inizialmente il manufatto ebbe una funzione difensivae militare; in seguito, con disfacimento del poterefeudale di cui era simbolo, divenne una residenzasignorile, simile alle ville padronali così diffuse nellecampagne venete. La totale distruzione della costruzio-ne avvenne solo alla fine del XVIII secolo.

Tre diversi saggi ci parlano della struttura fortificatadel castello. Il primo analizza le fonti storiche (docu-menti e testimonianze) riguardanti il castello di Fratta,dalle quali è possibile trarre indizi sulla sua anticaconformazione. Il secondo, corredato di illustrazioni acolori e in bianco e nero, è uno studio accurato dellefonti iconografiche (disegni, mappe e quadri) cheevidenzia le trasformazioni subite nel tempo dallacostruzione, fino alla graduale scomparsa delle struttu-re murarie. Il terzo è costituito dall’elaborazione grafi-ca computerizzata del castello di Fratta.

L’opera esamina successivamente i risultati preli-minari delle ricerche archeologiche compiute nel sitodel castello, che si presenta attualmente come un’areadi circa 10.000 mq dalla pianta pressoché rettangolare:seguono il catalogo di alcuni frammenti di vasellameritrovati mediante una ricerca di superficie e gli esitidelle prospezioni geomagnetiche eseguite e dei saggistratigrafici. Un catalogo dettagliato descrive poi, pez-zo per pezzo, i frammenti di ceramiche e di vetri

recuperati durante gli scavi archeologici e l’arch. PaoloDe Rocco propone un progetto di ricomposizionepaesistica del sito del castello.

Concludono il volume una genealogia delle famiglieFratta, Squarra e Valvason, che si sono succedute nelfeudo di Fratta e la trascrizione del testo di un documen-to molto importante riguardante Fratta.

Barbara Giaccaglia

Vicenza tra architettura e paesaggio, fotografie diTommaso Cevese, testi di Alessandra Pranovi, Bassanodel Grappa (VI), Ghedina & Tassotti, 1994, 4°, pp. 104,ill., L. 90.000 (edizione italiana-inglese).

Il volume propone, sostanzialmente, una raccolta diimmagini fotografiche a colori di Vicenza e dei suoidintorni, accompagandole con un breve testo sullevicende storiche della città. Giuseppe Faggin firma unapresentazione in forma epistolare. L’ obiettivo fotogra-fico documenta le architetture urbane con un particola-re interesse per gli effetti di luce e per gli aspettiscenografici che mutano con l’ora del giorno, le condi-zioni climatiche, il variare delle stagioni. Scrive Ales-sandra Pranovi: “Chi non conosce Vicenza, e anche chila conosce troppo da vicino, sarà condotto dalle imma-gini [...] attraverso un percorso artistico e storico tra lecontrade, gli antichi palazzi, le chiese, i parchi e imorbidi pendii dei Colli Berici [...]. È vero quantosostengono alcuni studiosi che Vicenza è tra le piùimportanti città italiane come continuità e qualità disegno architettonico, subito dopo Roma, Firenze, Ve-nezia e Napoli. Poche altre città possono vantare unosviluppo di tale livello per almeno cinquecento anni;questo costante e rigoglioso fiorire di architetture, edunque di sguardi, dal Quattrocento all’Ottocento, fa diVicenza un vero e proprio museo a cielo aperto”.

Testo e didascalie sono accompagnati dalla tradu-zione in lingua inglese, a conferma della destinazioneprevalente ad un pubblico di turisti.

Lina Ossi

MUSICA - TEATRO

VITTORIO BOLCATO, Leone Leoni e la musica a Vicenzanei secoli XVI-XVII. Catalogo tematico, Venezia, Fon-dazione Levi, 1995, 8°, pp. LXXX-306, s.i.p.

Un vento favorevole accompagna l’esordiente car-riera del giovane chierico Leone Leoni (ca. 1560-1627), approdato a Vicenza dalla vicina Verona forseprima dei vent’anni, ma già considerato musicista digrande talento da qualche personaggio assai influentein entrambe le città venete, con tutta probabilità il notomecenate Mario Bevilacqua; infatti è proprio al com-

positore veronese che nel 1586 viene affidata la realiz-zazione delle musiche per i cori della tragedia Tamar diGiovan Battista di Velo, rappresentata a Vicenza nel-l’ambito delle iniziative dell’Accademia Nova. Il mon-do delle accademie appare dunque determinante ai finidi una prima amplificazione della fama del Leoni inquella che diverrà la sua città d’adozione. Non a caso V.Bolcato inizia il suo studio introduttivo con un’illustra-zione dell’attività musicale delle istituzioni culturalilaiche sorte tra il 1556 e gli inizi del XVII secolo,proseguendo poi con l’attività della cattedrale, sino asoffermarsi, alla fine, sul protagonista del volume.

Le istituzioni sono dunque rappresentate dall’Acca-demia dei Costanti, dalla Nova, da quella degli Inviatie dall’Olimpica, che fu la meno esclusiva tanto da unpunto di vista sociale quanto, soprattutto, culturale:l’unica, dunque, a manifestare già da allora una nettapredisposizione alla longevità. Anche il capitolo dellacattedrale, tuttavia, derogando da qualsiasi normacanonica, nel 1588 s’adopera per far ottenere al Leonila direzione della cappella musicale; sarà però attraver-so la Pia Opera dell’Incoronata, istituita nel 1610, alterego della cappella del duomo presso il quale adempivaai suoi obblighi statutari, che Leoni potrà offrire perso-nali saggi del nuovo stile compositivo noto come “se-conda pratica”. Nel frattempo egli continuava la colla-borazione con l’Accademia Olimpica, che nel 1599 gliaveva conferito, con voto unanime, la nomina di acca-demico ordinario. L’apprezzamento universale dellasua arte, peraltro, non riesce a supplire l’inadeguatezzadei compensi assegnati al veronese, il quale manifestaapertamente il proprio disagio nelle dediche premessead alcune raccolte di madrigali e mottetti pubblicate trail 1595 e il 1612; tra le righe traspare una palesedisponibilità ad accettare un incarico più consono alleproprie aspettative presso alcune tra le più note cortieuropee: Ferrara, Mantova, Salisburgo e Trento. Riu-scirà invece ad ottenere solo una maggior notorietà,come attesta anche la diffusione di esemplari delle suemusiche in tutta l’Europa nordorientale. All’indisso-lubilità del suo legame con Vicenza Leoni cede infinecon rassegnazione, trascinato da un altro rapporto esclu-sivo, quello con la “Musica”, che allontana dalla suamente amarezze e rancori per far posto ai “dolcissimiaccenti” ispiratigli dalla dedicataria della sua ultimaraccolta di mottetti (cfr. la dedica al quarto libro deiSacri fiori, 1622).

La ricerca di Bolcato non pretende di esaurire l’argo-mento sul Leoni e l’ambiente musicale vicentino nelCinquecento e nel Seicento, tuttavia documenta inmodo inequivocabile il ruolo assunto dal compositore,anche a livello europeo, quale esponente della nuovatendenza musicale che sottolinea le valenze drammati-che della parola e del suono, tanto vocale quantostrumentale. Noto agli stampatori di musica e agliautori teorici almeno sino alla fine del Settecento, fusuccessivamente dimenticato, per essere infine ri-scoperto dalla storiografia musicale degli ultimi decen-ni: offrire il catalogo delle sue opere significa ridarevita non solo ad un personaggio che ha una definitacollocazione storico-musicologica, bensì fornire dellemotivazioni atte a suscitare l’interesse di esecutori ededitori musicali.

Anna Vildera

JOLANDA DALLA VECCHIA, L’organizzazione della cap-pella musicale antoniana di Padova nel Settecento,Padova, Centro Studi Antoniani, 1995, 8°, pp. 186, ill.,L. 30.000.

Già pubblicato nella rivista “Il Santo” (XXXV, 1995,pp. 5-181), il saggio che J. Dalla Vecchia ha tratto dallasua dissertazione di laurea si è guadagnato anche unacollocazione indipendente, inaugurando un filone diricerca che mira allo studio sistematico delle fontidocumentarie conservate presso l’Archivio Antico del-la Veneranda Arca del Santo. Tutti i dati raccolti, che inquesta sede sono sintetizzati in tavole cronologiche(pp. 77-180), erano stati precedentemente archiviatimediante tecniche informatiche: di tale archivio il

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Centro Studi Antoniani e l’Università di Padova con-servano una copia. L’a., pur avendo consultato anche itomi dei Giornali di cassa, i Mandati di pagamento, leSuppliche ai presidenti dell’Arca e le Polizze dei pre-ventivi di spesa, da cui trae un certo numero di informa-zioni supplementari, procede in realtà con lo spogliosistematico dei soli registri delle Entrate e delle Spese,dove le voci relative ai musicisti ed alla musica possonoessere individuate con minore difficoltà; l’omissione inquesti volumi del numero di mandato ha reso tuttavianecessaria una successiva metodica indagine sui Libridel cassiere. L’addentrarsi in modo così analitico neiregistri relativi alla prassi gestionale della VenerandaArca ci fornisce notizie fondamentali sulla qualità esulla durata del servizio dei singoli musicisti: la DallaVecchia si propone principalmente, attingendo ad un’ag-giornata bibliografia, di descrivere la cappella antoniananei suoi aspetti amministrativi, normativi e disciplina-ri. Fondamentale risulta quindi la consultazione dellaraccolta di ordini e di regole attinenti alla gestionepatrimoniale dell’Arca del Santo (compilata dal notaioPietro Saviolo) che dal 1653 al 1765 vanta tre edizioni.

Da un punto di vista metodologico l’opera si confi-gura dunque come premessa necessaria, nella previsio-ne di un immediato, si spera, seguito (la pubblicazionedelle delibere relative alla cappella musicale, grazie allavoro svolto da Maddalena Pietribiasi per la sua tesi dilaurea, che consentirà di ricollocare nella giusta pro-spettiva avvenimenti e personaggi parzialmente consi-derati o trascurati del tutto): introduce infatti lo sfondoistituzionale e le forze laiche ed ecclesiastiche che inesso interagiscono, delineando un quadro dettagliatoche permette di dare una prima corretta valutazione delpeso della cappella del Santo nella Padova settecente-sca e presso la stessa Repubblica Veneta.

È inoltre da porre in evidenza la trascrizione di trelettere di Giuseppe Tartini (già riconosciute autografeda Leonardo Frasson nel 1972) in cui il violinistaistriano apparirebbe nell’insolita veste di interprete(ovviamente cointeressato) delle rivendicazioni sala-riali dei musicisti del Santo, che nel 1758 il governoveneziano aveva gravato di una nuova tassa. Nelleprime due egli si rivolge alle autorità civili e ai presi-denti dell’Arca con quel tono formalmente ligio adeferenza che era proprio delle lettere ufficiali del-l’epoca; tuttavia non manca di sostenere con decisionee chiarezza le ragioni dei musicisti, né di sottolinearel’ingiustizia del provvedimento governativo nei loroconfronti. Tale ingiustizia era del resto palese allastessa Presidenza dell’Arca la quale, per risolvere laquestione, invia al Consiglio dei Dieci una richiestafinalizzata all’aumento del budget che la basilica pote-va destinare alle spese musicali, limitato da un provve-dimento governativo: ma è Tartini a vergare di suopugno anche questa lettera, continuando così a mante-nere un ruolo di primo piano nella questione, qualepersonaggio ufficiosamente designato a “concertare”siffatta azione legale, volta a dirimere le incongruenzedella pubblica amministrazione.

Anna Vildera

Antonio Buzzolla. Una vita musicale nella Veneziaromantica, a cura di Francesco Passadore e Licia Sirch,Rovigo, Minelliana, 1994, 8°, pp. 476, ill., ess. mus., L.70.000.

Il volume offre una nutrita silloge di studi sul com-positore al quale è intitolato il conservatorio di Adria,nel ventesimo anniversario del suo riconoscimentoquale scuola di musica statale. Antonio Buzzolla, natoad Adria nel 1815, fu praticamente figlio d’arte, essen-do stato iniziato agli studi musicali dal padre Angelo,personaggio chiave dell’Accademia Filarmonica loca-le e contemporaneamente maestro di cappella presso lacattedrale adriese: benché a diciassette anni spiccasse ilvolo dalla sua Adria per stabilirsi a Venezia, i legamiaffettivi e professionali con la città natale, se pure menofrequenti, mantennero sempre la medesima intensità (sipensi all’amicizia fraterna con il concittadino e collegaGiovanni Battista Casellati), come documenta Antonio

Lodo (pp. 47-63), delineando un quadretto in cui appa-re comprimaria l’animazione dei sentimentimunicipalistici della cittadina polesana.

Quando Buzzolla giunse a Venezia per studiare conil maestro Pizzolato (o Bizzolati), si ritrovò in una cittàin piena crisi, per la quale il peggio doveva ancoraarrivare: l’influenza di un inarrestabile declino politicoed economico già si ripercuoteva sull’espressione arti-stica e letteraria, mentre difficoltà sempre maggioriavrebbero dovuto affrontare le istituzioni culturali emusicali veneziane, a favore delle quali sempre genero-so fu il contributo operativo di Buzzolla, tra i promotoridel futuro conservatorio “B. Marcello” (Franco Rossi,pp. 65-91). Fu dunque in un clima di grande instabilitàche iniziò la sua carriera il giovanissimo musicista,divenuto ben presto “primo violino” del teatro LaFenice, ma l’accoglienza riservatagli si rivelò più checordiale: furono infatti proprio gli amici veneziani,dopo la rappresentazione della sua prima opera teatrale,il Ferramondo, che tanto colmò di speranze i suoisostenitori, a spingerlo ad un approfondimento dellapropria tecnica compositiva, seguendo per un anno (il1835), presso il conservatorio di Napoli, gli insegna-menti di Donizetti e di Mercadante. E così, com’era giàavvenuto per le sue doti umane, ispirate a solidi principiquali l’amicizia e la famiglia, anche le sue qualitàmusicali trovarono stabile alimento nei valori della“tradizione” (Carlida Steffan, pp. 115-125).

Il gusto per la bellezza statica della forma musicalerende ragione inoltre delle sue scelte compositive, chemanifestano una piena adesione a una certa mentalitàmusicale dell’epoca, annuente al neoclassico equili-brio di Rossini, Bellini e Donizetti, piuttosto che all’im-peto e alla complessità drammatica di Verdi; se dunqueda una parte le aspettative furono un po’ deluse, dall’al-tra l’affidabilità dell’uomo e del musicista ispirarono aisuoi contemporanei solo rispetto (si vedano le appro-fondite analisi testuali, drammaturgiche e/o musicalidelle opere di Buzzolla per il teatro: Flavio Arpini perFerramondo e Mastino I dalla Scala, pp. 127-169;Guido Salvetti, Claudio Toscani e Paolo Bergamaschiper l’Amleto, pp. 171-219; Paolo Pinamonti, pp. 219-229, e Gianni Ruffin, pp. 231-251, per l’Elisabetta diValois; il contributo del Nostro all’opera comica, gra-zie al sistema dei cosiddetti “spartiti-centone”, vienesottolineato da Emanuela Negri, pp. 425-439).

Analoga stima gli fu probabilmente accordata ancheall’estero: dal dicembre 1842 al novembre 1843 fuinfatti direttore del Königsstädtisches Theater di Berli-no (Roberto Calabretto, pp. 93-107), quindi proseguì ilsuo viaggio in Polonia, in Russia, e ancora in Germania.Alcuni tra i maggiori dizionari musicologici e biogra-fici, attribuiscono a Buzzolla la direzione del ThéâtreRoyal Italien di Parigi nel 1847: tuttavia la mancanza diprove documentarie farebbe presumere piuttosto unsemplice passaggio del compositore per la capitalefrancese, e non l’assunzione di tale incarico (AndreaFabiano, pp. 109-113). Solo a Venezia, però, ottenne i

riconoscimenti professionali per lui più importanti,primo fra tutti la nomina a maestro della Cappella diSan Marco, ottenuta straordinariamente senza concor-so nel 1850: in realtà era un incarico di supplenza, senzaalcuna retribuzione, al posto di Giovanni AgostinoPerotti, ormai in congedo permanente; esso compren-deva però un’esplicita promessa di assunzione allamorte dell’anziano collega, avvenuta nel 1855. Nel1869, quale ultimo tributo (morirà nel 1871), gli giun-gerà infine l’invito ad essere uno dei compositori dellamessa funebre in memoria di Gioacchino Rossini,iniziativa promossa da Giuseppe Verdi (FrancescoPassadore, pp. 253-273).

Buzzolla sembra quindi configurarsi come un puntodi riferimento significativo per la vita musicale dellacittà, di cui vive tutte le aspirazioni religiose, politichee sociali, nonché le tendenze culturali: lo denotanoinfatti la sua produzione di musica sacra (MicheleGirardi, pp. 275-295), le composizioni patriottiche(Pietro Zappalà, pp. 403-423), le canzoni in dialettoveneziano (Licia Sirch, pp. 327-369), la musica vocaleda camera (Carlida Steffan, pp. 327-369) e quellastrumentale (Maria Girardi, pp. 371-401).

Il dotto esordio di Giovanni Morelli all’intero volu-me (pp. 11-32) prospetta, attraverso la testimonianza diletterati “storici” (Leopardi, Foscolo, Manzoni,Mazzini), alcuni modelli d’artista ideale e idealista,veri figli dell’Ottocento romantico italiano. Accanto aqueste figure d’“eroi” della cultura il musicista adrieseappare nello stesso tempo piccolo e grande, soverchiatoda una parte dal sentimento spicciolo della quotidianità,dall’altra legato profondamente alla concretezza dellavita reale nei suoi aspetti più nobili, tanto da divenirecomunque per i suoi contemporanei una figuraemblematica. L’introduzione di Francesco Passadore eLicia Sirch (pp. 33-41) evidenzia in sintesi le qualità delmaestro adriese, senza dimenticarne i limiti: per ungiudizio definitivo sulla sua arte non si può tuttavia cheindicare una rilettura personale della sue composizioni,elencate nell’inventario compilato da Emanuela Negri(pp. 441-460), che chiude a tono l’ineccepibileorchestrazione di questa biografia a più mani.

Anna Vildera

FRANCO MANCINI - MARIA TERESA MURARO - ELENA

POVOLEDO, I Teatri del Veneto, vol. I: Venezia, tomo I,Teatri effimeri e nobili imprenditori, Venezia, RegioneVeneto - Giunta Regionale - Corbo e Fiore, 1995, 4°,pp. XXXII-435, ill., s.i.p.

Con l’uscita del primo tomo del volume riguardantei teatri di Venezia sta per concludersi la pubblicazionededicata agli spazi dello spettacolo del Veneto, risulta-to di un lavoro decennale che ricostruisce sistematica-mente la storia e le caratteristiche strutturali dei teatri ditradizione della regione (si veda, per maggiori raggua-gli, l’articolo apparso sul n. 18 del “Notiziario”). Nellaparte introduttiva al presente volume gli autori esami-nano la vita teatrale veneziana e i suoi luoghi deputatidal Quattrocento al Settecento, senza ambire, avverto-no, ad una sintesi definitiva, che lo stato attuale dellericerche non consente ancora di produrre. Tipicamenteveneziana fu la presenza capillare dello spettacolo sulterritorio cittadino, a formare un “continuo decen-tramento”, che costituiva un fenomeno inverso rispettoa quanto accadeva in terraferma nel corso del Rinasci-mento. Alla tendenza unificante delle corti e all’affer-marsi dei teatri di sala quali simboli di prestigio, sisostituiva a Venezia, date le differenti strutture politi-che, la molteplicità delle occasioni e dei luoghi dispettacolo. Le recite e le feste che si tenevano ovunque,in Piazza e in Campo, nei palazzi patrizi come neiconventi, nei circoli accademici e nelle scuole private,formavano “una tipologia fluida nei generi e nei luoghiteatrali, difficile da rapportare a modelli di categoria”.Priva di architettire stabili, la vita ludico-teatrale vene-ziana si avvaleva di apparati provvisori (“teatri effime-ri”, nella terminologia adottata dagli autori), rapportabilia cinque tipi ricorrenti: teatri di Piazza, in Campo, incorte, in portego, ossia teatri di palazzo, e teatri galleg-

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gianti. In questi luoghi opportunamente attrezzati sisvolsero tanto i generi tradizionali quali momarie eintrattenimenti conviviali, quanto le proposte nuove,estranee alle accademie, di Ruzante e Calmo, di ZuanPaolo e di Burchiella. E vi dominava l’attività delleinfluenti Compagnie della Calza, emanazione di fami-glie veneziane tra le più potenti, che dal 1441 al 1542organizzarono feste e recite nei palazzi patrizi a neiCampi della città. Altro momento cardine della diffusateatralità veneziana erano le feste di Carnevale, fra cuipopolari e frequentissime furono le Cacce di tori che sitenevano nei campi antistanti le chiese principali, conaccompagnamento di balli, giochi e fuochi d’artificio.

Ai teatri provvisori, che in qualche caso furonoprogettati da architetti celebri e uno di essi dal Palladio,il libro riserva un terzo della trattazione, prima diaddentrarsi nella storia dei teatri stabili seicenteschi.Questi ultimi, superato il secolare interdetto sui pubbli-ci spettacoli che, seguendo le indicazioni del Conciliodi Trento, il Consiglio dei Dieci imponeva alla vitateatrale della città (ostacolandola ma non impedendoladel tutto), sorsero sul finire del Cinquecento per inizia-tiva privata. Insieme al Teatro Michiel (1581), che ebbebreve vita, fu eretto il Teatro Tron, detto anche Teatrodi San Cassan (1580), destinato a durare fino al 1804 eche nel 1637 diveniva, in assoluto, il primo teatro permusica pubblico a pagamento.

Uscita da un confuso periodo di assestamento, la vitateatrale veneziana aveva intanto raggiunto una com-plessa fisionomia organizzativa, che gli autori ricon-ducono a “quattro vertici”, costituiti dai proprietari, daiconduttori, dagli artisti e dai protettori. I proprietaritalvolta assumevano in proprio la gestione del teatro,mentre in altri casi si limitavano a riscuoterne l’affitto,affidando la conduzione agli impresari. Una voce incapitolo nella politica teatrale ebbero i capocomici,così come non trascurabile, seppure sommersa, deveessere stata l’azione dei protettori “nell’intricata realtàeconomica dell’organizzazione teatrale veneziana”.Riccamente documentata, pur con le limitazioni che siè detto, è la ricostruzione che gli autori effettuano dellastoria e delle strutture degli altri teatri pubblici sorti nelSeicento, fra i quali il Teatro di S. Moisé, il Vendramin(attuale Goldoni), il Teatro Grimani (poi Camploy),destinati a svolgere una lunga ed essenziale funzionenella vita teatrale di Venezia.

Giuseppe De Meo

Problemi di critica goldoniana, vol. II, a cura di Gior-gio Padoan, Ravenna, Longo, 1995, 8°, pp. 292, L.49.000.

Strettamente collegato ai contenuti del precedente(cfr. “Notiziario” n. 19, pp. 30-32), questo secondovolume curato da Giorgio Padoan presenta ulterioricontributi intorno all’editoria goldoniana del Settecen-to, accanto a saggi riguardanti aspetti noti e meno notidella produzione del commediografo e intende inoltre“attestare con forza la necessità di una pubblicazionespecifica dedicata al maggior scrittore teatrale venezia-

no”, in un momento in cui la rivista di riferimento perquesto settore di studi rischia di scomparire.

Aprono il volume due ricerche sull’editore Pasquali.Nella prima, “Per il catalogo dei testi stampati daGiovan Battista Pasquali (1735-1784)”, MonicaDonaggio ricostruisce in 454 schede l’intera produzio-ne del libraio-stampatore veneziano (1702-1784) e neoffre un nitido ritratto biografico e culturale. In partico-lare, vengono posti in evidenza i punti di forza delprestigioso editore: preziosità della veste formale, altolivello delle proposte editoriali sia in campo letterarioche scientifico, sapiente progettualità. La ricerca diLaura Rossetto, “Per un profilo dell’edizione goldonianadel Pasquali”, entra nel vivo dell’impresa editoriale acui Goldoni, avviandola alla vigilia della sua partenzaper Parigi, guardava come al “coronamento della pro-pria attività drammaturgica”. L’edizione, prefiguratacome Opera omnia e mirante ad una diffusione euro-pea, beneficiò all’inizio della stretta collaborazione fral’autore e l’editore, via via scemata a causa della lon-tananza di Goldoni: dopo una lunga interruzione essa fuinfatti portata avanti dal solo Pasquali, fino al diciasset-tesimo tomo. L’autrice esamina le differenze fra i dueblocchi dell’edizione conseguenti al passaggio di mano,soffermandosi sul lavoro di riscrittura effettuatovi daldrammaturgo, a riprova di come “la Scena e il Torchio”fossero i due piani interagenti sui quali si andavasviluppando l’intricato percorso della riforma.

In “Fra ‘negozio’ e ‘villa’. Crisi della morale bor-ghese dal Prodigo alla trilogia della Villeggiatura”,Michele Bordin mette a fuoco il tema della villeggiatu-ra come appare nel teatro goldoniano del decennio1751-61, periodo nel quale il commediografo maturauna visione critica della borghesia mercantile, i cuitratti positivi aveva fino ad allora compendiato nellaben definita figura di Pantalone. Non più personaggioesemplare dei “valori costitutivi di una coscienza diclasse paleo-borghese”, il Pantalone della crisi si ri-frange in una molteplicità di eteronimi e di atteggia-menti contraddittori ai quali si rivolgono le serrateanalisi di Bordin. Il contributo di Maddalena Agnelli “Ilpubblico veneziano di Carlo Goldoni” prende le mossedai connotati socioculturali di quel pubblico etero-geneo a cui lo scrittore riservò ogni attenzione al finedi educarlo al gusto e alla cultura richiesti dalla rifor-ma ed illustra i punti salienti della sua strategia peda-gogica.

A “I tempi e le stratificazioni testuali del Goldonifrancese: le ‘spie’ del Matrimonio per concorso” èdedicata l’indagine di Alessandro Zaniol sui procedi-menti drammaturgici e stilistici dell’ultimo Goldoni.Dall’esame delle varianti di tre diverse edizioni dellacommedia in questione lo studioso trae suggestivielementi di conoscenza riguardo agli orientamenti poe-tici goldoniani sullo scorcio del secolo. Con “Goldonie la Comédie Italienne” Andrea Fabiano compie accu-rati accertamenti al fine di stabilire la natura e l’effetti-va portata del ruolo svolto dal commediografo in vestedi direttore di quell’istituzione teatrale-musicale, ruoloche attende di essere “ancora adeguatamente valutatonella sua poliedricità”. Anna Scannapieco, infine, ritor-na in margine alla sua ampia ricerca, apparsa nelvolume precedente, dedicata a Giuseppe Bettinelli,editore di Goldoni. La studiosa offre puntualizzazioniche precisano il quadro già tracciato e sgombra “ilcampo dell’osservazione critica dalla perdurante pre-senza di dati documentari insussistenti ed equivoci”.

Giuseppe De Meo

MARIA IDA BIGGI, L’immagine e la scena. GiuseppeBorsato scenografo alla Fenice 1809-1823, Venezia,Marsilio, 1995, 4°, pp. 143, ill., L. 80.000.

Giuseppe Borsato (Venezia 1771-1848) è stato unpittore e decoratore tra i più significativi della suagenerazione, ma l’attività che lo distacca di più è stataquella di scenografo che, grazie a questo volume dellaBiggi, comincia ad essere sottoposta alla ricognizioneche essa effettivamente merita. Dopo aver frequentatonel 1791-92 l’Accademia di Belle Arti di Venezia si è

recato a Roma entrando in contatto con Antonio Canovae la sua cerchia. Nei primi due anni dell’Ottocentoalterna l’attività di vedutista a quella di decoratore,dipingendo a Trieste, Treviso, Castelfranco e Spilim-bergo affreschi per abitazioni signorili. Nel 1806 tornaa Venezia ed erige un arco di trionfo per il genetliaco diNapoleone. L’anno successivo elabora le decorazioniper l’arco eretto da Giannantonio Selva in Canal Gran-de per il solenne ingresso dell’imperatore a Venezia.Nel 1908, sempre “sotto la diretta sorveglianza delSelva”, elabora gli ornamenti dei palchi e, con alcuniaiuti, la decorazione pittorica del soffitto del Teatro LaFenice. Dal 1809 diventa di fatto lo scenografo delteatro veneziano, attività che il volume di Maria IdaBiggi documenta riproducendo più di duecento disegni– per quanto possibile in ordine cronologico – conser-vati per buona parte alla Biblioteca del Teatro del-l’Opera di Parigi, mentre altri sono in varie raccoltepubbliche e private. Da questi disegni emerge la figuradi uno scenografo estremamente scaltrito negli effettiprospettici, dove è intravvedibile una qualche continui-tà con il capriccio settecentesco e l’impianto di certidipinti di veduta del Visentini, ma con un gioco forte-mente contrastato di luce e ombra, non solo in sensoplastico-architettonico, capace di sottolineare opportu-namente gli effetti drammatici dei balli e dei melo-drammi composti da vari autori. È bene rimarcare chel’immaginario scenografico di Borsato si giova di unacultura architettonica piuttosto aggiornata che ha alcu-ni capisaldi in Soufflot e in Giambattista Piranesi,conosce bene il neoclassicismo inglese (e i suoi effettipittoreschi) e naturalmente quello francese.

Non si è mancato di sottolineare l’eclettismo delBorsato nell’uso disinvolto dei più svariati stili, ma vapur detto che certi repentini passaggi da un neo-classicismo greco-romano a forme di orientalismo neo-egizio o arabo, al goticismo, sono legati alle diverseesigenze degli spettacoli, dove tuttavia l’artista dimo-stra una straordinaria capacità d’invenzione che dàun’impronta unitaria a tutta la sua attività scenografica.Il Borsato sa passare dalla Roma piranesiana dei boz-zetti per l’Idomeneo (1811-12) di Rossi e Fanelli algoticismo grandioso e a volte solenne del Tancredi(1812-13) e del Sigismondo (1814-15), entrambimusicati da Gioacchino Rossini, alle scenografie tragrecità dorica e grandiosa spazialità romana del Sacri-ficio d’Epito (1819-20) di Tindario e Carafa diColobrano, all’arabismo del Maometto secondo (1822-23), alle invenzioni neo-egizie della Semiramide (1823),entrambe opere di Rossini tanto splendidamente alle-stite da costituire dei fondamentali modelli per succes-sive riprese. Non a caso la Biggi ha intitolato il saggiosul Borsato “Lo scenografo di Rossini”. In molti altribellissimi disegni l’artista eccelle nel delineare i luoghidi pena, sotterranei tombali o interni di mausolei (sivedano i disegni riprodotti a pp. 108-10).

L’attività scenografica di Borsato resta caratterizza-ta da un gusto straordinariamente raffinato, spessosontuoso, mantenendo alto il livello dell’invenzionecon una propria fisionomia originale, nel difficile cri-nale tra la cultura neoclassica e quella romantica –mostrandone non pochi aspetti di continuità.

Giorgio Nonveiller

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Retroscena di “Acciaio”. Indagine su un’esperienzacinematografica di G. Francesco Malipiero, con unapremessa di Giovanni Morelli, Firenze, Olschki, 1993,8°, pp. XII-251, ill., L. 49.000.

Il 2 marzo 1991 la Fondazione Malipiero promossel’organizzazione di un seminario di studi su un’eventoisolato della carriera di Malipiero, la collaborazionecon la casa cinematografica Cines-Pittaluga per larealizzazione della colonna sonora del film Acciaio(uscito il 1 aprile 1933): commissionato da Mussolinisu un soggetto originale filmato da Pirandello (maprobabilmente opera a due mani in cui parte non secon-daria ebbe il figlio Stefano), risultò infine plasmatosulla volontà del regista prescelto (dal direttore artisti-co Emilio Cecchi, però), il tedesco Walter Ruttmann.Un film da dimenticare, si dovrebbe dedurre dalleappassionate dichiarazioni di Malipiero, che si era vistoa poco a poco “smontare” la propria musica, e lasciarlain parte inutilizzata; il compositore, invece, ad ontadelle sue affermazioni, non dimenticò affatto, e talecircostanza, fra le altre, spinge gli autori del presentevolume a ripercorrere le fasi di quella che si presentacome un’intricata vicenda di amore-odio.

Sergio Miceli (pp. 1-15) dà uno sguardo alle incoe-renze che si manifestano in un’epoca, quella intercorsatra le due guerre, in cui si stava ancora cercando didefinire il ruolo della musica nel pensiero estetico e delcinema dell’arte, mentre il musicista, legato ad unaconcezione aristocratica ed individualistica dell’arte,mal si adattava alle esigenze propagandistiche dellacommittenza (il regime fascista, in questo caso), edancor meno a quelle commerciali del commissionario(la casa di produzione), prendendo le distanze da tuttociò e, nello stesso tempo, lasciandosene progressiva-mente sedurre.

Fabrizio Borin (pp. 17-50), nel proseguire un perso-nale itinerario di ricerca che è qui alla sua secondatappa, ripropone il soggetto originale di Landi-Pirandelloper confrontarlo con quello effettivamente realizzatonel film; individuato il punto focale della tramapirandelliana, l’antitesi gioco/lavoro, collocata però suun piano narrativo che avrebbe dovuto assecondare unosviluppo della recitazione e dunque dell’interpretazio-ne (sia poetica che musicale), Borin mette in evidenzala contrastante lettura di Ruttmann, guidato da unaconcezione puramente oggettiva che punta tutto sulleanalogie tra immagine “visiva” e immagine “sonora”,conservate nel loro stadio primigenio.

Paolo Pinamonti (pp. 51-126) e Paolo Cattelan (pp.127-244) si suddividono i compiti nella problematicaricostruzione filologica della partitura originale dellemusiche di Acciaio. Giostrandosi tra le varianti dellasceneggiatura e le affermazioni del compositore vene-ziano, talora in contraddizione con se stesso e con idocumenti rappresentati in gran parte dal riccoepistolario che lo riguarda, si muovono alla ricercadella verità sulla vicenda, lavorando su una base docu-mentaria d’un certo calibro: gli abbozzi autografi ine-diti; la partitura delle Sette invenzioni per orchestra dacui solo in seguito, pareva, era stata tratta la colonnasonora di Acciaio, e la partitira delle Quattro invenzioni(già La fiera degli indolenti), che comprendeva i braniscartati dal regista (tutto ciò secondo la versione fornitada Malipiero nel catalogo delle sue opere datato 1952);infine la colonna sonora del film, unica testimone dellemusiche realmente utilizzate.

In questi due ultimi saggi appare evidente che ilrisultato più ambìto da parte degli autori è rappresenta-to da una traduzione immediata della loro ricerca inpartitura, nella prospettiva di trasformarla in prodottomusicale verosimilmente coerente con le primitiveintenzioni dell’autore, e proponibile in alternativa aquelli “ufficiali” dietro i quali l’impermalosito Mali-piero, timoroso a torto di salvaguardare la propriadignità artistica, si era ritratto, deciso a non lasciartrasparire nulla dell’ingenuo zelo da dilettante con cuilui, artista affermato, si era lasciato coinvolgere nellacomposizione di musica originale per il cinema.

Anna Vildera

CENTRO MASCHERE E STRUTTURE GESTUALI, Maschere eMascheramenti. I Sartori tra arte e teatro, a cura diDonato Sartori e Paola Piizzi, presentazione di DarioFo, Padova, Il Poligrafo, 1996, 4°, pp. 181, ill., L.60.000.

La mostra dedicata all’opera dei Sartori allestita alPalazzo della Ragione di Padova (16 febbraio-12 mag-gio 1996), omaggio della città a due dei suoi artisti piùrappresentativi, ha offerto l’occasione di ammirare lestraordinarie creazioni e le collezioni di questi celebriscultori e mascherari e di ripercorrere, attraverso diesse, alcuni momenti memorabili del teatro europeo dacinquant’anni in qua. Il contributo dei Sartori allarinascita della Commedia dell’arte tramite il segnoinconfondibile delle loro maschere è riconosciuto ovun-que, così come il loro apporto alla rivitalizzazione eall’ampliamento del significato e dell’uso del masche-ramento, dentro e oltre i confini del teatro. Il catalogodella mostra si articola in quattro sezioni, tre delle qualicorrispondono ai principali filoni di ricerca dei Sartorie del Centro Maschere e Strutture Gestuali: la mascherateatrale storica, dal mondo classico al teatro contempo-raneo, la maschera etno-antropologica mondiale e laricerca, tra arti visive e teatro, sul mascheramentocorporeo e i “mascheramenti urbani”.

La prima parte, preceduta dalla presentazione diDario Fo e da scritti di Donato Sartori e di CaterinaBarone, comprende un ritratto autobiografico e foto-grafico su “Amleto Sartori scultore poeta” e immaginie testimonianze critiche sull’opera scultorea di suofiglio Donato (“Donato Sartori: la scultura sociale”), asuggerire la continuità ideale fra due artisti interpretidel proprio tempo.

La seconda parte introduce nel ricchissimo mondodelle maschere create dai Sartori per il teatro in mezzosecolo di attività. Le splendide riproduzioni delle ma-schere e degli studi, la preziosa documentazione foto-grafica, insieme alle testimoniznaze di Jacques Lecoqe di Giorgio Strehler, ai ricordi di Amleto e Donato,rievocano il clima che, nell’immediato dopoguerra,vide rivivere la Commedia dell’arte dopo due secoli diquasi totale abbandono. Iniziata nel 1947 la collabora-zione con Gianfranco De Bosio e, di lì a poco, con lascuola del Piccolo Teatro di Milano, Amleto si gettacon passione in un’avventura che lo porta, dopo innu-merevoli tentativi, a reinventare la tecnica della ma-schera in cuoio al modo dei mascherari antichi. L’in-contro con Strehler per la ripresa dell’Arlecchino servi-tore di due padroni nell’interpretazione del grandeMarcello Moretti è il capitolo centrale di un’esperienzaesaltante che si aprì a tutti i generi di teatro, da Eschiloa Ruzante, da Shakespeare a Pirandello a Ionesco, inallestimenti diretti dai maggiori registi europei. Lacollezione comprende maschere e studi realizzati inmateriali diversi, come ad esempio l’impressionanteserie di maschere ruzantiane in legno che GiovanniCalendoli (“Una nuova era della maschera”) ritiene

portatrici di una delle più feconde intuizioni dell’artistapadovano. Questa sezione, arricchita da cenni storicisulla maschera teatrale e da una parte riguardante letecniche di costruzione, affianca le creazioni di Amletoa quelle di Donato il quale, alla scomparsa del padreavvenuta prematuramente nel 1962, proseguì l’operapaterna, al tempo stesso creando nuove prospettive allamaschera nel mondo contemporaneo.

La terza sezione del volume documenta tale ricerca,percorsa dalle tensioni ideologiche ed estetiche delleavanguardie degli ultimi vent’anni. Nel 1979 DonatoSartori fonda, con Paola Piizzi e Paolo Trombetta, ilCentro Maschere e Strutture Gestuali, e da allora vaproponendo in tutto il mondo, attraverso laboratori,mostre e performances, originali estensioni del concet-to di maschera quali, appunto, le “strutture gestuali”(mascheramenti corporei) e i “mascheramenti urbani”,coinvolgenti installazioni di piazza dal forte impattospettacolare.

L’ultima parte del catalogo riproduce la sezioneantropologica ed etnologica della mostra, costituita damaschere teatrali e rituali, costumi, oggetti tribali e altrireperti raccolti dai Sartori nei diversi continenti e checompletano un’esposizione straordinaria, preludio alMuseo Vivente della Maschera che verrà ospitato nellaVilla Savioli-Trevisan del comune di Abano Terme, eche si preannuncia come uno dei più ricchi ed importan-ti al mondo nel settore.

Giuseppe De Meo

STORIA

Gli atti originali della Cancelleria veneziana, I: 1090-1198, a cura di Marco Pozza, Venezia, Il Cardo, 1994,8°, pp. 146, ill., L. 32.000.

Gli studi sugli antichi documenti pubblici venezianisono pochi e piuttosto datati. Considerata la diversitàdelle istituzioni e del diritto veneziano rispetto alle altrecittà, diversità che si riflette anche nella redazione deidocumenti, si avvertiva un’esigenza comparativa, chepoteva essere soddisfatta con il riunire insieme attisparsi in archivi e fondi diversi per studiarne i caratteriintrinseci ed estrinseci. È questo lo scopo del lavorocompiuto da Marco Pozza, ricercatore di Storia medie-vale presso l’Università di Venezia. In questa primaparte ha trascritto trentatré documenti, datati dal 1090al 1198, pervenuti in originale, completando l’edizionecritica con regesto e bibliografia. È questo il momentodi massima originalità della cancelleria veneziana,prima del suo uniformarsi, sia pure mantenendo alcunecaratteristiche peculiari, agli usi diplomatici dell’Italiasettentrionale. Non si può infatti parlare dell’esistenzadi una cancelleria vera e propria prima dell’inizio delXII secolo, nonostante il titolo di cancellarius occa-sionalmente attribuito ai redattori dei documenti dogali.In seguito cominciò a formarsi una struttura con sedestabile nel palazzo ducale e il frequente uso dellaqualifica di notarius ducalisque aule cancellarius, strut-tura che può dirsi formata con l’istituzione nel 1261della carica di cancellier grande, capo dell’intera am-ministrazione.

Questa prima produzione pubblica consiste in attiseparati e vari sia per forma che per contenuto, chepossono essere però definiti come ducali maggiori,secondo una terminologia ottocentesca che fa riferi-mento alla presenza di formule solenni. Pozza analizzadettagliatamente tutti gli elementi caratterizzanti gliatti, riportando le formule usate e le varianti. Quattrodocumenti non rientrano negli schemi individuati: duecommissioni agli ambasciatori a Zara e Costantinopoli,e due trattati, rispettivamente con Capodistria e Pisa(per l’analisi degli atti pattizi si vedano le edizioni, acura dello stesso Pozza e di altri autori, già segnalate sul“Notiziario Bibliografico”, n. 13, giugno 1993, p. 22 en. 15, dicembre 1993, p. 27). Conclude l’opera labibliografia e l’indice analitico delle persone, dellecariche e dei luoghi.

Valentina Trentin

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Statuti di Cittadella del secolo XIV, traduzione e com-mento di Guerrino Citton e Daniela Mazzon, introd. diGiorgetta Bonfiglio Dosio, Cittadella (PD), Biblos,1995, 4°, pp. 170, ill., L. 38.000.

L’opera si presenta articolata in due momenti: unostudio introduttivo curato da Giorgetta Bonfiglio Dosioe una parte, curata da Guerrino Citton e da DanielaMazzon, dedicata alla traduzione e al commento deglistatuti di Cittadella e corredata da un corposo apparatofotografico. Questa fatica non comune in ricerche sto-riche, dove si preferisce lasciare al lettore la compren-sione delle testimonianze riprodotte in lingua originale,è giustificata dall’esigenza di fornire a tutti gli abitantidi Cittadella, ma in particolare agli insegnanti e aglistudenti, uno strumento per iniziare a conoscere eapprofondire il proprio passato e infine per rispettaremaggiormente le testimonianze a noi pervenute. Infattiil ricco archivio del Comune di Cittadella aspetta anco-ra di essere adeguatamente ordinato, schedato,inventariato e di trovare uno spazio idoneo e funzionalealla sua consultazione. Sono proprio gli statuti delComune, nati in età carrarese, che qui vengono utiliz-zati per avere una chiave d’accesso all’archivio comu-nale (così recita parte del titolo dell’introduzione).

Lo statuto, universalmente inteso, è un complesso dinorme redatte e volute da una istituzione per disciplina-re la propria vita e le proprie attività e se debitamentestudiato offre preziose indicazioni sul mondo rurale,sulla vita artigianale, sulla gestione della giustizia, delsistema fiscale e politico di una comunità, così come lesue modificazioni ci indicano come è evoluta e cambia-ta la comunità nel tempo. Dagli statuti cittadellesiemerge come l’archivio comunale fosse ritenuto dimassima importanza, tanto che precise norme statutarieregolavano la gestione e la custodia dei documenti.Nulla, invece, viene precisato in merito agli interventidi modifica e di adattamento che si verificarono durantegli anni, a prova, forse, di quanto fosse usuale adattarela normativa al cambiare della società e della realtà;soltanto alcune disposizioni, che sono chiaramenteprecisate, non potevano essere toccate. In quantodepositario delle regole che riguardavano la vita dellacomunità e le istituzioni ad essa preposte, lo statutoprescrive in modo molto preciso la formazione delconsiglio e i compiti ad esso spettanti, quali personepotessero ricoprire cariche pubbliche, i doveri e lefunzioni del podestà, del sindaco del Comune (gestionedei beni comunali), del massaro (tesoriere e custode delpatrimonio comunale, redattore dei libri contabili), dei“cattaveri” (vigilanti il patrimonio comunale) e in ge-nere di tutte quelle figure che intervenivano alla gestio-ne del Comune.

Dal buon numero di norme inerenti la tutela dellaproprietà terriera da ogni tipo di minaccia (passaggio digreggi, spigolatura, questioni di confine, ferimento delbestiame) risulta chiara la natura “agraria” di Cittadella,ma non mancano le disposizioni riguardanti le catego-rie professionali (es. notai). La gestione finanziaria diquesta “quasi città” era imperniata sull’estimo, adotta-to poi anche dallo stato veneziano. Ogni cittadino, ognidue anni, presentava una dichiarazione della propriasituazione patrimoniale sulla quale, opportunamenteverificata dagli “estimatori”, venivano calcolate le im-poste. Tuttavia soltanto l’intero archivio debitamentestudiato potrà fornire un quadro preciso sull’assettoistituzionale, politico e finanziario della società cit-tadellese in quest’epoca.

Cecilia Passarin

GIORGIO CRACCO, Nato sul mezzogiorno. La storia diEzzelino, Vicenza, Neri Pozza, 1995, 8°, pp. 176, L.28.000.

Intorno alla grande figura di Ezzelino da Romano(1194-1259), grande signore della Marca Trevigiana,la tradizione nota è sempre apparsa piuttosto unanimee univoca. E difficile, d’altronde, sarebbe negare leatrocità commesse da Ezzelino e il sangue versato. Masu questa cupa leggenda il recente volume dello storico

Giorgio Cracco, professore di Storia della chiesa pressol’Università di Torino, apre finalmente nuovi, e percerti versi impensati, spiragli di luce, e rischiara aspettidel carattere e motivazioni dell’agire di Ezzelino –anche dell’agire che portò guerre e morti efferate –rimasti finora pressoché non indagati.

Attraverso queste pagine, che lungo tutto il lorosnodarsi conservano la serietà dell’indagine scientificae dell’accurata documentazione e insieme la piacevoleleggerezza della narrazione che si fa qua e là ancheaneddotica, Cracco scava nella storia e nella tradizionerestituendo Ezzelino alla sua epoca, quasi sapientemente“liberato” da facili pregiudizi e manipolazioni d’imma-gine. Un uomo, alla fine, per taluni aspetti figlio del suotempo, per altri “diverso”, impavido guerriero, quasicondannato dal destino a inseguire un sogno che siimpadronì di lui per tutta la vita. Non più soltanto ilterribile e sanguinario tiranno, dunque, ma anche, perquanto la storia e i documenti permettono di ricostruiree dedurre, uomo grande e deciso.

La storia, in effetti, fu con lui grande giustiziera. Equando a braccetto operano pure memoria collettiva efantasia popolare, gli effetti sono amplificati. Alla suadamnatio memoriae diedero man forte le trame piùterribili tessute nei secoli dalla fantasia del popolo.Insieme, contribuirono a creare intorno a Ezzelino unaincontrastata “leggenda nera”, che lo disegna come unodei personaggi più crudeli e disumani mai esistiti nellastoria. Suo padre certo un diavolo, sua madre unastrega. Lui, minimo, un “tiranno” senza pietà, un gigan-tesco malfattore, “belva sanguinaria in sembianze diuomo”, “eretico manifesto”, “nemico del genere uma-no”, “Hitler medievale”. E, dulcis in fundo, “figlio diBelial”: figlio di Satana.

Ezzelino da Romano fu tra coloro che si dicono “natisotto una buona stella”: la congiuntura degli astri almomento della nascita gliene dava esatta conferma.Agli astri, puntualmente, egli si rivolgeva prima di ognigrande impresa. È uno degli elementi ricorrenti delmithos di Ezzelino: che il suo destino fosse tutto giàscritto nelle stelle, fin dalla nascita. Così accade spessoper i “grandi”. Ma chissà se agli astri era già noto quantotriste sarebbe stata la fama del tiranno presso i posteri.

Scritto pure nel destino del grande Ezzelino dovevaessere il suo incontro, nel 1232, con l’imperatore Fede-rico II di Svevia. Fu l’inizio di un periodo nuovo: per lavita di Ezzelino, senza dubbio, ma anche per quelladella Marca e addirittura dell’Impero. Si trattò di unincontro per lui “totalizzante”, che lo rese humilisserviens et fidelis et subiectus, votandolo interamentealla causa dell’Impero. E al di là dei comuni interessipolitici, segnò anche l’inizio di un’amicizia tra i due.Per l’imperatore, Ezzelino divenne uomo fidato, consi-gliere, familiare, alter ego. Molte le cose in comune trai due. Prima tra tutti... i nemici. Poi, certo, gli obiettivipolitici, ma anche taluni aspetti del carattere, talunigusti e passioni (non da ultimo quello per l’astrologia).Così da signore di una domus, di una famiglia, Ezzelinosi ritrova “servo dell’Impero”. Ed è una vera e propriaconversione, indotta da un sogno che lo guiderà pertutta la vita, facendogli ottenere innumerevoli successie infine, ormai solo contro tutti, perso pure l’appoggiodi federico II (morto nel 1250), portandolo anche alladisfatta. Fu, in verità, molto più che un sogno: una veramissione, per lui. Salvare l’umanità tramite l’Impero,l’unica via di salvezza che Dio avesse dato agli uomini,il “remo provvidenziale che guidava la nave in mezzoalle tempeste, la briglia capace di domare quel cavalloselvaggio che è il mondo”. Gli si diede del miscredente,dell’eretico (Innocenzo IV lo scomunicò nel 1254): maEzzelino – come d’altronde Federico – era nemico nondi Dio, né della Chiesa, bensì della Chiesa del suotempo, di quel Papa e di molti suoi ecclesiastici, ossiadi quanti non capivano o negavano il suo ruolo. Unruolo in fondo religioso, salvifico, non diverso daquello dell’Imperatore.

Dall’incontro tra i due, le sorti della Marca trevigiano-veronese si legano inscindibilmente a quelle dell’Impe-ro e viceversa. E nonostante tutto ciò che sempre si èdetto di Ezzelino, certo per ottenere il forte potere el’influenza che ebbe, dovette pur raccogliere dei con-sensi da qualche parte. Almeno tra il popolo, se non tra

i nobili, per i quali suo compito era cimare le erbe alte:così, un giorno, gli aveva metaforicamente suggeritoFederico II, tranciando con la spada le cime di alcuneerbe del giardino durante una tranquilla passeggiata.

“Gigante tra i giganti” lo definisce Cracco ponendo-lo accanto ad altri due “giganti” di quell’epoca ditempeste e grandi cambiamenti: Federico II e SanFrancesco. Certo Ezzelino non fu né imperatore, nétanto meno un santo. Ma fu un grande, e come i duededicò la vita al sogno che impossesatosi di lui lo resesuo servo. Fino alla fine.

Marta Giacometti

ALESSANDRA RIZZI, Ludus/ludere. Giocare in Italia allafine del Medio Evo, Roma, Viella - Treviso, Fondazio-ne Benetton, 1995, 8°, pp. 235, L. 42.000.

Sostenuto da un costante e consistente rinvio a fontistoriche e documentarie, il volume ci accompagna in unviaggio attraverso il gioco e il giocare nell’Italia tardo-medievale, in un periodo in cui fortissima era la preva-lenza nella vita dell’uomo dell’aspetto spirituale suquello materiale e fisico. Fu in questa età che l’attivitàludico-ricreativa, sempre e dovunque connaturata al-l’esperienza umana, conobbe le più numerose e insi-stenti proibizioni da parte sia delle autorità laiche che diquelle religiose, anche se diverse appaiono le ragionidella condanna e degli interventi sanzionatori. Da unlato, numerosi erano i rischi a carattere sociale e poli-tico attribuiti al gioco: la bestemmia, la violenza e ladissipazione delle ricchezze erano, secondo le autoritàcomunali, quelli ritenuti più direttamente derivanti dalgioco di fortuna e d’azzardo; ma spesso è possibilericonoscere un legame pericoloso anche tra il gioco el’usura. In un’età caratterizzata inoltre da frequentiscontri politici tra le parti, il gioco diviene facilmenteoccasione per vendette private e familiari e quindipretesto per sommovimenti politici, inducendo così leautorità a interventi repressivi attraverso proibizionistatutarie. Dall’altro lato si abbatte sul gioco la condan-na morale della Chiesa, furono anzi proprio i rappresen-tanti dell’ordine ecclesiastico a pronunciarsi per primicontro l’azzardo, infame vizio ed emanazione diaboli-ca, riconoscendo in esso addirittura un pericolo discristianizzazione della società: esso sottraeva tempoalle pratiche di vita cristiane, portava a dilapidarericchezze anziché a devolverle in elemosine, inducevaalla bestemmia e quindi alla perdizione. Nel corso delTrecento la predicazione di Bernardino da Siena controil gioco assunse in tal senso un valore esemplare.

Ma l’uso dilagante delle attività ludiche e l’impossi-bilità di reprimerle, nonostante i ripetuti interventistatutari, spinge le autorità più che nel senso di unatotale e difficile proibizione del gioco, verso una suaregolamentazione in luoghi e tempi stabiliti, arrivandotalvolta all’introduzione di case da gioco pubbliche ediscriminando tra comportamenti ritenuti del tutto ille-citi ed altri accettati o tollerati.

Altrettanta attenzione è riservata alle attività fisiche,ugualmente cariche di una valenza ludica: se vennerochiaramente proibite tutte le pratiche pericolose per lasicurezza interna e l’incolumità fisica, vennero invecedapprima tollerate e poi via via incoraggiate quellepratiche che avessero una qualche utilità o vantaggioper il Comune, quali ad esempio l’addestramento mili-tare compiuto tirando d’arco o di balestra. Sembrereb-be, suggerisce l’autrice, quasi la scoperta della stru-mentalità del gioco. Così Venezia, con una deliberazio-ne del Consiglio dei Dieci, arriva ad istituire, nellaseconda metà del XIV secolo, i palii delle balestre,incoraggiando i veneziani all’esercizio delle armi ealimentando la naturale tendenza al gioco e alla sfidacon l’attribuzione di premi allettanti. Infatti arcieri ebalestrieri rappresentavano per Venezia la parte piùcospicua dell’esercito di terra e già alla fine del Due-cento, in coincidenza con le sconfitte patite ad opera deiGenovesi, si avvertì tutta l’importanza di preparareadeguatamente le truppe, ma si volle che questa sorta diesercitazioni collettive mantenesse il carattere dellospettacolo ludico. Oltre che per scopi addestrativi, alla

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fine del Medioevo il gioco venne utilizzato anche confinalità propagandistiche attraverso il palio e in seguitocon le grandi feste cavalleresche del Quattrocento. Ilpalio in particolare, la manifestazione tipica del Comu-ne italico del Duecento, divenne via via un mezzo pertramandare la memoria collettiva, il senso della co-munità cittadina. Corso spesso in onore di un santo, fuper questo ben tollerato dalla Chiesa e oggetto dinormative precise e dettagliate da parte delle autoritàlaiche. Fu così che la riflessione sulla liceità del ludus,sollecitata dall’attenzione dell’Umanesimo verso l’uo-mo, portò ad una classica riconciliazione tra anima ecorpo, restituendo al gioco un posto sicuro nella scaladei valori riconosciuti.

Annamaria Bonanome

Relazioni di ambasciatori veneti al Senato, vol. XIV:Costantinopoli. Relazioni inedite (1512-1789), a curadi Maria Pia Pedani Fabris, Padova, Ausilio, 1996, 16°,pp. 1058, L. 275.000.

Fin dai primi decenni dell’Ottocento sulle relazionipresentate dagli ambasciatori veneziani al Senato si ècostruita gran parte della storia d’Europa. Proprio per laloro grande importanza, oltre vent’anni fa Luigi Firpone promosse la riedizione anastatica, che oggi vieneulteriormente ampliata con l’uscita di questo volumededicato alle relazioni inedite da Costantinopoli, rin-tracciate dalla curatrice a Venezia, Roma, Trieste eParigi, che sfuggirono all’attenta ricerca di Barozzi,Berchet e Albéri, i promotori dell’opera.

Si tratta di 26 inediti che dal 1512 al 1789 offrononuovi importanti documenti agli storici. Vi si puòleggere tra l’altro la descrizione della morte del giovaneOsman II, il primo sultano ucciso (1622) in seguito auna rivolta di giannizzeri, oppure ripercorrere attraver-so le pagine di un anonimo diario i lunghissimi mesi diprigionia del bailo Marcantonio Barbarigo, confinatonella casa bailaggia durante la Guerra di Candia (1571-1573), o ancora leggere una nuova e affascinante rela-zione sull’assedio di Vienna (1683), che il dragomannoveneziano Tommaso Tarsia visse in prima persona dalcampo ottomano. Ben otto sono inoltre gli ineditisettecenteschi, periodo quasi non considerato nelleprecedenti edizioni delle relazioni, che permettono dicomprendere con chiarezza quanto ormai marginalefosse considerata la politica estera veneziana anche inquella Costantinopoli che per secoli proprio di Veneziafece il suo caposaldo per le trattative diplomatiche conl’intero Occidente.

Giovanna Battiston

GINO LUZZATTO, Storia economica di Venezia dall’XI alXVI secolo, introd. di Marino Berengo, Venezia,Marsilio, 1995, 8°, pp. XXV-265, ill., L. 45.000.

A più di trent’anni dalla sua stesura, la Storia econo-mica di Venezia, scritta in pochi mesi tra il 1959 e il1960 dall’autore ormai ultraottantenne, mantiene an-cora intatto il suo interesse per l’originalità della pro-spettiva d’analisi e la brillante capacità di stringere inuno sguardo unitario il complesso processo di sviluppoe consolidamento della potenza veneziana nell’arco diquattro secoli decisivi, tra l’XI e il XVI.

Sintesi di una vita di lavoro e ricerche, il testo diLuzzatto parte dall’assunto fondamentale di una conti-nuità, verificata sulle lunghe durate, che lega la lentafase del decollo iniziale, a cui si accenna nei primiparagrafi, e la crescita più accelerata ed imperiosa cheinizia a determinarsi nei decenni immediatamente pre-cedenti alla quarta crociata, protraendosi per tutto ilperiodo preso in questione. L’assenza di fratture mar-cate è per Luzzatto un segno distintivo dell’ascesaveneziana, la cui economia mercantile dimostra unaparticolare capacità ad adattarsi, senza subire dramma-tici contraccolpi, alle mutate condizioni politiche eterritoriali del Levante, quando alla fine del XIII secoloil rinnovarsi della spinta espansionistica dell’Islam

spazza via gli ultimi dominî cristiani in Palestina.Dimostrando una flessibilità vincente, i traffici vene-ziani spostano l’asse del loro baricentro dalle costesiriane e palestinesi, cadute sotto l’influenza mamelucca,nuovamente verso Costantinopoli e da qui attraverso laCilicia riguadagnano i mercati della Persia, mentrediventa decisivo il controllo di Candia per il sostegnodelle rotte veneziane. La stessa devastante crisi di metàTrecento è per Luzzatto facilmente riassorbita e segnapiù una fluttuazione negativa che un ristagno effettivodegli scambi, tanto che, alla fine del secolo, nonostantela guerra distruttiva con Genova, il volume dei trafficiaumenta, sottolineato dalla fervente attività degli arse-nali per incrementare la flotta mercantile del Levante.

Se quindi il XV secolo si apre, per Luzzatto, nelsegno di una economia mercantile ancora florida eredditizia, che collega i lauti proventi dei commerci conl’Oriente con le solide entrate sul monopolio del traffi-co del sale nell’entroterra padano, saltano le tesistoriografiche che interpretano la nuova politica espan-sionistica veneziana verso la terraferma come indice diuna involuzione della Serenissima nel suo ruolo diemporio internazionale e di finestra verso il Levante.Per tutto il Quattrocento non si dà ancora, per Luzzatto,un massiccio trasferimento di capitali dal commercioverso la rendita agraria, né si avverte alcun timore divedere tagliati dalle conquiste turche i rifornimentiannonari, ché questi affluivano ancora copiosi dalFerrarese e dal Mantovano oltre che dall’altra spondadell’Atlantico e dalla Sicilia. La spiegazione del mutatointeresse nei confronti della terraferma della Serenissi-ma è da ricercarsi invece sul piano politico, nellanecessità di impedire la formazione, alle spalle dellalaguna, di un potente stato regionale che avrebbe potutominacciare Venezia e strangolare le vie di traffico versola pianura padana e l’Europa centrosettentrionale.

Se non si può parlare di un’incipiente decadenzaveneziana nel XV secolo, ugualmente, come notaBerengo nell’introduzione, si assiste però ad una stri-sciante mutazione di mentalità: in questo secolo non sitrovano più le figure avventurose di spregiudicati edintrepidi mercanti che, utilizzando esigui capitali erischiando di prima persona, avevano aperto nei secoliprecedenti i mercati del Mediterraneo alla penetrazioneveneziana. La prima fase eroica dello sviluppo capita-listico che Luzzatto, attento traduttore di Sombart,identificava con l’inventiva imprenditoriale, ma anchecon il gusto per il rischio, sembra essere definitivamenteconclusa.

Ferdinando Perissinotto

MARIA TERESA TODESCO, Oderzo e Motta. Paesaggioagrario, proprietà e conduzione di due podesterie nel-la prima metà del secolo XVI, Treviso, Canova - Fonda-zione Benetton, 1995, 8°, pp. 253, L. 33.000.

Punto di riferimento costante della ricerca dell’au-trice è l’estimo generale compilato nel XVI secolo, indue scansioni, prima nel 1518, poi nel 1542; la scrupo-losità e l’accuratezza che caratterizzano soprattutto laseconda stesura dell’estimo permettono alla storica di

fotografare con precisione la situazione del territorio. Ilpaesaggio uniforme, fortemente antropizzato, in cui sisusseguono senza soluzione di continuità piatti arativi,prati e broli risulta decisamente frammentato se rilettosecondo il reticolo degli assetti proprietari. Nellapodesteria di Motta il 44% dei proprietari possedevameno di due ettari di terra, mentre a Oderzo la cifrasaliva al 51%. D’altra parte alla dispersione dellapiccola proprietà si contrapponeva l’iniziale concen-trazione della grande proprietà, per cui, ad esempio,nella podesteria di Oderzo centosei proprietari, corri-spondenti al 7,5% del numero complessivo, deteneva-no più del 57,1% dei beni fondiari. Fra questi proprie-tari, prevalenti, sia nell’area di Oderzo che in quella diMotta, erano i “forestieri”, soprattutto veneziani, ariprova dell’ormai operante trasferimento di ricchezzeche si stava attuando, all’interno della Serenissima,dagli investimenti commerciali a quelli fondiari. Ladifferenziazione stridente fra piccola proprietà diffusae grande proprietà concentrata comportava anche evi-denti conseguenze sul piano dell’utilizzazione dellaforza lavoro. La Todesco fa notare che, anche se non c’èpieno accordo fra gli storici sul problema, probabil-mente la soglia di superficie di terra necessaria ad unafamiglia per assicurarsi l’autosufficienza si aggiravafra i tre e i cinque ettari d’ampiezza. Se queste stimesono corrette si deve concludere che gran parte deipiccoli proprietari della zona dovevano ricorrere al-l’occupazione come lavoratore salariato per integrare imagri profitti delle proprietà: l’analisi dei contratti dilocazione delle aziende più estese mostra del restocome fosse pressante la richiesta di manodopera. Ana-loghe considerazioni si possono trarre dall’esame deitipi di conduzione: la gestione diretta era quella preva-lente per numero di aziende, ma occupava una percen-tuale relativamente minore per quanto concerneva ladistribuzione della rendita; poco sviluppate risultavanole conduzioni moderne di affitto in denaro o miste(denaro e generi), mentre le colonie parziarie, forme dimezzadria diversamente caratterizzate, occupavano laquota più consistente sia per ciò che riguarda la produ-zione della rendita, sia per quanto riguarda la forma diconduzione indiretta.

Dall’esame dei contratti di proprietà, attraverso cuila Todesco ci restituisce, nell’intreccio dei dati statisti-ci, la trama del tessuto sociale dell’area esaminata,l’indagine transita alle forme di coltura privilegiate. Sievidenzia così la predominanza dei cereali, nella lorodifferenziazione tra il frumento, destinato alla produ-zione del pane bianco per le mense dei ricchi, e i cerealiinferiori, meno costosi, legati all’alimentazione conta-dina; la centralità della produzione viticola e dellacoltura promiscua; la larga presenza di leguminose,segno di forme di rotazione delle colture ormai genera-lizzate; l’incidenza non secondaria degli alberi da frut-to (pomari, susinari, nogare, marescheri, persegeri,armelinieri) che ombreggiano gli spazi circoscritti deibroli. Partita da un’analisi topologica dello spazio nellesue caratteristiche morfologiche, climatiche, idro-grafiche, l’autrice ritorna così, attraverso l’analisi do-cumentata e solo apparentemente fredda dei dati ar-chivistici, alla dimensione del paesaggio, riconse-gnandoci l’immagine di un ambiente unitario in cui lapresenza dell’uomo, dei suoi manufatti, del suo lavorosegna profondamente ma armonicamente l’articolarsidei luoghi.

Ferdinando Perissinotto

Giornata di studi di storia bassanese in memoria diGina Fasoli, Atti del Convegno (Bassano, Museo Civi-co, 23 ottobre 1993), a cura di Renata Del Sal, numeromonografico del “Bollettino del Museo Civico diBassano”, n.s., 13-15 (1992-1994), Bassano del Grap-pa (VI), Museo-Biblioteca-Archivio, 1995, 8°, pp. 292,ill., s.i.p.

Il Convegno dedicato alla memoria di Gina Fasoli havisto riuniti storici e studiosi della cultura e dell’artebassanese e veneta. A Bassano La storica era nata eaveva iniziato la sua lunga attività di ricerca in ambito

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medioevale. Gli atti si aprono con l’intervento di Giu-seppe Frasson (Il mito di Bassano) che affronta e poispiega il mito della nascita di Bassano da Antenore eprima ancora dagli Euganei. I secoli medioevali (XII-XIII) sono illustrati da Sante Bortolami (La difficile“libertà di decisione” di una città mancata: Bassanonei secoli XII-XIII), che minutamente cerca di analizzarela dinamica fra il desiderio autonomistico del grossocentro economico, privo di una sede vescovile che nesostenesse le aspirazioni, e l’espansione dei potericomunali e signorili ad essa vicini come Verona, Vicenzae Padova. Restando nel periodo medioevale GiorgioPegoraro (“Loco certo non ci è posto”. Sordello nellapedemontana bassanese e asolana, tra mito e storia. Iluoghi della poesia e della cronaca) delinea la figura diSordello da Mantova, così come è descritto da coloroche lo citano, Dante, Folengo e Robert Browning, ecome poi la cronaca lo ritrae. Al periodo medioevale vaascritto anche il contributo di Maria Elisa Avagnina,che descrive i resti di un affresco del XIII secolo rinve-nuto durante i lavori di restauro di un palazzo del centrostorico di Bassano. Gian Maria Varanini (Un fascicolodi provvisioni del consiglio del comune di Bassano del1349-50) dedica il suo studio ai registri delle deli-berazioni consiliari, una fonte spesso tralasciata rispet-to ad altre fonti come gli statuti, ma non meno impor-tante per la ricostruzione della storia bassanese medio-evale. Ancora all’età di mezzo e in particolare allefamiglie nobili e alle dinamiche politiche, familiari esociali interne alla gestione del comune in questoperiodo, è dedicato il contributo di Franco Scarmoncin(Famiglie e ceto dirigente a Bassano tra ’200 e ’300).Corrado Pin (Per la storia della vita religiosa a Bassano:reazioni nel Bassanese all’interdetto di Paolo V controla Repubblica di Venezia) indirizza il suo interventoalla storia ecclesiastica di Bassano, in particolare alleconseguenze politiche e religiose che ebbe l’interdettodi papa Paolo V (17 aprile 1606) contro Venezia, equindi contro tutti i territori soggetti al suo dominio, ealle tensioni che questo provocò sul clero. Un altroaspetto della vita religiosa seicentesca di Bassano èillustrato da Giambattista Vinco da Sesso nel suo studiosulla biografia scritta da Mario Sale della beata Giovan-na Maria Bonomo, una monaca benedettina vissuta frail 1621 e il 1670 nel monastero di San Girolamo diBassano. Un corposo contributo è dato dall’interventoa tre voci riguardante la famiglia Stecchini di Bassanolungo il XVII e XVIII secolo; attraverso lo studio di due“catastici” della famiglia e di altri documenti ad essainerenti, Giamberto Petoello ha ripercorso la trasfor-mazione di casa Stecchini in “villa” a Romano d’Ez-zelino. Fabio Sbordone passa in rassegna le proprietàurbane che compaiono nel catastico Stecchini del 1728.Infine Livia Sbordone Vinco da Sesso, confrontando idue archivi del ’700 con i dati ricavati dall’archivioprivato della famiglia Stecchini, ha potuto analizzare ilpatrimonio dei dipinti e degli oggetti d’arte.

L’intervento di Nadir Stringa ci porta all’età moder-na e in particolare alla necessità di salvaguardare attra-verso un museo zonale le testimonianze a noi pervenutedella operosità industriale del passato. I monumentidell’archeologia industriale, depositari di una culturamateriale da non trascurare, riguardano in particolarmodo le fabbriche, i macchinari e gli utensili usati perla lavorazione della ceramica, ma anche antichefalegnamerie, sellerie, officine per la lavorazione delferro, del rame e del pellame. Fernando Rigon nel suointervento descrive l’apparato iconografico e decorativodella chiesa della Santissima Trinità di Angarano con-sacrata nel 1761. Gli avvenimenti che segnarono glianni fra Settecento e Ottocento e che videro il progres-sivo declino della Repubblica veneta con il successivoalternarsi delle dominazioni francese e austriaca, ven-nero registrati da cronisti e memorialisti del bassanese;i loro diari sono stati letti e opportunamente vagliati daFederico Seneca (Bassano e i cronisti bassanesi del-l’età napoleonica) per la ricostruzione del travagliatoperiodo napoleonico. Alle conseguenze della riformadel notariato voluta da Napoleone (1806) e all’impor-tanza dell’Archivio Notarile di quest’epoca è dedicatol’intervento di Giovanni Marcadella. La fine dell’etànapoleonica coincise con il ritorno austriaco a Bassano

e, soprattutto, con un periodo di quiete brevemente mabruscamente interrotto dal periodo rivoluzionario del1848 che, pur non scuotendo efficacemente i bassanesi,riuscì a far emergere la netta divisione fra i gruppi filo-austriaci e le forze liberali (Giampiero Berti, Il 1848 aBassano). L’ultimo intervento è curato da GabrieleFerronato e riguarda L’Archivio storico dell’Unità lo-cale socio-sanitaria n. 5 di Bassano che è stato sistema-to e ordinato recentemente (1990). L’archivio, che si èandato formando e stratificando su materiali pre-ottocenteschi, riveste notevole interesse perché per-mette di individuare le iniziative private a sostegnodelle Opere Pie e le vicende che trasformarono l’ospi-zio di ricovero per forestieri in servizio ospedaliero infavore dei poveri.

Cecilia Passarin

La popolazione nel dogado veneto nei secoli XVII eXVIII, a cura di Mirto Etonti e Fiorenzo Rossi, Padova,Cleup, 1995, 8°, pp. 224, L. 28.000.

È il primo volume della collana “Materiali didemografia storica”, che si propone di raccoglierestudi, documenti, contributi metodologici e saggi ope-rativi relativi ad una disciplina a cui in questi ultimi annisi è rivolta l’attenzione di demografi e storici. Il volumeche qui si presenta nasce da un’indagine accurata svoltanegli Archivi delle parrocchie del Dogado veneto enelle Anagrafi della Repubblica Veneta e prende inesame il periodo che va dal 1601 al 1800. Enorme laquantità di materiale tratto dai registri dei matrimoni,dei battesimi e dei decessi, registri divenuti obbligatoriper le parrocchie a partire dal Concilio di Trento (1545-1563), anche se si sono voluti anni perché tutte leparrocchie si adeguassero alle norme.

I dati nei primi anni appaiono lacunosi e approssima-tivi e solo col passare del tempo si fanno meno impre-cisi, per questo è stata fissata al 1° gennaio 1601 la datadi inizio della loro raccolta e analisi.

Il Dogado comprendeva, procedendo da nord-est asud-ovest, nove Podesterie: Grado, Caorle, Torcello,Murano, Gambarare, Malamocco, Chioggia, Cavarzere,Loreo. Per ciascuna Podesteria viene presentata unabreve storia, seguita dai dati relativi ai matrimoni, aibattesimi, ai decessi verificatisi in ciascuna delle sueparrocchie, nel periodo preso in esame. Vengono quin-di le tabelle che riportano la popolazione di ciascunapodesteria del dogado fra XVII e XVIII secolo, con i tassidi incremento medio annuo. La popolazione totale delDogado, tra il 1761 e il 1790, oscilla tra le 74.000 e le80.000 unità circa, registrando un andamento irregola-re. Nel 1766 passa a 75.000 unità, nel 1771 scende a72.00 per aumentare gradualmente fino ad arrivare a80.000 unità nel 1790.

Maria Pia Codato

FRANCESCO PAOLO FAVALORO, L’Esercito Veneziano del’700. Ricerche e schizzi, Venezia, Filippi, 1995, 8°, pp.146, ill., L. 43.000.

La caduta della Repubblica Veneta è stata paragona-ta al crollo di un muro pieno di crepe e già pericolanteda tempo: di fronte al giovane Bonaparte l’aristocraziaveneta tremò spaventata e abdicò in maniera incruenta.Tali aspetti poco gloriosi, soprattutto se messi a con-fronto con le più antiche e nobili tradizioni militari deisecoli passati, furono sottolineati sovente da più parti elo stesso Bonaparte, come dichiarò più tardi a Sant’Ele-na, in generale, con l’eccezione dei piemontesi e deinapoletani, non stimava affatto gli italiani come buonisoldati. Per la verità la Repubblica di Venezia dispone-va sì di forze armate relativamente consistenti maanche queste, di fronte alla determinazione dei francesie nell’assenza più totale di una ferma guida politica emilitare, non poterono compiere prodigi di valore indifesa di San Marco; altrettanto vero fu però che pochieserciti dell’ancien régime della penisola furono ingrado di vantare, combattendo i francesi, la stessa

fierezza dei granatieri piemontesi alla Cosseria o loslancio dei napoletani a Tolone.

La realtà che sta emergendo dai rinnovati studi sulleforze armate venete sta delineando comunque un qua-dro diverso e più complesso delle immagini piuttostoriduttive che hanno rappresentato fino ad oggi massepoco combattive di contadini (come nel caso dellecernide) o di indisciplinati schiavoni, non addestrate emal condotte da titubanti ufficiali poco preparati. Unpiccolo ma interessante contributo in tale direzione ècostituito appunto dal volumetto di Favaloro che vienead arricchire un panorama non molto vasto di altrepubblicazioni dedicate all’esercito veneziano nel seco-lo della decadenza; il punto di maggiore interessedell’opera sta nelle ricostruzioni uniformologiche (fruttodi attente quanto laboriose ricerche iconografiche) enei pur sintetici accenni all’organizzazione generaledella difesa con numerosi riferimenti archivistici. DopoCampoformido uno degli obiettivi principali dell’Au-stria fu quello di far dimenticare il governo veneto eprobabilmente tra le vittime più illustri di questo silen-zio storico si devono ricordare proprio le forze armate;ne deriverebbero in parte, secondo chi scrive, alcunedelle difficoltà nel reperire anche materiali per le ricer-che. L’organizzazione militare della Serenissima, pro-prio nel secolo della decadenza e del crollo, potevainvece vantare due solidissime istituzioni militari qualil’Arsenale di Venezia e il Veneto Militar Collegio diVerona (come ricorda anche l’autore), perfettamente alivello con altre analoghe istituzioni europee se non, percerti aspetti, più avanzate.

Il problema di fondo, comune del resto ad altreorganizzazioni militari europee dello stesso periodo,risiedeva nella comprensione del nuovo ruolo di tutta lacompagine militare. Se infatti, in Piemonte, la riflessio-ne sulle forze armate (che si era svolta in parallelo alleriforme) aveva già iniziato a porre l’accento siasull’enfatizzato legame con il sovrano sia sullaprofessionalizzazione dell’esercito (che doveva costi-tuire una vera e propria massa mobile in grado diinfliggere seri colpi all’avversario, come aveva sugge-rito l’acuta analisi della lezione federiciana), i purlodevoli sforzi della Serenissima a metà del XVIIIsecolo di dotarsi di corpi tecnici ben preparati, alla paridei vani tentativi di riforme più generali, sono daconsiderarsi in ritardo già in partenza e solo di merafacciata, come anche i richiami allo stile “prussiano”delle uniformi.

Giovanni Punzo

ANNA PRETTO, La Corte di Stienta. Da Luigi a PaoloCamerini 1866-1930, Rovigo, Minelliana, 1995, 8°,pp. 167, ill., L. 25.000.

Nel 1842 Silvestro Camerini si trasferisce da Ferraraa Padova, dando vita nell’arco di un decennio allanascita di un patrimonio fondiario valutato in più di5.000 ettari (che farà capo a Villa Contarini di Piazzolasul Brenta). È questa vicenda che dà il via allo sviluppodi una sorta di saga familiare dei Camerini, che sipongono in evidenza come potentato economico, quin-di anche socio-politico, tra i più importanti della storiapadovana sino agli inizi del nostro secolo. Anna Pretto,nel suo volume che conduce a felice conclusione unafase di ricerca storica iniziata con la propria tesi dilaurea, concentra invece la sua attenzione sulla nascitae sviluppo del grande latifondo Camerini non padova-no, che pone le sue radici nell’Alto Polesine, ed aventeil suo centro direzionale sin dagli albori del secolonell’Agenzia di Stienta. La vicenda storica riveste unasua peculiare importanza perché riassume in sé lecaratteristiche tipiche di quel processo di margina-lizzazione economica che ha condannato per anni ilPolesine, e le aree ad esso affini, all’arretratezza e alsottosviluppo. Silvestro Camerini e suo nipote Luigi(protagonista dei moti del 1848 e che succede al ca-pofamiglia) non si allontanano da questa dinamica: illatifondo polesano per loro è, secondo l’autrice, unasorta di “zona di prelievo capitali”, gestito in un’otticadi “conservatorismo terriero”, che contribuisce all’im-

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poverimento del territorio, allo sfruttamento non fina-lizzato allo sviluppo, e che vede addirittura la stessaopera dei Consorzi di bonifica (avviata a partire daglianni Settanta) come un’ennesima occasione per allar-gare le proprietà familiari.

L’autrice descrive con fermezza critica le dinamichedi una famiglia protagonista di quella forma diparassitismo economico che è stato il grande latifondopadano; infatti anche Paolo Camerini, ultimo esponen-te della dinastia e figlio di Luigi, anticlericale e liberal-progressista, si contaddistingue per la gestione delleproprietà familiari come si trattasse di un “autarchicofeudo agro-industriale [...] impedendo la nascita diimprenditorialità locali e non permettendo altre formedi accumulazione ed investimento diverse dal rispar-mio familiare”. Anche la lotta contro le leghe agrarie(fortissime in Polesine fra fine ed inizio secolo), ladisoccupazione cronica, l’emigrazione, rappresentanofattori marginali in questa volontà accentratrice e fontedi passività, che si configura come una sorta dimanomorta laica. L’autrice dimostra grande coraggio,sulla base di un indubbio lavoro archivistico e docu-mentale, nel tracciare le linee direzionali di un fenome-no tipico di tanta parte della terra veneta di un tempo,riuscendo a cogliere da una prospettiva particolarel’insieme di una struttura socio-economica che vedrà ilsuo tramonto solo a Novecento inoltrato. Si trattadunque di un ulteriore valido contributo alla ricercastorica dato dalla collana “Economia e società”, patro-cinata dalla Camera di Commercio di Rovigo.

Claudio Rossi

ANTONIO LAZZARINI, Fra terra e acqua. L’aziendarisicola di una famiglia veneziana nel delta del Po, vol.II, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1995, 8°, pp.IX-[389], ill., L. 70.000.

Con la pubblicazione del secondo volume dellacollana “Terra Acque Montagne - Studi, testi e docu-menti sull’ambiente”, l’opera di Antonio Lazzarinidedicata all’azienda risicola della famiglia venezianaSullam nel delta del Po è conclusa, anche se, comeosserva argutamente l’autore nell’Avvertenza al secon-do volume, solo mancando la documentazione, la ste-sura di un terzo volume, che copra l’arco temporaledalla fine della Grande Guerra ad oggi, non apparepossibile.

Il limite del primo dopoguerra non segna comunquesoltanto l’inizio delle trasformazioni dei rapporti socia-li ed economici, ma rappresenta soprattutto il passaggiodalla coltivazione del riso (scelta quasi obbligata datele caratteristiche ambientali della proprietà) alle coltureasciutte, grazie alla completa bonifica dei terreni. Larisaia stabile e la sua gestione (non solo dal punto divista esclusivamente produttivo) avevano occupatotutti i terreni per un secolo circa, partendo cioè dallontano 1818 (quando si era costituito il patrimoniofondiario della famiglia Sullam), e attraverso varie fasistoriche, dall’annessione al Regno d’Italia sino alla finedella Prima guerra mondiale, avevano influito profon-damente sul tessuto ambientale, economico e sociale diuna vasta area del delta del Po. Uno studio significativo,dunque, come ricordava nella Premessa alla collananel primo volume Gabriele De Rosa, destinato adiniziare la riflessione storica sull’evoluzione dell’am-biente e sui fattori di impatto ambientale. L’autoreinoltre, nell’Introduzione al primo volume, sottolinea-va tra l’altro quanto era già stato affermato da WitoldKula a proposito della proliferazione di monografiededicate alla storia delle singole imprese e cioè quantofosse inesatto (oltre che irrealizzabile) sostenere lanecessità di moltiplicare le singole monografie pertrarre conclusioni generali. Tuttavia, attraverso talistudi, resta la possibilità di “porre una serie di problemialtrimenti insospettabili” e “avanzare ipotesi interpre-tative nuove e diverse”; in tal senso si è colto nel segno.

Il secondo volume delinea il quadro dalla secondametà dell’Ottocento agli anni Venti di questo secolo; inparallelo agli albori della meccanizzazione agricola,soprattutto attraverso l’introduzione della macchina a

vapore, destinata alla regolazione delle acque e allatrebbiatura del risone, e attraverso l’impiego di prodottichimici, avviene il passaggio all’amministrazione ita-liana con ripercussioni soprattutto sui prezzi e suimercati del riso, mentre la progressiva integrazione deimercati internazionali si fa sentire sull’andamento deiprezzi provocando una crisi negli ’80. Un altro impor-tante aspetto è quello del controllo dei proprietari sullatenuta; praticamente completo sino a quando perdura-no condizioni e tecniche di lavoro arretrate unite alcarattere difficile e assolutamente unico delle terre delDelta. L’evoluzione delle tecniche e quella del rapportocon l’ambiente non riducono però il controllo, che siadatta e si integra alle nuove forme amministrativeunitarie attraverso una forte influenza sui comuni e unapresenza diretta e decisa allorquando gli elettori sirecano alle urne, ricordando un modello tipico e famosodell’Italia meridionale.

Oltre a questi fattori economici e sociali giocano poiun ruolo rilevantissimo le frequenti inondazioni e lascarsa disponibilità dei proprietari, per non dire a voltel’aperta opposizione, ad accettare gli interventi pubbli-ci, se non richiesti espressamente, a difesa della pro-prietà (come nel caso del vangativo), rivolti a regolaree coordinare il regime delle acque.

Giovanni Punzo

Portogruaro nell’Ottocento. Contesto storico e am-biente sociale, a cura di Ruggero Simonato e RobertoSandron, Portogruaro (VE), Nuova Dimensione -Ediciclo, 1995, 8°, pp. 219, L. 25.000.

Le celebrazioni del Centenario della morte di PadreBernardino da Portogruaro è stata l’occasione di riapri-re, da un punto di vista storico, la discussione e ildibattito sulle vicende ottocentesche della stessa comu-nità. Ruggero Simonato e Roberto Sandron curano unvolume che non vuole avere alcuna pretesa esaustivadal punto di vista della ricerca storica, ma che sicontraddistingue all’opposto per la volontà di porresotto nuova luce argomenti che, affondando le proprieradici in un passato più o meno recente, coinvolgono edinfluiscono sull’attuale sistema socio-economico e cul-turale del comune e della sua gente. L’umiltà che necaratterizza la nascita e lo sviluppo, esplicitata daicuratori in fase introduttiva, è anche la forza maggioredel volume; la metodologia utilizzata conduce il lettoreattraverso due distinti approcci interpretativi, che han-no però il pregio di garantire una visione completadell’insieme degli avvenimenti storico-politici e socio-economici dell’epoca. È il passaggio da una prospettivaquasi macrostorica ad una privilegiante la descrizionedella vita quotidiana e popolare, una sorta di rivisitazionedel particolare vista attraverso gli occhi delle dinami-che generali. È questa infatti anche la struttura stessadell’opera, che divide i saggi ivi contenuti in dueapposite sezioni: contesto storico e ambiente sociale.

Gli autori si incaricano di analizzare la storia dellacittà dal momento della caduta della Repubblica diVenezia (eccellente, anche per l’appendice documen-tale, il lavoro di Franco Rossi), per poi spaziare daglianni dell’occupazione austriaca sino alla riunione diPortogruaro con il Regno d’Italia. Giampaolo Romanatosi occupa della problematica del modello religiosocattolico che fa quasi da continuum sfondo storico atutto il periodo. Questo contributo chiude la prima partedel saggio, che affida poi la prospettiva microstorica aRoberto Barbuio, Gianfranco Costini e Imelde RosaPellegrini, che si occupano di tematiche quali l’analisidei flussi demografici, la storia delle scuole comunali,l’associazionismo laico e cattolico. Il taglio inter-pretativo, “volto a inserire le vicende locali in un piùampio contesto regionale e culturale”, è supportato daun lavoro di ricerca archivistica e documentale digrande spessore, che contribuisce a far sì che si possaesprimere un complessivo positivo giudizio sull’opera,specialmente vista come utile corollario ai futuri lavoristorici sull’area, che non potranno non fare di questolavoro un prezioso punto di partenza.

Claudio Rossi

ALESSANDRO CASELLATO, Libri per il popolo. Appuntisulle biblioteche popolari e l’organizzazione della cul-tura a Treviso tra Ottocento e Novecento, Treviso,Istituto per la storia della Resistenza e della societàcontemporanea della Marca trevigiana, 1995, 8°, pp.47, s.i.p.

La collana “Promemoria” dell’Istituto per la Resi-stenza di Treviso intende, con ricerche mirate, effettua-re divulgazione. Il presente volumetto studia i rapportitra cultura dominante e subalterna tramite un’indaginesulle biblioteche.

Il lascito spirituale della lotta di Liberazione è statoanche quello del bisogno dell’affrancamento delle massepopolari dall’ignoranza. Nell’Ottocento e nel primoNovecento, prima dell’avvento della televisione, “faregli italiani” secondo le aspettative e promesse risorgi-mentali si coniuga con la pratica della lettura, conappropriate biblioteche e con un rapporto proficuo conla comunità di appartenenza, secondo il paradigmapaternalistico-democratico: la cultura è del popolo eper il popolo. La Società Operaia di Mutuo Soccorso“G. Garibaldi”, l’Università popolare, le bibliotechescolastiche (dell’Istituto Tecnico “Riccati” e del Liceo“Canova”), la Biblioteca popolare “G. Pascoli” si isti-tuzionalizzano per distinguersi dall’organizzazione dellacultura popolare cattolica e per radicare quella liberalee postrisorgimentale, la quale tende a ridurre gli attrititra classe e classe. Ne esce una campionatura interes-sante dell’“aspirazione trevigiana a fare della culturaper il popolo un’occasione di cittadinanza” (p. 8).

Antonio Napoli

Cornudesi, italiani purissimi! L’utopia risorgimentaledel ’48. Cronaca segreta e integrale di un testimoneinvolontario. Dal manoscritto di Giuseppe Castagna diNogaré, pref. e note a cura di Sisinio Narduzzo,Valdobbiadene - Cornuda - Crocetta del Montello (TV),Amministrazioni e Biblioteche Comunali, 1994, 8°,pp.127, ill., s.i.p.

Tra i problemi più sentiti in storiografia vi sonol’attendibilità e la pluralità delle fonti. Spesso questadisciplina ha patito la scarsità dell’una e dell’altra,comprese nella sequenza diacronica di date e nomiforniti unilateralmente dai vincitori. Tutto ciò almenofin quando la scuola di L. Febvre e M. Bloch, e in tempipiù recenti anche di F. Braudel e J. Le Goff, quella delle“Annalés”, non si schierò apertamente contro la storiaévénementielle – in una parola la cronaca, che si limitaa catalogare gli avvenimenti senza spiegarne le cause –che tanto ha offuscato la comprensione dei processi edelle dinamiche epocali, mettendo in luce la necessitàdi fonti alternative di storia materiale ai fini di una piùcorretta ricostruzione e comprensione delle coordinatedell’evoluzione umana.

Nel suo piccolo, anche questo libro, che offre unaricostruzione dei fatti risorgimentali del tutto inedita epersonale, fornisce un contributo per rendere noti alcuniaspetti di quelle vicende che potrebbero essere statitrascurati dai testi storici “canonici”. Si tratta del diario,compilato nel corso del 1848, di Giuseppe Castagna(1785-1866), nobile veneziano che si trovò coinvolto,suo malgrado, in uno dei primi avvenimenti bellici checaratterizzarono il Risorgimento: la battaglia di Cornuda,che costrinse il nostro autore e la sua famiglia lontano daVenezia. L’originalità del contributo storico ricavabiledalle note stese dal Castagna nel corso dei mesi trascorsinella residenza di Nogaré, consiste non tanto nelladescrizione delle operazioni militari – delle quali sisono occupati, più autorevolmente, diversi autori e checomunque non sono mai al centro del precipuo interessedescrittivo di Castagna –, ma nella narrazione di tuttoquanto stava ai margini di esse: i patimenti e le pauredella gente, il crescente coinvolgimento della popola-zione civile nella causa dell’unità nazionale, i diversisentimenti che albergavano nei popolani, nel clero e neibenestanti, i rapporti fra le truppe e i civili. Castagna,pur convinto sostenitore dell’Austria e dell’inferioritàitaliana non solo militare, ma anche di mentalità e di

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organizzazione amministrativa, fornisce un’immaginepregnante dell’italiano di quest’epoca, qui consideratoopportunista e intrallazzatore; in questo senso Castagnadefinisce i nogaresi “italiani purissimi”. Anch’egli,comunque, si rende conto dell’importanza storica delmomento, e così decide di scrivere, con un linguaggiosemplice ma incisivo, per tramandare ai posteri la suapersonale visione dei fatti. Una visione sicuramentemanichea, che la storia avrebbe successivamente smen-tito, ma che proprio per questo aggiunge oggi qualcosadi nuovo alla ricostruzione e alla comprensione deicontrasti, delle idee e delle azioni che portarono all’uni-tà nazionale.

Marco Bevilacqua

ENRICO ACERBI, La Grande Guerra sul Pasubio 1915-1918, Novale di Valdagno (VI), Gino Rossato, 1994, 4°,pp. 22, ill., con videocassetta, L. 35.000.

Il rinnovato interesse storiografico a vari livelli sullaPrima guerra mondiale ne sta riportando in luce gliaspetti più disparati ma, al di là della ricostruzione piùo meno puntigliosa degli eventi bellici, sia attraverso lamemorialistica che altre fonti materiali, la maggiorattenzione sembra concentrarsi sui luoghi e sullaquotidianità al fronte, nelle retrovie o nelle città.

Le riprese cinematografiche effettuate durante ilconflitto acquistano inoltre una duplice valenza: accan-to alla testimonianza storica del conflitto convive unimportante, e diremmo quasi paritario, momentoevolutivo della storia del mezzo cinematografico; né vadimenticato infine che la stragrande maggioranza ditale materiale filmato venne realizzata con intenti pro-pagandistici (valga per tutti ricordare la celebre proie-zione a Pietroburgo del filmato girato sull’Adamello,cui assistette anche il granduca Alessio). Sotto questaluce vanno pertanto visti anche i filmati realizzati daglioperatori austriaci sul Pasubio durante un inverno diguerra; l’originale, proveniente appunto da un archiviod’oltralpe, è stato riversato nella videocassetta allegataal fascicolo curato da Enrico Acerbi dedicato allaGrande Guerra sul Massiccio del Pasubio.

La realtà bellica che vi appare non è quella deicombattimenti furiosi, che pure non mancarono, maquella della vita quotidiana, della dura lotta dei prota-gonisti – che pare far ricordare anche le popolazionicoinvolte – con condizioni ambientali a dir poco estre-me che mieterono anche un elevato numero di vittime.In una sola giornata della primavera del 1916 si ebbero,da ambo le parti, lungo il settore alpino del fronte, circaun migliaio di vittime. Ne deriva un’altra importanteconsiderazione, ricordata anche da G. Rochat nel corsodi un convegno dedicato alla Prima Guerra mondiale:in genere le perdite per malattia, che non furono affattotrascurabili, sono state rimosse dalle celebrazioni uffi-ciali dei caduti, dove contava l’esser “caduti sul campodell’onore”, e sono oggi rintracciabili nella loro dram-maticità solo tra le pieghe delle statistiche ufficiali.

Giovanni Punzo

EUGENIO BUCCIOL, 1915-1918. Foto italiane e austro-ungariche fronte a fronte, Portogruaro (VE), NuovaDimensione - Ediciclo, 1995, 8°, pp. 191, ill., L. 44.000.

Questo testo tenta un ulteriore passo in avanti rispet-to alle fonti storiche tradizionali sulla guerra del ’15-’18. Ricorrendo ai ricchi materiali conservati nellaFototeca della Regione Veneto e nell’Archivio di Guerradi Vienna sull’invasione dell’Italia nord-orientale, l’au-tore mette a confronto le testimonianze fotografiche dientrambe le parti, qulla italiana e quella austro-ungarica,per ricavarne uno spaccato storico che rivela, spessomeglio di molte testimonianze scritte, analogie e diffe-renze che caratterizzavano due popoli in guerra tra loro.

Il testo è diviso in due sezioni. La prima forniscequalche breve indicazione sul nuovo ruolo assuntodall’immagine rispetto alla parola scritta nella propa-

ganda bellica dei due paesi. Immagine che, attraverso lecartoline illustrate e le fotografie diffuse a mezzostampa, tende già a soppiantare la parola, anticipandocosì in qualche modo il processo di rappresentazione ere-invenzione della realtà che, nei decenni successivi,hanno completato – e non solo in periodo bellico – ilcinema, prima, e la televisione, poi.

La seconda sezione, più corposa, ospita una selezio-ne di fotografie che raffigurano, in situazioni diverse, lacondizione dei soldati al fronte e della popolazionecivile nelle retrovie: ricorrono ad ogni pagina, nei voltidelle persone impressi sulla pellicola, siano le immagi-ni relative all’uno o all’altro contendente, “le stesseforzate euforie lontane dal fronte, il medesimo sgomen-to di uomini in trincea, di donne e bambini in fuga [...]in una assoluta identità di rovine e di morte”.

Le tradotte, le file di profughi, gli ammassi di muni-zioni, le marce faticose di truppe e animali, le stragi, ibombardamenti, ma anche la toilette in trincea, le festein piazza per i liberatori, i momenti di svago nelle libereuscite, i volti ignari dei figli dei combattenti: sempre, sitratti di vita quotidiana degli individui o di grandi eventicollettivi, da queste immagini sbiadite affiora l’anor-malità, l’emergenza di una condizione, quella dei po-poli che si combattono, che sconvolge per sempre lavita e le coscienze delle persone. E forse, la funzioneprincipale di pubblicazioni come questa, al di là delcontenuto agiografico – pur legittimo – sulle gesta dellegenerazioni che vissero sulla loro pelle un eventotraumatico come il primo conflitto mondiale, è proprioquella di illuminare con efficacia il lettore sulla triste einsostenibile condizione dell’uomo in guerra.

Marco Bevilacqua

PAOLO GIACOMEL, 1914-1915. Cortina d’Ampezzo. DalTirolo all’Italia, Cortina d’Ampezzo (BL), BibliotecaCivica - Comune, 1994, 8°, pp. 99, ill., s.i.p.

PAOLO GIACOMEL, 1914-1919. Dramma di una famigliaampezzana, Cortina d’Ampezzo (BL), Biblioteca Civi-ca - Comune, 1994, 8°, pp. 94, ill., s.i.p.

PAOLO GIACOMEL, Giugno-Ottobre 1915. BombardanoCortina!, Cortina d’Ampezzo (BL), Biblioteca Civica -Comune, 1995, 8°, pp. 132, ill., s.i.p.

I fatti storici, quando vengono raccontati, possonoessere ricostruiti anche con documentazione minore,come nel caso dei lavori di Giacomel, il quale usacartoline, diari, lettere per intessere la trama di paura,ansia e insicurezza generale determinata dalla guerra.Gli ampezzani, travolti dalla violenza degli eventibellici, si appellano alla forza interiore data dallareligiosità, dalle radici della tradizione per reagire allatragedia del trionfo della forza bruta. Le testimonianzescritte ed orali raccolte esprimono anche sotto l’aspettostoriografico un percorso della guerra effettuato luogoper luogo (ponti, strade, case ecc.) ed intrecciato con isentimenti della nostalgia, della memoria, della soffe-renza; non sono rari i sostantivi calvario, strazio, infer-

no ecc. usati nella corrispondenza tra le madri difamiglia e i mariti e/o figli al fronte.Importante è inmerito il volume Dramma di una famiglia ampezzana,che si addentra nella vita vissuta da una famiglia sottoil controllo dell’autorità militare occupante.

Un buon esempio è il diario di don Isidoro Alverà,scritto in prigionia con lo strumento della stenografia,il quale ripropone il valore della famiglia e della corri-spondenza quale spia della solitudine sia di chi vive ildramma della guerra in comunità sia del prigionieroche non vuole spezzare il legame che, unendolo allafamiglia, lo stringe alla comunità della quale la singolafamiglia fa parte. Vige quasi una legge del contrappasso.La guerra è la prova dell’incapacità dell’uomo al dialo-go, mentre la corrispondenza esaminata esprime, inve-ce, l’esatto contrario: l’interrogazione continua sulladignità umana, la sofferenza comune, la solidarietà deldolore, l’amore verso ideali comuni. La memoria re-cupera il tempo della vita, sicché, come scrive Giacomel,“si desidera conoscere i fatti accaduti in un passato chenon passa mai, soprattutto quando non viene menol’imperativo del dover ricordare”.

Antonio Napoli

MARIA SACILOTTO, Annone Veneto, Udine, Arti Grafi-che Friulane, 1994, rist. anast. Udine 1972, 8°, pp. 247,ill., s.i.p.

Promossa dal Comitato di Annone Veneto, la ri-stampa anastatica di questo saggio di Maria Sacilottocostituisce un utile excursus sulla storia del paese dallapreistoria all’epoca attuale. Dai cenni storici, l’autricepassa ad un’analisi artistica degli edifici e dei monu-menti di rilevante importanza. Di seguito approfondi-sce l’aspetto antropologico parlando delle famiglie,istituzioni e personaggi locali, tradizioni, linguaggio.

Nel proporre questi aspetti, la Sacilotto non si limitaad una descrizione cronologicamente asettica degliavvenimenti, dei luoghi, delle persone. Utilizza studi etestimonianze per entrare nel particolare; come peresempio nelle vite delle persone che hanno scritto lastoria di Annone. Particolare attenzione viene dedicataalla presentazione di proverbi vecchi e nuovi, moltiinediti e praticamente sconosciuti, specchio di saggez-za popolare. L’esposizione di questa cultura popolareviene arricchita da racconti e leggende anche in “lin-gua”, accattivanti e splendenti nella loro semplicità.

A corollario del volume è posto un insolito diziona-rio Annonese-Italiano, nonché l’albero genealogico diuna delle famiglie più rappresentative del luogo: i ContiFrattina. Alcune carte toponomastiche sulla antica con-formazione del territorio, a corredo della parte storica,chiudono il testo.

Giovanni Mari

Pontelongo. Immagini e documenti. 1880-1950,Pontelongo (PD), Biblioteca Comunale, Maserà (PD),Editrice Maseratense, 1995, 4°, pp. 139, ill., s.i.p.

La sensibilità delle Amministrazioni Comunali ver-so il recupero della propria memoria storica, è diventa-to, specie nel Veneto, un avvenimento abbastanzafrequente. Il Comune di Pontelongo ha voluto ripercor-rere, con questo volume, settant’anni della propriaesistenza. Coinvolgendo anche i cittadini in una fruttuosaricerca di materiale utile, si è riusciti a presentare unprodotto articolato e puntuale. Corredato da numerosefoto d’epoca e da documenti emessi nel corso degli annidalle diverse autorità succedutesi nel tempo, il testopropone a corollario testimonianze del periodo bellico.Il risultato è un percorso visivo prima che scritto. Unospaccato “ad immagini” della quotidianità, stravoltaperiodicamente da eventi imprevedibili. La semplicitàdi fruizione rende quest’opera accessibile a tutti. Primorisultato dell’iniziativa promossa dalla Biblioteca Co-munale e dall’Assessorato alla Cultura del Comune diPontelongo, intitolata “Ricostruiamo la nostra storia”.

Giovanni Mari

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CLAUDIO MOTTO - PAOLO MIOTTO, Il territorio di Villadel Conte nella storia. L’Abazia di S. Pietro e S.Eufemia, S. Massimo di Borghetto e la Contea delRestello, Villa del Conte (PD), Comune di Villa delConte, 1994, 8°, pp. XIII-953, ill., s.i.p.

Si tratta dello studio storico più organico e completoche sia mai stato scritto sulla storia del comune di Villadel Conte (Padova). La stessa mole del testo autorizzaa pensare a un lavoro di ricerca pluriennale, caratteriz-zato da una sistematica consultazione di tutte le possi-bili fonti, da quelle orali a quelle scritte, e da un attentoesame dei materiali archivistici: ne è testimonianza larilevante presenza di un apparato di note completo dinumerosi e dettagliati rimandi bibliografici. Il testo –scritto a quattro mani dai fratelli Miotto, da anni impe-gnati in ricerche e studi di storia locale – analizza learticolate vicende del paese soprattutto in relazione aicoevi accadimenti storici dei territori e delle città limi-trofi, superando una lettura rigidamente localistica chepoteva rappresentare un limite della ricerca.

Il lavoro dei Miotto si apre con annotazioni dicarattere idrografico e toponomastico che delineanocon precisione l’area territoriale in oggetto. Grandespazio viene poi riservato all’epoca romana, quandoVilla del Conte cominciò ad assumere una sua primafisionomia urbana, sociale ed economica. Il percorsodegli autori segue – come possibile chiave di letturadelle vicende del territorio – la falsariga dei mutamentiavvenuti nell’appartenenza diocesana: sotto Trevisonell’alto Medioevo, sotto Vicenza dal basso Medioevofino al 1818, Villa del Conte passò poi definitivamentesotto la diocesi di Padova.

Alcuni capitoli approfondiscono vicende storichedelle quali spesso si è persa la memoria o si conservanosolo pochi dati approssimativi. Il libro documenta, adesempio, come il paese, che fino al XV secolo mantennela sua unità, negli ultimi anni del Quattrocento fossestrutturato in due distinte realtà territoriali e civili, Villadel Conte e Villa S. Giuliana (quest’ultima sarà“riassorbita” solo dopo più di un secolo). Alle attualifrazioni del territorio comunale (S. Pietro e S. Eufemiadi Villanova) gli autori dedicano la dovuta attenzione e,partendo dall’analisi delle titolature, affrontano le vi-cende legate alle due famiglie comitensi degli Ezzelinie dei Camposampiero, così importanti nella storiacivile e religiosa del territorio. Particolare spazio vieneriservato poi alla toponomastica territoriale tra l’XI e ilXX secolo. Il testo è sostenuto da un apparato icono-grafico di grande impegno

Marco Bevilacqua

ANTONIO MORET, Serravalle piccola Firenze del Veneto.Alla ricerca dello spirito di un Popolo antico e nobilis-simo, Conegliano Veneto (TV), Cassa rurale ed artigia-na delle Prealpi Venete, 1994, 8°, pp. 1243, ill., s.i.p.

L’attuale Vittorio Veneto nasce nel 1866, a seguitodella ricongiunzione plebiscitaria all’Italia del Lom-bardo-Veneto e alla fusione delle due cittadine diSerravalle e Ceneda. È proprio su Serravalle, “la picco-la Firenze del Veneto” come definita dall’autore, che ilpresente saggio si incentra: trattasi di un paese dimillenaria storia, nato come “Castrum”, acropoli dellacittà romana di Ceneda all’epoca delle campagne diCesare ed Augusto, separatasi urbanisticamente dalvillaggio d’origine nel X secolo. Serravalle vive nelMedioevo il suo periodo di massimo splendore, vieneaggiunta alle preesistenti una terza cerchia di mura, sigettano le basi di una configurazione viaria, archi-tettonica e paesaggistica rimasta in modo miracolosointatta sino ai nostri giorni (l’attuale struttura trovacompleta attuazione nel Rinascimento, tra il 1450 e il1550). Il lavoro di Antonio Moret propone un accuratostudio su tutto quello che, in quel secolo in particolare,rappresenta cultura ed arte: rilevante il numero diincisioni lapidarie censite, la ricerca sulle opere dimaestri rinascimentali disseminate qua e là tra i varipalazzi, la raccolta di miti e tradizioni popolari legatealla storia del paese, delle sue chiese e delle principali

famiglie. L’autore propone inoltre una serie di cinqueitinerari, che potremmo definire “turistico-culturali”,basati su quelli che sono i più importanti siti architettonicied urbanistici della cittadina (supportato in ciò daricostruzioni e disegni originali dell’epoca). Un’operaaccattivante, frutto di un grande lavoro di ricerca, allaquale si deve aggiungere l’elegante veste grafica delvolume e la certosina completezza delle ricostruzionistoriche.

Claudio Rossi

LUIGI DIVARI, Barche tradizionali del Golfo di Venezia,Chioggia (VE), Il Leggio, 1995, pp. 120, ill., L. 30.000.

Quando si parla di gondola immediatamente si pen-sa alla celebre imbarcazione ammirata dai turisti aVenezia, protetta e conservata da un apposito ente.Luigi Divari invece ricorda che nel sedicesimo secolosi parlava di una “misteriosa gondola alla chioggiotta”e che fino ai primi del Novecento si poteva vedereancora una gondola, più semplice e priva di fregi,impiegata soprattutto per il trasporto di merci. Erachiamata gondola bastarda o gondola fàlcada. Anchela barchéta, impiegata per servizio di polizia, postale edi soccorso, viene considerata una “parente stretta”della gondola. Divari, con il suo studio sulle imbarca-zioni tradizionali, accompagna il lettore in una sorta diviaggio nella civiltà delle acque. Sono circa cento-cinquanta le imbarcazioni elencate. Non una freddaschedatura, ma una descrizione piana e piacevole chefornisce cenni storici, indica le funzioni delle imbarca-zioni e il modo di condurle. Così l’autore spiega l’ori-ginalità della gondola riconducendola alle particolaricondizioni ambientali caratterizzanti la laguna circamille anni fa: “Per poter circolare agevolmente inquell’ambiente serviva una barca manovrabile da unasola persona, abbastanza veloce per le lunghe distanzee contro corrente, col conducente che vogava in piedi ein alto per individuare il percorso nei canali tortuosi,capace di pronte e facili evoluzioni sulle curve e lestrettoie dei ghebi e anche di trasportare un discretocarico e di poter atterrare con le estremità sulle basserive fangose senza incagliarvi”.

La civiltà delle acque non è rappresentata solo dallalaguna ma anche dal mare e dai fiumi, pertanto ildiscorso dello studioso è scivolato a descrivere leimbarcazioni marinaresche e fluviali. Un viaggio, quel-lo proposto da Divari, che attraverso le barche tradizio-nali racconta “la storia viva di uomini e donne – scriveGiorgio Supiej, presidente dell’Associazione per lostudio e la conservazione delle imbarcazioni veneziane– e dei loro mestieri, con le barche al lavoro, con leproprie mercanzie di ortaggi o cacciagioni sul trasto,con le reti e gli equipaggi intenti al lavoro di pesca, levele al vento, e le scotte in manovra e, talvolta, il marein burrasca”.

Cinzio Gibin

Marineria tradizionale in Adriatico, Atti della confe-renza internazionale (Grado, 3-5 marzo 1994), a cura diMario Marzari, Monfalcone (GO), Edizioni della Lagu-na - Comune di Grado, 1995, pp. 112, ill., s.i.p.

Una grande scarpa marrone contraddistingueva lavela del bragozzo chioggiotto di Luigi Scarpa Sorsegno,mentre la vela del bragozzo di Sante Botela aveva comesoggetto una botte da cui usciva del vino. Sono questigli elementi decorativi che caratterizzavano le veledelle imbarcazioni di Chioggia e più in generale del-l’Adriatico. Una usanza diffusa già nel XVIII secolo edefinita da uno dei suoi principali studiosi, AlessandroPericle Ninni, “araldica pescatoria”. La colorazionedelle vele serviva a proteggere il tessuto e quindi arenderlo più resistente alle intemperie, inoltre i coloripermettevano l’avvistamento dell’imbarcazione du-rante i periodi di nebbia. L’avvento del motore ha resosuperflua la vela, da qui l’interesse degli appassionati dimarineria e degli studiosi come Mario Marzari a pro-

porre, in continuità con l’opera di Angelo Marella, laraccolta di tutte le informazioni relative alla vela. Unaattività di recupero e di valorizzazione che il Comunedi Grado promuove da alcuni anni e che ha volutoincentivare anche con questa Conferenza internaziona-le organizzata con la collaborazione dell’Istituto Italia-no di Archeologia e Etnologia navale di Venezia el’Associazione Aldebaran di Trieste. Oltre agli inter-venti di Marzari, sulle vele e sulla tipologia delleimbarcazioni, vi sono stati quelli di Kostas Damianidise Velimir Salomon; delle fonti d’archivio si sono occu-pati Maria Lucia De Nicolò e Corrado Garbuglia; sulnaviglio minore, costruzione e modelli tradizionalisono intervenuti Ugo Pizzarello, Marco Bonino e FlaviaMoimas; Grazia Tatò ha invece parlato del movimentomarittimo tra la Grecia e Trieste.

Cinzio Gibin

Dalla scuola nautica ai transatlantici. 250 anni dicultura e attività marittima a Trieste, catalogo dellamostra (Trieste, Biblioteca Civica “A. Hortis”, Civicomuseo del mare, con la collaborazione dell’Istitutotecnico nautico “T. di Savoia”, Sala Costanzi, 22 di-cembre 1995-10 marzo 1996), Trieste, 1995, 16°, pp.80, ill., s.i.p.

L’8 giugno 1912 il transatlantico “Kaiser FranzJosef I”, partito il 25 maggio da Trieste, entra nel portodi New York. La stampa ne dà ampio risalto, infatti ilfatto è dimostrativo dell’alto livello tecnico raggiuntodalla cantieristica austriaca nelle costruzioni navali.Ma esso è indicativo anche di un altro fenomeno, quellosecondo cui Trieste divenne, nella prima metà delNovecento, la città dei transatlantici. Un tale risultatofu la conseguenza di una politica economico-culturaleche nei due secoli precedenti intese Trieste come portadell’Adriatico: Carlo VI aveva stabilito la libera navi-gazione nell’Adriatico e aveva istituito il porto francodi Trieste; mentre Maria Teresa diede avvio nel 1754alla Scuola di matematica e nautica. Oltre a ciò, fufavorito, con allettanti offerte economiche e in unmomento in cui la Serenissima si trovava in difficoltà,l’afflusso di manodopera specializzata dalle localitàdella laguna di Venezia. L’apice raggiunto dallacantieristica triestina nel Novecento lo si deve quindianche a quesi maestri d’ascia, calafati, squerarioli chedalle cittadine della gronda lagunare emigrarono versoi cantieri di Fiume, Capodistria, Grado. Non solo, leradici del successo della cantieristica navale sono daricercare nell’insegnamento di quei docenti che si sonosucceduti nelle cattedre della “I.R. Scuola Reale dinautica in Trieste” che dal 1820 ebbe il titolo di “Acca-demia”. Tra i docenti si distinsero Gaspare Tonello, cheaveva raccolto i frutti della “cultura nautica” di SimoneStratico di Padova e di Gianmaria Maffioletti di Vene-zia. Il Tonello, che fu socio degli Istituti di scienze,lettere ed arti di Padova e Venezia, partecipò ai Con-gressi degli scienziati italiani di Padova (1842) e Vene-zia (1847) dove relazionò sul modo di sfruttare lapropulsione a vapore nei piroscafi e promosse unacommissione per la stesura di un “Dizionario di Mari-na”.

A questa cultura nautica Trieste ha dedicato unamostra i cui testi sono stati curati da Mario Marzari perla sezione “A scuola di nave” e da Valerio Staccoli perla sezione “Trieste, città dei transatlantici”.

Cinzio Gibin

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Lapidi cimiteriali ebraiche:una pagina di storia civile(Espedita Grandesso)

Con il presente articolo, necessariamente breve enon esaustivo, si intende segnalare l’importanzadelle schedature di lapidi cimiteriali ebraiche diPadova e di Venezia che, a partire dal 1992, sonostate eseguite per conto del Servizio Documenta-zione della Regione del Veneto ad opera di GadiLuzzatto Voghera e Tobia Ravà della cooperativaA.C.R., che hanno elaborato questo materiale concura e larghezza di annotazioni preziose.

La schedatura risulta quanto mai interessante siasotto il profilo artistico che sotto il profilo storico,anche in considerazione del fatto che, a partire dalXIX secolo, si legge chiaramente nelle lapidi lastoria di un’integrazione, con ogni probabilità giàavvenuta in precedenza, tra le comunità israelitichee la popolazione locale, ma che nel secolo scorsopuò finalmente esprimersi senza impedimenti sottoil denominatore comune della cittadinanza italiana.

Gli scambi culturali tra la comunità ebraica equella veneziana, ad esempio, ci furono indubbia-mente e non soltanto a livello economico. Puòessere interessante osservare quanto siano staticapillari, partendo “dal basso” ossia da alcuni scam-bi linguistici tra dialetto veneziano e parlata ebraica,come si rileva dal volume di U. Fortis e P. Zolli, Laparlata giudeo-veneziana (Roma, Carucci). Si pre-mette che anche le parole che verranno citate sonoreperti archeologici, poiché appartengono ad unlinguaggio doppiamente perduto, sia come “parlatadel Ghetto” che come dialetto veneziano, ormaiconosciuto e fruito da una minima parte della popo-lazione di Venezia. Ebbene, la parlata “giudeo-veneziana” conia un aggettivo da un sostantivomutuato dal dialetto locale: “baroso”. Questo termi-ne viene attribuito al petto di tacchino, ottimo perottenere un polpettone consistente. “Baroso”, dun-que, significa all’incirca gonfio, voluminoso, Ilsostantivo che ha dato origine a questo termine è

Nel Cimitero israelitico del Lido di Venezia glistemmi familiari appaiono poco visibili in fotogra-fia perché sono per lo più graffiti o eseguiti a rilievoassai basso, mentre a Padova stemmi ed insegnesono scolpiti a medio rilievo e con molta evidenza,quindi più facilmente leggibili.

Le lapidi cimiteriali vanno certo annoverate tra ilavori artigianali e tuttavia, percorrendo un campo-santo di origini antiche, hanno il pregio di consen-tire la lettura, a distanza ravvicinata, di tutti i model-li scultorei caratteristici delle epoche che si sonosuccedute; ciò permette dei confronti immediati trai vari stili che una città, invece, offre assai piùdilazionati nello spazio e nel tempo di percorso.

Forse, nel caso in questione, un interesse ancoramaggiore è suscitato dai dati storici che si possonoricavare dalla lettura dei testi, concisi ma significa-tivi, posti a memoria dei defunti; da essi emergono,assieme alle doverose professioni di fede, titoli eoccupazioni più o meno rilevanti, che caratterizza-rono in vita l’individuo commemorato e la società incui si trovò ad agire. Cognomi e insegne indicano icontatti e gli spostamenti che famiglie intere o loromembri ebbero sul territorio del Veneto e dell’Ita-lia. Indicano altresì la provenienza dalle varie partid’Europa e suggeriscono i motivi, spesso dramma-tici, che indussero tante persone a sradicarsi da unluogo per trapiantarsi in un altro, imparando nuovelingue e adeguandosi a nuovi costumi.

Forse i nomi propri femminili che si ricavano daqueste schedature, più di quelli maschili, dannoconto delle varie ondate di migrazione ebraica,avvenute dalle nazioni europee a Venezia e a Pado-va. Alcuni nomi propri, ad esempio, sembranopiuttosto significativi, in quanto segnalano proba-bilmente un’onda migratoria dal Nord-Est d’Euro-pa, avvenuta nella metà del XVII secolo e, nel con-tempo, suggeriscono un cambiamento di sensibilitàe di abitudini che avviene, col passare del tempo,nelle comunità ebraiche prese in considerazione.

A partire dalle epoche più antiche le sepoltureriportano nomi femminili tradizionali: Rachel, Hana,Ester, Giuditta (piuttosto raro), Malka (che signifi-ca Regina), Tova (che è tradotto in Bona anche nellelapidi più antiche). E, ancora, si riscontrano alcuninomi femminili che, col passare del tempo, vengo-no sempre meno ripetuti: Luna, Perla, Bella, Dolce

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Stemma della famiglia Levi, con insegne di hidalgo: “una manodall’alto regge una brocca nell’atto di versare l’acqua in un calice”(più spesso in un bacile). I Levi svolgevano funzioni sacerdotali.

Stemma di appartenente alla famiglia Ashkenazi: “due pesci contrap-posti, sopra onde marine, uniti per la bocca con un filo a esse”.Stemma simile o similare è adottato di solito dalle famiglie Jona edErrera.

“baro” (da cui “barena”) che, come illustra il Boerio,definisce sia un terreno incolto ricoperto d’erbespontanee quanto una grande mole, una massa vo-luminosa. Sempre dal dialetto veneziano derivano itermini “bisa” e “luganegoto” che indicano, rispet-tivamente, un dolce a forma di esse, “bissa” (biscia),e il salame d’oca da “luganega” (salsiccia).

Il dialetto veneziano, a sua volta, ha mutuato piùdi un termine dalla parlata del Ghetto. Uno di questi,tuttora usato, sia pure raramente, è “tananai” esignifica confusione, putiferio; un altro, caduto or-mai in disuso, come “baro” ed altre parole dialettali,è “tandan”, che significa uomo grossolano e rozzo.Questi termini, ancora verso il 1950, venivano usaticorrentemente dalle persone più anziane.

Si è accennato a questi sia pur fragili punti dicontatto fra due culture non certo perché abbiano ache vedere con le scritte che appaiono sulle lapididei cimiteri ebraici di Venezia e di Padova, bensì perevidenziare il filo tenue, ma consistente, che uniscedue culture tanto diverse e, in fondo, tanto orgoglio-se entrambe della loro unicità e della loro storia.

Sia in Venezia che in Padova esistono areecimiteriali ebraiche importanti per la loro antichità,con sepolture che partono dal XIV-XV secolo.

La schedatura dei cimiteri ebraici di Padovaappare più completa di dati, trattandosi di unaprecatalogazione, mentre le schedature riguardantil’area cimiteriale del Lido di Venezia sono piùscarne, trattandosi di schede d’inventariazione, contutti i limiti che ciò comporta, anche se la sensibilitàe la cultura dei catalogatori le hanno arricchite dinotizie che esulano dallo schematismo inventariale.A tali materiali si fa riferimento nelle note cheseguono.

Va detto subito che, purtroppo, l’area cimiterialeebraica del Lido di Venezia versa in condizionimolto precarie. Le lapidi e i coperchi di sarcofagosono in parte rovinati dai fattori atmosferici e, inparte, dalla mancanza di spazio, nonché dall’usanzaebraica che non prevede l’uso dell’ossario, e, quin-di, la creazione di nuovi spazi cimiteriali mediantel’esumazione ciclica delle salme. L’incrociarsi diquesti fattori ha indotto nel passato a stratificare lesepolture, per cui alcune lapidi sono finite sotto isepolcri più recenti.

Sepoltura di Yehoshua Haim Penso (Salvatore Vita Penso). Stemmacon insegne di hidalgo: “torre merlata sorretta da due leonicontrorampanti. Sui merli una figura regge lo scudo col bracciosinistro, il tutto tra le lettere H e P”.

Servizio regionale di documentazione dei Beni culturaliconsiderazioni e spunti di ricerca dalle schede di catalogo)

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e Dolcetta, Gentile, Stella, Diamante, Smeralda,Zoia (Gioia). Mentre i nomi propri maschili sem-brano seguire rigorosamente la tradizione, per lesepolture delle donne si ha l’impressione che spessosiano stati usati i diminutivi con cui furono cono-sciute in vita e comunque questi nomi sembranoconservare le inflessioni dell’idioma dei paesi dacui proveniva la portatrice o la sua famiglia. Adesempio: Reizele, Reitzele; Tilzele, Tulzella,Tzeltzele; Brunele, Geimele, Yentele, Metele sem-brano di derivazione nordica. Questi nomi proprifemminili si attestano all’incirca tra la fine del XVIsecolo e il XVIII, mentre il secolo XIX lascia intende-re che sia avvenuta una più profonda integrazionetra la comunità ebraica e la popolazione locale.

I nomi maschili, come si è detto, rimangononell’ambito della tradizione ebraica ma, a partiredalla metà circa del secolo XIX, vengono tradotti initaliano, mentre quelli femminili subiscono un cam-biamento più radicale. Permangono i nomi tradizio-nali, tra cui: Noemi, Gali, ma a “Beracha” si avvertela necessità di aggiungere “Ermellina”. Persistono inomi: Bona, Perla, Diamante, ma appaiono improv-visamente alcuni nomi interscambiabili col restodella popolazione: Rosa-Rosina, Elena, Silvia, Flo-ra, Sofia, Vittoria, Emma e, nel territorio di Padova,Marianna e addirittura Giustina (scelta alquantoinconsueta, se si considera che santa Giustina, mar-tire cristiana padovana, non soltanto è protettricedella città, ma è assai venerata in tutto il Veneto).

I nomi propri e, naturalmente, i cognomi (Ash-kenazi, Todesco ecc.) sembrano di per sé testimonidelle ponderose migrazioni di Ebrei verso il Veneto,dovute alle forti persecuzioni poste in atto, verso lametà del secolo XVII, sia in Germania che in Polo-nia, mentre duecento anni prima, circa nella metàdel secolo XV, ci furono le ondate migratorie diEbrei espulsi dalla Spagna e dal Portogallo. Questiportarono con sé le insegne di hidalgo, ricevuteprima del loro allontanamento, e tali insegne siincontrano, ancora due o tre secoli dopo, tanto insepolture di Padova che di Venezia.

Nel cimitero ebraico del Lido di Venezia insegnenobiliari sono ostentate sulle tombe delle famiglie:Caravaglio, Ribeiro, Baruch, Franco d’Almeida,Penso, Vega. Ad esempio, un “Salvatore Vita Penso- Yehoshua Haim Penso”, defunto nel 1720, presen-ta sulla lapide il suo stemma famigliare (torre,sorretta da due leoni controrampanti, sui cui merliuna figura solleva lo scudo col braccio sinistro)inscritto entro insegne di hidalgo. Un consimileesempio si può trarre in uno dei cimiteri ebraici diPadova: lo stemma della famiglia Ben Porat, consi-stente in un leone rampante accompagnato da trestelle e una mezzaluna, sormontante una stella diDavid, è sormontato a sua volta da un elmo dahidalgo. La famiglia Ben Porat (che significa “Fi-glio del frutto”), che muterà il proprio cognome inBemporad, risulta presente nell’Italia del Nord dalXV secolo, proveniente da Roma e ancor prima, sipresume, dalla Penisola iberica.

Gli stemmi offrono spunti notevoli di ricerca esarebbe interessante confrontarli con l’araldica ita-liana per sapere come vengono fruiti i simboli che licompongono, quali sono gli eventuali punti di con-tatto e le divergenze. In molti stemmi appare il leonee l’aquila bicipite, in altri draghi o pesci (è curiosoosservare che le famiglie Jona ed Errera di Padovapresentano nello stemma il simbolo zodiacale deipesci contrapposti, uniti da un filo per la bocca). Inaltri stemmi appare il cervo (stemma Aziz da Zara,Nechama), ma anche lo scoiattolo (famiglia Conian,Gentilli, Montereal). Appaiono però anche animalipiuttosto inusitati: gru, colombe, gatti, scorpioni. Epoi, forse assai più che nelle insegne araldicheitaliane, trovano posto negli stemmi il sole, la lunae le stelle: a quattro, cinque, sei e otto raggi.

palma (in seguito di ulivo), uno di mirto e uno disalice, a significare le fondamentali tipologie uma-ne. Forse questo simbolo merita una breve illustra-zione: sembra che la palma o l’ulivo raffiguri l’uo-mo naturalmente dotato di una bontà costruttiva,che opera attivamente in favore del prossimo (pal-ma e ulivo, infatti, vivono e producono frutto anchein ambienti difficili); il mirto rappresenta probabil-mente l’uomo più volto alla contemplazione e alleopere di pensiero che all’aiuto materiale dei suoisimili; il salice è simbolo dell’uomo fragile, che puòugualmente incamminarsi sulla via del bene, ma habisogno di cure e di un ambiente ottimale persviluppare le proprie qualità migliori. Verso la finedel secolo XIX il ramo di salice viene sostituito conuna spiga di frumento e la presenza della fronda dimirto si alterna con quella di alloro. A Venezia laConfraternita di sepoltura “Shemesh Tzedaka” (Soledella beneficienza) reca come emblema un soleantropomorfo tra due cerchi, entro i quali sonodistribuite le lettere: “A” e “V” e “S.D.F.E.M.M.”. Inuna lapide del XVIII secolo si incontra anche un soleantropomorfo, dotato di ali e di corna, che sovrastaun albero; sempre al XVIII secolo risale un emblemadella Confraternita consistente in un albero sopra unmonte, incorniciato dalle lettere: “S.D.F.R.E.M.M.”.

Le schedature di Padova, offrono un percorsostorico di interesse unico perché arrivano a copriretutto il secolo XIX, mentre quelle di Venezia hannofinora riguardato i secoli che vanno dal XIV al XVIII,con una preponderanza di schede che interessanosepolture del secolo XVII, dalle quali sono menorilevabili i cambiamenti avvenuti nei rapporti tra lecomunità ebraiche e le popolazioni locali a cavallotra lo scorso secolo e l’attuale.

Nelle lapidi ebraiche padovane del XIX secolo èincisa la cronaca dei contributi individuali allosviluppo economico e sociale di tutto il Veneto, nonsoltanto di una comunità. Naturalmente non è pos-sibile percorrere in questa sede tutte le tappe cheportarono varie famiglie di origine e di religioneebraica ad emergere in modo prestigioso in varisettori; si cercherà invece di segnalare come, attra-verso i testi che corredano le lapidi, si rilevi l’inte-grazione e l’interscambio avvenuti tra le due comu-nità conviventi ormai da secoli sullo stesso territo-rio e, dal 1866, nella stessa Nazione.

Con l’avvento del Regno Lombardo-Veneto allafamiglia Treves de Bonfil (scheda n. 7004CO) vieneconcesso titolo di nobiltà nella persona di GiuseppeTreves (Padova 1759 - Venezia 1825), fondatoredella Camera di Commercio di Venezia, il qualeviene insignito del titolo di barone. Circa vent’annidopo un altro israelita, membro della Camera diCommercio veneziana, Lazzaro Vittorio Sacerdoti(Eliezer Chaim Hacohen, defunto nel 1841 - schedan. 700546), sostiene l’incarico di Vice Prefetto nelladirezione veneta della “Ferdinandea”, primo troncoferroviario che unisce la città di Venezia all’en-troterra. Nel 1862, il re d’Italia Vittorio Emanuele IIconcederà titolo nobiliare alla famiglia Corinaldi e,sempre nel XIX secolo, Isaia Ghiron sarà Prefettodel Regno e storico di Casa Savoia. Ancora: nelloscorso secolo i Wollemborg si applicarono nellosviluppo del Credito popolare nelle aree rurali venete,mentre Marco Sullam fu il primo membro di questafamiglia ad impegnare parte dei suoi capitali nellabonifica di aree rurali nel Basso Polesine (scheda n.7004D5). L’apporto della Comunità israelitica diPadova non si limita però al settore economico-finanziario e non investe soltanto persone dotate diingenti patrimoni. Una notizia di notevole interessesociale si ricava dall’iscrizione presente sulla sepol-tura della signora Elena Coen Porto, deceduta nel1846: “Qui giace / Elena Coen / Porto / ferrarese /prima fra le / levatrici ebree / approvata / dall’Uni-versità / di Padova...” (scheda n. 700481). Non è

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Considerando le varie schedature si nota un mo-vimento nei simboli che formano gli stemmi, unaspecie di rimaneggiamento continuo o, almeno,frequente. Gli unici che rimangono sostanzialmentegli stessi attraverso il tempo sono quelli dei Cohene dei Levi, famiglie appartenenti entrambe al rangosacerdotale e per questo motivo presenti in tutte lecomunità israelitiche, almeno per quanto riguarda iCohen.

Lo stemma dei Cohen consiste in uno scudo checontiene due mani benedicenti, unite per i pollici,nude. Questo stemma subisce qualche lieve varia-zione: a volte le mani benedicenti sono sormontateda una corona, in un caso almeno sotto di esseappare una stella a cinque punte (Lido di Venezia).Esiste un altro stemma che presenta le mani benedi-centi sormontate da una corona (però vestite, ossiacon le maniche ai polsi) e appartiene alla famigliaChazan (anche Mehachazanim), i componenti dellaquale erano “servitori del Tempio” e utilizzavano lostemma sacerdotale dei “kohanim”.

Lo stemma della famiglia Levi consiste in unbraccio che regge una brocca nell’atto di versarnel’acqua dentro a un bacile.

Anche gli emblemi delle Confraternite di sepol-tura variano nel tempo. A Padova l’emblema dellaConfraternita di sepoltura “Chevrat Sovvegno” sicontraddistingue con il simbolo del “Lulav”, checonsiste in una corona intrecciata con un ramo di

Stemma appartenente alla famiglia Cohen: “due mani unite per ipollici in atto benedicente, sormontate da una corona e sovrastantiuna colomba”. I Cohen svolgevano funzioni sacerdotali.

Secolo XVII. “Lo stemma è attribuibile alla famiglia Merari”:“Sansone apre le fauci al leone”.

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irrilevante sapere con quanta serietà venissero pre-parate le ostetriche nella città di Padova, ebree omeno, nello scorso secolo. E, per quanto riguarda laprofessione medica, la famiglia Morpurgo, di origi-ne goriziana e di tradizione ashkenazita, tra il 1623e il 1799 ha avuto ben dieci componenti che fre-quentarono gli studi di medicina all’Università diPadova (schede nn. 700429 e 700431). Tradizioneche do-vette continuare nel tempo, dato che lascheda n. 700558 riporta i dati riguardanti il prof.Edgardo Morpurgo, medico psichiatra, libero do-cente presso l’Università di Padova, Maggiore dellaC.R.I., morto a 70 anni, nel 1942.

Due lapidi risultano illuminanti a sottolineare unprocesso di integrazione ormai concluso tra le duecomunità. La prima riguarda la sepoltura diGuglielmo Levi, deceduto nel 1893, che riporta laseguente iscrizione: “Questo tumulo / ricopre le

ceneri / di / Guglielmo Levi / consacrò il braccio allaPatria / nelle battaglie dell’indipendenza...”. Laseconda riguarda Abramo Giacomo Alpron, mortonel 1900, ed è altrettanto significativa: “Nei Caccia-tori degli Appennini / fra i leggendari Mille diMarsala / Abramo Giacomo Alpron / fu valorososoldato / dove / si decisero le sorti d’Italia...” (sche-de nn. 7005K4 e 7005H9).

Non meno interessanti sono le notizie che sipossono ricavare circa la vita religiosa delle comu-nità israelitiche di Venezia e di Padova; le lapidirivelano i nomi di alcuni rabbini, che furono illustrie noti anche in settori diversi da quello religioso perla loro cultura, nonché di altri personaggi famosi,come la poetessa secentesca veneziana Sara Copio-Sullam. Per curiosità si farà cenno alla famigliaLolli di Padova, di origine friulana, “figlia di con-versioni all’Ebraismo avvenute in età rinascimen-

tale” (scheda n. 7005F4). Forse a questa famigliaappartenne il Rabbino Eude Lolli, morto nel 1904,sulla cui lapide è incisa una frase altamente spiritua-le ed ecumenica, poiché vale veramente per ogniuomo, qualunque sia la sua fede: “Molto desiderai-bramai e poco feci / Siatemi indulgenti fratelli / cosìmi sia indulgente Iddio” (scheda n. 700560).

Come si può rilevare da queste annotazioni, ilmateriale inventariato a Venezia e precatalogato aPadova è di grande interesse, offre sicuri spunti diricerca sotto vari profili e c’è da augurarsi che gliargomenti da esso proposti vengano ripresi e appro-fonditi. Per concludere, si auspica che venga effet-tuato un restauro delle lapidi e dei coperchi disarcofago che ancora lo consentono, poiché la di-spersione di questo materiale storico o un suo degra-do irreversibile rappresenterebbero una grave per-dita e un vuoto documentario forse non colmabili.

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Cenni per una storiadell’insediamento ebraiconel Veneto *

(Gadi Luzzatto Voghera)

Le Comunità ebraiche oggi esistenti nel Venetosono solo tre: Venezia – la più grande – Padova eVerona. In tutto questi tre nuclei non superano lemille anime, ma portano sulle loro spalle il peso diuna storia millenaria e attendono con cura allasalvaguardia dei monumenti e degli oggetti chehanno ereditato dalle generazioni dei loro avi: alcu-ne importanti sinagoghe, numerosi cimiteri coninteressanti monumenti funebri, archivi e bibliote-che, arredi e oggetti rituali che assolvono al dupliceruolo di vitali strumenti utilizzati nelle normalicerimonie di culto e preziose testimonianze dellaricca e articolata storia delle comunità ebraiche delVeneto. Può essere a questo proposito interessanteripercorrere velocemente la lunga vicenda di questoantico insediamento.

Abbiamo scarsissime notizie su una possibilepresenza ebraica in età antica e alto medievale.Alcune fonti ci parlano della presenza di un nucleodi ebrei ad Aquileia e Grado in epoca romana, neiprimi secoli dell’era volgare. Le prime notizie certesu una presenza ebraica in area veneta risalgonosolamente al IX secolo nel trevigiano. Anche perquesto periodo, però, scarseggiano le testimonian-ze. Certamente risiedeva nel 1146 a Verona un certonucleo di ebrei: sappiamo infatti che in quei tempifece visita a quella comunità il celebre poeta edesegeta Abraham Ibn Ezra e che verso la fine delsecolo il rabbino Eleazar ben Samuel fu particolar-mente attivo in quella città.

Nel XIII secolo la presenza di ebrei nel territorioveneto si fa più certa e articolata. Non siamo ancorain grado di delineare la conformazione e la consi-stenza dei nuclei ebraici che progressivamente sistabiliscono in queste zone, ma abbiamo alcunenotizie più dettagliate sulle loro attività. A Bassanotroviamo un Aicardo giudeo occupato in mutui diterreni; sul finire del secolo sappiamo della presen-za di ebrei prestatori a Treviso e a Cividale delFriuli. Più dettagliate appaiono le notizie relativeall’apertura di banchi di prestito su pegno a partiredai primi anni del ’300. Questo tipo di attività, che

secolo vennero erette nel Ghetto e organizzaronoattività di piccolo commercio e di studio, le unicheconcesse agli ebrei dalla severa “condotta” stipulatacon la Serenissima al di fuori della gestione dei trebanchi feneratizi.

Nell’area veneta, come nel resto d’Italia, il ’600fu il secolo in cui tutta la popolazione ebraica si videdi colpo rinchiusa fra mura e portoni, perdendo lapossibilità di condurre una vita normale. Nel 1599a Verona, nel 1601 a Padova, nel 1612 a Rovigo, nel1637 a Conegliano, nel 1666 a Este e nel 1695 aTrieste, gli ebrei videro istituzionalizzata una segre-gazione che non mancò di avere le sue conseguenzee ripercussioni nel loro modo di vivere. L’attivitàeconomica venne fortemente limitata, la vita e loscambio sociale forzatamente ridotti, perfino lalingua parlata iniziò a differenziarsi, e nei ghettinacquero delle parlate giudaico-italiane del tuttoparticolari. Attraversato un periodo di forte crisi edeclino nel secolo XVIII, con la progressiva emanci-pazione (a partire dal 1797) si aprì un nuovo capito-lo nella vita degli ebrei. In Veneto, come altrove,venne definitivamente abolita l’odiosa istituzionedei ghetti. Gli ebrei iniziarono rapidamente ad inte-grarsi nella società in cui vivevano, cambiandoradicalmente il loro modo di vita nel tentativo diallontanarsi il più possibile dai modelli di compor-tamento che per secoli avevano dovuto subire nellasegregazione. Si andò così via via sviluppando unfenomeno di assimilazione che ebbe come primoeffetto la rapida scomparsa delle piccole comunitàebraiche dei centri minori. Dopo l’Unità d’Italia lastoria degli ebrei, fatta salva la loro peculiaritàreligiosa e l’organizzazione delle varie comunità,non può essere distinta dalla storia del resto dellapopolazione. L’integrazione degli ebrei nella socie-tà era totale, e sfogliando gli archivi è possibiletrovare ebrei impegnati in tutte le attività professio-nali. I rari episodi di intolleranza e antisemitismonon intaccavano la sostanziale parità che era stataraggiunta.

Fino alla II Guerra mondiale in Veneto conti-nuarono ad esistere quattro comunità ebraiche: Ve-nezia, Padova, Verona e Rovigo. Quest’ultima scom-parve dopo la guerra e passò sotto la giurisdizione diPadova. Questa proficua integrazione di culturevenne bruscamente interrotta e sconvolta dall’ema-nazione delle Leggi razziali del 1938. Con esse,dopo centoquarant’anni di integrazione, il regimefascista imponeva una serie di pesanti di-scriminazioni che impedivano agli ebrei una vitanormale e preludevano al tragico epilogo delladeportazione nei campi di sterminio nazisti doveperirono diverse centinaia di ebrei veneti.* A cura di A.C.R. Arte, Cultura e Restauro.

era fortemente ostacolata dalla Chiesa, divenneprogressivamente, a partire da quest’epoca, prero-gativa degli ebrei. I piccoli centri rurali, general-mente non attraversati da forti flussi di denaro, sitrovavano infatti spesso in difficoltà nel reperire ipur limitati mezzi finanziari necessari al pagamentodi transazioni e gabelle, e richiedevano con sempremaggior frequenza la presenza in loco di uno o piùprestatori. A datare dal XIV secolo troviamo così leprime Condotte (concessioni emanate generalmen-te dalle autorità comunali locali, che permettevanoagli ebrei di risiedere in un determinato luogo per uncerto numero di anni). Questo tipo di contrattosegnò profondamente le caratteristiche dell’inse-diamento ebraico. Possiamo infatti trovare, nellostudio della storia degli ebrei in Italia – e nell’areaveneta –, comunità ebraiche di una certa rilevanzastanziate in centri relativamente minori, come adesempio Asolo, Ceneda, Conegliano, S. Daniele delFriuli ed altri ancora.

Anche nelle grandi città come Padova e Veneziala vita e la residenza delle comunità ebraiche venivaregolata dalle Condotte. Venezia, in special modo,resistette qualche tempo prima di concedere aiprestatori ebrei il permesso di lavorare in città.Risale infatti solo al 1366 la concessione ai banchie-ri ebrei che risiedevano a Mestre di aprire tre banchiin città, dietro pagamento di un canone molto alto.A Padova, dalla metà del ’300, si iniziò a formare ilprimo nucleo di una comunità ebraica che fu digrande importanza per l’ebraismo italiano. Anchel’entroterra patavino venne interessato, verso la finedel ’300, dall’attività feneratizia ebraica, e si hanotizia certa dell’apertura di banchi in località qualiCittadella, Monselice, Este, Montagnana e Piove diSacco, dove nel secolo successivo sarà segnalataanche la presenza di una stamperia ebraica.

Il secolo XVI rappresenta senza dubbio un mo-mento decisivo per la storia degli ebrei in Italia, e nelVeneto in special modo. Nel 1516 Venezia destinòla zona del “Ghetto nuovo”, nel sestiere di Can-naregio, quale residenza coatta degli ebrei in città.Nacque così il primo ghetto d’Europa, che dovevain seguito divenire il simbolo di qualsiasi segrega-zione nei secoli. Nel ghetto veneziano si stabilironoin un primo tempo ebrei di origine tedesca (aske-naziti) ed ebrei italiani, ai quali si aggiunsero in unsecondo momento ebrei spagnoli e levantini (se-farditi); con l’arrivo di questi ultimi si dovetteampliare la zona di residenza ebraica all’area del“Ghetto vecchio” (1542) e successivamente – nel’600 – anche del “Ghetto novissimo”. Queste diver-se comunità ebraiche articolarono la loro vita attor-no alle splendide sinagoghe, che proprio in questo

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L’Ospedale dei Derelittia Venezia *

(Andrea Nordio)

Nell’inverno dell’anno 1528, quando fame epestilenza si unirono al freddo della stagione, Vene-zia visse uno dei momenti più difficili del XVIsecolo. La carestia perdurava da mesi in gran partedell’Italia settentrionale. Torme di contadini dellecampagne della terraferma e delle isole lagunaricercavano con ogni mezzo di raggiungere Venezianella speranza di trovare nella grande città del ciboe un ricovero per sopravvivere. Ma ben presto i lorocorpi debilitati divennero facile preda delle malattiee alla carestia seguì l’epidemia (probabilmente ditifo petecchiale): al problema dell’approvvigiona-mento annonario e del mantenimento dell’ordinepubblico si aggiunse così la paura del contagio.

Testimone di questi drammatici eventi fu MarinSanuto che descrisse nei suoi Diarii l’invasione di“villani” che, provenienti fin dal Piemonte e dalbresciano, accalcavano le calli e le chiese venezianechiedendo la carità. Le donne con i bambini siriunivano a Rialto nella speranza di vendere i pochistracci che avevano portato con sé, aspettando unpiatto di minestra distribuito dal vicino Fondaco deiTedeschi, spesso fino a sera tardi vagavano e bussa-vano alle porte gridando “muoro di fame”.

Il cronista veneziano criticava aspramente l’iner-zia del governo, ma sul finire dell’inverno (13marzo 1528), quando l’epidemia aumentò la suavirulenza e l’arrivo continuo di poveri divenneminaccia per l’equilibrio della città, il Senato presefinalmente alcuni provvedimenti drastici: bloccodell’accesso in città per nuovi mendicanti forestieri,pene per i barcaioli che trasportandoli contravveni-vano al divieto di immigrazione, tassa ai cittadiniper sostenere quelli che erano bisognosi di cure eraccolta di elemosine per i “poveri vergognosi”veneziani. Ma i punti salienti di questa legge eranoil divieto assoluto di mendicare e la concentrazionedei poveri in appositi ricoveri, prevedendo severepene per coloro che si allontanavano; era quest’ul-timo un provvedimento simile alle leggi sui poveripromulgate negli stessi anni in molte città del NordEuropa e che incontrava sempre molte resistenzenei poveri: “Tamen molti villani et done et femenenon voleno andar [negli ospedali], et vanno per laterra zercando elemosina”, osservava Sanuto.

Uno dei quattro luoghi prescelti era a “San ZanePolo”, vicino all’omonimo convento domenicanodei SS. Giovanni e Paolo, in una zona periferica diVenezia, prospiciente la laguna Nord, dove vi eraancora possibilità di edificare e disponibilità dilegname per costruzioni, essendovi poco distantel’Arsenale e alcune botteghe di falegnameria. Lospiazzo, che già nell’inverno 1506 era stato adibitoa ricovero per poveri, era una discarica e normal-mente veniva usato per l’esercizio del tiro al bersa-glio. Da ciò deriva una delle denominazioni piùcaratteristiche che l’ospedale poi assunse, “alBersagio”; altri nomi, oltre al toponimo “SS. Gio-vanni e Paolo”, furono “Ospedaletto”, giacché nelXVII secolo era il più piccolo dei quattro maggioriospedali veneziani (Pietà, Incurabili e Mendicanti),e soprattutto ospedale “dei Derelitti” ovvero “degliabbandonati”, manifestando così palesemente lapropria destinazione originaria.

In pochi giorni i Provveditori all’Arsenale e poiquelli alla Sanità costruirono le prime baracche efornirono la paglia per i giacigli dei poveri. Ilprimato di morti ai Derelitti (115 a marzo, 137 adaprile, 41 a maggio), rispetto a quello degli altriricoveri, indica le dimensioni che la struttura inpochi mesi aveva assunto. Ancora in luglio uninteressante elenco nominativo di poveri alloggiatiarrivava a 103 persone e un decreto del patriarca neldicembre dello stesso anno ne contava circa 180.

Secondo le intenzioni della legge del 13 marzo1528, i ricoveri dovevano essere provvisori fino almese di giugno, nel qual tempo siano posti tutti dictipoveri sopra barche et mandati in terra ferma. Deiquattro luoghi prescelti solo quello dei SS. Giovan-ni e Paolo si trasformò in ospedale permanente: agiugno il patriarca diede licenza di costruire unaltare interno e nominò un cappellano secolare.

L’ospedale nasce quindi come un comune luogodi concentramento dei mendicanti, dalla misuraprovvisoria e d’emergenza per fronteggiare la dram-matica situazione creatasi con la carestia e l’epide-mia del 1528; esso diviene presto il secondo ospe-dale veneziano d’età moderna (cronologicamente ilprimo è quello degli Incurabili fondato nel 1522); sitrasforma in istituto permanente per necessità, vistoil lento scemare della crisi che dura fino alla fine del1529 e le frequenti ricorrenze negli anni seguenti,ma anche perché intorno ad esso si va costituendoun ambiente di sostenitori e simpatizzanti uniti eprofondamente motivati nella pratica della carità.La legge sui poveri del 1528 è decisiva per la nascitadell’ospedale, ma altre fonti non sono concordinell’attribuirle il primato della fondazione. Unabreve rassegna di testimonianze, pur non univoche,è comunque utile a segnalare alcune caratteristichepeculiari dell’origine e dei primi anni di vita diquesto istituto.

Il giorno 2 aprile 1528 Sanuto segnalava a capodell’ospedale Girolamo Cavalli e Girolamo Miani,due patrizi generalmente ritenuti primi fondatori. Ilpiù famoso dei due, il Miani – poi istitutore dellaCompagnia dei Servi dei poveri (Somaschi) e diinnumerevoli altre opere assistenziali –, inauguròproprio in quei mesi ai Derelitti la sua esperienzacaritativa verso i poveri e in particolare verso gliorfani; gli agiografi parleranno quasi di una conver-sione improvvisa, dopo una vita trascorsa tra le armial servizio della Serenissima. In realtà recenti studidimostrano che sia il Cavalli che il Miani eranolegati già alcuni anni prima, per parentela, amiciziae sensibilità comuni, ai governatori e alle governatricidell’Ospedale degli Incurabili. All’origine dei De-relitti vi sarebbe quindi un’atmosfera spirituale vi-cina al Divino Amore e determinata dalla persona-lità di Gaetano Thiene.

Il 27 giugno dello stesso anno il citato decretopatriarcale indicava invece tra i principali fondatoridei Derelitti un causidico, un merciaio e un mercan-te di legname. Accanto alla presenza del Cavalli edel Miani, fin dalle origini traspare quindi unaspiccata componente popolare e artigiana che nelXVI secolo distingue i Derelitti dall’Ospedale degliIncurabili, molto più controllato dal ceto patrizio.Negli anni seguenti faranno parte della congrega-zione dei governatori personaggi famosi come ilpittore Lorenzo Lotto o Gianmaria Zonta, dellafamiglia dei tipografi fiorentini Giunti.

Un ultimo contributo nella ricerca dei fondatori èdato dall’umanista francese Guillame Postel, chealla fine degli anni ’40 giunse nell’ospedale vene-ziano come cappellano. Postel, nell’opera Le primenove del altro mondo (1555), identificava una misti-ca “Vergine veneziana”, portatrice di una nuova etàdello spirito, con una umile cuoca dell’Ospedaletto,tale suor Zuana, sublime esempio di carità, chesecondo Postel era stata la prima ispiratrice e anima-

trice dell’istituto durate l’epidemia del 1528, cosìcome erano state delle donne le prime a fondare conil Thiene nel 1522 gli Incurabili.

La presenza di personaggi come Postel o come ildomenicano fra Sante Marmocchini, che alla finedegli anni ’30 insegnava ad alcuni orfani latino,greco e anche l’ebraico, testimonia che l’ambienteumano sul quale poggiava l’ospedale era intriso diuno spregiudicato evangelismo popolare, tipicodell’epoca pretridentina che considerava l’assi-stenza ai poveri momento fondamentale del-l’apostolato del cristiano nella società. In conso-nanza con la tradizione veneziana, questa partico-lare religiosità era tuttavia accompagnata da unamarcata laicità (solennemente dichiarata fin daiprimi statuti del 1537) che garantiva l’autonomiada qualsiasi intromissione ecclesiastica. Ciò nonimpedì nel ’500 l’intrecciarsi di legami con alcunidei più importanti nuovi ordini religiosi, in primiscon i Somaschi, che in memoria di Girolamo Mianisi occuparono costantemente del reparto degli orfa-ni, ma anche con Ignazio di Loyola e i suoi primicompagni, presenti ai Derelitti nel 1537, e soprat-tutto, verso la metà del secolo, con i Barnabiti e le“Angeliche” (ramo femminile della congregazio-ne), che ebbero un grande ascendente su governa-tori e governatrici, ma che in alcuni momenti con illoro fervore religioso portarono anche un certoturbamento nella vita dell’Ospedaletto, tanto chenel 1551 furono banditi dai territori dello StatoVeneto.

Ai Derelitti si ricoveravano generici malati noncontagiosi, soprattutto febbricitanti e feriti, sia ve-neziani che non: un documento del 1542 ricorda cheai tempi dell’epidemia c’erano poveri, sì terrieri,come et de quelli che venivano di fuora, zoè galleottiet schiavi, marinari, infermi, et altri poveri dellacittà come d’ogni qualità et sestiero. Uomini edonne alloggiavano in infermerie separate, spezieriae dormitori; ricevevano le cure di un medico, di uncerusico e di inservienti; per qualche giorno l’ospe-dale poteva ospitare pellegrini di passaggio e permalattie come la tigna si offriva un servizio ambu-latoriale aperto anche all’esterno (agli inizi dell’800,per un breve periodo, vi fu anche la sede di unaimportante scuola di clinica diretta dai professoriAglietti e Ruggeri e di una chirurgica tenuta dalPajola).

In luoghi separati dagli altri reparti venivanoinoltre accolti orfani e orfane e, similmente a quantoavveniva negli altri ospedali, veniva loro impartitauna minima alfabetizzazione, l’insegnamento delcatechismo e i primi rudimenti di semplici mestieri.Ad una certa età gli orfani potevano essere affidatia famiglie artigiane all’esterno dell’ospedale, rigi-damente protetti da contratti di circa sette anni chestabilivano condizioni di vita e salario e che igovernatori erano tenuti a controllare, oppure pote-vano essere imbarcati nella flotta mercantile vene-ziana come mozzi. Anche le ragazze erano impiega-te in piccole manifatture svolte all’interno del-l’ospedale e conducevano una vita molto rigida,quasi da religiose; alcune di queste (le celebri “figliedi coro”) potevano godere di un certo prestigiosociale nella florida attività musicale presente aiDerelitti dalla fine del ’500 che in occasione dimesse solenni attirava nella chiesa moltissimo pub-blico e conseguenti elemosine. Il loro destino eracomunque quello di entrare in monastero o di mari-tarsi (in entrambi i casi veniva loro assegnata unaragguardevole dote), mentre alcune restavano alavorare nell’istituto come educatrici delle orfanepiù piccole o con altre mansioni.

Una breve relazione storica presentata in Senatonel 1776, oltre ad un imprecisato numero di genericiinfermi e pellegrini, elenca 125 figlie orfane (segui-te da una priora, da maestre e da insegnanti di canto

* La presente scheda viene realizzata per iniziativa delCentro Italiano di Storia Sanitaria e Ospedaliera del Veneto.

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Materiali d’archivio

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e musica), 40 orfanelli (educati da 3 somaschi con 3conversi), 40 tignosi, vari assistenti e impiegati chesi occupavano della complessa amministrazione eun sagrestano alla direzione della chiesa (nellaquale si celebravano dalle 11.000 alle 12.000 messemansionarie all’anno). In quell’anno l’Ospedalettoera diretto da una cinquantina di governatori esopravviveva grazie a legati testamentari, affitti,rendite di beni posseduti nelle campagne e, per lamaggior parte, con gli interessi di titoli pubblici.

Dal punto di vista architettonico il primo inter-vento di un certo rilievo fu l’altare della chiesa,realizzato su progetto di Andrea Palladio, amico diGiovan Battista Contarini, uno dei più illustri go-vernatori del secondo ’500. Altre modificazionicinquecentesche furono eseguite da Antonio DaPonte, che probabilmente era già stato autore diinterventi all’Ospedale degli Incurabili, ma i mag-giori cambiamenti e ampliamenti risalgono al XVIIsecolo, con Antonio Pagiarol, Giuseppe Sardi esoprattutto Baldassarre Longhena, che diede allachiesa una esuberante facciata barocca. Nel ’700, sudisegno dell’architetto e governatore MatteoLucchesi, fu costruita l’elegante sala della musica(affrescata da Giacomo Guarana) nella quale le“figlie” potevano esibire la loro arte separate dalpubblico.

Dopo la caduta della Repubblica, le notevolitrasformazioni della fisionomia architettonica deiDerelitti e del suo ragguardevole arredo artisticofurono la conseguenza dei mutamenti istituzionaliche anche questo ospedale subì come molti altriantichi istituti veneziani.

Nel 1807, con la riorganizzazione dell’assistenzacittadina per opera della Congregazione di Carità,l’Ospedaletto divenne Casa di Ricovero per vecchibisognosi, interrompendo una lunga tradizione di

ospitalità verso gli orfani; mantenne la funzione dicentro di assistenza per anziani anche in questosecolo, quando nel 1939 passò definitivamente al-l’amministrazione dell’I.R.E. (Istituzioni di Ricove-ro e Educazione).

Fonti archivistiche

Nell’archivio storico dell’I.R.E. (Venezia) sono con-servati circa 236 buste e 19 registri provenienti daiDerelitti e suddivisi in capitolari, notatori, catastici,libri contabili, commissarie e miscellanea; tra questi sisegnala il Libro di parti et determinationi diverse...(DER B 1), prezioso perché riporta i verbali delle sedutedei governatori dal 1547 al 1605, mentre ben noveregistri simili, che documentavano i secoli seguenti,sono andati dispersi. Presso l’Archivio di Stato diVenezia è interessante esaminare i fondi: Provveditorisopra ospedali e luoghi pii e Ospedali e luoghi pii (inparticolare bb. 910 e 921), oltre agli archivi dellemagistrature che avevano competenza in materia diospedali e sanità. Riguardo a S. Girolamo Miani e allapresenza dei Somaschi nella vita dei Derelitti, occorreconsultare i documenti raccolti nell’Archivio dei PadriSomaschi di Genova (fondo Ven.).

Bibliografia essenziale

Si omettono le opere di carattere generale già segnalatenella scheda dedicata all’Ospedale degli Incurabili(“Notiziario Bibliografico”, n. 20, settembre 1995, pp.40-42).

P. BEMBO, Delle istituzioni di beneficenza nella città eprovincia di Venezia, Venezia 1859.

A.S. DE KIRIAKI, La beneficenza di ricovero a Venezianel passato e nei nostri tempi, Venezia 1900.

A. BOSISIO, L’Ospedaletto e la chiesa di S. Maria deiDerelitti, Venezia 1963.

M. TENTORIO, S. Girolamo Miani primo fondatore dellescuole professionali in Italia. Documenti inediti, Ge-nova 1976.

I.R.E., Arte e musica all’Ospedaletto. Schede d’archi-vio sull’attività musicale degli ospedali dei Derelitti edei Mendicanti di Venezia (sec. XVI-XVIII), Venezia1978.

G. ELLERO, Un ospedale della Riforma cattolica vene-ziana: i Derelitti ai SS. Giovanni e Paolo, tesi di laureapresso l’Università degli Studi di Venezia, a.a. 1980-81, rel. prof. G. Cozzi.

PULLAN B., La politica sociale della Repubblica diVenezia, 1500-1620, Roma 1982.

C. PELLEGRINI - G. ELLERO - A. NIERO - S. LUNARDON, SanGirolamo Miani e Venezia, Venezia 1986.

G. SCARABELLO - S. TRAMONTIN - G. GULLINO [et al.], SanGirolamo Miani nel V centenario della nascita, Vene-zia 1987.

L’archivio IRE. Inventari dei fondi antichi degli ospe-dali e luoghi pii di Venezia, a cura di G. Ellero, Venezia1987.

G. ELLERO, G. Postel e l’ospedale dei Derelitti (1547-1549), in Postello, Venezia e il suo mondo, Firenze1988, pp. 137-161.

Nel regno dei poveri. Arte e storia dei grandi ospedaliveneziani in età moderna (1474-1797), a cura di AikemaB. e Meijers D., Venezia 1989.

I.R.E., I maestri di musica all’Ospedaletto, Venezia1995.

N.E. VANZAN MARCHINI, I mali e i rimedi della Serenis-sima, Vicenza 1995.

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Luca Carlevarijs, Chiesa e Ospedale dei Derelitti, incisione.

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La pittura nel Veneto:il Settecento(Anna Pietropolli)

Nella collana editoriale dedicata dalla RegioneVeneto e dall’Electa alla “Pittura nel Veneto” attra-verso i secoli, i due volumi sul Settecento – pubbli-cati a distanza di un anno l’uno dall’altro, nel 1994e nel 1995 – devono essere collocati in una posizio-ne speciale sotto diversi aspetti. Essi infatti non solosono forse i più impegnativi di tutta la collana perampiezza di argomenti e per vastità del numero diartisti considerati, ma sono anche – anzi, soprattutto– un doveroso e giusto omaggio alla memoria e alvalore di uno studioso come Rodolfo Pallucchini,uno dei più importanti esperti di pittura veneta già apartire dal periodo tra le due guerre fino alla suascomparsa, avvenuta il 9 aprile del 1989.

Lo studio dell’arte veneziana del XVIII secoloaveva già occupato il Pallucchini negli anni ’50,portandolo alla realizzazione del libro sulla Pitturaveneziana del Settecento (1960). Gli interessi dellostudioso si sono poi rivolti verso altri periodi del-l’arte veneziana, portando alla pubblicazione delvolume sul Trecento (1964) e di quello sul Seicento(1981); ma all’inizio degli anni ’80 Pallucchini si ènuovamente rivolto al Settecento, lavorando allarevisione, aggiornamento e arricchimento della suaprima opera sulla pittura lagunare settecentesca.

Nonostante egli non abbia potuto fare una revi-sione complessiva del suo nuovo e purtroppo ultimolavoro, la sua stesura era comunque terminata. Daqui la decisione dell’Electa, in accordo anche con lefiglie di Pallucchini, di affidare la delicata opera dimessa a punto per la stampa a quattro importantistudiosi, nonché amici di Pallucchini: AdrianoMariuz, Giuseppe Pavanello, Franca Zava e MauroLucco. Essi hanno affrontato il compito nel rispettoassoluto del testo, mirando soprattutto alla verificadella immensa documentazione iconografica, allaluce anche dei restauri che hanno apportato notevolicambiamenti a numerosi dipinti e delle nuove pos-

sibilità consentite dalle tecniche della riproduzionetipografica. I curatori del testo, proprio per noncadere nella tentazione di manipolare in qualchemodo l’opera del Pallucchini, hanno inoltre decisodi interrompere il repertorio bibliografico al 1988,lì dove era stato lasciato dallo studioso stesso.

Rispetto al volume sulla Pittura veneziana delSettecento edito nel 1960, il Pallucchini non havoluto mutare l’impostazione generale, adottandoanche qui la suddivisione per raggruppamenti se-condo le diverse direzioni di gusto, inserendo inognuno le personalità artistiche che li rappresenta-no. La differenza sta ovviamente nel materiale, chein questi due tomi è aumentato notevolmente graziesia al procedere degli studi personali dell’autore, siaai sempre più numerosi contributi di altri studiosisul periodo, molto spesso stimolati dal Pallucchinistesso nella sua feconda attività di docente univer-sitario. Come ricorda infatti lo studioso nell’Intro-duzione, ove ripercorre le vicende della critica d’ar-te sul Settecento veneziano, la pittura di questoperiodo è stata recuperata e finalmente valorizzatasolamente con la moderna storiografia, che ha do-vuto faticosamente riparare ai danni causati dallacritica ottocentesca, che aveva provocato, a partiredal periodo neoclassico, una vera e propria distru-zione dell’arte del Settecento, per poi quasi dimen-ticarla. Già nella prima metà del ’900, con studiosiquali il Fiocco, l’Arslan, il Moschini, si iniziano acogliere i primi frutti del faticoso lavoro filologicoe documentario sul Settecento veneziano, ma è conil Longhi e il suo Viatico per cinque secoli di pitturaveneziana – pubblicato nel 1946, ad un anno didistanza dalla mostra sulla pittura veneta organizza-ta proprio dal Pallucchini e scritto dal Longhi comeriflessione su di essa – che si ha la vera e propriascossa per una più decisa coscienza critica sulperiodo e sui suoi interpreti, preparando quindi ilterreno per una serie più densa di studi e ricerche,che infatti si sono via via moltiplicati negli annisuccessivi.

Come sottolinea il titolo stesso dell’opera, l’in-dagine è rivolta alla pittura veneziana e alle suedirette emanazioni nella terraferma, mentre vienetralasciata la cultura artistica veronese del Settecen-to, che, a parte il caso di Antonio Balestra, gravitan-

te attorno alla città lagunare, ebbe uno svilupposostanzialmente indipendente. Inoltre il Pallucchininon si occupa di altre forme di espressione artisticase non la pittura, senza alcuna menzione a disegnoed incisione, se non quando indispensabile. Ciò haportato all’esclusione dallo studio della figura diGiambattista Piranesi, che ha trovato nell’incisionee poi nell’architettura le sue espressioni artistiched’eccellenza.

Il metodo seguito da Pallucchini nell’esposizio-ne delle vicende artistiche veneziane del XVIII seco-lo è, come già accennato prima, per raggruppamentistilistici degli artisti: in ogni raggruppamento ven-gono collocate personalità più o meno importanti,ma che per la loro vicenda pittorica e la loro sensi-bilità artistica possono essere accostati, al di là delletroppo rigide e schematiche suddivisioni di genere.In questo modo lo studioso, superando anche ledefinizioni tradizionali, ha potuto dare altre e piùespressive descrizioni per i diversi raggruppamentida lui proposti: troviamo così, accanto alle normalidefinizioni e suddivisioni, un capitolo dedicato allaReazione al rococò: la corrente patetico chiaro-scurale, un altro al Rococò patetico, un altro ancoraa Fantasia e Arcadia nella veduta e nel paesaggio.Tutti gli artisti che vengono menzionati dal Pal-lucchini, seppure minori, sono comunque maestri lacui identità è supportata da precisi dati di fatto e lecui opere possono esservi attribuite con sicurezza,mentre non sono state prese in considerazione lepersonalità artistiche delle quali non vi siano cono-scenze sufficienti per poterle definire con una certaprecisione, riducendo quindi al minimo nel testo laproblematicità di ricostruzioni eseguite solamentesu indizi.

Ovviamente la struttura portante dei due tomi èdata dalle figure dei principali maestri del Settecen-to veneziano, a cominciare da Sebastiano Ricci,l’artista che meglio rappresenta il passaggio dallapittura tardosecentesca a quella rococò dei primianni del secolo successivo, al quale si aggiungonovia via gli altri protagonisti: Giannantonio Pellegri-ni, Giambattista Piazzetta, Giambattista Tiepolo, ilCanaletto, la cui trattazione occupa quasi tutto ilprimo dei due tomi, assieme al gruppo dei paesaggistie vedutisti (Luca Carlevarijs, Marco Ricci, Bar-tolomeo Pedon ecc.) e ai ritrattisti, prima fra tuttiRosalba Carriera.

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Giambattista Tiepolo, Sacrificio di Ifigenia (part.),Vicenza, Villa Valmarana.

Sebastiano Ricci, Trionfo della Sapienza sull’ignoranza,Parigi, Musée du Louvre.

Rosalba Carriera, Allegoria della Pittura,Washington, National Gallery of Art.

L’Editoria nel Veneto

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Il secondo volume – che apre con il capitoloColore e atmosfera, interamente dedicato a Gian-nantonio e Francesco Guardi, giustamente trattati aparte – può essere suddiviso in due parti distinte: laprima è dedicata alla descrizione dei numerosi arti-sti la cui personalità può essere ricondotta, a secon-da dei casi, al raggio di influenza dei grandi maestri.Incontriamo così per primi i seguaci Tra Piazzettae Ricci, poi quelli Tra Sebastiano Ricci e Giam-battista Tiepolo, più avanti ancora vi è la foltaschiera rappresentante della Scuola e il raggio diinfluenza di Giambattista Tiepolo, infine il menofecondo gruppo al seguito di Canaletto. Nella se-conda parte la trattazione si sofferma sui numerosiartisti che, nella seconda metà del Settecento, sidedicarono al vedutismo e al paesaggismo, comeMichele Marieschi e Francesco Zuccarelli, sullapittura di costume di Pietro Longhi e sui ritrattisti.Con l’avvicinarsi della fine del secolo ci si avviaanche verso la crisi accademico-neoclassica, cheporterà alla fine del rococò veneziano. A conclusio-ne del lavoro il Pallucchini pone non a caso ilcapitolo dedicato a Bernardino Bison, un artista cheincarna e rappresenta al meglio il passaggio traneoclassico e romantico, nel rispetto della tradizio-ne pittorica veneziana.

Diversamente dagli altri volumi della collana –per le peculiarità prima ricordate – quelli dedicati alSettecento non sono corredati dalle schede biogra-fiche sugli artisti. L’apparato fotografico è peròricchissimo ed illustra alla perfezione il testo. Labibliografia, suddivisa in due parti distinte corri-spondenti ai due tomi, come si è detto corrispondea quella effettivamente utilizzata dal Pallucchini edè stata curata da Chiara Ceschi.

RODOLFO PALLUCCHINI, La pittura nel Veneto. IlSettecento, a cura di Mauro Lucco, Adriano Mariuz,Giuseppe Pavanello, Franca Zava, Milano, Electa -Venezia, Giunta Regionale del Veneto, tomo I, 1994,4°, pp. 579, tomo II, 1995, 4°, pp. 626, ill., s.i.p.

INDICE DEL I TOMO: Introduzione • La pittura rococò a Venezia(Sebastiano Ricci - Antonio Pellegrini - Jacopo Annigoni -Giambattista Crosato - Mattia Bortoloni) • Continuità dellatradizione e presenze «foreste» (Bortolo Litterini - Giuseppe

Camerata - Ludovico de Vernansal - Jean Raoux) • Nuoviaspetti della veduta e del paesaggio (Luca Carlevarijs - Johan(Giovanni) Richter - Marco Ricci - Bartolomeo Pedon - AntonioMarini - Antonio Stom - Pietro Brancaleone) • Il ritrattotradizionale ed il ritratto rococò (Pietro Uberti - RosalbaCarriera - Marianna Carlevarijs - Felicita Sartori - BartolomeoNazzari - Francesco Pavona) • La reazione al rococò: lacorrente patetico-chiaroscurale (Federico Bencovich -Giambattista Piazzetta fino alla svolta del 1735 - Giulia Lama- La giovinezza di Giambattista Tiepolo - Gli inizi del Canaletto)• Il trionfo dei maestri e la conquista della luce (La maturità eil tramonto del Piazzetta - Lo sviluppo trionfale del Tiepolo e ilsuo esilio madrileno - La maturità del Canaletto e la sua attivitàlondinese) • Il rococò patetico (Nicola Grassi - GiambattistaPittoni - Anton Kern - Angelo Trevisani - Vincenzo Damini -Silvestro Manaigo - Santo Piatti - Giambattista Mariotti -Giuseppe Nogari).

INDICE DEL II TOMO: Colore e atmosfera (Gian Antonio Guardi- Francesco Guardi figurista - I fiori di Francesco Guardi) • Alseguito dei grandi maestri (Tra Piazzetta e Ricci: FrancescoPolazzo - Al seguito di Sebastiano Ricci: Francesco Migliori -Girolamo Brusaferro - Gaspare Diziani - Jacopo Marieschi -Gaetano Zompini - Flaminio Grapinelli - Antonio Gabrieli - TraSebastiano Ricci e Giambattista Tiepolo: Francesco Fontebasso- La scuola del Piazzetta: Egidio Dall’Oglio - Giuseppe Angeli- Domenico Maggiotto - Francesco Cappella - Antonio Marinettidetto il Chiozzotto - La scuola e il raggio d’influenza diGiambattista Tiepolo: Lorenzo Tiepolo - Francesco Zugno -Giovanni Raggi - Michelangelo Schiavoni - Fabio Canal -Giambattista Canal - Giustino Menescardi - Francesco Lorenzi- Jacopo Guarana - Costantino Cedini - Cesare Ligari - ValentinoRovisi - Giovanni Scajaro - Il raggio d’azione dell’insegnamen-to canalettiano: Giovanni Battista Cimaroli - Francesco Tironi- Bernardo Canal e Vincenzo Costa - Jacopo Fabris) • Fantasiae Arcadia nella veduta e nel paesaggio (Michele Marieschi eFrancesco Albotto - Francesco Zuccarelli - Francesco Simonini- Giuseppe Zais - Antonio Diziani - Andrea Urbani - GabrieleBella) • La pittura di costume (Pietro Longhi - La diffusionedella pittura di costume longhiana) • I prospettici e l’avvio dellacrisi (Francesco Aviani - Antonio Visentini - Antonio Jolli -Antonio, Giovanni Paolo e Pietro Gaspari - Giuseppe Moretti -Francesco Battaglioli - Francesco Chiarottini) • Il ritratto nellaseconda metà del Settecento (Alessandro Longhi - FortunatoPasquetti - Nazario e Gacomina Nazzari - Bernardino Castelli -Ludovico Gallina - Francesco Gallimberti - Domenico Pellegri-ni) • I pittori di storia e la crisi accademico-neoclassica (Lanuova sensibilità e Antonio Canova - Antonio Zucchi -Michelangelo Morlaiter - Pier Antonio Novelli - FrancescoMaggiotto - Giambattista Mengardi - Vincenzo Guarana -Giuseppe Diziani - Giovanni Faccioli) • Il vedutismo bellottianoda Venezia alle corti del Nord • Le ultime voci del rococòveneziano (La poesia vedutistica di Francesco Guardi - Giaco-mo Guardi - La vena satirica di Giandomenico Tiepolo) • Traneoclassico e romantico (L’avventura stilistica di GiuseppeBernardino Bison) •�Bibliografia.

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Giuseppe Zais, Paesaggio con lavandaie,Vicenza, Museo Civico.

Gaspare Diziani, Sagra notturna di Santa Marta (part.),Venezia, Ca’ Rezzonico.

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La Resistenza nel Veneto

Vengono qui riunite e presentate alcune pubbli-cazioni uscite nel corso del 1995/96 promosse,tutte, in occasione del cinquantesimo anniversariodella Liberazione. Già sui numeri precedenti del“Notiziario” si erano recensiti alcuni volumi dedi-cati alla Resistenza nel Veneto e altri ancora se nesegnaleranno sul prossimo fascicolo della rivista.

SILVIO TRAMONTIN, La lotta partigiana nel Veneto eil contributo dei cattolici, Venezia, Giunta Regio-nale del Veneto, 1995, 8°, pp. 78, s.i.p.

Il testo di Silvio Tramontin nasce con l’intentoben preciso di porre in luce il ruolo non secondariodella partecipazione cattolica alla lotta di Resisten-za nel Veneto, cercando quindi di sfatare il pregiu-dizio, per l’autore del tutto infondato, di una Resi-stenza animata, controllata, vissuta solo dalla com-ponente comunista. Una sottile vena polemica neiconfronti della storiografia di matrice marxista at-traversa infatti il testo di Tramontin. Pur utilizzandonella sua ricerca l’importante contributo di questalinea storiografica, l’autore veneto non manca di farnotare come, soprattutto negli anni immediatamen-te successivi alla liberazione, si sia cercato di mini-mizzare, se non proprio occultare, il ruolo dellacomponente cattolica nella lotta contro il nazi-fascismo per costruire il mito di una “Resistenzarossa” e per delegittimare di conseguenza la funzio-ne del mondo cattolico nell’atto di fondazione delnostro stato democratico. Solo in questi ultimi anni,superato il clima di contrapposizione frontale dellaguerra fredda, fa notare Tramontin, si è notata unainversione di tendenza, un nuovo e più obiettivointeresse per la partecipazione cattolica. È il caso,ad esempio, di Silvio Lanaro, che riconosce nel suotesto del 1978 Società civile, mondo cattolico edemocrazia cristiana nel Veneto tra fascismo epostfascismo il ruolo decisivo svolto da CarloPerucci, delegato diocesano dell’azione cattolicadal 1936 al 1939, nell’organizzazione della Resi-stenza nel veronese, area di decisiva importanzastrategica per l’amministrazione fascista e gli allea-ti nazisti e per questo sottoposta ad una massicciamilitarizzazione del territorio.

Tramontin non nasconde le difficoltà della suaindagine: la relativa mancanza di fonti e docu-mentazioni accertate, il fatto che spesso nelle stessebrigate garibaldine operasse una percentuale stima-ta fra il 15% e il 30% di cattolici, rendono proble-matica una ricostruzione che, come quella dellostorico veneto, voglia delineare per settori geogra-fici ben precisi l’attività delle forze cattoliche. Inquesto senso il testo, più che produrre nuovi dati,frutto di un’indagine sul campo, fa il punto sullostadio della ricerca storiografica attuale cercando dimettere in luce, oltre al contributo militare direttocontro il regime nazifascista, le motivazioni idealiche animano questa ribellione e il dissidio interioreche lacera le coscienze dei partigiani cattolici, com-battuti fra l’urgenza di contrapporre la lotta armataall’oppressione e il richiamo cristiano ai valori delperdono, dell’amore, della sopportazione.

Del resto a Tramontin preme la necessità diallontanare dai cattolici il sospetto di un prudente,se non accondiscendente, attendismo, soprattuttodopo la svolta dell’inverno del 1944 quando, aseguito dell’arresto dell’avanzata alleata, la repres-sione nazifascista colpirà in modo terribile le for-

mazioni partigiane. A questo fine l’autore fa notareche l’azione di resistenza contro l’oppressore non simisura solo nel numero di azioni militari compiute,ma anche nella quotidiana attività di difesa dellecomunità, dei rifugiati, dei ricercati in cui si distin-se, talvolta fino al sacrificio estremo, una parte nonmarginale del clero veneto.

Ferdinando Perissinotto

Gli ebrei a Venezia 1938-1945. Una comunità trapersecuzione e rinascita, a cura di Renata Segre,Venezia, Il Cardo, 1995, 8°, pp. 247, ill., L. 50.000.

Nel 1995, nel quadro del programma di manife-stazioni celebrative del cinquantesimo anniversariodella Resistenza e della Liberazione nazionale, laRegione Veneto ha finanziato e patrocinato unaserie di iniziative storico-culturali, tra le quali unprogetto espositivo e didattico ideato dalla Comuni-tà ebraica veneziana, in collaborazione con la Fon-dazione Querini Stampalia. Scopo del progetto –sfociato nell’allestimento di una mostra e nellapreparazione di un filmato e di una serie di iniziativeeditoriali, tra cui la pubblicazione che qui presentia-mo – è ricostruire la memoria delle comunità ebrai-che in Italia durante il periodo fascista e bellico,fornendo nel contempo alle generazioni più giovanimateriale storico-critico per comprendere più davicino le vicende di un popolo così tragicamente alcentro della storia dell’Occidente.

Questo volume, che raccoglie documenti e testi-monianze dell’epoca, sfata innanzitutto il luogocomune secondo cui la persecuzione degli ebrei inItalia è stata molto più blanda, e meno “scientifica”,di quella condotta nella Germania nazista. E invece,proprio a Venezia, le epurazioni, le violenze, leprevaricazioni contro la comunità ebraica – lenta-mente ma inesorabilmente esautorata non soltantodei propri legami con la realtà sociale, economica,intellettuale della città, ma anche della propria stes-sa identità – furono all’ordine del giorno. Anzi,nell’opera di pulizia etnica dimostrò “uno zelostraordinario l’intera struttura della pubblica ammi-nistrazione e non da ultimo brillò una campagnaantisemita condotta con la stupida protervia di tuttele crociate della stampa locale”. E il tutto nella quasiindifferenza della società e dell’opinione pubblicaveneziane, che accolsero senza grossi traumi ladistruzione del ghetto e della sua comunità e, conessi, di parte integrante della storia e del tessutosociale veneziani.

Dunque, un periodo, quello fascista, che anche inquesta città ha lasciato molte zone d’ombra, chepubblicazioni come questa aiutano a illuminare. Iltesto, che ospita anche brevi scritti introduttivi diElio Toaff, Liana Millu e Angelo Ventura, fa partirela sua ricostruzione storica dalla campagna di stam-pa della seconda metà degli anni Trenta, prima dellapromulgazione delle leggi razziali. Esemplificativodel clima in cui veniva maturando il razzismo fasci-sta il titolo a tutta pagina della “Gazzetta di Vene-zia” del 31 luglio 1938 sul discorso di Mussolini aForlì: “Perentoria dichiarazione del Duce: Noi tire-remo dritto anche sulla questione della razza”. Inte-ressanti anche le pagine dedicate all’uso delle cari-cature nella propaganda antisemita. Tra queste, unnon molto originale ma efficace disegno che ritraeun vecchio ebreo incartapecorito che si trasforma,se rivoltato sottosopra, in un bolscevico dal ghignominaccioso. Entrambe le figure sono caratterizzatedal naso rubizzo, tipico dei beoni, e dall’aspettoovviamente poco rassicurante.

Il testo si sofferma poi su altri capitoli dolorosidella vicenda degli ebrei veneziani. Dal censimentodel ’38 all’emanazione delle leggi razziali (i decreti

del settembre di quello stesso anno), dall’esclusionedei “giudei” dalle scuole e dagli uffici pubblici allaconfisca dei beni e delle proprietà, dall’espulsionedal centro storico fino all’inizio della vera e propriatragedia: le prime deportazioni del dicembre del’43, i rastrellamenti delle brigate nere, l’occupazio-ne tedesca e l’avvio verso la “soluzione finale” deicampi di sterminio. Preziose e talvolta inedite letestimonianze che riguardano il periodo della clan-destinità, che vide molti ebrei, soprattutto ragazzi ebambini, nascosti presso istituti o impegnati nellaResistenza. Il resto è storia nota, anche se, come siè detto, non sempre messa in relazione con la realtàdei fatti accaduti nelle nostre terre, nelle nostre città,e non soltanto a Dachau o ad Auschwitz.

Marco Bevilacqua

“Venetica. Annuario di storia delle Venezie in etàcontemporanea”, a. XII, n.s., n. 4, Verona, Cierre,1995, 8°, pp. 391, L. 28.000.

Umberto Dinelli nel suo testo del 1986 Le liberecittà del Veneto ricorda la tragedia del Grappa nelsettembre 1944 come il più grande disastro militaredella Resistenza italiana. La tarda estate del ’44segnò infatti per la Resistenza veneta la tappa piùbuia. Dopo l’euforia per i successi di luglio e agosto,che avevano apparentemente sbandato le forze fa-sciste, i grandi rastrellamenti di settembre inferseroun colpo gravissimo non solo alla struttura militaredell’esercito partigiano, ma anche alle speranze diuna prossima fine del conflitto. Si incrinò pericolo-samente, a quel punto, la rete di solidarietà chelegava le popolazioni civili al movimento partigia-no sia a causa del terrore suscitato dalla ferocerepressione, sia soprattutto per la disillusione co-cente prodotta dalla disfatta fulminea delle miliziepartigiane, la cui audacia, forza, capacità di control-lo del territorio erano state sopravvalutate nei mesiestivi.

Ma se il rastrellamento del Cansiglio, pur causan-do lo sbandamento delle formazioni partigiane e ladistruzione delle loro basi non provocò né la distru-zione, né la disarticolazione delle forze della resi-stenza, che seppero sganciarsi e ricostruirsi lenta-mente in pianura, la tragedia del Grappa fu totale:dei 1000 difensori del massiccio più di 300 furonouccisi in combattimento, 171 giustiziati in pianuranella mattanza succeduta allo scontro, 400 deportatinei lager in Germania.

Un incisivo saggio di Egidio Ceccato ricostruisce,nell’ultimo numero monografico della rivista“Venetica” dedicato a La resistenza in area veneta, lecause di questo tracollo individuate primariamentenella scelta suicida, contraria ai principi stessi dellaguerriglia partigiana, di attuare una difesa rigida neiconfronti delle preponderanti forze nazifasciste. Illavoro di Ceccato, rinunciando programmaticamentead ogni dimensione commemorativa o apologetica,cerca soprattutto di fare luce sulle ragioni che porta-rono alla scelta disastrosa di fare del Grappa la“Verdun italiana”. Si scopre così un intreccio dimotivi su cui pesano considerazioni di opportunitàstrategica generale, nella volontà di controllare le viedi ritirata tedesca in caso di uno sfondamento alleatosulla linea gotica, ma anche componenti emozionali.Emerge, nella ricostruzione di Ceccato, l’eccessivosentimento di sicurezza che dominava i difensori delGrappa, dovuto a un’irresponsabile sopravvalutazionedelle proprie forze, la fiducia nell’inconsistenza or-mai manifesta dell’avversario nazifascista, che por-tava a scambiare le proprie speranze con la realtà deifatti, ed ancora il timore dei comandi partigianid’essere accusati di vigliaccheria, dopo le espliciteaccuse della Missione militare inglese di inattività e

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scarso spirito combattivo. A cementare poi tuttoquesto complesso fascio di sentimenti interveniva laforte valenza simbolica che esercitava nell’immagi-nario di comandanti e gregari la leggenda del Grappa,baluardo contro lo straniero nell’epopea del primoconflitto mondiale.

Ispirati allo stesso rigore di ricerca e al rifiuto diqualsiasi componente oleografica sono anche glialtri saggi della rivista: lo scritto di Ezio MariaSimini rivolto allo studio dell’attività partigiananella città di Schio, quello di Manzati, che rievocail clima del 1945/47 a Verona, dopo la smobilitazionedei partigiani e l’amnistia dei fascisti, ed infine loscritto di Luigi Urettini dedicato alla figura di AldoDamo, già presidente del CLN veneto nel 1946.Interessante, nella parte conclusiva della rivista, lacompleta bibliografia sulla Resistenza nel Trivenetointrodotta dal saggio di Paladini sullo stato attualedella ricerca storiografica.

Ferdinando Perissinotto

IVES BIZZI, La Resistenza nel Polesine. Documenti etestimonianze, present. di Valentino Zaghi, Susegana(TV), Giacobino - Istituto Polesano per la Storiadella Resistenza, 1995, 8°, pp. 314, ill., L. 25.000.

Il sottotitolo del volume Documenti e testimo-nianze rende solo in parte il carattere vivo dellanarrazione fatta dai protagonisti dei fatti o dai testi-moni di eccidi, torture o atti di grande coraggio. Nerisulta un quadro corale, dove numerose figure efatti si intersecano e, per quanto lo storico di profes-sione debba sempre trattare con il necessario distac-co testimonianze rese a decenni di distanza, l’ampiasistematicità delle narrazioni presenta comunqueun carattere di veridicità unico.

Le testimonianze raccolte da Ives Brizzi (autoredi altre opere dedicate alla storia della Resistenza edell’antifascismo nel Veneto e che ha impiegato asua volta molti anni per raccogliere il materiale checompone il volume) appartengono a persone divario orientamento politico e di strati sociali diver-si; a fattore comune il forte risentimento contro ifascisti repubblicani ed in parte una minore compo-nente antitedesca. La natura dei rapporti di produ-zione, soprattutto agricola, che risultavano più arre-trati del resto del paese, determina nel fenomenoresistenziale polesano una forte spinta sociale, comesottolinea nella Presentazione anche ValentinoZaghi, che datava al periodo le lotte agrarie. L’au-tore tende quindi principalmente a sottolineare lapartecipazione alla Resistenza come diretta conti-nuità del movimento antifascista maturato neglianni Venti e prima ancora nell’opposizione allaGrande guerra e nelle lotte contadine successive.Emerge con frequenza il ricordo della figura diGiacomo Matteotti nel suo particolare e strettolegame con il Polesine.

Di grande drammaticità sono soprattutto le scar-ne testimonianze relative all’eccidio di Villamar-zana, dove nell’autunno del 1944 furono fucilatidalla Guardia Nazionale Repubblicana e da altrireparti fascisti quarantatre tra partigiani ed ostaggi;è addirittura raccapricciante la macabra conta deicadaveri e la caccia all’ultimo uomo mancante.

Giovanni Punzo

ALDO RONDINA, Polesine 1944-45. Guerra e Libera-zione. Dossier, Taglio di Po (RO), Arti GraficheDiemme, 1995, 4°, pp. 361, ill., L. 60.000.

Il volume offre una documentazione ampia edarticolata, di taglio giornalistico ma approfondito

(soprattutto dal punto di vista iconografico), sugliavvenimenti e sugli aspetti storici che si incardinanosulle vicende della Resistenza nel Polesine. I prin-cipali argomenti trattati riguardano l’azione delCLN, la situazione della popolazione civile, glieccidi nazifascisti, le missioni militari alleate, ibombardamenti e la fase ultima della liberazione acui partecipò un reparto italiano a fianco deglialleati. Tra le figure dei patrioti del CLN, attivi anchedopo la Liberazione, assumono rilievo quella diRiccardo Malfatti, vittima di un reparto tedescomentre si apprestava a raggiungere Adria da pocoliberata, e quella di Umberto Merlin, politico giànoto prima del fascismo, primo sindaco di Rovigoliberata e personaggio di spicco della vita politicaveneta e nazionale, non solo del dopoguerra.

Soprattutto nei giorni della fine di aprile del 1945la partecipazione alla lotta si fece quasi generale enon pochi furono i casi di iniziative assunte dasemplici cittadini per comunicare con gli Alleati aldi là del Po e favorire il passaggio del fiume alletruppe, fornendo informazioni o addirittura imbar-cazioni per traghettare uomini e mezzi. Il volumericorda come, nella zona occupata, fossero attivenumerose missioni alleate con vari compiti e obiet-tivi, ma soprattutto quanto temuto fosse il propositogermanico di allagare vaste zone – facendo saltaregli argini dei fiumi Po ed Adige – per ritardarel’avanzata alleata (cfr. C. Saonara, Le missionimilitari alleate e la Resistenza nel Veneto, Venezia,Marsilio, 1990).

Le incursioni aeree alleate sono illustrate ampia-mente da numerose immagini tratte dagli archivistorici dell’U.S. Air Force a conferma, ove mai fossenecessario ribadirlo, di quanto determinante fu l’as-soluta superiorità aerea alleata sul fronte italiano.L’importanza del Polesine emerse in particolarenella fase conclusiva della guerra, quando venne acostituire l’immediata retrovia del fronte. Alla faseconclusiva delle operazioni per il forzamento del Poparteciparono le unità italiane del gruppo di combat-timento “Cremona”, un reparto del R. Esercito che siera ricostruito nell’Italia liberata e che combattevaormai in prima linea a fianco degli Alleati per laliberazione del paese. Il ruolo svolto fu di rilievo,come testimoniano le perdite subite nella fase del-l’ultimo sforzo. Da gennaio del 1945, con una breveinterruzione per l’avvicendamento delle truppe, ilgruppo aveva partecipato agli scontri più aspri(Alfonsine), meritando gli encomi dei superiori co-mandi alleati che si dimostrarono però più prodighidi elogi che di sostegni materiali visto che, nella fasefinale, per varcare il fiume, il gruppo non disponevadegli equipaggiamenti da ponte idonei e fece ricorsoalla popolazione civile. Prescindendo comunquedalle operazioni militari, il semplice fatto che avarcare il Po fossero anche soldati italiani, sia purecon uniformi e (scarso) equipaggiamento inglese,assunse un notevole significato politico, come vieneampiamente sottolineato dal volume.

Giovanni Punzo

SONIA RESIDORI, Donne in guerra. La quotidianitàfemminile nel Polesine nel secondo conflitto mon-diale, present. di Nadia Filippini, Rovigo, Minellia-na, 1996, 8°, pp. 154, L. 24.000.

Ribadire il concetto che la Seconda Guerra mon-diale, come del resto ogni tipo di guerra moderna, nonha avuto semplicemente una dimensione politico-militare, e in quanto tale di esclusivo appannaggiomaschile, ma ha influito profondamente e radical-mente sul tipo di vita e sulla mentalità di tutti,coinvolgendo in primo luogo la popolazione civile,suona ormai cosa scontata. Nessuno nega che la

guerra sia stata “combattuta” anche dalle donne, conla quotidiana lotta per la sopravvivenza, e che da taleesperienza le donne ne siano uscite con uno statussociale diverso, conquistando nuovi ruoli e quindi unmaggior grado di emancipazione.

Il libro di Sonia Risidori, partendo da questaconsapevolezza, si concentra sulla realtà femminiledel Polesine durante la Seconda Guerra mondiale,per indagare fino a che punto questa regione sia statainvestita, e quanto profondamente, dai cambiamen-ti sociali innestati nella società italiana dall’ultimoconflitto. È un prezioso documento di tradizioneorale, dato che il volume riporta le interviste a trentadonne polesane, che narrano con grande imme-diatezza e ricchezza di commenti personali la lorovita durante la guerra. Ne esce un affresco assaiinteressante, anche per le contraddizioni che neemergono. La guerra ha rappresentato senza dubbioun’esperienza centrale nel vissuto di molte di questedonne. Alcune, ci fa presente l’autrice, hanno dimo-strato reticenza a parlare di quanto avvenuto, comese la guerra fosse ancora un fenomeno vicino, di cuiaver paura, e non tanto per gli strascichi dolorosi cheessa può aver comportato, quanto per il giudiziosociale e per la paura di possibili ritorsioni.

Sentimenti comprensibili, se si considerano iterribili racconti che queste donne fanno di quantoaccadde alla fine della guerra alle collaborazioniste,racconti che ritornano spesso nelle conversazioni diqueste donne. Eppure l’autrice mette in luce comeper molte delle polesane da lei intervistate la guerranon abbia comportato significativi mutamenti divita o di mentalità. Si trattò di un periodo duro, distenti, di solitudine affettiva per la mancanza deimariti o dei compagni spediti al fronte, ma conglobatoall’interno di un universo femminile che concepisceper la donna una vita comunque difficile e, soprat-tutto, abbastanza isolata. Dalle interviste, infatti,appaiono chiari i livelli di miseria in cui vivevano lamaggior parte delle famiglie polesane, ma anchecome questo tipo di vita venisse accettato con gran-de rassegnazione e naturalità. Rassegnazione chenon portava certo queste donne a forme di ribellioneo di partecipazione politica, tutte cose riservate agliuomini. Si trattava però di un isolamento che garan-tiva alle donne certe forme di difesa e di libertà.Anche la Chiesa, vera autorità locale, influiva pococon i suoi dettami sul comportamento delle donne,come dimostra l’alto numero di nascite illegittime,considerate però dalle intervistate come un fenome-no diffuso e in fondo abbastanza naturale.

La guerra, quindi, pare avere influito individual-mente sulla storia delle donne polesane, ma non sulloro status sociale, condizionato da un atavico ruolodi sottomissione, aggravato dalle condizioni di arre-tratezza economica e sociale peculiare della campa-gna polesana, i cui equilibri sarebbero stati mutatisolo dai più complessi cambiamenti avvenuti nellaseconda metà del nostro secolo.

Donata Banzato

LUCIA ANTONEL, I silenzi della guerra. Prigionieri diguerra alleati e contadini nel Veneto orientale.1943-1945, Portogruaro (VE), Nuova Dimensione -Ediciclo, 1995, 8°, pp. 110, ill., L. 18.000.

L’assistenza ai prigionieri di guerra alleati daparte della popolazione italiana tra il 1943 e il 1945rappresenta un capitolo a parte nelle vicende dellaguerra in Italia. Resta ancora difficile spiegare per-ché molte famiglie, nella stragrande maggioranzacontadine e nei luoghi più disparati, sfidando i bandigermanici o repubblichini, abbiano dato asilo aiprigionieri alleati fuggiti dopo l’8 settembre 1943dai campi in territorio italiano. Un fattore determi-

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nante fu indubbiamente il generale e radicato rifiutodella guerra da parte della popolazione civile e ilparallelo sentimento antitedesco, ma spiegare poicome in qualche caso, in certi casolari del Venetoorientale, abbiano convissuto sotto lo stesso tetto,ospitati dalle stesse famiglie, disertori tedeschi edex-prigionieri alleati è ancora più complesso.

La ricerca svolta da Lucia Antonel ha comeoggetto le vicende individuali di alcuni dei numero-si prigionieri alleati che, all’indomani del settembre1943, vennero ospitati da famiglie contadine nelportogruarese, dove condivisero la durezza dell’oc-cupazione, le paure della cattura e quasi regolar-mente il poco cibo disponibile. Una stima esattadelle dimensioni del fenomeno non è facile, mabasti ricordare che, secondo una stima dei serviziamericani (OSS), nel solo Veneto, anteriormente alsettembre 1943, i prigionieri alleati assommavano a3.500 unità circa mentre nell’agosto 1944 ben 1.600non risultavano né riparati in Svizzera o comunquein altri paesi, né ricatturati, né uccisi, né morti permalattia. Approssimativamente, quindi, circa 1.600ex-prigionieri alleati trovarono protezione nellecampagne venete. La cifra è tutt’altro che trascu-rabile. Aiutare un prigioniero non era cosa facile nédi breve durata; molti infatti restavano per pochigiorni; ma altri si trattenevano per un periodo abba-stanza lungo inserendosi nel gruppo familiare; alcu-ni restarono a lavorare con i contadini, altri ancorasi unirono ai partigiani o tentarono la fuga, moltiancora furono catturati in seguito a delazioni. Ri-guardo l’organizzazione delle fughe viene ricordatain particolare la figura di Arch Scott “Arturo”, cheottenne un riconoscimento al valor militare per lasua attività e collaborò per breve tempo ma intensa-mente al Governo militare alleato instaurato dopo laLiberazione proprio nel Portogruarese, dove erastato ospitato durante la guerra.

Nel quadro più generale della storia militare solorecentemente si sono avviati degli studi più appro-fonditi sulla tematica dei prigionieri di guerra (vor-rei ricordare il convegno che si è svolto a Firenze nel1994 dedicato a “I militari italiani prigionieri diguerra (dalle guerre napoleoniche alla Seconda guer-ra mondiale)” e il libro di G. Procacci Soldati eprigionieri italiani delle Grande guerra); uno stu-dio italiano più ampio ed accurato – ad esempio sualcuni casi di maltrattamenti ai prigionieri alleati odi veri e propri crimini di guerra commessi – oltre adessere auspicabile potrebbe ampliare notevolmentele conoscenze.

Giovanni Punzo

Tra Liberazione e ricostruzione. Padova, 8 settem-bre 1943 - 2 giugno 1946, a cura di Lino Scalco,Padova, Editoriale Programma, 1996, 8°, pp. 255,ill., L. 40.000.

Ricostruzione, non restaurazione, per evidenziarela globale e sostanziale rottura tra l’Italia fascista epostfascista, anche se Scalco, il curatore del volume(si veda il saggio centrale), è visibilmente condizio-nato da Pavone (1974), laddove il focus del suolavoro s’incentra sulla mancata applicazione dellesanzioni contro il fascismo (epurazione). Negli ottomesi (maggio-dicembre 1945) dell’Amministrazio-ne alleata, con il disconoscimento del CLN da partedella triade Sindaco-Prefetto-Governatore, la pre-senza degli inglesi a Padova imposta l’orientamen-to politico in maniera più qualificata sotto il profilodella sovranità limitata della libertà; personaggiochiave resta il brigadiere generale J.K. Dunlop,governatore inglese.

La ricostruzione è pacata: segue il filo degliavvenimenti, i quali frustrano le aspettative storico-

politiche dell’epurazione, con l’aiuto delle ordinan-ze generali e dei proclami (pubblicati nel testo), iquali mostrano con la pochezza amministrativa delmomento la liquidazione di alcuni timidi tentativi didemocrazia di base della sinistra (si pensi allosvuotamento dei consigli di gestione, delle commis-sioni interne in fabbrica). La sinistra scontal’impreparazione “teorica e politica adeguata a co-struire e a dirigere un nuovo stato dell’economia,nell’amministrazione e nella cultura” (p. 145).

I provvedimenti del Sindaco Schiavon s’impron-tano all’urgenza e per fronteggiare solo l’emergen-za. Il clima generale è quello della saturazionepsicologica da parte della popolazione nei confrontidella guerra, non solo nel 1945, ma anche negli annipiù strettamente legati alla Resistenza. È TizianoMerlin a metterlo in evidenza tramite un’attentalettura della raccolta documentaria della GNR chescrive a Mussolini. Vi si può avvertire l’isolamentorispetto alla popolazione, la convinzione dell’im-minente sconfitta, la difficoltà a mantenere l’ordinepubblico, mentre vanno formandosi le bande parti-giane, poi sconfitte. Tuttavia, la stessa sconfittapartigiana, originata dalla feroce determinazionerepubblichina, dall’atto di sottomissione ecc. (giàpreavvertita peraltro dallo stesso Schiavon nei suoidiari, proprio mentre forma ed organizza le bande inprovincia), non è enfatizzata dalla GNR.

La popolazione è contro i fascisti e i nazisti(sinonimo della continuazione della guerra), manon è neppure con i partigiani per paura dellerappresaglie (si veda il rifiuto di Marchesi e Bigginia creare il movimento partigiano, per giungere allafine della guerra con il minor danno possibile)(Borghi). Le conclusioni di Merlin non inducono agiudicare presente la cosiddetta “zona grigia” (nécoi fascisti né coi partigiani), in quanto il sentimen-to comune contro la guerra non è automaticamenteafascismo ed equidistanza tra fascismo e Resisten-za. È la speranza il sentire di tutti, sicché i nazisti,che avvertono la convivenza tra autorità e Resisten-za, lamentano l’assenza dei fascisti, i quali, nonriuscendo a bloccare i partigiani, che sono italiani(Rossi), sono costretti a prendere in mano la situa-zione. In questo contesto, laica si potrebbe definirela prospettiva avanzata da Silvio Lanaro circa lanascita della Repubblica: fu il fascismo il 25 luglioa spaccare il fascismo!, ma è stata la Resistenza alegittimare una Repubblica che oggi soffre d’iden-tità nazionale, di crisi dell’ideologia, dei guasti pro-vocati dal professionismo partitico e non politico eche abbisogna della riforma della cultura politica.

Antonio Napoli

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Il 50° della liberazione nel Padovano, a cura diTiziano Merlin, numero monografico della rivista“Materiali di storia del movimento operaio e popo-lare veneto”, n.s., n. 3-4/ giugno-settembre 1994(annale n. 1), 1995, Padova, Centro Studi EttoreLuccini, 1995, pp. 196, L. 20.000.

La nuova serie (annale) del Centro Studi EttoreLuccini di Padova intende offrire spunti di riflessio-ne, indicare possibili materiali, porre l’attenzionesugli scontri tra varie ideologie. In questo primo“annale”, dedicato al 50° della liberazione nel Pado-vano e curato da Tiziano Merlin, gran parte delmateriale presentato è inedito ed è della GNR (Guar-dia Nazionale Repubblicana, Archivio Micheletti,Brescia). Sono riprodotti episodi fondamentali an-che con accenti letterari (Camon, p. 60), ma ilturning point è negli studi di Vittorio Marangon eTiziano Merlin (i notiziari stilati dalla GNR, dicem-bre ’43 - luglio ’44). L’avversario ha voce tramite igiovani fascisti, entusiasti, animati da motivi ideali:la bella morte, l’onore, lavare l’onta del tradimento,la fiducia cieca in Mussolini, il legame sentimentalecon la grande guerra ecc. La Resistenza nelle zoneNord (sabotaggio) e Sud (requisizioni) del padova-no appare differenziata: il sociale lo si coglie nellaBassa (egemonia comunista), mentre l’Alta (ege-monia cattolica) fa emergere un clima di saturazio-ne psicologica (p. 105) che genera danni e fiaccaturanell’avversario (pp. 106-107). Tuttavia, qui contaconsiderare che viene smentito De Felice (i parti-giani sono pochi!), in quanto Marangon dimostrache l’ambiente circostante è loro favorevole, sicchédi fatto sono tanti i resistenti... L’unica battagliaricostruita è quella di Castelbaldo (26-27 luglio1944), ma con un’ottica demitizzante: è preparata inmodo sbagliato e condotta peggio. Lo stessoSchiavon lo ammette (p. 53), il che evidenzia ladivaricazione presente nella Resistenza tra gli aspettimilitari dello scontro armato (Camin, pp. 23-28) equelli politici di salvataggio dell’organizzazionedella rete di protezione (Este, pp. 11-22). Il lavoro didon Gios (studio sul diario di don Galzignan diCrespano) e di Naccarato (lotta operaia alla Stanga),sono le variazioni di tale leit-motiv e ne emerge “unospaccato di quella ‘guerra civile’ che la storiografiaresistenziale ha da tempo iniziato ad indagare, purcon le cautele che l’assunzione di un tale concettorichiede” (Roverato, VIII).

Antonio Napoli

Dall’antifascismo alla guerra di liberazione. Ela-borati degli studenti delle scuole medie e superioridi Padova e provincia per il 50° della Liberazione.Poesie, racconti, ricerche, interviste, grafica, introd.di Guido Petter, Padova, Centro Studi Ettore Luccini,1996, 8°, pp. 248, ill., L. 30.000.

Il volume raccoglie le poesie, i racconti, le ricer-che, le interviste, le opere grafiche realizzate daglistudenti di Padova e provincia nel 1995 per parteci-pare al concorso bandito dal Centro Luccini incollaborazione con il Provveditorato agli Studi diPadova in occasione del 50° anniversario dellaLiberazione. Scopo principale dell’iniziativa è statoquello di evitare l’oblio sia nei confronti del quadrosociale di riferimento relativo alla nascita dellaRepubblica Italiana sia nei riguardi di un periodoche la memoria dei contemporanei nel Veneto giu-dica non all’unanimità negativo, in quanto moltoconsistente è la percentuale di coloro che sonoequidistanti nella valutazione storica sia del Fasci-smo sia della Resistenza. Pochi, va da sé, giudicanopositivo quel passato. I testi prodotti sono attentialla memoria locale, come previsto dalle finalità

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statutarie del Centro Luccini, che ha bandito ilconcorso; l’intersezione tra metodologie diverseriproduce le caratteristiche di un testo a più voci diEducazione Civica, ma con un denominatore comu-ne: far venire alla luce “il lato umano di un’epocastorica difficile e carica di odio e violenza” (Petter,p. VIII). La partecipazione numerosa degli studenti(473) con 299 opere ha visto impegnati 52 docenti,31 scuole ed istituti e 24 sono stati i premi consegna-ti (3 per ognuna delle 8 sezioni, più un premiospeciale della Giuria ed un premio aggiuntivo); 7sono stati i premi ex-aequo e sono state segnalateopere di studenti di 4 istituti superiori e 5 scuolemedie.

Chi scrive vuole segnalare in particolare tre lavo-ri: a) l’ipertesto (intreccio tra ricerca ed informati-ca) realizzato dalla Scuola Media “don Milani” diVigonza sul 25 aprile, la Costituzione e il suosignificato; b) gli scritti e poesie varie; c) il calenda-rio partigiano della Scuola Media “Giovanni XXIII”di Vescovana. Il primo favorisce la motivazioneall’apprendimento, l’organizzazione delle conoscen-ze e la riutilizzazione dei prodotti cognitivi in tempie modi diversi, il che garantisce allo studente l’usodelle informazioni risultanti utili. Il secondo lavororaccoglie poesie anche molto originali, riecheggiantimodelli letterari conosciuti, create su spunti di cro-naca storicamente verificabili. Il terzo lavoro (Ipremio della sezione) associa ad ogni mese uncommento poetico sugli avvenimenti accaduti inzona. Sono modi eterogenei (informatico-postmo-derno e lirico-classico) e personali di presentare lapoetica del frammento.

Antonio Napoli

MARIO GECCHELE - DELIO VICENTINI, Il dolore dellaguerra. Vicende e testimonianze in Val d’Alpone edintorni, Amministrazioni Comunali di Veste-nanova, San Giovanni Ilarione, Montecchia diCrosara, Roncà, Monteforte d’Alpone (VR), 1995,8°, pp. 378, ill., s.i.p.

Il volume dedicato alla Resistenza in Val d’Alponeinizia con una sintetica cronologia sui fatti piùsignificativi del fascismo in Italia, sui principalieventi della Resistenza armata in Val d’Alpone econ una prima parte dedicata alla breve ma efficacericostruzione delle ripercussioni delle vicende dellaguerra in Italia dal 10 giugno 1940, punteggiata diriferimenti locali tratti dai diari dei parroci, dallenote dei podestà o da semplici annotazioni di prota-gonisti. Delle giornate del 25 luglio e dell’8 settem-bre 1943 si sottolinea la grande esplosione di gioiapopolare, seguita poi da un senso di smarrimento,abbandono e delusione e dal brusco ed atroce risve-glio con i tedeschi come occupanti. Tra cronaca estoria, testimoni attenti e sensibili sono soprattuttoi parroci, che rendono in particolar modo il fortesenso di angoscia di quei giorni.

Entrando nel vivo della ricostruzione del ruolo edegli atti di alcune contrastate figure (ad esempio G.Marozin, comandante del battaglione “Danton”),emergono soprattutto la violenta spirale di azionipartigiane e rappresaglie nazifasciste (che causaro-no un elevato numero di vittime civili, di saccheggie di incendi nell’estate del 1944) e il difficile rappor-to con le altre formazioni partigiane dipendenti dalCLN fino al successivo riconoscimento da parte delgoverno del Sud come parte operante del R. Eserci-to e dipendente quindi dal Comando supremo. Me-rita una certa attenzione anche l’attenta ricostruzio-ne delle trattative tra la GNR e la Divisione “Pasubio”.A conferma dell’ampio respiro del volume nellosforzo di fornire testimonianze da più parti sullaResistenza, sono da segnalare i due diari di I.M.I.

(Internati Militari Italiani, catturati dopo l’8 settem-bre 1943) e costretti al lavoro obbligatorio in Ger-mania o tenuti in campi di concentramento; due soletestimonianze tra gli oltre 600.000 appartenenti alleforze armate italiane catturati dai tedeschi ma cheforniscono un quadro completo dei drammi dell’in-ternamento: la propaganda per l’adesione a Salò, illavoro nelle campagne o nelle fabbriche, il senti-mento nei confronti del Paese e la prolungata assen-za di notizie.

Giovanni Punzo

MAURIZIO LAZZARO, Fascismo, antifascismo, Resi-stenza a Camin di Padova, in Appendice: ZOIDO

MASSARO, I comunisti caminesi nel venetennio fa-scista, Padova, Centro Studi Ettore Luccini, 1996,8°, pp. 149, ill., L. 18.000.

Il testo è una microstoria (1916-1946) e segue ilfilo logico dei tempi del fascismo, dell’antifascismo,della Resistenza nella periferica Camin, tradiziona-le puntello della sinistra nella città di Padova. Unamostra sul tema (fotografie, documenti, cimeli ecc.)realizzata nel settembre 1974 presso la Casa delPopolo (tra le più antiche d’Italia) è l’abbrivio dellaricerca: il successo di pubblico spinge l’autore,allora studente, ad approfondire l’argomento (ilfocus particolare è il periodo 1943-45) con la tesi dilaurea (1979). Le testimonianze orali, la documen-tazione inedita (archivio parrocchiale) trova neidiari (in appendice) di Zoido Massaro (barbiere, PCIlocale) il modello esplicativo di fatti difficilmentecollocabili. Al lettore si consiglia di leggere subito,perciò, l’ultima parte per capire poi il testo comple-to. Il microambiente, con una forte presenza diartigiani ed operai al confine con la città e la campa-gna, è sopravvissuto, sicché l’autore, con mirataricerca catastale, ne ricostruisce nei dettagli l’iden-tità sociale. I personaggi sono tanti (i Sorgato, iBarzon, la famiglia Tombola, i morti di Villa Bauceecc.), viene data una parola definitiva su di loro e,sulla scia della tesi di laurea del ’79, si approfondi-sce il revisionismo storiografico (conflitti tra parti-giani, delazioni, differenziata partecipazione e col-laborazione della popolazione ecc.). Emerge la di-versa maturità socio-politica delle comunità esami-nate a proposito della conduzione della lotta armata.Camin, consapevole del contesto operativo, teorizzaun’azione più modesta, ma efficace, a differenza diVillatora. Ad esempio, l’eccidio di Villa Bauce(interruzione della trattativa tra partigiani e nazistiper la resa e conseguente rastrellamento-rappresa-glia nazista), apparentabile per logica e ferocia aquello di Boves, Marzabotto, Fosse Ardeatine, di-mostra le contraddizioni di una errata valutazionesulla forza dell’esercito nazista (in ritirata, non inrotta): a) informazioni poco attendibili; b) soprav-valutazione delle proprie forze.

Antonio Napoli

I giorni del dolore. Cronaca dell’eccidio del 28aprile 1945. Saonara-Villatora, Saonara (PD), Am-ministrazione comunale, 1995, 8°, pp. 32, ill., s.i.p.

Il resoconto dettagliato di un episodio tragico,accaduto a Villatora di Saonara (Padova) negliultimi giorni della II Guerra mondiale, è stato lospunto per far conoscere alle nuove generazioni unmomento particolare nella storia del proprio paese.Il testo presenta la cronaca vera e propria dell’avve-nimento minuto per minuto.

Nel periodo immediatamente successivo al 25aprile 1945, mentre le grandi città del Nord eranoormai state liberate dall’occupazione nemica, i te-

deschi, in ritirata, mantenevano intatta tutta la loropericolosità. La popolazione, specie nei piccoli cen-tri, abbandonò anche le più elementari precauzionie, incoscientemente, pretese di disarmare i nazi-fascisti, disponendo di armamento scarso o addirit-tura nullo. La conseguenza di tutto ciò furono stragied eccidi, alla luce dei fatti, inutili. Non per questobisogna sminuire l’eroicità di quegli italiani chepersero la vita per riconquistare la propria terra e lapropria speranza, ed è proprio questo il senso di talepubblicazione, per non dimenticare.

Giovanni Mari

WANDA CANNA, Ricordi. Ottobre 1943 - Aprile1945, present. di Marisa Gardoni, Susegana (TV),Giacobino, 1995, 8°, pp. 57, L. 10.000.

In questo volume memorialistico l’autrice rac-conta, con una tenerezza che travalica la drammati-cità degli avvenimenti, la sua esperienza come“staffetta” tra le file dei partigiani “garibaldini” diMoscatelli. La serenità quasi incosciente di fronte alpericolo la rendeva quasi invisibile, inafferrabile. Inquesto suo entusiasmo fu supportata da una fami-glia, la sua, tutta impegnata nella Resistenza, all’in-terno della quale trovava conforto e sostegno.

È l’esempio di quanto le donne furono decisivenel risollevare il morale della nazione, seppellitodalla guerra, aiutando anche i più confusi a in-travvedere uno spiraglio di luce oltre il buio diquegli anni. Se la Resistenza restituì un po’ didignità agli italiani, molto fu merito delle donne: delloro coraggio, della loro forza senza fine. Il percorsodell’autrice termina con la grande festa della libera-zione. Qui l’intreccio diventa sempre più tumultuo-so, in un alternarsi di paure e speranze per il futuro,con la preziosa consapevolezza di essere stati pro-tagonisti, e non passive comparse, di un grandeevento.

Giovanni Mari

VITTORIO MARANGON, Val Brenta valle partigiana,Padova, Centro Studi Ettore Luccini, 1996, 8°, pp.126, ill., L. 20.000.

La Val Brenta da Capese a Cismon (circa 28 km)è stata oggetto di una ricerca minuziosa su morti,partigiani, caduti nelle valli dell’Agno, del Piave,Belluno. L’elenco dei caduti (comune per comune),le testimonianze orali e scritte inedite, gli 11 impic-cati da Pove sui 31 di Bassano, la tragedia dellafamiglia Todesco (Mario Todesco, docente del Li-ceo Tito Livio, ucciso a Padova; lo studente diMedicina Ludovico, suo cugino, caduto sul Grappa,sua madre e sua sorella sparite nel nulla) sonoalcune delle vicende presentate da Marangon. Latestimonianza sorprendente è quella su 150 mongoli,disertori dell’esercito nazista, entrati nella Resi-stenza italiana, e guidati da Giovanni Smaniotto,nativo di S. Nazario.

Il lavoro di Marangon si potrebbe considerareuna microstoria, sotto forma di catalogo, cheripercorre la storia di una zona, fatta di protagonismianarchici e socialisti, ceppo “di gente fiera e graniticacome le rocce che incombono sul fiume, decisa anon tollerare soprusi” (p. 7). L’indice dei nomi e deiluoghi sono ricchi di indicazioni per risalire a fatti,personaggi ed episodi che trovano nei disegni diLazzarotto, nelle poesie dei ragazzi di Valstagnacomposte in occasione del 25° anniversario dellaliberazione, l’opportunità d’intrecciarsi con le testi-monianze dei sopravvissuti.

Antonio Napoli

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L’arte contemporaneanella scuola veneta(Lina Ossi )

La straordinaria ricchezza del patrimonio artisti-co del Veneto e l’entità dei problemi di conservazio-ne, di tutela, di gestione che esso evidenzia, pongo-no alla scuola e, in realtà, ad ogni altra agenziaeducativa, una domanda di formazione la cui impor-tanza si precisa se nell’insieme più ampio del patri-monio artistico si comprende anche la produzionedel nostro secolo. Lo studio dell’arte contempora-nea, infatti, svolge nella scuola una funzioneparagonabile, per certi aspetti, a quella dell’educa-zione civica: è simile il rapporto con la corrispon-dente disciplina storica – rispettivamente storiadell’arte e storia – e analoghe sono le finalitàeducative generali in relazione ai comportamenticollettivi ed individuali. Tuttavia, nel pensiero co-mune l’arte del nostro secolo è un oggetto pressocchésconosciuto: le conquiste di Picasso o di De Chirico,per citare qualche nome famoso, sono note ai piùcome provocazioni che vanno contro il buon senso,mentre la comprensione della portata intellettualedella loro ricerca visiva appartiene a pochi studiosi.La complessità della materia non basta a spiegare lasituazione; vi sono molti altri fenomeni, più o menodi attualità, che sono complessi quanto un quadroastratto ma che sono meglio noti nella sostanza, cioènei fondamenti non specialistici, mentre non è faciletrovare un settore altrettanto affollato di banaliz-zazioni e di malintesi. Il problema non sta tantonella conoscenza mancata di questo o quell’autorequanto nell’impossibilità di utilizzare gli strumenticoncettuali nuovi che inducono a ristrutturare criti-camente e ad apprezzare l’intero patrimonio artisti-co sia antico sia recente.

Le forme della comunicazione

Nel Veneto non mancano le iniziative rivolte algrande pubblico o le occasioni di divulgazione;basti ricordare l’attività della Biennale, dell’Archi-

della popolazione scolastica, si può notare che solouna piccola parte – un terzo circa – ha l’opportunitàdi studiare una qualunque materia artistica. In ag-giunta, nei pochi indirizzi in cui essa è prevista, laproduzione contemporanea non ha una facile acco-glienza perché molti fattori, di natura diversa, con-vergono a sminuirne il significato. Ad esempio,nell’insegnamento tradizionale le discipline di ca-rattere storico, naturalmente, collocano il capitoloriguardante la realtà contemporanea nell’ultimo trat-to della sequenza temporale, proponendolo allostudio alla fine dell’ultimo anno del ciclo scolastico.I problemi di orario, di calendario, di organizzazio-ne, non di rado contraggono e rendono affrettato illavoro docente nella conclusione annuale. Si som-ma, alla fine del triennio superiore, l’effetto dell’at-tuale ordinamento dell’esame di maturità, che indu-ce a concentrare il lavoro solo sulle materie oggettod’esame. Ciò rende quasi scontato che lo studiovenga trascurato assai per tempo, quando lo svolgi-mento del programma tradizionale, di solito, è giun-to, sì e no, all’Ottocento.

Le case editrici, dal canto loro, propongono unatipologia di manuali che non è mirata direttamentené al lavoro del docente né a quello dello studente,ma ad un generico studioso non meglio identificato.Dal punto di vista storico, i testi in adozione piùdiffusi nelle superiori chiamano “contemporaneo”il periodo che si fa iniziare indifferentemente allafine o all’inizio dell’800 o, con pari frequenza,all’inizio del nostro secolo. Dal punto di vista dellacomunicazione, il taglio temporale non è determi-nante poiché, come ben sa ogni insegnante, temilontani tra loro e diversamente distanti da noi pon-gono lo stesso problema di metodo, sia per lacollocazione storica, sia per le forme della comuni-cazione. Per il resto, è certo che dire contempora-neo, nella scuola, non significa riferirsi all’attualitàin divenire perché ciò oscurerebbe la dimensionestorica, costringendo il docente ad inseguire la cro-naca. E il significato dell’espressione va precisatoanche in senso geografico: ad esempio, se si consi-dera l’artigianato del terzo mondo o i graffiti metro-politani o la computer art, per indicare solo alcunidei fenomeni presenti nel nostro orizzonte, il con-temporaneo obbliga a molti distinguo e rende chia-ro che si tratta di una categoria critica utile perconnotare una realtà che riguarda, a grandi tratti, i

Georges Braque, Natura morta con l’asso di fiori, 1911. Max Ernst, La vestizione della sposa, 1940.

vio Storico per le Arti Contemporanee (ASAC), dellaCollezione Peggy Guggenheim, a Venezia; dellaGalleria d’arte moderna e contemporanea del Co-mune di Verona; della Biennale di scultura delComune di Padova. Tali manifestazioni, tuttavia,pur lontanissime tra loro per qualità e per risonanza,ci evidenziano che i contenuti dell’arte, per quantosiano mostrati in modi anche spettacolari, non sonoaltrettanto comunicati. Succede così che le conqui-ste dei primi decenni del nostro secolo, benché nateper rispondere al nuovo pubblico che entrava allorain scena, oggi sembrano aver esaurito la caricavitale, prima ancora di essere diventate una tappaconoscitiva consolidata. Sembra definitivamentemesso in ombra il dato sostanziale e cioè il fatto chequelle opere hanno dato corpo ad un pensiero che, aben vedere, fa tutt’uno col fare scuola poiché affer-ma, primariamente, che i contenuti da trasmetterenon possono essere scissi dalle modalità e dai per-corsi della comunicazione.

L’attenzione per le forme della comunicazionenon è un fatto che compete solo all’insegnamentodell’arte. È noto che comunicare nella forma oraleo scritta o figurativa o multimediale non sortiscemai un identico effetto ed altrettanto diversi sono gliesiti a seconda del destinatario: una classe, unasingola persona, un gruppo di turisti hanno modalitàe tempi di elaborazione differenti e ciò riguarda,naturalmente, più di una materia, e forse tutta lascuola. Tuttavia, nel campo dell’educazione all’artepiù che in qualunque altro, è necessaria la parteci-pazione, l’esserci – delle opere, delle cose, deiluoghi, delle persone – perché è proprio la qualitàdelle relazioni che si instaurano a determinare ilriconoscimento di valore e, in definitiva, la possibi-lità stessa dell’esistenza dell’arte. La mediazione,quindi, rappresenta un aspetto cruciale per l’interopatrimonio artistico e, in ogni caso, precede e rendepossibile – o altrettanto impossibile – qualunqueforma di comprensione. Come dire che la scuolarappresenta l’anello che congiunge fruizione e pro-duzione, cultura ed economia.

Ostacoli dentro la scuola

Le potenzialità educative dell’arte contempora-nea non hanno uno sviluppo adeguato nella scuolaperché l’insegnamento si trova collocato in unastruttura che lo confina in spazi e tempi esigui, maprima ancora perché nella formazione iniziale, uni-versitaria, dei docenti, manca l’attenzione necessa-ria per la professione.

L’arte è presente in un numero ridotto di indirizzidella scuola media superiore: considerando il totale

Pablo Picasso, Les demoiselles d’Avignon, 1907.

IRRSAE Veneto - Sezione Scuola Media Superiore

Percorsi didattici

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paesi di più marcato sviluppo economico. In defini-tiva allora, dal punto di vista educativo, il concettoappare vago ai fini dell’individuazione di un tempoo di uno spazio ben circoscritti, ma serve piuttostoa dire “vicino a noi, vivo”, nel senso che esprime lanostra condizione esistenziale. In effetti, la produ-zione del ’900, nel suo insieme, ha messo a punto undispositivo critico nuovo ed articolato che ci risultaindispensabile per riflettere sulla collocazione del-l’arte – antica o recente – e sul ruolo del pensierovisivo nella trasformazione della realtà. Si pensi,per esemplificare, all’estensione dei concetti di sel-vaggio e primitivo, di autentico/seriale, di irrazio-nale, di aperto e progettuale... Sono categorie criti-che che hanno trovato largo spazio negli esiti forma-li del nostro secolo, e che nel loro insieme configu-rano anche il nuovo modo di definire l’oggettoartistico, di pensarlo come tale e, appunto, di comu-nicarlo con gli strumenti adeguati. In definitivaciascuno di noi, in qualche modo, fa ricorso alleforme contemporanee per trovare la sua rispostaalle domande più personali: a cosa mi serve l’arte?come entra nella mia vita? come posso renderneadoperabile il sapere? quali problemi mi aiuta arisolvere? Per questa via l’arte ci parla di relazionipiù che di gerarchie, di emozioni più che di norme,di vicinanza-uso più che di lontananza-contempla-zione; scarta quindi di molto rispetto all’assettotradizionale delle discipline insegnate. Ne nasce unpunto di vista nuovo, che ci porta non a verticalizzarein pochi esemplari sublimi ma piuttosto ad estende-re la base, allargando la comprensione a tanti diversimomenti del fare arte, fino a comprendere tuttoquanto appartiene al nostro gusto, indipendente-mente dal fatto che l’oggetto sia antico o recente,maggiore o minore, raro o diffuso.

Contemporanea, perciò insegnabile

L’arte contemporanea, si potrebbe dire, nel mo-mento in cui è nata come categoria della storiadell’arte, ci mostra nelle sue forme che la quantità diutenti è la più importante tra le circostanze dell’ope-ra ed è parte essenziale del suo contesto. Su questastrada ci troviamo a riflettere sulla implicazionedella scuola e sulle finalità educative che non stannosolo nell’introduzione dei temi più recenti nelcurricolo, quanto nel cambiamento dei percorsidella comunicazione.

Le modalità abituali con cui il sapere dell’arteviene trasmesso, anche quando sia riferito ai feno-meni del nostro tempo, contribuiscono ad allonta-nare l’oggetto di studio dalla quotidianità, adappartarlo rispetto alle forme visive che popolano ilpaesaggio consueto, urbano o domestico. E fuoridella scuola, le opere di cui più spesso parlano imedia sono segregate in spazi raramente visitati,controllati e limitati, per necessità o per scelta; aquesto si aggiunge il fatto che il più delle volte imezzi di informazione trattano i fenomeni artisticicon un’enfasi che guarda agli indici di ascoltopiuttosto che agli esiti educativi. La scuola sembraandare, distrattamente, nella stessa direzione e,assecondata dall’esterno, sceglie gli oggetti di stu-dio tra quelli collocati in una graduatoria che nullaha a che fare con il processo di insegnamento-apprendimento. Così, i più frequenti esempi propo-sti sono individuati tra i capolavori, tra i fatti straor-dinari documentati sul manuale, mancando la con-sapevolezza che privilegiare in ogni situazione l’ope-ra eccezionale può essere una scelta monotona cherende banale ed immotivato perfino lo studio delleopere eccelse. Vi sono invece altre operazioni cheprecedono la scelta dell’oggetto di studio e che sonoindispensabili per individuare i destinatari: bambinie bambine e, via via, ragazze e ragazzi non sonoomologabili ai “fruitori di massa”, né agli studiosi oai visitatori di altre categorie. Basta questo cennoalla individualità delle persone implicate, alle moltedifferenze che esprimono, per sottolineare il fattoche nella scuola il nesso tra qualità e quantità sipresenta in tutta chiarezza se solo si osserva che icontenuti non sono separabili dalle forme che litrasmettono e che forme e contenuti agiscono in unrapporto circolare di causa-effetto. Per quanto attie-ne all’arte, si tratta allora di recuperare il significatoprimario del gusto che, prima di diventare buongusto e semmai anche senso critico, non può cheessere, in origine, il gusto delle cose buone, indivi-duate lì dove più spesso esse si trovano, e cioènell’ordinario, nelle forme a portata di mano, neglioggetti e negli spazi di uso comune.

L’arte contemporanea non rappresenta solo uncambio di forme: quello che più conta è il cambia-mento del ruolo e della funzione di tutto ciò che oggichiamiamo arte. Impossibile allora trattarne senzariconoscere la inadeguatezza di quello che si praticaancora nella scuola: la rincorsa dei secoli fino altraguardo della contemporaneità, fatta solo sullepagine di un manuale che, per sua natura, non può

adattare il sapere dell’arte agli obiettivi primaridella comunicazione didattica: facili o difficili chesiano, essi cambiano continuamente perché metto-no in gioco le persone implicate nel processo, i loroaffetti ed interessi, il loro ambiente di vita e dilavoro.

Una proposta educativa

Gli “Itinerari Educativi” del Comune di Venezia,in collaborazione con l’Istituto Regionale di Ricer-ca, Sperimentazione, Aggiornamento Educativi(IRRSAE) del Veneto e della Collezione PeggyGuggenheim, hanno dato una prima risposta aibisogni della Scuola Media Superiore, offrendo aidocenti di tutti gli indirizzi un’opportunità di forma-zione e di aggiornamento sui temi dell’arte contem-poranea. A questo scopo sono stati individuati alcu-ni percorsi di carattere esemplificativo che mettonoa fuoco, all’interno della Collezione veneziana, unpiccolo numero di opere, collegandole ai granditemi della ricerca artistica del nostro secolo:Cubismo, Surrealismo, Arte astratta e gestuale,Alberto Giacometti danno il titolo ad altrettanteproposte di visita.

L’iniziativa è mirata specificamente all’attivitàdei docenti, per i quali sono stati messi a puntostrumenti utili allo svolgimento di unità di lavoro acarattere interdisciplinare. Il piano di interventoformativo si sviluppa, sostanzialmente, nella dire-zione delle pratiche che valorizzano l’ascolto, ilconfronto, la documentazione didattici. Questoorientamento ha portato a curare le modalità dipresentazione delle opere, ad inquadrarle in unospazio-tempo diradato al fine di concentrare l’atten-zione, di motivare a scelte personali, di avviareall’esplorazione degli ambienti vissuti e, in defini-tiva, di prolungare l’interesse degli studenti oltre lavisita fatta con la classe.

Il progetto, avviato nel 1995, si articola in varieparti. Sono stati rivolti ai docenti: un corso diformazione, propedeutico alla visita con le classi;una visita guidata alla Collezione; un volume-guidacontenente indicazioni e materiali utili al lavoroinsegnante. Per gli studenti sono stati realizzatimateriali illustrativi di ogni percorso; la visita delleclassi accompagnate dai docenti; un percorso diverifica dell’apprendimento e di documentazionedegli esiti educativi.

Joan Mirò, Donne e uccello al chiaro di luna, 1949.René Magritte, La condizione umana, 1935.

Alberto Giacometti, Testa d’uomo (part.), 1964.

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Spoglio dei periodicidi arte (1994-1996)

Il precedente spoglio dei periodici del settore“arte” era stato presentato sul “Notiziario Biblio-grafico” n. 14 e prendeva in considerazione gli anni1992-1993. Il presente aggiornamento si riferiscepertanto alle riviste uscite nel periodo 1994-1996, apartire dall’ultimo fascicolo segnalato sul “Notizia-rio” n. 14. Delle riviste nuove si è cercato di dare lospoglio, dove possibile, dal primo numero uscito.

Anfione Zetoquadrimestrale di architettura e arte

Il periodico ha cessato le pubblicazioni.

Annali di architetturarivista del Centro internazionale di studi

di architettura “Andrea Palladio”

direttore: James S. Ackermanvicedirettore: Guido Beltraminicomitato di redazione: Howard Burns, Jean Guillaume,Fernando Marìas, Manfredo Tafuri†, Christoph Thoenesredazione: Silvia Morettiperiodicità: annualeeditore: Electa, Milanosede della redazione: Centro internazionale di studi diarchitettura “Andrea Palladio” - Basilica Palladiana -Piazza dei Signori - 36100 Vicenza - tel. 044/546188

n. 6, 1994In memoriam Manfredo Tafuri 1935-1994 • JAMES S.ACKERMAN, Palladio: in che senso classico? • DEBORAHHOWARD, Responses to Ancien Greek Architecture inRenaissance Venice • RICHARD J. TUTTLE, Urban DesignStrategies in Renaissance. Bologna: Piazza Maggiore• FREDERIQUE LEMERLE, La théorie architecturale à laRenaissance: le tracé du tailloir corinthien • GERET TH.MADER, Metodi di misurazione e proiezione grafica deimonumenti, esame dei reperti • PAOLO NICOLOSO, La“Carta del restauro” di Giulio Carlo Argan • MANUELAMORRESI, Giangiorgio Trissino, Sebastiano Serlio e lavilla di Cricoli: ipotesi per una revisione attributiva •URSULA SCHÄDLER-SAUB, Intonaci storici sugli esternidelle ali palladiane di palazzoThiene a Vicenza. Risul-tati dell’indagine conoscitiva eseguita in collaborazio-ne con la restauratrice Elke Tiessen e l’architettoReinhold Winkler • TOMASO FRANCO, Un’altra crocegreca per la storia della basilica di Monte Berico •LIONELLO PUPPI, Segnalazioni per il censimento delleedizioni degli scritti di Palladio • MARTINA FRANK,Longhena in Brenta.

Architettura Intersezionirivista di architettura e progettazione urbana

rivista del Dipartimento di Progettazione architettonicadell’Istituto Universitario di Architettura di Veneziadirettore: Vittorio Spigaicomitato di redazione: Renato Bocchi, Adriano Cor-noldi, Armando Dal Fabbro, Giovanni Fraziano, Fran-cesco Garofalo, Pierluigi Grandinetti, Massimo Iori,Claudio Lamanna, Claudio Panerari, Luciano Testaperiodicità: semestraleeditore: Il Cardo, Veneziasede della redazione: IUAV - Dipartimento di Proget-tazione architettonica - S. Croce 191 - 30135 Venezia- tel. 041/5204543 - fax 041/5287348

a. I, n. 1, 1995AUGUSTO ROMANO BURELLI, Un auspicio per la nasci-ta di una nuova rivista • VITTORIO SPIGAI, Il Progettocome ricerca • IGNAZIO GARDELLA, Il progetto d’archi-tettura è sempre ricerca • ALDO ROSSI, Il museo, unaricerca • JOSE RAFAEL MONEO, Il mestiere dell’archi-tetto • LUCIANO SEMERANI, Con tutto rispetto • GIANUGOPOLESELLO, Architettura come ricerca • VITTORIOSPIGAI, Fernand Pouillon «Mon oeuvre me defendra»• FRANCESCO GAROFALO, Luigi Moretti e «Spazio» •GINO MALACARNE, Progetto per l’Università Cattolicadi Giovanni Muzio • ARMANDO DAL FABBRO, Il padi-glione UVI all’E42 di Giuseppe Terragni • LUCIANOTESTA, Della ricerca in architettura • FRANCA PIT-TALUGA, La ricerca interotta • ALBERTO CLEMENTI, Ilprogetto come volontà di trasformazione • GIANCARLOCARNEVALE, Inutilitas, infirmitas, foeditas • NICO BOL-LA, Esprit dr finesse géométrique.

Arte venetarivista di storia dell’arte

direttore: Alessandro Bettagnoredazione: Alessandro Bettagno, Adriano Mariuz, Ste-fania Mason, Giuseppe Pavanello, Paola Rossi, ChiaraCeschiperiodicità: annualeeditore: Electa, Milanosede della redazione: Istituto di Storia dell’arte - Fon-dazione Giorgio Cini - Isola di San Giorgio Maggiore- 30124 Venezia - tel. 041/5289900

n. 45, 1993AMY NEFF, Miniatori e “arte dei cristallari” a Venezianella seconda metà del Duecento • JOHANNE WRIGHT,Antonello in formazione: un riesame della “Crocifis-sione” di Bucarest • ENRICO MARIA DAL POZZOLO,Osservazioni sul catalogo di Lorenzo Lotto. 1503-1516• JACQUELINE BISCONTIN, Problemi iconografici: ilfregio decorativo del Pordenone nella cappella del-l’Immacolata Concezione di Cortemaggiore • DEBORAHHOWARD, Pietro Foscarini e l’altar maggiore dellachiesa della Pietà a Venezia • WILLIAM L. BARCHAM, Il“Trionfo di Flora” di Giambattista Tiepolo: una Pri-mavera per Dresda • GIUSEPPE PEVANELLO, JohannHeinrich Tischbein, un pittore tedesco del Settecento aVenezia • ADRIANO MARIUZ, Opere sacre di Giam-battista Crosato • JEAN BOYER, Un dipinto ritrovato diAndrea-Gottardo Rems • PIERRE ROSEMBERG, Bison almuseo Rouen • ENRICO MARIA GUZZO, Contributo perAntonio Giarola • ANNALISA PERISSA TORRINI, UnaTrinità di Giovanni Mansueti • ETTORE MERKEL, Quat-tro allegorie di Dario Varotari a Ca’ Corner della Ca’Grande: “L’Architettura”, “Il Tempo”, “La Fortez-za”, “La Vanità” • MARIA AGNESE SOLERO (a cura di),Bibliografia dell’Arte Veneta: 1991.

n. 46, 1994CAROLINE KARPINSKI, Il “Trionfo della Fede”: l’“af-fresco” di Tiziano e la silografia di Lucantonio degliUberti • PAOLA CESCHI LAVAGETTO, Una “Pietà” delPordenone ritrovata • W.R. REARICK, Una “Maddalena”incompiuta di Paolo Veronese • PAOLA ROSSI, La deco-razione scultorea dell’altare maggiore della chiesa diSan Cassiano • ADRIANO MARIUZ, Luca Carlevarijs:“L’ingresso solenne dell’abate de Pomponne” • IRINAARTEMIEVA, Alcune precisazioni sulla storia di unciclo di Giovanni Battista Pittoni dell’Ermitage •MARISA DARIO, Il monumento funebre ai procuratoriPriamo, Giovanni e Andrea da Lezze, nella chiesa deiGesuiti a Venezia. Nuove considerazioni per un’attri-buzione a Jacopo Sansovino • EMAUELA ZUCCHETTA,Due soffitti inediti di Costantino Cedini • GIUSEPPEPAVANELLO, Antonio Canova per il re di Spagna •CATERINA FURLAN, Collezioni venete di antichità altempo della Serenissima • VINCENZO MANCINI, Su unrecente volume monografico dedicato a Paolo Pino,artista e teorico d’arte • ALBERTA DE NICOLÓ SALMAZO,Per gli anni padovani di Andrea Mantegna: appunti in

margine alla mostra del 1992 • ENRICO MARIA GUZZO,Museo Canonicale di Verona, pittura del Rinascimentorestaurata • ETTORE MERKEL, Le portelle di AndreaVicentino per l’antico organo di San Zulian: un recuperoavventuroso • MARIA AGNESE SOLERO (a cura di),Bibliografia dell’arte veneta: 1992.

n. 47, 1995IVAN MATEJCIC, Contributi per il catalogo delle scultu-re del Rinascimento in Iatria e nel Quarnero • FABRIZIOMAGANI, 1692: Antonio Bellucci da Venezia a Vienna.Note sull’esordio veneziano e la prima attività austria-ca • SIMONE GUERRIERO, Profilo di Alvise Tagliapietra(1670-1747) • ADRIANO MARIUZ - GIUSEPPE PAVANELLO,Per la giovinezza di Giambattista Tiepolo: un affrescoe un disegno • PIERRE ROSENBERG, Un capolavoro diGian Antonio Guardi • BOZENA ANNA KOWALCZYK, IlBellotto veneziano nei documenti • ANDRÉ CORBOZ,Guardare Canova oggi • MAURO LUCCO, Noterellevicentine: per Giovanni Speranza • PIERLUIGI LEONEDE CASTRIS, Un disegno di Giovanni De Mio • MARIAOLIMPIA TUDORAN, Quattro dipinti inediti di AndreaCelesti al Muzeul Brukenthal di Sibiu • MARIA TERESACARACCIOLO, Per il “Salomone che sacrifica agli ido-li” di Valentin Lefèvre • MASSIMO DE GRASSI, Per ilcatalogo di Gian Maria Morlaiter: una precisazione eduna aggiunta • FRANCESCA DEL TORRE, Due disegni perl’incisione di Francesco Maggiotto • NICO STRINGA,Antonio Canova: il testamento olografo del 1809 •SERGEJ ANDROSSOV, Tamara Fomiciova • CLIFFORDBROWN - DOUGLAS LEWIS - DEBRA PINCUS, CarolynKolb • MARIA AGNESE SOLERO (a cura di), Biblografiadell’arte veneta: 1993.

Bollettino dei Civici Musei venezianid’arte e di storia

direttore resp.: Giandomenico Romanelliredazione: Attilia Dorigatoperiodicità: trimestraleeditore: Stamperia di Venezia, Veneziasede della redazione: Museo Correr - San Marco, 52 -30124 Venezia - tel. 041/5225625

L’ultimo fascicolo uscito è il n. 1-4, 1991, segnalato sul“Notiziario” n. 14.

Bollettino duIUAV - Dipartimento di Urbanistica

direttore resp.: Giorgio Piccinatodirettore: Franco Berlandaredazione: Giulio Ernesti, Alberto Cecchetto, EnricoFontanari, Daniela Mazzottaperiodicità: annualeeditore: Cluva, Veneziasede della redazione: IUAV - Dipartimento di Urbani-stica - S. Croce, 1957 - 30125 Venezia - tel. 041/2572215

L’ultimo fascicolo uscito è il n. 10 [giugno 1991] esupplemento, segnalato sul “Notiziario” n. 14.

Ciemmericerca studio e informazionesulla comunicazione di massa

direttore resp.: Fiorenzo Viscidiredattore capo: Renato Candiaredazione: Camillo Bassotto, Antonio Covi, NedaFurlan, Renato Rizzo, Ilaria Serra, Michele Serraperiodicità: trimestraleeditore: Cinit Cineforum Italiano, Venezia - Mestresede della redazione: Cinit - C.P. 289 - 30170 Venezia- Mestre

Rivisteria veneta

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n. 105, luglio - settembre 1993ENNIO CASTALDINI, Introduzione alla massmediologia• GIUSEPPE BETTONI, Il mercato della comunicazione •GIORGIO MANGINI, Scrivere per lo sguardo • ENZOKERMOL, Complotto di famiglia: i figli e i nipoti diAlfred Hitchock • DOSSIER VENEZIA: Di questo non siparla • Qui sulla terra • Un due tre, stella • La madremorta • Il giorno di San Sebastiano • Oreste a Tor BellaMonaca • Lest • Succede un quarantotto • I pantalonisbagliati • Sirga • In cerca di Bobby Fischer • Bocaccia• Bad Boy Buddy • L’ albero, il sindaco, la mediateca• Trentadue brevi film su Glenn Gould • Jurassic Park• Tre film di diverse culture • PARERI DIVERSI: L’etàdell’innocenza • Ombra del dubbio • Youcef, o laleggenda del settimo dormiente • Portagli i miei saluti• Blu • “Immagine e musica” alla 50a Mostra • Il Cinitalla Mostra • Gorizia “Film Video Monitor” • PAOLOMICALIZZI, XIa Rassegna retrospettiva di Pesaro • ALES-SANDRO GRIECO, Dylan Dog Horror Fest 4 • MARILENAZANE, Mystfest ovvero lo splendore del falso • ILARIASERRA, Pesaro: Mostra internazionale del nuovo cine-ma • ANNA DI MARTINO, Tawfiq Salih • NINO GENOVE-SE, Taormina Arte • FRANCESCO PAGANO, I senzabudget • Locarno ’93 • FLAVIA BIANCHI, “Recidak”:riflessioni sul cinema africano • MARIA COLÒ, PeterGreenway alla Biennale d’Arte di Venezia • GIUSEPPEBARBANTI, Prix Italia 1993 • “Fedora” alla Scala diMilano • Un ottimo “Rigoletto” a Bologna • ANTONIOGARBISA, Ferrara, non solo musica.

n. 106, ottobre - dicembre 1993GIUSEPPE BARBANTI, Giustizia e fede nel teatro di UgoBetti • ILARIA SERRA, Lee Strasberg: da Stanislavskijall’Actors’ Studio • Scrivere per lo sguardo • GIORGIOMANGINI, Capire la sceneggiatura • OMAGGIO A FELLINI:“...Amarcord...” La testimonianza di Alvaro Fabrizio,presidente del Cinit • ANTONIO COVI, Ricordo di Fede-rico Fellini, l’Ariosto del cinema d’oggi • GIUSEPPEBARBANTI, Bicentenario goldoniano. Verso la conclu-sione • FEDERICA VEDOVA, “Le massere”, riscopertadel bicentenario • FERDINANDO MARCHIORI, Il teatrode “Los Andes” • RENATO CANDIA, Cinema per ragazzia Bellinzona • PAOLO MICALIZZI, Sanremo Finmare ’93• PAOLO MICALIZZI, Informazione e garanzia democra-tica a San Marino • ANTONIO GARBISA, Felice ritornode “Lo schiaccianoci” al Teatro alla Scala • ANTONIOGARBISA, Antica civiltà musicale. L’autunno musicaletrevigiano 1993 • ANNA DI MARTINO, Il cinema dell’in-fanzia: Abbas Kiarostami • RENATO CANDIA,Shakespeare in animazione • RENATO CANDIA, L’edu-cazione ambientale in animazione • Nella casa di un“Uomo Prudente” • NEDA FURLAN, Carlo Goldoni invisita alla famiglia Querini.

n. 107, gennaio - marzo 1994GIORGIO CREMONINI, Idea e struttura del racconto nelcinema neorealista • RENATO CANDIA, Lo spazio filmicocome conoscenza del reale • CORRADO ORI TANZI, WimWenders e il rock • LORENZO DE ROSSI, Claustrofilia.Tre contemplazioni del limite e tre film di Derek Jarman• STEFANO SALVETTI, Francesca Archibugi e il “realminimalismo” • GIULIA CORONARO, Conversazioni sulcinema brasiliano • Il teatro e la parola • GIUSEPPEBARBANTI, La lettura del Vangelo di Marco • ILARIASERRA - MICHELE SERRA, 4° Festival del cinema africa-no di Milano • ANTONIO GARBISA, La stagione delTeatro alla Scala di Milano prende quota • ILARIASERRA, Angeli e demoni • RENATO CANDIA, Tintin aRimini.

n. 108, aprile - giugno 1994GIORGIO MANGINI, Scrivere con lo sguardo. 3. Sce-neggiare a scuola • RENATO RIZZO, Il ritorno di IndianaJones • MANUELE CECCONELLO, Il suono dentro. AndrejTarkosky e il fuoricampo sonoro • GIULIA CORONARO,Conversazioni sul cinema brasiliano (parte seconda) •GIUSEPPE BARBANTI, La scomparsa di Eugene Jonesco• FEDERICA VEDOVA, Lettera verosimile a Carlo Goldoni• PIERPAOLO ZURLO, 4° Festival del cinema africano diMilano 1994. Una porta sui cieli della diversità •CORRADO ORI TANZI, Alcuni film significativi • ALES-SANDRA SPECIALE - VINCENZO SPIEZIA, Cannes ’94:

donne dell’altro mondo • GIUSEPPE BARBANTI, ValdarnoCinema Fedic 1994 • RENATO CANDIA, Bologna 1994:il cinema ritrovato • PAOLO MICALIZZI, Salerno: 46°Festival del Cinema • Rossini, Donizetti e Massenetalla Scala di Milano • ANTONIO GARBISA, SamuelRamey e Cecilia Gasdia in concerto alla Scala • ILARIASERRA, Preferirei di no. Cinque stanze fra arte edepressione • ALDO RESMINI, Il giocattolo in legno •BARBARA DI MAIO, Due culture a confronto: Italia eIslam • NEDA FURLAN, Parlando di libri in televisione• SERGIO VITALE, La nuova scommessa di Rai3: Pickwick• ILARIA SERRA, Pickwick • Dennis the Menace • RENA-TO CANDIA, Arcipelaghi. Nei mari del mondo con FolcoQuilici.

n. 109, luglio - settembre 1994RENATO CANDIA, Per un’eredità wellesiana • GIORGIOCREMONINI, Bigger than life. Il cinema di Orson Wellese la tradizione del noir • ILARIA SERRA, L’arte del falsoin Orson Welles • GIORGIO MICHELONE, Orson Welles:l’Orgoglio degli Amberson • DOSSIER VENEZIA 1994.FILM IN CONCORSO: A la folie - Before the rain (Primadella pioggia) - Dichiarazioni d’amore - Giorni di sole- Heavenly creatures (Creature di sogno) - Il branco -Magic Hunter (Il cacciatore magico) - Il toro - Lamerica- Le avventure del soldato semplice Ivan Chonkin - Le cridu coeur - Little Odessa (Piccola Odessa) - Somebody tolove (Qualcuno da amare) - Vive l’amour (Viva l’amore)• FILM FUORI CONCORSO: Aguilas no cazan moscas (Leaquile non vanno a caccia di mosche) - Anni ribelli - Lavera vita di Antonio H. - Au pays des oranges (Il paesedegli aranci) - Best Wishes (I migliori auguri) - Du fonddu coeur (Dal fondo del cuore) - Forrest Gump - Genesi.La creazione e il diluvio - Il postino - Jason’s Lyric -Martha - Mil e Uma - Tom e Viv - Veja esta cancao(Guarda questa canzone) - Wolf • FRANCO ROGNI, Iperiodici illustrati per ragazzi di ispirazione cattolica •LUCIA DE POLO, Jim Sheridan ad Agrigento • STEFANOSALVETTI, Mostra Internazionale del Nuovo Cinema diPesaro • MICHELE SERRA, Taormina Cinema 1994: unfestival sui generis • GIUSEPPE CORALLO, Taormina Arte1994. Note a margine • MARILENA ZANE, Comunicare lapace per insegnare la pace. Intercultura in action •ERMANNO OLMI, Le origini dell’Universo nel raccontodi Ermanno Olmi • ANTONIO GARBISA, Gran finale distagione alla Scala di Milano • NEDA FURLAN, Rinasci-mento: da Brunelleschi a Michelangelo • NEDA FURLAN,Henri de Toulose-Lutrec • RENATO RIZZO, I fumettinerbini della Marucelliana • RENATO CANDIA, SestaBiennale Donna 1994 • ILARIA SERRA, Quando l’artesposa la comunicazione di massa.

n. 110, ottobre - dicembre 1994Rock e Media: RENATO CANDIA - GUIDO MICHELONE,Introduzione • GUIDO MICHELONE, Rock e storia •STEFANO BIANCHI, Rock e dischi • MANUELE CEC-CONELLO, Rock e clip • GIANNI MILAZZO, Rock e radio• ENZO KERMOL, La nuova frontiera del Western • ENZOKERMOL, Wyatt Earp • RENATO RIZZO, Ai confinidell’Arizona • GUIDO MICHELONE, Posse • RENATOCANDIA, Geronimo • RENATO CANDIA, Tombstone •GUIDO MICHELONE, F.T.W. • GIUSI PARISI, Bad Girls •FABIO PESARESI, Maverik • PAOLO GIROLAMI, JohnnyGuitar • LUCIA DE POLO - MICHELE SERRA, Garry Lane:un regista coraggioso. Trilogia d’acqua • RENATOCANDIA, 6° Fano Video Festival • RENATO CANDIA,RiminiCinema ’94 • GIUSI PARISI, XII Rencontres d’An-necy. Incontri col cinema italiano • LUCIA DE POLO, Legiornate del cinema muto di Pordenone • ALESSANDRASPECIALE, Festival di Cartagine • MARCO DEL VAGLIO,La Popolorum Progressio • ANTONIO GARBISA, UnaBoheme storica fa rivivere la Parigi ottocentesca aMilano • ANTONIO GARBISA, Natale in... Scala • COR-RADO ORI TANZI, Jean Pierre Melville: Adieu MonsieurNoir • CLAUDIA BERALDO, Siodmak, il noir in TV.

n. 111, gennaio - marzo 1995GIUSEPPE CORALLO, Mass media tra pubblico e privato• Dossier Fumetti: RENATO PIZZO, Il Vittorioso nell’an-teguerra fascista • RITA DE GIULI, Big in Japan • BARBA-RA PEREGO, Prometeo in kimono • GABRIELE BRUNINI,La sceneggiatura nel fumetto • MARCO CAVALLERI,

Sperimentazione/citazione: il fumetto americano •Dossier Animazione: MARCO VANELLI - GUIDOMICHELONE - BOTTERI GIACOMO, Il Re Leone • GUIDOMICHELONE - FABIO FRACAS - GIUSI PARISI, The Mask •IRENE SOLLAZZO - GUIDO MICHELONE, Nightmare BeforeChristmas • LUCIA TOSO, Due marinai e una ragazza •RENATO CANDIA, L’eroe dei due mondi • E.V., PiccoloNemo • E.V., Pagemaster. L’avventura meravigliosa •ANTONIO COVI, Il cinema potrà avviarci alla contempla-zione? • CRISTINA MONTI, Intervista a Wim Wenders •FABIO ROSSI, Mifed • FABIO ROSSI, Cartocomics • FABIOROSSI, Compleanno con Barbie • ALVARO FABRIZIO,Nella terra di Francesco, Monicelli fa lezione di cinema• ALESSIO LUCAROTTI, Scrivere di cinema alla Holden •MASSIMO ROSIN, Che Guevara siempre • ANTONIOGARBISA, Barbiere ’95 per Claudio Abbado. Un altrotrionfo • ANTONIO GARBISA, Far West in scala: duello divoci nel nome di Puccini • EDOARDO NARDI, La sponta-neità in Tv: Amici • EDOARDO NARDI, La rassegna dicinema in versione originale proposta da Raitre • RENA-TO CANDIA, Totò. Film classici e inediti.

n. 112-113, aprile - settembre 1995GIUSEPPE CORALLO, Neo media e cinema • Rock eMedia 2: GUIDO MICHELONE, Rock e cinema • CORRADOORI TANZI, Rock e TV • PAOLO FONTANA, Rock e aggre-gazione • MARCELLO PECCHIOLI, Rock e video • ILARIASERRA, Il diavolo suona il rock? • MAURIZIO FASOLO,Cinema rock: lo spaccio del mito • MARCO VANELLI -ALESSIO LUCAROTTI, Pulp fiction • BARBARA BERENGO,Il gioco come strumento interpretativo del quotidiano• GIANNALBERTO BENDAZZI, Emanuele Luzzati: l’uo-mo, la creazione... • CRISTINA PUCCI, Intervista a MarioMonicelli • MICHELE SERRA, Al 1° Medfilm Festival:“Ambiente Pace Tolleranza” • MICHELE SERRA - MA-RIA ZANE, Il CINIT e Ciemme al 1° Medfilm Festival •MICHELE SERRA, Cattolica: cinema del mistero •PIERPAOLO ZURLO, Spazi carcerali. Milano: Festivaldel Cinema africano • GIACOMO BOTTERI, Un forzatoalle proiezioni di Cannes • ALESSANDRA SPECIALE,Presenza africana e asiatica a Cannes... • Carmen diRoland Petit e Mefistofele di Arrigo Boito • BenvenutoMusical! Claudio Abbado e la sua Ferrara • ANTONIOGARBISA, Cala il sipario sulla stagione del teatro allaScala... • CRISTINA PUCCI, Giornalisti oggi: le radicidella crisi • ALDO RESMINI, Conegliano ’95: i Media...Crescono • MICHELE GIANNASI, Il sipario di celluloide:Peter Greenway • STANLEY TETRO, Breve exscursus sulcinema di Roger Corman • MICHELE SERRA, S. Marco:un cuore per la città • FRANCESCO MOISIO, Cinema incassetta: l’iniziativa dell’Unità.

n. 114, ottobre - dicembre 1995Dossier Radio: NEDA FURLAN, Premessa • ALVAROFABRIZIO, Cento anni di radio • MARIO PINZAUTI, Unfuturo per una radio “non televisiva” • FRANCOMONTELEONE, La radio nell’era della televisione •NERINO ROSSI, Oltre la Tv c’è la radio • ANGELABIANCHINI, Il romanzo radiofonico negli anni ’90:intreccio e cultura • MARCO VANELLI, La radio nelcinema • RITA PARDINI, “Il microfono è un amico”.Orson Wells e la radio • Norme per la redazione di untesto radiofonico: GAIA CARAMELLI, Gadda e l’aspira-zione all’ordine • GABRIELE BRUNINI, L’opera allaradio, ieri e oggi • NEDA FURLAN, Radio pubblica eradio privata: due modelli a confronto • G. MASSIMOCICALA, Memorie di un d.j. • M. DE FRANCESCO - NICOLAPENELLI, La radio, un’esperienza educativa. “Mi man-da la scuola” • SPECIALE VENEZIA ’95. FILM IN CONCOR-SO: Nel bel mezzo di un gelido inverno - Senza mittente- Il buio nella mente - Pasolini un delitto italiano -Guantanamera - Kardiogramma - Det, vuol dire ragaz-za - Il fabbricante di mostri - Illusioni - Clockers - Lacommedia de Deus - Niente di personale - The crossingguard - Il romanzo di un giovane povero - L’olandesevolante - L’uomo delle stelle - Cyclo • NOTTI VENEZIA-NE: Apollo 13 - Bravehart - I buchi neri - Il giorno deldiavolo - Peccato che sia femmina - Jade - Strange days- L’ultima eclissi - Waterworld • FUORI CONCORSO: Aldi là delle nuvole • Allarme rosso - La dea dell’amore- La settima stanza • PANORAMA ITALIANO: Bidoni - Ioe il re - Marciando nel buio - Palermo-Milano sola

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andata - L’uomo proiettile - Vindravan Film Studios •CORSIA DI SORPASSO: Pallokaville - Miss Magic - I.D. -Antartida • FINESTRA SULLE IMMAGINI: Flamenco -Viaggio nella colpa - Stonewall - The doom generation- Una carrellata sulle principali proiezioni • ALESSAN-DRO TIBERINI, Un itinerario all’interno del festivalveneziano • MICHELE SERRA, La Fenice • GABRIELEBRUNINI, Ricordo di quattro grandi del fumetto •GIANNALBERTO BENDAZZI, Lo sguardo nomade diNanny Loy • RENATO CANDIA, Festival nel centenarioLumieriano • Pesaro Film Festival ’95 • Riminicinema• Taormina arte ’95 • Premio Libero Bizzarri ’95. Legiornate del cinema muto • ANNA DI MARTINO, LocarnoFestival ’95 • ANNA DI MARTINO, Anteprima per ilCinema indipendente italiano • MICHELE SERRA, VIrassegna internazionale del cinema archeologico •FABIO FRACAS, XIII festival internazionale del cinemagiovane • ALESSIO LUCAROTTI, A Lucca Comics ’95 (Larosa di Bagdad) • MICHELE SERRA - MARILENA ZANE, IlFestival del futuro: Cinema dell’Europa centro-orien-tale • VI Festival del cinema africano 1996 • ANTONIOGARBISA, Teatro alla Scala, terra di conquista permezzosoprani in carriera • ANTONIO GARBISA, JoaquinCortes incanta Milano • MICHELE SERRA, Beppe Gril-lo: tra impegno e spettacolo, incontrando Cacciari •NEDA FURLAN, Clayman: l’eroe in jeans.

Cronache Ca’ TronIUAV

direttore resp: Francesco Indovinacomitato di direzione: Ugo Ischia, Chiara Mazzoleni,Gaddo Morpurgo, Liliana Padovanicoordinamento: Liliana Padovaniredazione: Monica Zabottoperiodicità: quadrimestraleeditore: IUAV, Veneziasede della redazione: IUAV - Istituto Universitario diarchitettura - Ca’ Tron - S. Croce 1957 - 30125 Venezia- tel. 041/2572102 - 2572103

a. I, n. 1, 1993LILIANA PADOVANI, Perché Ca’ Tron e a che cosadovrebbe-potrebbe servire • PIER LUIGI CROSTA, Ilnuovo ordinamento del Corso di laurea in Pianifica-zione territoriale, urbanistica ed ambientale: la re-istituzionalizzazione della pianificazione territorialecome area di formazione indipendente • FRANCOMANCUSO, L’insegnamento dell’urbanistica nel Corsodi laurea in Architettura (alla luce del nuovo ordina-mento) • DOMENICO PATASSINI, La ricerca nel Daest •GIUSEPPE LONGHI, 1942-1992 Cinquantanni dalla leg-ge urbanistica • PAOLA SOMMA, La modernizzazionedell’urbanistica e l’opera dei grandi monopoli • PAOLAVIGANÓ, Una ricerca europea • GIOVANNI FERRACUTI,Scuola di Specializzazione PVS: perché e come • Stagedella scuola di specializzazione: ENRICO FORNARI, Stage1991 - Colombia: risanamento di un’area urbana aCartagena de Indias • DOMENICO PATASSINI, Stage1993 - Ethiopia: gestione e riqualificazione urbananelle città secondarie • LAURA PETRELLA, L’attivitàseminariale della Scuola di Specializzazione • IGORJOGAN, Si istituisce allo Iuav il Diploma sui Sistemiinformativi territoriali • SILVIO GRIGUOLO, Addati: unpacchetto per un’analisi esplorativa dei dati • MANUELASAVOIA, La documentazione statistica. Panoramica sualcune principali fonti internazionali.

a. I, n. 2, 1993FRANCO BERLANDA, Dall’Advocacy Planning al CityMarketing • GIULIO ERNESTI, Che cos’è, dove va, a chigiova l’Urbanistica? Della circolarità conoscenza -mondo - pianificazione: una sfida alla ricerca in urba-nistica in un Dipartimento di Urbanistica • FRANCAMATASSONI - MARIO SPINELLI, Insulae. Studio difattibilità. Sintesi dei risultati di ricerca • CRISTINABIANCHETTI, Dottorati in Urbanistica e PianificazioneTerritoriale: confronti intersede • FABRIZIO PAONE,L’urbanistica ed i saperi contigui: figure parziali peruna topografia visibile • DOMENICO PATASSINI, Pro-gramma didattico speciale per studenti non frequen-tanti • LUIGI DI PRINZIO, Aula informatizzata per ladidattica del territorio “Giovanni Astengo” • PAOLOPERULLI, Pubblico/privato: Summer school di ScienzeSociali Applicate 1993.

a. II, n. 3, 1994FRANCESCO BANDARIN, Planning in USA: cresce ladomanda di formazione, chiudono le scuole • ARNALDOCECCHINI, Nouvelle Vague: il gioco delle Venezie pos-sibili • CLAUDIO CALVARESI, Esperienze di pianifica-zione strategica in alcuni contesti europei • GIORGIOLOMBARDI, L’area urbanistica nel nuovo ordinamento• DOMENICO PATASSINI, Programma didattico speciale1994 • NICOLA SINOPOLI, C’è domanda di tecnicidell’Industrial Design? • PAOLO PERULLI, Professioni-sti nelle organizzazioni: una ricerca sul progettistaIndustrial Designer nell’industria veneta • LUCIANOVETTORETTO, Note sull’attività del Dottorato di ricer-ca in Politiche pubbliche del territorio • UGO ISCHIA,Dottorato di ricerca in pianificazione territoriale: pro-gramma di attività 1994 • MARCELLO BALBO, Un nuovostatuto per la Scuola di Specializzazione PVS • DOMENICOPATASSINI, Stage Etiopia 1993: riqualificazione urba-na e catasto • ALBERTO MARESCOTTI - PAOLAZOCCARATO, Riorganizzazione dello spazio stradale:l’esperienza degli erven olandesi, un manuale, un’ap-plicazione progettuale • PIA MICCOLI, Analisi e classi-ficazione di immagini da satellite per lo studio delterritorio: approcci statistici, strutturali e neurali •CRISTINA BIANCHETTI, Comparazione e biografie nel-l’analisi della dispersione territoriale • EZIO MICELLI,Alcune note intorno al rapporto tra pianificazione evalutazione.

a. II, n. 4, 1994CROSTA PIER LUIGI, Ordinamento nuovo e vecchi pro-blemi: la prima attuazione del progetto Iuav per ilCorso di laurea in Pianificazione territoriale, urbani-stica ed ambientale • MARCELLO BALBO - BRUNOCASETTI, Lo Iuav e il programma Med-Campus • IGORJOGAN, I sit a Ca’ Tron • GADDO MORPURGO, Centrointerdipartimentale “Giovanni Astengo” • Bozza delpiano triennale 1994-1996 • Proposta di progettoArchivio Venezia • FRANCESCO INDOVINA - FRANCAMATASSONI, Daest Osservatorio Venezia • BRUNODOLCETTA, Modello organizzativo e rete di relazionidel centro di servizio Interdipartimentale di Cartografiae Fotogrammetria (CICaF) • MARISA SCARSO, La strut-tura del CICaF • ROSA BONETTA, La Sezione dicartografia del CICaF • ALBERTA BIANCHIN, La Sezio-ne di telerilevamento del CICaF • ANDREINA ZITELLI,Intervento pilota sperimentale per il recupero biologi-co della Laguna veneta: Palude della Rosa. Il progettoDaest • Cooperazione allo sviluppo: uno studio socio-economico nel Tagant (Mauritania) • PAOLO SAN-TACROCE, Un sistema di “allerta rapida e di sicurezzaalimentare” per il Corno d’Africa • MARTINO PESARESI,Immagini da satellite, applicazioni territoriali • PAOLADEKLEVA, Inquinamento da rumore: normative, tecno-logie e politiche di intervento • EVA CASANOVA - GUIDOFABBRICA, Ravenna: un parco, un territorio • EZIOMICELLI, La valutazione dei beni ambientali • GADDOMORPURGO, Tra le immagini del territorio.

a. II, n. 5, 1994EDOARDO SALZANO, Questioni del Corso di laurea inPianificazione territoriale, urbanistica e ambientale •ANNA MARSON, Il nuovo istituto del tirocinio nel Corso

di laurea in Pianificazione Territoriale, Urbanistica eAmbientale • PIER LUIGI CROSTA (a cura di), Il dottoratodi ricerca tra accademia e professione • PIER LUIGICROSTA, Il sindaco, l’albero e la mediateca. Un filmcome “caso” di politica pubblica • IGOR JOGAN -DOMENICO PATASSINI, Scuola Pvs. Stage Etiopia suleasing fondiario e gestione dei suoli urbani • FRANCE-SCO INDOVINA, Nuove procedure di finanziamento del-la ricerca: autonomia e responsabilità dei dipartimenti• ARMANDO BARP - AURELIA DE BENEDETTI - GUIDOZORDAN, La laguna di Venezia: un’analisi percettiva •FRANCESCA ARTICO - LICIA CASARIN, Il museo: dalladifesa della memoria alla produzione continua di cul-tura • FRANCESCO BANDARIN, La qualità e il tempo. Ilcontributo scientifico di Giovanni Ferracuti alla cultu-ra dell’ambiente costruito • BERTRAND BELLON, L’Etatstructure les proximités dans économie globalisée •CLIFF HAGUE, Planning Education and The PlanningProfession: the British Experience • Le “Tre Giornatedi Ca’ Tron”.

a. III, n. 6, 1995MICHELANGELO SAVINO, Il Laboratorio introduttivodel Primo anno • LUIGI DI PRINZIO, Il Diploma univer-sitario in Sistemi informativi territoriali • Programmidi formazione dell’Unione Europea • MARCELLO BALBO,Un progetto di Upgrading della Scuola Pvs • ENRICOFONTANARI, Pianificazione locale in aree non urbane.Un’esperienza di formazione e assistenza tecnica incentro America • ARNALDO CECCHINI, Mondi artificialie analisi territoriale • LUDOVICA SCARPA, Miracolo aBerlino. Un caso di mutuo soccorso di vicinato nella exBerlino Est • ROBERTO ERCH TREVISIOL, Sviluppo loca-le autosostenibile e città dei Paesi in via di sviluppo •VIRGINIO BETTINI, Metodologie per la definizione dellasignificatività degli impatti della pratica della Via(Eia, Fonsi, Masaqhe, Eis) • VITTORIO MANFRON -PIETRO ZENNARO, Nuova tecnologia significa manu-tenzione postnatale? • STEFANO TASSETTO, L’evoluzio-ne del modello insediativo e del paesaggio: lacenturiazione a nord-est di Padova • ANTONIOMASSARUTTO, Sì, no, dipende: cause, effetti e rimedidell’alluvione • EZIO MICELLI, La valutazione del patri-monio immobiliare pubblico.

Diastemarivista di cultura e informazione musicale

resp. editoriale: Paolo Troncondirettore resp.: Mara Ziacomitato di redazione: Marcello Conati, TeresaCamellini, Carlo De Pirro, Stefano Mazzoleni, GianGuido Mussomeli, Gianni Ruffin, Guido Salvetti, Pao-lo Troncon, Mara Ziaperiodicità: quadrimestraleeditore: Associazione Musicale Ensemble ’900, Trevisosede della redazione: piazza ex Convento Cappuccine,6 - 31100 Treviso

n. 1, gennaio 1992MATTEO SEGAFREDDO (a cura di), Franco Donatoni, lafigura del compositore oggi • ELISABETTA FERRARI (acura di), Il ruolo del Maestro sostituto • GIANFRANCOMUSSOMELI, Antonio Carlos Gomes, un musicista trascapigliatura e verismo • ELISABETTA PIROLO, Debussye il balletto: differenti aspetti del rapporto col testo econ l’azione coreutica • PAOLO TRONCON, L. van

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Beethoven: Sonata op. 111. Apporti analitici all’inter-pretazione musicale. Parte II: Arietta • CARLO DE PIRRO,L’automemoria di una composizione: due soluzioni inDebussy e Webern • MICHELE POZZOBON, Polifoniarinascimentale veneta e trevigiana in un microfilm diKnud Jeppesen • MARIO PAOLINI, Il centro diMusicoterapia sonologico-cognitiva di Mestre • MARAZIA, Lineamenti di storia dell’acustica dalle originiall’epoca moderna. Il Trattato di William Holder •GIANNI RUFFIN, L’implosione dello stile. Riflessioni sulrapporto tra forma e sostanza musicale in Mozart •GIANNI RUFFIN, Sinfonia K550 in Sol minore di W.A.Mozart • GILBERTO GIUSTO, Jazz: Presentazione dellarubrica • FRANZ ELSEN, Softly as in a morning sunrise.

n. 2, aprile 1992PAUL HESS (a cura di), E. Furtwängler, moglie diWilhelm Furtwängler: la figura di compositore delmarito • LUIGI LERA, Le funzioni tonali della fuga: a checosa serve la mutazione? Soggetto e risposta • GUIDOSALVETTI, Le dieci sonate per pianoforte di AlexanderSkrjabin • LUIGI VERDI, Aspetti del linguaggio armoni-co di Alexander Skrjabin. Sguardo alla produzionepianistica • FRANCESCO SCARPELLINI PANCRAZI, Intro-duzione all’analisi Shenkeriana. Principi teorico pra-tici • EMILIO PAPPINI, Da Broadway a Hollywood.Teatro musicale negli Stati Uniti tra palcoscenico eschermo. ROBERTO FAVARO, La categoria del Brutto:dal pensiero estetico all’ambito musicale (parte I) •LUCA ZOPPELLI, Strutture narrative nel teatro musicaleottocentesco • GIANNI RUFFIN, L’implosione dello stile.Riflessioni sul rapporto tra forma e sostanza musicalein Mozart (parte II) • PAOLO FURLANI, Monteverdi:Sestina “Lagrime d’amante al sepolcro dell’amata” •MARA ZIA, F.J. Haydn: Quartetto op.76 n. 3 “dell’im-peratore” • STEFANO MAZZOLENI, Carl Orff: “CarminaBurana” • MAURO STOCCO, Ricordo di Miles Davis.

n. 3, luglio 1992CARLO DE PIRRO (a cura di), Aldo Ciccolini • MARA ZIA,Tullio De Piscopo e Massimiliano Damerini • JEREMYNORRIS, Il primo e l’ultimo preludio di SergejRachmaninov • GIULIANO FURLANETTO, La didatticadel flauto “traversieère” in Francia tra ’700 e ’800 •ELENA MODENA, Il concetto di coerenza secondo lateoria schenkeriana. Appunti per una verifica analitica• PAOLO TRONCON, Ricordo di Oliver Messianen. Lin-guaggio e tecnica compositiva in Technique de monlangage musical. Introduzione all’analisi del Quatuorpour de mon la fin du temps • ALESSANDRA DESALVADOR, L’ambiente culturale veneto nel Rinasci-mento e le relazioni tra armonie musicali ed archi-tettoniche • GIANGUIDO MUSSOMELI, Andrea Chénier:appunti e considerazioni • ROBERTO FAVARO, La cate-goria del Brutto: dal pensiero estetico all’ambito mu-sicale (parte II) • PAOLO AITA, Sacro e Poetico nellemesse di Ludwig van Beethoven • GIANNI RUFFIN,L’implosione dello stile. Riflessioni sul rapporto traforma e sostanza musicale in Mozart (parte III) •ELISABETTA PIROLO, Richard Strauss: Josephlegende •MARA ZIA, Frederic Chopin: Fantasia op. 49 • STEFA-NIA NESO, Gabriel Fauré: Una Sainte et son auréole.

n. 4, gennaio 1993CD - Gesualdo da Venosa I o II libro di madrigali.Quintetto vocale italiano.SPECIALE ROSSINI: PAOLO PINAMONTI, Un Sigismondoin tre agnizioni • ANGELO FOLETTO, Un genio medio-cre? • GIANNI RUFFIN, Valenza storica del comico inRossini in margine all’“Italiana in Algeri” • LUCAZOPPELLI - CARLIDA STEFFAN, Appunti su Semiramide.Valenze progressive di un’opera “passatista” • GIAN-GUIDO MUSSOMELI, Le opere di Rossini, discografiaragionata • GUIDA AL CD: LUIGI LERA, Gesualdo daVenosa. Madrigali • LUIGI LERA, Il raddoppio dellaterza: un’analisi funzionale • PAOLA DATO, J.S. Bach:la fuga V in re maggiore del Clavicembalo ben Tempe-rato • CAMILLO LO SURDO, Gli strumenti musicali acontrollo numerico e l’espressività esecutiva • FABIOFERRUCCI, Il Metodo per pianoforte di Klaus Runze:Two hands-Twelve notes • STEFANO DA ROS (a cura di),Brian Ferneyhough • ELISABETTA PIROLO, Esecuzioni

musicali al Teatro Anatomico dell’Università di Pado-va tra la fine del XVI e l’inizio del XVIII secolo • ARKAIJGEORGEVIC MICHAJLENKO, Sergei Taneev: un “PadreMatini” russo.

n. 5, giugno 1993CD - Domenico Scarlatti: Sonate a due cembali. IlarioGrigoletto - Elena Modena.SPECIALE LUIGI NONO: PHILIPPE ALBERA, Conversazio-ne con Luigi Nono • CARLO DE PIRRO, Intervista adAlvise Vidolin • HEINZ-KLAUS METZGER, Il Quartetto,ovvero il punto di rottura? • PAOLO TRONCON, J.Brahms: le 16 variazioni op. 9 per pianoforte su temadi R. Schumann (I parte) • ELENA MODENA, Il tratta-mento della dissonanza nelle Sonate K 81, 88, 89, 90 e91 di Domenico Scarlatti realizzate a due clavicembali• GUIDA AL CD: ELENA MODENA, Guida al Cd. Le sonateK81, 88, 89, 90 e 91 di D. Scarlatti per due clavicembali• MARCELLO CONATI, Il linguaggio musicale di Giaco-mo Puccini (a proposito di Madama Butterfly) • TERE-SA CAMELLINI, Teoria e prassi dell’educazione sonoro/musicale. Un compendio di nuove idee, o una diversasistemazione ed elaborazione di idee già affermatesi?• PAOLO ROTILI, A. Webern: la Sinfonia op. 21 • MARIAGIRARDI, Gli studi per pianoforte di A. Skrjabin • LUIGIVERDI, La musica sinfonica in Russia nel periodo 1850-1914.

n. 6, novembre 1993CD - Adriano Banchieri. Il Festino del giovedì grasso.La Pazzia senile. Ottetto polifonico Patavino. Dir.Bruno Pasut.MARA ZIA, Intervista a Giovanni Acciai • ANTONIOANICHINI, Gli artifici contrappuntistici nel finale dellaSinfonia in Do magg. K.V. 551 di W.A. Mozart • PAOLOTRONCON, J. Brahms: le 16 variazioni per pianoforteop. 9 su tema di R. Schumann (II parte) • CLAUDIOBOLZAN, E.T.A. Hoffmann: gli anni di apprendistato •CARMINE MOSCARIELLO, Modernità e tradizione nellapoetica musicale di Mieczyslaw Karlowicz • GIANNIRUFFIN, Wolfgang Amadeus Mozart: Idomeneo Re diCreta - K 366 • FIORELLA CAPPELLI, La formazioneprofessionale del musicista nelle istituzioni europee eamericane • PAOLO AITA, La Rinascita di un genere. GliStabat Mater di A. Part e S. Satoh • LUIGI LERA, Ottavee quinte parallele. Considerazioni in margine a unantico divieto.

n. 7, marzo 1994CD - Francesco Cavalli. Messa Concertata (1656).“Cappella Sine Nomine”. Dir. Carlo Rebeschini.FRANCO ROVESTI, Aspetti strutturali del silenzio inmusica • RENATO CALZA, L’ultimo degli esteti. M.Ravel e il Decadentismo francese • MARIA GIRARDI,Boris Pasternak e la musica • MARIO PIATTI, Didatticadella musica: tra presente e futuro • ELISABETTA PIROLO,Il giovane Stravinskij a Parigi • VENIERO RIZZARDI, K.Stockhausen e L. Nono. Teoria e invenzione musicale1952-59 • WOLFANGO DALLA VECCHIA, Critica ogget-tiva, analisi e didattica della composizione • CARLO DEPIRRO, Il mosaico del comporre. Influenza formale esignificante delle figure retoriche • RITA PEIRETTI,Mitridate Re del Ponto, storia di un “prestito”.

n. 8, ottobre 1994CD - Niccolò Paganini. Sonate per violino e chitarra.Giuliano Carmignola - Massimo Scattolin.TERESA IDA BOTTA, Improvisations (?) sur Mallarmé •LUCA CONTI, Strategie analitiche per le opere di EdgarVarèse • ALESSANDRA LAZZERINI BELLI, Hegel e Listz:un incontro sulla musica • CARMINE ESPOSITO, MichaelNyman. Il protagonista di una rinascita • CRISTINAGRACIS - BRUNO BETTINELLI, ...Raccontando EttoreGracis • DONATA PADERNI, ...Passeggiando... I primianni di studio del pianoforte: chiusura o apertura diorizzonti? • RENATO CALZA, Osservazioni sul Finaledel IV Atto delle Nozze di Figaro • ENZO FANTIN, Annoliturgico ed espressione musicale.

n. 9, dicembre 1994CD - Musiche del Barocco italiano.Intervista a Pierre Amoyal (a cura di Dimitri Romano)• SUSANNA PASTICCI, Fra analisi musicale e storia:

l’interpretazione delle opere atonali di ArnoldSchönberg • CLAUDIO BOLZAN, La seduzione mortale.simboli e tematiche musicali nella Montagna incantatadi Thomas Mann • ROBERTA BORTOLOZZO, Tracce diIlluminismo scientifico nella tecnica musicale del Set-tecento veneto • MARIA GIRARDI, Gino Tagliapietra •TERESA CAMELLINI - MARCELLO CONATI, Storia dellamusica. Una proposta rivolta alla scuole medie supe-riori, ai Conservatori, ai Licei sperimentali annessi aiConservatori • LUCA ZOPPELLI, Eros e Trasfigurazione.Ancora su Tristan Schopenhauer e la drammaturgiawagneriana • GIUSEPPE LI VOLSI, Breve itinerariogouldiano.

n. 10, maggio 1995GIOVANNI UMBERTO BATTEL, Analisi dell’interpreta-zione. Le nuove metodologie (I parte) • MAURIZIOBIONDI, L’intermezzo sinfonico dei Troyens: questionistoriche, musicali e drammaturgiche • LUCIA MORATTO,Fra tradizione e riforma: il Telemaco di Coltellini eGluck • FEDERICO MARIA BARNABA, Basi midi per lamusica classica • ROBERTO FAVARO, L’ascolto delromanzo • ROBERTA BORTOLOZZO, La musica nel filmA midsummernight’s sex comedy di Wooody Allen •TERESA CAMELLINI, “Nicchia, ovvero il locale è l’uni-versale”. Intervista a Walter Zimmermann.

n. 11, 1995Intervista a Nuria Schonberg Nono (a cura di Carlo dePirro) • GIOVANI UMBERTO BATTEL, Analisi dell’inter-pretazione. Un sistema di regole quantitative per l’edu-cazione musicale (parte II) • MARIO MUSUMECI, Didat-tica dell’analisi musicale: luoghi comuni e categoriemetodologiche. La Corrupta lectio • ANTONIA PIVA, Lamusica greca: viaggio dell’anima tra mito e tragedia •MICHELE BIANCHI, E diedi il canto agli astri, al ciel. Laluce naturale nei libretti musicati da Giacomo Puccini• LUIGI LERA, Le sorgenti della polifonia: una ricercaavventurosa • TERESA CAMELLINI, Walter Zimmermenn:Selbstvergessen, composizione per voci [femminili obianche] con strumenti obbligati (II parte) • ROBERTOCALABRETTO, Considerazioni su un musicista inattua-le: Nino Rota • GIULIANO FURLANETTO, “Al flautotraversiere composizioni per violino?” “Sì è possibi-le”. Alcune osservazioni di una prassi esecutiva. Omeglio, legittimazione di una scelta artistica.

Informazioni e studi vivaldiani

direttore: Antonio Fannacondirettore: Michael Talbotperiodicità: annualeeditore: Ricordi, Milanosede della redazione: Istituto Italiano Antonio Vivaldi- Fondazione Giorgio Cini - Isola di S. Giorgio Maggio-re - 30124 Venezia - tel. 041-5289900

n. 15, 1994PETER RYOM, Les doubles dans les partisions d’opérade Vivaldi • LIVIA PANCINO, “Arsilda regina di Ponto”:per una ricostruzione della versione primitiva •GASTONE VIO, Ancora sull’ultima residenza vivaldiana• JUTTA WENDE, Ein Porträt Don Antonio Vivaldis? •FEDERICO MARIA SARDELLI, Ciuffi rossi ed altri detta-gli. Per una riconsiderazione dell’iconografia vival-diana • M. TALBOT (a cura di), Miscellany • R.C. TRAVERS(a cura di), Discographie Vivaldi n. 15 - 1993.

n. 16, 1995LIVIA PANCINO, Le opere di Vivaldi nel raffronto fralibretti e partiture. I: “Ottone in villa ”; “Orlando fintopazzo”; “Arsilda regina di Ponto”; “L’incoronazionedi Dario” • CARLO VITALI, I nove “principi di altezza”corrispondenti di Vivaldi e la dedica enigmatica delConcerto RV 754. Alla ricerca dell’indirizzario perduto• KEES VLAARDINGERBROEK, Venetian Echoes onNorthen Canals: Some Observations on Vivaldi’s Musicin the Netherlands • GASTONE VIO, Antonio Vivaldichierico veneziano • M. TALBOT (a cura di), Miscellany• R.C. TRAVERS, Discographie Vivaldi n. 16 - 1994.

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Musica e Storia

direzione: Lorenzo Bianconi, Giulio Cattin, F. AlbertoGallo, Giovanni Morelliredazione: Patrizia Dalla Vecchia, Antonio Diano,Paolo Russoperiodicità: annualeeditore: Il Mulino, Bologna - Fondazione Ugo e OlgaLevi, Veneziasede della redazione: Fondazione Ugo e Olga Levi - S.Vidal 2893 - 30124 Venezia - tel. 041/786711

n. I, 1993WILLIAM WEBER, Toward a Dialogue between Histo-rians and Musicologist • F. ALBERTO GALLO, Musica estoria nel Medioevo. Appunti da tre letture • JUDITH P.AIKIN, Heinrich Schütz and Martin Opitz. A New basicfor German Vocal Music and Poetry • RICCARDOCARNESECCHI, La sovranità in scena fra Piovoso eTermidoro: fortune e censure • WILHELM SEIDEL,Instrumentalmusik und Hörer. Anmerkungen zurProblemgeschichte und ein Versuch über die zweiteBallade in F-dur, op. 38, von Chopin • ANTONIOSERRAVEZZA, Max Weber: la storia della musica comeprocesso di razionalizzazione • Dai seminari dellaFondazione Levi: KONRAD J. BOSSARD, Il cantomonodico ‘Stolp’ (Znamennyi-Rospev) nella tradizio-ne della chiesa russo-ortodossa. La salmodia • PHILIPPEBERNARD, Le cantique des Trois Enfants (Dan. III, 52-90) et les répertoires liturgiques occidentaux, dansl’Antiquité tardive et le haut Moyen Agc • OLIVERCULLIN, La psalmodie directe romaine et grégorienne.Relations culturelles et modes d’echenges musicaux:l’exemple des cantica et des traits • BONIFACIOBAROFFIO, I versetti antifonici nei libri gregoriani. Unaparticolare forma di tropo? • ALBERTO TURCO, Formedi salmodia nel canto milanese.

n. II, 1994BONIFACIO G. BAROFFIO - SOO JUNG KIM, Una nuovatestimonianza beneventana. Frammenti di graduale -tropario - sequenziario a Macerata • GIOVANNI MO-RELLI, Prima che l’ultimo osso di svegli. Le musiche diVenezia prestate alla querelle antistorica nella Bildungretrospettiva di Rousseau • Dai seminari della Fonda-zione Levi: ENZO DEGANI, Ricordo di Giovanni Comotti• GUIDO AVEZZU Papyrus Hibeh I, 13: Anonymi Fra-gmentum De Musica • WALTER LAPINI, Ancora suPapyrus Hibeh I, 13 • ANDREW BARKER, The Daughtersof Memory • DONATELLA RESTANI, Orfeo senza Euridi-ce: un’indagine su fonti e studi • JON SOLOMON, Apolloand the Lyre • ELISA AVEZZU - MARIA GRAZIA CIANI, Lacetra di Achille. Melodia e parola nella cultura grecada Omero a Filostrato • FRANCOIS FRONTISI-DUCROUX,Athéna et l’invention de la flûte • FRANCOIS LIS-SARRAGUE, Orphée mis à mort • PAOLO SCARPI, Mitimusicali o musicalità del mito?

Naosil luogo abitato

direttore resp.: Antonio Draghidirettore di redazione: Sergio Venturaredazione: Gabriele Cappellato, Massimo CartaMantiglia, Attilio Ceccarello, Michele Franzina, Mar-co Giralucci, Antonio Mengato, Sandra Paccagnella,Caterina Saccardo, Antonio Susani, Roberto Tosatoeditore: Ordine degli Architetti della Provincia di Pado-vasede della redazione: Galleria Porte Contarine, 4 -35100 Padova - tel. 049-662340

n. 1, 1994L’architettura della salute: SERGIO VENTURA, Ciriproviamo • SERGIO BRENNA, Storia di una metaforatipologica. Alle origini dell’ospedale contemporaneo:tra Henry Ford e Tony Garnier • ANTONIO SUSANI,Storia dell’Ospedale Civile di Padova. Un cantiereurbano aperto da due secoli • GIOVANNI CAGNONI, A

Teatro! Note sul teatro anatomico di Padova • LINOSCALCO, Per una storia sanitaria del Padovano. I patri-moni ospedalieri fra degrado e salvaguardia • ATTILIOCECCARELLO, L’opera di Daniele Calabi per le clinicheuniversitarie e il nuovo ospedale di Padova • ROBERTOTOSATO - ATTILIO CECCARELLO, Intervista a DonatellaCalabi • ANTONIO SUSANI, Alcune considerazioni sullaprogettazione dell’ospedale per la città di Padova •CRISTINA PALLINI, Milano Niguarda: Protesi Connes-sione Innesto • GABRIELE CAPPELLATO, Il progetto del-l’Istituto Neuropsichiatrico di Vienna di Boris Podrecca.

Opera e libretto

Collana “Studi di musica veneta” promossa dalla Fon-dazione Cinia cura di: Maria Teresa Muraro e Giovanni Morellieditore: Olschki, Firenzesede della redazione: Istituto per le Lettere, il Teatro eil Melodramma - Istituto per la Musica - FondazioneGiorgio Cini - Isola di San Giorgio Maggiore - 30124Venezia - tel. 041-5289900

L’ultimo fascicolo uscito è il vol.II, 1993, segnalato sul“Notiziario”, n. 14.

Progetto Restauroquadrimestrale per la tutela dei Beni Culturali

direttore: Giulio Bresciani Alvarezvicedirettore: Anna Pietropolliredazione: Maria Sole Crespi, Luca Parisato, PaolaSartoriperiodicità: quadrimestraleeditore: Il Poligrafo, Padovasede della redazione: via G. Cantore, 8 - 31100 Treviso- tel. 0422/424246

a. I, n. 0, maggio 1995ANNA PIETROPOLLI, Perchè “Progetto Restauro” •GIULIO BRESCIANI ALVAREZ, Per una filosofia del re-stauro • SERGIO RAVAGNAN, Il restauro degli altaridella chiesa delle Eremite a Venezia • GUGLIELMOMONTI, Alcuni appunti su una vecchia legge • PAOLASARTORI, Appuntamenti nel Triveneto.

a. I, n. 1, ottobre 1995ANNA PIETROPOLLI, Uno spazio aperto alle opinioni •RENZO FONTANA, Il restauro dell’edilizia minore •GIORDANO ALLEGRO, Il Gattamelata a Padova: ragio-ni di un intervento • ROBERTO GALEAZZO, Intervento dimanutenzione del basamento lapideo della statua eque-stre del Gattamelata di Donatello a Padova • RENATOPORTOLAN, Il restauro dei restauri. A proposito di unintervento nella chiesa di San Leonardo a Provesano •MARINA DAGA, Il restauro della Cappella Battaglianella chiesa degli Ognissanti a Venezia • MAURO BUFFI,A scuola di restauro • MARIA SOLE CRESPI, Gli affreschidi San Leonardo a Orgnano • RENZO RAVAGNAN, Notad’archivio a margine di una ricerca documentaria suPalazzo Grassi di Chioggia • PAOLA SARTORI, I saponiresinosi nella pulitura dei dipinti.

a. II, n. 2, marzo 1996GIULIO BRESCIANI ALVAREZ, Per la rinascita dellaFenice • ANTONIO DRAGHI, A proposito di progetto, direstauro, di manutenzione • ETTORE VIO, Il convento diSan Bartolomeo e Rovigo. Aspetti del restauro per ilrecupero ad uso museale • NICOLETTA LAZZARINI, Ilmonastero di San Bartolomeo a Rovigo. Dal restauroalla storia dell’arte • MARINO BALDIN, I restauri dellaex chiesa dei SS. Cornelio e Cipriano a Taibon Agordi-no • VASCO FASSINA - MARISOL ROSSETTI - EMANUELAZUCCHETTA, Il restauro degli affreschi di J. Guarananella cappella del SS. Sacramento in San Giacomodell’Orio a Venezia • CHIARA SEMENZATO, Laureati in

Conservazione dei Beni Culturali: quali prospettive •BENIAMINO PONTE, I corsi di laurea in Conservazionedei Beni Culturali in Italia • GUGLIELMO MONTI, Dovefinisce il vecchio e comincia il nuovo? • PAOLA SARTORI,Gli enzimi nella pulitura dei dipinti.

Qnstil giornale degli artisti

direttore: Giorgio Nonveillerdirettore resp.: Simonetta Pentoredazione: Riccardo Caldura, Massimo Donà, SilvestroLodi, Luigi Viola, Francesco Correggia, Carlo Togno-lina, Piergiorgio Colombaraeditore: Grafiche Veneziane, Veneziasede della redazione: Dorsoduro, 3499 - 30123 Vene-zia - tel. 041-5205428

n. 4, settembre-dicembre 1993GIORGIO NONVEILLER, Quale cultura per Venezia? •UMBERTO CURI, Identità e futuro della Biennale diVenezia • RICCARDO CALDURA, Theatrum artis: notesulla Biennale • MASSIMO DONÀ, Un pomeriggio disettembre alle Corderie • ALVISE VIDOLIN, Musicanello spazio • VENIERO RIZZARDI, Luigi Nono e lacontinuità • LUIGI VIOLA, Insularità dell’Arte • CARLOSINI, Il paradosso dell’isola • ACHILLE BONITO OLIVA,Il critico, l’artista e le isole dell’Arte • SILVESTRO LODI,Arte punto zero • FRANCESCO TOMATIS, L’immaginedella singolarità nell’estetica di Pareyson • PIERGIORGIOCOLOMBARA, La centralità del perché • FRANCESCOCORREGGIA, Il corpus dell’Arte • VASCO BENDINI, Lalibreria di Parolini • GIORGIO GRIFFA, Dalla memoriache ricorda alla memoria che costruisce • FABIO MAURI,Introduzione a “Un appartamento” • EMILIO ISGRÓ,“Dalla cintola in su tutto il vedrai” • ALIK CAVALIERE,Le leggi eterne dell’Arte • UGO CARREGA, Elogio dellamarginalità • LUCA MUSCARÀ, Tecnologie della libertàe rituali della creazione • ROBERTO FERRUCCI, Accade-mia.

n. 5, gennaio-aprile 1994LUIGI VIOLA, Un Museo d’Arte Contemporanea a Mestre• RICARDO MARIA VIADEL, Le Facoltà di Belle Arti inSpagna • MASSIMO DONÀ, Le cose dell’arte • MASSIMOCACCIARI, Isole del male. Riflessioni sull’insularità‘estetica’ • CARLO TOGNOLINA, L’intenzione rifondativa• VINCENZO VITIELLO, Exaiphnes • GIANFRANCO PARDI,Accecante trasparenza. Una riflessione su Cézanne •FABRIZIO PLESSI, Plessi su Plessi • UGO LA PIETRA,Nuovi confini altri territori • ENNIO FINZI, Alla ricercadella pittura • GIAN PIERO BRUNETTA, Metamorfosi delvisibile nel cinema italiano del dopoguerra • PAOLOBIANCHI, L’arte della mostra • MASSIMO DONÀ, Pro-getto Biennale del terzo millennio • RICCARDO CALDURA,Centro studi per il contemporaneo • GIORGIO NON-VEILLER, Ricordando Giuliano Briganti.

n. 6, maggio-dicembre 1994SILVESTRO LODI, Il polo del contemporaneo • CLAUDIOAMBROSINI - PAOLO PINAMONTI, Musica e Ars Topiaria• PAOLO PIVA - DENYS ZACHAROPOULOS - RICCARDOCALDURA, Austria - Arte: Aspetti istituzionali ed inno-vazioni • UMBERTO CURI, Téchne e Poiesis • NICOLACARRINO, Ancora sul fare: tra concetto e oggetto lacondizione del progetto • RICCARDO GUARNIERI, Qual-che pensiero sul colore • ERNESTO L. FRANCALANCI,Is(t)mi • MAURO SAMBO, L’artista estremo • DIEGOESPOSITO, Sull’Accademia j’accuse • RICCARDO CAL-DURA, Isole non trovate • CARLO TOGNOLINA, L’inten-zione rifondativa • GIANGIORGIO PASQUALOTTO, Sul-l’apparente insularità dell’opera d’arte • ROMANOGASPAROTTI, Sei passi nei paradossi dell’arte • SERGIOGIVONE, Arte e Metafisica • GIORGIO NONVEILLER,Un’idea di A-ISM • ALBERTO FOLIN, Appunti sull’ “Im-magine pensante” leopardiana • MARGHERITA PIERACCIHARWELL, La ‘nova virtù’ di creare immagini.

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Rassegna veneta di studi musicali

comitato di direzione e redazione: Anna Laura Bellina,Giulio Cattin, Sergio Durante, Elisa Grossato, AdrianaGuarnieri Corazzol, Antonio Lovato, Giovanni Morelli,Paolo Pinamonti, Luca Zoppelliperiodicità: annualeeditore: Cleup, Padovasede della redazione: Dipartimento di storia delle artivisive e della musica dell’Università di Padova - PiazzaCapitaniato, 7 - Padova -35139 Padova / Dipartimentodi storia e critica delle arti dell’Università di Venezia -Dorsoduro 3199 - 30123 Venezia

a. VII-VIII, 1991/92Testimonianze per don Siro Cisilino • VITTORE BRAN-CA, Testimonianza per Don Siro • MARIO MACCHI,Ricordo di don Siro Cisilino • PIERLUIGI PETROBELLI,In friulano vuol dire canarino • MARGHERITAANTONELLI, Una piccola stanza in un’ala remota a SanGiorgio • GIOVANNI MORELLI, Don Cisilino, al serviziodei servizi musicali della fede • DAVID BRYANT, Iricordi di un “giovane eretico” • GILBERTO PRESSACCO,Siro Cisilino (1903-1987) trascrittore di polifonistiveneti e friulani. Appunti per una bibliografia • ANNAASSUNTA MASO, Il graduale vaticano Rossi 231: untestimone dell’ambito liturgico-musicale veneziano? •ALESSANDRA ANDREOTTI, Nuove acquisizioni circa lavita e le opere di Filippo Nicoletti (1544-post 1623) •MARIA GIOVANNA FIORENTINO, Preliminari per l’ana-lisi delle Sonate di Violino a voce sola di GiovanniAntonio Leoni (post 1590-1670) • NICOLETTA BILLIOD’ARPA, Documenti inediti su Agostino Steffani, canto-re soprano tra Padova e Venezia (1664-1667) • CARLIDASTEFFAN, La dilettevole devozione. Meccanismi musi-cali e spettacolari per un triduo camaldolese a SanMichele • GIOVANNI ZANOVELLO, Il clarinetto a Vene-zia tra i secoli XVIII e XIX: una ricerca • PAOLOPINAMONTI, Il Crociato in Egitto da Venezia a Parigi •MARIA IDA BIGGI, Valdo Barbey e le scene per le Settecanzoni di Malipiero • LAURA ZANELLA, Malipierodrammaturgo: genesi ed evoluzione di un testo teatrale• SILVIA BALASSO, Trascendentalismo e suggestioniestetiche nella Concord Sonata di Charles Ives • NINOGARDI - CARLO ODO PAVESE, Sulla musicazione dellalirica corale ellenica.

Restauri di Marcasemestrale per la conservazione del patrimonio

artistico e culturale

direttore: Roberto Fiorettiperiodicità: semestraleeditore: Cooperativa Diemmeci, Villorba (TV)sede della redazione: via Fontane 87/C, Villorba (TV)- tel. 0422/421054

a. III, n. 5, febbraio 1994ROBERTO FIORETTI, Editoriale • Protagonisti: GiovanniPegolo, sindaco di Godega di Sant’Urbano • GuglielmoMonti, Soprintendente ai Beni Ambientali e Archi-tettonici del Veneto • Arti Grafiche Conegliano • Fami-glia Dal Cin. Un traguardo raggiunto • DON FRANCE-SCO DAL CIN, Semplice come la terra: la festa di SanBiagio • ROBERTO FIORETTI, Evoluzioni della conser-vazione dell’oratorio di San Biagio • ANGELO RIGO,“L’oratorio di San Biasio vien custodito da quei populi”.Alcune note storiche sulla Chiesa di S. Biagio a Baver• ANNA PIETROPOLLI, La pittura veneta nel XV secolo:cenni introduttivi • MARIA SOLE CRESPI, Gli affreschidell’oratorio di San Biagio nel contesto storico-reli-gioso dell’area pedemontana • MARINA DAGA, Mae-stro della Crocifissione di Baver: gli affreschi dellaChiesa di S. Biagio • STEFANO BORLENGHI - CRISTIANFALCIN - ELIA LUNARDELLI, L’indagine strutturale perlo studio di un intervento conservativo • ROBERTOFIORETTI, Le fasi di restauro • GIANCARLO DAVID,Conservazione, tecnica e restauro degli affreschi diBaver • Analisi chimiche degli affreschi di San Biagio.

a. III, n. 6, estate 1994ROBERTO FIORETTI, Editoriale • PAOLO GAETANI, Re-golamentare una professione: situazione e prospettive• GIACOMO CASARIL, La cosidetta sanatoria: alchimieo equità • MARZIA DAINA, L’A.C.R. in Lombardia • ANNAPIETROPOLLI, Una Pala inedita di Gaspare Diziani •CARLO SPIRONELLI, Aspetti della scultura gotica aTreviso • ELISABETTA RIVA DE BETTIN, L’arte dise-gnativa di Giuseppe Diamantini e nuove acquisizioni •MARCO MASOBELLO, Intervento di restauro sugli affre-schi della chiesa di San Rocco a Conegliano • MARINADAGA, Gli affreschi di facciata dell’ex Monte di Pietàa Conegliano, oggi Albergo Canon D’oro • MARCOMASOBELLO, Il restauro della facciata dell’ex Monte diPietà a Conegliano • ROBERTO FIORETTI, Il restaurodegli affreschi nelle adiacenze della chiesa di SanGaetano: considerazioni e restauro • GIAMPIETROMAJERLE, Alcune note sui lavori di ristrutturazionedell’edificio adiacente alla chiesa di San Gaetano aTreviso • MARIA ANTONIETTA MORO, Restauro con-servativo di una facciata: Casa Mian a Oderzo • LUCABASSO - FRANCESCO BASSO, Relazione tecnica dell’in-tervento sulla facciata di Casa Mian • Scienza e Beniculturali. Bilancio e prospettive • Forma, cromia, pro-getto • Il difficile rapporto evolutivo delle ereditàarchitettoniche • VITTORIA ROSSI, Costanti storiche nelprogetto del complesso di S. Artemio a Treviso • LUCAPARISATO, Ambrogio Rigamonti: la tutela delle opered’arte nella provincia di Treviso • DOSSIER MEL: DARIODALL’OLIO, Mel, la storica cittadina della Valbelluna •ARMANDO COMIN, Aspetti geologici nel territorio diMel • DARIO DALL’OLIO, Un insediamento del neoliticoa Farra di Mel • ANDREA FERRAZZI, Un Museo per iVeneti antichi • ANNA TAZZARA, Fra aquile e leoni •EUGENIO PADOVAN, Acropoli addio • DARIO DALL’OLIO,Marco da Mel (1494 ca. - 1583) • ALESSANDRO OLIVIERI,Il mondo simbolico delle grottesche • JACOPO MARCER,Il ciclo di Sant’Antonio della chiesa di Bardies • AN-DREA MORO, Palazzo della contesse a Mel • FABIOLA DEBATTISTA, Quando l’antica casa è nel centro minore.

a. IV, n. 7, estate 1995ROBERTO FIORETTI, Editoriale • CINO BOCCAZZI, Lacasa risorta • ALESSANDRA TRABUCCHI - MICHELE CO-STI, Indagini sulla casa in via San Parisio • ARCHITET-TURA: GIORGIO FANTIN, I rilevamenti, il progetto, lastoria. Appunti e considerazioni • FRANCESCABRANDOLIN, L’intervento edile • DECORAZIONE: GIACO-MO E ANDREA VOLTAREL, Intonaci esterni • ROBERTOFIORETTI, Il contesto storico ed artistico • GIANCARLODAVID, Il recupero degli affreschi - Il S. Cristoforo •ENNIO VANZIN, La Meridiana • GIORGIO FANTIN, Unritrovamento: il pozzo • LABORATORIO MORSELETTO,Pavimenti e terrazze alla veneziana • STRUTTURE ED

IMPIANTI: TIZIANO BONATO, Elementi strutturali e solai• PAOLO E RUGGERO BISETTO, Elementi lapidei • ANGE-LO FANTIN, Delle cose del legno • ALBERTO FERRARI,La progettazione dell’impianto luce • ADRIANO LA-GRECACOLONNA, Il sottosistema impianti • ELETTRICI-TÀ PILON, Impianto elettrico • TERMOIDRAULICA ANGE-LO SARAN, Impianti termosanitari • DITTA CIMA DI DEDOMINICIS & C., L’impianto ascensore.

a. IV, n. 8, autunno 1995ROBERTO FIORETTI, Editoriale • GIULIANO MARTIN,Albrecht Dürer • FABRIZIO SCHIAVON, Introduzionealle lettere veneziane di A. Dürer • Quattro letterescritte da Dürer a W. Pirckheimer • GIANCARLO DAVID,L’attività veneziana di Albrecht Dürer.

a. V, n. 9, inverno 1995ROBERTO FIORETTI, Editoriale • UBALDO FANTON, Artee osterie • LIVIO FANTINA, I luoghi dello spettacolo •ANTONIO CHIADES, Una sera, un’osteria senza tempo •GIORGIO FANTIN, Osterie d’artista • ROBERTO FIORET-TI, L’Osteria dalla Ettora Arman • MICHELA DE POLI,Luoghi della rappresentazione • MARESCALCHI, Unasingolare manifestazione d’arte a motivi vinicoli •CARMELO PATTI, La casa del vino • ADRIANO FAVARO,Le osterie e le vie del traffico • ROBERTO FIORETTI, Latradizione artistica trevigiana da Ca’ Pesaro ad oggi •

GIORDANO PAVAN, Appunti su Francesco Brandolin •LUCIANO SARI, Il progetto di restauro • IMPRESABRANDOLIN, Il restauro edile dell’osteria Arman.

Saggi e Memorie di storia dell’arte

direttore: Alessandro Bettagnoconsulta scientifica: Alessandro Bettagno, VincenzoFontana, Decio Gioseffi, Giovanni Lorenzoni, GiuseppeMaria Pilo, Marino Zorzi, Renzo Zorzi, Tessie Vecchiredazione: Tessie Vecchi, Silvano De Tuoniperiodicità: annualeeditore: Leo Olschki, Firenzesede della redazione: Istituto di Storia dell’arte - Fon-dazione Giorgio Cini - Isola di S. Giorgio Maggiore -30124 Venezia - tel. 041/5289900

n. 18, 1993CAMILLO SEMENZATO, Un ricordo di Rodolfo Palluc-chini • CRISTINA PESARO, Michele Giambono • ENRICODAL POZZOLO, Nella selva di Nicolò de’ Barbari •RENATO POLACCO, La storia del reliquiario Bessarionedopo il rinvenimento del verso della croce scomparsa• MICHEL HICHMANN, Tra Venezia e Roma: il cardinaleFrancesco Corner • MARCELLA VITALI - MARCELLAANSALDI, La raccolta di maioliche Cini: problemi diattribuzione • FEDERICO MONTECUCCOLI DEGLI ERRI,Analisi di un libro veneziano del ’700. “Gli studi diPittura” di Giambattista Piazzetta.

n. 19, 1994CHRISTOPHER J. WHITE, Per James B. Shaw • LINDABOREAN, Nuove proposte e interpretazioni per le Storiedella Vergine di Carpaccio nella Scuola degli Albanesi• ETTORE MERKEL, I mosaici del cinquecento veneziano(1a parte) • ETTORE VANCINI, Pier Francesco Bertos •SIMONE GUERRIERO, I rilievi marmorei della cappelladel Rosario ai SS. Giovanni e Paolo • ROBERTA BATTA-GLIA, Le “Diverse maniere d’adornare i cammini...”di Giovanni Battista Piranesi. Gusto e cultura antiquaria• MARINA MAGRINI, Giunte all’Abecedario pittorico diPellegrino Antonio Orlandi compilate dal Conte Gia-como Carrara • ADRIANO MARIUZ - GIUSEPPEPAVANELLO, Disegni inediti di Antonio Canova da untaccuino “Canal”.

Subsidia Musica Veneta

direttore resp.: Ivano Cavalliniredazione: Marina Calore, Elena Salvi, Giuseppe Vec-chiperiodicità: annualeeditore: Antiquae Musicae Italicae Studia (Bologna),Sezione diVeronasede della redazione: A.M.I.S., Centro “A. Salvi” - viaCatullo, 4 - 37121 Verona

vol. I, 1980G. BRUNELLO, Il Groto e la musica: le “Letterefamigliari”, le “Rime” ne “I Finti amori” (1585) di F.Nicoletti • I. CAVALLINI, Note biografiche e critiche suInnocenzo Vivarino e i “Madrigali concertati” del1624 • A. GARBELOTTO, Gioacchino Rossini: una “Mes-sa” adriese • F. PASSADORE, Un manoscritto perfortepiano di G.A. Perotti (Ms. Ba 20 Bibl. Cons.Adria) • P. MIOLI, Considerazioni su alcune arie dacamera di Antonio Buzzolla.

vol. II, 1981E. SIMEON, L’“Intabolatura” di Simon Gintzler liutistatrentino del Cinquecento • D. PLAMENAC, Su JulijeSkjavetic (Giulio Schiavetti) e i “Motetti a cinque et asei voci” del 1564 (annotazioni bibliografiche) • I.CAVALLINI, La musica nell’opera e nella vita di LuigiGroto (1541-1585) • G. VECCHI, Su “La SoavissimaLira d’Orfeo” di Francesco Giuliani (1623) e il biciniumdel primo Seicento • D. BERTOLDI, Un “Teatro di

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meraviglie”: le feste vicentine in onore di S. Gaetano- Thiene (16-22 agosto 1671).

vol. III, 1982M. CALORE, Annotazione sulla scena veneto-ferraresedel Rinascimento • P. FABBRI, Il soggiorno veneziano diLadislao principe di Polonia: un incontro con ClaudioMonteverdi • P. MIOLI, G.F. Busenello: “La Didone”per F. Cavalli (Venezia, S.Cassiano 1641) • F. SAB-BADINI, Interventi e polemiche musicali di GiordanoRiccati e Giovenale Sacchi nel “Nuovo Giornale de’Letterati” di Modena (1787-1788).

vol. IV, 1983-1984M. BEGHELLI, L’eredità veneziana di Georg FriedrichHändel ovvero “La Partenope” dalla laguna al Tamigi• M. CALORE, Appunti di vita teatrale nel Settecento.Francesco Albergati a Verona • I. CAVALLINI, Il Sette-cento musicale a Rovigo in alcune cronache dell’epoca• M. GRATTONI D’ARCANO, Di un friulano “nobile dilet-tante” Pietro Grattoni D’Arcano (1698-1760) • G.RADOLE, Per una edizione delle “Frottole intabulateda sonare organi” (1517) • F. SABBADINI, AndreaRubbi e il “Bello Armonico Teatrale” (1792).

vol. V, 1985-1986E. STIPEEVIC, Sull’Opera Scanderberg di A. Vivaldi.Testi e musiche.

vol. VI, 1987-1988M. CALORE, “L’attore in scena” e la riforma del teatroa Verona nella prima metà del Settecento, con ristampadel “Discorso” di Gianvito Manfredi.

vol. VII, 1989G. VECCHI, Premessa • L. OCH, Scipione Maffei. Anno-tazioni sull’arte di comporre in musica (Edizione dal-l’autografo).

vol. VIII, 1990-1991G. VECCHI, Premessa • C. MORIN, La musica nel Conci-lio di Trento. Sintesi di una conferenza • M. GIULIANI,Aut Concilium aut Studium. Considerazioni poetiche emusicali su una raccolta collettiva di liriche dedicataa Cristoforo Madruzzo principe-vescovo di Trento • F.I.ZANELLA, L’innodia polifonica di G.M. Asola veronese• M. PRIVITERA, La canzone villanesca di Giovan Nasconella cultura musicale padana • M.T. ROSA BAREZZANI,I madrigali spirituali di Giulio Zenaro (1590).

vol. IX, 1992-1993A. GARBELOTTO, Pietro Nachini organaro veneto. Lavita e l’opera: catalogo degli strumenti.

vol. X, 1994E. SALVI, Premessa • M.C. MAZZI, Retorica letteraria emusicale nella Controriforma: un esempio in ClaudioMonteverdi • A. PARASINI, I madrigali di ClaudioMonteverdi: strategie e percorsi • M. CALORE, Monte-verdi e l’opera veneziana a Bologna.

Venezia ArtiBollettino del Dipartimento di Storia e critica

delle arti «Giuseppe Mazzariol»dell’Università di Venezia

direttore: Wladimiro Dorigocomitato scientifico: Carmelo Alberti, Antonio Attanasi,Franca Bizzotto, Fabrizio Borin, Manlio Brusatin, As-sunta Cuozzo, Wladimiro Dorigo, Vincenzo Fontana,Massimo Gemin, Adriana Guacci, Adriana GuarnieriCorazzol, Fernando Mazzocca, Giovanni Morelli, Pao-lo Pinamonti, Renato Polacco, Paolo Puppa, LionelloPuppi, Paola Rossi, Angelo Zaniolperiodicità: annualeeditore: Viella, Romasede della redazione: Dipartimento di Storia e criticadelle arti dell’Università di Venezia - Dorsoduro 3199- 30123 Venezia - tel. 041/5205317 - 5285953

n. 7, 1993E. VIO, Fondazioni, murature, volte. Ulteriori elementiper la storia della cripta della basilica di San Marco •W. DORIGO, Una discussione e nuove precisazioni sullacapella Sancti Marci nel IX-X secolo • R. POLACCO, Noteall’architettuta e al mosaico absidale della chiesa deiSanti Maria e Donato di Murano • M. AGAZZI, I granaidella Repubblica • F. BERNABEI, Ai margini dell’ico-nologia. A proposito di alcuni libri recenti • S.MARINELLI, Paolo Farinati a Palazzo Stoppi • E. BASSI,San Simeon Piccolo, Venezia: un problema aperto • P.CORTELAZZO, L’illustrazione del teatro goldonianonelle edizioni Pasquali e Zatta • C. ALBERTI, L’immagi-ne e l’utopia di Venezia, città-mondo, nel teatro Goldoni• M. BUOSO, Come muore una primadonna. Le eroine diGiuseppina Grassini nelle tragedie musicali della tran-sizione sette-ottocentesca • M. TOPPAN, Edizioni e revi-sioni chopiniane di Roul Pugno • P. ZATTI, Le primeBiennali veneziane (1895-1912): il contributo di Vitto-rio Pica • MOSTRE, SPETTACOLI, CONVEGNI: D. RESTANI,Tracce di ‘eventi sonori’ nei miti greci. A margine di unseminario della Fondazione Levi • F. FACCHIN, Lasalmodia nella tradizione ebraica e cristiana • A.BELLIENI, Ceramiche antiche a Treviso. Le raccolte deiMusei Civici: una mostra per un recupero insperato •C. GRIGO, “Ponentini e foresti”. Pittura europea nellecollezioni dei Musei Civici di Padova • L. PUPPI,“Leonardo & Venezia”: un ‘pasticciaccio brutto’ aPalazzo Grassi • E.M. DAL POZZOLO, Il convegno“Leonardo & Venezia” • L. PUPPI, Le “cinque manie-re” di Jacopo Bassano • M.A. CHIARI, I disegni venetidel Fitwilliam Museum di Cambridge esposti alla Fon-dazione Cini • F. MAZZOCCA, Alle origini di Canova. Leterrecotte della collezione Farsetti • F. BIZZOTTO, Anto-

basilica dei Santi Maria e Donato di Murano • M.CERIANA, Considerazioni su Giovanbattista e LorenzoBregno • E.M. DAL POZZOLO, Sotto il guanto • M.T.BINAGHI OLIVARI, Partita doppia milanese per Tiziano• P. ROSSI, Ritratti funebri e commemorativi di EnricoMerengo • F. ZANZOTTO, Collezionismo veneziano del’700 • R. RUGOLO, Villa Cornaro di Francesco MariaPreti a Sant’Andrea di Cavasagra • S. SCARFI, L’attivi-tà pittorica di Gaetano Zompini • C. FERRI, LeopoldoCicognara e la formazione delle Gallerie dell’Accade-mia di Venezia • G. TOMASELLA, Bontempelli allaricerca del moderno • F. BIZZOTTO, Carlo Conte. Unaprima indagine filologica • R. ELLERO, L’Aria I delConcerto in Re per violino e orchestra di Stravinsky.Ipotesi per un’ambigua compresenza • G. TINAZZI,L’argent di Robert Bresson: l’economia della forma •T. ROSSELLI, Désert di Edgard Varèse • MOSTRE, SPET-TACOLI, CONVEGNI: V. FONTANA, Rinascimento daBrunelleschi a Michelangelo • L. PUPPI, “Le siècle deTitien”. Un labirinto e fuochi d’artificio al Grand-Palais • E.M. DAL POZZOLO, Jacopo Tintoretto. Ritratti• M. FRANK, Un’occasione perduta. Il IV centenariodella fondazione di Palmanova • C. ALBERTI, Note perun consuntivo del bicentenario goldoniano • M.I. BIGGI,Buovo d’Antona • M.G. MIGGIANI, Sigismondo da Rossinia Rovigo e a Treviso • D. MARANGON, Victor Hugopittore • F. BIZZOTTO, L’arte del vetro • L. BALDIN,Roberto Burle Marx. Il giardino come propedeuticaecologica • M. BRUSATIN, 45a Biennale Arte, 1993 • F.BIZZOTTO, Francis Bacon • P. PUPPA, Büchner tra isanniti (su un regista pescarese e un’attrice veneziana)• RESTAURI, RECUPERI, INVENTARI: R. POLACCO, Re-stauri e recuperi alla Galleria Franchetti presso la Ca’d’Oro di Venezia • M. GALUPPO, I calici del Tesoro diSan Marco • E. FILIPPI, Precisazioni su BernardinoBenalio • F. PEDROCCO, Un inedito Ritratto di scrittoredi Jacopo Tintoretto • P. REVENGA DOMINGUEZ, Pitturae pittori spagnoli a Venezia (secoli XVI-XVII) • R.LAZZARO, Un ritratto inedito di Caffi orientalista • B.MAZZA, Disegni inediti di Giuseppe Valeriani traMontréal e Santa Monica • C. MARTIGNON, Dragonettie il suo Gasparo da Salò • M.I. BIGGI, Disegniscenografici di Giuseppe Borsato • P. ZATTI, Venezia1887. Nascita di un’esposizione • S. MARINELLI, Duedisegni di Giovanni Segantini • M. ZOPPELLO, LiberoPilotto nel teatro veneto tra Ottocento e Novecento • A.CUOZZO, Un acquarellista: Raffaele Mainella • L. DEGOBBIS, Una scultura inedita di Wildt • S. URBANI,L’orge de salon di Albert e Jehan Alain • L. BALDIN,Contributi recenti al dibattito sui musei. Spunti per unariflessione.

n. 9, 1995A. GAROFANO, La chiesa di S. Zeno a Castelletto diBrenzone nel contesto dell’architettura religiosacarolingia del territorio veronese • I. ANDREESCU,Torcello V. Workshop methods of the mosaicists in theSouth Chapel • IVO BABIC, Il sogno di San Giuseppe.Contributo per Radovan • E. FILIPPI, Paradigmi deldistopico al femminile nella ritrattistica veneta delprimo Cinquecento • V. FONTANA, Longhena e la Scuo-la Grande dei Carmini • S. GUERRIERO, FrancescoBernardoni e l’altare maggiore di Vigorovea • G.STIFFONI, Il Talismano di Goldoni nelle rielaborazionidi Da Ponte e Salieri (Vienna 1788) • P. LUDERIN, LaVenezia di Felix Ziem tra veduta e impressione • A.L.LEPSCHY, Tintoretto, personaggio drammatico • F.ZANELLA, La ricostruzione delle chiese del Piave nelPrimo dopoguerra: la tradizione del revival • S. CIAPPI,I vetri incisi da Guido Balsamo Stella nel laboratoriodi Firenze (1920-23) • A. MAZZANTI, La maturità diEttore Tito (1920-1941) • A. GUARNIERI, Un’“amiciziadi tramonto”: Erik Satie e Costantin Bracunsi • M.TIOZZI, L’universo progettuale di Ugo Sissa pittore • F.BORIN, La rana e lo scorpione: il falso secondo OrsonWelles • MOSTRE, SPETTACOLI, CONVEGNI: M. AGAMEN-NONE, Classificazione e analisi dei procedimentipolifonici • A. GAROFANO, Storia dell’arte marciana •G. TIGLER, Le formelle restaurate del portale di SanMarco • M. MOLTENI, Le metamorfosi del ritratto • B.MAZZA, Paradiso, giudizio o incoronazione della Ver-gine? In margine a una mostra dell’IRE • P. ROSSI, Il

nio Canova • A. MELUCCO VACCARO, La mostra diAntonio Canova: riflessioni di un archeologo • M.MAZZA, Arte svizzera da Füssli a Hodler • D. MARANGON,Arshile Gorky alla Fondazione Guggenheim • L. BALDIN,Galeazzo Viganò e Sergio Bettini. Note in margine auna mostra • RECUPERI, RESTAURI, INVENTARI: R. PO-LACCO, Recupero del reliquiario marmoreo del VIsecolo dei santi Ermolao e Pantaleimone • C. COLAUTTI,Materiali medioevali inediti della chiesa di San Salvador• A. AUGUSTI, Un crocifisso duecentesco ai Frari • E.ZUCCHETTA, Un affresco ritrovato nella chiesa di SanZan Degolà di Venezia • E.M. DAL POZZOLO, Due pro-poste per Giovanni Bonconsiglio • A. SPIRITI, Un nucleodi dipinti inediti di area veneta nel Collegio degliOblati Missionari di Rho • M.A. CHIARI, Il recupero delFondo Domenico Fornoni alla Scuola Grande SanRocco • P. ROSSI, Notizie d’archivio su Girolamo Pel-legrini, Antonio Zanchi e Michiel Maes intagliatorefiammingo • M. PREGNOLATO, Alcune opere scultoreeseicentesche della cattedrale clodiense: notizie d’ar-chivio e riflessioni • F. SCATTOLIN, I pavimenti scom-parsi della Scuola Grande della Misericordia • F.PEDROCCO, Opere inedite o poco note di AlessandroLonghi • G. FERRARI, Il restauro di un organo Piaggia1760 • F. VENUTO, La diffusione del giardino paesisticoin Friuli: protagonisti e luoghi • K. BRUGNOLO ME-LONCELLI, Collezioni poco note del Museo di PalazzoChiericati a Vicenza.

n. 8, 1994R. POLACCO, Il mosaico absidale della chiesa dei SantiCornelio e Cipriano di Murano ora a Potsdam • M.S.RINALDI, Il pavimentum sectile e tessellatum della

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Convegno su Jacopo Tintoretto • C. BAGOLAN, PietroMarescalchi. Restauri, studi e proposte per il Cinque-cento feltrino • D. MARANGON, Arturo Martini. Lacollezione della Banca Popolare Vicentina • G. BIAN-CHI, Lucio Fontana. La capacità di fare dell’arte • C.ROMANELLI, Il Cinema e la Resistenza • RESTAURI,RECUPERI, INVENTARI: A. FOSCARI, Tommaso Lombar-do da Lugano alla bottega di Jacopo Sansovino • P.BATTISTELLA, Notizie biografiche di Andrea Michielidetto Vicentino • A. CUOZZO, Le lapidi dell’anticocimitero protestante al Lido di Venezia • L. PUPPI,Tasselli archivistici per Giambattista Tiepolo alla vol-ta di Spagna • P. PUPPA, Goldoni e l’antiquariato • G.CORAZZOL, Baldassare d’Anna, notizie biografiche • G.PAVANELLO, Costantino Cedini frescante a Santa Mar-gherita • P. ROSSI, La decorazione dei soffitti dellechiese di Santa Margherita e di S. Barnaba • A.BERNARDELLO, Francesco Maria Piave note alla bio-grafia • F. MAZZOCCA, Un inedito ciclo di VincenzoGiacomelli sull’assedio di Venezia nel 1848-49 •GIRELLO - VENDRAMIN GIUSEPPETTI - FORNEZZA, Unmetodo per lo studio e la catalogazione dei giardinistorici. Il caso della Riviera del Brenta • M. TOSELLO,Esperimenti di restauro virtuale mediante la fotografiadigitale • P. PINAMONTI, Un nuovo importante archivioper la musica contemporanea a Venezia. L’archivioLuigi Nono.

Venezia Cinquecentostudi di storia dell’arte e della cultura

direttore/coordinatore: Augusto Gentilicomitato scientifico: Bernard Aikema, Daniel Arasse,Hans Belting, Corrado Bologna, Sylvia Ferino, GiulioFerroni, Rona Goffen, Peter Humfrey, Lionello Puppi,David Rosand, Erasmus Weddigenperiodicità: semestraleeditore: Bulzoni, Romasede della redazione: Università di Roma La Sapienza- Facoltà di Lettere - Istituto di Storia dell’arte - piazzaleAldo Moro, 5 - 00185 Roma

a. I, n. 1, gennaio-giugno 1991Venezia Cinquecento, un impegno per il Duemila •CARLO ALBERTO BUCCI, Pietra Porto in due pale diBartolomeo Montagna • FRANCESCO COLALUCCI, Lo-renzo Lotto, don Pietro da Lucca, Elisabetta Rota e iltema del Congedo di Cristo dalla Madre • COSTANZABARBIERI, La Nascita della Vergine di Lorenzo Lotto inSan Michele al Pozzo Bianco a Bergamo • ERASMUSWEDDIGEN, Il secondo Pergolo di San Marco e laLoggetta del Sansovino: preliminari al Miracolo delloschiavo di Jacopo Tintoretto • Il contratto per la paladi Lorenzo Lotto in Sant’Agostino ad Ancona presenta-to da Raffaella Micaletti • ALESSANDRO CARAVIA, Ilsogno di Caravia (rist. anast. Venezia, 1541), a cura diAugusto Gentili.

a. I, n. 2, luglio-dicembre 1991Giovanni Bellini, 1500-1515: EUGENIO BATTISTI, Leorigini religiose del paesaggio veneto (ristampa 1980)• AUGUSTO GENTILI, Giovanni Bellini, la bottega, iquadri di devozione • SIMONA CIOFETTA, Il Battesimodi Cristo di Giovanni Bellini: patronato e devozioneprivata • DANIELE FERRARA, Il ritratto del dogeLeonardo Loredan: strategie dell’abito tra politica ereligione • PETER HUMFREY, Two lost St. Jerome altar-pieces by Giovanni Bellini • STEFANO COLTELLACCI,Oboedite praepositis vestris, et subiacete illis. Fontiletterarie e contesto storico della Derisione di Noé diGiovanni Bellini • DANIEL ARASSE - ORSOLA SVEVABARBERIS, Giovanni Bellini et la mythologie de Noé •RONA GOFFEN, Bellini’s Nude with Mirror • FABRIZIOTORELLA, La Cena in Emmaus di San Salvador. I:Documenti per la commitenza e la cronologia •CORRADO BOLOGNA, Il Theatro segreto di GiulioCamillo: l’Urtext ritrovato.

a. II, n. 3, gennaio-giugno 1992FLAVIA POLIGNANO, Maliarde e cortigiane: titoli peruna damnatio. Le Dame di Vittore Carpaccio • LEANDRO

VENTURA, Il fascino del noto. Tracce per DomenicoMorone e Lorenzo Leonbruno • ISABELLA BOTTI, TraVenezia e Alessandria: i teleri belliniani per la ScuolaGrande di San Marco • SILVIO D’AMICONE, Apocalypsiscum mensuris. L’astrologo di Giulio Campagnola •AUGUSTO GENTILI, La pala Gozzi di Tiziano: Veneziatra Ancona e Ragusa • HARULA ECONOMOPOULOS,Considerazioni su ruoli dimenticati: gli “Amanti” diParis Bordon e la figura del compare dell’anello •ALESSANDRO CARAVIA, La verra antiga de Castellani,Canaroruoli e Gnatti, con la morte de Giurco e Gnagni(rist. anast. Venezia, 1550).

a. II, n. 4, luglio-dicembre 1992Tiziano, contesti e problemi: FLAVIA POLIGNANO, Iritratti dei volti e i registri dei fatti. L’Ecce Homo diTiziano per Giovanni D’Anna • NICHOLAS DE MARCO,Titian’s Pietà: The Living Stone • AUGUSTO GENTILI,Tiziano e il non finito • ROBERTO ZAPPERI, Tiziano, iFarnese e le antichità di Roma • MICHELE DI MONTE -FRANCESCO MOZZETTI - GIOVANNA SARTI, PietroAretino 1992. Proposte e propositi • LUCA BARTOLOTTI,Jacopo Bassano 1992 • BERNARDINO OCHINO, Predi-che Nove: Predica Terza (rist. anast. Venezia, 1541), acura di Flavia Polignano.

a. III, n. 5, gennaio-giugno 1993Sul patrimonio culturale dell’Istria • JOACHIM STRUPP,The Colour of Money. Use, Cost and Aesthetic Ap-preciation of Marble in Venice ca. 1500 • CARLOALBERTO BUCCI, La Presentazione al Tempio di Barto-lomeo Montagna per Girolamo Aurifici • ANDREWJOHN MARTIN, Giorgione e Baldassar Castiglione. Pro-poste per l’interpretazione di un passo fondamentaledel Cortegiano • ENRICO MARIA DAL POZZOLO, Un promemoria giorgionesco di Giovanni Agostino da Lodi •ROLAND KRISCHEL, L’armamento di Amore: un’operagiovanile di Jacopo Tintoretto • TOMMASO CASINI,Cristo e i manigoldi nell’Incoronazione di spine diTiziano • PATRICIA MEILMAN, Jacopo Bassano’s St.John in the Desert Altarpiece.

a. III, n. 6, luglio-dicembre 1993Ci rivedremo da Filippi • PAOLO PARIGI, “Pillacortefaciebat”: il programma iconografico del portale delDuomo di Pordenone • LEANDRO VENTURA, Sul Tritti-co di Cavriana di Zenone Veronese • BRUCE D.SUTHERLAND, Nine reasons why Titian’s Il Bravo shouldbe re-titled The Arrest of Bacchus • COSTANZA BARBIE-RI, Sicut nebula: il tema dell’Immacolata Concezionenel ciclo del Pordenone a Cortemaggiore • BERNARDAIKEMA, Savoldo, la Città di Dio e il pellegrinaggiodella vita • CAROLYN C. WILSON, Domenico Tintoretto’sTancred baptizing Clorinda: A Closer Look • FRANCE-SCA RINALDI, Povertà e assistenzialismo a Venezia nelprimo Cinquecento: la Confraternita per i poveri ver-gognosi.

a. IV, n. 7, gennaio-giugno 1994Cima da Conegliano I, Atti del Convegno Internazio-nale di Studi su Giovan Battista Cima (Conegliano,Palazzo Sarcinelli, 1-2 ottobre 1993), a cura di PeterHumfrey e Augusto Gentili.PETER HUMFREY, Cima da Conegliano: un decennio diricerche e un convegno di studi • MAURO LUCCO, Unanuova opera di Cima da Conegliano • ANCHISETEMPESTINI, L’approccio alla civiltà classica in Cimada Conegliano e Giovanni Bellini • ENRICO MARIA DALPOZZOLO, È tutto Cima? • SERGIO CLAUT, La pala diCima da Conegliano nella chiesa di S. Donisio a Zer-men e la cultura montagnesca nell’area bellunese •ULRIKE BAUER-EBERHARDT, Cima, Benedetto Bordone il Maestro delle sette virtù: nuove attribuzioni ecoincidenze • SANDRO SPONZA, Il restauro della pala diCostantino ed Elena ai piedi della Croce in San Giovan-ni in Bragora: osservazioni e appunti • JILL DUNKERTON,Il colore nell’Incredulità di San Tommaso di Cima daConegliano • VITTORIA MARKOVA, Il Compianto sulCristo morto di Mosca: riflessioni dopo il restauro •GABRIELLA DELFINI FILIPPI, Il trittico di Navolè: antichirestauri, ipotesi di attribuzione, ricostruzioni • GIULIA-

NA ERICANI, Problemi di conservazione e di tecnicadella Madonna col Bambino di S. Maria delle Conso-lazioni in Este • EUGENIO MANZATO, Il trittico di SanLeonardo in Treviso: considerazioni dopo il restauro.

a. IV, n. 8, luglio-dicembre 1994Cima da Conegliano II, Atti del Convegno Internazio-nale di Studi su Giovan Battista Cima (Conegliano,Palazzo Sarcinelli, 1-2 ottobre 1993), a cura di PeterHumfrey e Augusto Gentili.LIONELLO PUPPI, Citazioni nell’opera di Cima •CATARINA SCHMIDT, Icona o close up? Due dipintidevozionali nell’opera di Cima da Conegliano • ROBERTECHOLS, Cima and the Theme of Saint Jerome in theWilderness • AUGUSTO GENTILI, Smontando e rimon-tando le costruzioni simboliche delle pale d’altare •BERNARD AIKEMA, Avampiano e sfondo nell’opera diCima da Conegliano. La pala d’Altare e lo spettatoretra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento• CREIGHTON GILBERT, Savoldo, Cima, Parma and thePio Family • HANS-JOACHIM EBERHARDT, Il Giovanecon la parrucca: un ritratto dell’ambito di Cima •BRIGIT BLASS-SIMMEN, Cima da Conegliano: alcuneriflessioni sui disegni. Il problema dell’utilizzazionedei disegni “memorativi” e i rapporti con l’operapittorica • LEANDRO VENTURA, Cima da Conegliano: ilPolittico di Capodistria “ritrovato”. Per la riaperturadi un capitolo post-bellico • FRANCESCO ALIPRANDI,Sulle tracce di un artista “schivo”. La costruzionedella biografia di Cima delle Ricerche di Botteon eAliprandi.

a. V, n. 9, gennaio-giugno 1995Tintoretto e la Scuola di San Rocco: MARIA ELENAMASSIMI, Jacopo Tintoretto e i confratelli della ScuolaGrande di San Rocco. Strategie culturali e committenzaartistica • Indice alfabetico dei confratelli di governodella Scuola Grande di San Rocco, 1500-1600 • AN-DREA GALLO, Retorica tintorettiana.

Verona illustratarivista del Museo di Castelvecchio

direttore: Sergio Marinellicomitato di redazione: Gino Castiglioni, AlessandroCorubolo, Sergio Marinelli, Giorgio Marini, PaolaMariniperiodicità: annualeeditore: Museo di Castelvecchio, Veronasede della redazione: Museo - corso Castelvecchio, 2 -37121 Verona - tel. 045/592985

n. 6, 1993GIAN MARIA VARANINI, Il cantiere della chiesa deiSanti Giacomo e Lazzaro alla Tomba di Verona nelQuattrocento • LANFRANCO FRANZONI, “Tectumsuffictari more Iesuatorum” • FEDERICO DAL FORNO,La galleria dei quadri dei marchesi Sagramoso di SanFermo • PIERPAOLO BRUGNOLI, Una lettera di BernardoCanigiani al pittore Felice Brusasorci • SANDRA SICOLI,Un’aggiunta a Pietro Damini • ANGELO MAZZA, Unapala di Pietro Novelli a Castiglione delle Stiviere •CHIARA RIGONI, La galleria di palazzo Leoni Montana-ri a Vicenza • ALESSANDRO MORANDOTTI, Paolo Paga-ni: il ciclo Leoni Montanari e altre suggestioni • JEANGUILLEMAIN, Les antiquaires français et l’Albin ducomte Giusti • SERGIO MARINELLI, La veduta di Veronadi Antonio Joli • GIORGIO MARINI, “Con la propriaindustria e sua professione”. Nuovi documenti sullagiovinezza di Bellotto • PAOLO RIGOLI, Scenografi e‘apparatori’ a Verona in epoca veneziana • PAOLAAZZOLINI, Note su Agostino Pegrassi.

n. 7, 1994JASMINKA DE LUIGI POMORISHATZ, Smalti danesi edaltri oggetti medievali nel Museo Canonicale di Vero-na • LUCIANO ROGNINI, Lorenzo da Salò “eccelenteintagliatore” ed il coro di Sant’Anastasia • STEFANOLODI, La fabbrica della cappella di San Biagio • AN-

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DREA BACCHI, Un appunto su Filippo da Verona •FRANCESCO ROSSI, Una cucina di Jacopo Bassano e ilsuo modello nordico • SERGIO MARINELLI, Note suFelice Brusasorci a Pietro Ricchi • ANGELO MAZZA, I“Giocatori di carte” di Pietro Ricchi • CHIARA RIGONI,Pietro Ricchi a Vicenza • ALESSANDRO CORUBOLO,Cuori barocchi: devozione e surrealismo in due edizio-ni veronesi del Seicento • CATHERINE WHISTLER, “Her-cules and the Centaurs”: Giambattista Tiepolo’s designfor the Palazzo Canossa in Verona and a lost fresco byDomenico Tiepolo in Madrid • LINO VITTORIO BOZZET-TO, Castelvecchio in alcuni disegni ottocenteschi delKriegs Archiv di Vienna.

ALTRE RIVISTE SEGNALATE

Arte inbimestrale di critica e d’informazione

delle arti visive

direttore resp.: Giancarlo Calcagnicondirettore: Lorella Pagnuccocomitato di redazione: Enrico Buda, Luciano Caramel,Enrico Crispolti, Marina De Stasio, Salvatore Italia,Fernando Mazzocca, Pierre Restany, Barbara Rose,Luigi Serravalliperiodicità: bimestralesede della redazione: via dell’Atomo, 6 - 30175 Vene-zia-Marghera - tel. 041/937830

Bollettino prefilatelico e storico postalerivista di studi e ricerche prefilateliche

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direttore resp.: Adriano Cattaniperiodicità: bimestraleeditore: Associazione per lo Studio della Storia Posta-le, Padovasede della redazione: C.P. 325 - 35100 Padova

Ceramica veneta

direttore resp.: Giandomenico Corteseredazione: Carlo Vedù, Riccardo Bonato, GiuseppeBucco, Sergio Campagnolo, Angelo Pennella, PompeoPianezzola, Angela Rigoni, Tino Screminperiodicità: trimestraleeditore: Consorzio Ceramiche Artistiche del Veneto,Nove (VI)sede della redazione: via E. Fermi, 134 - 36100 Vicenza.

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Rivista della stazionesperimentale del vetro

direttore resp.: Fabiano Nicoletticomitato di redazione: Rosa Barovier Mentasti, Gio-vanni Bonetti, Giuseppe Clinanti, Piero Ercole, AnnaMaria Marabini, Gaetano Nicolosi, Piero Pennacino,Sergio Pregliasco, Oreste Scaglioni, Giovanni Scarinci,Francesco Sebastiano, Antonio Tucciredazione: Clementina Albano, Mirella Pellegriniperiodicità: bimetraleeditore: Stazione Sperimentale del Vetro, Murano (VE)sede della redazione: via Briati, 10 - 30141 Murano(VE) - tel. 041/739422.

Segnocinemarivista cinematografica bimestrale

direttore resp.: Paolo Cherchi Usaicomitato direttivo-redazionale: Aldo Bernardini, Ma-rio Calderale, Gianni Canova, Paolo Cherchi Usai,Marcello Garofalo, Roberto Puglieseperiodicità: bimestraleeditore: Cineforum di Vicenzasede della redazione: via G. Prati, 34 - 36100 Vicenza- tel. 0444/923856

Spoglio dei periodici dilettere e filosofia (1995-1996)

Il precedente spoglio dei periodici di “Lettere efilosofia” era stato presentato sul “Notiziario Bi-bliografico” n. 16 e prendeva in considerazione glianni 1991-1994. Il presente aggiornamento si rife-risce quindi alle nuove uscite a partire dall’ultimofascicolo segnalato sul “Notiziario” n. 16. Delleriviste nuove, si è cercato di dare lo spoglio, dovepossibile, dal primo numero uscito.

Annali di Ca’ Foscari

rivista della Facoltà di Lingue e Letterature stranieredell’Università di Veneziadirettore resp.: Giuliano Tamanicomitato di redazione:Serie occidentale: Giuliano Baioni, Costantino Di Pa-ola, Mario Eusebi, Anco Marzio Mutterle, LuciaOmacini, Eloisa Paganelli, Giannantonio Paladini, Ser-gio Perosa, Carlos RomeroSerie orientale: Giuliano Bocali, Adriana Boscaro,Giovanni Canova, Mario Sabattini, Giuliano Tamani,Boghos L. Zekiyanperiodicità: quadrimestraleeditore: Editoriale Programma, Padovasede della redazione: Dipartimento di Studi Euroasiatici- Università degli Studi di Venezia - San Polo 2035 -30125 Venezia - tel. 041/5287687 - 5287220

a. XXXIII, 1-2, 1994WILLIAM ACHER, Un informateur de Jean-JacquesRousseau et de l’Ambassade de France à Venise (1743-1745) • MARCO BATTAGLIA, Sulla figura di Attila nelleletterature nordica antica e anglosassone • LAURABONDI, A dialogare con Attia Hosain: la donna e lascrittrice • ELETTRA BORDINO, Marcel Schwob.L’ècriture des Vies Imaginaires • LAURA BRUGÉ, Lastruttura del testo: analisi linguistica della strutturaretorica, funzionale e sintattica di un tipo di testoregolativo • EUGENIO BURGIO, Il riso dell’“enfanttrouvé”: Vie de Saint Grégoire, vv. 683 sgg. Nota sulle“radici storiche” di un motivo narrativo • SILVANACATTANEO, Due personaggi senza nome: A e B inFulgens and Lucres di Henry Medwall • MARIA TERESAFABBRO, Language, Science and Imagination inEphraim Chambers’s Cyclopaedia • ALBERTA FABRISGRUBE, Strategie di sopravvivenza e di affermazionenelle autobiografie di tre scrittori sud-africani •ELENAFERRARI, François Poullain de la Barre entre ratio-nalisme et féminisme • SERGIO LEONE, Una strategiaper salvare Majakovskij • RENATA LONDERO, JoséMaria Blanco White y el romanticismo inglés • ROBER-TA MUSCARDIN, A Note on Pictorialism and DramaticEffect in Dickens’s Fiction • CRISTINA OSSATO, Two

Eastern Influences on Margaret Fuller’s Writings •ARMANDO PAJALICH, Letterature post-coloniali di lin-gua inglese: problemi ed esperienze di traduzione •LUCA PANIERI, Il “nipote” gotico • MARCO PRESOTTO,Teatro spagnolo e comici italiani nel sec. XVI: un’inda-gine aperta • ANNAROSA SCRITTORI, Le suggestioni delterrore: Anne Radcliffe e il gotico • DANIELE SERRETTI,Boris Pil’nijak tra Oriente e Occidente • PATRIZIATIFFI, Il Bovo d’Antona del manoscritto fr. XIV dellaBiblioteca Marciana di Venezia • MARIO L. TOGNI,Simon Suggs, picaro americano • ELIANA VICARI, Latraduzione letteraria: un esercizio di stile fra coercizionee creatività • ANDREA ZINATO, “El imerio de Nero”: unepisodio de la Estoria de España di Alfonso el sabio ei rapporti con le sue fonti • KSENIJA KONSTANTYNENKO,Poesia latina del Rinascimento e mondo classico. PavloRusyn e Sevastjan Klenovyc [in russo].

a. XXXIII, n. 3, 1994 (serie orientale 25)GIULIANO TAMANI, La tradizione ebraica del De urinadi Galeno • MAURO ZONTA, Osservazioni sulla tradi-zione ebraica dal Commento Grande di Averroè al Deanima di Aristotele • TERESA M. ROSSI, Una tipologiadel arabismo en el Libro de Alexandre (siglo XIII) •RICCARDO CONTINI, I primordi della linguistica semiti-ca comparata nell’Europa rinascimentale: le Insti-tutiones di Angelo Canini (1554) • IDA ZILIO-GRANDI,Un miracolo del Profeta: il tronco di palma che pianse• ANTONELLA GHERSETI, L’utilità della scrittura e lalode del libro: testimonianze di alcuni scrittori arabimedievali • ELIE KALLAS, Arabophones ou arabo-scribes? • MARCO SALATI, Un documento di epocamamelucca sul Waqf di ‘Izz al-Din l-Makarim Hamzab. Zuhra al-Husayni al-Ishaqi al-Halabi (ca. 707/1307) • SIMONE CRISTOFOLETTI, La Georgia antiochenae il “Lungo viaggio” di Asik Kerib • MANJA SERGEEVNASIRINYAN, Ricerche sulla Storia ecclesiastica di SocrateScolastico e sulle sue versioni armene • GIORGIOPIERETTO, La cultura mordvina: note e testi di poesiapopolare • DANIELA MENEGHINI CORREALE, Il capitolosulla scrittura nel Rahat al-sudur di Muhammad ibn aliibn Sulayman al-Rawandi • RICCARDO ZIPOLI, Osceni-tà poetiche neopersiane: due tarji-band sulla mastur-bazione • DAVIDE BASTARI, India in the Description ofArab Historians and Geographers During IX and XCentury • TIZIANA PONTILLO, Parole poliseme nelNirukta • ALBERTO PELISSERO, Carri aerei, dischi vo-lanti e sosia irreali: il duello tra krsna e Salva inMahabharata III 14-23 • TIZIANA LIPPIELLO, An In-troductory Note on Some Historical Sources on Omnesin Tang Times • MARIO CERESA, Il tè e i letterati:Ouyang Xiu e le Memorie dell’acqua del monte Fucha• FLAVIA SOLIERI, Comunisti coreani e cinesi: cenni surapporti e collaborazione politico-militare in Cina eManciuria dal 1917 al 1950 • SILVIA VESCO, Il primovolume del Ryakuga haya oshie di Katsushika Hokusai(1760-1849) • BONAVENTURA RUPERTI, Sensualità eestetica nei quartieri di piacere. L’itinerario dell’iki:dal sui allo tsu • GIOVANNI CANOVA, Il serpente dellaKa‘ba. Una nota sulla Mecca preislamica • GIORGIOROTA, Le favayedo’s-safaviye e la storia della Georgia.

a. XXIV, n. 1-2, 1995GIOVANNI ALBERTI, Discourse as Domain of LinguisticDescription • SHAUL BASSI, Indian Poetry in English:some suggestions on how (not) to read it • EUGENIOBERNARDI, Friederich Dürrenmatt e la “drammatur-gia dell’immaginazione” • MANUELA BRUNETTA, Iltempo dell’essere: Vico e il neoumanesimo di Pavese •EUGENIO BURGIO, Ricerche sulla tradizione manoscrit-ta delle vite antico-francesi di Giuda e di Pilato. I. Leredazioni in prosa della vita di Pilato • ASSUMPTACAMPS, G. D’Annunzio i el modernisme català •VALENTINA DI ROSA, Il teatro della scrittura. Su DerMitmacher. Ein Komplex di F. Dürrenmatt • ALBERTAFABRIS GRUBE, The Unresolved Question of ConflictingLoyalties and Allegiances in the Novels of KamalaMarkandaya • FRANCESCA FAVINO, Respublica: una‘morality’ politica del Cinquecento, attribuita aNicholas Udall grazie al computer • RENÉ LENARDUZZI,El operador anche del italiano y sus formas equivalentesen español • SERGIO LEONE, Il destino di Piero della

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Francesca in Russia • ANNA MAZZANTI, “Pen andPencil in Italy”: Edith Wharton e Maxfield Parrishsentimental travellers nei giardini italiani • CRISTINAOSSATO, James Freeman Clarke: a Contribution to theDevelopment of the Oriental Religions in America •ARMANDO PAJALICH, Michael Ondaatje’s The CollectedWorks of Billy the Kid: alla ricerca di una poetica delcaos • DOMINIQUE PARAVEL, Aspects de l’interrogationtotale en français et en italien • SARA PIZZITOLA,Caroline Kirkland’s Magazine Contributions • MARCOPRESOTTO, Vestir y desvestir / apuntes sobre laindumentaria en la dramaturgia del primer Lope deVega • EDUARD VILELLA, Serenitat, trascendència ialliberament en la poesia de Màrius Torres (a propositdel poema Calma) • ANDREA ZINATO, Fernàn Pérez deGuzmàn e le glosse alla traduzione medievalecastigliana delle Epistulae morales ad Lucilium: unitinerario filologico e filosofico • ANDREA ZINATO, Perl’edizione critica delle poesie di Macìas (s. XIV).

a. XXXIV, n. 3, 1995 (serie orientale 26)GIULIANO TAMANI, I libri ebraici del cardinal DomenicoGrimani • GABRIELLA STEINDLER MOSCATI, Teatro,potere e censura in Israele • RICCARDO CONTINI,Hypothèses sur l’araméen manichéen • TERESA M.ROSSI, Unas notas lexicològicas acerca del arabismoen el Libro de Alexandre (comienzos del siglo XIII) •LEONARDO CAPEZZONE, Turcasso di coppiere. Duekhamriyyat di Abu Nuwas • GIOVANNI CANOVA, Unracconto yemenita sulla conquista hilaliana dell’Afri-ca settentrionale • ELIE KALLAS, Genèse de la littératurenéo-arabe libanaise: terminus a quo • BARBARA PROFE-TI, Tentativo di analisi semiotica del testo teatrale diMu in Bsisu: Al-Asafir tabni a sasaha bayna al-asabi •BARBARA DE POLI, Note critiche a proposito di alcunefonti arabe sulla massoneria in Egitto • RICCARDOZIPOLI, I Carmina Priapea di Suzani • CECILIA COSSIO,Il settimo cavallo del sole: un romanzo, un film, unalunga storia • GUIDO SAMARANI, La società cinese trapassato e futuro • GIOVANNI CARLO SONNINO, Il termi-ne yesod nel Meqor hayyim di Shelomoh ibn Gabirolnella versione di Shem Tov ibn Falaquera • IMMANUELK. OBRJUZOV, Officina ferrarese: l’esotismo difficile,tra Goncarov e Goncarova • SIMONE CRISTOFORETTI,Sul sade di Biruni e di Onsori • Islam e turbe dell’anima,I: GIAMPIERO BELLINGERI, La perfezione in difetto diShah Ismail Khatai • II: FRANCESCO BISETTO, Sul trau-ma della circoncisione • III: GIANROBERTO SCARCIA, Lasindrome sciita.

Anteremrivista di ricerca letteraria

direttore: Flavio Erminiredattori: Giacomo Bergamini, Davide Campi, MarosiaCastaldi, Mara Cini, Gio Ferri, Giorgio Guglielmino,Marica Larocchi, Ranieri Teti, Sirio Tommasoli, IdaTraviperiodicità: semestraleeditore: Associazione di cultura letteraria Anterem,Veronasede della redazione: via Cattaneo, 6 - 37121 Verona

n. 49, II semestre 1994VERSO. Scritti di: Nanni Balestrini - Giuliana Benvenu-ti - Giacomo Bergamini - Brandolino Brandolini d’Adda- Pietro Campagner - Davide Campi - Alberto Cappi -Marosia Castaldi - Nadia Cavalera - Osvaldo Coluccino- Bruno Conte - Fausto Curi - Francesco Giusti - MariaLarocchi - Giancarlo Leucadi - Grazia Marchianò -Silvia Pegoraro - Rosa Pierno - Ida Travi • Premio dipoesia Lorenzo Montano. Bando della nona edizione •Bozzetti per il teatro d’opera di Giovanni Agostinucci.

n. 50, I semestre 1995L’INFINITO ECCESSO DEL VERO. Scritti di: Giuliana Ben-venuti - François Bruzzo - Eugenio De Signoribus -Aldo Ferraris - Gio Ferri - Mario Giorgi - Rubina Giorgi- Cesare Greppi - Roberto Guiducci - Andreas

Hapkemeyer - Alessio Larocchi - Cosimo Lerose -Carla Locatelli - Miguel Muñoz - Franco Rella - CesareRuffato - Lucio Saffaro - Luca Sala - StefanoStrazzabosco - Aldo Tagliaferri - Ranieri Teti - ElémireZolla • Premio di poesia Lorenzo Montano. Esito dellanona edizione.

n. 51, II semestre 1995=0. Scritti di: Giorgio Bonacini - Nadia Cavalera -Adrian Clarke - Martine Clément - Osvaldo Coluccino- Federico Condello - Mario Cresci - Elis Pietro Donda- Christian Doumet - Alexander Garcìa Düttmann -Flavio Ermini - Robert Feintuch - Vito Giuliana -Giuliano Gramigna - Clemens-Carl Härle - MaricaLarocchi - Anna Malfaiera - Francesco Marotta - Raf-faele Perrotta - Franco Rella - Stefano Strazzabosco -Ida Travi - Sirio Tommasoli - Andrea Zanzotto.

Archivio di filosofia

direttore: Marco M. Olivettiperiodicità: quadrimestraleeditore: Cedam, Padovasede della redazione: c/o Marco M. Olivetti - via Zara,13 - 00198 Roma

a. LXXII, n. 1-3, 1994Filosofia della rivelazione.MARCO M. OLIVETTI, Avant-propos • MARCO M.OLIVETTI, Philosophie de la révélation • PAUL RICOEUR,Théonomie et/ou autonomie • JOSEF SIMON, Offenbarungals kritischer Begriff • MICHEL HENRY, Qu’est-ce qu’unerévélation • ROLF KÜHN, Bedürfen und Offenbarung.Eine religionsphilosophiske Skizze • JEAN-LUC MARION,Esquisse d’un concept phénoménologique du don •ANDREA GONZI, “Donation” e parola: per una feno-menologia dell’anteriorità • EDITH WYSCHOGROD,Memory, History, Revelation: Writting the Dead Other• MARIE-ANNE LESCOURRET, Voir pour entendre: fidesquaerens artem • WILLI OELMÜLLER, Wie nicht bzw.Wie sprechen über und zu Gott in Traditionen derAufklarüng, des Bilderverbots und der negativenTheologie • VINCENZO VITIELLO, Rivelazione, Ragio-ne, Nichilismo • SERGIO QUINZIO, Nichilismo e rivela-zione • ADRIAAN PEPERZAK, Wonderment and faith •ERMENEGILDO BERTOLA, Ragione ed intelletto nellafilosofia della rivelazione del medioevo cristiano •JOSEF REITER, Der letzte Schritt der Vernunft.Überlegungen zum Verhältnis von Vernunft undGaluben bei Blaise Pascal • ANDREA POMA, Le ragionidella ragione secondo Leibnitz • MARIO MICHELETTI,Shaftesbury e la convergenza fra “ateismo” e“rivelazionismo” • ALBINO BABOLIN, Joseph Butler el’irragionevolezza di proporre criteri a priori per larivelazione • MAURITS VAN OVERBEKE, Révélation,illumination et transparence: le cas Rousseau • XAVIERTILLIETTE, Raison et révélation chez Lessing et dansl’idealisme allemand • JEAN-LOUIS VIEILLARD-BARON,Christologie philosophique et révélation intérieure •WALTER JAESCHKE, Die göttlichen Dinge und der Begriffder Philosophie • KLAUS KIENZLER, “Der kommendeGott” - Die Elegie “brod und Wein” bei Hölderling •MARC MAESSCHLCK, Dieu révélé et Dieu caché. Leconflit des représentations de Dieu chez Fichte etSchelling entre 1801 et 1806 • EMILIO BRITO, La critiqueschleiermachérienne de la religion naturelle et de lathéologie naturelle • STEFANO SEMPLICI, Filosofia del-la rivelazione come filosofia della creazione. Hegel eSolger • LIDIA PROCESI, Psicologia della rivelazione inImmanuel Hermann Fichte • IRENE KAJON, La “filoso-fia della rivelazione” di Samuel Hirsch. Una discussio-ne con Hegel sull’essenza dell’uomo • JAN SPERNAWEILAND, Kierkegaard und die Philosophie derOffenbarung • SERGIO ROSTAGNO, Revelatio specialisvs revelatio generalis: sul paradosso di un’identità •HANSJÜRGEN VERWEYEN, Maurice BlondelsPhilosophie der Offenbarung im Horizont“postmodernen” Denkens • CESAR IZQUIERDO, The“Philosophy of Revelation” in M. Blondel’s Thought •

BERHANRD CASPER, Offenbarung in Franz Rosenz-weigs “erfahrendem Denken” • HENDRIK JOHANADRIAANSE, Die Pointe aller Pointen. RosenzweigsOffenbarungsverständnis als Herausforderung an dieReligionsphilosophie • FRANCESCO PAOLO CIGLIA, Arte,profezia della rivelazione. Sulla meditazione esteticadi Franz Rosenzweig • JEAN-FRANCOIS COURTINE, Lestraces et le passage du Dieu dans les Beiträge zurPhilosophie de Martin Heidegger • STEPHANIE BOHLEN,Von der Offenheit des Seyns. Heideggers Weg zumanderen Anfang des Denkens • BEN VEDDER,Heidegger’s Notion of the Last God and Revelation •STEPHANE MOSES, “Je serai qui je serai”. La révelationdes Noms dans le récit biblique • JEAN GREISCH,Nomination et révélation • VITTORIO MATHIEU, Spuntidi analisi linguistica della rivelazione • DAVID TRACY,Revelation, Hermeneutics, Criteria • GABRIELVAHANIAN, D’une approche naturaliste à une approchetechnicienne de la religion. Prolégoménes à uneherméneutique de la révélation • GIOVANNI FERRETTI,Quale filosofia? Quale rivelazione? Appunti per una“ermeneutica critica” della rivelazione • RICHARDSWINBURNE, The Content of Propositional Revelation• GEORGE I. MAVRODES, Does Revelation Have a PresentTense? • DEWI Z. PHILLIPS, Authority and Revelation •ARMANDO RIGOBELLO, Filosofia e rivelazione: fram-menti di senso e totalizzazione di significati • STANISLASBRETON, Philosophie et révélation • THEO DE BOER, TheRational Position of PositiveTheology • RENE HABACHI,L’Anthropologie entre philosophie et révélation •ANDRES TORRES QUEIRUGA, Philosophy and Revelation:the Opportunity of the Enlightenment • MAURICEBOUTIN, Révélation et communication • JOSÉ J.ALEMANY, Bemerkungen zur Philosophie der Of-fenbarung unter Berücksichtigung der Kommuni-kationstheorie • MIKLOS VETÖ, Plénitude et di-scontinuité: de la problématique métaphysique de larévélation • LUIGI LOMBARDI VALLAURI, Quando l’Io/Id che si rivela è inimmaginabile e inconcepibile. Vied’uscita apofatiche • HERWI RIKHOF, Revelation. APlea for a Theological Understanding • GIOVANNIMORETTO, Rivelazione e universalità della salvezza •BRUNO FORTE, In ascolto del silenzio: fede filosofica efede rivelata. Teologia e filosofia della rivelazione •WOLFHART PANNENBERG, Offenbarung als kategoriephilosophischer Theologie • PIETRO DE VITIIS, Il pro-blema della rivelazione nel pensiero di W. Pannenberg• BERNHARD WELTE, Das Wunder als Kriterium derOffenbarung (Probevorlesung; hg. von BernhardCasper) • CARLA AMADIO, J.G. Fichte: a duecento annidalla pubblicazione della “Dottrina della scienza” •ALBERTO IACOVACCI, Sulla filosofia pratica di J.G.Fichte • STEFANO SEMPLICI, Gli “Jahrbücher fürwissenschaftliche Kritik” (1827-1846).

a. LXIII, n. 1-3, 1995Trascendenza, trascendentale, esperienza. Studi in ono-re di Vittorio Mathieu.ENRICO BERTI, Metafisica e argomentazione in V. Mathieu• CARLO ARATA, “Il rapporto con la verità” e il tema“io” nella teoresi di Vittorio Mathieu • DARIO ANTISERI,La metafisica sperimentale di Vittorio Mathieu • EMA-NUELE SEVERINO, Nota sull’“uso teoretico” e sull’“usopratico” della ragione • JOSEF PIEPER, Über dieSchlichtheit der Sprache in der Philosophie • ALAINBESANCON, Variations sue l’Image et le Tableau • NUN-ZIO INCARDONA, Logos diaphorotetos hermeneia • FRAN-CESCO BARONE, Tradizione e innovazione nella culturascientifica odierna • EVANDRO AGAZZI, Aspettiermeneutici e referenziali del confronto fra teorie scien-tifiche • GIORGIO DEROSSI, Oggettività, Scienza e Lin-guaggio • SERGIO RICOSSA, Filosofia e scienza economi-ca • LUIGI LOMBARDI VALLAURI, Modelli speculari disessualità: libertinismo sadico, cattolicesimo • FRANCE-SCO D’AGOSTINO, Problemi tipologici del matrimoniocome sistema • GIANNI VATTIMO, Fine del secolo, finedella secolarizzazione? • FULVIO TESSITORE, Esiste an-cora la Storia della Filosofia? • STELIO ZEPPI, Senofane:un metafisico “forte” o un metafisico “debole”? • GIO-VANNI REALE, I due assi-portanti del pensiero di Plotino• SALVINIO BIOLO, Il soggetto o l’a priori trascendentale

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in S. Tommaso • PIETRO PRINI, Pansofia, neoplatonismoe critica dell’olismo. Nota su Comenio • VINCENZOCAPPELLETTI, Dopo Galilei • ROBERTO CORTESE, Ragio-ne divina e ragione umana nella filosofia di NicolasMalebranche • ANDREA POMA, Il lato notturno dellafilosofia di Leibnitz nell’interpretazione metafisica diVittorio Mathieu • GUIDO ZINGARI, G.W. Leibnitz. Mondipossibili e musei della verità • DONALD PHILLIP VERENE,Vichian Providence • JEAN STAROBINSKI, Le sacrifice etle couronnement. (Sur le suiet d’Idoménée) • NORBERTHINSKE, “...perché il popolo rivendica con tanta insi-stenza la libertà di stampa”. Pluralismo e libertà distampa nel pensiero di Kant • ECKART FÖRSTER, “Ichbetrachte die Vernunft als den Anfang des Verstandes •MARCO M. OLIVETTI, Simmetria e asimmetria: sull’inter-pretazione mathieuana del Kant pratico • ANTIMO NE-GRI, Gli alberi e gli uomini; la foresta e la città. Rileggen-do il Kant politico • REINHARD BRANDT, Einproblematischer absatz im “Ersten Stück” von kants“Religion innerhalb der Grenzen der bloßen Vernunft”• CLAUDIO CESA, Guerra e morale. Considerazioni su unluogo di “Alla pace perpetua” • MARTA VASCOTTO, Ladeduzione ontologica dell’esistenza nell’Opus postumumdi Kant • FRANCO CHIEREGHIN, La decisione all’originedel filosofare in Kant e in Hegel • GERD HELD, L’appa-rizione di un’apparenza. L’estetica del fenomeno indi-retto in Kant e Duchamp • SILVESTRO MARCUCCI, L’in-terpretazione meyersoniana del concetto di “deduzioneglobale” in Hegel e in Einstein • RAFAEL ALVIRA,Musica sonora e musica silenziosa. Riflessioni sul pen-siero di F. Nietzsche • GIUSEPPE RICONDA, Mathieuinterprete di Bergson • ERMEGILDO BERTOLA, La dottri-na morale di Henri Bergson • SERGIO COTTA, Il diritto tra“chiuso” e “aperto”. Una notarella bergsoniana •GIANFRANCO MORRA, Mathieu interprete di Rilke •ARTURO DEREGIBUS, Varisco tra Leibniz e Kant. Ilmonadismo critico di Bernardino Varisco • NYNFA BO-SCO, La filosofia morale di Augusto Guzzo • GIOVANNISANTINELLO, Augusto Guzzo e la storia della filosofia •MARIO FRANCIONI, Dopo Lacan, due sono lemetapsicologie in Freud • MARZIO PINOTTINI, Tempo,eternità, epistrophé in Vittorio Mathieu • ENRICO DIROBILANT, Scelte e figure nelle teorie • LAURA PAOLETTI,Dall’esistenzialismo all’ermeneutica • MARTA VASCOTTO(a cura di), Bibliografia di Vittorio Mathieu.

AxiomatesQuaderni del centro studi per

la filosofia mitteleuropea

direttore resp.: Roberto Policomitato di direzione: Liliana Albertazzi, EdgarMorscher, Jerzy Perzanowski, Giovanni Piana, KarlSchuhmann, Barry Smith, Jan Wolenskiperiodicità: quadrimestraleeditore: Il Poligrafo, Padovasede della redazione: via Turazza, 19 - 35128 Padova- tel. 049/776986

n.s., a. IV, n. 1, aprile 1993FRANZ BRENTANO, Della sostanza, con una introduzio-ne di Wilhelm Baumgarten e una lettera a Anton Marty• ROBERTO POLI, Twardowski’s theory of modification

against the background of traditional logic • VLADIMIRVASYUKOV, A Lesniewskian guide to Husserl’s andMeinong’s jungles • LUIGI DAPPIANO, Le parti e l’interonella concezione di Aristotele: la holologia come pro-getto di metafisica descrittiva (I) • STANISLAVLESNIEWSKI, Collected works (Massimo Libardi) •MARCO SANTAMBROGIO, Forma e oggetto (RobertoPoli).

n.s., a. IV, n. 2, settembre 1993RYSZARD PUCIATO, Thomism and modern formal logic.Remarks in the Cracow Circle • JOZEF M. BOCHENSKI,On logical ‘relativism’ (1937) • JAN SALAMUCHA,Comparisons between scholastic logical tools andmodern formal logic (1937) • JAN F. DREWNOWSKI,Neoscholasticism and the demands of modern science(1937) • LUIGI DAPPIANO, Le parti e l’intero nellaconcezione di Aristotele: la holologia come progetto dimetafisica descrittiva (II) • MASSIMO LIBARDI, RobertMusil tra letteratura e filosofia • CHIARA TAMANINI,Riflessioni sulla didattica della filosofia • GIOVANNIPIANA, Filosofia della musica (L. Albertazzi).

n.s., a. IV, n. 3, dicembre 1993ROBERTO POLI, Nicolas A. Vasil’év (1880-1940) •NICOLAS A. VASIL’ÉV, Logic and metalogic • NICOLASA. VASIL’ÉV, Imaginary (non-Aristotelian) logic • JERZYPERZANOWSKI, What is non-Fregean in the semanticsof Wittgentein’s Tractatus and why? • WLADIMIR L.VASYUKOV, Antidiodorean logics and the Brentano-Husserl’s conception of time • LILIANA ALBERTAZZI,Psicologia descrittiva e psicologia sperimentale:Brentano e Bonaventura sul tempo psichico • F.P.RAMSEY, Philosophical papers • N.E. SAHLIN, Thephilosophy of F.P. Ramsey (Luigi Dappiano) • PETER

BRENTANO, Dettati sul tempo (1907 e 1915) (introd. diLiliana Albertazzi) • DALE JACQUETTE, A Meinongiantheory of definite description • FRANCESCA MODENATO,A. Meinong: fenomeno, noumeno e percezione esterio-re • RAUL OLVERA MIJARES, Some historical remarkson Husserl’s theory of multiplicity • W. MARCISZEWSKI,Logic from a rethorical point of view (Roberto Poli) •M. MATTEUZZI, La macchia di colore. Appunti per unafilosofia della teoria.

Con-trattorivista di filosofia tomista edi filosofia contemporanea

direzione: Emmanuele Morandi, Riccardo Panattonicomitato di redazione: Giovanni Catellani, Diana Man-cini, Enrica Manfredotti, Rita Messori, Marco Prati,Claudio Testiperiodicità: semestraleeditore: il Poligrafo, Padovasede della redazione: via Turazza, 19 - 35128 Padova- tel. 049-776986

n. 0, maggio 1992EMMANUELE MORANDI, Presentazione • RICCARDOPANATTONI, L’“altra” presentazione • EMMANUELEMORANDI, Pensare l’essere nell’ente secondo la meta-fisica di S. Tommaso d’Acquino: Partecipazione, Dif-ferenza, Soggettività • RICCARDO PANATTONI, Alteritàdel Soggetto. Scrittura e differenza nell’opera diEmmanuel Lévinas.

a I, n. 1, dicembre 1992EMMANUELE MORANDI, Avvertenza • PARTE TOMISTA:Nichilismo e gnosi, a cura di Enrico Corradi. ENRICOCORRADI, Presentazione • GIANFRANCO BASTI - ANTO-NIO PERRONE, Le radici forti del pensiero debole:Nihilismo e fondamenti della matematica • ENRICOCORRADI, Nichilismo. Genesi filosofica e riflessi sullacultura contemporanea • EMANUELE SAMEK LODOVICI,Dominio dell’istante, dominio della morte. Alla ricer-ca di uno schema gnostico • ANDREA PORCARELLI,Gnosi antica e “sapientia” tomista. Elementi per unconfronto speculativo • INTERMEZZO. ENRICAMANFREDOTTI (a cura di), Scrittura e poesia. Conver-sazione con Edmond Jabès • PARTE CONTEMPORANEA:Ermeneutiche leopardiane, a cura di Alberto Folin.ALBERTO FOLIN (a cura di), Cammino di un lettore.Conversazione con Cesare Galimberti • MASSIMOCACCIARI, Leopardi platonicus? • RICCARDOPANATTONI, Indifferenza e natura. Una presenzagnostica in Giacomo Leopardi? • ALBERTO FOLIN,“Quasi una finta imago” • ANDREA CALZOLARI - MARIAROSA TORLASCO, Il segno e il velo della differenza.Sull’Indice dello Zibaldone • ANTONIO PRETE, Nottur-no • GIANNI SCALIA, Etimologie della“Ginestra”.

a.II, nn. 1-2, gennaio-dicembre 1993Heidegger e l’etica.PARTE TOMISTA, a cura di Emmanuele Morandi: XAVIERTILLIETTE SJ, Peccato e morte umana in Kierkegaard.Alle fonti della meditazione heideggeriana • NICOSPROKEL SJ, Essere e abitare a misura • LUIS ROMERAOÑATE, Etica e nichilismo nell’ultimo Heidegger •ANNA MARIA TREPPIEDI, Hiedegger: una questioneancora possibile? • EMMANUELE MORANDI, Per una

SIMONS, Philosophy and logic in central Europe fromBolzano to Tarski (Jacek J. Jadacki) • R.L. EPSTEIN, Thesemantic foundation of logic. Volume 1: propositionallogics (Massimo Libardi) • URSZULA ZEGLEN, Modal-nosc w logice i w filozofii. Podstawy ontyczne [Modalityin logic and in philosophy. Ontological Bases] (RyszardPuciato).

n.s., a. V, n. 1, aprile 1994Mereologies. LILIANA ALBERTAZZI - MASSIMO LIBARDI,Introduction • MASSIMO LIBARDI, Applications andlimits of mereology. From the theory of parts to thetheory of wholes • WILHELM BAUMGARTNER - PETERSIMONS, Brentano’s mereology • DESMOND PAULHENRY, Impenetrability, overlapping and connu-meration • MARGRET KAISER EL-SAFTI, Carl StumpfsLehre vom ganzen und den Teilen • DALLAS WILLARD,Mereological essentialism restricted • LILIANAALBERTAZZI, The psychological whole. I: The temporalparts of presentation.

n.s., a. V, n. 2-3, dicembre 1994European cities and the birth of modern scientificphilosophy. ROBERTO POLI, In itinere: pictures fromCentral-European philosophy • JAN SEBESTIK, Praguemosaic. Encounters with Prague philosophers • JACEKJULIUSZ JADACKI, Warsaw: The rise and decline ofmodern scientific philosophy in the capital city ofPoland • LILIANA ALBERTAZZI, Scienza e avanguardianella Firenze del primo Novecento • LUIGI DAPPIANO,L’idealismo di Oxbridge tra Lotze e Meinong. A propo-sito delle origini della filosofia analitica • FRANZ

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ontologia dell’etica: da Heidegger ad Aristotele •CLAUDIO TESTI, Osservazioni critiche: il dibattito me-dievale sulla povertà e la questione della tecnica mo-derna in Heidegger • INTERMEZZO: RITA MESSORI, Lospazio dell’intermezzo • PARTE CONTEMPORANEA, a curadi Caterina Resta: JEAN-LUC NANCY, Lo spazio lasciatolibero da Heidegger • CATERINA RESTA, L’accordodella parola • UMBERTO REGINA, La virtù della verità.Heidegger interprete del VI libro dell’‘EticaNicomachea’ • RICCARDO PANATTONI, Etica e poesia.La voce dell’amico attraverso la lettura di ‘Andenken’di Martin Heidegger • MARLENE ZARADER, Effetti disilenzio • DANIELA BATTINI, La parola annodata. Eticae scrittura in Heidegger • CARLO SINI, La pietà del-l’esercizio. Quattro pensieri sull’ethos.

a. III, nn. 1-2, ottobre 1994PARTE TOMISTA: Metafisica della Comunità: il “bonumcommune” in San Tommaso d’Aquino e nella scuolatomistica, a cura di Vittorio Possenti: STEPHEN L. BROCK,L’obbligo per legge, il governo e il bene comune:considerazioni metafisiche in Tommaso d’Aquino •ROBERTO GATTI, L’idea di Bene Comune nella filosofiapolitica di J. Maritain • LORENZO PEROTTO O.P., Leinsidie del Bene Comune nel “De Regno” di S. Tommasod’Aquino • VITTORIO POSSENTI, La questione del BeneComune • RAIMONDO SPIAZZI O.P., La metafisica delBene Comune e l’etica della solidarietà • INTERMEZZO:EMMANUELE MORANDI, Il “Bonum Commune” nella“Summa Theologiae”. Brani antologici • CARLSCHMITT, La teoria politica del mito • PARTE CONTEMPO-RANEA: Carl Schmitt: simbolo tra teologia e politica, acura di Claudio Bonvecchio: CLAUDIO BONVECCHIO,“Imperium” e “imperator” in Carl Schmitt: spunti diteologia politica • TERESA TONCHIA, La nudità simbo-lica. Un’interpretazione della schmittiana “Excaptivitate salus” • GIULIANA PAROTTO, Primato erappresentazione: una riflessione su cattolicesimo ro-mano e forma politica • RICCARDO PANATTONI, Ilromanticismo politico e lo stato fondamentale delfilosofare. Heidegger e Schmitt a confronto.

a. IV, nn. 1-2, 1995L’esperienza di Dio. Filosofi e telogi a confronto, acura di Emmanuele Morandi e Riccardo Panattoni.PARTE TOMISTA, a cura di Emmanuele Morandi: COR-NELIO FABRO, Senso e struttura esistenziale della pre-ghiera • JOHANNES B. LOTZ, Argomento ontologico edesperienza di Dio • DIVO BARSOTTI, Una teologiadell’esperienza di Dio: le “Laudes Dei” di S. France-sco d’Assisi • MARIO PANGALLO, Presupposti metafisicidell’esperienza del Trascendente in S. Tommaso com-mentatore del “Liber De Causis” • MASSIMO MARASSI,Esperienza e riflessione trascendentale in Johannes B.Lotz • EMMANUELE MORANDI, Morte dell’uomo e pre-senza di Dio: la teo-logia come “rapporto” in DivoBarsotti • PAUL GILBERT, Pensiero ed esperienza cri-stiana in Anselmo d’Aosta • VITTORIO POSSENTI,Trascendenza Immanente (Note sul rapporto tra Dio eil mondo) • INTERMEZZO: La domanda su Dio comequestione del nostro tempo, a cura di Giacomo Coccolini:GIACOMO COCCOLINI: Introduzione • GIACOMOCOCCOLINI, Homo capax Dei? Note sulla collocazionedella Gottesfrage nell’epoca presente trasecolarizzazione e silenzio di Dio • EUGEN BISER, Cosaparla in favore di Dio? Fede come cammino di ritrova-mento del senso • JOHANNES BAPTIST METZ, Il discorsosu Dio di fronte alla storia di sofferenza del mondo •PARTE CONTEMPORANEA, a cura di Riccardo Panattoni:PIERO CODA, Rivelazione cristologica ed esperienza diDio • MARIO RUGGENINI, Poesia dell’assenza.Hölderling e “il tempo del bisogno” • FERDINANDOLUIGI MARCOLUNGO, Il Dio che viene all’idea •UMBERTO REGINA, Søren Kierkegaard. Il felice incon-tro di ragione e paradosso • RICCARDO PANATTONI, Iltempo della memoria e la memoria come tempo.Agostino, Monica e la morte • UMBERTO SONCINI,Prospettive preliminari ad una ermeneutica feno-menologica del testo biblico • LUISA MURARO, Espe-rienza (di Dio) e differenza femminile • BRUNO FORTE,La riscoperta dell’oggetto puro: “Deus dixit”. Lasvolta di Karl Barth.

Filologia venetaLingua, letteratura, tradizioni

direttore: Gianfranco Folena †comitato di redazione: Antonio Daniele, GianfrancoFolena †, Marisa Milani, Ivano Paccagnellaperiodicità: annualeeditore: Esedra, Padovasede della redazione: c/o Esedra - via Palestro, 8 - PD

L’ultimo fascicolo uscito è il n. IV, 1993, segnalato sul“Notiziario” n. 16.

Italia medioevale e umanistica

direttore resp.: Giovanni Bertiperiodicità: annualeeditore: Antenore, Padovasede della redazione: c/o Antenore - via Rusca, 15 -35124 Padova - tel. 049/686566

a. XXXV (1992)L.D. REYNOLDS, The transmission of the “De finibus” •L. AZZETTA, Un’antologia esemplare per la prosatrecentesca e una ignorata traduzione da Tito Livio: ilVaticano Barberiano lat. 4086 • L. GREGORI, Appuntisulla fortuna dei volgarizzamenti liviani nella Firenzedel XVI secolo • A. MANFREDI, Nuove postille autografedi Lorenzo Valla alle epistole di S. Girolamo (Vaticanolat. 355-356) • GUIDO e P.M. BILLANOVICH - G.P.MANTOVANI - E. NECCHI, Epigrafia a Padova, I: E.NECCHI, Una silloge epigrafica padovana: gli“Epigramata illustrium virorum” di IohannesHasenbeyn • S. CARRAI, La tradizione manoscritta e astampa dei “Pastoralia” di Boiardo • N.G. WILSON,Greek inscriptions on Renaissance paintings • J.N.GRANT, Pietro Bembo as a textual critic of classicallatin poetry: “Variae lectiones” and the text of the“Culex” • R. SEGRE, La tipografia ebraica a Ferrara ela stampa della “Bibbia” • G. BILLANOVICH, Tra icodici degli “Ab urbe condita” • F. RUGGERI, Il testa-mento di Francesco Filelfo • E. SANDAL, GiovanniBattista Refrigerio a Castel Merlino • P. GRIGUOLO,Notizie sulla scuola pubblica a Rovigo. LodovicoRicchieri ed Ermico Caiado • S. FORTUNA, A propositodei manoscritti di Galeno nella biblioteca di NicolòLeoniceno • D.E. RHODES, The Almadiani of Viterbo. Abiographical and bibliographical introduction.

Lettere italiane

direttori: Vittore Branca, Carlo Ossoladirezione: Giorgio Bárberi Squarotti, Vittore Branca,Carlo Delcorno, Maria Luisa Doglio, Cesare Galimberti,Carlo Ossola, Giorgio Pulliniredattore capo: Gilberto Pizzamiglioredazione: Attilio Bettinzoli, Bianca Maria Da Rif,Fabio Finotti, Nella Giannetto, Claudio Griggio, Fran-cesco Speraperiodicità: trimestraleeditore: Olschki, Firenzesede della redazione: c/o Istituto di Letteratura Italiana- Università degli Studi di Padova - via Beato Pellegri-no, 1 - 35137 Padova

a. XLVI, n. 1, gennaio-marzo 1994F.FINOTTI, La storia finita. Filologia e critica degli“scartafacci” • L. PERTILE, Il nodo di Bonagiunta, lepenne di Dante e il Dolce Stil Novo • G. RABITTI, Notesulla canzone ‘al Metauro’ con un’appendice leo-pardiana • A. SCARSELLA, Su una lettera del Boiardo •QUAQUARELLI, Felice Feliciano letterato nel nuovoepistolario • R. CUTINELLI-RENDINA, Rassegna di studisulle opere politiche e storiche di Niccolò Macchiavelli(1969-1992).

a. XLVI, n. 2, aprile-giugno 1994D’ASCIA, Tecnica dialogica e tematica politica

nell’Alberti volgare • BOTTONI, Prologo biografico:Bernardo Dovizi commediografo • ORSENIGO, Il cri-stianesimo tragico di Federigo Tozzi • G. GUNTERT,Petrarca e i suoi lettori: la canzone CXXVI. Letturedell’ultimo trentennio • A. CARACCIOLO ARICÓ, Loscrittoio del Sannazaro. Spogli verbali preparatoridella produzione latina posteriore all’Arcadia • G.GRIFFANTE, Esopo tra Medio Evo ed Umanesimo. Ras-segna di studi.

a. XLVI, n. 3, luglio-settembre 1994G. AGNELLI, Letteratura e industria • J. STAROBINSKI,La fabrique sur le riviére • G.A. CAMERINO, Alfieri“dalla pubblica virtù” alla “virtù sconosciuta” e al“dolore immenso e continuo” • F. FINOTTI, ArrigoBoito: il démone dello stile • Notizie di manoscritti: P.VITI, Un nuovo codice con postille di Leonardo Bruni• R. D’ALFONSO, La “visio beatifica” del prologo al“Paradiso” nelle tre redazioni del “Comentarium” diPietro di Dante • P. VECCHI, Il Quattrocento rivisitato:per tre recenti storie letterarie • R. CASAPULLO, Appun-ti su un’edizione degli Asolani • C. DELCORNO, Nuovistudi sull’“exemplum”. Rassegna.

a. XLVI, n. 4, ottobre-dicembre 1994R. RINALDI, “Sono ora in terra, o sono al Ciel levato?”:il programma dell’“Orlando Innamorato” • J. ROUSSET,Mon baroque • R. CONTARINO, L’uomo contro natura:antropofagi e suicidi nella leopardiana “Scommessadi Prometeo” • A. BETTINZOLI, Poliziano latino e volga-re: postille in margine alle “Stanze” • G. JORI, “Tantola grazia può”. Minima tassiana • A. ZOLLINO, Pascoli,d’Insengard e le ciaramelle • A. CALZAVARA, L’“amorsoverchio” e lo “sfrenato sdegno”. Rassegna di testi estudi sulla tragedia italiana del Cinquecento (conun’appendice secentesca) (1970-1993).

a. XLVII, n. 1, gennaio-marzo 1995E. H. GOMBRICH, La cultura artistica italiana traUmanesimo e Rinascimento • P. ZAJA, “Oscuri velami”in alcuni sonetti di Giulio Camillo • C. DELCORNO, DonGiuseppe De Luca e gli studi sulla letteratura religiosamedievale • Notizie di manoscritti: G. DAL LAGO - A.SCARPARI, Le carte Fogazzaro nella BibliotecaBertoliana di Vicenza • C. CARBONARI, “Die sirenetta”:Hofmannsthal traduttore e interprete di D’Annunzio •E. GIORDANO, Dai “ricordi d’infanzia e di adolescen-za” alle “Ricordanze”: il linguaggio e i percorsi del-l’autobiografia • E. PAPPALARDO, Linguaggio e poesia.Rassegna di studi pascoliani (1955-1980).

a. XLVII, n. 2, aprile-giugno 1995I. BALDELLI, “Lo dolce piano che da Vercelli a Marcabòdichina”, Inferno XXVIII 74-75 • F. FINOTTI, Genesi di“Malombra”. Poesia e pensiero nel primo Fogazzaro• Notizie di manoscritti: L. GEORGE CLUBB, Un reperto-rio illustrato per compagnie teatrali • L. BALLERINI,Metamorfosi del testo e testualità della critica • J.PARZEN, A peculiar reading of the endecasyllable:Petrarch’s Sestina 22 • P. SPEZZANI, La stratificazionedelle “centodiciassette” commedie del Goldoni neiprincipali “corpus” editoriali settecenteschi e in unaappendice editoriale novecentesca • G. LANGELLA, La“dolce malattia”. Intorno a una pagina di Svevo • B.BARTOLOMEO, Storia della metrica e storia della poe-sia. Rassegna di studi.

a. XLVII, n. 3, luglio-settembre 1995G. LA FACE BIANCONI - A. ROSSI, Serafino Aquilano nellefonti musicali • L. GUALDO ROSA, Leonardi Bruni e lesue “vite parallele” di Dante e del Petrarca • R.RICORDA, Benedetto Croce, Angelo Conti e “altriestetizzanti” • Notizie di manoscritti: R. BENEDETTI - S.ZAMPONI, Frammenti dei Guiron de courtois nell’Ar-chivio Capitolare di Pistoia • P. VESCOVO, Ardelia,Ramusia, Veniexiana. Appunti su una linea della com-media cinquecentesca • O. LONGO, Placide notti (etacite selve) • P. POSSIEDI, L’ultimo autoritratto diLeopardi • V. BRANCA - A. STUSSI, Ricordo di AugustoCampana (1906-1995) • S. ZANCANELLA, Rassegna distudi gaddiani 1974-1994.

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a. XLVII, n. 4, ottobre-dicembre 1995M. RICCUCCI, Le “Stanze”: il racconto di una caccia •A. BATTISTINI, “Un angoletto morto della storia?”.Vico e la cultura europea tra Sei e Settecento • T.O’NEILL, La scoperta dell’America, ovvero ipotesi percome scriveva Sciascia • F. CIGNI, Roman de Tristan inprosa e “compilazione” di Rustichello da Pisa in areaveneta. A proposito di una recente edizione • S. PRANDI,Sulla Vita di Torquato Tasso di Giambattista Manso •S. GIUFFRIDA, Per un’edizione critica del carteggio diFrancesco Milizia • C. GRIGGIO, L’umanesimo friulano.Rassegna di studi.

a. XLVIII, n. 1, gennaio-marzo 1996R. BESSI, Le Stanze del Poliziano e la lirica del primoQuattrocento • L. BARILE, L’infraordinario in Calvinoe Perec • Notizie di manoscritti: O. VISANI, Un ritrovatocodice di prediche di Bernardino da Siena e della suascuola • S. BERTI, La “canzone alla Bruna” e l’Arsamatoria di Ovidio • B. DANNA, L’ombra di Voltaire inItalia. Fra satira lucianea e poesia sepolcrale tar-dosettecentesca • A. ZOLLINO, Tasso e D’Annunzionella “Siepe” di Pascoli • M. MARCOLINI, La rivo-luzione consapevole. Rassegna di studi pascoliani(1980-1995).

Lingua e letteratura

direttore: Carlo Bodirettore resp.: Sergio Pautassocomitato di redazione: Onofrio Carruba, Giordano DeBiasio, Milli Martinelli, Gabriele Morelli, PatriziaNerozzi, Sergio Pautasso, Giovanni Scimonelloperiodicità: semestraleeditore: I.U.L.M. - Istituto Universitario di Lingue Mo-derne - Facoltà di Lingue e Letterature Straniere, Mila-no - Feltresede della redazione: c/o I.U.L.M. - Via Filippo daLiscate, 3 - 20143 Milano - tel. 02/582181 int. 216

a. XI, n. 22-23, primavera-autunno 1994CARLO BO, Claudel di fronte a Dante • GIORGIO BARBERISQUAROTTI, Satira e burla: la poesia di Fusinato •PATRIZIA NEROZZI BELLMAN, Angelica via mundi •MARIO DAL MOLIN, Tecniche del racconto nel Novelli-no • MARA LOGALDO, Il metaromanzo in David Lodge• PAOLO PUPPA, Gli atti unici pirandelliani • SIMONETTASANNA, “Isole di disordine”: Medea in Heiner Müller• MICHAELA BÖHMING, Lo stile “moderno” e il simbo-lismo nel teatro della “Berlino russa” degli anni ’20 •MANFRED DURZAK, Es ghet - Wieder einmal - um denRealismus, Zu einer aktuellen deutschen Literatur-Debatte • RODOLFO ZUCCO, Qualcosa era successo: suuna possibile fonte pascoliana per Buzzati • MARCOFORTI, Giudici “vecchio” e “nuovo” • ELDA GARETTO,Dall’archivio di A.V. Amfiteatrov: cenni biografici emateriali sull’emigrazione russa.

a. XI, n. 24-25, primavera-autunno 1995PATRIZIA NEROZZI BELLMAN, Poetica del Settecento.Insegnamenti per un’autocoscienza dell’immaginariocontemporaneo • CARLO BO, Manzoni e la sua “patriafrancese” • MARILLA BATTILANA, Dante e Pound.Analogie biografiche e ideologiche • ANTONIO PA-SINATO, Heinar Kipphardt e il “superamento del pas-sato” • PAOLO PUPPA, La scena di Anna Christie •

DEBORA LOVILI, La contrapposizione fra mondo cri-stiano e mondo arabo nel Principe constante di Calderonde La Barca • GABRIELLA SCHIAFFINO, L’idée russe diVladimir Solov’ev • FRANCO NOSENZO, Storia di Arletta.La figura della “fanciulla morta” nella Bufera diMontale • LEONARDO TERZO, Le liste di Miller. Proleretorica di una famiglia surreale • GIOVANNI SCI-MONELLO, Follia e letteratura. Il caso di FriederichHölderlin • FRANCO MELI, Puccini e l’esotismo: LaFanciulla del West • MARCO FORTI, Il linguaggio dellacritica d’arte: maturità di un critico • DONATELLAABBATE BADIN, The Mythical Context of Edna O’Brien’sShort Stories • GUIDO ANDREA PAUTASSO, Berto Ricci,il Trotzskij del fascismo • SILVIA ZANGRANDI, L’ultimaalba di Billy Budd nella traduzione di Montale.

L’ozioalmanacco di lettere e arti

direttore editoriale: Antonio Facchindirettore resp.: Alessandro Russellocomitato di direzione: Franca Bacchiega, LuiginaBortolatto, Manlio Brusatin, Arnaldo Ederle, MaurizioFantoni Minnella, Paolo Lagazzi, Enzo Mandruzzato,Roberto Pazzi, Plinio Perilli, Elena Pontiggia, IvoPrandin, Ottorino Stefani, Silvio Ramat, GabriellaSobrino, Paolo Ruffilli, Marida Tancredicomitato di redazione: Guglielmina Bernardi, LuciaDenarosi, Daniela Montanucci, Raffaele Piazza,Michelangelo Tomarchioperiodicità: semestraleeditore: Nuove Edizioni Amadeus, Cittadella (PD)sede della redazione: via Roverate, 19 - 35013 Cittadella(PD) - tel.049/9445601

n. 0, gennaio-aprile 1986Poesia: ATTILIO BERTOLUCCI, da La camera da letto 2• GHIANNIS RITSOS, Emiciclo (trad. di Nicola Crocetti)• GIACINTO SPAGNOLETTI, L’amore da vecchi • PERCYBYSSHE SHELLEY, I due spiriti: una allegoria (trad. diGiuseppe Conte) • GIANCARLO PAVANELLO, Grisou •MILO DE ANGELIS, Prima ancora • NADIA CAMPANA, Ildeserto • MARIO BENEDETTI, Andanti • Prosa: RAF-FAELLO CANTERI, In una verde terra con la ragazza dipaglia • Theoria: MARICA LAROCCHI, Voyelles, je diraiquelque jour vos naissances latentes: appunti per unapoetica dell’origine • SEBASTIANO ADDAMO, Breviparagrafi per Livio Garzanti • PAOLO VANELLI, Manzonie il teodramma • DIANA CRISTADORO PARRA, Rispon-denze poetiche in Vincenzo Cardarelli.

a. I, n. 1, maggio-agosto 1986ANGELO MARIA RIPELLINO, Di me, delle mie sinfoniette(con un ricordo di Giacinto Spagnoletti e uno scrittoinedito dell’autore) • THOMAS E. HULME, Quattro poe-sie (trad. di Giancarlo Pavanello) • LUCREZIO, Le illu-sioni della vista. De rerum natura, IV, 387-431 (trad. diAldo Piccoli) • HEINRICH HEINE, Il naufrago (trad. diSossio Giammetta) • MARIO BAUDINO, Nel nome d’Ales-sandria • ANDREW MARVELL, Due poesie d’amore(trad. di Angiola Sacripante) • MIMNERMO, Poesie(trad. di Giulio Galletto) • ANNA MARIA ORTESE, Lamisera casa • NINO MAJELLARO, Il tribunale dei furfanti• ERIKA NARDON, Alcune osservazioni sulla letteraturacontemporanea di lingua tedesca in Alto Adige • PAOLOVANELLI, La poesia di Lucio Piccolo • GIOVANNIMANSOLDO, Gli occhi azzurri di Saba.

a. I, n. 2, settembre-dicembre 1986JOHANN WOLFGANG GOETHE, Massime e riflessioni(trad. di Sossio Giammetta) • OMERO, Odissea (libroVI). L’arrivo di Ulisse tra i Feaci (trad. di GiovannaBemporad) • MARIO LUZI, Può questo accadere • JOSÉEMILIO PACHECO, Poesie (trad. di Cesare Greppi) •MARIA LUISA SPAZIANI, Il dopo • JOHN ASHBERY, L’al-tra tradizione (versione di Edoardo Albinati) • EDOARDOALBINATI, Alla memoria di John Ashbery • ROBERTOPAZZI, L’amore fiore • ERNESTO TRECCANI, Tre poesie• ARNALDO EDERLE, Paraphernalia • MARCO CERIANI,

Séver • PAOLO BIANCHI, La mosca • GIOVANNIRUGGIERO, L’appuntamento • MICHELE BOTTALICO,Tradurre Middlemarch di George Eliot.

a. II, n. 3, gennaio-aprile 1987VITEZLAV NEZVAL, Edison (trad. di Alberto di Paola) •SANDRO PENNA, Brani del diario scelti e trascritti daElio Pecora • BARTOLO CARRAFI, Ipotenusa (a cura diGiuliano Donati, con una testimonianza di LuigiMormino) • GEORGE BYRON, Tenebra (trad. di Marghe-rita Guidacci) • ROBERTO SANESI, Il ritorno di Alterego• FILIPPO DE PISIS, da Il romanzo di Assisi (a cura diSandro Zanotto) • IVAR IVASK, Lezione di neve a altrepoesie (trad. di Margherita Guidacci) • FRANCESCOTENTORI, Quattro dediche • FRANCO BUFFONI, VersoTrieste • ENZO MANDRUZZATO, La colpa originaria •SANDRO ZANOTTO, Sidarma lungo l’argine sinistro •ANDREA MOLESINI, Sandro Penna: l’indifferenza inna-morata ovvero lo stile del riferimento taciuto • PAOLOVANELLI, Leopardi ovvero il piacere impossibile •MAURIZIO VIVIAN, La scrittura del padre (sull’ultimoBigongiari) • GIOVANNI MANSOLDO, “Giorni d’azzur-ro vivo e di tegole rosse” nella poesia di Carlo Betocchi.

a. II, n. 4, maggio-agosto 1987VINCENZO CARDARELLI, Due lettere inedite a GiuseppeRaimondi (a cura di Clelia Martignoni) • GIORGIOSAVIANE, La curva di Malvolta • JEAN GENET, Il segretodi Rembrandt (trad. di Giancarlo Pavanello) • GIACIN-TO SPAGNOLETTI, Napoli, la sua poesia nel tempo •ROBERT LOWELL, Per parlare dello strazio che c’è nelmatrimonio (trad. di Andrea Molesini) • GREGORIOSCALISE, Il Genio della memoria • KENNET FEARING,Portrait (trad. di Marilla Battilana) • GIANCARLOPAVANELLO, Il filobus • REMO PAGNANELLI, Da Rac-colte sparse • ARNALDO EDERLE, Fervida brace (per G.Piccoli) • SOSSIO GIAMMETTA, Il mistero di Moravia.

a. II, n. 5, settembre-dicembre 1987EUGENIO MONTALE, Lettera inedita a Silvio Ramat •GIUSEPPE PREZZOLINI, Traduzioni da Novalis. Fram-menti (dai discepoli di Sais) • EZRA POUND, Una canzo-ne per l’impero (trad. di Andrea Molesini) • GINALAGORIO, Candomblè • WILLIAM BUTLER YEATS, Da Icigni selvatici a Cool (trad. di Ariodante Marianni) •ANTOLOGIA PALATINA, dal libro VII, Lutti, lapidi elamenti (trad. di Vincenzo Guarracino • LUCA GHISELLI,Sei poesie (con una nota di Alesandro Parronchi) •GENO PAMPALONI, Il sogno • ROBERTO MUSSAPI, Trefiori • NINO DE VITA, Quattro poesie • FRANCA MINUZZOBACCHIEGA, Poesia dall’estremo ovest • LUCIANOALLAMPRESE, Perchè non dimenticare Carmen (conuna nota di Laura Lepri).

a. III, n. 6, gennaio-settembre 1988FRANCO FORTINI, Sei autori su carta sensibile • KA-THERINE MANSFIELD, Nella luce del fuoco (trad. diGabriella Sobrino) • VITEZSLAV NEZVAL, Il becchinoassoluto (trad. di Alberto di Paola) • HELLE BUSACCA,Muro di rose • PAOLO LAGAZZI, Verso il romanzo •NINO MAJELLARO, Il tracciato esistenziale nella poesiadi Vittorio Sereni • GIANCARLO PAVANELLO, Appuntisula nuova poesia francese • GIULIANA GREGORIO,Fine dell’inverno • PLINIO PERILLI, L’angelo • EGIDIAD’ERRICO, Il sonno capovolto • INSEL MARTY, L’ultimalezione • MAURIZIO FANTONI MINNELLA, Canto dell’in-nocenza • MARILLA BATTILANA, Punti di vista • SILVIOBORDONI, Una storia senza senso • DAVIDE BARILLI, Iltenore.

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a. IV, n. 7, 1989JÖE BOUSQUET, Un amour coulleur de thé (trad. di AldaLombardo) • FRIEDRICH NIETZSCHE, Lettere inedite euna poesia (trad. di Maria Ludovica Pampaloni) • Duepoeti arabi del IX secolo (trad. di Viola Cardenas) •ALFONSO CORTES, da 30 Poemas de Alfonso (a cura diMaurizio Fantoni Minnella, trad. di Enza Minnella,pref. di Ernesto Cardenal) • ROBERTO PAZZI, Tre poesie• MARIANNA BUCCHICH, Il valzer di compleanno • JOSÉGOROSTIZA, Preludio (trad. di Insel Marty) • VALENTINOZEICHEN, Compleanno • MARIE FRANCOISE PRAGER, Lamateria è il silenzio (nota e intervista a cura di LuciaDenarosi, trad. di Marco Nardi e Insel Marty) • ARNALDOEDERLE, Paradiso • FRANCO ARMINIO, La donna diArminio (?) • MARIADELE BARBIERI, Stelle di S. Loren-zo • BIANCA GARAVELLI, Occhi invisibili • GIANNIGARRERA, Furioso ritratto.

a. V, n. 8, gennaio-giugno 1990ARTHUR RIMBAUD, “Tu vates Eris” (Versi latini) (trad.di Vincenzo Guarracino) • ANONIMO CASTIGLIANO DELXV SECOLO, Danza macabra (trad. di Enza Minnella,pref. di Victor Infantes) • SYLVIA PLATH, da Attraver-sando l’acqua (trad. di Antonietta Consonni) • JOSEFKOSTOHRYZ, Tumuli (trad. di Alberto di Paola e KaterinaZoufalovà) • NELO RISI, Corno d’Africa • THÉOPHILEGAUTIER, Dalla Vita di Honoré de Balzac (a cura diAntonio Facchin, trad. di Antonio Crimi) • GABRIELMIRO, Del vivere (a cura di Maurizio Fantoni Minella)• RUSSEL EDSON, Racconti (a cura di Carla Pannoni) •ANDRÉ PIEYRE DE MANDIARGUES, Specchio spento (trad.di Bona de Pisis) • JEAN PAULHAN, Lunga e breve nottedi maggio (trad. di Adriano Marchetti) • MARIA CLELIACARDONA, La terza ipotesi • INSEL MARTY, da Lasottodominante • GIUSEPPE GARRERA, Durante la Pa-squa • PAOLO LAGAZZI, L’arabesco e il vuoto. Filigiapponesi nella poesia italiana contemporanea.

a. IX, n. 10, marzo-giugno 1994INSEL MARTY, Occhio pietra ombra. L’Ungrund dellaparola in Paul Celan • GIOVANNI PAPINI, Da operaprima (a cura di Antonio Facchin) • AMEDEOMODIGLIANI, Mezzanotte dell’anima (tre poesie) (conuna nota di Plinio Perilli) • JOHN DOWLAND, Poesie (acura di Maurizio Fantoni Minnella) • GUNNAR EKELÖF,Don Giovanni in Purgatorio (a cura di Maria CristinaLombardi) • GIACINTO SPAGNOLETTI, La leggenda diArtaud • GUILLEVIC, Il gabbiano (nota e trad. di Gio-vanni Cammelli e François-Michel Durazzo) • ROBER-TO PAZZI, La camera della mente • PLINIO PERILLI,Autoritratto del sogno • ANTONIO FACCHIN, In memoriadi Luigi Tito • ELIO FIORE, Cinque poesie • STEFANOLECCHINI, Bertolucci dal carcere al Plen-air • DAVIDEBRACAGLIA, Su Mario Luzi • ADRIANO MARCHETTI,Paulhan scrittore grammatico • CETTO ADDAMO, Poe-sie • GIUSEPPE TITO, Composizioni.

a. IX, n. 11, luglio-ottobre 1994NEZAHUALCOYOTL, Poesie scelte (trad. e nota in-troduttiva di Pietro Pizzari) • SOR JUANA INÉS DE LACRUZ, Il trionfo del sole da “El Sueño”, vv. 887-976(versione e nota introduttiva di Insel Marty) • CRISTINAWAGNER, Poesie scelte (trad. di Irmela HeinbacherEvangelisti) • NUALA NI DHOMHNAILL, Poesie scelte(trad. e nota di Catherine O’Brien) • IVES BONNEFOY,Poesie scelte (trad. di Maria F. Pasotti) • HELENEDORION, Un visage appuyé contre le monde (1950)(trad. e note di Giovanni Cammelli e François-MichelDurazzo) • EDITH SÖDERGRAN, Poesie scelte (1916)(trad. di Lioba Kirfel) • GIUSI VERBARO, Esercizi di dis-amore • GIAN PIERO REZOAGLI, Stanze del minotauro •MARC LE BOT, La parte del contrabbaso nel trio d’archi(versione di Silvia Alessandri) • KENNETH REXROTH, Iltempo è la pietà dell’eterno (trad. di Francesco D’Ales-sandro) • JOSÉ MARIA ALVAREZ, Museo de cera (trad. diFrancesco D’Alessandro) • FRANCISCO CHICA, Passeg-gero (Poesie romane) (trad. di Francesco D’Alessan-dro) • PEDRO BOSCH GIRAL, Ciccioli (trad. dallo spa-gnolo di Ursel Nahrendorf Porro) • JOSÉ MARTINEZQUEIROLO, Storia del bambino che voleva diventarenero (trad. di Roberto Bugliani) • TITI FOLLIERI, La

visita • ANTONIO SPAGNUOLO, Il cofanetto • LEONARDOCASTELLANI, Interno di menta • GIACOMO SCARPELLI,La lanterna di Giordano Bruno • RINO ROCCO RUSSO,Influsso della cultura orientale nel “dolce stil nuovo”e in Dante • FRANCO GALASSI, Pound ed Hemingway.

a. X, n. 12, gennio-giugno 1995Spigolature della poesia araba classica orientale (trad.di Viola Cardenas e Viorica Cortez) • JAMES JOYCE, DaChamber music (Musica da camera) e da PoemesPenyeach (Poesie da un soldo), trad. di GabriellaSobrino • SEBASTIANO ADDAMO, Introduzione allapoesia italiana • OCTAVIAN PALER, Prima solitudine.Lettera al signor Rilke (trad. di Tatiana Covor) • SILVIORAMAT, Omero e altri inediti • GIUSEPPE D’ALESSAN-DRO, Otto poesie • VLADIMIR ZVEIBACH, Grido • MARIAGRAZIA LENISA, Quattro poesie • LEO ROMERO, Unpoeta a Santa Fe (a cura di Franca Bacchiega) • GILDAMUSA, Rendiconto di fine anno • OTTORINO STEFANI,Trittico montelliano e altre poesie • MARILLABATTILANA, Cinque poesie • NINO DE VITA, I ru’minzùdda (I due gemelli) • ANTONIO CORSARO, Rifles-sioni sul kitsch • INSEL MARTY, Corpo e ombra o ildoppio poetico • I poeti e la guerra (poesie di: AlfioFiorentino, Donata Passanisi, Vincenzo Ananìa, MariaDuarte) • ANTONIO SPAGNUOLO, Inedito • LAURACANCIANI, Il profondo • CRISTANZIANO SERRICCHIO,Via Campanile • RAFFAELE PIAZZA, Lettera di primave-ra (cinque poesie) • MARIA F. PASOTTI, Lussi • VITTORIOBENINI, The hawk in the rain di Ted Hughes • MARCELLACORSI, Fiori di zucca • CLAUDIO CAMICI, Sirio e il circo• NICOLA BULTRINI, Memoria della partenza • LAURALEONI, La volpe • ANTONIO DI MAURO, Nell’“inferno”della parola. Rileggendo Rimbaud.

Medioevorivista di storia della filosofia medievale

direttore resp.: Antonio Tognolocomitato direttivo: Franco Alessio, † Mario Dal Pra,Eugenio Garin, † Carlo Giacon, Tullio Gregory, AlfonsoMaierù, Mario Mignucci, † Giorgio Radetti, GiovanniSantinello, Antonio Tognolo, Cesare Vasoliredazione: Francesco Bottin, Gregorio Piaia, IlarioTolomioperiodicità: annualeeditore: Antenore, Padovasede della redazione: c/o Centro per Ricerche di Filo-sofia Medioevale - Università degli Studi di Padova -Piazza Capitaniato, 3 - 35139 Padova - tel. 049/662550

XVIII (1992)Tommaso d’Aquino. Proposte nuove di lettura (a curadi Ilario Tolomio) - Ad Antonio Tognolo.ROBERTO BUSA, Ermeneutica e traduzione: prospettivedi un lessico tomistico “biculturale” • ENZO PORTALUPI,Il lessico della sincerità in Tommaso d’Aquino: studiopreliminare • JAN A. AERTSEN, The Platonic Tendencyof Thomism and the Foundations of Aquina’s Philosophy• LEON ELDERS, El método en la ética segùn SantoTomas de Aquino • GILBERT DAHAN, Saint Thomasd’Aquin et la Métaphore. Rhétorique et herméneutique• WAYNE J. HANKEY, “Dionysius dixit, Lex divinitatisest ultima per media reducere”: Aquinas, Hierocracyand the “augustinisme politique” • MARK D. JORDAN,De Regno and the Place of Political thinking in ThomasAquinas • BARBARA FAES DE MOTONI, Tommaso

d’Aquino e la conoscenza mattutina e vespertina degliangeli • LUDWIG HODL, Die Göttliche Wahrheit imVerständnis des Thomas von Aquin, des Heinrich vonGent und des Aegidius Romanus • PASQUALE PORRO,“Possibile ex se, necessarium ab alio”: Tommasod’Aquino e Enrico di Gand • CONCETTA LUNA, Lateologia della grazia: Egidio Romano contro Tommasod’Aquino nella lettura sul libro II delle Sentenze •MAARTEN J.F.M. HOENEN, The Thomistic Principle ofIndividuation in 15th Century Thomistic and AlbertistSources • GREGORIO PIAIA, San Tommaso filosofo“italico” e “geometrico”. Un episodio della modernafortuna dell’Aquinate • ANGELO CAMPODONICO, Lafilosofia di Tommaso d’Aquino nell’interpretazione diH.U. von Balthasar • In memoria di Mario dal Pra(Giovanni Santinello).

XIX (1993)GUIDO D’ONOFRIO, La concordia di Agostino e Dionigi.Per un’ermeneutica del dissenso tra le fonti patristichenel “Periphyseon” di Giovanni Scoto Eurigena • GIU-SEPPE SERRA, Due studi arabo-latini. I: Note in marginea “anniyya-anitas”. II: Gerardo da Cremona tradutto-re del Flos Alfarabii” • RICCARDO QUINTO, “Scho-lastica”. Contributo alla storia di un concetto. II. SecoliXIII-XVI • ROBERTO PLEVANO, Richard Rufus of Cornwalland Geofrey of Aspall. Two Questions on the Instant ofChange • PAUL VINCENT SPADE, Opposing and Re-sponding: a New Look at “positio” • WILFRIED KÜHN,Le fondement du pouvoir politique d’après Marsilie dePadoue et ses contemporains • MARCO ROSSINI,“Scientia dei conditionata”: Francesco di Meyronnese i futuri contingenti.

XX (1994)KURT FLASCH, Wie schreibt man Geschichte dermittelalterlichen Philosophie? Zur Debatte zwischenClaude Panaccio und Alain de Libera uber denPhilosophischen Wert der philosophiehistorischenForschung • MARIA LUISA PICASCIA, Ugo di S. Vittoree la teologia dei doni • ANDREAS SPEER, “Lux est primaforma corporalis”. Lichtphysik oder Lichtmetaphysikbei Robert Grosseteste? • SILVIA NAGEL, Scienze derebus e discipline de vocibus nella tradizione delleclassificazioni del sapere (secoli VII-XIII) • RAYMONDMACKEN, The Superiority of Active Life to ContemplativeLife in Henry of Ghent’s Theology • ZDISLAW KUK-SEWICZ, Le problème de l’averroïsme de Gillesd’Orléans encore une fois • JOKE SPRUYT, Buridan onthe Existence of Intelligible Species • MARKUS L. FÜHRER,The Consolation of Contemplation in Cusanus’ Devisione Dei • WOUTER GORIS, Prout iudicaverit expedire.Zur Interpretation des Zweiten Prologs zum Opusexpositionum Meister Eckharts • GIUSEPPE SERRA, Illessico delle traduzioni filosofiche di Gerardo daCemona.

Quaderni di lingue e letterature

rivista della Facoltà di Lingue e letterature stranieredella’Università degli Studi di Veronacomitato di redazione: Andrea Cozza, Bianca CettiMarinoni, Franco Piva, Giulia Poggi, Emanuele Scar-pa, Cristina Stevanoniperiodicità: annualeeditore: Università degli Studi di Veronasede della redazione: Università degli Studi di Verona- Istituto di Lingue straniere - vicolo Dietro S. France-sco - 37129 Verona - tel. 045/8098541

n. 19, 1994P. SPINUCCI, Lezione magistrale del prof. Pietro Spinuccitenuta a Verona il 13 aprile 1994 • M. AGORNI, Latraduzione inglese del Newtonianismo per la Dame diFrancesco Algarotti e la nascita del lettore moderno •D. BARBIERI, L’estetica di Bodmer tra Gottsched e lo“Sturm und Drang” • M. BERNARDI, Apories dunaturalisme • R. BERTAZZOLI, Antonio Ranieri tra So-dalizio e Ginevra • V. BERTOLINI, Sbarco dei saraceni

Page 63: Notiziario Bibliografico · (Maria Pia Codato) 12 ... Basilica dei Santi Giovanni e Paolo. Arte e devozione, ... e l’organizzazione della cultura a Treviso tra Ottocento e Novecento

Molière • GILBERTO PIZZAMIGLIO, “Una delle ultimesere di carnovale” tra Venezia e Parigi • ANNASCANNAPIECO, “Io non soglio scrivere per le stam-pe...”: genesi e prima configurazione della prassieditoriale goldoniana • Il Convegno del bicentenariogoldoniano. Pubblicazioni.

n. 21, giugno 1995NOEMI MESSORA, Gli anni universitari di Nicolò Secchiuomo di diplomazia e di teatro (1530-1537) • SERENELLABAGGIO - GLAUCO SANGA - ATTILIO BARTOLI LANGELI,Novità sull’“Indovinello veronese”, 1: Se pareba (S.BAGGIO) - 2: Alla ricerca del bue (G. SANGA) - 3: Lamano e il libro (A. BARTOLI LANGELI) • VALERIOVIANELLO, Il “liber” di Foscolo: l’edizione pisanadelle “Poesie” • MICHELE BORDIN, Andrea Zanzotto:poesia della crisi, ricerca dell’assoluto • ELVIOGUAGNINI, Ambiguità del presente e percorsi dellaciviltà europea: l’Istria di Nelida Milani • GIORGIOPADOAN, I “veri” calmiani: vetri o vivai di granchi? •ANNA LAURA BELLINA, Antichi e moderni a Venezia nel1640: “Il ritorno d’Ulisse in patria”.

n. 22, dicembre 1995CRISTINA MICHIELIN, Il processo a Comin da Trino aAndrea Calmo. Implicazioni e conseguenze di unasentenza su un testo ancora in tipografia. Appendice:documenti processuali • ANDREA BOMBI, “Unasatisfation de mezo saor”. La “Musica sopra le Rimebizzarre di Messer Andrea Cadmo” • CRISTINA DONÀ,“Giovanni di Berna” e i giornalisti veneziani a metàSettecento • MONICA GIACHINO, Rovani, Venezia, ilprogetto di un romanzo e i “Cento anni” • LUCIANABORSETTO, Dire la complessità in dialetto. In marginealla comunicazione poetica dell’ultimo Ruffato • GIANPAOLO MARCHI, Due Schede veronesi per Ezra Pound.

Studi novecenteschirivista di storia della letteratura italiana

contemporanea

direttore: Cesare De Micheliscondirettori: Armando Balduino, Saveria Chemotti,Anco Marzio Mutterleperiodicità: semestraleeditore: Giardini, Agnano Pisano (PI)sede della redazione: c/o Istituto di Filologia e Lettera-tura italiana - Università degli studi di Padova - viaBeato Pellegrino, 1 - 35137 Padova

a. XX, n. 45-46, giugno-dicembre 1993ALESSANDRO CARRERA, La nascita del creatore. Un’in-terpretazione dell’opera narrativa di Franco Ferrucci• BEATRICE BARTOLOMEO, Giudici e Campanella. Let-tura di “Ha poco tempo, lo so, Monsignore” •GIANCARLO BOCCOTTI, La “Chimera” di Campana e la“Vergine delle rocce” di Leonardo • SERGIO BOZZOLA,Narratività e intertesto nella poesia di Caproni • AN-DREA CORTELLESSA, I capitoli postumi della “Mecca-nica” di Carlo Emilio Gadda. Due tracce avantestuali• CRISTINA DELLA COLETTA, Il teatro della storia e ilmondo del romanzo: Melodramma di P.M. Pasinetti •LAURA PISANELLO, La “collaborazione” Montale-Furst• LUISA ZILLE COZZI, Metamorfosi della negazione edella morte nella poesia di Andrea Zanzotto • RODOLFOZUCO, Fonti metriche della traduzione nella poesia diGiovanni Giudici • B. BARTOLOMEO (a cura di), Rasse-gna bibliografica 1992 ( con integrazioni per le annateprecedenti).

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in Calabria. Vicende e morte di Galizella • Y. BEZRUCKA,Assenza, violenza, proliferazione dei sensi in Betweenthe Acts di Virgina Woolf • M.T. BINDELLA, Crossingboundaries in David Malouf’s Antipodes • A. CARLI,Fra scelta linguistica e commutazione di codice. Ilcomportamento comunicatico di ladinofoni e plurilingui• M.A. CIPOLLA, “Poeta” e “Poesia” nel lessico dellelingue germaniche antiche. Il gotico • H. COULET, UneRomancière moderne: Isabelle de Charrière. L’exempledes premiers romans • S. GENETTI, Molto dopo Chamfort,Beckett • M. MELI, Un profilo vedico: Matarisvan • F.PIVA, Catherine Bernard co-autrice del CommerceGalant? • E. SCARPA, Due dimenticati sonetti cin-quecenteschi sul significato dei colori • I. SCHIF-FERMÜLLER, Kunst und Wahnsinn in Adalbert StifersTurmalin. Zur figurativen Praxis der Erzählung • P.TESTINI, “Pars destruens” e “Pars construens”. L’evo-luzione del linguaggio drammatico di Peter Handke •A. ZANONER, Funzione cavalleresca del Conte del Graaldi Chrétien de Troyes e nel Parzival di Wolfram vonEschenbach • M. CASSA, Osservazioni su Bartleby • A.NUZZO, In margine a Le miroir ebloui • A. RIGHETTI, Sulmare non si costruiscono castelli • H. VOGEL, Corso diperfezionamento in interpretariato: resoconto diun’esperienza didattica.

n. 20, 1995M.C. BARBETTA, Scissione e ragione: il bisogno difilosofia. Elementi biografici nell’itinerario filosoficodi Hegel tra Francoforte e Jena • L. BASALISCO, Letturadel Del amor y otros demonios, ultimo romanzo diGabriel García Márquez • L. BENAZZI, Stato etico estato estetico nelle Lettere sull’educazione esteticadell’uomo di F. Schiller • V. BERTOLINI, Prime impresegiovanili di Rambaldo (cc. 11r - 21r) • A. CARLI, Il casodel “Kolonial Deutsch” fra lingua interetnica e xenoletto• R. DI GIUSEPPE, Imperialism as Entertainment:Coppola’s Adaptation of Heart of Darkness • P. KOFLER,Quelle piume, bianche e nere... Differenz stattÄquivalenz: ein Neunsatz in der Didaktik desliterarischen Übersetzens • C. GAGLIARDI, Dal “Co-herence approach” al “Revelance approach” nell’ana-lisi del discorso • F. GAMBIN, La traduzione comeservizio. in margine alla prima edizione italiana delCriticón • G.P. MARCHI, I Colloquii con Giovanni Vergadi Eugenio Zaniboni • S. NORI, Du conte au roman,entre libertinage et sensibilité: Florocourt, histoirefrançoise de Claude-Joseph Dorat.

Quaderni Veneti

edito sotto gli auspici del Centro Interuniversitario diStudi Veneti di Veneziadirettore: Giorgio Padoanperiodicità: semestraleeditore: Longo, Ravennasede della redazione: c/o Longo - via Paolo Costa, 33- 48100 Ravenna - tel. 0544/217554

n. 19, giugno 1994MELCHIORRE CESAROTTI, Osservazioni su “Arminio” e“Annibale in Capua”, tragedie di I. Pindemonte (a curae con introduzione di Paola Ranzini) • PAMELA D.STEWART, Eroine della dissimulazione. Il teatro diLuisa Bergalli • VALERIO VIANELLO, Memoria, sentire,immaginazione: i tempi della scrittura nei sonettifoscoliani • CHRISTIAN BEC, Italie-Italies: essai detypo-topologie des récits de voyage français au XIXsiècle • GIORGIO PADOAN, L’avventura brasiliana diCaramuru nella narrazione salgariana • PATRIZIAZAMBON, Le volpi sotto le stelle: i primi racconti dimontagna di Mario Rigoni Stern • REMO BRACCHI, Le“radici” verso l’alto • Il Convegno del Bicentenariogoldoniano. Pubblicazioni.

n. 20, dicembre 1994Per il Bicentanario goldoniano.ANNA SCANNAPIECO, Alla ricerca del Goldoni perduto:“Osmano re di Tunisi” • GIORGIO PADOAN, L’erede di

a. XXI, n. 47-48, giugno-dicembre 1994Vent’anni dopo La storia • CESARE DE MICHELIS, Pre-messa • GABRIELLA CONTINI, Useppe • BRUNA CORDATI,Aracoeli l’innocenza punita • CONCETTA D’ANGELI, Ilparadiso nella storia • ANNA MARIA DI PASCALE, Senzai conforti di alcuna religione • ELENA FUMI, La Storianegli occhi • MASSIMO FUSILLO, “Credo nelle chiaccheredei barbari”. Il tema della barbarie in Elsa Morante ein Pier Paolo Pasolini • CESARE GARBOLI, Le fintelettere di Anna • GIACOMO MAGRINI, Gli specialistioriginari • PIER VINCENZO MENGALDO, Spunti perun’analisi linguistica dei romanzi di Elsa Morante •GIUSEPPE NAVA, Il ‘Gioco segreto’ di Elsa Morante: imodi del racconto • GUIDO PADUANO, La svolta nellaproduzione di Elsa Morante. Domande e ipotesi dilavoro (e una verifica su Aracoeli) • ENRICO PALANDRI,Alcune notazioni in margine a pro o contro la bombaatomica • GIOVANNA ROSA, Contro i gerghi dell’irrealtà• GABRIELLA SICA, Elsa Morante, grande madre delNovecento • WALTER SITI, Elsa Morante nell’opera diPier Paolo Pasolini • ADRIANO SOFRI, Stanno ammaz-zando Useppe a Sarajevo • MARISA VOLPI, I mieiSahara futuri.

Studi Petrarcheschi

rivista promossa dall’Accademia Petrarca di LettereArti e Scienze di Arezzodirettore resp.: Giovanni Bertia cura di: Gino Belloni, Giuseppe Billanovich, Giusep-pe Frasso, Giuseppe Vellisegretari di redazione: Saverio Bellomo, Carla MariaMontiperiodicità: annualeeditore: Antenore, Padovasede della redazione: c/o Antenore - via Rusca, 15 -35124 Padova - tel. 049/686566

n.s., n. VII (1990)E. FUMAGALLI - T. PESENTI - P. SAMBIN, Tra gli eredi delPetrarca: I. P. SAMBIN, Libri del Petrarca pervenuti aiSantasofia di Padova - II. E. FUMAGALLI, La biblioteca“bolognese” di Daniele Santasofia - III. T. PESENTI, Le“Articelle” di Daniele di Marsilio Santasofia (†1410),professore di medicina • E. FUMAGALLI, Appunti sullabiblioteca dei Visconti e degli Sforza nel castello diPavia • GUIDO BILLANOVICH, La biblioteca viscontea ei preumanisti padovani. Seneca tragico, Ausonio, ps.Quintiliano • GIUSEPPE BILLANOVICH, Quattro libri delPetrarca e la biblioteca della cattedrale di Verona •GIUSEPPE BILLANOVICH, Nella tradizione dei “Com-mentarii” di Cesare. Roma, Petrarca, i Visconti • A.BRUMANA, Pietro Paolo Capelli. Prime ricerche • S.CERRINI, Libri e vicende di una famiglia di castellani aPavia nella seconda metà del Quattrocento • S. CERRINI,Un copista nel castello sforzesco di Pavia: Bernardodal Pra da Parma.

n.s., n. VIII (1991)M.G. ALBERTINI OTTOLENGHI, La biblioteca dei Vi-sconti e degli Sforza: gli inventari del 1488 e del 1490• S. CERRINI, Libri dei Visconti-Sforza. Schede per unanuova edizione degli inventari.

n.s., n. IX (1992)VIRGINIA BROWN, “Ad maronis mausoleum”: someliturgical Considerations • RAFFAELLA PELOSINI, Gui-do Cavalcanti nei “Rerum vulgarium fragmenta” •MARCO BAGLIO, Presenze dantesche nel Petrarca lati-no • MARIA GRAZIA CRISCIONE, Una redazione ignotadel commento di Lodovico Castelvetro ai primi quattrosonetti dei “Rerum vulgarium fragmenta” • LUCIAGUALDO ROSA, Un nuovo testimone della “Posteritati”ed altri nuovi codici petrarcheschi • DAVID ANDRESON,Another english copy of the “Secretum”.

Page 64: Notiziario Bibliografico · (Maria Pia Codato) 12 ... Basilica dei Santi Giovanni e Paolo. Arte e devozione, ... e l’organizzazione della cultura a Treviso tra Ottocento e Novecento

periodicità: quadrimestrale

direzione e redazioneGiunta regionale del Veneto - Dipartimento per l’Informazione

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