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11 Note di aggiornamento IL BEN-ESSERE SPIRITUALE DELL’IdR Si è svolto a Villa S. Carlo, l’11 e 12 febbraio u.s., il corso monografico su “Il ben-essere del docente e dell’IdR”, che ha visto la presenza di circa 90 insegnan (tra IdR e di altra disciplina). La valutazione complessiva dei presen è stata molto soddisfacente (sia per i relatori che per le modalità di lavoro), al punto che è nata la richiesta di prose- guire sul tema anche l’anno prossimo. Ora sono almeno due le temache correlate al ben-essere: la relazione/relazionalità e l’alimentazione con lo sle di vita (“Noi siamo ciò che mangiamo”), da affrontare mediante una pluralità di approcci. Si vedrà come venire incon- tro a questo desiderio! Per condividere qualcosa del corso, si pensa di fare cosa gradita pubblicando il testo dell’intervento di mons. Gian- luigi Pigato sul ben-essere spirituale e la maturazione crisana dell’IdR. Altro materiale si potrà leggere e scaricare dal nostro sito web, nella parte riservata. CONTRIBUTO ALLA FORMAZIONE PER IL “BEN-ESSERE” SPIRITUALE PER UN DOCENTE CREDENTE LA VIA DELLA “VIRTU’” PER UN UOMO FELICE SALUTO: Tra le scienze la teologia è la più bella, la sola che tocchi la mente e il cuore arricchendoli, che tanto si avvicini alla realtà uma- na e ge/ lo sguardo luminoso sulla verità … Ma anche la più difficile ed esposta a rischi, in essa è più facile cadere nella dispera- zione o, peggio, nell’arroganza; più di ogni altra può diventare la caricatura di se stessa” (Karl Barth). “Sulla falsa teologia ricade la responsabilità morale della disperazione nichilisca” (V. Mancuso). Io sono un padre spirituale. Posso solo parlare a parre dalla mia esperienza, conoscendo adul che entrano in crisi con se stes- si, con il mondo e con Dio. E’ opportuno tener presen fin dall’inizio, le “tre origini del peccato” (quasi “tre pecca originali”). Si traa di tre icone paradigmache, tre immagini, modelli, esempi – potremmo dire anche “tre parabole” -, con cui la Bibbia ci racconta come il peccato entra nel mondo di Dio, distruggendo o il senso di Dio, o il senso dell’altro, con cui io devo diventare una cosa sola, o il nostro rapporto vero con le cose: - il peccato dell’uomo e della donna nel giardino di ‘Eden (Gen 3); - il pecca- to di Caino (Gen 4); - il peccato dei costruori della torre di Babele (Gen 11,1-9). Nel ministero dell’accompagnamento spirituale vi incontro molte persone che hanno trascurato dei bisogni importan. Nei primi anni della vita va tuo abbastanza bene, ma prima o poi ciascuno deve affrontare la propria verità, i propri bisogni di amore e di amicizia, la propria sessualità, il proprio modo di essere uomini e donne, la propria maturazione spirituale. LA LOTTA SPIRITUALE “Occorre ripetere quali siano le guerre e le lo:e che ci a:endono dopo il ba:esimo … Si tra:a forse di cercare fuori di sé una strada da intraprendere o un campo di ba:aglia? Forse le mie parole stupiranno, eppure sono vere: limita la tua ricerca a te stesso! Tu devi lo:are in te stesso, perché il tuo nemico procede dal profondo del tuo cuore. Non sono io a dirlo, ma Cristo: “Dal cuore provengono i pensieri malvagi, gli omicidi, gli adultèri, le prostuzioni, i fur, le false tesmonianze, le bestemmie” Mt 15,19” (Origene, Omelie su Giosuè, 5,2). Uno degli aspeF oggi più disaesi della vita crisana è certamente quello della lo:a spirituale, elemento fondamentale in vista dell’edificazione di una personalità umana, prima ancora che crisana, salda e matura. Il relavismo eco e l’imperante cultura et-et, che fanno sognare la possibilità di uno sle di vita esente dal rischio e dalla faca della scelta, sembrano rendere “fuori luogo” e “fuori tempo” la riflessione sulla necessità della loa interiore. Va però deo con chiarezza: non è possibile l’edificazione di una personalità umana e spirituale robusta senza la loa interiore, senza un esercizio al discernimento tra bene e male, in modo da giungere a dire dei “sì” convin e dei “no” efficaci: “sì” a quello che possiamo essere e fare in conformità a Cristo; “no” alle pulsioni egocentriche che ci alienano e contraddicono i nostri rap- por chiama ad essere contrassegna da libertà e amore. L’invadenza dell’Io Anche per un’epoca come la nostra, che non percepisce la consistenza e la drammacità del peccato non dovrebbe essere diffi- cile riconoscere le conseguenze dell’invadenza dell’Io: penso alla faca che tuF facciamo ad uscire dalle pastoie delle nostre movazioni egoische; penso alla facilità con cui ci lasciano prendere da logiche parcolarische, incapaci come siamo di guar-

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Note di aggiornamento IL BEN-ESSERE SPIRITUALE DELL’IdR

Si è svolto a Villa S. Carlo, l’11 e 12 febbraio u.s., il corso monografico su “Il ben-essere del docente e dell’IdR”, che ha visto la presenza di circa 90 insegnan� (tra IdR e di altra disciplina). La valutazione complessiva dei presen� è stata molto soddisfacente (sia per i relatori che per le modalità di lavoro), al punto che è nata la richiesta di prose-guire sul tema anche l’anno prossimo.

Ora sono almeno due le tema�che correlate al ben-essere: la relazione/relazionalità e l’alimentazione con lo s�le di vita (“Noi siamo ciò che mangiamo”), da affrontare mediante una pluralità di approcci. Si vedrà come venire incon-tro a questo desiderio!

Per condividere qualcosa del corso, si pensa di fare cosa gradita pubblicando il testo dell’intervento di mons. Gian-luigi Pigato sul ben-essere spirituale e la maturazione cris�ana dell’IdR.

Altro materiale si potrà leggere e scaricare dal nostro sito web, nella parte riservata.

CONTRIBUTO ALLA FORMAZIONE PER IL “BEN-ESSERE” SPIRITUALE

PER UN DOCENTE CREDENTE

LA VIA DELLA “VIRTU’” PER UN UOMO FELICE

SALUTO: “Tra le scienze la teologia è la più bella, la sola che tocchi la mente e il cuore arricchendoli, che tanto si avvicini alla realtà uma-

na e ge/ lo sguardo luminoso sulla verità … Ma anche la più difficile ed esposta a rischi, in essa è più facile cadere nella dispera-

zione o, peggio, nell’arroganza; più di ogni altra può diventare la caricatura di se stessa” (Karl Barth). “Sulla falsa teologia ricade la responsabilità morale della disperazione nichilis�ca” (V. Mancuso). Io sono un padre spirituale. Posso solo parlare a par�re dalla mia esperienza, conoscendo adul� che entrano in crisi con se stes-si, con il mondo e con Dio. E’ opportuno tener presen� fin dall’inizio, le “tre origini del peccato” (quasi “tre pecca� originali”). Si tra�a di tre icone paradigma�che, tre immagini, modelli, esempi – potremmo dire anche “tre parabole” -, con cui la Bibbia ci racconta come il peccato entra nel mondo di Dio, distruggendo o il senso di Dio, o il senso dell’altro, con cui io devo diventare una cosa sola, o il nostro rapporto vero con le cose: - il peccato dell’uomo e della donna nel giardino di ‘Eden (Gen 3); - il pecca-to di Caino (Gen 4); - il peccato dei costru�ori della torre di Babele (Gen 11,1-9). Nel ministero dell’accompagnamento spirituale vi incontro molte persone che hanno trascurato dei bisogni importan�. Nei primi anni della vita va tu�o abbastanza bene, ma prima o poi ciascuno deve affrontare la propria verità, i propri bisogni di amore e di amicizia, la propria sessualità, il proprio modo di essere uomini e donne, la propria maturazione spirituale. LA LOTTA SPIRITUALE “Occorre ripetere quali siano le guerre e le lo:e che ci a:endono dopo il ba:esimo … Si tra:a forse di cercare fuori di sé una

strada da intraprendere o un campo di ba:aglia? Forse le mie parole � stupiranno, eppure sono vere: limita la tua ricerca a te

stesso! Tu devi lo:are in te stesso, perché il tuo nemico procede dal profondo del tuo cuore. Non sono io a dirlo, ma Cristo: “Dal

cuore provengono i pensieri malvagi, gli omicidi, gli adultèri, le pros�tuzioni, i fur�, le false tes�monianze, le bestemmie” Mt

15,19” (Origene, Omelie su Giosuè, 5,2). Uno degli aspeF oggi più disa�esi della vita cris�ana è certamente quello della lo:a spirituale, elemento fondamentale in vista dell’edificazione di una personalità umana, prima ancora che cris�ana, salda e matura. Il rela�vismo e�co e l’imperante cultura et-et, che fanno sognare la possibilità di uno s�le di vita esente dal rischio e dalla fa�ca della scelta, sembrano rendere “fuori luogo” e “fuori tempo” la riflessione sulla necessità della lo�a interiore. Va però de�o con chiarezza: non è possibile l’edificazione di una personalità umana e spirituale robusta senza la lo�a interiore, senza un esercizio al discernimento tra bene e male, in modo da giungere a dire dei “sì” convin� e dei “no” efficaci: “sì” a quello che possiamo essere e fare in conformità a Cristo; “no” alle pulsioni egocentriche che ci alienano e contraddicono i nostri rap-por� chiama� ad essere contrassegna� da libertà e amore. L’invadenza dell’Io Anche per un’epoca come la nostra, che non percepisce la consistenza e la dramma�cità del peccato non dovrebbe essere diffi-cile riconoscere le conseguenze dell’invadenza dell’Io: penso alla fa�ca che tuF facciamo ad uscire dalle pastoie delle nostre mo�vazioni egois�che; penso alla facilità con cui ci lasciano prendere da logiche par�colaris�che, incapaci come siamo di guar-

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dare al di là del nostro piccolo calcolo. Le domande che al riguardo Dio ci fa sono spirito e vita, perché ci invitano a riconoscere le ragioni del nostro disagio di vivere e della nostra mancanza di felicità di pace anzitu�o in noi stessi, nella fa�ca e nella paura di amare che ci por�amo dentro, nel sospe�o di non essere ama�, nella diffidenza di fronte a ogni a�eggiamento. Il tesoro nascosto Gesù racconta di un “tesoro nascosto nel campo: un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tuF i suoi averi e compra quel campo” (Mt 13,44). Colui che aveva trovato il tesoro avrebbe potuto portarlo via no�e tempo senza bisogno di acquistare il campo, ma quello che è decisivo non è solo la scoperta del tesoro, è anche la vendita degli averi per l’acquisto del campo, cioè lo svuotamento di sé, la liberazione dall’ego. Normalmente l’ego con la sua a�razione gravitazionale piega lo spa-zio-tempo della mente deformandone la percezione della realtà. Può persino giungere a diventare una specie di buco nero che assorbe ogni cosa riconducendo tu�o a sé, persino la luce degli occhi degli altri, e che per questo rende radicalmente incapaci di amore. Ne viene che il vero tesoro appare consistere esa�amente nella vendita dei beni, ovvero nella liberazione dall’orribi-le egocentrismo autoreferenziale. La perdita dell’ingenuità E’ così che capisco la verità su me stesso: è come un prendere coscienza del proprio egoismo e della propria fragilità, che fa cadere l’ingenua magia di pensare che bas�no le buone intenzioni per cambiare il mondo e la vita. C’è veramente una differen-za stridente fra l’altezza dei buoni proposi� e la presenza del male e dell’egoismo in ciascuno di noi: forse è questo ciò che Dostoievski chiamava “l’abisso dei doppi pensieri”. Fai qualcosa di bene e t’accorgi che dentro il tarlo del tuo Io non � abban-dona. T’accorgi che sempre è grande la potenza del peccato. Gli al� e bassi si susseguono con un’impressionante frequenza: e non solo sul piano psicologico, ma su quello profondo delle scelte del cuore, degli orientamen� di vita. Certo, quello della lo�a spirituale è un tema che necessita oggi di essere riformulato, ripensato alla luce delle categorie antro-pologiche e delle conoscenze psicologiche che i comportamen� – a differenza della Scri�ura e dei padri – possono vantare; occorre cioè decodificare il linguaggio della Scri�ura e dei padri . -. Un piano più profondamente asce�co: me�ere il ba�ezzato in condizione di compiere una scelta significa�va della vita con libertà di cuore e con mentalità evangelica. Si tra�a di tanto in tanto di me�ere ordine nella propria vita senza prendere deci-sioni in base ad alcuna propensione disordinata. “Me�ere ordine” non significa semplicemente fare una buona confessione, bensì trovare quell’ordine che è una scelta di vita qualificante, secondo Dio, vincendo i condizionamen� mondani e uscendo dagli affeF disordina�. -. Oltre al piano dello svolgimento asce�co, c’è però anche il piano mis�co che inerisce profondamente la vita spirituale e ne è come la sostanza, il midollo, la linfa segreta e il conta�o immediato con lui, appunto lasciandosi toccare da lui. Le radici della riflessione sulla lo�a spirituale si trovano nella Scri�ura. Fin dalle prime pagine della Genesi, l’An�co Testamen-to conosce il comando a dominare l’is�nto malvagio che abita il cuore umano: “il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è la sua brama, ma tu dominalo” (Gen 4,7); “l’is�nto (jezer) del cuore umano è incline al male fin dall’adolescenza” (Gen 8,21). Questa lo�a è talmente necessaria che nemmeno Gesù vi si è so�ra�o, e il suo confronto nel deserto con il Tentatore ce lo mostra chiaramente (cf. Mc 1,12-13; Mt 4,1-13; Lc 4,1-13). Anzi, come Gesù, subito dopo essere stato ba�ezzato da Giovan-ni, ha conosciuto l’assalto di Satana, così ogni ba�ezzato dovrà a�endersi una dura opposizione da parte dell’Avversario, che cercherà di distoglierlo dal suo cammino di sequela. CUSTODISCI IL TUO CUORE La vita spirituale, e dunque anche la lo�a, procede da un centro in�mo, un organo centrale dell’uomo che la Bibbia e poi i pa-dri chiamano “cuore”. Si tra�a di un conce�o che va ben oltre il valore quasi esclusivamente affeFvo a�ribuitogli dalla nostra cultura; nell’antropologia biblica, infaF, il cuore è il luogo dell’intelligenza e della memoria, della volontà e del desiderio, dell’amore e del coraggio. In una parola, è l’organo che meglio rappresenta la vita nella sua totalità: “sede della vita sensibile, della vita affeFva e della vita intelle�uale, il cuore con�ene gli elemen� cos�tu�vi di ciò che chiamiamo ‘persona’” (A. Guillau-mont). Non è facile parlare di questo luogo impenetrabile (cf. Sal 64,7); eppure se non si percepisce il cuore quale centro della nostra persona, quale spazio in cui giungere a una conoscenza diversa rispe�o a quella razionale e intelle�uale, non si potrebbe nep-pure intraprendere un lungo e paziente pellegrinaggio in direzione del nostro essere profondo che è la vita spirituale. Al riguar-do, non si dimen�chi la splendida espressione u�lizzata nella Prima le�era di Pietro: “l’uomo nascosto nel cuore” (1 Pt 3,4). In ciascun essere umano si cela un uomo interiore: suo compito è esserne consapevole e di predisporre tu�o affinché questa iden�tà profonda cresca e si rinnovi di giorno in giorno (cf. 2 Cor 4,16). Nel cuore avviene la sinergia tra la “grazia san�ficante che è lo Spirito Santo” (Karl Rahner) e lo spirito dell’uomo con la “s” maiuscola: “lo Spirito stesso a�esta al nostro spirito che siamo figli di Dio” (Rm 8,16); “Il Dio della pace vi san�fichi interamen-te, e tu�a la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo” (1 Ts 5,23). Certo, è molto difficile, anzi impossibile, determinare dove termini l’azione dello Spirito di Dio e dove cominci quella dello spirito dell’uomo. De�o altrimen�: “Chi può conoscere il cuore? Io, il Signore, scruto il cuore ed esamino il profon-do” (le�.: i reni)” (Ger 17,9-10; cf. Sal 7,10; Lc 16,15; ecc.). E’ nel cuore, la parte più segreta di ogni essere umano (là dove vede il Padre: cf. Mt 6,4.6.18), che è impressa l’immagine di Dio in noi; solo Dio è capace di avere uno sguardo “altro” su di esso, più profondo e veri�ero di ogni nostra le�ura: “se il nostro cuore ci rimprovera, Dio è più grande del nostro cuore e conosce

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tu�o” (1 Gv 3,20). E’ nel cuore che si posano i doni divini: lo Spirito santo (Gal 4,6), l’amore di Dio (Tm 5,5), la pace di Cristo (Col 3,15); Cristo stesso abita per la fede nei nostri cuori (Ef 3,17). Il cuore appare così il luogo della dimora di Dio nell’uomo e, nel contempo, l’organo da cui sale a Dio la risposta dell’uomo tramite l’amore (cf. Mc 12,30 e par.), la fede (cf. Rm 10,10), la spe-ranza (cf. Ef 1,18) e la preghiera (cf. Gl 4,6; Ef 5,19; Col 3,16). 1^ DOMANDA: “COME PERSEGUIRE UNA PIU’ MATURA ED EQUILIBRATA AUTOCOSCIENZA?”

Si tra�a in primo luogo di perseguire una sana “autocoscienza” del proprio valore. Ho bisogno di intuire le mie capacità, il mio valore. Autocoscienza del proprio valore significa che io intuisco la mia unicità. Mi è lecito essere me stesso. Non mi devo para-gonare con altri. Mol� credono certamente alla Parola che nel ba�esimo ha pronunciato su di noi: “Tu sei mio figlio predile�o, Tu sei mia figlia predile�a, in te mi sono compiaciuto”; ma le immagini nega�ve di sé che nell’infanzia si sono impresse su di loro, impediscono di sperimentare che il fa�o di essere accol� da Dio determina anche la percezione di sé. Troppo in profondità sono entrate in loro delle voci nega�ve, come: “Io non sono a posto. Nessuno può sopportarmi, io sbaglio tu�o”. Una sana au-tocoscienza del mio valore lo posso sviluppare solo quando io osservo tu�e le mie immagini nega�ve e me ne congedo. Si tra�a allora di perme�ermi di essere così come sono. A mol� consiglio sempre: medita mezz’ora davan� a Cristo: “tu�o può succede-re, io non � condanno, ma io considero tu�o dentro l’amore di Cristo”. Una sana autocoscienza del proprio valore nasce se io sviluppo la percezione della mia unicità. Non devo essere più forte degli altri, non devo essere orgoglioso di me stesso. Ma quello che veramente siamo non possiamo più descriverlo. E’ in fin dei con� un mistero. In questo noi stessi in fin dei con� noi incontriamo anche Dio. Un’altra strada della maturità umana passa a�raverso l’osservazione dei bisogni e delle passioni. I primi monaci hanno sviluppa-to la do�rina dei 9 logismoi. Sono nove passioni o emozioni che sono presen� nella persona. Sono innanzitu�o neutri. Ma ci possono anche dominare. Si tra�a di conoscersi meglio, non per condannare se stessi, ma per riconoscere come io tra�o le mie passioni. Inoltre i monaci dicono: tu non sei responsabile dei pensieri e delle passioni che hai, ma solo di come tu li traF. I primi logismoi sono i tre impulsi fondamentali: cibo, sessualità, aspirazione al possesso. TuF e tre gli impulsi vogliono spronar-ci a vivere. E in fin dei con� vogliono spingerci verso Dio. Ma possono anche diventare delle bramosie. Allora ci dominano. Non si tra�a di recidere gli impulsi, perché altrimen� ci mancherebbero delle importan� energie vitali. Si tra�a di integrarli nella nostra vita di modo che ci aprano verso Dio e l’Altro. Il cibo culmina nel pasto sacro, nell’Eucaris�a. La sessualità in fin dei con� desidera diventare una sola cosa con Dio nell’estasi dell’amore. E l’aspirazione al possesso deve rimandarci alla ricchezza inte-riore della nostra anima. I tre logismoi della sfera emozionale sono: tristezza, ira e accidia. La tristezza è la commiserazione di se stessi. Io compa�sco me stesso, nuoto nella commiserazione di me stesso. A mo�vo della tristezza ci sono spesso desideri infan�li o grandi fantasie. La guarigione dalla tristezza sta nel lu�o. Devo portare il lu�o per il fa�o che sono mediocre, di non essere perfe�o, di non essere il più grande santo. Nel lu�o vengo a conta�o con le mie vere forze. L’ira e l’aggressività vogliono regolarmente la relazione tra la vicinanza e la distanza. Ho bisogno dell’aggressività per me�ere un confine tra me e gli altri. In famiglia o in una comunità posso vivere bene solo se sono capace di entrambi ques� a�eggiamen�: acce�are la vicinanza e me�ere dei confini. L’accidia è l’incapacità di vivere il momento presente: non ho voglia di lavorare, né di pregare e nemmeno di fare nulla. Non posso soppor-tare me stesso. L’accidia viene guarita dall’esercizio di rimanere in se stessi, di sopportare questo stato in se stessi. I tre bisogni della sfera religiosa sono: la sete di gloria, l’invidia e l’orgoglio (in greco: hybris). Quando ho sete di gloria, sono con�nuamente rivolto all’opinione che gli altri hanno su di me. Io ho bisogno di riconoscimento e di lode. Mi definisco a par�re dalla lode che mi fanno gli altri. Quando provo invidia, mi paragono agli altri. Svaluto gli altri per rivalutarmi. Oppure al contra-rio io annullo me stesso, perché gli altri sono migliori di me. Io non sono presente a me stesso, ma vivo a par�re dal confronto con gli altri. L’orgoglio è il rifiuto di acce�armi con le mie zone d’ombra e i miei pun� ciechi. Ho una così alta immagine ideale di me stesso che sono cieco di fronte alla mia realtà. C.G. Jung parla qui di inflazione. Io mi gonfio con le grandi immagini ideali. E’ pericolosa l’iden�ficazione con le immagini arche�pe, per es. con l’immagine del soccorritore e del salvatore. Se mi iden�fico con il soccorritore, divento cieco di fronte ai miei bisogni. Mentre mostro vicinanza all’altro, dietro alla vicinanza io esprimo e maschero il mio bisogno. Ciò è spesso il mo�vo degli abusi sessuali. Si tra�a di guardare ques� nove logismoi (desideri) e di usarli in modo tale da sfru�are la forza presente in ques� pensieri e sen�men� per il mio cammino spirituale e umano. Recentemente Enzo Bianchi ha pubblicato dei fascicoli dal �tolo “Se questa vita ha senso”: ha elencato i 7 vizi capitali-logismoi con l’invito a “custodire il cuore”: l’ingordigia è il rapporto deformato col cibo; la lussuria è il rapporto deformato con il corpo e la sessualità; l’avarizia è il rapporto deformato con le cose e il denaro; la collera è il rapporto deformato con gli altri; la tristezza è il rapporto deformato con il tempo; l’accidia è il rapporto deformato con lo spazio; la vanagloria e l’orgoglio sono il rapporto deformato con il fare e con Dio. “Vale la pena lo�are contro le tentazioni che si annidano nel nostro cuore, per ristabilire rap-por� auten�ci con se stessi, con gli altri e con Dio. Vale la pena cambiare il nostro s�le di vita, addestra� nell’arte della lo�a spirituale” (E. Bianchi). 2^ DOMANDA: ESISTE UN ITINERARIO DI MATURAZIONE SPIRITUALE NEL “MINISTERO” DI INSEGNANTE DI RELIGIONE? Cerchiamo di rispondere a par�re dalla Scri�ura e dall’esperienza. 1.- L’i�nerario del cris�ano verso la maturità responsabile. L’i�nerario fondamentale del cris�ano è stato configurato, tema�zzato in diversi modi. Scegliamo lo schema proposto dal card.

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C.M. Mar�ni. Lo schema prende a modello i qua�ro vangeli, considera� secondo alcune delle loro cara�eris�che: Marco, come il vangelo del catecumeno, Ma�eo come il vangelo del catechista, Luca-AF come il vangelo dell’evangelizzazione, Giovanni come il vangelo del cris�ano maturo. Essi diventano i paradigmi dei diversi momen� della maturità cris�ana. 1.- Marco, il paradigma del primo passo, della conversione personale al Signore come il tu�o della vita. Si abbandona la religio-sità pagana, fondata sull’uso della divinità per il proprio successo personale e ci si arrende al Signore, che dalla croce ci manife-sta il Padre, con un gesto che è appunto quello della conversione. Conversione è il conce�o chiave di tu�o l’i�nerario cris�ano e, nella Scri�ura, è l’evento che differenzia tu�o ciò che precede da tu�o ciò che segue (“C’è più gioia in cielo per un peccatore che si converte che non per novantanove gius� che non hanno bisogno di conversione”: Lc 15,7). Anche quando la conversione è embrionale trasforma la vita, perché basta un granello di fede per sradicare un albero e per spostare le montagne. Per essa la persona nasce di nuovo, ha occhi nuovi, e la trasformazione è così radicale da influire su tu�e le operazioni del conver�to, sui suoi pensieri, sulla sua immaginazione, producendo simboli che penetrano nella psiche; la con-versione cris�ana arricchisce la comprensione, guida il giudizio, rinforza le decisioni. Se ci capita di assistere più da vicino a una conversione che avviene repen�namente in un modo nuovo, quanto prima faceva paura viene affrontato con serenità. Il momento determinante, fondamentale, della conversione, è approfondito nelle sue condizioni dal vangelo di Marco. 2.- Questo momento è des�nato a crescere, come il granello di senapa, fino a diventare un arbusto so�o cui gli uccelli possono fare il loro nido. La conversione, cioè, ha uno sviluppo ampio e, nel suo crescere, trova mol� ostacoli, trova il terreno calpesta-to, gli uccelli che beccano il seme, le spine che soffocano. E’ nel vangelo di Ma:eo che possiamo leggere un secondo momento di questa conversione. Da personale, individuale (scegliere Gesù come Messia, Signore, Figlio di Dio), deve diventare conversione alla Chiesa o nella Chiesa. Il ba�esimo infaF comporta l’ingresso in una comunità, comporta un saper vivere insieme, un acce�are le leggi del vivere comune, un entrare nella dinamica del Regno con tu�e le sue condizioni anche e�che; comporta il riconoscimento di Gesù nei fratelli, nella gerar-chia, in tu�o ciò che cos�tuisce i doveri e gli appelli quo�diani. Il momento ecclesiale della conversione, che di solito non è presente all’inizio (almeno quando si tra�a di una conversione indi-viduale adulta), a poco a poco diventa cosciente e viene a riempire la vita con l’adesione a una comunità nella quale si ricono-sce la presenza di Dio. 3.- Il terzo momento del cammino è rappresentato dal Vangelo di Luca e degli A/. Dopo essere entrato nella Chiesa, dopo aver scoperto con gioia il disegno di salvezza di Dio in Gesù Cristo, ci si chiede e gli altri? E tu�o il resto degli uomini? Che cosa posso fare per loro? Come aiutarli diventando segni di salvezza? Nasce quel cammino ulteriore che è il bisogno di evangelizzare, con tu�e le domande so�ese a tale bisogno: che cosa significa evangelizzare oggi e quale rapporto tra Chiesa e mondo, tra storia della salvezza e storia della società, tra cris�anesimo e altre religioni? Il Vangelo e gli AF ci insegnano a poco a poco a discernere, cos�tuendo così un manuale per l’evangelizzatore. E’ questo anche il momento in cui si avverte più specificamente la necessità di una sistema�zzazione teologica, di compiere delle grandi dis�nzioni nelle quali orizzontarsi per capire il tempo presente. 4.- Finalmente il quarto momento della sintesi contempla�va a cui ci aiuta il IV vangelo di Giovanni. Il discepolo, che ha percor-so tan� cammini, che ha imparato molto e ha messo insieme elemen� dispara�, ricerca l’unità, una sorta di visione unitaria contempla�va, nella quale si riassume il precedente bagaglio in una sintesi più alta e matura. Giovanni ripete i preceF e le indi-cazioni date dagli altri evangelis�, perché gli preme so�olineare una cosa sola: che Dio Padre si rivela a noi nel Figlio, che Dio ha tanto amato il mondo da rivelarsi al mondo nel Figlio. E’ un tema che viene con�nuamente ripetuto, in mille modi, ma, appunto, un tema contempla�vo che perme�e di cogliere il mistero di Dio riducendolo a una fondamentale unità. La maturità cris�ana non è propria della prima conversione personale o della conversione ecclesiale o dei primi servizi diaconali di evangelizzazione, ma di chi, avendo operato una sintesi, è capace di assumersi anche responsabilità di altri. Se il ba�esimo è per eccellenza la tappa della conversione e la confermazione può essere indicata come tappa dell’inserzione ecclesiale o della pienezza di percezione dello Spirito che fa essere nella Chiesa per un cammino di evangelizzazione, i sacra-men� del presbiterato e del matrimonio danno, a chi sta avvicinandosi alla maturità della fede, la grazia, la capacità e il potere di esprimere questa responsabilità anche per altri e di assumerla per una comunità di fedeli o per una comunità familiare. C’è dunque un rapporto tra queste diverse forme di maturità cris�ana e i diversi servizi, i diversi ministeri per i quali il cris�ano è chiamato a passare, siano ministeri ordina� o non ordina�, come per esempio la catechesi, i ministeri di carità, che corrispon-dono ai diversi gradi di maturità. 3^ DOMANDA: QUALI SONO LE ARMI DELLA LOTTA SPIRITUALE CONTRO LE TENTAZIONI?

La lo�a invisibile si fonda in radice sulla fede nella risurrezione di Gesù Cristo, sulla fede cioè nell’evento pasquale che ha se-gnato la vi�oria defini�va sulla morte e su “colui che della morte ha il potere, il diavolo” (Eb 2,14). Non lo sforzo umano oFene vi�oria, ma la grazia di Dio che, a�raverso la morte dell’uomo a se stesso, agisce in lui e lo vivifica. Nessuna presunzione nel combaFmento spirituale: l’unico nostro merito può essere quello di predisporre tu�o affinché Dio agisca in noi. La vita del cris�ano può solo essere “vita di conversione in a�o”, un con�nuo cedere alla grazia che ci aFra e ci salva; lo Spirito Santo che abita in noi non è solo il maestro di questa lo�a, ma è lui stesso a lo�are in noi, rinnovando sempre

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la nostra persona affinché possa essere, nonostante le nostre contraddizioni, dimora di Dio (cf. 1 Cor 3,16; 2 Cor 6,16). D’altra parte, è pur vero che la collaborazione dell’uomo all’azione di Dio è assolutamente necessaria. Tale sinergia tra azione di Dio e desiderio dell’uomo è ben espressa nelle parole del profeta Geremia: “Guariscimi, Signore, e io sarò guarito, salvami e io sarò guarito, salvami e io sarò salvato … Fammi ritornare e io ritornerò, perché sei tu il mio Dio” (Ger 17,14; 31,18). In questa durissima lo�a occorre munirsi di armi spirituali (cf. 2 Cor 3,5): “la corazza della fede e della carità e l’elmo della spe-

ranza della salvezza” (cf. 1 Ts 5,8). Vi è innanzitu�o l’assiduità con la Parola di Dio – “spada dello Spirito” (Ef 6,17) – contenuta

nelle Scri:ure: “la meditazione della Parola di Dio è simile a una tromba che �ene il tuo cuore desto per il combaFmento, affinché tu non dorma mentre il tuo Avversario veglia” (Origene). La pra�ca della lec�o divina, l’esercizio di meditare e pregare la Parola, faF con fede, possono ricomporre l’unità del cuore posta in crisi dall’insinuarsi del pensiero malvagio. Stre�amente legate a tale assiduità sono la preghiera e l’invocazione del Signore (cf. Ef 6,12-20; Col 4,12): chiedere il dono di un “cuore capace di ascolto” (1 Re 3,9) e invocare con umiltà: “Non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal Maligno” (Mt 6,13), sono elemen� essenziali della lo�a. Non si potrebbe poi dimen�care l’importanza dell’apertura del cuore a un padre spirituale, a chi è più esperto in umanità e in vita spirituale. E’ puramente illusorio pensare di poter affrontare da soli con successo questa lo�a: non ci si può fidare di se stessi, né tanto meno guidarsi da soli! Affidare a un altro la sugges�one, il pensiero, non significa semplicemente sfuggire al soggeFvismo, ma accedere già a una misura terapeu�ca. E’ inoltre un grande a�o di umiltà, con cui ci si dispone ad acce�are l’aiuto da chi ha il dono del discernimento. La lo�a richiede inoltre la disponibilità ad acconsen�re senza alcuna resistenza alla misericordia di Dio, credendo più a essa che non all’evidenza di miseria delle nostre vite: mai disperare della misericordia di Dio (cf. Regola di Benede:o IV, 74), delle sue viscere di misericordia (rachamim: Sal 103,4; Is 54,7; 49,14-15) tenace e paziente per gli umani suoi figli. Non si dimen�chi che la vita cris�ana non è un’inarrestabile ascesa verso l’alto, un cammino di perfezione dopo una defini�va vi�oria sul peccato, bensì vita di un peccatore perdonato, che ritorna costantemente a mendicare la misericordia di Dio, cadendo e rialzandosi sen-za fine; essa è l’incessante arte del riprendere la conformità a Cristo, è il costante ricorso al calice del suo sangue che purifica e perdona i nostri pecca�. Ecco perché, infine, occorre saper fare dell’eucaris�a il magistero della lo:a spirituale, l’insegnamento che governa i nostri rappor� con la realtà, con gli altri, con noi stessi e con Dio. La liturgia eucaris�ca, canone e regola dell’intera vita cris�ana, è infaF l’evento in cui Dio è adorato e confessato nella sua san�tà e in cui, nel contempo, la sua san�tà viene comunicata a quan� partecipano a questa azione comune: “il nostro pensiero è in pieno accordo con l’eucaris�a e l’eucaris�a, a sua volta, conferma il nostro pensiero” (Ireneo di Lione). Se dunque nella celebrazione dell’eucaris�a i cris�ani entrano in stre�a comu-nione con la vita stessa del Figlio, fino a divenire il suo corpo nella storia, è fondamentale che essi comprendano in profondità il significato e le implicazioni contenute nel gesto liturgico: come Gesù ha consegnato e spezzato la sua vita per gli uomini, così ogni cris�ano deve donare la propria vita per i fratelli. A questo livello appare nuovamente con evidenza che nella nostra lo�a sia lui a lo�are. Ogni nostra vi�oria è solo riflesso della vi�oria pasquale di Cristo: egli infaF sa compa�re le nostre debolezze, essendo stato tentato in ogni cosa, come noi, ma senza comme�ere peccato (cf. Ef 4,15), e ora “è sempre vivente per interce-dere a nostro favore” (Eb 7,25). 4^ DOMANDA: COME IL MINISTERO AFFIDATO ALL’INSEGNANTE DI RELIGIONE STIMOLA LA MATURAZIONE PERSONALE?

Il servizio dell’insegnamento della religione s�mola il processo di crescita al quarto livello della maturazione, quella della tappa giovannea. 1.- Il ministero di insegnante s�mola questo processo anzitu�o imponendo con forza domande che nascono da situazioni nuo-

ve, non previste nella formazione teologica né nell’esperienza precedente. L’insegnante viene così obbligato a una sintesi ulte-riore, nell’ambito della maturità raggiunta e con l’aiuto avuto in passato. In proposito possiamo pensare alla presenza dell’I-slam in occidente; si tra�a di una situazione nuova e la nostra teologia non ci aveva a�rezzato ad affrontarla. A mano a mano che la viviamo e la vivremo, saremo costreF a compiere un tenta�vo di sintesi nuova: che cosa significa la religione islamica e che posto ha nell’economia divina. Come dobbiamo comportarci con i musulmani, come dobbiamo valutare i loro a�eggiamen-�, come dialogare, come respingere, come opporci? E’ dunque s�molata una sintesi a livello teore�co. Spesso le sintesi sono suscitate da for� domande esistenziali, che teoricamente avevamo sen�to e ci pareva di aver risolto. D’altra parte se non avessimo ques� pungoli provvidenziali, ci adegueremmo e non risponderemmo più alle realtà così come si evolvono. 2.- In secondo luogo l’insegnamento mostra al vivo le nostre lacune ed è quindi uno s�molo a recuperare momen� perdu� della formazione precedente. Ci sono occasioni e prove che spingono a domandarci: ho fa�o davvero nella mia vita una sintesi contempla�va? Ho integrato diverse realtà della fede nella contemplazione del Signore? Questa messa in luce di una maturazione insufficiente indica che il Signore ci ama e vuole s�molare il nostro cammino. Egli, per amore, è esigente con noi, non si accontenta mai, ci vuole sempre più perfeF e ci pone quindi con�nuamente in ques�one per mostrarci quanto ancora ci manca per raggiungere la necessaria maturità. 3.- Il servizio all’insegnamento, infine, s�mola il processo di crescita al quarto livello, quello giovanneo, della maturazione cri-s�ana, evidenziando carenze di sintesi vitale. Credevamo di avere tale sintesi, ma quando siamo colpi� da una sofferenza, da una grande prova, oppure quando dobbiamo passare da un �po di servizio a un altro, il nostro equilibrio ordinario è sconvolto, entriamo in confusione e ci accorgiamo che la sintesi spirituale o teologica o didaFca, che pensavamo di avere, ci si sfalda tra le dita.

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E’ un provvidenziale richiamo non al fa�o che ho perduto tu�o, ma al fa�o che il Signore mi chiama a una sintesi più alta. La conclusione che possiamo trarre è che c’è veramente, lungo tu�a l’esistenza del servizio educa�vo, molto bisogno di luoghi, di persone, di sussidi, di strumen� che aiu�no i passaggi a nuove sintesi, a elaborare nuove risposte, ad accedere a cerchi più al� di conoscenza. 5^ DOMANDA: A CHE COSA E’ DOVUTA LA DISTANZA TRA “ASSENSO NOZIONALE” E “ASSSENSO REALE” DELLA RADICALITA’

DELLA FEDE? (Henry Newman) “Appropriazione” significa “fare proprio” un ogge�o. In senso morale e spirituale, vuole dire fare diventare propria un’idea, un ideale, uno s�le di vita; par�re da una proposta estrinseca e giungere a renderla mia, a fare in modo che nasca da me. L’uomo può giungere a integrare la verità cris�ana nella pienezza della sua personalità; perché molte persone non interiorizza-no mai la fede. Il cammino dell’appropriazione non è solo lungo, ma spesso avviene in maniera solo embrionale, non quindi automa�camente e non sempre. La fede diviene assenso reale a�raverso un fa�coso e lento processo di autotrascendenza personale cioè il desiderio di auten�cità, quel qualcosa dentro di me, che mi spinge ad andare oltre, ad andare sempre più in là. La distanza tra i due modi di assenso è dunque mo�vata dalla necessità di un tempo di maturazione umana. Numerosi ostacoli impediscono l’”appropriazione”. Ostacoli dell’ambiente spesso sfavorevole; ostacoli cos�tui� da abitudini personali caFve oppure semplicemente da pigrizia (non voglia di ragionare, di rifle�ere su se stesso, non voglia di compiere la fa�ca di elaborare il conce�o); ostacoli dell’inconscio, per cui la persona sa parlare benissimo, è capace di esporre la verità con chiarezza, ma a un certo punto si accorge che sta recitando, che ripete conceF impara� a memoria e che però non ha penetra-to, non ha interiorizzato. Dove sta Dio? Santa Teresa d’Avila nel Libro delle Fondazioni, l’ul�ma sua opera, che è una trama di memorie, amicizie, dialo-ghi, incontri, ha scri�o per le sue monache: “Dio va fra le pentole, in cucina”. Il Signore dell’universo si muove nella nostra cuci-na, fra brocche, pentole, stoviglie, casseruole e tegami. Dio in cucina significa portare Dio nel territorio di prossimità. “Oggi,

quando le re� e gli strumen� della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inaudi�, sen�amo la sfida di scoprire e tra-

sme:ere la “mis�ca del vivere insieme” (n.d.r. la mis�ca dell’incontro, della sorellanza e della fratellanza), di mescolarci, di in-

contrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ cao�ca che può trasformarsi in una vera

esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio. In questo modo, le maggiori possibilità di comuni-

cazione si tradurranno in maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tu/. Se potessimo seguire questa strada, sarebbe

una cosa tanto buona, tanto risanatrice, tanto liberatrice, tanto generatrice di speranza. Uscire da se stessi per unirsi agli altri fa

bene. Chiudersi in se stessi significa assaggiare l’amaro veleno dell’immanenza e l’umanità avrà la peggio in ogni scelta egois�-

ca che facciamo” (Evangelii Gaudium, n. 87). Giuliana da Norwich, in una delle visioni, parla di Dio usando l’aggeFvo domes�c, familiare, di casa. Se non lo sen� domes�co, vicino, di casa e di strada, di tavola e di fa�ca, dentro lo splendore del dimesso, non hai ancora trovato il Dio della vita. Sei an-cora alla rappresentazione nozionale del Dio della religione. E’ in cucina, in quel luogo che ci ricorda il nostro corpo, il bisogno di cibo, la lo�a per la sopravvivenza, il gusto delle cose buone, i nostri piccoli piaceri, e poi la trasformazione dei doni della terra e del sole. “La realtà del pane” scrive Luigi Verdi, “Dio sa di pane!”. CONCLUSIONE: In che cosa consiste allora la “maturità”? Romani Guardini ha scri�o: “La maturità è la risultante costante di

con�nui squilibri!”

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