"Non conventional marketing: le frontiere del marketing non convenzionale"

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i INDICE INTRODUZIONE CAPITOLO I NUOVE FRONTIERE NON CONVENZIONALI PER LA COMUNICAZIONE GLOBALE CONTEMPORANEA 1. Le frontiere della comunicazione aziendale globale 1.1 La Comunicazione Commerciale 1.2 Communication e promotion mix 2. La comunicazione non convenzionale 3. Comunicazione virale o viral marketing 3.1 Opinion leaders: persuasori occulti 3.2 Tendere alla conformità 4. Psicogeomarketing 4.1 Psicogeomarketing, marketing delle emozioni 5. Il viral marketing, pratica della teoria Memetica 5.1 Memi come strategie di marketing 6. La captologia: macrosuasione e microsuasione

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tesi di laurea in psicologia delle comunicazioni di massa, facoltà di sociologia, università degli studi di napoli federico II.

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INDICE

INTRODUZIONE

CAPITOLO I NUOVE FRONTIERE NON CONVENZIONALI PER LA

COMUNICAZIONE GLOBALE CONTEMPORANEA

1. Le frontiere della comunicazione aziendale globale

1.1 La Comunicazione Commerciale

1.2 Communication e promotion mix

2. La comunicazione non convenzionale

3. Comunicazione virale o viral marketing

3.1 Opinion leaders: persuasori occulti

3.2 Tendere alla conformità

4. Psicogeomarketing

4.1 Psicogeomarketing, marketing delle emozioni

5. Il viral marketing, pratica della teoria Memetica

5.1 Memi come strategie di marketing

6. La captologia: macrosuasione e microsuasione

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CAPITOLO II BE INTERESTED! IL COINVOLGIMENTO PSICOLOGICO

COME FORMA DI COMUNICAZIONE BIDIREZIONALE ED ESPERIENZIALE

CON I NUOVI CONSUMATORI

Introduzione

1. L’audience della comunicazione non convenzionale

2. L’evento fa comunicazione

3. Il coinvolgimento

4. Comunicare attraverso l’esperienza

4.1 La comunicazione esperienziale

4.2 Marketing esperienziale

5. Communication statisfaction

6. Le relazioni pubbliche

6.1 Relationship satisfaction

7. L’evoluzione di internet come valorizzazione dei rapporti “one to one”

CAPITOLO III IKEA. UNA STORIA AZIENDALE

Introduzione Case History

1. Ikea, Case History

1.1 Il catalogo: megalog

1.2 Le mosse strategiche

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2. Ikea: lo stato della mente

2.1 Le leve della fonte: il potere della marca, il potere del simbolo

2.2 Le leve del messaggio: il potere della novità, il potere del colore

3 I nuovi codici della Comunicazione dell’Ikea-brand: guerrilla marketing

3.1 Ikea, viral marketing

3.2 Ikea, psicogeomarketing

3.3 Ikea, street marketing e ambient marketing

4 Comunicare il prodotto attraverso il Try-vertising

4.1 Ikea: provalo potrebbe piacerti

5 Ikea fa colpo attraverso il programma-canale tv UKTVstyle

Conclusioni CAPITOLO III

CONCLUSIONI

BIBLIOGRAFIA

SITOGRAFIA

DOCUMENTI ON – LINE

INDICE DELLE FIGURE

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Introduzione

“Non si può non comunicare”1. Questa affermazione fatta dagli studiosi di Palo

Alto è da considerare come regola fondamentale sia per quanto riguarda gli

individui che le aziende. Secondo il gruppo di studiosi californiani sia la

comunicazione sia la non comunicazione sono considerate come messaggio dagli

interlocutori che le interpreteranno ognuno secondo le proprie preferenze.

In questi ultimi anni si sta assistendo ad un'evoluzione dei mercati, dovuta

essenzialmente alla globalizzazione in atto. Questo fenomeno ha generato nuove

realtà, nuove configurazioni produttive e ha dato vita alla figura di un nuovo

consumatore: più evoluto, più informato e più attento. Il consumatore, oggi, è in

primis un individuo con caratteristiche e bisogni diversi e differenziati ed è alla

continua ricerca di prodotti e servizi personalizzabili.

L’importanza di attuare, quindi, una comunicazione sempre più personalizzata,

dettagliata e, in un certo senso, on-demand, è un principio basilare e quanto mai

attuale per qualsiasi azienda.

Fare in modo che la clientela si senta partecipe di ciò che l’azienda fa per lei e per

comunicare con lei è il primo passo verso la fidelizzazione e quindi, allo stesso

tempo, un vantaggio competitivo dai molti pregi. Ciò che voglio porre in evidenza

con tale affermazione è che i tempi attuali stanno dimostrando come la

condivisione di un linguaggio, di un progetto e di una visione del mondo tra

l’azienda ed il suo pubblico sia diventata un’esigenza che deve trovare

soddisfazione da entrambi i lati. Da una parte è l’azienda che deve mettersi sul

piano del consumatore e, in un certo senso, “prestargli ascolto” se vuole incontrare

1 Watzlawick P., Beavin J. H. e Jackson D.D., 1969

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i suoi favori e acquistare la sua fiducia, dall’altra è lo stesso consumatore a volere

un rapporto personalizzato, dedicato, poiché, in questo momento, ciò di cui va alla

ricerca è una relazione che trascenda la mera transazione.

Non a caso il marketing tradizionale, così detto del monologo, è ormai morto e con

esso chi lo pratica. “Integrazione” è la nuova parola d’ordine. Le forme

tradizionali di comunicazione e con esse i media che le supportano, sicuramente

non cesseranno di esistere, magari non tutte con uguale fortuna, ma molti saranno

i cambiamenti. Quindi ciò che oggi non è convenzionale domani sicuramente lo

diventerà. Nessuna considerazione di marketing e comunicazione può prescindere

dall’analisi del mutamento dello scenario in cui le aziende si trovano ad operare;

non si possono comprendere le dinamiche di consumo se prima non si analizza

come sono cambiate le dinamiche sociali in cui i consumatori, prima ancora che

essere tali, agiscono come genitori, come figli, come colleghi, come amici, etc.

Ci stiamo muovendo sempre più verso un profilo di communicompany (dove il

primo termine è da intendersi come sintesi tra communication e community),

un’impresa che sappia aggregare il suo pubblico in una propria nuova dimensione,

in una sorta di piccolo nuovo corpo sociale, e che sappia comunicare i suoi valori

e, soprattutto, condividerli.

Le nuove tecniche di comunicazione puntano l’attenzione su particolari strategie di

promozione, tra le quali la strategia pull che si orienta verso il consumatore finale

al fine di creare le condizioni che facilitino il processo d’acquisto. In questo caso,

quindi, le dinamiche comunicazionali e promozionali sono finalizzate ad

intervenire direttamente sulla domanda, “costringendo” di riflesso i distributori ad

acquisitare determinate tipologie di prodotto e di brand maggiormente richieste

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dalla clientela indebolendone così il potere contrattuale. Di solito, infatti, una

strategia pull ricorre ad un sistema di incentivazione incentrato sul ricorso ai

grandi media pubblicitari e alle esposizioni che mirano alla creazione di

un’immagine di marca, duratura e stabile nel tempo.

Una metafora della società postmoderna in cui il marketing è costretto a connotarsi

come “non convenzionale” per trovare le ragioni della sua attualità, e soprattutto

per risultare ancora efficace, è quella usata dal sociologo britannico Zygmunt

Baumann che parla di “modernità liquida” per indicare le nuove forme di

produzione, liquide, anonime, mutevoli come tutta la società in cui viviamo2. Il

passaggio dalla modernità solida a quella fluida indica che tutte le certezze su cui

si è costruita la modernizzazione fino ad oggi stanno venendo meno, sostituite da

una fase di sfrenata deregolamentazione e flessibilizzazione dei rapporti sociali;

non sorprende, allora, che questa nuova fase veda al centro del suo sviluppo

proprio l’individuo.

Obiettivo del mio lavoro è, nel mio piccolo, di dare un contributo, analizzando

come cambia la comunicazione-presentazione del prodotto nei nuovi canali di

comunicazione e cosa si può fare per meglio adattarsi alle preferenze dei

consumatori.

Come supporto per il mio lavoro mi sono servito di un esempio pratico, mi

riferisco alla Case History Ikea, azienda Svedese che si occupa del settore

dell’arredamento “democratico”, come rappresentanza di messa in pratica delle

nuove tecniche di marketing e comunicazione attraverso un’attenta attività di

customer-care, relationship satisfaction e communication mix, mirate alla

2 Baumann Zygmunt. Liquid Life. (trad. it.: Vita liquida, Roma-Bari 2006).

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creazione di eventi per i target interessati, tendendo alla “metamorfosi

conformista” degli stili di vita globali. Questo perché l’evento, in sostanza, rende

orizzontale e biunivoca la comunicazione aziendale, troppo spesso stagnante tra i

margini dell’advertising, fino a trasformarla in un dialogo, poiché è in grado di

creare i presupposti per un immediato feedback.

Dall’analisi del mutamento della comunicazione aziendale globale è stato possibile

comprendere e descrivere quali sono le nuove frontiere del marketing aziendale,

ovvero le frontiere del marketing alternativo, mettendo in luce i suoi punti di forza.

Prima di affrontare l’analisi sulla Case History verranno, quindi, introdotte le

varie forme di marketing alternativo, che, nel panorama contemporaneo, più si

prestano al raggiungimento dell’obiettivo del mio lavoro, ovvero, tracciare le vie

delle tecniche di comunicazione non convenzionale.

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CAPITOLO I NUOVE FRONTIERE NON CONVENZIONALI PER LA

COMUNICAZIONE GLOBALE CONTEMPORANEA

1. Le frontiere della comunicazione aziendale globale

Negli ultimi anni, unitamente al cambiamento del ruolo organizzativo delle

relazioni pubbliche e della comunicazione, è avvenuto quello del contenuto del

ruolo dei professionisti.

Come sostiene Emanuele Invernizzi (2004), oggi le relazioni pubbliche, rispetto

anche soltanto a dieci anni fa, sono collocate in una posizione ben più autorevole

nelle organizzazioni complesse e hanno a disposizione leve e strumenti molto più

consistenti e incisivi, strumenti che consentono di influenzare in senso etico i

comportamenti delle organizzazioni e, quindi, di incidere sulla sua reputazione,

migliorandola. (Vedi come esempio, quei comportamenti legati all’etica e alla

responsabilità sociale che hanno contribuito al successo di molte imprese da Ikea a

Illycaffè, favorendone il successo attraverso il coinvolgimento dei dipendenti e dei

consumatori )3.

Inoltre, la funzione “comunicazione” ha sviluppato le sue specializzazioni

professionali e le sue tecniche manageriali, al fine di supportare le azioni e gli

eventi dell’organizzazione con opportune iniziative di comunicazione, rivolte a

favorire la trasparenza dell’impresa nel suo modo di essere e di agire.

3 Invernizzi E. Le Relazioni Pubbliche. Dalla costruzione dell’immagine al governo della reputazione. Università IULM. s.d file Pdf.http://www.ecletticarp.com/pdf/studiericerche/16_Febbraio_2004.pdf

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Esempi interessanti sono quelli della comunicazione ambientale e della

comunicazione interna, quest’ ultima rivolta a tutte le categorie di dipendenti.

C’è da aggiungere, inoltre, che negli ultimi anni è cresciuta l’attenzione per gli

aspetti esperienziali del consumo: sono ormai numerosi, infatti, i tentativi di

comprensione dell’esperienza del consumatore e di come essa possa venire

utilizzata dalle imprese. L’obiettivo è di coinvolgere i consumatori in modo

profondo e intimo (attraverso la filosofia del marchio aziendale) oltre che di

distinguersi dalla concorrenza.

Oggi il consumatore non si accontenta più di trovare i prodotti di cui ha bisogno

esposti ordinatamente in un punto vendita che non offre altro che i prodotti stessi,

e questo probabilmente, perché, si compra sempre meno per rispondere alla

semplice soddisfazione di bisogni.

La distribuzione moderna si è accorta di questo fenomeno e sta adeguandosi, (più

o meno velocemente) alle nuove esigenze del cliente post moderno. I campi

d’azione possono essere molteplici: dai mega centri commerciali, ai negozi

multifunzione, dai negozi monotematici, ai negozi che affiancano alla sede fisica

anche una sede virtuale; così da assecondare le aspettative e i bisogni palesi e

latenti dei nuovi clienti che si delineano sulla scena.

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1.1 La Comunicazione Commerciale

Quando si parla di comunicazione commerciale ci si riferisce ad un’attività di

comunicazione volta a favorire il consumo trasferendo informazioni sui prodotti ,

ma soprattutto, a differenziarli da prodotti analoghi. L’ambito della merce così si

estende dai concetti economici di valore d’uso e di valore di scambio, a concetti

estranei all’economia, stabilendo così un processo di comunicazione che relaziona

le merci alla psiche ed alimentando un processo di semantizzazione delle merci. In

questo senso il nome di un prodotto, l’imballaggio e la comunicazione

pubblicitaria hanno, oltre alla funzione di stabilire ed evidenziare differenze tra i

prodotti, quella di connotarli di significati inerenti ai bisogni privati o sociali:

affettivi, immaginari, materiali. La comunicazione commerciale persegue il fine di

rendere “oggetto di desiderio” il prodotto di massa, operando il collegamento tra le

merci e gli elementi psicologici e di relazione della mente umana, rivolgendosi alla

psiche del consumatore e coinvolgendo, attraverso i suoi messaggi, il suo “dialogo

interno”. In questo modo, il consumatore è chiamato a tradurre la comunicazione

delle merci nel linguaggio dei sogni e delle illusioni, individuali e collettive. Le

merci diventano, nello stesso tempo, proiezioni di rapporti umani e “divinità

chimeriche” che rappresentano tutto ciò che non può esaurirsi nello scambio

sociale 4.

4 Trotta M. (2002). La Pubblicità, ed. Esselibri. p. 153.

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1.2 Communcation e promotion mix

Una delle leve fondanti del marketing mix5 è la promozione, ovvero l’insieme di

tutti gli strumenti di comunicazione e di relazione (che le imprese dovrebbero

gestire in maniera integrata) con la finalità non solo di informare e coinvolgere il

consumatore ad acquistare, ma soprattutto di promuovere l’offerta aziendale,

creando intorno ad essa il consenso del pubblico di riferimento, interno ed esterno.

Riuscire a gestire in maniera consapevole e strategicamente orientata tutta la rete

di comunicazione, verbale e non, e di relazioni con ambienti e “pubblici” diversi,

così da gestire la coerenza tra le singole campagne, l’immagine generale

dell’azienda e le sue politiche di sviluppo e di consolidamento del business,

rappresenta, oggi, non soltanto un’opportunità, ma una vera e propria necessità

competitiva per l’azienda che punta alla customer satisfaction e mira a definire e

caratterizzare in maniera distintiva il suo posizionamento di soggetto non solo

commerciale6, ma anche istituzionale7.

Quindi con l’espressione “communication e promotion mix” si può definire

l’insieme delle attività di comunicazione e promozione di cui si avvale la funzione

del marketing per creare e consolidare, nel tempo, una relazione fiduciaria con il

cliente e con i pubblici diversi di riferimento dell’azienda, e conquistare, pertanto,

il consenso rispetto ai propri prodotti e alla propria cultura.

5 Il termine marketing mix indica la combinazione (mix) di variabili controllabili (leve decisionali) di marketing che le imprese impiegano per raggiungere i propri obiettivi. 6 Comunicazione commerciale = attività che promuove la commercializzazione dell’offerta aziendale. 7 Comunicazione istituzionale = attività che veicola la filosofia dell’azienda, testimonia la sua cultura e sancisce i principi cui essa si ispira.

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A tale proposito è importante ricordare le promozioni alle vendite, la pubblicità, il

marketing diretto, il merchandising8, le relazioni pubbliche (di cui parleremo più

avanti) e la sponsorizzazione9.

8 Merchandising = uno strumento utilizzato per conferire maggiore visibilità ai prodotti e per ottimizzare lo spazio espositivo. 9 Castellett Marco (2006). Marketing managment. Teorie e politiche di gestione di marketing. ed.FrancoAngeli. pp.141-142.

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2. La comunicazione non convenzionale

Vista la globalità del mercato contemporaneo, è quindi fisiologico, che, fra tante e

nuove rotte, si arrivi ad una comunicazione non convenzionale, che per gli addetti

ai lavori è intesa come comunicazione alternativa, inusuale, innovativa, creativa,

fuori dai canoni e dagli schemi tradizionali, insomma originale. Non disturba, è

poco invasiva, è attraente, stupisce, si fa notare e ricordare moltissimo.

Pensare di comunicare in modo tradizionale, in un mercato così diverso al suo

interno, come è quello contemporaneo, è sicuramente inadeguato ad una società

che muta molto rapidamente e costantemente. Bisogna comunicare in modo più

mirato, con investimenti ragionevoli e in modo socio-compatibile. Gli approcci

alle innovative tecniche di comunicazione non convenzionale si basano sullo

studio “dal basso” della psicologia del target, delle leve razionali ed emozionali,

dello spazio in cui si muove il consumatore, delle necessità che lo spingono a

volere e a desiderare, dei codici che ne regolano ed influenzano il comportamento

spingendolo ad agire e a comprare . Ma, in particolar modo, non è più il

consumatore cha va all’azienda , ma l’azienda che va dal consumatore.

Il nuovo imperativo è portare il brand a contatto con la gente , per conoscersi a

vicenda sempre meglio ed in modo più approfondito.

Simona Focetola, all’interno di un suo articolo pubblicato on.line, dal titolo “Non

conventional marketing” definisce e illustra quali sono le principali tecniche di

marketing non-convenzionale, cui le aziende e i professionisti del settore si stanno

rivolgendo sempre più di frequente, in quanto mezzi poco costosi ma originali, che

coinvolgono in modo diretto un segmento dei consumatori. Tra queste tecniche:

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�� il marketing mediterraneo: una “declinazione” del marketing tribale, secondo

il quale la tendenza del consumo postmoderno è rivolta ad una sorta di “ri-

radicamento” sul territorio, attraverso la ricerca di radici e legami sociali10. Mentre

il marketing americano risponde essenzialmente a una richiesta di

individualizzazione e personalizzazione da parte dei consumatori, l’approccio

mediterraneo vede soprattutto individui sempre più isolati che cercano di ristabilire

un legame sociale arcaico e comunitario;

�� il product placement: pratica che originariamente consisteva nell’inserire un

marchio, un prodotto, una confezione o un cartellone pubblicitario all’interno di un

film o di uno show televisivo, si è evoluto penetrando nei talk show, nei

videogiochi, nei testi delle canzoni, nei videoclip, nei libri nei fumetti, nei negozi;

�� il viral marketing: sfrutta i meccanismi di propagazione tipici dei virus, entità

che si auto-perpetuano e si auto-propagano in maniera esponenziale, generando

vere e prorie epidemie. Il viral marketing: a) identifica solamente le persone

maggiormente interessate a un particolare messaggio di marketing; b) veicola il

messaggio in una maniera rilevante per loro, rendendolo enjoyable11 o valuable; c)

fornisce il messaggio in modo che le persone siano incoraggiate a condividerlo con

gli altri;

�� il word-of-mouth: ( più comunemente conosciuto come passaparola ), è la

trasmissione di informazioni, considerazioni, opinioni su un prodotto o su un brand

che avviene da persona a persona in modo informale. Tipicamente considerata una

forma di comunicazione verbale, è oggi potenziato dal Web (blog, forum ed e-

10 Cova B. Il marketing tribale. Legame, comunità, autenticità nel marketing mediterraneo. ed. Il Sole 24 ore (2003).11 tr. Enjoyable = piacevole; tr. Valouable = prezioso;

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mail). Solitamente il target è più propenso a fidarsi di una comunicazione che

avviene attraverso il passaparola, rispetto a forme di persuasione più tradizionali,

grazie alla forte credibilità derivata dall’alto valore percepito della fonte, ritenuta

attendibile non avendo un interesse diretto alla vendita. Un’operazione di word-of-

mouth ben riuscita genera l’effetto buzz (ronzio), una forma altamente intensa e

interattiva di passaparola;

�� il guerrilla marketing: come la guerilla (guerra condotta con mezzi non

convenzionali da chi può contare su poche risorse contro un nemico

preponderante) si basa su rapidi colpi di mano o sulla creazione di tensione

nell’avversario. Un caso recente è quello di Sony-Ericcson, che ha assoldato attori

che si fingevano turisti con il compito di farsi fotografare dai passanti utilizzando

il nuovo telefonino con fotocamera integrata;

�� l’ambient marketing: è un approccio originale alla comunicazione e in

particolare alla segmentazione del target di riferimento, che viene individuato

attraverso i luoghi fisici in cui si aggrega spontaneamente. Ai classici e rigidi “stili

di vita”, l’ambient marketing contrappone dei “momenti di vita”, situazioni in cui

il target si raduna spontaneamente, in luoghi e momenti determinati. Seguendo tale

approccio, la comunicazione raggiunge il target al di fuori dei comuni canali di

vendita, quando è più ricettivo al messaggio pubblicitario: nei luoghi in cui si reca

spontaneamente e nel momento in cui è più ricettivo alla comunicazione. Questa

tecnica è di grandissima efficacia se applicata nel momento in cui nasce il bisogno

di un prodotto o di un servizio12.

12 Focetola S. Non conventional marketing. Le tecniche del neomarketing . s.d. http://marketing.monster.it/8989_it_p1.asp

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L’importante è riuscire ad innescare ,nella mente dei consumatori, virus memetici

in grado di replicarsi nelle menti dei consumatori secondo le modalità del viral

marketing , ovvero l’ideazione ed organizzazione di pseudo eventi, on e off line,

ad elevata diffusione, concepiti in integrazione all’immagine aziendale (

inseminazione virale on line in blog, chat e newsgroup mediante utenti fittizi, o

ancora invitare i consumatori a raccontare attraverso brevi documentari

autoprodotti la propria esperienza con il marchio). Azioni di questo tipo

garantiscono spesso la memorizzazione, la riconoscibilità e la referenzialità del

marchio ma non sempre la sua collocazione merceologica13.

13 Arenghi D. Comunicazione non convenzionale: istruzioni per l’uso. 17 Giugno 2006. http://www.mymarketing.it/dblog/articolo.asp?articolo=467

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3. Comunicazione virale o viral marketing

A questo punto, approfondendo la definizione precedentemente data, possiamo

definire il viral marketing come una qualsiasi attività che stimoli le persone a

passare un nostro messaggio di marketing ad altre persone, possibilmente

aggiungendo credibilità al messaggio attraverso un loro endorsement14 del

messaggio. L’idea di fondo è convincere i consumatori a parlare del marchio ai

loro conoscenti, raccomandarne il prodotto, fino ad arrivare ad una trasmissione

“contagiosa” del messaggio.

Ma rendere virale una comunicazione è cosa ardua, presenta diverse difficoltà: la

prima sta nel trasformare le persone in alfieri del prodotto virale, ovvero in

rappresentanti ideali dell’idea di comunicazione che si vuole effettuare,

schierandosi dalla parte del prodotto, dandone un giudizio di valore al punto di

diffonderlo e raccomandarlo, esponendosi al giudizio delle persone che si cerca di

coinvolgere e rischiando perdita di credibilità. Queste persone possono

raccomandare il prodotto ad amici, innescando e propagando il viral marketing.

Figura 1 La piramide del Marketing Virale

Fonte: http://www.imediaconnection.com/images/content/viral_marketing.jpg

14 tr. Endorsement = (comunemente detta) girata;

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Ma è ovvio pensare: perché dovrebbero farlo? Una risposta di base sta nell’area

delle motivazioni. L’utente aderirà, pertanto, alla comunicazione se riterrà di avere

un ritorno personale positivo che può essere di vario tipo, tangibile, o più

frequentemente, intangibile, con la “bella figura” di usufruire di qualcosa di bello e

innovativo; normalmente è un fatto d’immagine, dunque, un ritorno di tipo

tangibile legato al rafforzamento della propria leadership in fatto di opinioni e al

proprio prestigio sociale nel gruppo15.

È chiaro che quanto più si è in vista nella propria comunità, appartenendo ad una

comunità “formale”, tanto più si avrà da perdere raccomandando le cose sbagliate,

o quelle il cui valore non viene condiviso dai propri pari.

Il meccanismo dunque poggia sulla forza degli opinion leaders, persone dotate di

carisma che riescono ad influenzare il comportamento e le idee di un gran numero

di individui. Già Lazarsfeld, negli anni ’30 del novecento, attraverso la teoria del

two steps flow of communication (il doppio flusso della comunicazione) sosteneva

che i messaggi dei grandi mezzi di comunicazione sono filtrati dai cosiddetti

“leaders d’opinione”, capaci di influenzare l’atteggiamento dei componenti di

piccoli gruppi.

La ricerca di Lazarsfeld è il risultato di un lungo percorso d’indagini empiriche che

mettono al vaglio momenti specifici dell’azione di scelta e, in particolare, la

decisione di acquisto o di consumo16 .

15 Venturini R. Non tutti i virus sono così contagiosi. Web Marketing Tools. 23 Ottobre 2002. http://www.percheinternet.it/autoformazione/viral-marketing.html16 Cit. Savarese R. Comunicazione, media e società. Esselibri (2004). Dalla ricerca emerge, inoltre che il 26% era passato dall’indecisione alla scelta di un partito; il 16% non aveva permesso una valutazione precisa; e solo il 5% mostrava un definito passaggio da un partito all’altro per effetto della campagna elettorale. La grande maggioranza degli elettori sembrava

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Riferendoci ad una ricerca empirica di Lazarsfeld in cui si fa riferimento alla

propensione al voto in America, lo stesso aveva notato che gli elettori ricevevano

informazioni sia direttamente dai media e dai candidati, sia da mediatori (opinion

leaders) che riportavano, commentando e analizzando, notizie e dati appresi da

altri.

Il ruolo di questi mediatori e la loro influenza avevano un peso notevolissimo.

Effettivamente molti lavori di psicologia sociale successivi hanno finito per

confermare che l’informazione che arriva da un altro individuo, dotato di una

qualche forma di prestigio, riesce ad influenzare l’interlocutore in modo

assolutamente potente, talvolta anche più dei mass media stessi.

Figura 2 Attività di BzzAgent

Fonte http://www.bzzagent.co.uk/img/person_bee.gif

Oggi visto che le sperimentazioni degli opinion leaders hanno dato esito positivo,

c’è chi ha iniziato ad applicare questi principi a una precisa strategia, ad esempio

la società americana BZZAGENT, che detiene un esercito di “contagiatori” del

in ogni caso essersi esposta più larga parte ai messaggi propagandistici del partito del quale già era seguace.

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brand, che consta di circa 100 individui dediti all’attuazione di campagne virali per

aziende, come Coca-cola, Lee Jeans, Kelloggs, e molte altre17.

17Zarantonello G. Fare marketing con il passaparola:appunti di Viral Marketing. s.d. http://www.eccellere.com/rubriche/Comunicazione/Viralmarketing.htm

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3.1 Opinion Leaders: persuasori occulti

Nel 1957 Vance Packard, pubblica un libro dal titolo intrigante: “I persuasori

occulti”. Il volume analizza la perversa alleanza tra psicologia e pubblicità,

denunciando l’uso di tecniche derivate dalla psicologia del profondo per

manipolare i comportamenti degli individui. Il successo è enorme e il testo viene

ben presto tradotto in tutto il mondo. Packard sostiene che molti di noi oggi sono

influenzati assai più di quanto non sospettino; infatti la nostra esistenza quotidiana

è sottoposta a continue manipolazioni di cui non ci rendiamo conto. Sono all’opera

su vasta scala forze che si propongono, e spesso con successi sbalorditivi, di

convogliare le nostre abitudini inconscie, le nostre preferenze di consumatori, i

nostri meccanismi mentali, ricorrendo a metodi presi a prestito dalla psichiatria e

dalle scienze sociali18. Il quadro che emerge dalla lettura del volume richiama alla

mente la realtà descritta da Gorge Orwell in “1984”. Il problema è che quello di

Packard non è un romanzo. Il libro, che sviluppa polemiche durissime, è anche alla

base della diffidenza che larghe fasce della società conserveranno a lungo nei

confronti della comunicazione pubblicitaria19.

Secondo Gabriella Ambrosio questi leaders d’opinione possono essere divisi in

due categorie: influencers e remixers. Si tratta, per lo più, di persone

particolarmente attive nel campo dell’arte della musica e della comunicazione in

generale, dei “responsabili” di smistamento delle informazioni. Individui, come

abbiamo accennato nel paragrafo precedente, che con la loro attività sono in grado

di influenzare e condizionare in maniera significativa la cultura dominante,

generando nuovi stili e nuove tendenze.

18 Packard V. (1958). I persuasori occulti. Ed. Einaudi.19 Trotta M. (2002). La Pubblicità, ed. Esselibri. p.153.

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Gli “influencers” possono essere definiti dei veri e propri “produttori di cultura”,

ovvero delle persone che svolgono particolari attività (artisti, musicisti, sportivi,

scrittori) attraverso cui sono in grado di condizionare in maniera decisiva la nascita

e l’evoluzione di nuovi stili culturali. Sono, insomma, persone fortemente

individualiste, con un fortissimo senso dell’autonomia, dell’originalità e della

personalità. Difficilmente si fanno caratterizzare da un brand in maniera

totalizzante, sono curiosi, ricettivi, portati verso le nuove conoscenze, nonché

spesso titolari di grandi progetti innovativi.

I remixers, invece, sono maestri nel mescolare differenti stili creandone, a loro

volta, dei nuovi. L’esempio perfetto di remixers è rappresentato dal Dj. In questo

caso la prerogativa principale è il saper rimpastare e rielaborare dei successi già

esistenti in modo continuo creando dei veri e propri “tormentoni”.

Questo comporta per le aziende che chi si occupa di “marketing non

convenzionale” non possa farlo seduto dietro la scrivania elaborando dati e

leggendo riviste, in quanto, così otterrebbe solo informazioni di seconda mano.

Bisogna che veda sul campo, respiri la stessa aria dei consumatori, frequenti gli

stessi posti, ascolti la stessa musica, percorra la stessa strada. Ad esempio

l’entertainment di Red Bull passa il suo tempo nelle discoteche a scovare nuovi

talenti da valorizzare con il proprio brand20.

20 Marketing: diteci cosa vi piace … ora il marchio insegue l’utente. 23 Maggio 2007.http://canali.libero.it/affaritaliani/economia/marcayoutube2105.html?pg=3

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20

3.2 Tendere alla conformità

L’attività degli “opinion leaders” ci riporta fondamentalmente ad un tema

approfondito nel campo degli studi sulla persuasione ovvero il concetto di

conformità. La conformità e l’innovazione sono processi basilari del

comportamento sociale umano; essi possono essere concepiti da una parte come

modalità del processo della persuasione, dall’altra come effetti che da questa

derivano. Nel corso della loro storia, i sistemi sociali, i gruppi, gli individui si

adattano ed intervengono sull’ambiente, sia fisico sia culturale, seguendo sistemi

di regole consolidate, interiorizzate.

Non a caso la somiglianza è il criterio costitutivo dell’identità: le persone simili

per qualche fattore si riconoscono come parte di una determinata categoria e,

attraverso questa strada, declinano la loro identità sociale. Le persone possono

sentirsi altresì portate alla differenziazione ma le innovazioni che esse propongono

hanno rilievo sociale solo se fissano nuove categorie linguistiche cioè si affermano

socialmente, delineando un nuovo riferimento normativo capace di richiamare la

conformità.

La conformità e l’innovazione servono ambedue ad assicurare l’equilibrio di un

sistema in costante mutamento. Questo principio è riconoscibile ampiamente nelle

comunicazioni sociali: la pubblicità e la propaganda possono intervenire per

rinforzare credenze, atteggiamenti, comportamenti già attivi in una certa

popolazione o per modificarli.

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La conformità, nello specifico, riguarda l’effetto di fattori d’influenza su pensieri,

sentimenti e comportamenti che ci portano ad essere in linea con i riferimenti

sociali rappresentati sia da gruppi reali sia da gruppi immaginari.

La conformità produce conformità perché essa implica l’influenza di norme tanto

manifeste quanto implicite che sul, piano percettivo, affettivo e cognitivo, si

impongono potentemente in termini di autoreferenzialità .

Si possono individuare tre differenti dimensioni della conformità messe a fuoco da

altrettanti studi fondamentali.

a. La condivisione, secondo cui la conformità scaturisce dalla regolamentazione

reciproca e sancisce una norma che l’individuo sente come sua. La conformità

è quindi il prodotto del processo di formazione della norma all’interno del

gruppo. Lo studio basilare di riferimento è l’esperimento detto dell’effetto

“autocinetico” di Muzafer Sherif (1936);

b. L’acquiescenza, si riferisce al fatto che la conformità è il prodotto della

pressione di gruppo nei confronti dell’individuo. La pressione è stata studiata,

tra i primi, da Salomon Asch nel suo esperimento sul “confronto delle

linee”(1955);

c. L’obbedienza, in questo caso la conformità viene ad essere il prodotto di

richieste e comandi provenienti da fonti di autorità. A riguardo lo studio

fondamentale è quello di Stanley Milgram “sull’obbedienza

distruttiva”(1974)21.

21 Smiraglia Stanislao.(2006). Il processo della persuasione. Scriptaweb.it. pp. 9-10.

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22

Ma quest’ ultima dimensione non è propriamente riconducibile al nostro filone di

analisi.

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4. Psicogeomarketing

Oggi ogni azione di marketing si trova di fronte alla necessità di un’adeguata

conoscenza preventiva delle specificità territoriali su cui l’azione insiste. Sono

conoscenze geografiche paragonabili a quelle che, in ambito bellico, vengono

messe in campo per progettare la tipologia di intervento, selezionare l’utilizzo

delle armi e studiare il dispiegamento dei contingenti sul territorio in funzione del

posizionamento del nemico. Sono le informazioni che rendono possibile il

“bombardamento chirurgico” dell’azione di marketing.

Figura 3 Raffigurazione di un piano di psicogeomarketing

Fonte www.guerrigliamarketing.it/.../img/geomktg01.jpg

Lo spirito dello psicogeomarketing è proprio quello della guerriglia. Lo

psicogeomarketing rappresenta un’evoluzione rispetto agli approcci tradizionali

del marketing territoriale, in quanto non si occupa semplicemente dell’analisi

sociodemografica della popolazione che insiste su un territorio, ma si preoccupa

invece dell’analisi psicogeografica dei siti oggetto dell’intervento.

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La tecnica utilizzata è quella della deriva, il vagare senza meta negli spazi urbani,

l’improvviso attraversamento degli ambienti in cui l’attenzione viene focalizzata

sull’impatto emozionale che i luoghi esercitano sulle persone22.

22Natella A. s.d. http://www.guerrigliamarketing.it/intelligence/psicogeo.htm

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4.1 Psicogeomarketing, marketing delle emozioni

In un mercato in cui è difficile fare la differenza, è necessario sviluppare strategie

di differenziazione dalla concorrenza che si prefiggano di associare emozioni

all’immagine dei marchi e provocare emozioni nell’utilizzatore. Quali sono le

emozioni che il prodotto può produrre? Per rispondere a questa domanda

analizziamo più da vicino le ricerche sulla psicologia delle emozioni. Tale ricerca

ha evidenziato otto emozioni primarie: gioia, accettazione, paura, sorpresa,

tristezza, schifo, collera, aspettativa. Dalla loro combinazione emergono le

emozioni che ne derivano: ottimismo, amore, sottomissione, spavento, delusione,

rimorso, disprezzo, aggressività23.

Secondo Canestrari (1984) 24, per poter spiegare le emozioni, occorre anche sapere

come chiamarle e rispondere a diversi interrogativi. Quali sono le emozioni

primarie e fondamentali? In quale rapporto stanno fra loro?

Un approccio alla psicologia delle emozioni è stato fornito da Plutchick (1981)

secondo il quale “le emozioni variano di intensità e nel grado di somiglianza

reciproca e presentano un carattere bipolare, nel senso che, ad esempio, a gioia è

l’opposto della tristezza, l’odio dell’amore …”25.

Plutchick considera otto emozioni fondamentali : anger, fear, joy, sadness, disgust,

acceptance , anticipation, surprise.

23 Trevisani D.(2001) Psicologia di marketing e comunicazione. 3°edizione. ed. FrancoAngeli.pp. 84-86. 24 Canestrari,R. (1984). Psicologia generale e dello sviluppo. Bologna, Clueb. 25Plutchick,R. Un linguaggio per le emozioni. Psicologia contemporanea. pp.29-36.

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5. Il viral marketing, pratica della teoria Memetica

Susan Blackmore nell’opera “La macchina dei Memi” analizza la teoria memetica,

che già dal 1976, quando Richard Darwins l’aveva introdotta nel suo testo “Gene

Egoista”, aveva affascinato un gran numero di scienziati.

A questo punto giusto domandarci a cosa ci riferiamo quando parliamo di

memetica e, più precisamente, di memi. Come i geni, i memi sono dei replicatori

che lottano per entrare nel maggior numero di cervelli possibili, propagandosi

come un contagio, attraverso un’attività di copiatura.

Nell’ambito della comunicazione il telegrafo, il telefono e la radio, sono tutti passi

verso una più efficace diffusione dei memi aumentando la fecondità del processo

di copiatura. Gli esseri umani si sono evoluti geneticamente, secondo Dunbar, per

chiacchierare e spettegolare, creando in questo processo un’enorme quantità di

memi.

Figura 4 Il ciclo virale

Fonte http://www.meshdigital.com/images/viralcycle.gif

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Chi usa il telefono, quindi, diffonderà un maggior numero di idee, per il semplice

fatto che utilizzerà un mezzo più veloce e, fra le idee così propagate, ci sarà anche

quella di usare il telefono26.

Oggi, grazie all’evoluzione della tecnologia informatica, i memi possono essere

memorizzati sull’hard disk di un computer di New York, ad esempio, e in qualsiasi

momento del giorno o della notte essere copiati quasi senza errori e trasmessi su

linee telefoniche o connessioni via satellite a un computer di Milano, Berlino e

Pechino, usando, nel processo, le risorse energetiche di infiniti esseri umani.

Questi memi possono essere utilizzati per creare altri prodotti. Possono essere

salvati su dischetti nella loro nuova locazione, oppure, per risparmiare spazio, si

può salvare solo il link e richiamare l’informazione quando serve. Il mondo visivo

è così complesso, che, registrare anche solo minuscole frazioni dell’immagine in

movimento, finirebbe con il sopraffare il vasto sistema di memorizzazione del

cervello umano.

Il cervello, invece, scarta gran parte dell’informazione e fa affidamento sulla

capacità di ciascuno di tornare a osservare. Quando guardiamo fuori dalla finestra,

possiamo avere l’impressione di un’immagine visiva splendidamente ricca, ma in

realtà tutto quello che il nostro cervello contiene è una piccola parte dell’immagine

centrale, uno schizzo molto grossolano del resto, la capacità di reagire rapidamente

al cambiamento e, se necessario, di tornare a guardare27.

26 Blackmore S. (1999). La macchina dei memi. Oxford University Press. ed. Instar Libri. p. 362. 27 Blackmore S. (1999) . La macchina dei memi. Oxford University Press. ed. Instar Libri.pp. 369-370.

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Esempi di memi sono melodie, idee, frasi, mode, modi di modellare vasi o

costruire archi. Proprio come i geni si propagano nel pool genico saltando di corpo

in corpo tramite spermatozoi o cellule uovo, così i memi si propagano nel pool

memico saltando di cervello in cervello tramite un processo che, in senso lato, si

può chiamare imitazione.

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5.1 Memi come strategie di marketing

È possibile oggi attuare un’ applicazione sistematica del paradigma memetico al

marketing, alle tecniche di comunicazione, alle campagne creative e pubblicitarie,

allo sviluppo e all’innovazione di nuove idee e prodotti.

È possibile ancora abbandonare, con l’accezione di trasmissione memetica, la

prospettiva secolare che vede nell’individuo la capacità di scegliere secondo un

modello perfettamente razionale della mente e della volontà personale. Il filosofo

cognitivista statunitense Daniel C. Dennett è tra i principali fautori contemporanei

del ribaltamento teorico di una simile concezione: la nostra identità e la coscienza

medesima, di cui ci riteniamo possessori unitari, non sono che temporanee

costellazioni mentali ed emozionali costituite da fazioni in continua competizione

darwiniana di memeplessi ( complessi di memi coadattati), che aspirano ad una

sopravvivenza e ad una visibilità, le più durature possibili.

I memi, come strategie operative in grado di essere replicate, sono i protagonisti

di un quadro metaforico ben preciso, che utilizza il modello dell’epidemia e del

contagio non certo in modo ingenuo o sociologicamente infruttuoso, bensì per

costituire un corpus di conoscenze e tecniche in stretta simbiosi con altre

intuizioni disciplinari, per:

�� Ingegnizzare il DNA memetico di un’idea, un prodotto, un fenomeno,

un brand;

�� Progettare, selezionare, codificare memi che si annidino con favore

nella mente del consumatore;

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�� Comunicare tali memi in modo da avviare contagi comportamentali

opportuni (epidemie);

�� Verificare gli effetti e perfezionare l’attività strategica per un sempre

più adeguato “fitting” memetico;

In tal senso si può affermare che la memetica è la disciplina che analizza il

comportamento del consumatore. E per questo non può non avvalersi di

modalità comunicative che non siano darwiniane.

Bisogna dunque applicare la Darwin’s Dangerous Idea alla fondazione di ogni

brand o di qualsiasi nuova nicchia/categoria in cui posizionare con successo un

servizio o prodotto specifico. Nel far questo è necessario partire ignorando la

sfera razionale dei consumatori, procedere per micro-mutazioni, farle crescere e

maturare rifiutando i principi e l’ethos delle grandi organizzazioni, che sempre

tentano di mantenere lo status quo del mercato.

Quindi saranno utili le seguenti modalità di azione:

�� Concentrarsi interamente su ciò che davvero si vende: l’identità del

brand o dell’idea;

�� Considerare le persone come puri vettori potenziali per un nuovo tipo di

malattia – il brand in questione;

�� Dare via libera a qualcosa che è progettata, impacchettata, denominata e

pubblicizzata in modo che la sua realtà memetica la diffondi come un

contagio;

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�� Usare il linguaggio giusto, una strategia comunicativa adatta allo scopo

e al consumatore;

E’ questa in generale la ricetta per ingegnerizzare prodotti e idee che il pubblico

preferirà e apprezzerà, pur senza l’esplicita attività di una valutazione

razionale28.

28Francesco Ianneo http://memetica.interfree.it/Marketing_memetico.html s.d.