Nomadelfia n1 2015

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NOMADELFIA E UNA PROPOSTA Nomadelfia è una popolazione comunitaria cattolica sull’esempio delle prime comunità cristiane. Beni in comune, lavoro e scuole all’interno. Le famiglie accolgono figli in stato di abbandono. N. 1 - 2015

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Nomadelfia è una proposta, primo numero 2015

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NOMADELFIAE UNA PROPOSTANomadelfia è una popolazione comunitaria cattolica sull’esempio delle prime comunità cristiane.Beni in comune, lavoro e scuole all’interno. Le famiglie accolgono figli in stato di abbandono. N. 1 - 2015

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2 NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

ESSERESORGENTEDI VITA

CHI INCONTRA MEINCONTRA UN SORRISOINCONTRA UN AIUTOINCONTRA UN FRATELLO.PROVATE AD ARRIVAREALLA PASQUACON QUESTO PENSIERO.

VERSO LA PASQUA

Mosaico nel Monasterobenedettino “S. Giovanni Battista”, Monte Mario, (RM).

Nomadelfia, (GR). Domenica delle Palme, e lavanda dei piedi.

Da un a riflessione di don Zeno del 25 marzo 1951

Voglio essere come il sole che sempre riscalda, che non offende nessuno, che vivifica tutto. Voglio essere come l’aria che si lascia respirare. Ecco quello che è la Pasqua: - Io sono la risurrezione - dice Gesù. E ciascuno di voi dica così: Io da questa Pasqua voglio essere la risurrezione per chi incontro. Ogni anima, ogni figlio, ogni sorella, ogni fratello che si avvicina a me sentirà la risurrezione, cioè io darò a lui quel respiro, quell’aiuto, quel sollievo che lo rigenera, in me troverà la vita. Io sono la sua risurrezione. Io sono la tua mamma sono la tua risurrezione. Io sono tuo figlio, mamma, e io sono la tua risurrezione perché ti porto il mio amore di figlio. Sono tuo fratello e sono la tua risurrezione ti porto la gioia del fratello. Io sono tuo padre e quindi io sono la tua risurrezione perché ti porto la vita, ti dò la gioia della vita”.

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Esigenze umane, diritti inalienabili, necessità primarie, bisogni dell’uomo; tanti sinonimi per esprimere un valore di cui l’uomo ha bisogno per vivere la vita, essere accolto e rispettato. Se non si rispettano le sue necessità, non si rispetta l’uomo perché nel suo essere sono impressi dei bisogni inderogabili. Non è un fatto di religione o di fede. Anche chi non crede li sa vedere e riconoscere. Questa meditazione pone in luce i diritti materiali e le necessità spirituali e culturali di cui l’uomo ha bisogno per vivere una vita dignitosa e serena.

Da una meditazione di don Zenoai giovani,1970

Bisogna stabilire quali sono lecaratteristiche, le esigenzedegli uomini.

L’esigenza è un bisogno cheha l ’uomo e che non ha in-ventato lui.

È Dio Creatore che ti ha fattocosì, con queste necessità. Man-giare, bere, dormire, vestirsi ecc.sono necessità di cui non si puòfare a meno e si chiamano ap-punto esigenze. Esigere vuol direvolere, avere bisogno. È la nostranatura che vuole questo: vuole

mangiare, vuole bere ecc. Sonoesigenze necessarie, insopprimi-bili; non si può farne a meno.

Per trattare l’uomo bisognascoprire tutte le sue esigenze, lesue necessità.

L’uomo ha molte esigenze. Pri-ma ancora della nutrizione biso-gna che nasca: ecco la procreazio-ne. Quindi sono necessari unamadre, un padre che procreinoquesto figlio.

Le esigenze vanno studiate: ilbimbo deve nutrirsi, vestirsi, es-

3NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

LE ESIGENZEUMANELA GIUSTIZIANEL POVEROTU VEDI IL VOLTODI CRISTO SOFFERENTE?

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4 NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

sere curato, portato al sole se nomuore. Deve imparare a parlare,è una esigenza; io parlo, voisentite.

Dovete imparare a parlare. Inprincipio, da bambini, si impara-no poche parole in famiglia; nellascuola se ne imparano molte dipiù e si aumenta la cultura, laconoscenza.

Che cosa è l’uomo? È una be-stia come le altre o è diverso? Seè diverso cominciamo a ragionaree a studiare e vediamo che ha leesigenze.

Per esempio: dove vive? Intantovive sulla terra: non può vivere senon sulla terra. Quindi ha l’esi-genza di respirare l’aria e l’aria cideve essere; sulla luna non c’è l’a-ria, là si muore.

Ci vuole la casa. Una voltal’uomo stava nelle grotte come lebestie; poi fece le palafitte. L’abita-zione ci vuole: è una esigenza.

L’uomo ha un’altra esigenza:deve lavorare, se non lavora, nonproduce e rimane alla fame perchénon c’è da mangiare a sufficienzasulla terra.

L’uomo ha l’esigenza di im-parare se no rimane come unabestia.

Si ha quindi bisogno di chi in-segna, perché l’uomo da solo nonriesce ad imparare. Quelli che san-

no, comunicano la conoscenza aglialtri. Spesso siamo buoni amici,ma con lo schioppo puntato. ANomadelfia no, perché siamo inpace sul serio. Ecco un’altraesigenza umana: la pace, una esi-genza grossa! Si spende più per learmi che per dare da mangiare allagente. Senza la pace, la gente sof-fre molto. In latino si dice: “homohomini lupus”. Due lupi, uno sal-ta contro l’altro. Anche la pace èuna esigenza. Non c’è pace senzala giustizia

Ma come si ottiene la pace?Con la giustizia. Che cosa ci vuoleper essere giusti? Se non si amanon si fa la giustizia, l’amore èquando uno rispetta l’altro e gli dàquello di cui lui ha bisogno, e l’al-tro fa altrettanto.

Gesù lo comanda; è una leggeamarsi l’un l’altro: “come io hoamato voi”. L’amore è un dovere,una necessità. Senza amarci non siha la giustizia. La giustizia è dare aciascuno il suo, amarsi a vicenda. Èuna cosa grossa conoscere l’uomo etutto ciò di cui ha bisogno e per-ché ne ha bisogno.

Se gli uomini si amassero nonci sarebbe la guerra. Finita laguerra non c’è la pace, perché unuomo sta bene, l’altro sta male,un popolo arricchisce e l’altroimpoverisce.

SPESSO IL DELITTO DI NOI CRISTIANI È DI CRESCERE EGOISTI E INDIVIDUALISTI. DICIAMO FRATERNITÀ E VIVIAMO L’INDIVIDUALISMO.

ANCHE LA PACEÈ UN’ESIGENZA.COME SI OTTIENELA PACE?CON LA GIUSTIZIA.

Nomadelfia, (GR). Un momento di scuolavivente con i bambini della Prescuola.

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Questo è un programma im-pegnativo perché tutto è diretto adeducare l’uomo. Cosa vuol direche tutte le esigenze convergonosull’uomo? Che tutto va a finiresull’uomo, e quando conoscetel’uomo siete colti, istruiti.

Noi abbiamo l’esigenza di fareun programma; è un aspetto dellanostra vita. Noi per esempio dicia-mo: io adesso devo mangiare egiacché tutti devono mangiare,salta fuori una scienza che si chia-ma economia sociale, sociologia,perché se io non mangio muoio equesto vale per gli esquimesi, per ineri, i gialli, i rossi. Se non si man-gia si muore. Come si fa a dare damangiare a tutti? L’uva non nascein piazza, ma nei campi e i campinon fanno il grano se non lo si se-mina. Così nasce tutta la sociolo-gia che è uno studio profondo eimparate a non essere egoisti.

Gesù ha detto che alla fine delmondo gli angeli metteranno igiusti da una parte, gli ingiustidall’altra. A questi Egli dice: avevofame, avevo sete, ero ignudo, erosenza casa, ero carcerato e non visiete interessati di me, ero malato..andate maledetti nel fuoco eterno,condannati. Agli altri dirà: avevofame, mi hai dato da mangiare,avevo sete... venite benedetti.

Perché dice che i primi li man-da all’inferno? Perché sono stati

ingiusti in quanto nella societàtutti hanno diritto di mangiare.Ecco perché la scuola di Nomadel-fia si getta sulle esigenze, perchécosì imparate a capire che se haifame tu, hanno fame anche gli al-tri e quando non lo dai agli altrisei un lazzarone. Vi insegna ad es-sere parsimoniosi; come dice S.Pietro: siate sobri.

Il Signore ha insegnato questecose perché ci ha fatti, ci ha creatilui! ci ha dato la legge di soddisfa-re le esigenze umane; ci ha inse-gnato ad essere giusti; ci mandaall’inferno perché non è che Gesùha detto le cose non vere: avevo

fame - ma quando ti abbiamo vi-sto? - io ero in loro. Quando vede-te uno alla fame in lui c’è Gesùche ha fame, il volto del povero èil volto di Gesù Cristo sofferenteche impone di dar da mangiare. Equando vedete le fotografie dicoloro che sono alla fame, chehanno sete, che non hanno la casa,sono congolesi, sono indiani? no,no! sono il volto di Cristo che vicondanna perché non gli date damangiare.

CORRIAMO ALLA PERFETTAORGANIZZAZIONE DELLA SOCIETÀ, RAGIONIAMO, SERENIDOMINATORI DI NOISTESSI CONTRO OGNINOSTRO PERSONALE E DISORDINATO EGOISMO:GUARDIAMO IN FACCIALE VERE ED INSOPPRIMIBILIREALTÀ DEL CORPO SOCIALE; ARRIVEREMOAD UNA SOLA ED INEVI-TABILE CONCLUSIONE:SIAMO TUTTI FRATELLI.

(D. ZENO 1951)

Piemonte, estate 2014. I nostri figli durante una gita in montagna.Piemonte, estate 2014. I nostri figli durante una gita in montagna.

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1. La religiosità del nonno Giuseppe?

“Non è troppo poco cheNomadelfia nelloschema – tipo di una

giornata, preveda un solo momen-to di preghiera?”.

I visitatori esprimevano que-sta perplessità già quando eraancora vivo don Zeno. I Noma-delfi infatti pregano insieme so-lamente attorno al tavolo dellacena, al concludersi della gior-nata. Niente messa quotidianané preghiere del mattino e dellasera tutti insieme.

Il fondatore ha sempre difesoquesta linea: Nomadelfia non sipuò paragonare ad un monasteroe nemmeno ad un santuario. Co-me potrebbe con tanti ragazzi?Che cosa dunque aveva in mentedon Zeno nel proporre una reli-giosità così stringata? Lui dice diessersi ispirato a come si facevanella grande famiglia di suo non-no Giuseppe, il patriarca dellafamiglia Saltini.

In realtà, se il modello di Chie-sa al quale volle agganciarsi nelfondare Nomadelfia, furono leprime comunità cristiane, allorabisogna spostare il riferimentomolto più indietro.

Siamo agli albori del cristiane-simo e la nuova “via” aperta dalRisorto era tutta da esplorare. Iprimi seguaci si riunivano nelle ca-

se e, insie-me, cercava-no di ricor-dare gli in-segnamentidel Maestro,circa la so-luzione deip r o b l e m idella vita che si presentavano.

Gl i ebre i conver t i t i noncessarono di recarsi al tempio diGerusalemme, ma questo nonbastava più. Nel le loro caseascoltavano gli insegnamenti de-gli apostoli e spezzavano il panecome aveva detto Gesù nell’ulti-ma cena.

Le prime comunità cristiane sisvilupparono in ambito do-mestico.

Era partendo da qui che si do-veva attuare il comandamento diamarsi l’un l’altro nel Signore, di-sposti a mettere a disposizione dichi ne aveva bisogno le proprie so-stanze e a rischiare persino la vitaper i fratelli.

Probabilmente anche i seguacidi questa nuova religione devonoessere apparsi poco devoti. Stu-piva però il fatto che per essafossero disposti ad affrontaremolte persecuzioni, a costo dellavita.

Forse anche il nonno Giuseppeandava diritto alla sostanza. Maquesto modo di essere cristiani ve-niva da molto lontano.

LE PRIME COMUNITÀ CRISTIANE SI SVILUPPARONO IN AMBITO DOMESTICO. ERA PARTENDO DA QUICHE SI DOVEVA ATTUAREIL COMANDAMENTO DI AMARSI L’UN L’ALTRO NEL SIGNORE, DISPOSTI A METTERE A DISPOSIZIONE DI CHI NE AVEVA BISOGNO LE PROPRIE SOSTANZE E A RISCHIARE PERSINO LA VITA PER I FRATELLI.

Nomadelfia, (GR). A tavola nel gruppofamiliare Cenacolo.

VISTO DA NOMADELFIA

LA CHIESA E LA CASAMa a Nomadelfia quando si prega?LA PAROLA A DON FERDINANDO

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7NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

2. Cristiani fatti in casa

Aprima vista, dunque, i cri-stiani di Nomadelfiapossono apparire oggi po-

co religiosi. Sembrerà strano, macerte volte don Zeno se ne fa unvanto. Non gli era dispiaciuto piùdi tanto l’essere stato bollato, nellacuria romana, come uno che parepiù un “civile” che un sacerdote.

Anche i primi cristiani, secondola descrizione di un anonimo aDiogneto, non si distinguevano innulla all’apparenza. Il succo dellaspiritualità di Nomadelfia è quellodi lasciarsi condurre ventiquattroresu ventiquattro dallo Spirito del Si-gnore. E questo non si puòassolutamente misurare da quantotempo si passa in chiesa. Non con-ta tanto dove si sta, ma l’intenzioneche ci muove. La distinzione traspazio sacro e profano, secondodon Zeno, non è rilevante. E il sa-cerdozio comune dei fedeli, confe-rito con il battesimo, può trasfor-mare tutto in offerta gradita a Dio.

È questa la missione di ognicristiano.

E quando, essendo anch’egli in-serito in un gruppo familiare, con-statava nel linguaggio, nelle sceltee nei comportamenti qualcosa dicontrario a questo spirito, s’in-furiava fino a gridare: “Non vi ri-conosco come figli, vi sconfesso eme ne vado altrove!”.

Con il Concilio prima e, ul-timamente con il Sinodo sulla fami-glia, si sta riscoprendo la famiglia –chiesa domestica. Ed era proprioquesto che intendeva don Zenoquando nel 1954 introdusse il grup-po familiare. Qui la vita è accoltacome dono di Dio. Tutti concor-rono a custodirla e aiutarla a svilup-parsi nei diversi stadi della sua evo-luzione. Fede vivente e vita credentes’intrecciano nell’oggi di ognuno.

Si narra che, nel periodo eroicodei primi tempi, sia parso a più diqualcuno di aver intravisto Gesù ola Madonna a sostenere il gruppo.Don Zeno contava su queste pre-senze, anche se non percepite coni sensi.

Qualcosa di simile è raccontatodalle prime comunità cristiane:“Ogni giorno erano perseverantiinsieme nel tempio e, spezzando ilpane nelle case, prendevano cibocon letizia e semplicità di cuore,lodando Dio e godendo il favoredi tutto il popolo” (At 2,46-47).

3. “La realtà è superiore all’idea”

Lo afferma pa-pa Francesco( Ev a n g e l i i

gaudium 233) perdire che anche ildubbio più ostinatoè costretto a cederedi fronte a fatti in-contestabili. Del re-sto, per dimostrarciil suo amore, Dionon ha trovatoniente di meglio.Ha tanto amato ilmondo da mandareil suo Figlio a farsiuno di noi. A suavolta il Figlio, unavolta risorto, ha mandato coloroche lo hanno seguito. Essi devonodimostrare con i fatti che è possibileessere una cosa sola fra di noi. Ed èappunto a partire dalla chiesa do-mestica che questo può divenirepalpabile. Don Zeno la chiama san-tità sociale. Per spiegarla dice: “Fateconto che per fare san Francesco cimettiamo d’accordo in venticinquepersone. Se ognuna di esse metteuna parte di somiglianza di Gesùnella sua vita, alla fine tutti insiemeriproduciamo Gesù. La stessa

immagine di Gesù che molti intui-vano nel poverello di Assisi”.

Tutto questo diventa possibilecon uno stile di vita familiare chein tutto si rifà a Gesù. Nomadelfiaè chiamata a questo. È partita conl’accogliere ragazzi senza famigliaed è approdata a formare famiglieche sono piccola Chiesa.

Oggi però le tante immagini fis-se o in movimento, insieme a suonie frastuoni, tentano di dissacrare lacasa e raffreddare il cuore di chi viabita. Fra tanto luccichio il Cristo“pantocratore” è rimasto in ombra.

Il campanile della parrocchialancia ancora i suoi sempre piùtimidi rintocchi. Le case – picco-

le chiese domestiche sussultanodi gioia. Esprimono il loro “ec-coci” affrettando il passo perpartecipare al la Pasqua del lasettimana.

Fra queste si trovano i gruppifamiliari di Nomadelfia.

La congiunzione fra la casa e laChiesa è già operante qui. Non èancora però quello che deve essere.Ma la vita, come si svolge in ungruppo familiare, già oggi lascia in-travedere come potrebbe diventareuna Chiesa grande famiglia.

Nomadelfia, (GR). Epifania 2015, il Presepe vivente.

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1950. Don Zeno parla nelle piazze dei paesi del modenese per lanciare il Movimentodella Fraternità Umana.

Carpi, 1926. Zeno, presidente della Gioventù Cattolica, girava tutta la diocesi per incontrare gliAspiranti e li portava poi in motocicletta per farli divertire.

Nomadelfia,26 agosto 1980.Don Zenotra i Nomadelfi.

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9NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

“Padre è una parola universale – ha detto PapaFrancesco all’udienza generaledel 28 gennaio 2015. Essa indica una relazionefondamentale la cui realtàè antica quanto la storiadell’uomo. Oggi, tuttavia, si è arrivatiad affermare che la nostrasarebbe una “società senzapadri: la figura del padre sarebbe assente, svanita, rimossa”. E il 4 febbraio ha ripreso lostesso tema concludendo:“Senza la grazia che vienedal Padre che sta nei cieli, i padri perdono coraggio, e abbandonano il campo. Ma i figli hanno bisogno di trovare un padre che li apetta quando ritornano dai loro fallimenti. Fanno di tutto per non ammetterlo, per non darlo avedere, ma ne hanno bisogno; e il non trovarlo apre in loro ferite difficili da rimarginare. La Chiesa, nostra madre, è impegnata a sostenere con tutte le sue forze la presenza buona e generosa dei padri nelle famiglie, perché essi sono per le nuove generazioni custodi e mediatori insostituibili della fede nella bontà, della fede nella giustizia e nella protezione di Dio, come san Giuseppe”. Nomadelfia ha fatto esperienza della paternità di don Zeno e oggi cerca di vivere la corresponsabilità educativa nei confronti dei figli.

LE ESPERIENZE DI DON ZENO

Don Zeno ricorda in varieoccasioni l’esperienzadell’importanza della fi-

gura del padre. Era ancora ragazzo e uno degli

zii, dopo una serie di disavventure,si uccide.

Il nonno, che era a capo diquesta grande famiglia patriarcale,dopo alcuni giorni va a prenderela nuora e i nipoti e a loro comu-nica: “D’ora in poi vostro padresono io”, affermando l’importanzadella figura paterna nell’educazio-ne e, nello stesso tempo, la pos-sibilità di sostituire una paternitàscomparsa.

Lo stesso Zeno, anche se nonrimane orfano, per riaffermare la

sua indipendenza dalla famigliava a studiare ospite di don Sisto.Cesare, il padre naturale, sottoli-neerà che non ha visto un padrevoler bene a suo figlio come ilprete di Fossoli vuole bene a suofiglio Zeno. Don Sisto e poi ilvescovo mons. Pranzini sarannodei padri per don Zeno.

Lo introdurranno nella fede,ma anche nel rispetto della co-scienza personale.

Zeno fa poi esperienza di unapaternità spirituale soprattuttocon S. Giovanni Calabria, tantoche i Nomadelfi, in anni succes-sivi, indirizzeranno un telegram-ma “al padre di nostro padre”.Da S. Giovanni Calabria, il gio-vane Zeno impara la fiducia nellaProvvidenza.

NEL NOME DEL PADRELA PATERNITÀ IN NOMADELFIA

La famiglia Saltini al completo. In prima fila da sinistra: Zeno, la mamma e il padrealla cui destra è la figlia Mamma Nina.

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LA PRIMA MESSA DI DON ZENO E IL PRIMO FIGLIO

Nella sua prima mes-sa Don Zeno si faràpadre, prendendo

come figlio Danilo detto“Barile”, appena uscito dalcarcere.

Con quel gesto, in cui sisupera un concetto diassistenza per donare una fa-miglia, nasce Nomadelfia. Etanti altri figli saranno rige-nerati nell’accoglienza eserci-tata prima da solo e poi conle mamme di vocazione econ le famiglie di coniugi.

Questa paternità non èriconosciuta il 5 febbraio1952, perché don Zeno vie-ne allontanato da Nomadel-fia con un decreto del S.Ufficio.

Danilo, il primo figlio,viene a conoscenza del fattoe scrive:

Sabato scorso mentre bevevoun litro in una osteria a Creu-sot dove lavoro in una fonderiaun francese mi chiede: italianoconosci Nomadelfia?

Prendo il giornale il titolodice: La città di Nomadelfia èrimasta senza suo padre. Allo-ra è morto, ho pensato. No,non è morto, è stato allonta-nato e vengono i salesiani.

Non capisco bene, l’articoloè confuso. Prendo il treno erientro in Italia. Corro a No-madelfia e mi faccio spiegaretutto.

Col Vescovo di Carpi hodetto: mi hanno colpito nelcuore allontanando mio pa-dre. Prima di ripartire dallaFrancia voglio vederlo. Mi co-stasse di andare a Milano aRoma o … Se non lo potrò

Fossoli, (MO), 1947. Ricostruzione dell’ex campo di concentramento.

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vedere gli lascio detto così: se è ne-cessario sono pronto a restare con te.Ricordo le tue parole quando sei di-ventato sacerdote e mi hai benedet-to: io sono pronto a morire ma devomorire per te. Anche se il Santo Uf-ficio non ti riconoscono per nostropadre, io, noi siamo tuoi figli.

Proprio in nome di questa pa-ternità, che è molto concreta, donZeno chiederà la laicizzazione “progratia”: si è impegnato ad esserepadre e non può mancare alla pa-rola data, pur non coinvolgendo laChiesa.

Per oltre otto anni questa pa-ternità gli costerà di non poter sa-lire l’altare, ma nel 1962 la Chiesagli riaprirà la strada facendolo par-roco dei suoi figli.

E le ultime parole saranno per iNomadelfi, per i suoi figli: Io vi hosempre visti e sentiti nel mio cuore, equesto lo avrete sempre. Vi benedicotutti e dormo, ma non dormo.

LA PATERNITÀ IN NOMADELFIA

La fraternità ha la sua originenel riconoscersi figli dellostesso Padre. Questo punto

di partenza è fondamentale per ca-pire Nomadelfia. Questo piccolotentativo in atto vuole mettere in

risalto la paternità di Dio: siamofigli di Dio e perciò siamo fratelli.

La conseguenza educativa diquesto fatto è la condivisione del-l’educazione. Non ci può esserepiù la distinzione tra l’attenzioneper il “figlio mio” e il disinteresseper il “figlio tuo”, perché anche inostri figli sono fratelli.

Rimini, 27 agosto 1967. Don Zeno suonala fisarmonica a un matrimonio.

Nomadelfia, (GR), gennaio 1962. Inoccasione della Seconda prima Messa,Don Zeno abbraccia Danilo, detto Barile,il suo primo figlio.

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In Nomadelf ia s iconquista perciò unaunità educativa. Questadiventa una base im-portante per la crescitadi un figlio, che non sitrova infatti in balia diadult i che lo s trat-tonano da una parte odall’altra perché le lorovisioni pedagogiche so-no diverse.

Papa Francesco il 4febbraio scorso, durantel’udienza, ha detto tral’altro: “Un buon padresa attendere e sa perdo-nare, dal profondo delcuore. Certo, sa anchecorreggere con fermezza:non è un padre debole,

Don Zeno con i bambini, in immagini degli anni ‘60 (a destra foto di Ugo Mulas).

Di fianco: 22 gennaio 1962, don Zeno celebra la “seconda prima Messa”.

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arrendevole, sentimentale. Il pa-dre che sa correggere senza avvili-re è lo stesso che sa proteggere sen-za risparmiarsi”.

A proposito della capacità diperdonare, don Zeno, nel libro“Alle radici”, racconta che cosa glidisse una sera un suo amico, Dui-lio Fregni.

“Don Zeno, ho bisogno di dirleuna cosa... Sono venuto con leiqui a bella a posta... Lei è unacrobata...”. Io: “Perché?”. Egli:“Perché ho notato che in tutti que-sti anni che è qui con noi - l’à dèdal fati perdunedi! - ha dato dellefatte perdonate!”. Caro Duilio, hasaputo vedere, padre, amico, fra-tello, ha saputo vedere in me ilmiracolo dell’amore, della rinasci-ta; per cui ha completamente di-menticato le mie cattiverie.

Tutta l’esperienza comunitarianon può essere continuata senon c’è il perdono, che è la tra-duzione umana del perdono diDio. Il perdono è la grande pos-sibilità che Dio offre all’uomo diripartire da capo, di rinascere, didimenticare tutto il passato. Nonci può essere vita fraterna, senon c’è questa volontà di dare alfratello la possibilità di ricomin-ciare, di aprire una nuova paginanel cammino della vita.

Condividere la responsabilitàeducativa nei confronti di tutti ifigli è una grande scuola per aiu-tarci a non assolutizzare la nostrapresenza, né a giustificare la no-stra assenza. Insieme possiamoessere dei piccoli frammenti checercano di rimandare alla figuradel Padre, che ci ha presentatoGesù, a Lui che sa amare oltreogni nostra immaginazione uma-na e ci aspetta sempre.

Francesco di Nomadelfia

DIO È GENEROSO. LA GENEROSITÀ SENZA RESTITUZIONE.

NON PASSARE SULLA TERRA CON GLI OCCHI DELL’ANIMA CHIUSI.

RAFFINARE L’ANIMA PER VEDERE L’AMORE DI DIO. L’AMORE DI DIO, QUANDO SI È CAPITO,

SI SA ANCHE RESTITUIRLO AI FRATELLI (DON ZENO 1959)

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14 NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

Dopo un incontro fraterno traalcune famiglie della ParrocchiaNostra Signora di Guadalupe aMonte Mario e le famiglie diNomadelfia è uscito nel giornalinoparrocchiale “L’Eco di Guadalupe”una riflessione ed un resoconto sullagiornata vissuta insieme.

È importante trovare dei mo-menti di condivisione tra le famiglieper cercare di realizzare un cammi-no di solidarietà e aiuto reciproco.Don Zeno ci insegna a coglierequalsiasi occasione, specialmente

nelle famiglie per ricercare l’unità ela fraternità. E questo specialmentequando si tratta di famiglie che sipropongono di incontrarsi attornoalla Parola, all’Eucarestia, al vivereinsieme fraternamente. Siamo statilieti di vivere una giornata fraternacon le famiglie della parrocchia e didire loro “quanto è bello che i fratel-li vivano insieme”. È una piccolaesperienza che portrà dare luogo anuovi incontri fino ad unacollaborazione fraterna nella vitadella nostra comunità parrocchiale.

A Nomadelfia una giornata di spiritualità per le nostre famiglie.“L’amore è la nostra missione: la Famiglia pienamente viva”

Il 4 gennaio, le famiglie dellaparrocchia hanno trascorsouna giornata di ritiro e di fra-

ternità presso il centro familiare diNomadelfia, che esprime nella ac-coglienza, la propria vocazione allasolidarietà familiare ed alla leggedi fraternità.

La riflessione è stata guidata daDon Virginio di Nomadelfia, sulleorme del discorso del Santo Padre

FAMIGLIE SI INCONTRANO PER SCOPRIRE“QUANT’È BELLO CHE I FRATELLI VIVANO INSIEME”

FAMIGLIADI FAMIGLIE

E PARLARE SULLE MODERNE SCHIAVITÙ CHE CONDIZIONANO LA VITA E RENDONOSCHIAVI DEI FALSI BISOGNI.SCHIAVI DI SE STESSIQUANDO UNO SI ERGE A UNICO GIUDICE NELLA SCELTA FRA IL BENE E IL MALE.

Nomadelfia, (RM), 4 gennaio 2015. Messa a conclusione della giornata con lefamiglie della parrocchia Nostra Signora di Guadalupe.

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15NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

per la giornata della Pa-ce, e della lettura origi-nale della lettera di SanPaolo Apostolo a File-mone. Don Virginio hapreparato un’interessan-te esposizione con im-magini suggestive e toc-canti sulle moderneschiavitù e sulle scelte divita quotidiana che ognifamiglia è chiamata afare.

Il punto essenzialeda cui partire e da cuinon si può prescindere,è il riconoscimento del-la dignità altrui: guar-dare ogni uomo in tut-to il proprio valore,perchè fatto a immagi-ne e somiglianza di Dio, è la chia-ve per costruire saldo il matrimo-nio, per accogliere ed educare i fi-gli, per aprirsi alle altre famiglie inun clima di solidarietà e di affettoreciproco.

Le famiglie presenti hanno ri-flettuto sulle moderne schiavitùche condizionano la nostra vita:essere schiavi del lavoro, conside-rato non più mezzo di valorizza-zione ma scopo ultimo del viverequotidiano; essere schiavi dei falsibisogni, inculcati da questa nostramodernità nel vuoto che adulti eadolescenti non riescono a colma-re; essere schiavi di se stessi, erettia unico e supremo giudice nellascelta etica fra il bene e il male, fraciò che è degno di vivere o di mo-rire, di essere elevato nella scala so-ciale o disprezzato perchè misero,diverso, poco efficiente; essereschiavi delle cose, da cui non riu-sciamo a separarci o ad utilizzarecome mezzi e non come fine.

Certamente riconosciamo lapresenza di alcune di queste schia-vitù proprio nelle nostre famiglie,fra i nostri ragazzi, nel quartiere.

E’ difficile interagire con un siste-ma così distorto, specie se l’uomonon è più in grado di discerneresecondo valori “non negoziabili”(la dignità altrui, la vita, la morte,l’anzianità, la libertà, il servizio enon l’asservimento) o non è piùcapace di farsi aiutare in manieraconcreta nell’illuminare la propriacoscienza.

A fronte di tali sollecitazioni, lefamiglie si sono interrogate su cosafare in casa, nel quartiere o nellacomunità parrocchiale. Sono stateproposte alcune iniziative:

- promuovere incontri culturalicon economisti per migliorare l’at-tenzione alle necessità altrui senzaperdere di vista l’organizzazionedella propria famiglia;

- conoscere le attività del Cen-tro di ascolto e del gruppo Caritasdella parrocchia per essere sensibi-lizzati alle necessità del quartiere;

- invitare adulti volontari a par-tecipare alle iniziative di gestionedel campo sportivo e dei giochinel giardino della parrocchia;

- creare occasioni di incontro eriflessione su argomenti sensibili

(bioetica, morale, educazione deifigli, insegnamento della Chiesa)adatti a adulti ed adolescenti.

Di sicuro, è desiderio comuneaumentare e migliorare gli incon-tri familiari, affinchè le famiglie sisostengano con l’esempio recipro-co, la solidarietà, la preghiera.

Dopo aver pranzato insieme al-le famiglie di Nomadelfia, in sere-na fraternità, abbiamo celebratol’Eucarestia con adulti e ragazzi,esprimendo come un cuore solo ilringraziamento e la condivisione,la preghiera e il servizio reciproco.

Alla fine della giornata ci ri-portiamo nel cuore questo grandemomento di condivisione spiritua-le e materiale, l’impegno a darcida fare per le famiglie, i figli e ingenerale tutta la comunitàparrocchiale.

Con entusiasmo allora ci pre-pariamo al prossimo appunta-mento, per il giorno 22 febbraio,con un nuovo incontro per la fa-miglia parrocchiale, “famiglia difamiglie”, sempre nella splendidaamicizia di Nomadelfia.

Giorgio Fumagalli

Nomadelfia, (RM), 4 gennaio 2015. Pranzo nel gruppo familiare Giovanni Paolo II con le fami-glie della parrocchia Nostra Signora di Guadalupe.

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16 NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

C i ha lasciato MammaMargherita di Noma-delf ia. Margherita

nasce a Brandola di Polina-go, nell’Appennino modene-se, l’8 giugno 1919, in unafamiglia povera. Nel 1946conosce Nomadelfia, dopopoco meno di un anno vi en-tra e si dona completamentea fare la mamma ai figli cheper vari motivi l’hanno per-duta. Per tutta la vita haripetuto la maternità della

Madonna che ama i figlidell’Amore di Dio.Il 14 febbraio 2015, nelladata, che ha tanto amato,perché ha rappresentato ilriconoscimento della sua vo-cazione alla maternità, ilSignore l’ha chiamata a sé.Vogliamo ricordarla con lesue parole durante un in-contro con i figli della scuo-la familiare nel quale haraccontato la sua chiamata ela sua vita.

MAMMA DI60 FIGLI

MARGHERITA

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17NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

L’INCONTRO CON NOMADELFIA

Ho conosciuto Nomadelfia nelmaggio del 1946, quando ancoraera l’Opera Piccoli Apostoli.

Mi trovavo a Modena e vivevopresso una famiglia dove lavoravocome domestica.

Una mattina, andai a com-perare “Alba” e trovai un articolointitolato “Un mazzo di figli, unacasetta e un amore di mamma”.Questo articolo parlava di don Ze-no e diceva che a S. Giacomoc’erano dei bambini raccolti tra lo-ro in famiglie e che c’era a capo unragazzino più grande. Questa cosami fece molto soffrire.

Decisi di andare a vedere dipersona. Andai a S. Giacomo unadomenica e vidi i bambini che al-l’ora della merenda andavano daIrene.

Andai con loro e vidi un bam-bino malato che abbraccia Irene ela chiama “mamma!”. Per me quelgesto fu una cosa incredibile per-ché era la stessa cosa che facevamia mamma quando ero piccola.

Mi licenziai e poi entrai il lunedìdi Pasqua, il 9 aprile del 1947.

A S. GIACOMO RONCOLE

Quando sono arrivata nonc’era neanche un letto: in assenzadi don Enzo mi hanno messo adormire nel suo ufficio in unabranda militare, senza lenzuola,con solo una coperta. C’era unafame! Dicevo: “Chi me lo fa fare?Però se ci riescono loro ce la devofare anch’io”.

Al mattino bisognava andarealla fontana a prendere l’acqua perlavarsi. Io abitavo in casa di perso-ne benestanti ed ero vestita bene,avevo tutte le comodità. È statoun taglio netto. E poi lasciare lafamiglia, lasciare tutto è stato undistacco molto forte.

UNA MATERNITÀ COMEQUELLA DELLA MADONNA

Sono andata nel campo di con-centramento di Fossoli il 19 mag-gio 1947.

Una notte mi addormentaipiangendo e pregando; e feci un

sogno che ha deciso tutta la miavita.

Al mattino, esco e vado in uffi-cio da don Zeno. Busso alla portae lui mi dice: “Cosa vuoi a que-st’ora? Che cosa c’è?”. Io piangevo,non riuscivo a parlare: “Don Ze-no, ho deciso, mi faccio mammadi vocazione”.

“Ma sei piccolina... lo sai cosavuol dire mamma di vocazione?Non ti danno mica dei bambinipiccoli che poi crescono con te.Ti arrivano dei ragazzi grandi”.Gli raccontai il sogno. Ero ingi-nocchiata per terra e gli ho ba-gnato tutta la veste di lacrime. Edon Zeno dice: “Allora, se è vo-lontà di Dio...”. Si è fatto il se-gno di croce davanti a me “Siafatta la sua volontà. Ma staiattenta perché la tua maternitàdeve essere come quella dellaMadonna. Sei sicura? - e indican-do una statuina che aveva sullascrivania – quella li ama tuttiugualmente. Sarai sicura di farequesto?”. E io dissi: “Sì, don Ze-no, sono sicura”. “Allora recitacon me l’Angelus”.“Ecce AncellaDomini… fiat voluntas tua”.

Margherita nel 1961con i bambini del suo gruppo familiaree alcuni ospiti.

Margherita nel 1961con i bambini del suo gruppo familiaree alcuni ospiti.

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18 NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

Il 14 febbraio 1948 abbiamofirmato la Costituzione. Primadella firma don Ennio, don WalterMarchi e don Zeno mi hanno fat-to dire tre “sì”: se ero fedele allamia missione; se amavo il popolo;e se avrei amato tutti i figli alla pa-ri, qualsiasi età avessero. Questo èstato il terzo “sì”, il più difficileperché i bimbi non sono tuttiuguali: se vengono da grandi, sevengono dalla prigione, se sonoragazze tolte dalla strada... È unamaternità difficilissima. In quelmomento ero tanto commossa cheil “sì” è uscito da solo. Così hocontinuato la mia missione: sonoandata a prendere un figlio a Mo-dena, poi sono arrivati gli “scarti-ni” da Roma.

LA “STRAGE DEGLI INNOCENTI”

Dopo c’è stato il periodo del‘52, con il tentativo di scioglimen-to di Nomadelfia: una sofferenzaenorme. Sono stati i momenti piùdolorosi, perché mi hanno portatovia tanti figli e non li ho più rivi-sti; ci avevano proibito di andarli atrovare.

Il momento più doloroso è av-venuto per due bimbi, uno diquattro anni e Davide di due annie mezzo, che avevo preso a nove

mesi. L’ho dovuto portare perso-nalmente al Gaslini di Genova enon si staccava dal mio collo. Ilfratello di quattro anni era più in-differente, mentre lui era attacca-tissimo e gridava: “Voglio la miamamma!”.

Ho sofferto moltissimo perchésentivo le grida da lontano e nonci potevo fare niente. Ho piantotanto. Non avevo più il coraggiodi entrare in casa perché vedevotutti i posti vuoti, i letti vuoti. In-vece di andare in casa andai inchiesa a piangere.

IL TRASFERIMENTO A GROSSETO

Nel ‘52 siamo venuti a Gros-seto: quanta fame! Al gruppo Su-ghera, abbiamo costruito una ba-racca, l’abbiamo finita per il Na-tale del ‘54, ci sembrava una reg-gia: era la prima volta che si man-giava in una casa. Mettevamo igiornali per tappare le fessure traun’asse e l’altra perché non en-trasse il vento.

“HAI LE SPALLE ROBUSTE?”

Un mattino don Zeno mi chia-ma: “Hai le spalle robuste? Fa ve-dere se possono resistere a qualche

colpo”. Mi ha battuto le mani sul-le spalle. Poi mi dice: “Ti devo af-fidare una missione molto impor-tante. Sai perché ti ho chiesto sehai le spalle robuste? Stamattina tiaffido 11 figli. Li devi amare mol-to, molto, perché questi sono mol-to in sofferenza”. Io ne avevo altri5 e così sono diventati 16.

UN RICORDO DI DON ZENO

A Roma, nel 1959, una seranon erano rimasti che un po’ di pa-ne e un po’ di latte, e non avevamosoldi per comperare niente. Allorasiamo andati alla chiesa di S. Ca-millo e appena dentro la chiesac’era la cassettina delle offerte conscritto: “Per le anime del purgato-rio”. Don Zeno cerca nei suoi ta-schini e tira fuori una lira da unaparte, una dall’altra e poi fa un ro-tolino e le infila nella cassettina. Siè vuotato le tasche, e siamo rimastilì a dire il Rosario intero. I bambinierano irrequieti perché erano stan-chi di stare in chiesa. I bambiniavevano fame. Arriva dentro unuomo tutto smunto e si è messo asedere dietro a noi e ha detto il Ro-sario con noi. Don Zeno dice: “An-diamo ad accompagnare quell’uo-mo”. Gli ha chiesto: “Dove abita?”.“Fuori Porta S. Paolo”. Andiamoad accompagnare quest’uomo, arri-vati, ci saluta e ci ringrazia.

Finalmente siamo arrivati alnostro appartamento. Arrivati suabbiamo trovato davanti alla portaun signore con una busta rossa perdon Zeno. Veniva da Venezia. Adon Zeno scadeva una cambiale:ci avrebbero tagliato i fili del tele-fono e ci avrebbero tolto il gas e laluce. Dentro la busta c’erano i sol-di per pagare la cambiale e i soldiper la spesa. Io sono uscita a fare laspesa, nel pomeriggio don Zeno èuscito a pagare diverse cose e sia-

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19NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

mo rimasti di nuovo senza un sol-do. La sera non avevamo più ne-anche un centesimo.

I FIGLI SONO SESSANTA

Un giorno ho scritto tutti i nomidei figli e sono arrivata a 60, manon so se me li sono ricordati tutti.

Per quanto mi siano costati tantisacrifici, anche se ero tanto esile edelicata, il Signore mi ha aiutata. IlSignore dà delle forze particolari enoi non ci rendiamo conto.

I FIGLI DI PRIMA MEDIA E DELLE ELEMENTARI LA RICORDANO E SALUTANO DURANTE LA MESSA CON QUESTE PAROLE:

Cara Margherita,per noi sei stata una nonna af-

fettuosa sempre allegra e sorridente. Ti abbiamo conosciuta che eri

già anziana ma nonostante l’etàavanzata eri molto attiva, semprelaboriosa e di grande generosità.Nel corso della tua vita hai fattotanti sacrifici.

Alcuni di noi hanno vissutonel gruppo familiare con te e tihanno sentita sempre presente etramite i tuoi numerosi raccontici trasmettevi la bellezza della vitain Nomadelfia.

Ti ricordiamo in sartoria sedutadavanti alla macchina da cucire apreparare i costumi delle danze.

Ci ha colpito la coincidenzadelle date della tua entrata in No-madelfia e del tuo passaggio allaVita Eterna sempre il 14 febbraio.

Ora seguici dall’alto e continuaa proteggere Nomadelfia.

Ti vogliamo beneI figli di prima mediaDorotea, Sara, Daniele, Dario,Jonatha, Marco, Chiara, Maria

Cara Margherita,quando venivamo a trovarti eri

sul tuo letto e quando ti salutavamoci regalavi sempre una caramella.

Da quando sei venuta a No-madelfia sei sempre stata sor-ridente e anche durante la tua ma-lattia non hai mai fatto vedere chesoffrivi. Siamo molto contenti chetu sia andata in Paradiso perchèora non soffri più. Diletta

Quando mi hanno detto cheeri volata in Cielo, subito mi è ve-nuto da piangere, però poi hopensato che eri andata a stare vici-no a Gesù Agnese

Cara Margherita,mi ricordo quando ti venivamo

a trovare e ti portavamo un mazzodi fiori e tu eri contentissima. Oranon soffri più e corri per il Paradiso.

Tarcisio

Quando abbiamo saputo che ilSignore ti aveva voluto con sé cisiamo rattristati. Tu nella vita haifatto tante cose belle. Luca

Cara Margherita,siamo molto tristi che tu ci ab-

bia lasciato, però adesso sei conGesù e hai smesso di soffrire, que-sto ci fa pensare che se Dio ha vo-luto così sia giusto così. Ogni vol-ta che ti venivamo a trovare cisentivamo come essere in compa-gnia della mamma. Grazie pertutto ciò che hai fatto per tuttinoi bambini. Josef

Quando penso a te mi viene inmente il tuo sorriso. Ora ci rallegrache Dio ti ha voluto accanto a sè.

Ciao Margherita, Buon Viaggio!Marisa

Nomadelfia, (GR),16 febbraio 2015.Momenti del funerale di Margherita.

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20 NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

ISOLE60 ANNI FANASCEVA A NOMADELFIAIL GRUPPOFAMILIARE

NON PIÙ

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21NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

GARANTIRE AI FIGLI L’AVVENIRE E LA VITA.

È un’esigenza stare insieme,perché il fratello che è aiutato dalfratello è forte: come una città,una fortezza.

Dio ha scritto queste cose nellanatura: bisogna garantire la certez-za che i figli non sono abbando-nati. Il gruppo familiare è unalegge di natura, data da Dio. An-che i non credenti devono farlo

Risponde ad una esigenza dellasocietà e della famiglia: assicurareai figli e a se stessi la continuitàdella vita affinché qualsiasi dis-grazia possa essere superata.

AL BAMBINO SI DEVE IL MASSIMO RISPETTO

Gli affetti egoistici che ci sononelle donne e negli uomini per ifigli sono sbagliati. Al bambino sideve il massimo rispetto, la riv-erenza! È riverenza questo gioco disoddisfare se stessi? Il figlio è unaresponsabilità

Dicono che i figli riempionoun vuoto. Non sono mica dei tu-raccioli! Dice: “Voglio un figlio odue perché riempio un vuoto”. Tuinvece assumi una responsabilitàsu di loro e guai a coloro che limortificano.

L’AMORE DI CRISTO RISOLVE I PROBLEMI

È un’esigenza naturale fare inmodo che le famiglie si sostenganol’una con l’altra. Per sostenere la

famiglia ci vuole l’amore di Cristoche è di tutti e che non è né mas-chio né femmina, né piccolo négrande, perché è lo spirito cheama e risolve serenamente i prob-lemi di chi ha bisogno. Giacchéabbiamo bisogno tutti di amore edi affetto, bisogna stare insieme.

IL BAMBINO DEVE SENTIRSI AMATO DA TUTTI

Quando voi prediligete unbambino di fronte ad un altro,mortificate i figli. Il bambino devesempre sentirsi amato da tutti e vadalla mamma perché lo cura e hada Dio questa missione.

UN GRUPPO UNITO ALL’ALTRO

La famiglia isolata non può ri-solvere il problema, lo risolve solose è unita alle altre. Se poi ognigruppo familiare è unito all’altrogruppo, salta fuori la società fon-data sulla fede e sul Vangelo. “Tut-to quello che è mio è tuo e tuttoquello che è tuo è mio, così sianoessi”, quando Nomadelfia vive cosìnon c’è neanche bisogno di par-lare, la gente vede e sente la fede,sente che c’è qualcosa di diverso. Equesta diversità è appunto la ca-pacità di vivere fraternamente.

Fossoli, (MO), 1948. Le famiglie di Noma-delfia fotografate da Federico Patellani.

FONDAMENTO DEL GRUPPO FAMILIAREAlcuni brani tratti da un discorso di don Zeno a Montauto(AR), l’8 novembre 1972 .

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Giovanni M. di Nomadelfia

NOMADELF IA HA OSP ITATOIL 22° CONVEGNO DELL’ASSOCIAZIONE

“PREVENIRE È POSSIBILE” SUL TEMA DELLA PATERNITÀ

Il 4 Febbraio Emilio Testolin di Abano Ter-me (PD) è partito per la Vita Eterna. Cipiace ricordarlo qui perché Nomadelfia è

stata per lui la seconda famiglia. e come tale sicomportava.

Per quasi 30 anni è stato amico e collabora-tore, e ci veniva a trovare spesso con la mogliePierina. Per qualsiasi necessità, era sufficientechiamarlo che subito si metteva disposizione nelfare o rifare pavimenti, pareti, ristrutturazionedi ambienti, e anche incidere le lapidi del picco-lo cimitero diNomadelfia.

Era attrattoda questo no-stro modo divivere e ha sa-puto trasmet-ter lo a chi lofrequentava.

Con il passa-re degli anni an-che i suoi amicici venivanopuntualmente atrovare. E il suoparroco era contento che collaborasse con noi,tanto che era venuto con diversi parrocchiani avisitare Nomadelfia.

Ci ha voluto bene come un fratello, e comeun fratello si è comportato.

La sua dipartita ci rattrista, ma in Paradisoavrà ritrovato parte della “sua famiglia”, e i No-madelfi lo avranno accolto come uno di loro.

Luisa P. di Nomadelfia.

EMILIO TESTOLINNOMADELFIA ERA LA SUA SECONDA CASA

Emilio Testolin a Nomadelfia.

Nomadelfia, (RM), 14 e 15 febbraio.

Convegno sulla paternità.

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CON AMBROGIOFOGAR A CASTIGLIONE

Sabato 13 Dicembre 2014 ibambini dalla prima allaquarta elementare sono stati

a Castiglione della Pescaia, ove èallestita la mostra “Fogar è qui”,intitolata ad Ambrogio Fogar e al-la sua memorabile impresa.

Nato a Milano il 13 agosto1941, Ambrogio si è sempre ci-mentato in sport estremi: dall’alpi-nismo, al paracadutismo, al volo...

Dopo la lettura di un articolo suun giornale di settore, decise di an-dare a Castiglione per comperare ilSurprise, una imbarcazione di 11metri costruita da Niccolò Piccinelliche quell’anno aveva fatto scalpore

nell’ambiente nautico. Con talebarca Fogar partecipò a varie garevelistiche fino a che, dopo il ritor-no dalla regata Città del Capo -Rio de Janeiro, decise di buttarsiin un’impresa che nessun italianoaveva mai tentato: il giro del mon-do in barca a vela, in solitario.

Dopo adeguate lezioni e studispecifici, il primo novembre 1973si ritenne pronto e, con il suoamato Surprise, salpò da Castiglio-ne, ritornando dopo 402 giorninel medesimo porto. Durante ilviaggio capitarono molti im-previsti, tempeste, avarie, ca-povolgimenti dell’imbarcazione,collisioni con un mercantile e conuna balena ma riuscì sempre a ca-varsela grazie alla ricetrasmittentecon cui, dando proprie notizie inpatria, riuscì a trovare molti con-nazionali o meno che sul suo cam-mino, ogni volta che doveva fer-

marsi in qualche portodi ventura, lo aiutava-no, sentendosi parte-cipi di quella impresache stava facendo il gi-ro del mondo tenendotutti col fiato sospeso.

Il 7 dicembre, gior-no di San Ambrogio,1974 il Surprise col suocomandante approdò,fra le urla e gli applausidi ogni età. Dopo aver-ci raccontato questaavvincente avventura,Patrizia Guidi, l’ac-compagnatrice, ci hamostrato modellini, ar-ticoli di giornali, videodi cui era allestita lamostra, mentre Luisadel Valle le faceva eco,invadendo con i suoiracconti l’aria di spu-ma, odor di salsedine efragore di onde.

In seguito la secon-da ci ha accompagnatosul molo di Castiglionedove abbiamo cono-sciuto Rocco e Beppedue pescatori del po-sto. Il primo ci ha fattosalire sulla sua barca,mostrandoci le parti dicui è composta edescrivendoci il suo la-voro che inizia alle tredel mattino.

Questa gita ha per-messo di poter vedere ecomprendere quanto ilmare non sia solamentedivertimento o sport,ma anche lavoro e fati-ca... nonché poesia.

Letizia A.

23NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

FOGAR UN AUDACE GIRAMONDO

Castiglione della Pescaia, (GR), 13 dicembre 2015. Ibambini delle elementari di Nomadelfia, visitano lamostra “Fogar è qui”.

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24 NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

Dopo aver incontrato lapartecipazione e l’atten-zione di tanta gente a

Grosseto a Mirandola (MO), aMilano al Teatro Nuovo in piazzaSan Babila e a Como, la Comme-dia Musicale “I ragazzi di don Ze-no”, verrà proposta a Roma all’Au-ditorium Conciliazione.

Nomadelfia viene a Roma perriaffermare l’importanza di que-sta città nella sua storia, sia nel-l’impegno sociale e politico chenel l ’amore di don Zeno a l laChiesa

Tra i tanti episodi di questa sto-ria un fatto è da ricordare. L’8marzo del 1948 don Zeno e lemamme di Nomadelfia hanno

svuotato il brefotrofio romano e120 “scartini” sono stati accolti trai figli di Nomadelfia.

La travolgenza della CommediaMusicale abbraccia gli spettatorisin dall’inizio e li accompagna allascoperta di una realtà nuova e at-tuale.

Attraverso la vita di don Zeno,si risale alle fondamenta di Noma-delfia, un popolo che nasce nelcuore della sofferenza umana perdare una risposta alle necessità del-l’uomo.

Prima tra tutte la famiglia.I giovani sbandati, i piccoli de-

linquenti trovano una famiglia,una mamma, un padre, scoprono ifratelli.

È proprio durante la PrimaMessa, il 6 gennaio 1931 che donZeno chiarisce questo concetto al-la Chiesa e al mondo, prendendocome figlio Barile, un giovane ap-pena uscito dal carcere. Un gestonon isolato ed eccentrico ma lega-to ad altri gesti vissuti nellaquotidianità della vita tra gioie etanti dolori, preoccupazioni, spe-ranze, pensieri, sogni. Un gestoche comporta delle responsabilitàe degli impegni ai quali don Zenonon vuole sottrarsi ma anzi ab-braccia, sicuro di fare la volontà diDio. Con la sicurezza di non cer-care il suo interesse ma quello diDio, sarà portato ad affrontare lepiù ardue strade senza venire me-

UN INVITO E UN INCONTROPER RACCONTARVI LA NOSTRA STORIA

Roma, marzo 1948.Nomadelfia accogliecome figli 120 “scarti-ni” del brefotrofio diRoma.Don Zeno tra i “suoi”nuovi figli.

(In basso) Giustina, una “mammi-na” di Nomadelfia avvicina un bambino.

(A destra)Carpi, (MO), marzo1948.Il pullman cheha portato i bambinidalla stazione al cam-po di concentramentodi Fossoli.

(In basso)Zaira, mamma di vo-cazione, aiuta a scen-dere la nuova figliaSandra dal finestrinodel treno.

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UOMINI E PROFETI STORIEDEL 06/12/2014

RADIOTRENomadelfia: la legge della fraternità

con Alda Benzi, FrancescoMatterazzo, Raffaele Ma-siero, Susanna Scifoni chehanno partecipato per raccon-tare la comunità di Nomadel-fia dove vivono:

“Nomadelfia èuna comunità, maanche una civiltà, èun luogo, immersonella campagna to-scana, ma ancheun’utopia, natadalla visione radi-calmente evangeli-ca del suo fondato-re, don Zeno,scomparso nel1981, che sulla fra-ternità ha fondatoogni legge e il mo-do di stare nelmondo. Abbraccia-re il Vangelo e concretizzarloprima di tutto in un pasto e inun letto offerto agli orfani, chein migliaia, dagli albori di que-sta esperienza ad oggi, vi hannotrovato calore materno, paternoe fraterno. Alda, “mamma divocazione”, ci racconterà la te-nerezza di questa missione, im-perniata sulla complicata vicen-da umana di don Zeno e segna-ta dai nodi nevralgici della sto-ria del nostro paese e delle sueistituzioni politiche e religiose;

su questo farà luce Fran-cesco, presidente di Noma-delfia. Mentre una coppia digiovani sposi nomadelfi, Raf-faele e Susanna , c i ac-compagnerà nei dettagli di que-sto vivere profondamente alter-nativo, nei ritmi e nella proget-tualità del popolo di Nomadel-fia, incondizionatamente cen-trato sulla norma dell’amore...”

La trasmissione si può ascol-tare su Internet.

RAISTORIA

La famiglia italiana e la suaevoluzione sono al centro dellapuntata di Eco della storia.

Gianni Riotta, in studiocon il prof. Paul Ginsborg,conduce il percorso che dallafamiglia tradizionale ci portaalla modernità dei nostri gior-ni. E anche in questa trasmis-sione si è parlato dell’esperien-za di Nomadelfia.

25NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

no all’impegno di paternità verso ifigli che ha accolto.

La Commedia Musicale alternamomenti lieti e tristi, grandi con-quiste e drammatiche sconfitte.

Sono i momenti di intensaemozione della storia di No-madelfia.Tutto questo è possibilegrazie alla professionalità e di-sponibilità di Franca De Angelisper la sceneggiatura, Anna Ciancaper la regia, dei coreografi SarahLewis e Pierluigi Grison, del diret-tore della fotografia Cesare Bastellie di tanti altri.

Un grazie speciale a tutti i figlidi Nomadelfia che con di-sponibilità e semplicità fanno vi-brare le corde profonde dell’animoumano alla ricerca di giustizia, so-lidarietà, gioia, amore.

I Nomadelfi

LA RAINE PARLA

Dalla commedia musicale “I ragazzi didon Zeno”.

Nomadelfia, (RM). Condivisione, prima di cena, conle famiglie in ricerca.

Page 26: Nomadelfia n1 2015

26 NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

Articoli di giornali che rac-contano piccole e grandistorie di un’umanità in

continuo cambiamento. Storia quotidiana, semplice, di-

retta, inseguita e fermata sulla car-ta giorno per giorno nel fluire in-calzante degli eventi.

Nell’archiviostorico di No-madelfia tuttoquesto è con-servato congrande cura; c’èla storia di unpopolo che hamosso i primipassi in un Italiadei primi del‘900, c’è donZeno Saltini sa-cerdote emilia-no dal carattereforte e dal cuoregrande, ci sonolettere, registra-zioni, tes i dilaurea e tantidocumenti.

C e r c a n d oqualcosa chepotesse collega-re Nomadelf iaalla città di Co-mo tanti sonosono stati i gior-nal i come LaProvincia , La

voce di Como, L’Ordine chehanno scritto qualcosa sulle vi-cende di Nomadelfia.

Una delle prime notizie chegiunge a Como è degli anni Cin-quanta: “Ho visto Nomadelfia cit-tà di bambini santi e pazzi” . L’ar-ticolo appare su La Provincia.

Nomadelfia allora si trovavanell’ex campo di concentramentodi Fossoli, vicino a Carpi (Mo),

che aveva trasformato da luogodella barbarie nella città dove lafraternità è legge.

Per chi conosce gli eventi diNomadelfia, è un percorrere a ri-troso della sua storia di gioie,sconfitte, conquiste e umiliazioni.Tra i tanti titoli si può leggere:“Ritorni al primo cristianesimo”,“Interessante dibattito sul tema:Nomadelfia”, “Nomadelfia: mes-saggio vero”, “Attorno a noi ungerme di speranza”, “ Per due sera-te in piazza Cavour gli spettacolidi Nomadelfia” “Arrivederci, No-madelfia!”

L’effetto che i titoli comuni-cano è interessante e coinvol-gente. Scorrendo quei fogli scritticon caratteri minuti e corredati dafotografie ormai ingiallite daltempo, si attraversa, come in con-troluce, il divenire di un popoloche si presenta ricco di spunti e diriferimenti forse non del tuttoconsiderati nel loro giusto valore esignificato.

Dopo l’allontanamento di donZeno nel 1952, la villa della con-tessa Maria Giovanna AlbertoniPirelli a Tremezzo, sul lago, diven-ta il rifugio in cui don Zeno cercaun po’ di serenità nel momentodella persecuzione di Nomadelfia.È lontano dai suoi figli e tutte lestrade sembrano impercorribili.

Sacerdote osteggiato dal Go-verno e da una parte della ge-rarchia ecclesiastica, che vive il suoministero nel farsi padre di miglia-ia di fanciulli nel 1953 sentirà

NOMADELFIA A COMO

Dalla Serata di Nomadelfia: la Tarantella e la Danza indiana.

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27NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

l’esigenza e la doverosa necessità diandare oltre il limite del possibile,chiedendo al papa la laicizzazione“pro gratia”, pagando in primapersona la radicalità e la sinceritàdella sue posizioni.

Don Zeno romperà gli indugidopo una riunione singolare. Gliadulti del consiglio direttivo diNomadelfia lo vanno a trovare aTremezzo. Per allontanarsi da gior-nalisti o da orecchie indiscrete ilgruppo con una barca va in mezzoal lago e lì i Nomadelfi richiedonofortemente a don Zeno di farequesto passo: senza il padre No-madelfia non può andare avanti.Don Zeno accetta e invierà al S.Padre la richiesta di laicizzazione.

Il ritorno a Como avverrà ametà degli anni settanta con “Leserate” di Nomadelfia.

Il 29 agosto 1974 La Provinciadi Como mandava un articolo,dopo gli spettacoli in piazza Ca-vour, con questo titolo: “Al calciola cittadinanza ha preferito“Nomadelfia”.

Ricordando questo fatto donZeno sottolineava: “A Como il po-polo ha preferito la testa ai piedi”.

E sottolineava le spese per icalciatori. Don Zeno già alloracriticava le grandi cifre che sispendevano per i giocatori sotto-lineando che lo sport doveva esse-re un giusto momento di ricrea-zione senza queste ingiuste pagheesorbitanti.

E proseguendo nel ricordo,don Zeno raccontava di un incon-tro avvenuto al termine dello spet-tacolo in piazza Cavour: “Uno eraanarchico, l’altro non so, in chiesanon ci andava. Mi hanno detto, fi-nita la serata: si ricordi don Zenoche Nomadelfia è di tutti e chenoi siamo fratelli, Nomadelfia èanche nostra. Perché hanno dettoquesto? È di tutti, abbiamo sentitola serata e abbiamo capito che sie-

te universali e Nomadelfia è ditutti. Si sente quando si viene co-me se entrassimo in casa nostra, siarriva lì e si sta insieme”.

La fraternità è veramentel’esigenza che è dentro il cuore

di ogni uomo. Per questo Noma-delfia con il suo richiamo allafraternità è una proposta per faredel mondo una casa dignitosaper tutti.

Sefora

Don Zeno con un sacerdote sul lago di Como.

La commedia musicale “I ragazzi di don Zeno”

LO SPETTACOLO OFFERTO AI GIOVANI È UN RICHIAMO ALLA FRATERNITÀ DEI POPOLI

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28 NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

Il 6 e 7 dicembre, presso ilgruppo familiare “GiovanniPaolo II” a Roma, si è svolto il

quarto incontro del centro studi diNomadelfia.

Con queste ulteriori date si èvoluto dare continuità alla serie diincontri iniziata l’anno scorso eche ha visto la partecipazione: il 14e 15 dicembre 2013 di don LuisRoson, docente di antropologia fi-losofica, il 3 e 4 maggio 2014 donGianni Fusco ha parlato della dot-trina sociale della Chiesa, infine, il27 e 28 settembre 2014 il salesianodon Carlo Nanni e il professorFrancesco Schino hanno esposto iprincipi alla base della pedagogia.

Quest’ultimo, nel fine setti-mana del 6 e 7 dicembre 2014, hatenuto una conferenza sul temaeducazione e formazione, alla qua-le ha assistito una quarantina dipersone tra postulanti, figli di No-madelfia e Nomadelfi prevalente-mente in età universitaria.

Come negli incontri prece-denti, le giornate si sono svolte indue momenti: nel pomeriggio disabato e nella prima parte dellamattinata di domenica il professorSchino ha esposto i concetti prin-cipali concernenti l’educazione e

la formazione.Invece, nellaseconda partedi domenicamattina ipartecipanti sisono divisi intre gruppi ehanno cercatodi ritrovarequanto spiega-to dal profes-sore nellapedagogia didon Zeno e diNomadelf ia ,tentando anche di rilevare even-tuali problematicità e riflettendosu possibili soluzioni.

È emerso che la pedagogia didon Zeno è la pedagogia evangeli-ca. Essa pone al centro l’uomo in-teso come spirito incarnato, chedeve educarsi ed essere educato se-condo il Discorso della Montagnae del Vangelo.

Don Zeno afferma che l’e-ducazione è far sì che “ciascuno,secondo la sua intelligenza possacapire quali sono le vere relazionitra l’uomo e tutto il creato e Dio”e tutto ciò che viene appreso nonpuò prescindere dall’esperienza.

Chiara G.

“La politica di Dio, la pedagogia di Dio, la giustizia di Dio vanno diffuse perché dobbiamo difendere i nostri fratelli. Allora ecco che nasce in noi il bisogno divino e umano di proiettare nel mondoquesta luce, questa realtà vivente sociale”.

Don Zeno 1971

NOMADELFIA IN BREVE

LA PEDAGOGIADI DON ZENOÈ LA PEDAGOGIA DI DIOINCONTRI A ROMASUL TEMA DI EDUCAZIONEE FORMAZIONE

Nomadelfia, (RM) 6 e 7 dicembre 2014. Incontri sul tema dellaeducazione e formazione.

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29NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

La primavera ci ricorda chedopo ogni inverno, perquanto lungo e rigido sia,viene il bel tempo; dopoogni notte, anche la piùbuia e nera, sorge il sole.Possiamo immaginare la so-cietà oggi per molti aspettisprofondata in un invernotriste e rigido ma appaionodei segni di cambiamento.Cogliere e vedere questi se-gni di speranza significamettersi in ascolto dei bi-sogni dell’uomo e delle ri-sposte del suo Creatore chevuole che la vita sia piena ein abbondanza per tutti.

Siete stati nelle campagne, infebbraio? Se uno non cono-scesse il susseguirsi delle

stagioni e in febbraio un conta-dino lo conducesse in campagna,là dove ci sono i prati, le viti, glialberi da frutto e gli dicesse:“Queste piante così brutte faran-no spuntare delle foglioline bel-lissime, fiori delicatissimi, chepoi faranno frutti: le ciliege, lepere, le mele, l’uva. Quello lì sa-rà grano. Questo prato darà fie-no e fiori”.

Impossibile, penserebbe l’al-tro, che da rami così brutti salti-no fuori fiori così belli, e poi

frutti. Eppure - dice il contadino– vedrai -. Ed ecco quelle piante,che erano state strapazzate dallaneve e dal vento, all’arrivo dellaprimavera, tutte rivivono. Que-sto soffio di primavera par chedica ai campi, che dica agli albe-ri, che dica a tutta la natura:guardate, vi prego, l’umanità habisogno di voi; se voi non vi sve-gliate, l’umanità dovrà morire.Ed esse, a questo soffio, comin-ciano a far spuntare le loro fo-glioline e rivestono di verde tuttoil mondo. Poi cominciano a darequei bei fiori.

“Abbiamo bisogno di grano e

la natura ci fa dei fiori. Abbiamobisogno di mele, e ci fa dei fiori.Abbiamo bisogno di pere, e ci fadei fiori”.

“Si, dei fiori. Faccio la pri-mavera, il sorriso. Vi preannuncio,nel mio sorriso, che vi nutrirò tut-ti”. E pian piano quei fiori cedonoil loro sorriso, cedono la loro vita,cedono la loro bellezza allo spun-tare del frutto.

Da una riflessione di don Zeno su“La giusta via”, marzo 1952

PRIMAVERAPRIMAVERAABBIAMO BISOGNO DI GRANO E LA NATURA CI FA DEI FIORI.ABBIAMO BISOGNO DI MELE E DI PERE E CI FA DEI FIORI.MA I FIORI SONO UN PREANNUNCIODEI FRUTTI, PERCHÈ LA NATURA È PROVVIDA.

POI I FIORICEDONOLA LOROBELLEZZAAI FRUTTI...

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Nomadelfia, (GR). I ragazzi delle superiori nel laboratorio di fisica, biologiae chimica.

30 NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

ANomadelfia di Roma il19 gennaio sono inizia-ti per gli adulti gli eser-

cizi spirituali. Due turni di 10giorni per rinvigorire lo spiritoe vivere sempre più intensa-mente la vocazione di cristianie di nomadelf i . Sono stat igiorni di riflessione particolaresulla chiesa domestica. Con-temporaneamente i giovanidai 14 ai 21 anni si sono tro-vati, sempre per gli esercizispirituali, al “Villaggio Cimo-ne” dell’Opera per la gioventùGiorgio La Pira, sull’Appenni-no tosco-emiliano. Dieci gior-ni intensi per ricreare lo spiritoed il corpo. Gli esercizi dei

giovani si sono conclusi conun pellegrinaggio a Lucca, alsantuario dedicato a santaGemma Galgani.

ESERCIZI SPIRITUALI

UN LABORATORIO DI FISICA

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31NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

Educare alla vita

GLOBALIZZAZIONEDELL’INDIFFERENZA

NOMADELFIA (RM).

SPESSO CALAMITÀ NATURALI COLPISCONO TERRITORI E POPOLAZIONI.

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NOMADELFIA È UNA PROPOSTA N. 1-2015

Anno XLVIII - Trimestrale • Aut. Trib. di Grosseto N. 1 - 8.3.1968 • Dir. Resp.: Pietro CarenaStampa: Tipolitografia Trullo - Roma - www-tipolitografiatrullo.itNOMADELFIA Grosseto • C.P. 103 - 58100 Grosseto • Tel. 0564 338243 Fax 0564 338233 C.C. Post. 11938586CODICE IBAN - IT81J0760114300000011938586NOMADELFIA Roma • C.P. 00135 • Via del Casale di S. Michele, 46 • Tel./Fax 06 30683485Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Roma

Internet: www.nomadelfia.it • www.donzeno.it • E-mail: [email protected] caso di mancato recapito inviare al CMP Romanina per la restituzione al mittente previo pagamento resi

NOMADELFIA E’ UNA PROPOSTA