New media per una nuova didattica
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“New media per una nuova didattica?”
da “INSEGNARE CINEMA”; M.Marangi-UTET
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Il ruolo dell’evoluzione digitale nell’ambito dell’attuale contesto mediatico non si limita ad offrire
maggiori opportunità tecnologiche, ma implica una nuova didattica degli
audiovisivi, la necessaria elaborazione di nuovi dispositivi di analisi, differenti
da quelli utili ad interpretare il testo scritto, e che, inoltre, implica anche la rivisitazione del concetto di istruzione.
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Le nuove tecnologie audiovisive e digitali, infatti, da un lato affiancano
nuovi strumenti e sussidi ai tradizionali materiali testuali scritti, ma, soprattutto, dall’altro lato, richiedono la necessaria
trasformazione dei moduli didattici, prendendo atto dei nuovi processi di
significazione diversi da quelli del testo scritto, caratterizzati dal carattere
reticolare e dalle dimensioni di multimedialità e interattività.
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Il libro, tradizionale strumento nell’ambito dell’apprendimento scolare,
non è semplicemente una risorsa materiale, ma concretizza una
pedagogia che possiamo definire “curricolare”, ben diversa dalla
“pedagogia multimediale”. .
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La trasformazione, allora, non può significare “ampliamento e aggiornamento dei programmi disciplinari”, che non consente il superamento
della ghettizzazione che per decenni ha “chiuso” i linguaggi audiovisivi, e i cinema nello specifico, in aree ricreative fine a se
stesse. E’ necessario, invece, provvedere ad una “revisione e ristrutturazione degli oggetti, dei regimi, delle forme del sapere formativo”, realizzando una pedagogia multimediale che , richiede “nuovi metodi” superando i
concetti di “analisi chiusa”, “scomposizione dei singoli elementi”, e di “controllo e
prevedibilità”, che caratterizzano la concezione statica e oggettiva del testo come
materiale su cui costruire interamente la conoscenza.
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“Complessità”, “interpretazione”, “molteplicità dei livelli dell’analisi”,
“intertestualità e interdisciplinarietà”, sono, invece, i parametri entro i quali
concretizzare una valida trasformazione in campo pedagogico, prevedendo
percorsi integrati con le altre discipline insegnate e anche con l’extrascuola, e
non provvedendo a superficiali aggiustamenti di discipline e attività
occasionali.
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“Una nuova pedagogia multimediale modifica la didattica tradizionale e,
prima di tutto, il rapporto tra insegnante e studente.
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Alla rigidità del programma va sostituita la flessibilità delle procedure comunicative e finisce, così, per decadere la centralità del “contenuto in sé” <<…a vantaggio di una
maggiore attenzione verso l’atto interpretativo, che coinvolge maggiormente la soggettività
del discente>> (New media per una nuova didattica? Da Insegnare cinema
pag 214).
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Va quindi rivista la posizione del docente, non più come “autorità
dogmatica” ma come autorevole figura che deve riuscire a riposizionare il
proprio ruolo in senso più relazionale e cooperativo.
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Non basta, però, modificare la prassi didattica operativa da parte dei singoli docenti, né limitarsi all’acquisizione di competenze
tecnologiche per rinnovare il proprio bagaglio professionale, bensì occorre rivedere la
dimensione strutturale dell’impianto didattico impostato sulla pratica di “trasmissione del sapere” e garantire la tutela del rapporto privilegiato dell’insegnante con la classe
rispetto all’intervento, per di più episodico, di “esperti” esterni delegati a concretizzare la
“didattica dei media”.
Il problema è ben più complesso, allora.
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Si tratta di riconoscere l’indissolubile legame tra tecnologie e nuove tipologie di
insegnamento-apprendimento, poiché i codici audiovisivi e le tipologie fruitive dei new media modificano i modi di apprendere una materia e
anche il ruolo e i compiti del docente, che deve favorire l’interazione, la
personalizzazione dei percorsi di apprendimento, e riconoscere la ricchezza di
stimoli visivi, sonori, narrativi ed emotivi a cui il discente è già esposto quando arriva a scuola e che, quindi, non può essere considerato una
“tabula rasa”.
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La “multimedialità” nella didattica appare una risorsa particolarmente utile per la sua <<…articolazione di una molteplicità di codici e
linguaggi (parola, scrittura, suoni, immagini…>>, poiché risponde a soggetti che <<…mai
come in questo tempo evidenziano un crescente bisogno di diversificazione e di
personalizzazione dell’intervento didattico…>> ( Rivoltella, “Nuovi media, cambiamento nella didattica e
cooperazione in rete”, pag 16).
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Ne consegue che, l’ipertestualità viene ad essere valorizzata come
“processo logico” e non limitata a “caratteristica tecnologica”, e
l’audiovisivo, a sua volta, finisce per essere valorizzato come dimensione
che favorisce tale processo come continuo confronto tra media e testi
differenti.
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Lavoro di gruppo, confronto tra più approcci interpretativi, ricchezza di percorsi di analisi
rispetto non solo ad uno stesso film ma anche alla stessa sequenza, consentono al docente
ci concretizzare una didattica esplorativa in cui egli assume il ruolo di coordinatore,
stimolatore di approcci, sollecitatore di analisi, slittando dalla chiusa lezione frontale e
dall’utilizzo astratto del linguaggio esclusivamente logico-letterale.
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Lo studente, in questo nuovo contesto didattico, va riconosciuto come soggetto
esposto ad una sempre più ampia e diffusa comunicazione mediatica, che ha in sé “competenze innate” che la scuola non accoglie, chiudendosi come fortezza del
“sapere alto” che lascia fuori quello “basso” della quotidianità contemporanea.
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La scuola si trova in una condizione di arretratezza sia rispetto alla prassi didattica e sia perché conservatrice della dimensione conoscitiva e trasmissiva del sapere, finendo, paradossalmente rispetto a studenti sempre più abituati ad usare i media “fuori la scuola”, o per
rimuovere nel senso di ignorare questa realtà sociale difendendosi in nome di una “diversità culturale”, o per accettare di occuparsi dei media, ma utilizzandoli come strumenti a garanzia delle superate logiche didattiche e comunicative, integrandoli per riproporre, però, obiettivi
e contenuti tradizionali, per << replicare tipologie tradizionali quali la “didattica dei contenuti” e il “modello
verticale” di comunicazione interpersonale tra insegnante e allievo>> (G.Jaquinot).
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Lo studente oggi, fin dall’infanzia, ha familiarità con i linguaggi audiovisivi, a
prescindere dalla scuola. Quando arriva nelle prime classi ha già scoperto la possibilità di “imparare divertendosi” e, proprio di questa
esperienza ricca di efficacia e di motivazione, deve spogliarsi ora che entra in un contesto
istituzionale che non crede in questa opportunità. E’ un paradosso se si pensa che
la scuola “nasce per educare” !!!
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Serve una “nuova didattica” che si profili come “didattica dell’immagine audiovisiva”. Una “nuova
didattica” che deve partire dal riconoscere l’arretratezza della scuola attuale, la necessità di riconfigurare il ruolo dell’insegnante e la maggiore diffusione delle abilità e delle competenze degli studenti rispetto ai linguaggi
digitali, che deve dimostrarsi capace di essere coerente con gli sviluppi del contesto mediatico contemporaneo e capace di promuovere maggiori abilità e competenze in senso “metatestuale”, e che deve valutare idonea la
multimedialità per tradurre nei percorsi di apprendimento la “reticolarità del sapere”, l’interattività
e l’abilità cognitiva. Tutto ciò senza ignorare che, la dimensione ideale per esercitare la dialettica tra
intelligenza pratica e conoscenza esperienziale, è lo “spazio della comunità”.