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Bollettino ufficiale dell’UNEBA Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza Sociale anno XXXV - n. 12 - 2009 spediz. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1 comma 2 e 3, Roma

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Bollettino ufficiale dell’UNEBA Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza Sociale

anno XXXV - n. 12 - 2009spediz. in abb. post. - D.L. 353/2003

(conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1 comma 2 e 3, Roma

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2 – QUOTE ADESIONE UNEBA 2010

3 – AUGURI…

4 – I RELIGIOSI VERSO UN NUOVO WELFARE

6 – IL PRESEPIO NASCOSTO

8 – 2010: ANNO EUROPEO CONTRO LA POVERTÀ

9 – TESTIMONE DI FEDE, MAESTRO DI CIVILTÀ

11 – TERZO SETTORE: GLI ERRORI, IL FUTURO

13 – E’ POSSIBILE UNA DECRESCITA... FELICE?

16 – MANUALE UNEBA PER STRUTTURE RESIDENZIALI PER ANZIANI

17 – UNEBA LAZIO: AI NASTRI DI PARTENZA...

18 – NOTIZIE

19 – NORME GIURIDICHE, GIURISPRUDENZA,CONSULENZA

24 – COLPO D’ALA

ANNO NUOVO: TEMPO DI ADESIONEquote di adesione 2010

Comunichiamo che le quote associative nazionali per l’an-no 2010, nonostante l’aumento dei costi, sono state lasciateinvariate rispetto all’anno precedente.Vi ringraziamo per la fiducia e per il supporto che vorreteancora una volta rinnovare all’UNEBA ed alle sue attività.

Scuole Materne .......................................Euro 50,00Istituti fino a 50 assistiti ......................... “ 120,00Istituti da 50 a 100 assistiti ..................... “ 150,00Istituti da 100 a 200 assistiti ................... “ 250,00Istituti con oltre 200 assistiti................... “ 300,00Sostenitori............................................... “ 600,00Per le Regioni ove si applicano le quote regionali visita-re il sito www.uneba.org

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Auguri a quelli che i bambiniguardano con ammirazione perché vorrebbero diventare come loro;a tutti quelli chenon hanno nessuno a cui fare gli auguri;a tutti quelli che parlano e non dicono, e non se ne accorgono;a tutti quelli checomandano e non ascoltano;auguridi parole buone.

Auguri ai bambini grandiperché ricordino di essere stati bambini piccoli,quando sapevano d’essere figli,quando erano sicuri che la vita fosse un bel regaloe trovavano bello di aiutare un fratello.Auguriperché si possano sentire sempre amatie imparino a non tenere la vita per sé.

Auguri ai bambini senza mammaperché a Natale abbiano gli abbracci che la mia mamma mi dàquando torna a casa.

Auguri alla bambina zingarae alla sua mamma,che ogni sabato - all’ingresso del supermercato -chiedono a me e a mamma di comperare per loroun pollo o un pacco di pannolini.Auguriperché passi un ricco e gli comperi una casa.

Auguri ai bambinia cui la guerra ha portato via qualcosa:una gamba, un braccio, una mamma,un’infanzia.Perché a loro il Natale regali qualcosa di più:il coraggio.

Questi auguri ci sono giunti da una famiglia amica: Paola e Giancarlo, conMattia, Francesca, Serena. Ci sono molto piaciuti e ve li partecipiamo.

AUGURI...

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introduzioni di don Lorenzelli, di madreBallarin e del direttore della Caritas mons.Vittorio Nozza, cui hanno fatto seguito gliorganizzatori della Rilevazione e del Con-vegno: don Wladimiro Bogoni, suor ErmaMarinelli e suor Manuela Latini. Le rela-zioni base sono state tenute dal Presidentedella Fondazione Zancan, mons. GiuseppePasini (Le opere di carità degli Istituti reli-giosi nella realtà sociale e culturale italia-na), dal dott. Giordano Vidale (Lettura del-le schede del Rilevamento: aspetti sociolo-gici, culturali, evangeli ed ecclesiali deidati pervenuti), dal dott. Maurizio Giorda-no (Il IV Censimento delle opere socio as-sistenziali e sociosanitarie), S.E. Mons.Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti-Vasto(Il Vangelo della Carità sorgente, anima escopo delle nostre opere). I lavori di grup-po si sono conclusi presentandone le con-clusioni e gli interrogativi ad una tavola ro-tonda, coordinata da don Pier Luigi Nava econ la partecipazione dei Presidenti dellaCISM Lorenzelli, dell’USMI Ballarin e delDirettore della Fondazione Zancan TizianoVecchiato. Circa 1200 le schede inviate agli istituti edun quadro che vede gli istituti impegnatiprincipalmente nei settori dei minori (conprevalenza dei Religiosi), degli anziani(con prevalenza delle Religiose) e dellapovertà. Si nota una forte presenza di ser-vizi residenziali, ma anche una propensio-ne – accentuata soprattutto nel campo del-le Religiose – per i servizi domiciliari edaperti alle comunità locali. Il 60% tiene co-stantemente rapporti con le Parrocchie edil 35% con le Diocesi. Problematico losvolgimento del tipico ruolo di sussidia-rietà che queste opere dovrebbero esserechiamate a svolgere: ritardi nella culturadegli istituti religiosi e strumentalizzazionida parte degli enti locali confinano questaimportante componente del Terzo settoread un’azione di difficile sopravvivenza.

di Maurizio Giordano

Circa 600 religiosi e religiose prove-nienti da tutta Italia si sono dati con-

vegno ad Assisi dal 12 al 15 ottobre perconfrontarsi sul tema “Il Vangelo nelleopere di carità e nelle attività sociali deiReligiosi in Italia” e ragionare sui datiemersi dalla I^ Rilevazione dei servizi so-cio assistenziali e sociosanitari da loro ge-stiti, un’indagine condotta da CISM,USMI, FIRAS insieme con la FondazioneZancan. E’ la prima volta in assoluto chel’area della solidarietà della CISM edell’USMI è interessata ad un comuneprogramma di così vasta portata ed è an-che la prima volta che si riunisce in un’as-semblea che ha visto la continua presenzadei rispettivi presidenti – don Alberto Lo-renzelli e madre Viviana Ballarin – e l’ap-passionato e franco intervento di tanti re-sponsabili ed operatori appartenenti aimaggiori Ordini ed Istituti di vita consa-crata direttamente impegnati nel sociale.

CON QUALI OBIETTIVI

Chiari ed ambiziosi gli obiettivi del Con-vegno, che si ripeterà in futuro per analiz-zare i risultati raggiunti ed individuare lesempre nuove prospettive. Un obiettivocomunionale, perché solo nel lavoro di re-te risiede il futuro dei Religiosi in Italia.Teologico, per aiutare i Religiosi a passaredalle opere della legge a quelle della fede,sfuggendo il pericolo che il cristianesimodella carità si trasformi in una associazio-ne mondiale di volontariato. Storico, peravere consapevolezza del ruolo delle ope-re sociali dei Religiosi nella storia d’Italiae nello sviluppo dello Stato sociale. Profe-tico, per far emergere le linee di una nuovapolitica delle opere sociali dei Religiosicon nuovi e profetici stili di vita e di mis-sione.La discussione si è basata su una serie diinterventi di grande respiro, a partire dalle

I RELIGIOSI VERSO UN NUOVO WELFARE

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Questo tema è stato ripreso da Giordano,che si è soffermato sul lungo camminosvolto nel passaggio dall’azione di sup-plenza (teorizzata specialmente negli anniSettanta ed Ottanta) a quella di cittadinan-za, formalizzata nella riforma dell’assi-stenza del 2000 e nella riforma della Costi-tuzione del 2001 che ha “costituzionalizza-to” il concetto di sussidiarietà.

PER UNA NUOVA POLITICA DELLE OPERE

“Siete qui riuniti da tutta Italia -.ha dettoGiordano - per gettare le linee di una nuo-va politica delle opere sociali dei religiosiin Italia” basata sul discernimento comuni-tario, sul lavoro in rete, sulla consapevo-lezza del ruolo delle opere sociali dei reli-giosi quale espressione della sussidiarietàe di un Terzo settore costitutivo del sistemaintegrato dei servizi e degli interventi assi-

stenziali, sul pieno inserimento nel sistemadi sicurezza sociale che si è venuto realiz-zando in Italia. Ma sapendo distinguere trail diritto-dovere civico di agire come sin-goli e nelle formazioni sociali e la causadell’agire come cristiani, ben presente nel-le parole di Benedetto XVI nell’Enciclica“Deus caritas est”: “E’ molto importanteche l’attività caritativa della Chiesa man-tenga tutto il suo splendore e non si dissol-va nella comune organizzazione assisten-ziale, diventadone una semplice variante”.E, più avanti, lo stesso Pontefice individuagli elementi costitutivi che formano l’es-senza della carità cristiana ed ecclesiale: la

professionalità, il cuore, l’indipendenza dapartiti ed ideologie, la gratuità dell’amoreche non deve essere esercitato per raggiun-gere altri scopi.Questo “splendore dell’attività caritativadella Chiesa” è stato contestualizzato damons. Pasini che ha ricordato come i fon-datori delle Congregazioni, seguendo i lo-ro carismi, diedero vita ad una moltitudinedi servizi di carità, avviarono la solidarietàistituzionale e la cittadinanza quando nes-suno ne parlava, riempirono il vuoto di or-ganizzazione pubblica, misero le basi per ifuturi sistemi di welfare (una suora, inter-venendo, ha detto che il beato Cusmanoaveva parlato di assistenza dalla culla allabara ben un secolo prima di lord Beverid-ge!).Contesto sociale e culturale italiano, radicicarismatiche, traduzione del carisma nelcontesto attuale, valori permanenti con unatraduzione comprensibile ai contempora-nei, gli argomenti approfonditi da mons.Pasini, che ha individuato poi tre nodiprincipali: la presenza dei laici da dipen-denti a collaboratori corresponsabili e co-me volontari; i rapporti dei servizi di caritàcon la Chiesa (dentro la Chiesa, con la pro-pria identità; con nuove modalità e stru-menti di partecipazione); la testimonianzadi carità nel territorio (religiosi e religiosecome cittadini attivi e come difensori deipoveri). “Il nostro potenziale – ha conclu-so – si trasformerà in realtà solo a condi-zione che le Congregazioni superino ogniambizione isolazionistica e ogni illusionedi autosufficienza e adottino la strategiadel lavorare insieme, mettendo in comuneinformazioni, intuizioni profetiche, colla-borazioni e perfino realizzazioni di inizia-tive comuni: in una parola, assumendo lastrategia del lavoro in rete”.

CON UN COLPO D’ALA

Della necessità di un colpo d’ala ha parla-to mons. Bruno Forte in un appassionato eappassionante intervento, magistralmentesvolto attraverso una serie di passaggi: ilmondo come luogo del Vangelo: la forza diun “perché” (le motivazioni teologiche,

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(segue a pag. 23)

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non avevano acceso il fuoco: da qualche gior-no girava voce che sarebbe arrivata la poliziae avrebbe preso tutti, per cui cercavano di te-nersi nascosti. I più grandi vegliavano, ma ipiù giovani erano crollati in un sonno pesan-te, abbracciando stretto il poco che possede-vano, chiuso in uno zaino un po’ sporco.Al vinaio, quell’anno, il raccolto era andatomale. Poca uva e poco zuccherina: buonagiusto per un po’ di bottiglie da supermerca-to, non certo roba da farci i soldi. Annategrame, peraltro, ne erano capitate tante, lun-go il corso della vita. Ma quell’anno era di-verso: non c’era più suo figlio, schiantatosicol motorino a 18 anni lungo la via che por-tava al mare, nel primo giorno delle vacanzeestive. Quel giorno lui aveva perso tutte lecertezze che credeva di avere. Il panettiere, invece, già da qualche anno ave-va sentito la crisi che si avvicinava. Vendevasempre meno, per la concorrenza degli iper-mercati, e spendeva sempre di più per l’affit-to, la farina, l’elettricità… Ma ogni volta cheaccendeva il forno, ritrovava un po’ di fiduciae di voglia di andare avanti. Poi, però, non cel’aveva fatta più. Non c’erano più clienti, nésoldi, né lavoro. Perfino la moglie se n’eraandata. Alla vigilia di Natale, il vinaio e ilfornaio si erano ubriacati insieme, e insiemegiacevano riversi su una scalinata, respirandocon sempre maggior fatica.Il pescatore per anni era vissuto del propriolavoro e ne portava nel cuore i ritmi, gli odo-ri, la fatica. Ma un giorno si era accorto chel’acqua del fiume calava, e di mese in mesecontinuava a diminuire. Non ci volle moltoperché il letto fosse completamente secco.Paziente, come la natura gli aveva insegna-to, il pescatore attese: sarebbe piovuto inqualche cielo sopra il fiume, l’acqua sarebbetornata. Invece non tornò: una enorme digaera stata costruita lassù, da qualche parte, amonte. Il pescatore si mise in viaggio percercare un altro fiume, un altro lago, un altromare, ma in quella vigilia di natale del 2009perse l’orientamento.Zi’ Vicienzo e Zi’ Pascale stavano parlandocon una signora che credeva di aver fatto unsogno buono per il Lotto, quando la poliziali fermò. Tutti pensavano che fossero delluogo, invece erano stranieri e non avevanoil permesso di soggiorno. Furono portati al

di Paola Springhetti

Correva l’anno 2009 quando il più viva-ce, il più ricco, il più denso di storie di

tutti i presepi, quello napoletano, perse isuoi personaggi.C’era solo un’impronta nell’erba, dove finoa poco prima aveva dormito accanto al fuo-co Benito, il pastore che gli angeli sveglia-vano con il loro annuncio.Non si trovava il vinaio, che di solito porta-va il meglio dei propri prodotti alla capan-na, ed era freddo e abbandonato il forno delpanettiere.Non si sentiva odore di pesce, perché il pe-scatore non era nei dintorni, impossibilescovare le facce da Carnevale e da Mortedei due compari, zi’ Vicienzo e zi’ Pascale,e impossibile quindi chiedere loro i numeridel lotto.Al mercato non c’era chi comprasse e chivendesse, niente voci, movimenti di mani,fughe di bambini.Non c’era all’angolo, a predire il futuro, lagiovane zingara, con le sue vesti rotte e ilsuo cesto di arnesi. E lungo la strada noncamminava il monaco, coi suoi passi lenti.Non si vedeva Stefania, la giovane che av-volgeva in fasce una pietra, per fingersi ma-dre mentre si avvicinava alla capanna.Vuota e silente l’osteria, dove di solito sifermavano i viandanti per cercare un ripososicuro. Deserto il fiume e fermi i traghettiche avrebbero dovuto attraversarlo. Abban-donato il pozzo, cui nessuno si dissetava.E per quanto si cercasse di guardare lonta-no, non si vedeva alcun segno che annun-ciasse l’arrivo dei magi: a cavallo l’Euro-peo, sul dromedario l’Africano, sull’elefan-te l’Asiatico. Ma non si avvertivano passiné di bestie né d’umani. Era la vigilia di Natale del 2009, e il giovaneBenito dormiva in un anfratto nascosto dietrola stazione di una grande città. Non era solo:c’erano tanti altri che, come lui, erano arriva-ti lì dopo un viaggio che in alcuni casi era du-rato anche due anni. Avevano passato molticonfini, per arrivare dall’Afganistan, aveva-no rischiato più volte la vita, erano stati mal-menati, minacciati, qualche volta arrestati;avevano lavorato duro per poter mangiarequalcosa e pagarsi un passaggio per un’altramanciata di chilometri. Faceva freddo, dinotte, nella grande città, ma Benito e i suoi

IL PRESEPIO NASCOSTO

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Centro di detenzione temporanea, anche sesi affannavano a spiegare che venivano daun paese in cui il dittatore in carica stermi-nava tutti quelli della loro etnia.Mentre Vicienzo e Pascale attraversavano lacittà sulla macchina della polizia, in quellavigilia di Natale del 2009, la Zingara la at-traversava a piedi, per stradine secondarie,con la sua numerosa famiglia. Insieme spin-gevano carrozzine e carrelli con dentro tuttoquello che possedevano: poco, a dire il vero.La polizia aveva sgomberato il loro camponomadi, spianando le baracche, fermandochi non aveva documendi, costringendo glialtri a fuggire. I suoi fratellini non sarebberopiù andati a scuola, lei avrebbe dovuto tor-nare a mendicare, suo padre era stato porta-to via. Ma soprattutto loro, che nomadi nonerano, non sapevano dove andare, ora chenon avevano più una capanna dove riunirsi,né un fuoco su cui cucinare qualcosa.Era la vigilia di Natale del 2009 e il Monacogiaceva in ospedale. Era stato accoltellatoda un pazzo, che lo aveva raggiunto in sa-crestia. Si era salvato per miracolo, perchécadendo aveva rovesciato un tavolo addossoall’assalitore. Chissà chi era, costui, e per-ché ce l’aveva con lui. O forse non con lui,ma con Dio, con gli uomini o con il mondo.Quello che sapeva era che in quella cittadinaricca e fredda c’era sempre più gente sola,disperatamente sola, sempre più fuori di te-sta, e che non c’era nessuno che la acco-gliesse, aiutandola a ritrovare se stessa. Stefania lo avrebbe tanto voluto, un figliovero. Ma l’uomo che amava se ne era anda-to con un’altra, e lei pensava, in fondo, dimeritarselo, convinta com’era di non valeremolto. In quella vigilia di Natale del 2009aveva deciso di non andare alla capanna: co-me poteva esserci posto per lei, in mezzo atutta quella gente?I magi erano fermi al confine: le nuove leg-

gi per la sicurezza avevano sospeso i vistituristici, perciò l’Asiatico e l‘Africano nonpotevano entrare, l’Europeo non se lo senti-va di proseguire senza di loro.Maria e Giuseppe guardarono fuori dalla ca-panna, ma non videro nessuno. Si scambia-rono uno sguardo preoccupato e si chinaro-no in preghiera. Due lacrime caddero sulBambino.L’Angelo che la notte di Natale raggiunseStefania aveva la voce calda dell’operatricedella casa famiglia che chiedeva aiuto. Ilgiorno di Natale del 2009 Stefania sentì cal-do al cuore, quando si avviò verso la capan-na tenendo in braccio il fratellino più picco-lo della zingara, che cantava mentre cammi-nava. L’intera famiglia ora viveva in casasua, e insieme avrebbero accompagnato ascuola i bambini e lavorato per mantere tut-ti, finché il padre non sarebbe stato liberato. L’Angelo che apparve al matto aveva il ca-mice bianco di un medico che portava il per-dono del Monaco e gli offriva ricovero doveavrebbe potuto essere curato. La mattina diNatale il Monaco non aveva voluto rinun-ciare a un suo saluto a Gesù: lo portavano ilfornaio e il vinaio, quasi di peso. L’Angeloera apparso loro con la faccia buona di uncittadino, che, nella notte, aveva chiamatoun’ambulanza. Al Pronto Soccorso, il Mo-naco li aveva assoldati per insegnare un me-stiere ai ragazzi afghani, che camminavanoaccanto a lui verso la Sacra Famiglia, con lozaino pencolante dalla spalla. Quando la po-lizia era arrivata, infatti, non li aveva piùtrovati: un Angelo con le mani da volontarioli aveva nascosti tutti nel monastero.Per Zi’ Vicienzo e Zi’ Pascale l’Angelo ave-va la faccia scura del vigilante che li avevaaiutati a fuggire dal centro di detenzione, mase camminando sorridevano, era perché allaradio il capo del governo aveva promesso lachiusura dei centri e il riconoscimento dellostatus di rifugiato a tutti quelli che ne aveva-no diritto. Un angelo con la bilancia in ma-no gli era apparso in sogno.Al confine, i tre magi avevano incontrato ilpescatore. Lo avevano rifocillato e gli ave-vano permesso di riposare nel loro albergo.La mattina di Natale l’Europeo, su consigliodi un Angelo con la valigetta diplomatica, lonominò seduta stante ambasciatore, e gliprestò il cavallo perché potesse correre allacapanna. Lo stesso Angelo fece porre i vistia tutti i loro passaporti.Maria e Giuseppe sentirono profumo diarance e rumore di passi e guardando la gen-te che arrivava sorrisero. Anche il Bambinosorrise.

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“Nell’Ue siamo fortunati a vivere in una delle partipiù prospere del mondo. Ma per quasi 80 milioni di

europei la povertà è una realtà quotidiana”: Vladimìr Spid-la, commissario agli affari sociali, non nasconde le suepreoccupazioni dinanzi ad ampie fasce di popolazione chefaticano ad alimentarsi adeguatamente, ad avere un alloggiodignitoso, a poter dare ai figli un’istruzione adeguata. Lacrisi economica ha inoltre “accelerato il processo di esclu-sione sociale” per le famiglie cui è venuta meno la certezzadel reddito. In questo scenario sono stati presentati i pro-grammi dell’Anno europeo della lotta alla povertà eall’esclusione sociale, cui i 27 hanno consacrato il 2010 eche verrà inaugurato ufficialmente a Madrid il 21 gennaioprossimo.

Il ruolo dei media. L’Anno spe-ciale ha avuto un’anticipazione il28 e 29 ottobre a Bruxelles, dovesi sono svolti il seminario “La po-vertà e i mass media” e la confe-renza su “La povertà: realtà e per-cezioni. La sfida della comunica-zione”: due eventi intesi a chiama-re a raccolta giornali, tv, informa-zione online di tutto il continenteper aiutare l’Ue nell’opera di sen-sibilizzazione di governi, istitu-zioni, ong e singoli cittadini sulversante dell’indigenza. I 400 partecipanti, giunti da tutti ipaesi comunitari, si sono confrontati sul tema assegnato al2010, hanno conosciuto i risultati di alcune indagini, hannosaggiato “azioni sul campo” per contrastare la povertà. “Agennaio inaugureremo l’Anno europeo della lotta alla po-vertà - ha spiegato Spidla -. Gli operatori dei media e dellacomunicazione sono chiamati a svolgere un ruolo essenzia-le per contribuire al successo di questa campagna”.

Aiutare le famiglie. La Commissione Ue ha definito un“Documento quadro” di 26 pagine, in cuivengono esplicitati gli obiettivi e le prio-rità dell’Anno, i temi che si intendono af-frontare a livello comunitario e nazionale,i finanziamenti riservati alle diverse atti-vità (i fondi provenienti dal bilancio Uesono pari a 17 milioni di euro, dei quali 9verranno destinati per iniziative nei paesimembri). Tra gli impegni stabiliti per iprossimi dodici mesi si segnala in modospecifico la “lotta contro la povertà infan-tile, la povertà all’interno della famiglia”,prestando un’attenzione particolare ai nu-clei numerosi, alle famiglie monoparenta-li e a quelle che si prendono cura di una

persona a carico, nonché “la povertà vissuta dai bambini ne-gli istituti”, “l’eliminazione degli svantaggi in materia diistruzione e di formazione”, con un occhio di riguardo allepersone disabili”. Occorre poi “garantire parità di accesso arisorse e servizi adeguati, incluso un alloggio dignitoso, non-ché alla protezione sanitaria e sociale”; “favorire l’accesso al-la cultura e alle attività ricreative”; “favorire l’inclusione so-ciale degli immigrati e delle minoranze etniche”; risponderealle esigenze “dei senzatetto e di altre categorie o persone insituazioni vulnerabili”.

La realtà, Paese per Paese. Secondo l’Esecutivo, dun-que, sono circa 80 milioni le persone considerate alle so-glie dell’indigenza nell’Unione europea: il “rischio po-vertà”, che riguarda circa il 16% della popolazione comu-

nitaria, è però più elevato in alcu-ni paesi e meno in altri a secondodel reddito medio pro capite e delpotere di acquisto. Si considera,stando a queste cifre, che nei Pae-si Bassi e nella Repubblica ceca ilpericolo di indigenza o la vera epropria situazione di esclusionesociale riguardi il l0% degli abi-tanti; il dato sale all’ll% in Sveziae Slovacchia, al 12 in Austria, Da-nimarca, Ungheria e Slovenia. I ri-schi maggiori si registrano in Ro-

mania (25% di popolazione a rischio), Bulgaria (22), Let-tonia (21), Italia, Spagna, Grecia (20).

Lavoro, cure mediche, una casa “decente”. Nella duegiorni di Bruxelles è stato reso noto un sondaggio di Euro-barometro, che ha intervistato un campione di 27mila citta-dini Ue sul fenomeno della povertà. “Il 73% dei cittadini ri-tiene - vi si legge - che la povertà sia un fenomeno diffusonel proprio paese e l’89% vorrebbe che il governo affrontas-se il problema”. “Mentre la maggior parte degli intervistatiritiene che sia il proprio governo a doversi fare carico di taleresponsabilità, tre quarti dei cittadini si attendono che anchel’Ue svolga un ruolo in tal senso”. Nell’indagine si legge an-cora: “Alti tassi di disoccupazione (52%) e salari inadeguati(49%) sono, nella percezione degli intervistati, le principalicause sociali della povertà, unitamente alle prestazioni so-ciali e alle pensioni insufficienti (29%) e al costo eccessivodi un alloggio decente (26%)”. D’altro canto, tra le motiva-zioni “personali” che gli intervistati “ritengono essere allabase della povertà vi sono: la mancanza di istruzione, for-mazione o qualifiche (37%), la povertà ereditata (25%) non-ché la dipendenza da alcol e droga (23%)”. Secondo il com-missario Spidla, “l’Anno della lotta alla povertà servirà a darvoce a coloro che ogni giorno lottano contro l’indigenza”.

Sir n.74 del 2009

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RTÀ 2010 ANNO EUROPEO CONTRO LA POVERTÀ

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di Anna De Laura

Quante volte ci sarà capitato di dire o disentir osservare da qualcuno – in modo

quasi sempre malinconico – che oggi non cisono più personaggi-chiave, testimoni di al-ti ideali, politici, religiosi, civili. In questobaratro morale e civile in cui stiamo lenta-mente precipitando, guardiamo ai giovani

senza guida, che non hanno nessun “mito”da seguire a parte le notti brave fatte di co-caina e sesso, di estremi e di idiozie; oppureignavi, senza capacità di scelta, che si trasci-nano senza farsi domande, sperando in unaraccomandazione per trovare lavoro per-ché…si sa, il mondo va così.Avremmo invece bisogno di figure limpi-de, esempi morali che ci facciano riaffiora-re in superficie, che ci facciano alzare la te-sta. Per questo la beatificazione di don Car-lo Gnocchi è un evento importante: leggerela sua biografia significa essere spronati a“fare”, a impegnarsi, capire che si può an-dare oltre il nostro angusto orizzonte. Altroche respingimenti in mare, altro che assaltiai campi nomadi, altro che classi-ghetto,altro che denigrazione dei disabili… Cheavrebbe detto (e fatto) oggi il lombardodon Gnocchi, quello che non faceva sconti

TESTIMONE DI FEDE, MAESTRO DI CIVILTÁ

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a nessuno, quello che ha domato politicicome De Gasperi, ha avuto sostenitori co-me il futuro Paolo VI, cosa avrebbe pensa-to lui della nostra società odierna benpen-sante e godereccia? Come dice Giulio An-dreotti, che lo conobbe assai bene e che loricorda ad ogni commemorazione congrande affetto e commozione: “Per propa-gandare il bene ci vuole fantasia e luiandò oltre l’immaginabile… come i vulca-ni che, se emettono piccole produzionieruttive si limitano a diffondere innocuipulviscoli ma, se restano inerti per lunghiperiodi, quando si svegliano abbattonoErcolano e Pompei”.

Proprio così è accaduto a don Gnocchi. Treanni passati al fronte con gli alpini comecappellano di guerra, in Albania e in Rus-sia, in un’esperienza umana e personaledrammatica; quindi la Resistenza e il car-cere a S. Vittore. Poi, nel 1946, assistenteall’Università Cattolica di Milano, la fonda-zione della Federazione per l’infanzia muti-lata che diventerà la Fondazione pro Ju-ventute oggi presente con 28 centri in Ita-lia. Tutto questo perché la Provvidenza gliaveva fatto intendere che, dopo la feritaprofonda della Guerra, bisognava diventareguaritori di chi quelle ferite le aveva subite,suo malgrado. I più deboli erano i bambiniorfani, mutilati, poveri che i suoi Alpini du-rante la tragica ritirata del Don gli avevanoraccomandato: i loro figli. Che li seguisselui, di lui si fidavano: sarebbe stato i loroocchi, il loro cuore. Le sue opere di bene sono importanti macostose, per questo bussa alla porta deipolitici con carrette di foto dei suoi ragaz-zi, perché le vedano e non si tirino indie-tro. La sua testardaggine portò alla for-mazione di una nuova cultura, di una nuo-va mentalità che voleva i “mutilatini” nonsolo delle creature da assistere ma da so-

Note a margine della beatificazione di don Carlo Gnocchi a Milano

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TEST

IMO

NI stenere come elementi attivi della società;

tra l’altro fu il primo sostenitore, in unasocietà assai diffidente verso le campagnedi vaccinazioni, dell’utilità del vaccinoantipoliomielite da somministrare a tutti ibambini.“Nell’altro bisogna vedere un fratello” usa-va dire don Gnocchi. Forse la sua modernitàsta proprio qui. In una frase abusata nelleprediche in chiesa, ma mai concretamentevissuta. Quanto servirebbe oggi questa fedee questa chiarezza! Come quella di donOrione nella Milano degli anni ’30; comequella di don Di Liegro, altro grande gioca-tore della squadra di Dio, anche lui scom-parso lasciando soprattutto a Roma unagrande eredità nelle opere concrete degliostelli o dei centri di accoglienza.

Senza dubbio don Gnocchi ebbe una straor-dinaria capacità di catturare l’attenzionedell’opinione pubblica sul problema degliorfani di guerra, indubbiamente seppe cata-lizzare le competenze mediche sul problemadella disabilità, ma anche di imprenditori, diuomini d’affari e politici. Questi sono stati i suoi miracoli, miracolid’amore; e non importa se durante il fasci-smo, cui non fu affatto ossequioso, volle es-sere nominato cappellano dei Balilla; per luiquei milioni di giovani erano un’occasionedi apostolato da non mancare; il regime po-teva essere inteso come possibilità di coniu-gare progresso e tradizione. Ma il fronte conle sue vittime, i suoi drammi, la violenzadella guerra gli fecero toccare con manol’abisso del dolore. Così si propose di tra-sformare il dolore in opportunità di reden-zione per quell’umanità che durante la guer-ra aveva visto svilita e offesa. Ed ecco che ilvulcano si è svegliato…

Cosa ci ha lasciato don Gnocchi? Oltre alleOpere ci ha lasciato in eredità un sogno,quello che la società si occupi concretamen-te dei suoi figli minori, di coloro che nonhanno le stesse possibilità degli altri, per da-re loro un’occasione di crescita, di sviluppo.Se vogliamo lavorare per una società civile,democratica, moderna non possiamo fare ameno, oggi, della rilettura di questo grandepersonaggio del ‘900, sacerdote ma prima ditutto uomo del suo tempo, cui la guerra ave-va cambiato la vita. 10

I NUMERI DELLA SOLIDARIETÀ

Oggi la Fondazione pro Juventute di don Gnocchi con-ta 28 centri dislocati in 9 regioni; mentre nel momentodella sua istituzione si occupava di mutilati e invalidi diguerra, oggi si occupa di handicap e riunisce medicineurologi, ortopedici, oncologi e specialisti vari chesopperiscono alla cura di malattie fortemente invalidan-ti. La Fondazione si occupa anche di ricerca scientifica:gli istituti di Firenze e Milano sono infatti riconosciutiIrcs – Istituti di ricerca e cura scientifica.Dal 2001 la Fondazione è una ONG – Organizzazionenon governativa che lavora in Kosovo, Bosnia, Tibet,Ecuador, Sri Lanka, Sierra Leone e in tanti altri Paesi incui la guerra o la carenza sanitaria miete moltissime vit-time, sia tra gli adulti che tra i bambini.Tra personale fisso e collaboratori si contano 5400 ope-ratori. Altre cifre ci dicono:22 unità di riabilitazione polifunzionale, 11 di riabilita-zione ospedaliera e 38 ambulatori territoriali. 7 residen-ze assistite per anziani non autosufficienti e 3 per disa-bili, 1 casa sollievo per disabili e 9000 persone curate oassistite ogni giorno.In occasione della beatificazione del 25 ottobre a Mila-no, un nuovo progetto trova la luce: un nucleo di postiletto dell’IRCS dedicati alla riabilitazione dei bambinicardiopatici.

IL MIRACOLO

Nel 1987 il Cardinale di Milano CarloMaria Martini diede il via alla causa dibeatificazione di don Gnocchi che eb-be compimento nel 1991 quando venneinviata alla Congregazione delle causedei Santi per l’iter classico di ricono-scimento della santità. Perché santo?Nel 1979 a Orsenigo, in provincia diComo, un operaio, Sperandio Aldeni,fu colpito da una scarica elettrica da15.000 volt che lo scaraventò sul pavi-mento della cabina in cui stava lavo-rando per collegare l’interruttore pri-mario alla linea dell’Enel. Il suo com-pagno lo sentì invocare il nome di donGnocchi per i cui Centri aveva traspor-tato diverse volte i malati con la suaauto. La scarica avrebbe dovuto ucci-derlo o comunque lasciare menoma-zioni gravi. Invece non solo non morì,ma il suo corpo presentò solo le due ci-catrici di entrata e di uscita della folgo-razione. La scienza non riuscì mai a spiegarequesta anomalia.

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di Giovanni Santone

Terzo settore: gli errori, il futuro è il ti-tolo dell’assemblea che si è svolta a

Roma nei giorni 16 e 17 ottobre al CentroCongressi Angelicum. L’organizzazione èstata curata da Famiglia Cristiana, Edizionidell’Asino e Agenzia redattore Sociale.Ho partecipato un po’ per curiosità, ma so-prattutto perché ho condiviso le motivazio-ni, che hanno spinto gli organizzatori a pro-muovere l’iniziativa. Infatti punto di par-tenza è stata l’analisi degli errori del terzosettore, riassunte nell’incapacità di relazio-narsi con la politica, nella tentazione dellelogiche aziendali e manageriali e nel logo-ramento delle idealità e nella frantumazio-ne. Certamente l’obiettivo non era di pian-gersi addosso, ma quello di rilanciare unanuova stagione del terzo settore.Le mie riflessioni non seguono l’ordine de-gli interventi e tanto meno sono un reso-conto, ma scaturiscono dalla percezione eanche dalla sensibilità sui temi affrontati.

Una prima valutazione positiva è che allerelazioni, che sono state di estremo interes-se, ha fatto seguito un dibattito con inter-venti dei presenti, sia di chiarimenti che diarricchimento degli elementi scaturiti dallesollecitazioni dei relatori. Questa mi è parsauna novità.Una valutazione, sempre personale, suquanto emerso, deve tener conto delle espe-rienze pregresse nelle aree sociali delle isti-tuzioni pubbliche e dell’impegno che loscrivente tuttora pone in associazioni di vo-lontariato, specie nell’area della famiglia edei minori, ma anche nel ricordo della sta-gione dell’entusiasmo e dell’utopia sul ruo-lo del volontariato, nel quale molti di noifurono contaminati circa trent’anni fa, dalcompianto dottor Luciano Tavazza e daMons. Giovanni Nervo, presente nella se-conda giornata dell’assemblea con una rela-

zione dal titolo Per un terzo settore senzaambiguità.Come si può capire dalle prime battute, iltaglio di queste mie note è prevalentementeriferito al volontariato, che alcuni conside-rano a latere del terzo settore, il quale com-prende cooperazione e associazionismo,meglio strutturati e capaci di gestire servizisociali, anche complessi. Al riguardo mi èparsa interessante l’annotazione di mons.Nervo, che parla di sostituire i termini terzosettore con terzo sistema. Questo perché si-stema comprende varie componenti (o set-tori, ivi compreso il volontariato) con obiet-tivi comuni.Sempre secondo Nervo si dovrebbero tenerpresenti le origini del volontariato come la-voro spontaneo e gratuito, senza le furbizie- come capita di scoprire oggi in alcunerealtà - dei rimborsi spese gonfiati e nongiustificati, che possono trasformare l’atti-vità di volontariato in lavoro nero.Per tali motivi il volontariato non può chegestire servizi leggeri, di accompagnamen-to e di sostegno, ma soprattutto il volonta-riato, quello non compromesso negli am-miccamenti ai politici, deve riscoprire, amio parere - come emerso peraltro anche inalcuni interventi dei partecipanti - il ruolodi controllo democratico della politica.Ciò non toglie che gli altri settori (coopera-tive nazionali e internazionali, associazioni,impresa sociale…) non debbano rivendica-re – come peraltro previsto da norme statalie regionali – un ruolo alto nella co-progetta-zione con le istituzioni pubbliche nelle areedi competenza.

Tornando al tema generale dell’assembleariporto alcuni spunti, così come li ho coltidagli interventi introduttivi al dibattito.Pierre Carniti, sindacalista e politico, haevidenziato tra gli errori le troppe interlo-

TERZO SETTORE: GLI ERRORI,IL FUTURO

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alla frammentazione.Il sociologo ed economistatedesco Wolfgang Sachs in-tervenendo su Consumi eelemosine, tra l’altro ci ha ri-portato alla dura realtà chedovrebbe affrontare la coo-perazione internazionale conl’immagine dei pescatori delSenegal che dispongonosempre di meno pesce per lo-ro e per la popolazione loca-le, in quanto il loro mare èoccupato dalle moderne na-vi da pesca del mondo occi-dentale.Interessante l’osservazionedi Sachs sulla necessità di uncambiamento in noi stessi, diuna riscoperta delle reti so-ciali e delle relazioni. Ci sono stati altri interventi,come quello di Goffredo Fo-fi, saggista e osservatore po-litico, su L’etica come sfidaindispensabile, e di Giusep-pe De Rita, fondatore e conruoli di responsabilità nelCensis (Centro studi investi-menti sociali), presidentedel Cnel (Consiglio naziona-le dell’economia e del lavo-ro) dal 1989 al 2000, il qua-le ha sottolineato la funzionedelle Comunità protagonistedi un nuovo ciclo di crescita.A chi si è chiesto come mai ipresenti all’assemblea fosse-ro in prevalenza persone diuna certa età, per lo più pen-sionati, la risposta potrebbe

consistere nella situazione di precarietà e diun futuro incerto che attanaglia i giovani.Sembrano altri tempi quelli in cui nel Vene-to, negli anni ottanta, i giovani, provenientida tutto il mondo, discutevano e si entusia-smavano ai temi sociali e del volontariato,in un confronto appassionante e di grandespessore, anche culturale.Lungi da me la nostalgia per il passato.Non credo che nei giovani ci sia meno vo-

cuzioni amichevoli, che consentono il su-bappalto in modo non corretto di funzionipubbliche (esempio ultimo la delega dellasicurezza alle ronde). Condivido Carnitiquando afferma che il terzo settore dovreb-be salvaguardare la propria autonomia, chenon andrebbe barattata per “un piatto dilenticchie “. Un suo suggerimento: fare si-stema, parlare con una sola voce.L’economista Marco Vitale nella sua rela-zione L’illusione dei piccoli imprenditoririleva confusione tra i vari soggetti socialie la mancanza di una precisa identità, oltre

TERZO SETTORE

Di fatto non esiste una definizione di terzo settore: per tracciar-

ne i contorni si parla pressoché indifferentemente di non profit,

di privato sociale, di terzo sistema.

Volendo individuarne la fisionomia potremo adottare un criterio

di esclusione, avendo presente che quando si parla di primo set-

tore o di secondo ci si riferisce all’azione e alle prerogative, ri-

spettivamente, del mercato e dello Stato. In questo modo, però,

rimaniamo nel limbo; meglio incrociare e confrontare alcuni ele-

menti (giuridici in particolare) propri dell’uno e dell’altro setto-

re, con l’avvertenza che per effetto delle stesse fonti che si adot-

tano per l’analisi le conclusioni riguardano molto spesso anche il

volontariato il quale, pur assumendo un profilo particolare e spe-

cifico, condivide con il terzo settore l’assenza del fine di lucro e

un’attenzione ai diritti e ai bisogni delle persone più deboli.

Ciò vuol dire che se dal punto di vista dell’impostazione teorica

le distinzioni esistono e sono evidenti, da quello dell’azione pra-

tica (“sul campo”) i confini spesso si percepiscono con difficoltà.

Forse proprio da questo fatto dipendono certe confusioni nel co-

mune sentire della gente e, quel che è peggio, a livello ammini-

strativo e politico.

Senza entrare nel merito di tale analisi, tiriamone le conclusioni:

- l’area del non profit (terzo settore) comprende le associazio-

ni, le fondazioni, le associazioni di promozione sociale, i pa-

tronati, le onlus;

- il volontariato costituisce un settore a sé in quanto le organizza-

zioni di volontariato così come configurate dall’apposita legge

(n. 266/’91) sono estranee sia alla distribuzione di eventuali uti-

li tra gli aderenti sia alla retribuzione degli stessi, cosa

–quest’ultima - possibile nell’area del non profit;

- le cooperative, comprese quelle sociali, non appartengono al

terzo settore, cioè all’area del non profit, ma a quella delle im-

prese.

GP.M.

(segue a pag. 23)

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di Alessio Affanni

COSA SI INTENDE PER DECRESCITA?

Per capire cos’è la decrescita felice occorrecapire il significato del concetto di “decre-scita”, partendo da una premessa: la crescitaeconomica è intesa come accrescimento co-stante del solo indicatore economico possi-bile, il Prodotto Interno Lordo (PIL). Il sen-so socio-economico e politico corrente,quindi, considera l’aumento del livello di vi-ta rapportandolo all’andamento del PIL;l’aumento del PIL, pertanto, è attualmentel’obiettivo di ogni società moderna. L’assunto di partenza da cui muovono i so-stenitori della decrescita è che le risorse na-turali del nostro pianeta sono limitate equindi non si può immaginare un sistemache tenda a una crescita infinita. Il concettodi decrescita, quindi, non postula una “cre-scita sostenibile” (anzi vi si oppone) ma pro-pone di pensare a un benessere non “misura-to” attraverso il PIL, che non è un indicato-re dei beni prodotti ma delle merci e dei ser-vizi scambiati con il denaro, e di considera-re il miglioramento delle condizioni di vitaattraverso altri criteri (e, quindi, di raggiun-gere un reale benessere attraverso altre stra-de). Da questo concetto è nata una teoria eun movimento culturale che vede coinvoltinumerosi intellettuali quali Serge Latouchee, in Italia, Maurizio Pallante. Dallo spuntofornito da questo movimento culturale sononati parallelamente anche fenomeni ed espe-rienze interessanti, come i gruppi d’acquistosolidale (GAS), i sistemi di scambio nonmonetario e gli ecovillaggi.

IN COSA CONSISTE LA DECRESCITA FELICE?

Il Movimento per la decrescita felice si è co-stituito ufficialmente come associazione il15 dicembre 2007 a Rimini e si propone di

promuovere la più ampia sostituzione possi-bile delle merci prodotte industrialmente edacquistate nei circuiti commerciali con l’au-to-produzione di beni. Diminuisce il prodot-to interno lordo (PIL) ma migliora conside-revolmente la vita individuale e collettiva, lecondizioni ambientali e perfino le relazionitra i popoli: non si deve dimenticare, infatti,che il PIL è il criterio di riferimento che sivuole utilizzare anche per la crescita deiPaesi in via di sviluppo: la via pensata per losviluppo di tali paesi, infatti, non è altro chel’applicazione - con qualche correttivo - delmedesimo meccanismo economico che, neipaesi sviluppati, come il nostro, è a rischiodi implosione.E’ per questo che il Movimento della decre-scita felice si oppone allo “sviluppo sosteni-bile”, tanto nella scelta di continuare a crea-re energia impiegando le fonti fossili - anchese in modo più razionale - quanto nel sosti-tuirle con fonti alternative degradabili. Per ifautori del Movimento occorre, infatti, pri-mariamente ridurre i consumi energetici,eliminando sprechi, inefficienze ed usi im-propri, e, al contempo, eliminare i consumiin eccesso, indotti da un’organizzazioneeconomica e produttiva basata sulla produ-zione e la commercializzazione di merci. La teoria della decrescita, quindi, si basa(come già detto) su un diverso utilizzo delleriserve di materie prime del pianeta, soprat-tutto per quanto concerne il loro impiego co-me fonti di energia, ma si propone, inoltre,di considerare altre forme di ricchezza so-ciale quali la salute degli ecosistemi, le buo-ne relazioni tra i componenti di una società,il grado di uguaglianza e di equità sociale, ilcarattere democratico delle istituzioni e cosìvia. La crescita della ricchezza materiale,infatti, misurata esclusivamente secondo in-dicatori monetari, può avvenire a danno diqueste altre forme di ricchezza. L’attuazione pratica di questa teoria, quindi,

E’ POSSIBILE UNADECRESCITA… FELICE? In questo articolo esaminiamo la teoria della “decrescita felice” e il movimento culturaleche ne è scaturito, con proposte concrete per giungere a un miglioramento delle nostre con-dizioni di vita.

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E consiste anzitutto nello svincolarsi da con-sumi materiali futili e di auto-produrre ciòche ci occorre per il nostro sostentamento (eper soddisfare il nostro reale fabbisogno).

COME “FUNZIONA” E QUALI BENE-FICI SI OTTENGONO CON LA DE-CRESCITA?

Per spiegare il “funzionamento” della de-crescita Maurizio Pallante ricorre a unesempio. Un vasetto di yogurt prodotto in-dustrialmente e acquistato attraverso i cir-cuiti commercia-li, per arrivaresulla tavola deiconsumatori per-corre da 1.200 a1.500 chilometri,costa 110 euro allitro, ha bisognodi contenitori diplastica e di im-ballaggi di carto-ne e subisce trattamenti di conservazioneche spesso non lasciano sopravvivere i bat-teri da cui è stato formato. Lo yogurt può però essere auto-prodotto fa-cendo fermentare il latte (che abbiamo incasa) con opportune colonie batteriche; inquesto modo non deve essere trasportato,non richiede confezioni e imballaggi (coninutile produzione di plastica, carta e allu-minio), costa il prezzo del latte, non ha con-servanti ed è ricchissimo di batteri: quindi èdi qualità superiore rispetto a quello prodot-to industrialmente, costa molto di meno,non comporta consumi di fonti fossili e diconseguenza contribuisce a ridurre le emis-sioni di anidride carbonica.Se ciascuno di noi auto-producesse il suoyogurt si avrebbe un decremento del PILperché lo yogurt auto-prodotto non passa at-traverso la mediazione del denaro, quindi fadiminuire la domanda di merci, non richiedeconsumi di carburante e non fa crescere icosti dello smaltimento dei rifiuti: in tuttiquesti casi, cioè, diminuisce la domanda dimerci, si riduce il gettito dell’IVA e delleaccise sui carburanti e così via. Si determi-nerebbe, inoltre, anche una riduzione dellacircolazione degli autotreni che trasportanoi prodotti industriali, con giovamento neltraffico stradale e minori consumi di carbu-rante. Non solo: essendo lo yogurt auto-pro-dotto un alimento più salutare, nel lungo pe-riodo porterebbe ad una diminuzione delle

richieste di farmaci coadiuvanti. Si potrebbe continuare descrivendo tutta laserie di effetti a catena che, da un lato, com-portano una riduzione del PIL ma, dall’al-tro, migliorano la qualità della vita.L’esempio ora descritto non è limitabile almondo dei beni ma può essere esteso anchea quello dei servizi. Si pensi, ad esempio, al-le ore di lavoro di un individuo e che servo-no in parte a poter pagare la retribuzionedella colf che si occupa di riordinare la suaabitazione mentre è al lavoro. Ci si puòchiedere: per quell’individuo è necessario

lavorare un’interagiornata se partedello stipendio de-ve utilizzarla peracquistare serviziche gli sono ne-cessari perché…trascorre fuori ca-sa un’intera gior-nata? Sembra unparadosso, ma

questo è il nostro stile di vita. Ampliando i termini del discorso, tra l’altro,si potrebbe anche riflettere sulla reale ne-cessità che alcune persone lavorino otto oreal giorno mentre altri non riescono a trovareun’occupazione…

IN CHE MODO SI PUO INIZIARE A…DECRESCERE?

Con le proposte del Movimento per la decre-scita felice si possono riscoprire e valorizza-re stili di vita del passato, anche nei paesi in-dustrializzati dove sono stati irresponsabil-mente abbandonati in nome di una malintesaconcezione del progresso. In realtà questateoria, partendo dal passato mostra miglioriprospettive per il futuro non solo nei settoritradizionali dei bisogni primari, ma anche inalcuni settori tecnologicamente avanzati efondamentali per l’umanità, come quelloenergetico, dove la maggiore efficienza e ilminor impatto ambientale si ottengono conimpianti di auto-produzione collegati in reteper scambiare le eccedenze.Per aderire al Movimento è sufficiente unprogressivo cambiamento nei nostri stili divita che sovente, ormai, per poco tempo di-sponibile e consumata abitudine, mantenia-mo passivamente.Si stanno organizzando diversi circoli terri-toriali, che possono assumere la forma diassociazione di volontariato o di promozio-14

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E ne sociale con cui offrire e condividere benie/o servizi, ma si può anche stabilire la sedeoperativa in un’azienda agricola o in un la-boratorio artigianale, in una cooperativa diautoproduzione o in una bottega del com-mercio equo e solidale e così via.Si potrà poi iniziare ad auto-produrre lo yo-gurt o qualsiasi altro bene primario come lapassata di pomodoro, la marmellata, il pa-ne, il succo di frutta, le torte, l’energia ter-mica e l’energia elettrica, oggetti e utensilinonché le manutenzioni ordinarie.Si possono fornire i servizi alla persona chein genere vengono delegati a pagamento:assistenza dei figli nei primi anni d’età, de-gli anziani, dei disabili e dei malati.Il secondo grado di adesione è costituitodall’auto-produzione di tutta la filiera di unbene: dal latte allo yogurt; dal grano al pane,dalla frutta alla marmellata, dai pomodorialla passata, dalla gestione del bosco al ri-scaldamento.Per formare un circolo sarà sufficiente se-guire le indicazioni riportate sul sito del Mo-vimento che è www.decrescitafelice.it, dalquale sono state tratte tutte le informazioniriportate nel presente articolo e dove è pos-sibile reperire contatti e consultare molti do-cumenti interessanti, anche per i giovani e lescuole, nonché tutte le iniziative avviate edin programma e le proposte di collaborazio-ne presentate alle aziende ed agli enti locali.I circoli territoriali già esistenti sono riunitiin una rete e viene indicato un “decalogo”che permette di individuare le azioni e icomportamenti da porre in essere per circo-scrivere e delimitare la quantità di merci eservizi da cui si dipende, favorendo la con-divisione delle buone prassi e, soprattutto, larealizzazione di beni (non merci) atti a mi-gliorare il benessere e ridurre la quantità dirifiuti immessi nell’ambiente. Le varie espe-rienze territoriali vengono inoltre condiviseper orientare sempre meglio le scelte. Tra i punti del “decalogo” vi è, ad esempio,l’invito ad accorciare le distanze tra produ-zione e consumo, sia in termini fisici cheumani: ossia favorire l’economia nel territo-rio in cui si vive, facendo acquisti diretta-mente dal produttore oppure entrando a farparte di un gruppo d’acquisto solidale(GAS: Nuova Proposta n.4.09) per minimiz-zare i chilometri percorsi dai beni nel loroviaggio tra luogo di produzione e luogo diconsumo, creando così anche rapporti uma-ni di amicizia e fiducia con chi produce.

Altro suggerimento è quello di riscoprire ilciclo delle stagioni e il rapporto con la terra(scegliere la frutta e la verdura in base allastagione), favorendo tra varie alternativequella più ecologica, salutare, piacevole econviviale per soddisfare gli stessi bisogni.Confrontare i propri ritmi con quelli dellanatura, rallentando invece di accelerare. Ri-scoprire il territorio in cui si vive e le risorsenaturali e umane che offre, anche in terminidi saper fare, riscoprendo le conoscenze tra-dizionali (artigianato, cultura popolare, me-todi colturali).Si suggerisce inoltre di ridefinire il propriorapporto con i beni e con le merci: sostituire,cioè, il più possibile le merci (prodotte peressere vendute) con beni auto-prodotti oscambiati all’interno di un mercato riportatoalle sue dimensioni fisiologiche ed auto-producendo il più possibile (soprattutto benialimentari ma anche altri beni, come il ve-stiario). A tale scopo sul sito internet sonostate riportate anche le indicazioni per l’au-to-produzione del pane e dei detersivi.Si invita inoltre a ricostruire le interazionisociali attraverso la logica del dono, creandomomenti comunitari di scambio di beni au-to-prodotti, ma non nella logica del baratto(che presuppone necessariamente un do utdes). Ciò permette di “fare comunità” e con-solida le relazioni umane.Si deve tendere anche ad allungare la vitadei beni (dagli utensili all’abbigliamento)favorendo le “quattro R”: riduzione, riuso,recupero, riciclaggio (ad esempio superandoil criterio della moda e adottando quellodell’utilità). Appare altresì opportuno adot-tare tecnologie che riducano il consumo dirisorse naturali, interagendo con le impreseche aderiscono al Movimento e propongonoprodotti o servizi capaci di ridurre, anchedrasticamente, i consumi.Ancora un’indicazione, che riguarda la scel-ta di ridurre l’impiego di mezzi di locomo-zione propri laddove possono essere sosti-tuiti da mezzi pubblici o mezzi meno inqui-nanti. Un’alternativa è anche quella di adot-tare e diffondere forme di trasporto condivi-se come il car-sharing.Infine, sempre tra i suggerimenti del “deca-logo”, vi è quello di ridefinire il proprio rap-porto con il lavoro, sperimentando stili divita capaci di ridurre i consumi inutili e dan-nosi come presupposto per ridurre il tempodedicato al lavoro salariato (necessario perpagarli!).15

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I vari capitoli in cui si articola il “Manuale”prendono in considerazione i più importantiaspetti organizzativi e gestionali, nonché lecomplesse problematiche clinico-assistenzialilegate alla presa in carico della persona non au-tosufficiente; infatti nelle residenze per anzianiil raggiungimento della qualità nei servizi socio-sanitari comporta una continua e doverosa ricer-ca in ordine alle necessità della persona accolta,alla progettazione delle cure ed alla conseguen-te pianificazione personalizzata e perciò effica-ce degli interventi.L’obiettivo è quello di fornire - in un compen-dio integrato - un orientamento ed un supportosugli aspetti centrali dell’assistenza alla perso-na anziana, contribuendo allo sviluppo dellespecifiche competenze professionali nei re-sponsabili e negli operatori per una sempremaggiore qualificazione dei modelli assisten-ziali.Il Manuale è stato presentato nel corso del Con-vegno organizzato dall’UNEBA a Trieste il 14ottobre scorso ed appunto intitolato “La ricercadella qualità nelle residenze per anziani”, alquale hanno partecipato oltre 150 persone, fraoperatori di assistenza, infermieri, medici, fi-sioterapisti, coordinatori dei servizi nelle casedi riposo, unitamente ad autorità e rappresen-tanze significative, fra i quali il nuovo Arcive-scovo di Trieste, mons. Giampaolo Crepaldi,l’assessore regionale alla sanità e protezione so-ciale, Vladimir Kosic, e l’assessore ai servizisociali del Comune di Trieste, Carlo Grilli.Il “Manuale” - ha sottolineato nella sua introdu-zione la presidente provinciale UNEBA, MariaMedeot - costituisce un prezioso strumento diformazione e di azione offerto dall’ UNEBA atutte le realtà ed a tutti gli operatori impegnati aivari livelli nell’assistenza agli anziani (fami-glia, assistenza domiciliare, centri diurni, resi-denze per anziani, volontariato) e rappresentaanche un contributo di qualità all’azione auspi-cabilmente collettiva ed unitaria di tutti i sog-getti impegnati nel settore socio-assistenziale esocio-sanitario”.“Non vi si trovano astratte linee guida - la rile-vato la dott.ssa Bellini - ma uno strumento ope-

L’assistenza agli anziani costituisce un pro-blema ed in molti casi un’emergenza so-

ciale fortemente sentiti in molte parti del Paese,specie nelle grandi città, in cui si assiste ad unacrescita pressoché costante del numero di per-sone che richiedono risposte sempre più com-plesse ad una rete di servizi ancora in fase dievoluzione e di adeguamento alle necessità.Nell’intento di corrispondere alle esigenze ditanti anziani e delle loro famiglie, gli enti e le

istituzioni ad ispirazione cristiana cheoperano nel settore e che anche a Triestesi raccolgono nell’UNEBA, hanno pun-tato da tempo sulle iniziative di forma-zione e sulla ricerca della qualità dei ser-vizi nelle residenze per anziani. A questo scopo negli ultimi cinque annisono stati promossi molteplici corsi diformazione e di aggiornamento per glioperatori impegnati nelle residenze sulletematiche specifiche riguardanti l’assi-stenza alle persone anziane e sulle nuovenormative emanate a livello nazionale eregionale in materia. Inoltre dal 2007 è

stato inoltre avviato con una serie di incontri unpercorso intensivo di approfondimento per i di-rigenti ed i coordinatori delle strutture su alcuniaspetti ritenuti prioritari nella gestione delle re-sidenze per anziani con una rivisitazione deimodelli assistenziali in atto orientandoli versoobiettivi raggiungibili di qualità.A conclusione di questa prima fase ed allo sco-po di proseguire e sviluppare tale indispensabileazione formativa, l’UNEBA di Trieste, d’intesacon gli enti aderenti ed operanti nel settore, harecentemente pubblicato il “Manuale di buoneprassi per la qualità del servizio nelle struttureresidenziali per anziani”, la cui redazione ha ri-chiesto oltre un anno di lavoro alla dott.ssa Bel-lini, curatrice del testo, assieme ad un gruppo diesperti per tematiche specifiche, costituito dalprof. Daniele Rodriguez, ordinario presso il Di-partimento di sanità pubblica dell’Università diPadova, dallo psicologo Matteo Sabini e damons. Pier Giorgio Ragazzoni, consigliere na-zionale dell’UNEBA e da sempre impegnatonelle opere di assistenza e carità.

MANUALE UNEBA PER STRUTTURERESIDENZIALI PER ANZIANI

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INIZIATIVA DELL’UNEBA DI TRIESTE

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rativo per il lavoro quotidiano di tutta l’équipeassistenziale, con lo stesso metodo e lo stessoapproccio a prescindere dalle gerarchie. Le indi-cazioni del Manuale hanno ovviamente tenutoconto del contesto delle strutture, e dei valori cuisi ispirano le istituzioni dell’UNEBA. Primo fratutti la centralità della persona”.Sul tema dei valori ha proposto una breve ed in-tensa riflessione l’Arcivescovo mons. Giam-paolo Crepaldi, gradito ospite del convegno.“L’anziano non è un peso, ma una persona; lecase di risposo non devono essere un parcheg-gio, ma un ambiente di vita. Le ‘buone prassi’ -ha detto, richiamandosi in particolare alla lette-ratura anglosassone in materia di ‘good practi-ces’- non devono intendersi soltanto come tec-nicamente efficienti; nel Manuale le ‘buoneprassi’ si propongono di dire qualcosa di più; lepratiche sono buone se nascono da personebuone. Per questo invito gli operatori a prender-si cura e coltivare non solo l’anziano, ma anchese stessi”. Sotto questo aspetto - ha aggiuntol’Arcivescovo - fondamentale risulta la forma-zione integrale degli operatori.“Questo Manuale non sia solo un testo, bensìun seme che, piantato, dia frutti”, si è auguratoCarlo Grilli, assessore ai servizi sociali del Co-mune di Trieste. “Iniziative come queste, che sirivolgono alle persone con sofferenze prolun-

gate, che non durano un giorno o una settimana,ma anni ed a volte una vita, - ha rilevato da par-te sua l’assessore regionale alla salute e prote-zione sociale, Vladimir Kosic - danno contenu-to per il processo di riclassificazione delle resi-denze per anziani che la Regione sta portandoavanti”, auspicando le case di riposo possanoessere sempre più comunità ‘aperte’, capaci dipromuovere relazioni con il mondo esterno perquanti vi sono accolti”.L’anno prossimo, allo scopo di tradurre in pra-tica i contenuti del “Manuale” nelle varie strut-ture per anziani, l’Istituto Regionale degli Studidi Servizio Sociale (IRSSeS) del Friuli VeneziaGiulia, d’intesa con l’UNEBA di Trieste, orga-nizzerà due percorsi formativi, uno nel settoresanitario e uno nel settore assistenziale, pluria-ziendali e potenzialmente estensibili a tutto ilpersonale degli enti.La formazione ha coinvolto e coinvolgerà lestrutture per anziani associate all’UNEBA, checomprendono residenze protette per personenon autosufficienti e case-albergo per anzianiautosufficienti o parzialmente autonomi, per untotale di circa 500 posti letto sui 3 mila disponi-bili a Trieste. In una città in cui gli anziani over65 anni sono il 27,3% della popolazione, controuna media del 23,1% nell’intero Friuli VeneziaGiulia.

UNEBA LAZIO: AI NASTRI DI PARTENZA…

Nel mese di settembre 2009 è ufficialmente partito il cammino dell’Uneba Lazio.Perché si è sentita l’esigenza di creare questa nuova realtà?Nel Lazio, ed in particolare nella provincia di Roma, vista la peculiarità ed il particolare interesse che ri-vestono le istituzioni presenti sul territorio, la situazione del settore socio assistenziale è particolarmentecomplessa. Spesso è in questa regione che molte strutture ed enti hanno la propria sede nazionale.In questi ultimi anni è stata la Segreteria Nazionale che ha seguito la gestione degli Associati locali del-la Regione Lazio. Ma questo encomiabile lavoro ormai non è più sufficiente. Per poter ottenere dei risultati migliori è necessario mettersi in cammino...Il primo passo, quindi, è stato quello di nominare un Commissario per la Regione Lazio che potesse es-sere il riferimento degli Associati per le loro esigenze in attesa che vengano costituiti gli organi locali,con i tempi necessari. Essere più vicini agli Associati: questo potrebbe essere lo slogan da adottare nel lavoro che andremo asvolgere. Comprendere la difficoltà del periodo in cui viviamo, con gli inevitabili risvolti nella gestio-ne delle nostre strutture, vedere di risolvere i piccoli e grandi problemi che derivano da leggi, regola-menti e norme con le quali necessariamente dobbiamo fare i conti ogni giorno.Il secondo passo quindi sarà quello di coinvolgere tutte le nostre forze: è indispensabile, quindi, che i no-stri Associati Lazio si facciano avanti e partecipino in prima persona agli incontri ai quali verrano invitatie portino proposte concrete ed indicazioni che ci consentano di proseguire al meglio il nostro cammino. Solamente in questa maniera, con la conoscenza reciproca, la collaborazione e la buona volontà di tuttipotremo raggiungere con soddisfazione i nostri traguardi...

Uneba LazioAlessandro Baccelli

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ROMA: 20 APPARTAMENTI PER I PAPÀ SEPARATI

29 ottobre 2009ROMA - Venti appartamenti con un saloncino e angolocottura, una stanza per dormire con due letti e un bagno.Accesso indipendente ma locali comuni dove giocare,condividere esperienze e vivere insieme per sentirsi “acasa”. Sarà questa la realtà della “casa dei papà separa-ti”, struttura di appoggio per padri separati e indigentiideata dall’assessorato alle Politiche sociali del Comunedi Roma per sopperire alla povertà in cui si trovano a vi-vere moltissimi uomini dopo la separazione e anche pervenire incontro ai figli che spesso non possono vedere ipropri padri perché non vivono in un luogo “degno e ido-neo”. Hanno presentato l’iniziativa in Campidoglio l’as-sessore alle Politiche sociali del comune di Roma SvevaBelviso, Tiberio Timperi, testimonial dell’iniziativa,Maria Pia Sabatini, avvocato, Maria Bisegna, presidentedell’associazione “Nonni genitori di padri separati” e Ti-ziana Arsenti, presidente di “Padri separati onlus”. “Le separazioni delle coppie con figli - ha spiegato Bel-viso - oltre ad un trauma personale comportano un im-provviso aumento delle spese con un impoverimentogenerale della famiglia. A precipitare nel disagio econo-mico sono soprattutto i genitori non afffidatari, solita-mente i papà che, oltre a versare l’assegno mensile de-vono contestualmente lasciare la propria dimora”. È perloro che è stata pensata quindi una struttura di appoggio,dove i padri indigenti possono appoggiarsi per un mas-simo di 12 mesi pagando una canone di affitto simboli-co di 200 euro.

E pervisto anche un sostegno psicologico e sociale degliuomini che saranno accolti nei mini appartamenti: “Unsostegno che in un anno - ha sottolineato l’assessore ca-pitolino - li aiuterà a rimpossessarsi della propria iden-tità, di ristabilire un equilibrio psicologico e ritrovaremotivazioni”. L’amministrazione capitolina ha stanziato per ilprogetto pilota 360 mila euro annuali, “siamo con-sapevoli che non risolviamo un problema con questastruttura ma il progetto ci permetterà di monitorareun fenomeno difficilmente quantificabile, ci darà lapossibilità di rispondere concretamente - ha spiega-to ancora Belviso - alle nuove povertà e salvaguar-dare il diritto del bambino a crescere in modo equi-librato con la presenza nella sua vita di entrambi igenitori”. Il dramma dei genitori separati è spesso invisibile, “main realtà - ha affermato Timperi - è una galassia di sof-ferenza molto reale: i padri, privi di un reddito elevatospesso dormono nel retrobottega, in macchina o tornanoa vivere dai propri genitori. Non possono vedere i figli ela vita diventa infernale”. Infernale perché il progetto matrimoniale è fallito, per-ché i figli si vedono con il contagocce e perché le spesesono tantissime: “Molto spesso - ha spiegato Sabatini -questi uomini si trovano a dover pagare il mutuo dellacasa acquistata con la ex moglie, l’affitto di un altro ap-partamento e le sue utenze, l’assegno di mantenimento.Praticamente vanno in bancarotta”. Il progetto romano segue quello di Bolzano e Genova,che hanno già inaugurato esperienze di case per genito-ri separati.

“LA CASINA DEI BIMBI”

A Casina di Reggio Emilia è sorta nel 2003 l’Associazione“Casina dei bimbi”, Onlus, che si occupa di bambini ed ado-lescenti ospedalizzati e a domicilio in situazioni croniche edoncologiche, e di attività ludiche nei reparti di pediatria e diaccoglienza al pronto soccorso.Fondatrice dell’Associazione è Claudia Nasi, mamma delpiccolo Federico morto per leucemia all’età di cinque anni.Dall’esperienza della famiglia di Federico, entrata in contatto diretto con il volontariatodell’oncoematologia pediatrica di Parma che ha dato sollievo al bambino durante i due annidi leucemia, nasce il progetto “ l’amico FEDEle”Il progetto vuole portare aiuto e conforto ai genitori dei bambini ospedalizzati, garantendola presenza dei volontari quando la famiglia non può essere presente. “L’AMICO FEDELE”è quel volontario che i bambini vedono in ospedale quando non ci sono vicini i genitori o al-tri familiari e che può anche essere amico dei genitori chiusi nel loro dolore.L’Associazione è principalmente impegnata nell’ospedale S. Maria Nuova di Reggio, Ca-stelnuovo Monti, Carpi.In caso di intervento a domicilio, i volontari coprono alcune ore, 2 giorni la settimana, incollaborazione con l’infermiera domiciliare e le figure che ruotano attorno al minore (fisio-terapista, psicologa, pediatra). La mamma di Federico afferma: “Tutto si può spegnere, ma non il ricordo di chi ha fatto sor-ridere tuo figlio durante le degenze, il ricordo di chi ha donato un’ora del suo tempo a unbambino ospedalizzato e ai suoi genitori…”. (www.casinadeibimbi.org).

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Per poter accedere all’intervento il destinatario deve possedereuna situazione reddituale di valore pari o inferiore ad Euro7.500,00 da determinare con le modalità di cui al decreto legisla-tivo 31 marzo 1998, n. 109 (“Definizioni di criteri unificati di va-lutazione della situazione economica dei soggetti che richiedonoprestazioni sociali agevolate, a norma dell’art. 59, comma 51,della legge 27 dicembre 1997, n. 449”) e successive modifichee integrazioni e relativi decreti attuativi. A tal fine il valore dell’ISEE del destinatario deve risultare da at-testazione in corso di validità; tuttavia, ai fini dell’accesso all’in-tervento, nei casi in cui il valore dell’ISEE non sia rappresentati-vo della reale situazione reddituale del destinatario, a causa di so-pravvenuti eventi eccezionali che comportino una sostanziale edimostrabile diminuzione della stessa, il SSC determina la situa-zione reddituale sulla base di criteri di calcolo definiti dall’As-semblea dei sindaci di ambito distrettuale che tengano conto del-la reale disponibilità economica del nucleo familiare del desti-natario.Ai fini dell’accesso all’intervento il Regolamento consideraprioritarie le situazioni delle persone che versano in condizionidi disagio, di rischio sociale e di emarginazione, nonché quelledei nuclei familiari con presenza di minori o dei nuclei monopa-rentali. Il regolamento prevede infine che l’ammontare massimo dell’in-tervento è pari a un dodicesimo della differenza tra il valore dellasituazione reddituale per l’accesso all’intervento ed il valore del-la situazione reddituale del richiedente, moltiplicato per il nume-ro di mesi per i quali è concesso; qualora detto calcolo determiniun ammontare inferiore ad Euro 100,00 mensili, l’ammontaredell’intervento è stabilito in tale importo minimo. Allo stesso modo l’ammontare dell’intervento può essere elevatofino a un massimo di ulteriori Euro 100,00 mensili per ogni figlioa carico presente nel nucleo familiare del destinatario. L’intervento è erogato per la durata massima di sei mesi al termi-ne dei quali il SSC, in base agli esiti della verifica circa l’effica-cia delle azioni concordate di cui all’art. 4 del decreto, può con-cedere la proroga per una sola volta e comunque per un periodocomplessivo non superiore a dodici mesi.

REGIONE LAZIO - MODIFICA ALLA LEGGE RE-GIONALE 27 FEBBRAIO 2009, N. 2 (ISTITUZIO-NE DEL CENTRO DI ACCESSO UNICO ALLA DI-SABILITA’ (CAUD). MODIFICA ALLA LEGGE RE-GIONALE 12 DICEMBRE 2003, N. 41 (NORMEIN MATERIA DI AUTORIZZAZIONE ALL’APERTU-RA ED AL FINANZIAMENTO DI STRUTTURE CHEPRESTANO SERVIZI SOCIO-ASSISTENZIALI).

(Legge regionale 6 aprile 2009, n. 7 - Pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Lazio n. 14 del 14 aprile 2009)

Con la legge regionale in parola vengono introdotte delle modifi-che all’art. 5 della legge regionale n. 2/2009; in particolare, il

REGIONE FRIULI-VENEZIA GIULIA - REGOLA-MENTO PER LA DISCIPLINA DEL FONDO PERIL CONTRASTO AI FENOMENI DI POVERTA’ E DI-SAGIO SOCIALE ISTITUITO DALL’ARTICOLO 9,COMMA 9, DELLA LEGGE REGIONALE 14 AGO-STO 2008, N. 9 (ASSESTAMENTO DEL BILAN-CIO 2008).

(Decreto del Presidente della Regione 9 febbraio 2009,n. 38 - Pubblicato nel Bollettino ufficiale della RegioneFriuli-Venezia Giulia n. 7 del 18 febbraio 2009)

Il regolamento in parola disciplina la natura, l’ammontare, lecondizioni reddituali o sociali di accessibilità e le modalità di ef-fettuazione dell’intervento economico attuato dai Servizi socialidei Comuni (denominati anche SSC) con le risorse del “Fondoper il contrasto ai fenomeni di povertà e disagio sociale” istitui-to dall’art. 9, comma 9, della legge regionale n. 9/2008. A tal fine, in attuazione di quanto disposto dall’art. 9, comma 5,della legge regionale n. 9/2008 che prevede l’istituzione del Fon-do a sostegno degli interventi attuati dai comuni, le assembleedei sindaci di ambito distrettuale, nell’ambito delle funzioni adesse attribuite dall’art. 20, commi 4 e 5, della legge regionale 31marzo 2006, n. 6 (“Sistema integrato di interventi e servizi per lapromozione e la tutela dei diritti di cittadinanza sociale”), pos-sono individuare degli indirizzi relativi alle modalità di gestionedell’intervento nel rispetto dei limiti fissati dal regolamento, al fi-ne di tener conto delle caratteristiche dei rispettivi contesti terri-toriali. Il regolamento individua come destinatari dell’intervento i citta-dini comunitari residenti all’interno della da almeno trentasei me-si e che si trovano nelle condizioni previste dall’art. 5. Gli interventi previsti dal regolamento sono finalizzati a preveni-re, superare o ridurre le condizioni di bisogno derivanti da inade-guatezza del reddito, difficoltà sociale e condizioni di non auto-nomia. L’intervento, al quale è attribuito carattere temporaneo,ponendosi in una prospettiva di recupero e di reintegrazione so-ciale, può avere carattere di sussidiarietà anche per sostenere per-corsi di inserimento lavorativo. Il regolamento prevede inoltre che l’intervento può essere inte-grato e supportato da prestazioni professionali a carattere psico-sociale, nonché da prestazioni e servizi socio-educativi ed assi-stenziali. Per il raggiungimento delle finalità di cui all’art. 3 del regola-mento i Servizi sociali dei Comuni concordano con la persona in-teressata un progetto personalizzato che tiene conto delle sue ri-sorse e potenzialità e definisce l’utilizzo dell’intervento econo-mico, i reciproci impegni, gli obiettivi, i tempi di realizzazione edi verifica delle azioni concordate. Nel caso in cui i Servizi sociali dei Comuni riscontrino il manca-to rispetto degli impegni assunti dalla persona destinatariadell’intervento, possono revocare le misure inizialmente concor-date.

Norme giuridiche - Giurisprudenza - Consulenzan.128

a cura dell’avv. Giacomo Mari

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comma 1 dell’art. 5 della legge regionale n. 2/2009 è sostituitodal seguente: “1. Dopo la lettera b), del comma 1 dell’art. 7 dellalegge regionale n. 41/2003 è aggiunta la seguente: “b-bis) Comu-nità alloggio-gruppo appartamento rientrante nelle strutture di ti-po familiare di cui all’art. 5, comma 1, lettera a), a bassa inten-sità assistenziale, parzialmente autogestita, con limitata capacitàricettiva, destinata a soggetti maggiorenni in situazioni di disabi-lità fisica, psichica o sensoriale che mantengano una buona auto-nomia tale da non richiedere la presenza di operatori in manieracontinuativa””.

REGIONE LAZIO - ISTITUZIONE DEL REDDITOMINIMO GARANTITO. SOSTEGNO AL REDDITOIN FAVORE DEI DISOCCUPATI, INOCCUPATI OPRECARIAMENTE OCCUPATI.

(Legge regionale 20 marzo 2009, n. 4 - Pubblicata nelBollettino ufficiale della Regione Lazio n. 12 del 28 mar-zo 2009)

Con la legge in commento la Regione riconosce il reddito mini-mo garantito allo scopo di favorire l’inclusione sociale per i di-soccupati, inoccupati o lavoratori precariamente occupati, qualemisura di contrasto alla disuguaglianza sociale ed all’esclusionesociale, nonché quale strumento di rafforzamento delle politichefinalizzate al sostegno economico ed all’inserimento sociale deisoggetti maggiormente esposti al rischio di marginalità nel mer-cato del lavoro. La legge definisce: a) il reddito minimo come l’insieme di for-me reddituali dirette ed indirette che assicurino un’esistenza li-bera e dignitosa; b) disoccupati coloro che, dopo aver perso unposto di lavoro o cessato un’attività di lavoro autonomo, sonoalla ricerca di una nuova occupazione; c) inoccupati coloro che,senza aver precedentemente svolto un’attività lavorativa, sonoalla ricerca di un’occupazione; d) lavoratori precariamente oc-cupati coloro che, indipendentemente dalla natura del rapportodi lavoro, percepiscono un reddito che non determina la perditadello status di disoccupati ai sensi di quanto previsto dagli arti-coli 3, 4 e 5 del decreto legislativo 19 dicembre 2002, n. 297(“Disposizioni modificative e correttive del decreto legislativo21 aprile 2000, n. 181, recante norme per agevolare l’incontrotra domanda e offerta di lavoro, in attuazione dell’art. 45, com-ma 1, lettera a) della legge 17 maggio 1999, n. 144”); e) lavo-ratori privi di retribuzione coloro che hanno subito la sospen-sione della retribuzione nei casi di aspettativa non retribuita pergravi e documentate ragioni familiari ai sensi dell’art. 4 dellalegge 8 marzo 2000, n. 53 (“Disposizioni per il sostegno dellamaternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla forma-zione e per il coordinamento dei tempi delle città”) e successi-ve modifiche; f) centri per l’impiego le strutture previstedall’art. 29 della legge regionale 7 agosto 1998, n. 38 (“Orga-nizzazione delle funzioni regionali e locali in materia di politi-che attive per il lavoro”). Il reddito minimo garantito consiste: a) per i disoccupati e gliinoccupati in somme di denaro non superiori ad Euro 7.000,00annui, rivalutate sulla base degli indici sul costo della vita elabo-rati dall’ISTAT; b) per i lavoratori precariamente occupati ed i la-voratori privi di retribuzione in somme di denaro non superiori adEuro 7.000,00 annui, rivalutate sulla base degli indici sul costodella vita elaborati dall’ISTAT, calcolate tenendo conto del crite-rio di proporzionalità riferito al reddito percepito nell’anno pre-cedente ed erogate nelle misure indicate nel regolamento di cuiall’art. 7 della legge. In ogni caso la somma tra il reddito percepito nell’anno prece-

dente ed il beneficio erogato non può essere superiore ad Euro7.000,00. Le prestazioni di cui sopra sono cumulabili con i trattamenti pre-videnziali ed assistenziali percepiti dal soggetto beneficiario, en-tro i limiti degli importi stabiliti ai sensi del medesimo comma 1,ma non sono compatibili con l’erogazione di altri contributi per-cepiti allo stesso fine. Tali prestazioni sono personali, non sono cedibili a terzi e nonprecludono la possibilità per le amministrazioni provinciali e co-munali, nell’ambito delle proprie competenze e delle risorse na-zionali, regionali, provinciali e comunali disponibili, di prevede-re ulteriori interventi. La Regione eroga ai beneficiari delle prestazioni previste dalla leg-ge una quota d’importo pari alla trattenuta previdenziale propor-zionata all’entità dell’erogazione economica da versare nell’appo-sito fondo previsto dall’art. 9 e gestito dalla stessa Regione. L’interessato, una volta cessata la fruizione del beneficio, ancheper il venire meno di una delle condizioni legittimanti, ha dirittodi cumulare le quote maturate nel fondo con quelle maturatepresso la propria cassa previdenziale pubblica di riferimento. Da parte sua la Regione, compatibilmente con le risorse disponi-bili, può contribuire al finanziamento di ulteriori prestazioni vol-te a: garantire la circolazione gratuita, previo accordo con gli en-ti interessati, sulle linee di trasporto pubblico locale su gomma emetropolitane, in attuazione di quanto previsto dall’art. 31, com-ma 3-quater, della legge regionale 16 luglio 1998, n. 30 (“dispo-sizioni in materia di trasporto pubblico locale”); b) favorire lafruizione di attività e servizi di carattere culturale, ricreativo osportivo; c) contribuire al pagamento delle forniture di pubbliciservizi; d) garantire la gratuità dei libri di testo scolastici; e) ero-gare contributi per ridurre l’incidenza del costo dell’affitto sulreddito percepito nei confronti dei soggetti beneficiari titolari dicontratto di locazione. La legge individua come beneficiari delle prestazioni i disoccu-pati; gli inoccupati; i lavoratori precariamente occupati, nonché ilavoratori privi di retribuzione, a condizione che siano residentinella Regione da almeno ventiquattro mesi; siano iscrittinell’elenco anagrafico dei centri per l’impiego (ad eccezione deilavoratori privi di retribuzione); abbiano un reddito personale im-ponibile non superiore ad Euro 8.000,00 nell’anno precedente lapresentazione dell’istanza; non abbiano maturato i requisiti per iltrattamento pensionistico. Per accedere alle prestazioni previste dalla legge i soggetti chesiano in possesso dei requisiti di cui sopra devono presentare an-nualmente istanza al comune capofila del distretto socio sanita-rio cui appartiene il comune di residenza e, per il Comune di Ro-ma, ai municipi di residenza, i quali provvedono a trasmetterle alcentro per l’impiego territorialmente competente; a seguito dipresentazione della domanda i soggetti istanti sono presi in cari-co dal centro per l’impiego territorialmente competente. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge lagiunta regionale, d’intesa con le rappresentanze istituzionali de-gli enti territoriali e previa consultazione con le associazioni deidatori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative alivello regionale, con i servizi di integrazione lavoro disabili econ gli organismi dei centri per l’impiego che si occupano dellecategorie svantaggiate, con propria deliberazione definisce, subase provinciale, i criteri per la formazione delle graduatorie te-nendo conto, tra l’altro, del rischio di esclusione sociale e di mar-ginalità nel mercato del lavoro, con particolare riferimento al ses-so, all’età, alle condizioni di povertà o incapacità di ordine fisico,psichico e sensoriale, all’area geografica di appartenenza in rela-zione al tasso di disoccupazione, ai carichi familiari, alla situa-zione reddituale e patrimoniale del nucleo familiare, alla condi-

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tori disabili, copia della dichiarazione del legale rappresentantepresentata dalle imprese, attestante il pieno rispetto delle normeche disciplinano il diritto al lavoro dei disabili, di cui all’articolo17 della legge 12 marzo 1999, n. 68 (“Norme per il diritto al la-voro dei disabili”) e successive modifiche.L’ufficio territorialmente competente in materia di occupazionedei lavoratori disabili procede, entro trenta giorni dalla ricezionedella dichiarazione di cui sopra, all’accertamento della veridicitàdel contenuto della stessa e ne trasmette l’esito all’amministra-zione interessata. L’esito positivo dell’accertamento ha validitàsei mesi. Da parte sua l’assessorato competente in materia di lavoro pro-muove un’indagine conoscitiva sullo stato di attuazione della leg-ge 12 marzo 1999, n. 68 e ne riferisce al Consiglio entro trentagiorni dalla pubblicazione della presente legge.La Regione, al fine di promuovere l’adozione di efficaci strategieaziendali ed il riconoscimento delle buone prassi finalizzateall’inserimento lavorativo delle persone disabili da parte delleimprese pubbliche e private, tenute al rispetto delle disposizioninormative della legge n. 68/99, istituisce il Bollino di qualità H. La Giunta regionale con propria deliberazione, su propostadell’Assessore competente in materia di lavoro, individua i crite-ri e le modalità per l’attribuzione del Bollino di qualità H ai sog-getti sopra indicati.Da parte sua la Giunta regionale, in sede di individuazione deicriteri citati tiene conto dei seguenti parametri: numero di perso-ne disabili inserite; percentuale di invalidità media; livello di ade-guamento del luogo di lavoro; idoneità della mansione lavorativaal tipo di disabilità.

REGIONE LIGURIA - MODIFICHE ALLA LEGGE RE-GIONALE 21 MARZO 1994, N. 13 (TUTELA DELPATRIMONIO STORICO SOCIALE E CULTURALEDELLE ASSOCIAZIONI CHE OPERANO NEL CAM-PO DELLA MUTUALITA’ E DELLA SOLIDARIETA’SOCIALE).

(Legge regionale 11 maggio 2009, n. 17 - Pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Liguria n. 8 del 20 maggio 2009)

Con la legge in parola sono introdotte alcune seguenti modifichealla legge regionale 21 marzo 1994, n. 13. In particolare all’art. 2della legge regionale n. 13/1994 le parole: “dieci anni” sono so-stituite dalle seguenti: “due anni”. All’art. 4, dopo la lettera b) del comma 1 è aggiunta la seguente:“b-bis) catalogazione, ordinamento, digitalizzazione, nonchéinterventi conservativi e di restauro del patrimonio storico, ico-nografico, bibliografico e documentale dei soggetti di cui alcomma 1”.Al comma 2 dell’art. 4 le parole “I contributi di cui alla lettera b)”sono sostituite dalle seguenti: “I contributi di cui alle lettere b) eb-bis)”.

REGIONE TOSCANA REGOLAMENTO DI ATTUAZIONE DELLA LEGGE REGIONALE 25LUGLIO 2006, N. 35 (ISTITUZIONE DEL SERVIZIO CIVILE REGIONALE) IN MATERIA DI SERVIZIO CIVILE REGIONALE.

(Decreto del presidente della giunta regionale 20 marzo 2009, n. 10 - Pubblicato nel Bollettino ufficia-le della regione Toscana n. 9 del 30 marzo 2009)

Il regolamento in parola è diretto a disciplinare le procedure perl’iscrizione, la tenuta e l’aggiornamento dell’albo degli enti di

zione abitativa, nonché alla partecipazione ai percorsi formativi,appropriati alle esigenze lavorative locali, individuati dalla Re-gione nell’ambito della programmazione dell’offerta formativa;sulla base di tali criteri le province adottano una specifica gra-duatoria dei beneficiari delle prestazioni. Nel caso in cui il beneficiario, all’atto della presentazionedell’istanza o nelle successive sue integrazioni, dichiari il falso inordine anche ad uno solo dei requisiti previsti, l’erogazione delleprestazioni è sospesa con conseguente obbligo di restituzione diquanto indebitamente percepito ed esclusione dalla possibilità dirichiedere l’erogazione delle prestazioni previste dalla legge, purricorrendone i presupposti, per un periodo doppio di quello nelquale ne abbia indebitamente beneficiato. In ogni caso si ha la sospensione delle prestazioni qualora il be-neficiario: sia assunto con contratto di lavoro subordinato ovve-ro parasubordinato sottoposto a termine finale; partecipi a per-corsi di inserimento professionale. Si ha invece la decadenza dal beneficio al compimento del ses-santacinquesimo anno di età, al raggiungimento dell’età pensiona-bile, nel caso in cui il beneficiario sia assunto con un contratto dilavoro subordinato a tempo indeterminato, ovvero svolga un’atti-vità lavorativa di natura autonoma e, in entrambi i casi, qualorapercepisca un reddito imponibile superiore ad Euro 8.000,00 an-nui, nonché nel caso in cui rifiuti una proposta di impiego offertadal centro per l’impiego territorialmente competente. Di contro, la decadenza non opera nell’ipotesi di non congruitàdella proposta di impiego, qualora la stessa non tenga conto delsalario precedentemente percepito dal soggetto interessato, dellaprofessionalità acquisita, della formazione ricevuta e del ricono-scimento delle competenze formali ed informali in suo possesso,certificate dal centro per l’impiego territorialmente competenteattraverso l’erogazione di un bilancio di competenze. La legge precisa ancora che la Regione, con regolamento adotta-to ai sensi dell’art. 47, comma 2, lettera b) dello statuto regiona-le, e previa consultazione con le rappresentanze istituzionali de-gli enti territoriali, con le associazioni dei datori di lavoro e dei la-voratori maggiormente rappresentative a livello regionale, con iservizi integrazione lavoro disabili e con gli organismi dei centriper l’impiego che si occupano delle categorie svantaggiate,provvede a definire i requisiti minimi di uniformità per la regola-mentazione dello svolgimento delle attività previste dalla presen-te legge; a definire la modalità per lo svolgimento dell’attività re-gionale di controllo e monitoraggio in ordine all’attuazione dellapresente legge; ad individuare le misure delle prestazioni direttepreviste dall’art. 3, comma 1, lettera b), calcolate tenendo contodel criterio di proporzionalità secondo apposite fasce di reddito; adefinire le modalità di gestione del fondo regionale per il redditosociale garantito di cui all’art. 9 della legge; ad individuare i cri-teri di riparto delle risorse da destinare alle province ai finidell’erogazione delle prestazioni dirette.

REGIONE LAZIO - NORME IN MATERIA DI INSERIMENTO AL LAVORO DELLE PERSONE CON DISABILITA’

(Legge Regionale 21 Ottobre 2008, n. 17 - Pubblicatanella Gazzetta Ufficiale n. 20 dell’1 agosto 2009)

La legge regionale in parola stabilisce che gli uffici della pubbli-ca amministrazione aventi sede nel territorio della Regione La-zio, al fine di garantire il rispetto della normativa posta a tuteladel lavoratore disabile, nell’ambito delle procedure di appalto odi sottoscrizione di rapporti convenzionali o di concessione, sonotenuti a trasmettere, entro trenta giorni dalla ricezione, all’ufficioterritorialmente competente in materia di occupazione dei lavora-

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chiarando sotto forma di dichiarazione sostitutiva ai sensi degliartt. 46 e 47 del d.p.r. n. 445/2000: le proprie generalità; il pro-getto scelto; di non aver svolto attività di servizio civile; di nonavere avuto o di non avere in corso alcun rapporto di lavoro o dicollaborazione retribuita a qualunque titolo con l’ente presso ilquale chiedono di prestare servizio; di aderire alle modalità at-tuative del progetto. La selezione dei candidati viene effettuata dall’ente che realizzail progetto, di norma tramite colloquio e valutazione del curricu-lum, con procedure e modalità che garantiscano pubblicità, tra-sparenza ed imparzialità; la valutazione è effettuata tenuto contodell’idoneità del candidato a svolgere le attività previste dal pro-getto, nonché del curriculum vitae. I soggetti selezionati per ciascun progetto presentano all’ente,all’atto dell’avvio del servizio, la certificazione sanitaria compro-vante l’idoneità al servizio relativo al progetto; da parte loro glienti titolari dei progetti approvati comunicano al competente uf-ficio della Regione l’effettiva presa di servizio da parte dei gio-vani. Nel contratto devono essere indicati: i riferimenti relativi al pro-getto; la decorrenza e la durata del servizio, nonché l’articolazio-ne dell’orario; le modalità di avvio e di svolgimento del servizio;il trattamento economico; i diritti e i doveri dei giovani; i per-messi e le malattie; i casi di cessazione dal servizio di cui all’art.19. Il contratto, sottoscritto dalla Regione, è inviato al giovaneper la sottoscrizione prima dell’avvio al servizio. L’orario settimanale può essere articolato su un minimo di quat-tro giorni ed un massimo di sei. In relazione alle caratteristichedel progetto, l’orario può essere differenziato nel corso dell’anno,sempre nel rispetto dei limiti sopra indicati.Nel periodo di svolgimento del progetto il giovane può usufruiredi: venti giorni di permesso retribuito per esigenze personali, dicui almeno dieci in modo continuativo; dodici giorni di permessoretribuito per partecipare ad esami scolastici ed universitari ed aconcorsi pubblici. Ai giovani è corrisposto un assegno mensile di natura non retri-butiva il cui importo è pari: allo stesso importo previsto dal ser-vizio civile nazionale nel caso di progetti con impegno compresotra 1400 e 1500 ore; all’importo previsto dal servizio civile na-zionale aumentato del 10% nel caso di progetti con impegno su-periore a 1500 ore; all’importo previsto dal servizio civile nazio-nale, ridotto del 10%, nel caso di progetti con impegno inferiorea 1400 ore. Tali importi sono raddoppiati per i progetti che sisvolgono all’estero. Decorso il primo semestre ed al termine del progetto, gli enti in-viano al competente ufficio della Regione una relazione aventead oggetto l’attuazione di ogni progetto, con particolare riferi-mento all’attività di preparazione e supporto svolta, alla parteci-pazione dei giovani, ai risultati conseguiti ed alle eventuali criti-cità riscontrate. Il competente ufficio della Regione verifica le relazioni di cui so-pra, effettua controlli e verifiche a campione sull’attuazione deiprogetti, anche in collaborazione con le province, pubblicandoperiodicamente i risultati ottenuti. Nel caso in cui siano riscontrate gravi inadempienze nell’attua-zione del progetto, il competente ufficio della Regione, previocontraddittorio, dispone il divieto per l’ente di presentare proget-ti di servizio civile regionale per due anni.

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servizio civile regionale; le procedure per la presentazione deiprogetti; le procedure per l’ammissione dei giovani; gli elemen-ti essenziali del contratto e l’ammontare dell’assegno per i gio-vani; l’articolazione dell’orario di servizio; i casi di cessazionedal servizio e di sostituzione dei giovani; l’attività di preparazio-ne, supporto e guida al servizio civile; le modalità per il monito-raggio e la verifica dei progetti; la composizione e la proceduraper la nomina della Consulta regionale del servizio civile e delsuo presidente; le modalità di gestione e di rendicontazione delfondo regionale per il servizio civile; la quota del fondo da de-stinare alle iniziative formative ed informative. Possono presentare domanda per l’iscrizione all’albo: gli entipubblici e privati in possesso dei requisiti di cui all’art. 5 dellalegge regionale 35/2006, nonché i loro organismi federativi edassociativi; tali enti non possono tuttavia iscriversi all’albo qua-lora siano indicati quali sedi di attuazione di progetti di serviziocivile regionale da parte di altri enti. Gli enti iscritti all’albo sono tenuti a presentare almeno un pro-getto di servizio civile ogni tre anni. La domanda di iscrizione, sottoscritta dal legale rappresentatedell’ente, è presentata al competente ufficio della Regione. Nel-la domanda sono attestati, sotto forma di dichiarazione sostituti-va, tra gli altri: la denominazione dell’ente, l’indicazione della se-de legale ed il codice fiscale o partita iva; l’indicazione del nomi-nativo del responsabile per il servizio civile; l’indicazione dellesedi disponibili per la realizzazione dei progetti; l’indicazionedella pagina web del proprio sito internet. Gli enti privati allegano alla domanda di iscrizione: copia dell’at-to costitutivo e dello statuto; l’organigramma dell’ente, con par-ticolare riferimento al personale dedicato alle attività del serviziocivile; la documentazione comprovante l’attività svolta negli ul-timi tre anni nell’ambito del territorio regionale. Gli enti iscritti nell’albo nazionale del servizio civile naziona-le o nell’albo regionale del servizio civile nazionale possonoiscriversi all’albo degli enti di servizio civile regionale indi-cando unicamente nella domanda, sotto forma di dichiarazionesostitutiva, ai sensi degli artt. 46 e 47 del d.p.r. n. 445/2000: ilcodice nazionale di accreditamento dell’ente; le sedi disponibi-li per la realizzazione dei progetti; l’attività svolta negli ultimitre anni. I progetti di servizio civile regionale sono presentati esclusiva-mente dagli enti iscritti all’albo; i progetti contengono quantoprevisto dall’art. 7, comma 2 della legge regionale n. 35/2006 esono riferiti ai settori di impiego di cui all’art. 3 della legge re-gionale n. 35/2006. Per ogni progetto può essere previsto un nu-mero di giovani non inferiore a due e non superiore a dieci; le at-tività previste dai progetti devono conformarsi alla normativa vi-gente in materia di sicurezza sul lavoro. I progetti presentati non sono ammessi a valutazione nei casi di:mancata iscrizione all’albo dell’ente che ha presentato il proget-to; non corrispondenza del progetto con i settori di cui all’art. 3della legge regionale n. 35/2006; inosservanza delle prescrizioniindicate nel bando per la presentazione dei progetti; durata delperiodo di preparazione, supporto e guida al servizio civile infe-riore ai termini minimi previsti dall’art. 21, comma 1 del decreto;previsione di oneri economici a carico dei giovani. I soggetti interessati presentano domanda direttamente agli entititolari dei progetti, utilizzando il modello allegato al bando e di-

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cristologiche, pneumatologiche: lo Spiritosoffia sempre, non dedurre la storia dalVangelo, non ridurre il Vangelo alla sto-ria); il discernimento dei segni dei tempi,il come (assumere la complessità, valutarela complessità alla luce della parola diDio, unire l’ascolto del tempo all’ascoltodella Parola); la Carità al servizio di unmondo nuovo: umile, discreta, bella. Ca-rità umile è quella che non sceglie il suooggetto in forza della gratificazione che nederiva; Carità discreta è quella che nonimpone i propri progetti e modelli, ma chesi mette in ascolto dell’altro e accetta lapazienza del divenire; Carità bella, di unabellezza che viene dall’alto, dalla conver-sione del cuore a Cristo, il “bel Pastore”:la testimonianza della carità si compie at-traverso lo sfolgorìo del cuore.Un segno dei tempi e della volontà/capa-cità di stare al passo dei tempi: non abbia-mo fatto a tempo a partire che ci è statoconsegnato il cd con tutti gli interventi(tranne, ovviamente, la tavola rotonda fi-nale). Un segno piccolo, ma significativo,come significative sono le tante parole efrasi che sono riecheggiate nelle relazionie nei corridoi della Casa francescana diaccoglienza di Santa Maria degli Angeli:necessità di uscire dalla soggezione cultu-rale agli orientamenti della società; aprirsialla realtà, sfidarla, avere coraggio; orgo-glio del ruolo dei fondatori nella societàcivile del tempo e lettura attuale; scoprirela creatività della carità; recuperare la con-fidenza con la comunità; condividere leopere, le strutture, le esperienze; saper ri-vedere i modelli organizzativi e di gover-no delle congregazioni. E, alla base di tut-to, la consapevolezza di essere e di potercontinuare ad essere non un welfare paral-lelo a quello pubblico, ma una sua compo-nente viva, significativa, fondamentale,tanto più rilevante nella prospettiva di unfederalismo che vedrà accentuarsi le diffe-renze tra regioni e, quindi, tra persone: fat-tore di equilibrio e di solidarietà, modellodi convivenza e di partecipazione. Le sfi-de, per un cristiano, non finiscono mai.

glia di impegnarsi. Forse hanno bisogno dipiù certezze sul loro futuro e di vedere ne-gli adulti modelli di riferimento limpidi esenza compromessi.Penso che anche oggi si possa creare neigiovani l’entusiasmo di essere utili agli al-tri, in modo disinteressato. Al riguardo cisono inizaitive, che non fanno notizia, a so-stegno dei fanciulli del terzo mondo. Sa-rebbe opportuno farli conoscere inquest’anno i cui ricorre il ventesimo dellaConvenzione ONU sui diritti dell’infanzia. L’apertura e la chiusura dell’assemblea èstata curata da don Vinicio Albanese, cheha avviato la discussione - come accennatoall’inizio - sugli errori del terzo settore, ri-cordando la vicinanza eccessiva alla politi-ca e l’illusione di trasformarsi in piccoliimprenditori, senza capire che il mondo ècambiato. Ha concluso che l’autocritica de-ve spronare a continuare nell’impegno so-ciale.

Mi pare che la volontà espressa da moltisulla necessità del superamento della fran-tumazione e dell’ ammiccamento alla catti-va politica, che sfrutta terzo settore e vo-lontariato, sia uno degli obiettivi raggiuntida questa assemblea.Riassumo quello che ho colto, ma che hoanche sottolineato nel mio breve inter-vento: occorre aggregazione per contaredi più, ma anche una capacità di rivendi-care la funzione autentica della partecipa-zione nelle scelte sociali nelle varie fasidell’agire della politica. Inoltre si devepretendere, come persone attente al benecomune, una puntuale verifica sui risulta-ti raggiunti dagli interventi pubblici, fun-zione spesso sconosciuta, se non osteg-giata. Tuttavia, per svolgere il ruolo di controllodemocratico occorrono meno improvvisa-zione e più formazione, entusiasmo e soli-de motivazioni.Infine, sarebbe interessante se da questispunti nascesse un dibattito all’internodelle istituzioni assistenziali. Lo strumen-to sul quale raccogliere riflessioni e pro-poste potrebbe essere il Bollettinodell’UNEBA.

(segue da pag. 12)(segue da pag. 5)

I RELIGIOSI VERSO UN NUOVOWELFARE

TERZO SETTORE: GLI ERRORI, IL FUTURO

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Bollettino ufficiale dell’UNEBA - Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza SocialeDirettore Responsabile: MAURIZIO GIORDANORedazione ed Amministrazione: 00182 Roma - Via Mirandola, 15 - Tel. 065943091 - Fax 0659602303e - mail: [email protected] - sito internet: www.uneba.orgAutorizzazione del Tribunale di Roma N. 88 del 21/2/1991Progetto, realizzazione grafica e stampa:Consorzio AGE s.r.l. - Via Giustiniani 15/A - Roma - Tel. 069111307

Il giornale è inviato gratuitamente agli associati dell’UNEBAFinito di stampare nel novembre 2009

CO

LPO

D’A

LAQQuueessttaa ppaaggiinnaa vvuuoollee eesssseerree uunn ““ccoollppoo dd’’aallaa””,, cciiooèè uunnaa pprrooppoossttaa ppeerr uunn mmoommeennttoo ddii rriifflleessssiioonnee..

Nella fluidità del tempo Tu tessi

il tuo disegno, luce nelle tenebre

quasi palpabile

come la stella luminosa del mattino.

Rivelazione cosmica, orizzonte universale

nel quale incastoni

ogni attesa umana che approderà

- come una piroga-

sulla scogliera dell’incontro con Te, o Dio

debole e profugo per me.

M. Angela Urbani – clarissa(da “La sofferenza semente di Dio”)