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Scienza delle finanze 3/ed Harvey S. Rosen, Ted Gayer Copyright © 2010- The McGraw-Hill Companies srl Capitolo 8 La ridistribuzione del reddito: aspetti teorici sabato 25 maggio 13

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Scienza delle finanze 3/edHarvey S. Rosen, Ted Gayer Copyright © 2010- The McGraw-Hill Companies srl

Capitolo 8

La ridistribuzione del reddito: aspetti teorici

sabato 25 maggio 13

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E’ questione di cui si devono occupare gli economisti?

La prima questione da affrontare è se la distribuzione del reddito rientri nella sfera di competenza degli economisti, dal momento che non esiste un’opinione generalmente condivisa sull’argomento.

sabato 25 maggio 13

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E’ questione di cui si devono occupare gli economisti?

La risposta al quesito su quale dovrebbe essere la “giusta” distribuzione del reddito richiede giudizi di valore, sui quali non si può trovare un accordo in base a un metodo “scientifico”. Pertanto, alcuni sostengono che, poiché il dibattito sulle questioni riguardanti la distribuzione del reddito non si può condurre secondo i criteri di oggettività che caratterizzano l’economia come scienza, gli economisti dovrebbero limitarsi ad analizzare i problemi sociali esclusivamente in termini di efficienza (Kristol, 1980).

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E’ questione di cui si devono occupare gli economisti?

Questo approccio ha due limiti:La teoria dell’economia del benessere dimostra che l’efficienza, da sola,

non è sufficiente per valutare una data allocazione delle risorse. Quando si confrontano allocazioni alternative delle risorse devono essere presi in considerazione criteri diversi dall’efficienza. E’ possibile sostenere che la discriminante sia l’efficienza, ma questo è già di per sé un giudizio di valore.

I politici sono interessati alle implicazioni in termini di distribuzione del reddito delle loro decisioni. Se gli economisti eludono la questione, i politici finirebbero per sottovalutare gli aspetti relativi all’efficienza, decidendo solo in base a criteri di “equità” distributiva.

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Cause dell’ineguaglianza del reddito da lavoro

•Intelligenza•Applicazione•Salute•Istruzione•Decisioni di matrimonio•Discriminazioni di sesso o razza•Previdenza sociale•Fortuna

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Interpretare i dati sulla distribuzione

1.Il reddito censito non include i trasferimenti in natura (sovrastima)

2.Le cifre ufficiali ignorano le imposte (sovrastima)

3.Il reddito viene misurato su base annua (sovrastima dovuta all’eterogeneità demografica)

4.Unità da osservare: individuo o famiglia? Le scelte residenziali sono importanti!

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Diseguaglianza in Europa

1.Periodo: 1997—20072.Indicatore: Rapporto tra quinti di reddito

80% più ricco / più 20% povero3.Nel periodo la diseguaglianza è cresciuta,

soprattutto in Inghilterra, nei paesi scandinavi e Italia.

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L’evoluzione della disuguaglianza in Europa

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Povertà relativa in paesi OECD

1.Periodo: 20062.Indicatore: Percentuale del reddito mediano3.Otto paesi OECD hanno più del 20% della

popolazione che ha meno del 60% del reddito mediano: Australia, Grecia, Irlanda, Italia, Portogllo, Spagna, UK, USA.

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La diffusione della povertà, OECD

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Diseguaglianza in Italia, #11.Ripartizione geografica: nel Sud il 37,2%

delle famiglie è nel primo quintile2.Composizione famigliare: Le famiglie con

5+ figli (coppie con 3+) sono per il 40,3% (43,3%) nel primo quintile.Famiglie con 3+ minori sono per il 52,1% nel primo quintile.

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La distribuzione del reddito in Italia

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Distribuzione per età

1.Le famiglie con percettore <35 sono principalmente nel primo quintile.

2.La fascia di età più concentrata nell’ultimo quintile è quella 55-64 (30,0%).

3.Gli 65+ sono concentrati nel secondo e terzo quintile.

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La distribuzione del reddito in Italia

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Incidenza povertà relativa

1.Al Sud il 20% dei nuclei famigliari è relativamente povero.

2.Al Nord e Centro i valori sono sempre sotto il 10%.

3.La fascia 45-54 ha il gap maggiore tra Noerd e Sud: 19,1%!

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Incidenza della povertà in Italia

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La funzione del benessere sociale utilitaristica

L’economia del benessere assume che il benessere della società dipenda dal benessere degli individui che la compongono. Formalmente, se una società è composta da n individui e l’utilità dell’i-esimo individuo è Ui con i = 1, …, n, il benessere sociale, W, sarà una funzione (·) delle utilità individuali: W = F (U1, U2, …, Un).

L’Equazione sopra riportata viene talvolta chiamata funzione del benessere sociale utilitaristica, in quanto viene messa in relazione con le teorie dei filosofi utilitaristi del XIX secolo. Data questa funzione del benessere sociale, una variazione di una qualunque Ui accresce W: qualunque cambiamento migliori la condizione di un individuo, senza peggiorare quella di un altro, accresce il benessere sociale.

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La funzione del benessere sociale utilitaristica additiva

Qual è la posizione degli utilitaristi in relazione alla ridistribuzione del reddito da parte dello Stato? Il reddito va ridistribuito a condizione che W aumenti.

Per capire meglio, consideriamo un caso particolare dell’equazione sopra illustrata, ossia una funzione del benessere sociale additiva:

W = U1 + U2, + … + Un

Se l’obiettivo dello Stato è quello di massimizzare il valore di W, può ottenere questo risultato aumentando le risorse di uno qualsiasi degli individui coinvolti, non necessariamente del più povero. Per questo si dice anche che la funzione del benessere sociale utilitaristica addittiva è neutrale da un punto di vista distributivo.

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La funzione del benessere sociale utilitaristica additiva

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Questa funzione del benessere sociale ci consente di ottenere risultati non neutrali da un punto di vista distributivo solo se introduciamo alcune assunzioni ulteriori. In particolare se assumiamo che:

1. tutti gli individui abbiano funzioni di utilità identiche che dipendono soltanto dal loro reddito;

2. queste funzioni di utilità presentino un’utilità marginale del reddito decrescente, ossia man mano che il reddito di un individuo aumenta, il suo benessere cresce, ma in misura sempre minore;

3. la quantità totale del reddito disponibile sia fissa

allora la distribuzione che massimizza W è quella che assegna a ciascun individuo una quota eguale di risorse.

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Critiche

1.E’ impossibile stabilire se persone diverse hanno funzioni di utilità uguali1.1.L’utilità non è misurabile1.2.Le capacità di consumo sono differenziate1.3.Potrebbe trattarsi di una posizione etica

2.L’utilità marginale del reddito non è necessariamente decrescente2.1.Se è costante e uguale, la redistribuzione non comporta miglioramenti

3.Produzione e distribuzione non sono separabili3.1.Le scelte di lavoro sono influenzate da sussidi e imposte3.2.Trade-off tra efficienza ed equità

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Il criterio del maxmin

Un criterio alternativo di giustizia distributiva è il criterio del maxmin, rappresentato dalla seguente funzione:

W = minimo (U1, U2, …, Un)

In questo caso, il benessere della società dipende unicamente dall’utilità dell’individuo che sta peggio di tutti. Si parla di criterio del maxmin (massiminimo) perché la collettività ha come obiettivo la massimizzazione dell’utilità dell’individuo con il minimo livello di utilità. Questo criterio è stato introdotto dal filosofo Rawls nel suo libro intitolato The Theory of Justice.

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Altri aspetti

1.Redistribuzione Pareto efficiente (altruismo)1.1.Redistribuzione come assicurazione

2.Egualitarismo dei beni3.Procedure (Nozick)

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Beni pubblici e distribuzione del reddito

Una buona parte della spesa pubblica è destinata al finanziamento di beni pubblici, ossia a quei beni che possono essere consumati contemporaneamente da più di una persona. Come noto, in questo caso i consumatori non sono incentivati a rivelare quanto valutano i beni pubblici, ma se non conosciamo il valore attribuito a questi beni, come possiamo stabilirne l’effetto sulla distribuzione del reddito? In termini monetari, di quanto è aumentato il reddito di ciascuna famiglia? Tutte le famiglie ne hanno tratto beneficio in ugual misura? Se non è così, i poveri ne hanno tratto minor beneficio dei ricchi, o viceversa?

Dare una risposta definitiva a questi interrogativi è praticamente impossibile.

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Trasferimenti in natura vs. trasferimenti monetari

Spesso si pensa che i trasferimenti in natura siano programmi rivolti agli individui dal reddito più basso e si pensa esclusivamente all’edilizia popolare e alle pensioni sociali. Tuttavia, anche le persone delle classi medio-alte traggono vantaggio dai trasferimenti in natura: l’istruzione e l’assistenza sanitaria pubblica sono i due esempi più evidenti.

A differenza dei beni pubblici puri, istruzione e sanità sono beni consumati in diversa misura dai diversi individui e stimarne il valore per i diretti destinatari è difficile; così come non è semplice stabilire se siano più opportuni trasferimenti in denaro o in natura. Certo è che l’effetto dei trasferimenti in natura e in denaro è diverso a seconda delle preferenze individuali.

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Trasferimenti in natura vs. trasferimenti monetari

Con sussidio

pc+ g = w + pc̄

c � c̄

Senza sussidio

pc+ g = w

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Trasferimenti in natura vs. trasferimenti monetari

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