N.3 A.1 Sulla VIA della VITA

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I1 14 di luglio, nel calendario dei Santi si ricorda la nascita al cielo di Camillo de Lellis, Fondatore dell'Ordine dei Mi nistri degli Infermi (Camillia ni), i Religiosi che si dedicano alla cura dei malati. La ri correnza offre l'opportunità di presentare la figura del Santo. Soldato di ventura, claudicante a causa di una vistosa piaga ad un piede che aveva tentato di guarire all'ospedale S. Giaco mo degli Incurabili a Roma, malfermo in salute e tuttavia viaggiatore instancabile, Ca millo de Lellis ha percorso in lungo e in largo più volte l'Ita lia per assistere malati, soccorrere appestati, riformare con l'esempio e non solo a parole l'assistenza spirituale e corporale agli infermi. «Con gli occhi... col cuore» Negli ospedali del `500, come risulta dai documenti dell'epo ca, la situazione sanitaria era drammatica e l'assistenza offerta dagli inservienti era «pessima et abominevole». In qualunque luogo Camillo andava, i malati più ripugnanti, i rifiuti della società, di ventavano i suoi prediletti. Nell'accudirli scriveranno i suoi biografi egli «aveva l'anima nelle mani» e «pareva maneggiare la stessa persona di Cristo». Un testimone oculare vedendo come li assisteva aggiungerà: «Nel proprio atto di cibar gli infermi stava egli tanto occupato in quella attione che pareva non gli restasse di far altra cosa nel mondo. Con una mano gli porgeva il cibo in bocca, e con l'altra gli faceva vento, o cacciava le mosche. Con gli occhi compativa alle loro miserie e con le orecchie stava pronto et accorto per obedire a loro comandamenti. Con la lingua gli esortava alla patienza et al fuggire i peccati, e col cuore finalmente pregava Iddio che gli ne desse gratia». Se poi capitava a Camillo di incontrare inservienti distratti o stanchi, li esortava dicendo: «Più cuore in quelle mani!». Ogni servizio il più delicato, il più umi le, come il più ordinario doveva essere svolto «con la maggior diligentia possibi le». Per "diligentia" egli intendeva quel complesso di virtù e disposizioni d'animo che vanno dalla misericordia alla deli catezza del tratto, dalla sollecitudine alla pazienza, dal disinteresse all'amabilità, dalla diligente attenzione all'intuito materno. In un dipinto bolognese, l'ano nimo artista ritrae con fedeltà il "volto ru goso" e "le mani" di Camillo. Sono mani bellissime nella loro composizione anato mica, grandi, aperte, con le dita lunghe, nodose, di vecchio ex soldato di ventura abituato fino ai venticinque anni ad impugnare arnesi di guerra, poi a servire per decenni, giorno e notte, ogni sorta di ma lati, poveri, moribondi e pezzenti, negli ospedali e nei tuguri di Roma e di altre città d'Italia, durante pesti e carestie. Mani os sute e callose, capaci di compiere con dolcezza qualsiasi servizio: «fascia re fanciullini, tosare pi docchiosi, tagliare unghie nere, nettare lingue ma leodoranti, medicare pia ghe, lavare poveri pieni d'ogni "schifezza", ra schiare pavimenti di corsie sporchi d'ogni lordura, ripulire con affetto infermi gravi e impotenti che "si marciva no nelle loro bruttezze", rifare i letti "de' più puzzolenti"». Cuore e mani di un Santo Mani abituate a servire «con quella amorevolezza che sogliono far le madri verso i propri figli infermi». Cuore e mani d'un santo "protettore" che riuscirono a riformare anche l'Ospedale Ca' Granda di Milano, struttura il cui Consiglio di Dire zione lo volle con i suoi Figli per riordi nare il servizio ai malati e ritenne poi di pubblicare le sue Regole che s'osservano nell'Hospitale Maggiore di Milano per servire con ogni perfettione gli infermi. Ai nostri giorni, sia nelle strutture pubbliche della salute come in quelle private, e nei luoghi di accoglienza per gli anziani, Ca millo può insegnare ancora molto. È un Santo da riprendere in considerazione in fretta perché ci spieghi il suo segreto: co me trattare il malato da uomo, da fratello, da figlio di Dio. P. Domenico Fantin (Direttore della rivista Missione Salute) « Più cuore in quelle mani! » 14 luglio: San Camillo de Lellis, patrono dei malati e degli operatori sanitari Presenza Pastorale in Ospedale Luglio 2012 Anno 1 n. 3 sulla VIA della VITA

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Sulla VIA della VITA - Periodico del Servizio Religioso presente nell’Ospedale di B.go Trento, Verona.

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I1 14 di luglio, nel calendariodei Santi si ricorda la nascita alcielo di Camillo de Lellis,Fondatore dell'Ordine dei Mi­nistri degli Infermi (Camillia­ni), i Religiosi che si dedicanoalla cura dei malati. La ri­correnza offre l'opportunità dipresentare la figura del Santo.Soldato di ventura, claudicantea causa di una vistosa piaga adun piede che aveva tentato diguarire all'ospedale S. Giaco­mo degli Incurabili a Roma,malfermo in salute e tuttaviaviaggiatore instancabile, Ca­millo de Lellis ha percorso inlungo e in largo più volte l'Ita­lia per assistere malati,soccorrere appestati, riformarecon l'esempio ­ e non solo aparole ­ l'assistenza spirituale ecorporale agli infermi.

«Con gli occhi... col cuore»

Negli ospedali del `500, comerisulta dai documenti dell'epo­ca, la situazione sanitaria eradrammatica e l'assistenzaofferta dagli inservienti era«pessima et abominevole». Inqualunque luogo Camillo andava, i malatipiù ripugnanti, i rifiuti della società, di­ventavano i suoi prediletti. Nell'accudirli ­scriveranno i suoi biografi ­ egli «aveval'anima nelle mani» e «pareva maneggiarela stessa persona di Cristo». Un testimoneoculare vedendo come li assistevaaggiungerà: «Nel proprio atto di cibar gliinfermi stava egli tanto occupato in quellaattione che pareva non gli restasse di faraltra cosa nel mondo. Con una mano gliporgeva il cibo in bocca, e con l'altra glifaceva vento, o cacciava le mosche. Congli occhi compativa alle loro miserie econ le orecchie stava pronto et accortoper obedire a loro comandamenti. Con lalingua gli esortava alla patienza et alfuggire i peccati, e col cuore finalmentepregava Iddio che gli ne desse gratia». Sepoi capitava a Camillo di incontrare

inservienti distratti o stanchi, li esortavadicendo: «Più cuore in quelle mani!».Ogni servizio ­ il più delicato, il più umi­le, come il più ordinario ­ doveva esseresvolto «con la maggior diligentia possibi­le».

Per "diligentia" egli intendeva quelcomplesso di virtù e disposizioni d'animoche vanno dalla misericordia alla deli­catezza del tratto, dalla sollecitudine allapazienza, dal disinteresse all'amabilità,dalla diligente attenzione all'intuitomaterno. In un dipinto bolognese, l'ano­nimo artista ritrae con fedeltà il "volto ru­goso" e "le mani" di Camillo. Sono manibellissime nella loro composizione anato­mica, grandi, aperte, con le dita lunghe,nodose, di vecchio ex soldato di venturaabituato ­ fino ai venticinque anni ­ adimpugnare arnesi di guerra, poi a servire

per decenni, giorno enotte, ogni sorta di ma­lati, poveri, moribondi epezzenti, negli ospedali enei tuguri di Roma e dialtre città d'Italia, durantepesti e carestie. Mani os­sute e callose, capaci dicompiere con dolcezzaqualsiasi servizio: «fascia­re fanciullini, tosare pi­docchiosi, tagliare unghienere, nettare lingue ma­leodoranti, medicare pia­ghe, lavare poveri pienid'ogni "schifezza", ra­schiare pavimenti dicorsie sporchi d'ognilordura, ripulire conaffetto infermi gravi eimpotenti che "si marciva­no nelle loro bruttezze",rifare i letti "de' piùpuzzolenti"».

Cuore e manidi un Santo

Mani abituate a servire«con quella amorevolezzache sogliono far le madri

verso i propri figli infermi». Cuore e manid'un santo "protettore" che riuscirono ariformare anche l'Ospedale Ca' Granda diMilano, struttura il cui Consiglio di Dire­zione lo volle con i suoi Figli per riordi­nare il servizio ai malati e ritenne poi dipubblicare le sue Regole che s'osservanonell'Hospitale Maggiore di Milano perservire con ogni perfettione gli infermi. Ainostri giorni, sia nelle strutture pubblichedella salute come in quelle private, e neiluoghi di accoglienza per gli anziani, Ca­millo può insegnare ancora molto. È unSanto da riprendere in considerazione infretta perché ci spieghi il suo segreto: co­me trattare il malato da uomo, da fratello,da figlio di Dio.

P. Domenico Fantin(Direttore della rivista Missione Salute)

« Più cuore in quelle mani! »14 luglio: San Camillo de Lellis, patrono dei malati e degli operatori sanitari

P r e s e n z a P a s t o r a l e i n O s p e d a l e

Luglio 2012 Anno 1 ­ n. 3

sulla VIA della VITA

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« Papà Pierpaolo (i nomi di tutti i protago­nisti sono di fantasia) e mamma Alessiahanno concordato con me il profilo dadare a questa cerimonia funebre per lapiccola Ilenia,­ cerimonia che vuole cercare una linea dirispetto per tutte le sensibilità che sonopresenti nell’ambito famigliare dal puntodi vista dell’orientamento umanista­spiri­tuale­religioso;­ la morte della piccola Ilenia non è certoil luogo di confronto e dibattito fra visionimetafisiche diverse, anzi: noi oggi voglia­mo vivere un momento che è nel segnodell’incontro, e il motivo della condivisio­ne sta proprio nel rispetto e ancor piùnell’affetto che ognuno di voi porta perIlenia.

Per cosa è vissuta Ilenia nei suoi cinquemessi di grande sofferenza? Questa è unadomanda che ci convoca tutti e ci provo­ca. Il suo piccolo corpicino martoriato,che ha potuto trovare pace e riposo para­dossalmente solo nella morte, ci mettedavanti alla domanda del senso della suavita. Chi, come voi, ha vissuto in primapersona questo dramma non potràuscirne facendo finta che sia stata solouna parentesi e che ci penserà il tempo alenire il dolore.Se un primo significato ha avuto questapiccola, esso sta proprio nell’averci messitutti davanti a questa terribile domanda enell’averci inquietato. Ogni volta chePierpaolo mi vedeva, non perdeva occa­sione di buttarmela là la questione: potreianche cavarmela dicendo che quello dellasofferenza degli innocenti è un dilemmache ha tormentato la teologia per secoli, e

che pertanto nonsarò certo io quelloche ci mette il punto fi­nale.

Per chi crede in un Dio che ha letre prerogative assolute della onni­potenza, della bontà e della giustizia,diventa un grattacapo capire come maiEgli non intervenga a rimediare ad unmale come questo. I nostri ragionamentifanno presto ad arrivare alle conclusioni:

­ è davvero buono e non interviene? Forseè perché in realtà Egli non è onnipotente!­ è onnipotente e non interviene? Forsenon è così buono e giusto come lo si di­pinge!

Ecco perché la questione della sofferenzadegli innocenti costituisce “scandalo”(cioè ostacolo alla fede). Davanti a questodilemma i credenti possono arrivare a rea­zioni o soluzioni diverse:­ la rivolta a Dio che tradisce le promesseinerenti al dono della vita (la dà per poitoglierla);­ affidarsi comunque a Dio perché è Lui a

sapere il misteroultimo della vita

mentre noi lo capire­mo solo dopo essere

sciolti dai limiti del sapere;­ accettare supinamente il fatto

che, in ogni caso, la creazione èopera sua e, come dire?, sono affari

suoi il come gestisce le cose (chi siamonoi per mettere becco, noi argilla nelle

mani del vasaio?)­ disquisire sul senso profondo di parolecome onnipotenza: Dio usa il suo poterecome faremmo noi uomini oppure coniu­ga l’onnipotenza con l’estrema vulnerabi­lità (è così onnipotente da lasciarsitrafiggere! Cf. Gesù sulla croce)?­ disquisire sul rapporto onnipotenza­li­bertà: se Dio, per un momento dicompassione, cambia le leggi naturali cheLui ha impresso alla creazione (e lamorte, la selezione naturale sono parte diqueste regole), non ci sta forse trattandocome dei minori incapaci di accettare lesfide della vita? non sarà piuttosto che Luicon gli aspetti critici intende spronarel’umanità a rimboccarsi le maniche e tro­vare da se stessa le soluzioni (in fondo

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Per te, piccola Ilenia… e per noi.A proposito della sofferenza degli innocenti

Nel giro di un mese o poco più nel reparto di Patologia Neo­natale mi sono imbattuto quattro volte nella morte di piccolicuccioli d’uomo che hanno attraversato per poco tempo il no­stro mondo, e ne hanno conosciuto solo la dimensione di penae sofferenza. Avverto un grande senso di ammirazione e stimaper il personale sanitario e assistenziale che colà vive quotidia­namente vis a vi il confronto col mistero del dolore dei piccolie, forse ancor più, dei loro genitori e famigliari. Vedo tutta laloro dedizione e premura nell’alleviare le sofferenze, nel prova­re a dare un’opportunità a quelle fragilissime esistenze che ma­dre natura in altri tempi avrebbe selezionato senza tanti se etanti ma. Sono contesti dove a volte ci si domanda se sia il ca­so di insistere o se non sia più liberatorio per tutti desistere. Te­ma di bioetica molto delicato, che intercetta sensibilità edopinioni diverse, ma non è di questo che voglio parlare.Come cappellano ho avuto modo di essere confrontato in mo­do più esplicito dai genitori di una di queste piccole creature,

sia dal punto di vista etico sia ancor più dal punto di vista re­ligioso. Vale la pena far di tutto per dare ad una bimba un fu­turo fatto di umiliazione? Cosa fa intanto Dio che se ne stabeato nei cieli? Esisterà davvero Dio se lascia che accadanoqueste cose? Uno dei genitori si dichiara ateo – “anche se siconsidera molto più spirituale di tanti cattolici” – e l’altro cre­dente ma con tanti punti di domanda. È stata forse la dispera­zione più che la consonanza delle visioni a far nascere fra noiuna simpatia, sta di fatto che mi sono trovato con loro adorganizzare un rito funebre che incontrasse la sensibilità ditutti i famigliari presenti, atei o religiosi che fossero. Si trattadi una riflessione fatta nella cella mortuaria alla presenzadella piccola bara, al termine della quale c’è stato un mo­mento di silenzio perché i presenti potessero raccogliersi in unapreghiera interiore o dare una testimonianza. Riporto inte­gralmente la mia riflessione, fatta di domande aperte più chedi risposte.

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quell’uomo che si pone domande – adifferenza del resto del mondo viventeche muore e basta, senta tante storie – èanche un uomo che può organizzarsi perrisolvere i problemi!)?­ disquisire sulla questione della giustiziadi Dio: se noi usiamo espressioni come“sofferenza innocente”, significa cheammettiamo implicitamente l’esistenza diuna sofferenza non innocente; proba­bilmente permane nel fondo l’idea chemale e dolore siano il risultato di unacolpa atavica dell’umanità, una forma diespiazione, di purificazione, di rimedio. Amodo suo la Bibbia (che ragionava conl’idea collettiva: il singolo è valore inquanto parte del popolo) parlava di Dioche punisce fino alla quarta generazionema che poi ha pietà e recede dall’ira (infondo il dogma del peccato originale vie­ne da lì): un po’ difficile per noi accettarel’idea che qualcuno sia punito per colpadi altri, siano pure genitori o nonni. Direche anche un neonato ha comunque ilpeccato originale e che pertanto èsoggetto al male, non può essere una ri­sposta accettabile. Del resto Gesù l’haesplicitamente escluso: cercare il perchécausale (di chi la colpa) di certi mali ètempo perso; caso mai essi ci spronano aindividuare il perché finale: cosa ne facciodi questo concreto male che mi ritrovo? Ache cosa voglio orientarlo per sottrarloalla sua assurdità?

Ho presentato alcune aporie e sfide allafede nelle quali si trova chi è credente.

Tutti questi tentativi di risposta conferma­no un fatto: il credente davanti al male sitrova nelle stesse paludi e ombre del noncredente, il quale forse da questo puntodi vista è più sgravato di tante questioni.In un certo senso, se Dio non c’è, tutto èpiù semplice. È la natura a parlare per sestessa: dà e toglie come le pare e nessunole può sollevare obiezioni. La natura nonè né buona né cattiva: è quel che è! Dallapolvere si nasce e alla polvere si torna. Alpiù – se colpevoli si vogliono cercare ­ sipuò muovere accuse all’uomo, il qualecerca di dominare la natura, conoscerla,governarla, modificarla…, manipolarlaper asservirla. Se ci sono “peccati”, si pre­ferisce cercali nell’intervento o nelleomissioni umane, nelle negligenze, nellepretese e nelle illusioni che rompono ilnaturale equilibrio col mondo.Anche nella via laica, a me pare, c’è unorientamento al perché finale più che aquello causale: tanti genitori messi tragi­camente a confronto con un doloreinaccettabile hanno trovato come sboccoal dolore l’avvio di iniziative solidaristi­che, avviando associazioni per questo oquel problema sociale... Hanno fatto sìche il sacrificio del loro caro apportassealmeno un frutto alla comunità; in questomodo hanno sottratto la grave perditaall’assurdo e le hanno conferito il caratte­re di “sacrificio”. Almeno, non è mortoinvano!, si dice. Dal male è nato qualcosadi bene.Questo è anche quanto io mi auguro inquesta situazione. Che la breve e sofferta

vita di Ilenia possa lasciare qualche buonatraccia.­ Nelle forti crisi, i nuclei famigliari tendo­no a polarizzare o verso una maggiorecompattezza o verso la divisione: io vi au­guro di fare della piccola Ilenia una ragio­ne per scoprire e alimentare fra voi verasolidarietà e amore.­ La sofferenza ha la rara capacità di farcicercare ed apprezzare l’essenziale: di soli­to sono i genitori ad introdurre i figli aivalori della vita, ma per una volta Ileniaha fatto l’inverso, vi ha aiutati a capire ciòche vale di essere vissuto e ciò che inveceè effimero.­ La morte di Ilenia io credo debba ancheaiutarci a crescere nella nostra spiritualità(e sto distinguendo spiritualità da religio­sità): c’è un filo che tiene unite le perso­ne, un filo che vada oltre la morte, un filoche permetta a Ilenia di non scomparirenel nulla? Se esiste quel filo, cercatelo. Mavi posso già dare un suggerimento per lavostra ricerca: potrà mai la morte spezza­re una realtà pura ed assoluta qualel’amore? Ilenia non potrà morire finche invoi ci sarà amore per lei, quell’amore cheavete cercato di farle sentire in ogni ma­niera. E se mai, Alessia e Pierpaolo, la vitavi farà il dono di un figlio o una figlia, aIlenia non sarà tolto il suo titolo di pri­mogenitura. È lei che vi ha resi per la pri­ma volta madre e padre. E lo sarete persempre. »

P. Edoardo G.

Ricordo benissimo, Maddalena, il giornoin cui ti ho incontrata: era il 30 agosto2004; ero una giovane come tante,spensierata e libera, amavo la vita contutto l’entusiasmo e la freschezza dei miei25 anni. Non immaginavo minimamenteche tu eri la fondatrice di un istituto reli­gioso!!La prima volta ti “ho vista” brillare negliocchi di una tua Figlia, una madre canos­siana, che con passione viveva la sua chia­mata. La sua vita mi ha provocata fin dasubito perché vedevo trasparire dal suovolto una pace e una gioia così profondeda sembrarmi irreali. Intuivo che la fonteera Gesù, ma come Lui potesse trasfigura­re così una persona, bè… per me era un

mistero. Frequentandola ho avuto mododi scoprire una nuova modalità di vita:quella al seguito di Gesù attraverso la vita

consacrata; allo stesso tempo mi sonoavvicinata sempre di più a te.In un secondo momento ti ho “incon­trata” leggendo i tuoi scritti e ti ho sco­perta molto vicina alla mia vita: mi sonoentusiasmata e mi sono sentita fin dasubito “a casa” nella tua famiglia religiosaperché nella tua vita scoprivo la mia!. Epoi quelle tue frasi dette alle tue Figlie:“Gesù non è amato perché non è cono­sciuto. Soprattutto fate conoscere Gesù!”e “vi chiamerete MADRI perché di madredovrete avere il cuore!”… quanto mihanno provocata!. Allora non capivo cosaquelle tue parole toccassero di così pro­fondo dentro di me da farmi battere forteil cuore.

"i miei passi incerti e tremanti"L'esperienza della novizia Michela, tra noi.

Dopo un periodo di collaborazione con la Cappellania Ospedaliera, Michela, una giovane novizia Canossiana, lascia la nostracomunità per poter proseguire nel suo cammino vocazionale. In segno di ringraziamento, verso le persone ammalate che haincontrato e verso il personale del reparto di Pneumologia dove ha svolto la sua missione, ha voluto lasciare uno proprio scrittorivolto alla fondatrice Santa Maddalena di Canossa, ringraziandola per la possibilità che le è stata concessa di vivere unesperienza di carità.

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sulla VIA della VITAPeriodico del Servizio Religioso presentenell’Ospedale di B.go Trento, Verona.Il bollettino viene distribuito in cartaceo ein digitale sul sito AziendaleOspedale Civile MaggioreB.go Trento ­ VeronaTelefono: 045.812.2110email: [email protected] ONLINEhttp://issuu.com/sullaviadellavita

Orario SS. MesseBorgo TrentoChiesa centraleFeriale 7.15 ­ (15.30 sospesa fino a Sett)Prefest. 16.15Festiva 11.00

GeriatricoFeriale 7.15Festiva 10.30

MaternitàFestiva 10.15 (Sospesa fino a Sett.)

Polo Confortini(Festive)Cappella 17.00Cardiologia, (3° p. Azzurro) 9.30Chirurgia, (5° p. Arancione) 11.00

Borgo RomaFeriale 17.00Prefest. 17.00Festiva 10.30 ­ 17.00

Ci h@nno scritto… ci h@nno chiesto…

Invito alla collaborazioneChi vuole, può collaborare inviando ilproprio contributo per il giornalino:testo, immagini, domande, segnala­zioni,..., alla mail:[email protected] contattando i cappellani.Grati per quanto vorrete donare aquesta causa, con stima ed amicizia.La Redazione

E’ stata poi la vita a darmi la risposta.Oggi, 4 luglio 2012, sono una donna di 33anni ho detto SI e sono una tua novizia.Una volta intuito che il Signore mi stavachiamando a seguirlo più da vicino, con ilcammino del noviziato è iniziato un tempodi ricerca molto forte ho fatto esperienzadi vita comunitaria, di preghiera e so­prattutto di formazione in preparazionealla vita consacrata. Dura 2 anni. Il primoanno è dedicato in particolare alla forma­zione e alla preghiera, mentre il secondo èpiù improntato all’apostolato.Uno dei servizi che mi è stato affidato daimiei superiori è stato quello di collaborarecon i padri Camilliani nell’assistenzaall’ammalato nell’Ospedale di BorgoTrento.I miei passi erano un po’ incerti e tremantiquando sono entrata per la prima volta nelreparto che mi era stato affidato: la Pneu­mologia, ma il mio cuore era pieno di gio­ia perché stare vicino alle personeammalate è ciò che più desideravo.Forse non tutti sanno, Maddalena, che pri­ma di dedicarti all’educazione dei giovaniattraverso la scuola e la catechesi, il tuo ca­risma personale era l’assistenza agli amma­lati. Sensibilità nata dalla sofferenza vissutanel tempo della tua adolescenza. Tu avevicapito che non basta la salute per esserefelici, ma occorre avere cuore e buone re­lazioni umane … e soprattutto cercareuna relazione personale con Gesù, spe­cialmente nel tempo della malattia.Ecco perché quell'incitamento alle tue fi­glie “fate conoscere Gesù”!La medicina da il suo grande contributo e

tu lo hai sperimentato più volte, ma non èsufficiente. Occorre “qualcosa di più” equel di più io l'ho imparato stando a fiancodei padri Camilliani: è il contributo spiri­tuale nella dimensione della fede.Per me, novizia, ancora un po’ acerba inquesto campo, questo contributo si è tra­sformato in segni di presenza e ascolto.AMORE DA DONARE.Grazie ai padri Camilliani ho potutoapprofondire l’aspetto dell’ascolto, dell’ac­coglienza e dell’empatia, migliorare il miorapporto con gli ammalati e… allo stessotempo intuire il senso della MIA chiamatacome Canossiana: quella di diventare lemani consolatrici di Dio verso tutte lepersone, giovani o adulti, sani o ammalati,specialmente i più poveri, e sviluppare cosìquel cuore di madre che tanto desideravidalle tue figlie!!Il 9 settembre di quest'anno farò la miaprima professione e diventerò Figlia dellaCarità Canossiana, Serva dei Poveri.Ti ringrazio Maddalena per il dono dellatua vita in me. Grazie che mi fai sperare inideali alti ma non impossibili. Grazie chelasci nelle mie povere mani il tuo carisma,il dono che lo Spirito ti ha consegnatoperché lo passassi ad altri. Ora che è nellemie mani con un pò più di consapevo­lezza, ti chiedo di accompagnarmi e di aiu­tarmi a conservarne la bellezza.

Michela Rota

Anche noi ti ringraziamo, è stato un dono grandeaverti con noi, ed aver condiviso parte del tuocammino di formazione.Ti auguriamo tanta felicità e tanto amore verso ipiù bisognosi, e con la nostra preghiera affidiamoa Dio Padre il tuo futuro.

continua da pag.3

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