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NOTIZIE NOTIZIE dei Canonici Regolari Lateranensi – Provincia Italiana Anno XXXIX - n. 71 - Settembre 2011 Quadrimestrale n. 71 - Anno 39 - Settembre 2011 Registrato presso il Tribunale di Roma con il n° 431 in data 28/10/2004 Spedizione in Abbonamento Postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2 DCB - Roma per-dono libera Il per-dono… l’amore che libera l’amore che libera Il per-dono… l’amore che libera l’amore che libera

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NOTIZIE NOTIZIE dei Canonici Regolari Lateranensi – Provincia Italiana

Anno XXXIX - n. 71 - Settembre 2011

Quadrimestrale n. 71 - Anno 39 - Settembre 2011 Registrato presso il Tribunale di Roma con il n° 431 in data 28/10/2004

Spedizione in Abbonamento Postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2 DCB - Roma

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Il per-dono… l’amore che libera l’amore che liberaIl per-dono… l’amore che libera l’amore che libera

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Carissimi,ho sentito di frequente l’affermazione che laConfessione vive un tempo di crisi. Eppure innessun sacramento come nella Confessione hotoccato con mano la potenza della grazia di Dioche fa nuove le persone. Però è vero che lagente oggi si confessa meno di un tempo. Avolte - lo dice chiaramente - la difficoltà nascedal fatto che non sa cosa dire al confessore. Iltempo attuale non aiuta molto la persona a rien-trare in se stessa per vivere un cammino di con-versione. Sono convinto tuttavia che il sacra-mento della Confessione, come nessun altro,metta a stretto contatto due umanità, con tutti iloro limiti e pregi. Entrano in gioco tutti i fatto-ri umani della relazione. Un’accoglienza piutto-sto formale mi porta a confessare il puro neces-sario, come del resto un’accoglienza calda,paterna, comprensiva apre il cuore e così, quasinaturalmente, mi porta a dire tutto me stesso.Oltre ad essere sacerdote e confessore sonoanch’io un penitente e vado a confessarmi. Nonè facile parlare di se stessi. Nella Confessione

sono io, in prima persona, che decido di cele-brare questo sacramento. Sono io che raccontola mia vita, e della mia vita narro quella parte dime che preferirei nascondere agli altri e chequalche volta faccio fatica a confessare a mestesso. Il fatto poi di raccontare la mia fragilità,la parte non convertita della mia esistenza aduna persona che non sempre conosco, di cuiignoro l’atteggiamento che avrà nei miei con-fronti, ha il suo peso nella decisione. Come sacerdote e confessore, non vi nascondoche faccio fatica a creare un rapporto vivoquando tra me e il penitente c’è una grata chenasconde la persona e qualche volta, in tali con-dizioni, non riesco a distinguere se ho davantiuna persona giovane, adulta o anziana. Con miodisappunto divento freddo, piuttosto anonimo,un burocrate del sacro. E questo mi fa tremen-damente soffrire. Questi pensieri illuminano inparte la crisi che vive oggi questo sacramento. E’ mia intenzione però parlarvi della bellezza edella grandezza di questo sacramento. LaRiconciliazione per me è dono di grazia.Lasciando il confessionale avverto e porto conme il dono della gioia: la gioia di una comunio-ne più grande con Dio e con i fratelli. Miaccompagnano la volontà di una vita nuova, ildesiderio di una vita più evangelica. Anche perquesto vado a confessarmi più frequentementequando mi sento tiepido, senza volontà di con-versione, quando trascino una vita cristiana ereligiosa senza entusiasmo, quando la gioia diessere del Signore non canta nel mio cuore. Lacelebrazione del sacramento della Penitenzainfatti non è solo perdono dei peccati; è princi-palmente dono di grazia perché anch’io possaesultare con il salmista: “Nella tua volontà è lamia gioia; mai dimenticherò la tua parola. (…)Corro la via dei tuoi comandamenti, perché haidilatato il mio cuore”. La sua celebrazione midona fiducia e speranza: mi ricorda che sono in

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Scrivo a voi… don Giuseppe Cipolloni

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cammino, che non sono “come uno che èsenza meta”, che non sono perfetto, ma checon la grazia di Dio posso migliorare la miavita, correggere limiti e difetti. Come sacerdote il sacramento dellaConfessione mi fa inoltre testimone deimiracoli della grazia di Dio che opera in me,ma che è in azione anche in tante personeche nutrono dentro di sé il desiderio di unavita più bella, più buona: una vita più ricca diamore. Il tempo che passo in confessionalediventa allora per me una scuola di santità,mi fa sentire in cammino con la cristianitàintera che soffre per il male che porta in sé eche è presente nel mondo. Chiudo con un esempio concreto della miavita e con esso desidero rispondere a tantepersone che si interrogano sul perché occor-re confessarsi da un sacerdote. Sono passati

anni, ma ricordo un tempo della mia esisten-za in cui mi sono sentito perso: ho dubitatodella mia vocazione, ho sentito vacillaretanti valori che avevano accompagnato lemie giornate. Con la memoria di quel tempo,affiora viva in me la figura di un sacerdoteche, come un fratello, si è messo al mio fian-co, mi ha preso per mano, mi ha sostenuto,mi ha incoraggiato e non mi ha lasciato finoal giorno in cui non mi ha visto camminaresicuro sulla via ritrovata. Nella sua personaho sperimentato la pazienza, la longanimità,l’amore forte ed esigente di Dio Padre. Holetto con occhi nuovi la frase della Bibbia:“Io, il Signore, sono un Dio geloso!”. Horingraziato Dio per aver messo sui miei passiquesto sacerdote, ho pregato più volte perlui. Non so dove sia, ma nutro dentro di meil desiderio di poterlo incontrare di nuovoper manifestargli la mia gratitudine.

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Nel seguire Gesù, nell’attuare la vocazione cri-stiana si incontrano le relazioni interpersonali.Entro queste sta l’area dei conflitti, dei contra-sti, delle tensioni, dei propri peccati. Di frontea quest’area sorge un problema: Come agire oreagire? Che fare di fronte ai torti inflitti e aquelli subiti? Quanto perdonare? Gesù precisala strada del perdono necessario anzitutto attra-verso la parabola del servo spietato. «Cosìanche il mio Padre celeste farà a ciascuno divoi, se non perdonerete di cuore al vostro fra-tello» (Matteo 18,35). Serve ricordare la beati-tudine della misericordia: «Beati i misericor-diosi, saranno perdonati». In Luca 23,24 Gesùvuole insegnarci lo stesso imperativo evangeli-co dalla croce: «Padre, perdona loro perchénon sanno quello che fanno». E dopo la resur-rezione: “Ricevete lo Spirito Santo; a chirimetterete i peccati saranno rimessi e a chinon li rimetterete, resteranno non rimessi”(Giovanni 20,23). Dunque questi testi espri-mono un’istanza evangelica fondamentale eirrinunciabile, pur se ardua, difficile, al limiteeroica; è un’istanza che solo la forza delloSpirito Santo, soprattutto nei casi gravi, puòspingerci a compiere. Perciò, quando parliamodi perdono non intendiamo un atteggiamentoovvio, che basta stimolare, ma un dono gratui-to dello Spirito Santo, che è caratteristico delcristianesimo, della grazia, che si dona in par-ticolare nel sacramento del perdono.

Il perdono nei suoi elementiChe cosa vuol dire che devo perdonare fino asettanta volte sette? Certo significa che deveessere un servizio molto frequente, se pensia-mo che il parallelo del vangelo di Luca aggiun-ge «al giorno» perdonare settanta volte sette:al giorno significa farlo ogni tre minuti, notte egiorno! Dunque Gesù suppone che l’eserciziodel perdono dato ad altri sia l’applicazioneconcreta del perdono che riceviamo da Dio esia l’espressione dell’abbandono con il qualeci siamo affidati a Lui.“Come mai tu, perdonato per diecimila talen-ti, osi non perdonare il tuo con-servo che tideve solo cento denari?”. Qui si mostra quan-to Gesù tiene a questo perdono dato al fratelloquale segno della quotidianità del Regno.Siamo perdonati continuamente e quotidiana-mente e perciò dobbiamo esercitarci nel perdo-no e celebrare il sacramento del perdono. Ilperdono è dunque un cardine del vangelo. «Ilperdono è la colonna vertebrale della nostraliberazione interiore».La difficoltà a perdonareLa difficoltà di perdonare rivela a noi stessi,aldilà dei nostri propositi e illusioni, che esistein noi un istinto di aggressività. Ci fa scoprirel’io ostile, attratto dal male. C’è della violenzanel nostro cuore. E’ ingenuo e presuntuosonegarlo.

- Il perdono frustra l’istinto di vio-lenza. Perdonare è gettare le armidei propri ricatti psicologici, abban-donare i desideri sottili di vendetta,è rinunciare a farsi giustizia.- Il perdono frustra l’istinto di domi-nio. Questo spinge a controllare glialtri, ad avere il sopravvento, ainfluenzare la loro condotta, acomandare o a vietare. Ciò fa senti-re onnipotenti.- Il perdono chiede una grandelibertà interiore. L’esperienza delperdono è un’esperienza di impo-tenza e di dipendenza. Sembrerebbe

un insulto alla dignità personale.

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Perdonare sì, però… Il grande dono del perdonoUna prospettiva psicologica

don Giuseppe Sovernigo*

L’incontro tra Giovanni Paolo II e il suo attentatore Alì Agca

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Spesso il non dare il perdono è il residuo dipotere rimasto in mano a persone deboli.- Il sacramento del perdono riattualizza lacreazione nuova.

Come e a chi perdonareCi sono tre versanti tra loro strettamenteintrecciati: noi siamo chiamati a perdonare achi ci ha offeso; noi siamo chiamati a chiede-re perdono a chi abbiamo offeso; noi ci sen-tiamo perdonati, chiamati a vivere da personericonciliate. È il perdono l’origine di tutto, èDio che per primo ci perdona, è la sua graziail punto di partenza, soprattutto nel sacra-mento della riconciliazione. Tuttavia, purtenendo presente il primato ontologicodella grazia che ci viene da Dio, ricco dimisericordia e di perdono, la preghieradel «Padre nostro», la conclusione dellaparabola del servo spietato e gli altri passibiblici citati insistono sul perdono che noidiamo. Tale perdono diventa un segnoquasi fisico, tangibile che Dio ci perdonae ci ha perdonato: «Rimetti a noi i nostridebiti, così come anche noi li abbiamorimessi ai nostri debitori». È importantevedere e coscientizzare le relazioni nonriconciliate della nostra vita, le aree, i fattinon perdonati che costituiscono altrettan-ti ostacoli o blocchi comunicativi, maci-gni, barriere sulla nostra strada di seque-la. Impediscono alla nostra vita di fluire libe-ra, la depistano, la distorcono, la impoverisco-no. Deturpano il disegno di Dio su di noi e sulmondo. Se poi subentrano la razionalizzazio-ne, l’indurimento affettivo, allora la blindatu-ra si fa completa e l’autofalsificazione e ilmascheramento più omogenei. Avviene unastrozzatura di noi e degli altri.

a - Noi siamo chiamati a perdonareÈ un’espressione ricca di senso perché vor-remmo dire «noi perdoniamo» non solo comepersone singole, bensì in quanto parte vivadella Chiesa, cioè come apostoli, profeti,pastori, maestri, catechisti, animatori, educa-tori, genitori, secondo l’elenco dei carismidell’insegnamento. (cfr 1 Corinti 12,28 ss.)- Al mondo moderno perdoniamo il disinte-resse che ha per noi, il ritenerci un fenomeno

marginale. È un mondo che perlopiù ci snob-ba, che spesso ci interpreta in maniera ridutti-va, alla luce di categorie mondane, sociopoli-tiche o conflittuali.- All’opinione pubblica e ai suoi strumenti, imass media, perdoniamo di ignorarci e difraintenderci. - Più difficile è perdonare ai fratelli, ai supe-riori, ai collaboratori, agli educatori, a coloroche vorremmo assai più vicini, mentre invececi troviamo spesso di fronte a solitudini che ciferiscono, a incomprensioni che ci raggelano,a giudizi o a trattamenti che ci paiono ingiu-

sti, parziali, a freddezze che ci rattristano, alealtà mancate che ci disorientano. - alla gente, ai gruppi di persone animate danoi. Perdoniamo alla nostra gente quando nonci segue nelle proposte che offriamo, quandoci delude con l’incostanza, la pigrizia, la fiac-chezza nel fare ciò che chiediamo.- Perdono in particolare ai genitori e ai paren-ti. Ci sono a volte dei conti in sospeso, deirisentimenti aperti con queste persone.

b - Noi chiediamo perdonoPossiamo chiedere perdono. Il papa lo hachiesto a livello cosmico, universale, a livellodi storia della Chiesa, dei popoli, delle civiltà.Noi lo facciamo in maniera molto più sempli-ce chiedendo perdono alla gente, alla fami-glia, alla Chiesa, a Gesù. - Alla gente per i nostri peccati di omissione,

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Gesù e la donna adultera

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e sono tanti, eper quei pec-cati con cuiabbiamo offe-so effettiva-mente qual-cuno, pur seinvolontaria-m e n t e .Ciascuno dinoi può silen-z iosamentefare i conticon la propriad e b o l e z z a .C i a s c u n orivisita la pro-pria storia dipeccato senza

ostentazioni né autoflagellazioni pubbliche,ma nel silenzio del proprio cuore e nell’umil-tà di chi sa di portare un tesoro prezioso invasi di argilla e di tale debolezza ha la confer-ma quotidiana.- Chiediamo perdono alla comunità di cuifacciamo parte, gli uni agli altri. Chiediamoperdono per tutte le volte che abbiamo man-cato a questa parola con il giudizio facile,rapido, impietoso, dimenticando la trave nelnostro occhio e indicando la pagliuzza nel-l’occhio del fratello (Matteo 7,3-5).- Chiediamo perdono ai genitori e agli educato-ri: forse ci sono conti in sospeso, risentimenti,rivendicazioni, pretese indebite, pregiudizi infon-dati, pretesti per autogiustificarsi…- Chiediamo perdono anche a noi stessi perquando ci siamo arrabbiati con noi: «Non miperdono quei dati difetti fisici e psichici chetendo a nascondere, quelle esperienze negati-ve, vergognose della mia storia, quelle debo-lezze attuali che tendo a mascherare, falsifi-candomi…». Infatti ci ignoriamo, non cirispettiamo nei nostri doni e nei nostri limiti,quando abusiamo di noi, del nostro corpo,delle nostre energie nella sessualità e nelmangiare, nel fumare e nella pigrizia, nellafalsità e nelle maschere…- Chiediamo perdono a Gesù per averlo delu-so nelle sue attese su di noi, nei disegni cheaveva posto sul nostro servizio, soprattutto

attraverso il sacramento della riconciliazione. - Da ultimo chiediamo perdono al Padre: avolte addirittura siamo scontenti di Dio, chenon si mostra come vorremmo, non ci ascoltacome speriamo o attendiamo; siamo sconten-ti perché Dio non si manifesta al mondo e aglialtri secondo le nostre aspettative.

c - Noi ci sentiamo perdonatiDopo aver espresso il perdono che diamo eche chiediamo, ci sentiamo perdonati, abbia-mo diritto di sentirci perdonati perché ilSignore ce lo ha promesso con tutte le sueforze. Percepiamo che la nostra invocazione:«Rimetti a noi i nostri debiti» è esaudita dalmomento che ci siamo sforzati di perdonare achi ci ha offeso, deluso, trascurato o irriso. Ilmondo fa molta fatica a capire questo lin-guaggio; spesso, pur essendo così permissivo,è assetato di giustizialismo e non vuole che siparli di perdono. Gesù, invece, ce ne ha parla-to e ce lo ha assicurato. Sappiamo quindi chequando domandiamo perdono nella nostrapreghiera silenziosa e nel sacramento dellariconciliazione, risuona per noi con certezzala voce di Gesù che dice: «Pace a voi, a te, va’in pace, ti sono rimessi i tuoi peccati».Quando uno ha una concezione sostanzial-mente positiva di sé ha pure una predisposi-zione percettiva favorevole nei confronti del-l’altro e viceversa. In concreto ciò comporta:a - la capacità di riconoscere l’altro nel suovalore essenziale, in ciò che lo rende positivo,degno di fiducia e di stima;b - il coraggio di incontrare l’altro nella suaoriginalità implica anche la libertà di accettar-lo nella sua diversità e nel suo limite. Chi sisente abbastanza positivo consente all’altro diessere se stesso: con i suoi doni e il suo modopersonale di vedere le cose, con i suoi difettie le sue incongruenze;c – la fiducia di lasciarsi perdonare attraversoil sacramento del perdono.*Sacerdote della diocesi di Treviso, psicologo e psico-terapeuta, docente presso vari Istituti, autore di nume-rose pubblicazioni

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La richiesta di perdono nella Basilica di S. Pietro

in Vaticano durante il Grande Giubileo del 2000

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Era una giovane universitaria ed ioall'inizio del mio servizio di parroco.Veniva con fedeltà al confessionale sper-sonalizzato dalle tendine tirate e dalrispetto rigoroso della grata. Il suo aprir-si manifestava il desiderio di apparte-nenza al Signore, al punto che le promi-si un libro che avrebbe potuto aiutarlanel discernimento. E lei, con prontezza,mi disse: "Mi dia il titolo, e lo prendoio". Tempo dopo, con il farsi più chiaral'esigenza di coinvolgimento, le proposil'incontro con una comunità e di accom-pagnarla se l'avesse gradito. E lei anco-ra: "Mi dia l'indirizzo e il numero telefo-nico, e ci vado io". Ne nacque la sceltadi Dio, radicale nei tagli e concreta nel-l'appartenenza che - a distanza di decen-ni - si testimonia nella fedeltà e nellagioia. Qualche volta capita di incontrar-si nella gratitudine reciproca e nella paridignità della fraternità. Lei aveva vissu-to, non solo col desiderio ma a fatti,quello che le veniva chiesto. Io avevoimparato che i cuori appartengonoall'Amore, e che l'Amore li muoveincontro a sé, e che avrei persempre dovuto guardarmidall'impulso, pur se generoso,di prevenire i passi di cui solol'Amore conosce i tempi e lemodalità. Riconoscere Gesù"fatto peccato" (2 Corinzi5,21) nella vicenda umana,spesso molto dolorosa, di chicerca riconciliazione e pace,nella sorpresa di vederlo giàinteriormente amato contenerezza e fiducia, è il primoe grato atteggiamento di chilo accoglie. In quel cuore già

Qualcuno sta dimorando, già lo Spiritosta operando la rimozione della cenereper ravvivare la scintilla della fede, nonpercepibile per lo spessore grigio e fred-do di essa, ma in realtà presente come undesiderio mai completamente spento."Cercava di vedere chi era Gesù, ma..."dice Luca (19,3). La coscienza della pic-colezza non si può raccontare alla folla,genera una certa solitudine, punta apotersi confidare nella riservatezza.Perciò "corre avanti", cercando la chiesavuota e silenziosa, il volto sereno di chiattende ed è pronto a chiudere il libro ointerrompere la preghiera come nonavesse altro programma che l'accoglien-za del Signore: "Ero penitente e mi aveteaccolto". S. Agostino lo dice: "Il Signorevide proprio Zaccheo. Fu visto e vide,ma se non fosse stato veduto, non avreb-be visto. Siamo stati veduti perché pos-siamo vedere, siamo stati amati perchépotessimo amare. Il mio Dio, la suamisericordia mi precede" (Discorso174,4). Quella sua presenza "penitente"si svela dono per chi accoglie.

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Concelebrare la misericordia“Siamo stati veduti perché possiamo vedere, siamo stati amati perché potessimo amare”

(S. Agostino)don Giovanni Sansone

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Nell'accoglienza purificata da ognirepulsione o pregiudizio, in un contestoche fa scoprire come la celebrazione diogni sacramento - così è detto particolar-mente dell'Eucarestia - debba avvenirenel clima del comando di Gesù, del-l'amore scambievole, è annullata ladistanza, cancellato ogni paternalismo,svanisce ogni possessività e pretesa didipendenza (quanta inflazione di "figliamia" o "figlio mio"!). Nel contesto fra-terno la parola emerge dal cuore stessoin cui lo Spirito ha già e sta ancora ope-rando, ed è parola di verità che ha in séla risposta a quanto all'inizio angustiava,parola spesso risolutiva perché detta dalSignore presente nel suo amore carico difiducia nella persona. Ed è parola diriconciliazione perché rivela l'incontrotra debolezza umana e misericordia diDio come incontro nuziale tra Dio e l'uo-mo e, mentre questo non ha altra doteche la nullità, Dio porta in dote la suadivinità. Libertà e pace profonda sono ilfrutto di questa vera concelebrazione

dell'Amore che vince tutto, che attualiz-za la preghiera di Paolo per i cristiani diEfeso (Efesini 3,14-21). Ha scrittoBenedetto XVI ai cattolici d'Irlanda: "Lestesse ferite di Cristo, trasformate dallasua sofferenza redentrice, sono gli stru-menti grazie ai quali il potere del male èinfranto e noi rinasciamo alla vita e allasperanza. Credo fermamente nel potererisanatore del suo amore sacrificale -anche nelle situazioni più buie e senzasperanza - che porta la liberazione e lapromessa di un nuovo inizio" (n. 6).Concludo con s. Agostino: "Perciò aiministri della sua Chiesa, per mezzo deiquali impone le mani ai penitenti, Cristodice: «Scioglietelo e lasciatelo andare».Sciogliete, sciogliete: tutto quello chescioglierete sopra la terra sarà scioltoanche in cielo. Chi aveva ascoltato da mequeste cose e le ricordava, faccia contodi aver letto ora ciò che scrissi; chi inve-ce non aveva ascoltato, lo scriva in cuoreper leggerlo quando vuole". (Discorso139/a, 2).

Nella biblioteca di S. Matilde (Andora)sono rimasti pochi libri, dopo le traversiedella casa-canonica, passata da piccoloseminario a parrocchia, e quindi riadat-tata diverse volte, non solo nell’ambien-te globale, ma anche nell’equipaggia-mento necessario alla vita concreta. Ache sarebbero serviti tanti libri adatti aragazzi delle scuole medie, se nella casaci debbono vivere solo tre sacerdoti? Equindi tanti volumi hanno preso il viaper altri lidi, dove potevano essere anco-ra utilizzati. Ma qualcosa è rimasto! Dacurioso, li ho esaminati, spinto anchedalla segreta speranza di ritrovare qual-che ricordo dei lontani anni della scuolamedia… E qualche “perla” mi ha sorpre-so e rallegrato. Per esempio diverse

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Le Confessioni di S. Agostinodon Pietro Guglielmi

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opere di Giovanni Papini, autore non piùattuale, ma prestigioso, ai suoi tempi. Hascritto anche una biografia di S.Agostino. “Sant’Agostino lo conobbi agioventù inoltrata” – dice nella introdu-zione – “un lettore universale non potevalasciar da parte le celeberrimeConfessioni … Mi sembrava che tra lui eme qualche somiglianza ci fosse”.Anche Papini, infatti, si può considerareun convertito. “Gli somigliavo, si capi-sce, nel peggio”, dice con grande e sorri-dente umiltà. Avendo letto da qualcheparte che un Editore pochi mesi fa haristampato il Sant’Agostino di Papini, hosubito preso il libro e l’ho letto. Conmolta soddisfazione, debbo dire; mi haaiutato a capire ancora meglio il santovescovo e dottore, pietra miliare delnostro Ordine canonicale. Che io pro-ponga una riflessione sulle Confessionidi S. Agostino in questo numero diNotizie, che si occupa del Sacramentodella Riconciliazione (normalmentechiamato “Confessione”) può sembrareuna cantonata da ignorantello. “Non ciazzecca niente” direbbe l’on. Di Pietro.Davvero? S. Agostino scrisse questolibro, uno dei libri più letti e più celebridi tutti i tempi, negli anni 397–398,quasi agli inizi del suo episcopato.Si era “convertito” da 12 anni (nel386). Era stato ordinato vescovo nel395, e lo fu per 35 anni! Molti sape-vano della sua disordinata vita gio-vanile e avevano sentito parlare deisuoi trascorsi, era persino stato ere-tico prima di convertirsi. Lui scriveper farsi conoscere. Non intendevadifendersi, né solo confessare i suoierrori. Gli interessava ringraziareDio, ricostruendo davanti a Lui, aSua gloria, il cammino del “figlioprodigo”, che si era sempre sentitotanto amato e atteso. LeConfessioni possono essere definite“una lettera a Dio”. “Amore Amoris

tui facio istud” (Conf. 2,1,1), cioè“Faccio questo per amore del tuoAmore… rievocando nell’amarezza delricordo, le mie pessime vie, affinché Tumi riesca dolce, dolcezza che non ingan-na”. Diceva che i motivi per restare nelgrembo della Chiesa sono “tanti, tantograndi e dolcissimi”. E non vi pare chesimili riflessioni valgano molto ancheper la celebrazione del Sacramento dellaPenitenza? Prendo ancora un pensierodal libro di Papini (Ed. Vallecchi,Firenze, 1929, p. 294): “NelleRetractationes ha detto quale fu il suovero intento (nello scrivere leConfessioni): i tredici libri delle mieConfessioni lodano dei miei beni e deimiei mali il Dio giusto e buono; solleva-no verso di Lui l’intelletto e il cuore del-l’uomo”. Papini commenta: “Dopo tantianni d’opere e di preghiere, di purifica-zioni e di estasi, egli sa di essere ancoraimperfetto e infelice”. “Noi ti manife-stiamo il nostro affetto confessando lenostre miserie e le tue misericordie,affinché ci liberi del tutto, dacché haicominciato”. E conclude: “In Agostinoritroviamo il segno della santità vera cheè il non credersi santi” (p. 305).

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Dio ha affidato a noi sacerdoti, tramite laChiesa, il ministero della Riconciliazione,comunemente chiamata Confessione. Nellamia esperienza, che penso comune a quelladi tanti altri sacerdoti, mi sono spesso trova-to di fronte a persone che si avvicinano conesitazione e indecisione e, prima ancora diessere accolte dal prete, comunicano la lorodifficoltà di vivere questo importanteSacramento. Le espressioni più comunisono: “Padre, non so confessarmi, mi aiutilei…”; “Non so cosa dire, non ricordo…”;“Non so da dove cominciare: mi aiuti…”.Quel “mi aiuti” esprime la necessità chesente il penitente di essere accompagnato esupportato per vivere bene il sacramentodella Riconciliazione e, a volte, per supera-re il timore del giudizio. Altre volte, al con-trario, non sa come esprimersi: “Mi aiutiperché non so come dire, sono confuso, hodentro qualcosa di pesante ma non so pro-prio come dirlo”. Sorge allora nel sacerdotela domanda: “Come posso aiutare questapersona?”, o “Come posso metterla a suoagio?”.

Io credo principalmente che sia fondamen-tale per il sacerdote avere un atteggiamentodi grande accoglienza, trasmettendo alpenitente il calore non solo della propriapersona ma soprattutto quello di Dio, gran-de e amorevole. Quando vedo avvicinarsi alluogo della riconciliazione una persona cheesprime nel suo volto incertezza e tituban-

za, la fisso negli occhi mostrandole un sor-riso: il volto di quella persona si trasformadelineando i lineamenti dell’esitazione conquelli della rassicurazione e della speranza.Dobbiamo, in quanto preti, mostrare losguardo di Cristo che fissa negli occhi eama quel giovane ricco – come ci raccontail vangelo - che gli chiede che cosa devefare per avere la vita eterna. Quanto è signi-ficativa l’accoglienza! Se il sacerdote inattesa dei penitenti sta leggendo un libro osta pregando la liturgia delle ore e vedeavvicinarsi una persona, è rilevante mettereimmediatamente da parte quello che si stafacendo per essere pienamente e felicemen-te liberi di accogliere colui che si sta avvici-nando. In quei piccoli, semplici ed imme-diati gesti si trasmette il grande valore del-l’incontro, quasi a dire: “ti stavo attenden-do”; è l’attesa del Padre che aspetta pazien-temente il ritorno del figlio che si era allon-tanato. Un ulteriore aspetto dell’accoglien-za è quello di riuscire ad instaurare un dia-logo con colui che ti sta di fronte. Quantoimportante è a volte chiedere il nome ecomunicare il proprio: ciò permette diinstaurare una relazione vera e diretta con lapersona che non conosce il sacerdote. Einoltre, porre alcune domande del tipo:“cosa fai?”, “come va la vita?”, “cosa mivuoi raccontare?”, permette al penitente dientrare più facilmente in dialogo parlandodi se stesso e sdrammatizzando o contestua-lizzando la sua ansia per la confessione.Quanto detto per l’accoglienza può facil-mente realizzarsi quando il penitente lo siha davanti senza strutture, come la grata,che possono ostacolare il rapporto diretto.

In secondo luogo: l’ascolto. Di solito chi sipresenta dal sacerdote con indecisione einsicurezza, serba in cuor suo il dubbio dipoter essere ascoltato. A volte pensa che il

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Padre, mi aiuti lei!don Franco Bergamin

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sacerdote non starà ad ascoltarlo. Consideradi poca importanza le cose che vorrà con-fessare e quindi non vale la pena comuni-carle al ministro perché ha altro a cui pen-sare o, a ragione, nota che esso sta effettiva-mente pensando ad altro. Oppure ha sempli-cemente paura del giudizio e pertanto dimo-stra perplessità o chiede aiuto per non esse-re giudicato. E’ di grande valore l’ascoltopartecipato, con il cuore, cioè il sapercogliere non solo le parole della personache si confessa ma soprattutto i sentimentipiù intimi che vorrebbe esprimere e che nonriescono a venir spontaneamente fuori.Ascoltare una ad una tutte le parole che ilpenitente pronuncia e accogliere il doloreche ha nel cuore, dimostrandogli di avercompreso quanto ha detto, il suo problema,la sua situazione e specialmente la sua sof-ferenza e il suo stato d’animo. E’ l’ascoltodel Dio misericordioso che accoglie silen-ziosamente e amorevolmente le parole delfiglio: “Padre, non sono più degno di esserechiamato tuo figlio”.

Un terzo aspetto è la gioia. Da giovaneprete ebbi più volte occasione di notarequanto avveniva in alcune celebrazionipenitenziali comunitarie: alcune persone,dopo la propria confessione personale conun determinato sacerdote, ritornavano alposto sorridenti e serene. E c’era la “fila”per recarsi da quel prete. Quelle singolari eammirate osservazioni mi hanno portato avalorizzare sempre di più il sacramentodella Confessione in quanto incontro gioio-so con la Misericordia di Dio, che conoscenoi e le nostre debolezze, che non ci rim-provera e non ci prende a schiaffi, ma chevuole ridonarci la felicità per una vita pienaattraverso il perdono. E’ ancora una voltaDio che, per mezzo del perdono, dice a chisi sente travagliato dalla vita, a chi vuoleuscire da uno strano o cattivo percorso e achi si sente apatico o morto: “Questo miofiglio era morto ed è tornato a vivere”. Ho

compreso che pazienza, perdono (ricordia-moci che non è nostro ma di Dio) e tenerez-za restituiscono la gioia della vita nuova inCristo.

Non lo so se, dopo aver vissuto tutto quan-to è stato detto, ho aiutato la persona a con-fessarsi bene: mi interessa maggiormenteche chi si confessa, attraverso questo per-corso, abbia riscoperto l’amore di Dio permezzo dell’accoglienza e dell’ascolto di un“povero” e semplice prete e che possa spe-rimentare dentro di sé la gioia del Perdono.Credo che il sacramento dellaRiconciliazione sia uno dei momenti piùbelli che un sacerdote possa vivere, affidan-do per mezzo di esso la Grazia di Dio.L’esperienza del Perdono, che dovremmoprovare per primi, ci fa veramente speri-mentare in modo forte e gioioso la novità divita dentro di noi e che non possiamo noncomunicarla. Negli incontri formativi(fidanzati, giovani coppie, cresima degliadulti…) mi permetto di parlare prontamen-te della Riconciliazione affidando loro un‘buono per la Confessione’ che ho trovato inun libretto di Danilo Zanella e che riportia-mo nella pagina seguente. Più volte mihanno bussato dicendomi: “Ho il ‘buono’ daspendere…”. E’ stato per loro il motivo perun nuovo incontro con il Padre misericor-dioso.

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Parco del Ritiro a Madrid, luogo per le Confessioni durante laXXVI Giornata Mondiale della Gioventù (agosto 2011)

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MINISTERO DELLA SANTITÀUFFICIO IMPEGNO PERSONALE

SEZIONE INTERIORITÀAPPLICATA ALL’IMPEGNO DI VITA

CONVERSIONE

* VALE COME PROVOCAZIONE *

IL PRESENTE BUONO PUÒ ESSERE UTILIZZATO PRESSO QUALSIASISACERDOTE CATTOLICO ABILITATO

NELL’UTILIZZO BISOGNA RICORDARSI CHE LA CONFESSIONE ...• È + VITAMINA CHE DETERSIVO

• È + DIALOGO CHE INQUISIZIONEÈ DIALOGO CON UN “POVERO CRISTO” COME TE PER INCONTRARE IL PADRE;ANCHE LUI, PER LO STESSO MOTIVO, DEVE INCONTRARSI CON UN ALTROPRETE

• È + GIOIOSO E RINNOVATO IMPEGNO DI VITA FUTURA CHEPIAGNUCOLOSO SGUARDO SUL PASSATO

• È + RINNOVAMENTO E RICONCILIAZIONE CHE ELENCO DI COLPE

COSÌ FACENDO POTRAI FACILMENTE PASSARE ATTRAVERSO LA “METANOIA” (CONVERSIONE-CAMBIAMENTO DI MENTALITÀ) ALLA“RICONCILIAZIONE” (CON SE STESSI, CON DIO, CON GLI ALTRI)

BUONO GRATUITOPER LA CONFESSIONE

PUÒ CIRCOLARE SOLO NEI CONFINIDI COMPETENZA DELLA CHIESA:TUTTO IL MONDO

“si fa più festa in cielo per 1 peccatore convertito

che per 99 giusti”(Luca 15,7)

RICONCILIAZIONE

CORAGGIO: PASSA VOCE

ISTRUZIONI PER L’USO:(vedi sotto)

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1. Come ti prepari di solito al sacramento della Confessione?

Abbiamo chiesto ad un sacerdote e ad alcuni laici - di età diverse - come vivono laConfessione, cosa sentono e sperimentano attraverso il sacramento del Perdono.Ovviamente non tocchiamo il sigillo sacramentale, ma proponiamo le seguentirisposte quasi come una condivisione fraterna e un consiglio indiretto per comevivere questo sacramento. In esso infatti si incontrano mirabilmente la coscienzadella pochezza dell’uomo, tra umiltà e miseria, e il dono rivelato della grandezzadi Dio, che come recita il libro dell’Esodo è un “Dio misericordioso e pietoso,lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà” (Es 34,6).

RAGAZZO Beh, a dire il vero, di solito non mi preparo. Per me la Confessione è unmomento di colloquio con il sacerdote e con Dio; io so di aver sbagliato (anche se alcunevolte non lo so!) e ne parlo con chi mi capisce, mi fa capire in cosa posso aver sbagliato emi aiuta, anche a ringraziare.GIOVANE-ADULTA Io per prepararmi al sacramento rifletto sui comportamenti e i pen-sieri che so essere sbagliati e poco o per nulla cristiani. Comincio a pensarci un paio digiorni prima per fare chiarezza dentro me su cosa dire e come dirlo, poi mentre vado dalsacerdote che sta nel confessionale, chiedo allo Spirito Santo che mi renda capace di ester-nare tutto ciò che turba la mia coscienza.ANZIANO Io mi preparo passando in rassegna il tempo trascorso dall'ultima Confessionee cerco di mettere in luce gli errori commessi e le omissioni.SACERDOTE Ritengo che la preparazione non sia difficile se si ha il senso del peccato.Certo la preparazione prossima va fatta nel raccoglimento interiore ed esteriore.

2. Cosa ti aspetti dalla Confessione?RAGAZZO Io mi aspetto di essere ascoltato,capito e perdonato.GIOVANE-ADULTA Oltre al perdono, miaspetto l’indicazione di un cammino, di unastrada da percorrere per tentare di non ripete-re gli stessi errori. Mi aspetto un sostegno,umano, nelle parole del sacerdote, e divino,nella misericordia e nella grazia di Dio, percontinuare con perseveranza il mio camminodi fede attraverso le tante prove della vita.ANZIANO Credo sia utile confrontarsi conun sacerdote quattro o cinque volte l'anno perverificare insieme i propositi non realizzati,oltre che ricevere la grazia del perdono.SACERDOTE Prima del perdono mi aspettoche il confessore sia esperto in umanità e dun-que che mi comprenda e mi indichi comeusare la penitenza per intraprendere il cammi-no della correzione dei miei peccati. E questocerco di metterlo in pratica anch’io, comeconfessore.

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era Confessarsi… non è inutile!

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3. Cosa ti aiuta a capire che non si deve aver paura di essere giudicati, ma averfiducia e aprire il proprio cuore all’incontro con Dio, che è Misericordia, attra-verso il sacerdote?

RAGAZZO So che Dio è mio Padre e amico, e che mi capisce.GIOVANE-ADULTA Se il sacerdote che mi confessa mi conosce, riesco più facilmente adaprire il mio cuore all’incontro con Dio, perché non ho timore di essere giudicata. So cheDio è misericordia e non devo aver paura di parlare sinceramente, eppure a volte non èsemplice. Il sacerdote che mi ascolta è un tramite fondamentale ma deve saper essere acco-gliente.ANZIANO Ho fiducia in Dio misericordioso e non mi sento giudicato perché so che, comedice la Bibbia, il Signore butta “dietro le spalle” tutto il male che abbiamo fatto.SACERDOTE Mi sono sempre fidato ciecamente di Dio e questo ha fatto sì che potessicapire quanto mi ha guidato e mi ha fatto evitare errori grossissimi; purtroppo non ho maitrovato chi avesse compreso il mio stato d’animo e si prendesse cura di me come il buonsamaritano. Da solo ho imparato ad accettare la mia situazione, il mio carattere, i miei limi-ti e ad andare avanti sempre con fiducia.

4. Come senti la presenza dello Spirito Santo e dell’Amore di Dio in questosacramento? Cosa ti rimane dentro?

RAGAZZO Dopo la Confessione mi sento più sereno e tranquillo; so di non essere solo.GIOVANE-ADULTA La presenza dello Spirito Santo la vivo nell’attenzione e nelle paro-le del sacerdote, nelle sue risposte alle mie paure e ai miei tanti sbagli. L’amore di Dio lovivo dopo la Confessione, quando mi sento in pace con me stessa e con gli altri e riesco aguardare le cose che prima mi sembravano brutte con occhi nuovi. Mi viene sempre inmente la frase dello scrittore M. Proust: “il vero viaggio di scoperta non consiste nel cer-care nuove terre ma nell’avere nuovi occhi”; il vero viaggio di scoperta per me è accorger-mi ogni volta dell’amore di Dio.ANZIANO Davanti al Signore, al termine della Confessione, mi rimane la ‘necessità’ diringraziarlo per il suo amore nonostante le mie mancanze e le mie freddezze.SACERDOTE La presenza dello Spirito Santo e dell’amore di Dio li ho sempre avvertitiperché, man mano che guardavo il mio passato ho sempre visto come Dio mi ha condottoper mano nella mia esistenza e dunque come dovevo essere presente a me stesso nel miocomportamento, nonostante vedessi il bene, lo approvassi e mi trovassi invece implicatonel perseguire il male.

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era 5. Quando senti di aver vissuto una “buona” Confessione, di ringraziare Dio per

il suo Perdono incondizionato e gratuito?

RAGAZZO Ogni volta che mi confesso ringrazio Dio.GIOVANE-ADULTA Credo di aver vissuto bene la Confessione quando mi sento più “legge-ra”, perché sono stata perdonata, e anche più forte, perché sento di voler provare a diventareuna persona migliore.ANZIANO Finita la Confessione, mi trovo ad avere uno stimolo a ricominciare il cammino, perpensare a Dio e agli altri… “nunc coepi” (“ora comincio”), come ripeteva spesso mia moglie!SACERDOTE Per me ogni Confessione deve essere vissuta bene ed essere un motivo per rin-graziare Dio per il suo perdono incondizionato e gratuito. Da penitente, dipende sempre dacome io mi accosto al sacramento e come il confessore mi aiuta a vivere il momento dell’in-contro con Dio.

7. Cosa diresti a chi da tanto tempo non si accosta a questo Sacramento, perchéha paura o non ne sente il bisogno?

RAGAZZO Io gli direi di non preoccuparsi e di non aver paura.GIOVANE-ADULTA A chi non si accosta a questo sacramento direi che la Confessione è ilmodo più diretto che abbiamo per essere ascoltati da Dio; direi che è un sacramento irrinun-ciabile per un credente perché dà nuova vita e nuova forza e molto spesso, nell’incertezza cau-sata dalle prove e dai dolori, ci indica la via.ANZIANO Io direi che è necessario guardarsi dentro e mettersi in discussione insieme ad unaltro, a un sacerdote, che può indicare la “trave” presente nel nostro occhio, per poter poitogliere la pagliuzza dall’occhio del fratello, come ci insegna Gesù nel Vangelo.SACERDOTE Sono vari i suggerimenti: anzitutto leggere, rileggere e meditare profondamen-te i brani del Vangelo in cui èdescritto l’incontro di Gesù conchi ha peccato. Poi capire lanecessità che anch’io ho del-l’incontro con il Signore: lui miconosce da sempre e sa checosa posso fare di me stesso,sua creatura, a volte timorosa, avolte superba. Lui conoscebenissimo il potenziale che c’èin ciascuno di noi e dunque nonaccetta che noi ci scherniamocon il dire: “non ce la faccio”.Infine… non ascoltare chi diceche la confessione è “INUTI-LE”!

6. Qual è stato l’impegno (penitenza) più “utile”, più significativo che hai vissutocome frutto della Confessione?

RAGAZZO Quando mi è stato suggerito di cercare di capire mia sorella.GIOVANE-ADULTA Sicuramente l’impegno di vivere con coscienza piena la mia fede, ten-tando di testimoniarla soprattutto con un comportamento adeguato, in famiglia, in ufficio, congli amici e con chi non mi piace… insomma in tutti gli ambiti della mia vita. Non è sempliceovviamente e spesso non ci riesco, ma ci provo ed ogni tanto riesco a fare un piccolo passo inpiù. Credo che essere in cammino verso Cristo sia anche questo.SACERDOTE Nessuno! Noi sacerdoti non sempre siamo esperti nel saper evidenziare alpenitente l’impegno o la penitenza più utile per vivere con frutto la Confessione e far sì chesi ritorni a sentire il bisogno del sacramento, anche se si ricade nel peccato. Per me non è tantola penitenza momentanea che si riceve, quanto la perseveranza nell’applicare la ‘terapia’ sta-bilita dal confessore e dal penitente.

Gesù perdona la donna adultera (dal film The Passion)

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EPer-donare: non conta il quanto, ma il quando.Per-donare: non è questione di forza di volontà, è semplicemente il come del cuore.Per-donare: prendersi cura prima di tutto dei nostri sentimenti.Per-donare: essere toccati in profondità, indipendentemente dalla grandezza dell’errore.Per-donare: prendersi cura della propria anima, di ciò che il fatto ha provocato, più che dire“Ti perdono”.Per-donare: non ripetere “Perdono, ma non dimentico”, piuttosto “Ciò che è successo è suc-cesso, avanti”.Per-donare: ammettere, esprimere e sciogliere la rabbia accogliendo il dono più vitale.Per-donare: far emergere la rabbia e il dolore avvertiti perché qualcuno (la Vita) ci ha toltoqualcosa.Per-donare: accettare, rinunciare al diritto o al dovere di… e poi lasciare la presa per vive-re liberi.Per-donare: rinunciare al fatto che qualcuno ci debba qualcosa, per evitare vendette ancheinconsce.Per-donare: rinunciare a quello che ci era dovuto e accettare che le cose siano andate diver-samente.Per-donare: accettare di avere un credito che nessuno pagherà perché non può essere pagato.Per-donare: rinunciare al fatto di dover pagare qualcosa a qualcuno… chi non si perdonapagherà.Per-donare: estinguere un debito.Per-donare: non perché si è bravi cristiani o brave persone, ma per vivere liberi, per nonammalarsi, per non farci distruggere dai sensi di colpa.Per-donare: l’atto con cui lascio andare ciò che deve andare.Per-donare: dare voce al cuore …se ho ferito, sento e accetto di aver fatto del male; se mihanno ferito, sento e accetto che mi hanno fatto del male.Per-donare: non permettere al passato di legarci, condizionarci e gestirci, ma vivere il pre-sente, l’oggi.Per-donare: uno stile di vita… vivere sentendo tutto ciò che l’esistenza propone, tutti i sen-timenti che ci abitano, comprendendoli, rimanendo con loro finché è necessario e poi per-mettersi di vivere altre cose.Per-donare: rimuove il risentimento, ovvero il sentimento trattenuto che uccide l’anima.Per-donare: richiede l’essere perdonati, ovvero l’averne fatto esperienza.Per-donare: camminare, percorrere la strada “più perdoni, più entri nel mistero della Vita”.Per-donare: sempre, in ogni momento, ogni cosa e ogni situazione.Per-donare: è per tutti.

Per-donarea cura di d. Damiano Barichello

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Le proposte della Casa San Vittore …viste da noi!

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CORSO SUI SENSIIl corso sui sensi è un'esperienza che permet-te di capire quanto questi siano gli strumentiche ci fornisce Dio per apprezzare il donopiù bello che Lui ci ha fatto: la VITA.Purtroppo, la maggior parte di noi li dà tal-mente per scontati che non li sa usare. Ilcorso dà la possibilità di imparare ad utiliz-zarli nel modo corretto per aiutarci a rag-giungere ciò che Dio vuole per ognuno dinoi: la felicità. (Donatella)E’ stata un'esperienza introspettiva davveroimportante, mi ha personalmente rimesso incontatto con i miei sensi, che sono sempre lìogni giorno e rispondono alle mie esigenze.Incontrare veramente, uno per uno, i sensi èqualcosa che fa riflettere e ridà quella consa-pevolezza che, nel tempo e nel bioritmo dellavita, puoi perdere o sbiadirne il valore e l'im-portanza. Mi ha colpito molto l'associarel'udito ad una sorta di utero: le parole sonocome un seme che entrano nell'orecchio egermogliano pensieri, sogni, ecc… Possodire che dopo il corso sui sensi, ho unacoscienza amplificata sulle sensazioni, comese la mia percezione fosse stata rispolverata,ed ora ha più luce che non riesco ad esprime-re con le parole… (Alberto)Gli spunti di riflessione e gli insegnamentiricevuti dal corso sono stati di grande rilievoperché hanno consentito di capire l’impor-tanza che hanno i sensi per percepire edentrare in contatto con la realtà, con la natu-ra, con gli altri e per loro tramite con Dio.Sembra banale ma i sensi hanno una poten-zialità che culturalmente non viene da noivalorizzata nell’ottica di una dimensione spi-rituale della persona. Una riflessione che miè parsa naturale alla fine del corso è la neces-

sità di andare oltre la dimensione ritualedella religione, della liturgia, della preghieracomunitaria. Seguendo gli insegnamentievangelici è importante la preghiera, da soli,nella propria camera, la sera, seduti su di untappeto o su di una coperta in atteggiamentomeditativo, guardando, anche se con occhichiusi, la luce di una candela davanti a noi.(Stefano)Sono trascorsi diversi mesi dal corso suisensi, un corso molto particolare, forte edintenso, dalle emozioni contrastanti. Haregalato a tutti noi la possibilità di vedere lanostra vita da un’altra prospettiva: ogni gior-no, in semplicità, con gli occhi, gli orecchi eil tatto del bambino che è in noi, re-impararead ascoltare ed ascoltarci per ricominciare asentire, sentirci percependo la vita che ci cir-conda, allontanando qualsiasi forma di inter-pretazione mentale e culturale. Stupirsi,meravigliarsi ogni giorno dello straordinarioche siamo e che ci avvolge, ringraziando per-ché la vita non è che la continua meravigliadi esistere. (Sara)

In queste pagine riportiamo varie impressioni di alcune persone che hanno par-tecipato alle iniziative svoltesi nell’arco dell’anno, a Roma, presso la casa diaccoglienza.

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TRIDUO PASQUALEIl Triduo pasquale è stato per me un'espe-rienza forte di condivisione ma anche esoprattutto di preghiera e riflessione perso-nale. E' stata un'occasione per immergersicompletamente in un clima di raccoglimentolontano dalle preoccupazioni quotidiane. Leriflessioni proposte mi hanno aiutato a vive-re con maggiore consapevolezza e intensitàle celebrazioni del Triduo. E' stata un'espe-rienza rigenerante in tutti i sensi! (Marco)Il Triduo è Gesù che ci prende per mano. ÈGesù che ci dà la grande possibilità di passa-re con Lui nel suo dolore, nelle sue ferite,nella sua sofferenza fino alla Rinascita. Permostrarci che anche noi, come Lui, per rina-scere, rivedere la luce, abbiamo semplice-mente bisogno di passare nelle nostre tene-bre. (Federica)Comprendere quanto è importante PREPA-RARSI agli eventi importanti, SENTIRLInel nostro cuore, VIVERLI e lasciare chequesti ci attraversino e ci suscitino qualcosa,questo per me è stato il Triduo Pasquale. Diquesti tempi, dove tutto è fretta, è produttivi-tà immediata, è affanno, è prevenzione, èpaura dei cambiamenti, è stato importanteper me decidere di dedicare del tempo a Luie a me stessa, e vivere la mia preparazione, ecomprendere così quanto la Pasqua non

fosse una cosa lontana da me, ma anzi, pro-fondamente vicina. Trovare uno spazio inte-riore per accogliere Gesù nella mia vita diogni giorno e riflettere su che cosa è Pasqua,su che cosa PER ME può vuol dire Pasqua equindi su come posso portarla e viverla nellavita di ogni giorno. Davvero intenso.(Chiara)

CORSO PASSI DI VITA (1-2)Non è stato uno dei “soliti corsi”: le cateche-si organizzate sono state veramente profonde,arricchenti e originali; le ho apprezzate moltocosì come gli schemi di meditazione che cihanno fornito (sono incapace a prendereappunti) e che rileggo spesso con grande pia-cere. Anche il clima di fraternità che si èinstaurato, sia tra i partecipanti sia con isacerdoti, è stato particolarmente piacevole,facendoci vivere con gioia i momenti disvago: la visione di un film (ovviamentesignificativo per il tema trattato), la passeg-giata per Roma e le chiacchierate di confron-to, estremamente utili dopo il “deserto” dimeditazione. In conclusione: O Paura oAmore, non sono due sentimenti in contrap-posizione; non si può non aver mai paura (chinon ne ha), l’importante è capire (e soprattut-to fare esperienza) che con l’amore di Dio edei fratelli si può superare ogni paura. (Lella)

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NE Il tempo corre inesorabile con i suoi impegni

quotidiani. E’ bello fermarsi a parlare con Te,o Signore. Ci insegni a vivere, ci mostri lavia e ci prepari alla vita con due allenatoriformidabili: don Damiano e don Giampaolo.Partecipare ai giorni di spiritualità è una rica-rica sempre intensa e meravigliosa. Grazie!(Paola e Mario)Un corso offre sempre un’opportunità. EPassi di vita, frutto della ricerca di donDamiano e don Giampaolo, trasmessa conpassione e in un clima di amicizia, è statauna bella occasione di riflessione incrociatatra la dimensione umana e quella spirituale.In particolare, mi ha dato l’opportunità difermarmi a riflettere sui meccanismi umani,soprattutto cognitivi, che influenzano lediverse dimensioni di vita, compresa quellaspirituale. Ciascuno dei due moduli mi haofferto le chiavi di lettura e diversi spunti daapplicare, portandoli nel mio cammino e nelmio lavoro personale, e questo prima diquanto pensassi. Infatti a distanza di meno diuna settimana dal corso, la vita mi ha cata-pultata in una situazione particolare cherichiedeva un “passo di vita” decisivo in quelpreciso momento e l’ho fatto. (Paola)

CORSO FIDANZATI L’AMORE CAMBIA

Per noi il corso iniziava, ogni volta, nelmomento in cui salivamo sul treno per anda-re a Roma… era il momento in cui metteva-mo tutto in standby, per poter dedicare temposolo per noi. Le giornate trascorse durante ilcorso sono state piene di persone, di parole,di emozioni, di domande e di risposte. Lacondivisione con le altre coppie è stata bellaed intensa… è stato per noi motivo di apertu-ra e di confronto… Entrambi portiamo nelcuore e nella mente ciò che serve, grati diaver vissuto questo corso. (Francesco eValentina)Questo corso ha rinnovato il nostro modo distare insieme e ha dato nuovo ossigeno al rap-porto, illuminandolo con la luce divina di Chi

guida i nostri passi e ci sostiene. Ci ha per-messo di guardare con occhi diversi tantedinamiche della nostra relazione e di farecontemporaneamente un grande lavoro su noistessi, anche grazie alle riflessioni stimolatedalle parole del nostro amico don Damiano.Non dimenticheremo mai questa esperienza,anche perché durante il viaggio di ritorno dal-l’ultimo incontro, ci siamo guardati negliocchi e… abbiamo deciso di sposarci.(Gabriele e Claudia)Un viaggio dentro se stessi per incontrare l'al-tro lungo la strada dell'Amore. Un'esperienzaunica di riflessione sul cammino che si stafacendo insieme, tantissimi spunti per poterimpostare al meglio un rapporto di coppia ecrescere insieme senza annullarsi. (Luigi e Olga)

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Nel cuore le manidon Gianpaolo Sartoretto

"Il ritorno del figliol prodigo" è undipinto di grandi dimensioni (cm 224 x183), realizzato nel 1669, da RembrandtH. van Rijn. È conservato al Museodell'Ermitage di San Pietroburgo. Il qua-dro fu dipinto dall’artista al termine dellavita, dopo una lunga serie di sofferenze edolori come la morte della moglie e delfiglio. La scena raffigura la conclusione dellavicenda, narrata nella parabola del van-gelo di Luca, ovvero il perdono del padrenei confronti del figlio pentito della pro-pria condotta. Il giovane, vestito di strac-ci logori, è in ginocchio dinanzi al padre,di cui ha sperperato le sostanze.L'anziano lo accogliecon un gesto amorevolee quasi protettivo. Sulladestra, osserva la scenaun personaggio identifi-cato col figlio maggiore,mentre sullo sfondo sidistinguono due figurenon ben identificate. Ilquadro è dipinto usandouna tavolozza limitata dicolori nella scala delmarrone e dell’ocra, maproprio queste tonalitàcromatiche danno allascena un calore e un’in-tensità unica. Le figuredel padre e del figliominore sembrano spri-gionare una luce cheillumina tutta la scena. Ilperdono del padre illu-mina e scalda tutto l’am-biente e tutti coloro chevivono con lui.Osservando le figure sinotano alcuni particolari.

Il figlio minore è rappresentato come unprigioniero liberato che torna, ha la testarasata e i sandali rovinati, le vesti purerappresentate con colore dorato sonostracciate e rovinate. A tutto questo fa dacontrasto il suo volto seminascosto, chesembra affondare nel grembo del padre,un volto sereno e tranquillo, il volto dichi è arrivato alla meta dopo un lungoviaggio. Alcuni particolari nella figuradel figlio testimoniano il lavoro di ricer-ca fatto dall’artista; i piedi, posti inprimo piano dicono tutta la fatica e tuttala strada percorsa per tornare a casa,sono la memoria storica del nostro passa-to, il volto quasi si fonde con il padre, è

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un rinascere, un rientrare nel grembo:nell’intimità dell’incontro i confini trauomo e Dio si fondono, così che neldipinto è quasi impossibile distingueredove finisce il volto del figlio e dove ini-zia il grembo del padre. Il figlio maggiore rappresentato sulladestra del padre in piedi su una predellatestimonia tutta la fatica dell’accoglien-za e del perdono, il viso tradisce tutto ilsospetto e la sfiducia verso quest’uomotornato. Le braccia sono chiuse, non pos-sono accogliere e al tempo stessomostrano la volontà di difendersi, di pro-teggere la propria vita dall’incontro conl’altro. Il figlio però è dipinto con le stes-se vesti e gli stessi colori del padre ed ècomunque illuminato dalla scena centra-le dell’abbraccio. Il padre, figura centrale del dipinto edella parabola, è rappresentato come unvecchio carico di anni e di esperienza maancora forte e vigoroso per accogliere ilfiglio che torna. Il viso pur solcato dal-l’età è sereno e calmo e illumina tutta lascena, il volto del padre è il luogo da cuisi sprigiona tutta la luce che illumina escalda tutti i personaggi. È rivestito conabiti sontuosi e ricchi, a testimoniare

l’abbondanza della sua grazia e della suamisericordia. Il gesto significativo delpadre, il suo poggiare le mani sulle spal-le del figlio quasi a volerlo portare den-tro di sé, a farne una barriera verso ilmondo esterno è rappresentato dall’arti-sta con un particolare che ha reso famo-so questo dipinto: le mani del padresono una maschile, quella sinistra euna femminile, quella destra. Quellamaschile testimonia la forza di Dio, delsuo amore, è la mano del braccio tesoper salvare, per creare, la mano di coluiche ha costruito il mondo per amore. Lamano femminile invece dice la grazia, ladolcezza dell’amore di Dio, la sua mise-ricordia, la sua passione viscerale cheama fino a dare la vita. In unico gestol’artista ha mostrato “quale sia l'ampiez-za, la lunghezza, l'altezza e la profondi-tà, e di conoscere l'amore di Cristo chesupera ogni conoscenza, perché siatericolmi di tutta la pienezza di Dio” (cfrEfesini 3, 18-19).

(Cfr M. Lawler, Il padre misericordioso,LDC; H. Nouwen, L’abbraccio benedi-cente, Queriniana)

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Dopo aver gustato la profonda ricchezzadelle Lodi e dei Vespri, il nostro viaggionel “silenzioso” mondo della Liturgiadelle Ore prosegue con quella “lucefioca” che il canto della Compieta cioffre. Le gioie e le fatiche del giorno siraccolgono in questo breve momento dipreghiera, che ogni cristiano rivolge aDio prima del riposo notturno. Il buiodella sera avvolge ciò che ci circonda,ma dentro di noi si accende una stellache ci accompagna per tutta la notte: “latua luce rischiari le ombre della notte”.Prima di intonare uno degli splendidiinni che tale Liturgia ci offre: Te lucisante tèrminum (A Te, luce senza tramon-to), Christe, qui, splendor (O Cristo,splendore), veniamo richiamati ad esa-minare, se pur brevemente, la nostragiornata; ad accostarci alla fonte dellamisericordia di Dio e venir inebriatidalla sua grazia. Dio ci dona la possibili-tà di esaminare il nostro amore per Lui eper i fratelli, richiamando al nostro cuoreil comandamento più nobile che Luistesso ci potesse consegnare: “Amatevi

gli uni gli altri come io ho amato voi”.L’itinerario della conversione non partedal senso del peccato, ma piuttosto portaa un rifiuto del peccato, avendo cono-sciuto l’amore di Dio. Ma come è strutturata la Compieta?Dopo l’esame di coscienza e l’inno, c’èla salmodia composta da uno o duesalmi; sono stati scelti per l’accenno chesi fa in essi della notte e perché esprimo-no l’abbandono confidente nelle mani diDio nonché l’invocazione della suabenedizione. I sette brani biblici, che for-mano ciascuno la lettura breve di ognigiorno, prolungano la linea della speran-za, ma stimolano anche all’amore di Dioe del prossimo. Il responsorio è tessutocon le parole del Salmo 30 dette da Gesùsulla croce: “Nelle tue mani affido il miospirito”. Esse hanno anche una risonanzaparticolare nel cuore del cristiano che siabbandona a Dio. Segue il famosoCantico di Simeone Nunc dimittis (Oralascia): sono le parole che il vegliardoSimeone innalzò a Dio in occasionedella presentazione al Tempio di Gesù,

quaranta giorni dopo la sua nascita.Quest’uomo “giusto e pio” attende-va il compimento delle promesseantiche nel conoscere il Salvatoredel mondo:• un cantico che ogni cristiano deveimparare a gustare appieno; • un cantico che ci fa cantare lemeraviglie che Dio opera nellanostra vita;• un cantico che ci prepara all’in-contro definitivo con Lui nelmomento della nostra morte;

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La Compieta: il riposo del cuoredon Raffaele Zaffino

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• un cantico che consegna il nostro cuoreal datore della Vita.Come Simeone alla fine della sua gior-nata terrena espresse la gioia e la gratitu-dine a Dio per aver incontrato Cristo,luce di salvezza, così la Chiesa è felice dilodare Dio per gli incontri con Cristo e lasua esperienza di redenzione, avuti nelcorso del giorno. Il Cantico di Simeonesi pone sulla linea della grande tradizio-ne del Servo di Jahvé: "Io ti renderò lucedelle nazioni perché tu porti la mia sal-vezza fino all'estremità della terra" (Isaia49,6). Solo chi vede Gesù salvatore puòvivere e morire in pace. Solo l'incontrocon Dio può sanare la vita dal velenodella paura della morte e guarire l'uomodalla falsa immagine di Dio. Dietro laporta della morte non ci attende un abis-so di tenebre, ma la sala illuminata delbanchetto della vita eterna. L'ora, il"nunc" di ogni uomo, è il suo incontrocon Dio e questo incontro è semprerimandato perché cresca la nostra fede,perché la nostra fede divenga sempre piùpura, perché la nostra speranza sia sem-pre più certa. Le orazioni finali vedono ilriposo notturno in funzione di un piùsolerte e impegnato servizio di Dio per il

giorno che segue. Intale contesto anche laformula finale: “IlSignore ci conceda unanotte serena e un riposotranquillo” è profonda-mente cristiana, perchéconsidera il recuperonormale delle energie inordine al lavoro e albuon combattimentoper il regno di Dio. È lavisuale dell’apostoloPaolo: “Sia che mangia-

te sia che beviate sia che facciate qual-siasi altra cosa, fate tutto per la gloria diDio” (1Corinzi 10,31). Si termina conl’antifona finale, rivolta alla VergineMaria, che veglierà sul sonno dei suoifigli, e suggella la ricchezza di questasplendida liturgia, facendoci pregustarenell’immagine di Maria la gioia eterna.

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AntifonaNella veglia salvaci, Signore,

nel sonno non ci abbandonare:il cuore vegli con Cristo

e il corpo riposi nella pace.

CANTICO di SIMEONE (Luca 2,29-32)Cristo, luce delle genti e gloria di Israele

Ora lascia, o Signore, che il tuo servo *vada in pace secondo la tua parola;

perché i miei occhi han visto la tua salvezza *preparata da te davanti a tutti i popoli,

luce per illuminare le genti *e gloria del tuo popolo Israele.

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I Canonici Regolari di Ravenna, che risie-devano presso il primitivo santuario dellaMadonna Greca, conosciuto come S.Maria in Porto Fuori, hanno contribuitonon poco ad arricchire la gloriosa storiadell’Ordine canonicale e della città raven-nate. Essi sono ricordati, oltre che dalPetrarca, da Dante Alighieri nel Paradiso,in omaggio ai Da Polenta, suoi amici emecenati. L’attuale maestosa chiesa è unaricostruzione nuova, consacrata dal Card.Schuster nel 1961, sorta sulle maceriedella chiesa cinquecentesca, abbattuta nelbombardamento del 1944. Ci sono perve-nuti intatti solo alcuni affreschi trecente-schi e il sarcofago bizantino del chiericoPietro degli Onesti, detto ‘peccatore’, chela tradizione addita come fondatore delmonastero portuense, dove la comunitàcanonicale conduceva una forma di vitareligiosa, sotto la sua celebre Regola dettaappunto Portuense, approvata nel 1116 dapapa Pasquale II. Il beato Pietro ‘peccato-re’, in qualità di priore, ebbe il merito difar rifiorire la vita comune del clero, nellecanoniche e in varie cattedrali, sull’ondadel fervore ecclesiale attivato dalla rifor-ma gregoriana, sostenuta dal futuro papa

Gregorio VII, nel sinodo Lateranense del1059. Ravenna diede i natali ad un altrogrande riformatore della vita ecclesiale, S.Pier Damiani, monaco di Fonte Avellana,anch’egli denominato ‘peccatore’, insegno di estrema umiltà. In tutte le comu-nità canonicali antiche cresceva il deside-rio di trovare una regola riformata, che siispirasse a S. Agostino e che favorisse lapratica perfetta dell’antica vita apostolica,per raggiungere la santificazione persona-le e comunitaria. La Regola portuenseaveva proprio queste caratteristiche, adat-ta a comunità di chierici, priva di quellenorme austere monastiche che infarcivanola cosiddetta Regula S. Augustini, che cir-colava nei monasteri d’allora. Enorme fulo sviluppo dell’istituzione canonicale diRavenna. In poco tempo ovunque si diffu-se notizia sulla bontà della Regola diPietro degli Onesti, regola che venneadottata in tantissimi monasteri europei.Tra i simpatizzanti delle nuove normeportuensi dobbiamo nominare il nostrocanonico regolare S. Ubaldo di Gubbio,che da giovane aveva studiato nella retto-ria di S. Secondo. Egli si recò personal-mente a Ravenna e volle sperimentare per

alcuni mesi la vita comunedella comunità di S. Maria inPorto. Ritornando nella suacittà eugubina, portò con sé ilprezioso codice del testo por-tuense, che aveva trascritto disuo pugno. Con questa regolaegli riuscì a far rifiorire la vitacomune nel capitolo della cat-tedrale di S. Mariano (di cuiegli era priore) e anche nellapiccola comunità di S.Secondo. A testimonianza delsuo eroico impegno a favoredel rinnovamento della vita

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I Canonici Regolari a Ravennadon Pietro Benozzi

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religiosa tra il clero, la sua statua fu collo-cata sul colonnato del Bernini a Roma, trai santi riformatori della Chiesa. ARavenna intanto, la devozione allaMadonna Greca nella chiesa di S. Mariain Porto era diventata molto popolare e ilculto si diffondeva in tutte le regioni. Ilchierico Pietro, con le offerte dei pellegri-ni, nel 1103, fece ingrandire la chiesa,dotandola di campanile; inoltre completòil complesso con un quadriportico e unartistico chiostro. La chiesa venne consa-crata dal vescovo di Ravenna Gualtiero,nel 1131, quando il rettore Pietro era giàmorto da 12 anni. La tradizione vuole cheil simulacro di Maria orante, bassorilievodel XI secolo in marmo bianco, arrivassemiracolosamente sulle onde del mare daCostantinopoli, sorretto da due angeli.Nel 1112 la Madonna Greca fu sceltacome protettrice della città di Ravenna.Lungo i secoli, la chiesa conobbe varievicissitudini; nel 1240 fu saccheggiata daFederico II, ma con il sostegno economi-co dei potenti e la devozione costante deifedeli, nel 1314 vennericostruita e ingrandi-ta ulteriormente.Dopo pochi decenni,la chiesa passò incommenda, cono-scendo momenti diabbandono e di decli-no; decisivo fu l’inter-vento di papa MartinoV, il quale affidò nel1419 il monastero e il

tempio ai Canonici Regolari Lateranensidi Fregionaia (Lucca) che dal 1494 inizia-rono ingenti lavori su un nuovo comples-so, riportando all’antico splendore lacanonica e il santuario mariano. Essi, dal1553 al 1606, innalzarono la maestosachiesa, su progetto dell’arch. Tavelli.Fastosa la facciata settecentesca realizzatadal Morigia, in sasso d’Istria, in stile rina-scimentale di gusto palladiano, con semi-colonne e artistiche statue, distribuite suidue ordini. Spaziosa la scalinata. Trenavate all’interno, cupola ottagonale altaquasi 50 metri, coro ligneo finementeintagliato, che poteva ospitare la comuni-tà canonicale composta di oltre 40 religio-si. Attualmente l’ex monastero, di chiaraimpronta veneziana, con l’elegante chio-stro del 1502, ospita la Pinacoteca comu-nale; la sezione che si affaccia sui giardi-ni ingloba una graziosa LoggettaLombardesca. La soppressione napoleo-nica tolse ai Lateranensi chiesa e mona-stero. Il benemerito abate Garofali, consomma perizia e infinita pazienza riuscìnel 1828 a ripristinare la celebre abbazia,inviando a Ravenna 12 Canonici, attivan-do la canonica, il santuario, il noviziato eil convitto. La permanenza canonicalenella prestigiosa casa ravennate fu inter-rotta nel 1867 in seguito ad altre soppres-sioni; si protrasse poi fino alla vigiliadella prima guerra mondiale. A causadegli enormi debiti e dei limitati mezzi di

sussistenza, i superiorimaggiori, nella dietadel 1914, decisero lachiusura definitivadella casa che passò aiSalesiani. Attualmenteè officiata dai religiosipolacchi dell’Ordinedi S. Paolo Primo ere-mita.

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“Stella del Mare, guidaci!”. Questa è l’invoca-zione che si è levata dal cuore dei dodici cano-nici concelebranti davanti alla MadonnaGreca di S. Maria in Porto a Ravenna.

Assieme al P. Visitatore, il volenteroso drap-pello, composto da confratelli di diversecomunità, ha riflettuto e pregato in questoluogo caro al nostro passato, con lo sguardoaperto al futuro. La giornata del 26 è stata poivissuta a tu per tu con le sontuose simbologiecristiane dei mosaici ravennati e con gli splen-dori di Teodorico e Giustiniano. Sabato 27 ilgruppo si trasferisce a Bologna: si festeggia S.Monica nella parrocchia dei Ss. Monica eAgostino, dove si sta vivendo intensamente lafase di ultimazione della chiesa nuova. I nostriconfratelli di Bologna, assieme ai fedeli,hanno preparato con cura l’accoglienza, dallapartecipazione alla liturgia eucaristica allagenerosità della mensa. Per la cronaca: i duepernottamenti hanno avuto luogo a Fognanodi Brisighella (Ravenna), presso l’IstitutoEmiliani delle Suore Domenicane del SS.moSacramento. Questo incontro annuale, inoccasione della ricorrenza di S. Agostino,segue il criterio di ripercorrere dei luoghisignificativi della nostra storia, nell’intento dirisvegliare, assieme a un senso di identità eappartenenza, anche salutari interrogativi efondate speranze per il futuro.

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Incontro canonicale S. Agostino 201125-27 agosto, Ravenna-Bologna

don Ercole Turoldo

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INDIRIZZO POSTALEDON MAURO MILANI

DON SANDRO CANTONMission Catholique Jeanne D’Arc

B.P. 19 - MBAIKIREPUBLIQUE CENTRAFRICAINE

CONTO CORRENTE POSTALEN. 23749005

intestato a: Canonici RegolariLateranensi - Provincia italiana

CONTO CORRENTEMISSIONE SAFA:

c/c 3671454Unicredit - Agenzia 20

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00871 - 762767473 (satellitare)00871 - 762767475 (fax)

[email protected]

(e-mail di d. Sandro Canton)[email protected]

(e-mail di d. Mauro Milani)

MISSIONE SAFA

Domenica 5 giugno, don Mauro Milanidiventa parroco del Sacro Cuore alla pre-senza di Mons. Perin, vescovo di M’Baiki

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Il terzo incontro dei giovani pretiCRL ordinati negli ultimi dieci annisi è svolto dal 5 al 17 luglio inPolonia. Dei 51 giovani preti di tuttala Congregazione hanno partecipato9 brasiliani, 7 polacchi, 2 portorica-ni, 2 di Santo Domingo, 2 argentinie 2 italiani. Oltre l’Abate don BrunoGiuliani vi hanno preso parte donPasquale Grossi, confratello italianoma da molti anni in Brasile, e donLorenzo Alcina, canonico peniten-ziere di Palma di Mallorca. Il tema -“L’accordo della mente e del cuore”- è stato affrontato in due conferenzea Cracovia presentate da don Casimiro Latak, canonico della Provincia polacca e docente univer-sitario, che partendo dall’aspetto storico ha presentato il Santo Stanislao Casimiritano (canonizza-to nell’ottobre scorso) e la spiritualità canonicale. L’aspetto riguardante l’esperienza comunitariabiblica di questo tema è stato proposto in due incontri tenuti a Gietrzwald, nel nord della Polonia,da don Lorenzo Alcina: “L’obiettivo principale cui tende il vostro vivere insieme è che, nel comu-ne progetto di ricercare Dio, conseguiate piena sintonia a livello di mente e di cuore curando lamassima concordia tra quanti abitate sotto lo stesso tetto” (S. Agostino, Regola I,3). C’è stata lapossibilità di visitare le miniere di sale nei pressi di Cracovia; la città natale del Beato GiovanniPaolo II, Wadovice, e nello stesso giorno Auschwitz; poi a sud Zakopane; al centro la Madonna diCzestochowa; mentre al nord abbiamo oltrepassato il confine e pernottato a Vilnius, capitale della

Lituania. Molti altri postiabbiamo brevemente visitatoma non li cito perché non sem-bri che questo sia stato un“incontro turistico”, mentre èstato veramente un incontro difraternità canonicale e sacer-dotale e di nuove relazionid’amicizia tra confratelli diProvince (e lingue) diversedella grande famiglia deiCRL. Complimenti e ringraziamentisinceri di tutti all’Abate, allaCommissione organizzatrice ealla Provincia polacca per labuona riuscita dell’incontro.

L’accordo della mente e del cuoreIncontro dei giovani preti CRL in Polonia – luglio 2011

don Emanuele Daniel

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Tutto incominciò per me il 17 ottobre del 2010 a San Pietro, per la Canonizzazione del BeatoStatinslao Casimiritano. Fu lì a Roma che mi incontrai per la prima volta dopo mezzo secolo coni miei amici (del lontano 1960) di San Floriano in Castelfranco Veneto (TV). Ero così eccitato nonsolo di essere in San Pietro per la canonizzazione di cinque Beati, ma anche di essere lì presentecon gli amici di infanzia. Nello stesso mese ci rincontrammo in casa Scrocca, dove consumammoin abbondanza buon cibo casareccio laziale, innaffiato con del buon vino di casa ciociaro. E fu lìche, tra un “aizza aizza, e ‘n’ accosta accosta”, promisi che sarei ritornato dagli Stati Uniti, doveemigrai nel 1968, e avrei partecipato al XXVI Raduno in San Vito Romano. Arriva il primo mag-gio, dove si stava festeggiando di tutto... dalla beatificazione di Sua Santità Giovanni Paolo II, laFesta dei Lavoratori, il 29° Giro delle Contrade di Spigno Saturnia (un evento culinario del miopaese natio), ecc. Io da buon alunno di San Floriano scelgo di partecipare al nostro raduno, tantoaspettato da 25 lunghi anni. Il primo maggio si parte di buon mattino da Spigno (Bevilacqua,Cardillo Zallo, Parente e Piccolino dal Canada) ed io da Veroli, ci diamo il rendez-vous sull’auto-strada, alla stazione di servizio La Macchia e dopo uno scambio di saluti e un buon caffè si parte

per San Vito Romano. San Vito Romano: altro che rendez-vous, era un dejavu,ritornai in un istante al lontano arrivo a San Floriano, dove anche allora

non conoscevo quasi nessuno, solo gli amici spignesi. Ma grazie a Dioquesto momento anche se nostalgico durò neanche un minuto, tra

introduzioni, saluti e scambi di foto… Grazie! Devo confessareche i bei ricordi d’infanzia ritornarono come se fosse stato ieri. Ilcammino dall’hotel alla chiesa mi ha fatto ricordare quelle lun-ghe passeggiate che facevamo in collegio. Un ringraziamentospeciale agli organizzatori e da parte mia grazie a FrancoMaccaroni per avermi dato le foto, da me tanto ricercate, dellavisita a Venezia nel lontano Natale 1960. Voglio ringraziaretutti per la grandiosa accoglienza fattami da tutti voi, e non soloa me ma anche a Erminio Piccolino, anche lui venuto dall’ol-treoceano, dalle terre canadesi di Montreal. Mi è sembrato unconvegno del "G-4": c’era anche Giovanni Siffredi, dalla

Francia. Abbiamo trascorso insieme una giornata indimenticabi-le, piena di memorie ed amicizia; anche se non coltivata per molti

anni, è rigermogliata come i fiori in primavera. Arrivederci al pros-simo Raduno Fiorentino.

Vivat Jesus!

Gli alunni di 2a media con don Bruno Giuliani in gita a Venezia (1960)

1 Maggio 2011XXVI Raduno Alunni di S. Floriano a S. Vito Romano

Giuseppe Pampena - U.S.A.

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10 aprile. Il Comune di Pereto (AQ), paese natale didon Angelo Penna (1917-1981), con un’iniziativa pro-mossa dal sindaco Giovanni Meuti, ha voluto onorareil suo illustre concittadino, nel 30° dalla morte, intito-landogli la piazza antistante il Municipio. L’evento siè articolato in vari momenti: prima la conferenza conla presentazione del libro commemorativo curato dalprof. Carlo Iannola, poi la S. Messa nella chiesa par-rocchiale, infine i discorsi ufficiali nella piazza con loscoprimento della nuova targa. A nome dellaCongregazione erano presenti il P. Abate generale donBruno Giuliani e don Ercole Turoldo.

Vita di famigliaa cura di don Giuseppe Cipolloni

1 maggio. A San Vito Romano,sulle ridenti colline del Lazio, festaper una piccola folla di persone,che come ogni anno si ritrovanoper ricordare e festeggiare gli annitrascorsi insieme condividendo stu-dio, giochi, formazione e preghieradentro e fuori le mura di un’anticaVilla veneta, in S. Floriano diCastelfranco Veneto, trasformata inseminario da noi Canonici.Adolescenti di un tempo, ora adul-ti, i più nonni, sentono il bisogno diritrovarsi per celebrare l’amicizia, i valori della vita, la gioia del tempo che li ha accomunati e litiene tuttora uniti nella danza della vita. Per l’appuntamento qualcuno è venuto da lontano, comeGiovanni Siffredi dalla Francia e Giuseppe Pampena dagli Stati Uniti.5 – 8 maggio. In Polonia a Cracovia, raduno del Consiglio generale ampliato. Gli argomenti trat-tati non sono stati pochi, ma uno soprattutto ci ha interessati: il nostro futuro. Facciamo parte di unmondo in crisi: ne risente la persona, la famiglia, la società e la Chiesa. Il problema è grave soprat-tutto per l’Europa occidentale (Francia,Inghilterra, Italia, Spagna) dove la mancanza divocazioni e l’età avanzata dei Confratelli, cipongono problemi concreti ed urgenti. Al termi-ne, il giorno 8 abbiamo partecipato alla solennecelebrazione religiosa nazionale, dove insiemecon le reliquie del martire san Stanislao, patronodella Polonia, sono state portate in processionele reliquie del nostro santo StanislaoCasimiritano e quelle di Giovanni Paolo II, bea-tificato appena da una settimana.

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8 maggio. A Roma, il Card. Donald Wuerl,Arcivescovo di Washington, prende possesso deltitolo cardinalizio della Basilica di S. Pietro inVincoli, affidata alla nostra cura pastorale e sededella Curia Generalizia dei CRL.

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21 giugno. A Roma, presso il Collegio S.Vittore, riunione dei Priori e dei Parrocidelle nostre comunità. La giornata ha vis-suto due momenti; nella mattinata, guidatidal Padre Visitatore, si è ripreso il temadelle giornate di formazione permanente:“La relazione fonte del nostro star bene incomunità”; nel pomeriggio si è guardato alprossimo Capitolo provinciale alla luce del

momento presente che vivono lenostre Case. L’incontro è statoricco e fecondo di interventi e diappassionato interessamento perle attuali emergenze di vita cano-nicale e vocazionale. La riunioneal Collegio S. Vittore ci offreanche l’occasione di festeggiareinsieme l’anniversario dei 25 annidi sacerdozio di don GabrielePauletto. Presto seguiranno quellidi don Franco Bergamin, e colgol’occasione per ricordare i 50anni di sacerdozio di donGiuseppe Sapori, di don PasqualeGrossi, tuttora in Italia, e di donFranco Gualtieri. A tutti loro inostri auguri e il nostro ricordonella preghiera.

22 – 23 giugno. Don Alessandro Venturin assieme alla signora Titti Giuliano è parti-to per visitare la nostra missione di Safa, nella Repubblica Centrafricana. Lo stessoaereo, il giorno dopo, ha portato in Italia don Mauro Milani, per il dovuto e meritatoriposo. Don Mauro rimarrà in Italia fino al 28 settembre. E’ nei suoi programmi, inquesto lasso di tempo, visitare le nostre comunità e salutare i confratelli.

La relazione fonte del nostro star bene in comunità

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5 – 17 luglio. Una bella rap-presentanza di giovanisacerdoti lateranensi, ordi-nati negli ultimi dieci anni,ha vissuto in Polonial’esperienza di due settima-ne ricche di vita comune: laprima, trascorsa nellanostra comunità del CorpusChristi di Cracovia, laseconda nel santuariomariano di Gietrzwald. E’stato un ritrovarsi per rileg-gere insieme la nostra sto-ria, riflettere sul nostro cari-

sma e vivere momenti di grande comunione, intessuti di conoscenza, di preghiera, diformazione e di ricreazione. Non poteva mancare l’aspetto culturale con la visita adalcune celebri località del Paese. Il convenire ha avuto lo scopo di promuovere unacomune formazione permanente e di favorire la conoscenza e la comunione tra le varieProvince della Congregazione.

29 luglio. A Cassino, ove si trovava per qualche giorno di vacanza, muore MariaLaura, la sorella di don Giuseppe de Nicola. Le esequie vengono celebrate nellaBasilica di S. Pietro in Vincoli il 2 agosto, giorno in cui Maria Laura avrebbe compiu-to 85 anni; sono presenti anche molti confratelli delle case romane.

25 – 27 agosto. Una comitiva di confratelli, come è tradizione, anche quest’anno si èdata appuntamento per vivere qualche giorno insieme in occasione della festa di S.Agostino. La meta è stata Ravenna, allo scopo di visitare in particolare la nostra anti-ca chiesa di S. Maria in Porto. Scrive l’abate Widloecher, a proposito di questaCanonica: “Era uno dei più illustri priorati di Canonici Regolari d’Italia. La sua origi-ne rimonta al principio del sec. XII”. In questa gloriosa chiesa del nostro Ordine, conla celebrazione del-l’Eucaristia, riviviamo lasolemnitas liturgica,caratteristica del nostrocarisma. La mattina del27, visita a Bologna. Lavisita alla nuova chiesa infase di ultimazione, lasolenne concelebrazionenella parrocchia dei santiMonica ed Agostino, e poiun lauto pranzo condivisocon i confratelli, chiudonoil nostro raduno.

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Pagina del buonum

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a cura di Emanuele Pozzilli

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