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Materiale Informativo – Movimentazione Manuale dei Carichi – pag. 1 MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI

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Materiale Informativo – Movimentazione Manuale dei Carichi – pag. 1

MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI

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GLI SPAZI DI LAVORO – I BANCHI DI LAVORO

GLI AUSILI PER LA MOVIMENTAZIONE ABITUALE DI CARICHI

Tutti i consigli qui forniti riguardano oggetti di peso superiore a 3Kg: al di sotto di questo valore il rischio per la schiena è trascurabile.

Evitare di prelevare o depositare oggetti a terra o sopra l’altezza

della testa

È preferibile spostare oggetti nella zona compresa tra

l’altezza delle spalle e l’altezza delle nocche (mani a pugno

lungo i fianchi)

Si eviterà in tal modo di assumere posizioni pericolose

per la schiena

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Prima di sollevare o trasportare un oggetto, è importante conoscere:

• Quanto pesa: il peso deve essere scritto sul contenitore. Se supera i valori limite non va sollevato manualmente da soli: usare preferibilmente un ausilio meccanico oppure effettuare il sollevamento in più operatori.

• La temperatura esterna dell’oggetto: se troppo calda o fredda è necessario utilizzare indumenti protettivi

• Le caratteristiche di contenitore e contenuto: se pericoloso è necessario manovrarlo con

cautela e secondo specifiche istruzioni

• La stabilità del contenuto: se il peso non è distribuito uniformemente dentro il contenitore o si sposta nel trasporto, può derivarne pericolo.

INOLTRE E’ BENE EVITARE DI:

Spostare oggetti troppo ingombranti, che impediscono ad esempio la visibilità

Trasportare oggetti camminando su pavimenti scivolosi o sconnessi

Movimentare oggetti in spazi ristretti

Indossare indumenti o calzature inadeguati

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LO STOCCAGGIO DEI PRODOTTI FINITI Stoccare adeguatamente i prodotti finiti è fondamentale per evitare rischi non solo ai lavoratori addetti, ma anche agli utilizzatori successivi. Il modo più corretto di stoccare è quello su bancale standard utilizzando un’altezza non superiore ai 100 cm. In questo modo si garantirà: - una collocazione nei magazzini di stoccaggio

con carrello elettrico - la possibilità di sbancalare manualmente senza

costringere i lavoratori a flettere la schiena quando devono essere utilizzati scatoloni di grosse dimensioni, è necessario:

- che siano dotati di una ribaltina se

profondi 50 cm

- che siano dotati di due ribaltine se profondi 80-100 cm: in questo caso, se il carico è poco stabile, è utile aggiungere una parete divisoria

- che durante il riempimento stanno posti su un supporto regolabile in altezza

quando tali cassoni di grosse dimensioni devono essere riempiti con carichi di peso superiore ai 15-20 Kg è necessario utilizzare un braccio meccanico perché la forma del cassone costringe comunque ad assumere posizioni a rischio per la schiena.

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Non stoccare se possibile i prodotti sopra l’altezza delle spalle anche se si usa un braccio meccanico. Evitare di stoccare i prodotti direttamente sul pavimento: meglio metterli già su un bancale che poi sarà più facile spostare con un transpallets.

Evitare di immagazzinare i prodotti Sul pavimento, al di sotto di scaffalature

NO

NO Evitare di immagazzinare merce su scaffali atti che richiedono uso di scale. In alcuni casi, accatastare più strati di prodotti su scaffali crea instabilità e quindi rischio di infortunio

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LO STOCCAGGIO DEI PRODOTTI SU BANCALE NEI MAGAZZINI Piano pavimento: non utilizzare per i prodotti. 1° ripiano (altezza 50 cm): posizionare i bancali con i prodotti da prelevare manualmente (packing) 2° e altri ripiani (oltre i 200 cm): posizionare i bancali da prelevare con carrello elettrico a forche regolabili in altezza Come effettuare il prelievo/deposito dei prodotti manualmente dal 1° ripiano

il transpallet deve essere mantenuto alla stessa altezza del piano dei prodotti da prelevare. Quando il prodotto da prelevare è troppo lontano, si può avvicinarlo utilizzando un attrezzo “tira-pacchi”

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LO STOCCAGGIO DI PRODOTTI SINGOLI SU SCAFFALI Quando la merce deve essere prelevata spesso:

- non usare il piano del pavimento - non usare i ripiani posti sopra l’altezza

delle spalle (145-155 cm) - mettere i prodotti più pesanti a 60-80 cm

da terra e i prodotti più leggeri più in basso o più in alto

Quando i prodotti vengono prelevati con scarsa frequenza: - è possibile stoccarli anche sopra l’altezza delle spalle o sul pavimento

- vanno stoccati in modo che siano stabili

e facili da prelevare - meglio utilizzare il pavimento e non i

piani alti per i prodotti più pesanti e più difficili da maneggiare

- per arrivare agli scaffali più alti è

necessario utilizzare scale sicure, stabili e con scalini che consentano di appoggiare bene il piede

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L’UTILIZZAZIONE DEI CARRELLI PER TRASPORTARE LA MERCE Non caricare un carrello con troppa merce e in modo che il carico sia instabile: ciò può provocare infortuni

Per trasporti in piano, esistono valori di massimo carcamento, validi a condizione che il pavimento sia liscio e che le ruote del carrello funzionino correttamente

Per trasporti su pavimento in pendenza o irregolari, o su terreno, o quando le ruote non girano bene è importante misurare la forza necessaria ad azionare il carrello pieno (con dinamometro) per controllare che la stessa sia tollerabile. In generale è meglio utilizzare carrelli regolabili in altezza.

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Se gli oggetti devono essere sollevati solo saltuariamente durante la giornata lavorativa, è importante conoscere le posizioni corrette per non farsi male alla schiena

SE SI DEVE SOLLEVARE DA TERRA Non tenere le gambe diritte Portare l’oggetto vicino al corpo e piegare le ginocchia: tenere un piede più avanti dell’altro per avere più equilibrio

SE SI DEVONO SPOSTARE OGGETTI Avvicinare l’oggetto al capo Evitare di ruotar esolo il tronco, ma girare tutto il corpo, usando le gambe

SE SI DEVE PORRE IN ALTO UN OGGETTO Evitare di inarcare troppo la schiena Non lanciare il carico Usare uno sgabello o una scaletta

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INOLTRE Non sollevare bruscamente. Se il carico è pesante o se si sente di non farcela al primo tentativo, rinunciare a sollevarlo da solo e farsi aiutare da un’altra persona

QUANDO SI TRASPORTANO DEGLI OGGETTI Evitare di portare un grosso peso con una mano. È meglio suddividerlo (quando possibile) in due pesi con le due mani Per trasportare dei carichi, usare dei contenitori non ingombranti, meglio se di queste misure.

Per facilitare il trasporto ed evitare danni alle mani, usare contenitori con maniglie adeguate

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Evitare di trasportare manualmente oggetti per lunghi percorsi o sopra rampe di scale, se non saltuariamente e con oggetti poco pesanti Per trasporto in piano fare uso di specifici carrelli

Per evitare il trasporto su scale, è bene usare elevatori (piattaforme, carrelli elevatori, montacarichi). Solo in casi eccezionali è possibile ricorrere a carrelli capaci di percorrere le scale, specificamente progettati per il tipo di carico da trasportare

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Evitare di ruotare la schiena Fare in modo che la zona di prelievo e quella di deposito siano angolate fra loro al massimo di 90°C.

Fare in modo che il piano di prelievo e di deposito siano ad altezza simile (meglio fra 70 e 90 cm da terra): mantenendo i due piani di lavoro a contatto potrà risultare possibile trasferire l’oggetto trascinandolo anziché sollevandolo completamente.

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ELEMENTI DI RIFERIMENTO CARATTERISTICHE DEL CARICO La movimentazione manuale di un carico può costituire un rischio tra l’altro dorsolombare nei casi seguenti: - il carico è troppo pesante (Kg 30); - è ingombrante o difficile da afferrare; - è in equilibrio instabile od il suo contenuto rischia di spostarsi; - è collocato in una posizione tale per cui deve essere tenuto o maneggiato ad una certa

distanza dal tronco o con una torsione od inclinazione del tronco; - può, a motivo della struttura esterna e/o della consistenza, comportare lesioni per il

lavoratore, in particolare in caso d’urto. SFORZO FISICO RICHIESTO Lo sforzo fisico può presentare un rischio tra l’altro dorsolombare nei seguenti casi: - è eccessivo; - può essere effettuato soltanto con un movimento di torsione del tronco; - può comportare un movimento brusco del carico; - è compiuto con il corpo in posizione instabile. CARATTERISTICHE DELL’AMBIENTE DI LAVORO Le caratteristiche dell’ambiente di lavoro possono aumentare le possibilità di rischio tra l’altro dorsolombare nei seguenti casi: - lo spazio libero, in particolare verticale, è insufficiente per lo svolgimento dell’attività

richiesta; - il pavimento è ineguale, quindi presenta rischi di inciampo o di scivolamento per le scarpe

calzate dal lavoratore; - il posto o l’ambiente di lavoro non consentono al lavoratore la movimentazione manuale di

carichi ad un’altezza di sicurezza od in buona posizione; - il pavimento od il piano di lavoro presenta dislivelli che implicano la manipolazione del

carico a livelli diversi; - il pavimento od il punto d’appoggio sono instabili; - la temperatura, l’umidità o la circolazione dell’aria sono inadeguate. ESIGENZE CONNESSE ALL’ATTIVITA’ L’attività può comportare un rischio tra l’altro dorsolombare se comporta una o più delle seguenti esigenze: - sforzi fisici che sollecitano in particolare la colonna vertebrale, troppo frequenti o troppo

prolungati; - periodo di riposo fisiologico o di recupero insufficiente; - distanze troppo grandi di sollevamento, di abbassamento o di trasporto; - un ritmo imposto da un processo che non può essere modulato dal lavoratore. FATTORI INDIVIDUALI DI RISCHIO Il lavoratore può correre un rischio nei seguenti casi: - inidoneità fisica a svolgere il compito in questione; - indumenti, calzature od altri effetti personali inadeguati portati dal lavoratore; - insufficienza od inadeguatezza delle conoscenze o della formazione.

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PREVENZIONE RUMORE /

ANTINCENDIO

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NORME PER LA PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI SUL LAVORO DESTINATARI DELLE NORME TITOLO I Capo I – DISPOSIZIONI GENERALI (D.Lgs 81/2008) Art. 3.- Campo di applicazione Il presente decreto legislativo prescrive misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro, in tutti i settori di attività privati o pubblici. Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia e dei servizi di protezione civile, le norme del presente decreto sono applicate tenendo conto delle particolari esigenze connesse al servizio espletato e delle attribuzioni loro proprie, individuate con decreto del Ministro competente di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanità e della funzione pubblica. Nei riguardi dei lavoratori di cui alla legge 18 dicembre 1973, n. 877, nonché dei lavoratori con rapporto contrattuale privato di portierato, le norme del presente decreto si applicano nei casi espressamente previsti. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano, compatibilmente con i rispettivi statuti e relative norme di attuazione. Art. 2- Definizioni Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto s’intendono per: 1) lavoratore: persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro,

esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari, con apporto di lavoro subordinato anche speciale. Sono equiparati i soci lavoratori di cooperative o di società, anche di fatto, e gli utenti dei servizi di orientamento o di formazione scolastica, universitaria e professionale avviati presso datori di lavoro per agevolare o per perfezionare le loro scelte professionali. Sono altresì equiparati gli allievi degli istituti di istruzione ed universitari, e i partecipanti a corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, macchine, apparecchi ed attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici;

2) datore di lavoro: qualsiasi persona fisica o giuridica o soggetto pubblico che è titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore e abbia la responsabilità dell’impresa ovvero dello stabilimento;

3) servizio di prevenzione e protezione dai rischi: insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali nell’azienda, in altre parole unità produttiva;

4) medico competente: medico in possesso di uno dei seguenti titoli: a) specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e

psicotecnica o in tossicologia industriale o specializzazione equipollente; b) docenza o libera docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei

lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro;

c) autorizzazione di cui all’art. 55 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277; 5) responsabile del servizio di prevenzione e protezione: persona designata dal

datore di lavoro in possesso di attitudini e capacità adeguate; 6) rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: persona, ovvero persone elette o

designate per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e sicurezza durante il lavoro;

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7) prevenzione: il complesso delle disposizioni o misure adottate o previste in tutte le fasi dell’attività lavorativa per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno;

8) agente: l’agente chimico, fisico o biologico, presente durante il lavoro e potenzialmente dannoso per la salute

Art. 3- Misure generali di tutela. Le misure generali per la protezione della salute e per la sicurezza dei lavoratori sono: • valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza; • eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso

tecnico e, ove ciò non è possibile, loro riduzione al minimo; • riduzione dei rischi alla fonte.

…..Omississ…. Art. 20 Obblighi dei lavoratori. 1) Ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e della propria salute e

di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione ed alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.

2) In particolare i lavoratori: a) osservano le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale; b) utilizzano correttamente i macchinari, le apparecchiature, gli utensili, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e le altre attrezzature di lavoro, nonché i dispositivi di sicurezza; c) utilizzano in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione; d) segnalano immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dispositivi di cui alle lettere b) e c), nonché le altre eventuali condizioni di pericolo di cui vengono a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito delle loro competenze e possibilità, per eliminare o ridurre tali deficienze o pericoli, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza; e) non rimuovono o modificano senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo; f) non compiono di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori; g) si sottopongono ai controlli sanitari previsti nei loro confronti; h) contribuiscono, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento di tutti gli obblighi imposti dall'autorità competente o comunque necessari per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori durante il lavoro.

…….Omississ……

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INTRODUZIONE Con il decreto legislativo 81 del 2008 l’Italia recepisce 8 direttive CEE e 98 articoli in materia di salute, sicurezza ed igiene nei luoghi di lavoro. La legge stabilisce che ciascun lavoratore debba essere formato su:

Rischi connessi all’attività dell’impresa in cui lavora; Misura ed attività di prevenzione adottate; Rischi particolari legati al luogo di lavoro, normative di sicurezza e disposizioni

aziendali in materia; Pericoli connessi all’uso di sostanze e preparati pericolosi; Nominativi del medico competente e del responsabile del servizio di prevenzione; Nominativo del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.

IL SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE La nuova normativa istituisce un servizio di prevenzione e protezione che coinvolge il datore di lavoro, il medico competente, parte del personale ed eventuali consulenti esterni. Questo servizio deve estendere una relazione sui rischi potenziali ed un programma di interventi finalizzati a rendere sicuri gli ambienti di lavoro. Gli addetti al servizio devono essere in grado di percepire in modo corretto i possibili fattori di rischio, valutarli e controllarli. Compito del servizio di prevenzione e protezione è quindi:

L’individuazione e la valutazione dei rischi; L’elaborazione delle misure preventive e protettive; La programmazione della loro attuazione; La formazione e l’informazione dei lavoratori.

L’azienda è tenuta ad elaborare un rapporto che valuti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori presenti all’interno della propria attività. In questo rapporto devono essere presi in esame i luoghi e i relativi posti di lavoro ed i pericoli connessi ad ognuno. Infine si devono definire le possibilità di modifiche che riducano o eliminino i rischi, indicando anche le possibilità di modifica e quali sono le priorità delle misure da attuare.

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PROCEDURE DI PRONTO SOCCORSO, LOTTA ANTINCENDIO ED EVACUAZIONE D’EMERGENZA

I lavoratori devono conoscere le procedure che riguardano il pronto soccorso, la lotta antincendio e l’evacuazione in caso di pericolo. Il datore di lavoro organizza i rapporti con i servizi pubblici competenti e designa i lavoratori incaricati di attuare le misure previste. Inoltre programma gli interventi in modo che i lavoratori, in caso di pericolo grave ed immediato possano mettersi al sicuro. A seconda del numero di lavoratori occupati il datore di lavoro, d’accordo con il medico competente, prende i provvedimenti necessari al pronto soccorso e all’assistenza medica di emergenza. Lo stesso avviene per la prevenzione degli incendi: a seconda del tipo di attività svolta in azienda il datore di lavoro deve adottare le misure necessarie ad evitare incendi e comunque a limitare gli eventuali danni. In caso di pericolo grave e immediato i lavoratori devono poter abbandonare il posto di lavoro in modo rapido. Per questo devono essere prese misure precise che facilitino l’evacuazione ed evitino danni alle persone.

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LE NUOVE FIGURE PROFESSIONALI PREVISTE DAL D. LGS. 81/2008 COMPONENTI DEL SERVIZIO DI PREVENZIONE Il sevizio di prevenzione e protezione è diretto e coordinato da un Responsabile, che può anche essere esterno, e si avvale di dipendenti nominati dal datore di lavoro che, nell’ambito delle loro mansioni abituali, ne fanno parte. Il datore di lavoro nomina poi il coordinatore del servizio antincendio e di pronto soccorso che, oltre a sovrintendere alle operazioni de emergenza deve organizzare lo sfollamento rapido ed ordinato del personale in pericolo. Il coordinatore deve anche fornire tutte le informazioni necessarie ai Vigili del Fuoco o ad altri soccorritori una volta sopraggiunti. IL MEDICO COMPETENTE Il medico competente collabora con il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione all’individuazione dei fattori di rischio di infortunio e alla proposta di contromisure, gestisce il piano di sorveglianza sanitaria ed il servizio di pronto soccorso. Il medico visita gli ambienti di lavoro almeno due volte l’anno, collabora all’attività di formazione e informazione dei lavoratori per la sicurezza partecipa alla riunione periodica di prevenzione e protezione. IL RAPPRESENTANTE DEI LAVORATORI PER LA SICUREZZA Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza viene nominato dai dipendenti dell’azienda e rappresenta e risponde a tutti i lavoratori. Deve essere consultato in materia di sicurezza ed igiene del lavoro. Partecipa alle riunioni periodiche di prevenzione e protezione, ha accesso ai documenti sulla sicurezza ed a tutti i luoghi di lavoro. A questo scopo riceve una formazione mirata sulla sicurezza. RIUNIONE PERIODICA DI PREVENZIONE E PROTEZIONE DAI RISCHI In tutti i luoghi di lavoro con oltre 15 dipendenti, almeno una volta all’anno viene organizzata una riunione per esaminare:

Il documento sulla valutazione dei rischi; L’idoneità dei mezzi di protezione individuale; La completezza dei programmi di informazione e formazione dei lavoratori ai fini

della sicurezza.

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RISCHIO CHIMICO Le vie attraverso le quali gli agenti chimici si possono introdurre nell’organismo sono tre:

Inalazione Penetrazione attraverso la cute o le mucose Ingestione

INALAZIONE E’, questa, la via di introduzione più probabile. Le conseguenze sono funzione della dimensione delle particelle inalate, e si possono limitare ad infezioni delle vie respiratorie superiori – naso, faringe e bronchi – (particelle di dimensioni superiori a 10 micron) oppure raggiungere i polmoni (particelle di dimensioni inferiori a 10 micron). Le particelle con dimensioni inferiori a 0.5 micron non sono trattenute dal sistema respiratorio. PENETRAZIONE ATTRAVERSO LA CUTE E LE MUCOSE In questo caso si possono avere fenomeni di irritazione, dermatiti, ustioni chimiche e contaminazioni. Il contratto interessa la parte del corpo esposta all’agente chimico, ma nel caso di sostanze facilmente assorbite, si possono diffondere nell’organismo umano e dare fenomeni di intossicazione. INGESTIONE L’ingestione può avvenire attraverso l’esposizione ad aria inquinata da polveri o fumi, oppure per contaminazione delle mani o del viso, o del cibo e delle bevande. In questo caso si può avere intossicazione con danni anche gravi.

NORME DI COMPORTAMENTO

Durante l’impiego di agenti chimici occorre osservare alcune fondamentali precauzioni: Analizzare con attenzione la scheda di sicurezza che accompagna l’agente chimico

in uso; Tenere aperti i recipienti contenenti prodotti pericolosi solo per il tempo

strettamente necessario; Osservare le indicazioni riportate sulle etichette; Evitare il travaso di prodotti pericolosi in contenitori non idonei, privi di indicazioni

sul contenuto Scheda di sicurezza: è obbligatoria per tutte le sostanze ed i preparati pericolosi; è fornita dal responsabile dell’immissione sul mercato della sostanza o del preparato pericoloso; essa è strutturata in 16 voci che danno al lavoratore tutte le informazioni di cui necessita per un corretto uso dell’agente chimico pericoloso. Essa deve essere in lingua rigorosamente italiana.

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USO DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE I DPI debbono essere impiegati qualora non sia possibile evitare i rischi o ridurli sufficientemente con mezzi di protezione collettivi.

RISCHIO CHIMICO DPI

Aerosol (polveri, fumi, nebbie) Maschera

Gas, vapori Maschera, indumenti

Liquidi (immersioni, schizzi, proiezioni) Guanti

I DPI devono essere adeguati ai rischi ed all’ambiente di lavoro, e si devono necessariamente adattare al lavoratore.

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IL RUMORE SUONO Ogni giorno siamo sottoposti ad innumerevoli suoni diversi: alcuni piacevoli, lievi, altri fastidiosi o forti. Il suono è costituito da vibrazioni prodotte da un corpo qualsiasi che si propagano nell’aria sotto forma di onde sonore. Caratteristiche del suono sono:

Frequenza: numero di vibrazioni per secondo; l’orecchio umano non è in grado di percepire suoni aventi frequenza inferiore ai 16 hertz (infrasuoni) o superiore a 20.000 hertz (ultrasuoni)

Intensità: è la potenza del suono e dipende dall’ampiezza e dall’altezza delle vibrazioni. Il nostro apparato uditivo è in grado di percepire una gamma di intensità sonore molto ampia: da suoni debolissimi a suoni molto intensi, dal ronzio di una zanzara ad un a esplosione violenta.

Piochè la gamma delle intensità dei suoni è enorme, si usa una scala logaritmica la cui unità di misura è il decibel (dB). Ogni incremento di 10 decibel indica un suono la sui potenza è 10 volte la potenza del suono preso a riferimento; pertanto a 20 decibel corrisponde un suono 100 volte più intenso del primo, a 10 dB 1000 volte più intenso, e così di seguito secondo la seguente tabella: Esistono diverse scale di misura in relazione all’intensità del suono preso a riferimento, la più comune è quella indicata come scala db(A). RUMOROSITA’ AMBIENTALE E’ definito rumore un suono sgradevole e fastidioso. Il rumore no è sempre uguale e costante nel tempo, anzi spesso è caratterizzato da variabilità più o meno accentuate:

Rumore stazionario: livello sonoro costante; Rumore fluttuante: livello sonoro senza brusche cadute di intensità; Rumore intermittente: alternanza brusca di suono e silenzio; Rumore impulsivo: impulsi sonori brevi ripetuti e costanti.

La somma di tutti i rumori presenti è denominata rumorosità ambientale. MISURA DEL RUMORE E’ necessario misurare il livello sonoro ed analizzare le caratteristiche dei rumori presenti, allo scopo di individuare i rischi esistenti per gli operatori e valutare gli interventi per ridurre la rumorosità ambientale. I principali strumenti di misura del rumore sono i seguenti:

Fonometro: rivela l’intensità del rumore in decibel (dB); Spettrometro: rileva la composizione del rumore in frequenze.

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Nella seguente tabella sono riportati alcuni esempi di suoni con la relativa intensità sonora.

Missile, fucine, fonderia 170/180 Mitragliatrice 160

Aereo Jet (in volo) 150/140 Cannone, aereo Jet (a terra)

Campane, aereo ad elica 130

SOGLIA DEL DOLORE Martello pneumatico, sirene,

musica pop, clacson 110

Strada cittadina di grande traffico Officina, treno 100

Motori pesanti, radio e TV ad alto volume, sabbiatrici 90

Tram, sveglia 80 Una automobile, telefono,

telescriventi 70

Voce umana (a toni elevati) 60 Conversazione (a bassa voce),

strada tranquilla 50

Musica in sordina 40 Sussurro 30

Quiete di campagna 20 Stormire di foglie 10

SOGLIA DI UDIBILITA’ UDITO L’apparato uditivo è composto di 3 parti: 1. orecchio esterno 2. orecchio medio 3. orecchio interno 1. L’orecchio esterno è costituito dal padiglione auricolare (chiamato comunemente

orecchio) che raccoglie le onde sonore e dal condotto uditivo che le convoglia sulla membrana del timpano.

2. l’orecchio medio è costituito dalla catena degli ossicini detti martello, incudine e staffa, che vengono messi in vibrazione dal timpano. L’orecchio medio è in comunicazione con la faringe attraverso un piccolo canale: la tromba di Eustacchio.

3. l’orecchio interno è formato dal canale coclearie, a forma di spirale, che riceve gli

stimoli sonori che arrivano alla coclea e trasmettono la stimolazione ricevuta al cervello attraverso il nervo acustico.

Da un efficiente funzionamento di entrambe le orecchie dipendono non solo la capacità di percepire i suoni e la loro provenienza, ma anche il nostro equilibrio e la capacità di orientamento.

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DANNI DA RUMORE I danni da rumore possono essere: fisici e psichici, permanenti o temporanei. Possono cominciare a manifestarsi per esposizioni prolungate a rumori superiori agli 80 dB(A); la soglia di dolore per rumore è 120 Db(A). Il rumore può causare.

Danni all’udito (sordità, permanente o temporanea), Aumento della pressione arteriosa Insonnia Alterazione dei riflessi Disturbi all’apparato digerente

I danni all’udito costituiscono la conseguenza più frequente di esposizioni prolungate a rumori intensi. Si parla di sordità temporanea quando diminuisce la capacità uditiva per un tempo, anche considerevole, dopo la cessazione del rumore; occorre un periodo di completo riposo per il recupero della facoltà dell’udito. Se il riposo non è sufficiente al recupero completo, la sordità si manifesta come diminuzione permanente dell’udito. Infatti, un’esposizione prolungata a rumori intensi sollecita eccessivamente le cellule ciliate, provocandone un continuo affaticamento, sino a determinare la loro distruzione. Il danno è allora irreparabile poiché le cellule ciliate non si rigenerano. La sollecitazione delle cellule ciliate è tanto maggiore quanto maggiori sono il tempo di esposizione e l’intensità del rumore. Altri fattori che possono influire sulla sollecitazione delle cellule sono la frequenza del rumore e la sua tipologia. Rumori impulsivi, caratterizzati cioè da rapidi aumenti e cadute di intensità sonora, sollecitano bruscamente le cellule ciliate. Esiste anche la sordità acuta da trauma, provocata da uno stimolo uditivo intensissimo, quale per esempio uno scoppio. Normalmente colpisce un solo orecchio, quello più esposto all’onda d’urto delle vibrazioni. E’ spesso accompagnata da dolore, stordimento e vertigini. La sordità da rumore non è da confondere con la sordità trasmissiva degli anziani, in cui il nervo, le cellule e la catena degli ossicini subiscono un irrigidimento dovuto all’età, al quale possono supplire in parte gli apparecchi acustici. Nella sordità da rumore, in quanto neurosensoriale, cioè con danno al nervo acustico ed alle cellule ciliate, nessun apparecchio acustico può mitigare il danno subito. La sensibilità dell’udito al danno da rumore è soggettiva; a parità di condizioni di rumorosità si possono trovare individui con livelli di danno all’udito molto differenti. I danni da rumore possono essere favoriti da altri fattori, quali:

L’età Gli ambienti di vita (rumorosità presente negli ambienti extra-lavorativi)

Il sesso (le statistiche rilevano una minore incidenza della sonorità nelle donne9 L’esposizione contemporanea anche a vibrazioni Le sostanze ototossiche (farmaci che possono indebolire le cellule ciliate).

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VALUTAZIONE DEL RISCHIO DA RUMORE Il rilevamento del livello di rumorosità nelle varie postazioni lavorative e la valutazione del rischio da rumore devono essere eseguiti da persone competenti e periodicamente. La rilevazione tiene in considerazione:

Il tempo di esposizione al rumore Il livello di rumore misurato nell’ambiente.

Nella pratica lavorativa è frequente il caso di esposizione a livelli di rumore differenti nelle diverse mansioni di una giornata di lavoro Deve essere allora calcolato il livello di esposizione personale quotidiana, che quantifichi tutte le variazioni. Se il livello di esposizione a rumore supera gli 80 dB(A), è necessario mettere in atto delle misure di prevenzione a seconda del livello di esposizione. La legge stabilisce come livello massimo di esposizione personale quotidiana (Lep) il valore di 90 dB(A), pertanto precise misure devono essere prese per l’abbattimento di rumorosità superiori a questo valore. Così cita l’articolo 40 del D: Lgs. 277/91: “il datore di lavoro procede alla valutazione del rumore durante il lavoro, al fine di identificare i lavoratori e i luoghi di lavoro considerati dai successivi articoli e di attuare le misure preventive e protettive ivi previste.” Per quanto invece attiene alle classi di esposizione, esse sono così definite: 80 – 85 dB(A)

Controllo sanitario facoltativo Informazione sui danni da rumore Informazione sull’uso dei mezzi protettivi individuali

85 – 90 dB(A) Formazione degli addetti all’uso di macchine e utensili rumorosi

oltre 90 dB(A) Obbligo di uso dei mezzi di protezione individuale Obbligo di controllo sanitario periodico

Il rilevamento e la valutazione del rumore, quindi, sono finalizzati a: Individuare l’esposizione al rischio Stabilire azione di prevenzione del rischio

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MISURE DI PREVENZIONE In caso di superamento dei valori limite di esposizione, la legge prevede che vengono individuate misure idonee alla riduzione del livello di esposizione individuale. Tali misure possono essere:

Organizzative (allontanamento dalla sorgente di rumore degli addetti non coinvolti in una lavorazione, limitazione del tempo di esposizione individuale, etc.)

Tecniche (schermatura dei macchinari con pareti fonoassorbenti, utilizzo di silenziatori ove possibile, etc.)

MEZZI INDIVIDUALI DI PROTEZIONE

Nei casi in cui l’esposizione al rumore non può essere ridotta con mezzi tecnici od organizzativi, oppure non è sufficiente ad abbassare l’intensità del rumore al disotto degli 85 dB(A), è obbligo del datore di lavoro fornire i lavoratori di mezzi di protezione acustica individuali. I mezzi di protezione individuali hanno lo scopo di proteggere l’udito creando un ostacolo alla propagazione delle onde sonore all’interno dell’orecchio. L’uso di tali mezzi da parte degli addetti è:

Facoltativo per esposizioni al di sotto dei 90 dB(A) Obbligatorio per esposizioni al di sopra dei 90 dB(A)

I mezzi di protezione individuali devono:

Realizzare una attenuazione del rumore sufficiente ad abbassare il livello di esposizione al di sotto dei 90 dB(A); in caso di rumorosità ambientale intorno ai 100 dB(A), l’attenuazione richiesta al mezzo di protezione è di almeno 10 dB(A)

Essere adatti al singolo lavoratore Consentire una protezione selettiva, permettendo la comunicazione verbale Essere compatibili con altri mezzi protettivi, se necessario Essere scelti con la consultazione degli addetti

Inserti auricolari o tappi Sono protettori acustici che vengono inseriti nell’orecchio esterno e sono costituiti di materiale in fibra che lascia filtrare l’aria e l’umidità. Sono adatti per chi lavora tutto il giorno in ambiente rumoroso e per chi deve indossare altri mezzi protettivi (elmetti, visiere). Sono sconsigliati a chi è predisposto ad infiammazioni al canale uditivo. Realizzano una attenuazione del rumore tra i 10 e i 40 dB(A), in relazione alla frequenza del suono. Sono in commercio due tipi di inserti auricolari:

Mono-uso: danno garanzia di igiene Riutilizzabili: devono essere lavati ogni volta che vengono usati e devono essere

disponibili in varie misure per realizzare un buon adattamento alla conformazione dei singoli individui

Per evitare infiammazioni, i tappi devono essere inseriti nel canale uditivo con le mani molto pulite.

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Cuffie Sono protettori auricolari che si adattano all’orecchio esterno e devono aderire perfettamente per garantire una buona protezione. Sono ottimi protettori acustici, attenuano il rumore da 20 a 40 dB(A) e sono utilizzate negli ambienti ad alta rumorosità. Si indossano con più facilità rispetto agli inserti auricolari e, pertanto, sono più indicate per esposizioni discontinue al rumore. Sono però mai tollerate in ambienti molto caldi. Se gli auricolari delle cuffie sono usurati o induriti, o comunque in condizioni non perfette, lasciano filtrare il rumore e perdono di efficienza. In questo caso gli auricolari devono essere sostituiti. Le cuffie possono essere munite di apparecchio ricetrasmittente per comunicazioni verbali con altri operatori. Tolleranza all’uso dei mezzi di protezione auricolare I mezzi di protezione dell’udito sono spesso utilizzati poco e con fastidio. Sono considerati “sgradevoli, ingombranti” e “causa di cattiva comunicazione e di senso di isolamento”. E’ indispensabile acquisire una graduale tolleranza ai mezzi individuali di protezione: i disturbi ed i fastidi iniziali si attenuano progressivamente. Un periodo di adattamento di alcuni giorni è normalmente sufficiente a sviluppare una tolleranza ai mezzi di protezione auricolare e ad acquisire fiducia nella loro azione di prevenzione dei danni all’udito che, lo ricordiamo, possono essere irreversibili. Controllo sanitario Il controllo sanitario, preventivo e poi periodico, è:

Facoltativo per i lavoratori la cui esposizione personale quotidiana è inferiore agli 85 dB(A)

Obbligatorio per i lavoratori la cui esposizione quotidiana è superiore agli 85 dB(A). Il controllo sanitario prevede una visita medica che accerti lo stato generale di salute del lavoratore e una visita otoscopia con esame audiometrico per verificare lo stato della funzione uditiva. L’otoscopia, esame dell’orecchio esterno, permette di accertare le condizioni del condotto uditivo e della membrana del timpano. L’esame audiometrico rileva eventuali perdite di capacità uditiva. Norme di comportamento Norme di comportamento degli addetti per la difesa dal rumore:

Non rimuovere ripari, protezioni e in sonorizzazioni di macchine specifiche Azionare i macchinari solo con le in sonorizzazioni chiuse Evitare di produrre rumori inutili Ridurre le operazioni rumorose al minimo indispensabile Utilizzare i mezzi di protezione individuali Fare sempre uso dei mezzi protettivi individuali in caso di esposizioni oltre 85 dB(A) Non accedere nelle aree segnalate per elevata rumorosità se non è previsto dalla

propria mansione e se non è necessario Richiedere la sostituzione dei mezzi protettivi deteriorati Usare esclusivamente i mezzi di protezione forniti dall’azienda

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Non variare parametri specifici per accelerare le lavorazioni (velocità delle macchine, pressione dell’aria compressa, etc.)

Segnalare eventuali condizioni di pericolo rilevate. Glossario Decibel (dB): unità di misura dell’intensità del suono; Esame audiometrico: controllo della capacità di udire i suoni eseguito con strumentazione specifica Ipoacusia: diminuzione della capacità uditiva Hertz: unita di misura della frequenza del suono Oroscopia: esame medico dell’orecchio esterno Soglia del dolore: grado minimo di intensità di stimolo nervoso capace di provocare una sensazione dolorosa; per lo stimolo uditivo la soglia del dolore è 120 dB(A).

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SEGNALETICA DI SICUREZZA Scopo della segnaletica di sicurezza è di attivare, mediante un colore o un segnale che trasmette un messaggio di sicurezza, l’attenzione dell’operatore su un determinato oggetto ed una determinata situazione che può provocare determinati pericoli. La segnaletica di sicurezza ha “la funzione di ammonire costantemente i lavoratori e di costruire, quindi, un utile stimolo dell’attenzione e delle capacità di autocontrollo dei medesimi”. In ogni caso la segnaletica di sicurezza non può e non deve in alcun modo sostituire le necessarie misure di sicurezza. In alcuni casi specifici l’affissione di tali cartelli è richiamata dalle vigenti norme di legge. La segnaletica di sicurezza nell’ambito aziendale può essere realizzata principalmente mediante:

cartelli di sicurezza e antincendio, di divieto, di avvertimento di pericolo, di obbligo, ammonitori figurati, di prescrizione, di informazione, di salvataggio ecc.;

colorazioni di sicurezza; contrassegni di tubazioni, cavi elettrici, bombole gas compressi, ecc.; etichette; segnaletica stradale.

Con il D.P.R. 8 giugno 1982 n.524 è stata disciplinata la segnaletica di sicurezza sul posto di lavoro. Esso definisce il significato e l’impiego dei colori di sicurezza e il significato, l’aspetto e la forma dei segnali di sicurezza. Per i 26 casi di situazioni di pericolo e informazioni contemplate, i segnali di divieto, avvertimento, prescrizione e salvataggio da impiegare sono tassativamente indicati dall’allegato II del citato decreto, nei casi non contemplati i criteri da impiegare nella scelta della segnaletica di sicurezza sono comunque quelli definiti negli allegati al D.P.R. Scopo della recente normativa, che trae origine dalle direttive CEE in argomento, è quello di realizzare una effettiva unificazione, su base europea, della segnaletica di sicurezza. Fermo restando che nei 26 casi previsti dal D.P.R. 524/1982 i segnali da adottare sono quelli ivi indicati, negli altri casi attenendosi comunque per forma, colore, aspetto e significato agli allegati si può fare riferimento alle normative di buona tecnica quali le norme UNI (segni grafici, colorazioni di sicurezza), alle norme CEI ed alle tabelle UNEL (colori e segni grafici per apparecchiature elettriche ed elementi di impianti elettrici). Nei casi non previsti, che spesso si presentano nella realtà produttiva, simboli o testi (rispettando comunque forma e colori normalizzati) possono essere studiati a livello aziendale rifacendosi ai criteri generali.

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CARTELLI Divieto di arresto: forma circolare con fondo bianco, bordo rosso e colore del simbolo nero (vieta un comportamento dal quale può risultare un pericolo. (Esempio: indicazioni di divieto di accesso, non fumare ecc.). Prescrizione: forma circolare con fondo azzurro e colore del simbolo bianco (prescrive un determinato comportamento. (Esempio: obbligo di usare speciali mezzi di protezione quali occhiali, elmetti, protettori acustici, guanti, scarpe di sicurezza ecc.). Avvertimento: forma triangolare con fondo giallo, bordo nero e colore del simbolo nero (avvisa della presenza di un pericolo. (Esempio: indicazioni di pericolo, esplosione, alta tensione, radiazioni, agenti chimici ecc.). Quando in un ambiente di lavoro sono presenti rischi che non possono essere evitati o sufficientemente limitati con misure, metodi, o sistemi di organizzazione del lavoro, o con mezzi di protezione collettiva, il datore di lavoro deve far ricorso alla segnaletica di sicurezza allo scopo di:

avvertire di un rischio o di un pericolo vietare comportamenti che potrebbero causare pericolo prescrivere determinati comportamenti ai fini della sicurezza fornire indicazioni relative alle uscite di sicurezza o ai mezzi di soccorso o di

salvataggio fornire altre indicazioni in materia di prevenzione e sicurezza

La finalità della segnaletica di sicurezza consiste nell’attirare rapidamente e chiaramente l’attenzione su eventuali oggetti e situazioni che comportano rischi o che possono dare origine a pericoli. TIPI DI SEGNALETICA La segnaletica deve essere permanente per indicare:

Un’interdizione; Un avvertimento; Un obbligo; Gli strumenti di salvataggio o di soccorso; Le attrezzature antincendio; Segnalare la presenza di recipienti e di tubazioni; I rischi di urti o cadute; Le vie di circolazione.

Deve essere occasionale per: Segnalare eventi pericolosi; Chiedere l’intervento di determinate persone (pompieri, infermieri, ecc.); L’evacuazione d’urgenza; Fornire istruzioni ai lavoratori che effettuano manovre.

INTERCAMBIABILITÀ E COMPLEMENTARITÀ DELLA SEGNALETICA A parità di efficacia si dovrà scegliere fra:

Un colore di sicurezza o un pittogramma per segnalare la presenza di rischi (ad esempio ostacoli alla deambulazione);

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Segnali luminosi, acustici o comunicazioni verbali; Una comunicazione verbale o un segnale gestuale (per farsi intendere a distanza

notevole). Diversi tipi di segnaletica possono essere utilizzati congiuntamente:

Segnale luminoso e segnale acustico: faro, lampada, sirena luminosa, clacson, ecc.;

Segnale luminoso e comunicazione verbale: voce umana (altoparlanti) o sintesi vocale;

Segnale gestuale e comunicazione verbale: movimento delle braccia e delle mani per fornire istruzioni ai lavoratori nel corso di manovre pericolose.

COLORE SIGNIFICATO O SCOPO INDICAZIONI E PRECISAZIONI

ROSSO

Segnale di divieto Atteggiamenti pericolosi

Pericolo - allarme Stop, arresto, dispositivi di interruzione d’emergenza

Materiali e attrezzature antincendio Identificazione e ubicazione

GIALLO O GIALLO ARANCIO Segnale di avvertimento Attenzione, cautela

Verifica

AZZURRO Segnale di prescrizione

Comportamento o azione specifica

Obbligo di portare un mezzo di sicurezza individuale

VERDE

Segnale di salvataggio o di soccorso

Porte, uscite, percorsi, materiali, postazioni, locali

Situazione di sicurezza Ristabilimento delle condizioni normali

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ILLUMINAZIONE DI SICUREZZA L'impianto di illuminazione di sicurezza deve fornire, in caso di mancata erogazione della fornitura principale dell'energia elettrica e quindi di luce artificiale, una illuminazione sufficiente a permettere di evacuare in sicurezza i locali. Dovranno pertanto essere illuminate le indicazioni delle porte e delle uscite di sicurezza, i segnali indicanti le vie di esodo, i corridoi e tutte quelle parti che è necessario percorrere per raggiungere un'uscita verso luogo sicuro. E' opportuno, per quanto possibile, che le lampade ed i segnali luminosi dell'impianto luci di sicurezza non siano posizionati in alto in quanto la presenza di fumo ne potrebbe ridurre la visibilità in maniera drastica sin dai primi momenti . L'impianto deve essere alimentato da una adeguata fonte di energia quali batterie tampone o batterie di accumulatori con dispositivo per la ricarica automatica, oppure da idoneo gruppo elettrogeno; l'intervento dovrà comunque avvenire in automatico, in caso di mancanza della fornitura principale dell'energia elettrica, entro 5 secondi circa.

Esempio di illuminazione di sicurezza

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ELETTRICITA’ Gli effetti del passaggio della corrente elettrica nel corpo umano sono derivati da un ampio studio basato su osservazioni cliniche, ricerche bibliografiche ed esperimenti effettuati su animali, persone defunte e, in qualche caso, con correnti di breve durata, su persone vive consenzienti. In particolare sono stati studiati gli effetti sul corpo umano dell’intensità della corrente elettrica anche in funzione della sua durata, del suo percorso all’interno del corpo, delle caratteristiche elettriche dei tessuti interessati al passaggio della corrente e della forma dell’onda. In queste note si farà riferimento esclusivamente ai rischi che possono derivare dall’uso di macchine ed impianti elettrici sui posti di lavoro tenuto conto delle caratteristiche dell’energia elettrica usata in Italia.

EFFETTI SULLA SALUTE I movimenti muscolari del corpo sono originati da impulsi elettrici generati dal cervello. I muscoli, stimolati da questi impulsi, reagiscono contraendosi; al di là di una visione meccanicistica del corpo, tutta la possibilità di movimento dell’uomo è correlata con la capacità fine che hanno i muscoli di reagire agli stimoli provenienti dal cervello.

la contrazione muscolare Le fasce muscolari, quando vengono interessate da correnti che hanno origine da sorgenti esterne al corpo, ad esempio quando si prende la “scossa”, si contraggono obbedendo anche ad esse; se la corrente “esterna” è più intensa di quella “interna” possono ingenerarsi situazioni di pericolo e le conseguenze, sul corpo umano, possono essere le più varie. La contrazione muscolare è quel fenomeno per cui i muscoli, se attraversati dalla corrente, s’irrigidiscono. In sintesi si può dire che quando le correnti sono di modesta intensità i muscoli maggiormente interessati alla contrazione sono quelli posti in prossimità del punto di ingresso della corrente. Se l’ingresso della corrente elettrica avviene attraverso una mano, come normalmente succede, la contrattura dei muscoli fa stringere la mano sull’elemento in tensione (tetanizzazione). L’infortunato, pur nella consapevolezza del rischio corso, non riesce a fare nulla per distaccarsi dalla parte in tensione. Quando si è investiti da correnti elevate, invece, tutti i muscoli, normalmente anche quelli più lontani, vengono interessati al fenomeno; fra questi anche quelli delle fasce lombari e delle cosce (eccitazione motoria). La contrazione dei muscoli degli arti inferiori comporta violenti movimenti involontari che possono causare salti dell’infortunato con caduta lontano dal punto di contatto.

l’arresto respiratorio L’arresto viene provocato dall’entrata in circolazione dei muscoli respiratori (diaframmatici, intercostali, pettorali) con conseguente paralisi della gabbia toracica ed impedimento dei normali movimenti respiratori. In questi casi si presentano fenomeni di asfissia con progressivo impoverimento dell’ossigeno presente nei polmoni e comparsa di cianosi. Le conseguenze possono arrivare fino alla perdita di coscienza e, nei casi più gravi, alla morte dell’infortunato.

l’arresto cardiaco Per comprendere il fenomeno occorre ricordare che il muscolo cardiaco si contrae ritmicamente sostenendo, in tal maniera, la circolazione del sangue nel corpo; banalizzando il discorso si può dire che il cuore si comporta come se fosse un motore. A

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differenza degli altri muscoli che vengono stimolati dall’attività elettrica del cervello, la contrazione dei muscoli cardiaci è provocata dal cuore stesso. Quando per un motivo qualsiasi si guasta e non è più in grado di elaborare gli stimoli elettrici necessari, il cuore si ferma e la circolazione del sangue nel corpo si arresta con tutte le gravi conseguenze che ne derivano. Si comprende facilmente come un passaggio di una corrente elettrica esterna, andando a sovrapporsi all’attività elettrica propria del cuore, getti le fasce muscolari cardiache in uno stato di confusione impedendo loro di svolgere la propria funzione.

le ustioni Alla stregua di qualsiasi circuito elettrico anche il corpo umano quando viene attraversato dalla corrente si riscalda; se la qualità di calore sviluppata è molto alta possono aversi bruciature nei tessuti attraversati dalla corrente. E’ il famoso effetto Joule. La quantità di calore sviluppato è direttamente proporzionale all’intensità di corrente che attraversa il corpo, alla sua resistenza ed alla durata del fenomeno. La parte del corpo umano maggiormente interessato a questo fenomeno è la pelle. Ma quando le intensità di corrente sono molto alte si possono verificare ustioni profonde in molti tessuti e possono essere danneggiati interi arti (braccia, spalle, arti inferiori, ecc.). Le ustioni possono essere causate anche da archi provocati da scariche elettriche prodotte da apparecchiature sotto tensione. Particolarmente pericolosi sono gli archi provenienti da apparecchiature elettriche alimentate in alta tensione.

I PRINCIPI DELLA PREVENZIONE

I rischi connessi con l’uso dell’energia elettrica sono essenzialmente: Rischi dovuti a contatti elettrici diretti: sono quelli derivati da contatti con elementi

normalmente in tensione (ad esempio l’alveolo di una presa, un conduttore nudo, ecc.); Rischi dovuti a contatti elettrici indiretti: sono quelli derivati da contatti che avvengono

con elementi finiti sotto tensione a causa del guasto (ad esempio la scossa presa quando si apre un frigorifero o si tocca un tornio o una qualsiasi altra macchina);

Rischi di incendio dovuti a cortocircuiti o sovracorrenti; Rischi di esplosione: sono quelli dovuti al funzionamento degli impianti elettrici installati

in ambienti particolari nei quali è possibile la presenza di miscele esplosive (ad esempio nelle raffinerie, industrie chimiche, in talune centrali termiche funzionanti a gas, nei mulini, ecc.).

Tutti questi rischi sono stati studiati e la prevenzione degli infortuni in questi casi si basa sull’uso di macchine ed impianti realizzati a regola d’arte, su una loro adeguata manutenzione e su un loro uso corretto.

GLI IMPIANTI E LE MACCHINE

Per legge le norme CEI forniscono una presunzione assoluta, anche se non esclusiva, di regola d’arte e quindi le apparecchiature e gli impianti realizzati e mantenuti secondo le indicazioni delle norme CEI sono da considerare sicuri. Gli impianti, inoltre, devono essere realizzati secondo i principi individuati dalla legge 46/90; in particolare devono essere:

realizzati da ditte iscritte nell’apposito albo delle imprese artigiane o nel registro delle ditte presso le Camere di Commercio;

progettati a partire dai limiti previsti dalla legislazione vigente; realizzati secondo le norme CEI o normativa equivalente;

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realizzati con materiali anch’essi realizzati a regola d’arte; verificati ai fini della sicurezza e funzionalità; forniti di dichiarazione di conformità rilasciata dall’installatore completa di tutti gli

allegati obbligatori. Per quanto riguarda le macchine o i componenti elettrici non è ammesso l’uso di apparecchiature “anonime” per le quali non sia possibile risalire al costruttore. In particolare ogni componente elettrico deve essere fornito degli elementi che lo identificato compiutamente (targa del costruttore, contrassegni, marcature o marchi, libretti di manutenzione ed uso, ecc.).

LA MANUTENZIONE

Al fine di evitare rischi connessi con l’uso di apparecchiature rotte o deteriorate occorre controllare periodicamente lo stato di conservazione delle attrezzature che si usano segnalando al servizio di manutenzione la loro sostituzione o riparazione. L’uso di componenti elettrici deteriorati (cavi spellati, custodie rotte, connessioni elettriche approssimate, prese a spina spaccate, ecc.) fa aumentare considerevolmente il rischio di contatti elettrici.

USI IMPROPRI

Particolare cura deve essere posta nell’uso proprio di apparecchiature elettriche. Un impianto o un apparecchio elettrico anche ben costruiti possono diventare pericolosi se utilizzati o conservati in maniera impropria. Valgono le seguenti avvertenze:

non effettuare mai riparazioni sugli impianti elettrici o sulle macchine se non si è in possesso delle caratteristiche di professionalità previste dalla legislazione vigente. Un impianto elettrico o una apparecchiatura nati sicuri possono, per errata riparazione, diventare pericolosi. Inoltre la manomissione di un impianto o di un componente fa perdere agli stessi la garanzia del costruttore;

non utilizzare componenti non conformi alle norme. Tutta la sicurezza di un

impianto finisce quando si usano utilizzatori elettrici (ad esempio spine, adattatori, prese multiple, prolunghe, lampade portatili, ecc.) non rispondenti alle norme;

non utilizzare componenti elettrici o macchine per scopi non previsti dal costruttore. In questi casi l’uso improprio del componente può ingenerare situazioni di rischio, elettrico o meccanico, non previsti all’atto della sua costruzione;

non usare apparecchiature elettriche in condizioni di rischio elettrico accresciuto (ad esempio con le mani bagnate, con i piedi immersi nell’acqua o in ambienti umidi). In questi casi possono diventare pericolose anche tensioni abitualmente non pericolose;

non lasciare apparecchiature elettriche (cavi, prolunghe, trapani, ecc.) abbandonate sulle vie di transito. In questi casi, oltre ad essere occasione di inciampo e di caduta di persone, i componenti sono soggetti a deterioramento meccanico non previsto dal costruttore con conseguenti situazioni di rischio.

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L’INCENDIO E LA PREVENZIONE INCENDI Spendiamo quindi alcune parole per ricordare l’importanza della prevenzione degli incendi e della sua costante attuazione a quanti operano nel settore della Gestione dell’emergenza, poiché sarà loro preciso compito promuovere e verificare nei luoghi di lavoro, l’osservanza da parte di tutti delle regole prestabilite. Fare prevenzione significa principalmente conoscere e non sottovalutare i potenziali pericoli e osservare con attenzione le regole comportamentali di sicurezza. Per gli “addetti ai lavori”, vuol dire anche curare la progettazione, l’organizzazione, la gestione e il controllo periodico dei luoghi di lavoro e dei mezzi di rilevamento ed estinzione incendi. L’osservanza delle regole comportamentali limita fortemente la probabilità di innescare l’incendio. Ve ne indichiamo alcune: ♦ non abbandonare mozziconi di sigaretta; ♦ fornelli accesi; ♦ saldatrici elettriche o a gas in attività; ♦ cuscinetti meccanici surriscaldati; ♦ combustione spontanea; ♦ cortocircuiti elettrici; ♦ non utilizzare attrezzature a fiamma libera in modo scorretto; ♦ non abbandonare stracci imbevuti di oli, solventi, benzine in luoghi pericolosi; ♦ pulire da depositi oleosi e dalle polveri combustibili le superfici dei locali e dei

macchinari; ♦ riporre i materiali combustibili, specialmente se liquidi infiammabili, nelle aree

attrezzate a tale scopo.

Ricordiamo inoltre che l’ordine e la pulizia degli ambienti di lavoro in genere sono condizioni indispensabili per migliorare la sicurezza anche dal punto di vista igienico e

infortunistico.

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COME SI SVILUPPA UN INCENDIO Le fonti di innesco di un incendio possono agire sia direttamente sia indirettamente. L’accensione può avvenire anche in modo spontaneo (come risultato finale di una reazione chimica). Elenchiamo di seguito le principali fonti di innesco: Ignizione diretta: è la più comune. Avviene quando una miscela di combustibile ed ossigeno, compresa nella banda di infiammabilità, viene in contatto con una scintilla, una fiamma libera, un mozzicone di sigaretta, archi elettrici, scariche elettrostatiche, scintille provenienti da altri incendi. Ignizione indiretta: può succedere che il calore necessario ad innescare un incendio possa essere trasmesso indirettamente per convenzione, irraggiamento e conduzione. Attrito: ha come effetto la produzione di calore. In condizioni particolari può essere sufficiente a provocare un incendio. Autoriscaldamento: è la classica autocombustione, in cui il calore necessario ad innescare l’incendio, proviene dal materiale stesso. Talvolta si abusa di questa causa di innesco (incendio di boschi) trascurando la più probabile origine dolosa del fuoco. I PRINCIPI DI INTERVENTO Ricapitolando quanto abbiamo sinora detto, possiamo affermare che affinchè un fuoco abbia inizio e quindi il combustibile incendiato continui a bruciare, devono sussistere contemporaneamente le tre seguenti condizioni:

PRESENZA DI COMBUSTIBILE

PRESENZA DI COMBURENTE (p.e. ossigeno)

PRESENZA DI CALORE Quando la combustione è avviata, essa si alimenta del suo stesso calore. Una qualsiasi azione estinguente tende a rompere il triangolo del fuoco facendo in modo che uno dei tre elementi chiave venga a trovarsi separato dagli altri. Le varie azioni di intervento possono essere raggruppate essenzialmente in operazioni di: SEPARAZIONE: si può intervenire sul combustibile separando la sostanza che sta bruciando dalla parte restante e non ancora investita dalle fiamme; questo è il normale lavoro da effettuare in un bosco durante un incendio e cioè si crea, tagliando, una fascia libera da alberi per cui quando l’incendio arriva in quel punto non trova materiale per alimentarsi e si spegne da solo.

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SOFFOCAMENTO: il classico esempio è mettere sopra ad una candela accesa un bicchiere capovolto; dopo qualche secondo la fiamma della candela si spegnerà perché il comburente, e cioè l’ossigeno, sarà esaurito all’interno del bicchiere.

RAFFREDDAMENTO: si può agire anche sulla temperatura raffreddando il materiale combustibile cercando di portarlo al di sotto della sua temperatura di accensione; è il secchio d’acqua versato su di un falò.

LE CLASSI DEL FUOCO Come abbiamo visto in precedenza, le sostanze contenute negli estintori sono diverse a seconda delle diverse classi del fuoco definite dalla normativa vigente e pertanto la scelta di queste attrezzature sarà in funzione del tipo di combustibile da spegnere. Sarà infatti il tipo di combustibile che alimenta l’incendio a determinare la classificazione del fuoco come vediamo di seguito: Classe A: da combustibili solidi comuni come legno, carta, stoffe, plastica, ecc. Classe B: da combustibili liquidi come benzina, cherosene, alcool, olio combustibile, ecc. Classe C: da combustibili gassosi come metano, propano, idrogeno, ecc. Classe D: da combustibili solidi particolari, generalmente metalli come magnesio, potassio,

sodio, ecc. Classe E: da apparecchiature elettriche in tensione come motori, trasformatori,

condensatori, ecc. (in assenza di tensione elettrica questi materiali si collocano nelle classi precedenti).

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I MEZZI DI ESTINZIONE Un estintore è un apparecchio contenente un agente estinguente che viene proiettato e diretto su di un fuoco sotto l’azione di una pressione interna. Un estintore dicesi portatile se è concepito per essere portato ed utilizzato a mano e se, a pieno carico, ha un peso non superiore a 20 kg. E’ generalmente costituito da un involucro cilindrico di lamiera, verniciato esternamente di rosso e su cui sono riportate le norme di impiego. Nei casi in cui l’estintore contenga come mezzo estinguente un gas in pressione (come ad esempio gli estintori ad anidride carbonica), esso avrà l’ogiva colorata secondo le prescrizioni di legge. L’organo di azionamento di un estintore è, di solito, situato sulla parte superiore dell’estintore stesso. Tale organo è munito di una sicura per evitare qualsiasi azionamento accidentale. La sicura è sigillata (per es. a mezzo di filo metallico provvisto di piombino) per segnalare se l’estintore è stato usato in precedenza. La semplicità d’uso è di primaria importanza e sarebbe desiderabile che un’azienda si orienti sull’installazione di estintori aventi tutti lo stesso sistema di messa in funzione. L’ubicazione degli estintori deve essere tale da porli bene in evidenza e da renderli facilmente raggiungibili. In generale è consigliabile che gli estintori vengano disposti nelle immediate vicinanze delle uscite dei locali, nonché in prossimità delle zone in cui si ha rischio specifico di incendio. Un estintore è designato dall’agente estinguente che contiene.

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Gli estintore attualmente si dividono in:

Estintori a polvere Estintori ad anidride carbonica (CO2) Estinori ad idrocarburi alogenati (halon)

Tutti gli estintori portatili devono essere di tipo approvato dal Minsteri dell’interno. Gli estintori vanno tenuti in costante osservazione onde assicurare la piena efficienza. E’ obbligatoria la verifica semestrale da parte di personale esperto. L’uso degli estintori deve essere riservato a personale adeguatamente addestrato. Gli estintori portatili variano da un contenuto minimo di 500 grammi di estinguente a 10 kg. Per maggiori prestazioni vengono realizzate apparecchiature, poste su ruote, capaci di 25, 50 e 100 kg. La teoria insegna e la pratica conferma che lo spegnimento dell’incendio è proporzionale soprattutto alla potenza di intervento. Una secchiata d’acqua riesce a fermare la combustione di un braciere più che 200 litri versati goccia a goccia. L’azione di un estintore di grande potenzialità si rivela pertanto molto più efficace di molteplici piccoli interventi di portatili incapaci di portare a termine in modo completo e decisivo l’estinzione del focolaio. ESTINTORI A POLVERE In relazione al sistema di contenimento del gas propellente essi si suddividono in:

Estintori in cui polvere e gas sono contenuti nello stesso recipiente Estintori in cui il gas è contenuto in una bombolina interna al recipiente principale

L’estintore a polvere si aziona:

Agendo sulla valvola di erogazione Dirigendo il getto tramite la manichetta sull’incendio Mantenendosi sopravento (se all’aperto) Coprendo in modo costante la superficie dell’incendio

ESTINTORI AD ANIDRIDE CARBONICA L’estintore a CO2 è costituito da una bombola contenente anidride carbonica liquefatta che la riempie fino ad un certo livello, al di sopra del quale si ha CO2 allo stato gassoso a pressione di 50-80 atm, a seconda della temperatura ambientale. Sulla sommità della bombola è montata una valvola con comando a leva che permetterà la fuoriscita del getto di CO2 liquido che passerà istantaneamente allo stato gassoso e che sarà diretto sulle fiamme a mezzo di un diffusore a cono di materiale isolante. Gli estintori a CO2 sono collaudati ad una pressione di 250 bar e sono muniti di una valvola di sicurezza a disco per evitare sovrapressioni e scoppi. Anche gli estintori a CO2 vanno verificati almeno ogni 6 mesi. Il controllo si effettua confrontando il peso dell’estintore da verificare con quello risultante dalla sommatoria dei seguenti pesi parziali: pesi della bombola e della carica massima (stampigliati sul logiva), peso della valvola (stampigliato sulla valvola stessa). La differenza indicherà il peso della CO2 mancante per il completo riempimento dell’estintore. ESTINTORI AD IDROCARBURI ALOGENATI Dal punto di vista costruttivo valgono le considerazioni esposte per gli estintori a polvere. La differenza sostanziale consiste nell’ugello avente, in questo caso, conformazione particolare al fine di ottenere una buona gettata.

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Sezioni schematizzate di tipologie di estintori

Estintore carrellato a polvere di 50 kg

Gli estintori omologati, che sono gli unici che possono essere venduti ed usati, riportano stampigliate le classi di incendio per le quali devono essere usati; tale indicazione quindi va controllata al momento dell’acquisto per la corretta scelta degli stessi e successivamente al momento del loro impiego.

Ricordiamo quindi una regola molto importante: ad ogni diverso tipo di incendio il suo estinguente!!! I vantaggi che derivano dal rispetto di questa norma sono: ♦ Maggior efficacia dell’azione estinguente ♦ Evitare inutile spreco di estinguente e di energie ♦ Evitare di peggiorare la situazione ♦ Salvaguardare la sicurezza di chi opera In prossimità di ciascun estintore va esposto un cartello indicatore allo scopo di poter rilevare facilmente l’ubicazione degli stessi e la loro eventuale mancanza onde provvedere alla loro rimessa in posto. Il cartello deve essere numerato, così come l’estintore. A norma dell’art.34 del D.P.R. 27 aprile 1955 n°547, sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, i mezzi di estinzione devono essere mantenuti in efficienza e controllati almeno una volta ogni sei mesi da personale esperto.

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IMPIANTI ANTINCENDIO FISSI

Attacco VV.F. Idrante

L’impianto antincendio più comune è costituito dalla rete idrica tramite tubazioni interrate, chiuse ad anello e valvolate, dalla quale si derivano stacchi per idranti, bocche antincendio a muro e naspi. Gli idranti possono essere:

Del tipo a muro con manichette e lancia già montate in apposite cassette Del tipo sottosuolo o a colonna fuori terra, per depositi o industrie di grosse dimensioni,

in posizione esterna al fabbricato Naspi costituiti da un sistema con giunti girevoli dotati di tubazioni di gomma.

Rispetto all’idrante a muro il naspo presenta i seguenti vantaggi:

Può essere disteso solo per la lunghezza necessaria, con più rapidità e minore ingombro

Può essere azionato direttamente dall’operatore all’estremità del tubo aprendo il rubinetto e mettendo la lancia nella posizione desiderata.

Di contro ha:

Minore portata Distanza di erogazione minore

Esempio di manichette per idranti e lance

per idranti e naspi

ATTENZIONE !!!

Il focolaio appena estinto non va mai abbandonato se non dopo un periodo di tempo tale che il suo riaccendersi sia impossibile.

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TABELLA DEGLI ESTINGUENTI

Natura incendio

Acqua a

getto pienoAcqua

nebulizzata Schiuma Polvere CO2 Halons e

loro sostituti

Materiali solidi comuni Carta,legno,tessuti Si Si Si Si Si Si

Liquidi infiammabili più leggeri dell’acqua Benzine,oli,vernici No Si Si Si Si Si

Liquidi infiammabili più pesanti dell’acqua Alcoli,acetoni, acido, acetico Si Si Si Si Si Si

Sostanze comburenti Nitrati, clorati No No No No No Si

Sostanze reagenti con l’acqua Sodio,potassi,acidi forti No No No Si No No

Gas infiammabili Metano,gpl,etilene No Si No Si Si Si

Apparecchiature elettriche in tensione Motori, trasformatori No No No Si Si Si

Casi particolari Documenti, apparecchi delicati No No No Si Si Si

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Materiale Informativo – Primo Soccorso – pag. 1

PRIMO SOCCORSO

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Materiale Informativo – Primo Soccorso – pag. 2

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Materiale Informativo – Primo Soccorso – pag. 3

MISURE GENERALI

• Valutazione dei rischi

• Eliminazione dei rischi al minimo

• Utilizzo al minimo di agenti chimici, fisici e biologici sui luoghi di lavoro

• Misure di protezione collettive e individuali

• Misure di emergenza in caso di pronto soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori

• Uso di segnali di avvertimento e di sicurezza

• Manutenzione regolare degli ambienti e delle attrezzature

• Informazione e formazione. Finalità del pronto soccorso

- Essere in grado di prestare un primo soccorso per salvare la vita dell’infortunato e prevenire complicanze

- EVITARE DANNI ALLA VITTIMA

- Evitare manovre terapeutiche di stretta competenza medica o di personale abilitato

- Essere in grado di fornire informazioni efficaci al personale sanitario contattato. Regole da applicare in caso di infortunio o malore

- MANTENERE LA CALMA

- Non spostare la vittima a meno che non ci siano pericoli immediati, in ogni caso utilizzare se si è in grado accorgimenti per non rischiare in prima persona

- Accertarsi delle condizioni vitali della vittima: stato di coscienza, polso, respiro

- Rassicurare l’infortunato

- Saper riconoscere la gravità dell’accaduto e contattare l’Emergenza sanitaria(118).

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Materiale Informativo – Primo Soccorso – pag. 4

I. PRIMO SOCCORSO E’ l’insieme delle prestazioni atte ad evitare l’aggravamento dell’infortunato, a migliorare il suo momentaneo stato di infortunio o di malattia e al limite a salvargli la vita, in attesa di interventi più qualificati. In caso di imminente pericolo di vita (es. grave emorragia, asfissia, etc.), la prima cosa da fare è: CHIAMARE IL PRONTO SOCCORSO IMPORTANTE: − Specificare l’indirizzo esatto dell’azienda o la località dove ci si trova con l’infortunato − Spiegare cosa è successo − Indicare quante persone sono state coinvolte nell’incidente − Chiedere consigli riguardo l’attuazione del primo soccorso − NON ABBASSARE MAI IL RICEVITORE PER PRIMI !! PRATICARE IL PRIMO SOCCORSO ACCOMPAGNARE AL PIU’ PRESTO L’INFORTUNATO AL PRONTO SOCCORSO DELL’OSPEDALE SE L’INFORTUNATO PUO’ ESSERE SPOSTATO (in caso contrario aspettare l’ambulanza)

ERRORE DA EVITARE PRENDERE INIZIATIVE AVVENTATE CHE POSSANO PEGGIORARE LA SITUAZIONE

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II. PRIMO SOCCORSO IN CASO DI EMORRAGIA GRAVE: Il sangue fuoriesce da piccole arterie o da grandi vene in modo copioso − Tamponamento compressivo della ferita: porre 5/6 garze sulla ferita, fasciare

schiacciando sulla ferita; se non si può fasciare, applicare solo le garze e comprimere − Se l’emorragia è ad un arto, sollevarlo − Applicare del ghiaccio − Se la compressione non è sufficiente, effettuare la compressione a distanza GRAVISSIMA: Il sangue esce da un’arteria, zampilla aritmicamente come le pulsazioni del

cuore, in poco tempo la fuoriuscita è importante, PERICOLO DI VITA!!! − Effettuare la compressione a distanza − Posizionare l’infortunato in posizione supina − Coprirlo con una coperta

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COME SI EFFETTUA LA COMPRESSIONE A DISTANZA

LA COMPRESSIONE E’ SEMPRE TRA CUORE E FERITA, NEL PUNTO PIU’ VICINO ALL’EMORRAGIA NOTA BENE: L’efficacia dei punti di compressione è riscontrabile immediatamente, il sangue rallenta molto la sua fuoriuscita. In caso contrario è evidente che il punto di compressione non è efficace, poichè non è stato eseguito in maniera corretta. COLLO: In caso di emorragia del collo, premere a lato della trachea,

sull’arteria carotide, verso la colonna vertebrale (vedi fig.1) ARTI SUPERIORI: In caso di emorragia sulla spalla o di amputazione del braccio,

fermare l’arteria succlavia comprimendo nella “saliera anatomica” (vedi fig.2). In caso di ferite alte al braccio, o di braccio strappato, bloccare l’arteria ascellare comprimendo la cavità ascellare (vedi fig.3).

In caso di emorragie del braccio, gomito, avambraccio, polso, mano, bloccare l’arteria omerale comprimendo all’interno del braccio vicino al gomito (vedi fig.4)

ARTI INFERIORI: In caso di emorragia della coscia o di amputazione della gamba,

bloccare l’arteria femorale comprimendo la coscia (vedi fig.5)

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Materiale Informativo – Primo Soccorso – pag. 7

AMPUTAZIONE DI ARTO O DITA

− Arrestare l’emorragia con laccio emostatico (in caso di amputazione alla radice, fare compressione diretta e/o a distanza)

− Raccogliere la parte amputata e metterla in un sacchetto pulito, chiuderlo ermeticamente e sistemarlo in un contenitore con del ghiaccio

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COME SI USA IL LACCIO EMOSTATICO

− Si posiziona tra ferita e cuore, solo al braccio e alla coscia, mai all’avambraccio e alla gamba, mai per più di mezz’ora senza allentarlo periodicamente

− NON USARE COME LACCIO EMOSTATICO MATERIALE TAGLIENTE COME SPAGO, CORDONE, FILO DI FERRO

− USARE COME LACCIO (DI FORTUNA) TUBI DI GOMMA, FOULARD, CRAVATTE

− SCRIVERE L’ORA IN CUI SI METTE IL LACCIO

− NON TOGLIERE MAI IL LACCIO, UNA VOLTA APPLICATO, SE NON ALLA PRESENZA DI UN MEDICO

− NON USARE MAI IL LACCIO SE SE NE PUO’ FARE A MENO

− NON POSIZIONARE L’INFORTUNATO SEDUTO

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EMORRAGIE ESTERIORIZZATE LA FUORIUSCITA DI SANGUE E’ AVVENUTA ALL’INTERNO DELL’ORGANISMO, MA VEDIAMO IL SANGUE USCIRE DAL NASO, DALLA BOCCA, DALLE ORECCHIE, etc. EMORRAGIA DAL NASO (epitassi) Se segue a trauma cranico: − Non deve essere ostacolata e l’infortunato deve essere disposto sul lato dell’emorragia Se non segue a trauma cranico: − Comprimere la narice sanguinante per almeno 5 minuti

− Mantenere il capo dell’infortunato inclinato in avanti

− Applicare ghiaccio alla radice del naso

− Zaffare la narice introducendo una garza impregnata di prodotto emostatico (Tranex)

EMORRAGIA DALL’ORECCHIO Se da trauma: possibile frattura del cranio

− NON TAMPONARE

− NON MUOVERE IL SOGGETTO Se da lesione locale: − Generalmente non è grave e la fuoriuscita del sangue è minima, portare comunque

l’infortunato da uno specialista o al pronto soccorso

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Materiale Informativo – Primo Soccorso – pag. 10

III. PRIMO SOCCORSO IN CASO DI FERITE Lesione della pelle, dei muscoli, dei tessuti sottostanti, causate da un agente traumatizzante NORME GENERALI − Togliere gli indumenti delicatamente (meglio tagliarli)

− Valutare la gravità della ferita con particolare attenzione alle strutture sottostanti (tendini, nervi, vasi di grosso calibro)

− Rimuovere anelli o bracciali per ferite alle mani o agli arti superiori

− Detergere con acqua e sapone, rasare i peli e disinfettare la cute circostante la ferita con garze inumidite con il disinfettante, procedendo dall’interno verso l’esterno, per evitare contaminazioni

− Eliminare con cautela corpi estranei (granelli, schegge, etc.) superficiali

− Eliminare eventuali piccoli lembi di pelle necrotica

− Disinfettare la ferita con acqua ossigenata

− Se la ferita è aperta, andare al pronto soccorso per sutura

− Controllare la profilassi antitetanica NOTA BENE − NON USARE COTONE SULLE FERITE (lascia peli)

− NON USARE POLVERE ANTIBIOTICA

− NON USARE ALCOOL

− NON USARE TINTURA DI IODIO

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IN CASO DI FERITE GRAVI (Estese, profonde, contenenti corpi estranei, complicate da emorragie o fratture, situate vicino alla bocca, o al naso) oltre ad adottare le misure suddette:

− Tamponare eventuali emorragie

− Posizionare l’infortunato in posizione anti-schock (supino con arti inferiori sollevati)

− Trasportare l’infortunato rapidamente in ospedale NOTA BENE − NON ESTRARRE MAI CORPI ESTRANEI A MENO CHE NON SI TRATTI DI PICCOLI

CORPI FACILMENTE ACCESSIBILI

IN CASO DI FERITE AL TORACE

− Coprire la ferita con garze sterili

− Posizione semiseduta

− Praticare fasciatura toracica discretamente compressiva

− Se dalla ferita escono aria o bolle, chiudere il “buco” con 5/6 garze sterili sovrapposte e fermare con dei cerotti

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IN CASO DI FERITE ALL’ADDOME

− Coprire la ferita con garze sterili

− Eseguire fasciatura compressiva

− Se l’intestino fuoriesce dalla ferita NON FARLO RIENTRARE, coprire con lenzuolo pulito e portare l’infortunato all’ospedale

− Posizione semiseduta durante il trasporto in ospedale ERRORI DA EVITARE − DARE DA BERE ALL’INFORTUNATO

− RIMUOVERE EVENTUALE CORPO ESTRANEO

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IN CASO DI FERITE OCULARI

CON PRESENZA DI CORPO ESTRANEO − Lavarsi le mani prima di toccare l’occhio

− Non strofinarlo

− Se si tratta di sabbia o polvere fare agitare le palpebre sotto l’acqua CORPO ESTRANEO SOTTOPALPEBRALE − Se il corpo estraneo non è conficcato nella cornea (es. un insetto), abbassare la

palpebra inferiore mettendosi vicino ad una sorgente di luce e se si individua il corpo estraneo, toglierlo con l’angolo di un fazzoletto pulito

CORPO ESTRANEO METALLICO − Instillare collirio anestetico − Estrarre con uso di calamita ERRORI DA EVITARE − TENTARE DI ESTRARRE IL CORPO ESTRANEO CON MEZZI INCONGRUI CON

POSSIBILE CONSEGUENTE LESIONE CORNEALE

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IV. PRIMO SOCCORSO IN CASO DI USTIONI NORME GENERALI − Allontanare al più presto l’agente ustionante dalla superficie corporea

− Se l’infortunato ha gli abiti in fiamme, impedire che corra (reazione istintiva che alimenta le fiamme) e spegnere le fiamme con una coperta o inondandole con acqua

− Rimuovere, con molta cautela, gli indumenti che bruciano senza fiamma o impregnati di liquido bollente

SE L’USTIONE E’ DI 1° O DI 2° GRADO

− Raffreddare la parte ustionata con ghiaccio secco o con impacchi di acqua fredda o

sotto l’acqua corrente per almeno 10 minuti

− Disinfettare con blandi antisettici

− Se l’ustione è di 2° grado vi saranno delle flittene, inciderle in condizioni di sterilità

− Medicata con pomata specifica (Foille)

− Applicare garze sterili e praticare fasciatura modicamente compressiva

− Controllare la profilassi antitetanica

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Materiale Informativo – Primo Soccorso – pag. 15

SE L’USTIONE E’ DI GRADO SUPERIORE AL 2°

MA DI LIMITATA ESTENSIONE

− Evitare di asportare i brandelli di indumenti adesi alla cute

− Ricoprire la cute con telini o garze sterili

− Inviare l’infortunato in pronto soccorso ospedaliero

SE L’USTIONE E’ DI GRADO SUPERIORE AL 2° MA ESTENSA A PIU’ DEL 18% DELLA SUPERFICIE CORPOREA

− Posizionare l’infortunato in posizione anti-schock (supino con arti inferiori sollevati)

− Tenere l’ustionato al caldo coprendolo con una coperta

− Se è cosciente ed in grado di deglutire, fargli bere 200/300 cc di acqua

− Trasporto in ospedale immediato

SE L’USTIONE E’ PROVOCATA DA AGENTI CHIMICI Gli acidi e le basi producono ustioni limitate alla zona di contatto, ma sono molto profonde e continuano se non si toglie la sostanza

− Dirigere un forte getto d’acqua sulla parte ustionata per almeno 10 minuti e togliere tutti gli abiti che sono impregnati della sostanza caustica, anche quelli a contatto con la pelle (attenzione alle nostre mani)

− Coprire con garza sterile o lenzuola pulite

− Posizione anti-schock

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Materiale Informativo – Primo Soccorso – pag. 16

SE L’USTIONE E’ PROVOCATA DA ELETTRICITA’

Sono più gravi le lesioni generali (asfissia, arresto cardio-circolatorio) di quelle locali (ustioni limitate al punto di ingresso della corrente) che tuttavia sono molto lente a guarire

− Eliminare la sorgente di elettricità

− Controllare le funzioni vitali del soggetto (respiro-cuore) e regolarsi di conseguenza

− Se l’infortunato respira: posizione laterale di sicurezza ERRORI DA EVITARE − Usare estintori chimici per spegnere le fiamme sul soggetto − Posizionare seduto un ustionato grave − Parlare o tossire in prossimità della parte ustionata − Usare preparati anti-ustione su ustioni gravi − Rimuovere le sostanze ustionanti direttamente adese alla cute (resine, catrame)

tentando di scioglierle − Centrare l’attenzione esclusivamente sulle ustioni trascurando le condizioni generali

IN CASO DI COLPI DI CALORE, DI SOLE Riscaldamento eccessivo della superficie corporea dovuto all’esportazione prolungata all’azione diretta del sole, all’eccesso di calore e di umidità I SINTOMI SONO: Cefalea, confusione mentale, rossore al volto, polso frequente, febbre alta, vomito, perdita di coscienza, coma, rischio di morte.

− Riparare dal sole o dal calore

− Posizione laterale di sicurezza

− Impacchi freddi su fronte e nuca

− Non raffreddare il corpo

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V. PRIMO SOCCORSO IN CASO DI FRATTURA I SINTOMI SONO: Dolore che si accentua con i movimenti della parte lesa, impossibilità di usare l’arto, deformazione della parte lesa con anormale mobilità di parti di solito immobili, successivamente dolore con ecchimosi della parte interessata. − Sdraiare l’infortunato

− Se possibile posizione anti-schock

− Tamponare eventuali emorragie

− Immobilizzare l’arto infortunato

IMMOBILIZZAZIONI Le immobilizzazioni si attuano con stecche di legno, di cartone rigido, con riviste, etc. e permettono di escludere e limitare le complicanze delle fratture, oltre a diminuire il dolore dell’infortunato. Le stecche devono essere rigide e abbastanza lunghe da permettere l’immobilizzazione delle articolazioni sopra e sotto il punto di frattura: imbottire bene con cotone, oppure con del materiale morbido di fortuna (come un pullover per esempio) l’arto leso, soprattutto vicino alle articolazioni e al punto di frattura. Mettere tre stecche, una sotto e due lateralmente; fasciare stecche ed arto assieme in modo da fermare bene la steccatura; se l’arto risulta ruotato, riportare nella sua posizione naturale con una leggera trazione prima di steccarlo (non insistere se non si riesce)

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Materiale Informativo – Primo Soccorso – pag. 18

In caso di frattura di un arto inferiore, in mancanza di stecche, si può usare l’arto sano come stecca, avvicinandolo all’altro, ponendo imbottiture in mezzo e fissandoli insieme. In caso di frattura ad un arto superiore, si può usare il torace come punto di fissaggio, sia con il braccio disteso e fasciatura al torace, sia con il braccio piegato ed uso di foulards o bende legate al collo.

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Materiale Informativo – Primo Soccorso – pag. 19

IN CASO DI FRATTURE ESPOSTE

Usare il metodo della steccatura ricordando che: − NON SI DEVE MAI FARE RIENTRARE IL MONCONE D’OSSO CHE ESCE DALLA

FERITA, MA SEMPLICEMENTE COPRIRLO CON GARZA STERILE

− NON SI METTE MAI UNA STECCA SULLA FERITA

− NON SI FASCIA (PER STECCARE) SULLA FERITA, MA SOLO SOPRA E SOTTO NOTA BENE Togliere sempre calzature di ogni tipo dall’arto infortunato, per controllare e fare in modo che il sangue circoli bene alle estremità

IN CASO DI FRATTURE DI COSTE Impossibile l’immobilizzazione, mettere il soggetto in posizione semiseduta, possibilmente girato sul fianco della parte lesa I SINTOMI SONO: − Dolore al torace che aumenta con l’inspirazione

IN CASO DI FRATTURA DEL COLLO DEL FEMORE L’infortunato non può alzarsi, non può muovere l’arto fratturato, se è supino non riesce (sotto richiesta) a sollevare l’arto a squadra; presente la rotazione del piede verso l’esterno e l’accorciamento dell’arto di qualche centimetro; ha dolore costante in sede di frattura. IN QUESTO CASO, L’ARTO SANO NON BASTA AD IMMOBILIZZARE, SI RENDE QUINDI INDISPENSABILE L’USO DELLA BARELLA ATRAUMATICA

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Materiale Informativo – Primo Soccorso – pag. 20

IN CASO DI FRATTURA DELLA COLONNA VERTEBRALE

E’ grave in quanto minaccia l’integrità del midollo spinale: gli spostamenti disordinati e tutto ciò che provoca movimenti in avanti della colonna vertebrale possono essere la causa di lesioni irreversibili del midollo spinale con conseguente paralisi. I SINTOMI CHE INDICANO LESIONI DEL MIDOLLO: − Dolore alla schiena

− Formicolio agli arti

− Paralisi degli arti

− Perdita di sensibilità degli arti

− Perdita di feci ed urine RICORDARSI CHE CADUTE DALL’ALTO, ROTOLAMENTI, INCIDENTI ROVINOSI, etc. SONO TUTTI INCIDENTI A RISCHIO PER FRATTURA CEREBRALE, PER CUI: − NON MUOVERE L’INFORTUNATO!!!

− CONTROLLARE CHE CONTINUI A RESPIRARE

− SE NON RESPIRA ESTRERRE LA LINGUA CON UN FAZZOLETTO ASCIUTTO

− SE QUEST’ULTIMA NON E’ LA CAUSA DI ASFISSIA E L’INFORTUNATO CONTINUA A NON RESPIRARE, SAREBBE INDISPENSABILE LA RESPIRAZIONE BOCCA-BOCCA O BOCCA-NASO, ALTRIMENTI MORIREBBE (POICHE’ E’ UN’OPERAZIONE RELATIVAMENTE DIFFICILE DA ESEGUIRE CON SUCCESSO PER INDIVIDUI CHE NON OPERANO NEL SETTORE SANITARIO, IN QUESTO CASO SI SPERA ARRIVI PRESTO IL PRONTO SOCCORSO)

NOTA BENE − Non piegare mai l’infortunato in aventi; ricordare che una lesione del midollo all’altezza

delle prime vertebre (collo) può provocare la morte. Se dobbiamo per forza trascinare via l’infortunato dal luogo dell’infortunio, tirarlo sempre per i piedi, facendolo strisciare sul pavimento con estrema cautela e lentezza, senza sollevare molto glia arti inferiori

− Non trasportarlo mai su mezzi non idonei (es. autovetture)

− Non piegare la testa in avanti, se l’infortunato vomita, girare lievemente la testa tenendola ipertesa

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Materiale Informativo – Primo Soccorso – pag. 21

VI. PRIMO SOCCORSO IN CASO DI CONTUSIONI − Applicare impacchi di acqua fredda o ghiaccio

− Se è presente un ematoma è utile una fasciatura discretamente compressiva

− Non massaggiare

− Non praticare fasciature troppo strette

VII. PRIMO SOCCORSO IN CASO DI DISTORSIONI Fuoriuscita dei capi articolari dalla loro sede, con immediato ritorno in loco; possono verificarsi stiramenti o rotture dei legamenti. SINTOMI:

− Dolore che si accentua con i movimenti

− Ecchimosi COSA FARE:

− Togliere con delicatezza gli indumenti

− Applicare ghiaccio o impacchi di acqua fredda

− Praticare fasciatura rigida

− Nei casi più gravi trasportare l’infortunato in ospedale

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Materiale Informativo – Primo Soccorso – pag. 22

VIII. PRIMO SOCCORSO IN CASO DI LUSSAZIONI Fuoriuscita dei capi articolari dalla loro sede, con impossibilità di ritornare nella giusta sede. SINTOMI:

− Dolore vivo

− Impossibilità di muovere gli arti interessati

− Deformità della parte lesa COSA FARE:

− Togliere con delicatezza gli indumenti

− Immobilizzazione dell’arto nella posizione in cui si trova

− Trasportare l’infortunato all’ospedale, badando che durante il trasporto non subisca urti o scossoni

IX. PRIMO SOCCORSO IN CASO DI STRAPPI MUSCOLARI

Rottura di uno o più fascietti di fibre muscolari. COSA FARE:

− Subito impacchi freddi (acqua ghiaccio)

− Immobilizzare la parte fasciata

− Dopo 24 ore impacco caldo per favorire il riassorbimento

− Riposo

X. PRIMO SOCCORSO IN CASO DI CRAMPI COSA FARE:

− Rilassare il muscolo colpito

− Dare da bere acqua e sale o brodo

− Per il polpaccio tirare su il piede a squadra o batterlo sul pavimento

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Materiale Informativo – Primo Soccorso – pag. 23

XI. PRIMO SOCCORSO IN CASO DI TRAUMA CRANICO

Le lesioni del cranio possono essere:

CONTUSIONI Schiacciamento dei tessuti molli esterni; tra l’osso e la superficie d’urto possono esserci ferite che sanguinano molto, ma che in genere non sono gravi se non vi è stata anche una contusione del cervello COSA FARE:

− In caso di ferita, applicare garze sterili dopo aver disinfettato senza comprimere

FRATTURE La loro gravità dipende dalle lesioni che possono verificarsi a carico del sistema nervoso. SINTOMI:

− Dolori al capo, gonfiori, fuoriuscita di sangue dalle orecchie o dal naso, euforia, perdita di coscienza, convulsioni, vertigini, vomito, paralisi, coma

COSA FARE:

− Posizionare l’infortunato supino con il capo appoggiato al pavimento

− Muoverlo il meno possibile

− Aspettare l’intervento del pronto soccorso

− Tenere la testa in posizione bassa ed eventualmente lievemente ruotata per favorire il vomito

ERRORI DA EVITARE:

− Sollevare l’infortunato

− Tamponare l’eventuale otorragia

− Somministrare bevande

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Materiale Informativo – Primo Soccorso – pag. 24

Il traumatizzato può andare incontro a:

EDEMA CEREBRALE Aumento del liquido contenuto fra meningi e cervello; il cervello può rimanere compresso perché viene schiacciato all’interno del cranio.

EMATOMA Conseguente all’emorragia, che non potendo espandersi all’esterno del corpo, comprime il cervello. L’ematoma può formarsi subito oppure, se i vasi lesi sono piccoli, impiega ore o giorni, determinando il cosiddetto intervallo lucido. L’infortunato non perde coscienza o la perde per pochissimo tempo, in seguito sta bene, parla, cammina e a volte non vuole essere trasportato in ospedale. Infine dopo un periodo di tempo più o meno lungo entra improvvisamente in coma. PER TALE MOTIVO TUTTI I TRAUMATIZZATI CRANICI, ANCHE QUANDO STANNO VISIBILMENTE BENE, DEVONO ESSERE SEMPRE ACCOMPAGNATI IN OSPEDALE

CONTUSIONE CEREBRALE E’ la più grave perché provoca un immediato danneggiamento del cervello in una zona più o meno vasta, determinando la paralisi di metà del corpo e della faccia; compaiono convulsioni e si perde coscienza immediatamente per un lungo periodo di tempo.

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Materiale Informativo – Primo Soccorso – pag. 25

XII. PRIMO SOCCORSO IN CASO DI SVENIMENTO SINTOMI:

− La persona cede sulle gambe, pallore, polso debole e lento, respiro debole, può essere preceduto da malessere, nausea, debolezza, capogiro, sudorazione

COSA FARE:

− In caso di vomito, posizione di sicurezza

− Slacciare tutto ciò che stringe (colletto, cintura, etc.)

− Posizione anti-schock

− Aerare l’ambiente ERRORI DA EVITARE:

− Dare schiaffi, dare da bere sino a che non ha ripreso coscienza e può deglutire

− Somministrare alcolici

− Spruzzare acqua gelata sul viso

− Abbandonare il soggetto appena sta meglio, perché può avere una ricaduta

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XIII. PRIMO SOCCORSO IN CASO DI INTOSSICAZIONI ACUTE

IN CASO DI INALAZIONE COSA FARE:

− Trasportare immediatamente l’infortunato fuori dall’ambiente inquinato, indossando preventivamente mezzi protettivi adeguati (maschere o autorespiratori, se vi è dubbio che l’ambiente sia ancora inquinato) e tenendo a mente che molti vapori tossici sono più pesanti dell’aria e tendono a stratificarsi verso il pavimento

− Liberare l’infortunato da indumenti che costringono (slacciare la cintura dei pantaloni ed il colletto della camicia)

SE L’INTOSSICATO E’ COSCIENTE:

− Controllare la pervietà delle vie aeree

− Posizionarlo semi-seduto in un locale ben areato

− Chiamare eventualmente il pronto soccorso SE L’INTOSSICATO E’ INCOSCIENTE:

− Posizionarlo a terra supino con capo iperteso per garantire la pervietà delle vie aeree ovvero in posizione di sicurezza

− Inviare l’intossicato presso Centri di Rianimazione o Centri Antiveleno allegando la scheda di sicurezza del prodotto intossicante

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Materiale Informativo – Primo Soccorso – pag. 27

IN CASO DI INTOSSICAZIONE PER CONTATTO

CUTANEO

− Togliere immediatamente gli indumenti inquinati

− Lavare abbondantemente con getto d’acqua continuo a doccia e prolungatamente (10’-20’) la parte interessata e le parti circostanti

− Se la sostanza è oleosa o derivata dal petrolio, solvente e colle, usare acqua e sapone risciacquando abbondantemente

− Solo se la sostanza è insolubile in acqua, rimuoverla con adeguato solvente (acetone, alcool) operando in ambiente ben areato

OCULARE

− Lavare abbondantemente con acqua tiepida a getto a bassa pressione

− Non dirigere il getto d’acqua direttamente sulla cornea

− Non lavare il solco congiuntivele

− Non aprire bene le palpebre

− Inviare l’infortunato a visita oculistica

IN CASO DI INTOSSICAZIONE PER INGESTIONE

− Raccogliere informazioni sul tipo di tossico, sulla quantità ingerita, sul tempo trascorso dal momento dell’ingestione

− Se il tossico è stato ingerito da poco tempo, far bere abbondantemente acqua tiepida salata (un cucchiaio in 100 cc) e, eventualmente, facilitare il vomito meccanicamente (toccando il fondo della faringe con l’abbassalingua)

− Raccogliere il materiale vomitato e conservare per successive indagini

− Trasportare rapidamente l’infortunato presso Centri di Rianimazione o Centri Antiveleni, consegnando anche il materiale vomitato

ERRORI DA EVITARE

− Far vomitare se l’intossicato è incosciente od in preda a convulsioni, se la sostanza tossica o volatile (solventi derivati dal petrolio, detersivi, etc.) o caustica

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Materiale Informativo – Primo Soccorso – pag. 28

XIV. DISISTRUZIONE DELLE VIE AEREE DA CORPO ESTRANEO

SE IL PAZIENTE E’ COSCIENTE PERCUSSIONE DELLA PARETE TORACICA:

− Abbassare, se possibile, la testa al di sotto del livello del torace per sfruttare la forza di gravità

− Dare una rapida serie di 3/5 colpi secchi con il palmo della mano sulla colonna vertebrale, tra le scapole

COMPRESSIONE ADDOMINALE (vedi figura):

− Circondare con le braccia il torace dell’infortunato

− Congiungere le mani afferrando con l’una il pugno od il polso dell’altra

− Posizionare le mani così congiunte al livello fra l’ombelico ed il processo xifoideo (gabbia toracica)

− Esercitare una brusca compressione verso l’alto, ripetendo la manovra 3/5 volte

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Materiale Informativo – Primo Soccorso – pag. 29

SE IL PAZIENTE E’ INCOSCIENTE

PERCUSSIONE DELLA PARETE TORACICA

− Ruotare l’infortunato sul fianco

− Posizionarsi in modo che le ginocchia si trovino contro la parete anteriore del torace

− Dare una rapida serie di 3/5 colpi secchi con il palmo della mano sulla colonna vertebrale, fra le scapole

COMPRESSIONE ADDOMINALE

− Posizionare l’infortunato supino

− Porsi in ginocchio a lato dell’addome o a cavalcioni

− Poggiare le due mani una sull’altra con le palme tra l’ombelico ed il processo xifoideo

− Piegarsi in avanti in modo che le spalle del soccorritore siano perpendicolari all’addome dell’infortunato

− Esercitare per 3/5 volte una brusca pressione verso il diaframma esattamente sulla linea mediana

ERRORI DA EVITARE

− Esercitare brusche pressioni sul processo xifoideo (gabbia toracica)

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Materiale Informativo – Primo Soccorso – pag. 30

XV. COME SI EFFETTUA LA POSIZIONE LATERALE DI SICUREZZA

− Slacciare ciò che stringe

− Pulire la bocca con garza o fazzoletto pulito o con due dita ad uncino (guanti) da eventuale vomito, protesi, terra, corpi estranei

− Inginocchiarsi a lato dell’infortunato

− Sistemare il braccio dell’infortunato ad angolo retto rispetto al suo corpo (il braccio che è dalla parte del soccorritore)

− Piegare l’altro braccio sul torace

− Flettere il ginocchio dal lato opposto del soccorritore

− Ruotare l’incosciente verso il soccorritore afferrandolo alla spalla e al bacino

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Materiale Informativo – Primo Soccorso – pag. 31

ERRORI DA EVITARE

− Far sedere un incosciente

− Abbandonare un incosciente supino (a faccia in giù)

− Dare da bere ad un incosciente (non deglutisce)

− Effettuare la posizione di sicurezza se c’è sospetta frattura vertebrale − Iperestendere il capo se c’è sospetta lesione cervicale

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Materiale Informativo – Prodotti Chimici – pag. 1

PRODOTTI CHIMICI

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Materiale Informativo – Prodotti Chimici – pag. 2

I prodotti chimici siano essi sostanze, preparati o rifiuti di norma presenti in ogni attività lavorativa, possono costituire un pericolo per la sicurezza e la salute dei lavoratori. I rischi conseguenti alla presenza di prodotti chimici potenzialmente pericolosi sono legati alle caratteristiche del prodotto e al tipo di effetto che questi hanno sull’organismo vivente. Le materie pericolose sono distinguibili in funzione delle caratteristiche in due categorie principali: - Pericolose per l’incendio (comburente, infiammabile, esplosivo); - Pericolose per gli effetti sull’uomo (tossiche, nocive, corrosive, irritanti). Mentre evidentemente la presenza in azienda di materie della prima categoria può avere conseguenze solo sulla sicurezza dei lavoratori, la presenza in azienda di materie della seconda categoria può determinare o solo incidenti o, a seconda della concentrazione, incidenti o malattie professionali conseguenti ad un’esposizione più o meno lunga a tali materie. Le materie pericolose sono inoltre distinguibili secondo l’attuale normativa in sostanze intese come elementi chimici o loro composti allo stato naturale o ottenuti mediante lavorazioni industriali, e preparati intesi come miscugli o soluzioni costituite da due o più sostanze. Sono sostanze e preparati pericolosi quelli contenuti in alcuni elenchi, continuamente aggiornati, redatti a cura di organismi preposti su incarico della comunità europea. Le sostanze e i preparati pericolosi sono classificati ed etichettati in relazione a quattordici classi di pericolosità e nello specifico: - Materie pericolose per l’incendio.

- Esplosivi: - Comburenti: - Facilmente infiammabili: - Infiammabili: - Estremamente infiammabili:

- Materie pericolose per i possibili effetti sugli organismi viventi.

- Tossiche: - Nocive: - Corrosive: - Irritanti: - Altamente tossiche: - Pericolose per l’ambiente :

- Materie pericolose con un potenziale effetto cancerogeno, mutageno, teratogeno.

- Cancerogene: - Teratogene: - Mutagene:

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Materiale Informativo – Prodotti Chimici – pag. 3

Tutte le sostanze e i preparati pericolosi sono soggetti ad essere etichettati vale a dire devono riportare sull’imballaggio ovvero su etichette appostevi in lingua italiana le seguenti indicazioni: - Nome della sostanza o del preparato sotto una delle denominazioni comprese negli

elenchi ufficiali; il nome del preparato deve essere accompagnato dall’indicazione degli elementi atti ad individuarlo in base alla composizione;

- Nome e sede del produttore o distributore, ovvero dell’importatore; - I simboli, se richiesti, (stampa in nero su fondo arancione) e le indicazioni di pericolo

insiti nell’utilizzazione della sostanza o del preparato; - Un richiamo ai rischi specifici con frasi tipo (frasi R): - I consigli di prudenza pertinenti all’utilizzazione delle sostanze e preparati pericolosi da

indicare con frasi tipo (frasi S). Per quanto attiene l’etichettatura di sostanze e preparati cancerogeni questi vengono etichettati come “tossici” e sono identificabili attraverso le frasi di rischio: R 45 – può provocare il cancro. R49 – può provocare il cancro per inalazione. Deve essere considerato con particolare attenzione che con l’etichettatura “Xn – R40” si identificano sostanze o preparati che potrebbero in futuro diventare “T – R45” o “T – R49”, pertanto a tali sostanze e preparati deve essere dedicata particolare attenzione nell’ambito dell’individuazione delle misure di tutela. Come indicato, sia per le sostanze che per i preparati pericolosi è obbligatoria l’etichettatura; per entrambi è obbligatoria anche la redazione di una scheda di dati di sicurezza da parte del fornitore, che deve essere fornita all’utilizzatore della materia pericolosa. Per i preparati pericolosi destinati ad essere utilizzati in ambito professionale, tale scheda dei dati di sicurezza va redatta secondo uno schema ben definito mentre per le sostanze la scheda può essere redatta liberamente a discrezione del fornitore. La scheda si sicurezza di sostanze e preparati pericolosi deve essere comunque redatta in lingua italiana (anche per i prodotti provenienti dall’estero) e deve contenere le seguenti informazioni: 1 - identificazione del preparato e della società produttrice. 2 - composizione e informazioni sui componenti (norme delle sostanze e dei componenti

pericolosi, numero CAS, concentrazione delle sostanze nel preparato, simboli e frasi R ed S).

3 - identificazione dei pericoli (indicazione dei rischi più importanti che presenta il preparato).

4 - misure di primo soccorso (in caso di inalazione, in caso di contatto con occhi e pelle, in caso di ingestione, ecc..).

5 - misure antincendio (mezzi di estinzione appropriati e quelli da non utilizzare, rischi di esposizione derivante da prodotti di combustione, ecc..).

6 - misure in caso di fuoriuscita accidentale (misure di protezione ambientale, individuale, misure di bonifica).

7 - manipolazione e stoccaggio (manipolazione, modalità di stoccaggio, indicazioni per il locale, incompatibilità con altre sostanze, ecc..).

8 - controllo dell’esposizione / protezione individuale (tutela ambientale nel luogo di lavoro e protezione personale da adottare).

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Materiale Informativo – Prodotti Chimici – pag. 4

9 - proprietà fisico-chimiche (stato fisico, colore, odore, miscibilità, solubilità, ecc..). 10 - stabilità e reattività (condizioni da evitare troppo caldo, troppo freddo, ecc., materiali

da evitare per scongiurare reazioni pericolose, ecc.). 11 - informazioni tossicologiche (vie di penetrazione, effetti tossicologici sull’organismo,

ecc..). 12 - informazioni ecologiche (valutazione di possibili effetti nell’ambiente del preparato. 13 - considerazioni relative allo smaltimento (indicazioni circa i metodi idonei di

smaltimento). 14 - informazioni sul trasporto (etichettatura specifica di trasporto). 15 - informazioni sulla regolamentazione (classificazione ed etichettatura, simboli, frasi

di rischio, consigli di prudenza, normative applicabili, ecc..). 16 - altre informazioni (informazioni basate sulle conoscenze attuali del prodotto). Le informazioni di sicurezza desumibili dalle schede di sicurezza sono assai utili anche se a volte i dati sono difficilmente leggibile poiché tali schede, per le sostanze, non sono in formato standardizzato. Nella lettura dell’etichetta e delle schede di sicurezza occorre fare attenzione alla data di ultima revisione necessaria a verificare che il produttore aggiorni i dati in relazione agli adeguamenti di legge. Si fa presente inoltre che le sostanze ed i preparati pericolosi devono essere contenuti in imballi che, ai fini della solidità e della tenuta ermetica, devono presentare le seguenti caratteristiche: - essere confezionati e chiusi in modo da impedire fuoriuscite del contenuto, ad

eccezione di quelle consentite da dispositivi regolamentari di sicurezza; - essere costituiti da materiale inattaccabile dal contenuto e non suscettibili di formare

con queste combinazioni nocive o pericolose; - possedere solidità e resistenza tali da escludere qualsiasi allentamento e da offrire

ogni sicurezza alle normali operazioni di utilizzazione e manipolazione; - se muniti di un sistema di chiusura che può essere riapplicato, devono essere

progettati in modo che l’imballaggio stesso possa essere richiuso varie volte senza provocare fuoriuscite del contenuto.

Come già accennato le sostanze ed i preparati pericolosi possono essere di danno sia per quanto attiene la salute che per la sicurezza dei lavoratori, pertanto la prevenzione deve considerare entrambi questi aspetti. La prevenzione dei rischi per la salute si attua soprattutto attraverso l’adozione dei sottoelencati provvedimenti: - sostituire ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso; censire le

sostanze ed i preparati pericolosi in uso per limitarne l’impiego e cercare prodotti sostitutivi meno pericolosi, soprattutto per quelli cancerogeni ed allergizzanti;

- essere sempre a perfetta conoscenza della composizione dei preparati in uso attraverso la lettura dei dati di etichetta e del contenuto delle schede di sicurezza che il datore di lavoro mette a disposizione;

- sviluppare i mezzi di protezione collettiva tipo la captazione alla fonte degli inquinanti con appositi sistemi, l’areazione costante e corretta dei locali, la purificazione dei locali, l’installazione di sistemi di rilevamento e segnalazione di concentrazioni dannose di sostanze inquinanti.

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Materiale Informativo – Prodotti Chimici – pag. 5

Si rammenta che i mezzi tecnici di prevenzione tipo gli aspiratori, le cabine aspirate, ecc., devono essere correttamente dimensionati ed avere un’efficienza di aspirazione proporzionale all’esigenza di eliminare dall’ambiente di lavoro gli inquinanti che si generano nelle fasi produttive. Quando ciò non è possibile occorre sempre utilizzare idonei dispositivi di protezione individuale tipo abiti, guanti, occhiali, visiere, schermi antischizzi, maschere respiratorie, grembiuli, ecc.. la cui scelta deve sempre avvenire in relazione alle indicazioni fornite dal fornitore della sostanza o preparato pericoloso ed in relazione alle quantità di sostanza utilizzata: - esporre ai rischi il minor numero di persone possibile anche attraverso una

separazione delle lavorazioni nocive che, per legge, devono comunque essere svolte in reparti separati;

- custodire sempre le sostanze ed i preparati pericolosi in contenitori a perfetta tenuta, muniti di buona chiusura e con riportate le indicazioni relative al contenuto;

- conservare le sostanze ed i preparati pericolosi in appositi locali evitando di detenerli sul luogo di lavorazione ad eccezione della quantità strettamente necessaria alla lavorazione di un turno o di un giorno di lavoro;

- rispettare sempre le norme di igiene come ad esempio non mangiare, bere, fumare con le mani sporche, non indossare gli abiti da lavoro al di fuori delle officine o laboratori, lavarsi accuratamente le mani e le unghie, non conservare cibi e bevande in officina e sul posto di lavoro, non mangiare e bere durante il lavoro.

Non bisogna mai utilizzare i contenitori di bevande o alimenti per conservare le sostanze ed i preparati pericolosi in uso. I rischi per la sicurezza durante l’utilizzo di sostanze e preparati pericolosi sono sostanzialmente riconducibili al possibile innesco di incendio e di esplosione, alla presenza dell’energia elettrica, alla possibilità di venire a contatto con la sostanza o il preparato. Per prevenire, evitare, ridurre i rischi di infortunio durante l’uso di sostanze e preparati pericolosi occorre mantenere sempre completamente libere le uscite di sicurezza, scegliere attrezzature che non possano provocare incendi tipo l’uso di banchi di lavoro costruiti in materiale incombustibile, non utilizzare fiamme libere in zone prossime ai punti d’uso dei materiali pericolosi, conservare i prodotti infiammabili all’interno di appositi armadi antincendio, collegare elettricamente a terra i fusti metallici contenenti liquidi infiammabili durante l’apertura e il travaso per evitare cariche elettrostatiche, conservare le sostanze infiammabili in recipienti ben chiusi.

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Materiale Informativo – Prodotti Chimici – pag. 6

FRASI DI RISCHIO

R1 Esplosivo allo stato secco. R34 Provoca ustioni.

R2 Rischio di esplosione per urto, sfregamento, fuoco o altre sorgenti d’ignizione. R35 Provoca gravi ustioni.

R3 Elevato rischio di esplosione per urto, sfregamento, fuoco o altre sorgenti d’ignizione. R36 Irritante per gli occhi.

R4 Forma composti metallici esplosivi molto sensibili. R37 Irritante per le vie respiratorie. R5 Pericolo d’esplosione per riscaldamento. R38 Irritante per la pelle. R6 Esplosivo a contatto o senza contatto con l’aria. R39 Pericolo di effetti irreversibili molto gravi. R7 Può provocare un incendio. R40 Possibilità di effetti irreversibili. R8 Può provocare l’accensione di materie combustibili. R41 Rischio di gravi lesioni oculari. R9 Esplosivo in miscela con materie combustibili. R42 Può provocare sensibilizzazione per inalazione.

R10 Infiammabile. R43 Può provocare sensibilizzazione per contatto con la pelle.

R11 Facilmente infiammabile. R44 Rischio di esplosione per riscaldamento in ambiente confinato.

R12 Altamente infiammabile. R45 Può provocare il cancro. R13 Gas liquefatto altamente infiammabile. R46 Può provocare alterazioni genetiche ereditarie. R14 Reagisce violentemente con l’acqua. R47 Può provocare malformazioni congenite.

R15 A contatto con l’acqua libera gas facilmente infiammabili. R48 Pericolo di gravi danni per la salute in caso di

esposizione prolungata. (di futura adozione).

R16 Pericolo di esplosione se mescolato con sostanze comburenti. R49 Può provocare il cancro per inalazione.

R17 Spontaneamente infiammabile all’aria. R50 Altamente tossico per gli organismi acquatici.

R18 Durante l’uso può formare con l’aria miscele esplosive infiammabili. R51 Tossico per gli organismi acquatici.

R19 Può formare perossidi esplosivi. R52 Nocivo per gli organismi acquatici.

R20 Nocivo per inalazione. R53 Può provocare a lungo termine effetti negativi per l’ambiente acquatico.

R21 Nocivo a contatto con la pelle. R54 Tossico per la flora. R22 Nocivo per ingestione. R55 Tossico per la fauna. R23 Tossico per inalazione. R56 Tossico per gli organismi del terreno. R24 Tossico a contatto con la pelle. R57 Tossico per le api.

R25 Tossico per ingestione. R58 Può provocare a lungo termine effetti negativi per l’ambiente.

R26 Altamente tossico per inalazione. R59 Pericoloso per lo strato di ozono. R27 Altamente tossico a contatto con la pelle. R60 Può ridurre la fertilità. R28 Altamente tossico per ingestione. R61 Può danneggiare i bambini non ancora nati. R29 A contatto con l’acqua libera gas tossici. R62 Possibile rischio di ridotta fertilità. R30 Può diventare facilmente infiammabile durante l’uso R63 Possibile rischio di danni ai bambini non ancora nati. R31 A contatto con acidi libera gas tossico. R64 Possibile rischio per i bambini allattati al seno.

R32 A contatto con acidi libera gas altamente tossico. R65 Nocivo: può causare danni ai polmoni in caso di ingestione.

R33 Pericolo di effetti cumulativi. COMBINAZIONE DELLE FRASI DI RISCHIO. Le combinazioni delle frasi R sono da considerare frasi uniche ed in genere vengono impiegare quando un preparato appartiene simultaneamente a più categorie di pericolo. Queste combinazioni vengono formulate a partire dalle frasi semplici: queste richiamano i rischi insiti nei preparati pericolosi relativamente alla loro reattività, nocività, tossicità e irritabilità per tutte le vie di penetrazione dell’organismo, al pericolo di produrre effetti irreversibili, sensibilizzanti e gravi danni per la salute in caso di esposizione prolungata o dopo una singola esposizione.

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Materiale Informativo – Prodotti Chimici – pag. 7

CONSIGLI DI PRUDENZA

S1 Conservare sotto chiave. S34 Evitare l’urto e lo sfregamento.

S2 Conservare fuori della portata dei bambini. S35 Non disfarsi del prodotto e del recipiente se non con le dovute precauzioni.

S3 Conservare in luogo fresco. S36 Usare indumenti protettivi adatti. S4 Conservare lontano da locali di abitazione. S37 Usare guanti adatti.

S5 Conservare sotto.. (liquido appropriato da indicarsi da parte del fabbricante). S38 In caso di ventilazione insufficiente, usare un

apparecchio respiratorio adatto.

S6 Conservare sotto.. (gas inerte da indicarsi da parte del fabbricante). S39 Proteggersi gli occhi/la faccia.

S7 Conservare il recipiente ben chiuso. S40 Per pulire il pavimento e gli oggetti contaminati da questo prodotto, usare..(da precisare da parte del produttore).

S8 Conservare al riparo dall’umidità. S41 In caso d’incendio e/o esplosione non respirare i fumi.

S9 Conservare il recipiente in luogo ben ventilato. S42 Durante le fumigazioni/polimerizzazioni usare un apparecchio respiratorio adatto [termine(i) appropriato(i) da precisare da parte del produttore].

S12 Non chiudere ermeticamente il recipiente. S43 In caso di incendio usare..(mezzi estinguenti idonei da indicarsi da parte del fabbricante. Se l’acqua aumenta il rischio precisare “non usare l’acqua”).

S13 Conservare lontano da alimenti o mangimi e da bevande. S44 In caso di malessere consultare il medico (se possibile,

mostrargli l’etichetta).

S14 Conservare lontano da.. (sostanze incompatibili da precisare da parte del produttore) S45

In caso di incidente o di malessere consultare immediatamente il medico (se possibile, mostrargli l'etichetta).

S15 Conservare lontano dal calore. S46 In caso d’ingestione consultare immediatamente il medico e mostrargli il contenitore o l’etichetta.

S16 Conservare lontano da fiamme e scintille – Non fumare. S47 Conservare a temperatura non superiore a …OC (da

precisare da parte del fabbricante).

S17 Tenere lontano da sostanze combustibili. S48 Mantenere umido con..(mezzo appropriato da precisare da parte del fabbricante).

S18 Manipolare ed aprire il recipiente con cautela. S49 Conservare soltanto nel recipiente originale.

S20 Non mangiare né bere durante l’impiego. S50 Non mescolare con..(da specificare da parte del fabbricante).

S21 Non fumare durante l’impiego. S51 Usare soltanto in luogo ben ventilato. S22 Non respirare le polveri. S52 Non utilizzare su grandi superfici in locali abitati.

S23 Non respirare i gas/fumi/vapori/aerosoli [termine(i) appropriato da precisare da parte del produttore]. S53 Evitare l’esposizione; procurarsi speciali istruzioni prima

dell’uso. (di futura adozione).

S24 Evitare il contatto con la pelle. S54 Procurarsi il consenso delle autorità di controllo dell’inquinamento prima di scaricare negli impianti di trattamento delle acque di scarico.

S25 Evitare il contatto con gli occhi. S55 Utilizzare le migliori tecniche di trattamento disponibili prima di scaricare nelle fognature o nell’ambiente acquatico.

S26 In caso di contatto con gli occhi, lavare immediatamente e abbondantemente con acqua e consultare il medico.

S56 Non scaricare nelle fognature o nell’ambiente; smaltire i residui in un punto di raccolta rifiuti autorizzato.

S27 Togliersi di dosso immediatamente gli indumenti contaminati. S57 Usare contenitori adeguati per evitare l’inquinamento

ambientale.

S28 In caso di contatto con la pelle lavarsi immediatamente ed abbondantemente con..(prodotti idonei di indicarsi da parte del fabbricante).

S58 Smaltire come rifiuto pericoloso.

S29 Non gettare i residui nelle fognature. S59 Richiedere informazioni al produttore/fornitore per il recupero/riciclaggio.

S30 Non versare acqua sul prodotto. S69 Questo materiale e/o il suo contenitore devono essere smaltiti come rifiuti pericolosi.

S33 Evitare l’accumulo di cariche elettrostatiche.

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Materiale Informativo – Prodotti Chimici – pag. 8

COMBINAZIONI DEI CONSIGLI DI PRUDENZA Le combinazioni delle frasi S sono da considerare frasi uniche ed in genere vengono impiegate quando un preparato deve essere manipolato con particolare cautela. Queste combinazioni vengono formulate a partire dalle frasi semplici; queste richiamano le cautele che bisogna adottare nei confronti dei preparati pericolosi relativamente alle modalità di conservazione, ai modi corretti di impiego e di manipolazione e all’uso corretto dei mezzi personali di protezione.

PRINCIPALI AZIONI DA COMPIERE O DA EVITARE

1. USO DI AGENTI PERICOLOSI

SI – Azioni positive NO – Azioni da evitare

• Attenersi sempre alle indicazioni riportate su:

- etichette - schede di sicurezza aggiornate - segnaletica di sicurezza

• Usare, manipolare, trattare, trasportare, immagazzinare e smaltire sempre gli agenti chimici secondo le istruzioni contenute nelle schede di sicurezza, o comunque fornite dal produttore o distributore

• Fare attenzione anche alle operazioni di pulizia, manutenzione, smontaggio, campionamento

• Evitare spandimenti, urti, sfregamenti, cadute, e la vicinanza di fonti di calore, scintille e fiamme libere

• Non pensare che le sostanze etichettate abbiano sempre solo il tipo di pericolo indicato nell’etichetta. L’etichetta è relativa alle caratteristiche del prodotto nella forma in cui viene commercializzato, e agli usi/condizioni più comuni, che possono essere anche molto diversi da quelli decisi dall’utilizzatore

• Evitare qualsiasi miscelazione pericolosa. Verificare sempre preventivamente le possibili incompatibilità tra le sostanze miscelate. Non effettuare esperimenti senza permesso

2. AMBIENTE DI LAVORO

SI – Azioni positive NO – Azioni da evitare

• Tenere sotto controllo i parametri fisici di tutte le apparecchiature e gli ambienti (temperatura, pressione, umidità, etc.)

• Verificare sempre la separazione e compartimentazione di eventuali aree a rischio, e l’assenza nell’ambiente di agenti incompatibili con quelli utilizzati o presenti

• Nelle aree con presenza di infiammabili e/o comburenti non usare fiamme libere, il cellulare o altre fonti di scintille e calore, evitando anche la possibilità di accumulo di cariche elettrostatiche

• Non usare l’olfatto come indicatore certo dell’assenza di agenti pericolosi

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Materiale Informativo – Prodotti Chimici – pag. 9

3. SISTEMI DI LAVORAZIONE

SI – Azioni positive NO – Azioni da evitare

• Sostituire, per quanto possibile, gli agenti pericolosi con altri che non lo sono o lo sono meno

• Adottare metodi di lavoro che riducano al minimo il numero dei lavoratori esposti, e quindi l’intensità e i tempi della loro esposizione, ad esempio allontanando il personale non strettamente necessario alle lavorazioni, adottando adeguati sistemi, i mezzi e le misure di protezione collettiva (processi a ciclo chiuso, compartimentazioni etc.), limitando i tempi dei turni operativi etc.

• Non tenere in deposito quantitativi di agenti pericolosi superiori a quelli strettamente necessari

4. STOCCAGGIO - CONSERVAZIONE

SI – Azioni positive NO – Azioni da evitare

• Elaborare ed attuare specifiche misure operative per le attività di stoccaggio

• Stoccare gli agenti chimici fuori dalla portata dei non addetti e, se del caso, in luoghi separati, confinati o chiusi a chiave. Lo stoccaggio separato deve avvenire anche a fine lavoro

• Non lasciare neanche temporaneamente agenti chimici in luoghi non idonei, ad esempio vicino a sostanze incompatibili o impianti e attrezzature pericolosi, o dove non ne sia prevista la presenza, soprattutto se vi possono essere persone non informate (ad esempio addetti alle pulizie, a manutenzioni straordinarie, etc.)

5. LUOGHI A SCARSO RICAMBIO D’ARIA

SI – Azioni positive NO – Azioni da evitare

• Nei luoghi confinati (vasche chiuse, serbatoi, etc.) operare in coppia, mantenere una persona sempre in sicurezza, adeguatamente protetta, pronta a intervenire in caso di emergenza

• Non entrare in luoghi a scarso ricambio d’aria o confinati prima che sia stata verificata la presenza di aria respirabile e l’assenza di inquinanti

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Materiale Informativo – Prodotti Chimici – pag. 10

6. IMPIANTI ELETTRICI

SI – Azioni positive NO – Azioni da evitare

• Controllare regolarmente il funzionamento dei sistemi e impianti di captazione, aspirazione, ventilazione, condizionamento, rilevazione

• Adibire alla conduzione degli impianti solo personale adeguatamente formato

• Non porsi davanti agli aspiratori, cioè tra essi e le possibili fonti di emissione delle sostanze o preparati pericolosi, e non collocare in tale posizione, nemmeno temporaneamente, alcun tipo d ostacolo come attrezzature, arredi, etc.

7. CONTROLLI CONTENITORI

SI – Azioni positive NO – Azioni da evitare

• Usare ovunque solo recipienti idonei, puliti o bonificati, a tenuta e dotati di etichetta leggibile e aggiornata. I principali pericoli associati all’agente chimico contenuto devono poter essere individuati leggendo l’etichetta del contenitore

• Non usare recipienti sporchi o con residui di agenti chimici diversi da quelli che si vogliono inserire, o non noti. Particolare attenzione è da riservare alle possibili incompatibilità

8. SVERSAMENTI E PERDITE

SI – Azioni positive NO – Azioni da evitare

• Elaborare e attuare specifiche procedure di lavoro in sicurezza per le fasi di trasporto e travaso

- tra recipienti (fusti, bombole, etc)

- tra recipienti e impianti o apparecchiature

- tra apparecchiature non collegate in modo permanente (m ad esempio attraverso attacchi, tubazioni mobili, etc.), come, ad esempio, per il prelievo campioni

• In caso di sversamenti o perdita rimuovere e/o pulire immediatamente con prodotti adatti e compatibili e avvisare i responsabili preposti

• Non affidarsi mai alla “buona volontà” ma solo alle tecniche di intervento in caso di sversamento o perdita per cui si è stati addestrati

• Non lasciare sporchi pavimenti, attrezzature e recipienti vuoti

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Materiale Informativo – Prodotti Chimici – pag. 11

9. DPI

SI – Azioni positive NO – Azioni da evitare

• Adottare i DPI solo se tutte le altre misure (tecniche, organizzative, procedurali) non consentono di farne a meno

• Scegliere i DPI in modo che siano adeguati ai rischi specifici presenti, alle condizioni di lavoro, al comfort di chi li usa e che riportino il marchio CE

• Usare solo DPI consigliati, controllandone funzionamento e scadenze

• Assicurarsi che i DPI siano adeguati alle specifiche condizioni operative e non siano a loro volta fonte di pericoli

• Attenersi alle istruzioni fornite dal fabbricante per l’uso ma anche per la pulizia, la manutenzione, il deposito, e per deciderne la sostituzione

• Non prevedere l’utilizzo dei DPI se sono possibili altre misure di riduzione del rischio più alla fonte

• Non utilizzare DPI privi di marcatura CE

• Non usare DPI in modo errato, per scopi e in condizioni diverse da quelle per cui sono stati progettati e certificati, e che sono indicate nelle istruzioni del fabbricante

10. IGIENE E SORVEGLIANZA SANITARIA

SI – Azioni positive NO – Azioni da evitare

• Sottoporsi agli accertamenti sanitari obbligatori

• Lavarsi con idonei saponi/creme • Riporre gli indumenti secondo le

procedure stabilite e usare, se necessario, lavaggi differenziati

• In caso di contaminazione chiamare il medico e/o gli addetti Pronto Soccorso

• Non pulirsi con solventi o aiutandosi con l’aria compressa

• Non fumare, bere e mangiare in luoghi con presenza di agenti chimici pericolosi e, in generale, nei luoghi dove si svolge un’attività lavorativa

• Non riporre le attrezzature, i DPI, e gli indumenti contaminati assieme agli altri

• Non usare, in caso di contaminazione, sostanze o mezzi inadatti (es.incompatibilità)

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Materiale Informativo – Prodotti Chimici – pag. 12

11. ANOMALIE ED EMERGENZE

SI – Azioni positive NO – Azioni da evitare

• Comunicare immediatamente ogni sospetto di anomalia al diretto superiore e al RSPP

• Comunicare e registrare e analizzare ogni incidente accaduto o evitato, ossia ogni cosiddetto “quasi-incidente”

• In caso di sospetta o evidente emergenza avvisare immediatamente i responsabili preposti e:

- attivare la procedura codificata e per la quale si è stati addestrati. Le procedure relative alle emergenze, comprese quelle che coinvolgono agenti chimici, devono essere contenute nel Piano di Emergenza Interno

- spegnere immediatamente fiamme libere e bloccare altre eventuali fonti di pericolo (erogazione energia elettrica, gas, etc.)

• • • • •

12. ORGANIZZAZIONE DELL SICUREZZA

SI – Azioni positive NO – Azioni da evitare

• Conoscere le figure principali della sicurezza in azienda, Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, Rappresentante dei Lavoratori, Medico Competente

• Partecipare attivamente a tutti i corsi di informazione e formazione

• Conoscere e rispettare tutte le procedure di sicurezza

• Non pensare di sapere già tutto. Non solo l’inesperienza, ma a volte anche una lunga esperienza lavorativa unita all’abitudine, può condurre a sottovalutare alcuni rischi

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Materiale Informativo – Vibrazioni Meccaniche – pag. 1

LE VIBRAZIONI MECCANICHE

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Materiale Informativo – Vibrazioni Meccaniche – pag. 2

Decreto Legislativo n. 81 del 2008 Il Decreto Legislativo 81 del 2008, relativo al miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori impone al datore di lavoro la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro e l'individuazione delle relative misure di prevenzione e protezione. Appare evidente che dalla applicazione di questa norma di carattere generale, nasce l'obbligo di affrontare il rischio derivante dall'esposizione a vibrazioni al pari degli altri rischi (caduta dall'alto, rumore, elettrici ), quantificandone la gravità e la probabilità ed eliminandolo o riducendolo al minimo possibile con scelte procedurali, organizzative e tecniche; queste ultime possono portare a sostituire o adeguare i macchinari, a riprogettare posti di lavoro e modalità operative e, infine, a fornire dispositivi di protezione individuali

…con scelte tecniche che possono portare a sostituire o adeguare i macchinari…

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Materiale Informativo – Vibrazioni Meccaniche – pag. 3

Decreto del Presidente della Repubblica n. 459 del 1996 Questo decreto, come il Decreto Legislativo 81/2008, ha recepito una direttiva dell'Unione Europea e regolamenta la produzione e la vendita delle macchine; i produttori hanno l'obbligo di effettuare la valutazione dei rischi relativi all'uso della macchina e di rispettare i requisiti di sicurezza indicati nella normativa tecnica. La certificazione e la marcatura «CE» confermano l'adempimento di questa procedura. Tra le misure di protezione dei rischi devono essere previste quelle per ridurre le vibrazioni al livello minimo, tenuto conto del progresso tecnico. Decreto del Presidente della Repubblica n. 336 del 1994 Questo decreto sostituisce le tabelle del D.P.R. 1124/65 relative alle malattie professionali, per le quali è obbligatoria l'assicurazione presso l'Istituto Nazionale Assicurazioni Infortuni sul Lavoro (I.N.A.I.L.). Tra queste sono comprese alcune malattie collegabili alle vibrazioni.

Malattie

Lavorazioni

Indennizzabilità

52) Malattie osteoarticolari e angioneurotiche causate da vibrazioni meccaniche prodotte da strumenti di lavoro e trasmesse al siste-ma mano-braccio, con le loro conseguenze dirette.

Lavorazioni svolte in modo prevalente con impiego di: a) macchine portatili munite di utensile; b) macchine portatili ad asse flessibile; c) . . omissis. d) motoseghe portatili.

Periodo massimo di indennizzabilità dalla cessazione del lavoro: 6 anni.

Decreto Legislativo 19 agosto 2005, n. 187 Questo decreto, emanato in attuazione della direttiva 2002/44/CE, stabilisce le prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti da vibrazioni meccaniche. Si tratta di una normativa specifica sulle vibrazioni meccaniche trasmesse al sistema mano-braccio e al corpo intero: vengono stabiliti i valori limite di azione e i valori di azione, la metodologia con cui deve essere effettuata la valutazione dei rischi, le misure di prevenzione e protezione che il datore di lavoro deve attuare, le prescrizioni sull’informazione e la formazione dei lavoratori, le indicazioni circa la sorveglianza sanitaria dei lavoratori e la compilazione delle cartelle sanitarie e di rischio.

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Materiale Informativo – Vibrazioni Meccaniche – pag. 4

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Materiale Informativo – Vibrazioni Meccaniche – pag. 5

LE VIBRAZIONI MECCANICHE

Cosa sono le vibrazioni Per vibrazioni s’intende l’oscillazione di un corpo attorno ad una posizione di riferimento e, nei casi che ci interessano, si distinguono in funzione delle modalità di trasmissione dell’energia al corpo umano:

1. vibrazioni localizzate, che interessano gli arti superiori attraverso le impugnature delle macchine utensili portatili, i materiali tenuti in mano e sottoposti a lavorazione, i volanti delle macchine semoventi o dei mezzi di trasporto;

2. vibrazioni generalizzate, che interessano tutto il corpo dell’operatore. Le caratteristiche fisiche principali delle vibrazioni sono:

• frequenza espressa in numero di cicli al secondo (Hz);

• accelerazione espressa in metri al secondo per secondo (m/s2).

La tabella riporta, per alcune tipologie di sorgenti, la frequenza e la parte del corpo interessata.

Sorgente

Frequenza

Tutto il corpo

Mano Braccio

Mezzi di trasporto

Bassa Frequenza da 0 a 2

Hz

X

Mezzi di trasporto e/o sollevamento: trattori, autocarri, gru, pale meccaniche, escavatori, dumper, carrelli elevatori, frantoi

Media Frequenza Superiore a 2 fino 20 Hz

X

Utensili a percussione: Martelli demolitori elettrici o pneum.

Utensili a roto-percussione: trapani tassellatori, smerigliatrici orb. Utensili a rotazione: avvitatori, smerigliatrici

Alta Frequenza Superiore a 20 Hz

X

Le misurazioni delle vibrazioni sono effettuate per mezzo di uno strumento chiamato accelerometro, applicato all’impugnatura o al sedile della macchina utilizzata. Dalla lettura e dalla interpretazione della misurazione viene ottenuta l’<< accelerazione equivalente>>, valore medio che tiene conto delle variazioni di frequenza e di intensità delle vibrazioni durante il tempo di misura ritenuto rappresentativo della lavorazione. Da questa si calcola quindi il valore complessivo dell’accelerazione equivalente, relativo alle otto ore lavorate. Possibili danni Durante l’utilizzo di utensili a rotazione, percussione o rotocompressione si ha l’esposizione a vibrazione a carico degli arti superiori, tecnicamente definite: VIBRAZIONI TRASMESSE AL SISTEMA MANO-BRACCO. Gli operatori di mezzi di trasporto o di sollevamento quali carrelli elevatori, dumper, pale meccaniche, escavatori ecc., sono esposti alle VIBRAZIONI TRASMESSE AL CORPO INTERO.

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Materiale Informativo – Vibrazioni Meccaniche – pag. 6

I danni possono essere di lieve entità, in genere momentanei in quanto scompaiono col cessare dell’esposizione, oppure rilevanti, quando le lavorazioni a rischio sono prolungate e continuative. Tra gli effetti temporanei si può sicuramente collocare la CHINETOSI. Essa si manifesta con le vibrazioni a bassa frequenza (da 0 a 2 Hz) tipiche dei mezzi di trasporto ed è determinata dalla stimolazione della <<funzione vestibolare>>, cioè la sensibilità spaziale e dell’equilibrio sita in una delle cavità dell’orecchio interno.

Anche se per questa manifestazione non è ancora stato trovato un evidente collegamento al rischio, le vibrazioni tipiche di trattori, gru, escavatori, ecc., possono provocare disturbi psicosomatici (che riguardano gli organi adibiti al movimento volontario, controllati dal sistema nervoso centrale). Sono invece più facilmente individuabili altri effetti sul fisico, come ad esempio la correlazione tra l’esposizione professionale alle vibrazioni e i disturbi e le lesioni a carico del rachide lombare (tratto basso della spina dorsale) come le lombalgie, le lombosciatalgie, le spondiloartrosi, le discopatie, le ernie discali,… Sicuramente esiste, anche per questi problemi, una concorrenza di cause diverse che non consentono di valutare quanto esattamente sia da addebitare alle vibrazioni, quali la postura (posizione assunta), i movimenti frequenti di flessione e torsione, i fattori extra lavorativi, come l’abitudine al fumo, e le caratteristiche individuali come l’età ed il peso.

Altri disturbi ipotizzabili possono essere: Disturbi cervico-brachiali Sono disturbi delle fasce muscolari che si manifestano nella zona collo-spalle dei conducenti di automezzi. Disturbi digestivi Un'esposizione elevata può generare un aumento dell'attività gastrointestinale e quindi provocare gastrite e ulcera peptica.

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Materiale Informativo – Vibrazioni Meccaniche – pag. 7

Disturbi circolatori I conducenti di automezzi e veicoli possono essere soggetti ad insorgenza di emorroidi e varici venose alle gambe, addebitabili anche alle vibrazioni ed al tempo trascorso in posizione seduta. Effetti cocleo - vestibolari L'esposizione contemporanea a vibrazioni e rumore è probabilmente causa di un aumento del disturbo uditivo (ipoacusia) alle alte frequenze.

Mentre gli effetti delle vibrazioni su tutto il corpo non sono facilmente associabili all'esposizione al rischio, sia per la mancanza di sufficienti riscontri scientifici, che per la complessità di isolare l'effetto dovuto alle vibrazioni, maggiore certezza esiste per il sistema "mano-braccio». Per la «sindrome da vibrazioni mano-braccio», con frequenze comprese tra 8 e 1000 Hz, è possibile affermare che, oltre ad un maggiore affaticamento psicofisico, vi è un aumento del rischio di insorgenza di lesioni vascolari, neurologiche e muscolo-scheletriche per quei soggetti che utilizzano utensili portatili, con l'eventuale concorrenza di fattori ambientali, come il rumore, o individuali come l'età, la suscettibilità o l'abitudine al fumo. Lesioni neurologiche Le lesioni neurologiche consistono in una riduzione della sensibilità tatti le e termica. I disturbi si localizzano nelle dita delle mani, interessando il nervo mediano ed ulnare e, a volte, il nervo radiale. I soggetti interessati, sono gli utilizzatori di utensili ad alta e media frequenza come le smerigliatrici (flessibili) o le motoseghe. In alcuni casi si è manifestata la «sindrome del tunnel carpale», tipica in quei soggetti che durante l'attività lavorativa devono effettuare frequenti movimenti ripetitivi del segmento mano-polso con notevole impegno muscolotendineo. Il disturbo si manifesta con dolore al polso e alle prime tre dita della mano, stanchezza e disturbo della sensibilità tattile durante le ore notturne.

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Materiale Informativo – Vibrazioni Meccaniche – pag. 8

Lesioni osteoarticolari Le alterazioni osteoarticolari, che si localizzano nei polsi, gomiti e spalle, si manifestano dopo molti anni di lavoro e derivano da una forte usura di questi segmenti ossei soggetti a microtraumi. Le vibrazioni a bassa frequenza generate da utensili a movimento percussorio e rotopercussorio, quali i martelli demolitori o i perforatori pneumatici, insieme ad altri fattori come il sovraccarico alle articolazioni, lo sforzo muscolare intenso e la posizione di lavoro sbagliata sono la causa dell'insorgere di questi disturbi.

Le lesioni osteoarticolari consistono in artrosi dei polsi, a volte cisti e vacuoli (piccoli fori) nelle ossa carpali e metacarpali (della mano e del polso) e artrosi ed osteofitosi dei gomiti.

Lesioni vascolari La patologia consiste in quello che la terminologia scientifica definisce «sindrome di Raynaud», tipica nei soggetti esposti alle vibrazioni a carico del sistema mano-braccio. La sindrome di Raynaud è anche definita sindrome del "dito morto» o del "dito bianco» perché è caratterizzata da pallore delle dita della mano maggiormente esposta alle vibrazioni. Il clima freddo spesso è la conca usa dell'insorgenza dei disturbi sopradescritti che si manifestano inizialmente con formicolii, torpore e dolore delle ultime falangi di una o più dita, per poi estendersi a tutte le dita (con esclusione del pollice), alla mano e, a volte, all'avambraccio.

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Materiale Informativo – Vibrazioni Meccaniche – pag. 9

Lesioni tendinee I traumi vibratori associati a posture incongrue, movimenti ripetitivi, elevata forza applicata all'impugnatura, possono provocare l'infiammazione dei tendini con le degenerazioni conseguenti.

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Materiale Informativo – Vibrazioni Meccaniche – pag. 10

LA PREVENZIONE

Limiti di esposizione L'unità di misura delle vibrazioni è l'accelerazione (m/s2 = metri al secondo per secondo): ad ogni livello stabilito corrisponde una quantità di vibrazioni, riferita alle otto ore lavorative, definita «accelerazione equivalente». I limiti stabiliti dalla proposta di direttiva della Unione Europea n. 94/C230/03 sono i seguenti: 1. Livello di soglia Rappresenta l'obiettivo da raggiungere in applicazione della direttiva stessa per la riduzione del rischio; sotto questo valore si può essere certi che, anche con una esposizione continua, non si hanno ripercussioni sulla salute del lavoratore. 2. Livello di azione Oltre questo valore si ha l'obbligo di attuare misure di tutela dei lavoratori esposti, come l'informazione, di ridurre il rischio e di attivare la sorveglianza sanitaria. 3. Livello massimo È il livello da non superare mai; oltre questo limite, l'esposizione diventa nociva comportando rischi inaccettabili per i soggetti esposti senza dispositivi di protezione. 4. Livello di rischio rilevante Le esposizioni a tale livello sono vietate anche se di brevissima durata. La valutazione del rischio La valutazione del rischio vibrazioni è necessaria per adempiere a quanto disposto dal D.Lgs. 81/2008. Come per qualsiasi altro rischio la procedura di valutazione dovrà individuare:

• i soggetti esposti; • le macchine a rischio utilizzate; • i tempi di utilizzo.

I valori possono essere misurati direttamente sulle macchine utilizzate oppure possono essere ricavati dalla letteratura esistente. Con questi dati a disposizione è possibile arrivare a determinare la dose di accelerazione giornaliera (quantità di vibrazioni) a cui i soggetti individuati sono esposti. Il confronto tra il valore della dose giornaliera ed i limiti di esposizione fa emergere quali interventi preventivi e protettivi si rendono necessari per l'eliminazione o la riduzione del rischio. Sono da preferire gli interventi alla fonte, ad esempio attraverso la scelta di macchine correttamente progettate, per le quali i produttori indichino in maniera chiara e comprensibile i valori delle vibrazioni prodotte. Un'altra soluzione adottabile consiste nel separare l'operatore dalla sorgente, interponendo, fra questi, elementi a bassa rigidezza o materiale isolante. Gli interventi sono quindi raggruppabili in due grandi categorie:

• applicazione di misure organizzative • applicazione di misure tecniche.

Gli esiti della valutazione vanno riportati nel documento di valutazione dei rischi redatto ai sensi del D.Lgs. 81/2008, elencando i soggetti esposti, le classi di rischio, le mansioni svolte, le macchine utilizzate, la strumentazione impiegata e le misure di prevenzione.

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Materiale Informativo – Vibrazioni Meccaniche – pag. 11

Misure di prevenzione organizzative e tecniche La buona organizzazione del lavoro, che deve portare sempre ad un miglioramento delle condizioni lavorative, si può ottenere attraverso:

• la riduzione al minimo dell'utilizzo di macchine ed attrezzature a rischio, che devono essere appropriate, per dimensioni e potenza, al lavoro da svolgere;

• la programmazione dell'avvicendamento del personale, stabilendo turni di lavoro tali da ridurre le singole esposizioni;

• la regolare manutenzione delle attrezzature (ad esempio con la sostituzione dei cuscinetti a sfera usurati),perché indispensabile per il buon funzionamento in condizioni di sicurezza. Dal punto di vista del rischio «vibrazioni» una macchina in cattive condizioni di manutenzione, insieme ad una formazione inadeguata e ad un posto di lavoro non ergonomico, determinano l'aumento della forza di prensione (sforzo dell'operatore nell'impugnare l'attrezzo/macchina), che incrementa la trasmissione delle vibrazioni;

• l'informazione e la formazione, che sono di fondamentale importanza per una costante crescita

della cultura sulla sicurezza ed una conseguente riduzione dei rischi professionali. L'informazione relativa alle «vibrazioni» dovrà riguardare i rischi possibili per la salute, il modo giusto di guidare i mezzi semoventi e la posizione corretta da assumere durante la guida oppure come utilizzare correttamente gli utensili vibranti. La formazione, invece, sarà un insegnamento specifico sull'uso di una macchina per una particolare applicazione, comprendendo anche le indicazioni relative all'uso dei dispositivi di protezione individuale (guanti);

• la sorveglianza sanitaria, che è indispensabile per intervenire precocemente sui soggetti che accusano i sintomi tipici degli esposti a vibrazioni, consentendo al medico competente di esprimere giudizi d'idoneità, parziale o totale, alle mansioni attribuite;

• la sostituzione dei macchinari obsoleti, misura che ogni azienda deve tenere in seria considerazione per ottenere un parco macchine quanto più possibile aggiornato tecnologicamente. Un esempio può essere l'adozione di martelli demolitori dotati di sistemi ammortizzanti. In ogni caso la scelta dell'attrezzatura utilizzata deve ricadere su quelle a minor rischio vibrazionale; per quelle marcate «CE» (conformi al D.P.R. 459/96), all'atto dell'acquisto è possibile conoscere i valori relativi alle vibrazioni prodotte;

• il miglioramento delle macchine, ad esempio, per quelle semoventi, sostituendo i vecchi sedili rigidi con sedili ammortizzati, oleopneumatici o con molle smorzanti;

• la cura della viabilità del cantiere, al fine di ridurre le vibrazioni causate dai sobbalzi dei mezzi, che devono procedere a velocità ridotta;

• Ia sostituzione del metodo di lavoro che comporta l'utilizzo di strumenti vibranti con altri sistemi che consentono di ottenere gli stessi risultati senza l'esposizione al rischio. Può essere questo il caso, ad esempio, dell'uso del cannello ossiacetilenico al posto di sistemi meccanici per il taglio di elementi metallici oppure, durante le demolizioni meccanizzate, l'uso di escavatori attrezzati con pinze o cesoie in sostituzione dell'escavatore dotato di martello demolitore (martellone);

• il miglioramento ergonomico del posto di lavoro che deve mirare ad evitare le difficoltà operative e le posture incongrue (posizioni scorrette).

Dispositivi di protezione individuale I dispositivi di protezione individuale (guanti antivibranti) presentano ancora alcuni inconvenienti che non permettono l'eliminazione del rischio. Il loro potere ammortizzante agisce infatti a frequenze elevate (flessibili, trapani ecc.), ma il loro utilizzo determina peraltro una diminuzione della sensibilità ed un aumento della forza di prensione che, nel comprimere il materiale ammortizzante, vanifica in parte l'assorbimento delle vibrazioni, ricostituendo l'accoppiamento rigido mano-impugnatura. La caratteristica principale di questo D.P.!. è l'imbottitura della parte corrispondente al palmo della mano. Alcuni modelli sono proposti con la manichetta lunga, che limita il movimento del polso e diminuisce la pressione del relativo nervo mediano nel tunnel carpale (sindrome del tunnel carpale). È necessario che i guanti antivibranti siano forniti e indossati per la loro efficacia contro le vibrazioni, oltre che per la resistenza ad abrasioni, tagli, strappi e per la difesa che offrono al freddo sia ambientale che causato dall'utensile utilizzato (strumenti ad aria compressa). Il freddo, infatti, concorre ad accentuare gli effetti delle vibrazioni. La sorveglianza sanitaria

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Materiale Informativo – Vibrazioni Meccaniche – pag. 12

Il D.Lgs. 81/2008 prevedono che i lavoratori esposti ai rischi dovuti alle vibrazioni siano sottoposti al controllo sanitario preventivo e periodico. È consigliabile estendere la sorveglianza sanitaria anche ai lavoratori esposti a vibrazioni trasmesse a tutto il corpo. L'attivazione di tale controllo, proposta di Direttiva Europea, dove è prevista la visita medica al supera mento del "livello di azione» (corpo intero 0,5 m/s2, mano-braccio 2,5 m/s2). Comunque, alla comparsa dei primi sintomi, il lavoratore va sottoposto a visita medica, perché l'attuale norma nazionale non prevede limiti da rispettare ma solo la possibile esposizione. L'accertamento preventivo La finalità dell'accertamento preventivo è quella di individuare l'eventuale eccessiva sensibilità individuale e le patologie in fase iniziale o conclamata. Acquisite queste informazioni il medico competente, nominato dal datore di lavoro, potrà confermare le misure protettive già adottate o stabilirne di nuove, per evitare l'insorgenza o l'aggravamento delle patologie, oppure potrà esprimere giudizi d'idoneità parziale o totale, temporanea o permanente, alle mansioni attribuite al soggetto esaminato. L'accertamento periodico Il controllo periodico, a cadenza almeno annuale, ha per scopo l'intervento precoce sugli individui esposti per evitare o limitare i possibili danni, apportando variazioni alle misure protettive o facendo cessare l'esposizione in caso di accertata inidoneità del lavoratore. Il medico competente può stabilire, se necessario, controlli a distanza rawicinata con periodicità inferiore ad un anno.

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Materiale Informativo / Videoterminali – pag. 1

VIDEOTERMINALI

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Materiale Informativo / Videoterminali – pag. 2

LAVORARE AL VIDEOTERMINALE

Modalità e finalità d’uso diverse delle varie applicazioni del videoterminale comportano differenti condizioni di affaticamento dell’operatore nella sua attività quotidiana. L’utilizzo del monitor per controlli e brevi consultazioni è molto diverso dal digitare al videoterminale o dal dialogare con esso tutto il giorno. CONSULTAZIONE

I tempi sono brevi La posizione non è fissa Lo sforzo visivo è limitato

DIGITAZIONE

Le mani si trovano prevalentemente sulla tastiera Lo sguardo è quasi sempre rivolto al testo da copiare L’operatore assume una posizione ben precisa e quasi sempre fissa

DIALOGO

Lo sguardo è prevalentemente rivolto allo schermo Le mani sono sulla tastiera per un tempo inferiore rispetto all’attività di digitazione E’ necessaria una concentrazione costante per interagire con i sistemi

computerizzati Ciascuna di queste modalità di lavoro presuppone un adattamento psicofisico differente da parte dell’operatore, per quanto riguarda:

Vista Postura Ricettività e concentrazione

Parlare delle condizioni di lavoro dell’operatore di VDT significa esaminare globalmente i seguenti aspetti: 1. Ambiente di lavoro

Illuminazione Climatizzazione Rumore

2. Posto di lavoro

Arredi Videoterminale

3. Operatore

Apparato locomotore Vista

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Materiale Informativo / Videoterminali – pag. 3

AMBIENTE DI LAVORO

Illuminazione Una corretta illuminazione dell’ambiente di lavoro è molto importante per attuare condizioni ottimali; è fondamentale evitare abbagliamenti e riflessioni sullo schermo. Questo, oltre all’intensità luminosa mal regolata, determina affaticamento visivo, cefalee, etc. Per quanto riguarda l’intensità luminosa, l’operatore al videoterminale ha spesso due esigenze opposte: per leggere un testo e utilizzare la tastiera necessita di una discreta illuminazione, mentre per una buona lettura dello schermo è necessario un buon contrasto a video che si verifica con una ridotta illuminazione.

Illuminazione naturale

Dalle finestre può entrare una quantità di luce eccessiva, pertanto sistemare il video, per quanto possibile, lontano dalla parete finestrata. La superficie dello schermo non deve ricevere luce diretta e quindi deve essere posto perpendicolarmente alle finestre. Lo sguardo dell’operatore deve trovarsi, quindi, parallelo alla parete finestrata e non deve avere di fronte fonti luminose o superfici riflettenti luce. Finestre poste su più pareti possono essere facilmente oscurate con tendaggi. E’ necessario poter controllare la luminosità dell’ambiente nelle varie stagioni e ore del giorno a mezzo di veneziane (esterne) e/o di tende (interne) di colore unico pastello.

Illuminazione artificiale • Utilizzare lampade con griglia o schermo opaco in modo da filtrare la luce • Il corpo lampada dovrebbe essere incassato nel soffitto e protetto da griglia a

larghi quadri in metallo spazzolato • L’illuminazione deve essere a bassa intensità (luminosa), ma in tutte le

direzioni • Evitare lampadine senza schermo • Evitare faretti rivolti verso il basso Lampade singole supplementari potrebbero risolvere i problemi di chi, inserito nell’ambiente di lavoro, non opera al videoterminale o opera per brevi operazioni.

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Materiale Informativo / Videoterminali – pag. 4

Fare sempre attenzione alle lampade da tavolo che possono provocare riflessi ed interferire con i posti di lavoro confinanti provocando abbagliamenti.

Climatizzazione Come il televisore anche il videoterminale produce calore. Gli impianti di aria condizionata o i ricambi di aria permettono di ridurre calore, quando nell’ambiente vi fosse un affollamento di persone e di videoterminali.

Rumore

I posti di lavoro attrezzati con videoterminali non sono normalmente considerati rumorosi. Segnaliamo alcuni valori in dB (decibel): • Ufficio di 4-10 persone: 40 60 • Ufficio con videoterminali: 50 65 • Macchina di scrivere: 70 a 2 metri • Conversazione: 60/75 a 2 metri Problemi di rumorosità possono derivare da eventuali stampanti, che sono facilmente risolvibili collocando le stampanti al di fuori dell’ufficio o isolandole tonicamente con apposite protezioni a cupola antirumore

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Materiale Informativo / Videoterminali – pag. 5

POSTO DI LAVORO Se da un lato, gli arredi possono avere notevole importanza nel creare soluzioni ottimali del posto di lavoro, soprattutto rispetto ad alcuni parametri che sono vincolanti per la postura, alcuni principi base devono essere conosciuti dall’operatore, affinché sia in grado di trovare direttamente soluzioni adatte al proprio fisico ed alla propria attività lavorativa. Ognuno ha le proprie soluzioni che possono anche variare nel tempo.

ARREDI

Gli arredi di ufficio devono garantire mobilità delle componenti del posto di lavoro: • Altezze variabili • Inclinazioni • Spostamenti

Sedia

Deve essere in grado di mantenere sgravate le muscolature della schiena e i dischi tra le vertebre; ciò si ottiene assumendo una posizione che permetta di scaricare il peso del tronco sullo schienale. La seggiola, quindi, deve avere: Sedile • Regolabile in altezza • Con bordi arrotondati • Rivestita in materiale permeabile (non plastica) • girevole Schienale • regolabile • con imbottitura permeabile • adatto a sostenere la regione lombare • sagomato al bordo superiore • inclinabile all’indietro Braccioli • la seggiola dovrebbe avere braccioli corti o non averne affatto

Pedana

E’ necessaria soprattutto per le persone di media e bassa statura che operano al terminale con continuità per permettere l’appoggio comodo dei piedi. Deve essere inclinata e ben aderente al pavimento in modo da non scivolare.

Tavolo

Le dimensioni del piano dipendono dal tipo di lavoro da svolgere. La superficie dovrebbe essere antiriflettente, opaca e di colore neutro. L’altezza del piano tra i 65 e i 75 centimetri è condizionata dalla statura dell’operatore e deve essere pertanto regolabile. Il vano al di sotto del piano di lavoro deve essere sufficiente a consentire il libero movimento delle gambe. Attenzione ai cassetti, sia sotto il piano che a lato dello stesso

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Materiale Informativo / Videoterminali – pag. 6

VIDEOTERMINALE

Per impieghi prolungati, il videoterminale deve essere del tipo a schermo movibile, inclinabile e girevole, con tastiera separata. Tastiera • La tastiera, separata dal video, deve essere sistemata in modo da lasciare uno

spazio sufficiente tra questa e il bordo del piano per appoggiare gli avambracci. E’ importante che i polsi appoggino comodamente sul bordo anteriore della scrivania perché ciò permette di scaricare il peso delle braccia e delle spalle, di alleggerire il lavoro della muscolatura ed eliminare disturbi alla zona cervicale. E’ bene inclinare la tastiera di 15 gradi sul piano orizzontale, qualora già non lo fosse per costruzione. E’ auspicabile che le superfici della tastiera siano opache e di colore neutro e che non sia illuminata direttamente da fonti poste sulla verticale dell’operatore.

Video • I caratteri e i dettagli costruttivi dei videoterminali, non comportano particolari

problemi compresi quelli riguardanti le radiazioni. Schermo • Lo schermo inclinabile e girevole permette di trovare idonee soluzioni rispetto

alla distanza dagli occhi e soprattutto permette di eliminare eventuali riflessi. Per evitare riflessi normalmente è sufficiente inclinare il video in avanti verso l’operatore di 10° - 12° dalla verticale. Fare attenzione che spesso l’eventuale aggiunta di filtri correttivi antiriflesso non è sempre opportuna; i filtri stessi subiscono l’effetto riflettente, e comportano una riduzione più o meno rilevante della qualità dell’immagine. La distanza ottimale dell’occhio dallo schermo è compresa tra i 60 e gli 80 centimetri con caratteri della misura di 3-4 millimetri ed è di 50 centimetri circa con caratteri di 2,5 millimetri. Il bordo superiore dello schermo deve essere leggermente al di sotto il livello dello sguardo in orizzontale.

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Materiale Informativo / Videoterminali – pag. 7

Leggio • Quando si deve digitare per un tempo prolungato, il portapagina può essere

collocato in modo da ridurre i movimenti del capo e degli occhi, la luminanza si favorevole, la distanza degli occhi da esso sia adeguata ed in relazione a quella dello schermo. Un suggerimento è quello di tenere il leggio a fianco dello schermo, non illuminato da luce diretta, perché non diventi superficie riflettente.

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Materiale Informativo / Videoterminali – pag. 8

L’OPERATORE AL VIDEOTERMINALE

Vista Operatore al videoterminale spesso comporta affaticamento della vista; ecco come qualche conoscenza in campo ottico può aiutarci a comprendere l’origine di un eccessivo affaticamento

Accomodamento

E’ la capacità dell’occhio di “mettere a fuoco” e vedere nitido l’oggetto; dipende dalla proprietà dell’occhio di curvare il cristallino. Se il cristallino perde elasticità, ampiezza e rapidità diminuisce la precisione di accomodamento e l’occhio è sottoposto ad uno sforzo di “messa a fuoco”. La capacità di accomodamento diminuisce con l’età e l’abbagliamento. L’abbagliamento è spesso causa del senso di disagio e dell’affaticamento prematuro nello svolgimento dei lavori in ufficio anche in assenza di impiego del videoterminale. Carenze della vista (miopia, astigmatismo, etc.) non adeguatamente corrette possono comportare nell’attività a video prolungata lacrimazioni e cefalea, è pertanto necessario controllare che non ci siano difetti non ancora individuati o occhiali inadatti

Acuità visiva

E’ la capacità dell’occhio di vedere distintamente gli oggetti. Una buona acuità visiva, indipendentemente dal soggetto, diminuisce con: • La luce blu (spettro) • L’età del soggetto. Aumenta con: • L’aumento del contrasto • Luce giallo – verde (spettro) Ciò va ricordato soprattutto nell’impostazione dei colori del fondo e dei segni grafici nel caso di computer con schermo a colori.

Adattamento

E’ la capacità dell’occhio di regolare l’apertura del foro pupillare, “diaframma”, in funzione dell’intensa della luce; il passaggio dal buio assoluto alla luce intensa, per esempio, comporta 30 minuti per l’adattamento.

La percezione

Percepire l’immagine richiede uno spazio di tempo; occorre un tempo più lungo se contrasto e luminosità sono elevati. Per ridurre l’affaticamento visivo occorre che contrasto e luminosità siano medio – bassi, l’immagine dell’oggetto morbida, fissa, non traballante.

La posizione dell’operatore

Lo schermo e la tastiera nel lavoro al videoterminale fanno assumere all’operatore forzature del corpo, maggiori rispetto allo svolgimento dei tradizionali lavori di ufficio. Una posizione rigida costituisce nel tempo una posizione negativa perché rattrappisce la muscolatura e rallenta la circolazione sanguigna. La postura deve permettere una posizione del corpo che eviti carichi o sollecitazioni sugli elementi portanti del corpo: scheletro e muscolatura. Conoscere le posizioni da assumere quando si è seduti al videoterminale, è determinante per il benessere. Si consiglia di intervallare, per quanto possibile,

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l’attività al video con altre operazioni di lavoro, allo scopo di permettere alla muscolatura non sollecitata nella postura di tendersi.

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Materiale Informativo / Videoterminali – pag. 10

AFFATICAMENTO

Lavorare al VDT non espone al rischio di grave incidente od infortunio; comporta però spesso stati di affaticamento anche notevole, del fisico (per eccessiva immobilità), della vista e della mente.

Affaticamento della vista Un intensa attività visiva durante una giornata lavorativa davanti ad un videoterminale, può provocare affaticamento. Esso è normale e temporaneo, non va sottovalutato, e può essere contenuto rispettando adeguate abitudini di lavoro. E’ opportuno quindi • Evitare i riflessi e gli abbagliamenti e tenere bassa la luminosità dell’ambiente • Pulire regolarmente lo schermo e ed il filtro antiriflesso se presente; sullo

schermo infatti si creano delle cariche elettrostatiche che “attirano” i granelli di polvere

• Pulire regolarmente gli occhiali

L’affaticamento del fisico Mantenere la stessa posizione per molto tempo, si sa, può affaticare. E’ necessario, pertanto: cercare di mantenere la battuta morbida sulla tastiera tenere i polsi appoggiati al bordo del tavolo per scaricare il peso delle braccia; appoggiare il busto allo schienale della seggiola con un’inclinazione superiore ai 90° rispetto alla orizzontale cambiare posizione ogni tanto, alternare attività di lavoro diverse, se possibile effettuare una pausa, utilizzando il tempo per sgranchirsi le gambe o eseguire qualche esercizio ginnico adatto al rilassamento. A titolo esemplificativo ve ne riportiamo due: • Seduti, sistemate le mani con le dita rivolte verso il basso, tra la nuca e le

spalle. Premete energicamente, quindi, abbassando i gomiti e senza flettere la testa, fate scorrere le mani portandole sul davanti. Eseguite questo massaggio per 30 secondi e ripetetelo almeno tre volte.

• Seduti, braccia rilasciate, agitate le mani, sventagliandole morbidamente. Lasciate che il movimento coinvolga le vostre braccia. L’esercizio va eseguito per 15 secondi e ripetuto tre volte.

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Materiale Informativo / Videoterminali – pag. 12

ORGANIZZAZIONE DEL POSTO DI LAVORO

Siamo convinti che possiamo in ogni momento migliorare il nostro rapporto con il videoterminale se sappiamo orientarci tra i principi esposti nelle pagine precedenti. Vi proponiamo alcuni suggerimenti che vi potranno aiutare a lavorare più comodamente e più efficacemente con il videoterminale. Per lavorare nel migliore dei modi, infatti, è necessario che organizziate la vostra area di lavoro ed il VDT su cui operate nel modo più adeguato all’attività che vi apprestate a svolgere. Prima di iniziare a lavorare occorre dedicare alcuni minuti per organizzare il posto di lavoro, e cioè: • Sistemare il tavolo in modo da poter disporre le apparecchiature e il materiale di cui si

ha bisogno • Tenere vicino gli strumenti di uso più frequente (telefono, calcolatrice, ecc..) • Sistemare la tastiera, il video e gli altri oggetti sopra indicati nel modo che siano in

qualche modo rispettati i principi di posizionamento e di illuminazione precedentemente menzionati

• Regolare la sedia in modo che l’altezza del sedile sia corretta: la posizione delle cosce, da seduto, deve essere orizzontale; i piedi appoggiati completamente sul pavimento e i polsi posati comodamente sul bordo del tavolo prospiciente la tastiera. Utilizzare un poggiapiedi se la sedia è troppo alta e non riuscite ad appoggiare completamente i piedi per terra. Regolare lo schienale in modo che segua la curvatura della schiena e sostenga la spina dorsale.

• Regolare il video tenendo presente che la maggior parte dei videoterminali è dotata di dispositivi di regolazione. Si consiglia di regolare: - il leggio, in modo che sia di fianco e alla stessa altezza dello schermo; - il video, in modo che il bordo superiore dello schermo sia leggermente al di sotto del

livello degli occhi; - la luminosità e il contrasto, in modo ottimale; - lo schermo, per eliminare riflessi o abbagliamenti provocati dalle varie sorgenti

luminose (questa operazione può essere ripetuta più volte durante la giornata con il variare delle sorgenti luminose);

- l’illuminazione. L’eliminazione dei riflessi e degli abbagliamenti si ottiene anche: - regolando le tende alle finestre - riducendo l’intensità della luce artificiale - orientando le eventuali lampade da tavolo.

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Materiale Informativo / Videoterminali – pag. 13

LISTA DI CONTROLLO

Per favorire una corretta posizione al VDT, ricordate: • La sedia deve essere adattata alla statura dell’operatore in modo che i piedi appoggino

perfettamente sul pavimento e le braccia siano in posizione orizzontale. Il busto deve rimanere appoggiato allo schienale. Il tavolo deve essere adattato opportunamente per creare uno spazio sufficiente per un libero movimento delle gambe

• La parte superiore dello schermo deve essere leggermente più bassa dell’altezza dei vostri occhi

• La distanza degli occhi dallo schermo deve essere tra i 50 e gli 80 centimetri • La posizione dello schermo deve essere tale da evitare riflessi e abbagliamenti • Lo schermo deve essere mantenuto costantemente pulito • Regolare il contrasto e la luminosità dello schermo • La posizione della tastiera deve permettere l’appoggio dei polsi al bordo del tavolo • Gli oggetti di cui si ha bisogno più frequentemente devono essere a portata di mano • Cambiare posizione frequentemente • Se si portano occhiali, controllare se sono adatti alle speciali distanze visive; sottoporsi

eventualmente ad una vista oculistica preventiva