MOTO GUZZI CALIFORNIA 1400 TOURING SE -...

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All’Interno NEWS: Mercato a novembre volano le moto | MOTOGP: Bastianini “Gli ultimi due giri sono fondamentali” SBK: Scassa “Da Laguna in poi la moto è cresciuta tantissimo” | Dakar: Barreda A caccia dell’eredità di Coma? Numero 224 09 Dicembre 2015 67 Pagine Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Proposte Le cinque moto che vorremmo tornassero Prova Husqvarna 701 Enduro. La prima dual-sport della nuova gestione Nico Cereghini Oggi Jarno Saarinen avrebbe settant’anni | PROVA CUSTOM | MOTO GUZZI CALIFORNIA 1400 TOURING SE da Pag. 02 a Pag. 11

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All’InternoNEWS: Mercato a novembre volano le moto | MOTOGP: Bastianini “Gli ultimi due giri sono fondamentali” SBK: Scassa “Da Laguna in poi la moto è cresciuta tantissimo” | Dakar: Barreda A caccia dell’eredità di Coma?

Numero 22409 Dicembre 2015

67 Pagine

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Proposte Le cinque moto che vorremmo tornassero

ProvaHusqvarna 701 Enduro. La prima dual-sport della nuova gestione

Nico CereghiniOggi Jarno Saarinen avrebbe settant’anni

| PROVA CUSTOM |

MOTO GUZZI CALIFORNIA 1400 TOURING SEda Pag. 02 a Pag. 11

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MOTO GUZZI CALIFORNIA 1400 TOURING SE L’ultima arrivata nella gamma California, che arricchisce ulteriormente l’allestimento Touring di Francesco Paolillo

PROVA CUSTOM

Moto Guzzi California 1400 Touring SE Prezzo 20.690 €PREGI Estetica e finiture DIFETTI Funzionalità Cruise Control

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È l’ultima arrivata nella gamma California, che così arriva a con-tare cinque versioni differenti (Touring, Touring SE, Custom, Eldorado e Audace), e che - or-mai possiamo dirlo con ragione-

vole certezza - si amplierà ulteriormente con la bagger derivata dalla coraggiosa concept MGX-21 ammirata al Salone di Milano dello scorso anno. La California 1400 Touring SE si presenta con un allestimento più ricco rispetto alla “sem-plice” Touring (di cui potete leggere qui la nostra prova), dalla quale che pur fungendo da base di partenza, si differenzia per le colorazioni bicolo-re in grigio, chiaro o scuro, e per le dotazioni vo-tate a esaltarne ulteriormente le caratteristiche di moto da turismo. Ecco allora una coppia di de-flettori per l’aria che incrementano la protezione

per il guidatore, mentre il maniglione posteriore con schienalino incrementa il comfort di viaggio per il passeggero. A innalzare ulteriormente il livello già eccellente delle finiture della cruiser di Mandello ci pensano due nuovi foderi croma-ti per la forcella, rispetto a quelli in nero lucido delle altre versioni. Questi cambiamenti portano naturalmente a un leggero aumento di prezzo, nell’ordine dei 500 euro, elevando il listino della California Touring SE a 20.690 euro f.c., quota-zione importante ma compensata da una dota-zione sconosciuta alla concorrenza. Escluden-do, infatti, gli accessori tipici delle cruiser come le borse laterali, parabrezza e cruise control, la California 1400 propone una dotazione elet-tronica da prima della classe, votata al comfort di guida ma anche alla sicurezza. Il bicilindrico da 1.380 cc è tenuto a bada da un controllo di

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trazione (MGTC) più unico che raro nella catego-ria, mentre la tecnologia Ride by Wire consente di contare sulla possibilità di impostare tre dif-ferenti mappature del bicilindrico, (Pioggia, Tu-rismo, Veloce) in base alle condizioni d’uso. Le tre modalità si possono impostare in qualsiasi momento semplicemente agendo su un pulsan-te posizionato sul blocchetto destro, e cambia-no la personalità del bicilindrico di Mandello in tempo reale. Quello che non cambia sulla Cali-fornia SE è la sensazione di qualità che si prova guardandola e guidandola. Coricata su un fianco come una matrona romana, la cruiser italiana si fa ammirare per il mix equilibrato tra classicità e innovazione, confezionato con cura, come dimo-strano gli assemblaggi ben eseguiti con materiali di pregio. Unico appunto, le cerniere delle bor-se laterali in bella vista, che di bello hanno ben

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poco. La qualità, percepita nel guardarla e nel toccarla viene esaltata ancor più guidandola. Qui la California 1400 Touring SE non ha rivali, come abbiamo più volte scritto e affermato provando i modelli e le versioni della famiglia “California”, dalla prima Custom fino alle più recenti Audace ed Eldorado. La dinamica di guida di questa crui-ser è un gradino sopra rispetto alla concorrenza, con particolare considerazione per il comfort ma anche per il piacere di guida, sia che si percorra un lungo nastro d’asfalto, o un itinerario ricco di curve. Nel primo caso ci si scontrerà solo con la funzionalità del cruise control, che una volta im-postato non permette di aumentare e diminuire la velocità. Un piccolo neo che di certo non offu-sca l’immagine della cruiser di Mandello, che sa farsi perdonare e che ci ha conquistati fin dalla sua prima apparizione.

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Moto Guzzi 1400 Touring SE 20.690 euro

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Cilindrata 1.380 cc Tempi 4Cilindri 2 Raffreddamento ad aria/olio Avviamento elettrico Alimentazione iniezioneFrizione monodisco Potenza 96 cv - 71 kw - 6.500 rpm Coppia 12 kgm - 120 nm - 2.750 rpm Emissioni Euro 3 Numero marce 6 Capacità serbatoio carburante 20,5 ltABS Sì Pneumatico anteriore 130/70 R 18” Pneumatico posteriore 200/60 R 16” Peso a secco 322 Kg

Casco GiviGiubbotto SpidiGuanti SpidiScarpe TCX

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HUSQVARNA 701 ENDURO

L’Husqvarna presenta la sua prima dual-sport della nuova gestione. Il motore è un fenomeno

prestazionale, mentre il telaio la rende ideale sia sul lento che nel veloce. Ottime le finiture, meno il

prezzo e le vibrazioni sull’asfalto di Andrea Perfetti

PROVA OFF ROAD

Husqvarna 701 Enduro Prezzo 9.280 €PREGI Ottime prestazioni e qualità generale DIFETTI Vibrazioni sul manubrio

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N ovembre 2015: se amate il marchio Husqvarna, segna-tevi questa data. La storica industria motociclistica (fu fondata a nel 1903) torna a proporre moto stradali sotto

la gestione di KTM AG, che ha rilevato la proprie-tà da BMW nel 2013. Arriveranno infatti pres-so i concessionari nel mese di dicembre le due novità che stiamo provando, le 701 Supermoto e 701 Enduro. Sono moto di nicchia, è prevista una produzione annuale di 4.000 pezzi circa. Ma segnano un percorso ben preciso, che nel giro di circa cinque anni porterà la Casa austro-svedese a ricoprire un ruolo di primo piano nel mercato europeo delle due ruote. Le ambizioni dei mana-ger Husqvarna sono toste, il target è diventare il terzo player del Vecchio Continente (alle spalle

di KTM e BMW quindi). La gamma 701 è il primo tassello, ma non dimentichiamo le concept 401 Vitpilen e 401 Svartpilen viste nel 2014 a Eicma. Le indiscrezioni le danno in arrivo nel 2016, ma crediamo che Husqvarna possa riservare altre sorprese anche al vicino salone di Milano. Le Husqvarna 701 non ci devono sorprendere, la Casa ha un passato prestigioso nella velocità, che la vide protagonista nelle corse degli anni trenta anche al celebre Tourist Trophy sull’Isola di Man. Nel secondo dopo guerra estese il suo in-teresse alle gare di fuoristrada; qui presentò mo-delli innovativi, pensiamo ad esempio alla 501 del 1983, una moto a quattro tempi leggera e mo-derna, antesignana delle moto che ancora oggi riscuotono ampi consensi in questo segmento. Il 2015 incorona la gestione della nuova proprie-tà (KTM AG), perché al di là di ogni polemica

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seguita alla cessione del marchio da parte di BMW, parlano i fatti. E questi ci dicono che nel 2014 sono state vendute oltre 16.300 Husqvar-na nel mondo. Si tratta del record nei 113 anni di storia del brand, segno evidente che in Austria stanno lavorando molto bene. Le Husqvarna 701 Supermoto e Enduro costano rispettivamen-te 9.540 e 9.280 euro franco concessionario e sono omologate per il trasporto del passeggero. Grazie alla mappa del motore specifica A2, con potenza di 30 kW, la 701 ENDURO può essere guidata dai possessori di patente A2.

Motore mono strapotente e poco pesoE’ questa la ricetta delle 701. Il loro motore mo-nocilindrico 4 tempi di 690 cc sviluppa 67 cavalli e pesa solo 43 kg. Già questi numeri vi ricordano

qualcosa, vero? Le nuove Husqvarna condivi-dono infatti la piattaforma di telaio e di motore delle KTM 690 Enduro e SMC. Rispetto a queste cambiano diversi dettagli. In primis, com’è ov-vio, l’estetica, che non si limita certo alla livrea e agli adesivi. Sono inedite tutte le plastiche e i fanali (quello posteriore è a led e ha una foggia quadrata davvero minimal). Lo scarico è dedica-to e la sella dà un’ergonomia parecchio diversa. Prima di tutto è gigantesca e va dal tappo del serbatoio (posteriore, da 13 litri) sino ai fianchi del radiatore. E poi ha una consistenza favolosa, è morbida senza essere cedevole e filtra le vi-brazioni in modo lodevole. Il mono 690 (102x84 mm) dispone di 67 cavalli a 7.500 giri e di una coppia pari a 67 Nm a 6.000. L’acceleratore ha il comando ride by wire, che governa l’iniettore da 46 mm della Keihin. Il pilota può selezionare le

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tre mappe (standard, soft e advanced), agendo sullo spinotto posto sotto la sella. Come antici-pato, la benzina è contenuta nel telaio posteriore in materiale plastico, che ha una funzione por-tante. L’airbox si trova quindi sopra il motore, in una zona riparata e pulita. Il motore LC4 dispone del contralbero antivibrazioni nel basamento. Non si tratta quindi del monocilindrico destinato alla KTM 690 Duke 2016, che infatti non sarà im-piegato neanche sulle altre 690 (Enduro e SMC) del costruttore austriaco. I tagliandi sono previ-sti ogni 10.000 km. Per la versione Enduro arri-veranno presto un cupolino alto e un serbatoio aggiuntivo anteriore da 7 litri, che faranno di lei una piccola advnture adatta alle piste desertiche del Nord Africa. Il cambio ha sei rapporti e la fri-zione con comando idraulico Magura è dotata di antisaltellamento APTC.

Telaio a traliccio e sospensioni da corsaLe Husqvarna 701 sono moto destinate all’u-tilizzo stradale, ma sanno anche divertire in pi-sta (la Supermoto) e in fuoristrada, persino se impegnativo (la Enduro). Per farlo sono state equipaggiate dalla nascita con un solido telaio in acciaio al cromo-molibdeno e con sospensioni di grande qualità (interamente regolabili). Il for-nitore è WP, marchio che appartiene al gruppo KTM. Il telaio pesa 8,4 kg ed è vincolato al forcel-lone in alluminio che ferma l’ago della bilancia a 3,9 kg. Entrambe le versioni sono dotate di ABS Bosch 9.1 MP, che prevede anche la funzione Enduro e Supermoto, che lascia il sistema attivo sull’anteriore e disattivo dietro. L’ABS è in ogni caso anche disinseribile completamente.

Husqvarna 701 Enduro e Supermoto: cosa c’è di diverso?Le due versioni hanno in comune il motore, il telaio e le sovrastrutture. Sono diverse le ruote e le sospensioni. La Enduro impiega cerchi neri DID (con camera d’aria) a raggi da 21 e 18 pollici, con pneumatici Continental TKC 80 (90/90-21 davanti e 140/80-18 dietro). L’impianto Brembo conta su una pinza flottante a doppio pistoncino per il disco wave flottante da 300 mm anteriore e una pinza fissa a pistoncino singolo per il disco da 240 mm posteriore. La 701 Enduro riceve da WP la forcella a steli rovesciati a cartuccia chiu-sa, denominata 4CS. È dotata di quattro camere separate ed è specifica per questo modello. Al pari del mono-ammortizzatore dotato di leve-raggio, ha 275 mm di escursione, un valore vici-no a quello delle moto da enduro destinate alle gare. Le piastre della forcella sono lavorate CNC

e anodizzate nere. Il manubrio è fissato su riser con tamponi in gomma sia su Supermoto che Enduro, ma lo smorzamento delle vibrazioni – come vedremo – è molto diverso tra le due. La 701 Supermoto ha una forcella WP a steli rove-sciati con 215 mm di escursione e prevede le re-golazioni di compressione e ritorno separate sui due foderi. Il mono-ammortizzatore WP 4618 regala un’e-scursione alla ruota posteriore di 250 mm ed è anch’esso completamente regolabile. Le ruote Giant a raggi tubeless, anodizzate nere, misura-no 17 pollici e impiegano pneumatici Continen-tal ContiAttack Supermoto (120/70 e 160/60 all’anteriore e al posteriore). La Supermoto ha un impianto Brembo dedicato; la pinza radiale ha 4 pistoncini, che azzannano il disco flottante da 320 mm, mentre dietro c’è un disco flottante da 240.

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La nostra prova su strada: Husqvarna 701 EnduroVe le ricordate, le moto da enduro monocilindri-che dei mitici anni 80 e 90? Ci facevi di tutto, ma per davvero. Lavoro, scuola, gite e soprattutto tanto sano divertimento a grufolare come maiali nel fango. Erano buone sui sentieri delle nostre montagne, ma spesso diventavamo macchine da divertimento puro sulle dune di sabbia del vi-cino Nord Africa. Ecco, la Husqvarna 701 Endu-ro nasce con la medesima missione. Su strada scorrazza senza problemi, è potente (67 caval-li) e leggerissima (145 kg). Ma consuma anche poco (circa 20 km/l) e ha tagliandi da stradale (ogni 10.000 km). Le premesse sono buone. Non ci resta che metterla alla prova sui fantastici percorsi del Portogallo, resi viscidi dalla pioggia caduta nelle ore che hanno preceduto il nostro

test. La posizione in sella è comoda e molto si-mile a quella di una moto da enduro da compe-tizione. C’è più spazio e la sella nuova (apposi-tamente costruita in Canada per Husqvarna) è molto confortevole. Si rivela un po’ scivolosa, nonostante la zigrinatura, ma ha il pregio di as-sorbire tutte le vibrazioni indirizzate alle chiappe di pilota e passeggero (in questo è nettamente migliore rispetto alla sella montata sulla cugi-na KTM 690 Enduro). Le vibrazioni sono invece ben presenti sulle pedane e soprattutto sul ma-nubrio e disturbano nei trasferimenti stradali con alte velocità di crociera. Con questa nota ci lasciamo alle spalle i difetti e iniziamo a par-larvi dei pregi della 701 Enduro, che sono tanti. Su strada la Husqvarna corre forte e frena si-cura, grazie all’ABS. Il motore regala un grande piacere, è sempre pronto in uscita di curva e ha

un’erogazione esagerata. A parte qualche strap-po ai bassi, ovvio per un mono di 690 cc, ai medi ha una spinta regolare e possente che prosegue con un allungo impetuoso fino a oltre 8.000 giri. Anche tra le bicilindriche sono poche le moto capaci di eguagliare queste prestazioni sui per-corsi misti. Le gomme tassellate di primo equi-paggiamento si comportano bene sull’asfalto asciutto, mentre richiedono prudenza su quello bagnato. La strumentazione è ridotta all’osso e, visto l’impiego dual, ci sarebbe piaciuta una unità più completa e dotata almeno del conta-giri. In fuoristrada la 701 diverte un casino. Sui percorsi rallistici va a nozze e procede sicura anche a velocità paurose (oltre i cento orari per capirci). Si guida bene in piedi, grazie ai convo-gliatori stretti, ed è fantastica da gestire col gas in uscita dalle curve. La nuova Enduro va molto

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bene anche sui percorsi enduristici. Le sospen-sioni sono scorrevoli e non richiedono interventi di sorta sulle regolazioni. Il serbatoio posteriore aumenta la trazione e consente alla 701 di scala-re sentieri dalle pendenze disumane; di contro, a pieno carico, si avverte un po’ di inerzia da parte della ruota posteriore nel rientrare dai traversi di potenza (lo si avverte quando si guida al limite, sfruttando la grande potenza del motore). La 701 è agile e, grazie alla erogazione dolcissima del grande mono, si destreggia alla grande anche nello stretto, dove risulta penalizzante soltanto l’ampio raggio di sterzata. La frenata Enduro, con ABS attivo sull’anteriore, è perfetta. Non si avverte praticamente mai il suo intervento, mentre il bloccaggio del freno posteriore regala il tipico feeling enduristico. Con la Husqvarna 701 Enduro dimenticatevi pure furgone, carrello e complicazioni varie. Con lei si parte da casa e si comincia a esplorare. Se poi l’esplorazione vi porta lontano, tanto meglio!

Casco AcerbisMaglia e pantaloni AcerbisGuanti AcerbisStivali Acerbis

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Cilindrata 690 cc Tempi 4Cilindri 1 Raffreddamento a liquido Avviamento elettrico Alimentazione iniezioneFrizione multidisco Potenza 67 cv - 49 kw - 7.000 rpm Coppia 67 nm - 6.500 rpm Emissioni Euro 3 Numero marce 6 Capacità serbatoio carburante 13,5 ltABS Sì Peso a secco 145 Kg

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DUCATI SCRAMBLER ITALIA INDEPENDENTdi Edoardo Licciardello | Una nuova versione di Scrambler presentata a Miami con una sinergia fra i due marchi italiani

A rt Basel, prestigiosa mostra d’arte contemporanea che si tiene ogni anno a Miami è stata l’occasione per la presentazione (nella cornice del

Setai Hotel) di un nuovo allestimento di Scram-bler in serie limitata. Già annunciato in occasione della Ducati World Premiere, il nuovo Scrambler Italia Independent nasce da una collaborazione

fra i due marchi e si accompagna ad una collezio-ne di occhiali da sole che ne riprende i temi e le colorazioni. Saranno diverse le cooperazioni fra i due brand nel corso di un accordo triennale che vedrà Italia Independent (un brand di creatività e stile fondato da Andrea Tessitore e Lapo Elkann) e Ducati sviluppare diversi prodotti della colle-zione Scrambler.

News

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Lo Scrambler Italia Independent è una decli-nazione in chiave café racer della 800, carat-terizzata da diversi tocchi estetici e tecnici che la valorizzano rispetto all’originale. Spicca l’azzeccata finitura tutta nera opaca e bronzo (la colorazione di cerchi e telaio è stata defini-ta Night Copper) ma vanno notati anche il mo-tore nero con lavorazioni a vista ed alettature fresate che richiamano un po’ le raffinate lavo-razioni di macchina della gamma alta Diavel, lo

scarico Termignoni nero opaco e il manubrio basso con specchietti bar-end. Realizzata in soli 1.077 esemplari (con targhetta in alluminio nu-merata sul telaio) Scrambler Italia Independent si riconosce anche dal logo Scrambler Ducati - Italia Independent sulle guance del serbatoio e sulla sella in pelle. Il nuovo Scrambler Italia Inde-pendent sarà disponibile a partire dalla primave-ra 2016 al prezzo di 11.977 euro franco conces-sionario.

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MERCATO A NOVEMBREVOLANO LE MOTO (+33%), TOTALE A +27%. LE TOP 100di Maurizio Gissi | Novembre incide poco nel totale annuo, ma in ogni caso l’aumento delle immatricolazioni rispetto al 2014 è stato notevole. I primi 11 mesi sono positivi per moto e scooter del 9,5%. Sempre in calo però i ciclomotori. GS 1200 resta prima fra le moto

N ovembre conferma il trend posi-tivo del mercato moto e scooter oltre i 50 cc che prosegue ormai dagli ultimi mesi dell’anno scorso.

Nel mese appena concluso le immatricolazioni moto e scooter hanno raggiunto le 7.328 unità, con un aumento pari a +27,3% rispetto a dodici mesi prima. Le moto sono state 2.293 (ovvero +33,5%), e gli scooter sono cresciuti del 24,7% registrando 5.035 immatricolazioni. Sono calati

ancora i cinquantini, anche se con solo un -1,6%, fermandosi a sole 1.198 unità vendute. Il mese di novembre è uno dei meno influenti sul totale dell’intero anno, pesa circa il 4%, in ogni caso gli incrementi sono stati percentualmente molto interessanti. Nello stesso mese del 2014 il mer-cato totale aveva perso il 5% (addirittura il 16% se si teneva conto delle vendite Piaggio a Po-ste Italiane registrate a novembre 2013), con le moto che erano invece aumentate di un +4,7%.

Mercato

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Guardando a quello che sta accadendo nel mer-cato automobilistico, dove peraltro le auto in-testate a società e noleggi sono state una com-ponente rilevante, novembre ha visto un +23% nelle immatricolazioni e i primi undici mesi del 2015 toccare il +15,5% ritornando ai volumi del 2011.

Immatricolazioni gennaio-novembreI primi undici mesi del 2015 vedono il totale delle immatricolazioni a 166.150 unità: +9,5% (nel-lo stesso periodo del 2014 l’incremento si era fermato a +1,2%), con le moto a quota 60.837 immatricolazioni (+14,7%) e con gli scooter in attivo con un buon +6,6% e vendite complessi-ve a 105.313 pezzi. Se si esclude marzo, tutti gli altri mesi del 2015 hanno registrato vendite mag-giori nei confronti dell’anno scorso. I ciclomotori accusano invece ancora perdite a doppia cifra, scendendo a 22.232 registrazioni in undici mesi e vedendo il confronto anno su anno a -13,2%.

La Top 100 Moto gennaio-novembreLa classifica delle moto più vendute è la foto-copia di quella vista a ottobre fin quasi alla ven-tesima posizione, vuoi perché il numero delle moto vendute a novembre è piccolo rispetto al totale registrato in undici mesi, e vuoi perché il mercato si è stabilizzato da alcuni mesi in rela-zione ad arrivi di novità a disponibilità presso la rete. Da ricordare ancora una volta come le maxi enduro/crossover siano le più vendute (sono quattro nelle prime cinque posizioni), mentre le prime dodici in classifica si dividono equamen-te fra questa categoria e le naked/classiche. La Harley-Davidson 883 Iron, tredicesima, è la pri-ma custom; la KTM Duke 125, diciassettesima, è la prima ottavo di litro, le Ducati Hypermotard (tre versioni) sono le prime rappresentanti del-la categoria derivazione supermotard (posizio-ne numero 27), mentre la prima super sportiva si conferma la Yamaha R1, con 478 unità ven-dute e la conquista del 30° posto in classifica.

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Passando ai dati forniti da Ancma, si nota come la categoria più venduta sia quella delle oltre 1000 cc (18.519 unità e una crescita inferiore della me-dia del mercato:+2,8%). Seguono le 800-1000 con 17.865 veicoli venduti e un impennata pari al +39,4%. Le cilindrate intermedie tra 650 e 750, con 11.084 unità hanno una crescita del +4,9%. Il segmento delle 300-600, con 6.750 unità. ot-tiene un +7,8%. Le moto 150-250 con 2.025 ven-dite segnano un +3,7%. Interessante lo sviluppo delle 125, con 4.594 unità vendute pari al +35%. Il dato positivo è quindi constatare come in tutte le fasce di cilindrata ci sia stato l’aumento delle vendite Le naked rafforzano il primo posto con 23.541 pezzi e una forte crescita pari al +33,3% (ma va sottolineato come la Tracer, seconda in classifica, continui a essere erroneamente

classificata come naked...). Le enduro stradali con 18.874 vendite (a cui andrebbero aggiunte però le 2.600 Tracer) spuntano un +4,7%. Al terzo posto le custom in leggero progresso con 6.030 moto e un +4%. Seguono le moto da turi-smo con 5.608 veicoli e un buon +21,2%. Anche le sportive con 3.858 unità crescono del 18,7%. Arretrano invece le supermotard con 1.962 moto e una flessione del 22,3%.

La Top 100 Scooter gennaio-no-vembreAnche per quanto riguarda il segmento scooter non ci sono novità nella prime dieci posizioni della classifica generale, da gennaio a otto-bre, se si esclude la Vespa 300 GTS che perde una posizione ed esce dalla top ten. A parte il

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consueto predominio degli SH Honda, e il con-trollo delle prime 21 posizioni da parte di soltanto tre costruttori (Honda, Piaggio, Kymco e Yama-ha), spulciando la graduatoria si nota come Ya-maha Tricity sia diventato il tre ruote più vendu-to (1.077 unità) spodestando Piaggio MP3 (603 unità comprese le vendite a Enjoy). Fra i maxi scooter il TMax è sesto assoluto con oltre 4.000 pezzi contro i 631 BMW C Sport (37esimo) e i 566 Suzuki Burgman 650 (che è 43esimo). Da rilevare come il BMW C Evolution (93esimo) sia in assoluto il primo veicolo elettrico con 108 uni-tà vendute fino a novembre. Come rileva Ancma, l’analisi per cilindrata conferma l’importanza degli scooter 125 con 37.517 vendite, pari al +14,3%, mentre i 150-200 con 22.180 unità arre-trano dell’1,2%. In leggera ripresa i 250 (+2,5%) con 4.045 pezzi. Migliora anche l’altro segmen-to importante, quello dei 300-500, con 33.686 scooter pari al +5,2%. Infine i maxi scooter oltre 500 con 7.885 unità presentano un incremento del +4,7%. Guarda tutte le classifiche

Mercato

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LE CINQUE MOTO CHE VORREMMO TORNASSEROdi Edoardo Licciardello | Dimentichiamoci per un attimo analisi di mercato, razionalizzazione dei costi e tanti anni di colloqui con gli esperti delle case. E pensiamo a quelle moto che vorremmo riproposte

E’ u no dei grandi classici della no-stalgia motociclistica. Il rimpianto perché la tal casa o la talaltra ha interrotto la produzione di un de-

terminato modello. Nella mente di chi lo rimpian-ge, una riedizione moderna di quella certa moto farebbe sicuramente furore, anche se spesso – com’è nell’ordine delle cose – forse il successo commerciale non sarebbe realmente scontato. E’ facile fare da fuori, forti della competenza dell’appassionato, il lavoro di responsabili dello

sviluppo, direttori marketing e in generale “piani alti” delle aziende moto. Purtroppo però la pas-sione è solo uno dei tantissimi aspetti che deter-minano la fattibilità o la redditività di un modello. Aspetti che spesso subiscono influenze di fatto-ri esterni di cui non sempre ci si rende conto, a meno – appunto – di non trovarsi nella stanza dei bottoni di una delle Case costruttrici. Ci piaccia o meno, se non fosse così sarebbe facilissimo ave-re successo mentre la storia, recente e passata, è piena di marchi più o meno ingloriosamente

Proposte

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scomparsi. Ma noi siamo appassionati, oltre che addetti ai lavori. E visto che ognuno deve recitare il proprio in questo gioco dei ruoli, da bravi ap-passionati per una volta ci vogliamo dimenticare di tutte le considerazioni che nel corso degli anni abbiamo avuto come risposta dalle figure azien-dali sopra citate, e gridare a gran voce ad un po’ di case… perché non ci rifate quella moto? Se ad un primo sguardo la lista potenziale sarebbe lunghissima, in realtà abbiamo scoperto che non è affatto facile trovare modelli che non abbiano un corrispondente attuale. Almeno fra quelli che sono stati apprezzati, s’intende, perché cer-te proposte non ebbero un seguito e a tuttora non ce l’hanno per un semplice motivo: sono piaciuti davvero a pochissimi. Tuttavia, come al solito ci è toccato l’ingrato compito di una

dolorosissima selezione, discussa e vagliata in redazione, che ha lasciato fuori modelli di cui sicuramente qualcuno aspetta ed invoca il ritor-no da secoli, e che in qualche caso ha scelto un modello per identificare un’intera categoria. Un po’ perché qualche casa ha ascoltato gli appas-sionati e in qualche modo, magari rinunciando all’evocatività del nome originario, ha di fatto ricreato una versione moderna di quel modello, un po’ perché qualcuno forse lo sta per fare, e un po’ perché se no avremmo riprodotto pari pari i cataloghi di qualche decennio fa. Perdonateci, e venite a vedere cosa abbiamo scelto…

Aprilia Tuareg 125 E’ vero, i ragazzi le vogliono sportive, ma se per avvicinare alla moto quelli che non sono

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appassionati servissero “repliche” di quelle ma-xienduro e crossover che spopolano fra i loro pa-dri? Sul finire degli anni 80, anche se le piccole supersportive stavano crescendo con prepoten-za, i sedicenni sognavano le enduro e più di tutte quell’Aprilia Tuareg 125 che tanto ha contribuito alla fortuna (sia in termini economici che in quelli di percezione del marchio) della Casa di Noale. La Tuareg, nata essenziale Dakariana e poi av-vicinatasi con le successive versioni Wind alle attuali crossover (per chi voleva fare fuoristrada davvero c’era la specialistica Rally) ha insegna-to a tanti sedicenni ad andare forte su asfalto e sterrato, qualcuno ci ha fatto i suoi primi viaggi e le vacanze, e probabilmente chi ha vissuto le emozioni di quei modelli oggi è ancora motoci-clista. Oggi, è vero, le sportive sono le 125 che vanno per la maggiore, ed essendo molto meno

estreme delle loro antesignane a due tempi de-gli anni 80 sono anche un po’ più versatili, per-mettendo… destinazioni d’uso non contemplate dalle cattivissime “Sport Production” dei tempi delle Tuareg. Ma sarebbe bello anche rivedere quelle “enduro” di una volta, magari qualche se-dicenne che sogna le maxi lo si avvicinerebbe…

BMW HP2 Alzi la mano chi si aspettava la prima HP2. Ma se anche parlassimo di Megamoto, o HP2 Sport, il discorso non cambierebbe: a parte qualche va-naglorioso bugiardo, pochissimi potrebbero in tutta onestà sostenere di non essere rimasti a bocca aperta davanti ai tre esperimenti bavaresi usciti dal laboratorio HP. La stessa HP4, pur es-sendo un modello pazzesco, alla fine della fiera era più vicina ad una “semplice” S1000RR che

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non ai modelli speciali spinti dal boxer BMW. Che giustamente, a tutt’oggi sono ricercatissimi (e pagati a caro prezzo) dagli appassionati di tutto il mondo perché dotati di soluzioni tecniche davve-ro avanti per l’epoca, e di estetiche tanto riuscite da entrare per direttissima nella categoria delle moto senza tempo. Pur ammirando tantissimo la gamma BMW attuale, ci manca un po’ quella follia che all’inizio del nuovo millennio ha dato vita alle HP2. E’ vero, il mercato premia altri mo-delli e sta dando ragione senza se o ma grosso-modo a tutte le proposte della gamma bavarese, ma pur ammirando tantissimo le ultime novità a due e quattro cilindri BMW, crediamo che ci sa-rebbe spazio anche per moto come quelle HP2. In fondo il nuovo boxer raffreddato ad acqua è ancora più prestante di prima, ci si potrebbero tirare fuori potenze inesplorate da un bicilindrico contrapposto di serie e la gamma di declinazioni esplorabili è ben lungi dall’essere conclusa: vi im-maginate, per esempio, una naked cattivissima che porti ancora oltre i concetti della Concept

Roadster con le potenzialità del nuovo motore? Insomma dai, BMW, facci sognare di nuovo con qualche giocattolo (costosissimo, lo sappiamo, ma sognare è gratis…) che sappia trasmetterci lo stesso senso di unicità e personalità di quelle tre, folli, HP2 del decennio scorso.

Ducati 900SS Non sono pochi gli appassionati ormai un po’ stufi di potenze francamente esagerate. Caval-lerie non solo insensate (per quanto gratificanti, lo ammettiamo) per l’uso stradale, ma che han-no ormai trasformato in kartodromi la maggior parte dei circuiti quando ci si entra con una maxi sportiva. Facendo finta di dimenticarci le condi-zioni in cui versa il mercato delle sportive medie in Italia – ma nel resto del mondo la situazio-ne non è molto diversa – viene da rimpiangere quella Ducati 900SS che, soprattutto nella sua versione di inizio anni 90, aveva coniugato in una ricetta gustosissima pochi, semplici ingre-dienti dando vita ad un piatto il cui risultato era

Proposte

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decisamente migliore della somma delle sue componenti. Tutti siamo allettati dalle propo-ste che escono dalle grandi cucine dei ristoranti stellati, ma volete mettere quanta soddisfazione possa dare un piatto di spaghetti alla carbonara dove tutti gli ingredienti sono stati sapientemen-te calibrati e cucinati? La 900SS era così. Spinta da quel bicilindrico con due valvole per cilindro a comando desmodromico che aveva sostenuto l’azienda per tutti gli anni 70 e gran parte degli 80, la SuperSport era leggera, spartana (sia pur con diversi tocchi di classe quanto a finiture) e con una ciclistica efficace. Stabile ma allo stesso tempo maneggevole – perché i chili in meno si sentivano – sul lento faceva sudare sette camicie ai quattro cilindri e alle sorelle maggiori Desmo-quattro perché saltava fuori dalle curve come spinta da una fionda, e se ben messa a punto anche in pista sapeva farsi valere. Invocare un ritorno del due valvole è poco sensato, soprat-tutto oggi che Ducati si sta muovendo (giocofor-za) in senso contrario. Ma pensiamo che un bel

motorino relativamente semplice come il 937cc che spinge la famiglia Hyper starebbe benissimo su una sportivetta leggera, semplice per quanto possibile, accessibile prestazionalmente e tan-to, tanto gustosa, che lasci alla futura Panigale 959 il compito di modello d’accesso alla gamma Superbike ma si riveli bella da usare su strada e magari anche sui circuiti più tortuosi. Magari con sovrastrutture e livrea un po’ anni 80….

Suzuki RGV 250 Gamma Il due tempi è stato lentamente ucciso. Dalla fine degli anni 80, quando sono sparite le repliche delle 500 da Gran Premio, fino all’eliminazione della classe 125 nel motomondiale una manciata di stagioni fa, il motore a luci e travasi è caduto vittima di campagne ecologistiche (a volte de-magogiche, altre volte figlie di pura convenien-za economica per le Case costruttrici) che ne hanno decretato la sparizione. Quale che sia il motivo, fatto sta che questo genocidio tecnico ha decretato la sparizione di una categoria di

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moto meravigliose. Abbiamo scelto la Suzuki RGV come sua rappresentante perché è stata quella di maggior successo, nel corso degli anni, qui sul nostro mercato. Quando è nata, figlia del-la RG a cilindri paralleli, è entrata direttamente nel gotha delle moto più desiderate dagli appas-sionati. Il “colpaccio” di produrla in livrea Pepsi in contemporanea alla definitiva consacrazione di Kevin Schwantz nel motomondiale ha forse rappresentato una fortunata coincidenza, ma in tutte le sue evoluzioni la Suzuki RGV-Gamma è stata una delle sportivette più amate del mondo e qui da noi. Leggera, cattiva, efficace in pista e – pur se affilata – accessibile prestazionalmen-te da molti, è stata la nave scuola di tantissimi motociclisti sportivi che passavano dalla 125 alle cubature superiori, ma anche una scelta di downgrade consapevole per tanti che, stufi delle superpotenze, cercavano una moto dalle pre-stazioni esilaranti su strada e in circuito. Farsi sverniciare sui rettilinei era un sacrificio più che

accettabile, paragonato al gusto di recuperare decine di metri in staccata e percorrenza, sfrut-tando leggerezza e doti ciclistiche: dopotutto la capacità del pilota non si misura “sul dritto”. Avremmo potuto scegliere con un po’ di campa-nilismo l’Aprilia RS, che peraltro deve alla RGV la sua base motoristica, ma la storia della Suzuki è ben più lunga e – per certi aspetti – significati-va. Immaginarsi un ritorno dei piccoli siluri a due tempi è poco realistico, visti gli innegabili proble-mi di efficienza (e quindi di emissioni) di questo tipo di motore. Allo stesso tempo siamo convinti che con i necessari investimenti per applicare al due tempi i più moderni ritrovati tecnologici in tema di alimentazione e gestione elettronica il quadro si farebbe sicuramente molto meno ne-gativo. Il problema sta proprio lì, nella parola “in-vestimenti”. Ma d’altra parte lo abbiamo detto in apertura, no? Siamo appassionati, non dirigenti di Case costruttrici…

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Malaguti Fifty Top Il mitico tubone, che prendeva il nome dal sem-plicissimo ed efficace telaio/serbatoio a tubo. Ma volete mettere cos’era il Fifty (ma anche tutti i suoi mille cugini, nati come funghi con innume-revoli marchi negli anni 80) rispetto agli imper-sonali, seppur prestanti, scooterini che hanno scritto la storia della mobilità adolescenziale del decennio successivo? Intanto le marce, il fasci-no del padroneggiare la frizione e quel pedale, semplice o a bilanciere, che faceva subito sentire di una classe a parte, più moto che motorino, e guardare con superiorità i monomarcia, massi-mo massimo con variatore, che al primo accen-no di salita si piantavano ingloriosamente. I cin-quantini a marce, di cui il Malaguti Fifty è stata la declinazione più commercialmente fortunata in tutte le versioni, hanno formato migliaia di mo-tociclisti perché si guidavano un po’ come moto vere. Freni a disco, cruscotti con tachimetro e

contagiri, raffreddamenti a liquido – si scendeva dal tubone pronti a salire sulla 125, specie per-ché era davvero facilissimo farli volare ben oltre i limiti di legge. Luca Cadalora si fece una reputazione ancora prima di iniziare a correre facendo piangere tan-ta gente in sella a moto “vere” in discesa sulla statale dell’Abetone, e tante aziende – qual-cuna viva e vegeta anche oggi, qualcuna ormai dimenticata – ha fatto fortuna vendendo gruppi termici, carburatori e scarichi per i cinquantini a marce spinti dai quattro (e sei) marce Minarelli e Morini. La categoria dei 50cc è agonizzante se non de-funta, schiacciata soprattutto da costi assicura-tivi fuori controllo, da paure genitoriali e soprat-tutto da uno scarso interesse dei giovanissimi. Siamo sicuri che mezzi come i vecchi tuboni, economici e divertenti da guidare, non potrebbe-ro dare una (piccola) scossa al sistema?

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I TESISTI IED INCONTRANO IL CAPO DESIGN BMW EDGAR HEINRICHI tesisti dello IED di Milano sono al lavoro sulla nuova BMW G 310R. Durante EICMA hanno avuto l’occasione di incontrare Edgar Heinrich, che è a capo del design di BMW Motorrad, e di ricevere utili indicazioni sullo sviluppo dei loro progetti

C ome già sanno i lettori di Moto.it, anche quest’anno stiamo seguendo un gruppo di studenti dell’Istituto Europeo di Design di Milano che di-

scuteranno la loro tesi nel 2016. Gli studenti che frequentano il terzo anno dei corsi di Product Design e di Scenografia nella sede milanese dello IED sono stati coinvolti da BMW Motorrad Italia in un progetto di allestimento e di lancio dell’ine-dita G 310R. La nuova monocilindrica tedesca,

dedicata a un pubblico per certi versi non tradi-zionalmente BMW, è stata presentata ufficial-mente al pubblico durante la recente 73esima edizione di EICMA. Nei padiglioni della Fiera milanese, studenti e docenti, guidati da Giaco-mo Bertolazzi, coordinatore dei corsi di Product Design, hanno avuto l’occasione di toccare con mano la nuova moto e di salirci in sella. E soprat-tutto hanno avuto l’opportunità di incontrare il responsabile del design di BMW Motorrad, Edgar

Iniziativa

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Heinrich, in un apposito evento e di ricevere uti-lissime indicazioni sul design del nuovo modello e sulle sue particolarità. Per BMW Motorrad Ita-lia erano presenti Alberto Marazzini, product ma-nager, e Andrea Ferrari, responsabile marketing, che sono il tramite fra i tesisti e la filiale italiana del marchio di Monaco in questa interessante attività di collaborazione fra industria e forma-zione. Edgar Heinrich ha raccontato l’incredibile storia del Marchio tedesco, nato con gli aerei e divenuto poi un punto di riferimento nel mondo delle moto e delle auto grazie ai motori sportivi e a linee essenziali che hanno fatto tendenza negli ultimi 50 anni. Il designer ha fatto una affasci-nante sintesi dell’evoluzione della moto in Euro-pa. Negli anni 50 è stata uno strumento essen-ziale per la mobilità, in seguito il boom dell’auto l’ha messa in secondo piano. Ma oggi le moto tornano a essere grandi protagoniste nel design e nella cultura; piacciono perché trasmettono emozioni e passione. Edgar Heinrich ha poi spie-gato la filosofia BMW applicata ai vari segmenti di

mercato in cui è presente. Nel segmento Adven-ture al primo posto c’è la funzionalità, con stret-ti legami al mondo militare. Nello sport ci sono i colori, il dinamismo. Nel roadster non c’è solo la guidabilità o la funzione, è essenziale anche un’immagine forte che faccia sognare. C’è infine il segmento Heritage, nuovo per BMW: la moto deve emozionare, ma deve anche essere sicura, comoda e veloce come una moto di oggi. Edgar Heinrich: «Facciamo moto che spesso vin-cono le comparative, ma questo non ci basta più. Le nostre moto devono essere quelle che emo-zionano di più». Il grande designer sottolinea che BMW in questi anni ha dominato le classifiche di vendita e le comparative della stampa spe-cializzata grazie alla teutonica perfezione della sua gamma. In futuro la Casa di Monaco dovrà puntare non solo sulla tecnica, ma sempre più sullo stile per toccare il cuore degli appassionati. A questa meravigliosa sfida parteciperanno ora gli studenti dello IED di Milano: in bocca al lupo ragazzi!

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RIDE IN THE USAIL “DAY IN THE DIRT”di Pietro Ambrosioni | Il “Day in the Dirt” è una vera e propria festa del motocross, dove ogni anno partecipano centinaia di appassionati ad ogni livello

L o scorso weekend sono andato a fare un giro al “Day In The Dirt” a Glen He-len, una manifestazione organizzata da Kenny Alexander ed arrivata alla sua

18ma edizione. Sponsorizzato principalmente da Red Bull e Troy Lee Designs, il “Day in the Dirt” è una vera e propria festa del motocross, dove ogni anno partecipano centinaia di appassionati ad ogni livello. E quando dico ad OGNI livello intendo proprio questo: sul tracciato di San Bernardino è

facile trovare calibri del livello di Weston Peick, Josh Grant o Zach Osborne gareggiare e divertir-si spalla a spalla con vecchie leggende come Ron Lechien o Ricky Johnson e semplici appassio-nati, di quelli che trovi a giare alla domenica sul campetto dietro casa. Kenny Alexander, dicevo, è l’ideatore e promotore dell’evento. Stuntman molto apprezzato ad Hollywood (Iron Man, Fast and Furious, The Matrix Reloaded) Kenny è an-che il creatore e proprietario di Fasthouse, un

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On the road

marchio in crescita nel mondo underground del motocross ed off road californiano. Da un’idea nata per far smotazzare “quattro amici al bar”, il DITD è diventato ormai un evento irrinunciabile per le due ruote artigliate nel sud della California, e attira centinaia di partecipanti suddivisi in una miriade di categorie. Dal Vintage al Two Stroke, dalla gara a coppie ai Mini, dalle donne fino ai Pro veri e propri. Per l’occasione, il tracciato di Glen Helen viene completamente ridisegnato, al pun-to che i tempi sul giro passano i 5 minuti (Taylor Robert ha segnato sabato il tempo più veloce in 5’22”). Nel percorso viene inclusa tutta la pista di motocross, più la pista interna normalmente dedicata ad altri veicoli off-road e, come vedete dalle foto, ci sono ulteriori aggiunte intriganti, come ad esempio il tunnel (dove normalmente si formano diversi ingorghi). Anche la procedura al via è diversa, ovvero niente cancelletto, ma par-tenze in gruppo “old style” come nelle vecchie gare nel deserto: mano della frizione sul casco e marshall che controlla tutti prima che venga data bandiera verde. Sebbene quando i piloti scendono in pista l’aspettativa sia sempre quella

di un buon piazzamento o magari una vittoria, al “Day in the Dirt” l’atmosfera è moto rilassata e il tema dominante è chiaramente il divertimento. Ho potuto verificare di persona quando Weston Peick si è dovuto fermare per un problema alla sua Yamaha nella gara delle due tempi: Weston è estremamente competitivo e normalmente si sarebbe incazzato duro, ma a Glen Helen si è messo a bordo pista e ha iniziato a coprire di ter-ra gli avversari quando passavano, come farebbe un bambino in spiaggia. Per me la parte più bella, nonostante il freddo pungente di prima mattina (è pur sempre un deserto!) è stato rivedere in sella Rick Johnson e Ron Lechien, due dei tre idoli assoluti della mia gioventù (l’altro era Michele Rinaldi). Ovviamente la pancetta ha assunto ormai un ruolo prominente (in tutti i sensi) nella loro po-stura in sella e lo stile di guida non è più quello di una volta, ma rivederli in pista è sempre bello. Bello anche rivedere Troy Lee smanettare sulla sua KTM numero 25, proprio come quando qual-che anno fa si cimentava in qualche gara di AMA Supermoto.

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NICO CEREGHINIOGGI SAARINEN FAREBBE SETTANT’ANNICosa farebbe Jarno in questi giorni, e soprattutto dove sarebbe arrivato se non fosse morto a Monza nel maggio ’73? Credo che avrebbe conquistato almeno quattro titoli mondiali e fatto poi una bella carriera in Yamaha

avrebbe fatto la stessa cosa senza la rottura della catena ad Hockenheim? Secondo al-cune voci, il finlandese aveva già progettato di ritirarsi dal-le competizioni alla fine della stagione successiva, 1974; per accontentare Soili, per avere dei bambini, ma anche per de-dicarsi con tutte le sue energie alla seconda delle sue passioni: la progettazione dei motori. Lui che fin da giovanissimo si era dovuto occupare dell’impresa di pompe funebri dei Saari-nen a Turku, era riuscito tut-tavia a laurearsi in ingegneria meccanica nel 1970. Sarebbe arrivato molto probabilmente ai due titoli mondiali di quel 1973, Saarinen, 250 e 500. E l’anno dopo avrebbe anche potuto replicare la doppietta. Mi piace pensare che oggi Jar-no sarebbe un bel vecchietto, che andrebbe ancora in moto la domenica, che spesso occu-perebbe un posto d’onore nel box Yamaha in MotoGP dopo una bella carriera con loro nel reparto R&D, che sarebbe sta-to molto simpatico a Valentino e a Cadalora. A Modena nella primavera 1972 ero ai box della vecchia pista con la Canon al collo. Inviato di Motociclismo. Jarno mi strizzò l’occhio: vai all’uscita del tornante che ti faccio vedere qualche bella im-pennata con la 250. Di fare le foto me ne scordai, mai stato bravo, era troppo bello vederlo quasi verticale, raccolto nella carenatura della sua Yamaha Arwidson.

Ciao a tutti! Guar-do i miei appun-ti e vedo che in questi giorni, per esattezza l’11 dicembre,

uno dei più grandi piloti della nostra storia avrebbe com-piuto i settant’anni. Sarebbe stata una gran festa, ne sono sicuro: su Facebook avremmo visto vecchie immagini e fo-tografie più recenti, una sotto l’altra alla rinfusa, in mezzo agli auguri e alle felicitazioni di mezzo mondo. Purtroppo Jarno Saarinen da un bel pez-zo non è più tra noi. Dal 1973.

E’ morto nel curvone di Monza a maggio insieme a Pasolini, Renzo aveva trentacinque anni e Jarno non ancora ventotto. Dove sarebbe arrivato il fortis-simo pilota finlandese? Lui che veniva dalle corse di speedway sul ghiaccio, che guidava in pista con manubri super spio-venti, che andava così forte sul bagnato, che faceva due giri di prova con le Benelli 350 e 500 e batteva Agostini sul circuito cittadino di Pesaro, che sapeva conquistarti per la semplicità con cui viveva e vinceva le cor-se. Si spostava con un furgone VW insieme alla moglie Soili,

erano una coppia gioiosa, lui lavorava personalmente sulle due Yamaha che gli aveva af-fidato l’importatore Arwidson, lei esponeva la tabella dal mu-retto box per le segnalazioni. In Italia, Jarno trovava l’aiuto puntuale e spontaneo di un imolese, l’ex-pilota Domenico Battilani; li vedevi trafficare nei motori aperti senza scam-biarsi una parola, Battilani non parlava l’inglese e si capivano benissimo lo stesso. Dove sa-rebbe arrivato Saarinen, che in quel 1973 aveva le Yamaha ufficiali e aveva già vinto tutte e tre le gare della 250, e in 500

Media

MI PIACE PENSARE CHE OGGI JARNO SAREBBE UN BEL VECCHIETTO, CHE ANDREBBE ANCORA IN MOTO LA DOMENICA, CHE SPESSO OCCUPEREBBE UN POSTO D’ONORE NEL BOX YAMAHA IN MOTOGP

Editoriale

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ENEA BASTIANINIGLI ULTIMI DUE GIRI SONO FONDAMENTALIIl talento emergente della Moto3 si racconta ai microfoni di Moto.it intervistato da Nico Cereghini

E nea Bastianini, uno dei migliori rap-presentanti della nuova scuola italia-na nella Moto3, parla di sé a Nico Ce-reghini in occasione di EICMA. Di una

passione nata prestissimo – a soli 3 anni – e degli esordi in gara, prima con le minimoto a livello na-zionale ed europeo, poi il trofeo Honda NSF, la Rookies Cup e il Mondiale Moto3. Il romagnolo ci racconta anche della sua interpretazione del-le gare di Moto3, del suo metodo di allenamento e delle prospettive future, sempre con il Team Gresini anche nel 2016, con uno sguardo anche ai rivali che dovrà incontrare.

MotoGP

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LORENZO SAVADORI“VORREI LA SUPERBIKE!”di Carlo Baldi | L’iridato STK racconta la sua stagione, delle rivincite sull’anno precedente e delle sue aspirazioni di passaggio alla massima categoria

L orenzo Savadori, iridato 2015 nel Campionato Superstock, si racconta nello stand di Moto.it al microfono del nostro inviato sui campi di gara Carlo

Baldi. Un titolo perso rocambolescamente nel 2014 ma conquistato d’autorità quest’anno, che Lorenzo spera possa servirgli da passapor-to per la Superbike, dove Savadori sta cercando una sistemazione. Lorenzo riparla degli esordi in 125 prima nell’italiano e poi nel Mondiale, per poi passare alle derivate di serie dove ha avuto i suoi migliori successi.

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REITERBERGER “VOGLIO DIVENTARE UNO DEI TOP RIDER DELLA SBK”di Carlo Baldi | Il giovane pilota tedesco dovrà dimostrare di meritare la fiducia del team Althea e della BMW. E’ determinato, con le idee chiare e le carte in regola per stupire, nonostante sia al debutto in SBK

M arkus Reiterberger sta bruciando le tappe e dopo aver vinto l’ultimo campionato IDM (la Superbike te-desca) piegando piloti come Lan-

zi e Fores, il giovane pilota tedesco si appresta a debuttare nel mondiale con la BMW del team Althea. Pilota tedesco su moto tedesca, un bino-mio che fa sognare la casa di Monaco di Baviera e tutti gli appassionati teutonici. Reiterberger ha

solo ventuno anni e mentre la maggior parte dei suoi coetanei corre in Stock 1000, lui dovrà inve-ce dimostrare di meritarsi la fiducia della BMW e del team Althea. Lo abbiamo incontrato a Mona-co in occasione delle premiazioni del BMW Mo-torrad Race Trophy. A dispetto della sua giovane età Markus ci è sembrato deciso, determinato e con le idee molto chiare. Per nulla appagato dai risultati conseguiti sino ad ora, ma pienamente

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cosciente del fatto che da qui in poi dovrà fare sul serio, per confrontarsi con un campionato mon-diale che si preannuncia combattuto e molto dif-ficile, soprattutto per un debuttante.

Parlaci del tuo primo test con il team Althea.«Non conoscevo i tecnici del team, ma ci ab-biamo messo poco a trovare un’intesa. Mi sono sembrate subito delle ottime persone, oltre che dei tecnici molto validi e quindi mi hanno messo subito a mio agio. E’ stato un inizio ottimo, ma ho già capito che dovrò imparare un po’ di italiano (sorride)».

Sei in un team che è stato campione del mon-do e in BMW credono molto in te. Una grande opportunità, da non perdere.«Quando ho saputo che sarei entrato a far parte del team Althea ho toccato il cielo con un dito. Quando vinsero il mondiale con Checa li guar-davo in televisione e ora che posso lavorare con

loro per me è come entrare in paradiso. Il team è molto forte e so che la S 1000 RR migliorerà mol-to grazie al lavoro della mia squadra ed all’impe-gno della BMW. Quindi per quanto mi riguarda so che non posso fare altro che dare sempre il massimo e poi vedremo dove potremo arrivare».

Quale moto hai utilizzato nei test di Jerez?«Ho utilizzato la moto con la quale ho vinto il ti-tolo IDM, ma non vedo l’ora di salire sulla Super-bike, quella con la quale disputerò il mondiale. Sono convinto che sarà ancora più competitiva e divertente da guidare».

I tuoi tempi sul giro nei test di Jerez sono sta-ti molto buoni, addirittura a pochi decimi da Sykes«Il primo giorno ho lavorato con il mio team per trovare un buon set up per la mia moto su quella pista e solo nel finale del secondo giorno ho pro-vato a spingere forte. Non ho montato le gomme

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da qualifica, ma sono comunque riuscito a far segnare un ottimo tempo che ha stupito anche me».

Come ti sei trovato con Jordi Torres?«Jordi è un bravo ragazzo, è un pilota molto velo-ce ed ha più esperienza di me in Superbike. Sono certo che lavoreremo bene insieme per sviluppa-re al meglio la nostra moto. Saremo avversari in pista, ma sono certo che nel box uniremo le forze per rendere la nostra BMW sempre più compe-titiva».

Non hai paura di sentire troppa pressione ad-dosso sia dalla BMW che dalla stampa tedesca che dopo molti anni hanno finalmente un pilo-ta tedesco in Superbike?«Un pilota tedesco su di una moto tedesca. E’ una cosa che sta facendo molto rumore qui in Germania. Per ora sono felice e sereno e non av-verto nessuna particolare pressione. Mi aspetto che aumenti quando inizierà il campionato, ma

sono certo di poterla gestire. E poi spero che i ri-sultati mi aiutino a sopportarla meglio».

Farete dei test il 14 Dicembre a Vallelunga e poi riprenderete a provare a Gennaio«Sì abbiamo un nutrito programma di test per-ché la moto è completamente nuova per il mio team, ma lo sarà anche per me. Io conosco bene la S1000RR in versione IDM, ma la Superbike è diversa, sia nel motore che nella ciclistica, so-prattutto per quanto riguarda le sospensioni. Per fortuna anche nel campionato tedesco utilizzavo gomme Pirelli, comprese le morbide da qualifica e questo renderà il mio lavoro un poco meno dif-ficile».

Quali sono i tuoi obiettivi per la prossima sta-gione?«Voglio arrivare in pochi anni ad essere uno dei top rider della Superbike. Ho un contratto di due anni con il team Althea e questo è molto impor-tante perché mi da la possibilità di lavorare con

Superbike

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serenità, in un programma a più lungo respiro. Per la prossima stagione non ho un obiettivo ben definito da raggiungere. Ovviamente voglio dare sempre il massimo di me stesso, inserirmi al meglio nel mio team e nel mondiale e solo a fine stagione potrò tirare le somme del mio lavoro. Questo non vuol dire che per me il 2016 sarà solo un anno di studio, ma so di avere ancora molto da imparare e quindi non posso fare delle previ-sioni precise».

Anche il suo compagno di squadra Jordi Torres la scorsa stagione diceva spesso che aveva mol-to da imparare e sappiamo poi cosa ha combi-nato nel suo primo anno in Superbike. Abbiamo la netta impressione che anche Markus stupirà molti. Soprattutto chi lo considera solo un “rac-comandato” dalla BMW.

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LUCA SCASSADA LAGUNA IN POI LA MOTO È CRESCIUTA TANTISSIMOdi Carlo Baldi | Il tester e Team Representative della squadra ufficiale Ducati SBK ci parla di presente e futuro

T he Rocker, Luca Scassa, si racconta ai microfoni di Moto.it in occasione di EICMA 2015 con il nostro Carlo Baldi. Tester, pilota e Team Repre-

sentative per il Team Ducati Aruba Superbike, il pilota aretino continuerà nei suoi ruoli anche per il 2016. Anche l’anno prossimo Luca aiuterà i piloti ufficiali Davies e Giugliano nello sviluppo della moto, ma si toglierà qualche soddisfazione

con partecipazioni da wild card, con cui spera naturalmente di infilarsi fra gli ufficiali e magari aiutare Chaz e Davide mettendosi dietro qualche avversario. Luca racconta delle sue esperien-ze in gara nel 2015, delle condizioni fisiche e di scelte di carriera in prospettiva 2017, ma anche e soprattutto dell’evoluzione di cui si è resa pro-tagonista la Ducati Panigale durante la stagione appena conclusa.

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SIC DAY 2015. EMOZIONI,

BENEFICENZA E SPETTACOLO

IN PISTASabato e domenica a Misano è andato in scena il Sic

Day 2015. Sul flat track protagonisti Dovizioso, Chareyre, Pasini e Bagnaia

Foto Sal Alexander

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Dakar

JOAN BARREDAA caccia dell’eredità di Coma? No, della sua esperienza!di Piero Batini | Punta di diamante del Honda Team HRC, alla sesta Dakar, Barreda, sin dalle prime apparizioni indicato come l’”erede” di Coma, non è mai riuscito, per vari motivi, nell’impresa. Questa potrebbe essere la volta buona, e non solo perché Marc si è ritirato

T rentadue anni, di Castellon. Joan Barreda, da tre anni ufficiale Honda Team HRC con il compito non facile di… vincere, è sempre stato indicato

come il più probabile successore di Marc Coma. Velocissimo, combattivo, irriducibile, tecnica-mente bravissimo, tuttavia Barreda non è mai riuscito a vincere una Dakar. Ha vinto molte tappe, è stato in testa per lunghi giorni, per set-timane, ma non è mai riuscito a concretizzare. Mai in testa alla fine della corsa. Anche durante la scorsa edizione le cose sono andate in que-sto modo. In testa fino a Uyuni, Barreda non è riuscito lasciarsi alle spalle il Salar conservando la leadership. Battere Coma non era facile per nessuno, e la successione era rimandata, anno dopo anno. Fino a oggi. A pochi mesi dall’abban-dono di Marc il problema dell’avvicendamento è reale, concreto. In onore alla sua ultima vittoria, il numero 1 non è stato quest’anno assegnato, ma lo sarà obbligatoriamente l’anno prossimo. Più che una caccia a Coma, dunque, la Dakar di quest’anno sarà una caccia alla sua eredità, non solo agonistica e sportiva, ma mentale, strategi-ca. I candidati non mancano, e Barreda è tra que-sti, ma l’operazione non è semplice, né automa-tica. Restano le incognite del rendimento, delle circostanze che possono diventare imprevedi-bili, di una certa pressione psicologica che non mancherà di gravare. Joan Barreda sembra aver capito dove andare a cercare il Graal della Dakar!

Joan, come vedi questa Dakar dei grandi cam-biamenti improvvisi? Ci hai capito qualcosa?«Mah, direi che l’Argentina ormai la conosciamo bene, e la Bolivia abbastanza. Penso tuttavia che potrà essere una Dakar un po’ diversa, soprat-tutto con l’arrivo di Marc come Direttore Sporti-vo di ASO. A spanne, vedo anche che la seconda settimana di gara, quella con le tappe vicino alle Ande, sarà sicuramente difficile. Conosco abba-stanza Marc, e so che gli piace molto la naviga-zione, più tecnica e senza moltissime informa-zioni. Quindi è sicuro che quelle saranno tappe nelle quali bisognerà stare molto calmi e attenti, e prendere le decisioni corrette. Poi, io credo che le due tappe che seguono la seconda tappa Marathon potranno ancora fare una grande dif-ferenza, e che non sarà facile controllarsi a vicen-da, con gli avversari, soprattutto con le partenze scaglionate a tre minuti. In particolare, inoltre, ci sarà da stare attenti nella tappa che Marc ha de-finito Super Fiambala. Sono certo che trovarsi in mezzo magari a due macchine e un camion non sarà una cosa facile».

Adesso che Marc ha appeso il casco al chiodo, credi di essere tu il suo successore? Sei pronto a raccoglierne la pesante eredità?«Guarda, non direi che mi preoccupo dell’ere-dità di Marc Coma. Lui ha smesso, e io conti-nuo con l’obiettivo di vincere la Dakar, come ho fatto sino ad ora. Direi piuttosto che sono

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intenzionato a pianificare molto attentamente la mia Dakar 2016. Come già avevo fatto anche l’anno scorso, in effetti. Fino alla ottava tappa tutto è andato secondo i nostri piani, poi è arri-vata la tappa del Salar e tutto è andato a rotoli, ma non penso per colpa nostra. È così. Dunque anche quest’anno la mia priorità è quella di rima-nere molto concentrato e di preoccuparmi solo di quello che io posso controllare. Voglio fare prima di tutto una gara senza errori, ben gestita sotto il profilo delle risorse e delle strategie. Se ci riesco sarò contento, come lo sono stato… fino a quella ottava tappa. Dopo non ho più potuto fare niente».

Hai preoccupazioni?«No, non ne ho. Diciamo che metto molta atten-zione al recupero e alla preparazione del fisico. Voglio arrivare alla partenza della Dakar al 100%

della forma. Manca un mese al via, e penso di riu-scirci senza particolari problemi o ansie».

Sicuro che sei il pilota più veloce del lotto dei papabili, e sicuro anche che, se si vuole vince-re la Dakar, mantenere la calma, controllarsi, è un “must”. Come pensi di riuscire a contenerti, a mantenere la calma per quindici giorni?«Penso che bisogna lavorarci, ma anche che contano molto l’esperienza e il fatto di conosce-re bene, diciamo molto meglio, la Dakar. In pas-sato ho forse esagerato un pelo, ma già l’anno passato credo di essere riuscito a gestire molto bene le risorse, le incognite e il temperamento. Ho corso e spinto forte quando ce n’era l’oppor-tunità, o la necessità, e amministrato quando era più opportuno farlo invece di correre dei rischi inutili. Ho capito una cosa importante. Ci sono due aspetti dell’essere pilota, l’essere veloce e il

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voler vincere, che possono creare qualche equi-voco. Non sempre questi due aspetti si sposano felicemente. Vuoi essere rapido e vuoi vincere, ma non sempre si vince spingendo troppo forte. L’importante è vincere, non dimostrare che sei in grado di farlo con le tue prestazioni, soprattut-to in una gara lunga e complessa come la Dakar. Questa è una cosa che ho ben chiara, ed è sicu-ro che i miei piani per la prossima Dakar rispec-chieranno questo credo. Vedrai che i primi giorni molti si spingeranno oltre e saranno velocissimi, ma non è lì che qualcuno potrà fare la differen-za. La differenza verrà da sola un po’ più avanti. Meglio stare calmi, saper aspettare e prepararsi meglio per i momenti più difficili che arriveranno più avanti».

Sembri aver fatto tesoro dell’esperienza…«Credo che sia innegabile. Soprattutto in

rapporto con i nuovi che arrivano, per quanto veloci e preparati, io ho senz’altro una maggiore esperienza. Credo che questo possa essere un motivo di pressione, ma anche e soprattutto un vantaggio. Io devo ritenerlo tale e metterlo tra le mie risorse più preziose».

Diventare un po’ come era Marc in pista?«Questo l’ho sempre saputo. Per battere Marc dovevi arrivare ad avere la sua forza, batterlo sulla pista, sul suo terreno di gioco, non aspet-tare che lui commettesse un errore. Questo per-ché Marc di sicuro non sbagliava, mai. Direi che in questo momento, più che la sua eredità, devo fare tesoro del suo insegnamento, prendere da lui la sua mentalità, il suo modo di correre.

Io penso che lo farai. Tu cosa dici?«Grazie della fiducia. Lo penso anch’io!»

Dakar

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