Mostra amitie_Questa è la mia storia

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QUESTA È LA MIA STORIA. O LA NOSTRA? MOSTRA / INSTALLAZIONE FOTOGRAFICA DI LAURA FRASCA E LAURA BESSEGA ideata da Giulia Grassili e Laura Frasca a cura di Yulia Tikhomirova / YarT Photography PER HUMAN RIGHTS NIGHTS • AMITIE Il progetto AMITIE, coordinato dal Comune di Bologna, è stato cofinanziato dall'Unione Europea da marzo 2011 a maggio 2013. Y T art YarTPhotography cultural association This exhibition has been produced with the assistance of the European Union. The contents of this exhibition are the sole responsibility of the City of Bologna and can in no way be taken to reflect the views of the European Union.

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QUESTA È LA MIA STORIA.O LA NOSTRA?MOSTRA / INSTALLAZIONE FOTOGRAFICADI LAURA FRASCA E LAURA BESSEGA

ideata da Giulia Grassili e Laura Frascaa cura di Yulia Tikhomirova / YarT Photography

PER HUMAN RIGHTS NIGHTS • AMITIE Il progetto AMITIE, coordinato dal Comune di Bologna, è stato cofinanziato dall'Unione Europea da marzo 2011 a maggio 2013. In occasione del festival Human Rights Nights che ha avuto luogo a Bologna

in aprile 2013, è stata inaugurata la mostra fotogra�ica Questa è la mia storia. O la nostra? di giovani fotografe italiane Laura Frasca e Laura Bessega, proposta nell'ambito di AMITIE.

Il progetto fotogra�ico è composto di 33 ritratti accompagnati ognuno da una serie di "fototessere". All’esposizione, collocata all’interno del Palazzo d’Accursio, si aggiungono una installazione sonora che propone le tracce delle interviste ai soggetti rappresentati e una video presentazione delle immagini di vita quotidiana dei personaggi.

Un pittore brasiliano, una ballerina russa, un creativo argentino, un’artista giapponese, un ristoratore palestinese, una sarta angolana insieme a tanti altri sono i soggetti della mostra fotogra�ica Questa è la mia storia.. che indaga il rapporto tra le persone e il contesto in cui vivono e lavorano.

E proprio il “lavoro” è il concetto fondamentale per questo progetto artistico. Le autrici hanno scelto di ritrarre i soggetti all'interno dei loro posti di lavoro (o, in alcuni casi, nei luoghi che hanno per i personaggi una

valenza particolare), un’ambiente che diventa in qualche modo la chiave di lettura delle loro personalità.

Anche se la serie di ritratti “principali” prende spunto dalla tradizione del ritratto ambientato, che conferisce importanza non solo al volto ma a tutto ciò che sta intorno al soggetto, ritraendo così anche l’ambiente sociale, sarebbe sbagliato collocare questo progetto fotogra�ico nell’ambito esclusivo dell’indagine sociale, né tantomeno si può catalogarlo come un tentativo di raccontare il fenomeno dell'immigrazione.

La particolarità di questo lavoro sta principalmente nell’impostazione concettuale delle due artiste di coinvolgere i soggetti nella parte decisionale del processo creativo, offrendo loro la libertà di scegliere come essere ripresi: il luogo (con la condizione che rappresenti un posto signi�icativo per loro o per la loro professione), gli abiti da indossare, gli oggetti intorno.

La partecipazione attiva da parte dei personaggi è stata una scelta coraggiosa, promossa dalle fotografe proprio per segnare la distanza tra il loro approccio e quello più super�iciale, tendente a raf�igurare gli immigrati

unicamente come le vittime (sia delle politiche sull’immigrazione sia del razzismo quotidiano) e di conseguenza come soggetti passivi agli occhi di un fotografo e del pubblico.Il progetto mette in mostra una serie di volti che disegnano non un fenomeno di immigrazione che spersonalizza i soggetti, ma le loro storie individuali, le loro origini e il background diversissimi, rendendo così una qualsiasi catalogazione impossibile.

Il concetto di “personalità individuale” è evidenziato nella serie di “fototessere” presentate in linea parallela ai ritratti "principali”. La fototessera in qualche modo racchiude il percorso del migrante verso il paese nuovo: dal passaporto, al visto, al permesso di soggiorno, al nuovo passaporto ancora, nel caso di un’immigrazione “fortunata” che si conclude con l’acquisizione di una cittadinanza nuova.Il linguaggio visivo usato dalla fototessera comune è un linguaggio anch’esso “burocratico”, rigido, incaricato di svelare e mostrare tutto, senza pero riuscire a raccontare molto delle persone ritratte. Nel progetto Questa è la mia storia… il concetto della fototessera viene ribaltato completamente. La scelta di usare l'obiettivo "giocattolo", di

lasciare le zone fuori fuoco, di permettere ai soggetti di sorridere o di prendere gli oggetti in mano rovescia l’approccio distaccato e indifferente usato per le fototessere, rilevando ancora una volta l’idea principale del lavoro: guardare le persone con attenzione e curiosità soffermandosi sulle loro storie di vita individuali piuttosto che classi�icarli con l’etichetta di “immigrato”.

di Yulia Tikhomirova

Tra i diritti umani riconosciuti internazionalmente vi è il diritto di spostarsi nel paese di residenza e quello di cambiare paese. La crescita e lo sviluppo di un popolo passano attraverso la conoscenza di altri popoli.La libertà di movimento è insita nella natura stessa dell’uomo. Emigrare non signi�ica fuggire signi�ica scegliere di essere liberi.Questo progetto fotogra�ico nasce a Bologna non solo perchè il progetto AMITIE e il festival Human Rights Nights sono nati qui, ma anche perchè questa città rivendica altri primati importanti.E’ stata la prima al mondo a liberare la schiavitù creando una apposita legge

YTart

YarTPhotographycultural association

This exhibition has been produced with the assistance of the European Union. The contents of this exhibition are the sole responsibility of the City of Bologna and can in no way be taken to reflect the views of the European Union.

e ponendola a fondamento dei suoi statuti, fregiando così i suoi gonfaloni della parola LIBERTAS, utilizzata non come speranza, ma come fatto compiuto.Inoltre, ha dato i natali a una delle più antiche università del mondo ed è stato uno dei primi comuni a conferire la cittadinanza onoraria ai �igli di immigrati nati in Italia e residenti a Bologna.Abbiamo scelto la fotogra�ia come linguaggio per raccontare persone che condividono il quotidiano con noi: sono i nostri amici, i nostri colleghi, i nostri parenti.33 persone davanti all’obiettivo si sono messe a nudo, raccontandoci e rendendoci partecipi della loro vita, facendo così, del loro ritratto, un dono raro. Sono trentatré volti che fanno parte di questa città in uno scambio reciproco in cui storia, sapere e saper fare divengono costruzione, cooperazione, sviluppo e crescita.L’Unione Europea è composta da 27 stati membri e 6 facenti richiesta. Questo è il motivo della scelta di questo numero di ritratti.Vogliamo condividere con voi l’arricchimento che ci ha lasciato quest’esperienza attraverso le immagini che abbiamo realizzato.

di Laura Bessega e Laura Frasca

AMITIE è un progetto di educazione allo sviluppo che attraverso di ricerca, formazione, comunicazione, partecipazione intende creare spazi di comunicazione, incontro e scambio sulle tematiche di migrazione, sviluppo e diritti umani. Iniziato nel 2011 in Spagna, Romania, Lettonia, Italia e Brasile, è co-�inanziato dall’Unione Europea e coordinato dal Comune di Bologna. Gli obiettivi di AMITIE sono la diffusione di una maggiore consapevolezza, nella società europea e negli enti locali, sulla migrazione come risorsa di sviluppo e sull’interrelazione tra migrazioni, sviluppo e diritti umani, facilitando così nuove partnership e forme di partecipazione. Nel corso di questi due anni sono state realizzate numerose attività sulle tematiche AMITIE, tra le quali una ricerca sui contesti locali nei paesi partner, focus groups con i nuovi cittadini, formazione agli operatori, workshop nelle scuole, una campagna di comunicazione e in�ine questo festival, come ultimo evento per condividere i risultati di progetto con i cittadini di Bologna, insieme ai partner internazionali.

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In occasione del festival Human Rights Nights che ha avuto luogo a Bologna in aprile 2013, è stata inaugurata la mostra fotogra�ica Questa è la mia storia. O la nostra? di giovani fotografe italiane Laura Frasca e Laura Bessega, proposta nell'ambito di AMITIE.

Il progetto fotogra�ico è composto di 33 ritratti accompagnati ognuno da una serie di "fototessere". All’esposizione, collocata all’interno del Palazzo d’Accursio, si aggiungono una installazione sonora che propone le tracce delle interviste ai soggetti rappresentati e una video presentazione delle immagini di vita quotidiana dei personaggi.

Un pittore brasiliano, una ballerina russa, un creativo argentino, un’artista giapponese, un ristoratore palestinese, una sarta angolana insieme a tanti altri sono i soggetti della mostra fotogra�ica Questa è la mia storia.. che indaga il rapporto tra le persone e il contesto in cui vivono e lavorano.

E proprio il “lavoro” è il concetto fondamentale per questo progetto artistico. Le autrici hanno scelto di ritrarre i soggetti all'interno dei loro posti di lavoro (o, in alcuni casi, nei luoghi che hanno per i personaggi una

valenza particolare), un’ambiente che diventa in qualche modo la chiave di lettura delle loro personalità.

Anche se la serie di ritratti “principali” prende spunto dalla tradizione del ritratto ambientato, che conferisce importanza non solo al volto ma a tutto ciò che sta intorno al soggetto, ritraendo così anche l’ambiente sociale, sarebbe sbagliato collocare questo progetto fotogra�ico nell’ambito esclusivo dell’indagine sociale, né tantomeno si può catalogarlo come un tentativo di raccontare il fenomeno dell'immigrazione.

La particolarità di questo lavoro sta principalmente nell’impostazione concettuale delle due artiste di coinvolgere i soggetti nella parte decisionale del processo creativo, offrendo loro la libertà di scegliere come essere ripresi: il luogo (con la condizione che rappresenti un posto signi�icativo per loro o per la loro professione), gli abiti da indossare, gli oggetti intorno.

La partecipazione attiva da parte dei personaggi è stata una scelta coraggiosa, promossa dalle fotografe proprio per segnare la distanza tra il loro approccio e quello più super�iciale, tendente a raf�igurare gli immigrati

unicamente come le vittime (sia delle politiche sull’immigrazione sia del razzismo quotidiano) e di conseguenza come soggetti passivi agli occhi di un fotografo e del pubblico.Il progetto mette in mostra una serie di volti che disegnano non un fenomeno di immigrazione che spersonalizza i soggetti, ma le loro storie individuali, le loro origini e il background diversissimi, rendendo così una qualsiasi catalogazione impossibile.

Il concetto di “personalità individuale” è evidenziato nella serie di “fototessere” presentate in linea parallela ai ritratti "principali”. La fototessera in qualche modo racchiude il percorso del migrante verso il paese nuovo: dal passaporto, al visto, al permesso di soggiorno, al nuovo passaporto ancora, nel caso di un’immigrazione “fortunata” che si conclude con l’acquisizione di una cittadinanza nuova.Il linguaggio visivo usato dalla fototessera comune è un linguaggio anch’esso “burocratico”, rigido, incaricato di svelare e mostrare tutto, senza pero riuscire a raccontare molto delle persone ritratte. Nel progetto Questa è la mia storia… il concetto della fototessera viene ribaltato completamente. La scelta di usare l'obiettivo "giocattolo", di

lasciare le zone fuori fuoco, di permettere ai soggetti di sorridere o di prendere gli oggetti in mano rovescia l’approccio distaccato e indifferente usato per le fototessere, rilevando ancora una volta l’idea principale del lavoro: guardare le persone con attenzione e curiosità soffermandosi sulle loro storie di vita individuali piuttosto che classi�icarli con l’etichetta di “immigrato”.

di Yulia Tikhomirova

Tra i diritti umani riconosciuti internazionalmente vi è il diritto di spostarsi nel paese di residenza e quello di cambiare paese. La crescita e lo sviluppo di un popolo passano attraverso la conoscenza di altri popoli.La libertà di movimento è insita nella natura stessa dell’uomo. Emigrare non signi�ica fuggire signi�ica scegliere di essere liberi.Questo progetto fotogra�ico nasce a Bologna non solo perchè il progetto AMITIE e il festival Human Rights Nights sono nati qui, ma anche perchè questa città rivendica altri primati importanti.E’ stata la prima al mondo a liberare la schiavitù creando una apposita legge

e ponendola a fondamento dei suoi statuti, fregiando così i suoi gonfaloni della parola LIBERTAS, utilizzata non come speranza, ma come fatto compiuto.Inoltre, ha dato i natali a una delle più antiche università del mondo ed è stato uno dei primi comuni a conferire la cittadinanza onoraria ai �igli di immigrati nati in Italia e residenti a Bologna.Abbiamo scelto la fotogra�ia come linguaggio per raccontare persone che condividono il quotidiano con noi: sono i nostri amici, i nostri colleghi, i nostri parenti.33 persone davanti all’obiettivo si sono messe a nudo, raccontandoci e rendendoci partecipi della loro vita, facendo così, del loro ritratto, un dono raro. Sono trentatré volti che fanno parte di questa città in uno scambio reciproco in cui storia, sapere e saper fare divengono costruzione, cooperazione, sviluppo e crescita.L’Unione Europea è composta da 27 stati membri e 6 facenti richiesta. Questo è il motivo della scelta di questo numero di ritratti.Vogliamo condividere con voi l’arricchimento che ci ha lasciato quest’esperienza attraverso le immagini che abbiamo realizzato.

di Laura Bessega e Laura Frasca

AMITIE è un progetto di educazione allo sviluppo che attraverso di ricerca, formazione, comunicazione, partecipazione intende creare spazi di comunicazione, incontro e scambio sulle tematiche di migrazione, sviluppo e diritti umani. Iniziato nel 2011 in Spagna, Romania, Lettonia, Italia e Brasile, è co-�inanziato dall’Unione Europea e coordinato dal Comune di Bologna. Gli obiettivi di AMITIE sono la diffusione di una maggiore consapevolezza, nella società europea e negli enti locali, sulla migrazione come risorsa di sviluppo e sull’interrelazione tra migrazioni, sviluppo e diritti umani, facilitando così nuove partnership e forme di partecipazione. Nel corso di questi due anni sono state realizzate numerose attività sulle tematiche AMITIE, tra le quali una ricerca sui contesti locali nei paesi partner, focus groups con i nuovi cittadini, formazione agli operatori, workshop nelle scuole, una campagna di comunicazione e in�ine questo festival, come ultimo evento per condividere i risultati di progetto con i cittadini di Bologna, insieme ai partner internazionali.

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In occasione del festival Human Rights Nights che ha avuto luogo a Bologna in aprile 2013, è stata inaugurata la mostra fotogra�ica Questa è la mia storia. O la nostra? di giovani fotografe italiane Laura Frasca e Laura Bessega, proposta nell'ambito di AMITIE.

Il progetto fotogra�ico è composto di 33 ritratti accompagnati ognuno da una serie di "fototessere". All’esposizione, collocata all’interno del Palazzo d’Accursio, si aggiungono una installazione sonora che propone le tracce delle interviste ai soggetti rappresentati e una video presentazione delle immagini di vita quotidiana dei personaggi.

Un pittore brasiliano, una ballerina russa, un creativo argentino, un’artista giapponese, un ristoratore palestinese, una sarta angolana insieme a tanti altri sono i soggetti della mostra fotogra�ica Questa è la mia storia.. che indaga il rapporto tra le persone e il contesto in cui vivono e lavorano.

E proprio il “lavoro” è il concetto fondamentale per questo progetto artistico. Le autrici hanno scelto di ritrarre i soggetti all'interno dei loro posti di lavoro (o, in alcuni casi, nei luoghi che hanno per i personaggi una

valenza particolare), un’ambiente che diventa in qualche modo la chiave di lettura delle loro personalità.

Anche se la serie di ritratti “principali” prende spunto dalla tradizione del ritratto ambientato, che conferisce importanza non solo al volto ma a tutto ciò che sta intorno al soggetto, ritraendo così anche l’ambiente sociale, sarebbe sbagliato collocare questo progetto fotogra�ico nell’ambito esclusivo dell’indagine sociale, né tantomeno si può catalogarlo come un tentativo di raccontare il fenomeno dell'immigrazione.

La particolarità di questo lavoro sta principalmente nell’impostazione concettuale delle due artiste di coinvolgere i soggetti nella parte decisionale del processo creativo, offrendo loro la libertà di scegliere come essere ripresi: il luogo (con la condizione che rappresenti un posto signi�icativo per loro o per la loro professione), gli abiti da indossare, gli oggetti intorno.

La partecipazione attiva da parte dei personaggi è stata una scelta coraggiosa, promossa dalle fotografe proprio per segnare la distanza tra il loro approccio e quello più super�iciale, tendente a raf�igurare gli immigrati

unicamente come le vittime (sia delle politiche sull’immigrazione sia del razzismo quotidiano) e di conseguenza come soggetti passivi agli occhi di un fotografo e del pubblico.Il progetto mette in mostra una serie di volti che disegnano non un fenomeno di immigrazione che spersonalizza i soggetti, ma le loro storie individuali, le loro origini e il background diversissimi, rendendo così una qualsiasi catalogazione impossibile.

Il concetto di “personalità individuale” è evidenziato nella serie di “fototessere” presentate in linea parallela ai ritratti "principali”. La fototessera in qualche modo racchiude il percorso del migrante verso il paese nuovo: dal passaporto, al visto, al permesso di soggiorno, al nuovo passaporto ancora, nel caso di un’immigrazione “fortunata” che si conclude con l’acquisizione di una cittadinanza nuova.Il linguaggio visivo usato dalla fototessera comune è un linguaggio anch’esso “burocratico”, rigido, incaricato di svelare e mostrare tutto, senza pero riuscire a raccontare molto delle persone ritratte. Nel progetto Questa è la mia storia… il concetto della fototessera viene ribaltato completamente. La scelta di usare l'obiettivo "giocattolo", di

lasciare le zone fuori fuoco, di permettere ai soggetti di sorridere o di prendere gli oggetti in mano rovescia l’approccio distaccato e indifferente usato per le fototessere, rilevando ancora una volta l’idea principale del lavoro: guardare le persone con attenzione e curiosità soffermandosi sulle loro storie di vita individuali piuttosto che classi�icarli con l’etichetta di “immigrato”.

di Yulia Tikhomirova

Tra i diritti umani riconosciuti internazionalmente vi è il diritto di spostarsi nel paese di residenza e quello di cambiare paese. La crescita e lo sviluppo di un popolo passano attraverso la conoscenza di altri popoli.La libertà di movimento è insita nella natura stessa dell’uomo. Emigrare non signi�ica fuggire signi�ica scegliere di essere liberi.Questo progetto fotogra�ico nasce a Bologna non solo perchè il progetto AMITIE e il festival Human Rights Nights sono nati qui, ma anche perchè questa città rivendica altri primati importanti.E’ stata la prima al mondo a liberare la schiavitù creando una apposita legge

e ponendola a fondamento dei suoi statuti, fregiando così i suoi gonfaloni della parola LIBERTAS, utilizzata non come speranza, ma come fatto compiuto.Inoltre, ha dato i natali a una delle più antiche università del mondo ed è stato uno dei primi comuni a conferire la cittadinanza onoraria ai �igli di immigrati nati in Italia e residenti a Bologna.Abbiamo scelto la fotogra�ia come linguaggio per raccontare persone che condividono il quotidiano con noi: sono i nostri amici, i nostri colleghi, i nostri parenti.33 persone davanti all’obiettivo si sono messe a nudo, raccontandoci e rendendoci partecipi della loro vita, facendo così, del loro ritratto, un dono raro. Sono trentatré volti che fanno parte di questa città in uno scambio reciproco in cui storia, sapere e saper fare divengono costruzione, cooperazione, sviluppo e crescita.L’Unione Europea è composta da 27 stati membri e 6 facenti richiesta. Questo è il motivo della scelta di questo numero di ritratti.Vogliamo condividere con voi l’arricchimento che ci ha lasciato quest’esperienza attraverso le immagini che abbiamo realizzato.

di Laura Bessega e Laura Frasca

AMITIE è un progetto di educazione allo sviluppo che attraverso di ricerca, formazione, comunicazione, partecipazione intende creare spazi di comunicazione, incontro e scambio sulle tematiche di migrazione, sviluppo e diritti umani. Iniziato nel 2011 in Spagna, Romania, Lettonia, Italia e Brasile, è co-�inanziato dall’Unione Europea e coordinato dal Comune di Bologna. Gli obiettivi di AMITIE sono la diffusione di una maggiore consapevolezza, nella società europea e negli enti locali, sulla migrazione come risorsa di sviluppo e sull’interrelazione tra migrazioni, sviluppo e diritti umani, facilitando così nuove partnership e forme di partecipazione. Nel corso di questi due anni sono state realizzate numerose attività sulle tematiche AMITIE, tra le quali una ricerca sui contesti locali nei paesi partner, focus groups con i nuovi cittadini, formazione agli operatori, workshop nelle scuole, una campagna di comunicazione e in�ine questo festival, come ultimo evento per condividere i risultati di progetto con i cittadini di Bologna, insieme ai partner internazionali.

Page 4: Mostra amitie_Questa è la mia storia

In occasione del festival Human Rights Nights che ha avuto luogo a Bologna in aprile 2013, è stata inaugurata la mostra fotogra�ica Questa è la mia storia. O la nostra? di giovani fotografe italiane Laura Frasca e Laura Bessega, proposta nell'ambito di AMITIE.

Il progetto fotogra�ico è composto di 33 ritratti accompagnati ognuno da una serie di "fototessere". All’esposizione, collocata all’interno del Palazzo d’Accursio, si aggiungono una installazione sonora che propone le tracce delle interviste ai soggetti rappresentati e una video presentazione delle immagini di vita quotidiana dei personaggi.

Un pittore brasiliano, una ballerina russa, un creativo argentino, un’artista giapponese, un ristoratore palestinese, una sarta angolana insieme a tanti altri sono i soggetti della mostra fotogra�ica Questa è la mia storia.. che indaga il rapporto tra le persone e il contesto in cui vivono e lavorano.

E proprio il “lavoro” è il concetto fondamentale per questo progetto artistico. Le autrici hanno scelto di ritrarre i soggetti all'interno dei loro posti di lavoro (o, in alcuni casi, nei luoghi che hanno per i personaggi una

valenza particolare), un’ambiente che diventa in qualche modo la chiave di lettura delle loro personalità.

Anche se la serie di ritratti “principali” prende spunto dalla tradizione del ritratto ambientato, che conferisce importanza non solo al volto ma a tutto ciò che sta intorno al soggetto, ritraendo così anche l’ambiente sociale, sarebbe sbagliato collocare questo progetto fotogra�ico nell’ambito esclusivo dell’indagine sociale, né tantomeno si può catalogarlo come un tentativo di raccontare il fenomeno dell'immigrazione.

La particolarità di questo lavoro sta principalmente nell’impostazione concettuale delle due artiste di coinvolgere i soggetti nella parte decisionale del processo creativo, offrendo loro la libertà di scegliere come essere ripresi: il luogo (con la condizione che rappresenti un posto signi�icativo per loro o per la loro professione), gli abiti da indossare, gli oggetti intorno.

La partecipazione attiva da parte dei personaggi è stata una scelta coraggiosa, promossa dalle fotografe proprio per segnare la distanza tra il loro approccio e quello più super�iciale, tendente a raf�igurare gli immigrati

unicamente come le vittime (sia delle politiche sull’immigrazione sia del razzismo quotidiano) e di conseguenza come soggetti passivi agli occhi di un fotografo e del pubblico.Il progetto mette in mostra una serie di volti che disegnano non un fenomeno di immigrazione che spersonalizza i soggetti, ma le loro storie individuali, le loro origini e il background diversissimi, rendendo così una qualsiasi catalogazione impossibile.

Il concetto di “personalità individuale” è evidenziato nella serie di “fototessere” presentate in linea parallela ai ritratti "principali”. La fototessera in qualche modo racchiude il percorso del migrante verso il paese nuovo: dal passaporto, al visto, al permesso di soggiorno, al nuovo passaporto ancora, nel caso di un’immigrazione “fortunata” che si conclude con l’acquisizione di una cittadinanza nuova.Il linguaggio visivo usato dalla fototessera comune è un linguaggio anch’esso “burocratico”, rigido, incaricato di svelare e mostrare tutto, senza pero riuscire a raccontare molto delle persone ritratte. Nel progetto Questa è la mia storia… il concetto della fototessera viene ribaltato completamente. La scelta di usare l'obiettivo "giocattolo", di

lasciare le zone fuori fuoco, di permettere ai soggetti di sorridere o di prendere gli oggetti in mano rovescia l’approccio distaccato e indifferente usato per le fototessere, rilevando ancora una volta l’idea principale del lavoro: guardare le persone con attenzione e curiosità soffermandosi sulle loro storie di vita individuali piuttosto che classi�icarli con l’etichetta di “immigrato”.

di Yulia Tikhomirova

Tra i diritti umani riconosciuti internazionalmente vi è il diritto di spostarsi nel paese di residenza e quello di cambiare paese. La crescita e lo sviluppo di un popolo passano attraverso la conoscenza di altri popoli.La libertà di movimento è insita nella natura stessa dell’uomo. Emigrare non signi�ica fuggire signi�ica scegliere di essere liberi.Questo progetto fotogra�ico nasce a Bologna non solo perchè il progetto AMITIE e il festival Human Rights Nights sono nati qui, ma anche perchè questa città rivendica altri primati importanti.E’ stata la prima al mondo a liberare la schiavitù creando una apposita legge

e ponendola a fondamento dei suoi statuti, fregiando così i suoi gonfaloni della parola LIBERTAS, utilizzata non come speranza, ma come fatto compiuto.Inoltre, ha dato i natali a una delle più antiche università del mondo ed è stato uno dei primi comuni a conferire la cittadinanza onoraria ai �igli di immigrati nati in Italia e residenti a Bologna.Abbiamo scelto la fotogra�ia come linguaggio per raccontare persone che condividono il quotidiano con noi: sono i nostri amici, i nostri colleghi, i nostri parenti.33 persone davanti all’obiettivo si sono messe a nudo, raccontandoci e rendendoci partecipi della loro vita, facendo così, del loro ritratto, un dono raro. Sono trentatré volti che fanno parte di questa città in uno scambio reciproco in cui storia, sapere e saper fare divengono costruzione, cooperazione, sviluppo e crescita.L’Unione Europea è composta da 27 stati membri e 6 facenti richiesta. Questo è il motivo della scelta di questo numero di ritratti.Vogliamo condividere con voi l’arricchimento che ci ha lasciato quest’esperienza attraverso le immagini che abbiamo realizzato.

di Laura Bessega e Laura Frasca

AMITIE è un progetto di educazione allo sviluppo che attraverso di ricerca, formazione, comunicazione, partecipazione intende creare spazi di comunicazione, incontro e scambio sulle tematiche di migrazione, sviluppo e diritti umani. Iniziato nel 2011 in Spagna, Romania, Lettonia, Italia e Brasile, è co-�inanziato dall’Unione Europea e coordinato dal Comune di Bologna. Gli obiettivi di AMITIE sono la diffusione di una maggiore consapevolezza, nella società europea e negli enti locali, sulla migrazione come risorsa di sviluppo e sull’interrelazione tra migrazioni, sviluppo e diritti umani, facilitando così nuove partnership e forme di partecipazione. Nel corso di questi due anni sono state realizzate numerose attività sulle tematiche AMITIE, tra le quali una ricerca sui contesti locali nei paesi partner, focus groups con i nuovi cittadini, formazione agli operatori, workshop nelle scuole, una campagna di comunicazione e in�ine questo festival, come ultimo evento per condividere i risultati di progetto con i cittadini di Bologna, insieme ai partner internazionali.

Page 5: Mostra amitie_Questa è la mia storia

In occasione del festival Human Rights Nights che ha avuto luogo a Bologna in aprile 2013, è stata inaugurata la mostra fotogra�ica Questa è la mia storia. O la nostra? di giovani fotografe italiane Laura Frasca e Laura Bessega, proposta nell'ambito di AMITIE.

Il progetto fotogra�ico è composto di 33 ritratti accompagnati ognuno da una serie di "fototessere". All’esposizione, collocata all’interno del Palazzo d’Accursio, si aggiungono una installazione sonora che propone le tracce delle interviste ai soggetti rappresentati e una video presentazione delle immagini di vita quotidiana dei personaggi.

Un pittore brasiliano, una ballerina russa, un creativo argentino, un’artista giapponese, un ristoratore palestinese, una sarta angolana insieme a tanti altri sono i soggetti della mostra fotogra�ica Questa è la mia storia.. che indaga il rapporto tra le persone e il contesto in cui vivono e lavorano.

E proprio il “lavoro” è il concetto fondamentale per questo progetto artistico. Le autrici hanno scelto di ritrarre i soggetti all'interno dei loro posti di lavoro (o, in alcuni casi, nei luoghi che hanno per i personaggi una

valenza particolare), un’ambiente che diventa in qualche modo la chiave di lettura delle loro personalità.

Anche se la serie di ritratti “principali” prende spunto dalla tradizione del ritratto ambientato, che conferisce importanza non solo al volto ma a tutto ciò che sta intorno al soggetto, ritraendo così anche l’ambiente sociale, sarebbe sbagliato collocare questo progetto fotogra�ico nell’ambito esclusivo dell’indagine sociale, né tantomeno si può catalogarlo come un tentativo di raccontare il fenomeno dell'immigrazione.

La particolarità di questo lavoro sta principalmente nell’impostazione concettuale delle due artiste di coinvolgere i soggetti nella parte decisionale del processo creativo, offrendo loro la libertà di scegliere come essere ripresi: il luogo (con la condizione che rappresenti un posto signi�icativo per loro o per la loro professione), gli abiti da indossare, gli oggetti intorno.

La partecipazione attiva da parte dei personaggi è stata una scelta coraggiosa, promossa dalle fotografe proprio per segnare la distanza tra il loro approccio e quello più super�iciale, tendente a raf�igurare gli immigrati

unicamente come le vittime (sia delle politiche sull’immigrazione sia del razzismo quotidiano) e di conseguenza come soggetti passivi agli occhi di un fotografo e del pubblico.Il progetto mette in mostra una serie di volti che disegnano non un fenomeno di immigrazione che spersonalizza i soggetti, ma le loro storie individuali, le loro origini e il background diversissimi, rendendo così una qualsiasi catalogazione impossibile.

Il concetto di “personalità individuale” è evidenziato nella serie di “fototessere” presentate in linea parallela ai ritratti "principali”. La fototessera in qualche modo racchiude il percorso del migrante verso il paese nuovo: dal passaporto, al visto, al permesso di soggiorno, al nuovo passaporto ancora, nel caso di un’immigrazione “fortunata” che si conclude con l’acquisizione di una cittadinanza nuova.Il linguaggio visivo usato dalla fototessera comune è un linguaggio anch’esso “burocratico”, rigido, incaricato di svelare e mostrare tutto, senza pero riuscire a raccontare molto delle persone ritratte. Nel progetto Questa è la mia storia… il concetto della fototessera viene ribaltato completamente. La scelta di usare l'obiettivo "giocattolo", di

lasciare le zone fuori fuoco, di permettere ai soggetti di sorridere o di prendere gli oggetti in mano rovescia l’approccio distaccato e indifferente usato per le fototessere, rilevando ancora una volta l’idea principale del lavoro: guardare le persone con attenzione e curiosità soffermandosi sulle loro storie di vita individuali piuttosto che classi�icarli con l’etichetta di “immigrato”.

di Yulia Tikhomirova

Tra i diritti umani riconosciuti internazionalmente vi è il diritto di spostarsi nel paese di residenza e quello di cambiare paese. La crescita e lo sviluppo di un popolo passano attraverso la conoscenza di altri popoli.La libertà di movimento è insita nella natura stessa dell’uomo. Emigrare non signi�ica fuggire signi�ica scegliere di essere liberi.Questo progetto fotogra�ico nasce a Bologna non solo perchè il progetto AMITIE e il festival Human Rights Nights sono nati qui, ma anche perchè questa città rivendica altri primati importanti.E’ stata la prima al mondo a liberare la schiavitù creando una apposita legge

Opere e collocazione

La mostra, nella sua versione completa, consta di 33 fotogra�ie, stampa diretta su vinile, fronte e retro.Formato unico 70x100 cm. Montaggio su forex di 5 mmLa mostra in questa con�igurazione richiede un totale di circa 50 metri lineari.Stampe devono essere esposte in sospensione con possibilità di visualizzazione frontre/retro.C’è la possibilità di valutare una differente disposizione o numero di foto in base allo spazio disponibile.La mostra può essere accompagnata dalle audio intreviste con i soggetti rappresentati.

Per informazioni:

Yulia Tikhomirova, curatriceYarT [email protected] / 340 000 2112

Laura Frasca. Nasce a Sora. Si trasferisce a Bologna per amore della città e per studio. Lavora presso Ottica Paoletti negozio storico di fotogra�ia in Italia, dove viene a contatto con fotogra�i professionisti ed appassionati. Frequenta diversi corsi e workshop fotogra�ici, alcuni presso Canon, Nikon, Leica, Olympus, Panasonic e Sony.Si laurea in Scienze Politiche presso l'università di Bologna, con una tesi dal titolo "La fotogra�ia e la Seconda Guerra Mondiale. Coinvolgimenti e Sconvolgimenti linguistici e immaginari". Continua a fotografare eventi ed arte. Collabora con gli artisti Guy Lydster e Dim Sampaio, con il quale pubblica un catalogo monogra�ico nel 2010 per conto della Vontobel Bank. Nel 2008 partecipa alla prima mostra fotogra�ica collettiva nell'ambito di Human Rights Nights edizione sopraVivere. Nel 2009 realizza assieme ad un altra fotografa una mostra itinerante presso alcune librerie di Bologna e locali dal nome ImagiNation. Nel 2011 realizza con la scuola primaria e secondaria Luigi Zamboni di Bologna un progetto fotogra�ico composto da un workshop e mostra itinerante Da un metro e venti circa che vede protagonisti i bambini dai 6 agli 11 anni. Nel 2011 partecipa ed arriva tra i primi venti �inalisti del Concorso National Geographic categoria natura. Nel 2012 ha pubblicato su FOTOgraphia

numero 183 di luglio un servizio con le ottiche Lensbaby, delle quali è testimonial. Nel 2012/2013 organizza corsi fotogra�ici, workshop e cura diverse mostre fotogra�iche per conto di Paoletti, alcune in collaborazione con YarT Photography e U.F.O.(Unione Fotogra�i Organizzati).

Laura Bessega nasce a Pordenone, vive e lavora a Bologna.Dopo una breve esperienza nel campo architettonico, Laura Bessega si specializza in ambito enogastronomico e contemporaneamente coltiva la sua passione per la fotogra�ia. In ambito culinario cura e organizza catering tra il Friuli Venezia Giulia e l'Emilia Romagna, coolaborando anche con varie realtà tra le quali la La Pillola Food.In ambito fotogra�ico, nel 2010 inizia la sua collaborazione in qualità di assistente per la fotografa brasiliana Monica Silva con cui tuttora collabora. In Sardegna viene selezionata per un'esposizione legata al concorso Prendiamo Aggius la cui giuria è presieduta da Alessandro Majoli dell'agenzia Magnum. E' fotografa di eventi pubblici. Nel 2011 partecipa attivamente all'organizzazione della mostra L'io dentro me di Monica Silva, nel corso della quale una sua installazione fotogra�ica af�ianca l'esposizione principale della fotografa brasiliana. La sua passione per l'arte culinaria e la comunicazione sono ultimamente con�luite in uno speciale per il Fatto Quotidiano nella sezione web Emilia Romagna.

Yulia Tikhomirova, fotografa, curatrice e docente originaria di San Pietroburgo, attualmente risiede a Bologna. Laureata in Scienze della comunicazione all’Università Statale di San Pietroburgo e in Fotogra�ia all’Accademia di Belle Arti di Bologna, ha frequentato il Corso di Alta Formazione per Photo Editing organizzato dal settimanale Internazionale presso Luiss Business School di Roma. Tikhomirova inizia la sua carriera giornalistica a San Pietroburgo pubblicando materiali sull’arte per varie testate. Successivamente diventa redattrice della sezione culturale del mensile russo-tedesco St-Petersburgische Zeintung. Ha trascorso tre anni in Svizzera a Berna lavorando presso Swiss Radio International in qualità di redattrice. Trasferendosi in Italia si è concentrata sul lavoro curatoriale ed ha collaborato con varie realtà fotogra�iche (Fotodepartament / San Pietroburgo, TerraProject, 10b Photography, Casa della Fotogra�ia, PaolettiFoto, Passion&Profession, Scuola di fotogra�ia di Rodchenko / Mosca). Attualmente insegna postproduzione fotogra�ica, cura mostre ed

eventi fotogra�ici per YarT Photography e si occupa dei progetti formativi Workshop fotogra�ico a San Pietroburgo / Mosca e Fresh! – Giovani fotogra�i italiani.

YART PHOTOGRAPHY, associazione culturale, nasce nel novembre 2010 come Y’art Project occupandosi di promozione e ricerca nell’ambito del linguaggio audiovisivo, dell’immagine fotogra�ica e della comunicazione visiva. Fin dalla sua nascita Y’art Project si occupa nello speci�ico dello sviluppo di progetti di documentazione ed identità visiva, di organizzazione di eventi, mostre e di percorsi di formazione nell’ambito della multimedialità. Uno dei principali obiettivi di Y’art Project è la sperimentazione di nuove strutture narrative nel campo della fotogra�ia documentaria, artistica e del video.Nel 2012 Y’art si trasforma in YarT Photography, concentrandosi sulla promozione della cultura visiva, in particolare della fotogra�ia ed attivando collaborazioni a livello nazionale e internazionale per creare una rete sinergica di contesti che si pre�iggano il medesimo scopo: formare e promuovere giovani operatori culturali nel campo della fotogra�ia.

e ponendola a fondamento dei suoi statuti, fregiando così i suoi gonfaloni della parola LIBERTAS, utilizzata non come speranza, ma come fatto compiuto.Inoltre, ha dato i natali a una delle più antiche università del mondo ed è stato uno dei primi comuni a conferire la cittadinanza onoraria ai �igli di immigrati nati in Italia e residenti a Bologna.Abbiamo scelto la fotogra�ia come linguaggio per raccontare persone che condividono il quotidiano con noi: sono i nostri amici, i nostri colleghi, i nostri parenti.33 persone davanti all’obiettivo si sono messe a nudo, raccontandoci e rendendoci partecipi della loro vita, facendo così, del loro ritratto, un dono raro. Sono trentatré volti che fanno parte di questa città in uno scambio reciproco in cui storia, sapere e saper fare divengono costruzione, cooperazione, sviluppo e crescita.L’Unione Europea è composta da 27 stati membri e 6 facenti richiesta. Questo è il motivo della scelta di questo numero di ritratti.Vogliamo condividere con voi l’arricchimento che ci ha lasciato quest’esperienza attraverso le immagini che abbiamo realizzato.

di Laura Bessega e Laura Frasca

AMITIE è un progetto di educazione allo sviluppo che attraverso di ricerca, formazione, comunicazione, partecipazione intende creare spazi di comunicazione, incontro e scambio sulle tematiche di migrazione, sviluppo e diritti umani. Iniziato nel 2011 in Spagna, Romania, Lettonia, Italia e Brasile, è co-�inanziato dall’Unione Europea e coordinato dal Comune di Bologna. Gli obiettivi di AMITIE sono la diffusione di una maggiore consapevolezza, nella società europea e negli enti locali, sulla migrazione come risorsa di sviluppo e sull’interrelazione tra migrazioni, sviluppo e diritti umani, facilitando così nuove partnership e forme di partecipazione. Nel corso di questi due anni sono state realizzate numerose attività sulle tematiche AMITIE, tra le quali una ricerca sui contesti locali nei paesi partner, focus groups con i nuovi cittadini, formazione agli operatori, workshop nelle scuole, una campagna di comunicazione e in�ine questo festival, come ultimo evento per condividere i risultati di progetto con i cittadini di Bologna, insieme ai partner internazionali.

Page 6: Mostra amitie_Questa è la mia storia

In occasione del festival Human Rights Nights che ha avuto luogo a Bologna in aprile 2013, è stata inaugurata la mostra fotogra�ica Questa è la mia storia. O la nostra? di giovani fotografe italiane Laura Frasca e Laura Bessega, proposta nell'ambito di AMITIE.

Il progetto fotogra�ico è composto di 33 ritratti accompagnati ognuno da una serie di "fototessere". All’esposizione, collocata all’interno del Palazzo d’Accursio, si aggiungono una installazione sonora che propone le tracce delle interviste ai soggetti rappresentati e una video presentazione delle immagini di vita quotidiana dei personaggi.

Un pittore brasiliano, una ballerina russa, un creativo argentino, un’artista giapponese, un ristoratore palestinese, una sarta angolana insieme a tanti altri sono i soggetti della mostra fotogra�ica Questa è la mia storia.. che indaga il rapporto tra le persone e il contesto in cui vivono e lavorano.

E proprio il “lavoro” è il concetto fondamentale per questo progetto artistico. Le autrici hanno scelto di ritrarre i soggetti all'interno dei loro posti di lavoro (o, in alcuni casi, nei luoghi che hanno per i personaggi una

valenza particolare), un’ambiente che diventa in qualche modo la chiave di lettura delle loro personalità.

Anche se la serie di ritratti “principali” prende spunto dalla tradizione del ritratto ambientato, che conferisce importanza non solo al volto ma a tutto ciò che sta intorno al soggetto, ritraendo così anche l’ambiente sociale, sarebbe sbagliato collocare questo progetto fotogra�ico nell’ambito esclusivo dell’indagine sociale, né tantomeno si può catalogarlo come un tentativo di raccontare il fenomeno dell'immigrazione.

La particolarità di questo lavoro sta principalmente nell’impostazione concettuale delle due artiste di coinvolgere i soggetti nella parte decisionale del processo creativo, offrendo loro la libertà di scegliere come essere ripresi: il luogo (con la condizione che rappresenti un posto signi�icativo per loro o per la loro professione), gli abiti da indossare, gli oggetti intorno.

La partecipazione attiva da parte dei personaggi è stata una scelta coraggiosa, promossa dalle fotografe proprio per segnare la distanza tra il loro approccio e quello più super�iciale, tendente a raf�igurare gli immigrati

unicamente come le vittime (sia delle politiche sull’immigrazione sia del razzismo quotidiano) e di conseguenza come soggetti passivi agli occhi di un fotografo e del pubblico.Il progetto mette in mostra una serie di volti che disegnano non un fenomeno di immigrazione che spersonalizza i soggetti, ma le loro storie individuali, le loro origini e il background diversissimi, rendendo così una qualsiasi catalogazione impossibile.

Il concetto di “personalità individuale” è evidenziato nella serie di “fototessere” presentate in linea parallela ai ritratti "principali”. La fototessera in qualche modo racchiude il percorso del migrante verso il paese nuovo: dal passaporto, al visto, al permesso di soggiorno, al nuovo passaporto ancora, nel caso di un’immigrazione “fortunata” che si conclude con l’acquisizione di una cittadinanza nuova.Il linguaggio visivo usato dalla fototessera comune è un linguaggio anch’esso “burocratico”, rigido, incaricato di svelare e mostrare tutto, senza pero riuscire a raccontare molto delle persone ritratte. Nel progetto Questa è la mia storia… il concetto della fototessera viene ribaltato completamente. La scelta di usare l'obiettivo "giocattolo", di

lasciare le zone fuori fuoco, di permettere ai soggetti di sorridere o di prendere gli oggetti in mano rovescia l’approccio distaccato e indifferente usato per le fototessere, rilevando ancora una volta l’idea principale del lavoro: guardare le persone con attenzione e curiosità soffermandosi sulle loro storie di vita individuali piuttosto che classi�icarli con l’etichetta di “immigrato”.

di Yulia Tikhomirova

Tra i diritti umani riconosciuti internazionalmente vi è il diritto di spostarsi nel paese di residenza e quello di cambiare paese. La crescita e lo sviluppo di un popolo passano attraverso la conoscenza di altri popoli.La libertà di movimento è insita nella natura stessa dell’uomo. Emigrare non signi�ica fuggire signi�ica scegliere di essere liberi.Questo progetto fotogra�ico nasce a Bologna non solo perchè il progetto AMITIE e il festival Human Rights Nights sono nati qui, ma anche perchè questa città rivendica altri primati importanti.E’ stata la prima al mondo a liberare la schiavitù creando una apposita legge

Laura Frasca. Nasce a Sora. Si trasferisce a Bologna per amore della città e per studio. Lavora presso Ottica Paoletti negozio storico di fotogra�ia in Italia, dove viene a contatto con fotogra�i professionisti ed appassionati. Frequenta diversi corsi e workshop fotogra�ici, alcuni presso Canon, Nikon, Leica, Olympus, Panasonic e Sony.Si laurea in Scienze Politiche presso l'università di Bologna, con una tesi dal titolo "La fotogra�ia e la Seconda Guerra Mondiale. Coinvolgimenti e Sconvolgimenti linguistici e immaginari". Continua a fotografare eventi ed arte. Collabora con gli artisti Guy Lydster e Dim Sampaio, con il quale pubblica un catalogo monogra�ico nel 2010 per conto della Vontobel Bank. Nel 2008 partecipa alla prima mostra fotogra�ica collettiva nell'ambito di Human Rights Nights edizione sopraVivere. Nel 2009 realizza assieme ad un altra fotografa una mostra itinerante presso alcune librerie di Bologna e locali dal nome ImagiNation. Nel 2011 realizza con la scuola primaria e secondaria Luigi Zamboni di Bologna un progetto fotogra�ico composto da un workshop e mostra itinerante Da un metro e venti circa che vede protagonisti i bambini dai 6 agli 11 anni. Nel 2011 partecipa ed arriva tra i primi venti �inalisti del Concorso National Geographic categoria natura. Nel 2012 ha pubblicato su FOTOgraphia

numero 183 di luglio un servizio con le ottiche Lensbaby, delle quali è testimonial. Nel 2012/2013 organizza corsi fotogra�ici, workshop e cura diverse mostre fotogra�iche per conto di Paoletti, alcune in collaborazione con YarT Photography e U.F.O.(Unione Fotogra�i Organizzati).

Laura Bessega nasce a Pordenone, vive e lavora a Bologna.Dopo una breve esperienza nel campo architettonico, Laura Bessega si specializza in ambito enogastronomico e contemporaneamente coltiva la sua passione per la fotogra�ia. In ambito culinario cura e organizza catering tra il Friuli Venezia Giulia e l'Emilia Romagna, coolaborando anche con varie realtà tra le quali la La Pillola Food.In ambito fotogra�ico, nel 2010 inizia la sua collaborazione in qualità di assistente per la fotografa brasiliana Monica Silva con cui tuttora collabora. In Sardegna viene selezionata per un'esposizione legata al concorso Prendiamo Aggius la cui giuria è presieduta da Alessandro Majoli dell'agenzia Magnum. E' fotografa di eventi pubblici. Nel 2011 partecipa attivamente all'organizzazione della mostra L'io dentro me di Monica Silva, nel corso della quale una sua installazione fotogra�ica af�ianca l'esposizione principale della fotografa brasiliana. La sua passione per l'arte culinaria e la comunicazione sono ultimamente con�luite in uno speciale per il Fatto Quotidiano nella sezione web Emilia Romagna.

Yulia Tikhomirova, fotografa, curatrice e docente originaria di San Pietroburgo, attualmente risiede a Bologna. Laureata in Scienze della comunicazione all’Università Statale di San Pietroburgo e in Fotogra�ia all’Accademia di Belle Arti di Bologna, ha frequentato il Corso di Alta Formazione per Photo Editing organizzato dal settimanale Internazionale presso Luiss Business School di Roma. Tikhomirova inizia la sua carriera giornalistica a San Pietroburgo pubblicando materiali sull’arte per varie testate. Successivamente diventa redattrice della sezione culturale del mensile russo-tedesco St-Petersburgische Zeintung. Ha trascorso tre anni in Svizzera a Berna lavorando presso Swiss Radio International in qualità di redattrice. Trasferendosi in Italia si è concentrata sul lavoro curatoriale ed ha collaborato con varie realtà fotogra�iche (Fotodepartament / San Pietroburgo, TerraProject, 10b Photography, Casa della Fotogra�ia, PaolettiFoto, Passion&Profession, Scuola di fotogra�ia di Rodchenko / Mosca). Attualmente insegna postproduzione fotogra�ica, cura mostre ed

eventi fotogra�ici per YarT Photography e si occupa dei progetti formativi Workshop fotogra�ico a San Pietroburgo / Mosca e Fresh! – Giovani fotogra�i italiani.

YART PHOTOGRAPHY, associazione culturale, nasce nel novembre 2010 come Y’art Project occupandosi di promozione e ricerca nell’ambito del linguaggio audiovisivo, dell’immagine fotogra�ica e della comunicazione visiva. Fin dalla sua nascita Y’art Project si occupa nello speci�ico dello sviluppo di progetti di documentazione ed identità visiva, di organizzazione di eventi, mostre e di percorsi di formazione nell’ambito della multimedialità. Uno dei principali obiettivi di Y’art Project è la sperimentazione di nuove strutture narrative nel campo della fotogra�ia documentaria, artistica e del video.Nel 2012 Y’art si trasforma in YarT Photography, concentrandosi sulla promozione della cultura visiva, in particolare della fotogra�ia ed attivando collaborazioni a livello nazionale e internazionale per creare una rete sinergica di contesti che si pre�iggano il medesimo scopo: formare e promuovere giovani operatori culturali nel campo della fotogra�ia.

e ponendola a fondamento dei suoi statuti, fregiando così i suoi gonfaloni della parola LIBERTAS, utilizzata non come speranza, ma come fatto compiuto.Inoltre, ha dato i natali a una delle più antiche università del mondo ed è stato uno dei primi comuni a conferire la cittadinanza onoraria ai �igli di immigrati nati in Italia e residenti a Bologna.Abbiamo scelto la fotogra�ia come linguaggio per raccontare persone che condividono il quotidiano con noi: sono i nostri amici, i nostri colleghi, i nostri parenti.33 persone davanti all’obiettivo si sono messe a nudo, raccontandoci e rendendoci partecipi della loro vita, facendo così, del loro ritratto, un dono raro. Sono trentatré volti che fanno parte di questa città in uno scambio reciproco in cui storia, sapere e saper fare divengono costruzione, cooperazione, sviluppo e crescita.L’Unione Europea è composta da 27 stati membri e 6 facenti richiesta. Questo è il motivo della scelta di questo numero di ritratti.Vogliamo condividere con voi l’arricchimento che ci ha lasciato quest’esperienza attraverso le immagini che abbiamo realizzato.

di Laura Bessega e Laura Frasca

AMITIE è un progetto di educazione allo sviluppo che attraverso di ricerca, formazione, comunicazione, partecipazione intende creare spazi di comunicazione, incontro e scambio sulle tematiche di migrazione, sviluppo e diritti umani. Iniziato nel 2011 in Spagna, Romania, Lettonia, Italia e Brasile, è co-�inanziato dall’Unione Europea e coordinato dal Comune di Bologna. Gli obiettivi di AMITIE sono la diffusione di una maggiore consapevolezza, nella società europea e negli enti locali, sulla migrazione come risorsa di sviluppo e sull’interrelazione tra migrazioni, sviluppo e diritti umani, facilitando così nuove partnership e forme di partecipazione. Nel corso di questi due anni sono state realizzate numerose attività sulle tematiche AMITIE, tra le quali una ricerca sui contesti locali nei paesi partner, focus groups con i nuovi cittadini, formazione agli operatori, workshop nelle scuole, una campagna di comunicazione e in�ine questo festival, come ultimo evento per condividere i risultati di progetto con i cittadini di Bologna, insieme ai partner internazionali.