Mondo Lavoro - G.L. Spadolini

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CULTURA D’IMPRESA E DINTORNI MLmagazine.it Poste Italiane S.p.A. - Spedizioni in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) Art. 1, comma 1, DCB Ancona OTTOBRE ‘11 N°7 anno XVIII euro 1,00 Guido Lorenzo Spadolini La madre dell’architettura? La sociologia FIGLIO D’ARTE, È USCITO A PIENI VOTI DALL’ESAME PIÙ DIFFICILE: QUELLO DI RIUSCIRE A BRILLARE DI LUCE PROPRIA ECONOMIA.LAVORO CULTURA.ATTUALITÀ STILE.DESIGN 180 DOSSIER BENESSERE DALL’ACQUA ALL’ORO, TRA TEORIE E COCCOLE TENDENZE BALLANDO CON … Rosso Latino SPECIALE Manovra economica 2011 Opinioni a confronto Turismo Dati 2011 IL COMMENTO DI: FILIPPETTI, ROSCIONI E SCHORTICHINI EVENTI PARTERRE DI VIP ALL’INAUGURAZIONE DI VILLA LATTANZI UNA SEDE GREEN PER LE FATINE DELLA RAINBOW 9 772036 758002 10007> ISSN 20367589

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Intervista su Mondo Lavoro

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XVIII

Guido Lorenzo SpadoliniLa madre dell’architettura? La sociologiaFIGLIO D’ARTE, È USCITO A PIENI VOTI DALL’ESAME PIÙ DIFFICILE: QUELLO DI RIUSCIRE A BRILLARE DI LUCE PROPRIA

ECONOMIA.LAVOROCULTURA.ATTUALITÀSTILE.DESIGN

180

DOSSIERBENESSERE DALL’ACQUA ALL’ORO, TRA TEORIE E COCCOLE

TENDENZEBALLANDO CON …

Rosso Latino

SPECIALEManovra economica 2011Opinioni a confronto

TurismoDati 2011IL COMMENTO DI: FILIPPETTI, ROSCIONI E SCHORTICHINI

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“Anche nella nostra professione il tema

del passaggio generazionale è nevralgico e

dev’essere riportato al centro del

dibattito”.

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Architetto, i Suoi genitori provenivano da due diverse scuole di pensiero nel mondo dell’architettura. Lei da chi ha preso?“davvero le interessa? è venuto fino a qui per chiedermi que-

sto? a chi legge interessa fino a un certo punto…”.allora ci racconti qualcosa di suo zio, il politico giovanni spadolini…“innanzitutto era uno statista, non un politico come lo intendiamo oggi. ma su questo vorrei mettere in chiaro un concetto: è importante parlare dei nostri ascendenti per far capire quello che ci hanno lascia-to in termini di bagaglio culturale, non certo per ostentare un cogno-me che senza dubbio ha un posto di primissimo piano nella storia del nostro paese”.

Tradotto: l’appartenenza a una famiglia così importante non l’ha fa-cilitata nel lavoro?“in passato non di rado ho pensato di essere un privilegiato, nel senso che sono cresciuto tra “giganti”. non dimentichiamo, poi, che io nasco in una famiglia di architetti tra i più famosi sulla piazza. dietro alla mia storia personale e professionale si è fortemente radicata, con gli anni, una tradizione nel mondo dell’architettura, da mio nonno mater-no (scomparso nel ’66), a mio padre pierluigi, che ci ha lasciati dieci anni fa. poi naturalmente mia madre, come dicevo”.

Oggi Le viene unanimemente riconosciuto un merito particolare: quello di aver intrapreso e percorso strade innovative.“questa è stata la mia forza. ma vorrei sottolineare che le soddisfa-zioni che ho provato sul tavolo da disegno sono collegabili alla mia storia passata, cioè all’essere in qualche modo riuscito a legare e far convivere due scuole, quella degli spadolini e quella dei Fagnoni. e le assicuro che non è poca cosa…”.

Guido LorenzoSpadolinila madre dell’architettura? la sociologianato a Firenze, è cresciuto all’ombra di due nomi “pesanti”: il padre pierluigi, uno dei maggiori architetti d’italia (nonché fratello dello statista giovanni) e la madre, una Fagnoni, che col marito condivideva la professione, provenendo da un’altra storica famiglia italiana dell’architettura. ed è uscito a pieni voti dall’esame più difficile: quello di riuscire a brillare di luce propria. ora, raggiunta la maturità artistica e professionale, si racconta a mondo lavoro

di p. duranti

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Dal punto di vista umano, chi erano Suo padre Pierluigi e Suo zio Giovanni? E il suo rapporto con suon padre?“due grandi personalità: mio padre dotato di un carisma fuo-ri dell’ordinario, oltre ad elevate doti di professionalità; lo zio, con il quale ho sempre avuto un legame particolare, mi ha fat-to appassionare alla politica di allora, politica fatta da partiti e principalmente “uomini” che avevano dei valori e credeva-no veramente ai valori dello stato. il rapporto con mio padre è sempre stato ottimo come figlio, ma professionalmente ho sempre cercato e voluto percorrere una mia strada, anche an-dando contro le sue volontà, come andare a lavorare nell’indu-stria a milano appena laureato, per farmi un’esperienza diret-ta, lavorare all’estero in paesi non europei, ma del cosiddetto terzo mondo, o “caldi” come l’iran, assumendomi responsabi-lità come la realizzazione di numerose scuole con prefabbricati inviati dall’italia”.

Le posso chiedere il perché di questa scelta? Staccarsi da una famiglia che Le avrebbe dato tutti i vantaggi immaginabili…“è proprio lì la questione. ad un certo punto mi convinsi che era doveroso, da parte mia, perseguire nuovi obiettivi lontano dal-la mia famiglia. in altre parole, fu necessario smarcarsi dagli spadolini. per me sarebbe stato troppo comodo fare un’archi-tettura di stampo elitario. ma sono fuggito da tale tentazione”.

Una forte prova di personalità, culminata con un’esperienza a Tokyo.“iniziai a collaborare con un grosso studio nipponico che si era aggiudicato la progettazione del centro direzionale di napoli. qui mi resi conto di come in italia occorresse un nuovo modello di progettualità, un nuovo approccio all’architettura, paradigmi culturali più avanzati”.

È significativo che l’analisi provenga da un architetto che già familiarizzava con stili architettonici considerati all’avan-guardia, se si pensa che Papa Giovanni Paolo II definì una chiesa progettata da Suo padre “la prima vera Cattedrale del dopoguerra”. Ma durante queste attività all’estero continuava a lavorare anche in Italia?“lo studio di famiglia continuava la propria attività. ma duran-te il periodo nipponico pensai a una svolta che probabilmente pochi al mio posto avrebbero avuto il coraggio di realizzare”.

Cioè?“lo studio di famiglia era l’atelier dove nascevano le idee, io vo-levo creare nuove strutture composte da giovani professionisti che completassero queste idee, creare cioè delle sinergie che collaborassero nel rendere realizzabili le nostre idee, la base della spadolini & partners, idea che per quegli anni era sicu-ramente all’avanguardia”.

Mi scusi architetto, ma il Suo stile è quello del Centro Direzio-nale di Napoli?“assolutamente no! questo complesso esprime la mentalità giapponese che secondo me non può essere attuata in italia, bello, ma senza anima, un tipo di architettura che può essere posta in qualsiasi parte del mondo in quanto non coglie la “re-altà” in cui insiste, un monumento agli architetti ma non alla

Guido Lorenzo Spadoliniè nato e cresciuto a Firenze, dopo

un’esperienza di progettazione a Milano (verso la metà degli anni Settanta) –

durante la quale sviluppa ricerche sulla componentistica per l’edilizia civile,

ospedaliera e prefabbricata – rientra nella città natale, per affermarsi definitivamente sul piano internazionale. Nel 1988, con il

padre Pierluigi fonda lo Studio Spadolini & Associati, collaborando, spesso come Direttore

dei Lavori - a importanti progetti. Tra questi ricordiamo i Palazzi di Giustizia di Ravenna,

Foggia e Reggio Emilia; gli uffici e il centro di calcolo delle Assicurazioni Generali a

Mogliano Veneto; la nuova sede della Bayer a Milano; il Piano Attuativo di Porlezza (Como); l’intervento al Museo Nazionale

di Castel Sant’Angelo a Roma; il recupero della parte monumentale delle Terme di

San Casciano dei Bagni (Siena); la nuova sede del Credito Cooperativo di Cascina

(Pisa); la Fondazione Nuova Antologia a Firenze; l’ex Convento delle “Suore della

Carità” a Cesena; il Centro Direzionale di Napoli; il complesso commerciale Isola a

Milano; la ristrutturazione e l’ampliamento delle Terme di San Casciano dei Bagni; il restauro e la trasformazione in Museo

del Castello dei Paleologi di Acqui Terme; l’Auditorium Unione Industriali di Prato; la

Sala Congressi di Viareggio; i Designer Outlet Centers di Serravalle Scrivia (Alessandria),

Castel Romano (Roma) e Barberino di Mugello per il Gruppo McArthurGlen. Da

una decina d’anni si è specializzato anche nel recupero di aree industriali dismesse e

nella loro trasformazione in aree residenziali, commerciali e terziarie, come è accaduto a Crema, nell’ex area Pan-Electric, a Biella, a Firenze (area ex Giunti ed ex S.M.A.) e a

Loreto (su quest’ultimo intervento Mondo Lavoro ha dedicato un servizio sul n. 5/2011,

con un’intervista a Franco Fanini). Ha realizzato inoltre progetti in Kazakistan, Qatar, Albania, Russia, Cina e Romania.

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città. è stata proprio questa esperienza che mi ha fatto voltare pagina volendo lavorare nel mio paese, realizzare un’architet-tura a dimensione “Umana”dove la gente comune si riconosca e si senta a suo agio, dove la “casa è casa”gli spazi verdi siano a dimensione di bambino. lavorare in italia, per me, è impor-tante tenere presente il contesto in cui interveniamo, le nostre città, i borghi, il paesaggio mi insegnano che l’Uomo è il centro di tutto questo e quindi la mia ricerca è di dare all’Uomo un ambiente a sua dimensione. sicuramente non andrò sui libri di architettura, ma la grande soddisfazione è quella di incontrare l’abitante di una qualsiasi casa da me progettata e sentirmi dire: “grazie! ci vivo benissimo è la casa come ho sempre de-siderato!”. questo mio modo di progettare non lo trova solo nei complessi residenziali ma anche nei grandi spazi commerciali per i quali mi sono divertito a trasformare anonimi capannoni industriali in spazi piacevoli dove la gente sosta volentieri”.

Si riferisce all’outlet progettato a Serravalle Scrivia?“Fu il primo outlet realizzato in italia”, ma, in effetti, sì! in quell’outlet ho creato un “nuovo borgo” anche se effimero ma dove la gente si ritrova, acquista, si ferma al bar e cammina in spazi piacevoli come in un nuovo paese”.

Secondo Lei un progetto di architettura deve essere necessa-riamente “bello”, nel senso di esteticamente apprezzabile?“il progetto di un edificio, residenziale e non, è il risultato di un amalgama di innumerevoli fattori: estetici, certamente, ma anche economici, territoriali, sociali. l’architetto non può pre-scindere dal contesto culturale, storico e sociale all’interno del quale si realizzerà l’opera. così come importante è la valoriz-zazione del rapporto tra pubblico e privato e poi da noi si dice: non è bello quel che è bello, ma è bello quel che piace!”.

Prendiamo il complesso Val Verde, realizzato da Franco Fani-ni nel centro storico di Loreto, che Lei ha progettato…“in questo lavoro trovo un giusto equilibrio tra eleganza, richia-mo alla storia del quartiere, praticità, rispetto per l’ambiente, ottime opportunità di investimento per le famiglie che verran-no a viverci. pensa che non sarebbe stato possibile disegnare qualcosa di più “spinto” o aggressivo? certamente, ma si sa-rebbe usciti dalla cultura di queste terre, la popolazione non l’avrebbe capito. abbiamo evitato di fare una città della tecno-logia, optando per soluzioni nuove, ma al contempo ancorate alla nostra cultura e alle nostre tradizioni”.

Val Verde è sorto su di un’area industriale dismessa. A Cre-ma il Suo studio ha compiuto una cosa simile. Si va in questa direzione?“nei nostri centri urbani vi sono tuttora numerose aree indu-striali abbandonate: il più delle volte si tratta di patrimoni da trasformare e da “restituire” alla popolazione, alle famiglie, facendo qualcosa “nella” città e “per” la città”. quindi ritengo che sia importante riqualificare il più possibile le aree abban-donate delle nostre città, per creare nuovi posti di lavoro, dare case all’interno delle città stesse, utilizzando queste strutture già urbanizzate e non cementificare nuove aree del nostro ter-ritorio”.

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In questo senso Lei ama definirsi architetto sociologo?“diciamo che sono un architetto dai cassetti aperti. mi piace “ascoltare” il territorio e adottare quelle scelte tecniche che risultino più armoniose nella singola situazione”.

Lei ha anche insegnato, ha mai lavorato con i suoi allievi?“ho tenuto corsi all’università di Firenze, le nuove generazioni hanno grandi potenzialità, con diversi miei allievi – che per me sono un po’ come dei figli – ho sviluppato diversi progetti in giro per il mondo. Un’esperienza arricchente per loro, ma anche per il sottoscritto. l’importante è metterli in condizione - dopo un adeguato periodo di formazione sul “modo” di progettare – di lavorare da soli, di assumersi certe responsabilità”.

Ci ricorda un progetto realizzato con i Suoi allievi?“come ho detto alcuni hanno collaborato con il mio studio e fra i lavori più significativi c’è la casa privata del presidente del Kazakistan per la quale hanno collaborato sia nella fase progettuale che nella parte esecutiva e di cantiere. ancora sto portando avanti le mie “vecchie idee”, nel mio studio nascono i progetti, le giovani sinergie li sviluppano e le “renderizzano” discutiamo le proposte che vengono anche da loro ma onesta-mente l’ultima parola è sempre la mia!”.

Una domanda cattiva: a Lei piacciono tutti i progetti che ha realizzato?“a una domanda così le risponderei ... a modo mio. mi spiego: se lei mi chiede se mi piace l’outlet di serravalle, dico subito che è una domanda mal posta. non pochi architetti, anche in italia, sono in grado di disegnare opere bellissime, ma sulla carta. è questo il punto di partenza dal quale non si può mai prescindere. Un’opera deve essere anche funzionale, dolce e di impatto non violento, ma al contempo “realizzabile”, sotto tutti

i punti di vista. guardiamo quel benedetto outlet: sa quanti po-sti di lavoro ha creato, tra impieghi diretti e l’indotto? e i bene-fici per il territorio? la stessa cosa per l’outlet che stanno co-struendo in sicilia. è da queste premesse che bisogna partire”.

Come vede il “mestiere” di architetto adesso e in futuro? “oggi il nostro lavoro è cambiato. dobbiamo lavorare in siner-gia con competenze diversificate, i grandi progetti sono frutto di una squadra dove il regista ha un ruolo di guida, di indiriz-zo, di coordinamento e di supervisione. non è più il tempo dei grandi studi come accadeva vent’anni fa. io ho ideato la “spa-dolini architetti”, che è un team dove si integrano professionisti che sono con me da molti anni, con giovani neolaureati che si affacciano oggi alla professione. cioè l’aggregazione di una serie di studi professionali autonomi - in particolare la Fagnoni associati e la morlacci associati - in modo da gestire al meglio le competenze. inoltre, ho sempre ritenuto fondamentale coin-volgere dei partner locali per avere un contatto con il territorio e un migliore controllo nella fase di realizzazione”.

Sempre guardando al futuro, con quale messaggio vorrebbe chiudere questo nostro incontro?“sicuramente con un pensiero di positività, di speranza. è sen-za dubbio importante che avvenga un reale passaggio genera-zionale, che la politica faccia spazio ai giovani, con le loro idee, la loro creatività, le loro intuizioni e la grande capacità che han-no di farsi ambasciatori e promotori del made in italy. siamo tutti consapevoli che è necessario un cambiamento drastico, ma l’italia è un paese forte, sano, fiero; è una grande nazione che sa muoversi verso il futuro con coraggio e fiducia. sono sicuro che è una sfida che sapremo vincere ”.

“Attraverso un’opera architettonica la gente

dev’essere messa in condizione di identificarsi in un pezzo

della propria storia e cultura”.

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