Modulo I Introduzione Gestione Delle Imprese

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ORGANIZZAZIONE E GESTIONE DELLE IMPRESE TURISTICHE

 Anno accademico 2007/2008

Corso di laurea: Formazione e management dei sistemi turistici

Dott.ssa Mara CerquettiUniversità degli Studi di Macerata

Facoltà di Scienze della [email protected] 

L’economia e la gestione delle imprese:un’introduzione disciplinare

Tra l’apparente confusione dei nostri misteriosi mondi,gli individui sono così ben incastrati in un sistema, e in

sistemi connessi l’uno agli altri in un tutto, che un uomosi espone, scivolando via per un attimo, al terribile

rischio di perdere il suo posto per sempre.

N. Hawthorne, Wakefield e altri racconti,Bompiani, Milano 20032, p. 17.

Abstract

L’economia e la gestione delle imprese: la nascita di una disciplina e la definizione del campo diindagine (approccio teorico-metodologico). L’economia: significato formale e sostanziale.L’economia come scienza sociale. Microeconomia e macroeconomia. L’impresa come sistemacomplesso. La classificazione delle imprese. Funzioni e finalità dell’impresa. Impresa, ambiente emercato.

L’evoluzione dei paradigmi aziendali (approccio storico). La teoria dell’equilibrio economicogenerale. Il modello taylorista-fordista. Il modello dell’impresa sistemica. L’ASV (Approccio SistemicoVitale). Il modello della specializzazione flessibile. Il modello della lean production. Il modello basatosulla conoscenza. La responsabilità sociale d’impresa (Rsi). La Stakeholder Theory.

La gestione dell’impresa: mission, strategie e ciclo di direzione. Le funzioni di gestione dell’impresa.La funzione di marketing. La funzione di produzione.

Obiettivi

La cassetta degli attrezzi. Acquisizione di un lessico chiaro (impresa, input e output, stakeholders,economia di scala, break even point, marketing, asset, brand, make or buy, outsourcing , ecc.) eindividuazione degli strumenti gestionali utilizzati dal management per cercare di governare iprocessi aziendali e dirigerli in senso evoluto, al fine di una possibile applicazione di metodi e modellimanageriali alla gestione e organizzazione delle imprese che operano nel settore turistico.

Dalla forma mentis al modus operandi: traduzione delle conoscenze tecnico-scientifiche acquisite incompetenze (flessibilità e problem solving come strumenti per gestire la complessità).

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L’economia e la gestione delle imprese: la nascita di una disciplina

La gestione delle imprese è una branca dell’economia che è stata formalizzata solo alla fine del XVIII

secolo e che ancora non possiede una matrice disciplinare perfettamente compiuta. Solo di recente èstato avviato un percorso teorico che, lungi dall’essere fine a se stesso, si propone di capire lepossibili valenze pratiche della teoria.

La teoria economica nasce in risposta ai problemi che vengono avvertiti in determinate circostanzeall’interno di un sistema economico (conseguente mutamento della teoria in relazione al mutamentodel contesto).Si vedano a tal proposito i mutamenti determinati dalle rivoluzioni industriali e la loro influenza sullosviluppo delle teorie economiche.1 

Nella campo degli studi relativi alla gestione delle imprese il rischio, per lungo tempo, è stato quellodi un approccio non sistematico, casuale e improvvisato, di taglio empirista, che rinnegava l’utilità dellateoria. Dalla parte opposta, invece, talvolta il tentativo di individuare un paradigma concettuale diriferimento si è tradotto in una autoreferenzialità deterministica, ovvero nella chiusura inun’astrazione teorica di difficile applicazione alla realtà, con la pretesa di calare una rigida strutturaformale, spesso di stampo meccanicistico, in una realtà fenomenica frammentata e in rapidomutamento.

Pertanto, individueremo prioritariamente:1)  lo specifico oggetto di indagine dell’economia e gestione delle imprese, distinguendo il

campo della microeconomia dalla macroeconomia;2)  l’evoluzione dei paradigmi nel corso del tempo e l’individuazione di possibili paradigmi di

riferimento.

1 Si pensi in particolare al ruolo delle rivoluzioni industriali nella definizione della teoria economica: prima rivoluzioneindustriale (1760-80/1860-1870: introduzione della macchina a vapore nei settori tessile e metallurgico); seconda rivoluzione

industriale (1870-80: introduzione di elettricità, prodotti chimici e petrolio); terza rivoluzione industriale (anni ’70 del XXsecolo: elettronica ed informatica)

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Il campo d’indagine: l’economia e la gestione delle imprese

L’economiaIl termine economia ha un duplice significato:

1. formale: scienza delle scelte in condizioni di scarsità di risorse (cfr. economizzare, ovveroottenere il massimo dai propri mezzi);2. sostanziale: processo di produzione e consumo finalizzato alla soddisfazione dei bisogni

materiali.

Tutti i tentativi volti a chiarire il posto dell’economia nella società devono muovere dal semplicericonoscimento del fatto che il termine economico, come viene comunemente usato per descrivereun tipo di attività umana, consta di due significati. Questi hanno radici separate e indipendenti. Non èdifficile individuarle, anche se per ciascuno di essi si dispone di una serie di parole che sono sinonimiin senso lato. Il primo significato, quello formale, deriva dalla natura logica della relazione mezzi-fini,come in economizzare o economico; da questo significato discende la definizione di economico basata

sulla scarsità. Il secondo significato, quello sostanziale, rinvia al fatto elementare che gli esseri umani,come tutti gli esseri viventi, non possono mantenersi in vita senza un ambiente materiale che lisostenga; è questa l’origine della definizione sostanziale di economico. I due significati, quelloformale e quello sostanziale, non hanno nulla in comune.

(…) Il significato sostanziale deriva, in breve, dal fatto che l’uomo dipende palesemente per lasua sussistenza dalla natura e dai suoi simili. Egli sopravvive in virtù di un’interazioneistituzionalizzata fra se stesso e il suo ambiente naturale. Quel processo costituisce l’economia, chegli fornisce i mezzi per soddisfare i bisogni materiali. Con ciò non si vuol dire che i bisogni dasoddisfare sono esclusivamente di natura corporea, come i bisogni di cibo e di riparo, per quantoessenziali questi siano per la sua sopravvivenza, poiché una simile limitazione restringerebbeassurdamente il campo dell’economia. I mezzi, e non i bisogni, sono materiali. È irrilevante che glioggetti utili siano richiesti per evitare la fame o servano a scopi educativi, militari o religiosi.Fintantoché i bisogni dipendono per il loro soddisfacimento da oggetti materiali, il riferimento èeconomico. Qui economico designa semplicemente il «far riferimento al processo di soddisfazione deibisogni materiali». (…)

Il significato formale ha un’origine del tutto diversa. Derivando dalla relazione mezzi-fini, è ununiversale i cui correlati non sono limitati ad un qualche campo d’interesse per l’uomo. I termini logicio matematici di questo tipo sono detti formali per contrapposizione alla specificità dei campi in cuisono impiegati. Un significato del genere è alla base del verbo massimizzare, più comunementeeconomizzare o – con un’espressione meno tecnica, ma forse più precisa delle altre - «ottenere ilmassimo dai propri mezzi».

K. Polany, The Livelihood of Man, Academic Press Inc., New York 1977 (tr. it. La sussistenzadell’uomo. Il ruolo dell’economia nelle società antiche, Einaudi, Torino 1983, pp. 42-43).

L’economia come scienza socialeL’economia come disciplina studia il modo in cui le società utilizzano risorse scarse per produrrebeni utili, e di come tali beni vengono distribuiti tra i diversi soggetti.2 Questa affermazione contiene due concetti chiave: la scarsità delle risorse e la necessità di utilizzarlein modo efficiente. Dato che i beni sono limitati, mentre i bisogni illimitati, è importante che unsistema economico utilizzi al meglio le proprie risorse limitate, ovvero con efficienza.

L’efficienza è l’assenza di sprechi, ovvero il migliore utilizzo possibile delle risorse economiche al finedi soddisfare i bisogni e i desideri degli individui (massima efficacia3 e minimo impiego di spesa,tempo e risorse).

2 Cfr. Paul A. Samuelson e William D. Nordhaus, Economia, Milano, McGraw-Hill, 1995, pp. 4-5.

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Risultati raggiuntiEfficienza =

Risorse utilizzate

L’economia positiva descrive i fatti di un sistema economico (cosa produrre e in quali quantità, comeprodurre, per chi produrre), mentre l’economia normativa riguarda i precetti di carattere etico e igiudizi valutativi sul sistema economico.

La ricerca economica valuta la validità (efficacia ed efficienza) di percorsi alternativi nel breve e nellungo periodo, attraverso il confronto tra comportamenti alternativi allo scopo di individuare quellipiù efficienti in termini di creazione di valore.

Oggi, sebbene la ricerca di comportamenti razionali sia alla base di ogni scelta economica, sipreferisce parlare di razionalità limitata, determinata dall’impossibilità di avere una conoscenza exante di tutte le alternative a disposizione, di tutti i relativi effetti e della loro conseguentecomparazione.

Dunque, il ricercatore come l’operatore economico può aspirare piuttosto ad un comportamentosoddisfacentista teleologicamente razionale: il soggetto fa del suo meglio per individuare la sceltaottimizzante anche se ex ante non ha la certezza di fare la scelta giusta (razionalità rispetto ai mezzidisponibili).

Macroeconomia e microeconomia4 La macroeconomia (o economia generale) è l’analisi delle condizioni che deve assumere il sistemaeconomico nelle sue principali variabili (investimenti, prezzi, risparmi, salari, ecc.) per favorire ilprocesso di ricchezza nel tempo (andamento complessivo del sistema economico).Con macroeconomia dunque si intende:

1.  la scienza che studia i processi di produzione e distribuzione delle ricchezze all’interno di unsistema sociale e politico (utilizzo di risorse scarse in modo efficiente, produzione di beni

utili, distribuzione della ricchezza);2.  l’insieme delle risorse e delle attività economiche di una comunità, di una nazione, ecc.;3.  il sistema di organizzazione e gestione di tali risorse e attività.

La microeconomia (o economia d’impresa) si occupa del comportamento di singole entità (impresa,famiglia, mercato, ecc.) in relazione al contesto di riferimento, analizzando la costruzione dinamicadelle condizioni di successo dell’impresa nel lungo periodo (modalità di acquisizione nel tempo dellerisorse necessarie a promuovere l’affermazione competitiva e lo sviluppo d’impresa) e nel breveperiodo (modalità di coordinamento in forma sistemica delle risorse già disponibili).

Il fondatore dell’economia moderna e in particolare della microeconomia è Adam Smith, che in TheWealth of Nations ( 1776) si è occupato del modo in cui vengono fissati i singoli prezzi, studiando i

meccanismi di determinazione dei prezzi di terra, lavoro e capitale, analizzando i punti di forza e didebolezza del meccanismo dei mercati e identificando soprattutto le importanti proprietà diefficienza dei mercati (la “mano invisibile” che produce un bene comune, al di là delle azioni di singoliindividui miranti al perseguimento dei propri interessi).

La macroeconomia nasce invece nella sua forma moderna nel 1936 con John Maynard Keynes, che inGeneral Theory of Employment, Interest and Money sviluppa una teoria sulla cause delladisoccupazione e delle depressioni economiche, sul metodo di determinazione di investimenti econsumi, sulla gestione della moneta e dei tassi di interesse da parte delle banche centrali e suimotivi per i quali l’economia di alcune nazioni prospera mentre quella di altre ristagna.

3 L’efficacia è la capacità di conseguire un obiettivo.4 Cfr. Samuelson e Nordhaus, Economia, cit., pp. 5-6.

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L’impresa L’impresa è un’organizzazione di beni e persone finalizzata alla produzione di beni con cuisoddisfare i bisogni; la produzione imprenditoriale di beni e servizi deve aggiungere valore perremunerare il capitale iniziale.

Connotato distintivo dell’impresa-azienda5 è il carattere economico. Per carattere economico si puògeneralmente intendere il fatto di trasformare le risorse impiegate (materiali e immateriali) perottenere beni di maggior valore, che sono destinati ad essere scambiati con consumatori e utentiesterni, che se ne avvalgono per soddisfare i propri bisogni, in modo che lo scambio produca valore.Per raggiungere tali obiettivi è necessaria una organizzazione, ovvero un’“organizzazione economicache, mediante l’impiego di un complesso differenziato di risorse materiali e immateriali, svolge processidi acquisizione e di produzione di beni o servizi da scambiare con entità esterne al fine di conseguirevalore.” Gli elementi distintivi di un’impresa sono, pertanto:

1) l’organizzazione di beni e persone (risorse umane e tecniche, materiali e immateriali);2) il processo produttivo (acquisizione, produzione e scambio);3) la produzione di valore (produzione di beni e servizi di maggior valore per la soddisfazione dei

bisogni).

L’impresa come sistema Il sistema è un’entità di cui è possibile individuare l’estensione e riconoscere le componenti (anchecon ottica soggettiva), caratterizzato dall’interazione tra le parti e tendente nel suo insieme ad unequilibrio (= il mutare di una componente comporta il mutare delle altre) e ad un fine:Ogni sistema si compone di sottosistemi e presuppone sovrasistemi.

L’impresa è un’organizzazione costituita da un insieme di parti, ciascuna delle quali deputata ad unaparticolare funzione per il conseguimento di uno scopo comune; le parti formano un insiemeorganico, perché la specializzazione delle parti è accompagnata dal coordinamento complessivo; pervivere, l’impresa intrattiene scambi con l’esterno (input e output).

Dunque, l’impresa può essere definita un sistema complesso ed aperto (in relazione con l’ambienteesterno), di tipo socio-tecnico (in quanto organizzazione di risorse umane e mezzi di produzione) ecognitivo (in quanto sistema di conoscenze atte a produrre nuove conoscenze).

SOVRASISTEMA

scambio  scambio 

Fornitori Clienti

Componenti del sistema impresa e relazioni con l’esterno

La classificazione delle imprese6 Le imprese possono essere classificate in base:

5 Azienda e impresa vengono qui utilizzati come sinonimi. Per i giuristi, invece, l’azienda è il complesso dei beni organizzatidall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa (art. 2555 cod. civ.) e l’impresa è l’attività economicamente organizzata al finedella produzione e dello scambio di beni o servizi; per gli aziendalisti l’azienda ha un contenuto più ampio di quello di impresa,

intesa più specificamente come impresa di produzione.6 Cfr. Sergio Sciarelli, Fondamenti di economia e gestione delle imprese, Padova, Cedam, 2004, pp. 10-16.

ORGANIZZAZIONEProcesso di trasformazione 

(SOTTOSISTEMI)

INPUT  OUTPUT 

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-  all’attività esercitata;-  alla dimensione;-  al mercato servito;-  alla natura della proprietà.

La dimensione di un’impresa può essere stabilita sulla base di parametri:-  economici, in termini di valore aggiunto, inteso come differenza tra il valore finale della

produzione e il costo delle materie prime;-  tecnici, in termini di superfici di vendite o di capacità di produzione degli impianti;-  patrimoniali, in termini di capitale di funzionamento;-  organizzativi, in termini di numero di addetti (secondo l’ISTAT le imprese si distinguono in

piccole, medie e grandi, a seconda che abbiano un numero di dipendenti inferiore a 100,compreso tra 100 e 500 o sopra a 500).

In realtà la dimensione di un’impresa va stabilita, oltre che attraverso la considerazione di tutti questiparametri, sulla base del rapporto con il mercato in cui l’impresa opera (secondo questa accezioneun’impresa grande ha un controllo elevato del mercato, con capacità di influenza su altre imprese e

sui consumatori).

Funzioni e finalità dell’impresa7 

Le funzioni dell’impresa sono complementari e riguardano aspetti diversi a seconda che si consideril’impresa come:

-  organizzazione economica, finalizzata alla soddisfazione dei bisogni umani mediante la messaa frutto di risorse rinvenibili in natura in misura limitata;

-  sistema sociale, finalizzato alla distribuzione della ricchezza creata, al fine di soddisfare ibisogni soprattutto di coloro che operano al suo interno;

-  struttura patrimoniale, intesa come complesso di beni organizzato e retto per lo svolgimentodei processi produttivi e la generazione del profitto.

Le finalità dell’impresa sono stabilite dagli individui che ne detengono la proprietà e il governo esono cambiate nel tempo in relazione al mutamento del contesto in cui l’impresa opera:

1)  Massimizzazione del profitto (teoria economica classica): l’impresa è finalizzata all’aumentodella redditività della propria attività.Il profitto è stato inteso come:

a)  corrispettivo per chi impiega il fattore produttivo;b)  corrispettivo per il rischio per chi investe capitale;c)  premio che spetta a colui che promuove l’innovazione (cfr. Schumpeter e teoria delle

innovazioni);d)  acquisizione di posizioni monopolistiche.

Le diverse definizioni del profitto possono essere complementari e non necessariamente

escludenti.2)  Sopravvivenza aziendale (in relazione all’avvenuta distinzione tra proprietà e governo

dell’impresa): chi governa l’impresa mira alla massimizzazione della sicurezza (continuitàdell’organismo aziendale).

3)  Creazione e diffusione di valore (in relazione all’attenzione a tutti i partecipante dell’impresasia interni che esterni) finalizzata alla qualità totale.

4)  Sviluppo dimensionale: ampliamento del volume d’affari in termini di quantità da vendere eaumento dei prezzi di vendita.

5)  Teoria dei limiti sociali alla massimizzazione del profitto (in relazione al peso dei gruppi socialiin relazione con l’impresa). L’aumento del prezzo è dunque condizionato dall’elasticità delladomanda e dalla pressione concorrenziale; l’incremento della quantità prodotta dalle

7 Cfr. Sciarelli, Fondamenti di economia e gestione delle imprese, cit., pp.52-78.

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reazioni dei concorrenti e la riduzione dei costi e delle risorse impiegate dalle reazioni dicoloro che operano all’interno dell’impresa.

6)  Successo sociale: profitto, potere e prestigio.Oggi l’impresa mira contestualmente al raggiungimento dei seguenti obiettivi:a)  Sopravvivenza dell’impresa (in termini di equilibrio tra costi e ricavi);b)  Affermazione nell’ambito della classe sociale di appartenenza;c)  Assunzione di una posizione di preminenza nella comunità.

L’ambiente8 L’ambiente è il contesto all’interno del quale l’impresa è chiamata a svolgere la sua funzione ecostituisce un sistema di vincoli e opportunità.

Si distinguono 4 diverse tipologie di ambiente (macroambiente) con cui ogni impresa deveconfrontarsi:

1)  politico-istituzionale: forma di governo e ordinamento legislativo;2)  culturale-tecnologico: sistema di valori;3)  demografico-sociale: struttura della popolazione;

4)  economico: macrovariabili economiche che influenzano l’operato delle imprese.Cfr. economia di mercato vs economia di piano (o collettivista); economia mista (o diintervento)Una delle caratteristiche delle economie miste è il welfare state (o stato di benessere),ovvero lo stato assistenziale (o sociale), consistente nell’intervento dello Stato in alcunisettori economici (assistenza sanitaria, istruzione, accesso alla cultura, assistenza diinvalidità, sistema pensionistico, ecc.) al fine di eliminare le disuguaglianze sociali.

Negli ultimi anni si è assistito alla crisi del welfare state, con la conseguente privatizzazione dialcuni servizi pubblici (ferrovie, telecomunicazioni, ecc.), con il triplice obiettivo di migliorarel’efficienza dei servizi offerti ai cittadini, garantire una riduzione delle tariffe in virtù della

8 Cfr. Sciarelli, Fondamenti di economia e gestione delle imprese, cit., pp. 18-50.

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presenza di un sistema concorrenziale, e ottenere risorse finanziarie da parte dello Stato edegli Enti Locali.

Il microambiente in cui opera l’impresa è invece il mercato, inteso come luogo dello scambio.

Si distinguono 2 diverse tipologie di mercato:1)  l’ambiente transazionale (in entrata), costituito dalle risorse per la fornitura delle quali

l’impresa ricorre al mercato;2)  l’ambiente competitivo (in uscita), costituito dalle porzioni di mercato da soddisfare.

Possiamo inoltre distinguere ulteriormente il mercato in:1)  mercato del lavoro, costituito dalle risorse umane;2)  mercato della produzione, costituito dai produttori di materie prime;3)  mercato finanziario, costituito dalla borsa valori;4)  mercato di vendita, costituito dagli acquirenti di beni o servizi.

L’impresa non può agire sul macroambiente di riferimento, ma la sua evoluzione è determinata

dalla capacità di adattamento al mercato.

Nel contesto attuale, in cui alla sfida della complessità si affianca quella della globalizzazione,l’impresa deve far fronte a turbolenza, ostilità e diversità, con flessibilità e utilizzando la conoscenzaglobale per dare una risposta efficace alla complessità.

Le barriere alla concorrenzaLe barriere alla concorrenza possono essere:

1)  esterne: impediscono l’ingresso nel mercato;2)  interne: tutelano la posizione di ciascun produttore.

Le barriere in entrata si collegano:

1)  alle economie ottenibili nelle funzioni di gestione;2)  alla disponibilità di brevetti o know-how;3)  alla scarsezza dei fattori produttivi essenziali;4)  alla differenziazione dei prodotti.

I fattori per superare le barriere gestionali possono essere individuati in:1)  economie di scala: abbassamento dei costi unitari all’aumento del volume di produzione;2)  economie di scopo (di raggio d’azione): minori costi nello svolgimento in comune di due

attività rispetto ai costi per svolgerle separatamente;3)  economie di interrelazione.

L’equilibrio fra la domanda e l’offerta

(peso di compratori e venditori sul mercato e relazione tra potenzialità di produzione e capacità diassorbimento)

Il mercato del venditore è caratterizzato da:-  domanda superiore alla capacità di produzione;-  concorrenza tra gli acquirenti;-  vantaggio dei produttori.

Il venditore avrà in pugno il mercato e potrà stabilire le condizioni di contrattazione dei beni.

Il mercato del compratore è caratterizzato da:-  offerta superiore alla domanda;-  concorrenza tra i venditori;

-  vantaggio degli acquirenti.

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  Arbitri del mercato diventeranno i compratori che, con le scelte di acquisto, potranno decretare ilsuccesso o l’insuccesso delle imprese produttrici.

La relazione tra impresa e mercatoSecondo gli studiosi strutturalisti, la struttura del mercato incide sul comportamento delle impreseche, a sua volta, influenza il risultato della gestione aziendale. Il paradigma struttura-condotta-performance viene però criticato da coloro che ritengono che sia il comportamento delle imprese adeterminare la struttura del mercato, proponendo un nuovo paradigma (condotta-struttura-performance).

Resource-based Theory La resource-based theory si basa sulla centralità di risorse, competenze, capacità dell’impresanell’analisi competitiva; lo sviluppo è conseguenza della migliore utilizzazione delle risorse disponibilie/o acquisibili dall’impresa.

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L’evoluzione dei paradigmi aziendali9 

Teoria dell’equilibrio economico generaleLa teoria dell’equilibrio economico generale di Léon Walras (1834-1910) si fonda sul modello di

concorrenza perfetta, costruito su una serie di condizioni dalla cui compresenza si perviene adedurre l’esatto funzionamento del mercato, in cui ogni operatore agisce secondo una regola dirazionalità economica, rappresentata dalla massimizzazione del profitto d’impresa (per il

produttore) e dalla massimizzazione dell’utilità soggettiva derivante dall’uso dei beni (per il

consumatore).

Il modello concorrenziale perfetto si fonda sulle seguenti condizioni:-  il bene prodotto è omogeneo: i beni appartenenti alla stessa categoria hanno caratteristiche

omogenee (sono escluse possibili differenze qualitative);-  le imprese che operano sul mercato hanno una dimensione atomica, tale da non poter

influenzare in alcun modo i prezzi di vendita: a fronte di un alto numero di acquirenti evenditori, la capacità di offerta e di acquisto di ogni operatore è limitata rispetto al totale

della merce scambiata (nessuno è in grado di influenzare il mercato attraverso variazionidella propria quantità offerta o domandata), con conseguente esclusione di politichecollusive;

-  le imprese operano in condizione di “informazione perfetta”: le imprese dispongono diperfetta e pari conoscenza delle leggi di trasformazione tecnologica necessarie allaproduzione, dei rapporti di sostituibilità fra i bisogni dei consumatori e delle quantitàscambiate (conoscenza diffusa, trasparenza dei mercati, perfetta imitabilità delletecnologie);

-  non esistono barriere all'ingresso e all'uscita dei concorrenti;-  i fattori della produzione sono perfettamente sostituibili fra loro, ossia possono essere

riallocati alla produzione di diversi beni, mantenendo sempre la stessa produttivitàmarginale;

-  l’aggiustamento del mercato avviene in un intervallo temporale in cui non mutano le condizioniesogene rispetto al mercato.

Nel rispetto di queste condizioni, l’equilibrio del mercato si realizza in corrispondenzadell’uguaglianza fra domanda e offerta, all’interno della quale ciascun produttore consegue unincasso marginale (dato dal prezzo unitario) identico al costo marginale di produzione.Per ottenere questo risultato è dunque necessario che si verifichino alcune condizioni: costanza delprezzo, crescita del ricavo totale direttamente proporzionale alla quantità venduta, uguaglianza tra ilcosto marginale di produzione e l’incasso marginale (prezzo unitario).La presenza di tanti mercati funzionanti in condizioni di concorrenza perfetta è tale da realizzarel’allocazione ottimale.Secondo questa configurazione, inoltre, tutte le imprese operano in condizioni di profitto nullo, inquanto i ricavi coprono esattamente i costi rappresentati dalle risorse acquistate e dall’apporto deifattori produttivi: terra, capitale, lavoro e imprenditorialità (la cui rimuneratività è rappresentatanell’ordine da: rendita, interesse, salario e profitto). Il profitto corrisponde, dunque, allaremunerazione della prestazione imprenditoriale e non ha natura di valore residuale (variabile infunzione dell’efficienza dell’impresa).Secondo la teoria microeconomica classica, la concorrenza perfetta è il meccanismo ottimale perl'allocazione efficiente delle risorse in quanto il prezzo di vendita che si forma sul mercato è quelloche remunera tutti i fattori di produzione in base alla loro produttività marginale e non consentecreazione di extra profitti e sfruttamento del lavoro. Inoltre il prezzo (o meglio il sistema dei prezzirelativi) è anche quello che consente ai consumatori di massimizzare la loro soddisfazione.

9 Cfr. Giuseppe Volpato (a cura di), Economia e gestione delle imprese. Fondamenti e applicazioni, Roma, Carocci, 2006, pp. 11-49

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La strenua difesa della validità e dell’applicabilità del modello di concorrenza perfetta, anche quandoil processo di industrializzazione e concentrazione oligopolistico ne decretava ormai definitivamentel’inapplicabilità – anche ammesso che fosse esistito un periodo storico nel quale la realtà potesseessere in qualche modo assimilata a tale modello –, è riconducibile al suo ruolo ideologico nellagiustificazione dell’efficienza, dell’equità e dell’eticità del sistema liberista nei confronti di altrimodelli economico-sociali.

Il modello di concorrenza perfetta verrà definitivamente abbandonato negli anni ’30, conl’introduzione del concetto di differenziazione dei prodotti (prodotti tra loro sostituibili, dotati dicaratteristiche proprie e prezzi distinti) e, prima ancora, grazie all’apporto della teoria delleinnovazioni sostenuta da Joseph Alois Schumpeter nella sua Teoria dello sviluppo economico (1911).La differenziazione dei prodotti e l’innovazione erano infatti concetti che, insieme a quelli di strategiadi impresa, natura organizzativa e fallimenti di mercato non erano presi in considerazionedall’orizzonte analitico dell’economia d’impresa.

Il modello taylorista-fordistaIl modello taylorista- fordista, che prende nome dal suo massimo teorico (Frederic Taylor) e dal suo

realizzatore più significativo (Henry Ford), si fonda sull’organizzazione scientifica del lavoro(scientific management), caratterizzata dalla standardizzazione dei processi produttivi al fine dipervenire al one best way dell’organizzazione del lavoro, ovvero alla definizione del modo piùefficiente per compiere una determinata operazione e raggiungere un obiettivo.Questo modello si è sviluppato agli inizi del XX secolo, parallelamente allo sviluppo di alcuni settoriindustriali (tessile, siderurgico, minerario, ecc.), all’elevata disponibilità di manodopera pocoscolarizzata tormentata dalla necessità di soddisfare i bisogni più elementari, allo sviluppo delle lineedi comunicazione, all’ampliamento dei mercati, all’aumento della produttività e alla produzione dimassa.In questo contesto è stata avviata la ricerca di sistematiche soluzioni organizzative tendentiall’ottenimento di prodotti a basso costo attraverso un razionale impiego dei fattori della produzioneed in particolare della manodopera, attraverso:

-  suddivisione del lavoro in fasi elementari;-  standardizzazione dei processi produttivi;-  specializzazione;-  sincronizzazione.

La razionalizzazione consentita da una produzione organizzata secondo criteri scientifici, avrebbe,secondo Ford, consentito di raggiungere una produttività così elevata, e quindi costi di produzionecosì bassi, da realizzare simultaneamente l’interesse del capitalista (alti profitti), del lavoratore (altisalari) e del consumatore (bassi prezzi e alti consumi).

Questo modello, però, a partire dal secondo dopoguerra si è rivelato inefficace a causa dei seguentifattori:

-  inadeguatezza gestionale dei metodi tayloristi in diverse tecnologie di produzione e in

diversi contesti ambientali;-  incapacità di rispondere ad una domanda di beni e servizi non solo crescente, ma anche

differenziata;-  inadeguatezza del modello teorico nella gestione della mutevolezza e della varietà delle

situazioni reali;-  scarsa attenzione al contesto socio-politico.

Il modello dell’impresa sistemicaIl modello dell’impresa sistemica, proposto dopo il secondo conflitto mondiale come paradigmaalternativo al modello taylorista-fordista, cerca di rispondere alle esigenze di un contesto socio-politico ed economico profondamente mutato e caratterizzato dal confronto tra i due blocchicontrapposti dell’area occidentale e dell’area orientale, dal ruolo crescente dei sindacati,

dall’aumento degli scambi internazionali e dal crescente ruolo dell’ innovazione tecnologica.

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Il modello dell’impresa sistemica, facendo leva sul modello organicista di derivazione biologica,10 stabilisce che ogni soggetto operante nell’impresa o esternamente all’impresa, ma influenzato dalsuo operato o ad esso interessato (stakeholder ), è portatore di interessi e pertanto vasalvaguardato.

L’ASV (Approccio Sistemico Vitale)Una particolare evoluzione del modello sistemico viene fornito dall’approccio sistemico-vitale che sifonda su 5 categorie logiche di riferimento:

1.  qualificazione ontologica dell’impresa: dicotomia struttura/sistema;2.  qualificazione comportamentale dell’impresa: dicotomia funzione decisionale (governo della

complessità)/funzione operativa (complessità ricondotta a complicazione);3.  individuazione di un contesto: l’impresa vive in un ambiente di riferimento;4.  isomorfismo: le entità presenti nell’ambiente interne o esterne all’impresa sono ad essa

assimilabili;5.  finalità dell’impresa è la sopravvivenza nell’ambiente in cui vive.

L’approccio sistemico-vitale si basa su 5 postulati: 

1.  della Sopravvivenza (finalità di ogni sistema vitale);2.  dell’Eidos (duplice prospettiva del sistema vitale: struttura e sistema);3.  dell’Isotropia (individuazione di due aree distinte: decidere e agire);4.  dell’Interagire (dinamica esistenziale del sistema vitale: interazione con sovra sistemi e sub

sistemi);5.  dell’Esaustività (tutte le entità esterne sono sistemi vitali riconducibili ad un sistema vitale di

livello superiore).

Il modello della specializzazione flessibileIl modello della specializzazione flessibile ha caratterizzato lo sviluppo dei distretti industriali italiani,in cui le piccole imprese sono riuscite a mantenersi competitive costruendo un tessuto industriale (ildistretto), basato su una divisione del lavoro fra imprese (costellazione di imprese), che hanno

mantenuto un alto tasso di innovazioni, soprattutto di processo, e un’accentuata capacità direazione alle esigenze del mercato.

Il modello della lean production Tra gli anni ’70 e ’80 la crescita industriale del Giappone nei settori dell’automobile, dell’elettronica,delle macchine fotografiche, ecc. è stata attribuita ai seguenti fattori:

-  sottovalutazione dello yen rispetto al dollaro;-  concentrazione dei grandi gruppi industriali in una serie di legami finanziari ed economici,

formatisi sulla base di accordi tra grandi famiglie;-  basso costo del lavoro;-  sostegno pubblico dello Stato alle imprese.

A questi importanti fattori, da un punto di vista gestionale, si deve aggiungere il vantaggio di unmodello manageriale basato sulla learning organization (l’organizzazione che apprende) e sulla lean

production (produzione snella), che permettono l’abbattimento della rigidità strutturale attraversol’integrazione della catena fornitori/clienti, al fine di evitare gli sprechi e rispondere alle esigenzedel mercato.La lean production riconsidera in modo globale l'intero processo produttivo, coinvolgendo nelprocesso decisionale, fin dal primo momento, tutte le funzioni presenti in un'azienda e riducendo lacomplessità nella produzione, resa più flessibile, con conseguente utilizzazione ottimale degli

10 L’impresa viene dunque assimilata ad un organismo vivente operante in simbiosi con l’ambiente esterno (parallelo biologico),e non ad un meccanismo caratterizzato da automatismo di comportamento ( parallelo meccanico). Questa concezione è stata

da alcuni criticata perché l’impresa, a differenza degli esseri viventi, è destinata a perdurare ed è caratterizzata dacomportamenti consapevoli.

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impianti, riduzione dei tempi di giacenza nei magazzini, abbattimento degli errori di progettazione erazionalizzazione delle forniture ( just in time).Poiché la lean production si basa su una strettissima integrazione della produzione con le altrefunzioni aziendali e su una maggiore attenzione alle esigenze dei consumatori, essa si configuracome una scelta ineludibile per ogni azienda che tenda alla qualità totale.L’impresa diventa così un sistema socio-tecnico in cui l’efficienza è raggiungibile solo con l’ampiacollaborazione di tutti gli operatori per rispondere adeguatamente alla varietà e allapersonalizzazione dei prodotti, al fine di ottenere una programmazione delle attività e uncoordinamento delle operazioni produttive oltre i confini della singola impresa, in un contestocaratterizzato da una crescente domanda di sostituzione.11 Da una logica push si passa così ad una logica pull, in cui la produzione è chiamata a rispondere allerichieste del mercato, con un continuo miglioramento del prodotto (never ending improvement)

Il modello basato sulla conoscenza12 Il modello basato sulla conoscenza nasce per far fronte all’esigenza di cercare ed elaborareinformazioni e tradurle in forme organizzate di produzione.La competitività dell’impresa è infatti sempre più data dalla capacità di incorporare scienza

(informazioni sulle regole di funzionamento dei sistemi fisici e sociali) e conoscenza (informazionisugli stati dei sistemi fisici e sociali, sulle esigenze dei soggetti e sulle modalità tecniche di produzionedei beni richiesti).La conoscenza, principale fattore di sviluppo dell’impresa, comprende sia il know why (spiegazionescientifica dei fenomeni) che il know how (conoscenza relativa al modo di operare per ottenere uncerto risultato).La conoscenza permette di ottenere i seguenti vantaggi:

-  diffusione della conoscenza tra reti di imprese (filiere cognitive);-  capacità di cogliere le esigenze della clientela;-  rapido passaggio dalla definizione del prodotto (concept) alla produzione e

commercializzazione (time to market);-  valutazione della customer satisfaction e massimizzazione della customer retention;

-  interazione con i fornitori: progettazione di nuovi prodotti (codesign) e fluidificazione dellacatena dei rifornimenti (kanban);

-  coinvolgimento del personale su obiettivi di qualità e miglioramento continuo.

Il rapporto tra economia e conoscenza non è cosa nuova, dal momento che l’economia ha fornito imezzi necessari a far avanzare le frontiere del sapere (personale specializzato, attrezzaturescientifiche, ecc.) e la conoscenza ha fornito all’economia idee, soluzioni, linguaggi per innovare. Seda un lato, però, l’attenzione alla conoscenza è stata esclusiva di alcuni settori specializzatidell’economia (innovazione, scienza, capitale umano, progresso tecnologico), dall’altro laconoscenza è stata considerata una risorsa esclusivamente pubblica (fuori mercato) – la scienza – oesclusivamente privata (brevettabile e vendibile).Oggi, invece, la conoscenza sta diventando un risorsa che è necessario “normalizzare” senza ridurre

a merce, in modo da poterla utilizzare al meglio (razionalmente), producendo valore grazie ad unimpiego più consapevole ed organizzato.L’impiego della conoscenza produce valore attraverso 3 principali drivers:

1)  la capacità di moltiplicare gli usi e il valore complessivamente utile della conoscenza dipartenza;

2)  la capacità di interpretare (dare un significato endogeno, soggettivo, alle esperienze);3)  la capacità di autoregolare i rapporti sociali, attraverso regole di governo

dell’interdipendenza per la condivisione della conoscenza.

11 Dalla domanda di prima dotazione (elasticità rispetto al prezzo) si è passati alla domanda di sostituzione (elasticità rispettoalla qualità e all’affidabilità dei prodotti).12 Per l’approfondimento di questi temi si vedano in particolare: Enzo Rullani, Economia della conoscenza. Creatività e valore nel

capitalismo delle reti, Roma, Carocci, 2004; Id., La fabbrica dell’immateriale. Produrre valore con la conoscenza, Roma, Carocci,2004.

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In virtù del ruolo della conoscenza nell’economia moderna possiamo affermare di assistere alpassaggio dal capitalismo industriale (fondato sul capitale-macchine e sul lavoro di fabbrica, sullaproprietà privata dei mezzi di produzione e sulla ricerca del profitto individuale) al capitalismocognitivo (fondato sul capitale-conoscenza e sul lavoro della mente), dalla fabbrica al pensiero messoin rete nello spazio virtuale delle comunicazioni (rivoluzione dei servizi).Di conseguenza l’economia da scienza dell’allocazione ottimale di risorse scarse si sta trasformandoin scienza dell’utilizzo di risorse crescenti ai fini dello sviluppo.

Nell’economia della conoscenza la crescita economica è dunque determinata:1)  dalla qualità e quantità dei processi di apprendimento;2)  dalla possibilità di accedere alle conoscenze distribuite in rete;3)  dalla capacità di propagare le conoscenze possedute.

La conoscenza diventa un asset (risorsa) di natura immateriale per l’impresa e gli intangibles (beniintangibili) diventano altrettanto importanti degli investimenti in attività materiali. I beni intangibiliper eccellenza sono:

1)  il capitale intellettuale;2)  il capitale sociale (del territorio);3)  il capitale relazionale (della rete);4)  il capitale culturale (cultura internalizzata negli individui o nelle pratiche sociali).

La conoscenza tacita è una forma di conoscenza che le persone acquisiscono ed esercitano nellapratica, ma che non sono in grado di esplicitare, articolare, spiegare, prodotto del learning by doing edel learning by using .

In questo contesto anche il territorio acquista un ruolo economico, sempre più legato non alleconvenienze localizzative classiche, ma al circuito cognitivo che, in funzione della storia edell’organizzazione sociale, si è sedimentato nei luoghi, rendendoli diversi l’uno dall’altro.

A seguito del superamento del paradigma fordista (basato sulla produzione di massa) a partire daglianni ’70 si è iniziato a parlare di:

1)  società postindustriale: l’intelligenza flessibile dell’uomo nei servizi;2)  società dell’informazione, della comunicazione e della conoscenza;3)  cultura postmoderna: caratterizzata da discontinuità, complessità, turbolenza, rifiuto di una

visione del mondo meccanicistica, deterministica e dall’affermarsi di nuovo paradigmabasato sul valore delle differenze e della ricerca aperta, sui principi dell’incertezza, del caos,dell’olismo, sulla flessibilità, sul sincretismo e sull’interdisciplinarità.13 

La responsabilità sociale d’impresa14 La responsabilità sociale d’impresa (Rsi) è un tema connesso alla consapevolezza delle ricadute

sociali del fare impresa e dei comportamenti che ne derivano.Sebbene il termine sia stato coniato negli Stati Uniti (Corporate Social Responsability) il concetto diresponsabilità sociale ha forti connotati italiani15 e profonde radici nella cultura imprenditorialeitaliana.

13 Per il postmoderno si vedano: Giampaolo Fabris, Il nuovo consumatore: verso il postmoderno, Milano, FrancoAngeli, 2003;Fredric Jameson, Postmodernism, or The cultural logic of late capitalism, Durham, Duke University Press, 1984 (trad. it. Ilpostmoderno, o la logica culturale del tardo capitalismo, Milano, Garzanti, 1989); Jean-François Lyotard, La conditionpostmoderne, Paris, Les éditions de minuit, 1979 (trad. it. La condizione postmoderna. Rapporto sul sapere, Milano, Feltrinelli,19811, 19852).14 Cfr. Luciano Hinna, Come gestire la responsabilità sociale dell’impresa, Milano, Il Sole 24 ORE, 2005.15 “Il profitto o il vantaggio deve essere onesto e non turpe, deve essere moderato e non contro natura. È equo che nessuno sifaccia più ricco con nocumento altrui.” (Albertano da Brescia 1243)

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Sono concetti strettamente legati a quello di responsabilità sociale d’impresa quello di accountability (attitudine a rendere conto, raccontare, informare soggetti diversi ed essere trasparenti nellerelazioni) e quello di stakeholder (ogni soggetto che abbia interesse all’attività dell’impresa).

Diverse sono le definizioni che possiamo dare di Rsi:

-  “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle lorooperazioni commerciali e nei lori rapporti con le parti interessate.” (Libro VerdeCommissione della Comunità Europea 2002)

-  “perseguire quelle politiche, prendere quelle decisioni e seguire quelle linee d’azionedesiderabili in funzione degli obiettivi e dei valori riconosciuti dalla società.” (Howard Bowen1953)

-  “continuo impegno dell’azienda a comportarsi in maniera etica e a contribuire allo sviluppoeconomico, migliorando la qualità della vita dei dipendenti, delle loro famiglie, dellacomunità locale e più in generale della società.” (World Business Council for SustainableDevelopment)

-  “cittadinanza d’impresa” (corporate citizenship). (Business for Social Responsibility)-  “strumento per contribuire al raggiungimento degli obiettivi delle politiche dell’unione

europea, di competitività, occupazione, coesione sociale, protezione dell’ambiente,contribuendo allo sviluppo di una migliore governance globale.”

La responsabilità sociale d’impresa è dunque uno strumento per migliorare la gestione dei rischisociali e ambientali e per gestire la qualità dell’impresa.

Ne emerge che la Rsi è strettamente connessa ad alcuni concetti distinti:1)  la sostenibilità (sviluppo sostenibile);2)  la volontarietà (scelta dell’impresa di operare con responsabilità, da misurare e valutare);3)  la consapevolezza dell’impresa circa i riflessi della propria attività sul contesto di riferimento.

La domanda di Rsi proviene della società civile (associazioni di consumatori, partiti, sindacati, ecc.) edalle imprese (atteggiamenti filantropici delle imprese, attenzione ai lavoratori e ai clienti, ecc.).

Adriano Olivetti e la responsabilità sociale d’impresaAlle capacità manageriali che portarono la Olivetti ad essere la prima azienda del mondo nel settoredei prodotti per ufficio, Adriano Olivetti unì una instancabile sete di ricerca e di sperimentazione sucome si potessero armonizzare lo sviluppo industriale con la affermazione dei diritti umani e con lademocrazia partecipativa, dentro e fuori la fabbrica. Nel 1945 pubblicò L'ordine politico delleComunità che va considerato la base teorica per una idea federalista dello Stato che, nella suavisione, si fondava appunto sulle comunità, vale a dire su unità territoriali culturalmente omogeneeed economicamente autonome. Nel 1948 fondò a Torino il “Movimento Comunità” e si impegnòaffinché si realizzasse il suo ideale di comunità in terra di Canavese. Il movimento, che tentava diunire sotto un'unica bandiera l'ala socialista con quella liberale, assunse nell'Italia degli anniCinquanta una notevole importanza nel campo della cultura economica, sociale e politica. Sotto

l'impulso delle fortune aziendali e dei suoi ideali comunitari, Ivrea negli anni cinquanta raggruppòuna quantità straordinaria di intellettuali che operavano (chi in azienda chi all'interno delMovimento Comunità) in differenti campi disciplinari, inseguendo il progetto di una sintesi creativatra cultura tecnico-scientifica e cultura umanistica.

Cfr. A. Olivetti, L’ordine politico delle Comunità. Le garanzie di libertà in uno Stato socialista , NuoveEdizioni Ivrea, Ivrea 1945. 

La Stakeholder Theory

Strettamente collegata alla responsabilità sociale d’impresa è la teoria dei partecipanti dell’azienda,secondo la quale il fine di ogni impresa è la soddisfazione di tutti i partecipanti all’impresa, ovvero ilvasto contesto sociale, attraverso la creazione di un clima aziendale favorevole e la fidelizzazione dei

clienti. (Cfr. Freeman 1984)

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La gestione dell’impresa

La gestione di un’impresa comprende:1)  il governo dell’impresa, ovvero l’amministrazione dei vari fattori della produzione impiegati

per il suo funzionamento e per l’assicurazione del suo sviluppo nel tempo;2)  il complesso delle attività svolte dall’impresa per raggiungere le finalità dei soggetticoinvolti.

Quando si parla di gestione d’impresa è dunque opportuno distinguere:1)  una funzione di governo, che si occupa di stabilire le norme comuni di funzionamento di un

complesso articolato di risorse;2)  un sistema operativo, comprendente le modalità di esecuzione dell’insieme di operazioni

proprie dell’attività aziendale.

La gestione strategica di un’impresa definisce il rapporto con il contesto generale e le sceltedell’ambiente transazionale e competitivo e include le scelte di fondo riguardanti gli obiettivi el’impiego delle risorse aziendali, attraverso l’individuazione di gruppi di responsabilità e compiti.

La gestione operativa riguarda invece gli atti di decisione, controllo ed esecuzione relativiall’attuazione dei processi operativi.

Imprenditorialità/managerialitàSecondo Schumpeter l’imprenditore deve avere capacità di previsione, razionalità, spirito di iniziativae autorevolezza e capacità di leadership.

Se con imprenditorialità definiamo l’attitudine ad assumere decisioni rischiose finalizzateall’innovazione dei comportamenti aziendali (efficacia), per managerialità si deve intendere lacapacità di sviluppare queste decisioni e attuarle in modo razionale (efficienza).

Nei confronti dell’ambiente esterno l’imprenditore o il gruppo imprenditoriale può adottare tredifferenti tipi di comportamento:

1)  di attesa nei confronti del mercato e del macroambiente (passivo);2)  anticipatorio o di previsione dei mutamenti (difensivo);3)  attivo o finalizzato ad influenzare il contesto (innovativo).

Dalla definizione della missione alla programmazione aziendaleOgni progetto di impianto e di impresa va commisurato agli obiettivi da conseguire, stabilendo,attraverso un processo di informazione e conoscenza, decisione e azione:

1.  mission 2.  strategie3.  programmazione delle attività

La missione aziendaleLa definizione della mission rappresenta il primo livello di formalizzazione delle finalità aziendali.La mission sostanzia sia il coagulo motivazionale interno che l’immagine esterna dell’impresa.

La strategiaLa strategia definisce il comportamento imprenditoriale di lungo periodo e attiene alla capacità ditrasformare un sistema di vincoli in opportunità.

L’attività di gestione di un’impresa prevede l’assunzione di decisioni strategiche in fase di avvio e incorso d’opera per la realizzazione di programmi di sviluppo.

Le scelte strategiche possono riguardare:

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1)  le aree d’affari (strategia complessiva o corporate);2)  le modalità di competizione in ciascuna area d’affari (strategia competitiva);3)  le azioni relative alla gestione finanziaria, di marketing, del personale (strategia funzionale).

I comportamenti imprenditoriali di lungo periodo devono essere definiti secondo un percorso cheprevede quattro fasi o momenti successivi:

1)  formulazione delle previsioni;2)  individuazione degli obiettivi;3)  definizione della strategia;4)  adattamento della struttura organizzativa.

Gli obiettivi strategici a livello imprenditoriale possono riguardare:-  sviluppo dimensionale dell’azienda;

-  miglioramento equilibri gestionali;-  riduzione rischio complessivo di gestione;-  mantenimento posizioni di mercato;-  disinvestimento totale o parziale.

Lo sviluppo dimensionale può essere:1)  monosettoriale:

a)  integrazione orizzontale (crescita attività produttiva ed acquisizione impreseconcorrenti);

b)  integrazione verticale (controllo stadi precedenti o successivi della lavorazione).2)  polisettoriale:

a)  diversificazione laterale (nuove aree d’affari collegate);

b)  diversificazione conglomerale (nuove aree d’affari non collegate).3)  internazionale:

a)  del mercato (espansione all’estero dell’attività);b)  della gestione (multinazionalizzazione).

Il ciclo di direzioneIl ciclo di direzione è la sequenza continua delle seguenti attività:

1.  programmazione (decisioni)2.  organizzazione (disposizioni)3.  sovrintendenza (guida)4.  controllo (valutazione): controlli operativi e strategici

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La programmazioneLa programmazione consente di passare dalla enunciazione di obiettivi qualitativi (definiti in termini

di mission e di strategie) a obiettivi quantitativi (che debbono essere coerenti fra loro e rispetto allamission e alle strategie).In base agli obiettivi vengono definiti le attività da svolgere e il fabbisogno di risorse tecniche, umanee finanziarie da impiegare.La formulazione degli obiettivi deve essere quanto più precisa, per evitare interpretazionidiscrezionali, attraverso la pre-determinazione formale (documento scritto che specifica obiettivi,mezzi, operazioni e loro tempi) e analitica del complesso di operazioni volte agli obiettivi aziendali.Deve essere condivisa e conosciuta da tutta l’organizzazione. La programmazione formalecostituisce uno strumento fondamentale di guida, coordinamento e controllo.Mentre il piano strategico definisce le innovazioni possibili rispetto alla prevedibile evoluzione delcontesto, il piano operativo va definito e sviluppato tenendo conto dei vincoli interni ed esterni(SWOT) sia come dati di fatto che come possibili variabili controllabili, incontrollabili,

semicontrollabili.La programmazione può (deve) essere per singoli settori o funzioni o per la gestione complessiva.

Il budgeting  è il processo formale  con cui periodicamente i diversi organi di impresa concordanol’impiego e l’allocazione delle risorse disponibili, definiscono gli obiettivi che ciascuno deveperseguire, analizzano il  gap tra obiettivi e risultati (per verificare se c’è un errore nellaprogrammazione e per riconoscerne la causa si effettua la   gap analysis), sia per valutare laperformance di ogni organo, sia per migliorare il processo decisionale.Programmare (scrivere prima) significa allocare le risorse in base al costo.

In relazione alla sua proiezione temporale la programmazione può essere strategica (a lungotermine), operativa (a medio termine), d’esercizio (a breve termine).Criterio dello scorrimento.

PIANO STRATEGICO PIANO OPERATIVO PIANO DI ESERCIZIO 

Lungo termine (5 anni) Medio termine (3 anni) Breve termine (1 anno)

Decisiva, dunque, è la qualità del processo di programmazione sia strategica che operativa, checonsiste nella capacità di configurare chiaramente ciascuna strategia complessiva (corporate)(mercato-utenti), competitiva e funzionale (prodotti, processi, organizzazione) e il loro coerenteinsieme.

L’organizzazioneL’organizzazione implementa la strategia.L’organizzazione è dipendente-strumentale rispetto agli obiettivi di gestione (mission e strategie).

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La funzione organizzativa ha per scopo il conseguimento delle condizioni di massima efficienzaoperativa mediante la divisione e la specializzazione delle attività e il loro opportuno coordinamentoin un sistema integrato di obiettivi, poteri, responsabilità: ovvero deve poter conseguire la maggiorproduttività del lavoro consistente nel raggiungere il miglior risultato a parità di sforzo o il medesimorisultato con sforzo minore. Nel fare ciò l’organizzazione deve soddisfare le attese dei partecipantiinterni impiegandoli in modo appropriato, accrescendone la motivazione e così migliorandone ilrendimento.L’organizzazione si divide in: strutturale (ordinamento di compiti e responsabilità) e funzionale(dinamica dell’organizzazione, cooperazione e conflitto).L’impresa deve essere dotata delle risorse materiali e immateriali necessarie a poter agire incondizioni di efficienza e deve essere funzionalmente organizzata (ordinata e disciplinata) comesistema: ovvero le sue diverse parti devono trovarsi in condizioni di equilibrio in funzione della finalitàcomune.Organizzazione in senso lato significa funzione di ordinamento di tutti i fattori produttivi materiali eimmateriali; in tal caso diviene sinonimo di direzione (distinta in 4 fasi: ciclo di direzione).Organizzazione in senso stretto significa ordinamento del solo fattore umano.

La conduzioneIn particolare qui si intende la conduzione del personale. Una volta definito l’assetto della struttura,vanno definite le mansioni, le procedure di interazione a due primari fini: motivazioni del personaleforti e coerenti con le finalità d’impresa; valorizzazione delle competenze del personale e dellecompetenze incorporate.

La piramide dei bisogni di MaslowMaslow propose un ordine dei bisogni secondo il quale alcuni bisogni vanno soddisfatti prima chenascano quelli del livello successivo.

Maslow 1954

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Bisogni fisiologicifame, sete, sonno, potersi coprire e ripararsi dal freddo, sono i bisogni fondamentali, connessicon la sopravvivenza.

Bisogni di sicurezzadevono garantire all'individuo protezione e tranquillità.

Bisogni di appartenenzaconsistono nella necessità di sentirsi parte di un gruppo, di essere amato e di amare e dicooperare con altri.

Bisogni di stimariguardano il bisogno di essere rispettato, apprezzato ed approvato, di sentirti competente eproduttivo.

Bisogni di autorealizzazioneintesi come l'esigenza di realizzare la propria identità e di portare a compimento le proprieaspettative, nonché di occupare una posizione soddisfacente nel proprio gruppo.

Alla piramide dei bisogni di Maslow oggi si muovono le seguenti critiche:1)  per salire al gradino successivo non è necessario che il precedente sia stato completamente

raggiunto;2)  molti bisogni sono interdipendenti e contestuali;3)  non necessariamente la scala dei bisogni di un individuo rispecchia l’ordinamento individuato

da Maslow;4)  la scala dei bisogni di Maslow non tiene conto dell’influenza dell’ambiente in cui opera un

individuo.

I bisogni soddisfattivi e insoddisfattivi di HerbergI bisogni, secondo Herberg, si distinguono in soddisfattivi e insoddisfattivi.

I bisogni soddisfattivi, cioè quelli che una volta appagati producono gratificazione e quindi stimolanoall’azione, dipendono da fattori motivazionali: successo, interesse verso il lavoro svolto e le

responsabilità assunte, crescita professionale, possibilità di promozione e avanzamento, ecc.

I bisogni insoddisfattivi, cioè quelli che se non soddisfatti generano frustrazione e determinanol’inazione, dipendono da fattori igienici: politica e organizzazione dell’azienda, supervisione, relazioniinterpersonali, condizioni di lavoro, retribuzione, status, sicurezza, ecc.

I fattori igienici sono in grado di ridurre l’insoddisfazione, ma per ottenere una motivazione piùdurevole bisogna agire sui fattori motivanti:

Fattori di insoddisfazione Fattori di motivazione

- - - + + +

Herzberg 1959

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Il controlloLa funzione di controllo di gestione è complementare a quella di programmazione degli obiettivi;ovvero obiettivi oggettivamente misurabili consentono una valutazione oggettiva delle attività e deirisultati e delle stesse cause degli eventuali scostamenti.Si distinguono controllo direzionale e controllo esecutivo. Il primo si riferisce soprattutto al processodecisionale, in quanto tende a fornire gli elementi per assumere o correggere le scelte operate insede di organizzazione e di programmazione della gestione. Il controllo esecutivo, invece, si attuasulla base di misurazioni strettamente quantitative, di meccanismi pressoché automatici che noncomportano valutazioni soggettive. Esso si impernia sulla fissazione di regole precise per losvolgimento di compiti specifici e si traduce, quindi, nella pura e semplice constatazione del rispetto omeno di tali regole. Il controllo esecutivo si basa su standard e sul controllo automatico degli indiciprefissati.

Lo stretto legame fra programmazione e controllo si evidenzia nel processo di budgeting ,generalmente basato sulla costruzione di un sistema integrato di piani (economici, finanziari, di cassa,ecc.), che vengono costantemente aggiornati con la tecnica dello scorrimento. La valutazione dellaperformance viene fatta in base a valori di efficienza e di efficacia. Esistono tre tipi di controllo: ex

ante, in itinere, ex post.

La SWOT analysisIl metodo della SWOT analysis si basa su una matrice divisa in quattro campi, dedicati rispettivamenteai punti di forza (strenghts) e di debolezza (weaknesses), alle opportunità (opportunities) e alleminacce (trhreats).

Elementi positivi Elementi negativi

Analisi interna

Analisi esterna

H. Weihrich 1982

Si applica a qualsiasi soggetto: l'azienda, il prodotto, un'iniziativa, un progetto. In particolare,nell’ambito dell’individuazione delle attività di un’impresa la SWOT analysis si applica prima delladefinizione delle strategie.L'analisi va fatta prendendo in considerazione sia l'interno sia l'esterno dell'azienda, del prodotto,

dell’iniziativa o del progetto. 

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Le funzioni di gestione dell’impresaSi distinguono funzioni principali, di supporto e ausiliarie.

Funzioni principali (che forniscono il valore aggiunto per il cliente finale):- 

produzione-  vendita-  finanziaria

Funzioni di supporto (necessarie per il buon funzionamento dell’impresa):-  approvvigionamento-  personale-  ricerca e sviluppo-  contabilità

Funzioni ausiliarie:-  trasporti-  distribuzione

-  manutenzione-  pubblicità

La catena del valore (M. Porter 1985)

La catena del valore è un modello che permette di descrivere la struttura di una organizzazione comeun insieme di 9 processi, di cui 5 primari e 4 di supporto. Nella struttura proposta da Michael Porter siadatta prevalentemente alle grandi organizzazioni produttrici di beni; con l’apporto di specifichemodifiche relative alla tipologia delle attività primarie e secondarie si può adattare anche alle PMI ealle imprese erogatrici di servizi.

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I processi primari sono quelli che contribuiscono direttamente alla creazione dell’output (prodotti eservizi) di un’organizzazione:

-  logistica in entrata: attività di gestione dei flussi di beni materiali all’internodell’organizzazione;

-  attività operative: attività di produzione di beni o servizi;-  logistica in uscita: attività di gestione dei flussi di beni materiali all’esterno

dell’organizzazione;-  marketing e vendite: attività di promozione del prodotto o servizio nei mercati e gestione del

processo di vendita;-  assistenza al cliente e servizi: attività postvendita di supporto al cliente.

I processi di supporto sono quelli che non contribuiscono direttamente alla creazione dell’output,ma sono necessari alla sua produzione o erogazione:

-  approvvigionamenti: attività preposte all’acquisto delle risorse necessarie alla produzionedell’output e al funzionamento dell’organizzazione;

-    gestione delle risorse umane: ricerca, selezione, formazione, aggiornamento, retribuzione,ecc. del personale;

-  sviluppo delle tecnologie: attività finalizzate al miglioramento del prodotto e dei processi;-  attività infrastrutturali: pianificazione, consulenza informatica, affari legali, contabilità

finanziaria, ecc.

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La funzione di marketing16 Il marketing è…

“il processo mediante il quale l’azienda studia il mercato o i mercati che ritiene interessanti, analizza

le tendenze della domanda e la situazione della concorrenza, individua l’esistenza di opportunità dibusiness, orienta la produzione in funzione dei potenziali acquirenti da conquistare, crea la domandaper i nuovi prodotti e provvede a collocare questi ultimi presso gli sbocchi prescelti.” (Sciarelli 2004)

“un insieme di conoscenze e di strumenti che contribuiscono ad informare l’impresa sui bisognimanifestati dai consumatori/clienti, e quindi sui prodotti da realizzare e sul modo di proporli(comunicazione) allo scopo di migliorare lo scambio di valore tra impresa e clienti, cercando direndere l’impresa in questione più competitiva rispetto ai concorrenti.(…) [lo] studio dei problemi relativi al trasferimento e vendita di beni e servizi dal produttore alconsumatore, oppure (…) [un] sistema integrato di attività organizzato per pianificare, attribuire ilprezzo, promuovere e distribuire prodotti o servizi in grado di soddisfare i bisogni e i desideri deltarget market, per realizzare all’impresa i suoi obiettivi, oppure (…) [un] insieme di attivitàeconomiche realizzate allo scopo di soddisfare esigenze di consumo attraverso la vendita di prodotti,oppure (…) [la] filosofia che ispira la direzione, la gestione ed il controllo dell’attività d’impresa,considerata nel suo complesso.(…) il marketing serve a far sì che l’impresa possa conoscere le esigenze delle persone, capirequanto possono e quanto sono disponibili a pagare per prodotti che soddisfino i loro desideri e/o iloro bisogni e quindi orientare costantemente le attività produttive a creare prodotti che assolvanoquesto compito in modo economicamente conveniente. Infatti, come si è più volte ripetuto,l’economicità di un’impresa si fonda proprio nella creazione di uno scambio che crei valore sia perl’impresa (sotto forma di profitto), che per il consumatore (sotto forma di benefici).” (Buzzavo 2006)

Il marketing è:-  un sistema integrato: complesso di attività dell’impresa orientato al mercato o al

consumatore;

-  un sistema organizzato, basato sul coordinamento delle attività dell’impresa: collante per leattività dell’impresa (dalla definizione del concept di prodotto alla vendita al consumatorefinale);

-  un processo finalizzato alla creazione di valore per l’utente e l’impresa.

Il marketing, secondo Frederick Webster,17 si distingue in tre fasi:1)  processo di definizione del valore (individuazione del valore per il consumatore attraverso

ricerche di mercato);2)  processo di sviluppo del valore (sviluppo di nuovi prodotti, strategia di approvvigionamento,

scelta dei rivenditori, ecc.);3)  processo di distribuzione del valore (pubblicità, gestione della distribuzione, gestione dei

rapporti con il cliente, ecc.).

Il modello della catena del valore può essere di ausilio al marketing come strumento per identificarele fonti di sviluppo del valore reso all’acquirente. Il risultato finale sarà dato dai risultati conseguitida ciascuna funzione e dal coordinamento delle diverse attività per lo svolgimento dei processioperativi.

Il marketing olistico è “l’integrazione delle attività di esplorazione, creazione e distribuzione delvalore allo scopo di costruire rapporti di lungo periodo reciprocamente soddisfacenti per iprotagonisti principali dell’impresa (stakeholder ) e di gestione di una prosperità condivisa.”18 

16 Cfr. Gianluca Spina, La gestione dell’impresa, Milano, Etas, 2006, pp. 339-384; Leonardo Buzzavo, I processi di marketing , inVolpato, Economia e gestione delle imprese, cit., pp. 79-157.17 Cfr. Frederick E. Webster Jr., The Future Role of Marketing in the Organization, in Reflections on the Futures of Marketing , acura di Donald R. Lehmann e Katherine Jocz, Marketing Science Institute, Cambridge, MA, 1997, pp. 39-66. 

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Un’impresa marketing oriented è finalizzata a:-  identificare e soddisfare le esigenze della domanda;-  ottimizzare la propria posizione nel mercato;-  massimizzare la capacità reddituale di lungo periodo;

-  adattarsi ai cambiamenti ambientali.

Il concetto di marketing è dunque evoluto nel tempo da product oriented a customer orieted.Il vecchio concetto di vendita, basato sulla logica fabbrica-prodotto-vendita e promozione-profittocon volumi di vendita è stato sostituito da un nuovo concetto di marketing, basato sulla logicamercato-bisongi del cliente-coordinamento attività di marketing-profitto con la soddisfazione delcliente.

Gli oggetti del marketingGli oggetti dell’azione di marketing, attorno ai quali le imprese possono sviluppare un interesse,possono essere materiali e immateriali, e si distinguono in:

-  beni fisici (che un’impresa manifatturiera o commerciale vende ai propri clienti);-  servizi (di comunicazione, di trasporto, bancari, assicurativi, finanziari, sociali, culturali, ecc.);-  esperienze (cfr. marketing delle esperienze);-  eventi (es. Torino 2006);

-  luoghi (cfr. marketing territoriale);-  persone (es. personaggi del mondo dello spettacolo);-  organizzazioni (anche senza l’obiettivo di vendere prodotti o servizi);-  idee (es. campagna antifumo).

La classificazione dei prodottiI prodotti acquistati dai consumatori finali si distinguono per la durabilità, la tangibilità e ilcomportamento d’acquisto ad essi associato.

In base a durata e tangibilità i beni si distinguono in:

18 Pew Internet and American Life Project Survey, novembre-dicembre 2000.

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-  beni non durevoli (beni tangibili che normalmente si consumano in una sola volta o in pochevolte);

-  beni durevoli (beni tangibili utilizzati in modo continuato dal cliente e con vita utile medio-lunga);

-  servizi (beni intangibili): servizi alla persona (turismo, entertainment, ecc.), servizi didistribuzione (commercio e vendita), servizi di comunicazione (trasporti etelecomunicazioni), servizi sociali (sanità, formazione, ecc.).

In base al comportamento di acquisto i beni di consumo si distinguono in:-  beni di largo consumo (o di convenienza): beni acquistati frequentemente da cliente

(possono essere ad acquisto corrente, ad impulso o di emergenza);-  beni ad acquisto ponderato: beni che durante il processo di selezione e di acquisto il

consumatore confronta con altri in base alla rispondenza al bisogno, alla qualità, al prezzo eallo stile;

-  beni speciali: beni con caratteristiche uniche, acquistati una tantum dal cliente;-  beni non previsti: beni non conosciuti dal consumatore o che non suscitano alcun interesse.

I beni industriali sono classificati in base alla modalità di partecipazione al processo produttivo e alcosto relativo:

-  materiali e parti:-  materie prime: prodotti agricoli (farina, cotone, bestiame, frutta e verdura) e naturali

(pesce, legname, minerali)-  semilavorati;

-  beni capitali: installazioni e attrezzature accessorie;-  servizi e approvvigionamenti.

Bisogni, domanda e consumoIl bisogno corrisponde ad uno stato di privazione, ovvero ad una mancanza, che può esseresoddisfatta in tre modi:

-  autoproduzione;-  baratto (o scambio in natura);-  acquisto di beni o servizi in cambio di denaro (transazione finanziaria).

Il desiderio è il moto che spinge un soggetto a colmare un bisogno specifico, attraversol’orientamento verso un prodotto o un servizio specifico quale mezzo per soddisfarlo.

Nei mercati di consumo finale la domanda è il risultato di un processo attraverso il quale un bisognoevolve più o meno consciamente in un desiderio, che può eventualmente trasformarsi in unadomanda. La domanda di acquisto di uno specifico prodotto o servizio si traduce in una transazione(scambio).

Il marketing interviene nel processo di scambio, attraverso il quale il consumatore cerca di soddisfarei propri bisogni (sequenza bisogno-desiderio-domanda). In particolare, il compito specifico delmarketing è quello di indirizzare il bisogno verso il desiderio di un determinato prodotto o servizio edi renderne possibile la domanda esplicita.

“La domanda di mercato di un prodotto è il volume totale che verrebbe acquistato da undeterminato segmento di consumatori in una specifica area geografica in un determinato intervallodi tempo dato un certo ambiente di marketing e un certo livello dell’attività di marketing.” (Kotler2004)Esistono diverse tipologie di mercati:

-  potenziale (insieme di tutti i soggetti che dimostrano interesse nei confronti dell’offerta dimercato relativa al prodotto);

-  disponibile (parte del mercato potenziale che dispone anche del reddito necessario edell’accesso all’offerta di prodotto);

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-  servito (segmento di mercato disponibile a cui l’offerta si rivolge);-  penetrato (il mercato servito che acquista effettivamente il bene o prodotto).

La quota di mercato è la domanda che l’impresa ottiene a fronte dello sforzo di marketing attuato edè data dal rapporto tra le vendite dell’impresa e le vendite complessive del settore.

Gli stati della domanda con cui il marketing deve confrontarsi possono essere molto diversi:-  domanda stabile: da sostenere;-  domanda irregolare: con forti oscillazioni nel breve termine (stagionalità o picchi improvvisi);-  domanda in declino;-  domanda eccessiva/nociva: da ridurre;-  domanda latente (da individuare);-  domanda assente.

Il comportamento d’acquisto può essere influenzato da diversi fattori:-  esterni all’individuo (riguardanti l’ambiente esterno);-  interni all’individuo (riguardanti la persona).

I fattori esterni si distinguono in:1)  fattori di marketing (modificabili e controllabili dall’impresa):

-  prodotto-  prezzo-  distribuzione-  comunicazione

2)  fattori socio-culturali (non controllabili dall’impresa).

I fattori sociali che influenzano il comportamento di acquisto possono essere raggruppati in 5categorie:

-  ruolo (posizione che un individuo occupa nello svolgimento di azioni o attività nei confrontidelle persone a lui vicine) e status (livello e caratteristiche della stima attribuita ad un datoruolo nella società);

-  influenze familiari;-  gruppi di riferimento e opinion leader;-  classe sociale di appartenenza;-  sistema e sottosistema culturale.

I fattori psicologici che influenzano il comportamento di acquisto comprendono invece:-  percezioni;-  motivazioni;-  apprendimento;

-  atteggiamenti;-  personalità;-  stili di vita.

I fattori situazionali che influenzano il comportamento di acquisto possono essere raggruppati in 5categorie:

-  contesti fisici;-  contesti sociali;-  dimensione temporale (lasso di tempo che intercorre tra la raccolta delle informazioni e il

momento dell’acquisto);-  motivi dell’acquisto (razionali, emotive o di patrocinio);-  stati d’animo.

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Il processo di acquisto di un bene o servizio è un processo decisionale, nel quale la decisione riguardase acquistare o meno un determinato prodotto, o quale prodotto acquistare tra diversi disponibili.Il processo di acquisto può essere suddiviso nelle fasi seguenti:

-  percezione di un bisogno, un problema, un desiderio, su cui influiscono stimoli interni edesterni, il deterioramento dei beni posseduti e il vantaggio dei nuovi prodotti;

-  ricerca delle informazioni, più o meno attiva o passiva, attraverso fonti personali,commerciali, pubbliche, empiriche, ecc.;

-  valutazione delle alternative: processo di affinamento e selezione sulla base di differenticriteri di scelta (prezzo, opinioni, marca, prestazioni, ecc.);

-  decisioni di acquisto più o meno razionale (cosa, quando, dove, come pagare, ecc.);-  comportamento post-acquisto: maggiore o minore soddisfazione e conseguente

propensione al riacquisto o al consiglio di acquisto ad altri potenziali acquirenti.

I soggetti coinvolti nel processo di acquisto sono:-  iniziatore: colui che genera l’idea di acquisto di un dato prodotto per sé o altri;-  influenzatore: colui che, attraverso opinioni e consigli, riesce a convincere il consumatore

finale ad acquistare il prodotto;-  decisore: colui che stabilisce se, cosa e come comprare;-  acquirente: colui che materialmente procede all’acquisto;-  utilizzatore: colui a cui è destinato il prodotto o il servizio acquistato.

Una buona campagna di marketing deve avere chiari tutti i soggetti che partecipano al processo diacquisto.

I rischi connessi alle decisioni di acquisto sono:-  di funzionamento: possibilità che ciò che si è acquistato non funzioni correttamente;-  finanziari: perdita di denaro per una decisione sbagliata;-  fisici: pericolo per la propria salute o per il proprio stato fisico;

-  psicologici: probabile incompatibilità del prodotto con l’immagine che il consumatore ha disé;

-  sociali: probabilità che il prodotto non incontri l’approvazione altrui;-  perdita di tempo (per acquisto, sostituzione, riparazione, ecc.).

Segmentazione, targeting e posizionamento (STP) Per poter perseguire una strategia di marketing mirata, le imprese devono prima individuare i gruppidi clienti che presentano bisogni e preferenze omogenei (cluster ), ovvero segmentare il mercato in

base a parametri geografici, demografici, psicografici e comportamentali, insecondo luogo selezionare uno o più segmenti nei quali operare, ovverodefinire il mercato obiettivo (targeting ) e infine determinare e comunicare lecaratteristiche del proprio prodotto o servizio rispetto all’offerta di mercato

(posizionamento di mercato). Il posizionamento è l’attività di marketingorientata a creare un’immagine distintiva ed efficacemente competitiva per una marca nella mentedel consumatore e può essere inteso come un’ulteriore segmentazione della clientela, cioè come lascelta dei sub-segmenti da soddisfare all’interno degli strati di domanda serviti.

Parametri di segmentazione:-  demografici: età, sesso, reddito e livello di istruzione;-  geografici: zona di residenza;-  psicografici: stile di vita, classe sociale, personalità;-  comportamentali: occasioni di consumo, vantaggi ricercati nell’acquisto, status

dell’utilizzatore, intensità d’uso, fedeltà alla marca, ecc.

Perché la segmentazione risulti efficace, ciascun segmento deve presentare i seguenti requisiti:

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-  omogeneità all’interno dei segmenti: i componenti di un segmento devono presentare lestesse reazioni alle variabili del marketing;

-  distinguibilità: i segmenti devono essere diversi gli uni dagli altri, ovvero presentare rispostediverse alle diverse strategie di marketing;

-  misurabilità: le dimensioni, il potere d’acquisto e il profilo dei segmenti di mercato si devonopoter misurare;

-  consistenza/significatività: i segmenti di mercato devono essere rilevanti, ovverosufficientemente ampi e profittevoli;

-  accessibilità: i segmenti di mercato devono essere raggiunti e serviti in modo efficiente;

Offerta, valore, marcaL’offerta di un’impresa è costituita dall’insieme dei benefici funzionali, dei benefici psicologico-emotivi e dei costi di acquisizione, non solo quelli monetari, ma anche lo sforzo, la fatica o il tempoper procurarsi il bene o servizio.

Il valore di un’offerta per un cliente è costituito dal rapporto tra la somma dei benefici (valore delprodotto, valore dei servizi connessi, calore del personale, valore dell’immagine, ecc.) e la somma dei

costi di acquisizione (prezzo monetario, valore temporale, dispendio di energie, costo psichico, ecc.).

La marca (brand) è una proposta di valore ad opera di una fonte nota: il brand comunica in séautomaticamente un valore, evoca sensazioni e genera associazioni di idee.Il brand è uno degli strumenti più potenti a disposizione del marketing, per differenziare un prodottoe renderlo riconoscibile in mezzo a molti altri apparentemente simili.I livelli di significato associati alla marca sono diversi:

-  gli attributi tipici del prodotto;-  i benefici o vantaggi funzionali o psicologico-emotivi;-  i valori del produttore;-  la cultura associata al prodotto e al brand;-  la personalità comunicata dal brand;

-  le caratteristiche dell’utente.

Fasi e livelli del processo di marketingIl processo decisionale di marketing attuato dall’impresa si articola su più livelli:

-  analisi dei punti di forza e di debolezza, delle opportunità e delle minacce (analisi SWOT);-  ricerca dei mercati obiettivo (stima domanda potenziale, segmentazione e posizionamento);-  sviluppo della strategia di marketing;-  programmazione operativa;-  realizzazione;-  controllo.

Le opportunità e le minacce che le imprese si trovano ad affrontare derivano dall’ambiente nel quale

sono immerse:-  ambiente demografico;-  ambiente economico;-  ambiente socio-culturale;-  ambiente naturale;-  ambiente tecnologico;-  ambiente politico-istituzionale.

Il marketing mix Il termine marketing mix indica la combinazione (mix) di variabili controllabili (leve decisionali) dimarketing che le imprese impiegano per raggiungere i propri obiettivi.

Le variabili che tradizionalmente si includono nel marketing mix sono le 4P (four P's) teorizzate daJerome McCarthy (1960):

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1.  Product (Prodotto)2.  Price (Prezzo)3.  Promotion (Comunicazione)4.  Place (Distribuzione)

Politica di prodotto“La nuova concorrenza non verte su ciò che le imprese producono nei propri stabilimenti, ma su ciòche aggiungono al prodotto in termini di confezione, servizi, pubblicità, assistenza alla clientela,finanziamento, termini di consegna, gestione delle scorte e altri elementi ai quali il cliente dà valore”(Theodore Levitt).

La funzione del confezionamento (packaging ):-  identificare la marca;-  trasmettere informazioni descrittive e persuasive;-  agevolare le attività di trasporto e proteggere il prodotto;-  favorire la conservazione del prodotto dopo l’acquisto;-  agevolare le operazioni di consumo.

I fattori che hanno contribuito all’utilizzo della confezione come strumento di marketing sono:-  l’aumento dei consumi self service;-  l’aumento del benessere del consumatore (tenore di vita più elevato e maggiore

disponibilità a spendere per comodità, aspetto, affidabilità e prestigio della confezione);-  la necessità di un immediato riconoscimento dell’immagine dell’impresa e della marca;-  l’opportunità dell’innovazione per generare vantaggi significativi per il consumatore e

consistenti profitti per il produttore.

I livelli di prodotto

Il core benefit è il beneficio essenziale, il servizio o vantaggio effettivamente ricercato dalconsumatore; al livello successivo l’impresa deve trasformare il beneficio essenziale in un prodottogenerico; al terzo livello si realizza il prodotto atteso, dotato di una serie di attributi e condizioni cherientrano nelle aspettative degli acquirenti; al quarto livello si procede alla realizzazione di unprodotto ampliato, in grado di superare le aspettative del cliente; al quinto livello troviamo ilprodotto potenziale, ossia l’insieme di tutti i possibili ampliamenti e trasformazioni che in futuropotrebbero interessare il prodotto.

I quattro concetti fondamentali che ci permettono di cogliere gli aspetti distintivi della politica di

prodotto sono:

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1)  l’ampiezza dell’offerta (tipologie produttive), ovvero l’estensione della gamma (portafoglioprodotti) di vendita (orizzontale);

2)  la differenziazione degli assortimenti (profondità), ovvero la distinzione interna alla gamma(varietà di modelli, versioni o formati);

3)  l’innovatività delle produzioni, ovvero il tasso di rinnovamento e di ricambio dei prodotti invendita;

4)  la multiformità delle scelte, ovvero la varietà della concretizzazione delle politiche diprodotto.

All’interno della gamma si possono inoltre distinguere prodotti da reddito, destinati a generare flussidi cassa per l’impresa, e prodotti strategici, la cui presenza è essenziale per il collocamento deiprodotti da reddito.

L’assortimento produttivo può essere dovuto alle caratteristiche intrinseche del prodotto, allasegmentazione della domanda e al posizionamento dell’offerta (in funzione dei gruppi diconsumatori da servire), all’invecchiamento dei modelli.

La differenziazione dei prodotti sul mercato può essere orizzontale (simbolica), tra prodotti cheoccupano la stessa posizione di mercato (stessa qualità e stesso prezzo e differenze relative adestetica, dettagli, packaging e marchio), o verticale (sostanziale), in base al rapporto qualità-prezzo(materiali e componenti).

Il prodotto inoltre può essere:1)   generalistico o indifferenziato (non “generico”): rispondente all’esigenza condivisa da tutti i

cluster ;2)  differenziato: rispondente alle esigenze di un certo numero di cluster  o di un cluster  molto

ampio;3)  focalizzato: rispondente alle esigenze di un cluster molto ristretto (affiancato da una politica

del prezzo che incontri una disponibilità a pagare molto alta).

Oggi la globalizzazione spinge non tanto verso la standardizzazione dei prodotti, ma piuttosto versouna loro personalizzazione di massa (mass customization).

Il ciclo di vita del prodottoDal momento della sua immissione nel mercato a quello della sua eliminazione dalla vendita, ogniprodotto attraversa quattro fasi:

1)  introduzione: crescita piuttosto lenta delle vendite;2)  crescita: rapido sviluppo delle vendite;3)  maturità: continuo sviluppo delle vendite ad un ritmo più lento;4)  declino: riduzione del volume delle vendite.

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Inoltre, vi possono essere:1)  prodotti a ciclo fallimentare, che non incontrano un successo consistente;2)  prodotti a ciclo deludente, che si assestano su un volume di vendite medio-basso, inferiore

alle aspettative;3)  prodotti a ciclo ridimensionato, che dopo una forte crescita, seguita da una diminuzione delle

vendite, si assestano su volumi residuali sostenibili;4)  prodotti a ciclo rivitalizzato, che dopo una fase di declino o stagnazione trovano nuovo

slancio e successo;5)  prodotti a ciclo abbreviato, che conoscono un crollo delle vendite dopo una rapida crescita.

Matrice Boston Consulting Group19 La matrice BCG divide i prodotti in quattro gruppi o classi, secondo il divario tra investimenti e ritornirelativi di un prodotto (cash-flow), stabilendo un rapporto tra cash-flow di prodotto e condizioniinterne (quota di mercato) ed esterne (sviluppo della domanda) in cui si trova il prodotto:

1.  prodotti marginali (dogs o pesi morti): prodotti caratterizzati da bassa quota di mercato elento sviluppo della domanda;

19 Le due matrici di seguito riportate sono due possibili rappresentazioni delle diverse tipologie di prodotto, differenti a

seconda della disposizione della quota di mercato lungo l’asse delle ascisse: da bassa a alta (matrice 1) o da alta a bassa(matrice 2).

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2.  prodotti rischiosi (question marks o enigmi): prodotti caratterizzati da bassa quota dimercato e rapido sviluppo della domanda;

3.  prodotti stella (stars o prodotti di successo): prodotti caratterizzati da alta quota di mercatoe rapido sviluppo della domanda;

4.  prodotti da reddito (cash cows o vacche da mungere): caratterizzati da alta quota di mercatoe lento sviluppo della domanda.

Matrice 1 Matrice 2

Politica di prezzoLa determinazione del prezzo di vendita avviene sulla base delle seguenti premesse generali:

1)  funzione del prezzo in relazione alla segmentazione del mercato e al posizionamento dellamarca;

2)  equilibrio volumi-margini da conseguire;3)  ruolo del prodotto all’interno della gamma di vendita;4)  peso della politica del prezzo nel marketing mix.

Il margine di manovra del prezzo viene definito da tre elementi:-  costo del prodotto;-  elasticità della domanda;-  pressione della concorrenza.

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In figura sono rappresentate 2 curve di domanda con 2 diverse elasticità (pendenze), ovvero condiversa reazione, in termini di diminuzione del Q (quantità domandata), in risposta alla stessavariazione (aumento) di P (prezzo). In particolare vediamo che, se il prezzo aumenta da P1 a P2, la Qdomandata cala da Q0 a Q1 nella curva di domanda D1 ( domanda rigida o anelastica), mentre crollada Q0 a Q2 nella curva di domanda D2 (domanda elastica). Quindi la D2 è più elastica di D1.

La formula matematica dell'elasticità è questa:elasticità della domanda = (variaz. % della Q domandata)/(variaz. % del P)

dove(variaz. % della Q domandata) = (delta Q/Q) x 100e(variaz. % del P) = (delta P/P) x 100

La possibile escursione del prezzo può dipendere da:-  concorrenza reale, potenziale o indiretta (prodotti sostitutivi);-  grado di differenziazione dei prodotti rispetto alla concorrenza;-  qualità del servizio fornito insieme al prodotto.

Le decisioni di acquisto si basano sul modo in cui i consumatori percepiscono i prezzi in base a:1)  Prezzi di riferimento:

-  “prezzo ragionevole” (quanto dovrebbe costare il prodotto)-  prezzo tipico-  ultimo prezzo pagato-  limite di prezzo superiore (quanto i consumatori sarebbero disposti a pagare)-  limite di prezzo inferiore (prezzo minimo che i consumatori sarebbero disposti a pagare)-  prezzi dei concorrenti-  prezzi futuri previsti-  prezzo scontato abituale.

2)  Rapporto qualità-prezzo: molti consumatori utilizzano il prezzo di un prodotto come indicatore

della qualità.Nel settore dei fast food le dilaganti guerre dei prezzi sono viste come sintomo dell’erosione dellaqualità. Ecco perché CKE Restaurants  , capogruppo di Carl Jr.’s e Hardee’s  , si è opposta allatendenza dei menu scontati e ha aumentato il prezzo dei suoi panini. Il presidente e CEO Andrew F.Puzder afferma che:“Il problema è che se cominci a vendere qualcosa a 99 centesimi la gente pensache il tuo prodotto valga 99 centesimi.”

3)  Indicatori numerici: le percezioni del prezzo da parte dei consumatori sono influenzate anche dastrategie di prezzo alternative.

Obiettivi di prezzo:-  Sopravvivenza;-  massimizzazione del profitto corrente;

-  massimizzazione della quota di mercato (penetrazione del mercato attraverso una politica dimarketing basata sulla riduzione dei prezzi);

-  scrematura del mercato (in cui i prezzi elevati iniziali tendono a ridursi gradualmente neltempo);

-  leadership di qualità del prodotto

Relativamente al controllo che l’impresa desidera esercitare nei confronti del sistema dei prezzipraticato nel mercato, i prezzi possono essere:

1)  imposti, da praticare senza sconti ai compratori finali;2)  suggeriti, per cui al rivenditore è consentito un limitato margine di manovra;3)  liberi, stabiliti solo indicativamente al produttore.

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Politica di comunicazioneLa politica di promozione è il complesso delle azioni poste in essere dall’impresa per indurre,preservare o modificare i modelli di comportamento degli operatori di mercato (consumatori, altriproduttori, ecc.), allo scopo di trarne un vantaggio competitivo.L’obiettivo, dunque, non è solo quello di aumentare le vendite, ma di creare un’immagine miglioredell’impresa, informando e persuadendo.

La politica promozionale può essere realizzata mediante:1)  relazioni pubbliche (conferenze, convegni, opere sociali, ecc.);2)  pubblicità (istituzionale e di prodotto);3)  promozione commerciale (incentivi per l’acquisto);4)  attività persuasiva dei venditori.

Il processo di comunicazione Le componenti del processo di comunicazione sono:

1) emittente: chi emette il messaggio;2) ricevente: chi riceve;3) codice: il sistema di segni condiviso, senza il quale non avviene la trasmissione del

messaggio;4) codifica: processo di conversione del pensiero in forma simbolica (linguaggio);5) decodifica: interpretazione da parte del ricevente;6) messaggio: ciò che si comunica;7) canale: mezzo attraverso il quale viene trasmesso il messaggio;8) risposta: reazioni del ricevente;9) feedback (o retroazione): ovvero la parte della risposta del ricevente che viene conosciuta

dall’emittente: momento di verifica dell’attività di comunicazione; presupposto per ilprocesso di miglioramento continuo della comunicazione.

Sul processo di comunicazione incidono:a) il contesto o ambiente: il luogo dove avviene lo scambio comunicativo;b) il rumore: disturbo o distorsione non pianificata che caratterizza il processo di

comunicazione.

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Cause della mancata comunicazione:-  attenzione selettiva: selezione operata anche a livello inconscio;-  distorsione selettiva: modifica a livello inconscio del significato reale del messaggio in base a

ciò che ci aspettiamo di sentire;-  ricordo selettivo: si dimentica ciò che non interessa e si memorizza solo ciò che può essere

utile o piacevole;-  amplificazione del messaggio: aggiunta di contenuti che in realtà non sono stati riferiti;-  livellamento del messaggio.

Politica di distribuzioneDall’azienda al consumatore finaleOggi nel ciclo produttivo, anziché seguire la logica push, secondo la quale è il prodotto ad esserespinto nel ciclo distributivo, si tende ad adottare la logica pull, facendo muovere la produzionesecondo gli ordinativi del mercato (dalla produzione per il magazzino alla produzione su commessa).

In base al numero degli sbocchi sul mercato la distribuzione si distingue in:-  estensiva: numero elevato di punti vendita;-  selettiva: numero limitato di punti vendita;-  esclusiva: numero limitatissimo di punti vendita scelti.

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Marketing relazionale“Il marketing relazionale si riferisce alla gestione di attività finalizzate a stabilire, mantenere epotenziare una relazione con il consumatore che trascenda il singolo atto di scambio: l’obiettivo èdunque quello di coinvolgere il consumatore in una relazione individuale (one to one), di lungotermine, accrescendone il grado di fedeltà. L’incremento del livello di fedeltà del cliente (e, quindi,l’incremento della customer retention aziendale) genera difatti significativi effetti sulla profittabilitàdell’impresa.” (Sciarelli 2004)

Il marketing relazionale permette di conseguire i seguenti benefici:1)  ammortizzamento costi di acquisizione;2)  aumento ricavi nel medio e lungo periodo;3)  attivazione di un processo di passa-parola;4)  aumento del valore per il consumatore

L’obiettivo finale del marketing relazionale è, dunque, il miglioramento della profittabilità nel lungotermine e la massimizzazione del Customer Lifetime Value (CLV).Il cliente diventa un asset per l’impresa che, attraverso il Customer relationship management (CRM),

persegue una filosofia di gestione della relazione con il mercato fondata sulla volontà di instaurarerelazioni di apprendimento con il cliente (learning relationship). 

Impresa e mercatoNel corso della sua storia l’impresa ha assunto un diverso orientamento all’interno delle dinamichedi mercato, parallelamente al variare del rapporto con gli acquirenti reali o potenziali di un prodotto:

1)  orientamento al prodotto o alla produzione (Inizi ‘900), a fronte di una domanda crescentee della conseguente produzione di massa; questo atteggiamento è tipico ancora oggi delle

imprese nate e cresciute con un prodotto specifico, spesso con contenuti tecnologicielevati, dominate da una cultura tecnico-ingegneristica ossessionata dal raggiungimentodella perfezione tecnica che può risultare ridondante rispetto alle reali esigenze del cliente(logica push);

2)  orientamento alla vendita (dopo la crisi del ’29 con l’emergere dei rischi dellasovrapproduzione), finalizzato a stimolare le vendite (vendere a tutti i costi) con l’ausilio ditecniche di vendita, politiche promozionali e sconti: si parte dal presupposto che i clientiacquistano poco o non acquistano se non sono adeguatamente stimolati (logica pull);

3)  orientamento al marketing  (a partire dagli anni ’60), basato su strategie di produzione,definizione del prezzo, promozione e distribuzione del prodotto; questo atteggiamentocondiziona dunque tutto il processo produttivo per creare le condizioni più favorevoli e piùefficaci per la vendita, ma è ancora ispirato ad una visione endogena dell’impresa (cultura

industriale moderna);4)  orientamento al consumatore, inteso non più come terra di conquista, ma come polo

dialettico, maturo, esigente, competente, selettivo (passaggio dal marketing transazionaleal marketing relazionale).

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La gestione della funzione di produzione

La funzione di produzione è il processo di trasformazione dei beni, ovvero il complesso di operazionimediante il quale le risorse acquistate dall’impresa (input) sono trasformate in prodotti finiti da

collocare nel mercato (output).

Il break even point 

Il break even point (o punto di pareggio) stabilisce il volume minimo di attività che un’impresa deveraggiungere per recuperare integralmente costi fissi e variabili.Il margine di sicurezza è la differenza tra il volume di utilizzo dell’impianto e quello a cui corrisponde

il punto di pareggio.

Integrazione verticaleL’integrazione verticale è una strategia gestionale basata sulla gestione interna di tutte le attivitàriferibili allo stesso processo produttivo, dall’approvvigionamento delle materie prime alladistribuzione del prodotto finito.L’integrazione verticale si adatta ai contesti competitivi stabili, caratterizzati da una produzione dimassa e a basso costo e dalla possibilità di conseguire economie di scala.

Nel contesto attuale l’integrazione verticale risulta una strategia di difficile applicazione a causa di:-  costo elevato del presidio dell’intera filiera produttiva;-  crescente complessità e rapida innovazione delle tecnologie da utilizzare;- 

competizione tra i produttori;-  instabilità dei mercati e dei fabbisogni dei clienti;-  riduzione del ciclo di vita dei prodotti;-  aumento della varietà e della gamma dei prodotti;-  ricerca di fattori produttivi a basso costo.

DeverticalizzazioneLa necessità di tecnologie e competenze differenti richiede invece una maggiore flessibilità delprocesso di produzione conseguibile attraverso azioni di deverticalizzazione o esternalizzazione delleattività (outsourcing ).

La deverticalizzazione richiede la prioritaria individuazione delle competenze chiave dell’impresa(core competence) che non possono essere esternalizzate, su cui focalizzare gli investimenti.

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Prima di procedere all’esternalizzazione di alcune fasi del processo produttivo è però necessario:1)  verificare prioritariamente l’esistenza di un mercato intermedio, ovvero di un mercato di

fornitori, costituito da un’azienda o più aziende in grado di realizzare l’attività in questione;2)  valutare la convenienza economica dell’esternalizzazione (buy) rispetto alla realizzazione

interna di determinate attività (make).È dunque necessario considerare i costi di transazione, ovvero i costi di scambio di beni e digestione della relazione con il fornitore, comprendenti non solo i costi di acquisto, ma anchei costi di informazione, contrattualizzazione e controllo.

L’impresa effettua delle scelte strategiche relativamente a tre driver :1)  gestione delle competenze;2)  gestione dei costi;3)  gestione del capitale.

La gestione delle competenze individua:-  competenze chiave, sulle quali costruire un differenziale competitivo;

-  competenze specifiche, sulle quali l’azienda è particolarmente avanzata, ma che non sonocentrali nel settore di riferimento;

-  competenze specialistiche, rilevanti ai fini del successo, ma già presenti sul mercato.

La gestione dei costi può muovere in due diverse direzioni:-  verso la riduzione dei costi, attraverso la delocalizzazione (dislocazione di alcune fasi del

processo produttivo dove il costo della manodopera è inferiore) o il perseguimento dieconomie di specializzazione e di scala (è il caso delle imprese di fornitori appartenenti almercato intermedio che per sopravvivere devono fornire una competenza specialistica erifornire un mercato molto ampio);

-  verso la variabilizzazione dei costi, ovvero la riduzione dei costi fissi.

La gestione del capitale prevede:-  riduzione degli investimenti;-  diversificazione strategica verso altri business.

A seconda delle differenti possibilità di ricorso a scelte di outsourcing , insourcing  o partnership possiamo parlare di:

-  mercato competitivo, basato sulla possibilità di scelta tra ricorso al mercato, partnership einsourcing ;

-  mercato collaborativo, basato su scelte di partnership e insourcing ;-  integrazione verticale, basata esclusivamente sull’insourcing .

Il mercato competitivo è caratterizzato da:-  transazioni spot;-  prestazioni di breve e medio termine;-  ridotti costi di switching ;-  ridotti costi di transazione.

Dunque, si tratta di un mercato in cui solo le core competences vengono lasciate all’internodell’impresa, per fare ampio ricorso all’outsourcing .

Gli svantaggi di tale strategia sono riconducibili a:-  difficoltà di scelta e controllo delle imprese fornitrici;-  scarsa differenziazione da altre imprese;-  perdita di competenze produttive e tecnologiche.

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Il mercato collaborativo si basa invece sull’ampio ricorso alla partnership, ovvero all’instaurazione dirapporti di collaborazione stabile con altre imprese con l’obiettivo di controllare le prestazioni econdividere sia rischi che benefici.

L’integrazione verticale, fondata sull’internalizzazione delle competenze, ha i seguenti vantaggi:

-  controllo del processo produttivo;-  riservatezza su competenze e tecnologie;-  differenziazione;-  conseguimento di economie di scala e di scopo.

Tra i principali svantaggi:-  rigidità del sistema produttivo;-  elevati costi di investimento;-  defocalizzazione delle competenze.

Driver di scelta per l’outsourcing (Spina 2006, p. 517)