Modulo Base - ATC FM · Modulo Base 2 Indice Inquadramento sistemati o del superordine...
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Modulo Base
Abilitazione delle figure tecniche previste per la gestione faunistico venatoria degli ungulati
Regolamento Regionale n.3/12 “Disciplina per la gestione degli ungulati nel territorio regionale, in attuazione della Legge Regionale, 5 gennaio 1995, n.7” e ss.mm.ii.
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Modulo Base 2
Indice Inquadramento sistematico del superordine “ungulati”
Distribuzione e status delle specie (capriolo, cervo, daino, cinghiale, muflone)
Caratteristiche morfo-funzionali dei ruminanti
Caratteristiche morfo-funzionali dei suidi
Principali criteri di discriminazione delle specie oggetto di studio
Cenni di ecologia applicata (ecosistema, catena alimentare, habitat, ecc.)
Determinazione del concetto di popolazione (densità, dinamica, IUA, ecc.)
Principi generali di gestione
Stima quantitativa delle popolazioni
Metodi di caccia a confronto: caccia collettiva e caccia individuale
Piani di prelievo: quantitativo e qualitativo
Quadro normativo nazionale e regionale
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Modulo Base 3
MammiferiTerapsidi
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Modulo Base 4
Vertebrati omeotermi, dotati di tegumento provvisto di peli e ricco di ghiandole, le più tipichedelle quali, le ghiandole mammarie, determinano il nome della Classe. Forma e strutturadipendono dalle strategie adattative. La maggior parte dei mammiferi ha 4 arti la cui estremità ècostituita normalmente da 5 dita che possono essere ridotte ad un numero inferiore.
MammiferiSottoclasse Eutheria
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Modulo Base 5
MammiferiEutheria: sistematica
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Modulo Base 6
Inquadramento sistematico generale degli ungulati selvatici presenti in Italia
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Modulo Base 7
I mammiferi terrestri possono essere suddivisi in tre grandi gruppi in base alle caratteristichestrutturali degli arti ed alle modalità di deambulazione.
Struttura degli arti nei mammiferi terrestriEvoluzione della deambulazione
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Modulo Base 8
Ungulati che poggiano a terra con uno, tre dita (raramente cinque). Il terzo dito è notevolmentepiù sviluppato degli altri. Alcuni esempi sono i rinoceronti (5 dita), tapiri ( 3 dita) e cavalli ( 1 dito).
PerissodattiliNumero dispari di dita per ciascun arto
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Modulo Base 9
Ungulati che poggiano a terra con il 3° e il 4° dito. Il 1° dito è scomparso nel corso dell’evoluzione,mentre il 2° e 5° dito sono atrofizzati e sollevati nella parte posteriore del piede (speroni).
ArtiodattiliNumero pari di dita per ciascun arto
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Modulo Base 10
Artiodattili dotati di stomaco non concamerato (monogastrico), sebbene distinto in zone conpareti interne a struttura differenziata. Non ruminanti.
Artiodattili SuiformiStomaco monogastrico
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Modulo Base 11
Artiodattili dotati di stomaco composto da quattro “camere” (poligastrico), denominati rumine,reticolo, omaso ed abomaso. Ruminanti.
Artiodattili RuminantiStomaco poligastrico
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Modulo Base 12
La funzione del rumine è quella di immagazzinare il cibo, impastarlo e farlo fermentare per azionedella flora batterica (Clostridium sp.) e dei Protozoi di cui il rumine stesso è ricco. Questimicrorganismi provvedono alla predigestione della cellulosa e sintetizzano aminoacidi e proteine.Poi il cibo passa nel reticolo da cui viene rigurgitato in bocca per essere nuovamente masticato.Una volta reinghiottito il bolo alimentare ormai quasi liquido oltrepassa reticolo e rumine pergiungere all’omaso, in cui avviene il riassorbimento dell’acqua e finalmente all’abomaso (vero eproprio stomaco dove viene digerito.
Artiodattili RuminantiStomaco poligastrico
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Modulo Base 13
Pelle spessa atta a sviluppare un pannicolo adiposo sotto il derma. Pelo di giarra costituito dasetole. Dentatura completa di 44 denti. Incisivi superiori presenti. Premolari e molari tubercolati(bunodonti). Nessuna appendice dell’osso frontale (palchi o corna). Stomaco monogastrico. Unelemento caratteristico del canio è il cosiddetto osso del grugno che è un disco osseo collegatocon la porzione facciale per mezzo di cartilagini. Questa armatura ossea rappresenta unadattamento per lo scavo del terreno alla ricerca del cibo.
Artiodattili Suidi
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Modulo Base 14
Incisivi superiori assenti. Dentatura completa di 32 denti. I premolari ed i molari hanno bordilongitudinali affilati e fessure intermedie (selenodonti). Appendici dell’osso frontale (corna)permanenti e consistenti in astucci cornei non ramificati che rivestono cavicchi ossei. Ruminanti.
Artiodattili Bovidi
Muflone
Ovis musimon
Camoscio alpino
Rupicapra rupicapra
Camoscio appenninico
Rupicapra pyrenaica
Stambecco
Capra ibex
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Modulo Base 15
Incisivi superiori assenti. Dentatura completa di 32 denti (34 solo per il cervo). I premolari e molarihanno bordi longitudinali e fessure intermedie (selenodonti). Presenza di appendici sul cranio(palchi) e consistenti in stanghe di tessuto osseo impiantate su una base ossea (stelo). I palchisono decidui e si rinnovano annualmente; nelle specie italiane sono presenti nei soli maschi,Ruminanti.
Artiodattili Cervidi
Daino
Dama dama
Capriolo
Capreolus capreolus
Cervo nobile
Cervus elaphus
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Modulo Base 16
Il capriolo è specie autoctona, presente in modocospicuo nelle Alpi centro-orientali ed occupa tuttol’arco alpino; sull’Appennino centro-settentrionale siriscontra un grande areale che attualmente interessaEmilia-Romagna, Toscana, Marche ed Umbria. Questogrande areale è in forte espansione, si è costituito 12-13anni fa a partire da nuclei ed areali disgiunti.Nell’Appennino centro-meridionale si trovano alcuniareali di ridotte dimensioni (Parco d’Abruzzo e Silacalabra) e nuclei residui della originale popolazioneitaliana quali quelli di Castelporziano, Gargano, Monti diOrsomarso e Maremma meridionale.
Protagonista di una recente e forte espansione, ilcapriolo ha ancora notevoli potenzialità di espandereulteriormente il proprio areale, ciò lo porterebbe adoccupare pressoché tutto il territorio appenninico dallaLigura all’Aspromonte. Questa ulteriore espansione saràpossibile solo se verrà attuata una gestione venatoriaintelligente e basata su principi di selezione.
Distribuzione e status degli ungulati Capriolo (Capreolus capreolus)
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Modulo Base 17
Il cervo è una specie autoctona ed è presente sull’arcoAlpino con un grande areale che si estende senzasoluzione di continuità da Udine ad Aosta ed in modopiù frammentario, ma in fase di progressivaunificazione, fino alla Provincia di Cuneo; la massimaconsistenza e ampiezza distributiva si rileva nel settorecentro-orientale. Lungo la dorsale appenninica siindividuano sei aree occupate dalla specie con nuclei dipopolazioni frutto di reintroduzioni e ancora disgiuntifra loro. Nell’Appennino Centrale si riscontrano i nucleidel Parco d’Abruzzo (popolazione introdotta più di 20anni fa), della Maiella, del Velino-Sirente e più recentiquelli del Gran Sasso-laga e dei Monti Sibillini; è inveceassente nell’Appennino meridionale ed in Sicilia. InSardegna vive una sottospecie più piccola presente inalcune aree montuose della zona meridionale dell’isola,il cervo sardo. Del tutto particolare è il piccolo gruppo dicervi della Mesola (Provincia di Ferrara) cherappresentano gli ultimi individui della sottospecieitaliana presente tanti secoli fa nella Pianura Padana.
Distribuzione e status degli ungulati Cervo nobile (Cervus elaphus)
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Modulo Base 18
Specie alloctona, originaria probabilmente dellaMesopotamia; in passato si riteneva fosse stataintrodotta in Italia nell’epoca romana dopo la suapresunta estinzione in Europa durante la glaciazione delPleistocene superiore. Recentemente è stato dimostratoche le prime introduzioni risalgono al periodo Neolitico,mentre non è documentata la presenza della specie inItalia nel periodo romano, ma solo a partire dal XIsecolo (Castelporziano) e dal XIV secolo (San Rossore).L’attuale distribuzione italiana è frutto di svariateintroduzione operate dall’uomo e si presenta pertantomolto frammentata; la specie si adatta comunquebenissimo alle più diversificate situazioni ambientali edè presente in quasi tutte le regioni italiane (nellamaggior parte con popolazioni molto esigue). Ilterritorio occupato dalla specie ammontacomplessivamente ai 5.000 km2; la consistenzamaggiore si registra nell’Appennino settentrionale, inToscana e in Calabria. La presenza è molto limitatanell’Appennino centrale e nelle Alpi.
Distribuzione e status degli ungulati Daino (Dama dama)
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Modulo Base 19
In passato si riteneva che il muflone fosse specieautoctona per la Sardegna, ma i più recenti studiarcheozoologici (mancanza di reperti fossili nelle isolemediterranee) inducono ad ipotizzare una suaintroduzione avvenuta ad opera dell’uomo in tempistorici (autoctonia storica). In Italia il muflone èpresente oltre che in Sardegna (c.a. 2.000 capi) anchenelle isole di Capraia, Elba, Giglio, Zannone eMarettimo. La popolazione di Marettimo è l’unicapresenza per la Sicilia così come quella del Gargano lo èper l’Italia Meridionale. Nel resto della penisola èdistribuito in una maniera molto discontinua, con circa40 piccoli nuclei nelle Alpi e nuclei più o meno numerosinell’Appennino Tosco-Emiliano-Romagnolo in Toscana,Umbria e Lazio. L’ultima stima del numero di mufloni inItalia (2000) è di circa 10.000 capi.
Distribuzione e status degli ungulati Muflone (Ovis musimon)
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Modulo Base 20
Specie autoctona, agli inizi degli anni ’50 era presentesolamente nelle Alpi nord-occidentali (Piemonte eLiguria), nella Maremma toscana e laziale e in alcunearee dell’Appennino centro-meridionale (Campania,Basilicata e Calabria). In conseguenza delle diverseintroduzioni e manipolazioni operate dall’uomo edancor più dell’ampia valenza ecologica della specie,nell’arco di tre decenni il cinghiale ha rioccupato tuttol’areale appenninico ed attualmente è distribuito dallaValle d’Aosta fino all’Aspromonte, particolarmente inToscana, Appennino emiliano-romagnolo, Marche,Umbria e Lazio. Presente anche in Sardegna. Il suoareale complessivo si estende per oltre 170.000 km2. Ladistribuzione nell’arco alpino centro-orientale è ancoraframmentata. In Sicilia la presenza del cinghiale èconseguente a recenti operazioni di immissione.
Nelle Marche è l’ungulato più diffuso ed occupastabilmente la fascia montana e collinare, ma inpresenza di complessi boscosi o di irrigui puòraggiungere la fascia litoranea.
Distribuzione e status degli ungulati Cinghiale (Sus scrofa)
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Modulo Base 21
Ruminanti: caratteristiche morfo-funzionali Apparato scheletrico
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Modulo Base 22
Ruminanti: caratteristiche morfo-funzionali Visceri addominali e toracici
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Modulo Base 23
Suidi: caratteristiche morfo-funzionali Apparato scheletrico
1 – apofisi spinose vertebre
2 – coste
3 – femore
4 – omero
5 – scapola
6 – prosterno
21
14
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Modulo Base 24
Suidi: caratteristiche morfo-funzionali Visceri addominali e toracici
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Modulo Base 25
Artiodattili: caratteristiche morfo-funzionaliNomenclatura dello zoccolo
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Modulo Base 26
Artiodattili: caratteristiche morfo-funzionaliConfronto fra zoccoli
Il cervo è il capriolo hanno, dimensioni a parte, zoccoli molto simili. I fettoni sono poco sviluppati e in entrambele specie occupano meno di 1/3 dello zoccolo; la distanza degli speroni dalla linea dei fettoni è più ridotta nelcapriolo, mentre in entrambe le specie tale distanza è maggiore negli arti posteriori. Le impronte anteriori degliungulati hanno dimensioni maggiori delle posteriori (differenza più accentuata nei maschi) e di norma, lozoccolo esterno è leggermente più lungo e arcuato di quello interno.
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Modulo Base 27
Artiodattili: caratteristiche morfo-funzionaliConfronto fra zoccoli
Nel daino e nel cinghiale i fettoni sono molto voluminosi: nel daino occupano circa metà dello zoccolo,addirittura 2/3 dello zoccolo nel cinghiale. Anche nel muflone i fettoni degli arti anteriori sono molto sviluppati(poco meno di metà dello zoccolo), mentre quelli degli arti posteriori sono più simili a quelli del capriolo.
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Modulo Base 28
Artiodattili: caratteristiche morfo-funzionaliConfronto fra zoccoli
Gli speroni del cinghiale (che in gergo venatorio vengono chiamati “guardie”) sono più lunghi e robusti di quellidi tutti gli altri ungulati e sono inoltre posizionati molto vicino agli zoccoli; queste due caratteristiche fanno siche la linea ideale che congiunge le estremità degli speroni sia pressoché tangente ai fettoni negli arti posteriori,mentre in quelli anteriori tale linea interseca i fettoni a circa 10 millimetri dalla loro linea iniziale.
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Modulo Base 29
Artiodattili: caratteristiche morfo-funzionaliTracce
Ne cervidi e nei bovidi gli speroni lasciano tracce solo in impronte profonde (es. terreno fangoso, animale incorsa) soprattutto negli arti anteriori.
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Modulo Base 30
Artiodattili: caratteristiche morfo-funzionaliTracce
Nei suidi gli speroni (guardie) lasciano praticamente sempre la traccia; nelle impronte di cinghiale quindi, siimprimono posteriormente e di fianco ai fettoni, conferendo all’impronta una caratteristica forma trapezoidale.
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Modulo Base 31
Discriminazione delle specieCervo
Il mantello del cervo, generalmente bruno-rossastro, presenta variazioni di tonalità, sia individuali che stagionali. La codaè piuttosto corta (10-15 cm) e poco visibile, sia perché ha lo stesso colore giallo-arancio della parte alta dello specchioanale, sia per la conformazione dello stesso che risale parzialmente sul groppone. I palchi, portati solo dai maschi, negliindividui maturi sono grandi e presentano numerose punte. I caratteri distintivi più importanti del cervo sonorappresentati, oltre che dalla mole e dalla struttura dei palchi, dal vistoso e caratteristico specchio anale e dall’aspettoimponente conferito da una maggiore altezza del garrese rispetto al groppone.
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Modulo Base 32
Discriminazione delle specieCapriolo
Il mantello del capriolo, rossiccio o marronerossiccio in estate, diventa bruno scuro ininverno; la caratteristica macchia biancaposteriore, candida e molto vistosa durante lastagione invernale, diventa più rossiccia e menoappariscente in estate. La coda cortissima e dicolorazione identica al mantello, non è visibile adistanza. Il palco portato solo dai maschi è didimensioni ridotte (30-35 cm) normalmente atre punte per stanga. Il dimorfismo sessuale èridotto per cui, nel breve periodo di assenza deitrofei nei maschi, la distinzione dei sessi si basasoprattutto nella valutazione dello specchioanale ponendo attenzione al ciuffetto di peligiallastri che le femmine presentano sotto lafinta coda (vulva) e che contribuisce a conferireallo specchio anale una forma a cuore. Lastruttura corporea ha un aspetto agile earmonioso, dovuto alla maggiore altezza deltreno posteriore rispetto a quello anteriore,caratteristica tipica degli animali saltatori. Leghiandole metatarsali sono di colore scuro,molto vistose e rappresentano unadiscriminazione specifica.
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Modulo Base 33
Discriminazione delle specieDaino
Il mantello del daino presenta colorazionigeneralmente brune oppure nerastre (individuimelanici) in inverno; diventa bruno-rossastro etipicamente pomellato in estate, mentre gliindividui melanici mantengono il manto scuro esono normalmente privi di pomellatura. Lospecchio anale è caratteristico, di colore biancocandido bordato di nero, al centro spicca la codarelativamente lunga che presenta una striscianera nella parte superiore. In alcune popolazionisono presenti, con frequenza variabile, individuibianchi e/o isabellini. I palchi, portati solo daimaschi, sono inconfondibili per il tipicoappiattimento (pala) nella parte terminale. Leorecchie sono più piccole di quelle del cervo, ilmuso è più corto e di forma triangolare. La parteanteriore del collo nei maschi, presenta untipico rigonfiamento (pomo d’Adamo). Lastruttura corporea è relativamente robusta earmoniosa (altezza al groppone maggiore che algarrese), collo sottile nelle femmine, più grossonei maschi adulti, arti brevi e relativamentegracili.
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Modulo Base 34
Discriminazione delle specieMaschi dei cervidi
La distinzione specifica dei maschi dei cervidi risulta facilitata dalla presenza dei palchi per buona parte dell’anno; i palchisono tipici per ciascuna specie e di facile classificazione, inoltre l’unico periodo in cui si potrebbero osservare maschi dispecie diverse senza palchi, è molto ristretto e corrisponde a fine Aprile quando, contemporaneamente ai maschi adultidi daino potremmo imbatterci in un giovane maschio di cervo che ha appena gettato i palchi. In tal caso occorreprocedere alla determinazione basandosi sulle caratteristiche morfologiche salienti ad iniziare dallo specchio anale.
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Modulo Base 35
Discriminazione delle specieFemmine dei cervidi
Per le femmine la determinazione specifica è meno immediata di quella relativa ai maschi; tuttavia, oltre alle solitecaratteristiche tipiche degli specchi anali (sempre di fondamentale importanza), esistono alcune tipicità morfologicheche possono guidarci ad una determinazione veloce. Ad esempio, valutando la struttura della testa notiamo: orecchiemolto grandi e muso piccolo e triangolare nelle femmine di capriolo, orecchie piccole nel daino, muso trapezoidale edorecchie grandi nel cervo.
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Modulo Base 36
Discriminazione delle speciePalchi dei cervidi
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Modulo Base 37
Discriminazione delle specieMuflone
La struttura corporea del muflone è simile a quella della pecora domestica ma l’aspetto è più agile ed elegante. Ilmantello è assai diverso poiché la lana, corta e molto fine, è ricoperta da una giarra costituita da peli lunghi e radi; ilcolore è, nei maschi adulti, bruno-rossastro quasi sempre con due vistose macchie biancastre sui fianchi (sella); lefemmine e i giovani maschi hanno una colorazione più chiara e sono privi di sella. Le corna, grandi e tipicamente ricurvea spirale nei maschi, sono assenti o piccolissime nelle femmine.
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Modulo Base 38
Discriminazione delle specieCinghiale
Il cinghiale è caratterizzato da una struttura corporea massiccia, con avantreno molto sviluppato, arti brevi e corti. Lacoda, corta e relativamente sottile, presenta all’apice un ciuffo di setole piuttosto lunghe. Il lungo muso di forma conica,termina con il caratteristico grifo, tipico dei Suidi. Il mantello, costituito da una densa borra lanosa, coperta da setolelunghe e rigide, di colore bruno scuro tendente al nerastro specialmente in inverno; numerose setole grigio argentate(che aumentano di numero con l’avanzare dell’età) conferiscono agli animali adulti una tipica colorazione brizzolata. Ilmantello dei piccoli è di colore bruno chiaro o giallastro con strie longitudinali bruno scure o nerastre. I canini deicinghiali sono a crescita continua e raggiungono nei maschi dimensioni notevoli. I due canini inferiori (difese) sono piùlunghi e affilati dei superiori (coti).
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Modulo Base 39
Discriminazione delle specieStrategie alimentari
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Modulo Base 40
Discriminazione delle specieStrategie alimentari dei cervidi
Il capriolo è un ruminante brucatore, tipicamente selettivo di alimentifacilmente digeribili e concentrati, che ha bisogno (soprattutto in inverno) di unaparte anche consistente di fibra grezza. E’ l’unico vero brucatore puro italiano esi differenzia nettamente da tutte le altre specie di ungulati. Viene definito“schizzinoso” perché mangia solo una serie di alimenti ben definiti ed“ecotonofilo” in quanto tipicamente legato agli ambienti di transizione traboschi e arbusteti, boschi e prato-pascoli, arbusteti e prato-pascoli. Si suole direche il capriolo è un animale che può soffrire la fame a pancia piena, cioè puòessere alimentato quantitativamente in modo sufficiente ma allo stesso temporisultare denutrito, proprio perché necessità di quantità anche modeste dialimenti altamente nutrienti.
Il cervo è unruminante pascolatoredi tipo intermedio che,in funzione dell’habitatin cui vive, puòcomportarsi in modopiù o meno marcato,da brucatore. E’ unanimale relativamenteadattabile e prediligecondizioni climatichemedie (mesofilo).
Il daino può essere unruminante pasco-latore di tipo inter-medio, con tendenzaal pasco-latore puro;è un animale moltoadattabile, resistente,xerofilo (può adattarsimolto bene anche aclimi umidi).
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Modulo Base 41
Discriminazione delle specieStrategie alimentari dei bovidi e suidi
Il cinghiale è un forte mangiatore di vegetali grezzi, ma congrande necessità di materiali proteici anche di origine animale.Effettua spostamenti anche notevoli per la ricerca di cibo(nomade), mangia tutto ciò che è disponibile (utilitarista) edha la capacità di nutrirsi di una notevole varietà di alimenti(eurifagico); in funzione delle forti quantità di alimentiingerite, viene definito ipertrofodipendente.
Il muflone è un pascolatore concomportamenti raramente selettivi,brucatore di fogliame, viene definitocome tipo raccoglitore-sradicatore.
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Modulo Base 42
Cenni di ecologia applicataConcetto di ecologia
Il termine “Ecologia” deriva da due parole di origine greca “oikos” (casa) e “logos”(scienza), quindi scienza della casa intesa come habitat (tipo di ambiente frequentatoda una determinata specie). Una parte della “ecologia applicata” si occupa degli studifinalizzati alla pianificazione dello sfruttamento delle risorse naturali, tenendo indovuta considerazione sia le leggi ecologiche sia le esigenze antropiche.
L’ecologia si interessa di tre livello: l’organismo individuale, la popolazione (costituita da individuidella stessa specie) e la comunità (costituita da un numero più o meno grande di popolazioni).
A livello dell’organismo l’ecologia si occupa del modo in cui gli individui vengono influenzati dalloro ambiente. Al livello della popolazione, l’ecologia si occupa della presenza/assenza dellespecie, della loro abbondanza o rarità e delle tendenze e fluttuazioni dei loro numeri di individui.L’ecologia delle comunità si occupa della composizione o struttura delle comunità e delle vieseguite dall’energia, dalle sostanze nutritive (catena alimentare).
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Modulo Base 43
Cenni di ecologia applicataCondizioni e risorse
Per definizione una condizione è un fattore ambientale abiotico che varia nello spazio e neltempo e a cui gli organismi rispondono in modo differenziale. Ne sono esempi la temperatura,l’umidità, la salinità e la velocità della corrente di un corso d’acqua.
Le condizioni non vengono consumate né vengono esaurite da un organismo o reseindisponibili per altri organismi.
Per definizione una risorsa è la sostanza di cui è fatto il corpo di un organismo, l’energia cheinterviene nelle loro attività, gli spazi in cui essi svolgono i cicli della loro vita.
Le risorse quando vengono consumate non sono disponibili da un organismo.
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Modulo Base 44
Cenni di ecologia applicataHabitat e nicchia ecologica
fattori abiotici(condizioni)
fattori biotici(risorse, competitori)
nicchia ecologica
nicchiarealizzata
nicchiafondamentale
può contenere più nicchie è contenuta nellohabitat
è un luogo reale può essere considerata come esigenza dell’organismo o della specie
habitat nicchia ecologica
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Modulo Base 45
Cenni di ecologia applicataEcosistema
L’ecosistema è una unità funzionale di base che comprende l’insieme delle componenti abiotiche(biotopo) e biotiche (biocenosi).
Componenti dell’ecosistema
ABIOTICI BIOTICI
Luce Produttori (vegetali)
Temperatura Consumatori (animali)
Pressione Degradatori (vegetali e animali)
Atmosfera
Acqua
Suolo
Clima
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Modulo Base 46
Cenni di ecologia applicataCatena alimentare
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Modulo Base 47
Cenni di ecologia applicataConcetto di ecotone
L’ecotone è una zona di transizionetra due o più biocenosi, caratterizzatadalla promiscuità nello stesso spaziodi specie e tipologie ambientaliappartenenti alle singole biocenosi.L’arricchimento quali-quantitativodelle specie tipico degli ecotoni vienedefinito effetto margine; infatti incorrispondenza del punto disovrapposizione le specie delle duebiocenosi tendono a sommarsi.L’effetto margine viene utilizzato damolte specie animali perché in questezone c’è una maggiore disponibilità dirisorse alimentari e di rifugi. Ilcapriolo è una tipica specie chesfrutta l’effetto margine, prediligendole zone di transizione, con alternanzadi bosco, prateria, radura, cespuglieti,piuttosto che le grandi foresteomogenee.
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Modulo Base 48
Cenni di ecologia applicataLa popolazione
“La popolazione è un gruppo di organismi o individui della stessa specie, fra i quali esiste lapossibilità di scambio genetico (interfecondi), che occupano una determinata zona”. (Odum, 1959)
La popolazione è caratterizzata da 4 elementi: DENSITA’, DISPERSIONE, STRUTTURA, DINAMICA
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Modulo Base 49
Cenni di ecologia applicataLa popolazione: densità e dispersione
La densità è il numero di individui di una determinata popolazionipresenti nell’unità di superficie. L’unità di superficie viene abitualmenterappresentata dal kmq (100 ettari).
La dispersione e la distanza fra gli individui di una determinatapopolazioni presenti nell’unità di superficie. Normalmente siindividuano tre modalità distinte di dispersione: aggregata, casuale eomogenea.
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Modulo Base 50
Cenni di ecologia applicataLa popolazione: struttura
La struttura è la composizione in classi di sesso e di età della popolazione in un preciso momento. Iparametri della struttura di popolazione di maggiore interesse sono il rapporto tra le classi di età, ilrapporto tra i sessi e il rapporto piccoli per femmina.
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Modulo Base 51
Cenni di ecologia applicataLa popolazione: dinamica
La dinamica è rappresentata dalle variazioni di densità e struttura nel tempo. La densità e lastruttura delle popolazioni variano nel tempo perché continuamente si modificano le condizioni(nascite, morti, immigrazioni ed emigrazioni).
Elementi fondamentali della dinamica
Velocità di accrescimento
Natalità
Mortalità
Fattori limitanti
Competizione intraspecifica
Predazione
Parassiti
Fluttuazioni cicliche
Reclutamento (IUA)
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Modulo Base 52
Cenni di ecologia applicataDinamica: natalità
La natalità massima teorica (n° piccoli/femmina) è la capacità intrinseca di accrescimento di unadeterminata popolazione in condizioni ideali (senza fattori limitanti): la natalità effettiva èl’accrescimento di una popolazione in condizioni reali e specifiche.
I fattori che regolano la natalità sono:
-Clima
-Densità
-Nutrimento
-Caratteristiche individuali
-Peso
-Età
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Modulo Base 53
Cenni di ecologia applicataDinamica: mortalità
La mortalità è il numero individui di una popolazione che muoiono in un determinato tempo: lamortalità effettiva è rappresentata dal numero di individui morti in una specifica situazione reale, lamortalità minima teorica è il numero di individui morti in condizioni ideali e rappresenta quindi unasoglia di mortalità minima (fino del ciclo biologico), per quanto buone siano le condizioni.
La mortalità si esprime in percentuale sul totale degli individui e si riferisce ad un determinatoperiodo di tempo (mortalità invernale, mortalità annuale, ecc.).
La mortalità è in genere maggiore sulle classe di età e di sesso più abbondanti e su quelle più indifesenella lotta per la sopravvivenza.
Negli ungulati in genere le cause di mortalità e decessi sono molto differenziate in funzione dell’età edel sesso; in genere sui maschi giovani per nomadismo e inesperienza e sugli adulti per perdita diprecauzioni durante la fase gerarchica. Nelle femmine adulte la mortalità è connessa allariproduzione (travaglio, predazione, pesantezza del feto, ecc.). Nei piccoli le cause sono lapredazione e l’ipotermia e nei sub-adulti la predazione.
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Modulo Base 54
Cenni di ecologia applicataDinamica: Incremento Utile Annuo (IUA)
L’Incremento Utile Annuo (reclutamento) è la differenza netta, nell’unità di tempo, fra individui chesi aggiungono alla popolazione (natalità) individui che muoiono (mortalità).
Il reclutamento può essere determinato correttamente solo comparando i valori di natalità emortalità e non esaminandoli singolarmente, infatti, se ad una natalità molto elevata si contrapponeuna altrettanto elevata mortalità, l’incremento può risultare praticamente nullo.
L’IUA è un parametro gestionale di fondamentale importanza poiché sulla sua determinazione sibasano i piani di gestione e prelievo.
(I.U.A.) = CONSISTENZA INIZIALE
+ NASCITE
- MORTI
+ EMIGRAZIONE E IMMIGRAZIONE
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Modulo Base 55
Cenni di ecologia applicataFattori limitanti
Si intende per fattore limitante quell’elemento (condizione e risorsa) la cui quantità condiziona, rendendolopossibile o ostacolandolo, il ciclo biologico di un organismo vivente.
Esiste un intervallo centrale tra il minimo e il massimo entro cui la specie è in grado di vivere e riprodursi, edintervalli esterni che rappresentano le zone limite di sopravvivenza.
Esistono in natura individui che tollerano ampie oscillazioni dei fattori limitanti e altre, molto più esigenti chevivono solo in determinate concentrazioni (indicatori biologici)
limiti di tolleranza della specie
zona ottimale
specie
ass
ente
specie
ass
ente
specie
rara
specie
rara
minimo massimo
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Modulo Base 56
Cenni di ecologia applicataCapacità portante del territorio
La capacità portante di un habitat è il numero massimo di individui di una determinata specie chel’habitat può sostenere per tutta la durata del loro ciclo vitale; essa varia in funzione delle stagionie del tempo e pone in ogni caso un limite alla crescita di una popolazione conseguentemente allacompetizione che si instaura tra gli individui per il possesso delle risorse (competizioneintraspecifica)
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Modulo Base 57
Cenni di ecologia applicataCapacità portante del territorio
Con l’aumentare della densità aumenta la mortalità e diminuisce la natalità di una popolazione, fino a che lerispettive curve si incrociano; questo punto definisce la capacità portante (K), la popolazione cessa di crescerepoiché il numero dei nati coincide con quello dei morti. Queste condizioni non sono auspicabili dal punto di vistavenatorio in quanto consentono prelievi molto limitati, è quindi preferibile avere una popolazione con il massimotasso di reclutamento possibile (corrispondente ai punti in cui le curve di natalità e mortalità sono più distanti); intal caso, prelevando l’IUA la popolazione rimarrà pressoché invariata anche se sottoposta a prelievi consistenti.
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Modulo Base 58
Cenni di ecologia applicataDensità biotica
Si indica con il termine di densità biologica o biotica la, densità superata la quale, in una determinatapopolazione compaiono segni di decadimento fisico negli individui e l’incremento utile annuo, coincidente con ilreclutamento, si riduce a zero.
Molto importante dal punto di vista gestionale è la determinazione della massima densità agro-forestale, cioèla densità superata la quale si verificano danni eccessivi alle colture agricole o alla selvicoltura; è pertanto unlimite di densità stabilito dall’uomo in funzione soprattutto delle tipologie colturali presenti e del loro pregio.Questa è di solito la densità a cui si deve far riferimento nella gestione faunistica dei territori che interessanosignificativamente anche aree coltivate, nei quali si deve tenere necessariamente conto delle esigenze socio-economiche degli agricoltori.
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Modulo Base 59
Principi generali di gestioneAspetti generali
Determinazione della capacità faunistica del territorio
Miglioramento della capacità faunistica del territorio
Determinazione della densità e struttura della popolazione
Operazioni di riqualificazione faunistica: reintroduzioni
Operazioni di controllo del randagismo canino
Conservazione e gestione delle specie faunistiche:
principi e tecniche
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Modulo Base 60
Principi generali di gestioneCapacità faunistica del territorio
La determinazione della capacità faunistica del territorio è sicuramente il primo obiettivo da porsi. Con iltermine di capacità faunistica del territorio si definisce sia il numero di specie (aspetto qualitativo) sia laquantità di individui appartenenti a ciascuna specie (aspetto quantitativo) che un determinato territoriopuò sostenere.
La valutazione della effettiva capacità faunistica deve tenere conto di due elementi fondamentali: ledensità biotiche raggiungibili da ciascuna specie e le densità agro-forestali che si vogliono mantenere infunzione di specifici obiettivi.
Qualora la capacità faunistica non sia soddisfacente, si può tentare di aumentarla con alcuni interventiquali:
-Ripristino degli habitat: inteso come rinaturalizzazione del territorio così da aumentare la disponibilitàdi ambienti adatti alle specie oggetto di gestione (interventi sulle formazioni vegetali e sugli ecosistemiagrari);
-Interventi di foraggiamento: da applicare con grande cautela esclusivamente dove la disponibilità deglialimenti rappresenti un fattore limitante, sia esso seminaturale (campetti a perdere), sia artificiale(mangiatoie);
-Contenimento dei fattori limitanti: interventi per migliorare i tassi di incremento della popolazione(controllo bracconaggio, viabilità, ecc.)
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Modulo Base 61
Principi generali di gestioneCensimenti faunistici
La determinazione dei parametri quali-quantitativi delle popolazioni di ungulati rappresenta uno deglistrumenti gestionali più importanti sia nelle aree protette sia in quelle dove è esercitata l’attivitàvenatoria. I censimenti faunistici rappresentano le operazioni che permettono di ottenere valori didensità, struttura (ripartizione per classi di sesso e di età degli individui) e dinamica.
Censimenti assoluti (census) Censimenti relativi (count)
Forniscono una stima relativa delle popolazioni rispetto ad un’unità di riferimento (abbondanza
e dispersione).
IKA – indici chilometriciIPA – indici puntiformiITA – indici temporali
ESAUSTIVIConteggio in una determinata superficie volto a
conoscere il numero totale degli individui.
CAMPIONARI conteggio svolto solo in alcune zone campione
della superficie di studio.
Forniscono una stima della struttura della popolazione (densità e dispersione)
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Modulo Base 62
Principi generali di gestioneCensimenti applicabili agli ungulati
Censimenti in battuta
Conteggio su percorso lineare
Conteggi delle impronte
Conteggi notturni con sorgente di luce
Cattura marcamento e ricattura
Censimenti al bramito
Censimenti da punti fissi di osservazione
La descrizione dettagliata delle varie tipologie di censimento sarà affrontata nel modulo specifico.
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Modulo Base 63
Principi generali di gestioneReintroduzioni
Le reintroduzioni sono quel tipo di immissione che hanno come scopo la ricostituzione dipopolazioni stabili e autosufficienti di specie presenti in epoca storica in una determinata localitàe ora estinta localmente.
Le reintroduzioni sono operazioni spesso molto complesse, che richiedono una adeguataprogrammazione, specifiche conoscenze scientifiche e una grande sensibilità verso gli aspettisociali; oltre ai fattori storici, eco-etologici, genetici e demografici, devono essere tenuti in debitaconsiderazione anche quelli politici, normativi e socio-economici.
A tale proposito è bene ricordare che il buon esito di queste immissioni è strettamente legatoall’atteggiamento e al consenso delle comunità umane; il progetto può diventare esecutivo solo acondizione di una buona accettazione della specie interessata da parte delle popolazioni locali.
La complessità e i costi di tali operazioni rendono opportuna una loro accurata pianificazione. Lafattibilità e l’opportunità di procedere all’immissione devono essere attentamente valutate.
E’ importante che prima di effettuare una reintroduzione vengano rimosse le cause che hannoportato all’estinzione della specie.
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Modulo Base 64
Principi generali di gestioneControllo del randagismo canino
Particolare azione di disturbo nei confronti degli ungulati selvatici viene svolta dai cani vaganti(non registrati, nutriti dall’uomo, ma liberi di vagare), randagi (nutriti occasionalmente dall’uomo,ma senza un padrone) o rinselvatichiti (che hanno perso qualsiasi contatto con l’uomo) presentinelle medesime zone frequentate dagli ungulati.
La presenza di questi cani, a prescindere dai problemi di tipo sanitario e zootecnico, oltre aprovocare un danno diretto per predazione su ungulati di piccola taglia (capriolo) e sui cuccioli diquelli medio-grandi, crea un forte disturbo ed una alterazione nei rapporti sociali intraspecificiconseguenti a ripetuti inseguimenti che, in specie particolarmente delicate come il capriolo,possono comportare ripercussioni anche sull’incremento della popolazione stessa.
Il cane rinselvatichito rappresenta anche un pericolo come fonte di infezione; agli ungulatiselvatici possono essere trasmesse la brucellosi, la leptospirosi, l’echinococcosi-idatosi, ecc.. Ilcane può contribuire anche al mantenimento di cicli silvestri di Trichinella.
Il fenomeno del randagismo sembra abbastanza limitato nelle regioni settentrionali mentreappare estremamente grave nel Sud Italia dove sia la categoria dei cani randagi sia di quellirinselvatichiti raggiungono densità elevate (4-6 ind/kmq).
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Modulo Base 65
Principi generali di gestioneImportanza dei metodi di caccia
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Modulo Base 66
Principi generali di gestioneCaccia collettiva e caccia individualeLe cacce collettive si effettuano conla presenza di un elevato numero dipartecipanti. Le cacce collettivevantano una lunga tradizionestorico-culturale: è infatti probabileche il primo modo per cacciare gliungulati selvatici consistessenell’esecuzione di una sorta di“battuta” finalizzata alla forzaturadei selvatici verso dirupi o trappoledove cadevano e quindi potevanoessere raccolti. Poi l’uomo iniziò aselezionare, partendo dal lupo,diverse razze di cane, anche adattealla caccia che avevano la funzionedi sollevare e forzare gli animaliverso le reti. Tale metodo si èprotratto fino al tardo Rinascimento.Con l’avvento delle armi da fuoco,anziché verso le reti, gli animalivenivano spinti da cani e battitoriverso le poste (luoghi in cui icacciatori armati si appostavano).
Si classificano come individualiquelle forme di caccia cheprevedono che il cacciatore svolga lapropria azione individualmente. Lecacce individuali sono quelle chemeglio consentono di rispettare ilprincipio fondamentale della cacciadi selezione, vale a dire la sceltapreventiva del capo da abbattere(per classe di sesso e di età) aseguito di un’osservazione pazientee prolungata (utilizzando unaadeguata attrezzatura ottica) di tuttii capi che si presentano nell’areafrequentata. L’abbattimento potràessere effettuato solo qualora vengaindividuato un capo appartenentealla classe assegnata al cacciatore.
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Modulo Base 67
Principi generali di gestioneCaccia collettiva e caccia individuale
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Modulo Base 68
Principi generali di gestioneCaccia programmata e prelievo selettivo
La caccia programmata, così come definita dall’attuale quadro normativo italiano,
presuppone la definizione di un carniere teorico determinato dal numero di capi abbattibili da
ciascun cacciatore per ciascuna giornata di caccia e dal numero di giornate usufruibili. Questo
meccanismo risulta quindi del tutto indipendente dallo status delle popolazioni cacciate.
Il prelievo selettivo è invece subordinato alla definizione preventiva sia della quantità dei capi
che si intendono prelevare sia della loro ripartizione in classi di sesso e di età. Presupposto fondamentale è pertanto la conoscenza di questi
parametri per ciascuna popolazione cacciata ottenuta attraverso opportuni censimenti.
Determinazione del numero massimo di capi prelevabili (carniere massimo teorico) senza
censimento preventivo
Censimento preventivo quali-quantitativo, determinazione del numeri di capi presenti e della
loro ripartizione nelle classi di sesso ed età.
Il piano di prelievo è lo strumento che consente di definire (prima di iniziare la caccia), in relazione alle caratteristiche della popolazione ed ai risultati del censimento (densità,
natalità, IUA) il numero e il tipo di animali che si possono abbattere.
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Modulo Base 69
Principi generali di gestionePrelievo quantitativo
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Modulo Base 70
Principi generali di gestionePrelievo qualitativo
Per conservare una popolazione di ungulati selvaticisu buoni standard produttivi e di fitness media, èopportuno mantenere la popolazione entro i rangedi struttura naturale osservati e rilevati durante icensimenti.
In condizioni naturali il rapporto fra i sessi sembratendere alla parità (un maschio per ogni femmina)nelle specie monogamiche (il maschio si accoppiacon un’unica femmina) ed a una sostanziale parità,con una leggera preponderanza delle femmine, inquelle poliginiche (il maschio si accoppia con piùfemmine); allo stato attuale delle conoscenze, dalpunto di vista pratico gestionale risulta opportunoche tale rapporto sia mantenuto con gliabbattimenti, i quali dunque incideranno in egualemisura su maschi e femmine, ovvero in misuraleggermente superiore su quest’ultime.
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Modulo Base 71
Quadro normativoProgrammazione e pianificazione
Programmazione e pianificazione rappresentano rispettivamente le basi teoriche e applicativedella gestione faunistica del territorio.
Esse definiscono ed indicano gli schemi teorici e applicativi essenziali per realizzare e condurreinterventi di gestione.
Per programmazione faunistica si intende la definizione delle procedure e degli schemi diprogramma, nonché la stesura degli indirizzi tecnici gestionali, al fine di procedere alla faseattuativa della pianificazione faunistica, cioè alla creazione e dislocazione effettiva di strutture edi Istituti faunistici con una destinazione differenziata del territorio agricolo, montano e forestale,nonché l’individuazione dei Distretti di gestione e dei territorio a diversa sostenibilità agro-forestale.
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Modulo Base 72
Quadro normativoStrumenti programmatici
Legge Nazionale n.157/92 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”
Legge Regionale 7/95 e ss.mm.ii
Regolamento Regionale 3/2012 e ss.mm.ii. “Disciplina per la gestione degli ungulati nel territorio regionale”
Regolamenti attuativi ATC
CIPFV n.5/2010 “Criteri ed Indirizzi per la Pianificazione Faunistico-Venatoria 2010/2015”
Piano Faunistico-Venatorio Provinciale
Piano Poliennale di Intervento (ATC)
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Modulo Base 73
Quadro normativoL.N. 157/92
(art.1, comma 2)
1. l’esercizio venatorio è consentito purché non contrasti con la conservazione della faunaselvatica e non arrechi danno alle produzioni agricole;
(art.10, comma 1)
1. al conseguimento della densità ottimale e alla sua conservazione mediante lariqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo;