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Ubranopromo08 Venezia 14-11-08 Modelli di valutazione della densità dinamica nello spazio urbano Giorgio Turchetti Dipartimento di Fisica e Centro Galvani Università di Bologna Laboratorio di Fisica della Città Centro Sistemi Complessi delle Marche

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Ubranopromo08 Venezia 14-11-08

Modelli di valutazione della densità dinamica nello

spazio urbano

Giorgio Turchetti

Dipartimento di Fisica e Centro Galvani Università di Bologna Laboratorio di Fisica della Città

Centro Sistemi Complessi delle Marche

Introduzione La conoscenza della realtà che ci circonda passa attraverso l’esame del particolare, decomponendo un quadro molto articolato e variabile in elementi riconoscibili e classificabili. Le nozioni di spazio e di tempo scaturiscono naturalmente: ogni tassello ha una precisa collocazione spaziale quando non c’è cambiamento, mentre il tempo scandisce le trasformazioni secondo una scala segnata da un processo che si ripete invariabilmente con le stesse modalità (orologio). In questo modo possiamo seguire gli spostamenti di un determinato elemento, coglierne le regolarità ed eventualmente predirne il movimento. Al frazionamento deve però seguire una ricomposizione per capire il quadro nella sua globalità. Questo passaggio è quanto mai delicato perché spesso l’aggregazione introduce nuove proprietà emergenti dalle interazioni tra i singoli e da processi di auto-organizzazione. La fisica opera attraverso un processo di semplificazione permanente, che consiste nella ricerca di componenti elementari e di semplici leggi che ne governino le interazioni. Questo programma è stato realizzato finora con successo, tuttavia il processo di ricomposizione, che consiste nel ricondurre le proprietà su larga scala a quelle dei componenti elementari, non sempre risulta possibile, ponendo un limite al riduzionismo incondizionato. L’apparizione di biomolecole capaci di processi metabolici e di riprodursi non è una conseguenza scontata e prevedibile di un brodo primordiale sottoposto ad opportune condizioni esterne. Nello stesso modo la successiva evoluzione verso strutture viventi sempre più articolate può spiegarsi attraverso successivi stadi di organizzazione, dove le reti complesse di un dato livello diventano le unità elementari per il livello successivo [1]. Al termine di questo processo evolutivo e di organizzazione gerarchica si colloca l’uomo con la sua struttura sociale ed i suoi artefatti, che si manifestano nella realizzazione delle città, a loro volta connesse in una rete altamente complessa [2]. Lo studio della città in tutte le sue molteplici articolazioni è compito della urbanistica, che coniuga il sapere tecnologico con quello umanistico ed artistico, necessari per leggere il risultato di un processo evolutivo, condizionato non solo da vincoli fisici ma anche da pulsioni di carattere estetico e culturale. Tuttavia una lettura di carattere trans-disciplinare di alcuni aspetti delle dinamiche urbane può contribuire a comprenderla meglio, introducendo nuove metafore o modelli e/o nuove modalità per descriverne le proprietà. In questa ottica certamente si iscrivono le densità introdotte nel contesto urbano (edifici, servizi, traffico), che possono contribuire a decifrare i meccanismi che sottendono gli spostamenti di persone e cose all’interno della città ed i cambiamenti strutturali e funzionali al suo interno. Le nuove tecnologie dell’informazione possono migliorare in modo determinante la quantità e la qualità dei dati, i modelli ispirati dalla fisica e dalla biologia possono concorrere a decifrarli fornendo un quadro interpretativo meno soggettivo. In questa nota intendiamo confrontare lo spazio fisico con lo spazio urbano, la metrica indotta da un campo esterno con la metrica indotta da un campo cronotopico. I modelli di tipo fisico come quelli idraulici o gravitazionali ben descrivono gli spostamenti collettivi tra aree monofunzionali scanditi dalle precise cadenze temporali della città fordista. Nel caso di spostamenti individuali tra aree poli-funzionali, tipici di una città moderna, occorre partire da modelli microscopici in cui ciascun componente elementare è un automa capace di scelte individuali. In questo caso si può sviluppare l’analogia con

fluido o con un plasma. La descrizione che proponiamo della città è quella di un sistema complesso il cui spazio è popolato da unità elementari dotate di capacità cognitive, che chiamiamo automi. La capacità che questi hanno di raccogliere l’informazione che proviene dall’ambiente esterno, di elaborarla per decidere le azioni da compiere, di memorizzarla per costruire strategie future, segna la netta distinzione tra un sistema fisico ed un sistema complesso. La grande variabilità dei comportamenti individuali, la ricchezza del repertorio sociale, la grande diversificazione delle aree produttive, dei servizi, di intrattenimento e socializzazione richiedono lo sviluppo di modelli microscopici, da cui si possono successivamente ottenere indicazioni sulle proprietà a grande scala. I risultati di un esperimento virtuale o i dati osservativi sono ricondotti alla analisi di una rete, i cui nodi sono le componenti, non necessariamente elementari, in cui il sistema è viene decomposto, oppure alla analisi di densità, ossia di medie di parametri rilevanti, effettuate su ciascuna maglia di un reticolo ed eventualmente interpolate in modo continuo Per le reti si sviluppa l’analisi statistica delle connessioni che consente di distinguere tra strutture causali, parzialmente o totalmente gerarchiche. La densità offre una rappresentazione sinottica del sistema e consente una lettura intuitiva delle dinamiche soggiacenti, la cui descrizione quantitativa passa attraverso la costruzione di modelli fenomenologici o la loro eventuale derivazione dalla descrizione micro dinamica attraverso un limite del continuo. La densità, in quanto risultato di una media sulle sule fluttuazioni locali ed individuali, consente una visione più distaccata delle dinamiche fisiche e sociali. Possiamo distinguere due tipi di densità, la prima riferita allo spazio urbano, la seconda ai cittadini o alle entità virtuali, gli automi, che li rappresentano. La densità delle strutture presenti nello spazio urbano descrive le sue nervature, che a loro volta possono essere influenzate dinamicamente dalla densità di automi. In una descrizione cinetica la densità tiene conto anche del fatto che in un dato luogo gli automi possono avere velocità diverse, mentre nella descrizione fluida questa è uguale per tutti, perché si suppone che in ogni punto la dispersione attorno al valor medio sia trascurabile. Per il traffico veicolare sono stati proposti e studiati sia modelli fluidi sia modelli cinetici, ma supponendo per questi ultimi che le interazioni siano a corto raggio. E’ noto che al crescere della densità di veicoli su una strada la velocità media decresce e quindi altera il percorso ottimale tra due punti se questo vien definito in termini di tempo di percorrenza minimo, anziché di minima lunghezza del percorso. Se ciascun automa segue il percorso ottimale, assumendo che possa conoscere istantaneamente la densità su tutta la rete per valutarlo, è chiaro che il comportamento individuale altera ad ogni istante lo stato del sistema nel suo insieme creando una interdipendenza tra il comportamento individuale, l’insieme degli automi e la struttura dello spazio urbano. La conoscenza dello stato di tutto il sistema corrisponde ad una interazione a lungo raggio ed in questo caso il sistema fisico più simile è un plasma piuttosto che un fluido, dove le interazioni sono a corto raggio. Nel plasma il moto di una singola particella ad un dato instante è determinata non solo dai campi esterni, ma anche dal campo detto auto consistente determinato alla distribuzione di tutte le altre particelle. Quindi da un ’istante al successivo la distribuzione spaziale e cinetica delle particelle cambia e anche il campo da queste generato. In un quadro di infomobilità ciascun automa conosce lo stato di tutto il sistema istante per istante e può decidere come muoversi in un breve intervallo di tempo seguendo un percorso ottimale verso la sua destinazione. Anche in assenza di un quadro matematico preciso come quello fornito dalle

equazioni di Maxwell-Vlasov per il plasma la costruzione di algoritmi per percorsi ottimali auto-consistenti è possibile. Il gruppo di Bologna partendo da una consolidata esperienza di dinamica non lineare e di modelli per fluidi e plasmi ha sviluppato un programma di ricerca sulla città come sistema complesso mirato a costruire modelli di mobilità su uno spazio urbano tenendo conto delle diverse componenti, pedonale, veicolare privata, di trasporto pubblico, integrate in una descrizione intermodale. La non omogeneità del tessuto urbano determinata dalle caratteristiche della rete stradale e dalla dislocazione dei cronotopi e la grande variabilità delle agende dovuta all’ampio spettro del repertorio sociologico rende frequenti i movimenti erratici e poco probabili gli stati di equilibrio o quasi equilibrio. La raccolta di dati con una maglia spazio-temporale sufficientemente fine è essenziale per monitorare i flussi istantanei, misurare il grado di attrattività dei cronotopi, costruire matrici origine destinazione e per validare i modelli. L’attività di ricerca rivolta all’inizio prevalentemente ai modelli si è poi concentrata sulla raccolta, integrazione ed elaborazione dei dati, con una particolare attenzione a quelli da telerilevamento che danno la risoluzione spazio-temporale di gran lunga più fine, consentendo accurate analisi statistiche e ponendo i presupposti per la validazione dei modelli. L’analisi è stata condotta in varie città campione di dimensione diversa riscontrando la stessa distribuzione statistica dei percorsi. La fascia costiera del comune di Senigallia costituisce il case study su cui questa analisi è iniziata, prima con un modello su una rete viaria semplificata ma rilevante (oltre il 95% dei flussi complessivi) e quindi con l’analisi dei dati da terra e da telerilevamento. Questo progetto, nato attraverso una collaborazione tra i servizi tecnici (urbanistica e mobilità) del Comune e il gruppo di ricerca, potrebbe dare tra breve origine a un centro per la mobilità sostenibile, capace di erogare servizi, attraverso l’azienda Pluservice operante sul territorio, e di sviluppare una attività di ricerca, attraverso una elaborazione dei dati, la loro rappresentazione in tempo reale e la messa a punto di modelli. La raccolta di dati sulla densità urbana e la mobilità nelle sue diverse articolazioni spazio temporali potrebbe fornire agli urbanisti nuovi elementi per la progettazione e la pianificazione, fornire servizi pubblici migliori basati sulle nuove tecnologie dell’informazione e dare anche un contributo all’ambiente riducendo l’emissione di inquinanti. La nota presente si articola in 4 sezioni di cui la prima dedicata ad un confronto tra spazio fisico e spazio urbano, la seconda ai sistemi complessi, il terzo alla densità dinamica, il quarto al modello Mobilis, all’analisi dei dati e del case study Senigallia.

1 Spazio fisico e spazio urbano

Spazio fisico. Lo spazio della fisica è euclideo, cioè uno spazio continuo tridimensionale, (talora bidimensionale) dove ogni punto P è individuato da un vettore r=P-O, ovvero un segmento orientato che lo congiunge con un punto di riferimento O, l detto origine. La norma del vettore è data dalla distanza del del punto P dall’origine O ||r||=d(O,P) La distanza d(A,B) due punti A e B, individuati da due vettori rA=A-O e rB=B-O, è data dalla lunghezza del segmento che li congiunge A con B ossia dalla norma del vettore rB-rA=B-A || rB-rA || = d(A.B) Ad successione ordinata di punti associamo la poligonale formata dai segmenti che congiungono ciascun punto con il successivo. La lunghezza della poligonale è uguale alla somma delle lunghezze dei segmenti che la compongono. In modo analogo, ad ogni curva continua con estremi A e B, possiamo associare una lunghezza L(A,B) definita come limite delle lunghezza una poligonale con vertici P0=A, P1,…,PN-1, PN

L(A,B)= Lim Σ d(Pk-1,Pk) = ds n�oo k=1

A

dove con ds indichiamo la lunghezza di segmento infinitesimo della poligonale che risulta uguale alla lunghezza dell’arco avente gli stessi estremi e con cui si confonde. Tra tutte le curve che hanno gli stessi estremi A, B quella che ha la minima lunghezza viene detta geodetica e nel caso dello spazio euclideo essa è il segmento che ha A, B come stremi

Figura 1 Geodetica tra A e B nel piano a sinistra e in presenza di un campo a destra

Se si cambia il modo di misurare le lunghezze allora cambia anche la geodetica. E’ quanto accade in ottica dove il cammino di un raggio luminoso si ottiene sommando i cammini infinitesimi dati dal prodotto dell’indice di rifrazione e la lunghezza dell’arco euclideo

L(A,B) = n ds

Il principio di Fermat afferma che un il raggio luminoso che congiunge due punti i A e B descrive la traiettoria lungo la quale il cammino ottico è minimo. Questo percorso è ancora una geodetica ma rispetto alla nuova metrica ds’= n ds dove l’indice di rifrazione pesa la lunghezza euclidea dell’arco infinitesimo. Nella meccanica il principio di Maupertuis

B

A

B

n

afferma che la traiettoria che un punto materiale soggetto ad un campo conservativo con potenziale V percorre nel passare da A a B una traiettoria sulla quale l’azione ridotta ha un minimo rispetto al valore assunto su tutte le traiettorie cha hanno stessi estremi e stessa energia E. Questo principio è equivalente a quello di Fermat a patto di definire l’indice di rifrazione come n= (1-V/ E)1/2

Nel caso della meccanica dunque il campo di forze modifica la metrica e l’indice di rifrazione è, come nel caso dell’ottica, il rapporto tra la velocità di propagazione nel mezzo ossia in presenza del campo esterno e la velocità di propagazione nel vuoto, ossia la propagazione libera in assenza del campo. Ad esempio nel caso di un campo lineare le geodetiche sono archi di parabole anziché segmenti, vedi figura 1. Questa geometrizzazione della meccanica, che riconduce le traiettorie a geodetiche in uno spazio euclideo con una metrica modulata dai campi di forza, trova una analogia con lo spazio urbano nella ricerca dei percorsi ottimali. I reticoli Se nel piano euclideo consideriamo un insieme di punti equispaziati e congiungiamo tra loro i primi vicini otteniamo un reticolo, le cui maglie sono quadrati. Questa costruzione fornisce la sola tassellazione del piano con reticoli regolari oltre a quella ottenuta con triangoli ed esagoni e presenta una simmetria per traslazioni e rotazioni discrete. Nel reticolo con maglie quadrate, noto anche come reticolo di Manhattan, definiamo la distanza tra due punti A e B non adiacenti come la più piccola tra le lunghezze delle poligonali, formate da lati del reticol aventi A e B come estremi. Notiamo subito che la poligonale di lunghezza minima che congiunge non due punti non è più unica. Inoltre la degenerazione aumenta con la distanza euclidea dei punt A e Bi, come mostra la figura 2. Questa degenerazione viene rimossa non appena si rompe la simmetria passando a tassellazioni con maglie diverse tra loro ed a reticoli irregolari come quelli delle reti di viabilità urbana, vedi figura 3.

Figura 2 Geodetiche su reticolo: 2 reticolo piccolo, 6 reticolo grande di cui 2 in figura

Lo spazio urbano La città è costituita da edifici e strade oltre che da persone che vi risiedono, lavorano e si muovono con mezzi diversi. Lo spazio ambiente è quello euclideo tridimensionale, da noi percepito quando osserviamo la città da una qualsiasi posizione. Tuttavia la rappresentazione che diamo della città è di norma bidimensionale perché questo ci consente di costruire le sue carte e di mostrare l’andamento dei parametri più rilevanti attraverso di mappe di densità. La città moderna è un sistema in continua e rapida trasformazione e la rappresentazione delle sue dinamiche a può essere ottenuta tramite mappe di densità variabili nel tempo, la cui visualizzazione fornisce un quadro globale di efficace impatto comunicativo. L’aspetto su cui concentreremo la nostra attenzione è la mobilità, probabilmente l’indicatore più immediato e affidabile delle

attività urbane. Riferito alla mobilità lo spazio urbano è determinato dalla rete viaria e dai cronotopi. Questi ultimi sono i luoghi ove si svolgono attività lavorative e di aggregazione sociale calendarizzate e svolgono un ruolo simile a quello di un campo esterno non stazionario in un sistema fisico, modificano cioè la metrica del sistema. Quindi un modello puramente meccanicistico vedrebbe i cittadini come particelle che si muovono sulla rete scegliendo un percorso che minimizza la distanza tra un punto A ed un punto B misurata tenendo conto dei cambiamenti indotti nella metrica dalla presenza dei cronotopi.

Figura 3 Rete stradale di Bologna a sinistra e di Senigallia a destra

A

2 Dall’atomo all’automa In fisica si studiano i modelli microscopici perché sono note le interazioni tra i costituenti elementari di un sistema siano questi molecole in un gas, elettroni e ioni in un plasma, stelle in una galassia, vedi figura 4. Possiamo chiamare atomi le unità elementari riferendoci al senso etimologico della parola, perché nel modello queste unità diventano punti materiali dotati di massa e carica ma senza dimensione né alcuna struttura interna e quindi non ulteriormente decomponibili. Quando le interazioni sono a lungo raggio ogni particella sente l’effetto di tutte le altre vicine e lontane e si possono creare strutture coerenti su grande scala. Se le densità non sono troppo elevate gli effetti collisionali sono deboli ed il rilassamento verso stati di equilibrio termodinamico è così lento che le strutture coerenti si possono osservare su tempi molto lunghi come accade nei sistemi gravitanti. Queste strutture sono quindi il risultato di auto-interazioni che creano ordine e stabilità e di moderata collisionalità che crea una debole caoticità i cui effetti non sono apprezzabili su brevi scale temporali.

Figura 4 Densità di elettroni in un plasma a sinistra. Galassia a spirale a destra

Già un secolo fa Poincaré aveva scoperto che ordine e caos possono convivere in sistemi dinamici di bassa dimensionalità come il problema dei tre corpi. I moti caotici hanno origine per la presenza di equilibri ed orbite periodiche instabili presso cui le traiettorie presentano una dipendenza sensibile dalle condizioni iniziali, vale a dire punti vicini si allontanano con legge esponenziale. Poiché l’energia totale si conserva le orbite restano confinate e la divergenza esponenziale ne determina il carattere caotico. Ordine e caos sono due ingredienti necessari per l’apparizione di strutture stabili e per il loro cambiamento, sono dunque due ingredienti necessari per la comparsa di strutture robuste rispetto alle variazioni esterne ma non tanto da essere immutabili. Questi due ingredienti sono certamente necessari per la transizione al vivente ma certamente non sufficienti. Un elemento cruciale è la capacità di codificare l’informazione e di replicarsi. Un codice consente la replicazione di un progetto e piccole alterazioni dovute alla variabilità dell’ambiente esterno portano ad un progetto lievemente diverso. La flessibilità del codice determina quindi la evoluzione verso forme sempre più adatte all’ambiente in cui si trovano. La transizione al vivente è un salto una discontinuità che non è riconducibile a principi primi attraverso un banale riduzionismo verso le leggi fondamentali della fisica.

Dato che il passaggio al vivente è avvenuto anche se non sappiamo come, possiamo domandarci se e come sia possibile descriverne matematicamente alcuni aspetti. I sistemi complessi La complessità è una proprietà dei sistemi viventi, dei loro aggregati ed artefatti. Sono complessi anche i sistemi di vita artificiale che condividono con i viventi le proprietà basilari. Anziché elencare queste proprietà rivolgiamo la nostra attenzione alla unità elementare di un sistema complesso, l’automa di Von Neumann dotato di una componente fisica ed una cognitiva, capace di elaborare informazione, ed infine di replicarsi, eventualmente mutando ed essendo quindi soggetto ad una selezione evolutiva. Si possono costruire automi di Von Neumann virtuali o reali sotto forma di micro-robots capaci di comunicare tra loro e dotati di reti neurali che vengono riprogrammate ad ogni generazione in modo da migliorare evolutivamente il loro adattamento all’ambiente ed il raggiungimento di obiettivi prefissati. Un semplicissimo esempio di automa è costituito da un punto materiale o da un disco rigido dotato di percezione visiva all’interno di un cono. Il suo movimento è determinato dalla attrazione verso un obiettivo assegnato, dalla repulsione verso gli ostacoli e verso altri automi al fine di evitare non solo le collisioni ma anche gli incontri ravvicinati. Il problema dei due automi può essere risolto analiticamente per quadrature come il problema dei due corpi, e si hanno orbite periodiche oppure stati di equilibrio stabile [3]. Nel caso degli N automi il carattere non Newtoniano della interazione si traduce in un effetto dissipativo che fa decrescere la energia cinetica media di ciascun automa fino ad un congelamento completo. La caduta del terzo principio è causato dalla asimmetria introdotta dal cono: infatti l’automa A che vede B ne è respinto ma se B non vede A non è soggetto ad alcuna repulsione da parte di questo. Si può osservare che la introduzione di una memoria, che consente ad un automa A di prevedere il movimento di un automa B dopo che è uscito dal suo cono, estrapolandone il movimento sulla base delle posizioni osservate precedentemente, compensa l’effetto dissipativo e consente al sistema di N automi raggiungere un equilibrio termodinamico a temperatura finita. E’ interessante osservare che quando due coorti di automi si muovono in senso opposto in un corridoio, si instaura un processo di auto-organizzazione per cui gli automi si organizzano in più file contrapposte senza che avvengano urti. La presenza del cono visivo deve essere accompagnata da una memoria a breve termine per evitare la comparsa di punti di stagnazione. Se le due coorti anziché in un corridoio si muovono in un incrocio la auto-organizzazione scompare. Per riottenerla occorre un modello cognitivo più elaborato di tipo ricorsivo (modello TOM: theory of mind) in cui ciascun automa suppone che gli altri si muovano secondo una strategia di livello inferiore (il livello zero è il moto libero) e si regolano di conseguenza per evitare gli urti [4], vedi figura 5. Altri modelli matematici specifici per la mobilità sono stati proposti [5].

Figura 5 Cono di vista di due automi a sinistra. Automi TOM in un inclrocio a destra

3 La densità dinamica Il passaggio dalla scala microscopica alla media o grande scala si effettua con un passaggio al limite del continuo in cui il numero di componenti elementari N diventa infinito mentre la loro dimensione, carica e massa va a zero, in modo da mantenere costanti tutti i parametri globali del sistema. In questo limite, detto anche termodinamico, la individualità dei singoli componenti si perde ed un sistema granulare viene spalmato in un mezzo continuo. La densità, che è singolare quando le componenti elementari sono discrete e puntiformi, si regolarizza e la sua evoluzione nel tempo soddisfa una equazione alle derivate parziali. In ogni osservazione diretta e ravvicinata del sistema è possibile localizzare i singoli atomi o automi e, dopo aver introdotto una tassellazione regolare dello spazio, contare il numero di unità che occupano una singola cella. Si ottiene così una densità non più singolare, perché continua a tratti, che può essere rappresentata graficamente se lo spazio è bidimensionale. Raffinando la tassellazione ci si avvicina ad una densità continua e regolare che può essere introdotta mediante interpolazione, ma si aumenta la incertezza statistica perché diminuisce il numero n di particelle per cella cui corrisponde una fluttuazione n-1/2. In genere è possibile scegliere una dimensione ottimale della cella in modo tale che l’indeterminazione sulla posizione e la fluttuazione statistica risultino confrontabili. Tra i vari esempi che ci fornisce la fisica quello di un sistema di particelle cariche confinate da un campo esterno lineare presenta notevoli analogie con un sistema di automi dotati di percezione visiva, che si respingono per evitare gli urti e che si muovono verso un obiettivo definito. Per gas di particelle cariche nel limite del continuo la componente collisionale scompare perché la scala di tempo su cui le collisioni agiscono determinando il rilassamento all’equilibrio di Boltzmann cresce con N. La funzione di distribuzione di una particella f(r,v,t) soddisfa una equazione di continuità ove le forze sono dovute al campo esterno ed al campo elettrostatico creato alla distribuzione di carica la cui densità spaziale normalizzata è

ρ(r,t)= f(r,v,t) dv ρ(r,t) dr = 1 Questa equazione detta di Vlasov si scrive F p2

+ [ f, H] =0 H = + Vext + ξ Vself

t 2 dove la funzione H, detta ha miltoniana, è data dalla energia della singola particella divisa la sua massa, Vext è il potenziale del campo esterno, mentre Vself è il potenziale di auto-interazione corrispondente ad una carica totale unitaria che soddisfa l’equazione ldi Poisson

∆ Vself = - 4 π n

Il parametro ξ= N q2/m esprime la intensità della interazione ed è indipendente da N perché Q=Nq dove Q è la carica totale che è mantenuta costante al pari del rapporto carica massa q/m.

Riferendoci al caso di cariche che i muovono in un piano ciò che esprime il formalismo matematico si può sintetizzare come segue: in una cella di area σ e centrata nel punto r al tempo t si trovano n particelle che hanno una certa distribuzione di velocità v data da f(r,v,t) mentre la densità spaziale, data dall’integrale di f rispetto a v, è uguale a ρ(r,t)=n/σ N-1. Se il campo esterno è lineare, attrattivo e centrale si raggiunge uno stato di equilibrio dinamico che corrisponde ad una distribuzione spaziale uniforme in un cerchio ed a una distribuzione in velocità anch’essa uniforme. Poiché il potenziale di una distribuzione di carica uniforme in un disco è quadratico, la energia della singola particella è quella di un oscillatore in cui la costante elastica è indebolita dalla repulsione coulombiana

p2 r2 r2

H = + ω02 - ξ

2 2 2R2

Il raggio R di equilibrio dipende dalla forza di richiamo elastica ω02 , dalla intensità di

carica ξ e dalla energia. Se ω è la frequenza dell’oscillatore dove ω2= ω02-ξ/R2 la

energia vale E=ω2R2/2 si trova che R=(2E+ξ)1/2/ω0 dove l’energia misura la temperatura

del sistema secondo il principio di equipartizione che dà E=2ω kB T. Quindi come è del tutto intuitivo il raggio di equilibrio decresce con intensità della forza di richiamo mentre aumenta con la intensità della repulsione e con la temperatura, vedi figura 6

Figura 6 Cariche deboli in equilibrio a sinistra, cariche forti a destra

Per un sistema di automi si possono costruire modelli simili a quello fisico sopra descritto Introducendo una percezione come quella data dal cono visivo ed anche un repertorio che nel caso più semplice è costituito da due specie ciascuna dotata da una propria carica sociale. Anche in questo caso si possono ottenere diverse situazioni di equilibrio statico e dinamico. Gli equilibri statici (caratterizzati da energia o temperatura nulle) presentano spesso simmetrie analoghe a quelle di un sistema di particelle cariche che formano strutture regolari note come cristalli colombiani. In particolare gli equilibri sono molto diversi a seconda del segno delle cariche sociali. Nel caso di due popolazioni, come mostra la figura 7, si possono presentare diverse configurazioni. Se i diversi si attraggono

e i simili si respingono si ha una distribuzione uniforme mentre se i simili si attraggono ed i diversi si respingono si formano dei clusters.

Figura 7 In 1 si mostra l’equilibrio con repulsione tra simili ���� . In 2 si mostra

l’equilibrio nel caso di attrazione tra diversi, � e repulsione tra simili. In 3

si mostra il caso di attrazione tra i rossi � , repulsione tra i verdi ����

repulsionie tra diversi. Infine i n 4 si mostra il caso di attrazione tra simili � � e repulsione tra diversi �

1 2

3 4

4 Il modello MOBILIS per la mobilità

Lo sviluppo MOBILIS è iniziato con l’intento di costruire un modello fisico matematico che descrivesse una città o un’area metropolitana come sistema complesso. Questa descrizione si basa su tre elementi: la spazio urbano con le sue reti di viabilità e le aree ove si svolgono le diverse attività, il tempo scandito dai ritmi della città, i flussi di informazione che la percorrono raggiungendo cittadini e city users ed essendone da questi riverberati. Abbiamo già detto che in un sistema complesso possiamo individuare, ad una data scala, le unità elementari, che in questo caso sono le persone che vivono, operano o semplicemente attraversano la città, muovendosi a piedi, con un proprio mezzo o usufruendo del pubblico trasporto. Ai fini di una analisi della mobilità l’automa, che rappresenta un individuo, può avere diversi stati, che per semplificare limiteremo a quelli di pedone, di conducente della propria auto, di passeggero di un autobus o altro mezzo pubblico con la possibilità di transitare da uno stato all’altro qualora ovvi requisiti siano soddisfatti. Altro elemento caratterizzante è la presenza di un repertorio sociologico, cui vanno ascritti comportamenti assai diversi a seconda dell’età, del sesso della professione e di altri elementi che lo configurano. Anche i cronotopi, ossia le aree ove si concentrano le principali attività urbane, possono essere variamente classificate, ma ci asterremo dal farlo sia perché ciò non rientra nella nostra sfera di competenza, sia perché il modello ha come requisito primario quello di tener conto solo degli elementi essenziali, evitando le articolazioni troppo dettagliate che lo renderebbero difficilmente gestibile. Modelli micro dinamici di mobilità capaci di tenere conti dei più minuti dettagli sono stati sviluppati da società di ingegneria, ma sono di norma usati per analisi locali e su tempi brevi. Il nostro scopo era quello di sviluppare modelli molto agili capaci di fornire una descrizione della mobilità su una intera area metropolitana nell’arco di una giornata con tempi di elaborazione dell’ordine dei minuti ed in casi semplici anche risposte di natura analitica Le caratteristiche salienti del modello sono specificate dalle dinamiche fisica e cognitiva che vi abbiamo inserito e che qui riassumiamo La dinamica fisica dipende dallo stato di mobilità dell’automa. Il pedone ha la percezione entro un raggio visivo e la scelta di percorsi che evitano ostacoli e collisioni per raggiungere una meta. L’autista vede chi lo precede e si regola su di esso allineando la sua velocità e mantenendo un distanza di sicurezza. La dinamica cognitiva dipende dalla tipologia sociale di appartenenza che determina le agende e le mete. Le decisioni nel seguire un percorso che conduce alla meta sono prese prevalentemente su base probabilistica anche se in taluni casi si è fatto uso di reti neurali; la transizione tra i vari stati di mobilità si basa su decisioni che seguono le stesse modalità. Il primo modello sviluppato ha riguardato un reticolo regolare di tipo Manhattan per laMobilità pedonale cui è sovrapposto un altro reticolo a maglia più larga per il trasporto pubblico con le stazioni agli incroci [6,7], vedi figura 8.

Figura 8 Reticolo di strade (blu) e linee di bus (rosso)

Erano previsti tre stati, quello di pedone, di utente e di attesa in una stazione, dove avveniva la transizione con probabilità assegnata. Il movimento sulle due reti era quindi una sorta di passeggiata aleatoria che può essere descritta da una densità di probabilità che soddisfa una equazione di tipo diffusivo o di Fokker-Planck nel limite del continuo in cui si manda a zero la dimensione della maglia del reticolo. L’evoluzione nel tempo delle varie popolazioni soddisfa ad una equazione di campo medio la cui soluzione è in ottimo accordo con le simulazioni come mostra la figura dove si vede come si raggiunga un equilibrio dopo un transitorio e come il numero dei persone in attesa decresca con la frequenza del trasporto pubblico, vedi figura 9.

Figura 9 Confronto tra simulazione (rombi) e teoria (linee)

Il modello di mobilità a due stati pedone-utente è stato applicato su reti urbane reali quali Rimini, sulla quale si mostra in figura 10 mostra una traiettoria ottenuta dalla simulazione e la densità che aumenta nell’intorno dei cronotopi. In questo caso si sono osservate alcune criticità in aree dove queste sono realmente osservate [8].

Figura 10 Mappa del centro di Rimini con una traiettoria

Una successiva evoluzione del modello MOBILIS ha riguardato la mobilità veicolare che è stata introdotta sviluppando un modello microdinamico per gli archi e gli incroci che vengono poi raccordati in modo da poter descrivere una rete qualsiasi. Le basi fisiche

sono molto semplici e riguardano l’allineamento con la velocità di chi precede ed il mantenimento di una distanza di sicurezza, anche se modelli più elaborati sono stati proposti da altri [9,10]. Assegnando luna agenda a ciascun veicolo ed i flussi in ingresso il modello consente di seguire le singole traiettorie e di calcolare densità e flussi ad ogni instanti in tutta l’area considerata. Il caso di studio scelto è stata l’area litoranea di Senigallia dove si è sviluppato un lavoro sistematico in collaborazione con i servizi tecnici del Comune [11,12,13], che ha mostrato come il modello fosse in grado di riprodurre le criticità più rilevanti. Ogni modello fornisce una descrizione semplificata della realtà, ma può essere migliorato se si dispone di dati con cui stabilire un confronto. I dati statici o quasi statici sono relativamente facili da acquisire e consentono la costruzione delle relative mappe; questo vale ad esempio per i residenti, i posti di lavoro, i parcheggi e molti altri parametriurbanistici. Quando però si tratta di densità e di flussi pedonali o veicolari che sono fortemente e rapidamente variabili nel tempo la situazione è completamente diversa. E’ possibile effettuare conteggi manuali o con dispositivi automatici come le spire semaforiche, i radar, le telecamere per i i veicoli, ma la copertura è molto limitata e non risulta di norma possibile seguire una singola traiettoria. Le tecnologie di telerilevamento e di comunicazione tramite telefonia cellulare aprono nuove possibilitài. Ad esempio si può monitorare la variazione delle densità di pedoni in un centro storico sulla base del numero di comunicazioni attivate nelle diverse cellule oppure seguire la traiettoria di veicoli muniti di un sistema di posizionamento geo-referenziato (GPS).

Figura 11 Densità di veicoli ottenute dai dati GPS a Bologna (sinistra), Senigallia (destra)

Per il traffico veicolare i sistemi di telerilevamento tramite GPS consentono una rilevazione accurata e frequente dei dati di posizione e velocità anche su campioni statistici significativi. Recentemente la ditta OCTO Telematics ha istallato, per conto di compagnie assicurative, sistemi GPS su circa il 2% del parco macchine circolante in Italia. I dati di posizione e velocità vengono registrati ogni 2 chilometri percorsi e periodicamente un pacchetto di dati viene trasmesso via SMS ad una centrale di raccolta Questi dati sono stati analizzati dal Prof. Sandro Rambaldi in alcune città ed utilizzati per ricostruire le traiettorie tramite un riposizionamento sulla rete stradale, che corregge gli errori del GPS, e l’utilizzo di algoritmi di percorso ottimale. Il risultato è assai soddisfacente come mostra la figura 11 dove sono riportate, usando una scala cromatica per la velocità, le densità di veicoli circolanti su tutta la rete urbana. A sinistra sono riportati i dati su

Bologna, dove si evidenzia l’anello dei viali di circonvallazione, e la tangenziale in verde. A destra sono riportati i dati su Senigallia dove l’autostrada è in blu, la statale ed una sua parallela sono in giallo mentre le due direttrici verso l’interno, perpendicolari all’autostrada, sono in verde. In entrambi i casi il centro storico quasi non compare essendo zona a traffico limitato (ZTL).Da questi dati è possibile ricostruire una mappa delle soste e, dopo avere quadrettato l’area con una maglia abbastanza fine, ricostruire anche le probabilità di passaggio da una maglia ad un’altra ossia le matrici origine-destinazione. E’ possibile porre una soglia sulla densità di veicoli e determinare la porzione della rete su cui si si svolge la quasi totalità del traffico come mostra la figura 12 riferita alla rete di Senigallia

Figura 12 Mappa delle soste a Senigallia (sinistra), strade con il 97% del flusso totale (destra)

La visualizzazione in tempo reale delle mappe per la densità di veicoli e dei flussi è già disponibile sulla rete autostradale come servizio della ditta OCTO. In un contesto urbano tuttavia il campione statistico è ancora insufficiente per un monitoraggio accurato, che richiederebbe un campionamento su ameno il 10% del parco circolante. A questo si può in parte supplire con una monitoraggio da terra tramite radar e/o telecamere i cui dati vengano raccolti ed elaborati in tempo reale sulle principali direttrici. Una alternativa sarebbe la istallazione, su un numero elevato di veicoli in una data area, di schede dotate di GPS e di comunicazione WI-FI, per scambiare i dati tra i veicoli e scaricarli attraverso la rete urbana sul server di un centro servizi per la mobilità. Un progetto mirato a creare tale centro servizi, capace di raccogliere, elaborare i dati relativi ai flussi sulla rete viaria, e di soddisfare in modo flessibile le richieste di mobilità è stato proposto per l’area di Senigallia dalla ditta Pluservice e dal Centro Galvani della Università di Bologna. Questo centro si farebbe carico della istallazione e gestione dei dispositivi di rilevamento, della visualizzazione in tempo reale dei dati raccolti rendendola disponibile sul web, dello sviluppo di modelli di previsione a breve termine. Accanto a questa attività il centro raccoglierebbe le richieste di mobilità in ambito urbano ed extraurbano nei comuni limitrofi fornendo soluzioni rapide e flessibili sulla base di esperienze già sviluppate nell’ambito della infomobilità. Questo progetto costituirebbe un caso esemplare di collaborazione tra una azienda, con esperienza maturata su tutto il territorio nazionale in servizi per il pubblico trasporto su gomma ed un gruppo di ricerca come quello di Bologna che ha sviluppato una riconosciuta attività di ricerca sulla mobilità basata sulla analisi dei dati e lo sviluppo di agili modelli micro dinamici, che adeguatamente validati, potrebbero fornire indicazioni utili per mitigare situazioni di criticità ad agevolare gli interventi di assistenza e di pubblico servizio.

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