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missioni Missione è… Incontro personale che salva Prezzo di copertina € 2,20 - aprile 2013 - Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, C/RM/68/2012 Il volto giovane del carisma oblato 25° dell’MGC dossier Intervista a p. D’Amore sul Movimento Giovanile Costruire attualità Continua la riflessione a partire dall’Anno delle fede fatti Mons. Lorotheli e il 125° dell’evangelizzazione in Lesotho MISSIONI OMI RIVISTA MENSILE DI ATTUALITÀ MISSIONARIA n. 04 APRILE 2013

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Il volto giovane del carisma Oblato

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Il volto giovanedel carisma oblato

25° dell’MGC

dossierIntervista a p. D’Amoresul Movimento Giovanile Costruire

attualitàContinua la riflessionea partire dall’Anno delle fede

fattiMons. Lorotheli e il 125° dell’evangelizzazionein Lesotho

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rivistamensiledi attualità missionaria

n. 04 aprile 2013

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sommarioDio, ipotesi possibile 06di Luigi Mariano Guzzo

Controtramonto 10di Thomas Harris

Notizie in diretta 22 dal mondo oblatoa cura di Elio Filardo OMI

Mgc news 25

Viaggiando con padre Pepe 30di Michele Palumbo

Lesotho, una chiesa vivace 34di Joaquín Martínez Vega OMI

Lettere al direttore 02

Storia di storie 13

Lettere dai missionari 37

Qui Uruguay, Qui Senegal 39

DOSSIER

14UNA FOTO

PERPENSARE

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attualità

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fatti

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MISSIONI OMIRivista mensile di attualitàAnno 20 n.4 aprile 2013

La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250

EditorEProvincia d’Italia dei MissionariOblati di Maria ImmacolataVia Egiziaca a Pizzofalcone, 3080132 Napoli

rEdazionEVia dei Prefetti, 3400186 Romatel. 06 6880 3436fax 06 6880 [email protected]

dirEttorE rEsponsabilEPasquale Castrilli

rEdazionESalvo D’Orto, Elio Filardo,Gianluca Rizzaro, Adriano Titone

CollaboratoriNino Bucca, Claudio Carleo, Fabio Ciardi, Gennaro Cicchese, Angelica Ciccone, Luigi Mariano Guzzo, Thomas Harris,Sergio Natoli, Luca Polello, Claudia Sarubbo, Giovanni Varuni

progEtto grafiCoE rEalizzazionEElisabetta Delfini

stampaTipolitografia AbilgraphRoma

fotografiESi ringrazia Olycomwww.olycom.it

UffiCio abbonamEntiVia dei Prefetti, 34 - 00186 Romatel. 06 6880 3436 - fax 06 6880 [email protected]

Italia (annuale) 17 euroEstero (via aerea) 37 euroDi amicizia 35 euroSostenitore 65 euro

Da versare su cc p n. 777003 Home Banking: IBAN IT49D0760103200000000777003 intestato a:Missioni OMI - Rivistadei Missionari OMIvia Tuscolana, 73 - 00044 Frascati (Roma) Finito di stamparemarzo 2013Reg. trib. Roma n° 564/93Associata USPI e FESMI

www.missioniomi.itwww.facebook.com/missioniomi

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di Pasquale [email protected]

dossier

Il Movimento Giovanile Costruire festeggia il venticinquesimo. Ne parliamo con p. Antonio D’Amore OMI, assistente nazionale

MGCUn sogno lungo

venticinque anni

Un punto d’arri-vo significativo. Quali messaggi sono contenuti in questo anni-versario?Il venticinque-

simo dell’MGC è un traguardo im-portante! L’occasione offre numerosi spunti di riflessione. Anzitutto ci ri-badisce che il Movimento Costruire è un’opera di Dio. In contesti come i nostri, e per le realtà ecclesiali come l’MGC, è infatti difficile arrivare a questa meta quando si tratta di re-altà solamente umane. Questi ven-ticinque anni ci dicono che dietro e “sotto” il Movimento c’è una volontà di Dio e un progetto preciso, che sia-mo chiamati a leggere e a scoprire, scrutando la storia e il passato sen-

za scadere in un’autocelebrazione, ma per guardare al futuro. Venticin-que anni sono poi l’età in cui, con-venzionalmente, si diventa adulti. E questo, credo, è un ulteriore messag-gio: siamo un movimento missiona-rio maturo, chiamati a prendere in mano responsabilmente le realtà che la Chiesa, la società odierna, il cari-sma oblato, ci affidano. C’è poi una forte domanda di identità; non per-ché abbiamo dimenticato chi siamo, ma per capirlo maggiormente. Infi-ne, questo anniversario ci restituisce la dimensione più tipica dell’essere “movimento”: una forza dinamica, con una struttura necessaria, che viene dalla vita, portata avanti da Oblati, laici e giovani che in questi anni hanno saputo traghettare il Mo-vimento nelle sue varie fasi evitando

In questo mese di aprile è in programma un incontro nazionale del Movimento Giovanile Costruire per celebrare il venticinquesimo anniversario. L’incontro si svolgerà ad Ariccia (Roma) dal 26 al 28 aprile e vedrà la parteciperanno di giovani dai 18 anni in su, di

Oblati, consacrate e laici, provenienti da tutta Italia. In una lettera di aggiornamento, p. Antonio D’Amore e la Segreteria Nazionale del Movimento hanno descritto lo scopo di questo incontro: “Metterci davanti alla nostra storia con lo sguardo al futuro e capire, come Movimento, dove Dio ci vuole condurre. Si vuole che sia un’occasione in cui delle persone raccontino la propria esperienza - continua la comunicazione - in modo da guardare indietro per scoprire la nostra identità e ci forniscano così gli strumenti per guardare meglio al futuro e a come possiamo essere incisivi nelle realtà che ci circonda”. Durante l’incontro sarà allestita anche una sorta di galleria storica, “un percorso attraverso il materiale di questi venticinque anni, a mo’ di ‘museo’ (gadget, maglie storiche, musicassette, cartoline, adesivi, testi originali, ecc…)”. Ad ogni persona che lo percorrerà, verrà consegnato un frammento del logo MGC che sarà poi ricostruito come un mosaico.

venticinquesimoAd Ariccia si celebra il

ROSATO. La gioiadi impegnarsiper il Signore

Spontaneamente riaffiorano alla memoria volti incontrati, sensazioni provate e storie vissute. Lavorare per e con il Movimento Giovanile Costruire ha accompagnato i primi anni del mio ministero sacerdotale e riconosco di esserne debitore per la mia crescita umana e spirituale. Ringrazio tutti gli assistenti con i quali più a stretto contatto ho lavorato, ma soprattutto i giovani con i quali ho condiviso l’esperienza della formazione e della missione. Con gratitudine ed affetto volentieri faccio gli auguri al Movimento Costruire per questi primi venticinque anni di vita e chiedo al Signore che coloro che oggi ne fanno parte sperimentino la gioia di chi si compromette per Lui.

P. Gennaro Rosato OMIvicario provinciale della Provincia

Mediterranea OMI

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una foto per pensare

ApparenzaOltre i confini del reale,in uno specchio che ignora la storia,si cela

il confronto col limite,la mancanza del coraggio di abituarsi a se stessi.Ed un sorriso proietta sul volto un'esile traccia di sé.

foto Alessandro Milella, [email protected] Claudia Sarubbo, [email protected]

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Il volto giovanedel carisma oblato

25° dell’MGC

dossierIntervista a p. D’Amoresul Movimento Giovanile Costruire

attualitàContinua la riflessionea partire dall’Anno delle fede

fattiMons. Lorotheli e il 125° dell’evangelizzazionein Lesotho

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rivistamensiledi attualità missionaria

n. 04 aprile 2013

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Il venticinquesimo del Movimen-to Giovanile Costruire (MGC), che cade in questo 2013, riempie lo

sguardo di gratitudine e speranza. L’an-niversario del movimento di giovani nato in seno ai Missionari Oblati di Ma-ria Immacolata in Italia, racchiude in sé messaggi e contenuti ai quali dedichia-mo un ampio servizio su questo numero.Nel 1988, quando l’MGC muove-va i primi passi, c’era stata una buona convergenza tra le forze oblate in Ita-lia. Tutti sentivano questo movimento come un “figlio” che nasceva. Nel cor-so degli anni, numerosi sono stati i con-gressi, i viaggi missionari, le scuole di formazione, i campi estivi. Come anche nutrite sono state le vocazioni sia alla vita oblata, da religiosi, sacerdoti, laici sposati, sia in altre famiglie religiose.Alla conclusione dei lavori del Concilio Vaticano II, i padri conciliari si rivolse-ro ai giovani del mondo con queste pa-role: “la Chiesa vi guarda con fiducia e con amore. Essa possiede ciò che fa la forza o la bellezza dei giovani: la capa-cità di rallegrarsi per ciò che comincia, di darsi senza ritorno, di rinnovarsi e di ripartire per nuove conquiste”. Po-tremmo rileggere la vita del movimen-to proprio attraverso questi elementi: l’entusiasmo, la festa e la gioia auten-tica, tratti tipicamente giovanili, che si

sono respirati nei congressi, nella parte-cipazione alle Giornate mondiali della gioventù e in tante altre occasioni. La generosità del donarsi senza riserve o calcoli, con l’offerta di tempo ed ener-gie per i progetti e le iniziative realizza-te, è stata presente in tanti. Come anche l’apertura verso nuovi lidi di evange-lizzazione, scaturita dalla comunione vissuta tra giovani e consacrati. Questo rapporto tra i ragazzi del Movimento Costruire e i Missionari Oblati di Maria Immacolata è stato fonte di idee, pro-getti e fecondità apostolica.In venticinque anni di vita il Movimen-to giovanile Costruire ha rappresentato una piattaforma di apostolato missiona-rio comune e condivisa, ampia e inin-terrotta. Lo ricordò in varie circostanze p. Wilhelm Steckling, allora superiore generale dei Missionari OMI, dicen-do che gli Oblati in Italia hanno fatto spesso da apripista nella congregazione per quanto riguarda l’impegno verso il mondo dei giovani e per la loro parteci-pazione al carisma demazenodiano.Auguri sinceri a tutti i giovani del-l’MGC, ai missionari oblati, alle consa-crate e ai laici adulti, impegnati, oggi e ieri, in questa significativa espressione del carisma oblato.Il vento soffia decisamente a favore dei giovani! n

Grazie ragazzi!di Pasquale Castrilli OMI

[email protected]

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lettereal direttore

Coerenza e umiltàCome giovane cattolica apostolica romana, ho accolto con docilità la decisione di papa Benedetto XVI. Ho avuto l’opportunità di accogliere personalmente le sue parole, sia nella sua visita qui in Brasile, come a Madrid e vedo che ancora oggi risuonano nel mio cuore, nei miei atteggiamenti e nella mia vita le parole pronunciate non solo a Pacaembu o nell’autodromo di Quatro Vientos a Madrid, ma anche le sue lettere apostoliche, le catechesi, ecc.Testimoniando ancora una volta coerenza e umiltà ci educa ad un atteggiamento da veri cristiani insegnandoci a conoscere gli interessi di Dio e difenderli sopra ogni cosa. E stato la necessaria transizione tra papa Giovanni Paolo II e il futuro della Chiesa aiutandoci a riaffermare ciò in cui crediamo.

Núbia NascimentoS. Paolo, Brasile

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Un gesto modernoSono legato a Benedetto XVI, sono cresciuto nella fede sotto il suo pontificato. Questa è diventata matura negli ultimi otto anni e in quest’arco di tempo ho capito la mia vocazione cristiana. Il suo richiamo ad una fede coerente per contrastare il relativismo imperante è diventato, per me, motivo di seria riflessione. La chiarezza nello spiegare i contenuti della fede è stata strumento di crescita personale. In questo stato d’animo triste, si è accesa una scintilla. Un guizzo improvviso mi ha fatto capire la reale portata di questo evento. Mi sono chiesto “Cosa significano per me le dimissioni (che brutta parola) di Benedetto XVI?”. Mi piace credere che questo sia un gesto moderno. Di fronte a tutti quelli che lo hanno sempre etichettato come “tradizionalista”, di fronte al mondo intero ha detto che non ce la fa più. Ha mostrato al mondo la sua debolezza. Il papa è un uomo non un supereroe e come dice S. Paolo “quando sono debole è allora che sono forte” (2 Cor 12,9-10). Benedetto XVI ha avuto, la forza, l’umiltà e la grazia di riconoscere i propri limiti. Ci ha indicato una nuova via. Perché reputo questo

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un gesto moderno? Perché un papa ci ha mostrato che per guidare la Chiesa c’è bisogno di vigoria che in una persona anziana non sempre è presente. Ho capito che questo non è stato un abbandono. Sono sicuro che lo Spirito Santo ha per noi tante ricche sorprese. Lui ha molta più fantasia di noi e Benedetto XVI con la sua semplicità e con la preghiera ha saputo cogliere i segni dello Spirito e ha indicato alla Chiesa cattolica una via diversa.

Giovani VaruniRoma

Preti e avvocati… che c’azzecca?Sono stato sempre allergico alla professione degli avvocati e mai, mi pare, sono stato in un’aula di tribunale, e raramente in studi legali! Circa un anno fa mi è stato proposto da due sorelle di tentare una conciliazione tra loro e un fratello che aveva intentato causa a loro e alla mamma per questioni ereditarie. Ho suggerito anzitutto di pregare e di far celebrare delle messe in merito, ma anche di dare un modesto aiuto, in forma anonima, a lui, in quel momento in difficoltà economiche. Entrambe le cose sono state fatte. Mi ci sono voluti mesi per aiutare lui a tirar fuori

Un intervento per parlare dei bresciani entrati nell’istituto dei Missionari Oblati di Maria Immacolata per il servizio della missione.E se provassimo a considerare la generosità della diocesi di Brescia che si è espressa nel dono delle persone che si sono votate alla missione ad gentes di cui la diocesi si sente fiera? Credo che avremmo il potere di fare uscire dal silenzio la voce di quanti hanno annunciato la Parola di salvezza al mondo intero. Essendo anch’io uno di questi, bresciano di nascita e di formazione attraverso il seminario diocesano fino a 22 anni, Missionario Oblato di Maria Immacolata da 55 anni con 45 anni di missione all’estero, vorrei evocare quanti hanno seguito l’appello del Signore per servirlo nei fratelli.

Dei sedici oblati bresciani, sette vengono dal seminario diocesano tra il 1945 e il 1959, nove dalle parrocchie della diocesi tra il 1945 e il 1985. I “reclutati” dal seminario sono frutto dell’animazione vocazionale di p. Gaetano Liuzzo OMI, secondo le direttive delle Pontificie Opere Missionarie verso la fine della seconda guerra mondiale, quando i seminaristi che desideravano consacrarsi alle missioni, non avevano altra scelta che l’istituto missionario. Quelli che vengono dalle parrocchie della diocesi sono il frutto di un’animazione vocazionale legata alla missione parrocchiale.Il primo gruppo, cresciuto e formato in seminario, riconosce come pionieri i due di Rezzato: Pietro Bignami nel 1945 e Virgilio Bonatti nel 1948, che hanno praticamente vissuto la loro vita in missione presso gli Indiani del Manitoba in Canada: Bonatti deceduto nel 2006 dopo 50 anni di servizio missionario,

Per recuPerare il senso del donouna carrellata sui Missionari oblati di Maria immacolatadi origine brescianadi Enzo Abbatinali OMI

Sotto, da sinistra, p. Enzo Abbatinali OMI e fr. Silvio Bertolini OMI

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il discorso della lite legale con le sorelle e la mamma e fargli capire che non era una cosa bella quella che aveva fatto e che mi sembrava andasse contro il quarto comandamento, tanto più che si onorava di essere praticante. Una volta, recitando il rosario, mi parve di capire che la Madonna mi dicesse: “La grazia arriverà attraverso tua sorella nata morta che, come sai (lo dice chiaramente Charles De Foucauld), è una santa!”Incontro lui insieme

alle sorelle e parlo della riconciliazione cristiana, presentando il quarto comandamento che recita: “Onora il padre e la madre!”. Onora, la stessa parola che ritorna nel consenso matrimoniale nel rito delle nozze cristiane! Racconto anche di grandi liti familiari ricomposte bonariamente. La mamma, ultraottantenne, e tra tutti la più mortificata, dividerà del denaro suo in parti uguali a tutti e tre. Lui si accontenta di meno della metà chiesto per legge. Rimane solo da formalizzare il tutto con gli avvocati e alla mia presenza. Qualche mese dopo vengo convocato da tre avvocati: uno a difesa della mamma, uno a difesa delle figlie e uno a difesa del figlio, e da questi ultimi tre. Gli avvocati mi dicono esplicitamente e umilmente che, dove loro avevano fallito, io ero

riuscito! Ho risposto che c’era riuscito “Quello che sta lassù”, Dio, non avendo io nessuna dimestichezza, anzi, provando una certa allergia nei confronti degli studi legali e delle aule giudiziarie. Mi sono sentito orgoglioso di essere prete e missionario, a servizio di un Dio capace di operare così bene in uno studio legale anche attraverso uno strumento così inadeguato! Poi, letti gli accordi, sono stati firmati dai presenti e siamo andati a festeggiare. Infine il fratello e le sorelle, sempre accompagnati da me, sono andati a casa della mamma, perché firmasse anche lei quel documento… con una penna regalata

dal superiore generale del nostro Istituto missionario qualche settimana prima. E abbiamo rifesteggiato! Cosa può essere una causa che si conclude bene di fronte alle forse centinaia che, solo su Cosenza, magari prendono un’altra piega? Mi pare un segno! E mi viene in mente una meditazione di Chiara Lubich, con cui invita a far tornare di moda Dio riportandolo nelle piazze, nelle strade, nei bar … negli studi legali e nelle aule giudiziarie. Una mia nipote che lavora in uno studio legale, letta la mia esperienza mi risponde: “Caro zio, sono veramente contenta e felice della lieta conclusione della vicenda. Certo tu sei un prete, ma non hai mai capito che in fondo sei anche conciliatore, sì, sei proprio un conciliatore, con la “C” maiuscola; conciliatore fra uomini e soprattutto conciliatore fra Dio e gli uomini. Grazie per tutto quello che fai. Un abbraccio”.Mi si sono aperti allora gli occhi dell’anima e mi è apparso chiaro, anzi luminoso, che la funzione dell’unico mediatore e conciliatore, Gesù, viene partecipata in forma diversa a sacerdoti e… avvocati. Insomma ora mi sento più “collega” degli avvocati di quanto avrei potuto immaginare!

P. Giovanni Fustaino OMICosenza

lettereal direttore Onora il padre

e la madre!

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Bignami deceduto nel 2010 dopo 55 anni di missione.Nel 1953 li segue p. Piero Maria Bonometti di Gussago, deceduto nel 2010 dopo 17 anni di servizio al Laos in Indocina e 34 anni a Balikpapan in Indonesia. Nel 1954 lo segue p. Walter Verzeletti di Bornato, deceduto in ottobre 2010, dopo 15 anni di missione in Laos, sei anni come Superiore della Provincia d’Italia e in seguito come animatore di esercizi spirituali e nelle missioni parrocchiali.Nel 1955 lasciano il seminario per la formazione missionaria tra gli Oblati Enzo Abbatinali di Pievedizio, in Senegal da 35 anni dopo nove anni in Laos, e Angelo Albini di Pontoglio che ha lavorato 15 anni in Laos e un decina in Indonesia. Infine è il turno di Palmiro Delalio di S. Paolo,

che entra tra gli Oblati nel 1959. Dopo l’ordinazione parte per il Laos. In Italia dal 1973, si è dato alle missioni parrocchiali, sopratutto nel bresciano, aprendo le sedi di Cologne, Adro e infine Passirano. Esperto animatore di pellegrinaggi in Terra Santa e a Lourdes, da alcuni anni fa parte della comunità oblata a Lourdes. Il decano degli oblati bresciani, venuti dalle parrocchie della diocesi è p. Fortunato Muffolini di Marcheno, classe 1931, che ha reso servizio nella formazione, nella predicazione delle missioni parrocchiali, con una lunga esperienza come cappellano nel supercarcere di Aosta. Seguono i padri: Antonio Bocchi di Comezzano, missionario al Laos per nove anni e da 35 anni in Indonesia, Mario Lombardi di Montirone con dieci anni di servizio missionario in Laos, mentre in patria ha lavorato nella pastorale parrocchiale, Beppino Cò di Capriano del Colle, missionario in Laos per cinque anni e per 25 anni in Senegal. Seguono i fratelli Archiati di Capriano, la cui famiglia si è

trasferita poi a Leno: Piero, con alcuni anni di insegnamento in Sud Africa e Paolo, attualmente vicario generale della Congregazione OMI, dopo essere stato impegnato nella formazione e nell’insegnamento e aver collaborato con i confratelli del Congo alla fondazione del teologato Eugène de Mazenod a Kinshasa.P. Roberto Gallina di Bornato ha esercitato il ministero missionario nella savana del Senegal e nella foresta della Guinea Bissau per vent’anni. P. Alfredo Feretti di Castegnato, attualmente animatore di un centro di preparazione al matrimonio a Roma, ha servito a Lourdes al centro di accoglienza dei giovani e all’animazione liturgica. E’ all’origine della casa di spiritualità dei giovani europei a Loreto, voluta da Giovanni Paolo II. P. Giuseppe Scalvini di Castelletto di Leno, valido animatore di missioni parrocchiali.Credo che l’ultimo della serie sia fratello Silvio Bertolini di Cizzago, che verso la fine della formazione teologica ha espresso il desiderio di servire la missione come fratello coadiutore. Abile restauratore, esperto in informatica, serve la missione in Senegal da vent’anni come economo per la comunità oblata e testimone del Vangelo presso i giovani.

Missioni OMI è presente in rete con un profilo

Facebook (www.facebook.com/missioniomi) che segnala notizie dal mondo oblato e rilancia articoli e reportage della rivista cartacea.

In senso antiorario, p. Alfredo Feretti OMI, p. Fortunato Muffolini OMI e p. Palmiro Delalio OMI

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di Luigi Mariano [email protected]

attualità

Eclissi di Dio e nuova evangelizzazione. Il metodo scientifico fa i conti con il trascendente

Dio, ipotesipossibile

nella scienza e nella storia umana

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“L’umanità ha momentanea-mente perduto il suo Dio”. Teilhard De Chardin così

tenta di descrivere la grande chimera del tempo moderno: l’eclissi di Dio. Un’e-spressione - quest’ultima - che sta ad indicare “il tormentato rapporto della mo-dernità euroatlantica con Dio” (Scola) . La nuova evangelizzazione non può che fare i conti con questo mondo dentro il quale sembra non esserci più posto per un fon-damento trascendente. È il risultato del-la secolarizzazione che ha espugnato da ogni campo razionale l’idea di Dio. Per-ché pare che di Dio non ce ne sia proprio bisogno. Ed allora parlarne (e soprattutto, crederci) che senso ha?Se Nietzsche è arrivato al punto estre-mo del nichilismo - per il quale nulla ha fondamento - postulando in maniera netta la “morte di Dio”; se Auschwitz, Hiroshima e Nagasaki rappresenta-no i luoghi in cui il silenzio di Dio è stato maledettamente assordante… allora davvero Dio perde qualsivoglia diritto di cittadinanza nella nostra era. E quindi un’evangelizzazione del ter-zo millennio che non sciolga alla base questo nodo e non ridia a Dio la sua di-

gnità è destinata a fallire in un secolo - il nostro - in cui aumentano i sape-ri della scienza e le applicazioni della tecnica sull’uomo e sul cosmo.È vero - si potrebbe obiettare - che ri-spetto a Dio più che di conoscenza empirica si debba parlare di esperien-za. Meglio: di un’esperienza d’amore di per sé impossibile da cristallizzare negli angusti schemi dialettici di una argomentazione filosofica o tra le tesi di una dimostrazione scientifica. In ef-fetti pensare che la scienza possa arri-vare alla dimostrazione dell’esistenza di Dio - e di conseguenza ritenere che Dio non esiste finché non ne viene di-mostrata l’esistenza - è un grave errore. L’idea di Dio, che è l’essere completo per eccellenza, trascende finanche la stessa idea di scienza. “Dio, se fosse la Scienza a scoprirlo, non potrebbe es-sere che fatto di Scienza e basta. E se fosse la matematica ad arrivare al Te-orema di Dio, il Creatore del Mondo non potrebbe che essere fatto di Logi-ca Matematica e basta. In nessun caso Dio resterebbe quello che deve essere: Dio. E cioè tutto” (Zichichi). Ma se non è possibile provare scientifica-

Príbor, 6 maggio 1856Londra, 23 settembre 1939Neurologo e psicoanalista austriaco,

fondatore della psicoanalisi, una delle principali correnti della moderna psicologia. Ha elaborato una teoria scientifica e filosofica, secondo la quale l’inconscio esercita influssi determinanti sul comportamento e sul pensiero umano, e sulle interazioni tra individui. Di formazione medica, tentò, pur con difficoltà, di stabilire correlazioni tra la sua visione

dell’inconscio e delle sue componenti, con le strutture fisiche del cervello e del corpo umano: queste speculazioni hanno trovato parziale conferma nella moderna neurologia e psichiatria. In

un primo momento si dedicò allo studio dell’ipnosi e dei suoi effetti nella cura di pazienti psicolabili, influenzato dagli studi di Josef Breuer sull’isteria. Sue anche le intuizioni che formano il nucleo della psicoanalisi: il metodo di indagine mediante l’analisi di associazioni libere, lapsus (da cui appunto il lapsus freudiano), atti involontari, atti mancati e l’interpretazione dei sogni, e concetti come la pulsione, le componenti dell’inconscio e della coscienza.Le idee di Freud e le sue teorie - viste con diffidenza negli ambienti della Vienna del XIX secolo - sono ancora oggi al centro di accesi dibattiti e discussioni, non solo in ambito medico - scientifico, ma anche accademico, letterario, filosofico e culturale in genere. La psicoanalisi in quanto teoria della mente e dell’inconscio è ancora abbastanza accettata mentre molti ne hanno messo però in discussione l’efficacia terapeutica.

FreudSigmund

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mente Dio, non per questo è giustifica-to cancellarlo da qualsivoglia discorso razionale. Andiamo con ordine …

Quel Dio non necessarioIl padre della rivoluzione scientifica viene considerato generalmente Ga-lilei. Ed è immediatamente uno stra-volgimento di metodo. Con le prime osservazioni del cielo attraverso il can-nocchiale nasce quella fisica moderna che prende le distanze dal sapere teo-logico. La metodologia che si pone in essere è di tipo sperimentale e quindi “un fenomeno si dirà compreso scien-tificamente nella misura in cui si potrà ricondurlo a un gioco di cause ed ef-fetti tra realtà esperibili, esprimendolo

tramite equazioni matematiche” (Mo-randini). Con il perfezionamento della teoria gravitazionale di Newton, poi, il processo di secolarizzazione scientifi-ca appare ormai inarrestabile, anche se nella spiegazione della stabilità del co-smo l’idea di Dio è ancora necessaria. Ma sarà de Laplace, un secolo dopo, ad elaborare una cosmologia nella quale l’ipotesi di Dio non è più necessaria. Maxwell, poi, con lo studio del campo elettromagnetico riesce a sintetizzare in maniera mirabile i fenomeni della luce, dell’elettricità e del magnetismo. E nel Novecento la teoria della rela-tività di Einstein spiega i movimenti del cosmo in maniera del tutto nuova senza ormai alcun ricorso a Dio. Nel

contempo anche le scienze della vita, in particolare la biologia, superano le visioni creazioniste per appoggiarsi con Darwin ad una lettura in termini evolutivi fatta di necessità, adattamen-to, caso. E, a livello di psicologia, con Freud, Dio diventa semplicemente una sorta di proiezione della mente umana.In sintesi nell’era della scienza moder-na i fenomeni fisici e naturali vengono analizzati sotto una lente meccanici-stica di causa ed effetto: ad ogni causa, in poche parole, corrisponde un effet-to; e viceversa. In tale contesto non c’è quindi più spazio per l’idea di Dio che diventa non necessaria nell’alveo di re-lazioni causali caratterizzati dal prin-cipio di determinismo.

Orcines, 1º maggio 1881New York, 10 aprile 1955

Gesuita, filosofo e paleontologo francese.Se fu conosciuto in vita soprattutto come scienziato evoluzionista, ebbe notorietà come teologo soltanto dopo la pubblicazione postuma dei suoi principali scritti, tra i quali spiccano Il fenomeno umano (considerato il suo principale lavoro), L’energia umana,

L’apparizione dell’uomo e L’avvenire dell’uomo che parimenti descrivono le sue convinzioni teologiche e scientifiche.In qualità di paleoantropologo fu anche presente alla scoperta dell’Uomo di Pechino. La scoperta del Teilhard teologo avvenne successivamente; Gianfranco Vigorelli in un suo libro del 1963 lo definisce “il gesuita proibito”.

Ulma, 14 marzo 1879 Princeton, 18 aprile 1955

Fisico e filosofo della scienza tedesco naturalizzato svizzero, divenuto in seguito cittadino statunitense.La sua grandezza consiste nell’aver mutato per sempre il

EinsteinAlbert

PierreTeilhard de Chardin

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attualità

Un discorso possibile Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento aleggia un proverbiale otti-mismo. Si è convinti di riuscire a breve a spiegare in maniera dettagliata l’uo-mo, il mondo ed il cosmo. Non sarà così. È evidente come anco-ra oggi la scienza sia lontana da que-sto obbiettivo. A livello cosmologico buona parte dell’universo (da noi co-nosciuto!) è classificato come “mate-ria oscura” ed “energia oscura” e di cui noi, per l’appunto, non ne conosciamo le proprietà. La fisica di Newton e la teoria di Einstein sono ormai superate dai risvolti della meccanica quantisti-ca che, contraddistinta com’è dal prin-cipio di indeterminismo, scardina il paradigma causa-effetto. Ci sono poi le nuove frontiere delle neuroscienze che complicano ancor di più la comprensione dell’interazione tra mente e realtà circostante. E pure a

livello di mappatura del genoma uma-no, la nostra sintesi biologica è ancora tutta da scoprire. Così come sono da scoprire i fattori scatenanti l’evoluzio-ne dell’universo, del mondo e dell’uo-mo. Basti pensare al gran parlare che si fa riguardo al Bosone di Higs (comu-nemente conosciuto come la “particel-la di Dio”). Insomma tra l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande ci sono zone grigie in cui il metodo scientifico non riesce ad entrare o a dare risposte. Ed è proprio in queste “terre franche” che assume valore e dignità l’idea di Dio.Dio diventa così un’ipotesi possibile nel campo delle scienze moderne. En-tra quindi nella storia dell’uomo l’idea che un fondamento trascendente è ipo-tizzabile in quei fenomeni che non ri-spondono alle leggi del determinismo scientifico. Ritenere Dio un’ipotesi possibile nell’ambito della scienza moderna (e quindi nella storia dell’uomo) non si-gnifica certamente consideralo alla stregua di una “possibilità umana tra le altre” (Taylor) bensì avere coscien-za che la sua esistenza può trovare fondamento razionale, a prescindere da una esperienza di fede. È, a nostro avviso, questo un importante elemen-to da non sottovalutare nel dialogo tra

credenti e non credenti e quindi nel-le frontiere che si dispiegano per una nuova evangelizzazione che sappia parlare con strumenti adeguati all’uo-mo di oggi.Che Dio quindi agisca direttamen-te nel mondo è una “possibilità” alla quale guardare con attenzione senza cadere nelle tentazioni di facili fon-damentalismi. C’è ancora posto per un discorso razionale su Dio che gli dia un diritto di cittadinanza nelle vi-cende dell’uomo. In un agire - quello di Dio - che, conforme alla sua natu-ra è il più “discreto possibile”. E che va oltre lo stesso problema del male. Perché Dio va pensato pure nel “suo adattarsi alla finitezza degli esse-ri attraverso i quali si dispiega... Una forza debole, che neppure impedisce alle creature quelle risposte dissonan-ti che così spesso generano ciò che chiamiamo male” (Morandini).E se Dio quindi esistesse realmente? La possibilità razionale di un’esistenza di Dio lungi - a nostro modo di vedere - dallo svalutare la realtà trascendente, la rafforza. Un’esistenza che, una volta ammessa come razionalmente possi-bile, può essere seriamente comprova-ta da un’esperienza d’amore forte e di fede: l’incontro con Gesù di Nazareth. E davvero cambia la vita! n

A fianco, l’ingresso del campo di concentramento di Auschwitz, l’eplozione delle bomba atomica di Hiroshima e uno degli effetti immediati dell’esplosione atomica a Nagasaki

modello di interpretazione del mondo fisico.Nel 1905, ricordato come “annus mirabilis”, pubblicò tre articoli a contenuto fortemente innovativo, riguardanti tre

aree differenti della fisica:• dimostrò la validità della teoria dell’effetto fotoelettrico dei metalli;• fornì una valutazione quantitativa del moto browniano e l’ipotesi di aleatorietà dello stesso;• espose la teoria della relatività ristretta, che

precede di circa un decennio quella della relatività generale.Nel 1921 ricevette il Premio Nobel per la fisica “per i contributi alla fisica teorica, in particolare per la scoperta della legge dell’effetto fotoelettrico”, e la sua fama dilagò in tutto il mondo soprattutto per la teoria della relatività. Oltre a essere uno dei più celebri fisici della storia della scienza, fu molto attivo in diversi altri ambiti, dalla filosofia alla politica, e per il suo complesso apporto alla cultura in generale è considerato uno dei più importanti studiosi e pensatori del XX secolo.La sua immagine rimane a tutt’oggi una delle più conosciute del pianeta, facendone largo uso anche il mondo della pubblicità: si è giunti infatti, inevitabilmente, alla registrazione del marchio “Albert Einstein”.

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testo e foto di Thomas Harriswww.thomasharris.it

attualità

Ho sempre amato godermi il tramonto al mare passeggiando sul bagnasciuga, respirare l’odore del mare trasportato dal lieve maestrale, nella tranquillità di una giornata che sta per terminare. Il tramonto è un’emozione da vivere, ringraziando Dio di poter godere di uno spettacolo di colori e sfumature che ha del sovrannaturale. Proprio per questo motivo mi sono armato di reflex e umiltà cercando di trasmettere momenti legati al tramonto

Controtr amonto

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Controtr amonto

Winding. Una vela solitaria di un windsurf e il sole che sta per fare capolino. Corro per non perdere l’occasione, forse unica, per fare la fotografia che ho in mente: questa fotogra-fia. Arrivo nei pressi del surfista ed entro in acqua. Studio la traiettoria che la vela continua a percorrere per sfruttare il vento e mi muovo lentamente per cercare l’inquadratura. A pelo d’acqua scatto.

Walking. Il cielo è meraviglioso, sembra pennellato da Van Gogh. È come un sipario. Camminando noto tre persone nell’acqua, ognuna assorta in sé stessa, una corre felice, due cam-minano chine pensando a chissà cosa. Rifletto su quanto le persone possono essere distanti, seppur vicine. Penso a quanti pensieri “affidiamo” al mare: gioie, dolori, preoccupazioni, felicità.

Building. Una “metropoli” di castel-li di sabbia! L’architetto è un bambino di 8-9 anni che continua a scavare nella sabbia per crearne di nuovi o perfeziona-re quelli già costruiti. Neanche mi nota tanto è coinvolto in quello che sta facen-do. Mi domando cosa gli starà passando per la testa e sono felice di rispondermi da solo “niente, Si sta semplicemente di-vertendo… con poco!”

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attualità

Praying. Un ragazzo seduto a gambe incrociate su un asciugama-no, le mani giunte, gli occhi chiusi. Non capisco le parole ma sta pregan-do. Senza perdere la concentrazione, il suo sguardo fisso sull’orizzonte sfiora il mio per un istante. Penso di scattare una fotografia da vicino, ma ci ripenso, mi sembrerebbe irrispet-toso e di sciupare un momento di in-timità. Mi allontano in silenzio.

n

Fishing. I pescatori notturni pren-dono posizione sulla spiaggia ed iniziano a montare le canne e a tirar fuori l’attrezzatura necessaria per passare la nottata in riva al mare. Li guardo preparare le lenze con le mani sapienti e osservando gli sguardi che si scambiano prima di lanciare, come di sfida... Mi allontano e aspetto il momento del lancio per scattare la fotografia.

Cycling. Mentre osservo spari-re il sole, sento delle voci adulte che chiamano e un bambino rispondere. Pochi istanti dopo mi passa davanti, sul bagnasciuga, in sella alla sua bici-cletta. Nessuno va in bici sulla sabbia bagnata. Passa lui e sparisce il sole. Mi lascio il mare alle spalle e torno a casa con un cuore leggero, ma ricco di colori ed emozione.

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Nella storia dei Missionari Oblati di Maria Imma-colata in Canada, il sacrificio della vita di alcuni missionari fra gli amerindiani e gli inuit è stato

il seme di numerose conversioni.La città di Montreal accolse i primi Oblati il 2 dicem-bre del 1841. In soli quindici anni raggiunsero le pianure dell’Ovest, il fiume Mackenzie e il circolo polare. Nulla poteva fermarli: cavalcavano i puro-sangue delle praterie, affrontavano rapide perico-lose, cacciavano il bisonte e il caribù, pescavano il salmerino sotto il ghiaccio, imparavano i dialetti degli autoctoni. Centinaia di padri e fratelli oblati, venuti prima dalla Francia poi dal Québec, consa-crarono la vita all’annuncio di Gesù Cristo, a costo di rinunce eroiche. Nel 1864 p. Henri Grollier, giunto a Good Hope, nel circolo polare, poteva dire in punto di morte: “Muoio contento, o Gesù, ora che ho visto il tuo stendardo innalzato sino alle estremità della terra”.In particolare, la missione fra gli eschimesi o gli inuit è costata la vita ai padri Guillaume Le Roux e Jean-Bapti-ste Rouvière, ambedue selvaggiamente massacrati nel 1912 nei pressi di Coppermine.P. Frapsauce, nato in Francia il 5 luglio 1875, e giun-to sulle rive del Mackenzie nel 1899, stimò una gra-zia poter succedere ai due martiri. Cinque anni dopo la loro morte si stabilì sulle rive del Grande Lago dell’Orso, dove visse da solo, procurandosi il necessario per vivere con la caccia e la pesca. Ver-so la fine di ottobre del 1920 il missionario preparò la slitta con i cani per recarsi alla Baia Dease, la più ricca di pesci. Sfortunatamente il ghiaccio, ancora poco consistente, cedette all’improvviso, trascinando

in fondo all’acqua il missionario, i cani, la slitta e tutti i bagagli. Nonostante

le intense ricerche, il suo corpo non fu ritrovato. L’anno successivo un tale Joseph Trucho, facendo un giro di perlustrazione delle sue trappole, notò alcuni pezzi di stoffa nera che avrebbero po-tuto essere i resti della tonaca di p. Frapsauce. Passò un al-tro anno prima che arrivasse p. Fallaize, che si recò sul luo-

go indicato dall’amerindiano, scavò nella neve accumulata dal

vento e scoprì effettivamente il corpo del confratello spaventosa-

mente dilaniato dalle bestie.Pressappoco nello stesso momento,

ma a qualche migliaio di chilometri sulle rive della Baia di Hudson, p.

Turquetil aveva la gioia di bat-tezzare i primi convertiti di Chesterfield Inlet, membri di quattro famiglie inuit. P. Fal-laize, da parte sua, battezzava anche lui tre adulti e due bam-bini di questo popolo sino a quel momento ostile alla fede cattolica.

“Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita

per i propri amici” (Gv 15, 13). n

storia di storie

L’amorepiù grandedi André Dorval OMI - tradotto e adattato da Nino Bucca OMI

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di Pasquale [email protected]

dossier

MGCUn sogno lungo

venticinque anni

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Il Movimento Giovanile Costruire festeggia il venticinquesimo. Ne parliamo con p. Antonio D’Amore OMI, assistente nazionale

Un punto d’arri-vo significativo. Quali messaggi sono contenuti in questo anni-versario?Il venticinque-

simo dell’MGC è un traguardo im-portante! L’occasione offre numerosi spunti di riflessione. Anzitutto ci ri-badisce che il Movimento Costruire è un’opera di Dio. In contesti come i nostri, e per le realtà ecclesiali come l’MGC, è infatti difficile arrivare a questa meta quando si tratta di re-altà solamente umane. Questi ven-ticinque anni ci dicono che dietro e “sotto” il Movimento c’è una volontà di Dio e un progetto preciso, che sia-mo chiamati a leggere e a scoprire, scrutando la storia e il passato sen-

za scadere in un’autocelebrazione, ma per guardare al futuro. Venticin-que anni sono poi l’età in cui, con-venzionalmente, si diventa adulti. E questo, credo, è un ulteriore messag-gio: siamo un movimento missiona-rio maturo, chiamati a prendere in mano responsabilmente le realtà che la Chiesa, la società odierna, il cari-sma oblato, ci affidano. C’è poi una forte domanda di identità; non per-ché abbiamo dimenticato chi siamo, ma per capirlo maggiormente. Infi-ne, questo anniversario ci restituisce la dimensione più tipica dell’essere “movimento”: una forza dinamica, con una struttura necessaria, che viene dalla vita, portata avanti da Oblati, laici e giovani che in questi anni hanno saputo traghettare il Mo-vimento nelle sue varie fasi evitando

In questo mese di aprile è in programma un incontro nazionale del Movimento Giovanile Costruire per celebrare il venticinquesimo anniversario. L’incontro si svolgerà ad Ariccia (Roma) dal 26 al 28 aprile e vedrà la parteciperanno di giovani dai 18 anni in su, di

Oblati, consacrate e laici, provenienti da tutta Italia. In una lettera di aggiornamento, p. Antonio D’Amore e la Segreteria Nazionale del Movimento hanno descritto lo scopo di questo incontro: “Metterci davanti alla nostra storia con lo sguardo al futuro e capire, come Movimento, dove Dio ci vuole condurre. Si vuole che sia un’occasione in cui delle persone raccontino la propria esperienza - continua la comunicazione - in modo da guardare indietro per scoprire la nostra identità e ci forniscano così gli strumenti per guardare meglio al futuro e a come possiamo essere incisivi nelle realtà che ci circonda”. Durante l’incontro sarà allestita anche una sorta di galleria storica, “un percorso attraverso il materiale di questi venticinque anni, a mo’ di ‘museo’ (gadget, maglie storiche, musicassette, cartoline, adesivi, testi originali, ecc…)”. Ad ogni persona che lo percorrerà, verrà consegnato un frammento del logo MGC che sarà poi ricostruito come un mosaico.

venticinquesimoAd Ariccia si celebra il

ROSATO. La gioiadi impegnarsiper il Signore

Spontaneamente riaffiorano alla memoria volti incontrati, sensazioni provate e storie vissute. Lavorare per e con il Movimento Giovanile Costruire ha accompagnato i primi anni del mio ministero sacerdotale e riconosco di esserne debitore per la mia crescita umana e spirituale. Ringrazio tutti gli assistenti con i quali più a stretto contatto ho lavorato, ma soprattutto i giovani con i quali ho condiviso l’esperienza della formazione e della missione. Con gratitudine ed affetto volentieri faccio gli auguri al Movimento Costruire per questi primi venticinque anni di vita e chiedo al Signore che coloro che oggi ne fanno parte sperimentino la gioia di chi si compromette per Lui.

P. Gennaro Rosato OMIvicario provinciale della Provincia

Mediterranea OMI

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di cadere nella tentazione di rivendi-care una paternità, una proprietà, un copyright personale.

Quale ti sembra lo stato di salute del Movimento oggi?Credo che lo stato di salute dell’MGC sia abbastanza buono. Ci siamo mes-

si alle spalle quella che potremmo considerare la “crisi adolescenzia-le” del Movimento, vissuta qualche anno fa, quando vedevamo che i nu-meri grossi degli inizi calavano, e che tanti gruppi “storici” sparivano. Fu un momento di smarrimento, ma al tempo stesso un passaggio fonda-

di Angelica [email protected]

«Sono già 25 anni... incredibile!».È la frase che ho sentito ripetere più volte conversando con i protagonisti di questa storia. Già, incredibile! Soprattutto per la consapevolezza di quanto un progetto nato dal desiderio di comunione e dalla passione di molti uomini, sia stato portato avanti da Dio. Giusto un quarto di secolo fa nasceva il Movimento Giovanile Costruire, ma è bene ricordare che è stato il punto di arrivo di un cammino lungo, che ha

la sua radice nella passione di Eugenio de Mazenod per i giovani. Il fondatore di Missionari OMI ha avuto i giovani come destinatari privilegiati della sua missione già dal 1813. Possiamo dire che i ragazzi dell’Associazione della Gioventù Cristiana, fondata da Eugenio ad Aix en Provence, sono i nostri “padri”: giovani con il desiderio di vivere il Vangelo, di testimoniarlo ai propri coetanei e di lavorare per diventare santi.Giovani e carisma oblato è un binomio indissolubile: in due secoli di storia oblata

Una comUnità per la missione

LOUGEN. Speranza, gioia, spiritodi famiglia, ardore missionario

Benedizioni per i membri del Movimento Giovanile Costruire nel venticinquesimo della sua fondazione! Quest’anno giubilare è un tempo per rendere grazie per quanto avete ricevuto da Dio, per apprezzare il cammino fatto e per reimpegnare voi stessi a vivere i valori della fede cristiana, la vita di famiglia e il servizio agli altri. Desidero inviarvi i migliori auguri per quanto siete diventati come discepoli di Gesù che vivono il Vangelo oggi, e per tutto il lavoro missionario ispirato al carisma oblato che avete intrapreso! I contatti che ho avuto il privilegio di avere nel corso degli ultimi due anni come

superiore generale, con i membri dell’ MGC sono stati pieni di speranza, gioia, spirito di famiglia e ardore missionario. Grazie perché testimoniate il dinamismo del Vangelo nello spirito missionario di S. Eugenio de Mazenod! Siete nella mia preghiera, mentre celebrate questa ricorrenza, perché possiate continuare a camminare nella costruzione di un mondo nuovo con la visione del Vangelo, guidati dalla nostra Madre amorevole, Maria Immacolata. Ricevete la mia benedizione con grande amore, rispetto e affetto.

p. Louis Lougen OMI superiore generale dei Missionari Oblati di Maria Immacolata

Una forza dinamica, con una struttura

necessaria, che viene dalla vita

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dossier

mentale per arrivare a ciò che siamo. Un movimento con una chiara identi-tà carismatica e missionaria, forma-to da giovani che vogliono puntare con radicalità alla scelta di Dio e alla vita del Vangelo. Ultimamente an-che i numeri - che non sono più un criterio assoluto per dirci lo stato di salute - sono in crescita. Le esperien-ze missionarie in Uruguay, Romania

e Guinea Bissau, le ultime Giornate Mondiali della Gioventù, le Scuole di formazione ed altri appuntamen-ti recenti hanno rinvigorito il Movi-mento che vive una fase nuova. Ci sono zone che si stanno rilanciando, soprattutto verso la fascia dei giova-nissimi: Firenze, Cosenza, Messina. Altre zone che si stanno irrobusten-do sfruttando una stabilità vissuta

Una comUnità per la missionela cura della gioventù ha portato frutti abbondanti, di cui la comunità di Marino (Roma) è una delle espressioni più belle. Dopo l’avvio del Centro giovanile, nel 1967, Marino è diventato il punto di collegamento tra i circa cinquanta gruppi giovanili legati alle comunità oblate italiane, e già nel 1978 si cominciava a parlare di un “movimento” di giovani appartenenti al carisma oblato. Per definire le idee che univano questi giovani fu stilata una magna charta intitolata “Costruire”, una sorta di programma di vita che esprimeva le ‘idee forza’ che li animavano.Negli anni ’80 gli Oblati italiani impegnati nella pastorale giovanile sentivano di mettere in comune quello che

Auguri per questa storia luminosa di Vangelo, a voi, membri di oggi e di ieri, del Movimento Giovanile Costruire da parte di tutti gli Oblati della Provincia Mediterranea, nella quale siete innestati come un tralcio ricco di linfa e di frutti. Avete raccontato in questi anni, con la vostra fede convinta, l’attualità del cristianesimo e avete reso credibile il Vangelo, annunciandolo, nella quotidianità della vostra vita. Vi invito a custodire nella gioia la fede nel Signore Gesù, a condividere la vostra fede cristiana, perché si rafforzi la

vostra comunione fraterna e si manifesti il “vostro modo di stare nel mondo”. Una modalità che altro non è se non quella cristiana, dove l’esistenza è percepita come un dono di Dio da vivere nella logica della comunione fraterna, in un cammino di umanizzazione marcato da relazioni di amicizia, altruismo, comprensione reciproca, solidarietà, riconciliazione, impegno responsabile nel ricercare e realizzare il bene comune. Continuate ad essere di Dio, ad essere fedeli al Vangelo. Ed essere così i giovani della Missione, discepoli di S. Eugenio!

p. Alberto Gnemmi OMIsuperiore provinciale della

Provincia Mediterranea OMI(messaggio integrale su www.omi.it)

GNEMMIFedeli a Gesù per rendere visibile la “civiltà del Vangelo”

Un movimento con una chiara identità

carismatica e missionaria

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consideravano il tesoro più prezioso: i giovani. Così nel 1988 a Lourdes, nel primo incontro nazionale di tutti i gruppi giovanili legati agli Oblati, nasceva il Movimento Giovanile Costruire: dalla passione per la comunione che gli Oblati sperimentavano tra loro e dal desiderio dei giovani di definire la propria identità. Il 1 maggio dell’anno successivo si sono incontrati, per la prima volta a Marino, i rappresentanti di tutti i gruppi. È in quell’occasione che l’MGC viene definito più chiaramente, con un testo che sarebbe diventato la magna charta del Movimento: «Ma che cos’è questo MGC? Siamo noi: non una

associazione, non una struttura ma una forza viva che, radicata in Cristo, propone il suo ideale a tutti, specialmente ai giovani. Ci unisce la passione per Dio e per l’uomo e la scelta dei più poveri, dei nuovi poveri del nostro tempo. I nostri obiettivi: diventare persone autentiche, cristiani e santi; collocarci al proprio posto nella Chiesa, essere missionari là dove viviamo; lavorare per i popoli in via di sviluppo».Il Congresso di Lourdes nel 1990 e quello di Roccaraso ’92 sancivano definitivamente l’identità, gli obiettivi e lo stile del Movimento. Nel 1990 nasceva anche la Segreteria centrale, luogo di

negli anni scorsi, come Roma. Al-tre ancora che si stanno rilanciando, come la Campania.

Quanti gruppi e quanti giovani conta attualmente il Movimento?L’MGC è un movimento. Non essen-do strutturato in associazione, non prevede forme specifiche di adesio-ne, come una tessera o un impegno pubblico. In questi anni abbiamo sempre ripetuto che è MGC “qualsia-

si giovane che vuole vivere il Vange-lo, facendo dell’amore scambievole e della comunione i capisaldi del cam-mino, e che conosce e simpatizza per il carisma oblato e S. Eugenio”. Per dire che l’appartenenza al Movimen-to spesso non ha confini netti. C’è un nucleo di giovani, in tutta Italia, che più consapevolmente abbraccia que-sta vita e cammina nei vari gruppi o comunità, e un alone abbastanza lar-go di giovani in contatto con le varie

Celebrare l’anniversario del venticinquesimo del Movimento Giovanile Costruire è un’occasione per ringraziare il Signore e contemplare quanto Lui ha realizzato nel trascorrere di questo tempo.L’ Istituto delle Cooperatrici Oblate Missionarie dell’Immacolata gioisce con voi, perché è stato presente fin dalla nascita e si è impegnato, attraverso alcuni membri, ad

accompagnarne lo sviluppo.L’augurio che viene dal cuore è che l’MGC possa continuare la sua missione, nella fedeltà

al carisma di S. Eugenio, ricercando nuovi cammini e modalità per giungere ai giovani d’oggi e annunciare il Vangelo nella sua integrità e bellezza, senza paura e senza sconti, perché in questo c’è la risposta a tutte le ansie dell’uomo contemporaneo.

Andreina Gambardella presidente generale Comi

GAMBARDELLAContinuate ad annunciare

Ci uniscela passione

per Dio e per l’uomo e la scelta

dei più poveri

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BISIGNANO. “Nulla di intentato” per amare la nostra epoca

Vi è un’espressione di S. Eugenio che mi ha sempre interpellato: “Non lasciare nulla di intentato”. Era la passione per l’evangelizzazione a dettargliela come stile di vita suo e della famiglia oblata. Nulla di intentato “per insegnare chi è Cristo”. Non si tratta di trasmettere delle nozioni, ma di fare incontrare le persone con il Signore della Vita, come fece Filippo con Natanaele: Lo condusse da Gesù: “Vieni e vedi” (Gv 1, 43-46). Questo è il mio augurio per il venticinquesimo dell’MGC. La società di oggi ha bisogno di uomini e donne, giovani e adulti, dalla fede granitica e dal coraggio creativo, con un cuore grande che abbraccia il mondo. “Amiamo la nostra epoca, per salvarla” ripeteva Giovanni Paolo II. Questo sia l’MGC e diventi motore, via, passione.

P. Santino Bisignano OMI

sintesi della vita di tutti i gruppi ed espressione della comunione a livello nazionale. Nel 1993, inoltre, prendeva definitiva forma lo Statuto dell’MGC, approvato dal superiore provinciale degli Oblati italiani. I primi anni ’90 furono caratterizzati da una spinta verso la missione all’estero. È così che vengono avviate le prime operazioni missionarie e, nel 1992, il primo viaggio missionario in Uruguay, che avrebbe aperto la strada ai successivi realizzati in Senegal, Albania, Romania, fino alla recente Guinea Bissau. Nascevano anche i primi incontri di formazione nazionale, nei quali si andava in profondità nell’identità cristiana ed MGC. Questi incontri, iniziati

dossier

comunità oblate. Per dirla in nume-ri: ci sono circa 200-250 giovani di varie età più strettamente MGC e al-meno altrettanti di un giro più largo. Inoltre, ci sono i giovanissimi. Dif-ficile contarli, ma credo che parlare di 350-400 persone non sia troppo lontano dal vero. Non sono i numeri ciò che deve inorgoglire o abbattere, ma la voglia di andare insieme dietro a Dio.

L’Italia attraversa una difficile fase sociale le cui prime vittime sono proprio i giovani. Come ti sembra-no i giovani italiani di oggi?Il mondo giovanile in Italia, come nel resto del mondo, si presenta fra-stagliato e stratificato. La crisi che stiamo vivendo non è solo economica o sociale, essa ha un riverbero anche nella sfera personale. Tocca valori, aspirazioni, credenze, speranze, so-gni. Vedo due opposti: da una parte, una gran voglia di lottare, di non ar-rendersi, di non rassegnarsi. C’è una gran moltitudine di giovani che ten-ta di dar sfogo a tutto il dinamismo proprio della gioventù. Un segno di speranza dal quale anche noi adulti dovremmo imparare. Il rischio, però,

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nel 1991 come “Scuole animatori” e poi diventati dal 1995 “Scuole di formazione”, hanno percorso con cadenza regolare tutta la storia MGC e sono diventati un passaggio fondamentale per ciascuno verso un’adesione personale e consapevole ad uno stile di radicalità evangelica.Nella seconda metà degli anni ‘90 due tappe importanti per il Movimento si sono avvicendate: nel 1995 la canonizzazione di Eugenio de Mazenod, in occasione della quale l’MGC ha animato la festa nell’aula Paolo VI; nel 1998 il primo anniversario significativo: l’MGC celebra il decennale a Lourdes con il Congresso “Storia di ciò che sarà”.Con qualche esperienza già nel precedente

decennio, è alla fine degli anni ’90 che si sviluppa maggiormente la dimensione di evangelizzazione missionaria dell’MGC. Nel 1999 veniva realizzata la prima “Scuola della missione”, nella quale si formavano i giovani ad attuare l’annuncio esplicito del Vangelo ai loro coetanei. A partire da quegli anni l’MGC ha alimentato il proprio impegno in questo campo, con la diretta partecipazione a decine di missioni giovanili e popolari animate dagli Oblati.Giunti a tempi più recenti, all’inizio del nuovo millennio sono stati due i punti su cui l’MGC ha focalizzato la propria attenzione. Il primo è la dimensione dell’internazionalità. Con le Giornate Mondiali della Gioventù (GMG), soprattutto dal

è che questa voglia di lottare porti a mettere in discussione valori che possono invece essere delle risorse; oppure che il “disgusto” sfoci solo in una critica feroce che porta poi ad un immobilismo. Dall’altra parte vedo tanta gioventù che “tira a campare”, che non riesce a bucare lo spazio dei dieci centimetri dal proprio naso, e che non riesce a “porsi il problema”. Ovviamente, tra questi due eccessi, ci sono tante sfumature intermedie! In ogni caso, credo ci siano numero-si spazi per innestare la proposta di Dio, a patto che si riesca ad intercet-tare i desideri profondi che si celano dietro a certe reazioni o modi di esi-stere.

ROIS. Una luce per Oblati e giovaniNei venticinque anni della sua storia, il Movimento Giovanile Costruire è stato una luce per altri Oblati e giovani che collaborano con Gesù nella sua missione, non solo in Italia, ma anche in altri Paesi del mondo oblato. Celebrare la storia significa impegnarsi in una meravigliosa avventura: quella di lasciare che lo Spirito Santo guidi i nostri passi, per crescere

uniti come famiglia oblata, stringendo i legami della comunione e avventurarci nell’appassionante missione con i giovani alla quale Gesù ci invia. Che S. Eugenio e la nostra madre Maria Immacolata continuino a benedirvi.

P. Chicho Rois OMI, consigliere generale OMI

Caro MGC, è bello vederti cresciuto nello splendore dei tuoi 25 anni.Mi ricordo di te, quando nascesti, con un volto bello e sorridente: un volto per costruire, che aspirava fin dall’inizio a una vita vera, in una giostra di luce. Capisti presto di non essere il gigante dei tuoi sogni, ma un ragazzo come noi, con la voglia di annunciare al mondo, come brezza come fuoco, la bellezza di una

vita cristiana, comunitaria e missionaria. Gioia sei tu per me, ieri come oggi, per questo ti saluto e ti dico ciao, cantando in coro con tutti i giovani che oggi ti seguono e ti amano: MaGiCo MaGiCo MGC sono contento d’essere arrivato qui, MaGiCo MaGiCo MGC, sono proprio felice che tu sia così.

p. Gennaro Cicchese OMIteologo e docente

CICCHESECon i brani di “Come brezza come fuoco”

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2005 in poi, l’MGC ha capito l’importanza di costruire comunione anche con i giovani del resto del mondo che condividono l’appartenenza allo stesso carisma. Il secondo punto è la riscoperta della comunità. Elementi costitutivi del Movimento, le realtà della ‘comunità’ e della ‘comunione’ hanno avuto un impulso con la nascita dell’Assemblea annuale, incontro tra giovani, assistenti laici e Oblati. Sull’importanza della comunità si è espressa nel 2008 anche la Segreteria centrale con il testo “La comunità non si improvvisa”, ripreso nel 2009 dal messaggio elaborato dopo il Congresso di Pacognano, nel quale si riaffermano i punti fermi del Movimento: passione per Dio, per l’uomo, per i poveri, per la missione e per la comunità.

dossier

Per il venticinquesimo anniversario della nascita del Movimento Giovanile Costruire sento di ringraziare Maria, l’Immacolata, che ha aperto questa via per tanti di noi Oblati e sopratutto per tanti giovani. Auguro a tutti, anche a quelli che hanno solo sentito parlare

del Movimento Giovanile Costruire, di sentire palpitare forte il carisma di S. Eugenio vivo, oggi più che mai, nella Chiesa e di avere un cuore come quello di Eugenio capace di amare il mondo intero. Di cuore aggiungo un grazie grande a tutti quelli hanno creduto a questa esperienza di vita che ora continua a crescere bella e incisiva nel mondo e nella Chiesa.

p. Saverio Zampa OMIAix en Provence

ZAMPAUn cuore come quellodi S. Eugenio

Cosa diresti ai giovani del Movi-mento Costruire in occasione del venticinquesimo?Che fanno parte di una grande sto-ria. Che sono frutto di chi questa storia l’ha fatta prima di loro, e che al tempo stesso sono responsabili di ciò che verrà dopo di loro. Ma, so-prattutto, di vivere in pieno il loro tempo, che è questo. E che sappiano cogliere la ricchezza che Dio mette loro tra le mani.Una domanda che faccio spesso ai giovani dell’MGC è: “Fai un cam-mino impegnativo, che ti prende tempo e risorse; ma, guardando a ciò che sei, prova a pensare a come sarebbe la tua vita senza questo

porre la vita di Dio ai loro coetanei. Nel testo che i ragazzi hanno scritto durante l’ultima Scuola di formazio-ne si legge una frase bella. Quando i giovani incontrano la vita MGC, la sentono come una vita vera, auten-tica.“Facendola nostra, ce ne scopriamo immediatamente costruttori, qua-si non avessimo nemmeno il tempo di essere spettatori passivi. Il passo successivo è sentire la spinta a por-tare all’esterno questa vita, come missionari giovani per i giovani”.Se il Movimento Giovanile Costru-ire saprà essere tutto ciò, questo venticinquesimo non sarà l’ultimo anniversario che festeggeremo! n

cammino. Tirando le somme… Ne vale la pena, no?”. E vedo sempre facce convinte. Infine, li inviterei a sviluppare sempre più la dimensio-ne missionaria, che ci spinge a pro-

Li invitereia sviluppare sempre più

la dimensionemissionaria

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Dal 12 al 20 gennaio

2013 al Centro pastorale del Santuario Notre Dame

de Pontmain, p. Alfonso Bartolotta

OMI ha esposto 28 foto inedite sulla luce interna della basilica. Il titolo della mostra è stato “Ouvertures…”. Nel corso delle diverse visite a questo santuario (www.sanctuaire-pontmain.com) affidato agli Oblati p. Alfonso ha avuto modo di constatare che “è impossibile seguire tutti i giochi di luce che mettono

in evidenza le colonne e le arcate. La diffusione della luce e le tonalità dei colori cospargono l’interno ed il cuore di tutto il santuario variopinto. La molteplicità dei colori e l’intensità della luce aprono alla relazione tra l’umano ed il divino, l’umanità e la trascendenza. Sono affascinato - ha detto p. Alfonso - dal contrasto, dall’opposizione della luminosità del chiaro e dell’oscuro, l’uno fa risaltare la specificità e l’unicità dell’altro”.

Notizie in diretta dal mondo oblato

news

OuverturesFranciamessaggi

e notizie dalle missionia cura di Elio Filardo [email protected]

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La missione di Santa Clotilde, sul fiume Napo, nel vicariato di San

José del Amazonas si estende verso nord a 450 km dai confini con l’Equador

e a sud tocca la città di Iquitos.P. Roberto Carrasco e p. Edgar Nolazco sono

responsabili della parrocchia e della pastorale per gli indigeni. Il Centro sanitario S. Clotilde, fondato da p. Maurice Schroeder e attualmente diretto da un norbertino, p. McCarthy O., da circa trent’anni serve un centinaio di villaggi sparsi lungo il fiume.Questa vasta regione, considerata come “il

polmone della terra”, è l’ambiente vitale per migliaia di piccoli villaggi e comunità. Purtroppo oggi la gente deve far fronte alle sempre più numerose concessioni per lo sfruttamento del gas e del petrolio accordate dal governo: il 41% dell’Amazzonia peruviana è coperto da 52 concessioni. Nel 2003 era cinque volte di più rispetto alla superficie destinata a queste attività.La presenza della missione e del Centro sanitario, offrono uno spazio dove le comunità di indigeni e coloni possono riunirsi

per parlare delle sfide e delle opportunità attuali. La missione ed il Centro fanno parte della rete globale, un fattore indispensabile per proteggere i diritti umani, per salvaguardare l’ambiente e per promuovere uno sviluppo durevole ed appropriato.

(fonte: omiworld.org)

Scendono per la prima volta sotto le quattromila unità i Missionari

Oblati di Maria Immacolata. Al 25 gennaio 2013 erano esattamente 3990 così ripartiti: 856 in Africa, 471 in America latina, 763 in Asia-Oceania, 802 nell’America del Nord, 1060 in Europa.Le presenze più numerose per ciascun continente sono la Polonia in Europa

con 334 Oblati, il Congo in Africacon 160 Oblati, Haiti in America Latina con 139 Oblati, Sri Lanka in Asia-Oceania con 217 Oblati e il Canadacon 458 Oblati. La Congregazione conta anche un cardinale e 42 vescovi.I continenti che conta il maggior numero di seminaristi sono l’Africae l’Asia. Nell’anno 2012 sono deceduti in totale 103 Oblati.

Una presenzaoblata a Rio Napo

Perù

TATISTICHE OBLATE

rio napo

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Sri Lanka Funerali di p. Tissa

Balasuriya OMIAutorità della società civile, persone impegnate nel dialogo interreligioso e monaci buddisti il 19 gennaio hanno preso parte ai funerali di p. Tissa Balasuriya OMI.

Mons. Norbert Andradi, Oblato di Maria Immacolata e vescovo di Anuradhapura, insieme ad altri sacerdoti cattolici ha celebrato il rito delle esequie nella Fatima Church di Borella di Colombo. P. Tissa, teologo impegnato nel dialogo interreligioso è morto il 17 gennaio all’età di 89 anni dopo una lunga malattia. Negli anni ’90 era stato richiamato più volte dalla Congregazione per la Dottrina della fede a rivedere alcune idee contenute nel libro “Maria e la liberazione umana” pubblicato nel 1990. La scomunica da parte della Chiesa notificata a p. Tissa nel 1997, gli è stata revocata l’anno successivo dopo la firma di una dichiarazione di fede.

(fonte: asianews)

news

Senegal Gli Oblati a scuola di comunicazioneLa sessione di formazione della delegazione oblata di Senegal e Guinea-Bissau, tenutasi a Dakar-Mermoz dal 22 al 25 gennaio, è stata dedicata alla comunicazione. Avendo come punto di partenza il “Cristo comunicatore”, con particolare riferimento all’episodio evangelico dei discepoli di Emmaus, si è analizzato il rapporto tra Chiesa e media, con una panoramica sui nuovi media sociali, per giungere all’elaborazione di un vero e proprio piano di comunicazione in vista di un evento concreto. L’incontro è stato animato da tre formatori del CREC, il Centro per la

Ricerca e l’Educazione alla Comunicazione, fondato a Lione nel 1971 da p. Pierre Babin OMI. Charles Ayetan, giornalista togolese, Jean-Baptiste Malengé, missionario oblato

congolese e Yvan Paradisi, responsabile del dipartimento Solidarietà delle Pontificie Opere Missionarie di Francia, hanno guidato i partecipanti alla scoperta del complesso mondo della

comunicazione, alternando momenti di lezione frontale ad altri di coinvolgimento pieno dei partecipanti, i quali hanno contribuito alla discussione con attività interattive ed incontri di gruppo. Alla sessione erano presenti oltre trenta Missionari Oblati di Maria Immacolata provenienti da diverse parti del Senegal e dai due avamposti della missione oblata in Guinea Bissau. L’incontro si è concluso con la messa del 25 gennaio, anniversario della fondazione della congregazione, presieduta dal superiore della delegazione oblata di Senegal e Guinea Bissau, p. Bruno Favero OMI.

(Gianluca Rizzaro)

40° del COMIDue appuntamenti per celebrare il 40° anniversario dell’Organismo COMI (Cooperazione per il mondo in via di sviluppo). Il 16 febbraio si è celebrata una messa di ringrazia-mento al Battistero della basilica di S. Giovanni in Laterano a Roma. Il 20 aprile è invece in programma una giornata commemorativa, sem-pre a Roma. Sul sito www.comiong.it si sottolinea che “l’anniversario si pone come un’occasione prezio-sa per  riporre al centro dell’atten-zione dei soci, degli amici, dei donatori, dei volontari in Italia e di quelli all’estero il senso dell’esisten-za e dell’operato dell’organismo”. Sul sito si possono trovare anche delle riflessioni quotidiane che preparano all’anniversario.

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Dal 25 al 27 febbraio si è svolta a Vermicino (Frascati, Rm), presso la Casa provincializia dei Missionari OMI, l’Assemblea del Movimento Giovanile Costruire. Ogni anno l’Assemblea è il luogo

per condividere la vita delle zone e per lo scambio di idee sulle attività nazionali. Vi prendono parte, non solo i rappresentanti della segreteria e gli assistenti, ma anche alcuni ‘perni’ delle zone.In particolare quest’anno, in occasione della ricorrenza del venticinquesimo anniversario della

nascita dell’MGC , l’Assemblea ha dedicato il suo spazio formativo a riscoprire questi anni di storia. Il contributo di p. Alfredo Feretti OMI, assistente del movimento dei primi tempi, sugli aspetti del carisma di S. Eugenio e sui valori “non negoziabili”, ha dato un forte spunto alla riflessione. Sono seguite le esperienze di Annamaria Piepoli, che ci ha raccontato cosa significava vivere nel Movimento venticinque anni fa, Graziella Falbo OMMI e Attilio Granato, che hanno realizzato la loro formazione bell’MGC e trovato il “proprio posto nel mondo e nella Chiesa”.Importante è stato il lavoro tecnico di questa assemblea che ha dato il via ai preparativi per l’incontro nazionale di aprile in occasione dei venticinque anni del Movimento. Non sono stati secondari i momenti informali per conoscersi e fare comunione delle proprie

esperienze. La serata di sabato è stata dedicata a una visita a Marino per ricordare il legame che esiste tra il Centro giovanile e il Movimento Costruire.Per la prima volta hanno partecipato all’assemblea p. David Muñoz OMI che, insieme a p. Tino Migliaccio OMI, segue la realtà giovanile a Madrid ed alcuni rappresentanti dell’Oasi Cana, associazione di Palermo legata al carisma oblato, che pur non avendo la struttura dell’MGC ne condivide la vita e lo stile.L’ Assemblea è stata un’occasione di incontro e di scambio, in cui la vita delle varie zone si è arricchita del “respiro nazionale” e si sono rafforzati i rapporti personali e la consapevolezza di ciascuno. È stata un’opportunità per molti di entrare a far parte di questo “motore”, di scoprirne i meccanismi e di dare il proprio contributo.

Enza Oliva, Francesca Canturi

mgc news

Percorrere la storiaAssemblea annuale mgc

Il fuocoBello il fuoco, vero? Tutti noi lo desideriamo, ma non tutti siamo disposti ad accenderlo! Gesù, infatti, ci dice che il combustibile per quel fuoco siamo noi stessi. Quel fuoco sei tu: se lo vuoi devi accenderti. Bruciare, vivere il Vangelo! E la vita si trasforma in lucee in calore e… si consuma.Bello il fuoco, vero? Ti scalda e t’illumina.Ma quella luce dice solo la verità e ti istruisce, dicendo: “così sì, così no!”Anche i rapporti più stretti cambiano attorno a quel fuoco e dicono un altro modo di essere figli, padri, madri, fidanzati, amici.Bello il fuoco, vero? Se lo accendi ci vedrai,se lo accendi cambierai.Guardiamo come questo fuoco arde tra noi, in Italia, nelle comunità MGC e nei nostri cuori.

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Sono state numerose e variegate le esperienze vissute dall’MGC fiorentino negli ultimi tempi. Da un lato la

programmazione della missione a Monsummano Terme (Pt), dall’altra la partecipazione alle tre-giorni di Marino e Vermicino, e l’ormai rodato “campeggione invernale”.Daniele racconta di come ha vissuto questo campo che si è svolta a Pergo (Ar) e ha visto la partecipazione di giovanissimi da otto diverse parrocchie, fra cui S. Mauro a Signa, la new entry di quest’anno: “Hanno partecipato ben 85 giovanissimi, fra cui Roberto, unico rappresentante della parrocchia di S. Mauro! Quest’anno abbiamo deciso di sviluppare i temi partendo dai programmi del Digitale Terrestre. Il programma scelto è stato Paint your Life (dipingi la tua vita), mentre la gioia è stato il principale contenuto trattato. Attraverso alcune dinamiche abbiamo spiegato ai giovanissimi che la gioia appartiene a ognuno di noi, anche quando siamo tristi e nel dolore. La gioia vera ci aiuta a dare il giusto valore alle cose e non come la gioia del mondo, che invece ci identifica per come ci vestiamo o per gli oggetti che possediamo. Essa è, quindi, equilibrio e non eccesso! Abbiamo poi spiegato gli eccessi della gioia: lo sballo, il godimento, la spensieratezza, l’euforia e il piacere, facendo capire ai giovanissimi che l’eccesso non porta a nulla di buono! I giovanissimi hanno vissuto questa esperienza con grande partecipazione. Nei gruppi di vita e all’incontro di comunione finale è emerso che la gioia non vuol dire solo essere felici, ma è qualcosa di più profondo”.

Andrea Cuminatto

Paint your lifeFIRENZE

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I ragazzi…Anche quest’anno dal 2 al 5 gennaio, si è svolta a una tre-giorni nazionale a Marino e, sebbene qualcuno partecipasse per la prima volta, alla fine era evidente come l’esperienza romana avesse lasciato il segno, per le tematiche trattate, i video e le attività, ma soprattutto per le esperienze ricevute in dono.«Questi tre giorni li ho vissuti con un po’ di stanchezza - racconta Giovanni - ma nonostante

tutto mi hanno saputo regalare tante emozioni belle e rivoluzionarie. A Marino ho riscoperto la bellezza di vivere nella pienezza e nella gioia di Dio. I temi affrontati erano molto belli e interessanti, in particolare il video del Circo della farfalla, che racconta la vita di un ragazzo senza arti e di come affronta e vince le sue difficoltà. Un altro fatto che porto dentro di me sono le esperienze dei ragazzi che vivono adesso al Centro giovanile, perché dal loro sguardo si poteva

notare che avevano trovato la felicità ed erano sereni con sé stessi”.Stefano aggiunge: «L’esperienza a Marino è stata nuova per me. Una volta entrati nella sede del Centro giovanile ho sentito un’atmosfera meravigliosa, che mi ha coinvolto. Una cosa bella delle tre-giorni è conoscere persone nuove provenienti da altre città e con loro vivere come se ci conoscessimo da tanto tempo. Mi è piaciuto tutto: i video, i giochi, ascoltare le esperienzedei ragazzi del Centro, camminare per le stradedi Roma per raggiungere S. Pietro… Mi piace molto l’MGC, perché mi aiuta a rafforzare il mio rapporto con Dio».

…le ragazzeParallelamente le ragazze vivevano la tre-giorni a Vermicino. È “il dono di essere donna” la perla che Alessia di Roma si porta a casa. «Sono partita per questa tre-giorni con tante paure. Pensavo che, a causa del mio carattere, mi sarei ritrovata da sola. La prima cosa che ho pensato vedendo le ragazze di tanti posti diversi è stata: che forza meravigliosa e incredibile che è la fede! Come è possibile che così tante persone corrano il rischio di mettersi in gioco, di allontanarsi dalle loro famiglie durante le vacanze, di condividere il loro essere, spinte dalla stessa fiamma? C’ero anche io, e anche io la sentivo questa fiamma! La sentivo forte come mai mi succede quando sto a casa. È la magia dell’MGC che non so come, ogni volta ci riesce. Si vedeva che in mezzo a noi c’era Dio. Ogni tema l’ho affrontato come un messaggio da vivere. Il dono di essere donna! Ci è stata fatta apprezzare l’essenza della nostra femminilità che probabilmente non avevo mai percepito a fondo.. Sono anche riuscita, grazie alla testimonianza di Annamaria, a capire come costruire un rapporto, come porre le radici per far sì che cresca in modo solido e verso Dio. L’Amore è il miglior modo di donarsi e, all’interno di una coppia, il modo migliore di farlo è condividere tutto». «Infatti - aggiunge Miriam - non è la coppia al centro di tutto, ma Dio al centro della coppia. Questo tema è per me molto attuale».

TRE-GIORNI NATALIZIE

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una foto per pensare

Apparenza

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ApparenzaOltre i confini del reale,in uno specchio che ignora la storia,si cela

il confronto col limite,la mancanza del coraggio di abituarsi a se stessi.Ed un sorriso proietta sul volto un'esile traccia di sé.

foto Alessandro Milella, [email protected] Claudia Sarubbo, [email protected]

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di Michele [email protected]

fatti

La saggezza di un sacerdote offre chiavi di letturaper comprendere la povertàin Messico

Viaggiando

La 15D è una delle arterie fondamentali che collega la capitale del Messico fino al roven-te confine con gli Stati Uniti. Per quanto sia

una strada a pedaggio non è inusuale imbattersi in pedoni, cavalli o asini che la percorrano in entram-bi i sensi. A bordo di una Chevrolet Cavalier azzur-ra, dal gusto vagamente vintage dei telefilm anni settanta, ci fermiamo ad un incrocio per comprare una busta di noccioline americane da un ambulan-te. Percorriamo la nostra strada in direzione nord, ma solo nel breve tratto da Tepic, capoluogo dello stato del Nayarit, alla provincia di Santiago Ixcu-intla. Qui, leggenda vuole, sia nata l’attuale civil-

con padre Pepe

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tà messicana; da qui, si pensa, siano partiti i primi aztechi alla conquista dell’intera penisola. Siede alla guida p. Hernandez Espinosa Josè de Jesù, cui l’indole messicana ha per fortuna abbreviato la prosopopea del nome in padre Pepe. Antropologo, docente universitario e insegnante al seminario di Tepic, padre Pepe è un prete dall’ap-prezzabile attitudine ad affrontare i problemi da un punto di vista squi-sitamente laico. Pochi, di quelli che ho conosciuto nella mia vita, vantano un’apertura mentale di tale ampiezza e una così instancabile volontà di rende-re il mondo migliore! File sterminate di contadini siedono in paziente attesa davanti l’ufficio della sua parrocchia per avere un colloquio, nella speranza di ottenere un piccolo aiuto. Per lo più chiedono un prestito per poter garan-tire un trattamento umano agli indios che prestano la loro manodopera come salariati. Nella maggior parte dei casi non è semplice. L’insana logica delle multinazionali sfrutta con tecniche ul-tramoderne i terreni, facendoli frutta-re dieci volte di più di quanto sarebbe

naturale, per esportare poi i prodot-ti nei paesi ricchi, dove i clienti sono capaci di maggiori esborsi. Alla lun-ga impoveriscono la terra, la gente, il Paese e, non da ultima, la cultura. Le grandi multinazionali mandano sicari a compiere lo sporco lavoro di minac-ciare i proprietari, costringerli a ven-dere, causare danni chimici ai raccolti o, nella migliore delle ipotesi, aspetta-no il giusto momento per presentare la propria offerta criminale. Una sta-gione troppo piovosa o più secca del previsto, basta a spingere i contadini sul baratro della miseria. Il finestrino lato guida semi aperto, padre Pepe mi

racconta tutto questo a voce alta e le sue parole sembrano lottare, contro il rumore del vento e del motore, il pro-prio diritto di essere ascoltate. Allo stesso modo tali tristi ingiustizie, con-sumate sotto gli occhi di tutti, gridano il proprio sdegno contro l’indifferenza imperante. Una polvere fine si manife-sta in un fastidio costante nelle narici. Temperatura esterna: 34 gradi e siamo ancora a metà febbraio… Nei campi il vento scompone le chiome delle conta-dine in una sorta di rude carezza… «C’è differenza tra povertà e mise-ria», racconta padre Pepe dopo alcuni minuti di viaggio trascorsi in relativo

Una instancabile volontà

di rendere il mondo migliore

Nella pagina accanto,l’autore dell’articolo.In alto, la Chevroletdi padre Pepee i lustrascarpenel centro di Tepic

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propria indigenza. I narcotrafficanti pare, siano gli unici a non dimenticar-si di questi bambini, proponendo loro quella che sarà l’unica possibilità di ri-scatto della loro vita… «Questa povertà - torna a spiegare pa-dre Pepe - è una condizione di indigen-za totale che toglie persino la speranza nel futuro, cancellando ogni possibi-

silenzio. Silenzio nel quale i pensie-ri nascono e sfioriscono quasi nello stesso istante; istanti che sono rapidi e intensi, scanditi dallo scorrere fluido degli alberi maestosi di mango.

La condizione degli IndiosTepic ormai è mezz’ora dietro le no-stre spalle: con la sua deliziosa plaza Principal e la maestosa chiesa gotica, i suoi portici gremiti dal trambusto dei lustrascarpe e dalle variopinte banca-relle degli indios! In realtà sarebbero moltissime le etnie: huicholes, cora, te-pehuano, mexicaneros… ciascuna con la propria distinta origine e cultura. Ma la cultura è eredità che sopravvive solo in misura del rispetto che si è in

grado di darle. Ed è per questo che gli indios sono oggi tutti uguali, accomu-nati dalla stessa colpevole emargina-zione. Cinque mesi all’anno scendono dalle montagne dove vivono, (le cosid-dette sierre) per lavorare la canna da zucchero. Gli uomini e i ragazzi lavo-rano tutto il giorno sotto l’incessante martellamento di un sole feroce per 15 pesos a tonnellata (meno di un euro). Un’ottima giornata di lavoro consente loro di raccogliere “solo” fino a set-te tonnellate di canna da zucchero… Sono i più poveri tra i poveri, i più sfruttati, eppure quelli che offrono il maggior impulso all’economia nazio-nale. Le donne e i bambini attendono i propri mariti, padri o fratelli mag-giori, alla periferia estrema della città. Alloggiano in piccole costruzioni di fortuna fatte di blocchi di cemento con dei grossi buchi al posto delle finestre. Nessuno, tra le decine di bambini, può dirsi vestito o nutrito in maniera de-corosa. Escono di rado dal loro com-prensorio, non conoscono altro che la

Sitatem eostia venisqui di dolorro et ut verum

In alto, indios nei loro antichissimiabiti tradizionali.A fianco, una bimba vende pulcini colorati al mercato di Santiago

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lità di cambiamento, ma non è questa la cosa peggiore: la cosa peggiore è la miseria!».A questo punto, vengo preso dal desi-derio impellente di capire cosa possa essere per lui considerata “così peggio-re” da meritare il titolo di “miseria”. Il mio interlocutore pare fissare oltre il parabrezza un punto non definito nell’orizzonte dei suoi pensieri, sgra-nocchia le noccioline e se le rovescia sulla camicia. È tipo da non curarsi delle macchie sul petto o di mancare con la cinta i passanti del pantalone: una sciatteria che causerebbe ostra-cizzanti irrisioni dalle nostre parti. Ma qui siamo in Messico, su un’autostra-da aperta ai quadrupedi, chissà se è proprio il dissociarsi dalle formalità a permettere di guardare oltre la defor-mante lente delle convenzioni. «Non sai nemmeno quante volte gli indios mi vengono a dare dei soldi - mi dice - cifre irrisorie, ma che loro raccolgono con molto sacrificio e mi dicono: “Padre, questa somma è per

fatti

aiutare chi ha bisogno… Capisci? Loro versano nell’indigenza più totale, ma dicono: “Padre questa somma è per

aiutare chi ha bisogno” Che ricchezza che è questa!» Ciò che dice mi colpisce e il suo parlare ha qualcosa di magne-tico, di catalizzante, ma gli ricordo che non mi ha ancora spiegato che cosa sia per lui “la miseria”.«La miseria - allora mi dice - è la man-canza di sensibilità verso gli altri. La mancanza di amore. Non importa

quanti beni materiali si possiedono: nessuno è più povero di chi non è in grado di donare nulla».

ContraddizioniSantiago Ixcuintla ci si apre davanti con la sua nuovissima Università tec-nologica della costa e il suo portale celebrativo che ricorda di essere giunti nella culla della messicanità! Ecco poi la chiesa dell’Assunzione dove padre Pepe svolge la sua attività pastorale e umanitaria. Lì parcheggia l’auto sul re-tro per non essere visto e avere alme-no il tempo di andare in bagno prima che il lavoro lo sommerga. «Il Messico è un grande Paese cattolico», senten-zia raccogliendo le sue cartelle da die-tro il cofano, «eppure c’è tutto questo divario sociale, tutta questa violenza, tutta questa… miseria. Dimmi adesso: come mai?» E così dicendo sparisce.Il viaggio è finito. Resto da solo in auto con i miei pensieri… e i gusci sbricio-lati di noccioline sparsi per terra nell’a-bitacolo. n

Miseriaè la mancanza di sensibilitàverso gli altri

Fratello narcoLa storia di Miri, una ragazza di tredici anni, che insieme al fratello minore vede uccidere i genitori da una banda di narcos, e alla fine abbraccia l’assassino in segno di perdono, nonostante i parenti l’abbiano incitata all’odio e alla vendetta, è il tema di un nuovo cortometraggio che è stato presentato a fine gennaio, dal cardinale Norberto Rivera, arcivescovo di Mexico, nella cattedrale di Città del Messico. Il video, della durata di dieci minuti, è stato prodotto dal sacerdote paolino Omar Sotelo Aguilar, il quale ha spiegato alla stampa che lo scopo è rivalutare il sentimento del perdono in mezzo a tanta violenza. Si tratta di “un sentimento così forte, proprio dell’essere umano, che può trasformare un’ intera società”. Per la Chiesa la violenza genera solo violenza, così il sacerdote ha insistito sulla ricerca di altri strumenti per superare questa situazione, “perché in alcune zone del paese ormai non si può più vivere”.La storia di Miri è autentica, simile a quella di migliaia di bambini e di famiglie colpite dalla guerra contro e fra i cartelli della droga, che insanguina il paese. Come afferma una nota inviata all’Agenzia Fides, sono state oltre quindicimila le vittime del conflitto nell’anno 2012. Questa cifra sale a novantamila (secondo i dati delle Ong) se guardiamo agli ultimi sei anni. Fratello narco è il primo di una serie di dodici cortometraggi che narrano storie basate sulle vicende di persone reali che sono venute a chiedere aiuto alla Chiesa cattolica. Il video può essere visto su YouTube e sul sito del Centro Cattolico Multimediale. Un video che invita al perdono per spezzare la catena della violenza (fides)

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Mons. Lorotheli OMI parla in occasione del 150° anniversario dell’evangelizzazione del Lesotho: “Siamo passati dall’essere un Paese di missione ad inviare missionari ad extra”

di Joaquín Martínez Vega [email protected]

fatti

LesothoMons. Gerard T. Lorotheli OMI, arcivescovo di Mase-

ru e presidente della Conferenza episcopale del Leso-tho ha partecipato al Sinodo dei vescovi sulla Nuova

evangelizzazione svoltosi a Roma lo scorso ottobre. Ci parla del-la chiesa in questa piccola nazione dell’Africa australe, in occa-sione dell’anno giubilare. Il Lesotho è un enclave all’interno del territorio del Sud Africa. Ha poco più di due milioni di abitanti, in gran parte cristiani, suddivisi al 50% tra protestanti e cattoli-ci. Questi ultimi sono distribuiti in quattro diocesi.

Nel 2012 avete festeggiato un anniversario importante in Lesotho...Davvero importante e gioioso. Si tratta di un evento di grande ri-levanza nella chiesa nel nostro Paese: il 150 ° anniversario della prima evangelizzazione.

Come è cominciata?I primi missionari ad arrivare nel mio Paese sono stati tre Oblati francesi: mons. Allard, vicario apostolico del Natal (Sud Afri-ca), p. Joseph Gerard e fratello Pierre Bernard, i quali, dopo dieci anni di missione sterile tra gli zulu refrattari, decisero di passare in Lesotho. Correva l’anno 1862. Protestanti, evangeli-

una chiesa vivace

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Lesotho ci, e francesi erano arrivati trent’anni prima.

Tra questi tre pionieri, uno già gode della gloria degli altari.Sì, p. Gérard è stato beatificato da Gio-vanni Paolo II a Maseru il 15 settembre 1988, durante il suo viaggio apostolico nel Paese. Il beato Giuseppe Gérard è l’Apostolo del Lesotho. È molto amato e venerato, non solo in Lesotho, ma in tutta l’Africa del Sud. Il giorno della sua festa arrivano alla chiesa cattedrale di Roma (Lesotho), dove il suo corpo ripo-sa, pellegrini provenienti da Botswana, Sudafrica... Per i fedeli basuto non c’è alcuna distinzione tra beatificazione e canonizzazione. Per loro tata (padre) Gérard è il loro santo e basta.

C’è un altro mosuto, il primo Oblato aborigeno, che ho avuto il piacere di conoscere, che è anche molto popolare.Sì è mons. Manuel Mabathoana, pri-mo vescovo di colore dell’Africa au-strale. Si parla molto di lui, perché fu il primo vescovo nativo. È stato prima nella diocesi di Leribe e poi a Maseru. È stato il primo arcivescovo della mia diocesi. Nacque a Roma, non la capita-le d’Italia, ma Roma del Lesotho, che fu la prima sede dell’attuale diocesi di

Maseru, e perciò mantiene la concat-tedrale. Mons. Mabathoana è molto amato e venerato.

Ho sentito che volete canonizzarlo...Vogliamo introdurre la causa per met-tere in evidenza il 150° anniversario. Preghiamo anche perché, se possibile, p. Gérard sia canonizzato. C’è anche una vedova, molto venerata dal popo-lo, Ma (mamma) Gabrielle. Vorremmo che fosse ufficialmente riconosciuta la sua santità. Stiamo raccogliendo dati e testimonianze per scrivere la sua bio-grafia per questo scopo. C’è una memo-ria viva e molta devozione tra i fedeli.

Come ti senti come vescovo e oblato?Sono molto contento della mia voca-zione. Mi pesa la responsabilità di ve-scovo, ma sono molto felice della mia vocazione oblata. Grazie a Dio tutta la formazione che ho ricevuto dal novi-ziato è stata una base molto solida per la mia vita. Non solo sono felice, sono entusiasta della mia vocazione.

Come oblato, al termine del prima formazione, sei tornato nel tuo Paese di origine. Ma le cose sono cambiate, perché mi pare che ora ci sono oblati basutos che sono inviati all’estero.

Grazie per questa domanda, perché vorrei dire che attualmente ci sono al-cuni che sono stati inviati in missione “ad extra” e questo dimostra la vitali-tà della chiesa in Lesotho. Dai frutti si riconosce l’albero. Si può dire che la chiesa del Lesotho è veramente mis-sionaria: è una chiesa che ha ricevu-to missionari, e che ora è in grado di inviare missionari ovunque la chiesa universale necessita  . Tra quelli che sono stati inviati in altri Paesi, voglio sottolineare coloro che sono andati in Canada. Attualmente i canadesi non inviano missionari in Lesotho, ma ri-cevono missionari dal Lesotho! Siamo un Paese che non ha bisogno di missio-nari da fuori, ma che li invia. La sfida ora è come mandare questi evangeliz-zatori in tutto il mondo.

Quali i problemi della chiesa in Le-sotho?Il problema che abbiamo non è voca-zionale, come in Europa. Non manca-no le vocazioni, sia alla vita religiosa maschile che femminile, sia al sacer-dozio. Ciò di cui abbiamo bisogno è avere buoni formatori. La formazio-ne è il problema. Dal momento che ci sono molte vocazioni, ci sono congre-gazioni che arrivano in Lesotho in cer-

Il Regno del Lesotho (Muso oa Lesotho in sesoto, Kingdom of Lesotho in

inglese, in passato noto anche come Basotholand o Basutoland) è uno stato dell’Africa del Sud, membro del

Commonwealth delle nazioni. È una enclave all’interno del territorio della Repubblica

del Sudafrica ed è pertanto uno stato senza sbocco al mare.Il nome Lesotho è costruito (secondo uno schema tipico delle lingue bantu) dal prefisso le - anteposto alla radice sotho,

e significa “la terra del popolo che parla sotho”; l’etnia principale del paese è quella Basotho o Basuto(ba-sotho, “coloro che parlano sotho”).Circa il 40% della popolazione vive con meno di 1,25 dollari statunitensi al giorno.

LingueLe lingue ufficiali sono il sesoto e l’inglese. Abbastanza comuni sono anche lo zulu e l’afrikaans.

ReLigioniProtestanti 42%, cattolici 38%, animisti 15%, musulmani 5%.

in pilloleLesotho

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ca di vocazioni. Non dico che è male, ma dico loro: state attenti, perché è necessario anche aiutare il Paese, la chiesa in Lesotho. Ad esempio sono arrivati i benedettini. Ho detto loro: se volete venire, siete benvenuti, ma rimanete qui, per fa-vore. Non basta andare a pescare in una vasca di pesci.

Quali sono gli altri pro-blemi a livello generale?Nell’ordine sociale, non mancano, ma non stiamo male. In campo politico, ad esempio, lo scorso anno abbiamo avuto le elezioni politiche e per la prima volta, nella breve storia del nostro Paese, non ci sono state tensioni. Si è trasferito il potere ai vincitori in tutta normalità. Ab-biamo lavorato duramente per arrivare a questo senso di normalità e, grazie a Dio, godiamo di una certa stabilità.

Il Lesotho non è una repubblica...Siamo un regno costituzionale, ma il re non ha praticamente alcun potere po-litico, regna ma non governa. Inoltre è cattolico e non ha sete di potere. Il fon-datore del Paese è stato proprio un re, Mosheshe I, che ricordiamo come pa-dre della nazione.

Per terminare cosa vuole dire ai no-stri lettori?Direi loro che dobbiamo usare tutti i mezzi per evangelizzare. Che cosa si-

gnifica evangelizzare? Stare in contatto con Cristo e farlo conoscere, perché ci potrebbero es-sere cristiani che non co-noscono il Vangelo. Ma la teologia non è suffi-ciente. Dobbiamo testi-moniare, perché, come diceva Paolo VI:“Oggi si ascoltano più i testimoni che i maestri, e si ascoltano i maestri,

nella misura in cui sono testimoni”. E’ necessario usare tutti i mezzi leci-ti, compresa la stampa. Perciò vi inco-raggio a continuare il lavoro che state facendo.Alcuni Padri sinodali volevano con-centrare l’evangelizzazione quasi esclusivamente nel campo dell’infor-matica e di Internet.Non sono d’accordo. Non bisogna sot-tovalutare la stampa. Dobbiamo con-tinuare ad utilizzare questo mezzo di comunicazione. Coraggio, dunque, a coloro che realizzano le riviste e a co-loro che leggono le riviste missionarie. Vale la pena scrivere e leggere. È un al-tro modo di evangelizzare. n

In alto mons. Manuel Mabathona OMI, in basso una classica immaginedi p. Joseph Gérard OMI

fatti

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lettere dai missionari

Il Centro missionario diocesano ha proposto un cammino verso la celebrazione della giornata della Santa infanzia. Ci siamo rivolti ai ragazzi del catechismo per coinvolgere in questo itinerario anche i loro familiari e i catechisti. Ecco l’itinerario proposto. Ottobre : preghiamo per le Missioni; Novembre: conosciamo le Missioni; Dicembre: condividiamo per le Missioni; Natale: seminatori di Stelle; 6 Gennaio 2013: celebrazione diocesana della Santa Infanzia.La celebrazione ha visto la partecipazione di una bella parte della diocesi. La sala era piena. Dopo

l’accoglienza e i canti è iniziata la testimonianza di p. Aldo dei Cappuccini che ha operato per cinque anni nel Ciad. Era parroco di una parrocchia grandissima. Ci ha detto che la prima emergenza che ha affrontato è stata la scuola. L’altra emergenza, la sanità. Nel suo dispensario sono riusciti ad aiutare molti malati. Dopo un canto, l’Associazione Onlus “Oltre la vita” ha presentato le belle opere che sono riusciti a realizzare nel Burundi..Il direttore del CMD ha quindi portato il saluto del vescovo. Dopo un canto e la proclamazione del vangelo p. Paolo missionario degli Oblati

di Maria Immacolata, nativo e missionario a Kiev, in Ucraina, dà la sua testimonianza. Ci parla della fede della mamma che lo portava in chiesa; siccome la strada era lunga a volte doveva portarlo sulle spalle e, per evitare rappresaglie della polizia, lo nascondeva in una sporta. All’età di sedici anni fu preso dalla polizia in una chiesa e per punirlo gli hanno sequestrato il giubbotto, così è dovuto tornare a casa con un freddo di -30 gradi e ha avuto il congelamento della pelle e la perdita dell’udito. Ancora oggi lotta con le conseguenza di quel gran freddo. Ci ha ricordato quanto diceva da piccolo: “da grande voglio diventare Papa, almeno per un giorno, per santificare mia madre”.Al termine i catechisti hanno riconsegnato ai ragazzi i loro salvadanai e in processione sono venuti, come i Magi, a deporli ai piedi di Gesù Bambino; dopo averlo baciato ricevevano due stelle, una per loro e l’altra da attaccare ad un giovane o un adulto in sala. E’ stato un pomeriggio che ha coinvolto i presenti; nei volti si vedeva la gioia di ritrovare lo slancio missionario.

P. Celeste Cerronidirettore del CMD Isernia

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P. Paolo e p. Aniello alla celebrazione

diocesana per i bambini a Isernia

Giornata missionariadei ragazzi a Isernia

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Missione è esserecapaci di amareIl fascino della missione resiste e appassiona. Continua a fruttificare alla fioca luce del crepuscolarismo dei valori. Il “nutrimento” della missione è l’Amore di Dio che prescinde dall’ideologia del fare. Questa è l’unica via per una missione autentica, l’unica che aiuta ad evitare l’insidiosa trappola dell’autocompiacimento.

Missione non è fare le valigie per l’Africa, ma già nella realtà stessa nella quale viviamo, essere capaci di amare i fratelli come se fossimo noi stessi ad avvertire quei bisogni.L’estate scorsa un gruppo dell’Associazione Missionaria Maria Immacolata e del Movimento giovanile Costruire di Firenze è partito alla volta dell’Albania con lo scopo

di rinfrescare le pareti della “Casa famiglia Francesco Taddei” di Scutari. Il compito non si è esaurito nell’esecuzione del lavoro manuale: hanno cominciato a guardare con gli occhi delle ragazze che vivono nella casa… Improvvisamente si è palesato ciò che a una sensibilità superficiale sfugge: gli arredamenti erano vecchi e lontani dall’essere ritenuti dignitosi!

Ecco che la missione non poteva dirsi compiuta, non poteva restare confinata in una parentesi più o meno piacevole di una vacanza alternativa. Perché la missione trova compimento nel quotidiano: guida e motiva i giovani dell’MGC e i sostenitori dell’AMMI a costruire un ponte di solidarietà verso l’Albania e altre terre. Lungo questo ponte, oggi possiamo immaginare un camion della Protezione Civile in viaggio con il suo carico di mobilie nuove. Mobilie colorate e più adatte ad ambienti in cui vivono ragazze con ancora molti sogni da coltivare…

Michele Palumbo

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La Sala S. Eugenio a Firenze gremita per una cena di solidarietà

Corrono, galoppano, guizzano, scrosciano, or s’arrestano lievi, or riprendono il volo

e sciabordan canore un torrente di note e d’accordi. È una fresca mareggiata di suoni che l’anima invade, o un leggero soffio di vento disceso da cieli sereni ancora olezzante arcane melodie limpide e chete.Le mani ora sfiorano i tasti leggere come un sospiro per non disturbare mille palpiti d’amore, di gloria, d’infinito evanescenti nella placida notte lunare. […] Il vento trascina a valle la fosca cavalcata delle nubi, ed insieme si porta il fantastico mondo delle melodie e dei canti,

di là dai monti cilestrei, di là dalle verdi colline fin sul limitare dei boschi, fin dove il polline cade.Le mani hanno lasciato la tastiera e guardano l’azzurra immensità.Anche domani sapranno rievocare tutta quella bellezza.

P. Mario Borzaga OMI

Fin dove il polline cadeS. Giorgio Canavese (To) 1955, pag. 20-21. (testo integrale su www.marioborzaga.it)

Mani SuLLa taStiEra

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lettere dai missionari

Qui Uruguaydi Luca Polello OMI [email protected]

Il senso della vitaNel mese di dicembre ho potuto condividere un momento di grande gioia per tutta la delegazione dell’Uruguay: i voti perpetui di Hector Ortega Martínez, originario del Paraguay. Lascio parlare lo stesso Hector, che ha voluto ringraziare e ricordare tutte le persone che gli sono state vicine in questi anni. “Quando una persona inizia a piantare alberi alla cui ombra sa che non si siederà mai, allora ha cominciato a capire il senso della vita. La consacrazione religiosa ha a che vedere con questa ricerca del senso della vita, che è il senso del sacro. Il miglior terreno, per piantare e far crescere qualcosa di

nuovo, è quello profondo: toccare il fondo in questo senso, anche se è estremamente doloroso, significa toccare il terreno più fecondo. Per vedere il senso della vita, dobbiamo poter considerare le indicazioni sbagliate, accettare i nostri errori come parte del nostro processo storico, senza lasciarsi bloccare dalla paura di fallire, perché il fallimento è uno dei tanti termini inventati che ha paralizzato molte menti e cuori. Vivere da consacrato è un’arte che richiede continuamente di abbattere muri, in particolare quelli che ci proteggono troppo e non ci fanno conoscere il mistero di Dio e il mistero dell’altra persona”.

c’è suor Sophie, delle Suore Francescane dei Poveri. Potrei raccontare tanti aneddoti, a cominciare dalle facce divertenti degli alunni quando pronuncio una parola in maniera sbagliata, o anche di quei ragazzi che vengono a messa in parrocchia e, più o meno timidamente, alla fine si avvicinano per salutare e chiedere ‘come va’ al prof! Ma quello che mi colpisce di più sono tutte le mani che si alzano all’unisono quando, prima di cominciare, chiediamo un volontario per guidare la preghiera. In quel momento, la timidezza in loro scompare, tutti si sentono capaci di pregare e far pregare: ed io, prima di cercare di insegnare, imparo.

Qui Senegaldi Gianluca Rizzaro [email protected]

Mani in altoI miei genitori sono entrambi insegnanti e vedere la passione che hanno per il loro lavoro è sempre stato edificante. Ma se c’è un mestiere che mai avrei pensato di fare è quello di insegnare. Eppure dallo scorso novembre, ogni mercoledì alle dieci, nella sesta classe (la nostra seconda media, per intenderci) del Corso secondario di Parcelles Assainies, comincia la mia lezione di religione. O forse sarebbe meglio dire di catechesi, visto che il programma riguarda la storia della salvezza, dalla creazione fino alla resurrezione. Insieme a me

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Anche questa volta insisto sul modo missionario di guardare cose e persone.

Stupendo il capitolo 3 degli Atti degli Apostoli in cui Luca descrive l’incontro di Pietro e Giovanni con lo storpio alla porta Bella del Tempio: è lì descritto il modo missionario di incontrare le perso-ne. Ad una lettura attenta, colpisce anzi-tutto l’uso magistrale dei verbi da parte dell’autore degli Atti: “vedere”, “guarda-re”, “fissare” “osservare”. I due apostoli, ormai profondamente cambiati dall’incontro con il Risorto e dal dono del suo Spirito che li mantie-ne costantemente alla Sua presenza, ve-dono tutto e tutti attraverso lo sguardo del Salvatore. Non si limitano a vedere quell’uomo come tutti, con più o meno compassione, ma lo guardano con uno sguardo di salvezza non dimenticando di essere stati essi stessi guardati a quel modo da Gesù. E quello sguardo, vissu-to in pienezza, porta Pietro ad esclamare: “Non ho né oro né argento”... La mia sola ricchezza - dice - è l’amore di Dio che in Gesù ha raddrizzato la mia vita. Anche tu: alzati! Ed ancora una vol-ta Luca si diverte coi verbi: in principio “passivamente sollevato”, l’uomo comin-

cia a sentire “le caviglie rinvigorirsi”, quindi “balza in piedi”, poi “cammina” fino a “saltare lodando Dio” all’interno del Tempio, reintegrando il popolo di Dio in tutta la sua dignità. Sapete che in Africa i saluti sono un vero rito. Si prende tanto tempo per salutare: è importante ripetere più volte il nome di colui che stai salutando, chiedere notizie dei suoi cari. Mi ci è voluto qualche anno per comprendere quanto è utile quel rito: quel tempo dedicato ai saluti senza la fretta di andare al dunque. Ho provato ad imparare ad usare quei momenti per rendermi veramente presente alla perso-na che ho davanti, per purificare il mio sguardo verso di lei e portarlo sul piano dell’incontro personale di salvezza.Tantissime volte ho dovuto riconvertirmi a questo modo di vedere cose e persone per ritornare a comprendere la missione, non a partire da ciò che posso dare, ma da come incontro le persone vedendole, anzi guardandole attraverso lo sguardo del Salvatore.È questa una ascesi interiore veramen-te cristiana, veramente missionaria che possiamo fare tutti e a partire da quanti vivono con noi quotidianamente. E la vita cambia. n

di Adriano Titone [email protected]

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Missione è…Incontro personale che salva

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Ragazzi8-15 luglioCampo estivo giovanissimi a Vallada agordina (Bl)Per informazioni:p. Carmine Marrone OMI [email protected]

1 -13 agostoEsperienza di discernimento e servizio per ragazzi dai 18 anni in su a Marino e LourdesLa comunità di Marino è sempre disponibile ad accogliere giovani, singoli o gruppi. Non esitate a contattare la comunità.Missionari Oblati di Maria ImmacolataCentro Giovanile e Noviziato Corso Vittoria Colonna 15800047 Marino (RM), tel. 06 9387300www.omimarino.itPer informazioni:p. Luca Mancini OMI [email protected]

estate giovani 2013 con i MissionaRi oMi

Ragazze30 luglio - 5 agostoCampo giovanissime a Gesso (Me)Per informazioni:p. Francesco Lugarà OMI [email protected]. Francesco Volpintesta OMI [email protected]

Ragazzi e ragazze18 - 28 luglioGiornata Mondiale della Gioventù ad Aparecida e Rio de Janeiro (Brasile)Per informazioni:p. Carmine Marrone OMI [email protected]. Francesco Lugarà OMI [email protected]

12 - 18 agostoIncontro internazionale sul carisma oblato a Aix-en-Provence (Francia)Per informazioni:P. Antonio D’Amore [email protected]

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Missionari oMiVia Egiziaca a Pizzofalcone, 3080132 napolitel. 081 7645199

MissionioMiwww.facebook.com/missioniomiwww.missioniomi.itwww.omi.it

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