Miriam Mafai da Vario 57

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Cara Miriam, Caro Nevio F elicetti: Miriam, è stato un ritorno al passato ritrovarci in quell’aula nel vecchio palazzo comunale… Mafai: Un amarcord emozionante, iniziato vedendo la piazza intitolata a Vincenzo Chiola… Felicetti: Non è stato facile, te lo assicuro… Mafai: Lo so benissimo perchè anch’io scrissi un paio di volte a sindaci di diverse maggioranze, ricor- dando che l’attribuzione di una piazza a Chiola non sarebbe stato una cortesia fatta a una parte politica, ma il riconoscimento della città a uno degli uomini che più si era impegnato per la sua rinascita. Poi ho salito la grande scalinata, mi sono ritrovata nella sala del consiglio comunale: mi sono sembrate, per uno di quei singolari stravolgimenti psicologici, assai più interessanti dal punto di vista architettonico, assai più belle di quanto mi era parso allora, quando ci ero entrata la prima volta, nel 1951. Felicetti: Forse pensavamo ad altro in quel periodo, data la nostra età, gli interessi ed il momento storico a ridosso della caduta del fascismo. Mafai: Certo fu un’esperienza formativa fondamen- tale. Io ero assessore all’Assistenza, e per me quella fu una prova durissima; ma anche la conferma della giustezza del mio impegno politico e sociale, dove- vamo risolvere i problemi di quella gente che era disperata. E poi perchè grazie a Chiola, e a te, ho capito una cosa fondamentale: l’importanza delle scelte urbanistiche di cui, ti confesso, io non avevo il più pallido sentore. Appena usciti dalla guerra, l’idea che si debba ricostruire come che sia, è un’idea che può far presa. Pescara è stata una delle prime città ad avere un vero piano regolatore firmato da un’au- torità internazionale come Luigi Piccinato. Fu una eredità dell’amministrazione Giovannucci, un segno dal punto di vista culturale: non ci accontentavamo di ricostruire tutte le casette uguali, volevamo avere un disegno più grande della città. È stato un tema fondamentale in tutt’Italia. Felicetti: Ma Pescara ebbe rilievo nazionale anche in altre occasioni precedenti al tuo arrivo. Ricorderai l’occupazione del Comune. Mafai: Certo. Una vicenda straordinaria, che per certi versi illuse il mondo politico, la sinistra italiana immediatamente prima delle elezioni del 1948… Felicetti: A Pescara, nelle elezioni del ‘46, si era determinata una situazione di parità tra la sinistra e il centro-destra, per cui si arrivò a una soluzione di grande coalizione, come si direbbe oggi. Noi a que- sta soluzione potemmo dare con convinzione il nostro contributo, senonché la Dc non si rassegnò a vestire i panni di forza non protagonista assoluta. A Varcando la porta della bella e luminosa casa con le finestre su villa Doria Pamphili,a Roma,la prima impressione è quella di entrare in una galleria: alle pareti, dipinti che si studiano sui libri di storia dell’arte; sui tavolini, in bilico, sculture che si è abituati a vedere dietro spessi cristalli; foto alle pareti dove riconosci i “Giancarlo” o i “Giovanni” che anche a citarli con il cognome non dicono niente ai giovanissimi, perchè a scuola lo studio della storia si ferma prima; e poi libri, tanti libri; e per finire lei, che con gli anni diventa anche più bella. Miriam Mafai ci ha dato appuntamento a casa sua per un’intervista a due, o meglio, una chiacchierata, con Nevio Felicetti per un amarcord sulla loro esperienza di giovani consiglieri comunali della giunta di sinistra di Vincenzo Chiola,nella Pescara del dopoguerra e della ricostruzione. Ma poi una parola tira l’altra, un ricordo richiama l’altro e i due hanno raccontato la loro storia, quella della sinistra e anche la nostra, nell’Italia degli ultimi 20-30 anni. Dovevamo fermarli? C.C. 20 VARIO57 PERSONAGGI Miriam Mafai, madre nobile del giornalismo italiano, coscienza critica della sinistra, intellettuale prestata alla politica; Nevio Felicetti, una vita da militante spesa sulle piazze e nelle aule istituzionali, foto sempre viva dell’album del Pci e della sinistra abruzzese.

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Intervista a Miriam mafai e Nevio Felicetti pubblicata su Vario n. 57

Transcript of Miriam Mafai da Vario 57

Cara Miriam, Caro Nevio

Felicetti: Miriam, è stato un ritorno al passatoritrovarci in quell’aula nel vecchio palazzocomunale…

Mafai: Un amarcord emozionante, iniziato vedendola piazza intitolata a Vincenzo Chiola…Felicetti: Non è stato facile, te lo assicuro…Mafai: Lo so benissimo perchè anch’io scrissi unpaio di volte a sindaci di diverse maggioranze, ricor-dando che l’attribuzione di una piazza a Chiola nonsarebbe stato una cortesia fatta a una parte politica,ma il riconoscimento della città a uno degli uominiche più si era impegnato per la sua rinascita. Poi hosalito la grande scalinata, mi sono ritrovata nella saladel consiglio comunale: mi sono sembrate, per unodi quei singolari stravolgimenti psicologici, assai piùinteressanti dal punto di vista architettonico, assaipiù belle di quanto mi era parso allora, quando ciero entrata la prima volta, nel 1951.Felicetti: Forse pensavamo ad altro in quel periodo,data la nostra età, gli interessi ed il momento storicoa ridosso della caduta del fascismo.Mafai: Certo fu un’esperienza formativa fondamen-tale. Io ero assessore all’Assistenza, e per me quellafu una prova durissima; ma anche la conferma dellagiustezza del mio impegno politico e sociale, dove-vamo risolvere i problemi di quella gente che era

disperata. E poi perchè grazie a Chiola, e a te, hocapito una cosa fondamentale: l’importanza dellescelte urbanistiche di cui, ti confesso, io non avevo ilpiù pallido sentore. Appena usciti dalla guerra, l’ideache si debba ricostruire come che sia, è un’idea chepuò far presa. Pescara è stata una delle prime cittàad avere un vero piano regolatore firmato da un’au-torità internazionale come Luigi Piccinato. Fu unaeredità dell’amministrazione Giovannucci, un segnodal punto di vista culturale: non ci accontentavamodi ricostruire tutte le casette uguali, volevamo avereun disegno più grande della città. È stato un temafondamentale in tutt’Italia.Felicetti: Ma Pescara ebbe rilievo nazionale anchein altre occasioni precedenti al tuo arrivo. Ricorderail’occupazione del Comune.Mafai: Certo. Una vicenda straordinaria, che percerti versi illuse il mondo politico, la sinistra italianaimmediatamente prima delle elezioni del 1948… Felicetti: A Pescara, nelle elezioni del ‘46, si eradeterminata una situazione di parità tra la sinistra eil centro-destra, per cui si arrivò a una soluzione digrande coalizione, come si direbbe oggi. Noi a que-sta soluzione potemmo dare con convinzione ilnostro contributo, senonché la Dc non si rassegnò avestire i panni di forza non protagonista assoluta. A

Varcando la porta della bella e luminosa casa con le finestre su villa Doria Pamphili,a Roma,la prima impressione è quella di entrare in unagalleria: alle pareti, dipinti che si studiano sui libri di storia dell’arte; sui tavolini, in bilico, sculture che si è abituati a vedere dietro spessicristalli; foto alle pareti dove riconosci i “Giancarlo” o i “Giovanni” che anche a citarli con il cognome non dicono niente ai giovanissimi,perchè a scuola lo studio della storia si ferma prima; e poi libri, tanti libri; e per finire lei, che con gli anni diventa anche più bella. MiriamMafai ci ha dato appuntamento a casa sua per un’intervista a due, o meglio, una chiacchierata, con Nevio Felicetti per un amarcord sullaloro esperienza di giovani consiglieri comunali della giunta di sinistra di Vincenzo Chiola,nella Pescara del dopoguerra e della ricostruzione.Ma poi una parola tira l’altra, un ricordo richiama l’altro e i due hanno raccontato la loro storia, quella della sinistra e anche la nostra,nell’Italia degli ultimi 20-30 anni. Dovevamo fermarli? C.C.

20 VARIO57 PERSONAGGI

Miriam Mafai,

madre nobile

del giornalismo italiano,

coscienza critica

della sinistra,

intellettuale prestata

alla politica;

Nevio Felicetti,

una vita da militante

spesa sulle piazze

e nelle aule istituzionali,

foto sempre viva

dell’album del Pci

e della sinistra abruzzese.

Nella foto, l’incontro e il saluto tra

Nevio Felicetti e Miriam Mafai

nella casa romana

della giornalista-scrittrice,

davanti al grande quadro

di Mario Mafai che la

ritrae bambina, al piano.

Testimoni dell’amarcord fra i due

ex consiglieri comunali pescaresi,

la signora Andreina Felicetti,

Andrea e Claudio Carella

autori delle “foto ricordo“

un certo punto Giuseppe Spataro, grande manovra-tore della Dc locale e non solo, fece in modo che ilministro degli Interni, che era Mario Scelba, decides-se lo scioglimento del Consiglio comunale. Noi rea-gimmo, occupammo il Comune trascinando dietrodi noi la città.Mafai: Nello stesso periodo c’era stata l’occupazio-ne della Prefettura di Milano contro la rimozione delprefetto Ettore Troilo (comandante della BrigataMaiella, ndr).Felicetti: Scesero da Penne e Città S. Angelo gli expartigiani. Da Bussi e da Popoli gli operai delle gran-di fabbriche. Per un certo numero di giorni tenem-mo il Comune occupato, fu una battaglia che coin-volse la popolazione. E poi, dalla nostra parte c’eraanche il parroco di San Cetteo, il vecchio grandedon Brandano. Stava fra noi, ci aiutava. Ma ci aiutòanche una grande battaglia parlamentare condottada Bruno Corbi contro Spataro: denunciò la violenzache si era consumata nei confronti della città, e cheportò il governo a indire immediatamente le elezio-ni. Fu un trionfo per la sinistra, sulla spinta di quelmovimento di massa e ci fu la sensazione che quellavittoria locale nel febbraio del ‘48 fosse un segnale,un’anticipazione del risultato nelle elezioni politichedi aprile.Mafai: Quando invece arrivò la sconfitta più doloro-sa per la sinistra unita sotto il simbolo di Garibaldi.Felicetti: Dolorosa e inaspettata: ci fu la grande illu-sione in cui cadde anche Togliatti che in vista del 18aprile venne a fare un comizio a Pescara.Mafai: Fu un’illusione nella quale cadde gran partedel movimento. Debbo dire onestamente che io inquesta illusione non caddi, e sai perchè? Non per-chè fossi più sveglia, non lo ero affatto, ma perchèvenni mandata a fare quella campagna elettorale inLucania, a Potenza. Puoi immaginare cosa furono

quei comizi, tra l’altro per una ragazza che veniva dafuori… Ricordo un paese agghiacciante dove venniaccolta e festosamente circondata da un gruppo didonne: solo che non capivo una parola di quello chemi dicevano. Ebbi un’illuminazione terribile: ma se ionon capisco loro quando parlano, come fanno loroa capire me quando faccio il comizio? Di comizi nefeci anche di fronte a piazze vuote, ma i compagnidicevano “Parla parla, che le donne stanno dietro lefinestre”…Quando poi ci rendemmo conto che lasconfitta era stata grave e dolorosa io fui tra i menosorpresi. Poi non ebbi tempo né di sorprendermi nédi commentare, perchè venni mandata in Abruzzoin un’altra situazione difficile, in un tempo in cuiqueste decisioni si prendevano rapidamente e lascelta era tra Sardegna o Abruzzo.Felicetti: Tu arrivasti nel ‘48.Trovasti una regione incui le sezioni di partito dopo la sconfitta erano prati-camente chiuse, era difficile ritrovare i militanti ericostruire un movimento. Poi, per fortuna, arrivò ilgrande dirigente comunista Paolo Bufalini, che ciindusse a buttarci “nel sociale”, come si diceva allora“nelle lotte”.Mafai: La mia prima esperienza in Abruzzo è statanel Fucino nelle lotte contro il principe Torlonia. Lì ipartiti, anche il partito socialista, le organizzazionisindacali, ripresero un contatto largo con gli stratipiù poveri della popolazione.Felicetti: Quindi tu hai partecipato proprio allanascita di quella straordinaria forma di lotta che poisi diffuse in tutta Italia: lo sciopero a rovescio.Mafai: Si, ma la percezione della condizione dimiseria spaventosa la ebbi venendo a Pescara: perme che venivo da una grande città come Roma lamiseria nelle campagne era una cosa un po’ lettera-ria, in qualche modo scontata, letta sui libri di Silonee nella famosa inchiesta sul Mezzogiorno. Pescara,

Lo sciopero a rovesciofu una forma di lottainventata in Abruzzo

e più precisamente nellaMarsica. I canali di

irrigazione del Fucinoerano pericolosamente

intasati. Il principeTorlonia si rifiutavaostinatamente di

sistemarli. I bracciantidisoccupati, sostenuti

dagli affittuari danneggiatidalla negligenza delprincipe, decisero di

cominciare a lavorare,per poi battersi per il

pagamento dellegiornate di lavoro, tutte

rigorosamente registratedalle leghe sindacali.

Vinsero i braccianti, e illoto esempio fu seguito

in tutto l’Abruzzo.

Miseria spaventosa,case distrutte,

fabbriche chiuse, zone intere della città

senza acqua, senza luce.

Migliaia di senzalavoro. In tanti vivevano grazie

ai modesti sussididell’Ente comunale

di assistenza.

22 VARIO57 PERSONAGGI

Intellettualeera l’ambiente in cuiMiriam Mafai visse lasua infanzia, figlia delpittore Mario Mafai(Roma 1902-1965), chefrequentò un ambientedi artisti da quandostudiava all’Accademiadi Belle Arti. Nel 1915sposò AntoniettaRaphael, da poco giuntaa Parigi, dalla qualeebbe tre figlie: Miriam,Simona e Giulia. Nel1927 Mafai frequentainsieme a Scipione laBiblioteca di Storiadell’arte di PalazzoVenezia, stringe rapportidi amicizia conUngaretti, De Libero,Sinisgalli, Beccaria,Falqui. Più tardi incontreràManzù, Guttuso,Sbarbaro.Nella foto: Ritratto diMiriam che dorme(1928).

invece, era una città piccola, ma sempre città, e lacondizione di miseria e abbandono la ricorderòsempre… La caserma Di Cocco, dove c’erano glisfollati…Felicetti: …Ma anche noi, e tu in particolare, certonon facevamo la bella vita…Mafai: In realtà credo in quel periodo di avere prati-camente tentato di cancellare la mia identità diintellettuale. Racconto un episodio, che Nevio forsenon sa. Una volta mi ammalai, l’influenza si tra-sformò in polmonite. Abitavo in un appartamentoin corso Umberto, molto malandato, dove l’acquaentrava pure dal soffitto. Chiamammo un medico:quando venne mi diede un’occhiata, poi mi dissecosa dovevo fare. Diede un’occhiata a mio figlio –adesso ha quasi 60 anni– e mi disse:“Guarda chequesto bambino bisogna curarlo perchè rischia: ègracilino, un po’ rachitico”. Poi alzò gli occhi –ioavevo un solo quadro di mio padre, un mio ritrattoche ho portato sempre con me, – guardò quel qua-dro e mi disse:“Signora, forse lei non lo sa, ma quellatela non è una crosta, vale molto. Perchè non lovende e prende in affitto una casa più decente?”. Iogli dissi “Ne terrò conto. Però adesso devo guarire”.Ho conosciuto cos’era la miseria nelle città e nellecampagne: per questo, adesso, quando si polemizzacontro il consumismo io sono sempre un po’“freddi-na”. Ho visto a Pescina, Ortucchio e Celano i bambiniche non avevano le scarpe, non andavano a scuolae mangiavano la carne non so quando… Se oggi ibambini di quelle zone hanno tutti lo zainetto colo-rato sarà pure segno del comunismo imperante,beh, meglio questo che il degrado che ho visto inquegli anni…Felicetti: Un lapsus, forse? Hai detto “del comuni-smo imperante”?Mafai: Del consumismo imperante! ah, ah, ah! Con il

comunismo il problema non ci sarebbe stato!Felicetti: Gli zaini colorati non li avremmo visti.Questa battuta è registrata… e mi fa venire inmente gli enormi ritardi che poi noi abbiamo avutoa metterci in sintonia con la realtà del mondo, puravendo praticato di fatto una forma di social-demo-crazia…Mafai: Di riformismo…Felicetti: Di riformismo effettivo. Mi pare che inquesti giorni lo stesso Giorgio Napolitano vada sot-tolineando questo elemento di verità della nostrastoria: la lentezza con cui abbiamo preso coscienzadella necessità di dare sbocchi politici diversi a que-sta vicenda sociale che andavamo costruendo inogni parte d’Italia.Mafai: Io mi ricordo che una volta un mio amico, uncompagno che anche tu conosci, Alfredo Reichilin,mi disse “C’è più socialismo in una cooperativa emi-liana che in tutta l’Unione Sovietica”.Felicetti: Giustissimo. Ma che conseguenze abbia-mo tratto da questa constatazione?Mafai: Questa fu la vera doppiezza nostra. Che ci haimpedito, secondo me, di assumere in tempo quelruolo di governo al quale assolvevamo in sede loca-le ma che avrebbe dovuto emergere come la verafisionomia, la vera sigla di questo partito.Felicetti: Mi chiedo se questa doppiezza, di cuisecondo me Togliatti era assai cosciente, fosse per-cepita dai dirigenti che gli sono succeduti. Le forzeriformiste, che pure erano rilevanti dentro questopartito, non hanno avuto mai l’ardire di porre il pro-blema del cambiamento della rotta politica. Fino alventesimo congresso (del Partito comunistadell’Unione Sovietica, nel 1956, quando Kruscevdenunciò i crimini dello stalinismo, ndr), si potevaanche pensare di non potere…Mafai: Esplicitare fino in fondo…

CARA MIRIAM, CARO NEVIO VARIO5723

Felicetti: Io ho ricordato recentemente che GiorgioAmendola, che a quel tempo era responsabile del-l’organizzazione del partito comunista, fece un giroin Italia consultando i segretari regionali e di federa-zione per sapere se dopo il XX Congresso fosseopportuno porsi il problema della sostituzione diTogliatti. Io, come segretario della federazione diPescara, dissi che era opportuno, anzi necessario.Credo che non abbia raccolto la stessa opinionealtrove, visto che non se ne fece niente.Mafai: Mi stai facendo una vera a propria rivelazio-ne… continua…Felicetti: Di qui la domanda: Amendola, che è statoil mio punto di riferimento politico e ricopriva quel-l’importante ruolo, probabilmente non aveva nean-che lui, fino in fondo, coscienza della necessità disuperare quella doppiezza in cui continuavamo adattorcigliarci.Mafai: Amendola arriva alla piena coscienza di que-sto, o per lo meno lo esplicita, subito dopo la mortedi Togliatti. Quando già c’è stata la vicenda unghe-rese. Nel 1964 scrisse un paio di articoli su Rinascita,sostenendo l’opportunità e la possibilità del supera-mento della tradizionale divisione tra comunisti esocialisti. Divisione che risale alla nascita del PartitoComunista nel 1921, e di una unificazione delleforze.Felicetti: Lo ricordo perfettamente. E quella è statala grande occasione mancata. Ma perchè si fermò?Mafai: Si fermo perchè non trovò nessun consenso.Giorgio Napolitano, nel suo ultimo libro, ricorda conuna certa incertezza il fatto che nemmeno lui, chepure era un amendoliano di stretta osservanza,nemmeno lui ebbe … stavo per dire… il corag-gio… insomma, la forza…Felicetti: La consapevolezza diciamo…Mafai: …La consapevolezza di sostenere la linea diAmendola, che venne immediatamente stroncata.

La storia non si fa con i se, ma noi stiamo qui achiacchierare tra vecchi amici. Se allora quella lineafosse stata assunta, seppur con prudenza, e portataavanti attraverso un dibattito vero, probabilmentela storia del nostro Paese sarebbe stata diversa. Enoi avremmo avuto una forza socialdemocraticache avrebbe potuto portare avanti alcune di quelleriforme di cui sentiamo ancora oggi la mancanza.Felicetti: Ma secondo te dopo la morte di Togliattie la nomina scontata del vecchio Luigi Longo asegretario, se la scelta del vice segretario fossecaduta su Giorgio Napolitano piuttosto che EnricoBerlinguer, chissà se…Mafai: A mio avviso, la storia di quel partito sarebbestata diversa. Non si ebbe il coraggio di affrontareuna terra ignota che avrebbe potuto essere quelladi una diversa relazione tra comunisti e sociali-sti…Diciamo che il partito nel quale ho militato, hafatto a lungo una politica di tipo riformista.Felicetti: Non c’è dubbio…Mafai: Perchè quello ha fatto, senza però assumer-sene pienamente la responsabilità e senza convin-cere a questa linea tutto il partito.Felicetti: Certo, ma senza convincere la gente, che èla cosa più grave. Perchè questo elemento di ambi-guità ha finito poi per determinare una serie divicende a catena che si sono prodotte fino ad oggi,per cui ci è difficile ora proporre come leader, inoccasione delle prossime elezioni, un personaggioche venga dalla nostra storia; così siamo obbligati afare ricorso, ancora una volta, a un personaggio cheviene da una storia diversa. Per carità, ci stiamo bat-tendo tutti perchè questa soluzione si affermi, peròsiamo ancora prigionieri di questa mancata scelta.Mafai: Ricordo che all’epoca - già facevo la giornali-sta - il termine riformista è stato considerato negati-vo. Ricordati, Nevio, che a un certo punto si lanciònei confronti di Giorgio Napolitano e di altri che

Nella foto in alto,

l’aula consiliare

del Comune di Pescara

il giorno dell’insediamento

del Sindaco Chiola

(al centro, tra Nevio Felicetti

e Miriam Mafai).

«I grandi valori ai

quali siamo stati

educati sembrano

ormai allentati.

Quasi che una tale

deriva fosse

inevitabile per farsi

accettare come

“moderni”.

Senza passione

è difficile fare

politica, soprattutto

fare politica

alta e nobile».

24 VARIO57 PERSONAGGI

Nella foto in alto,

Luciano D’Alfonso.

Sotto, Vincenzo Chiola

tra Nevio Felicetti

e Miriam Mafai.

La sua amministrazione ha intitolato la piazzadel Comune a Chiola. Perché?La scelta di intitolare “Largo Vincenzo Chiola” laparte più importante di Piazza Italia, quella su cui siaffaccia il Palazzo di Città, è stata presa dalla GiuntaComunale perché la figura di Chiola, Sindaco diPescara nel periodo 1951/1956, è stata considerataunanimamente come la più emblematica espressio-ne di una classe dirigente all’altezza di tempi nuovie difficili.Vincenzo Chiola, infatti, rappresenta inmaniera straordinaria lo sforzo della città negli annitravagliati della ricostruzione dopo le distruzionidella seconda guerra mondiale. Prima nella veste diAssessore ai Lavori Pubblici e poi in quella diSindaco, Chiola si rese conto dell’esigenza di assicu-rare continuità e organicità tra piano di ricostruzio-ne e piano regolatore della città, con la finalità direndere Pescara una “città giardino”, ovvero una cittàa misura d’uomo, in linea con la migliore tradizionemediterranea. Chiola è stato senza dubbio un politi-co lungimirante e rappresenta una forte figura diriferimento per tutti coloro che si propongono didare un contributo per la crescita della città.Cosa deve la città a quel Sindaco?Un forte lascito morale per una politica autentica,volta al bene esclusivo dei Pescaresi. È sicuramentequesto il segnale più grande che ci ha lasciatoVincenzo Chiola. Nello svolgimento della propriaattività, Chiola ha sempre vissuto le problematichecittadine come fossero le proprie, portando avantipolitiche e strategie finalizzate a ricostruire la cittànel rispetto del contesto ambientale e nella valoriz-zazione dell’autentico genius loci di Pescara.E proprio a questo attaccamento e ai valori chehanno ispirato l’attività di Vincenzo Chiola abbiamofatto riferimento nella delibera con cui abbiamo for-malmente intitolato Piazza Italia al Sindaco Chiola,“in considerazione della sua lungimirante ed appas-sionata attività svolta al servizio della città per ren-dere possibile la rinascita di Pescara”.E lei, come Sindaco, cosa gli deve?Voglia di fare, ideali, passione per l’attività politicaed amministrativa. Ricordo in particolare una frasedi Chiola:“Pescara ha bisogno di risanamento”. Ecco,ancora oggi ritengo questa frase di stringente attua-lità ed è per questa ragione che fin dal primo giornodel nostro insediamento abbiamo lavorato costan-temente per dare un nuovo inizio alla vicenda eco-

nomica, sociale e culturale della città.Chiola, in uno scenario difficile come quello post-bellico, ha operato con un’idea ben chiara nellamente: far rinascere Pescara. Le politiche condottedalla nostra Amministrazione, seppur in uno scena-rio ovviamente molto diverso, si pongono il medesi-mo obiettivo: far rinascere Pescara dal suo interno,rinnovandola nell’aspetto e nelle funzioni, e realiz-zando gli interventi strategici in grado di rilanciarela sua immagine di città-relazionale, ponte ideale fral’Italia e i Balcani e porta del Mediterraneo versol’Oriente.Quali sono stati i tratti di modernità di quellaesperienza amministrativa?Un segnale di forte attualità lo vedo nella capacitàche il Sindaco Chiola dimostrò negli anni travagliatidel secondo dopoguerra nell’unire la viva sollecitu-dine per gli urgenti problemi della quotidianità conla coltivazione del progetto per il futuro. La velocitàcon la quale la città si è sviluppata, in maniera frene-tica e a volte anche disordinata negli anni successivial mandato di Vincenzo Chiola, non ha consentitol’attuazione puntuale di quel progetto. Ora è possi-bile rifarsi a quella visione di crescita organica dellacomunità che la nostra Amministrazione comunaleha scelto fin dall’inizio del mandato di governo.Proprio in questi giorni è partita la seconda fase del-l’intervento per il recupero e la riqualificazione inte-grale della Riserva Naturale Dannunziana, che insie-me all’Aurum ormai prossimo alla riapertura, tor-nerà ad essere il centro pulsante della grande voca-zione ambientale della città. Ma più importanteancora è che questo giacimento verde si è comeesteso e diffuso in tutta la città, nella quale abbiamorealizzato ovunque nuovi parchi e giardini pubblici.È tutta la città ad essere animata da una nuova sen-sibilità per la qualità della vita, per la programmazio-ne razionale e relazionale degli spazi, per la salva-guardia del territorio. Questa attenzione ci consentedi dare vita a una nuova pagina della vicenda diPescara, nella quale è facile ricostruire la fisionomiapià genuina del lascito di Vincenzo Chiola. Pescaraha nella testa il futuro e nel cuore l’attenzione versole persone. Chiola si pose in sintonia con questaanima profonda della città, e per questa ragione lasua esperienza è per noi un riferimento forte perdare piena espressione ai valori e alle potenzialità di Pescara.

Affinità elettiveA cinquant’anni di distanza Luciano D’Alfonso delineal’eredità politica di Vincenzo Chiola, il Sindaco della Ricostruzione

AFFINITA’ ELETTIVE VARIO5725

sostenevano le sue scelte l’insulto di “migliorista”:come se voler migliorare le cose fosse un datonegativo e non positivo. Questa cosa ce la siamotrascinata per anni e anni, ed è per questo che oggiancora non possiamo proporre a leader di questoPaese un uomo che venga da quella storia. Mentrene avremmo le capacità e la forza.Felicetti: Miriam, quando ci furono le prime elezioniregionali io dovevo essere candidato a Pescara per ilConsiglio regionale: bollandomi come miglioristafecero eleggere un operaio al posto del riformista,del migliorista Felicetti. Claudio Petruccioli, nellapresentazione a quel volumetto che io ho dato allestampe, lo ricorda facendo autocritica: perchè alloraera ingraiano, ricordi?Mafai: Si.Felicetti: E dalla sponda dell’ingraismo, tutto quelche sapeva di riformismo e di migliorismo era consi-derato eresia. Al mio posto fu candidato VespuccioBallone, il compagno Ballone.Mafai: Niente da eccepire però…Felicetti: Un compagno bravissimo, solo che in quelruolo non era adatto. E infatti la sua esperienza siconsumò nel giro di una legislatura. Ma nei suoiconfronti davvero niente…Mafai: Beh, questo è chiarissimo…Felicetti: …Per dire del segno dei tempi. Ma anchedell’insufficiente consapevolezza del valore delmetodo democratico nella gestione del partito.Quella vicenda è un fatto minore, rispetto alla qualese ne potrebbero rileggere altre, più significative:come la tua. Si poté disporre, in una regione costret-ta ai margini della vita politica nazionale, di una per-sonalità come te. Decidemmo di candidarti nel ‘94,di eleggerti deputata. Ma poi, immediatamentedopo, finì ogni voglia di valorizzare la tua presenza.Mafai: Nevio, le strutture resistono sempre allanovità: è una legge della fisica.Felicetti: Certo, ma fu un modo di arrendersi allapochezza. Sentivamo la necessità di una rappresen-tanza abruzzese in Parlamento meno banale diquelle che si erano succedute…Mafai:Tutte buone…

Felicetti: …Ma senza spicco, senza lucentezza.Di qui anche la marginalità della regione rispettoalla vicenda politica nazionale, che sentivamo comeun problema. Per questo volevamo candidareMiriam, che un’esperienza importante l’aveva fattain Abruzzo, ma che con la sua attività di giornalistaaveva sviluppato legami importanti. Era una soluzio-ne che aveva bisogno di essere coltivata in un rap-porto dialettico tra Abruzzo e Parlamento, di andatae ritorno tra esperienze. Era quello a cui pensavamoe invece…Mafai: Ci fu però anche una responsabilità mia.Quella fu una legislatura molto breve, una delle piùbrevi della Repubblica: sentii immediatamente chec’erano in Abruzzo, a Pescara, resistenze e diffidenzeanche in parte legittime. Ero stata paracadutata, erostata richiesta: non sentii il calore e la solidarietà chesarebbero stati necessari per un mio impegno piùforte e più continuativo per la città.Felicetti: Certo…Mafai: E allora, di fronte a una situazione di questadifficoltà, mi tirai indietro. Occupandomi alla Camerapiù di problemi generali e di alcune battaglie femmi-nili –si cominciava allora a parlare della legge sullafecondazione assistita– anzichè dedicare attenzionealla situazione di Pescara e dell’Abruzzo. Quindi ci fuanche una mia responsabilità… Probabilmente avreiaffrontato meglio quell’esperienza se non avessisentito, se non ostilità, una certa “diffidenza”.Felicetti: Miriam, io capisco quando tu dici “ci stan-no anche le mie responsabilità”, ma è difficile fare l’a-more se non si è in due. Ma resta la storia straordi-naria del nostro partito, del nostro essere comunisti.Mafai:È un elemento che è parte costitutiva delnostro temperamento e della storia del partito nelquale siamo cresciuti. In cui si entrava come in un con-vento,ma che educava al rispetto di grandi valori…Felicetti: Che sembrano ormai allentati. Quasi cheuna tale deriva fosse inevitabile per farsi accettarecome “moderni”. Senza passione é difficile fare politi-ca, soprattutto fare politica alta e nobile. Che nessu-no lo dimentichi ora che si è aperto, seppure un pòconfusamente, il discorso sul Partito democratico.

26 VARIO57 PERSONAGGI

In alto, da sinistra:

Palmiro Togliatti;

Enrico Berlinguer

alla fiera d’oltremare di Napoli

durante il comizio conclusivo

della Festa dell’Unità nel 1976;

Giovanni Amendola

(con Nevio Felicetti):

tre leader storici del Pci.

Qui sopra: Miriam Mafai

durante la campagna

elettorale del ‘94, a Pescara.