Minastirith 01/11
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Anno II - Numero IV – Gennaio 2011 - Organo a diffusione interna (c.i.p) Ass. Cult. FUROR - Via San Giorgio (Catanzaro) - info: [email protected]
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FUROR SULLA DEMOCRAZIA
Il 2 Gennaio 2011 Furor ha inaugu-
inaugurato il nuovo anno con un te-
ma forte: la democrazia. Lanciando
una provocazione ci siamo chiesti: è
il male minore? Alla presenza di una
folta platea che ha invaso il nostro
caffè abbiamo discusso sul tema e
quello che riportiamo di seguito è
solo qualche spunto del dibattito.
Ciclicità del tempo
Se la dottrina ciclica del-
le età stabilisce, in con-
formità a tutto ciò che
accade in natura, che la
storia dell‟uomo è carat-
terizzata da un graduale
allontanamento dal Prin-
cipio e dunque dal sus-
seguirsi di 4 età diffe-
renti, così la democrazia
è l‟immagine dell‟età del
ferro.
Democrazia
Le critiche alla democra-
zia provengono da di-
versi ambienti ed hanno
nature ed obiettivi diversi. C‟è una
l inea “democrat i ca” ed una
“democratica assoluta”. Quella da cui
muoviamo è, invece, la linea tradi-
zionale, che fonda la sua critica sul
concetto stesso di democrazia. Autori
principali di tale critica, che include la
precedente ed esclude la prima, sono
Evola e Guenon.Guenon spiega che il
problema politico e sociale della de-
mocrazia deve essere analizzato alla
luce dei Principi. Contro la demo-
c r a z i a v a l e p e r c i ò
un’argomentazione: il superiore
non può promanare dall’inferiore
perché il più non può trarsi dal
meno. Il potere può venire solo
dall’alto: non possono coesistere
governati e governanti nello
stesso soggetto: o questa è
un’assurdità o cela
un imbroglio ver-
bale. D’altra parte
Numerus stat ex
parte materiae
Le origini della de-
mocrazia si ritrovano
in Grecia. Atene spe-
rimentò la democra-
zia, è vero, ma era
più che altro una
forma di partecipa-
zione politica allar-
gata che poggiava
su una base merito-
cratica, su classi di
appartenenza; un
sistema in cui ognuno, in base alle
proprie potenzialità, aveva un peso
differente nella gestione della cosa
pubblica.
Oggi che ci si ritiene eredi di
quell‟invenzione, il potere viene pre-
so e gestito da chi meglio sa sedurre
le masse e - nell‟epoca del verbali-
smo - convincerle ed esaltarle con le
parole, facendo cardine su concetti
_______________ indirizzi dottrinari _______________
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vaghi.
Prima però di riflettere sui danni del-
la democrazia è bene fare un piccolo
passo indietro e ritornare alle origini.
La democrazia moderna nasce da
un‟idea falsa, quella dell‟eguaglianza.
Uguaglianza, soprattutto, dei diritti.
Ma non ogni diritto ha un‟origine na-
turale: i diritti si conquistano e si de-
vono meritare. Non ci vuole un gran-
de quoziente intellettivo per capire
che il risultato di tale operazione è lo
schiacciamento verso il basso dei mi-
gliori. In realtà, come afferma Mas-
simo Fini, la democrazia non è altro
che un sistema di minoranze organiz-
zate che prevalgono sulla maggioran-
za dei cittadini singolarmente presi,
soffocandoli, limitandone gravemente
la libertà e tenendoli in una condizio-
ne di minorità (Sudditi, Manifesto
contro la democrazia” edizioni Marsi-
glio). L‟uomo comune, imbevuto di
qualunquismo, obietterà: non c‟è al-
ternativa, come decidere chi deve
guidare lo Stato? La storia in realtà è
piena di esempi positivi, di modelli
che per diversi secoli hanno funzio-
nato bene. Il medioevo è un grande
esempio di armonia sociale, checché
ne dicano progressisti e liberali. Le
caste selezionavano gli uomini adatti
ad occuparsi di certi compiti piuttosto
che d i a l t r i . S i ob i e t t e rà
sull‟ingiustizia di tale sistema chiuso;
ma chi ha mai detto che era chiuso.
Certamente uno schiavo abile nel
combattere non veniva lasciato al
suo posto ma utilizzato al meglio;
oltre a ciò si tenga conto che il no-
stro mondo riduce i secoli a schemi
ristretti e la storia ad un rapporto
dialettico, in realtà vi era un margine
di scelta molto ampio ed i raggruppa-
menti servivano come strumenti per
meglio consentire ed agevolare lo
sviluppo integrale degli esseri umani.
E per quanto riguarda gli schiavi, il
mondo non ne ha mai conosciuto
tanto quanto ne conta oggi. E la li-
bertà? E‟ libero l‟uomo di oggi che
lavora tutto il giorno e non ha tempo
né (spesso) mezzi di decidere nulla
della sua vita? Il sistema ci aggredi-
sce in ogni ambito, prendiamo
l‟istruzione ad esempio. Quanta arro-
ganza c‟è nel ritenere che tutti gli
uomini debbano avere la stessa i-
struzione di base! Come non si fa a
capire che i metodi di insegnamento
non possono essere gli stessi per tut-
ti?!
Due parole inoltre vanno spese intor-
no al mito della sovranità popolare.
Nella democrazia si è convinti che
ognuno abbia il diritto di parlare, di
esprimersi, di manifestare… ma que-
sto non è vero perché la democrazia
mostra intolleranza verso chi le rema
contro o verso chi semplicemente
pone nella sua vita dei valori più alti.
E‟ un regime come un altro che si
difende dai suoi nemici. Con il prete-
sto del rispetto si pone tutto sullo
stesso livello, l‟ateismo alla pari del
satanismo e della religione, si dice
che bisogna confrontarsi ed arricchir-
si a vicenda, dopo tutto viviamo in
un villaggio globale… ma il villaggio
cui si allude è solo un desolato pae-
saggio sterile in cui, ormai, a scam-
biare opinioni si rischia solo di riceve-
re merda.
C‟è un autore contemporaneo che
parafrasando la Repubblica di Platone
ha definito la democrazia un modo
per metterlo nel culo alla gente col
MEDITERRANEO IN RIVOLTA
Mentre in Italia si dibatte sulle serati-
ne di Berlusconi, intorno a noi molti
paesi si sollevano contro la casta. In
Tunisia la rivoluzione ha portato alla
cacciata del suo presidente Ben Alì,
al potere per ben cinque mandati
consecutivi. Alcune considerazioni
pochi giorni fa ci inducevano a riflet-
tere: il partito del presidente tunisino
è il Raggruppamento
Costituzionale Demo-
cratico; in Tunisia si
svolgevano puntual-
mente le elezioni. In-
somma, che ci siano
elezioni e che ci si de-
finisca democratici non
significa che il popolo
conti davvero qualcosa
e che le elezioni non
sia una farsa. L‟ultima
volta, in calo, aveva vinto con l‟89%.
Ma la Tunisia era uno dei migliori al-
leati dell‟Occidente. Dalla sua aveva
un pregio: è uno dei paesi più laici
dell‟area, l‟unico ad aver adottato un
codice di famiglia di matrice occiden-
tale, il primo ad aver vietato ad e-
sempio la poligamia tra gli stati ara-
bi. La Tunisia, insomma, non è uno
stato islamico. La sharia ha un ruolo
marginale e di facciata. Un processo
di “modernizzazione” imposto alla
popolazione dai ceti urbani, dalle éli-
te privilegiate che poteva anche es-
sere accettato se a questo processo
avesse corrisposto una maggiore giu-
stizia sociale, un reale pluralismo.
Come spesso accade in democrazia,
però, elezioni, partiti e parole riman-
gono termini vuoti e creano solo con-
fusione, specie laddove ci si trovi di
fronte ad una situazione di corruzio-
ne, profonde ingiustizie ed una casta
che è sempre là. In Tunisia, come
abbiamo detto, la casta non cambia-
va. Ed il popolo si è rivoltato, come
sempre col pericolo di derive, in que-
sto caso fondamentaliste. Pare, per
fortuna, che questo
pericolo non sia reale
in Tunisia. C‟è invece
chi teme ciò possa ac-
cadere in Egitto.
La terra dei faraoni è
nel caos. La vicina Tu-
nisia ha scosso
nell‟orgoglio gli egiziani
che, con un presidente
in carica da 30 anni, hanno deciso
che era arrivata l‟ora di dire basta a
Mubarak. Il Presidente, forte alleato
degli Usa, promette un rimpasto: po-
co più che un contentino. In carica
dal 1981, Mubarak è anch‟egli a capo
di un partito che sfoggia il nome di
Partito Nazionale Democratico ed alle
ultime elezioni vanta l‟88% delle pre-
ferenze. Peccato che i votanti rappre-
sentassero solo il 23% della popola-
zione. Una situazione lontana dalla
nostra, ma ancora per quanto? È or-
mai da tempo che la gente vota sem-
pre meno, che la partecipazione cala,
eppure nessuno dubita della legitti-
4
_______________ spunti storici _______________
mità di chi si alterna al governo.
Anche l‟Egitto non è un paese che si
fa condizionare troppo dalla sharia.
Aperto al turismo, l‟Egitto fa parte di
quella schiera di paesi che hanno ab-
bandonato identità araba e sociali-
smo, quando toccava fare affari.
In Egitto non si possono costituire
partiti su base confessionale. Ed i
Fratelli Mussulmani, subito ricercati
dal regime, sono rimasti un po‟ in
disparte nella rivolta. Quello che col-
pisce molti osservatori è invece
“l‟unità che gli egiziani stanno dimo-
strando in queste manifestazioni. Da
tempo immemore non si vedevano
insieme musulmani e cristiani, fon-
damentalisti e laicisti,
classe media e operai.
E‟ esattamente dalla
rivoluzione del 1919
contro gli inglesi (sono
p a s s a t i q u a s i
cent‟anni!) che non si
vedevano manifestazio-
ni che accomunassero
uomini e donne, studenti, impiegati,
commercianti, contadini, operai. Ma
soprattutto giovani”. Tutto ciò in un
regime che “ha svenduto il proprio
territorio al miglior offerente (spesso
straniero). Uno stato di polizia che
non è riuscito a proteggere la sua
popolazione, e in particolare inermi
fedeli copti, da ben due attentati ter-
roristici nell‟arco di un solo anno (7
gennaio 2010/1 gennaio 2011). Un
regime che ha fatto dei commissaria-
ti di polizia tribunali per processi
sommari e centri di tortura legalizzati
grazie alla Legge di Emergenza in
vigore dal 1967 (fu sospesa solo per
circa un anno nel 1980 e ripristinata
da Mubarak dopo l‟assassinio di Sa-
dat), una legge che dà carta bianca
al presidente di congelare la
“normale” vita del Paese imponendo
coprifuoco, arresti di massa per sem-
plice sospetto (come accade anche
oggi), invalidando o modificando
sentenze di tribunali della Repubbli-
ca”. Oggi il popolo si rivolta contro
tutto ciò e chissà che non si costitui-
sca una via alternativa a quella fon-
damentalista come non è finora mai
accaduto. Ma oggi è ancora rivolta,
così Al Jazeera viene
chiusa dal governo, le
frontiere anche, gli
stranieri fatti evacuare,
mentre la piazza si
riempie minacciata da
caccia militari che vola-
no a bassa quota. Ri-
volte si registrano nelle
carceri e le borse dei
paesi mediorientali sono in netto ca-
lo. Gli Usa, da parte loro, chiedono
un passaggio ordinato di poteri: gli
alleati sono alleati e non si possono
attaccare per non fare brutta figura
ma, dopo tutto, viene prima
l‟interesse e se le rivolte mandano
all‟aria il mercato, meglio che finisca-
no al più presto, a qualunque costo.
5
GIORNALI SCANDALISTICI
Niente paura, non è nostra intenzio-
ne piegarci a trattare di cronache
rosa. Il titolo è una provocazione de-
stinata a sottolineare quanto sia in-
sopportabile e poco intelligente il
modo di recepire le notizie in Italia.
Vediamone alcune di questi giorni:
la Caritas del Veneto mette in luce la
pericolosità del continuare
a ricevere immigrati in
maniera incontrollata;
Borghezio definisce la
questione abruzzese come
un “peso morto”; Berlu-
sconi spiega che se la Fiat
decidesse di lasciare
l‟Italia, a seguito di un no
al referendum indetto, fa-
rebbe bene. Notizie di ri-
lievo, certo. Un rilievo che è legitti-
mo esprimere.
Ma da qui a far passare ogni notizia
rilevante come dichiarazione imba-
razzante, questione di vita o di mor-
te civile, ci sembra francamente ec-
cessivo. Il nuovo decreto flussi, spie-
ga la Caritas di Venezia ad un quoti-
diano locale, con l‟arrivo di 100.000
nuovi immigrati è una bomba che
rischia di alimentare la guerra tra
poveri. Insomma, l‟immigrazione
senza l imi t i rende d i f f i c i l e
un‟adeguata accoglienza all‟interno
del corpo sociale. Un‟affermazione
per certi versi scontata, di buon sen-
so, che improvvisamente conquista i
titoli dei giornali, e non per il merito
di aver detto una verità che troppi
nascondono, al contrario, per il fatto
che quanto detto sarebbe contrario
al principio solidaristico proprio ad
un‟organizzazione come la Caritas. E
subito giù con le chiarificazioni, affin-
ché non si corra il rischio di esser
tacciati di berlusconismo, o peggio,
di fascismo, per l‟unica
colpa di aver detto qualco-
sa di ovvio che tutti do-
vrebbero tenere a mente:
per motivi del tutto pratici,
uno squilibrio demografico
improvviso genera caos
sociale. Ma andiamo ad
altro. Borghezio dixit: in
Abruzzo come in tutto il
sud “prevale sempre l'at-
tesa degli aiuti, non ci sono impor-
tanti iniziative autonome di ripresa.
Si attende sempre che arrivi qualco-
sa dall'alto, nonostante dall'alto arri-
vi molto”. Siamo di sangue meridio-
nale ma quanto detto da Borghezio,
è puro realismo”. Al sud è stato tolto
molto, ma l‟unità d‟Italia è lontana e
reclamare ancora sarebbe assurdo.
Roma è rinata dopo ogni battaglia,
non si è certo buttata giù accusando
i nemici della sua disfatta. E chi na-
sce al sud sarebbe ora che la smet-
tesse di farlo. Chi si lamenta del sud
non ha nessun diritto a farlo se poi
pensa ad andarsene perché è proprio
questo ciò che ne impedisce la cre-
scita. Chi vuole fare il suo dovere
6
lotti per il sud, crescendo professio-
nalmente qua al sud e facendo così
crescere il sud stesso. Per quanto
invece la sua frase sia risultata of-
fensiva nei confronti dei terremotati
abruzzesi, qui è chiaro l‟intento di
chi grida allo scandalo in maniera del
tutto strumentale perché ormai il
buonismo è il comune denominatore
del linguaggio politico italiano. Di
volta in volta la vittima designata
non può essere toccata da alcun ar-
gomento di discussione. La vittima è
rivestita da un velo di
sacralità. All‟Abruzzo
è stato dato tanto, la
solidarietà nazionale
e sociale ha raggiunto
livelli altissimi, più alti
di quanto non sia suc-
cesso con l‟alluvione
in Veneto, con conse-
guenze certo differen-
ti. Ma aspettare i giusti aiuti dallo
stato è diverso dall‟aspettarsi che
tutto venga dallo stato. E, che ciò sia
vero o no, va al di là della questione
che politici e commentatori ne hanno
fatto, una questione di offesa, offesa
della vittima del momento.
E in ultimo Berlusconi e la Fiat. Su
questa affermazione del premier, “se
il referendum fallisce, la Fiat farebbe
bene a lasciare l‟Italia”, ci sarebbe
stato lo spazio per aprire ampi tavoli
di discussione. È in gioco una visione
dell‟economia, non è certo soltanto
una questione interna a Fiat. Ma le
reazioni hanno il tono dello scandalo,
di chi non sa discutere. Anche noi,
che liberisti non siamo, che siamo
contro la delocalizzazione - un mez-
zo scorretto di operare sul mercato,
sfruttando il costo relativamente
basso della manodopera di altri pae-
si grazie -, non gridiamo certo allo
scandalo. Anche perché ciò che si
contesta è la ragionevolezza di chi
rifiuta un simili accordo senza un
motivo che non sia ideologico. Chi
critica gli aiuti di stato
alla Fiat, non può cri-
ticare poi il comporta-
mento ultra-liberista
di chi sceglie di pro-
durre all‟estero. Ed i
sindacati, ad eccezio-
ne della rossa Fiom,
hanno firmato un ac-
cordo, che non è certo
l‟ingresso del caporalato nelle fabbri-
che Fiat. Si pretende maggiore pro-
duttività. Sarebbe assurdo pretende-
re di lavorare in una multinazionale
senza accettarne le regole base. 40
ore settimanali e qualche minuto di
pausa in meno pagato, un aumento
di stipendio, misure contro gli assen-
teisti, in cambio di un investimento
di un miliardo di euro, non ci sem-
brano un accordo irragionevole. E gli
unici residui di protesta che riman-
gono all‟Italia, di questi tempi, non
t r o v a n o r a d i c i c h e
nell‟individualismo. Altro che interes-
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8
BEAR GRYLLS: NON SOLO TV
Edward Michael Grylls è uno sportivo,
avventuriero inglese divenuto ultima-
mente celebre per programmi televi-
sivi estremi in cui affronta sfide di
sopravvivenza in luoghi inospitali
mettendo in mostra le sue grandi ca-
pacità e il suo coraggio in situazioni
critiche. Ma la sua storia va oltre la
sua ancora breve carriera televisiva.
Grylls fin da piccolo pratica
arrampicate e vela, oltre ad
essere un appassionato di
arti marziali nelle quali con-
segue la cintura nera secon-
do dan in giovane età. Prima
di ottenere la laurea in studi
ispanici, è stato soldato delle
forze speciali inglesi (SAS) ed
affronta due missioni in nord
Africa.
Diventa poi istruttore di so-
pravvivenza nell‟esercito ma la sua
carriera militare finisce dopo aver a-
vuto un incidente durante un lancio
paracadutistico in Kenya, in seguito
al quale, a causa di uno strappo al
paracadute a 500m d‟altezza, precipi-
tò quasi fatalmente al suolo subendo
lo schiacciamento di tre vertebre.
Grylls anche dopo questo pericoloso
incidente continuò a cercare di supe-
rare i suoi limiti, affrontando sfide
nelle quali emerge il suo spirito da
guerriero dedito al sacrificio ed
un‟incredibile abilità nell‟adattarsi an-
che laddove vengono a mancare le
risorse fondamentali per la sopravvi-
venza. A dimostrazione di ciò Bear
(orso), così chiamato fin da piccolo in
famiglia, è stato il più giovane inglese
a scalare il monte Everest,
cosa non da poco visto le
difficoltà esagerata di
quest‟ impresa, nella quale
proprio al suo fianco alcune
persone hanno perso tragi-
camente la vita.
Nel 2004 è stato insignito
del titolo onorario di Capi-
tano di Corvetta nella Royal
Naval Reserve. Certo la
spettacolarizzazione televi-
siva non ci sta molto a genio e le pro-
ve estreme hanno valore a seconda
dello spirito con le quali le si affronta,
certo è che in questo caso è la televi-
sione che ci ha permesso di conosce-
re questo singolare personaggio, alle
prese con uno stile di vita del tutto
distante dalla routine e dal caos op-
primente della vita moderna.
SOSTIENI FUROR, SOSTIENI L’IDEA! - Tessera socio: è gratuita e ti permette di partecipare alle nostre attività, inizia-tive e di disporre del materiale dell‟associazione.
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nostro giornalino e materiale vario, tra cui eventuali nostre produzioni.
_______________ rubrica sportiva _______________
ECCESSI DI VIRTU’! COSTANZA...
Cha Sa-soon, donna di 68 anni di
Seoul, Corea, ha dovuto aspettare
un numero imprecisato di anni, spende-
re quasi tremila euro e fare ben 960 tenta-
tivi prima di superare il terribile esame
della patente. Paradossalmente, la par-
te più ostica per Cha Sa-soon non è sta-
ta la pratica, con la prova del "terribile" parcheggio retromar-
cia, che è stata la causa del fallimento del suo esame "solo"
10 volte, bensì la parte teorica, che Cha Sa-soon ha dovuto
ripetere ben 950 volte!
E VIRILITA’!
Protagonista è un uomo inglese, Keith MacDonald, e il suo ‘record’ è poten-
zialmente ancora agli inizi: 10 figli da 10 donne diverse a soli 25 anni! La sua
storia sta facendo discutere in Gran Bretagna, per via del fatto che, essendo
disoccupato, non può mantenere i suoi figli: le loro madri dunque, tra benefit
e sussidi, costeranno ai contribuenti britannici all‟incirca un milione e mezzo
di sterline (poco meno di 1,8 milioni di euro), fino al compimento del sedice-
simo anno di età. Keith, che ha abbandonato tutte le sue amanti e tutti i suoi
figli, ha avuto il primo „erede‟ all‟età di 15 anni.
9
JOHN Q di Nick Cassavetes
Film non troppo lungo, che scorre veloce e con incisività
sullo schermo, distribuito nel 2002, John Q fa sua quella che è
la problematica di un intero paese, l‟ormai noto sistema sani-
tario degli USA. Il protagonista, interpretato da un attivissimo
Denzel Washington, è un padre di famiglia che, nonostante le
notevoli difficoltà economiche, non ha mai perso la fiducia nella possibili-
tà di condurre ugualmente una vita serena in compagnia di sua moglie Deni-
se e del figlio Mike. Ma in un solo giorno avviene l‟imprevedibile: il piccolo
Michael ha un improvviso malore e si scoprirà avere un grave difetto cardia-
co, finora non trovato a causa dell‟imperante malfunzionamento della sanità;
è così necessario il trapianto. Ma le spese mediche molto alte John non rie-
sce a garantirle e non le copre neanche l‟ospedale. Ed è ora che comincia la
disperata lotta del presto famoso“ John Q, che dopo aver tentato tutte le vie
legali per salvare suo figlio, è costretto, da un sistema che poco aiuta le per-
sone, all‟irreparabile, occupando la clinica, prendendo con sé in ostaggio me-
dici, infermieri e anche innocenti, rimanendo quasi un eroe disperato co-
stretto alla più estrema forma di denuncia sociale.
10
IMPERIUM di Mario Polia
Leggere un testo di Mario Polia è una sorta di obbligo per chiunque voglia
addentrarsi nello spirito delle civiltà antiche, grazie alla particolare sensibili-
tà che egli mostra nel parlare di Oriente come delle civiltà sudamericane,
del Medioevo europeo come dell‟antica Roma. Leggere Imperium è
un‟esperienza di conoscenza che non ha eguali e che fornisce, oltre ad una
notevole quantità di informazioni storiche, l‟esatta idea dello spirito che for-
giò la civiltà romana, la Roma arcaica, come non a caso fa notare il sottoti-
tolo. Il potere di diritto divino, tutta la sua sacralità nell‟elezione divina me-
diata dai sapienti ed allo stesso tempo il ruolo del popolo che riconosce
l‟autorità, il rex come auctor - ordinatore - da cui deriva l‟auctoritas stessa,
la ritualizzazione dell‟intera vita pubblica e privata: tutto ciò è stata la civil-
tà romana. Tutto ciò, soprattutto, il messaggio che ha lasciato. Un messag-
gio superstorico di una città che ha sentito su di sé il compito non già di go-
vernare ed amministrare un popolo e dominarne tanti altri, quanto quello di
forgiare un‟idea di uomo romano precisa, grazie ad un‟idea di stato molto
simile a quella dello stato etico. Nella sua fondazione il profondo valore del-
la lex, come regola che proviene da Giove, nel suo mito e nel suo nome il
mistero di una città che vanta origini divine ed un simbolismo nella succes-
sione dei regnanti che ne illustra il ruolo di eterna città sacra. Emozionante
l‟ultimo capitolo, laddove il racconto degli exempla prende il posto del rac-
conto dei principi: uomini romani che mostrano il sen- so
pedagogico che ebbe a Roma l‟imitazione e la nar-
razione delle gesta dei grandi uomini del passa-
to.
_______________ angolo librario _______________
ARTE AL FEMMINILE
È di questi ultimi giorni la presenta-
zione del nuovo lavoro di Hypnos
(noto pittore italiano tale Gilberto di
Benetto). L‟opera dal nome “NO
MONEY NO SEX” vuole esprimere il
punto di vista sulla prostituzione di
hypnos attraverso una riproduzione
dell‟organo femminile. Il pittore ha
dichiarato che la sua vuole essere
una provocazione contro il nostro
governo, i politicanti italiani e la so-
cietà in generale. L‟artista continua
sottolineando come oggi prostituzio-
ne e politica vadano a braccetto. E
mette in evidenza come ormai il fe-
nomeno della prostituzione (sia ma-
schile che femminile) stia prendendo
sempre più piede all‟interno della
società e non solo nella fascia privi-
legiata dei politici. La motivazione?
La facilità, la scorciatoia. Pagare è
più facile che conquistare. Pagare è
più comodo che corteggiare, aspet-
tare e seguire tutte le fasi del cor-
teggiamento. Ora pur non condivi-
dendo a pieno il modo in cui hypnos
ha fatto la sua denuncia (riteniamo
che una “bella mostra” di vagine non
sia il modo più delicato e ca-
sto per porre l‟accento
sul problema della
prostituzione e
sul degrado
della socie-
tà) l‟artista
non ha certo tutti i torti. La prostitu-
zione è sicuramente un fenomeno
che è sempre esistito, ma oggi ha
raggiunto il culmine divenendo quasi
la chiave di accesso ad un certo
mondo, divenendo quasi cultura in-
somma. Il sesso a pagamento è di-
ventato roba di tutti i giorni è quasi
entrato nella normalità. Le ragioni?
Tante. L‟esplosione della prostituzio-
ne come sfruttamento su vasta scala
di un gran numero di giovani immi-
grate rivela il lato oscuro del meltin
pot e del capitalismo. La tratta degli
schiavi esiste in quanto tale da
quando la borghesia è al potere nel
mondo e l‟interesse economico è ora
in grado di controllare la politica e la
criminalità ha gioco facile a compare
ciò che vuole. L‟altra faccia della me-
daglia, che è quella relativa ad una
prostituzione meno da strade e con-
tigua ad un certo mondo dello
“spettacolo”, è inevitabilmente con-
seguenza di una cultura progressista
che ha per decenni portato avanti
l‟idea di un‟emancipazione femminile
che doveva passare necessariamente
per la negazione dei valori tradizio-
nali, prima fra tutti la
continenza.
11
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APPUNTAMENTI
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