MICROCOSMI LETRACCEEISOGGETTI Il nuovowelfare cheviene ... · tema della ridistribuzione dai ricchi...

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MICROCOSMI LE TRACCE EI SOGGETTI di Aldo Bonomi Ogni salto d'epoca rimette in fibrillazione e in discussione quello che noi, figli del '900, denominiamo welfare state. Facendo riferimento a quellastoriografiadelsecolo lungo, chepartedaBismarckearriva alla caduta del muro, che ha lasciato crepe vistose nello stato provvidenza e regolatore dal- l'una e dall'altra parte. Si ragiona di secondo welfare e di welfare aziendale con implicazioni per imprese, relazioni industriali, partisocialiequestione sociale. A ben vedere a questo rimanda la parola chiave welfare senza aggettivazioni. Come la lunga deriva della storia dimostra. Dalla Firenze dei banchieri e di Savonarola e delle leggi sull'usura e sul lusso, che posero allora il tema della ridistribuzione dai ricchi ai poveri, da cuiunmecenatismo in ospedali e opere che ancora ammiriamo nelle città e nelle pinacoteche delRinascimento. E che dire del passaggio dal lavoro agricolo a quello industriale? Con tanto di esodo dal contado alla città, di editti vittoriani contro ipoveri che videro nascere forme di autorganizzazione e di welfare come le mutue, le cooperative diconsumo eieprime leghe di operai e contadini, anticipatone del sindacato del '900. Anche per il welfare aziendale vai la pena scavare nelle nostra storia di impresa e di capitalismo di territorio che rimanda a ben primadellecodificateesperienze nella letteratura aziendale internazionale, di responsabilità sociale d'impresa, Il Sole 24 Ore (ITA) - it Print Tipo media: Quotidiano Nazionale Tiratura: 338.824 Publication date: 02.07.2017 Diffusione: Pagina: 11 Spread: 389.015 Readership: 901.000 Il Sole 24 Ore (ITA) - it Tipo media: Publication date: Pagina: Quotidiano Nazionale 02.07.2017 11 Tiratura: Diffusione: Spread: Readership: MICROCOSMI LETRACCEEISOGGETTI Il nuovowelfare cheviene dalontano di Aldo Bonomi O gni salto d'epoca rimette infibrilazioneeindliscus- sione quello che noi, figli del '900, denominiamo welfare state. Facendo riferimento a quellastoriografiadelsecolo lun- go,chepartedaBismarckearriva alla caduta del muro, che ha la- sciato crepe vistose nello stato provvidenza e regolatore dal- l'una e dall'altra parte. Si ragiona di secondo welfare e di welfare aziendale con implicazioni per imprese, relazioni industriali, partisocialiequestionesociale.A ben vedere a questo rimanda la parola chiave welfare senza ag- gettivazioni. Come la lunga deri- va della storia dimostra. Dalla Fi- renze dei banchieri e cli Savona- rola e delle leggi sull'usura e sul lusso, che posero allora il tema della ridistribuzione dai ricchi ai poveri, dacuiunmecenatismo in ospedali e opere che ancora am miriamo nelle città e nelle pina- coteche del Rinascimento. E che dire del passaggio dalla- voro agricolo a quello industria- le?Con tanto di esodo dal conta- do alla cittò, di editti vittoriani contro ipoveri che videro nasce- re forme di autorganizzazione e cliwelfare come le mutue, le coo- perativediconsumo eleprimele- ghe di operai e contadini, antici- patorie del sindacato del'900. Anche per llwelfare aziendale val la pena scavare nelle nostra storia diimpresae di capitalismo di territorio che rinianda a ben primadellecodfficateesperienze nella letteratura aziendale inter- nazionale, di responsabilità so- ciale d'impresa, clicorporate be- nefit odi impact socialbank. Nel nostro secolo breve del dopo- guerrra la questione del welfare aziendale la pose con forza econ una strategia da fordismo dolce, altra dal fordismo hard diVailet- ta,Adriano Olivetti Negli stabili- allamatetmitàeall'infanzia,all'as- sistenza sanitaria e sociale al- l'istruzioneprofessionaleeaiser- vizi culturali. I suoi discorsi ei suoi scritti, Ai lavoratorie Lefab- briche dibene, sono eterotopica- mente pervasi da una filosofia cli cogestione operosa attuale per l'oggi, inattuale allora, ove pre- valse il paradigma conflittuale capitale/lavoro eStato in mezzo. Non fu l'unico caso. Anche se segnato daunavisionepaternail- slica di welfare aziendale, basta ricordare la voluta da Gaetano Marzotto a Valda- gno, più dall'alto che dal basso, coniecasedeidirigentipoiquelle degli impiegatie infine le case po- polari per gli operai. E la politica di Mattei nelle relazioni iiidu- triali,traiprimiacapirecheilhe- nessere della vita privata e lavo- rativa delle persone costituisce un vantaggio competitivo e uno stmmento di condivisione degli obiettivi aziendali. Ma occorre tener conto anche delle esperienze diterritorio: i cli- strettie l'evoluzione diquellefor- me dliprimemutueecooperative inun robusto tessuto di imprese, che caratterizzano il nostro capi- talismo. Nei distretti sia Becattirii che Bagnasco ritrovano, parteli- do dall'antropologia del fare im- presa come progetto di vita, trac- ce clicomunità che rimandano a un welfare aziendale informale, mai codificato, fatto di scambi cli saperi contestuali e fonnali e di una solidarietà dentro le mura Print 338.824 389.015 901.000 dellepiccole impresetrapadron- cinie operai. Così come sono im- portanti le tracce di welfare aziendale evolute in forme mu- parlare oggi cli esperienze diwel- fare aziendalecome Fenero o La- vazza, senza Marzotto non po- tremmo stracitare il welfare aziendale di Del Vecchioel.uxot- tica,senzaMatteieilsuoinnovare relazioni industriali non potrem- mo fare riferimento al recente contratto diFedermeccanica che ha negoziato ilwelfare aziendale. Senza i distretti e le tracce di co- munit locali nonpotremmo cita- relacoffinadiCucinelliaSolomeo come una comunità operosa. E senzaleradicinellacooperazione nonpotremmo citare Conad che imposta la distribuzione com- merciale avendo nella comuiìità locale e nellaprossimirà fattori di coesione ecompetizione. Ma dato a Cesare quel che è di Cesare, con la raccomandazione che, aproposito diwelfare azien- dale, abbiamo del nostro nella storia sociale ed economica, l'an- dare avti pone nonpochi pro- blemi. Il secondo welfare, afron- tedellacrisidelprimo,perdeilca- rattere di sola supplenza all'azio- ne statale per assumere un ruolo di complementarietà in espan- siorie. Non a caso la Legge dista- bilit 2016 ne fornisce ulteriore impulso con la detassazione dei premi di produzione corrisposti inserviziperidipendenti. Le ricerche più ottimiste dico- no che 5o°o delle imprese con- sultate dichiara di avere un piano diwelfare, ma solo metà di queste neha già introdotta qualche menti dilvrea istituìunarticolato tualisticheecooperative. sistema di servizi, dall'assistenza Senza Olivetti non potremmo Tutti i diritti riservati PAESE : Italia PAGINE : 11 SUPERFICIE : 52 % PERIODICITÀ : Quotidiano DIFFUSIONE : (500000) AUTORE : Aldo Bonomi 2 luglio 2017 - N°nc

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MICROCOSMI LE TRACCE EI SOGGETTI di Aldo Bonomi Ogni salto d'epoca rimette in fibrillazione e in discussione quello che noi, figli del '900, denominiamo welfare state. Facendo riferimento a quellastoriografiadelsecolo lungo, chepartedaBismarckearriva alla caduta del muro, che ha lasciato crepe vistose nello stato provvidenza e regolatore dal- l'una e dall'altra parte. Si ragiona di secondo welfare e di welfare aziendale con implicazioni per imprese, relazioni industriali, partisocialiequestione sociale. A ben vedere a questo rimanda la parola chiave welfare senza aggettivazioni. Come la lunga deriva della storia dimostra. Dalla Firenze dei banchieri e di Savonarola e delle leggi sull'usura e sul lusso, che posero allora il tema della ridistribuzione dai ricchi ai poveri, da cuiunmecenatismo in ospedali e opere che ancora ammiriamo nelle città e nelle pinacoteche delRinascimento. E che dire del passaggio dal lavoro agricolo a quello industriale? Con tanto di esodo dal contado alla città, di editti vittoriani contro ipoveri che videro nascere forme di autorganizzazione e di welfare come le mutue, le cooperative diconsumo eieprime leghe di operai e contadini, anticipatone del sindacato del '900. Anche per il welfare aziendale vai la pena scavare nelle nostra storia di impresa e di capitalismo di territorio che rimanda a ben primadellecodificateesperienze nella letteratura aziendale internazionale, di responsabilità sociale d'impresa, di corporate benefit o di impact social bank. Nel nostro secolo breve del dopo- guerrra la questione del welfare aziendale la pose con forza e con una strategia da fordismo dolce, altra dal fordismo hard di Valletta, Adriano Olivetti Neglistabili- mentidilvreaistituìun articolato sistema di servizi dall'assistenza allamatemitàe all'infanzia, all'assistenza sanitaria e sociale al- Pistruzioneprofessionaleeaiser- vizi culturali. I suoi discorsi e i suoi scritti Ai lavoratori e Le fabbriche di bene, sono eterot epicamente pervasi da una filosofia di cogestione operosa attuale per l'oggi, inattuale allora, ove prevalse il paradigma conflittuale capitale/lavoro e Stato in mezzo. Non fu l'unico caso. Anche se segnato da una visione paternalistica di welfare aziendale, basta ricordare la "città sociale" voluta da Gaetano Marzotto a Valda- gno, più dall'alto che dal basso, conle case dei dirigentipoi quelle degli impiegati e infine le case popolari per gli operai. E la politica di Mattei nelle relazioni industriali,traiprimiacapirecheilbe- nessere della vita privata e lavorativa delle persone costituisce un vantaggio competitivo e uno strumento di condivisione degli obiettivi aziendali. Ma occorre tener conto anche delle esperienze di territorio: i di- strettiel'evoluzionediquellefor- me di prime mutue ecooperative in un robusto tessuto di imprese, che caratterizzano il nostro capitalismo. Nei distretti sia Becattini che Bagnasco ritrovano, partendo dall'antropologia del fare impresa come progetto di vita, tracce di comunità che rimandano a un welfare aziendale informale, mai codificato, fatto di scambi di saperi contestuali e formali e di una solidarietà dentro le mura dellepiccole imprese tra padron- cinie operai Così come sono importanti le tracce di welfare aziendale evolute in forme mutualistiche e cooperative. Senza Olivetti non potremmo parlare oggi di esperienze di welfare aziendale come Ferrerò o La- vazza, senza Marzotto non potremmo stracitare il welfare aziendale di Del Vecchio e Luxottica, senzaMatteieilsuoinnovare relazioni industriali non potremmo fare riferimento al recente contratto diFedermeccanica che ha negoziato il welfare aziendale. Senza i distretti e le tracce di co- munitàlocalinonpotremmo cita- relacollinadiCucinelliaSolomeo come una comunità operosa. E senzaleradicinellacooperazione non potremmo citare Conad che imposta la distribuzione commerciale avendo nella comunità locale e nellaprossimità fattori di coesione e competizione. Ma dato a Cesare quel che è di Cesare, con la raccomandazione che, a proposito di welfare aziendale, abbiamo del nostro nella storia sociale ed economica, l'andare avanti pone non pochi problemi Il secondo welfare, a fron- tedellacrisidelprimo,perdeil carattere di sola supplenza all'azione statale per assumere un ruolo di complementarietà in espansione. Nona caso la Legge di stabilità 2016 ne fornisce ulteriore impulso con la detassazione dei premi di produzione corrisposti in serviziper i dipendenti Le ricerche più ottimiste dicono che il 50% delle imprese consultate dichiara di avere un piano di welfare, ma solo metà di queste ne ha già introdotta qualche prati- ca e, di questo 25%, tante sono le grandi, meno le medie, e poche le piccole. Con in più il dibattito aperto nelle relazioni industriali, sulla negoziazione di secondo livello e sulla unitarietà dell'offerta dall'alto o sulla bilateralità nego- ziataconilsindacato.Certoperchi ègrandegruppoomedia impresa, immerso nell'atmosfera di Indu- stria4.o,negoziareformazione,lavoro ibrido, lavoro agile e in più scambiare servizi è facile. Magari lasciando al primo welfare gli espulsi dallaroboticaegliesuberi, come è lì a dimo strare la crisi delle banche. Maper i tanti, il 60% delle imprese industriali in metamorfosi nelle filiere e nei distretti, è ancora un aspettare Godot Il tutto è questione aperta per 1 sindacati, "parliamone purché sia materia di contrattazione tra le parti", per le associazioni datoriali, tra grandi e piccoli e le microimprese con meno di 10 addetti, dove il welfare aziendale può codificare un divario di pre- stazionie dibenefiLMaancheper i fornitori di servizi nel sociale, come il terzo settore, che si pongono il problema se entrare o meno dentro le mura delPimpresa ove già operano fornitori di consulenze e serviziprivati senza dimenticare le strutture pubbliche locali che operano in prossimità delle imprese sul territorio. A macchia di leopardo sono in atto interessanti sperimentazioni tra imprese, soggetti pubblici e fornitori sociali e privati di prestazioni di welfare. Di fronte ai grandi cambiamenti nel modo di produrre si diceva un tempo "è il postfordismo bellezza". Il welfare aziendale ci fa dire che la sharing economy che avanza pone il tema della condivisione e della cogestione. Parliamone. LA TRASFORMAZIONE Il secondo welfare a fronte della crisi del primo, perde il carattere di sola supplenza all'azione statale

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Tipo media: Quotidiano Nazionale Tiratura: 338.824

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Quotidiano Nazionale

02.07.2017

11

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MICROCOSMI LETRACCEEI SOGGETTI

Il nuovowelfarechevienedalontano

di Aldo Bonomi

Ogni salto d'epoca rimetteinfibrilazioneeindliscus-sione quello che noi, figli

del '900, denominiamo welfarestate. Facendo riferimento aquellastoriografiadelsecolo lun-go,chepartedaBismarckearrivaalla caduta del muro, che ha la-sciato crepe vistose nello statoprovvidenza e regolatore dal-l'una e dall'altra parte. Si ragionadi secondo welfare e di welfareaziendale con implicazioni perimprese, relazioni industriali,partisocialiequestionesociale.Aben vedere a questo rimanda laparola chiave welfare senza ag-gettivazioni. Come la lunga deri-va della storia dimostra. Dalla Fi-renze dei banchieri e cli Savona-rola e delle leggi sull'usura e sullusso, che posero allora il temadella ridistribuzione dai ricchi aipoveri, dacuiunmecenatismo inospedali e opere che ancora ammiriamo nelle città e nelle pina-coteche del Rinascimento.

E che dire del passaggio dalla-voro agricolo a quello industria-le?Con tanto di esodo dal conta-do alla cittò, di editti vittorianicontro ipoveri che videro nasce-re forme di autorganizzazione ecliwelfare come le mutue, le coo-perativediconsumo eleprimele-ghe di operai e contadini, antici-patorie del sindacato del'900.

Anche per llwelfare aziendaleval la pena scavare nelle nostrastoria diimpresae di capitalismodi territorio che rinianda a benprimadellecodfficateesperienzenella letteratura aziendale inter-nazionale, di responsabilità so-ciale d'impresa, clicorporate be-nefit odi impact socialbank. Nelnostro secolo breve del dopo-guerrra la questione del welfare

aziendale la pose con forza econuna strategia da fordismo dolce,altra dal fordismo hard diVailet-ta,Adriano Olivetti Negli stabili-

allamatetmitàeall'infanzia,all'as-sistenza sanitaria e sociale al-l'istruzioneprofessionaleeaiser-vizi culturali. I suoi discorsi e isuoi scritti, Ai lavoratorie Lefab-briche dibene, sono eterotopica-mente pervasi da una filosofia clicogestione operosa attuale perl'oggi, inattuale allora, ove pre-valse il paradigma conflittualecapitale/lavoro eStato in mezzo.

Non fu l'unico caso. Anche sesegnato daunavisionepaternail-slica di welfare aziendale, bastaricordare la volutada Gaetano Marzotto a Valda-gno, più dall'alto che dal basso,coniecasedeidirigentipoiquelledegli impiegatie infine lecase po-polari per gli operai. E la politicadi Mattei nelle relazioni iiidu-triali,traiprimiacapirecheilhe-

nessere della vita privata e lavo-rativa delle persone costituisceun vantaggio competitivo e unostmmento di condivisione degliobiettivi aziendali.

Ma occorre tener conto anchedelle esperienze diterritorio: i cli-strettie l'evoluzione diquellefor-me dliprimemutueecooperativeinun robusto tessuto di imprese,che caratterizzano il nostro capi-talismo. Nei distretti sia Becattiriiche Bagnasco ritrovano, parteli-do dall'antropologia del fare im-presa come progetto di vita, trac-ce clicomunità che rimandano aun welfare aziendale informale,mai codificato, fatto di scambi clisaperi contestuali e fonnali e diuna solidarietà dentro le mura

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dellepiccole impresetrapadron-cinie operai. Così come sono im-portanti le tracce di welfareaziendale evolute in forme mu-

parlare oggi cli esperienze diwel-

fare aziendalecome Fenero o La-vazza, senza Marzotto non po-tremmo stracitare il welfareaziendale di Del Vecchioel.uxot-tica,senzaMatteieilsuoinnovarerelazioni industriali non potrem-mo fare riferimento al recentecontratto diFedermeccanica cheha negoziato ilwelfare aziendale.Senza i distretti e le tracce di co-munit locali nonpotremmo cita-relacoffinadiCucinelliaSolomeocome una comunità operosa. Esenzaleradicinellacooperazionenonpotremmo citare Conad cheimposta la distribuzione com-merciale avendo nella comuiìitàlocale e nellaprossimirà fattori dicoesione ecompetizione.

Ma dato a Cesare quel che è diCesare, con la raccomandazioneche, aproposito diwelfare azien-dale, abbiamo del nostro nellastoria sociale ed economica, l'an-dare avti pone nonpochi pro-blemi. Il secondo welfare, afron-tedellacrisidelprimo,perdeilca-rattere di sola supplenza all'azio-ne statale per assumere un ruolodi complementarietà in espan-siorie. Non a caso la Legge dista-bilit 2016 ne fornisce ulterioreimpulso con la detassazione deipremi di produzione corrispostiinserviziperidipendenti.

Le ricerche più ottimiste dico-no che 5o°o delle imprese con-sultate dichiara di avere un pianodiwelfare, ma solo metà di questeneha già introdotta qualche

menti dilvrea istituìunarticolato tualisticheecooperative.sistema di servizi, dall'assistenza Senza Olivetti non potremmo

Tutti i diritti riservati

PAESE : Italia PAGINE : 11SUPERFICIE : 52 %PERIODICITÀ : Quotidiano

DIFFUSIONE : (500000)AUTORE : Aldo Bonomi

2 luglio 2017 - N°nc

Page 2: MICROCOSMI LETRACCEEISOGGETTI Il nuovowelfare cheviene ... · tema della ridistribuzione dai ricchi ai poveri, da cuiunmecenatismo in ospedali e opere che ancora ammiriamo nelle città

cae, di questo25%,tante sonolegrandi,meno le medie,epochelepiccole. Con in più il dibattitoaperto nelle relazioni industriali,sulla negoziazionedi secondoli-vello esullaunitarietà dell'offertadall'alto o sulla bilateralità nego-ziataconilsindacato.Certoperchiègrandegruppoomediaimpresa,immerso nell'atmosfera di Indu-stria4o,negoziareformazione,la-voro ibrido, lavoro agile ein piùscambiareservizi è facile.Magarilasciando al primo welfare gliespulsidallaroboticaegliesuberi,comeèlìadimostrare lacrisi dellebanche.Maperitanti, 1160%delleimprese industriali in metamor-fosinellefiliere eneidistretti,èan-coraunaspettareGodot

Iltuttoè questioneaperta per isindacati, purchésia materia di contrattazione trale perle associazionidato-riali, tra grandi e piccoli ele mi-croimprese con meno duo ad-detti, dove il welfare aziendalepuò codificare un divario di pre-stazioniedibenefit.Maancheperi fornitori di servizi nel sociale,come il terzo settore,chesi pon-gonoilproblemase entrareome-no dentro le mura dell'impresaovegià operanofornitori di con-sulenzeeserviziprivati, senzadi-menticare le strutture pubblichelocali cheoperano in prossimitàdelleimprese sultenitorio.

A macchiadi leopardo sonoinatto interessanti sperimentazio-nitra imprese, soggettipubbliciefornitori sociali e privati di pre-stazioni di welfare. Di fronte aigrandi cambiamenti nel mododiprodurre si dicevaun tempo ilpostfordismo Ilwelfa-re aziendaleci fa dire che la sha-ring economy cheavanzapone iltema della condivisione e dellacogestione.Parliamone.LATRASFORMAZIONEIl secondowelfareafronte dellacrisi delprimo, perdeil caratteredi solasupplenzaall'azionestatale

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