Mensile Valori n.85 2010

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valori Anno 10 numero 85. Dicembre 2010 Gennaio 2011. € 4,00 Dossier > Un tesoro miliardario attira speculazione finanziaria, riciclaggio e la mafia La bolla sportiva Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R. Fotoreportage > Torino 2006 NECESSITÀFOTOGRAFICA Finanza > Tra ostacoli e paradossi, le banche europee alla sfida di Basilea Economia solidale > L’Eldorado invisibile. La biodiversità vale 5 mila miliardi Internazionale > Tra Stati Uniti e Sudamerica potrebbe arrivare una nuova stagione

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Mensile di finanza etica, economia sociale e sostenibilità

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valoriAnno 10 numero 85. Dicembre 2010Gennaio 2011.! 4,00

Dossier > Un tesoro miliardario attira speculazione finanziaria, riciclaggio e la mafia

La bolla sportiva

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R.

Fotoreportage > Torino 2006

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Finanza > Tra ostacoli e paradossi, le banche europee alla sfida di BasileaEconomia solidale > L’Eldorado invisibile. La biodiversità vale 5 mila miliardi

Internazionale > Tra Stati Uniti e Sudamerica potrebbe arrivare una nuova stagione

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| editoriale |

Meno maleche c’è Cantona

di Luca Manes

F INO A POCHISSIMI GIORNI FA pensavo che fosse arrivato il momento di dire basta. Dopo tanti anni di passione vissuta allo stadio, pensavo che il giocattolo calcio andasse riposto in soffitta, in un bauleda non aprire mai più. Per tanti, troppi attori, il giocattolo calcio - così come il ciclismo o il nuoto -sono diventati fonte di guadagni e di interessi enormi, francamente spropositati e spesso non giustificati. Allora, pensavo, meglio rituffarmi nei miei ricordi di bambino, meglio consolarequesto “amore ingrato” nel football meno globalizzato e tv-dipendente, quello della radiolina e di novantesimo minuto, delle figurine e delle squadre di Subbuteo. Intendiamoci, non ne faccio(solo) un discorso nostalgico e non dimentico che anche allora i problemi c’erano, eccome sec’erano. A cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta allo stadio si poteva morire, alcune partite eranotruccate e, chissà, qualcuno faceva anche uso di sostanze illecite, come scrive l’ex giocatore CarloPetrini nel suo libro Nel fango del Dio pallone. Però, tranne rare eccezioni, i club avevano alle spallesocietà ancora “a conduzione familiare”. Non c’erano multinazionali, speculatori e fondi sovrani a imperare. Paradossalmente, giravano meno soldi, ma c’era anche meno pericolo che la propriasquadra del cuore fallisse per qualche azzardo finanziario riuscito male.

Il calcio business o corporate football, come lo definiscono nel Regno Unito, prende un’ulterioreaccezione negativa in Italia, dove chi fa affari alle spalle di una palla che rotola possono essere anche gli ultrà – che poi non di rado provano a condizionare i club di appartenenza in base alle loroesigenze – e dove la cultura sportiva latita da tempo immemore, vittima di vecchi campanilismi e odi incrociati che mortificano i gesti tecnici di bella fattura. E allora addio Serie A di calciopoli, che, come tante cose del Belpaese, ora sembra sia stato un temporale estivo e non un uragano, e dellatessera del tifoso, ennesimo esempio di schedatura di massa con fini commerciali nemmeno tropporeconditi. Purtroppo il cahier de doléances sull’Italia potrebbe continuare con dozzine di altri buchineri, ma se provo a guardare oltre, mi imbatto nella Fifa, che ha organizzato una competizione comeil Mondiale in Sud Africa a uso e consumo degli sponsor e non dell’economia locale, se è vero che ai beni in entrata e in uscita di tutte le società partner della Fifa, il massimo organo calcisticointernazionale, incluse le tv e i diritti di riproduzione, non è stata applicata nessuna tassa doganale.Uno scandalo che va citato sotto voce, appena accennato, perché il solito giocattolo non si deverompere e tanto una volta fatto un Mondiale, si passa subito a pensare al prossimo, no?

L’ultimo colpo, poi, che mi aveva rigirato il coltello nella piaga di questo amore per il calcio e per lo sport, che non si spegne, ma che si piega, era stato l’annuncio che gli idoli di milioni di ragazzini sparsi per il Pianeta, i calciatori, avessero pensato a uno sciopero, come accaduto a settembre nell’Italia messa in ginocchio dalla crisi, per tutelare alcuni privilegi da bambini viziati.Tutti loro dovrebbero leggere il bel libro del giornalista della BBC Gary Imlach, My father and otherworking class football heroes. Un prezioso volume che spiega come i calciatori, da sempre prodottoquasi esclusivo della classe operaia, per decenni hanno vissuto in maniera intensa e consapevole il rapporto che li legava con la comunità, il contesto sociale da cui provenivano.

Proprio come Eric Cantona, l’ex giocatore del Manchester United già protagonista dell’ultimofilm di Ken Loach Il mio amico Eric, che ha messo in porta un altro dei suoi goal spettacolari: contro la finanza della crisi, fate lo sciopero dei conti correnti! Grazie Cantona. .

L’AUTORELuca Manes vive a Roma, dove lavoracome responsabile dellacomunicazione di Crbm(Campagna per la riformadella Banca mondiale).Quando non seguesummit internazionalicome il G20 e altri eventiin giro per il mondo,scrive di globalizzazionee calcio inglese. PerBradipo Libri ha scritto“Manchester United, laleggenda dei BusbyBabes”, che ha ricevutola targa d’onore alPremio Bancarella Sport2007, “Made in England”e “Celtic Forever”,quest'ultimo insiemeall’amico Max Troiani.

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PUBBLICITÀ, DISTRIBUZIONE, PROMOZIONE E SVILUPPO Felici Editore Srlvia Carducci 60, 56010, La Fontina - S. Giuliano Terme (Pi) tel. 050.878159 cell. 348.9113273 fax 050.8755897e-mail [email protected]

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| sommario |

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Numerosi impianti costruiti soloquattro anni fa per le Olimpiadiinvernali in Piemonte risultano oggipoco utilizzati, se non del tuttoabbandonati.Torino, 2010N

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dicembre 2010 / gennaio 2011mensilewww.valori.itanno 10 numero 85Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005editoreSocietà Cooperativa Editoriale EticaVia Copernico, 1 - 20125 Milanopromossa da Banca EticasociFondazione Culturale Responsabilità Etica, Arci,FairTrade Italia, Mag 2, Editrice Monti, Fiba CislNazionale, Cooperativa Sermis, Ecor, Cnca, Fiba CislBrianza, Federazione Autonoma Bancari Italiani,Publistampa, Federazione Trentina delle Cooperative,Rodrigo Vergara, Circom soc. coop., Donato Dall’Avaconsiglio di amministrazionePaolo Bellentani, Antonio Cossu, Donato Dall’Ava,Giuseppe Di Francesco, Marco Piccolo, Fabio Silva,Sergio Slavazzadirezione generaleGiancarlo Roncaglioni ([email protected])collegio dei sindaciGiuseppe Chiacchio (presidente), Danilo Guberti, Mario Caizzonedirettore editorialeMariateresa Ruggiero([email protected])direttore responsabileAndrea Di Stefano ([email protected])caporedattoreElisabetta Tramonto ([email protected])redazione ([email protected])Via Copernico, 1 - 20125 MilanoPaola Baiocchi, Andrea Baranes, Andrea Barolini,Francesco Carcano, Matteo Cavallito, CorradoFontana, Emanuele Isonio, Michele Mancino,Mauro Meggiolaro, Andrea Montella, Jason Nardiprogetto grafico e impaginazioneFrancesco Camagna, Simona Corvaia([email protected])fotografieDaniele Di Pietro e Michela Czech(Necessitàfotografica), Daniele CavallottistampaPublistampa Arti graficheVia Dolomiti 36, Pergine Valsugana (Trento)abbonamento annuale ˜ 10 numeriEuro 35,00 ˜ scuole, enti non profit, privatiEuro 45,00 ˜ enti pubblici, aziendeEuro 60,00 ˜ sostenitoreabbonamento biennale ˜ 20 numeriEuro 65,00 ˜ scuole, enti non profit, privatiEuro 85,00 ˜ enti pubblici, aziendecome abbonarsiI carta di credito

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È consentita la riproduzione totale o parziale dei soli articoli purché venga citata la fonte. Per le fotografie di cui, nonostante le ricercheeseguite, non è stato possibile rintracciare gli aventi diritto, l’Editore si dichiara pienamentedisponibile ad adempiere ai propri doveri.

Il Forest Stewardship Council (Fsc) garantisce tra l’altro che legno e derivati non provengano da foreste ad alto valore di conservazione, dal taglio illegale o a raso e da aree dove sono violati i diritti civili e le tradizioni locali.

globalvision 7

fotoreportage. Torino 2006 8

dossier. Le mani sullo sport 16Come Las Vegas: “vincite” da capogiro 18Calcio indebitato. Il pallone si è sgonfiato 20Dai dilettanti alla Serie A, dietro c’è Cosa Nostra 22Vele d’Italia: tutti i colori del nero 24Finanziamenti pubblici: lo sport italiano dà i numeri 25Campi sportivi, scuole di etica e legalità 26

finanzaetica 28Tra ostacoli e paradossi. Le banche europee alla sfida di Basilea 30Banca Etica, tra regole vecchie e nuove 32Investimenti responsabili. È possibile definirli? 33Buon compleanno Mag2. Trent’anni di finanza solidale 36Il microcredito: “etico” nell’uso del denaro 37C-Global in trincea per difendere il proprio lavoro 38

islamfinanzasocietà 41

economiasolidale 42Il valore economico della biodiversità, l’Eldorado invisibile 44L’olocausto silenzioso del capitale naturale 46Costanza: «Tutelare la biodiversità? Paghi 1, ricavi 100» 48Ogm: né pro, né contro. Esistono soluzioni migliori 49

internazionale 54Stati Uniti e Sudamerica. Il “cortile di casa” vive una nuova stagione 56Costa Rica: niente esercito per essere felici 60Forum mondiale. L’educazione nei Paesi occupati 61Global voices, il meglio della blogosfera internazionale 63

altrevoci 66

indiceverde 73

bancor 74

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La crisi non ha insegnato nulla

Flop al G20 | globalvision |

di Alberto Berrini

COME ERA PREVEDIBILE, IL G20 DI SEUL (11-12 NOVEMBRE 2010) non ha portato alcun risultato apprezzabile, in particolare rispetto alla “guerra delle valute” (di cui si era parlato nella rubrica “global vision” del mese scorso) tuttora in corso. Del resto la decisione della Banca Centrale americana, che ha precedutoil summit, di accelerare ulteriormente la creazione di moneta con enormi acquisti di titoli - in parolepovere la scelta della Fed di stampare dollari - ha precluso a priori ogni esito positivo del G20 coreano.

Si è trattato, infatti, di un atto unilaterale che ha depotenziato qualsiasi “possibilità diplomatica”dell’incontro di Seul. Gli Stati Uniti hanno, tra l’altro, così dimostrato un’incapacità culturale, primaancora che economica e politica, di comprendere quanto il mondo sia cambiato e che gli altri Paesi, in particolare quelli in condizioni economiche favorevoli, non accettano più senza reagire quanto vienestabilito a Washington.

Ma, soprattutto in quest’ultimo G20, sono definitivamente tramontate le ormai tenui speranze di un’uscita“semplice”, perché politicamente coordinata a livello internazionale, dalla crisi. Nella primavera del 2009(vertice di Londra), al culmine della tempesta economica mondiale, sembrava che il G20, accantonatol’obsoleto G7, potesse diventare l’organismo in grado di svolgere quel ruolo. Ma da allora non si sono registratiche fallimenti negli incontri successivi, come fallimentare è stata la complessiva politica economicainternazionale nell’affrontare una crisi che evolve in fasi successive, che vanno a toccare ambiti diversi

del sistema economico e che, proprio per questo, è ben lontana da concludersi. E l’esito di tutto ciò, almeno nella parte cosiddetta “sviluppata”

del mondo, sono le decine di milioni di posti di lavoro persi e le scarseprospettive di riassorbire, nel breve come nel medio termine, questa “nuova”disoccupazione con riflessi negativi a livello sociale fin troppo evidenti.

Dunque, in definitiva, il summit di Seul segnala che di fronte al disordinemonetario internazionale nessuna “Bretton Woods” è all’orizzonte.

Ma il problema non è solo “diplomatico”, ossia di relazioni internazionali, ma anche e soprattutto di “paradigma teorico” che ancora è alla base delle politiche economiche nazionali e internazionali. Da questo punto di vista il liberismo non è stato sconfitto dalla crisi, né questa ha riportato in auge, se non in maniera strumentale e limitata all’emergenza, il pensiero keynesiano. Questo implica deicambiamenti, non solo di obiettivi e di strumenti, ma anche di atmosfera culturale, visioni della società e sistemi di valori che circondano e permeano il nucleo della politica economica. Al punto chel’economista americano Krugman tristemente osserva che “Il Presidente Obama e compagnia sono riuscitiin una grande impresa: convincere gli elettori che l’interventismo pubblico ha fallito senza applicarel’interventismo pubblico”. (Obama ha perso e non ha più “stimoli”, Il Sole 24 Ore, 13 novembre 2010)

Tornando ai commenti sull’ultimo G20, anche un economista “moderato” come Franco Bruni hasottolineato che “la crisi dovrebbe aver insegnato che le cose sono cambiate: cambiano le locomotive ma, soprattutto, il modello di sviluppo precedente non si è inceppato per un incidente di percorso, ma perché non era sostenibile”. (Il mondo alla guerra delle valute, La Stampa, 13 novembre 2010).

Peccato che, a distanza di tre anni dalla più grave crisi economica internazionale, paragonabile soloalla Grande Depressione degli anni Trenta, nessuno sembra accorgersene. .

Con la decisione dellaFed di agire in modounilaterale sonotramontate le speranzedi una soluzioneinternazionale alla crisi

*LIPPER FUND AWARDS 2009Rendimenti a tre anni (2006-2008)Valori Responsabili Monetario e Valori Responsabili Obbligazionario Misto

Premio Migliori Risultati Categoria Risparmio Gestito

*LIPPER FUND AWARDS 2010Rendimenti a tre anni (2007-2009)Valori Responsabili Monetario e Valori Responsabili Obbligazionario Misto

Premio Migliori Risultati Categoria Risparmio Gestito

MILANO FINANZA GLOBAL AWARDS 2009Valori Responsabili Obbligazionario Misto - Rendimento a un anno (2008)

ETICA SGR: VALORI IN CUI CREDERE, FINO IN FONDO.

Etica Sgr è una società di gestione del risparmio che promuove esclusivamente investimenti finanziari in titoli diimprese e di Stati selezionati in base a criteri sociali e ambientali.L’investimento responsabile non comporta rinunce in termini di rendimento. È un investimento “paziente”, nonha carattere speculativo e quindi ben si coniuga con la filosofia di guadagno nel medio-lungo termine comunea tutti gli altri fondi di investimento.

Parliamo di etica, contiamo i risultati.

I fondi Valori Responsabili si possono sottoscrivere presso tutte le filiali e i promotori di Banca Popolare Etica, Banca Popolare di Milano, Banca Popolare di Sondrio,Banca di Legnano, Simgest/Coop, Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Casse Rurali Trentine, Banca Popolare dell’Alto Adige, Banca della Campania,Eurobanca delTrentino, Banca Popolare di Marostica, Eticredito, Cassa di Risparmio di Alessandria, Banca di Piacenza, Online Sim e presso alcune Banche di Credito Cooperativo.Per maggiori informazioni clicca su www.eticasgr.it o chiama lo 02.67071422. Etica Sgr è una società del Gruppo Banca Popolare Etica. Prima dell’adesioneleggere il prospetto informativo. I prospetti informativi sono disponibili presso i collocatori e sul sito www.eticasgr.it

Fondi etici: l’investimento responsabile

GIOCOLa borsanon è un

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GLI AUTORI

Necessitàfotograficaè uno studio fotografico che nascedalla collaborazione tra Daniele Di Pietro, nato a Torino l’8 gennaio del 1981, fotografo professionistacon esperienza presso il dipartimento della ProtezioneCivile e vincitore del concorso“Sottovuoti” 2009 di ArchitetturaSenza Frontiere Onlus, e Michela Czech, nata il 23 agostodel ’79 a Roma, fotografa e studiosa di comunicazione visiva, dopo aver curato insieme

la documentazione fotografica del progetto di ricerca “Romanes a Roma” dell’universitàLa Sapienza di Roma. Si rivolge ad aziende e a privati, per i quali realizza servizi fotografici editoriali, pubblicitari, di eventi e reportage sociali e di viaggio. Tra gli ultimi lavori, le fotografie per il sito web della Soprintendenza Speciale per l’Area Archeologica di Napoli e Pompei, un reportage di Berlinoper RMW Magazine e shootingfotografici nel mondo della musica.www.necessitafotografica.com

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Torino, Villaggio olimpico, la passerella olimpica.Luogo simbolo dell’abbandono. Molti localicommerciali sono chiusi. La maggior parte degli appartamenti non è occupata.Torino, 2010

> Torino 2006

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a festa durò circa due settimane. E per tutti fu un evento senza precedenti. Nel febbraio 2006 Torino ospitò la XX edizione dei Giochi olimpici invernali, attraendo qualcosa come mezzo milione di visitatori provenienti da ogni dove.

Durante quei giorni il mondo scoprì la città e le sue rapide quanto profondetrasformazioni. La metropoli austera, simbolo indiscusso del trionfo industriale (con tutte le sue contraddizioni, a cominciare da quelle sociali) si rivelava per ciò che era veramente. Un luogo profondamente vivo, ospitale, sempre in movimento. Quella città, a modo suo unica, come lo sono tutte del resto, era entrata definitivamente in una nuova era. E niente, si disse in quei giorni, sarebbe più stato come prima.

Che quell’occasione fosse speciale lo si era intuito a partire dalla spettacolarecerimonia d’apertura dei Giochi, svoltasi nella cornice del rinnovato stadio comunale.Abbandonato nell’estate “mondiale” del 1990 per lasciare spazio al pachidermico ed esageratamente capiente “Delle Alpi”, lo stadio, ribattezzato “Olimpico”, riaprìufficialmente le sue porte al calcio sette mesi più tardi, il 10 settembre del 2006. Quel giorno il pubblico accorso all’incontro Torino-Parma provò l’ebbrezza di avvicinarsi agli ingressi ammirando il lascito delle Olimpiadi. Lo spettacolarePalasport, sorto accanto al rinnovato impianto, troneggiava davanti a giardini ben curati che contribuivano a formare una scenografia davvero invidiabile. Era il volto più bello dell’eredità olimpica. Ma anche il meno rappresentativo.

Per capire in che cosa si fossero tramutati quegli straordinari giorni di festa era sufficiente spostarsi di qualche chilometro, verso la periferia della città. Gli alloggi degli atleti che componevano il villaggio olimpico erano pronti a ospitare nuovi affittuarie acquirenti. Ma nessuno, o quasi, sembrava manifestare particolare interesse.

Oggi l’ex villaggio versa nel degrado più totale, con il suo centro commercialecompletamente abbandonato e un’area residenziale ampiamente sottoutilizzata. Un destino che ha caratterizzato anche le altre cattedrali sportive della Val di Susa,impianti spesso deserti, buoni per qualche gara amatoriale e solo raramente sedi di eventi di livello (nel gennaio del 2011 la pista di Cesana ospiterà i CampionatiMondiali di slittino e la Coppa del Mondo di bob e skeleton).

Le opere per i Giochi del 2006, segnalò un anno dopo un rapporto di Legambiente, sono costate 2,6 miliardi di euro. Una spesa (pubblica) che non sarà mai ammortizzata.Colpite dalle intemperie e abbandonate al loro destino, le mascotte olimpiche con il loro ghigno triste e grottesco sono ormai un monumento alla nostalgia.

Torino resta una città meravigliosa. Ma la festa adesso è davvero finita.(da Torino) Matteo Cavallito

foto di Necessitàfotografica

Due miliardi e seicento milioni di euro per due settimane di spettacolo. Era il 2006 e Torinoospitava i Giochi olimpici invernali. Una cifra servita a realizzare strutture, impianti sportivi, il villaggio olimpico per ospitare gli atleti. Tutto poi abbandonato al degrado più totale. Torino oggi è più bella, ma un simile spreco di risorse lascia senza parole.

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> Torino 2006

In alto, a sinistra: San Sicario, una panoramica della Pista da bob.A destra: l’imponente ingresso dell’impianto.In basso da sinistra a destra: la pista da fondo di Pragelato; la pista illuminata del Sestriere; l’Olympic Centre di San Sicario; lo stadio del salto di Pragelato e lo Ski Jumping Hotel.Torino, 2010

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> Torino 2006

In alto, a sinistra: la passeggiata nel centro commerciale abbandonato dell’ex Villaggio Olimpico. A destra: una panoramica dall’alto del centrocommerciale. In basso, foto dell’area residenziale, molti alloggi non sono mai stati occupati. Dettagli dell’area e del generale stato di incuria. Nelle due pagine precedenti dettagli delle strutture di San Sicario (la pista di bob, quella di biatlon e l’Olympic Centre) e di Pragelato (lo Ski Jumping Hotel e lo stadio del salto) oltre ad alcuni dettagli del Villaggio Olimpico di Torino (l’area residenziale, il centro commerciale e la passerella olimpica).Torino, 2010

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Lo spirito sportivo lascia il postoal business. Tra sponsor e dirittitelevisivi, un tesoro miliardario.

Dietro il tifo si nascondonospeculazioni finanziarie, riciclaggiodi denaro e la mano di Cosa Nostra

a cura di Paola Baiocchi, Andrea Barolini, Matteo Cavallito, Corrado Fontana, Emanuele Isonio e Luca Trovani

La mascotte delle Olimpiadi invernali di Torino 2006 nel giardino Gustavo

Colonetti nei pressi del Villaggio Olimpico

Torino, 2010

Lo sport come Las Vegas: “vincite” da capogiro >18Calcio indebitato, il pallone si è sgonfiato>20Dai dilettanti alla Serie A. Dietro c’è Cosa Nostra >22L’ipocrisia pallonara alimenta il doping >23Vele d’Itaiia: tutti i colori del nero >24Finanziamenti pubblici: lo sport italiano dà i numeri >25Campi sportivi, scuole di etica e legalità>26

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Sport & affariLe ombre

dietroi riflettori

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La Las Vegas dello sport è, dunque, un mercato globale, in continuacrescita e che gode di una garanzia straordinaria: la passione dellagente. Altro che credit-default swap: il tifo assicura l’investimento. Lafinale di Champions League tra Barcellona e Manchester United, di-sputata allo stadio Olimpico di Roma nel 2009, è stata vista in tv da109 milioni di persone. Complessivamente, l’intera competizionepuò vantare 206 milioni di fedelissimi. Il gran premio di FormulaUno del Bahrain totalizza normalmente oltre 50 milioni di telespet-tatori. La finale dei 100 metri di atletica ai mondiali del 2009 è stataseguita da 33 milioni di persone. Per non parlare di quella di coppadel mondo di calcio del 2010 tra Spagna e Olanda, che, secondo lestime della Fifa (la Federazione calcistica internazionale), avrebbe rag-giunto i 700 milioni di telespettatori, battendo la cerimonia di aper-tura delle Olimpiadi di Pechino (600 milioni).

Sponsorizzazioni milionarieSono i diritti televisivi e gli sponsor a garantire la maggior partedegli introiti nello sport globale. L’evento per eccellenza negli Sta-

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Lo sport come Las Vegas“vincite” da capogiro

| dossier | sport&affari |

EMOZIONI, BELLEZZA, appartenenza, sessualità, gioco, guerra: nello sportc’è tutto quello che muove il mondo. E i regimi, che hanno sempre usatol’agonismo per la propaganda, lo sanno bene. Ora a questi elementi si è aggiunto un fiume di denaro sul quale hanno messo le mani le grandicorporation dei media, costruendo un complesso sistema di enfatizzazionedell’evento sportivo che occupa giornali, radio, televisioni, web e cellularidal lunedì alla domenica.

Frutto delle privatizzazioni e delle concentrazioni dei mediacominciate negli anni Ottanta, il sistema è basato sulla vendita dei dirittitelevisivi degli sport e sulla convergenza, cioè sulla commercializzazioneincrociata attraverso più media degli eventi sportivi. Compresa la “visione”degli spogliatoi dopo le partire, che dalla stagione 2010/2011 è possibileanche in Italia, per l’entrata in vigore della legge Melandri-Gentiloni sullavendita collettiva dei diritti televisivi, quantificata in 1.000 milioni di eurodall’advisor Infront. Diritti che, l’anno scorso, erano stati poco più di 673milioni. Un meccanismo che ci sfilerà centinaia di euro di tasca senzanemmeno farci alzarci dal divano di casa.

Il modello della privatizzazione dei diritti sportivi è quello degli StatiUniti, dove hanno sede le più grandi conglomerate dei media, e che è servito a Rupert Murdoch per costruire la sua leadership sui giornali e sui palinsesti inglesi, partendo dal calcio.

Far diventare lo sport uno spettacolo che nulla ha di gratuito ingrossail fatturato delle sette sorelle dei media, quei giganti che vanno dai 43,7miliardi di Time Warner, agli 11,47 miliardi di dollari l’anno di Viacom, e che hanno tutte in pancia oltre al cinema, alla musica e ai giornali, la proprietà di una o più squadre di hockey, di baseball, di pallacanestro o di calcio (come in Italia Fininvest). Controllano decine di canali dedicati interamente agli sport dall’Asia all’America Latina, come Espn

International della Disney, possiedono stadi,gestiscono i diritti dei siti web delle squadre,controllano l’indotto commerciale che ognicompagine genera in pubblicità trasmessa durante gli incontri e in oggetti collegati allo sfruttamento dell’immagine della squadra del cuore. E alimentano un gigantesco mercato della performance in cui il doping è di casa. Paola Balocchi

DAL DIVANO DI CASA I MEDIA PRIVATIZZANO LA PASSIONE

FORMULA BIG BERNIE

BERNARD CHARLES ECCLESTONE è il discusso boss del circus dellaFormula Uno. Dopo una parentesi come pilota, grazie ai capitali messiinsieme con la vendita di auto usate, nel ’57 acquista due monoposto da F1. È il primo mattone dell’impero: nel ’71 compra la scuderia Brabhamper 100 mila sterline, l’anno successivo entra nell’associazione dei costruttori (Foca), di cui nel ‘78 diventa il numero uno. Tre anni dopo vende la scuderia per 5 milioni di dollari e fonda la Formula OnePromotional Association (oggi Formula One Management). Primo obiettivo: i diritti televisivi. Che Bernie, a suo modo di vedere, distribuisce equamente:il 47% ai costruttori, il 30% alla federazione (la Fia) e il 23% a se stesso. Nel 1996 trasferisce le proprietà alla moglie Slavica e pone la Fom sotto il controllo della Slec Holdings (sede off shore alle Channel Islands).

Nel 1997 si batte per non vietare le pubblicità delle sigarette durante le corse (per essere “convincente” regala al partito al governo nel RegnoUnito un milione di sterline, somma poi restituita). Una vicenda nella qualefu implicato anche l’avvocato David Mills, lo stesso coinvolto in un processocon Silvio Berlusconi. Nel ’99 vende il 12,5% della Slec al Morgan GrenfellPrivate Equity, per 325 milioni di dollari; nel 2000 cede un altro 37,5%all’americana Hellman & Friedman, per 725,5 milioni. A loro volta le duesocietà si uniscono e creano la Speed Investment, che poi vendono per 1,65 miliardi al gruppo tedesco Em.Tv (entrerà poi anche Kirch, grazieall’intervento delle banche Bayerische Landesbank, JPMorgan e LehmanBrothers). Più recentemente, con una nuova cessione del 25% di SLEC,Ecclestone riceve 987,5 milioni di dollari.

Ma dal 2006 per la prima volta l’impero di Bernie scricchiola: CvcCapital Partners si aggiudica il controllo sulla F1. Ma Ecclestone strappa il mantenimento del ruolo di a.d. Nel 2007, insieme a Flavio Briatore,compra la squadra di calcio inglese Queens Park Rangers. A 80 anni suonatii prossimi obiettivi sono i GP in India (2011) e Russia (2014). The show(business) must go on. Andrea Barolini

LE SETTE SORELLE DELL’INFORMAZIONE MONDIALE

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FATTURATO ANNUO IN DOLLARI USA (IN MILIARDI)

ti Uniti, il SuperBowl (la finalissima annuale di football) ha vistoquasi triplicare in 15 anni il prezzo per aggiudicarsi 30 secondi dipubblicità in tv: dal milione e 150 mila dollari del 1995 ai 3 mi-lioni del 2009. Il tutto per raggiungere i quasi 99 milioni di per-sone incollati agli schermi.

Secondo il Libro Bianco sullo sport dell’Unione europea nel 2005il 91% di tutti gli investimenti in sponsorship si è concentrato propriosullo sport: un business da 7-8 miliardi di dollari all’anno (la culturanon supera l’1%). Anche grazie al fatto che, insieme a loghi sulle ma-glie, cartelloni e spot tv, si sono aggiunte nuove forme di pubblicità,come i nomi affiancati agli eventi (“Serie A-Tim”) o agli impianti (al-lo stadio della squadra di hockey su ghiaccio americana dei Pittsbur-gh Penguins, a cui è affiancato al nome della Consol Energy. Un af-fare da 84 milioni di dollari, per un naming right di 21 anni).

Per avere un’idea del giro d’affari basta dare uno sguardo allaclassifica dei contratti cosiddetti “top” (vedi ). Nike ha pa-gato 475 milioni di dollari per assicurarsi la sponsorizzazione del-la Ligue 1 del calcio francese, 206 per campeggiare sulle maglienerazzurre dell’Inter e 118 milioni per vestire il campionissimo ditennis svizzero Roger Federer.

Il modello Formula UnoMa l’esempio più vivido di come lo sport si sia trasformato in un mo-derno mega-business arriva dalla Formula Uno. Nella sua trasfor-

TABELLACalcio, Formula Uno, tennis,basket, olimpiadi. Lo sport fatto di atleti scalzi che tagliano per primi il traguardo è ormai preistoria. Oggi la competizione è prima di tuttoeconomica. E lo sport rimaneuno show sullo sfondo dellegrandi speculazioni finanziarie

Nicola PorroSociologia del calcioCarocci, 2008

di Andrea Barolini

uando, nel 1894, il pedagogista francese Pierre de Cubertin annunciò la vo-lontà di ridare vita ai Giochi Olimpici certamente non poteva immaginare

che, un secolo più tardi, si sarebbero trasformati in una gigantesca opportunità di busi-ness. Eppure è proprio così: tifosi di tutto il mondo, arrendetevi! Lo sport, oggi, è unacommistione indissolubile di esercizio fisico e finanziario. Un’ipertrofica macchina dasoldi: trasferimenti da capogiro, stipendi milionari, marketing spietato, diritti televisivi anove zeri, colpi (spesso bassi) di mercato e sponsorizzazioni record. Uno scenario che - so-steneva allarmato il Parlamento europeo in una nota del 2007 - “non può che nuocereallo spirito sportivo, che negli anni ha perso il fair play e la passione che lo animava”.

Q

Il barone francese Pierre de Cubertin, nel 1894 riportò agli antichi splendori i Giochi Olimpici.

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ben poco prestigioso: quello del dissesto finanziario. Untorneo aperto, dai risvolti potenzialmente devastanti. Cheha già delineato la sua graduatoria.

Acrobazie inglesiIn testa alla classifica ci sono i club inglesi. Nel febbraioscorso, l’Uefa stimò che l’indebitamento complessivo del-la Premiership valesse da solo 3,8 miliardi di euro, il 56%del totale europeo. Ma sono dati vecchi (risalgono al2008), destinati a essere corretti al rialzo. Un esempio pertutti è quello del Manchester United. All’inizio del 2010 glisi attribuivano debiti per circa 700 milioni di sterline. Agiugno l’esposizione dei suoi proprietari, la famiglia statu-nitense Glazer, superava il miliardo. La parabola dello Uni-ted è quanto di più emblematico si possa immaginare. Nel2005 i Glazer completarono la sua acquisizione sborsandoquasi 800 milioni di sterline. Solo che, in buona parte, nonerano soldi loro, bensì capitali presi a prestito dalle banchee dai fondi hedge, mettendo a garanzia le attività stesse delclub (chiamato in seguito a farsi carico del debito).

Ora il Manchester deve fronteggiare la fila dei credito-ri e i profitti bastano appena per pagare gli interessi. Un’o-perazione suicida, insomma, eppure perfettamente legale.Si chiama leveraged buy-out e in Inghilterra ha fatto un’al-tra vittima eccellente, il Liverpool. Nel 2007 gli americani

Tom Hicks e George Gillet avevano messo le mani sul clubgrazie anche a un maxi prestito da 230 milioni di pound,concesso da Royal Bank of Scotland. Quando, nell’ottobrescorso, la società è passata di mano a un altro finanzierestatunitense, il proprietario dei Boston Red Sox, JohnHenry, per 300 milioni, i due hanno fatto causa al presi-dente del club, Martin Broughton (cui avevano dato man-dato a vendere), reo di aver concluso la trattativa a un prez-zo troppo basso. Hicks e Gillet chiedono 1,6 miliardi didollari di risarcimento.

Se l’Inghilterra piange, la Spagna non ride di certo. I da-ti Uefa del 2008 parlavano di un debito totale di 978 mi-lioni, ma uno studio successivo, condotto nei mesi scorsidal docente dell’università di Barcellona, José María Gay,ha alzato la cifra a 3,5 miliardi. A pesare sulle finanze deiclub ci sono i conti dei giganti Barcellona (debiti per 430milioni) e Real Madrid (683), ma anche del meno quotatoMallorca, primo club nella storia a essere escluso dalle cop-pe per problemi finanziari.

Italia in rossoNon se la passa bene, manco a dirlo, nemmeno l’Italia. Le20 società della massima Serie sono indebitate per 2,2 mi-liardi (oltre 200 milioni in più rispetto all’anno passato).Una zavorra, ha ricordato Il Sole 24 Ore, su cui gravano gli

oltre 300 milioni di esposizione verso le banche: l’Inter de-ve agli istituti di credito 48 milioni, il Milan addirittura163. Ormai ufficialmente in vendita, la Roma, la cui con-trollante Italpetroli - di proprietà della famiglia Sensi - ri-sultava esposta per 325 milioni con Unicredit, ha ottenu-to l’azzeramento del debito. La banca di piazza Cordusio,in cambio, ha acquisito la maggioranza degli asset della so-cietà petrolifera oltre a una quota del club. I bilanci, nelfrattempo, sono in rosso: in attesa del Milan, che chiuderài conti al 31 dicembre, l’Inter ha registrato una perdita di69 milioni, contro i 21,9 della Roma e i 5,1 della Juventus.

Alcuni saldi negativi, peraltro, erano stati mitigati inpassato da operazioni contabili altamente creative. Nel2006 l’Inter ha ceduto il proprio marchio a una societàcontrollata, la Inter Brand Srl, per 158 milioni, cifra messapuntualmente a bilancio nella colonna degli attivi. Un an-no prima il Milan avevo fatto lo stesso totalizzando unaplusvalenza ancora maggiore: 181 milioni. Roma, Lazio,Sampdoria, Chievo e Reggina hanno adottato la stessa tec-nica per un beneficio complessivo, sempre secondo Il So-le, di circa 275 milioni. .

LTRO CHE “FAIR PLAY FINANZIARIO”, qui si rischia il collasso. Inattesa di sapere se in un futuro non troppo lontano po-tranno ancora prendere parte alle competizioni interna-

zionali (le norme Uefa imporranno il pareggio di bi-lancio come requisito per la partecipazione allecoppe) i club calcistici europei sembrano impegnati

oggi nella disputa di un campionato molto particolare e

Calcio indebitatoIl pallone si è sgonfiato

di Matteo Cavallito

A

SERGIO CRAGNOTTI, CALISTO TANZI E VITTORIO CECCHI GORI sono stati solo puntedi un iceberg. I crack finanziari che hannopatito Lazio, Parma e Fiorentina venivano in realtà da lontano. Fatta in parte eccezioneper l’ex patron di Parmalat (che da solo avevacostruito un colosso d’argilla), la montagna di debiti accumulata dalle squadre di calcioitaliane è legata a filo doppio alle banche. Il gioco è durato fino a qualche anno fa. Poi gli istituti di credito hanno chiuso i rubinetti.Anche perché molte squadre erano diventatefinanziariamente poco “affidabili”. Perciò c’èchi ha fatto economie (la Lazio), chi ha puntatosull’autofinanziamento (la Roma), chi hapotuto contare sulle tasche dei proprietari(Inter, Milan e Juventus). Ma per un mondoaffamato di business non basta. Servonocapitali liquidi, finanziamenti, progetti. Come“sostituire” dunque le banche? Buttandosisulle costruzioni immobiliari. Il che significa

stadi nuovi e di proprietà delle società.Ma se, come gongolava già nell’aprile

scorso il sottosegretario con delega allo SportRocco Crimi, «così potremo competere megliocon i grandi club europei», sappiamo bene chein Italia le ondate di costruzioni spesso sonoaccompagnate da notevoli problemi. I mondialidel ‘90 insegnano: all’epoca ci fu la possibilitàdi creare strutture nuove, polivalenti, sicure e capaci di garantire servizi sul territorio ancheal di là degli eventi sportivi. Ma a soli vent’annidi distanza i nostri impianti sono considerati

tra i peggiori d’Europa. Oggi ci si riprova. La prima a muoversi è stata la Juventus, checonta di completare il suo nuovo stadio nel2011: 41 mila spettatori, 150 mila metriquadrati di aree dedicate ai servizi, con 8 puntiristoro. Design firmato Giugiaro. Il tutto per 105milioni di euro. Coperti per 75 milioni graziealla cessione per 12 anni a Sportfive (società del Gruppo Lagardére Sports) dei diritti di intitolazione dello stadio stesso. Una ventinatramite la vendita dell’area commerciale. E, come per magia, le banche hanno riaperto le porte, con mutui per 50 milioni.

La strategia è benedetta dal governo, che punta ad una legge per agevolare la costruzione dei nuovi impianti (con tanto di incentivi milionari). La discussioneparlamentare, però, ancora non è conclusa. E in molti premono: il business del cemento è allettante. Come fu quello delle banche.Finché è durato. A.B.

DOPO LE BANCHE, GLI STADI ULTIMA FRONTIERA DI UNO SPORT MALATO

UEFA CHAMPIONS LEAGUE UN TESORO DA UN MILIARDO

L’UNIONE DELLE FEDERAZIONI CALCISTICHE Europee (Uefa) rende noti ogni anno i datisulla redistribuzione degli introiti legati alla Champions League: la torta più corposa, in termini economici, alla quale ogni società di calcio ambisce. Per la stagione sportiva2009/2010 ciascuna delle 32 squadre che hanno partecipato ha ricevuto un bonusiniziale di 3,8 milioni di euro. Ai quali si aggiungono 550 mila euro per ciascuna partitagiocata nella fase “a gironi” (solo per il fatto di essere scesi in campo). Chi vince incassaaltri 800 mila euro; la metà in caso di pareggio. Le 16 squadre che hanno raggiunto la fase finale (non più a gironi, ma a eliminazione diretta) incassano 3 milioni per averdisputato gli ottavi di finale; 3,3 milioni per i quarti; 4 milioni per le semifinali. La vincente(l’Inter, lo scorso anno) ha poi intascato un jackpot da 9 milioni (5,2 per la secondaclassificata, il Bayern di Monaco). Nella classifica dei pluripremiati degli ultimi 17 annispiccano il Manchester United, con 299 milioni e 787 mila euro, il Bayern Monaco (268 milioni) e il Real Madrid (249,5 milioni). Secondo i calcoli della Gazzetta dello Sport nel 2008/2009 i ricavi per la Uefa sono stati pari a 1 miliardo e 90 milioni di euro. 530 milioni sono andati complessivamente a gonfiare le tasche dei club. Denaro proveniente principalmente dai diritti televisivi e dagli sponsor. A.B.

mazione, il cui principale deus ex machina è il miliardario inglese Ber-nie Ecclestone, c’è per intero il profilo classico di una multinazio-nale: speculazioni finanziarie, aggiramento del fisco, paradisi fisca-li, fondi d’investimento (vedi ). E, soprattutto, un turnover daquasi quattro miliardi di dollari (secondo una stima di Deloitte). Lasocietà Formula One Group è la capostipite dell’impero. È stata ac-quisita nel 2006 dal colosso del private equity mondiale Cvc CapitalPartners insieme alla Apm, che ne gestisce marketing e pubblicità, ealla Allsport Management, che si occupa dell’ospitalità dei vip aigran premi. Il tutto con una maxi-operazione da 2,5 miliardi di dol-lari. Che Cvc conta di ripagare grazie anche allo sfruttamento deimercati emergenti, con i neonati o nascituri gran premi in Malesia,Barhain, Russia, Cina, Corea, Abu Dhabi.

Le parole d’ordine sono: delocalizzare, diversificare, massi-mizzare i profitti. Anche grazie a spettacolari quanto sconcertan-ti speculazioni immobiliari e di marketing, come quella che siprospetta per il Gp di Roma, che già nei prossimi anni potrebbevedere la luce insieme a 230 mila metri cubi di cemento che an-drebbero a invadere il quartiere Eur. Allungando un’ombra sem-pre più scura sullo spirito “olimpico” dello sport. .

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Daniele PotoLe mafie nel palloneEdizioni Gruppo Abele

LIBRI

Le 20 società della Serie A sonoindebitate per 2,2 miliardi. Quest’annol’Inter è in rosso per 69 milioni.

SPONSORIZZAZIONI

SPONSOR SPONSORSHIP VALORE (MLN $) DURATA (ANNI)

1 Nike French Football Federation (from 2011) 475 7

2 Nike Internazionale 206 10

3 BT London Olympics 2012 Tier One Sponsor 160 5

4 Nortel London Olympics 2012 Tier One Sponsor 150 4

5 Adidas AC Milan 123 10

6 Nike Roger Federer 118

7 Adidas Russian Football Union 100

9 BP London Olympics 2012 Tier One Sponsor 100 4

10 British Airways London Olympics 2012 Tier One Sponsor 98 5

11 Adidas All Blacks 90 10

12 Consol Energy Pittsburgh Penguins NHL stadium 84 21

13 Dekra Deutscher Fubball-Bund (DFB) 80 4

14 Deutsche Telekom Deutscher Fubball-Bund (DFB) 80 4

15 Miller Dallas Cowboys 80 10

16 Roger Communications Buffalo Bills 77 5

17 Automobile Clubs of South Carolina Auto Club Speedway of South California 75 10

18 Banc itau Brazilian Football Confederation 75 5

19 Budweiser NHL sponsorship through Bud Lite 75 3

20 Olympus US Open & US Open Series Official Camera 70 6

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Sono i tre campionati più prestigiosi del mondo, ma anche i più indebitati. Dalla Premiership alla Liga passando per la Serie A, il calcio europeo sta letteralmente collassando.

Sopra, il progetto del nuovo stadio della Juventus. La squadra torineseconta di completarlonel 2011: 41 milaspettatori, 150 milamq di aree dedicateai servizi, con 8 areeristoro. E un designfirmato da Giugiaro. Il tutto per 105milioni di euro.

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ROBABILMENTE È IL GIOCO PIÙ BELLO DEL MONDO, sicura-mente è il più truccato. Ci sono talmente tanti episo-di che si fatica a scegliere. Si può partire dall’alto, dal

calcio delle stelle e dei campioniosannati dalle folle, citando il caso diGaetano D’Agostino: calciatore sici-

liano di Roma, Udinese, Juve e ora Fiorentina. 30 anni di classe cri-stallina, campione europeo Under 21, che ha fatto il primo provinoal Milan grazie a Marcello Dell’Utri, su intercessione del boss Giu-

seppe Graviano, componente della commissione regionale di CosaNostra. In fondo i fratelli Graviano dovevano riconoscenza al padredi Gaetano per averli ospitati per qualche tempo a casa propria.

C’è poi il caso del calabrese Giuseppe Sculli, ora apprezzata aladel Genoa, anni fa a un passo dall’arresto per aver truccato tre par-tite, che si vanta di essere “giocatore d’onore” e che un rapporto deiRos indica come “individuo perfettamente integrato nella realtà cri-minale della propria area”. Forse grazie a suo nonno, Giuseppe Mo-rabito, detto “U tiradrittu”, boss delle ‘ndrine della Locride.

Oppure si può scendere nella Serie B, nella quale sareb-bero stati “indirizzati” i risultati di 25 partite su 42 del cam-pionato 2009-2010. Oppure si può guardare ancora in bas-so. Nel foltissimo sottobosco delle leghe minori, usate daiclan mafiosi per aumentare ricchezza, potere e prestigio.

Da qualunque parte lo si guardi, ci sono tante, trop-pe, ombre attorno al mondo del pallone. A svelarle, unlibro-dossier “Le mafie nel pallone”, scritto da DanielePoto, giornalista di Tuttosport insieme all’associazioneLibera. Una mappa delle infiltrazioni, che si radica in Si-cilia, abbraccia Campania, Lucania, Calabria, tocca il La-zio, sfiora la Puglia, diffonde più di un sospetto in Abruz-zo e inizia a fare metastasi nel Nord Italia.

Un luogo ideale per affari loschiIl fenomeno è venuto alla ribalta a livello nazionale so-lo dopo il caso Potenza (vedi ). La punta di un ice-berg che ha dimostrato come le organizzazioni crimina-

BOX

li abbiano trovato nel pianeta calcio un habitat ideale. Per molti mo-tivi: acquisizione diretta dei club, affari con le dirigenze compiacen-ti, riciclaggio di denaro attraverso operazioni off shore di calciomer-cato (fenomeno in crescita, visto che i giocatori stranieri sono ormaiil 40%), scommesse legali e clandestine, partite vendute, partitecomprate, controllo delle curve e pizzo ai danni dei venditori fuorie dentro lo stadio. «Tra l’altro - spiega Daniele Poto - più si scende dicategoria e più il livello di infiltrazione cresce, perché minori sono icontrolli istituzionali, lontana da una pressione mediatica e da unosservatorio nazionale».

Una situazione incentivata dal cambio di status giuridico deiclub. Secondo Poto «la malaugurata trasformazione in società perazioni ha legittimato il carattere lucrativo del bilancio e ha incenti-vato le infiltrazioni malavitose, perché ha introdotto atteggiamentidi pura speculazione. Il denaro, per fruttare, non deve rimanere fer-mo, deve essere riciclato, lavato, riconvertito. Ed ecco che, anche nelcalcio italiano, si stanno tuffando a pesce investitori stranieri - ame-ricani, russi, arabi - a capo di cordate di dubbia provenienza».

Vincere crea consensoL’aspetto che, però, più sfugge a chi non vive la realtà del calcio mi-nore nel Meridione affamato di lavoro è un altro: infiltrandosi nelpianeta-calcio, le cosche hanno un formidabile canale di controllosociale, di formazione del consenso e di reclutamento della mano-dopera. «Nei piccoli centri, si sa perfettamente se una società sporti-va è controllata, direttamente o indirettamente, dal boss locale. E unasquadra che vince crea consenso perché porta prestigio al territorio.Purtroppo bisogna ammettere che c’è molta gente disposta a chiu-dere ambedue gli occhi pur di veder trionfare la propria squadra. So-no stati comprati e non se ne rendono conto», ammette sconsolatoMarcello Cozzi, responsabile di Libera in Basilicata. «Inoltre, a livellogiovanile, le squadre sono la porta d’accesso ai clan. Si entra in unacerta cerchia, s’inizia a frequentare determinati ambienti». E si fini-sce per diventare condizionabili: «Il giocatore – prosegue Cozzi – sabene che il proprio cartellino è di proprietà della società calcistica e

deve quindi sottostare alle decisioni e ai ri-catti del boss. Ribellarsi è difficile quandogiocare a calcio non significa solo dare calcia un pallone, ma assicura il pane sulla tavo-la della propria famiglia». .

Pdi Emanuele Isonio

Sistema calcio, Cosa Nostra

IL CASO POTENZA LA PUNTA DELL’ICEBERG

QUELLO DEL POTENZA CALCIO è un caso-limite del binomio calcio-camorra e di un sistema-pallone in cui tutto sembra permesso. Una cronistoria criminale che ha come protagonista il giovane presidente della squadra, Giuseppe Postiglione. Formalmente è titolare della Nipa,un’azienda di comunicazione: entra nel calcio come azionista di maggioranza relativa e, nel 2009, vince anche il premio Fair Play. Per i suoi affari Postiglione forma una triade con un dirigente di lungo corso, Luca Evangelisti, e con il boss Antonio Cossidente, punto di contatto tra camorra e il clan dei Basilischi. Dietro al Potenza Calcio mettono in piedi un sistema gelatinoso. Le carte dell’inchiesta evidenziano come “personaggi ancorasconosciuti regalavano” ogni domenica risultati sicuri a Postiglione, che scommetteva,vinceva e divideva. Una società a delinquere. Decapitata quando il presidente del Potenzainizia ad andare spesso a Roma, all’hotel Plaza, in via del Corso. In quell’albergo si conoscevano i risultati delle partite truccate in Serie A: un modo per entrare in un giro più vasto, che avrebbe elevato il livello di conoscenze. Troncato da una clamorosa sentenza (a orologeria?) della giustizia sportiva che, per la manipolazione di un risultato della stagionecalcistica 2007-08, ha collocato il Potenza all’ultimo posto del torneo di Lega Pro di primadivisione. Un provvedimento con pochi precedenti nella storia del calcio professionistico.

La Piovra ha messo i tentacoli sul mondo del pallone. Dai campionati dilettanti fino alla Serie A.

L’ALLARME È STATO LANCIATO più di un annofa. Con una diffusione e un giro d’affari senzaeguali, il calcio può essere un veicoloprivilegiato per il riciclaggio del denaro sporcoe la reiterazione di comportamenti criminalicome l’evasione fiscale, il traffico di droga(leggasi doping) e quello degli esseri umani(soprattutto se calciatori promettenti nati in qualche angolo del Terzo Mondo). Un aspettooscuro, di cui nessuno ama particolarmenteparlare. Ma anche un rischio conclamato, resonoto già un anno e mezzo fa da un rapportodella Financial Action Task Force (Fatf)dell’Ocse. Secondo i ricercatori il gioco più popolare del mondo presenterebbe almeno

tre aspetti critici: la struttura di mercato, il suoaspetto culturale e il suo contesto finanziario. Il calcio, in altre parole, costituirebbe un mercato a cui si accede agevolmente (si pensi alla facilità con cui i club possonopassare di mano), ma anche una “lavanderia”estremamente efficiente capace di garantirepopolarità e ritorni di immagine a chi sceglie di investirvi. A rendere tutto più complicato,infine, c’è il progressivo dissesto finanziario del settore: costretti a fronteggiare una crisidebitoria sempre più grave - sottolinea l’Ocse - molti club potrebbero essere indotti ad accogliere anche i capitali di dubbiaprovenienza, favorendo così gli interessi

dei criminali. Nel documento, ovviamente, nonsi fa alcun nome, ma gli esempi non mancano.Tra questi anche il caso del tentato acquisto di una famosa squadra italiana che avrebbedovuto essere finanziato con denaro sporco. I ricercatori non confermano, ma i sospettisembrano rivolgersi alla S.S. Lazio. Nel lugliodel 2008, la magistratura italiana spiccò dieci ordini di custodia per quelli che riteneva i protagonisti di un tentativo di scalata al club romano condotto a forza di minacce e intimidazioni di stampo mafioso. Pronti a finanziare l’operazione, si stimò allora, ben 21 milioni di euro messi sul tavolo dal clancamorrista dei Casalesi. M.Cav.

CALCIO-LAVANDERIALA CRIMINALITÀ GIOCA IN CASA

CARLO PETRINI è un calciatore che ha giocato tra la fine degli anni ‘60 e gli ‘80 nel Genoa, nel Lecce, nel Milan di Nereo Rocco, nel Torino, vincendo la Coppa Italia nel 1970/71. Ha corso dietro al pallone nella Roma di Nils Liedholm e in molte altre squadreimportanti. Quando si è ritirato dal calcio si è messo a scrivere e hafatto scandalo, perché ha ammesso di essersi dopato. L’ha raccontatonell’autobiografia Nel fango del dio pallone: “Verso la fine delcampionato 1967-68, quando ero un giovane attaccante del Genoa, in Serie B, insieme a qualche compagno di squadra ci dopammo e giocammo da dopati alcune partite decisive per non retrocedere”.

Sul processo per doping alla Juventus in cui è stato assolto il medico sportivo Riccardo Agricola, si è espresso in modo altrettantodiretto nel libro Scudetti dopati: “...il calcio professionistico non è piùuno sport, ma è diventato quello che gli americani chiamano showbusiness, spettacolo e affari. Il fatto sicuro è che nessun atleta è in gradodi giocare tre partite alla settimana, come fanno molti calciatori per anni, senza l’aiuto di potenti medicinali, dell’Epo, oppure di sostanzedopanti ancora “invisibili” ai controlli antidoping”. Petrini invita a direapertamente come stanno le cose, per superare l’ipocrisia “pallonara” di un calcio spettacolo in cui nessuno è umano fino in fondo e le tecnichedi doping sono sempre più sofisticate e coneffetti sulla salute che si verificano anni dopo.

Perché l’esempio degli sportivi famosi è contagioso: nel rapporto 2010 del ministerodella Salute si è registrata la crescita del doping negli sport a livello amatoriale e master. Le sostanze più diffuse sono glianabolizzanti e le sostanze attive sul sistemaormonale (25,4%), gli stimolanti (20,3%), i cannabinoidi (16,9%), i corticosteroidi (8,5%)e i diuretici. Si è riscontrato l’uso di sostanzemaggiormente dannose per la salute rispettoagli anni precedenti e in coktail con altre.

Le sostanze dopanti circolano nellepalestre, spesso proposte dagli allenatori ai giovani che cercano in fretta il risultato o si fidano, e sono contenute in integratoriche sembrano innocui. Ma sono prodottiillegali, che vengono smistati dalla criminalitàorganizzata sulle stesse rotte delle droghe.

Il rapporto 2008 dell’Associazione Libera, I traffici mondiali delle sostanze dopantistimava che fossero 500 mila i consumatori di sostanze dopanti in Italia e il giro d’affarivicino ai 600 milioni di euro. Mentre a livellomondiale il rapporto stimava fossero circa 30 milioni gli assuntori, con un giro d’affariintorno ai 15 miliardi di euro. Pa. Bai.

L’IPOCRISIA “PALLONARA” ALIMENTA IL MERCATO DEL DOPING

Carlo PetriniCalcio nei coglioni.Porcate, imbrogli efregnacce:cronache pallonaresenza censuraKaos edizioni, 2010

Carlo PetriniScudetti dopati. LaJuventus 1994-98:flebo e torneiKaos edizioni, 2005

Carlo PetriniLe corna del diavolo.Il Milan di BerlusconiKaos edizioni, 2006

LIBRI

Il campo di calciodell’associazione Don Milani Onlus(vedi articolo “Scuole di etica e legalità”a pag.26).

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ON CE NE VOGLIANO gli habitué delle sue coste, ma il Mar Tir-reno, fra gli specchi d’acqua salata del globo, non è né ilpiù cristallino, né il più pulito, né quello dai venti piùcomplicati da domare. Eppure, ha un primato particolare:fra le sue onde si tiene il numero maggiore di regate, perquantità e per qualità delle imbarcazioni in gara. È, in so-stanza, il primo campo di regata del mondo. A pensar ma-le, verrebbe da associare questo dato con un altro aspettocurioso: se si spulcia l’elenco delle barche iscritte a qualsiasiregata di medio livello e si osserva il luogo di “immatrico-lazione”, si scopre che più sono grandi le imbarcazioni, più“capita” che siano registrate in paradisi fiscali.

Prendiamo ad esempio la Palermo-Montecarlo, chesi corre nel mese di agosto. Delle 27 barche in gara, seisono registrate a persone o società con sede nello Stato

monegasco. Si può dire: è normale, visto che la regata ar-riva a Montecarlo. È meno normale che altre, come laWally B, che gareggia per lo Yacht Club di Monaco, ri-sultino in realtà di proprietà della società Non Plus Ul-tra SA in Lussemburgo. Discorso analogo per il 34 metriHighland Breeze: iscritto sotto le insegne del Real ClubNautico de Palma, è di proprietà della Highland BreezeLtd, registrata alla casella postale 837 del paradiso carai-bico di Curaçao. Ce n’è abbastanza per far sorgere il so-spetto che le regate di questo tipo non siano solo un pas-satempo per milionari annoiati.

Una groviglio di evasioniIl sospetto ci è confermato, dietro l’impegno a garantirgliil più rigoroso anonimato, da un velista molto apprezza-to nell’ambiente delle regate, con centinaia di gare allespalle e una profonda conoscenza di quanto avviene inacqua e fuori: «Il Tirreno è il campo di regata in cui si au-tocelebra l’evasione fiscale. Il nero è il colore dominantedell’intero sistema. È in nero la gestione della barca, sonoin nero i pagamenti degli equipaggi e dietro le sponsoriz-zazioni ci sono puntualmente fondi neri, se non vere eproprie operazioni di riciclaggio». Per rimanere al Mar Tir-reno: alle varie regate che vi si organizzano, partecipanocirca 2000 armatori. Perché lo fanno? Non solo per pas-sione. «Con queste regate entri in contatto con impren-ditori spesso inarrivabili. Con il Gotha finanziario e in-dustriale. Quelli che hanno il jet privato sempre pronto aldecollo. Quindi chi vuole farsi conoscere in quel mondo,

sceglie di diventare armatore. Entra così in una ristrettaélite, dove si fanno lauti affari». Un po’ quello che succe-deva con le regate alle quali partecipavano Raul Gardini,Gianni Varasi, Massimo Gatti e Alan Bond.

Armare una barca e farla gareggiare costa però unosproposito: «Per una barca di 13-14 metri siamo sui 4-5mila euro al giorno. E si gareggia almeno 100 giornil’anno». Come si fa a fare in modo che altri sopportinoquei costi? Ad esempio si pagano in nero gli equipaggi:«Si prendono velisti professionisti e si pagano circa 300euro al giorno cash. Se consideri che in un anno posso-no lavorare anche 300 giorni, siamo sui 90-100mila eu-ro esentasse. Ovvio che nessuno di loro si lamenti».

Il sistema dell’1 a 3Poi si cercano gli sponsor. Che danno soldi, non tanto perottenere visibilità, ma per lucrare e creare fondi neri: «Ilrapporto è 1 a 3», rivela il nostro velista. Un esempio: «L’a-zienda sponsor versa all’armatore un milione di euro. L’ar-matore sa che in realtà può usare per la gestione della bar-ca solo un terzo di tale somma. Deve però fornire allosponsor fatture per l’intero importo. E la differenza la ri-consegna all’azienda finanziatrice, che così può disporredi denaro in nero». Per gli sponsor tra l’altro è anche unmodo per far figurare meno utili di quelli reali.

Possibile che un fenomeno così diffuso non attiril’attenzione di stampa e finanzieri? «La stampa del set-tore è ben controllata. Quanto ai controlli: in tanti anninon ne ho vista nemmeno l’ombra». .

di Luca Trovani

NBarche off-shore, fatture gonfiate, riciclaggi di denaro: la grande vela è il paradiso dell’evasione. Focus su una casta che mette in ombra gli sforzi di molti veri sportivi.

Vele d’Italia: tutti i colori del nero

Lo sportitaliano dà i numeri474 milioni di fondi pubblici per 95.000 realtà sportive.

A RETE DEI SOGGETTI che ruotano intorno alla pratica sportiva in Italia èstata quantificata nel 2008 dal primo – e finora unico – Rapporto sport& società, realizzato da Censis e Coni, che stimava in 95 mila il nume-

ro dei punti di offerta e di organizzazione sportiva ter-ritoriali nel nostro Paese: «Si tratta della più ramificatae ampia rete esistente in Italia. Un punto sportivo ogni

631 abitanti, più delle tabaccherie». Un sistema formato da federazioni nazionali(Fsn), enti di promozione sportiva (Eps) e organizzazioni sportive che non hannoun peso tale da diventare federazioni (Dsa, Discipline sportive associate come l’ar-rampicata sportiva, il biliardo sportivo, il cricket, la dama).

Tolti i fondi che arrivano da sponsor privati, lo sport italiano si sostiene grazieai finanziamenti pubblici, attraverso un modello di distribuzione in cui il Coni, cheriassume in sé la dimensione agonistica e quella istituzionale, diventa una sorta diministero dello Sport. Un modello che in Europa è apprezzato ma non è l’unico: laFrancia ha infatti un vero ministero a sovrintendere il flusso di denaro pubblico perle federazioni sportive; in Germania i finanziamenti provengono in maggior mi-sura dai länder, cioè dagli enti locali, ma riguardano per lo più la partecipazione aiGiochi Olimpici; in Gran Bretagna i soldi li passa in primis la Casa Reale, cui si af-fiancano fondazioni e sponsor (tanto più ora che si aspettano le Olimpiadi di Lon-dra 2012). Anche da noi, peraltro, gli enti locali sostengono la pratica sportiva (fi-nanziando singole manifestazioni o realizzando e manutenendo impianti) e sicoordinano in tal senso proprio col Coni, attraverso l’Anci (Associazione naziona-le dei comuni italiani) e la Conferenza delle Regioni. Nel 2007 il Censis ha esami-nato il bilancio di previsione di 19 Regioni e due Provincie autonome: gli stanzia-menti per lo sport hanno toccato ben 195 milioni di euro.

Un budget milionarioIl budget complessivo previsto dal Coni per il 2010 è di 474 milioni e 245 mila eu-ro, compreso il finanziamento statale di 460 milioni di euro (cifra rimasta presso-ché costante negli ultimi anni). Del budget totale, oltre 322 milioni sono destinatia “contributi per attività istituzionale”, di cui 265 milioni per il funzionamento el’attività sportiva delle federazioni nazionali, mentre il resto è suddiviso tra Dsa, Eps,Forze Armate e Associazioni Benemerite. Il dettaglio del bilancio consolidato 2009mostra, però, che il Coni distribuisce diversamente “l’affetto” ai suoi figli: sui 253milioni di euro complessivi attribuiti alle 45 federazioni nazionali (compreso l’Aci-Automobil club italiano), ben 84 milioni sono finiti alla Federazione italiana giococalcio (Figc) - segnata non casualmente in un rigo a parte - e “solo” 168 milioni al-le altre 44 Fsn (dai circa 9 milioni per il nuoto e l’atletica via via a scendere, con 7milioni mezzo al ciclismo, 3 milioni e mezzo al Comitato paralimpico, quasi 2 alpentatlon moderno e giù giù, fino alle due cenerentole con meno di un milione dieuro di finanziamento, ovvero armi sportive e squash).

Un’ultima notazione: per calcolare quanto “vale” il movimento sportivo italia-no non si può ignorare il contributo dei volontari. Nel 2008 il primo Rapporto sport& società stimava un controvalore di 3,4 miliardi per le ore di volontariato (a 15 eu-ro l’una), spese per l’attività di un campione di 11 mila società sportive. .

Ldi Corrado Fontana

L’EX CALCIATORE CANTONA AGAMBATESASULLE BANCHE

L’EX CAMPIONISSIMO DEL MANCHESTER UNITED, Eric Cantona, da tempo non dà piùcalci al pallone. Cerca di darli, però, a un sistema economico e sociale che proprio non gli va giù. La verve del francese, fortunatamente, non è la stessa di quando si lanciòcon un colpo da kung-fu contro un tifoso di una squadra avversaria (gesto che gli valsenove mesi di squalifica). Ma la decisione è quella di sempre. Basta ascoltare una brevevideo-intervista che in questi giorni sta spopolando on line (cliccare per credere:www.youtube.com/watch?v=padCfgZjbXI) in cui, parlando dei recenti scioperi in Francia, si domanda se siano davvero utili «milioni di persone a manifestare per le strade. Vogliamofare davvero la rivoluzione? È facilissimo: basta che quegli stessi milioni di personevadano in banca e ritirino tutti i loro soldi. Il sistema crollerebbe all’istante». Pare chequalcuno lo abbia preso sul serio e abbia ipotizzato una sorta di “giornata della chiusuradel conto”: «Ogni tanto - conclude - ai sindacati bisogna dargli qualche idea nuova...».

Avere una barca cheprende parte alle grandiregate significa entrare in una ristretta élite, dove si fanno lauti affari

Nella foto grande: la regata del Trofeo RegioneSardegna, tappa del Circuito Audi Med Cup.Sopra: barche impegnate nella Rolex Swan Cup.

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È tutto un altro mondiale

Campi sportivi,scuole di etica e legalità

OLTE FAMIGLIE ASPETTAVANO un percorso del genere per ipropri figli. Prima non c’erano che certe scuole di calcio,non c’erano alternative. Le mafie, infatti, prediligono

un “percorso di riconoscimento” che significa:“se non ci sono io queste cose non si possonofare”. La verità è che hanno bisogno di con-

senso sul territorio e non entrano in questo business peraffari, ma se sono i soli a occuparlo. E si presentano conla faccia pulita e il doppio petto, primeggiano». CosìFrancesco Rigitano, referente dell’Associazione Liberaper la Locride, analizza il contesto in cui il 27 settembre2010 sono iniziate a Gioiosa Ionica (Rc) le attività del-la “Scuola etica e libera di educazione allo sport”. Unascuola di calcio affiliata al Csi (Centro sportivo italiano)dove i 40 iscritti – bambini tra 5 e 11 anni – potrannocrescere in un contesto in cui la pratica sportiva è con-siderata «strumento educativo, di aggregazione e di in-clusione sociale, per apprendere il rispetto di sé e deglialtri, e il rispetto delle regole».

Una sfida culturale nata dall’impegno di SportingGioiosa-Associazione sportiva dilettantistica, Associa-zione Don Milani-Onlus e, appunto, Libera, a partire

La lotta alla mafia si fa anche così: a Gioiosa Ionica e Gela il calcio aiuta la crescita civile contro la cultura criminale. E di iniziative simili ce ne sono sempre di più.

CENTRI SOCIALI PER LO SPORT RISORSA DI QUARTIERE

A MARZO FESTEGGIA un anno di attività la palestrapopolare del Quadraro, a Roma. È solo l’ultima di unaserie di esperienze che restituiscono ai quartieri moltiluoghi abbandonati della Capitale e non solo. Tredici o quattordici solo a Roma, ma di “palestre popolari”se ne trovano anche a Napoli, Bergamo, Firenze, Milanoe nel nord-est. Si tratta di locali o interi immobiliabbandonati in stato di degrado, di proprietà pubblicao privata, occupati inizialmente in modo abusivo e, poi, una volta ripristinati e restituiti al territorio,spesso riconosciuti anche dalle istituzioni per il lororuolo di riqualificazione urbana e sociale.

Così è accaduto per palestre popolari romane comeSan Lorenzo, Cinecittà, Casalbertone, Ponte Marconi e Tufello, ma così forse avverrà anche per la neonatapalestra del Quadraro, sorta nei locali di alcuniscantinati fatiscenti, occupati nel 2008 dai giovani del centro sociale Spartaco. «Sapevamo di questigarage, abbandonati da 44 anni, mai utilizzati e disastrati. Siamo entrati, li abbiamo puliti e abbiamosollevato la questione. La proprietà Ater (ex Istitutoautonomo case popolari) non si è mossa e noiabbiamo deciso di aprire la palestra popolare», spiegaAlessandro Luparelli dello Spartaco, che ricorda il lungo lavoro dei volontari che hanno bonificato 500

dei 940 metri quadrati disponibili, dotandoli di un ringda boxe, specchi, docce con acqua calda e pesistica.

La palestra del Quadraro a marzo prossimo taglierà il traguardo del primo anno di vita, è affiliata alla Uisp(Unione italiana sport per tutti) come associazionesportiva dilettantistica e ha un centinaio d’iscritti che si tengono in forma a costi, appunto, popolari (15 euro l’anno), praticando boxe, karate, difesapersonale, yoga, capoeira, tango argentino. E non è tutto. Perché la palestra si sta rivelando ancheun’occasione di occupazione per il quartiere: moltisoci sono istruttori certificati dalle federazioni sportiveo con attestati Isef e nella palestra lavorano.

A guastare la festa potrebbe, però, essere la situazione di abusivismo della struttura e i conflittiche spesso si sviluppano tra centri sociali e istituzioni.Non va sempre così, però. Alessandro Luparellisottolinea come spesso, nonostante l’occupazioneabusiva di uno spazio pubblico o privato, «alcunerealtà hanno vinto vertenze con la proprietà e sonodiventate assegnatarie dei locali. Il Quadraro, ad esempio, ha avviato una trattativa sostenuta dal X Municipio e attualmente non è sotto sgombero.La speranza è che possa essere applicata una delibera che prevede uno sgravio dell’80%

dell’affitto. Nel frattempo svolgiamo iniziative per il diritto allo sport e stiamo chiedendo al Comunedi Roma e alla Regione di rendere possibile la praticasportiva anche nei parchi urbani. Del resto, da questepalestre escono atleti che vincono titoli, specialmentenella boxe dilettantistica. Noi stessi abbiamo unasquadra di rugby iscritta al campionato Serie C».

E, nonostante la Giunta del sindaco Alemanno stia negando l’attivazione di finanziamenti ad hocgià disponibili, non c’è clima di scontro con gli entilocali territoriali. Sandro Medici, presidente del X Municipio, in passato definì la palestra del Quadraro «un’occasione di riscatto per la periferiae una risposta concreta alla carenza di strutturesportive del territorio» e oggi ribadisce il «dupliceaspetto positivo dell’iniziativa, quanto all’inclusionesociale e al ripristino di uno stabile abbandonato e fatiscente». In più per l’amministrazione è a costo zero, mentre quest’anno il X Municipio ha 4.500 euro a disposizione per la promozione allo sport di quasi 190 mila residenti.www.spartaco.it - sanpietrino.noblogs.orgwww.pacipaciana.org/palestra-popolare-pacipacianawww.myspace.com/palestravalerioverbano

Corrado Fontana

da un centro sportivo esistente e con un impegno digestione dai costi economici abbastanza limitati (12-13mila euro l’anno), tanto che Rigitano si augura unmoltiplicarsi di tali iniziative, magari promosse daglienti locali.

Un pallone contro il racketQuello di Gioiosa Ionica è un progetto sviluppato infretta (circa due anni), ma non è il solo. Vale la pena ri-cordare anche l’esempio del Gela Calcio, a rischio chiu-sura nel 2005 per la denuncia di connivenze tra la vec-chia dirigenza e la criminalità organizzata e invecerinato, grazie anche agli sforzi del sindaco di allora Ro-sario Crocetta, per diventare la prima società calcisticaesplicitamente impegnata contro il racket con iniziativecome “Dai un calcio al pizzo!”. Oppure le decine di ini-ziative locali (la staffetta di Sport against violence alle Ter-me di Caracalla; la Domitia marthon, maratona contro lacamorra tra Castel Volturno e Baia Domizia; la annualedue giorni di judo dedicata a Giovanni Falcone e PaoloBorsellino che si svolge a Palermo) e i numerosi proget-ti educativi nati da e per lo sport nelle carceri italiane. .

PER SOSTENEREla Scuola Etica e Libera di Educazioneallo Sport: c/c intestato aAssociazione DonMilani – onlus Montedei Paschi di Siena – Filiale di RoccellaIonica IBAN IT 55 W01030 81520 000063 110 179donmilanigioiosa.itwww.libera.it

INFO

N “MATATU” , ovvero il tipico minibus usato in Africaper i trasporti pubblici, è partito il primo giugno scor-so da Nairobi per essere a Johannesburg in tempo per

la finalissima del Campionato delmondo di calcio dell’11 luglio. Unviaggio pensato a Milano da Altri-

mondiali (campagna sociale giunta alla sua quarta declinazione conAltrimondiali by matatu e organizzata da Altropallone, Karibu Africae l’associazione di Ong lombarde Colomba) per attraversare Tanza-nia, Zimbabwe, Malawi, Zambia, Mozambico, Lesotho e Swaziland,improvvisando tornei di calcio nelle periferie delle città. Obbiettivo:accendere i riflettori dei media sulla situazione degli ultimi in Afri-ca. Ma non solo. Perché un viaggio è certo solo il punto di partenza,mentre come e quando si arriverà a destinazione sono variabili dascoprire lungo la via. Così il matatu, col suo equipaggio formato datre italiani e tre keniani (giocatori, educatori e allenatori di calcio ebasket, esperti di cooperazione, informatici e cineoperatori) e unprogetto da circa 50 mila euro (metà coperti dagli sponsor), si è tra-sformato in veicolo – appunto – di grandi scoperte.

Cooperazione in campoIl matatu ha così conosciuto un territorio colorato di profonde fe-rite e diversità, scoprendo la persecuzione sanguinosa e supersti-ziosa verso gli “africani bianchi” (i dati ufficiali parlano di 54 albi-ni uccisi nel 2008 tra Tanzania, Burundi e Uganda, cui siaggiungono le eliminazioni sistematiche alla nascita, non quanti-ficabili), spazzata via per un giorno in un torneo di calcio tra squa-dre miste di neri e albini, giocato a Dar Es Salaam, ospiti di CefaOnlus. Oppure il progetto del Centro orientamento educativo(Coe) a Kafue, in Zambia, che utilizza il calcio professionale per fa-vorire l’aggregazione, in particolare quella femminile, coinvolgen-do 1.200 giovani (quasi 500 ragazze). O, infine, la discriminazionedei neri di Capetown verso altri neri, rifugiati di guerra da Zim-bawe, Botswana e Congo, combattuta attraverso un programma dicooperazione che sta formando una squadra di calcio di rifugiati egiovani delle baraccopoli di periferia. Ma la sorpresa più grande –ricorda Michele Papagna di Altrimondiali – è arrivata a Johnne-sburg, constatando che «la sfida internazionale del primo Cam-pionato mondiale di calcio in Africadella storia è stata vinta, sostanzial-mente, su tutti i fronti: su quello del-l’organizzazione, della sicurezza e dellapartecipazione popolare, anche nelletownship. Se siano stati soldi buttati peril futuro, lo si scoprirà presto». .

www.altrimondiali.itwww.karibuafrika.it www.onglombardia.orgwww.cefaonlus.itwww.coeweb.org

INFO

Un pulmino e un pallone per conscere l’Africa.

E NEGLI USA SBARCA IL TOTO-HEDGE FUND

SONO PASSATI CINQUE ANNI da quando Mark Cuban, proprietario della squadra di basket americana dei Dallas Mavericks, annunciò di voler dar vita a un hedge fund concentrato sulle scommesse sportive. Motivo?Semplice: secondo il manager scommettere sullo sport è più facile che farlo sul mercato azionario. E lo scorso aprile, attraverso la compagniad’investimenti londinese Centaur, è stato lanciato il fondo speculativoGalileo. Ci si concentrerà su calcio, tennis, cricket, corse dei cavalli e golf.Per poi passare anche a football e baseball, in un vero e proprio intrecciotra alta finanza e “puntate” da bar dello sport. Ma che presenta, secondoun dirigente del fondo, Tony Woodhams, importanti vantaggi: è piuttosto al riparo dalle crisi economiche e non prevede interventi diretti da partedella banca centrale né del governo. L’obiettivo di Galileo è di arrivare in due anni ad una raccolta di capitali gestiti pari a 100 milioni di dollari,con ritorni promessi tra il 15 ed il 25%, compresi una commissione del 3% per i gestori e una trattenuta del 30% sui profitti netti. Sempre che i pronostici siano rispettati.

Udi Corrado Fontana

di Corrado Fontana

«M

Sopra, i volontari al lavoro per la palestradel Quadraro, a Roma, rimettono in sestoun vecchio garage per fornire al quartiereun luogo di incontro tramite lo sport.Sotto, Spartaco rugby, la squadradell’omonimo centro sociale, che ha datovita alla palestra del Quadraro.

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| inbreve || inbreve |

finanzaeticaOstacoli e paradossi. Le banche europee alla sfida di Basilea >30 Investimenti responsabili. È possibile definirli? >33Buon compleanno Mag2. Trent’anni di finanza solidale >36

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ENEL GREEN POWER:ADUSBEF PRESENTA UNA DENUNCIA PER TRUFFA

L’Associazione difesa consumatori ed utenti bancari,finanziari ed assicurativi (Adusbef) ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica invocandol’apertura di un’indagine sulla gestione dei titoli di Enel Green Power (Egp), la società creata dal colosso italiano dell’energia che ha debuttato in borsa lo scorso 4 novembre. Nel mirino proprio il collocamento azionario di Egp, un’operazione, ha sostenuto Adusbef, che potrebbe delineare una manipolazione del mercato. Enel aveva collocato1,65 miliardi di azioni coinvolgendo nell’operazionedieci banche nel ruolo di promotori e garantendo a queste ultime una commissione da 48 milioni. Un premio meritato, ha evidenziato l’Adusbef,

“per aver convinto i risparmiatori a comprare le Egp a un prezzo tra 1,8 e 2,1 euro (successivamente abbassatea 1,6 euro), che invece gli investitoriistituzionali, cioè le stesse banche, i fondi d’investimento e le compagnied’assicurazione, hanno giudicatoscandalosamente alto”. All’apertura

delle contrattazioni un soggetto misterioso avevapiazzato un ordine di vendita per 9,6 milioni di azioni al prezzo di 1,55 bruciando così ben 548 mila euro in soli 25 secondi e scatenando la corsa al ribasso. A consentire la rimonta fino al prezzo iniziale eranostati gli acquisti condotti nelle ore successive dai fondi d’investimento. Le grandi banche, ha ipotizzato Il Fatto Quotidiano, si sarebbero liberatedei titoli piazzandoli proprio ai fondi che, come noto, sono sì gestiti dagli istituti ma operano con i soldi dei risparmiatori. Nei piani dall’Enel, l’85% delle azioni sarebbe dovuto finire nelle mani degli investitori istituzionali che invece, ad oggi, controllano appena il 23% dei titoli contro il 77% in mano alla clientela retail.

ENTI PUBBLICI ITALIANI:NUOVE CAUSE SUI PRODOTTI FINANZIARI DERIVATI

Scottati da contratti rivelatisi estremamente dannosigli enti locali italiani stanno avviando un crescentenumero di cause contro le banche con le quali avevanosottoscritto i prodotti finanziari derivati. Mentreprocede il processo penale per truffa aggravata al Comune di Milano, la Provincia di Pisa e il Comune di Rimini hanno da poco ottenuto sentenze favorevolidai tribunali amministrativi. Nel primo caso il Tar della Toscana ha confermato la sentenza di annullamento dei contratti siglati con Dexia Crediope Depfa Bank confermando la presenza illegittima di costi aggiuntivi e non dichiarati. Un annullamentoanalogo, causa irregolarità di forma, ha interessatoanche i derivati sottoscritti dall’ente romagnolo con Unicredit. Le cause traggono origine dalla grandeondata di ristrutturazione debitoria avviata dagli entilocali italiani otto anni fa, quando l’approvazione della Finanziaria del 2002 spalancò la strada al ricorsoa questi strumenti da parte delle amministrazionipubbliche. Da allora, si stima, almeno 664 entiavrebbero stipulato derivati a protezione dei propribilanci – sui quali gravava il rischio di una forte crescitadei tassi di interesse – coprendo con questo sistemaalmeno 35 miliardi di esposizione (un terzo circa dei 107 totali accumulati in Italia). Un’operazionerivelatasi in molti casi un affare disastroso con gravi perdite aggiuntive per gli enti. Alla finestra,ha ricordato di recente il quotidiano Finanza e Mercati,ci sarebbero ora anche i comuni di Firenze e Prato,pronti a trascinare in tribunale gli istituti Merrill Lynch,Ubs e Dexia. Per evitare nuovi scandali giudiziari, ha evidenziato lo stesso quotidiano, le banchesembrerebbero ora pronte alla revisione se non addirittura alla chiusura dei contratti.

AFRICA,UN SOSTEGNOCONTRO I FONDIAVVOLTOIO

L’African legal support facility (Alsf)sosterrà con 500 mila dollari partedelle spese legali del governo dellaRepubblica Democratica del Congonella causa intentata controKinshasa dal fondo “distressed” FGHemisphere. Lo ha riferito il portalespecializzato Allafrica.comevidenziando come quello offerto da Alsf sia il primo sostegno direttorealizzato dall’organizzazione creatanel 2008 dall’African DevelopmentBank (Adb). Abitualmente domiciliatinei paradisi fiscali e conosciuti in gergo come “avvoltoi” (vulture), i “distressed debt funds” sonospecializzati, tra le altre cose,nell’acquisizione a prezzo scontatodei crediti vantati dalle societàprivate nei confronti dei Paesi piùpoveri con l’obiettivo di trascinare i governi in tribunale e ottenere maxi risarcimenti (garantiti dal congelamento degli assetsdetenuti all’estero). Secondo l’Adb, i rendimenti finali di questeoperazioni possono raggiungereanche il 2000%. Detentore dal 2004dei diritti sul debito contratto nel 1980 dall’allora Zaire con la società jugoslava EnergoInvest, FG ha già ottenuto un’importantesuccesso all’inizio del 2010 quandouna corte di Hong Kong ha ordinatoil pignoramento del creditoaccumulato dalla nazione africanacon la Cina a seguito del rilasciodelle concessioni minerarie.

LA FSASORVEGLIERÀ LE TELEFONATE DEI TRADER

La Financial Services Authority (Fsa)britannica imporrà alle società della City di registrare le telefonatedi lavoro effettuate dai propridipendenti. L’obiettivo è tenere sotto controllo le informazioni degli operatori prevenendo così lo sfruttamento illecito sul mercatodi notizie riservate (insider trading).La norma, ha riferito il Wall StreetJournal, sarà applicata a partire dal 14 novembre 2011 e interesseràle circa 16 mila utenze dei traderlondinesi attivi sui mercatifinanziari. Si tratta del primoprovvedimento del genere assuntoda un ente di sorveglianza europeo.Secondo le stime, l’introduzionedella tecnologia necessaria costerà circa 11 milioni di sterlinecui se ne aggiungeranno altri 18 per finanziare ogni anno l’intera attività di monitoraggio. La normativa, che secondo la Fsa sarebbe pienamente in linea con le regole europee sulla tuteladelle privacy, potrebbe funzionareda deterrente rivelandosi efficacenella prevenzione dei reatifinanziari. Negli Stati Uniti proprio le intercettazioni hanno permessoagli inquirenti di scoprire e arrestareil numero uno di Galleon Group RajRajaratnam, al centro di uno dei piùclamorosi casi di insider tradingnella storia di Wall Street.

LEGGI TROPPOCOMPLICATE: DA GRAMEEN “NO” ALL’ITALIA

I progetti alternativi non mancanoma l’idea di una filiale italiana della Grameen Bank, la più vecchiae più celebre istituzione di microcredito del mondo, sembradefinitivamente tramontata. Lo ha reso noto lo stesso numerouno di Grameen, il premio Nobel per la Pace Muhammad Yunus, in un’intervista concessa al Corrieredella Sera. «Ci piacerebbe aprire qui una banca, ma la legge italianaè talmente complicata, servonomolti soldi», ha dichiarato Yunus.«Abbiamo rinunciato. Aprire istitutipiù piccoli per aiutare la poveragente sarebbe perfetto. Non c’èbisogno di mega-banche». Circa un anno fa il banchiere bengaleseaveva incontrato a Milano l’alloraamministratore delegato di Unicredit(un istituto non propriamenteprotagonista della finanza etica),Alessandro Profumo, per discutere in merito alla possibile riproduzionedel modello Grameen in Italia. Un progetto condotto insieme a Unicredit Foundation e chedovrebbe sfociare ora nella nascitadi un programma di microcreditoma, ha precisato Yunus, non in una filiale della banca bengalese.Dall’accordo tra l’Istituto europeo di design di Milano e GrameenCreative Lab (un’organizzazione no profit creata a Wiesbaden,Germania, insieme all’imprenditorelocale Hans Reitz) sarà inveceistituita una cattedra in design for social business.

SUDAN,INVESTITORI IN PRESSING SUI DIRITTI UMANI

In previsione del voto del gennaio 2011 che potrebbe sancire la secessione del Sudan meridionale,Conflict Risk Network (Crn),un’organizzazione internazionale che raccoglie investitori individuali ed istituzionali, si è impegnata a chiedere alle imprese straniereoperanti nel Paese di contribuire al rispetto dei diritti umani. Sotto il comando del presidente Omar al-Bashir, già accusato di crimini contro l’umanità dal Tribunale penaleinternazionale, il governo sudanese

starebbe cercandodi ostacolare in tutti i modi la preparazionedel referendumindipendentistadelle regionimeridionali del Paese,notoriamente

le più ricche di petrolio. Forte dei suoi700 miliardi di dollari in asset gestiti, ricorda il portale SocialFunds.com, Crn si è rivolto direttamente alle aziendedi telecomunicazione e a diciotto grandiimprese del settore petrolifero come la China National Petroleum, giàaccusata di aver contribuito al riarmodel regime di Khartoum con i profittidelle operazioni congiunte con il governo locale previste dagli accordidi sfruttamento delle risorse. La Cina si oppone da sempre alle sanzioni controil regime di Bashir. Nei 22 anni dellaguerra civile conclusasi ufficialmentecon gli accordi di pace del 2005 i morti sono stati più di 2 milioni.

Page 16: Mensile Valori n.85 2010

PATRIMONIO DI BASE TIER 1 CAPITAL CAPITALE TOTALE

Minimo 4,5 6,0 8,0

Buffer 2,5 2,5 2,5

Minimo + Buffer 7,0 8,5 10,5

Buffer anticiclico da 0 a 2,5

GLOSSARIO

| 30 | valori | A N N O 1 0 N . 8 5 | D I C E M B R E 2 0 1 0 / G E N N A I O 2 0 1 1 | | A N N O 1 0 N . 8 5 | D I C E M B R E 2 0 1 0 / G E N N A I O 2 0 1 1 | valori | 31 |

| finanzaetica | nuove regole | | finanzaetica |

Un traguardo raggiungibile, ovviamente, con un ragionatorialzo dei parametri: il valore del patrimonio di base dovrà equi-valere come minimo al 4,5% di quello delle attività totali dellabanca (prestiti, investimenti, ecc.) ponderate per il rischio, controil 2% storicamente in vigore. Il valore del Tier-1 (vedi ) pas-sa dal 4 al 6% mentre il peso del patrimonio complessivo (il capi-tale totale) resta invariato all’8%.

La vera novità consiste, però, nell’introduzione del cosiddettobuffer, un capitale liquido aggiuntivo pari al 2,5% delle attività e de-stinato a rinforzare gli indicatori patrimoniali stessi (vedi ). Èprevista, inoltre, la possibilità di applicare un ulteriore buffer varia-bile (fino al 2,5%) in situazioni di eccesso di credito.

Problemi aperti La caccia alla ricapitalizzazione è appena iniziata, ma per gli istitutii problemi sono già emersi con forza. In primo luogo c’è la questio-ne del surplus dei capitali attualmente disponibile che, in Europa,appare molto variabile. In pole position, ha rivelato una recente ri-

cerca di Matrix Corporate, ci sarebbero gli istitutiscandinavi che, primi in ordine di tempo, potran-no già distribuire capitali ai loro azionisti. In fondoalla griglia ci sarebbero invece le banche italiane,tra cui Unicredit e Intesa SanPaolo, che, pur non

GLOSSARIO

TABELLA

NA STRETTA NECESSARIA PER METTERE LE BANCHE al riparo da-gli effetti di future crisi. Ma anche un provvedimen-to denso di aspetti critici e capace, per questo, di crea-

re paradossi acuendo le difficoltà diquegli stessi istituti che con la crisihanno avuto tutto sommato poco

o nulla a che fare. Sono questi, in sintesi, i due volti di Basilea 3, ilpiano di riforma dei requisiti patrimoniali degli istituti realizzatodalla Banca dei Regolamenti Internazionali (Bis).

Capitali più fortiApprovato a settembre e destinato a entrare a pieno regime nel2019, il programma, che sostituisce la vecchia versione pre-crisi (lacosiddetta Basilea 2 – vedi ), punta tutto sul rafforzamento del-la liquidità in deposito. Il messaggio è chiarissimo: gli istituti - di-cono da Basilea - dovranno avere a disposizione maggiori quantitàdi denaro liquido così da fronteggiare eventuali nuovi shock cre-ditizi senza ricorrere al sostegno pubblico.

BOX

Tra ostacoli e paradossi Le banche europee alla sfida di BasileaCosti aggiuntivi e bilanci da rinforzare. Le regole imposte dalla Bis appaiono necessarie. Ma i limiti del provvedimento e il rischio di effetti perversi non mancano di certo.

U

1974: La Bis (Bank for International Settlements, in italiano Bri: Banca dei regolamenti internaizonali) fonda il Comitato di Basilea per la supervisione bancaria.

1988: approvato il primo regolamento (Basilea 1) che fissa all’8% delle attività il valore minimo del patrimonio complessivo.

2004: seconda versione dell’accordo (Basilea 2). Alle banche viene imposto di mettere da parte quote di capitale in proporzione al rischio delle loroattività. L’accordo entra il vigore nel 2007.

2010: il Comitato approva l’accordo Basilea 3.

2013: primo graduale innalzamento dei parametri (patrimonio base al 3,5%).

2016: introduzione graduale del buffer.

2019: data fissata per il definitivo adeguamento ai nuovi parametri.

avendo al momento necessità di accumulare nuove risorse, non po-tranno con ogni probabilità contare sulle eccedenze.

A pesare sui conti delle banche europee ci sono poi le scorie del-la crisi che, come noto, non sono ancora state smaltite. Secondo i da-ti diffusi da Mediobanca, i principali istituti europei porterebbero tut-tora in grembo qualcosa come 347 miliardi di asset tossici equivalentiin media al 52,3% del patrimonio netto (ma la percentuale scende al15,6 per le banche italiane) con punte anche del 209%, per DeutscheBank, e del 598,5% come nel caso della franco-belga Dexia.

Questa montagna di rifiuti finanziari è contabilizzata ad oggitenendo conto di un valore nominale decisamente superiore aquello effettivo di mercato. Il che significa che alla scadenza de-gli stessi titoli (obbligazioni, derivati etc.) i patrimoni subirannouna contrazione imponendo ulteriori ricapitalizzazioni alle ban-che più esposte. Ammesso, ovviamente, che queste ultime so-pravvivano alla svalutazione.

Basilea: limiti e paradossiAl netto dei problemi contabili, restano poi i dubbi sugli effetti di-retti del provvedimento. Gli Stati Uniti non hanno mai applicatopienamente nemmeno le regole di Basilea 2 e il timore, ora, e che lastoria possa ripetersi. Il rischio è che le nuove regole finiscano cosìper penalizzare eccessivamente gli istituti del Vecchio Continente ri-

Agli istituti si chiede di accantonaremaggiori quantità di capitali, per

fronteggiare nuove crisi. Ma non è dettoche tutti applicheranno i nuovi standard

La città svizzera dove si riunisce il Comitato per la supervisionebancaria.

di Matteo Cavallito

PATRIMONIO DI BASEAltrimenti detto common equity, è dato dalla somma del capitale della banca(azioni ordinarie) e delle riserve detenute.

TIER-1 CAPITALLa somma del common equity e di altri strumenti finanziari giudicati di qualitàprimaria come le cosiddette azioni privilegiate, ovvero quei titoli che dannodiritto a una quota determinata degli utili distribuita prima di aver stabilito i dividendi delle azioni cosiddette ordinarie.

PATRIMONIO COMPLESSIVO (O CAPITALE TOTALE)Aa somma del tier-1 e del cosiddetto tier-2 (un insieme di strumenti giudicatipiù rischiosi e, quindi, di qualità inferiore).

ASSET TOSSICITitoli che si sono svalutati con la crisi finanziaria, ma che sono tuttora presentinei bilanci delle banche. Possono essere iscritti nella contabilità di una societàin due modi: con il loro prezzo plausibile di mercato (fair value) o con quelloprevisto dal loro contratto d’acquisto (per un’obbligazione, ad esempio, il valore originario più gli interessi maturati). Nel caso di un asset tossico, il valore ipotetico di mercato risulta decisamente più basso rispetto a quellonominale. Il che, tipicamente, induce i suoi possessori a scegliere il secondocriterio di prezzo. Alla scadenza del titolo il prezzo nominale viene per forzasostituito dal fair value. E il bilancio peggiora.

SOFFERENZE L’insieme dei crediti vantati nei confronti di soggetti prossimi o quasi allabancarotta e, per tanto, estremamente difficili da riscuotere. La sofferenzalorda identifica l’ammontare complessivo del credito. Sottraendo a quest’ultima la cifra che si stima di poter recuperare in seguito (ad esempiocon la liquidazione post fallimento del debitore) si ottiene la sofferenza netta.

BASILEA LA CRONOLOGIA DELLE REGOLE

BASILEA 3 REQUISITI DI CAPITALE (IN %)

FON

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Page 17: Mensile Valori n.85 2010

| sotto la lente | finanzaetica |

| A N N O 1 0 N . 8 5 | D I C E M B R E 2 0 1 0 / G E N N A I O 2 0 1 1 | valori | 33 |

| finanzaetica |

| 32 | valori | A N N O 1 0 N . 8 5 | D I C E M B R E 2 0 1 0 / G E N N A I O 2 0 1 1 |

ON HA INCAMERATO TITOLI TOSSICI, vanta indici patrimo-niali di tutto rispetto e, in futuro, conta di aumentareil proprio patrimonio. Le novità di Basilea 3, insom-

ma, non sono un problema, ma sull’adeguamentoai requisiti di capitale pesa ancora una regolamen-tazione nazionale sfavorevole. È la situazione che

caratterizza oggi Banca Etica, chiamata, come gli altriistituti di credito, a garantire solidità.

Il fattore rischioLa questione centrale, ovviamente, è data dal maggioreaccantonamento di capitale imposto dalla Bis (o Bri,Banca dei Regolamenti Internazionali). L’ammontaredello stesso, ovviamente, viene calcolato sul valore del-le attività che, a sua volta, come noto, è ponderato peril rischio. E qui sta il punto. Perché le attività di BancaEtica, non diversamente da quelle degli istituti di credi-to cooperativo, sono giudicate tendenzialmente rischio-se a causa di una parte della clientela - imprese sociali,enti non riconosciuti, onlus e non profit - la cui proba-bilità di insolvenza è ritenuta maggiore.

Nella regolamentazione italiana il loro livello di ri-schio (coefficiente del 100%) è giudicato superiore ri-spetto a quello della più diffusa clientela retail (livello al75%). La norma ovviamente vale per tutti, ma per chi,come Banca Etica, fa i conti con una presenza partico-larmente rilevante di clientela “rischiosa” la questionediventa pressante.

Il valore delle attività, dal punto di vista matemati-co, si innalza a causa del coefficiente di rischio e il fab-bisogno patrimoniale deve crescere di conseguenza.Tradotto: la capitalizzazione, di fatto, deve aumentare.Cioè servono più soldi.

Una classificazione dubbiaIl ragionamento sembrerebbe logico se non fosse,però, che questo “club del 100%” non è in realtà par-ticolarmente portato al default. Le sofferenze nette(vedi ), patite dalla banca alla fine di settembre,erano pari allo 0,4% dei prestiti contro il 2,2% dellebanche di credito cooperativo (bcc) e il 4% degli isti-tuti commerciali. Il dato lordo si attestava invece allo0,85% (+8% rispetto al 2009 contro il +37% della me-dia nazionale stimata dall’Abi, l’Associazione bancariaitaliana). Come a dire che le banche tradizionali, conclienti giudicati più affidabili, se la passano decisa-mente peggio. Dietro alla tenuta, sottolinea Fabio Pi-sani, ricercatore presso l’Università di Roma Tor Ver-gata, c’è soprattutto la presenza di una clientela«selezionata tenendo conto della correttezza dei suoicomportamenti. Il che, ovviamente, costituisce unfattore di riduzione del rischio». Una revisione dei pa-rametri, insomma, potrebbe anche essere giustificata.Soprattutto alla luce dell’esperienza di altri Paesi. InPolonia, ad oggi, i prestiti inferiori a 1 milione di eu-ro sono sempre classificati al 75% del rischio a pre-scindere dal tipo di clientela cui sono orientati.

Il problema del TierAltra questione aperta è poi quello relativa al tier-1, ov-vero il patrimonio di qualità primaria. Banca Etica si at-testa al momento a quota 8,38%, contro il 4% impostodai vecchi parametri di Basilea II. Ma nelle intenzionidell’istituto il valore percentuale dovrà crescere ancora.I soci della banca (al pari di quelli delle bcc non quota-te) possono infatti recedere in ogni momento liquidan-do presso l’istituto la loro partecipazione azionaria. Inassenza di un vincolo, insomma, il capitale di base puòcontrarsi in ogni momento. Un’eventualità che può es-sere ammortizzata solo con ulteriori capitalizzazioni.Anche qui, per dirla in estrema sintesi, ci vogliono piùsoldi. Basilea in fondo significa soprattutto questo. .

GLOSSARIOdi Alessia Vinci

La solidità patrimoniale c’è, ma, per adeguarsi ai requisiti di Basilea, resta penalizzata dalle regole italiane.

Banca Etica, tra regolevecchie e nuove

La clientela di Banca Etica è classificata “rischiosa”, ma è proprio la selezione della clientela a ridurre il rischio

sparmiando, al contrario, proprio le banche d’Oltreoceano, ovverole principali responsabili della crisi.

Secondo il presidente del comitato strategico del Tesoro fran-cese (ed ex presidente del Fondo monetario internazionale), Jac-ques de Larosière, le norme di Basilea produrranno inevitabil-mente un calo dei profitti, inducendo così le banche europee ascaricare i costi sulla clientela e riducendo contemporaneamentele attività meno redditizie. Come a dire che il credito concesso al-le piccole e medie imprese sarebbe destinato a diminuire mentre

le attività speculative dovrebbero conoscere un nuovo sviluppo.“La crudele ironia – ha scritto recentemente Larosière in un arti-colo pubblicato dal Financial Times – è che il modello bancario chefavorisce maggiormente la stabilità finanziaria e la crescita econo-mica potrebbe essere la principale vittima della nuova regolamen-tazione. Al contrario, il modello che ha causato la crisi (quello del-le banche d’investimento Usa a orientamento speculativo, ndr)potrebbe essere, almeno parzialmente, lasciato intatto”. Un au-tentico paradosso, insomma. Per non dire di peggio. .

N EREGULATION SFRENATA, RICERCA DEL MASSIMO risultatonel brevissimo termine e crescita di enormi bollespeculative sono stati gli ingredienti della finanza

globale negli ultimi vent’anni. Ba-sti pensare che il valore dei deriva-ti trattati in tutto il mondo ha rag-

giunto i 582 mila miliardi di dollari: dieci volte il Prodotto internolordo globale. Una miscela esplosiva (la crisi dei mutui subprimelo insegna), ma anche la conferma di quella che l’organizzazionenon governativa francese Les Amis de la Terre definisce «l’insoste-nibile leggerezza» della finanza.

In questo contesto gli investimenti socialmente e ambiental-mente responsabili sono considerati uno strumento utile per rie-quilibrare il sistema. Indirizzandolo verso metodi e strategie più so-stenibili: «Ma i protagonisti attuali di tale “alternativa” - si chiede laOng - sono davvero in grado di centrare questi obiettivi?». In altreparole: quali fondi possono essere davvero considerati “responsabi-li”? E secondo quali criteri? Fornire una risposta univoca, in questosenso, è impossibile. Non esiste, infatti, uno standard unico al qua-le ci si possa riferire, né normativamente, né in termini di prassi. Cia-scun fondo d’investimento sceglie la “propria” definizione di eticità.E ciò pone qualche rischio. Questa eterogeneità di approcci, infatti,

sembra aver portato alcuni fondi sostenibili a essere contaminatidalla stessa «leggerezza» della finanza tradizionale.

Fondi responsabili, ma non troppoUn recente studio della Ong francese (intitolato “Investissement So-cialment Responsable: l’heure du tri”, del settembre scorso) lancia un al-larme sui fondi d’investimento transalpini considerati socialmente re-sponsabili. L’analisi ne ha presi in considerazione 89 ed è giunta allaconclusione che 71 non sono affatto “etici”, dal momento che nei lo-ro portafogli d’investimento figurano titoli di almeno una delle 15 im-prese - individuate dalla stessa Ong - che si sono contraddistinte per«pratiche sociali ed ambientali disastrose». L’elenco delle “insosteni-bili” spazia da colossi bancari e assicurativi come Axa, BNP Paribas eDeutsche Bank a compagnie petrolifere come Total, British Petroleume Royal Dutch Shell a industrie farmaceutiche come Bayer e Novartis.E ancora le “nucleariste” Areva e GDF Suez, insieme a France Telecom,Andritz, Rio Tinto, Nestlé e BMW (vedi ). La considerazione diLes Amis de la Terre è semplice: «Se non si eliminano queste aziendedal proprio orizzonte d’investimento, l’appellativo di “responsabile”risulta totalmente illegittimo». La ricetta per l’eticità passa infatti peruna «inevitabile esclusione di alcuni settori. Quello petrolifero, adesempio, non può essere finanziato in alcun modo, a prescindere daquale sia l’azienda scelta, visti i danni ambientali in termini di effettoserra che ne derivano», si legge nell’introduzione alla ricerca.

Diverse facce della sostenibilitàCiò significa che anche i dati di un recente studio dello European Su-stainable Investment Forum (Eurosif), che ha stimato (vedi ) il to-tale degli asset “SRI” a quota 5 mila miliardi di euro al 31 dicembre del2009 (quasi il doppio dei 2.700 miliardi del 2007) sono da prendere conle pinze? Dipende, ancora una volta, da che significato attribuiamo alconcetto di sostenibilità. «Noi abbiamo scelto criteri molto restrittivi -,spiega Alessandra Viscovi, direttore generale di Etica Sgr -. Ma non vadimenticato che in alcuni casi è importante essere presenti nelle azien-de, per via delle pressioni che i gestori di fondi possono esercitare sui di-rigenti, al fine di spingerli verso traguardi di sostenibilità». Si può quin-

TABELLA

GRAFICI

InvestimentiresponsabiliÈ possibile definirli?

di Andrea Barolini

D

La Ong francese Les Amis de la Terre ha analizzato 89 fondi, scoprendo che 71 non dovrebbero essereconsiderati “sostenibili”. Ma è davvero possibile tracciare un confine tra finanza responsabile e tradizionale?

2009 Totale (mld) Totale SRI (mld euro)Stati Uniti (2007) Totale SRI US$ 2.710 US$ 2.710 1.514Canada (2008) Core SRI Cnd$ 54,2 Cnd$ 609,2 405

Broad SRI Cnd$ 555Australia (2009) Core SRI Au$ 15,8 Au$ 75,7 47

Broad SRI Au$ 59,9Giappone (2009) Totale SRI Yen 579 Yen 579 4Europa (2009) Core SRI ! 1.150 ! 4.986 4.986

Broad SRI ! 3.836Totale mondo 6.956

INVESTIMENTI SOCIALMENTE RESPONSABILI (SRI) NEL MONDO*

*I DATI SONO DIVISI TRA CORE (NEI CASI IN CUI SONO PREVISTE ESCLUSIONI BASATE SU NORME E VALORI ETICI, SCREENING ENEI CASI DI FONDI TEMATICI) E BROAD (ESCLUSIONI EFFETTUATE SULLA BASE DI POCHI CRITERI).

Page 18: Mensile Valori n.85 2010

| finanzaetica |

| A N N O 1 0 N . 8 5 | D I C E M B R E 2 0 1 0 / G E N N A I O 2 0 1 1 | valori | 35 |

| finanzaetica |

| 34 | valori | A N N O 1 0 N . 8 5 | D I C E M B R E 2 0 1 0 / G E N N A I O 2 0 1 1 |

HE IL PRESIDENTE DELLO IOR (ISTITUTO OPERE RELIGIOSE del Va-ticano) dichiari che «la banca etica e la finanza etica nonesistono», a ben vedere, non dovrebbe destare neppure

troppo stupore. Ettore Gotti Tedeschi guida, infatti,una banca privata improntata (formalmente) a unavocazione caritatevole, ma che viene di fatto gestita

con crismi svizzeri. La Città del Vaticano - stupefacente,ma vero - non aderisce ai patti internazionali anti-rici-claggio. Lo Ior può, cioè, esportare notevoli quantità di ca-pitali in condizioni di assoluta riservatezza, prevede lapossibilità di aprire conti in valuta estera, può identifica-re i clienti solo attraverso un identification number. E, co-me se non bastasse, il “governo” ecclesiastico non ha maiconcesso nella sua storia neppure una rogatoria interna-zionale. Da ultimo, è nota la vicenda dello scorso settem-bre, quando Gotti Tedeschi, insieme al direttore generalePaolo Cipriani, è stato indagato dalla procura di Roma perviolazione proprio della normativa sulla prevenzione delriciclaggio (il giudice Maria Teresa Covatta ha anche di-sposto un sequestro di 23 milioni di euro depositati pres-so una filiale romana del Credito Artigiano). Insomma, vi-

sta dal suo punto di vista, forse è vero che l’etica è lonta-na anni luce dalla finanza.

In effetti, la stessa “eticità” non è data tanto dagli stru-menti, ma dall’uso che se ne fa. «Affermare che la finan-za etica non esiste - ha replicato Ugo Biggeri, presidentedi Banca popolare Etica - significa ignorare un movimen-to internazionale ampissimo, che sta intercettando la ri-chiesta di un numero crescente di cittadini che chiedonobanche e istituzioni finanziarie capaci di operare sui mer-cati al servizio della collettività, allontanandosi dalle logi-che del puro profitto di breve periodo». Recentemente Eu-rosif, network dei forum europei per la finanzasostenibile, ha pubblicato dati che mostrano un aumen-to dell’87% in due anni dei patrimoni investiti in Europasecondo criteri di responsabilità sociale e ambientale:quasi 5 mila miliardi di euro.

«Gotti Tedeschi sembra non aver letto la recente en-ciclica papale Caritas in Veritate - aggiunge Fabio Salvato,ex presidente dell’istituto di credito di Padova -. Forse lostesso Benedetto XVI dovrebbe convocarlo per chiederespiegazioni in questo senso». .

C

di scegliere di mantenere partecipazioni azionarie in alcune aziende“scomode”, con l’obiettivo di modificarne i comportamenti: «L’azio-nariato critico, infatti, costituisce una leva che in alcuni casi può esse-re decisiva», conferma Fabio Salviato, ex presidente di Banca Etica. E sel’intento è positivo, come non considerare responsabile un fondo chelo persegue? Ciò costituisce una conferma del fatto che non si può trac-ciare una linea di demarcazione: «Anche se è ragionevole affermare chealcuni settori debbano essere esclusi a priori, come nel caso di costrut-tori di armamenti o industrie del tabacco, è chiaro che non possiamoche essere in una zona grigia», osserva Salviato.

Ingrediente segreto: la trasparenzaCome decidere, allora, a chi affidare i propri investimenti nell’o-rizzonte della finanza sostenibile? Un elemento più “oggettivo” pergiudicare la responsabilità dei fondi c’è: si tratta della trasparenza.

Se le informazioni fornite agli investitori sono chiare, comple-te e puntuali, questi potranno scegliere a ragion veduta i gestori chea loro avviso sono davvero sostenibili. «C’è sempre il rischio chequalcuno venga ingannato dall’etichetta di “sostenibilità” - spiegaDavide Dal Maso, studioso del rapporto tra attività finanziaria e svi-luppo sostenibile al centro di ricerca “Avanzi” -. Se però un fondod’investimento specifica chiaramente quali sono le proprie politi-che, starà poi all’investitore giudicare».

La critica degli Amici della Terra francesi, dunque, è legittima.Ma è bene considerarla una voce, per quanto autorevole, in unmondo che non potrà mai richiamarsi a un’ortodossia. .

La negazione dell’etica Dal pulpito dello IorSecondo Ettore Gotti Tedeschi «la finanza etica non esiste». La replica del presidente di Banca Etica, Biggeri.

di Andrea Barolini

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IL MERCATO SRI IN ITALIA

MOTIVAZIONI DELL’ESCLUSIONE. Partecipazione alla costruzione della diga di Ilisu, in Turchia, che ha provocato l’inondazione di numerose cittàmillenarie, lo spostamento di 55 mila abitanti e la distruzione dell’habitat naturale.. Implicata in progetti idroelettrici in Amazzonia, accusata di deforestazioni selvagge, distruzione dell’habitat naturale.. Coinvolta nella costruzione della più grande fabbrica di carta in Tasmania, con conseguente distruzione di 200 milaettari di foresta primaria e rischio di produzione di rifiuti altamente tossici.. Sfruttamento delle miniere d’uranio in Niger, con gravi rischi per la popolazione locale, per i lavoratori e per l’ambiente. È accusata anche di aver prodotto falsi referti medici sulle condizioni di salute dei propri dipendenti.. Esportazione di rifiuti radioattivi in Russia, senza verifica delle condizioni di stoccaggio.. Inquinamento delle acque nel sito di Tricastin, in Francia, nel luglio del 2008.. Pratiche di investimento irresponsabile: la compagnia possiede azioni di imprese considerate “controverse”, come la Wilmar (idrocarburi), la Suncor Energy (sabbie bituminose canadesi) e la Textron (armamenti).. Impegnata contro la diffusione dei medicinali generici di importanza vitale in India. . Condannata per contaminazione di partite americane di riso convenzionale con organismi geneticamente modificati.. Impegnata nella commercializzazione di insetticidi sospettati di essere responsabili dell’alta mortalità locale delle api.. Pratiche di investimento irresponsabile: la compagnia possiede azioni di imprese considerate “controverse”, come la SuncorEnergy (sabbie bituminose canadesi), la Wal-Mart (violazione dei diritti dei lavoratori, Textron (armamenti), Total (idrocarburi).. Tra le prime compagnie europee in termini di pressioni nei confronti dell’Ue contro le limitazioni alle emissioni di CO2.. Produzione di motori altamente inquinanti.. Al centro del recente scandalo in materia di scarse misure di sicurezza dei propri impianti.. Deforestazione, inquinamento del suolo e delle acque e forti emissioni di gas ad effetto serra. . Ha investito nelle sabbie bituminose del Canada.. Pratiche di investimento irresponsabile: la compagnia possiede azioni di imprese considerate “controverse”, come la Wilmar (idrocarburi), la Suncor Energy (sabbie bituminose canadesi), la Vedanta Resources (violazione dei diritti umani)e la Textron (armamenti).. Politiche manageriali disastrose che si sono tradotte di mobbing per i propri dipendenti, causando numerosi suicidi.. Partecipazione attiva nella costruzione di una diga sul Rio Madiera, e per questo fortemente criticata dalla popolazionebrasiliana, peruviana e boliviana. Il progetto prevede lo spostamento forzato di migliaia di abitanti, deforestazione di vaste aree, rischio di inquinamento da mercurio del fiume, messa in pericolo di alcune specie di pesci.. Implicata nella deforestazione legata alla produzione industriale dell’olio di palma in Indonesia (tramite la Sinar Mas).Nestlé ha chiuso l’accordo diretto con l’azienda fornitrice, ma continua ad acquistare l’olio di palma prodotto nell’area.. Implicata in uno scandalo di “biopirateria” in Sudafrica: al centro delle critiche la produzione di cosmetici.. Impegnata contro la diffusione dei medicinali generici di importanza vitale in India. . Riconosciuta colpevole di discriminazioni contro le donne impiegate negli Usa da un tribunale di New York nel 2010.. Partecipazione del 33% nel capitale dell’industria farmaceutica Roche, a sua volta implicata in sperimentazioni su cavieumane in Cina. Si tratta di pazienti che hanno subito trapianti d’organi, sui quali è stata provata una nuova cura anti-rigetto. Ma il 90% degli organi proveniva da cittadini condannati a morte (Novartis ha negato di conoscerne l’origine).. Partecipazione allo sfruttamento della miniera di Grasberg, in Indonesia, con gravi contaminazioni delle acque.. Partecipazione allo sfruttamento della miniera di PT Kilian, in Indonesia, con contaminazioni delle acque e gravi scontrocon la popolazione locale. . Implicata nello scandalo ambientale ed umano del Delta del Niger, con gravi impatti sull’ecosistema locale e sull’economiadella regione.. Coinvolta nello sfruttamento delle sabbie bituminose nordamericane. . Implicata nei progetti petroliferi e del gas del consorzio Sakhalin Energy, accusati di disastri ambientali.. Implicata nel controverso progetto di Yadana, nel Sud della Birmania, caratterizzato da violenze sistematiche dell’esercitobirmano perpetrate al fine di proteggere le infrastrutture della compagnia. . Sfruttamento delle sabbie bituminose ad Alberta, in Canada.. Sfruttamento del giacimento petrolifero di Kashagan, in Kazakistan, ritenuto colpevole di disastri ambientali e graviconseguenze sanitarie per la popolazione.

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-40% -20% 0% 20% 40% 60% 80% 100% 120%

MONETARIO

OBBLIGAZIONARIO

AZIONARIO

CRESCITA DEGLI INVESTIMENTI SRI PER ASSET (2007-2009)

+ 4% (COMPLESSIVO)

+ 114% (SRI)

- 5% (COMPLESSIVO)

+ 33% (SRI)

- 14% (COMPL.)

-7% (SRI)

2007 2009

3,4

240

13,1

299,3

. BOARD . CORE

LE 15 AZIENDE DA ESCLUDERE SECONDO LES AMIS DE LA TERRE

NOME PAESE SETTORE

Andritz AG Austria Costruzioni

Areva Francia Energia

Axa Francia Assicurativo,finanziario

Bayer Germania Farmaceutico

BNP Paribas Francia Bancario

BMW Germania Automobilistico

BP Gran Bretagna Petrolifero

Deutsche Bank Germania Bancario

Telecom France Francia Telefonia

Gdf Suez Francia Energia

Nestlè Svizzera Alimentare

Novartis Svizzera Farmaceutico

Rio Tinto Gran Bretagna MinerarioAustralia

Royal Dutch Shell Olanda Petrolifero

Total Francia Petrolifero

Nel caso dell’azionariato criticosi può essere responsabili

anche se si possiedono titoli di imprese da “black list”

Page 19: Mensile Valori n.85 2010

| finanzaetica |

| A N N O 1 0 N . 8 5 | D I C E M B R E 2 0 1 0 / G E N N A I O 2 0 1 1 | valori | 37 |

| finanzaetica | mutue auto gestione |

| 36 | valori | A N N O 1 0 N . 8 5 | D I C E M B R E 2 0 1 0 / G E N N A I O 2 0 1 1 |

| finanzaetica |

RENT’ANNI: LI HA APPENA COMPIUTI MAG2 FINANCE a Milano,pioniera delle Mutue auto gestione italiane, cooperativeche applicano i principi mutualistici e solidali all’utiliz-zo, consapevole, del denaro, sostenendo chi normal-mente è escluso dai circuiti tradizionali del credito e fi-nanziando attività ad alto valore sociale e ambientale.Mag2 ha celebrato il trentennale con una serie di ap-puntamenti, che proseguiranno anche all’inizio del2011. Un’occasione per fare il punto su cosa abbia signi-ficato questa lunga esperienza - oltre un migliaio di per-sone coinvolte e più di 200 progetti finanziati - di un al-tro modo possibile di utilizzare il denaro, che non ha maiperso la sua freschezza e la forza rivoluzionaria. E su co-sa significhi oggi, all’indomani del fallimento di un’eco-nomia retta dai ciechi dogmi del neoliberismo e dallamano spesso fin troppo visibile del mercato.

Il bilancio di un trentennioDa quale idea o bisogno sono nate le Mag? «Il motivo èsemplice, quasi banale», risponde Giovanni Acquati,fondatore e presidente di Mag2 fino al 2006, che ha te-nuto a battesimo tutte le altre Mag sorte su e giù per loStivale. «Lavorando in banca e vivendo le contraddizio-ni spaventose date dal fatto che, classicamente, si finan-zia chi ha già i soldi e non chi ne ha bisogno, mi resi con-to che ciò non poteva funzionare. Quando mi capitò inmano il volantino della Mag Verona, decisi di smetterecol lavoro in banca e fare altro, che in quel momento erasolo una possibilità. La certezza venne quando, nel 1982,sulla nostra cooperativa di consumo appena costituita,dove si comprava e vendeva denaro invece che merci, ar-rivò un controllo del ministero del Lavoro per accertarese vi fosse ricorso abusivo al credito. Gli ispettori, invece,verificarono la regolarità di quello che facevamo, auspi-cando, anzi, che vi fossero altre iniziative come la no-stra». E così il verbo delle Mag cominciò a diffondersi.«Per quella che è la mia esperienza, il messaggio fonda-

mentale di questa lunga storia - sottolinea Acquati - è chebisogna credere che una cosa è possibile per realizzarla:serve una convinzione profonda e l’individuazione di unpercorso, anche prendendosi dei rischi».

Verso una rete della finanza eticaOggi questo percorso dove sta portando? «Credo sia ar-rivato il momento - risponde Acquati - di costruire unarete della finanza etica nazionale: Mag, Banca Etica, al-tri soggetti, ognuno con uno strumento che completagli altri. Compreso il microcredito, di cui c’è bisogno, mache non enfatizzerei come modello, perché lo conside-ro semplicemente un altro modo di fare finanza, tra l’al-tro costoso in termini operativi».

Fare sistema sembra dunque una priorità irrinun-ciabile per le Mag che guardano al futuro. «Vedo laMag2 che sogno - dichiara Patrizio Monticelli, attualepresidente - come parte di un sistema che affermi sem-pre più l’uso solidale del denaro, contro ogni logica spe-culativa, orientato al bene comune e parte integrante diuna nuova economia alternativa, in cui contano le re-lazioni e non il profitto. Una rete di Mag in ogni regio-ne d’Italia, autonome ma federate». In effetti la realtàdelle Mag si sta radicando sempre più sul territorio ita-liano, anche sulla scia di un’attenzione a comporta-menti più responsabili che si sta diffondendo nei con-sumi e negli stili di vita. «È importante - spiegaMonticelli - che questi fermenti si raccordino fra loro fi-no a diventare un reale modello economico alternati-vo. E che la finanza etica e solidale diventi protagonistadi questo processo. Partendo dalla Lombardia, ad esem-pio, stiamo lanciando la proposta che in ogni Des (Di-stretto di economia solidale, ndr) si discuta e ci si at-trezzi anche con strumenti finanziari per l’economiasolidale. Con questo slogan: oltre che per la sovranitàalimentare e quella energetica, creiamo le condizionianche per la sovranità finanziaria». .

di Andrea Di Turi

T

Giovanni Acquati eGiorgio Peri il giorno

dell’assemblea del 2006 in cui

il primo ha lasciato lapresidenza. Sopra,Patrizio Monticelli.

In alto e nella paginaa fianco, alcuni

momenti di Mag2.

INANZA MUTUALISTICA E MICROCREDITO sono due realtà di-verse. Entrambe utilissime e con alcuni punti in comu-ne, ma diverse». Risponde così Andrea Limone - ammi-

nistratore delegato della società dimicrofinanza PerMicro, nonché so-cio di Mag 4 e Mag 2 ed ex dipen-

dente di ques’ultima - alle critiche che alcune mutue autogestitehanno rivolto al microcredito, all’indomani dell’approvazione delnuovo Testo unico bancario (Tub) lo scorso luglio. Sul numero di set-tembre di Valori, in un articolo sul nuovo Tub e, in particolare, sul-l’articolo 111, dedicato al microcredito (per la prima volta nella nor-mativa italiana), avevamo descritto la delusione, espressa da alcuneMag, per la sostanziale esclusione della finanza mutualistica dallanorma e le critiche verso il microcredito, perché, sostenevano alcu-ne mutue autogestite, non considera adeguatamente la provenien-za del denaro. Andrea Limone ha voluto precisare alcuni concetti,«senza alcun intento polemico», sottolinea.

Intanto la società di microfinanza, nata a Torino tre anni fa, con-tinua a crescere. Il 4 novembre scorso, grazie a un accordo con laBanca Popolare Commercio Industria, ha aperto a Milano uno spor-tello all’interno della filiale della Bpci di via Vitruvio 38. Una zonacon una forte presenza di lavoratori immigrati, una delle principalicategorie a cui Permicro si rivolge.

Le mutue autogestite, pur sottolineando l’estrema validitàdel microcredito, ne hanno preso le distanze…

Le Mag sostenengono che il microcredito non può essere accomu-nato alla finanza mutualistica e solidale. Ed è vero, sono due cose di-verse. Il Tub, infatti, contiene delle indicazioni relative al microcre-dito (tanto che l’articolo 111 è intitolato proprio “microcredito”),non alla finanza mutualistica. Un’obiezione corretta da parte dellaMag al legislatore avrebbe potuto essere: vi siete dimenticati di unalegge sulla finanza mutualistica, che ne specifichi finalità e regole.

La principale critica di alcune Mag riguarda il fatto che ilmicrocredito non valuti la provenienza etica del denaro…

Potrei dire che è vero, ma anche che la provenienza del denaro nonè l’elemento principale del microcredito (a parte, ovviamente, la ve-rifica della legalità). Per la finanza mutualistica, invece, è certamen-te un pilastro, insieme alla gestione condivisa del denaro. Per il mi-crocredito è molto più importante come viene impiegato, cioè perfinanziare più persone possibili, non bancabili, ma con progetti va-lidi. Questa per noi è eticità: dare una possibilità a chi altrimenti nonne avrebbe. Ritengo che sia molto difficile certificare, e talvolta an-che definire, l’origine “etica” del denaro.

PerMicro intanto sta crescendo. Ha appena aperto un nuo-vo sportello a Milano. Quali i prossimi obiettivi?

Vogliamo consolidare le dieci filiali che abbiamo, allargando l’offer-ta agli immigrati, la cui domanda è elevata. Vorremmo raggiungerele 4.000 pratiche annue nel 2012, dalle attuali 700 (la previsione perl’anno prossimo è di toccare le 1.500).

Quanto è importante per voi essere sostenibili?Si può anche sopravvivere con le donazioni, ma essere sostenibili gra-zie ai volumi d’affari, stare in piedi con le proprie gambe, garantisce lareplicabilità del progetto e la serietà dell’impatto. .

UNA STORIA ITALIANA

LA PRIMA A PARTIRE IN ITALIA E STATA MAG VERONA, nel 1978.; seguita nel 1980 dallaMag di Milano, che non a caso prese il nome di Mag2, palesando l’intenzione di costruireuna rete. Non esistono più Mag3 di Padova (che ha contribuito a creare Banca Etica) e Autogest di Udine, avviate a metà anni 80. Non ha superato la prova del tempo neancheMag7 di Genova. Sono invece operative Mag6 di Reggio Emilia, Mag4 di Torino e MagVenezia. In fase di avvio Mag Roma e Mag Firenze, mentre è stata appena lanciata l’ideadi aprire una Mag in Sardegna. Il forte collegamento col territorio e il sostegno a realtà di piccole dimensioni accomuna tutte le Mag, che si differenziano però per altri aspetti,ad esempio nel modo in cui raccolgono le risorse e nel tipo di soggetti finanziati (singolio organizzazioni, soci o meno). A gennaio, il coordinamento MAGico delle Mag italiane ha approvato un Manifesto (pubblicato su www.finanzaetica.net) coi principi a cui deveispirarsi l’attività “mutualistica e solidale” (ne ha parlato Valori di marzo 2010). A.d.T.

Buon compleanno Mag 2Trent’anni di finanza solidale

Finanza mutualistica e microcredito sono due realtà diverse,entrambevalide e utili, ma diverse

Le Mag puntano a creare unarete in tutta Italia, per favorireun uso solidale del denaro

Dopo tre decenni di attività, la pioniera delle Mutue si propone ancora come una concreta alternativa ai dogmi del neoliberismo. Ma occorre “fare sistema” per affermare un uso più solidale del denaro.

Fdi Elisabetta Tramonto

Il microcredito: “etico”nell’uso del denaroAndrea Limone di PerMicro risponde alle critiche di alcune Mag: «Etica è: fornire un’opportunità».

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APPUNTAMENTI DICEMBRE>FEBBRAIO A CURA DI MATTEO CAVALLITO | PER SEGNALAZIONI SCRIVETE A [email protected]

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C-Globalin trincea per difendereil proprio lavoro

La C-Global, società del gruppo Cedacri, vuole trasferire forzatamente a Collecchio, nella sede centrale,i dipendenti delle sedi toscane di Pisa e Firenze. Per contenere i costi. Ma i risultati del 2009 parlano di redditività record.

farlo da casa: cosa può migliorare lo spostamento inun’altra sede?».

Dialogo difficileI lavoratori hanno chiesto a più riprese di poter parla-re con l’azienda. Invano. Si sono attivate, quindi, le or-ganizzazioni sindacali Fiba-Cisl, Fabi, Fisac-Cisl e Uilcadi Parma, spiegando che quello dei costi è un falso pro-blema: “Cedacri ha presentato un bilancio 2009 conun indice di redditività (Ebit) in aumento del 480% ri-spetto all’anno precedente”, hanno spiegato recente-mente. L’obiettivo è “fare risultati a scapito dei lavora-tori italiani sfruttando il basso costo del lavoro inMoldavia”, Paese nel quale l’azienda si è lanciata.

Anche le istituzioni hanno tentato una mediazione.Il 22 settembre scorso il presidente della Provincia di Pi-sa Andrea Pieroni ha scritto ai presidenti della Cassa diRisparmio di Volterra, Giovanni Manghetti, e di BancaEtruria, Giuseppe Fornasari, istituti toscani che detengo-no il 6,1% e il 4% del capitale sociale di Cedacri. «Il pia-no di riorganizzazione aziendale - sostiene Pieroni - nonpare coerente né con la professionalità dei dipendentiche l’azienda rischia di perdere, né con gli ottimi dati dibilancio di C-Global e Cedacri». Gli fa eco Giacinto Pal-ladino, della Fiba-Cisl: «I falchi nel Cda hanno avuto ilsopravvento su banche storicamente votate alla respon-sabilità sociale d’impresa. Ciò costerà molto a Cedacri, senon avrà la lucidità di condividere soluzioni alternative».

Successivamente l’azienda ha accettato di incontrarei sindacati: «Ma di passi avanti ne sono stati fatti ben po-chi - conclude Angela Saponaro -. Se entro il primo di-cembre non avremo raggiunto un accordo, a gennaio sa-remo costretti a lasciare le sedi». Proprio mentre questonumero di Valoriva in stampa scadono i termini della trat-tativa: vi terremo aggiornati sul numero di febbraio. .

ULLA HOMEPAGE DEL SITO INTERNET DELLA C-GLOBAL, aziendache fa capo al gruppo Cedacri, specializzata nei servizibancari, campeggia una mappa che indica le sedi. Quat-

tro: la “centrale” di Collecchio (Parma), una se-conda a Castellazzo Bormida (Alessandria) e poiPisa e Firenze. Quindi c’è una sezione, come lo-

gico attendersi, che offre una panoramica dell’azienda:25 banche azioniste, 31 anni di vita, 150 clienti, 813 di-pendenti. Ma non c’è nessun cenno a ciò che negli ulti-mi tempi sta accadendo nelle sedi toscane del gruppo.

Spostamenti inattesiDa mesi, infatti, i lavoratori impiegati nella regione (65a Pisa, 17 a Firenze) combattono una difficile battagliacontro i vertici della Cedacri, che ha pianificato la chiu-sura delle sedi e lo spostamento di tutti i dipendenti aCollecchio. Il che, per molti lavoratori, si tradurrà nellaperdita del posto di lavoro. O, per lo meno, in un nettopeggioramento delle condizioni di vita: «Molti di noi -spiega Angela Saponaro, rappresentante sindacale in C-Global - hanno mogli o mariti che lavorano in zona, fi-gli che vanno a scuola. Spostarsi può risultare impossi-bile. Così come immaginare di fare i pendolari, dalmomento che Collecchio è lontana 200 chilometri».

E se la crisi globale ci ha abituati a convivere contrasferimenti, chiusure e ristrutturazioni, in questo ca-so l’atteggiamento dell’azienda è di rigidità estrema:«Dicono che la manovra serva a ridurre i costi e checosì sarà più facile organizzare il lavoro. Ma è un’as-surdità: noi lavoriamo in rete, potremmo addirittura

di Andrea Barolini

L’indice Ebit è cresciuto del 480% lo scorso anno: per questo sindacati

e istituzioni non credono alle argomentazioni dell’azienda

24 - 29 gennaioDARTFORD (UK)PRACTICAL LENDING TECHNIQUES FOR SME AND MFI CLIENTSCorso sulle pratiche di analisi e gestionedel credito nei Paesi in via di sviluppo. Il programma di formazione è organizzatodalla Microfinance Association.www.microfinanceassociation.org

25 - 26 gennaioSINGAPOREESG STRATEGIES FOR RESPONSIBLEINVESTORSAssicurare una crescita sicura nelle attività di microfinanza. È il tema al centro del convegno organizzato da Hanson Wade a Singapore. Tra le questioni affrontate anche il sovra indebitamento della clientela, un fenomeno che caratterizza spesso i mercati emergenti.www.microfinanceassociation.org

3 - 4 febbraioAMSTERDAM (OLANDA)MICROFINANCE INVESTMENT SUMMIT2011Conferenza organizzata da Uniglobal sul tema delle strategie di crescita del settore microfinanziario in rapportoalle nuove circostanze di mercato.www.uni-global.eu

7 - 18 febbraioBORACAY (FILIPPINE)MICROFINANCE INVESTMENT SUMMIT2011Corso di formazione di due settimaneorganizzato da Microsave sugli elementifondamentali della gestione del microcredito.www.microsave.org

21 - 26 febbraioQUITO (ECUADOR)MANAGEMENT DEVELOPMENTTRAINING OF TRAINERS FOR LATIN AMERICAQuattro giornate di formazioneorganizzate dal Center for MicrofinanceLeadership della Women’s World Banking(Wwb), un ente attivo dal 1979 per la promozione del ruolo delle donnenel microcredito. Il Wwb è presente in 28 Paesi con 40 istituzioni finanziarie.leadership.swwb.org

Convegno dedicato al settore dellamicrofinanza indianasponsorizzato dalla National Bankfor Agriculture and

Rural Development (Nabard) di Mumbai.Attualmente il mercato indiano dei servizi finanziari vive un momento di forte crescita evidenziato dallo storicoingresso in borsa del colosso SKS. Un evento che anima tuttora un accesodibattito sul futuro e sui rischidell’evoluzione del microcredito.www.sit.ac.in

fine gennaio (data da definire)ROZZANO (MI)MAG2SEMINARIO SUL MICROCREDITOSeminario sulle pratiche di microcredito in Lombardia e le convenzioni di Mag2 organizzato presso il centroculturale Cascina Grande di Rozzano(Milano). In 10 anni la cooperativafinanziaria ha erogato 210 microcrediti a persone fisiche per un ammontare di circa 600.000 euro (60.000 euro in convenzione con il comune di Rozzano). www.mag2.it

15 gennaioPLYMOUTH (UK)MASTER OF ARTS IN SOCIAL BANKINGAND SOCIAL FINANCEScadono i termini per la presentazionedella domanda di ammissione al master promosso dall’Institute for Social Banking e organizzato presso l’Università di Plymouth. www.social-banking.org/masters/

20 - 21 gennaioROMAFORUM CSR 2011Incontro sul tema della responsabilitàsociale d’impresa organizzato dall’Abi presso il Centro Convegni Roma Eventi - Fontana di Trevi.Al centro del dibattito l’analisi della situazione attuale e la valutazionedelle evoluzioni future.www.abieventi.it

1 dicembreFORLÌFUNDRAISING PER IL NONPROFIT E GLI ENTI PUBBLICI Scadono i termini per la presentazionedella domanda di partecipazione al masterorganizzato presso la Facoltà di Economiadi Forlì. Il costo totale di iscrizione è di 2.950 euro. I corsi si svolgerannodal gennaio 2011 al gennaio 2012.www.unibo.it/Portale/Offerta+formativa/Master/default.htm

1 dicembreROMABASILEA 3 DOPO SEULCome cambierà la redditività delle bancheitaliane con Basilea 3? Quale saràl’impatto sulla governance e sul controllodei rischi? Come si dovranno evolvere i modelli di business? Quali saranno gli spazi per le banche locali? Sono i temi al centro dell’incontro organizzatodall’Abi (Associazione bancaria italiana)presso la sede di Palazzo Altieri in Piazza del Gesù 49 a Roma.www.abieventi.it

2 - 3 dicembreHONG KONG (CINA)MICROFINANCE INVESTMENT SUMMITEsperti del settore mettono a confronto le proprie esperienze nel settoremicrocreditizio in Asia in queste duegiornate di conferenza ad Hong Kong.www.microfinancesummits.com

2 - 3 dicembreROMACBI 2010 Evento annuale sul Corporate BankingInterbancario (Cbi) e sulla fatturaelettronica. Il Convegno Cbi2010affronterà, grazie alla presenza di relatoriitaliani e internazionali, sia gli aspettipiù tecnici del corporate bankinginterbancario e della fattura elettronicasia gli impatti commerciali e strategici.www.abieventi.it

3 dicembrePARIGI (FRANCIA)ESG STRATEGIES FOR RESPONSIBLEINVESTORS

Incontro annuale organizzato da Novethic presso il Georges V EurositesConvention Centre di Parigi. Alla scorsaedizione hanno preso parte più di 200uditori e una trentina di relatoriprovenienti da Francia, Belgio, Regno Unito, Danimarca e Svezia.www.novethic.com

9 - 10 dicembreDIJON (FRANCIA)LA MICROFINANCEDE LA CHARITÉ AUX AFFAIRESDue giorni di conferenza sullamicrofinanza e i suoi sviluppi organizzatodall’Università di Greenwich e dallaChaire de Microfinance du groupe ESCDijon Bourgogne. Tra i relatori ancheMarc Labie, docente dell’Université deMons e della JFK School of Public Policydi Harvard, co-editore nel 2010 del testo“Handbook of Microfinance” sullagestione delle istituzioni di microcredito.escdijon.ecoles.officelive.com

10 dicembreNIZZA (FRANCIA)GREEN INVESTING CONFERENCE 2010Conferenza sugli investimenti verdiorganizzata da Edhec Business School in collaborazione con Ville de Nice, Nice Côte d’Azur, Eco-Vallée, Team Côted’Azur e CCI Nice Côte d’Azur. Previstauna sessione plenaria in mattinata con l’intervento di esponenti dell’Ocse, della Banca europea per gli investimenti e del Ministerofrancese per lo sviluppo sostenibile. faculty-research.edhec.com

15 dicembreMILANOFORUM CONFIDI 2010Incontro organizzato da BusinessInternational in collaborazione con Confiteor. Si discute di evoluzionedei Confidi alla luce della direttiva sul credito al consumo, trasformazione in soggetti vigilati, iscrizione elencospeciale, impatti di Basilea III e Icaapsul capitale e gestione delle sofferenze.www.businessinternational.it

15 - 16 dicembreTUMKUR (INDIA)MICROFINANCE AND SUSTAINABLELIVELIHOOD PROMOTIONS IN INDIA

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| islamfinanzasocietà |

Gli sceicchi puntanosu solare e cultura

Fondi sovrani

di Federica Miglietta*

UESTO MESE CI OCCUPIAMO DEI FONDI SOVRANI DI INVESTIMENTO, detti anche sovereign wealth fund (Swf). I media se ne sono interessati in questo periodo, in concomitanza con l’importante missione diplomatica ed economica da parte di imprenditori e ministri italiani ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi. Su questiinvestitori istituzionali - che rappresentano il braccio finanziario di Paesi ricchi e potenti come Cina, Russia,Singapore, Emirati Arabi Uniti - ci eravamo soffermati nella rubrica su Valori di ottobre. Avevamo analizzato,in particolare, l’ingente massa di denaro che possono gestire con grande libertà.

Seppur esistano da decenni (il primo fondo sovrano, il Kuwait Investment Authority-Kia, nasce nel 1953), hanno iniziato a investire in modo massiccio sui mercati occidentali in concomitanza con la profonda crisi finanziaria, iniziata nel 2008 e della quale ancora subiamo gli effetti. In quell’occasione,infatti, numerosi fondi sovrani (tra gli altri Abu Dhabi Investment Authority-Adia, Kia, Qatar InvestmentAuthority-Qia), in piena tempesta finanziaria, avevano comprato “in saldo” importanti partecipazioni in banche e assicurazioni tra le più importanti al mondo. Il risveglio non era stato dei migliori; gli investimenti, infatti, avevano comportato ingenti perdite di portafoglio e generato aspre critiche in patria per lo sperpero di soldi pubblici. Nei mesi scorso Adia aveva addirittura citato in giudizio Citigroup, accusando il colosso statunitense di aver falsamente presentato i dati di bilancio per indurre il fondo sovrano all’acquisto del 4,9% del capitale a 7,5 miliardi di dollari nel novembre 2007.

un periodo di ripiegamento, hanno nuovamente ripreso a investire, in particolare in Europa e in settoriimportanti come le risorse naturali (carbone, petrolio e gas naturale). Quelli che però sembrano piùinnovativi e forieri di sviluppo, sono gli investimenti in impianti eolici e solari; Mubadala, in particolare,fondo sovrano di Abu Dhabi, ha investito risorse ingenti in questi settori. Il ragionamento sottostante è evidente: dal momento che il petrolio (prima o poi) terminerà, gli Emirati Arabi hanno necessità di diversificare le fonti di approvvigionamento energetico. E, dal momento che il sole batte 12 mesi all’anno sulla penisola arabica, è opportuno investire su questa risorsa virtualmente infinita e a basso costo.

In sintesi, gli sceicchi, da alcuni commentatori definiti “barbarians at the gates” ci hanno dato una lezione economica di sostenibilità. Hanno le risorse naturali, quelle finanziarie e provano a immaginareil loro futuro, non senza un tocco meravigliosamente visionario (o realizzabile?) con la costruzione di Masdar City, città ecologica ad emissioni zero. In più, oltre alla ricchezza, si preoccupano della cultura:nasce un nuovo Guggenheim Museum ed una sede del Louvre. Cosa facciamo noi italiani, invece, che potremmo esportare sole e vento, e abbiamo (ancora) Pompei ed il Colosseo ed i musei tra i più belli al mondo? Pensiamo alle centrali nucleari di quinta generazione. Non potremmo, per una volta,abbandonare la nostra “superiorità culturale”, e prendere esempio proprio dagli “arretrati” sceicchi? .

I sovereign funds arabi si stanno dimostrandolungimiranti, investendo in progetti legati alle fontirinnovabili. Proprio loro: i re globali del petrolio

* Ricercatrice di Economiadegli intermediarifinanziari presso la facoltà di Economiaall’Università di Bari e presso l’UniversitàBocconi di Milano

Q

Nel corso dell’ultimo anno si sono evidenziati alcuni cambiamenti nelle strategie e negli investimenti dei Fondi che meritano, a nostro parere,una certa attenzione; i Fondi Sovrani, infatti, facendo tesoro delle perditein conto capitale subite, hanno voluto attuare strategie di portafoglioinnovative e ben diversificate, differenti dal passato. Il presente, comedimostrano i dati di Monitor-Feem presentati nello scorso ottobre,testimonia una visione nuova del futuro. I fondi sovrani, infatti, dopo

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| A N N O 1 0 N . 8 5 | D I C E M B R E 2 0 1 0 / G E N N A I O 2 0 1 1 | valori | 43 || 42 | valori | A N N O 1 0 N . 8 5 | D I C E M B R E 2 0 1 0 / G E N N A I O 2 0 1 1 |

| inbreve || inbreve |

economiasolidaleBiodiversità, l’Eldorado invisibile da 5 mila miliardi >44L’Olocausto silenzioso del capitale naturale >46Ogm: né pro, né contro. Esistono soluzioni migliori >49

LAMPADINEUSATE: NEGOZIOBBLIGATI AL RITIRO

Gli addetti ai lavori parlano di “unocontro uno”. I consumatori spessonon sanno che dietro tale dicitura si nasconde un loro diritto, introdottoin Italia a giugno da un decretoministeriale che recepisce unadirettiva Ue: al momento dell’acquistodi un nuovo apparecchio elettrico o elettronico, il rivenditore è obbligatoa ritirare gratuitamente un vecchioprodotto analogo e a inviarlo ai centri di raccolta e smaltimento. Per aumentare l’efficaciadell’iniziativa, i consorzi per il riciclodei materiali elettronici si stannomuovendo. Ecolamp, consorzio per il trattamento delle lampadineesauste, ha ad esempio stretto un accordo con la Federazionedistributori di materiale elettrico. Da un lato, i rivenditori garantiranno il ritiro gratuito delle lampadine dei clienti che ne acquisteranno di nuove e provvederanno al trasportodei rifiuti nei centri di raccoltacomunali; dall’altro, Ecolamp allestirà gratuitamente gli Eco Point per contenere tubi lineari e lampadefluorescenti compatte. L’iniziativa si affianca ad altre già avviate dal 2009: ExtraLamp, garantendo il ritiro gratuito in sede dellelampadine rotte, ha finora permessola raccolta di 640 tonnellate di materiale. I Collection Point, 20 punti di raccolta gratuita dislocatiin tutta Italia e riservati ai professionistidel settore, hanno invece permesso di ritirare altre 180 tonnellate di lampade e lampadine.

ULIVI MILLENARI DI PUGLIAPATRIMONIO DI BIODIVERSITÀRICEVONO IL PANDA D’ORODALLA GIURIA POPOLARE

Non servono pietre per fare un monumento. “Bastano”alberi imponenti, dai tronchi che sembrano sculture,che permettono di produrre olio dal sapore della storia.Sono gli ulivi millenari di Puglia, gli stessi da cuiraccoglievano le olive gli antichi romani. Monumentialla bellezza e patrimoni di biodiversità. Proprio per questo ruolo di tutela della biodiversità, il Panda d’Oro 2010 del WWF, deciso dalla giuriapopolare, è stato assegnato al progetto “I giganti del Mediterraneo” della Comunità di olivicoltoribiologici pugliesi composta dalle antiche masserieBrancati, Giummetta e Il Frantoio; dall’Istituto TecnicoAgrario E.Pantanelli di Ostuni, dalla cooperativa Terre di Puglia-Libera Terra Puglia, composta da giovani che

coltivano le terre confiscatealla criminalità organizzata. L’oliveto secolare, per il numeroridotto di piante per ettaro (40-50) disposte irregolarmente,rappresenta un ambienteagricolo estensivo e seminaturale in grado

di ospitare numerose specie vegetali spontanee, dalla macchia mediterranea lungo i muri a secco che bordano gli appezzamenti, alle numerose essenzeerbacee tra piante monumentali. Anche il tronco cavodegli olivi dà rifugio a mammiferi, rettili e uccelli chepopolano la campagna. Per questo l’Istituto agronomicomediterraneo di Bari, il ministero dell’Ambiente e la Regione Puglia stanno stimando l’importanza di questi oliveti nel sostenere la biodiversità. «I Gigantidel Mediterraneo - spiegano i promotori - è un progettoper tutelare il paesaggio agrario degli oliveti monumentalidi Puglia, attraverso la promozione dell’olio extraverginedi oliva degli olivi secolari ottenuto con metodi di agricoltura biologica». Comprando quest’olio si dà una mano a salvare questi alberi secolari, cherichiedono attenzioni e cure particolari (e dispendiose).www.masseriabrancati.com; www.masseriailfrantoio.it;www.masseriagiummetta.com; www.pantanelli.it;liberaterrapuglia.wordpress.com

RSINEWS SI RINNOVA: DA AGENZIA A PORTALESULLA RESPONSABILITÀSOCIALE D’IMPRESA

Per chi naviga in Rete a caccia di notizie sulla responsabilità sociale d’impresa (Rsi, Csr per gli inglesi), si tratta con ogni probabilità di un nome conosciuto: RSInews.it, infatti, dall’inizio del 2004 si è proposto sul web italiano come la primaagenzia d’informazione on line sulla responsabilitàsociale delle imprese. Dalla metà di ottobre il cambio di marcia, il passaggio a portale, con un consistenteampliamento dell’informazione: non più solo news, ma anche idee e commenti, offerte di lavoro targate Csr, in Italia e all’estero, ricerche, studi,appuntamenti, informazioni su come anche la pubblicaamministrazione si sta avvicinando a questo mondo.In tempi di crisi, lo si può vedere come un atto

di fiducia nel futuro e in un’affermazioneancora più diffusa della Rsi. Ma è ancheuna sfida che Beniamino Bonardi,giornalista di lungo corso con un curriculum decisamente green,lancia prima di tutto a sé stesso. «Con la crisi finanziaria globale - dice - e poi con la marea nera del Golfo del Messico, si è chiusa un’era opaca e retorica della Csr. Dal 2004

RSInews.it, operando come agenzia d'informazione, ha evidenziato le contraddizioni tra ciò che si predicavae come si agiva concretamente negli affari quotidiani.Ora abbiamo deciso di trasformarci in un portale della responsabilità sociale d’impresa, cioè in unostrumento di lavoro per coloro che operano nel campodella Csr. Aggiungendo ai contenuti precedentil’attenzione alla ricerca e al dibattito volti a passare da una visione infantile e opportunistica della Csr, ad una sua versione adulta, concreta e trasparente».L’iscrizione al sito è gratuita e permette di testare il servizio per 14 giorni e di ricevere la newsletter, con l’incipit degli articoli. Per accedere al testocompleto di tutti i servizi e all’archivio, occorre invece sottoscrivere l’abbonamento.

OMSA:LE DIPENDENTIINVITANO AL BOICOTTAGGIO

Davanti ai teleschermi e sullepagine delle riviste c’è l’immagine di bellissime ragazze con gambefantastiche avvolte da collant e autoreggenti. Dietro, la realtà è ben più drammatica e coinvolgeormai da molti mesi le 350dipendenti dello stabilimento Omsadi Faenza, che rischiano di rimaneresenza lavoro perché il gruppo tessile ha deciso di intraprendere la strada della delocalizzazione. «Il proprietario dell'Omsa, NerinoGrassi ha infatti deciso di spostarequesto ramo di produzione in Serbia, dove la manodopera,l'energia e il carico fiscale sono notevolmente più bassi»,denunciano le lavoratrici chepresidiano i cancelli dell’aziendaper impedire il trasferimento dei macchinari. L’aspetto più paradossale della vicenda è che l’azienda non è in crisi e anzi continua a detenere il 55%delle vendite di collant in Italia.Per questo, le dipendenti hannolanciato un appello ai “consumatoricritici” per boicottare i marchi del gruppo (Philippe Matignon, Sisi,Omsa, Golden Lady, Hue Donna e Uomo, Saltallegro e Serenella). La campagna, diffusa anche viaFacebook, ha ottenuto in pochigiorni oltre tremila adesioni.

LEGGE EUROPEASULLA RSI: LA COMMISSIONECI PENSA

Non solo la governance delle aziende,ma anche gli elementi di trasparenzasociale, ambientale e di rispetto dei diritti umani: la Commissioneeuropea si starebbe preparando a interventi normativi ad ampiospettro verso il mondo delle imprese.Il “braccio esecutivo” dell’Unioneeuropea ha, infatti, lanciato una serie di 50 proposte per rafforzare il mercato interno,contenute in una comunicazioneufficiale presentata il mese scorso.Tra le altre, la numero 38 lancia una pubblica consultazione sui modi migliori per incrementare la trasparenza di informazioni sui temi della sostenibilità sociale ed economica delle imprese e sul rispetto dei diritti umani.Consultazione che, annuncia il portavoce della Commissione, «può sfociare in iniziative legislativeperché è fondamentale che le imprese europee dimostrino la propria responsabilità non soloverso i propri dipendenti e azionistima verso l’intera società».Il passo in avanti dell’esecutivo di Bruxelles in favore dellaresponsabilità sociale d’impresa eraampiamente annunciato già nel LibroVerde dedicato al tema: “L’azione dei pubblici poteri – si leggeva nel documento – è essenziale per incoraggiare le imprese a prendere coscienza del proprioruolo sul piano sociale e per creareun quadro che permetta di garantiregli aspetti ambientali e sociali nelle loro attività”.

TONNO ROSSO,LA PESCAILLEGALE VALETRE MILIARDI

Il tonno rosso arricchisce il mercatonero. Giochi di parole a parte, il commercio illegale di questa speciein pericolo d’estinzione vale tremiliardi di euro. La stima arriva da un’indagine indipendenterealizzata, in 8 mesi, dal Consorziodei giornalisti d’inchiesta. I datiraccolti confermano che ancora nel 2010 vige lo spregio delle regolealla pesca del tonno rosso nel Mediterraneo: si passa dai casieclatanti di violazione della quotaconsentita (si è pescato più tonno di quanto permesso), alla mancanzadi rendicontazione del pescato alleautorità competenti, all’uso di aereida ricognizione (vietati fin dal 2006)per identificare i tonni da pescare,fino alla cattura di esemplarisottomisura, dannosissima perché non permette agli esemplaridi riprodursi a sufficienza. Le indagini dell’Icij puntano in particolare sulle autorità francesi,che avrebbero coperto per anni le attività illegali della flotta dandoinformazioni deliberatamente errateall’Ue. Sono gli stessi operatori del settore della pesca a testimoniaretale fenomeno: «Tutti truffano. Ci sono delle regole, ma noi non le seguiamo», ha ammesso il Capitanodella flotta francese Roger Del Ponte. Per far fronte all’emergenza il Wwf ha lanciato due proposte: ridurre a seimila tonnellate annue la quantitàdi pescato consentito e individuarezone precluse alla pesca dove i tonnipossono riprodursi senza rischi.

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| economiasolidale | tesori nascosti |

IAMO SEDUTI SU UNA MONTAGNA D’ORO E NON CE NE RENDIA-MO CONTO. Dov’è nascosta? Nelle foreste che pulisco-no la nostra aria, tra le api che impollinano le piante

che mangiamo o dalle quali ricaviamomedicine, tra le altre specie animali, nellebarriere coralline e nei bacini idrici. Tutti

fattori che assicurano la sopravvivenza degli esseri umani. In una pa-rola: biodiversità. Fattori incomprensibili per chi è abituato a quantifi-care la ricchezza solo sotto forma di infrastrutture, metri cubi di ce-mento e utili di un’azienda. Talmente inconcepibili, da venir sottopostia stress enormi, che li mettono in pericolo, creando un danno alla col-lettività di migliaia di miliardi di dollari ogni anno. Quantificare l’ef-fettivo valore delle risorse naturali del Pianeta è un’impresa titanica.Una grossa mano arriva dal rapporto Teeb (The Economics of Ecosystemsand Biodiversity), il più grande sforzo mondiale di riunire tutte le cono-scenze sull’importanza della biodiversità per l’economia umana.

Migliaia di miliardi dimenticatiSecondo il documento, voluto da Onu e Commissione europea e pre-sentato a Nagoya (Giappone) durante la 10° conferenza dei Paesi ade-renti alla Convenzione sulla Diversità biologica, i benefici derivantidalla tutela degli ecosistemi sfiorano i cinquemila miliardi di dollariall’anno. Ma la cifra – è bene precisarlo – tiene conto solo dei vantag-gi connessi con la corretta protezione delle aree naturali protette. Al-

sparmio di 3.700 miliardi di dollari. La pesca intensiva, aiutata dagliincentivi economici alla produzione, sta depauperando le riserve itti-che mondiali, con un danno di 50 miliardi di dollari all’anno. La di-struzione della barriera corallina costa al mondo tra 30 e 172 miliardidi dollari, perché ha ripercussioni sull’ecosistema marino e sulle co-munità che dalla barriera dipendono. Una singola colonia di api assi-cura una ricchezza agricola di produzione di frutti di circa 1.050 dol-lari mentre il valore economico mondiale dell’impollinazione degliinsetti è valutato in 153 miliardi di dollari (il 9,5% della produzioneagricola mondiale). Tutti esempi che, ancor più delle singole cifre, di-mostrano quanto sia insostenibile un modello di sviluppo che dan-neggia gli ecosistemi. «Il grande merito del rapporto Teeb – spiegaGianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf – è di rendere visi-bile ciò che finora non lo era». Una visibilità essenziale, secondo Pa-van Sukhdev, banchiere indiano a capo della ricerca: «Il valore dei ser-vizi offerti dalla natura deve essere visibile per entrare nei processidecisionali. Se non si farà nulla si perderanno migliaia di miliardi intermini di benefici presenti e futuri, s’impoveriranno ulteriormente ipoveri e si metterà a rischio la vita delle future generazioni»

A voler essere ottimisti, un passo in avanti l’Italia lo ha fatto conla recente Strategia nazionale per la biodiversità, approvata per “in-tegrare la diversità biologica nelle politiche nazionali, riconoscendola necessità di rafforzarne la conservazione e l’uso sostenibile inquanto elemento essenziale per il benessere umano”. Ma molte sono

le voci critiche che temono che, in assenza di adeguati fondi, questodocumento rimanga l’ennesimo vaso vuoto.

Una manna per le impreseDa un approccio nuovo e virtuoso con la biodiversità possono trar-re vantaggio anche le imprese. Un tasto sul quale batte il commis-sario europeo all’Ambiente, Janez Poto!nik: «I servizi ecosistemicioffrono opportunità a tutte le imprese e lo dimostrano i casi dimolte aziende che prosperano senza danneggiare l’unico Pianetache abbiamo». In effetti alcune stime, elaborate dal colosso per laconsulenza alla imprese PricewaterhouseCoopers sulle opportu-nità per le aziende a livello mondiale connesse all’uso sostenibiledi risorse naturali, indicano un mercato potenziale tra 2 e 6 milamiliardi di dollari entro il 2050.

Internalizzare i danni alla biodiversitàEd è proprio da qui che si può iniziare per convogliare le attivitàumane verso canali rispettosi del valore degli ecosistemi. Tanto piùche – come ricorda la società di consulenza britannica TruCost – leprime tremila aziende del mondo producono un impatto ambien-tale negativo che costa alla collettività 2.200 miliardi ogni anno.«Gli attuali sistemi di contabilità nazionale devono includere il va-lore dei cambiamenti negli stock di capitale naturale e nei flussi deiservizi degli ecosistemi», ammonisce Sukhdev. Qualcosa di simile

tre analisi, come quella, storica, dell’economista Robert Costanza,pubblicata su Nature nel 1997 (The Value of the World’s Ecosystem Ser-vices), fissano il valore dei servizi degli ecosistemi mondiali in 37 mi-la miliardi di dollari. Se consideriamo che l’attuale Pil mondiale si ag-gira sui 70 mila miliardi, riusciamo a comprendere meglio l’entità del“gruzzolo”. Una ricchezza enorme che sfugge agli indicatori econo-mici tradizionali (che non la quantificano) e, assai spesso, anche ai de-cisori pubblici, che, sottovalutandola, non la tutelano adeguatamen-te. Con il giusto polso del valore economico del capitale naturale,porre freni alle attività che lo danneggiano sarebbe ben più facile.

La rana Platypus: un’estinzione da ulceraIn Australia viveva una rana del genere Platypus, che incubava i suoipiccoli nello stomaco. Per farlo, produceva una proteina che inibivala produzione di succhi gastrici. Proteina importantissima per svilup-pare nuovi farmaci contro l’ulcera gastrica. Ma la rana, a causa delladistruzione del suo habitat, si è estinta e l’uomo ha così perso la pos-sibilità di produrre tali farmaci. Qual è il costo economico (oltre chesanitario e sociale) derivante da tale estinzione? Sicuramente, anchesenza considerare il danno alla qualità della vita, è almeno pari allaspesa per la cura dell’ulcera nel mondo e alle ore lavorative perse percolpa di tale malattia. Di esempi come questo il rapporto Teeb ne famolti: fermare la deforestazione entro il 2030 taglierebbe le emissionidi CO2 di due miliardi di tonnellate ogni anno e assicurerebbe un ri-

BiodiversitàL’Eldorado invisibile

GLI ECOSISTEMI E I LORO SERVIZI

QUALI SONO I MAGGIORI SERVIZI che gli ecosistemi mondiali assicuranoall’umanità? Si possono davvero calcolare i loro benefici economici? Ecco i più importanti, secondo Andrea Masullo, docente di Economia sostenibile:. Depurazione delle acque. Controllo della siccità. Rigenerazione della fertilità dei suoli. Decomposizione degli scarti dei rifiuti. Impollinazione. Dispersione dei semi. Ciclo dei nutrienti. Controllo delle patologie vegetali e dei parassiti.Mantenimento della biodiversità. Protezione delle coste dall’erosione. Schermatura dei raggi ultravioletti. Stabilità del clima.Mitigazione degli eventi meteorologici estremi.Mantenimento della bellezza dei paesaggi.

Calcolarne i benefici sembra roba da marziani. Invece è abbastanzacomprensibile: «Anche non considerando altri fattori positivi, il loro valoreeconomico è quantomeno uguale alla spesa necessaria all’uomo per sostituire il servizio assicurato dall’ecosistema con uno offerto dallatecnologia», spiega Masullo. «Oppure è almeno pari alla spesa per riparare i danni causati da un disastro naturale che un ecosistema intatto avrebbeevitato». L’alluvione in Veneto, la fuoriuscita di petrolio dalla piattaforma Bp nel golfo del Messico, il crollo della Domus dei Gladiatori a Pompei. Gli esempi, in Italia e nel mondo, purtroppo, non mancano.

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di Emanuele Isonio

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Tutelare le aree naturali assicura ogni anno benefici per 5 mila miliardi di dollari: una miniera d’oro chedilapidiamo con uno sviluppo insostenibile. La via d’uscita? Inserire il valore degli ecosistemi nella contabilità nazionale.

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QUANTO CI COSTA IL DEGRADO DELLE RISORSE NATURALI

Le prime 3.000 imprese causanodanni per 2,2 miliardi all’anno

Nella foto grande:una rana dellaforesta tropicale.A sinistra: le barrierecoralline sono tra gli ecosistemi più fragili. Sotto: il logo dellaconferenza di Nagoya sullabiodiversità.

VALORE ATTUALE NETTO IN DOLLARI ALL’ETTARO

Ecosistema sostenibile direttoEcosistema convertito

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Una soluzione è far pagare i danni alla biodiversità a chitrae profitto dagli ecosistemi

IMPOLLINAZIONE DELLE COLTURECOSTA RICA Nelle coltivazioni di caffè situateall’interno di una foresta le specieimpollinatrici aumentano del 20% il raccolto di caffè. I servizid’impollinazione hanno fruttato a una sola azienda agricola un reddito di 60 mila dollari l’anno.A livello mondiale, 75 delle 100principali colture fanno affidamentosu impollinatori naturali.

CASI PRATICI DI BIODIVERSITÀ UTILE

COSTA RICAECUADOR

NORVEGIA

SRI LANKA INDONESIA

FORNITURA IDRICAECUADOROltre l’80% delle risorse idriche della capitale Quito proviene da tre zone protette, minacciate però dalle attività umane, fra cui la costruzione di infrastrutture per la fornitura idrica, la conversione di terreni ad opera di contadini e coltivatori e il disboscamento.Nel mondo, un terzo delle 105 cittàmaggiori ricava la propria acqua potabile da zone protette.

FORNITURA DI MEDICINALINORVEGIANel Paese scandinavo è stata isolata una sostanza prodotta da microrganismi del suolo, usata per prevenire le crisi di rigetto nei trapianti di organi e per produrre il Sandimmun, uno dei medicinali più venduti al mondo. Oltre il 50% dei composti medici di sintesiproviene da precursori naturali.

TRATTAMENTO DELLE ACQUE DI SCARICOSRI LANKA L’area paludosa di Muthurajawela Marshfornisce una serie di servizi essenziali: il trattamento delle acque di scaricoindustriali e domestiche, l’attenuazionedelle inondazioni, la fornitura di legna da ardere e di acqua potabile. La valutazione globale di tali servizi è di 7,5 milioni di dollari annui.

RIDUZIONE DEI GAS SERRAINDONESIANelle torbiere della provincia di Riau vengonostoccati 14,6 miliardi di tonnellate di carbonio, il più grande quantitativo del Paese. Le torbierepossono immagazzinare 30 volte più carbonio delle foreste tropicali che vi crescono sopra. Ma solose sono in salute: dal 1985 Riau ha perso il 65%delle sue foreste per la creazione di piantagioniindustriali di palma da olio e di legname per cartiere. Il cambio d’uso del suolo ha prodotto più CO2 di tutta l’Unione europea messa insieme.

REGOLAZIONE DELLE PATOLOGIEINDONESIATra gli abitanti adiacenti allaforesta vergine di Flores i casi di malaria e dissenteria sono moltimeno rispetto alle comunità vicineprive di foreste vergini. A causadella deforestazione sonoaumentate quantità e varietà di moscerini ed è cambiato il loro ciclo vitale. Discorso analogo avviene in Africa.

PPOPOTAMI, PANDA, MANGROVIE, pesci, coralli, anfibi, alberitropicali, balene, orsi, gazzelle. Tanti attori diversi di ununico spettacolo chiamato biodiversità e che riunisce insé ogni forma vivente geneticamente diversa e gli ecosi-stemi che le ospitano. Ma accomunati da un futuro fosco.Perché negli ultimi decenni la contrazione delle specieterrestri sta procedendo a ritmi mai visti. A livello com-plessivo, un buon campanello d’allarme è rappresentatodall’Indice del Pianeta vivente (LPI), utilizzato dal Wwfper il suo rapporto biennale Living Planet Report (vedi

): in meno di 40 anni, dal 1970 al 2007, tale indicemostra un declino del 30%.

Un risultato analogo a quello a cui arriva l’Unionemondiale per la Conservazione della Natura, che denun-cia una diminuzione del 31% della popolazione animale.Nello specifico: il 21% dei mammiferi, il 30% degli anfi-bi, il 12% degli uccelli e il 27% dei coralli. Le stime indi-cano che l’attuale tasso di estinzione è fra le cento e le mil-le volte superiore al tasso “naturale di riferimento” (iltasso di estinzione senza l’interferenza umana). E se siconfronta il dato attuale con quelli di inizio secolo, le dif-ferenza è ancora più allarmante: «Nel mondo sparisce una

GRAFICO

razza domestica ogni due settimane», rivela Piero Sardo,presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiver-sità. «Dall’inizio del ‘900 abbiamo perso il 75% della di-versità genetica fra i prodotti agricoli e oggi meno di tren-ta piante nutrono il 95% della popolazione mondiale».

Le aree considerate più a rischio comprendono gli ha-bitat fragili, come i climi molto caldi e molto freddi. Glianimali e le piante adattati alla vita desertica sono stati de-cimati. Né va meglio per le specie vegetali: un’altra ricer-ca del museo di Storia naturale di Londra indica a rischioestinzione un quinto delle piante. Il problema, ovvia-mente, non è solo ambientale. Perdere piante e animalisignifica anche non poter più disporre di “strumenti” chehanno assicurato la vita dell’uomo. «Da quando l’agricol-tura è diventata un’industria – denuncia Serena Milano,segretario generale della Fondazione Slow Food – si sonoperse l’80% delle specie vegetali. Perché all’agroindustriaservono prodotti fatti in serie e tutti uguali. E questo com-porta la scomparsa di molti tipi di frutta e di verdura». Al-zi la mano chi sa ad esempio che, nel solo Piemonte, esi-stono oltre 100 varietà diverse di mele («Ma trenta annifa erano 500»). Ognuna adatta a un clima e a un territo-

rio. «La loro scomparsa è un pericolo per la stessa soprav-vivenza umana». Ma non c’è solo l’agroindustria a mi-nacciare la biodiversità. Anzi, il rapporto 2010 del Wwf,uscito poche settimane fa, indica cinque principali fontidi minaccia: la perdita, l’alterazione e la frammentazionedegli habitat, causate, oltre che dall’ipersfruttamento agri-colo, anche dalle attività minerarie, dall’industria idroe-lettrica e dalle attività di pesca su larga scala. C’è poi il so-vrasfruttamento delle popolazioni di specie selvatiche(cattura di animali e raccolta di piante per scopo alimen-tare o medico, a tassi superiori alla loro capacità riprodut-tiva); l’inquinamento, causato soprattutto dall’uso ecces-sivo di pesticidi in agricoltura e acquacoltura, dagliscarichi urbani e industriali e dagli scarti delle attivitàestrattive; i cambiamenti climatici, causati dai gas serra edalla deforestazione. E infine, le specie invasive, intro-dotte in una regione diversa da quella provenienza, checompetono o predano quelle native.

Minacce che hanno nell’uomo il comune denomina-tore. E che fanno dire ad Achim Steiner, direttore del Pro-gramma Onu per l’Ambiente: «L’umanità si è fabbricatal’illusione che ce la possiamo fare senza biodiversità o che

LA BOCCONI ELOGIA I PRESÌDI SLOW FOOD

TUTELARE LA BIODIVERSITÀ fa bene alla Terra e a chi cura la terra. Anche dal punto di vista economico. Molto significativi, in tal senso, i dati della ricercadell’università Bocconi. Lo studio analizza le ricadute economiche dei presìdiSlow Food: 194 in Italia e altri 145 nel mondo. “Interventi principalmenteculturali. Non un modello imprenditoriale” precisa lo studio, che però ammette:“Uno dei risultati più evidenti e generalizzati dovuto alla loro attivazione è statala crescita dei quantitativi di produzione, spesso accompagnata da una nettoincremento dei prezzi di vendita e della redditività della produzione”. E quindi delle remunerazioni dei piccoli produttori. In effetti, dal momentodell’attivazione dei presìdi, l’andamento dei quantitativi e dei prezzi di venditafa segnare sempre incrementi a due cifre. Spesso a tre, talvolta a quattro. Come nel caso della Fagiolina del Trasimeno (+1.633% di quantità vendute) e del pomodoro San Marzano (+1.140% il prezzo di vendita). Nel complesso, in Italia, le imprese dei presìdi sono cresciute del 32%, le quantità prodotte più che raddoppiate, il valore medio dei cibi è salito del 95%.

Ma, oltre all’ottica economica, tali iniziative hanno un grande valoreculturale perché, commenta la ricerca della Bocconi, “salvaguardano produzionie processi lavorativi radicati nella tradizione. I prodotti di nicchia sono spesso riusciti a diffondere la propria conoscenza sul mercato nazionale e internazionale”. Con ricadute positive anche sul territorio: “Non raramente i presìdi hanno determinato anche l’instaurazione di flussi turistici”.

lo farà la Ue: la Commissione vorrebbe infatti imporre agli Statimembri di adeguarsi a questo tipo di contabilità già dal 2013. Epoi, come ricorda Bologna del Wwf, «vanno eliminati tutti i sussi-di perversi, che finiscono per incentivare attività dannose per il si-stema ambientale». Aiuti all’agroindustria, alla pesca intensiva, al-le imprese che producono energia da petrolio o carbone. «Serveuna fiscalità ecologica che sposti le tasse dal lavoro allo sfrutta-mento delle risorse naturali».

Ancora oltre si spinge Andrea Masullo, docente di Economiasostenibile all’università di Camerino: «Azzeriamo tutti i sussidi. Eal loro posto, facciamo pagare i danni per la perdita di capitale na-turale a chi trae profitto dall’ecosistema». In pratica: internalizza-re i costi ambientali. «Se si applicasse questo principio al settoredell’energia, le fonti rinnovabili sarebbero ancora più convenien-ti di quanto lo siano oggi con gli incentivi. E il mercato si indiriz-zerebbe verso settori più sostenibili». Ma il discorso vale anche perl’edilizia. O per l’agricoltura, nella quale oggi, nota Serena Milano,segretario generale della Fondazione Slow Food per la biodiversità,«c’è un paradosso insostenibile: chi vuole produrre in modo sano,biologico o biodinamico, si deve far carico dei costi delle certifica-zioni e dell’adeguamento della propria attività. Chi continua conle coltivazioni intensive, non paga nulla. Spostando gli incentividalla produzione ai produttori, si scoraggerebbe l’agroindustria esi aiuterebbero molti piccoli contadini e allevatori, baluardi essen-ziali contro il dissesto delle zone rurali». .

In 40 anni è scomparso il 30% delle specie viventi. Un danno non solo dal punto di vista ambientale ma un pericolo per la stessa sopravvivenza umana.

L’olocausto silenziosodel capitale naturaledi Emanuele Isonio I

L’INDICE MOSTRA UN DECLINO DI CIRCA IL 30% DAL 1970 AL 2007, SULLA BASE DI 7.953 POPOLAZIONI DI 2.544SPECIE DI MAMMIFERI, UCCELLI, RETTILI, ANFIBI E PESCI.

INDICE DEL PIANETA VIVENTE LOCALE

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Il percorsobiodiversitàpresentato duranteTerramadre: sul tavolo le centovarietà diverse di mele esistenti solo in Piemonte: 30 anni fa eranocinquecento.

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ONSERVARE LA BIODIVERSITÀ anziché impoverirlaconviene 100 a 1». Non è un numero a casoquello citato da Robert Costanza, professore

di Sostenibilità ed Economia eco-logica all’università di Portland. Èanzi un calcolo preciso dei costi e

dei benefici prodotti dalla tutela degli ecosistemi.

Come si arriva a quel dato, professor Costanza?Abbiamo fatto uno studio con altri diciotto ricercatori: da un latoabbiamo calcolato che, per espandere e conservare intatte le risor-se naturali in modo che coprano il 15% della biosfera terrestre e il30% di quella marina, si dovrebbero investire 45 miliardi di dolla-ri all’anno. Dall’altro, abbiamo quantificato i benefici di tale inve-stimento: oscillano tra 4.400 e 5.200 miliardi di dollari all’anno.Appunto: investendo 1, ricaviamo 100.

Anche le grandi organizzazioni internazionali ormai ammetto-no che tutelare la biodiversità assicura vantaggi economici.Ma è possibile farlo senza cambiare modello di sviluppo?

È un passaggio essenziale. L’attuale modello si fonda su cinque pre-messe: avere di più è sempre meglio; la crescita economica può esse-re infinita; la povertà si sconfigge con maggiore crescita; la natura èun divertimento; la proprietà privata è sempre meglio. Sono tutticoncetti da contestare alla radice, perché incompatibili con un mo-dello economico amico dell’ecosistema.

Cambiare modello economico implica anche indicatori che mi-surino il progresso di un’economia in modo nuovo?

Anche questo è inevitabile. Ci sono quattro tipi di capitali diversi, tut-ti necessari per assicurare un benessere della popolazione che sia peròecologicamente sostenibile: non solo il capitale econo-mico, composto da infrastrutture, ricchezza materiale epotere d’acquisto convenzionale. Ma anche, il capitaleumano, ovvero il benessere individuale basato sulla sa-lute e sull’accesso all’educazione e all’informazione. Il ca-pitale sociale, ovvero tutte le interazioni tra persone, retie istituzioni. E il capitale naturale, estremamente impor-tante perché nostro supporto di vita. Il Prodotto internolordo misura solo il primo fattore.

Quattro “capitali” che sono considerati dal Ge-nuine Progress Indicator, ideato proprio da lei a

metà degli anni ’90. Lo considera l’indicatore ideale?I modi per misurare la qualità della vita sono tanti. Il Gpi non è per-fetto, ma ha il merito di conteggiare molti fattori non consideratidal Pil, come la distribuzione del reddito nella popolazione o il va-lore del lavoro di volontariato e di quello casalingo. Inoltre sottraedalla ricchezza prodotta fattori negativi come il costo della crimi-nalità, le spese per ripulire le fuoriuscite di petrolio da una piat-taforma in mezzo all’oceano o il costo della perdita di capitale na-turale e di biodiversità. Continuare a misurare il progresso con il Pilsignifica avallare il profitto ottenuto, causando gravi rischi nel lun-go periodo sotto forma di disastri naturali, perdite di specie anima-li e vegetali, inquinamento dei bacini idrici.

In sostanza, quello evidenziato dal Pil è un progresso fittizio…Osserviamo questo grafico: negli Stati Uniti, Gpi e Pil hanno avutoandamenti analoghi fino al 1970. Poi hanno iniziato a divergere. IlPil è continuato a crescere sotto tutti i governi. Il Gpi invece è de-cresciuto. Siamo entrati in una recessione della qualità di vita.

Come è possibile creare le premesse per un progresso so-stenibile?

In primo luogo, introducendo gli incentivi giusti per far dire la ve-rità al mercato. Bisogna riuscire a svelare i veri costi di alcuni servi-zi. Poi servono riforme fiscali per tassare non i beni in sé ma i dan-ni agli ecosistemi causati, ad esempio, da beni prodotti con fontifossili o a scapito degli ecosistemi.

(Incontriamo il professor Costanza durante il Forum Internazionale Gree-naccord dell’Informazione ambientale che lo vedeva tra i relatori. Una sera acena, gli facciamo un’ultima domanda, forse un po’ politically incorrect).

Le democrazie attuali, in cui i governi per essere rieletti de-vono fare scelte che producono effetti a breve termine,sono i sistemi migliori per risolvere problemi che im-pongono invece scelte che esplicheranno effetti in 10 oanche 20 anni? O forse su certi temi, la democrazia nonè il sistema adatto?Quelli democratici sono i sistemi migliori che conosca. Siposso certamente migliorare: ad esempio, con le tecnichedi democrazia deliberativa, che prevedono sessioni di ap-profondimento di un certo tema per consentire agli eletto-ri di informarsi adeguatamente prima di recarsi alle urne.Ma dubito si possano fare scelte che incidono sul nostromodello di progresso senza coinvolgere i cittadini. .

di Emanuele Isonio

«CÈ il calcolo di Robert Costanza, tra i più noti economisti ecologici. «Ma servono nuovi indicatori della ricchezza».

«Tutelare la biodiversità?Paghi 1,ricavi 100»

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Solo il Pil dice che cresciamo.Altri indici da tempo denuncianoche la qualità della nostra vita è ormai in grave recessione

“”

Robert Costanza è docente alla PortlandUniversity.

Ogm: esistonosoluzionimigliori

neticamente attraverso un cocktail chimico, potranno sal-varci da fame e carestie. Lasciatemi analizzare la questione.Se consumiamo solamente una frazione di quanto produ-ciamo (lo 0,1% del tè, lo 0,2% del caffé o il 17% dello zuc-chero) e il resto viene lasciato a marcire, utilizzato per ge-nerare gas metano, bruciato o riarato nel terreno, allora èvero che non produrremo mai abbastanza cibo.

Personalmente dubito che l’appetito della crescentepopolazione globale sarà mai in grado di garantire sicu-rezza alimentare per tutti, anche qualora si introducesse-ro in modo massiccio gli Ogm. Forse la creazione di talescarsità permanente è ciò di cui i produttori di Ogm han-no bisogno per giustificare la loro tesi secondo cui alle-vierebbero la fame nel mondo.

Monocolture, irrigazione, selezione dei semi e dei fer-tilizzanti hanno incrementato la produzione delle singo-le colture, non c’è dubbio. Ma tale approccio ha perso divista le enormi opportunità esistenti anche al di là del ri-so e del frumento. Dovremmo declinare le nostre risorseagricole nel modo in cui viene fatto dagli ecosistemi. Inrealtà, siamo l’unica specie che spreca. Nessun altro è ca-pace di farlo. Così, anziché cercare di affrontare il proble-ma della fame, potremmo utilizzare la sperimentazioneintegrata con le moderne tecniche agricole per superare ilconcetto di scarsità e lavorare per ottenere la sufficienzao, addirittura, sognare l’abbondanza.

Una logica al contrarioSe trasformiamo l’agricoltura in un sistema diproduzione e consumo che sfrutta tutte le ri-sorse disponibili - ad esempio coltivando i fun-ghi dai resti di caffè o tè come si fa in Africa o in

IETE FAVOREVOLI O CONTRARI AGLI OGM? La domanda al-la quale dobbiamo rispondere non è tanto questa,bensì: qual è l’obiettivo degli Organismi genetica-

mente modificati? Se è quello di ottenerecolture resistenti alla siccità, allora do-vremmo chiederci: perché vogliamo pian-

tare colture che richiedono acqua in aree dove l’acqua nonc’è? Perché non puntiamo su colture che, invece, sono ingrado di crescere in queste condizioni ambientali?

Se abbiamo una scelta limitata a cinque varietà (grano,riso, mais, soia, palme), piantate in monocolture, allora nonabbiamo scelta: dobbiamo modificare geneticamente talicolture per consentire loro di resistere alla siccità. Se, inve-ce, nell’anno internazionale della Biodiversità, cercassimo isemi, risultato di milioni di anni di adattamento, potrem-mo applicare la migliore opzione possibile, disponibile at-tualmente e già sperimentata, senza effetti collaterali. Po-tremmo piantare immediatamente i semi senza doverportare avanti ulteriori ricerche, risparmiando il denaro perfar approvare i prodotti, quello per le campagne pubblici-tarie e per le attività dei lobbisti che cercano di far sì che lecolture resistenti alla siccità siano appoggiate dai legislato-ri. Una rapida analisi delle attuali banche del seme con-ferma che esistono centinaia di biotipi disponibili a ognilatitudine o altitudine, con una vasta sperimentazione al-le spalle, capaci di resistere alla mancanza d’acqua.

Per sfamare il PianetaLa seconda argomentazione è che le colture“tradizionali” non sono in grado di produrresufficiente cibo per tutti. È vero? Siamo portatia credere che solo cinque colture, modificate ge-

di Gunter Pauli

S

Produrre più cibo e coltivare senz’acqua. I sostenitori degliOgm li propongono come soluzione alla famenel mondo. Ma esistono molte altre possibilità,naturali, sostenibili, meno costose e senza effetti collaterali.

L’economista belgaGunter Pauli, è appena uscito, con EdizioniAmbiente, il suo ultimo libro “Blue Economy”.

questa sia in qualche modo periferica al nostro mondo: laverità è che ne abbiamo bisogno più che mai in un pia-neta abitato da sei miliardi di persone che si avviano a di-ventare nove nel 2050». Uomo avvisato… .

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“CARO ANDERS, innanzitutto, grazie per la tua domanda.”. Inizia così l’articolo di Gunter Pauli, di cui trovate la traduzionein queste pagine, pubblicato sul sitointernet della Zeri Foundation. È la rispostaa una domanda che Hon Anders Wijkman,membro dell’Accademia reale svedese delleScienze, noto attivista ambientale, ha rivoltoa Gunter Pauli: “Lei è contrario agli Ogm? A qualsiasi forma di Ogm?”. La rispostadell’economista Belga, fondatore della ZeriFoundation, è tutt’altro che prevenuta.

“Non sono né a favore né contrario agliOgm, sono per la soluzione migliore”, scrivePauli. E continua: “Nel tentativo di creareuna società capace di rispondere a bisogniessenziali come l’acqua, il cibo, la salute e l’energia, per tutti, non possiamo lasciareinesplorata alcuna possibilità solo perché‘non ci piace’. Certe soluzioni, poi, possonorisultare valide nell’immediato, ma non nel lungo termine”. E cita un esempio: “Nei primi anni ’90 mi sono battuto per promuovere saponi biodegradabili,

per poi rendermi conto che provocavanoun’impennata nella domanda di olio di palma,che nei prossimi 10 anni provocherà la distruzione di 2,5 milioni di forestavergine. Ho realizzato che bisogna guardarel’intero sistema e non semplicemente il singolo obiettivo. In questo caso la ‘soluzione migliore’ che proponiamo è estrarre dalle bucce degli agrumi il d-Limonene, uno dei più efficaci, competitivi,sostenibili e puliti agenti detergenti. Un modo per convertire i rifiuti in risorsa”.

SOSTENIBILITÀ: GUARDARE L’INTERO SISTEMA NON SOLO IL SINGOLO OBIETTIVO

America Latina, o dalla paglia del riso secondo la tradizionecinese - allora potremmo produrre colture che garantiscano100 volte la quantità di aminoacidi attualmente disponibi-li. Non esistono Ogm o piani di irrigazione in grado nean-che di avvicinarsi a questa performance.

Quando Il Cairo ha affrontato un intollerabile inquina-mento atmosferico dovuto alla paglia di riso bruciata, la mi-gliore soluzione trovata fu modificare geneticamente il riso,per produrre una qualità “a gambo corto”. E chi potrebbe di-chiararsi contrario alla riduzione delle malattie respiratoriecausate dall’incenerimento incontrollato dei rifiuti agricoli(che una volta erano utilizzati per costruire, mentre oggi sonostati rimpiazzati dal cemento)? Ma perchè, in una megalopo-li tentacolare come Il Cairo, non si è considerata la possibilitàdi generare maggiori quantità di cibo? La coltivazione di fun-ghi dalla paglia di riso in un’area urbana genera occupazione,guadagni e converte rifiuti in cibo, riducendo l’inquinamen-to. È già stato fatto in 16 Paesi. La scusa addotta èstata che gli egiziani non mangiano funghi? Nonavevano mai mangiato nemmeno gli hamburger,che oggi invece spopolano. Allora c’è o no qual-che difetto nella logica economica? (...)

Il riso contro la cecitàOra voglio offrire un secondo esempio, per valu-tare il contributo potenziale degli Ogm per unPianeta sostenibile, sano e felice. Ricordate l’av-vento del Golden Rice, 15 anni fa? Questo riso

geneticamente modificato fu annunciato come una soluzio-ne definitiva ai problemi della cecità. Se, per proteggere ibambini dalla cecità, modifichiamo geneticamente il riso, ag-giungendo betacarotene ai chicchi, come si potrebbe esserecontrari? Però non dovremmo formarci un’opinione sulla ba-se di ciò che è “buono” e ciò che è “cattivo”, dovremmo piut-tosto scegliere la migliore opzione possibile, che comporta irischi minori, considerando le conseguenze, anche involon-tarie, che potremmo cagionare agli abitanti del Pianeta.

Quando ci confrontiamo con una sfida sociale come lacecità, dovremmo innanzitutto domandarci perché talemalattia sta crescendo. Immediatamente capiremmo che laquestione è proprio la mancanza di betacarotene...ovvio!Ma è una ragione sufficiente per modificare geneticamenteil riso? Dovremmo domandarci: perché esiste tale mancan-za di betacarotene nella catena alimentare che gravita in-torno alle piantagioni di riso? Studiando gli ecosistemi sco-

priamo che alcune micro-alghe, compresa l’algaverde-blu, esistono più o meno ovunque. Sitratta di una delle prime forme di vita compar-se sulla Terra. Sono presenti da miliardi di anni,hanno superato tutte le calamità naturali e so-no eccellenti produttori di betacarotene e dimolti altri elementi nutritivi. Perciò che cosa èaccaduto loro attorno alle coltivazioni di riso?Scopriamo che nelle risaie si forma uno stratoschiumoso, che è stato rimosso tramite l’uso diadditivi chimici, per incrementare la produzio-ne. Ma quella schiuma è ricca di microalghe e,quindi, molto ricca di betacarotene.

In Cina, Vietnam, Laos e Cambogia i conta-dini mettono gamberetti o, addirittura, carpenelle risaie, che mangiano le microalghe ricchedi betacarotene, assicurando questa preziosa so-stanza nella catena alimentare, in modo che lapopolazione ne abbia a sufficienza, usando inmodo naturale le risorse. Questo metodo di col-

tivazione non è “efficiente” in termini di produttività del ri-so come la monocoltura, ma genera più sostanze nutritive,provvedendo alla sicurezza alimentare e anche garantendole difese necessarie contro le malattie moderne, come la ce-cità. Questo metodo produce più reddito a livello locale.Mentre le colture da esportazione generano una quantitàmaggiore di prodotti ed entrate che fluttuano con i merca-ti mondiali dei prezzi.

Il nostro “moderno” metodo di coltivazione del riso, fo-calizzato sulla massimizzazione della produzione, elimina ilbetacarotene (e molto altro) dalla catena alimentare. Spintidalla volontà di aumentare la produzione di un elemento,il riso, riduciamo la produzione naturale di tutti i fonda-mentali aminoacidi e micro sostanze nutritive che il riso dasolo non può fornire.

Come possiamo accettare che la soluzione alla cecità siala manipolazione genetica? Se veramente vogliamo com-battere questo grave problema, allora dovremmo coltivareil riso, lasciare la sua schiuma nell’acqua, usarla per nutrireanatre, crostacei e pesci. Così avremmo un apporto equili-brato di proteine e, allo stesso tempo, un’adeguata produ-zione di betacarotene. Come i nostri ricercatori hanno di-mostrato, questo sistema produce più sostanze nutritive diqualsiasi coltivazione intensiva di riso Ogm.

Il Golden Rice non risolve alcun problema oltre alla ce-cità, ma alimenta un modello agricolo insostenibile, sia sulfronte della produzione (esaurisce lafertilità del suolo), che su quello delconsumo (producendo cibo sbagliato).

E com’è possibile che la compagnia

svizzera che produce il Golden Rice abbia un’autorizzazio-ne esclusiva, fino al 2012, per la vendita di riso “anti-cecità”per trarne profitto? Se lo scopo è guadagnare e massimizza-re il ritorno degli azionisti, allora dovrebbe essere esplicita-to nella campagna che si propone come soluzione per com-battere la cecità.

È giunto il momento di smettere di rattoppare i proble-mi con soluzioni raffazzonate e iniziare a mettere in cantie-re soluzioni durature che possano svilupparsi e migliorarenel tempo. In Brasile abbiamo calcolato che il betacaroteneche può essere naturalmente prodotto per ogni ettaro al-l’anno dall’ecosistema che ha reso il riso così competitivo è40 volte più alto di quello che potrebbe essere generato dauna modifica genetica del riso. E può essere ottenuto a uncosto più basso.

Quindi io non sono “contro” il Golden Rice o gli Ogm,io cerco sempre di domandarmi “qual è il modo miglioreper raggiungere un risultato?”. E se l’obiettivo è combatterela cecità dovuta alla mancanza di betacarotene, allora il Gol-den Rice è una soluzione piuttosto scarsa. E, peggio, èun’opzione costosa e inefficace se confrontata alle tecnicheagricole integrate che, si è dimostrato, funzionano. Finoraper tutti gli esempi che mi sono stati proposti per giustifi-care gli Ogm, ho sempre trovato una soluzione migliore. So-luzioni che contribuiscono alla salute e alla vivibilità di tut-ti, eliminano la fame e sono anche più competitive. .

SCOMMETTERE SULLO ZERO

ALLA RICERCA DI UNA CO-EVOLUZIONE CON LA NATURA, sfruttando la tecnologia. È lo scopo dell’economista belga Gunter Pauli e di Zero Emissions Research and Initiatives(ZERI), rete internazionale nata nel 1994 e formata da migliaia di scienziati ed economisti di tutto il mondo col comune obbiettivo di sviluppare processi produttivi in cui gli scartipossano essere utilizzati come materie prime per altri processi, con una drastica riduzione,se non l’azzeramento, di sprechi, rifiuti e inquinamento. www.zeri.org

Se la cecità dipende dalla mancanza di betacarotene, non serve il riso Ogm,basterebbe rispettare l’ecosistema

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APPUNTAMENTI NOVEMBRE>MARZO A CURA DI ANDREA BAROLINI | PER SEGNALAZIONI SCRIVERE A [email protected]

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DicembreITALIAPREMIO ALL’INNOVAZIONE AMICA DELL’AMBIENTEUn riconoscimento nazionale rivoltoall’innovazione di impresa in campoambientale, attribuito a innovazioni di prodotto, di processo, di servizi, di sistema, tecnologiche e gestionali,realizzate o in stato di realizzazioneavanzata, che abbiano contribuito a significativi miglioramenti orientati alla sostenibilità ambientale.www.legambiente.eu

4 - 12 dicembreRHO (MILANO)ECOABITAREL’evento propone, all’interno di Artigianoin Fiera, tutto ciò che concerne la casa e i servizi a essa connessi, con particolareattenzione alla sostenibilità ambientale.www.ecoabitare.net

23 dicembreBOLOGNA SVILUPPO SOSTENIBILE E GESTIONEDEI SISTEMI AMBIENTALIScadenza dei termini per la presentazionedella domanda di partecipazione al masterorganizzato dall’Università di Bologna. I corsi si svolgeranno dal febbraio 2011 al marzo 2012. Costo totale: 3.000 euro.www.unibo.it/Portale/Offerta+formativa/Master/default.htm

13 gennaioMUMBAI (INDIA)SOLAR INDUSTRY SUMMIT INDIA 2011Prima conferenza sull’industria solare in India, che si svolgerà in contemporaneacon la fiera Glasspex India 2011, che nella scorsa edizione ha coinvolto3.200 visitatori.www.solarpraxis.de

24 - 25 gennaioBERLINO (GERMANIA)1ST INVERTER AND PV SYSTEMTECHNOLOGY FORUML’evento propone una discussione sulleopportunità fornite attualmente dallatecnologia fotovoltaica, con particolareattenzione alla riduzione dei costi e alle ottimizzazioni tecniche. www.solarprais.de

25 - 27 gennaioLIPSIA (GERMANIA)ENERTEC 2011È l’unico salone in Germaniacompletamente dedicato all’energia.Quest0anno i focus saranno sulletecnologie dell’energia decentralizzate,sull’approvvigionamento energetico

e l’efficienza, sulle energie rinnovabili(bioenergia l’argomento principale).www.enertec-leipzig.de

26 - 29 gennaioGRAZ (AUSTRIA)CENTRAL EUROPEAN BIOMASSCONFERENCE 2011Un panorama completo sugli sviluppipolitici, economici e tecnologici sullebiomasse: disponibilità e fornitura dellematerie prime, tecnologie di conversione(caldo, freddo, elettricità, carburanti),integrazione nel sistema energetico,applicazioni industriali, finanziamento di progetti “verdi”, impatti ambientali,sviluppo mercato e requisiti politici.www.biomasseverband.at

27 - 30 gennaioBOLZANOKLIMAHOUSE 2011È la fiera leader del settore per l’efficienzanell’edilizia sostenibile nata dall’esigenzasempre crescente di costruire in manieresostenibile, risparmiando energia e cosìrispettando l’ambiente. www.fierabolzano.it/klimahouse2011

10 febbraioSTOCCARDA (GERMANIA)CEP® CLEAN ENERGY & PASSIVEHOUSE 2011Fiera e congresso internazionale su energie rinnovabili e efficienzaenergetica nella costruzione e ristrutturazione di edifici. Presenta i trend e le innovazioni su efficienzaenergetica nella costruzione e ristrutturazione di edifici, casa passiva, energia solare, pompe di calore,energia dal legno e cogenerazione. www.cop-expo.de

10 febbraioROMALA REPUBBLICA SIAMO NOIIncontro presso il liceo Kant organizzatodall’associazione Libertà e Giustizianell’ambito del Laboratorio didattico per le scuole medie superiori. Titolodell’evento: “Cultura della legalità e senso profondo delle regole”.Parteciperanno Antonio Turri, referentedell’associazione Libera nel Lazio, e Andrea Barolini, giornalista di Valori.www.leg-roma.org

4 - 5 febbraioVENEZIAENERGY FOR GREEN PORTSFiera-congresso dedicata alle possibilifonti di energia alternativa

concretamente utilizzate o potenzialmente utilizzabili nei variporti italiani ed internazionali al fine di renderli ecocompatibili.www.energyforgreenports.it

16 - 17 febbraioSAN FRANCISCO (USA)SOLAR TERAWATT-HOURS CONFERENCE Sesta edizione dell’incontro internazionalesulle tecnologie fotovoltaiche organizzatadalla Photon Academy.www.photon-expo.com

17 febbraioVIENNA (AUSTRIA)BAUEN & ENERGIE WIEN COSTRUZIONI & ENERGIA VIENNA570 espositori informano su materiali edili, finestre e porte; case prefabbricate, finanziamenti;riscaldamento e climatizzazione;costruzioni biologiche e ecologiche ed efficienza energetica.www.bauen-energie.at

17 - 18 febbraioVERONAECO(MAKE)Mostra-convegno rivolta principalmentealle aziende, al fine di promuovere la crescita dell’ecoeconomia nel settoredell’edilizia e dell’ambiente.www.ecomake.it

17 - 20 febbraioSALONICCO (GRECIA)ENERGY TECH3° Fiera Biennale dell’Energia da fonti rinnovabili, climatizzazione e riscaldamento “energy tech”,appuntamento tra i più importanti dellazona dei Balcani. Nella scorsa edizione,sono stati circa 12 mila gli operatori che hanno visitato la manifestazioneprovenienti, oltre che dalla Grecia, da oltre 20 Paesi stranieri.www.helexpo.gr

24 febbraioOFFENBUG (GERMANIA)GEOTHERML’evento europeo più importante per l’energia geotermica, giunto ormai alla quarta edizione, raggruppa e mette a confronto tutti i principali attori coinvoltinella gestione delle soluzioni legate al campo della geotermia: aziendefornitrici, mondo accademico e istituzioni.www.geotherm-offenburg.de

24 - 25 febbraioFIUMICINO (ROMA)CIS-IT 2011

La Conferenza dell’Industria Solare Italia2011 - organizzata dalla Solarpraxis di Berlino, compagnia leader nei servizidedicati all’industria del solare e dellealtre energie rinnovabili, in collaborazionecon Ambiente Italia e con il supporto di consulenza da parte di eclareon - si concentrerà sull’analisi dell’industriaitaliana del fotovoltaico, del solaretermodinamico e del solare termico.www.solarpraxis.de/it/conferenze/cis-it-2011

24 - 25 febbraioSAN FRANCISCO (USA)GEOPOWER AMERICASIncontro annuale dell’industriageotermica del nord centro e sudamericana.www.solarpraxis.de/it/conferenze/cis-it-2011

1 - 3 marzoLONDRA (GRAN BRETAGNA)ECOBUILD 2011Con più di 41 mila visitatori, è una delle fiere leader mondialededicata all’Eco-edilizia.www.ecobuild.co.uk

3 - 6 marzoREGGIO EMILIAECOCASA & IMPRESA EXPOI protagonisti della Green Economy si confrontano: in mostra le tecnologie più innovative.www.ecocasa.re.it

4 marzoWELS (AUSTRIA)ENERGIESPARMESSEFiera interregionale con due giornatededicate esclusivamente agli operatoridel settore e tre aperte anche al pubblico. È una delle manifestazioneeuropee più importanti sul risparmioenergetico, la costruzione e ristrutturazione di edifici e sulle istallazioni idro-sanitarie.www.energiesparmesse.at

10 - 11 marzoPARIGI (FRANCIA)PV POWER PLANTS 2011 - EUConferenza concentrata sugli impiantifotovoltaici di grandi taglie, organizzatadalla tedesca Solarpraxis. www.solarpraxis.de

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| internazionale |

iinternazionale| inbreve |

Stati Uniti e Sudamerica. Al via una nuova stagione >56 Forum mondiale: l’educazione in Palestina >60Global voices: il meglio della blogosfera internazionale >63

| inbreve |

NUOVO PORTALEDI PROTEZIONESOCIALESUD-SUD

L’International Policy Centre for Inclusive Growth (IPC-IG), natodalla collaborazione tra l’Agenziadelle Nazioni Unite per le politichedello sviluppo (Undp) e il governodel Brasile, ha attivato un nuovoportale per la protezione sociale(http://south-south.ipc-undp.org/).Con sede a Brasilia, l’Ipc-Ig è un organismo facilitatore della collaborazione Sud-Sud, con l’obiettivo di ampliare le conoscenze e le capacità di progettazione dei Paesi in via di sviluppo. “L’attuale crisi haevidenziato l’importanza di potercontare su un pacchetto minimo di prestazioni di sicurezza socialeper tutti”, ha dichiarato il DirettoreGenerale dell’Ilo, Juan Somavia. L’idea del sito è nata dall’esperienzadi cooperazione tra Africa e Brasilenel programma di protezione socialeiniziato nel 2008. Il sito è impostatocome una libreria virtuale, con un database che ricerca tra documenti di protezione socialeprovenienti da tutto il mondo. Oltre alla biblioteca c’è una sezioneche mappa la rete di protezionesociale in tutti i Paesi in via di sviluppo. L’Ipc-Ig invita le istituzioni, i politici, i centri di ricerca, le organizzazioni della società civile interessate alle politiche di protezione ad essere parte attiva del programma di apprendimentoSud-Sud, per la costruzione di un mondo più inclusivo.

MURDOCH LANCIA IL TABLOIDSU IPAD: NOTIZIE SOLONAZIONALI, POCHIGIORNALISTI E POCHI TECNICI

Rupert Murdoch, il più “spregiudicato” editoremultimediale del Pianeta, a capo della News Corp, ha da qualche anno dichiarato apertamente guerra alla diffusione gratuita delle notizie dei quotidiani su internet. Alla sua campagna per il pagamento delle notizie sul web si sono gradualmente accostatituttigli altri editori che hanno preparato o stannopreparando edizioni on line leggibili a pagamento. Cosa che ha portato a una graduale scomparsa dal web delle notizie contenute nelle pagine dei quotidiani, che fino a poco tempo fa occupavano le prime schermate delle ricerche sui principali motori.

Ora James Murdoch, figlio del magnateaustraliano ed erede in pectore dellaNews Corp, la sconfinata conglomeratache raccoglie decine di testategiornalistiche e di canali televisivi in tutto il mondo, ha dato una nuovasvolta alla privatizzazione delle notizie,annunciando per Natale l’uscita su iPad di The Daily, un quotidianoper il quale i Murdoch prevedono

di sottoscrivere 800 mila abbonamenti, con unaredazione ridotta all’osso e supportata solamente da una decina di tecnici. The Daily sarà lanciatosoprattutto per l’iPad, ma potrà essere letto anche dai prodotti simili della Samsung o della Research in motion. “Entro il 2011 ci saranno in circolazione 30-40 milioni di iPad, anche i bambini ne avranno uno”, ha dichiarato Murdoch senior in un’intervista all’Australian Financial Review.Le notizie di The Daily saranno più brevi, solamente di carattere nazionale e con “elementi di humor”. Insomma un tabloid formato tablet.

IL GOVERNO RUSSOPREDISPONE UNA NUOVAONDATA DI PRIVATIZZAZIONIDI AZIENDE STATALI

Il governo russo sta predisponendo una nuova ondatadi privatizzazioni che interesserà circa 900 compagniestatali per una cifra tra i 59 e i 65 miliardi di dollari.L’operazione sarà distribuita nel quinquennio 2011-2015 e riguarderà la vendita delle quote di minoranza,soprattutto ad investitori stranieri, di società statalicome la petrolifera Rosneft, le banche Sberbank, VTB(la banca per il Commercio estero). Poi Mosmetrostroi,che sta costruendo alcune linee della metropolitana di Mosca, la società di assicurazioni Rosgosstrakh, la compagnia aerea Aeroflot. È prevista la vendita del 50% meno un'azione della società di navigazione

SovKomFlot e della società di leasing per il settore agrarioRosAgroLeasing, di una quotadell’8% della societàproduttrice di energia elettricaRusHydro. Rispetto al progettoiniziale sono state tolte dalpacchetto la Rzd (il monopolio

delle ferrovie) e un paio di compagnie finanziarie.Tutte le imprese della lista hanno ottenuto risultatimolto buoni nei primi sei mesi del 2010.La campagna di privatizzazioni inverte la rotta rispettoalle rinazionalizzazioni, effettuate da Putin, di una seriedi imprese strategiche, che erano state svendutedurante la campagna di privatizzazioni del 1996. In questa nuova tornata di vendite lo Stato conta di immettere sul mercato quote inizialmente tra il 10 e il 20% e di mantenere la quota del 51% nelle aziende.

IN SPAGNA E SVEZIA LEMIGLIORI LEGGIPER LE DONNE

Quale corpus giuridico dovrebbeavere il Paese dove i diritti delledonne sono meglio tutelati? Un misto legislativo tra la Svezia e la Spagna. È quanto emerso dal convegno, organizzatodall’Associazione francese Choisire dalla Casa internazionale delledonne, all’università La Sapienza di Roma a novembre, in cui è statopresentato un bouquet di 14 leggi,la cui adozione è consigliata per tutti i Paesi. Per Choisir,associazione fondata da Simone de Beauvoir e da Giséle Halimi,un’avvocatessa nata a Tunisi, tre leggi più favorevoli alle donnesono svedesi: riguardano l’aborto, la prostituzione e i congediparentali, ben retribuiti e obbligatori anche per gli uomini.Per quanto riguarda la prostituzione,in Svezia, sono perseguiti i clienti,mentre chi esercita la prostituzioneviene avviato a progetti speciali,soprattutto se vittima della tratta. La legislazione spagnola, invece, è la migliore per il divorzio, il matrimonio e la violenza sulledonne. In Spagna tutto il personaleche viene in contatto con chi hasubito violenza, anche psicologica, è appositamente formato. La Franciainvece vanta le migliori leggi sullostupro e in favore del lavoro femminile.Due ottime leggi in Belgio sui Pacs,equiparati al matrimonio, e sullequote rosa: le liste vengono invalidatese non costituite per la metà dadonne. All’Olanda va la palma per la contraccezione, del tutto gratuita.

RISARCIMENTIAGLI EXDETENUTI DI GUANTANAMO

Si concluderanno con risarcimentimilionari i processi che una decinadi cittadini inglesi, ex detenuti dellecarceri di Guantanamo o di altrecarceri segrete, hanno intentato al governo inglese. Tra le parti è stato raggiunto un accordo di risarcimento, sia per i maltrattamenti e gli abusi subiti,sia per la rinuncia all’azione legalecontro i servizi segreti di suaMaestà. L’accusa di complicità nelle torture e nelle extraodinaryrenditions, la rete di sequestri e di trasferimenti in carceri segrete messe in atto dal governostatunitense durante la presidenzaBush, investe non solo i servizisegreti britannici, ma anche treministeri. Lo scorso anno il ForeignOffice, il ministero degli Esteribritannico, aveva perso in appello ed era stato costretto a rivelaredocumenti che provavano la corresponsabilità del servizisegreti Mi5 negli interrogatori e nelle torture subite da unprigioniero a Guantanamo. L’AltaCorte, inoltre, a luglio aveva ordinatola pubblicazione di circa 500 miladocumenti. Era stato allora che il primo ministro, David Cameron,aveva lasciato intendere la suadisponibilità al raggiungimento di un accordo extra giudiziale con gli ex detenuti del carcerespeciale americano.

ACCORDO TRA ENI E PDVSASULLE SABBIEDELL’ORINOCO

Eni avvia un maxi-progetto per l’estrazione di olio pesante da sabbie bituminose in Venezuela. L’Ad del gruppo, Paolo Scaroni, e il ministro dell’Energia e delPetrolio del Venezuela e presidentedella compagnia di Stato Pdvsa,Rafael Ramírez, hanno firmato a finenovembre i contratti per la creazionedi due imprese miste, PetroJuníne PetroBicentenario. La partecipazionein entrambe le imprese sarà del 60%per Pdvsa e del 40% per Eni. La prima è dedicata allo sviluppodel blocco Junín 5, situato nella fasciadell’Orinoco a circa 550 chilometri a Sud-Est di Caracas, che possiede35 miliardi di barili certificati, conriserve recuperabili che superano i 2,5 miliardi di barili. La secondaimpresa mista è finalizzata allacostruzione e alla gestione di unaraffineria nell’area industrialecostiera di Jose. La nuova raffineria,si spiega dall’Eni, avrà una capacitàdi lavorazione di 240 mila barili al giorno, oltre a possibili volumiaddizionali per circa 110 mila barilial giorno di semilavorati provenientida altri impianti di Pdvsa. L’impiantosarà realizzato nell’area industrialecostiera di Jose, che forniscel’accesso ai mercati di esportazionee assicura sinergie con i serviziindustriali esistenti. Ramírez ha inoltre sottolineato la valenzapolitica del progetto della raffineriache consentirà di lavorare il greggioin Venezuela, contrariamente a quanto avviene adesso per la maggior parte della produzione.

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| A N N O 1 0 N . 8 5 | D I C E M B R E 2 0 1 0 / G E N N A I O 2 0 1 1 | valori | 57 || 56 | valori | A N N O 1 0 N . 8 5 | D I C E M B R E 2 0 1 0 / G E N N A I O 2 0 1 1 |

L VENEZUELA: SALVATO DA SADDAM” è uno dei capitoli dellibro di John Perkins “Confessioni di un sicario dell’e-conomia”. Il sicario del titolo è lo stesso Perkins, per an-

ni economista di una società di Bostonspecializzata in grandi progetti infra-strutturali internazionali, utilizzati peraggiogare al debito Paesi ricchi di mate-rie prime. Naturalmente con la giustifi-

cazione degli investimenti necessari allo sviluppo.In che modo Saddam avrebbe salvato il Venezue-

la tra il 2002 e il 2003? La sfida rappresentata per gliStati Uniti da un presidente come Chavez – sostienePerkins – avrebbe subito un rinvio solo perché era sta-ta scelta la via dell’invasione all’Iraq e “l’amministra-zione Bush non poteva prendersela in una sola voltacon l’Afghanistan, l’Iraq e il Venezuela”.

A sette anni di distanza dall’invasione dell’Iraq edopo il cambio di presidenza, ai fronti esteri di guerradegli Stati Uniti si è aggiunto il fronte interno della cri-si economica, complicato dalla perdita delle elezionidi mid term. Quello su cui ora ci si interroga, dopo lavittoria di Dilma Rousseff, la candidata scelta da Lulaper succedergli alla guida del Brasile, è per quanto ilSudamerica, impegnato in una svolta progressista, po-trà continuare a contare sul vicino nordamericano, di-stratto da così tante questioni personali da non averetempo per occuparsi del “cortile di casa”?

Sudditi sempre più disobbedientiDilma la rivoluzionaria, con un passato nella lotta ar-mata contro la dittatura dei generali, ha vinto al bal-lottaggio le elezioni in Brasile e comincerà a governaredal 1° gennaio prossimo con una schiacciante mag-gioranza nei due rami del Parlamento: 360 deputaticontro 125, alla Camera, e 57 contro 22, al Senato. Go-vernerà con dei numeri che Lula non ha mai avuto eche potrebbero aprire una nuova stagione di riformenon più basate solo su decreti, come i programmi Fa-me Zero e gli assegni famigliari di Bolsa Familia.

Rispetto a otto anni fa, quando Lula è stato elettola prima volta, il Brasile vive ora un vero boom eco-nomico, con il Pil che nel 2010 è cresciuto del 7%,mentre la disoccupazione è crollata al 6,7%. Le im-prese brasiliane fanno shopping di società statunitensiattraverso le quali piazzare i propri prodotti sul mer-cato nordamericano. E il Banco do Brasil, gruppo aquasi totale partecipazione pubblica del governo, haricevuto l’Ok dalla Fed per avviare una serie di impor-tanti operazioni negli Stati Uniti, tra cui l’apertura di15 nuove filiali nei prossimi cinque anni, anche attra-verso l’acquisizione di piccole banche locali.

“Tra tutte le ‘minacce’ all’ordine mondiale, la piùpericolosa per il potere imperiale è la democrazia”,scrive Noam Chomsky, docente di Linguistica e filo-sofia al Massachusetts Institute of Technology (Mit)

| internazionale | grande Sud |

La Rousseff alle presidenziali brasiliane incassa un successo che conferma la fiducia nella politicaprogressista di Lula e la presenza di un vasto fronte che potrebbe mandare in soffitta l’armamentario dell’ingerenza Usa.

“IIL 28 GIUGNO 2009, nello stessogiorno in cui si sarebbe dovuto tenereun referendum consultivo per la riformadella Costituzione, la delicata situazioneistituzionale dell’Honduras collassa e Manuel Zelaya, il presidente liberale,eletto nel 2005, viene arrestato daimilitari e trasportato in Costa Rica.Nelle stesse ore vengono sequestrati gli ambasciatori in Honduras di Venezuela,Cuba e Nicaragua, poi rilasciati.

I poteri presidenziali vengonoconferiti provvisoriamente al presidente del Congresso, RobertoMicheletti, mentre nella capitaleTegucigalpa le proteste dei sostenitoridi Zelaya vengono repressesanguinosamente dalla polizia e dall’esercito, con due morti e centinaia di feriti. Immediatamentegli Stati Uniti esprimono preoccupazionedichiarando che sono stati violati

i principi democratici e rinnovandol’appoggio a Zelaya. Immediata anchela reazione di Chavez che minaccia di intervenire militarmente in appoggioal presidente. Castro e i presidenti deiPaesi appartenenti all’Alba (Alleanzabolivariana per le Americhe) richiedonoai golpisti di rimettere il potere nellemani del legittimo presidente Zelaya.Poi i riflettori si spengono e si arrivaalle elezioni che si svolgono sotto il controllo militare e con un’astensionedel 70% e portano nel gennaio 2010 il latifondista Porfirio Pepe Lobo, giàavversario di Zelaya, alla presidenza.

Cosa resta dell’appoggiointernazionale a Zelaya? L’uscita di scena di Micheletti ha fatto sì chel’Unione europea e gli Stati Uniti sianopassati dalla disapprovazione per il golpe, all’accettazione della nuovapresidenza. Il governo Lobo, invece,

non è stato riconosciuto dagli Statidell’Alba e dall’Unasur (Unione delle nazioni sudamericane).

Ma le condizioni di vita nel piccoloPaese centroamericano, che lo scrittore americano O. Henry avevachiamato la Repubblica delle banane,in riferimento al suo prodottoprincipale e allo strapotere esercitatodalle compagnie United Fruit Companye Standard Fruit Company, tornano a farsi critiche dopo la breve stagionedi minime riforme e di appoggio al Venezuela avviata da Zelaya.

Mino Olivieri, fotografo e attivistadel collettivo Italia-Centro America,testimonia il ritorno degli squadronidella morte che uccidono, torturano e imprigionano gli oppositori tra i sindacalisti, gli studenti, i giornalisti e gli esponenti della società civile. Pa. Bai.

HONDURASIL GOLPE DIMENTICATO NELLA REPUBBLICA DELLE BANANE

Stati Uniti e SudamericaIl “cortile di casa”vive una nuova stagione

di Paola Baiocchi e Francesco Schettino*

John PerkinsConfessioni di unsicario dell’economia.La costruzionedell’impero americanonel racconto di un insiderMinimum Fax, 2005

LIBRIRaffaele NoceraStati Uniti e AmericaLatina dal 1823 a oggiCarocci, 2009

Mario Del PeroLibertà e impero. Gli Stati Uniti e il mondo,1776-2006Laterza, 2008

LIBRI

Dilma Rousseff, con un passato nellalotta armata contro la dittatura deigenerali (1964-1984), è il nuovo presidentedel Brasile, dopo la vittoria del 31ottobre scorso.

* docente presso il dipartimento di Economiapubblica, Università La Sapienza, Roma

Page 30: Mensile Valori n.85 2010

| internazionale || internazionale |

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nel suo recente articolo L’Indipendenza dei sudditi. Queisudditi che, secondo Chomsky, stanno diventandosempre più disobbedienti e quel Sudamerica che, “perla prima volta dall’arrivo dei conquistatori spagnoli eportoghesi cinquecento anni fa, sta andando versol’integrazione, un prerequisito necessario per l’indi-pendenza”. Per gli Stati Uniti - continua Chomsky -questo potrebbe essere il momento opportuno per av-viare una nuova “dottrina” nei confronti del Suda-merica, che mandi in soffitta tutto l’armamentario delsecondo dopoguerra, in cui la Casa Bianca si è adope-rata per rendere il subcontinente “sicuro” dalla mi-naccia del comunismo internazionale.

Un gigante demografico, ricco di materie prime e di ottimismoDa una ricerca condotta nel mese di marzo dalla Kpmgsui dirigenti di 17 Paesi, risulta che i manager brasiliani

sono i più ottimisti rispetto all’andamento dell’econo-mia globale nel 2011. L’elezione della Rousseff, che Lu-la ha lanciato come suo alter ego, viene considerata laconferma alla fiducia nella svolta impressa da Lula alpiù grande Paese del Sudamerica. Il fronte progressistasudamericano allinea ora molti Paesi, dalla Bolivia diMorales, all’Ecuador di Correa, al Venezuela di Chavez.

Tuttavia la situazione non è lineare: l’Argentina stavivendo una complicata fase di instabilità istituzionalee la morte dell’ex presidente Nestor Kirchner la accen-tua. Il fallito golpe in Ecuador (vedi Valoridi novembre),la sostituzione del presidente Zelaya in Honduras (pag. 57), Paese spesso usato nel passato come base perincursioni nel confinante Nicaragua, e l’aumento dellapresenza militare in Colombia, sono tutti fattori di in-stabilità che ricordano quanto sia recente il passato del-le dittature militari. E che anche un vicino con moltiproblemi può rappresentare un problema. .

BOX

UNO DEI PAESI PIÙ POVERI DEL SUDAMERICA. Può essere let-to come paradigma del passato e del presente delcontinente sudamericano e da qualche anno è an-

che il simbolo delle lotte che partono dalbasso. La piccola Bolivia, con meno dinove milioni di abitanti, senza sbocco sul

mare, ma con grandi ricchezze minerarie, è riuscita a tornare adaffacciarsi sull’Oceano e, quindi, a protendersi verso l’Asia, gra-zie a un accordo con i suoi vicini peruviani.

L’accordo siglato alla fine di ottobre (vedi Valori di novembre)prevede che il Perù lasci per 99 anni lo sfruttamento del porto diIlo alla Bolivia, abbattendo in questo modo considerevolmentela spesa che il Paese governato da Evo Morales devesostenere per avviare sui mercati asiatici soprattutto ilprezioso litio, materia prima necessaria alla produ-zione delle batterie per le auto elettriche.

L’accordo tra i due ex nemici è strategico per le ri-cadute infrastrutturali ed economiche che avrà ed èindicativo di quale ruolo giochi la presenza cinesenello sviluppare l’integrazione interregionale, quellacollaborazione da sempre osteggiata dalle politichecolonialiste europee e nordamericane, che ancorarappresentano un pesante retaggio per il Sudamerica.

Ma non solo: da essere ricordata come luogo do-ve nel 1967 fu ucciso Ernesto Che Guevara, e per es-sere stata un cupo partecipante - assieme a Cile, Ar-gentina, Brasile, Paraguay e Uruguay - del PlanCondor (il piano continentale di repressione e assas-sinio degli oppositori), la Bolivia è ora uno dei sim-

boli delle lotte del Forum sociale mondiale per la ripubbliciz-zazione dell’acqua.

Tutto parte dalla privatizzazione decisa nel 1999 dalla coali-zione di forze politiche guidate dal dittatore Banzar, che affida losfruttamento dell’acqua di Cochabamba alla multinazionale sta-tunitense Bechtel e all’italiana Edison. Le vessatorie condizionieconomiche che le multinazionali impongono in poco tempoprivano la maggioranza della popolazione dell’accesso all’acqua.La lotta che ne scaturisce è talmente generalizzata e risoluta daconcludersi con la revoca della legge che aveva dato il via alle pri-vatizzazioni. A Cochabamba, nell’aprile del 2000, si contano seimorti e decine di feriti tra la popolazione indigena come conse-

guenza degli scontri per la riconquista dell’acqua.Anche il controllo pubblico del gas è una storia di

sudore e sangue. Tre sono state le nazionalizzazionidegli idrocarburi, come racconta il giovane film makeritaliano Miko Meloni nel documentario Otra vez:«Una prima nazionalizzazione è del 1936, frutto diuna lotta dolorosa che ha come unico precedente lenazionalizzazioni compiute dalla rivoluzione russa.La seconda è del 1969, ma viene annullata negli an-ni Ottanta dall’ondata di privatizzazioni prodottedalle politiche liberiste della scuola di Chicago. L’ul-tima è del 2003 – dice Meloni – e passa attraverso il“massacro del gas”, quando in una settimana vengo-no uccise decine di manifestanti».

La presidenza del sindacalista cocalero Evo Morales,pur con tutte le contraddizioni tipiche del subconti-nente, nasce e rappresenta queste lotte sociali. .

ÈDa un cupo passato di repressione degli oppositori, ai successi nelle ripubblicizzazioni di gas e acqua.

di Paola Baiocchi

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LEGENDAIndipendenzaPopolazionePil pro capiteAlfabetizzazione: % popolazione sopra15 anni in grado di leggere e scrivere Popolazione sotto la soglia di povertàMortalità infantileDebito pubblicoTasso d’Inflazione

GUYANA26 maggio1966 dal Regno Unito748.4866.500 $ (stima 2009)91,8% 37,89 per mille3,9% (2009)

SURINAME25 novembre 1975 dall’Olanda486.618 (stima luglio 2010)9.500 $ (stima 2009)18,19 per mille6,4% (stima 2007)

VENEZUELA5 luglio 1811 dalla Spagna27.223.228 (stima luglio 2010)13.000 $ (stima 2009)93% 37,9% (stima fine 2005)21,07 per mille18% del Pil27,1% (stima 2009)

GUYANA FRANCESE [ FRANCIA ]dipartimento d’oltremare della Francia190.842

COLOMBIA20 luglio 1810 dalla Spagna44.205.293 (stima 2010)9.200 $ (stima 2009)90,4% 46,8% (2008)16,87 per mille15,8 del Pil (2008)4,2 (2009)

COSTA RICA15 settembre 1821 dalla Spagna4.516.220 (stima luglio 2010)10.900 $ (stima 2009)94,9%)16% (stima 2006)9,72 per mille45,1% del Pil (stima 2009)7,8% (stima 2009)

HONDURAS15 settembre 1821 dalla Spagna7.989.415 4.100 $ (stima 2009)80%59% (2008)21,04 per mille45,1% del Pil (2009)7,8% (stima 2009)

ECUADOR1822 dalla Spagna14.573.101 (stima luglio 2010)7.500 $ (stima 2009)91% (2001)35,1% (2008)20,9 per mille22,1% del Pil (2009)4,3% (stima 2009)

PERÙ28 luglio 1821 dalla Spagna29.907.003 (stima luglio 2010)8.500 $ (stima 2009)92,9%44,5% (2006)27,74 per mille24,8% del Pil (stima 2009)2,9%

BOLIVIA6 agosto 1825 dalla Spagna9.947.418 (stima 2010)4.700 $ (stima 2009)86,7% 60% (stime 2006)43,41 per mille42% del Pil (stima 2009)3,3% (stima 2009)

ARGENTINA9 luglio 1816 dalla Spagna41.343.201 (stima luglio 2010)13.400 $ (stima 2009)97,2%13,9%11,11 per mille48,6% del Pil (stima 2009)7,7% (stima 2009)

CILE18 settembre 1810 dalla Spagna16.746.491 (stima luglio 2010)14.600 $ (stima 2009)95,7%18,2% (2005)7,52 per mille6,1% del Pil (stima 2009)1,5% (stima 2009)

BRASILE7 settembre 1822 (dal Portogallo)201.103.33010.100 $ (stima 2009)88,6%26% (2008)21,86 per mille60% del Pil (stima 2009)4,2% (stima 2009)

PARAGUAY14 maggio 1811 dalla Spagna6.375.830 (stima luglio 2010)4.600 $ (stima 2009)86,7%94%23,83 per mille24% del Pil (stima 2009)1,9% (2009)

URUGUAY25 agosto 1825 dal Brasile3.510.386 (luglio 2010 stima)12.600 $ (stima 2009)98% 10,99 per mille56,6% del Pil (stima 2009)7,1% (stima 2009)

VENEZUELAGUYANA

SURINAME GUYANA FRANCESE

COLOMBIA

HONDURAS

COSTA RICA

ECUADOR

PERÙBOLIVIA

PARAGUAY

URUGUAY

ARGENTINACILE

IL SUDAMERICA INVESTE SU SE STESSOTRA INFLAZIONE E SPESEPER L’ALFABETIZZAZIONE

FON

TE: C

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, 2010

Miko MeloniOtra vez, idrocarburiin Bolivia(documentario, 2008)Presentato all’edizione2008 del Milano Film Festivalwww.terrelibere.org/video/otra-vezreporter.indivia.net/indexold.html

FILM

Anders StephansonDestino manifesto.L’espansionismoamericano e l’impero del BeneFeltrinelli, 2004

LIBRI

Bolivia: dal Plan Condor alle lotte dal basso

Page 31: Mensile Valori n.85 2010

| World Education Forum | internazionale |

| A N N O 1 0 N . 8 5 | D I C E M B R E 2 0 1 0 / G E N N A I O 2 0 1 1 | valori | 61 |

L’educazione nei paesi occupati

Per andare a scuola una bimbapalestinese è costretta a saltare,a suo rischio, il Muro.

I SONO MOLTI FRUTTI NATI DAL FORUM SOCIALE MONDIALE

che si è riunito la prima volta a Porto Alegre nel2001. Uno di questi è il World education forum

(Wef), appuntamento annuale per con-frontarsi sui temi dell’educazione. Que-st’anno si è svolto dal 28 al 31 ottobre nel-

la West Bank, nei territori sulla riva occidentale del fiumeGiordano, per la maggior sotto occupazione militare israeliana apartire dalla Guerra dei Sei giorni del 1967. La decisione di tene-re il Forum sull’Educazione in Palestina è scaturita, il 4 maggioscorso, dalla necessità di condividere con il resto del mondo l’e-sperienza educativa all’interno della lotta palestinese.

Si è trattato di un Forum particolare, spiegano dall’Arci: «I pa-lestinesi hanno insormontabili ostacoli alla libertà di movi-mento e non è possibile fare un evento centralizzato». Co-sì le attività del Wef sono state localizzate a Haifa,Ramallah, Gerusalemme, Gaza e in un campo profughiin Libano. Gli ospiti hanno discusso sul ruolo fondan-te della formazione, nello specifico in Palestina, di fron-te alle voragini culturali e identitarie che l’occupazione

israeliana porta nei territori di Gaza e della West Bank ed esplo-randone in parallelo l’impatto economico, sociale, politico e am-bientale ( a pag. 62). «L’istruzione non è solo un diritto uma-no fondamentale, che non può essere trascurato o rinviato in unconflitto o relegato a una situazione di emergenza, ma ha ancheun ruolo fondamentale nel sostenere e proteggere la vita dei bam-bini e dei giovani», spiega il dottor Hamada di Al, docente dellaGaza-Azhar University, uno degli organizzatore del Wef.

La Palestina come simboloDi questo tema e di come le lotte per la pace e la giustizia socia-le in tutto il mondo siano indispensabili per creare un’alternati-va all’oppressione e alle disuguaglianze dell’attuale sistema, han-no discusso i rappresentanti arrivati in Palestina dal Giappone,dal Canada, dal Brasile, dall’Uruguay, dal Senegal, dall’Europa.Per l’Italia hanno partecipato delegazioni di Arci, Un ponte per...,Cgil, Cobas Scuola. Per rompere i confini fisici di partecipazioneal Wef è stata creata una piattaforma di interazione virtuale ingrado di coinvolgere, attraverso videoconferenze, altre associa-

zioni nel mondo e tutti i profughi palestinesi che non hannopotuto essere presenti a causa delle restrizioni di viaggio.

La piattaforma globale ha messo in evidenza il po-tere dell’educazione nel mediare tra le culture, creandouna più ampia consapevolezza e conoscenza tra le me-todologie di insegnamento, come strumenti per ri-

BOX

Dal 28 al 31 ottobre si è svolto il World Education Forumnella West Bank. “Istruzione per il cambiamento”, è stato il tema al centro dell’incontro internazionale, che per la prima volta si è svolto in Palestina.

Cdi Erica Fraceti

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EL PANORAMA DEGLI STATI LATINOAMERICANI, per molti aspetti,il Costa Rica rappresenta un modello positivo, ma nonnasconde alcune stridenti contraddizioni. Da un lato le

luci: la scelta di abolire l’esercito nel 1948 (scri-vendolo nella Costituzione); una buona posizio-ne nella classifica mondiale della libertà di stam-

pa (26° insieme al Canada, subito dietro agli Usa, 46posizioni sopra l’Italia); il primo posto nell’Happy PlanetIndex, la classifica stilata dalla londinese New EconomicsFoundation, sui Paesi con la popolazione più felice. Dal-l’altra parte le ombre: il Costa Rica è un paradiso fiscaleche ha attratto enormi capitali esteri grazie a incentivi ezone tax free. Fino al 2009 faceva parte della “lista nera”dei paradisi fiscali, stilata dall’Ocse, da cui l’anno scorso èuscito. Ma resta tra i Paesi sotto osservazione da parte del-l’istituto internazionale, nella “lista grigia” di quelli che,pur avendolo promesso, non si sono ancora adeguati aglistandard internazionali di trasparenza.

Al Forum internazionale dell’Informazione ambienta-le, organizzato lo scorso ottobre a Cuneo dall’associazioneGreenaccord, abbiamo incontrato Ana Lorena Guevara,viceministro dell’Ambiente, dell’Energia e delle Teleco-municazioni del Costa Rica. Con lei abbiamo parlato di unmodello di sviluppo che mira a essere sostenibile.

Ministro Guevara, basta abolire l’esercito peravere cittadini felici?

Ovviamente no, ma è una premessa indispensabile.

L’abbiamo provato sulla nostra pelle: quella scelta hapermesso ai nati dopo il 1948 di vedere le armi comeun elemento di ansia più che di sicurezza. E ci ha per-messo di concentrare risorse sull’istruzione (l’analfabe-tismo è sotto il 4%, ndr) e sull’assistenza sociale (la sa-nità è gratuita e capillare, ndr).

Niente esercito, educazione e salute: sono que-sti i segreti del modello Costa Rica?

Aggiungerei altri tre fattori: la presenza di un sistema de-mocratico, che dà a tutti la possibilità di mettersi in giocoe che stimola i nostri cittadini a dare il meglio di sé; l’as-senza di grandi differenze di reddito, che riduce i conflittisociali; e aver investito nella biodiversità, considerandolaun fattore imprescindibile per il progresso: i fattori ecolo-gici occupano un posto centrale nella felicità umana. I co-staricani sono felici non perché sono ricchi di denaro, maperché vivono ogni giorno a contatto con la natura.

Uno Stato piccolo come il vostro riesce a influen-zare la politica degli altri Stati latinoamericani?

Abbiamo un’influenza limitata, ma siamo riconosciuticome un modello positivo. Veniamo spesso chiamati aparlare del nostro approccio allo sviluppo e questo ci per-mette di diffondere il nostro punto di vista. L’ideale sa-rebbe unirci in un blocco di pensiero con altri Paesi del-l’America Latina, un po’ come succede per voi conl’Unione europea. Così come sarebbe utile creare un“fronte unico” fra i Paesi ricchi di biodiversità.

Hugo Chavez in Venezuela, Evo Morales in Boli-via, Rafael Correa in Ecuador: possono esserevostri alleati in questa battaglia? Le loro stra-tegie sono compatibili con il vostro modello?

Assolutamente no. Forse sui temi ambientali abbiamopreoccupazioni simili, ma hanno modelli diversi dal no-stro e hanno intrapreso cammini diversi. Non so se i lo-ro cittadini sono felici come i nostri. Di certo non credoabbiano le stesse opportunità dei costaricani.

Il suo Paese è però anche un paradiso fiscale.È indispensabile per attrarre capitali esteri eper fare investimenti?

Io sono un ingegnere, sono entrata nel governo di LauraChinchilla da tecnico e mi occupo di ambiente e tutela del-le risorse naturali. A questa domanda non so rispondere.

Mettiamola così, allora: il vostro modello è eco-nomicamente sostenibile?

Come tutti i Paesi abbiamo bisogno di investimenti, an-che stranieri, per garantire il livello di reddito della po-polazione e per finanziare i progetti che ci stanno a cuo-re nel settore istruzione e ambiente. Ma siamo noi ascegliere quali investimenti accettare e quali respingere.E abbiamo già detto “no” alle imprese petrolifere. .

di Emanuele Isonio

N

«Niente esercito, investimenti in istruzione, sanità, biodiversità e democrazia»: il viceministro Ana Lorena Guevara illustra la via costaricana, fatta di luci e di ombre.

Costa Rica:nienteesercito per esserefelici

Hugo Chavez, Evo Morales, RafaelCorrea, le loro strategie sonocompatibili con il vostro modello?Assolutamente no

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Nella foto: AnaLorena Guevara,viceministrodell’Ambiente,dell’Energia e delleTelecomunicazioni del Costa Rica.

muovere la diseguaglianza. .

| internazionale | l’intervista |

Page 32: Mensile Valori n.85 2010

L WORLD EDUCATION FORUM ha toccato punti ne-vralgici per l’istruzione come l’alfabetizzazionedegli adulti e l’equità di genere nell’educazione,

ha approfondito temi come ibisogni psicologici degli stu-denti traumatizzati dalla

guerra. La situazione nei Territori palestinesi è statapresentata all’attenzione internazionale. Dopo l’Ac-cordo di Oslo nel 1993 e la suddivisione della WestBank nelle aree A, B e C (area A: controllo palestine-se; area B: amministrazione palestinese e controllomilitare israeliano; area C: interamente sotto con-trollo israeliano) l’organizzazione scolastica è stataposta sotto l’Autorità nazionale palestinese (Anp),soggetta alla giurisdizione israeliana.

Esistono tre tipi di scuole: le scuole private israe-liane, che si trovano a Gerusalemme nell’area A, e for-niscono un ottimo grado di istruzione; poi ci sono lescuole pubbliche, distribuite tra aree A e B. Infine le

scuole dei campi profughi dell’area C, di cui si occupal’Unrwa (United Nations Relief and Works Agency),l’Agenzia Onu che fornisce assistenza, protezione e di-fesa per i 4,7 milioni di rifugiati palestinesi in Giorda-nia, Libano, Siria e Territori palestinesi occupati.

A scuola attraversando il MuroNei Territori si registrano le peggiori condizioni sco-lastiche per gli studenti palestinesi. Tamer Imad dalcampo profughi di Deishe, ha raccontato i problemicomuni ai campi della West Bank: «Nel mio campo cisono 1.500 studenti e solo 33 insegnanti. Le classi so-no in media di 50 alunni - continua Imad - e gli in-segnanti faticano a gestire le lezioni e i rapporti indi-viduali con i ragazzi. Nei campi profughi di Arroub,Balata, Jenin, Jalazone, Tulkarem e Askar e nel campodi Shu’fat le frequenti operazioni militari hanno dan-neggiato le reti di conduzione idrica e di smaltimen-to dei rifiuti solidi e le scuole sono prive dei serviziidrico-sanitari. Inoltre, le barriere come i check point eil Muro limitano la mobilità di studenti e insegnantiche sono costantemente esposti all’attacco dei mili-tari e dei coloni israeliani, i quali impediscono loro diraggiungere le scuole in sicurezza».

Martina Pignatti di Un Ponte per... racconta che aHebron l’Operazione Colomba scorta i bambini ascuola attraverso i check point. Buona parte delle scuo-le sono state trasformate in basi militari per l’esercitoe quelle che rimangono sono obiettivo di attacchi mi-litari, con il rischio per gli studenti di essere prelevati

e arrestati anche durante le lezioni.

Donne molto “occupate”L’educazione inoltre mette sul piatto dellabilancia una questione di genere con laquale la società palestinese deve iniziare afare i conti. Il Movimento delle donne inlotta, Union Palestine Women Councils,offre sostegno alle studentesse che in unasocietà ancora patriarcale faticano ad ester-nare gli abusi che spesso subiscono da par-te dei militari e dei coloni nei tragitti versoscuola. Inoltre, con mariti disoccupati o incarcere, le donne svolgono un ruolo indi-spensabile e attivo nella resistenza palesti-nese. Lavorano, denunciano, imparanopiccoli mestieri di taglio e cucito emanci-pandosi giorno per giorno. «Siamo donneoccupate, nel senso che siamo piene di co-se da fare!», dice ironicamente ArabiyaMansour. E il loro impegno si è visto anchenel corteo di apertura del Wef a Ramalla:«Che era composto per più della sua metàda donne!» racconta Elise Melot di Ami-snet-Donne nell’occupazione. .

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L’IMPATTO DELL’OCCUPAZIONE SULL’ECONOMIA E LE RELAZIONI

LA FRAMMENTAZIONE DELLA WEST BANK NELLE AREE A, B E C rende problematico, in particolare per le comunità che risiedono nella zona C, l’accesso ai servizi e la ridotta mobilità tra le città della WestBank causa disgregazione delle relazioni e delle comunicazioni, nonché un difficile accesso al lavoro. Nel 2006 la disoccupazione è salita al 62% e oltre il 65% delle famiglie ha perso più della metà del proprioreddito. Tra West Bank e Gaza ci sono 297 mila disoccupati. Durante i primi dieci mesi del 2009 l’Unrwastima che 3.870 ore di lavoro sono state perse a causa di ritardi ai posti di blocco.ANNESSIONE E CONFISCA DELLE TERRE COLTIVATEIl Muro, debordando dell’85% dal percorso della Green Line stabilita nel 1949, ha sottratto circa l’86% di terre agricole alla popolazione palestinese. Per esempio a Salfit City entra nella città per ventiduechilometri, annettendo circa il 70% delle sue terre coltivate. Il Muro passa nell’Area C, che comprende oltre il 60% del territorio di West Bank e Cisgiordania, dove si trovano le principali risorse acquifere e la maggior parte dei terreni agricoli e da pascolo, vitali per la sopravvivenza dei palestinesi. OPERAZIONI MILITARI: DEVASTAZIONE DEL TERRITORIODopo l’operazione Piombo fuso 60 mila case sono state demolite solo a Gaza. I rifugiati nella West banksono il 40% della popolazione e a Gaza oltre i due terzi della popolazione su 1 milione e 400 mila sono profughi assistiti dall’Unrwa.

I

I giovani palestinesi vivono l’occupazione in modo piùdrammatico rispetto alla generazione dei loro genitori. L’isolamento e le mille difficoltà inducono all’abbandono il 30% degli studenti.

di Erica Fraceti

Scuola:strumento di resistenzacivilequotidiana

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Le perquisizioni di studenti e insegnanti, il passaggio ai metaldetector, anche 12 volte al giorno,contribuisconoall’abbandonoscolastico.

Global voicesil meglio della blogosfera internazionale

I PARLA DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA di São Tomé ePríncipe, un piccolo Stato indipendente e un arci-pelago al largo dell’Africa centro-occidentale, dove

la rabbia è esplosa sul web per ladeviazione dolosa dell’acqua pota-bile dal principale ospedale del

Paese. Ma si leggono anche i commenti dei cosiddetti netizens,cioè i cittadini della rete giapponesi, che da tempo preannuncia-vano il sorpasso dell’economia cinese su quella del loro Paese, co-me seconda economia mondiale. Internet è lo spazio glocal per ec-cellenza, dove provinciale e globale si incontrano di continuo ele pagine web raccontano il mondo prima e, a volte, meglio deimedia tradizionali e istituzionali. Il network informativo di Glo-bal Voices Online raccoglie, seleziona, ordina e riprende le vocidall’etere per ridistribuirle alla comunità dei lettori e offrire lorocittadinanza informativa, fuori dal cosiddetto mainstream, il flus-so dell’informazione globale.

Una pioggia di vociRete internazionale di siti web, ma anche strumento di democraziadigitale, Global Voices Online nasce da un incontro di bloggers (perlo più non occidentali), che si è tenuto nel dicem-bre 2004 presso il Berkman Center for Internet andSociety dell’università di Harvard. L’idea di base –spiega Bernardo Parrella, coordinatore della versio-ne italiana di Global Voices, nata ad aprile 2008 –era quella di creare «una sfera pubblica globale aper-ta e partecipativa, capace di far conoscere ciò che ac-cade in altri Paesi e tematiche locali, superando lefrequenti limitazioni (di spazio, di attenzione e diinteresse) delle grandi testate, dando invece forza al-

la voce di singoli, comunità e situazioni tramite l’uso diffuso, nonfiltrato, dei citizen media. Si tratta soprattutto di Paesi in via di svi-luppo o comunque fuori dal radar mediatico e di temi legati all’at-tualità, eventi e culture locali, conflitti “dimenticati”, disastri natu-rali e scenari socio-politici, con un’attenzione particolare alla libertàd'espressione e al cyberattivismo».

Un’idea che ha germogliato, al punto che attualmente GlobalVoices riprende la voce di circa 300 bloggers sparsi per il mondo e,nella sua versione inglese, contava quasi 140 mila visite uniche almese ad agosto 2010, avendo prodotto quasi 63 mila corrispon-denze (più altrettanti commenti e innumerevoli notizie brevi), re-golarmente rilanciate da un numero sempre crescente di blog, si-ti e testate internazionali. Senza contare che Global Voices siavvale ormai di una varietà di partnership mirate (RuNet Echo,United Nations Population Fund, Development Research Centre,BBC News) e che tutti i suoi contenuti sono rilasciati con licenzaCreative Commons (Attribution 3.0) e possono quindi essere li-beramente ripresi e riutilizzati da chiunque citi la fonte.

Redazione apertaGlobal Voices sceglie i propri narratori e le storie da raccontaremonitorando blog e social network come Twitter e Youtube. Edestraendone i contenuti più stimolanti nella varie lingue. Una se-lezione di notizie elaborata da editors e autori regionali, che per-ciò conoscono le questioni e le fonti locali e hanno una propriarete di contatti sul territorio, che poi viene ripresa e, se serve, tra-dotta per la pubblicazione. La versione italiana vanta una co-munità base di oltre 15 traduttori e collaboratori regolari, ha pub-blicato finora quasi 1.600 interventi, invia una newslettersettimanale ai propri lettori e ha un nutrito gruppo di fan su Fa-cebook. E, per ampliare la diffusione del progetto informativoanche attraverso una serie di eventi locali, Global Voices Italia sta

promuovendo una raccolta di fondi in collabora-zione con YouCapital.it. Le notizie di Global Voi-ces Italia vengono rilanciate da altri media (MetroNews, Agoravox) e la sua redazione gestisce, da feb-braio 2010, una rubrica quotidiana sul sito de LaStampa (Voci Globali: il meglio della blogosfera inter-nazionale), in attesa di un’associazione culturale euna testata indipendente – il cui sito web(http://vociglobali.it/) è già attivo – per diffonde-re ulteriormente i contenuti del suo lavoro. .

La rivoluzione scatenata da internet prosegue. Dove c’è unaconnessione telematica può esistere un blogger e nascereun punto di vista “non istituzionale”sulla realtà. Basta starlo a sentire.

Sdi Corrado Fontana

globalvoicesonline.org Sito web della versioneinternazionale di GVOcyber.law.harvard.eduSito web del Berkman centerfor Internet and society della Harvard Universityvociglobali.itSito web di Voci Globali

ON LINE

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APPUNTAMENTI DICEMBRE>FEBBRAIO A CURA DI PAOLA BAIOCCHI | PER SEGNALAZIONI SCRIVERE A [email protected]

presentazione della Tv di Google e dalla consegna dei premi Technology & Engineering Emmy Award, da parte della National Academy of Television Arts & Sciences (NATAS) dedicati a riconoscere i contributi innovativi all’engineering dei programmi televisivi da parte di singoliricercatori, aziende o altre organizzazioni.www.cesweb.org/events/default.asp

9 gennaio SUDANREFERENDUM DI INDIPENDENZA DEL SUD SUDANIl 9 gennaio si vota per il referendumsull’indipendenza del Sud Sudan,previsto dall’Accordo inclusivo di pace(Cpa), firmato a Nairobi (Kenya) nel 2005, che ha messo fine alla guerraventennale tra Nord e Sud Sudan.All’approssimarsi della scadenzareferendaria è in aumento la tensione tra Nord e Sud Sudan.

16 gennaio HAITIELEZIONI PRESIDENZIALI E LEGISLATIVESecondo turno delle elezioni chedovrebbero portare alla designazione del nuovo presidente di Haiti e allaformazione del nuovo Parlamento.

20 - 30 gennaioUTAH (STATI UNITI)SUNDANCE FILM FESTIVALDal 20 al 30 gennaio 2011 il cinemaindipendente mondiale si troverà a ParkCity e a Ogden, nello Stato dello Utah, a mostrare le proprie creazioni nel SundanceFilm Festival. La manifestazione è nata nel 1978 con il nome Utah/US Film Festival;nel 1981 Robert Redford ha fondato il Sundance Institute, organizzazione no profit finalizzata al sostegno del lavorodi cineasti indipendenti. Nel 1985 il Sundance Institute divental’organizzatore del Festival, che nel 1991viene ufficialmente rinominato SundanceFilm Festival, dal nome di Sundance Kid, il bandito interpretato da Redford nel film Butch Cassidy del 1969.www.sundance.org/festival

23 gennaioREPUBBLICA CENTROAFRICANAELEZIONI PRESIDENZIALI E PARLAMENTARI

Riunione dei capi di Stato e di governo di tutti i Paesi dell’Unione.

19 dicembre BIELORUSSIAELEZIONIPRESIDENZIALILe elezioni sono state

decise dalla Camera bassa di Minsk.L’attuale presidente, AlexanderLukashenko, guida ininterrottamente il Paese dal 1994 e punta ora a un quartomandato, ma la crisi economica che hacolpito pesantemente il Paese non giocaa suo favore. L’opposizione denuncia che non si potrà parlare di libere elezioni.

26 dicembre ISOLE COMOREELEZIONI AMMINISTRATIVESedicesima edizione della ConferenzaQuadro delle Nazioni Unite suicambiamenti climatici (UNFCCC). Dopol’insoddisfazione per i risultati dellaConferenza di Copenhagen dello scorsodicembre, i movimenti per la giustiziaclimatica attendono ancora un segno di svolta sostanziale.www.giustiziaclimatica.org /cop16-cancun

2011 ANNO INTERNAZIONALE DELLE FORESTEL’Assemblea generale delle Nazioni Uniteha dichiarato il 2011 Anno internazionaledelle foreste, organizzando una serie di iniziative di sensibilizzazione sullagestione sostenibile, la conservazione e lo sviluppo sostenibile di tutti i tipi di foreste. Sul sito dedicato all’Annodelle foreste sono pubblicati gli eventi e le risorse disponibili per promuovere il dialogo sulle foreste.www.un.org/en/events/iyof2011/index.shtml

2011 ANNO INTERNAZIONALE DELLA CHIMICA

6 - 9 gennaio LAS VEGAS (USA)CES (CONSUMER ELECTRONICS SHOW)La manifestazione fieristica dell’elettronicadi consumo che apre l’anno si preannunciadensa di novità. Tra queste si parla della

29 novembre - 10 dicembreCANCUN (MESSICO)16EMO SUMMIT SUI CAMBIAMENTICLIMATICI (COP 16)Sedicesima edizione della ConferenzaQuadro delle Nazioni Unite suicambiamenti climatici (Unfccc). Dopo l’insoddisfazione per i risultati della Conferenza di Copenaghen dello scorso dicembre, i movimenti per la giustizia climatica attendono ora un segno di svolta sostanziale.www.giustiziaclimatica.org/cop16-cancun/

6 - 10 dicembreGINEVRA (SVIZZERA)INCONTRO ANNUALE BTWCIncontro annuale, nell’ambito delle Nazioni Unite, degli Stati firmataridella Convenzione sulle armi biologichee tossiche Biological and Toxin WeaponConvention - BTWC (Bacillus anthracisripreso al microscopio).

12 dicembreTRANSNISTRIAELEZIONI PARLAMENTARILa regione della Transnistria, che facevaparte della Repubblica socialistasovietica moldava, ha dichiaratounilateralmente la sua indipendenzacome Repubblica Moldava di Transnistriail 2 settembre 1990. Dal marzo al luglio1992 la regione è stata interessata da una guerra che è terminata con un cessate il fuoco garantito da una commissione congiunta tripartitatra Russia, Moldavia e Transnistria, e l’accordo per un’area smilitarizzata tra Moldavia e Transnistriacomprendente 20 località sulle adue sponde del fiume Nistro.

12 dicembreKOSOVOELEZIONI PARLAMENTARI

14 - 15 dicembreGINEVRA (SVIZZERA)WTO CONSIGLIO GENERALEConsiglio generale del World TradeOrganization (WTO), l’Organizzazionemondiale per il commercio a cui aderiscono 153 Stati.www.wto.org

16 - 17 dicembreBRUXELLES (BELGIO)CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA

26 - 30 gennaioDAVOS (SVIZZERA)MEETING ANNUALE DEL WEF41simo annuale appuntamento del World Economic Forum (Wef), il club che riunisce i dirigenti delle circa 1.000 aziende leader in campo mondiale, i capi di governo, i rappresentanti della società civile, i capi spirituali, gli sportivi, i sindacalisti, I presidenti dei Consigli di Global Agenda 72, che rappresentauna rete di oltre 1.200 esperti, assieme agli innovatori in campoculturale e tecnologico.Il tema di discussione di questo inizio 2011 è “Condivisione di norme per la nuova realtà”, argomento spiegato così sul sito ufficiale del Wef: “riflette la preoccupazioneprincipale di molti dirigenti oggi che vivono in un mondo sempre più complesso e interconnesso e al tempo stesso vivendo un’erosionedei principi e valori comuni”. Nel corsodell’anno si svolgeranno altri incontri del Wef, centrati sull’osservazione dellediverse aree di sviluppo economicomondiali: dall’Africa al Medioriente.www.sundance.org/festival

31 gennaioNIGERELEZIONI PRESIDENZIALI E PARLAMENTARIPrimo turno delle elezioni presidenziali.

6 - 11 febbraio DAKAR (SENEGAL)WORLD SOCIAL FORUMA dieci anni dalla sua costituzione,avvenuta a Porto Alegre in Brasile nel 2001, il Forum sociale mondiale si svolgerà in Africa e sarà l’occasioneper l’incontro e la costruzione di reti tra migliaia di organizzazioni africane e internazionali che, attraverso più di venti forum nazionali e regionali,si confronteranno (nella foto: un momento del Forum sociale a Belém, Brasile 2009).fsm2011.org/en/frontpage

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altrevociPOLITICA,MAFIA E VENT’ANNI DI COLLUSIONI

Mafia e politica, un connubioche Giovanni Falcone definiva il “terzo livello” di Cosa Nostra.Gli ultimi vent’anni di talicollusioni e coperture tracriminali e pezzi dei partiti e delle istituzioni sono diventatiun libro che scatta unafotografia esaustiva (e magaridefinitiva) sull’argomento. Un volume imponente - nato da uno straordinario lavoro di ricerca e documentazione - e appassionante, grazie allamolteplicità prospettica cheemerge. Nando dalla Chiesainterpreta i fatti come studiosodei fenomeni mafiosi, per storiapersonale e passione, maanche da testimone diretto,protagonista fino a ieri nelcorpo della politica e delloStato e, infine, come di docentedi Sociologia della Criminalitàorganizzata. La convergenzaapre squarci di luce sullatrattativa Stato-mafia, sulpapello di Riina, “sulla sinistrache fa le leggi che servono allamafia” e sull’assalto delladestra, “che alla mafia offre la dissoluzione del senso dello Stato”. È un libro che non fa sconti a nessuno e perciò è prezioso per tutti.

NANDO DALLA CHIESALA CONVERGENZA, MAFIA E POLITICA NELLA SECONDA REPUBBLICAMelampo Editore, 2010

È ORA DI SUPERAREIL DECENNIO DEL “GRANDE ZERO”

“Da ormai tre anni siamo nellamorsa della crisi”. Esordiscecosì Alberto Berrini nel suoultimo libro. Dopo il suoprecedente lavoro, “Come si esce dalla crisi”, pubblicatonel 2009, l’autore, editorialista

di Valori, torna ad analizzare la situazioneeconomica che il mondo sta attraversando,cercando di capirne le cause, gli errori e le vied’uscita, con un riferimento importante a Keynese alla crisi del ’29. Un’analisi degli ultimi 10anni, dal 2000 al 2010, definiti da Paul Krugmanil decennio del “Grande zero”, perché, citandol’economista americano, “non è accaduto nulladi buono e nessuna delle cose ottimistiche e positive che credevamo sarebbero accaduteha finito con il concretizzarsi”. Il racconto dei tre anni della crisi, che si è evoluta, come ha osservato Deaglio, “come un virus che mutanel tempo”: dallo scoppio della tempesta dei subprime nel 2007 a quella del debitosovrano, che oggi sta travolgendo interi Stati e i titoli che hanno emesso. Una crisi chepotrebbe sembrare superata nella sua fase più acuta, ma che, secondo Berrini, in nessunadelle sue manifestazioni è stata completamentesuperata. Sono stati adottati “interventicongiunturali, che non sono in grado di affrontare quei cambiamenti epocaliirreversibili che hanno caratterizzato il primodecennio del nuovo secolo”, spiega l’autore,secondo cui, invece, “serve un nuovo paradigmacome era stato quello keynesiano che avevapermesso di affrontare con successo la Grandedepressione degli anni 30”.

ALBERTO BERRININELLA MORSA DELLA CRISIAPPUNTI PER UN NUOVO NEW DEALDiabasis, 2010

30 ANNI FABANKITALIA APPOGGIÒAMBROSOLI

Forse non c’era bisogno del papello dei Corleonesi,custodito da Ciancimino,

per capire quale fosse l’intrecciopolitico-mafioso che attanagliaval’Italia del secondo dopoguerra.C’è chi a suo tempo denunciòquell’intreccio e, per questomotivo, pagò con la vita. Comeaccadde a Giorgio Ambrosoli,uomo onesto che scoperchiò la vicenda, collegata al dissestodelle banche di MicheleSindona. Sullo sfondo c’è la storia della Loggia massonicaP2 di Licio Gelli che condizionòla vita democratica italiana e la vicenda del Banco Ambrosianodi Roberto Calvi. A distanza di oltre trent’anni, il delittoAmbrosoli ha ancora dei contorniinquietanti. È vero, si conosconomandante ed esecutore, ma il vero buco nero è il ruolo a dir poco ambiguo che giocò in quella vicenda il poterepolitico. Il contributo di GiuseppeGuarino, avvocato e consulentedella Banca d’Italia, getta nuovaluce sull’attacco che subirono ivertici (Baffi e Sarcinelli) di viaNazionale, colpevoli di appoggiarel’iniziativa di Ambrosoli.

A CURA DI GIUSEPPE AMARI,IN DIFESA DELLO STATO AL SERVIZIO DEL PAESEEdiesse, 2010

OLOCAUSTOI NAZISTI SCRIVEVANO AI MORTI

Briefaktion, “Operazione Posta”,così la chiamarono i nazisti. La macchina della distruzionedi massa degli ebrei d’Europa,messa in piedi dai tedeschi,comprendeva anche l’armadella persuasione nei confrontidei parenti delle vittime dellacamere a gas. Questa unitàspeciale aveva il compito di riscrivere con lo stesso tonoe lo stesso stile le lettere che i deportati nei campi erano staticostretti a scrivere ai parentiprima di essere uccisi. La “Soluzione finale” dovevarimanere segreta e le lettere in cui le vittime lodavano le condizioni di vita dei lagercontribuivano ad alimentare la grande menzogna nazista.Morti che scrivevano ad altricandidati alla morte perdimostrare che la deportazionenon nascondeva nulla di cattivo. Ma ai quarantascrivani addetti a questamissione si presentò un imprevisto: il ministero per l’educazione del popolo e per la propaganda aveva datol’ordine di rispondere a un vivo,Martin Heidegger. Il notofilosofo era da tempo in attesadi una risposta dal suo otticoebreo al quale aveva chiesto un nuovo paio di occhiali.

THAISA FRANK GLI OCCHIALI DI HEIDEGGERNeri Pozza, 2010

250 CONSIGLI BIOLOGICIPER VIVEREIN SALUTE

Ceci contro il colesterolo cattivo,camomilla romana contro il mal di testa, borraginesudorifera e fiori di fava contro le infiammazioni renali. Sonoalcuni dei 250 consiglirigorosamente bio de “Il piccololibro verde della salute”, una guida per conoscere tutti quei consigli della nonnache fanno bene, non hannocontroindicazioni e ti fannoanche risparmiare. «Adoperare il bicarbonato per pulire, l’acetoal posto dell’ammorbidente e la farina di semi di lino per far passare la tosse a tuo figlioportano a un miglior uso dellerisorse, rispettando l’ambiente e noi stessi», spiega l’autrice,Francesca Sassoli. «L’anno scorsoho pubblicato “Il piccolo libroverde del bambino” con 250consigli bio per crescere gli uomini e le donne di domaniin ambienti domestici pulitisenza l’abuso di sostanzepotenzialmente tossiche,mangiando in modo sano e usando, almeno in primabattuta, rimedi naturali per i raffreddori. Ha funzionato e quindi ecco una guida per tutti».

FRANCESCA SASSOLIIL PICCOLO LIBRO VERDE DELLA SALUTE 250 CONSIGLI RISPARMIOSI PER VOI E PER L’AMBIENTEMorellini editore collana Econsigli, 2010

L’IRRESISTIBILEVENDEMMIA LETTERARIA DELL’AGLIANICO

Definire uno scrittore “il Philip Roth italiano” è come dire a un calciatore che gioca comeMaradona. Così è stato chiamato GaetanoCappelli, paragonato, appunto, al mito della letteratura americana. Il suo nuovo libro (come il titolo rivela) è molto originale. Che cosa sa Riccardo Fusco del vinoAglianico, conosciuto anche come il barolo del Sud? Intorno a questo millenario vitigno si svolge la storia del protagonista e dei suoi “gregari”: Graziantonio Dell’Arco uno degli uomini più ricchi e famosi d’Italia e il dandy Yarno Cantini. C’è posto anche per Chatryn Wally Triny, critica newyorkese,che deve scegliere qual è il vino migliore del mondo, e per la strega Lia la Bavosa,detentrice dei segreti della magia lucana.L’avido latifondista Michelantonio Dell'Arco da improbabile re del gas metano si trasformerà in re della gassosa, mentre l’artista Mikail Nikolaevic Trepulov è costretto a dipingere ritratti di Stalin.

GAETANO CAPPELLISTORIA CONTROVERSA DELL’INARRESTABILE FORTUNADEL VINO AGLIANICO DEL MONDOMarsilio, 2010

IMPRESEOLTRE LA LINEADELLA CRISI

Per una volta nello scenariobuio della crisi, i piccoli, anzi, i microimprenditoriraccontano

se stessi. Un libro che è vocecorale di quelli che hanno reagitoalla disfatta, senza piagnistei o autocommiserazione.L’intraprendere descritto in questo libro non parte dalla teoria, bensì dalle storiepersonali, dall’esperienza vissuta.Si raccontano pregi, paure e ricchezza della “spina dorsaledell’economia italiana”. Nel fareimpresa non sempre c’è unamotivazione chiara e precisa, c’è sempre una grande passione.Alla politica non si chiede nullaperché è lontana dalla realtà e quindi non può capire cosaprovi un artigiano risucchiatodalla crisi e dalla globalizzazioneche impongono spostamentimentali e geografici, e la lettura di nuove mappe economiche. C’è chi è morto, ma c’è anche chi ha capito prima degli altri la direzione da prendere: “Anche un microimprenditoredeve tendere il collo, drizzare le orecchie e affinare il fiuto. Il mondo è una savana, noi le gazzelle!”.

DAVIDE IELMINIOLTRE LA LINEAConfartigianato Varese, 2010

| economiaefinanza | A CURA DI MICHELE MANCINO | PER SEGNALAZIONI SCRIVETE A [email protected] | | narrativa |

WECONOMY:SIAMOQUINDI SONO

Ci sono due aspettiinteressantiin questo librocollettivo: il contenitore

e il contenuto. “Weconomy” è in modalità 2.0. È navigabile:contiene infatti in ogni sezione i QR codes per collegarsi con lo smartphone allacorrispondente pagina web. È un progetto aperto, perché si trova la versione pdf scaricabilegratuitamente; libero, grazie alla licenza creative commons;infinito, cioè in versione betaperenne. Il we è la particellachiave, soluzione che ha nel contributo collettivo il suosenso più profondo. Le reti non sono solo un’infrastruttura,ma una modalità di lavoro che si confronta e condivide le conoscenze. La new economyè fatta di partecipazione, cambio dei poteri, trasparenza,valorizzazione delle diversitàculturali. Imprenditori comeAdriano Olivetti e Robert Boscherano stati precursori di questafilosofia. Oggi con la rivoluzionedigitale e i social network si assiste a una migrazione dal mondo reale a quello virtuale,dove si forma un’individualitàcollettiva. «Insieme, io sono».

A CURA DI LOGOTEL WECONOMYB.C.Dalay editore, 2010

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A RAVENNALA FIERA DEL BARATTO E DEL RIUSO

“Baratto” e “riuso”, concetti di un’economiaalternativa, lontana da un mercato che si alimenta della propria autodistruzionecontinua. Il prossimo 6 gennaio, nei GiardiniSpeyer di Ravenna, questi concetti diventerannorealtà in una fiera giunta alla sua terza edizionee capace di riassumere in sé una molteplicità di significati legati all’idea di società sostenibile.A organizzare la manifestazione - che l’annoscorso ha visto la partecipazione di almeno unmigliaio di cittadini - è un servizio di mediazionesociale del comune chiamato Cittattiva, gestitoda operatori della cooperativa Villaggio Globale,che da qualche settimana raccoglie abiti,mobilio, giocattoli e ogni altro tipo di oggettopossa avere nuova vita nelle mani di nuoviproprietari: materiali consegnati dagli abitantidel quartiere e raccolti da bambini e ragazzi,che fanno a gara per poter vincere percorsieducativi alla sostenibilità per la propria scuola.Alla fiera nessuna contrattazione in denaro,perché ogni oggetto vale un gettone di legno(anch’essi donati da un’azienda locale e prodotti da materiali di recupero), e il riuso si insegna anche attraverso laboratori tessili e sfilate di abiti basati su stoffe di riciclo. E se questo non bastasse, la fiera vanta un altro valore sociale importante: organizzatain un quartiere di frontiera e animata da volontari di ogni provenienza, l’anno scorsosi è rivelata un’ottima occasione di conoscenzae integrazione tra gli abitanti del quartiere,italiani e stranieri.

www.cittattivaravenna.it/fiera-del-baratto-e-del-riusowww.villaggioglobale.ra.it

NATALESOSTENIBILESOTTO IL TENDONE

Per il 14° anno torna a Milanoil tendone bianco del Banco di Garabombo, il mercato del commercio equo e solidaleche l’anno scorso ha registratocirca 40 mila visitatori. Unospazio unico per chi si proponeregali e acquisti responsabili, in cui, oltre al commercio equo,si trovano prodotti realizzati in carcere, alimentari biologicie di filiera corta e prodottiprovenienti da terreni confiscatialle mafie; o abbigliamento e accessori, cosmetici naturali,prodotti dell’artigianato etnico,i libri e le riviste. E quest’annola sostenibilità sotto il tendonearriva in modo particolare da dentro le mura deipenitenziari italiani. Ci sono le leccornie nate all’interno del laboratorio di pasticceriadel carcere di Verbania col marchio Banda Biscotti, per un’iniziativa che coinvolgel’agenzia di formazione CFPP Casa di Carità Onlus e la Cooperativa Divieto di Sosta.C’è il «vino giusto per momentidi evasione», che arriva dallacantina del Carcere di Velletri(Roma). Ma se invece voleteproprio esagerare non vi restache provare le golosissime Dolcievasioni di pasta di mandorle,lavorate nel Carcere di Siracusa,nel laboratorio gestito dallacooperativa sociale L’Arcolaio.

www.chicomendes.it

VECCHIMOBILI RIVIVONONELL’ARTE

Angelo è un artista e unartigiano, recupera interi mobilidestinati a essere buttati via o singoli pezzi e gli dona nuovavita, forma e veste, e quindinuova usabilità. Maddalena, la sua compagna, è unagiornalista e si occupa della comunicazione, ma,soprattutto, immagina e scrivestorie che si accompagnano ad ogni creazione, ciascunaunica e irripetibile come le opere di Angelo. Questa è la sintesi del lavoro di recupero creativo sviluppatoda Ecocreo, laboratorio natopochi mesi fa a Bologna, in cuisi impiegano materiali e vernicinaturali, si arricchisce ognipezzo con inserti di lamine di rame battute a mano e pietre dure. Così accade che un vecchio baule si trasformi e torni a nascere, combinandosicon una cassettiera laterale e acquisendo una diversaapertura. Ma Ecocreo è ancheriuso, recupero e, addirittura,una filosofia di vita chevalorizza il rapporto con la “madre terra” e coi materialidella natura, in un percorso che si avvicina spesso all’arte.Sul sito ci sono informazioni e foto, e un blog per dialogarecon l’artigiano. Presto i pezzi in vendita verranno esposti.

www.ecocreo.itwww.artvisionary.it

ECCO!, LOSPEEDY BOYECOLOGICO DI ROMA

A ridurre le emissioni nocive si comincia anche dal piccolo,seppure in una grande città.Pensate se tutti i “ponyexpress” di Roma, o magarianche di Milano, Napoli, NewYork, fossero scooter o mezzisilenziosi e che non brucianoidrocarburi. Il sogno cominciaa materializzarsi nellaCapitale, dove è nato EcCo!,primo corriere completamenteecologico che promette di risparmiare 150 tonnellatedi CO2 l’anno. EcCo! sta per Ecological Courier e Massimiliano Pontillo,presidente della società cheha lanciato il servizio, oltre a garantire efficienza e costicontenuti, punta proprio sul rispetto dell’ambiente:«Ora è possibile spedire senzaprodurre gas serra, smog,inquinamento acustico». In concreto, il merito va a una“flotta” di veicoli composta da 30 scooter, 5 macchine e 5 bici elettrici con pedalataassistita. Non solo. EcCo!punta a limitare l’impatto del proprio lavoro ancheimpiegando buste, packaging,tagliandi e cancelleria fatti di materiali ecologici,ricaricando i propri veicoli con energia da fonti rinnovabilie partecipando a progetti di riforestazione in città.

www.ilcorriereecologico.it

| A CURA DI CORRADO FONTANA | PER SEGNALAZIONI SCRIVETE A [email protected] | terrafutura |

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CHAOS, IL COLLETTIVODI HACKER CHEMETTE IN GUARDIAI GOVERNI

Per hacker e “smanettoni” il collettivo ChaosComputer di Berlino è uno dei simboli dellacapacità di resistenza di fronte allo strapotereinformatico dei governi. Alla vigilia del rilasciodi oltre 60 milioni di nuovi documenti di identità elettronici in Germania, tutti dotati dei nuovi chip con tecnologia Rfid,Chaos si è sbizzarrito a violarne la sicurezza per dimostrare come la tecnologiarappresenterebbe un pesante rischio per la privacy. I rilievi che il collettivo ha mosso riguardano innanzitutto la facilitàcon cui degli hacker esperti potrebberocopiare contenuti e identità inserite nel microchip. Sono operazioni che sarebberoimpossibili per l’internauta e l’informaticomedio (le nuove carte sono compatibili con lo standard bancario Hbci considerato ad alto livello di sicurezza), ma possibili tantoper l’hacker navigato quanto per la delinquenzainformatica. Un ulteriore baco riguarda la possibilità di apporre delle firme elettroniche a documenti legali, inserendo dei testi aggiuntivi in JavaScript nel corpo del documento, con possibili relativi strascichi legali e incertezza sul testocompleto del documento firmato.

L’APPELLOPER LA LIBERTÀ DI WIKIPEDIA

Quanto vale la libertà della più vasta e conosciutaenciclopedia on line gratuita?Come ogni anno l’appello del fondatore di Wikipedia,Jimmy Wales, arriva puntuale.L’indipendenza da sponsorprivati e da banner pubblicitariè uno dei punti di forza del progetto, che conta su oltre 380 milioni di utentil’anno ed è il quinto sito per importanza a livellomondiale. La richiesta per garantire un sereno e proficuo 2011 è di sedicimilioni di dollari, il doppiorispetto all’anno precedente. La lettera per la richiesta di donazioni è stata inviata a tutti gli utenti registrati ed è disponibile sul sito,insieme ai bilanci della società.Sue Gardner, direttore esecutivodella Wikimedia Foundation, ha così spiegato la scelta di rivolgersi ancora una voltadirettamente al pubblico degli utenti e collaboratorivolontari per il finanziamento:«Wikipedia è un’enciclopediadella gente, è scritta da gentecomune ed ha senso che proprio la gente comunepaghi per sostenerla».

IPHONE PERMONITORARELA QUALITÀDELL’ACQUA

Una application sviluppata conIbm permette ai telefonini Appledi essere utilizzati dai cittadiniper monitorare la qualità delle acque dei torrenti. Grazie al Gps integrato (lo stesso sensore di movimento che consente ai navigatori satellitari di segnare i percorsi) ognianomalia notata dai passanti,anche nei rivoli dei torrenti, può essere istantaneamentesegnalata con geolocalizzazioneai controllori. A utilizzare per primo questa “app” è stato il Water Control Boarddella California, cui compete il controllo di migliaia di chilometri di fiumi e torrenti.Sul sito dell’applicazione sono visibili alcune mappe con i tipici segnalini che indicano la presenza di commenti, fotografie e approfondimenti postati dagli utenti. I dati fornitivengono caricati in tempo reale all’interno di un databasecentrale e possono esseremonitorati e valutati dagli utentidella Rete e dalle autoritàresponsabili del controllo delle risorse idriche.

FINANZIAREPROGETTICON FONDIDALLA RETE

Come finanziare un progettosenza dover corteggiare gli onnipresenti sponsorcommerciali? Esistono già in Rete numerosi progetti di crowfunding, raccolte di denaro on line finalizzate ai più diversi progetti, personalio collettivi, con vocazionebusiness o pura finalità sociale.Kapipal è un progetto creatoda Alberto Falossi e la suacarta di intenti esordiscespiegando che “il tuo capitalesono i tuoi amici”. Siamonell’era dei social networke, quindi, si prevede che la reteamicale, anche costruita surelazioni puramente virtuali,possa soccorrere in caso di necessità o investire in caso di nuove progettualitàche il mercato non intendesostenere. Tra le altreopportunità già esistenti il progetto non profit di Youcapital, realizzatodall’associazione culturalePulitzer, specificamentededicato alla produzione di contenuti giornalistici e di informazione.

| future | A CURA DI FRANCESCO CARCANO | PER SEGNALAZIONI SCRIVETE A [email protected] |

UN CORSO INTENSIVO

PER FORNIRE GLI STRUMENTIper capire quello che sta accadendo nel mondo in questo delicato momento.

La crisi che, dai mercati finanziari, arriva a colpire l’economia reale, quindi le monete e gli stessi Stati. Il funzionamento delle Borse; derivati, futures e hedge funds;

le bolle finanziarie; la fiscalità.Per arrivare alle soluzioni alternative fornite dalla finanza etica

e dagli investimenti socialmente responsabili.

AI PARTECIPANTI VERRANNO FORNITIdispense, l’accesso al sito internet con tutti i materiali e l’accesso streaming on line per i fuori sede,

un attestato di partecipazione, un abbonamento gratuito a Valori per un anno... e molto altro

QUANDO15, 22 e 29 gennaio 2011

Per 3 sabati dalle ore 10.00 alle 19.00+

1 fine settimana residenziale5 e 6 febbraio 2011

presso la cooperativa agrituristica Valli Unite (www.valliunite.com) a Costa Vescovato (Al)

DOVEa Milano

in via Pecchio 9 (a 150 metri dalla fermata MM di Loreto)

PER CHIPer operatori del mondo finanziario interessati alla finanza etica;

giornalisti che vogliano approfondire temi di grande attualità e con notevoli sbocchi professionali;studenti che pensino di arricchire la propria esperienza e il curriculum,

esponenti del mondo dell’associazionismoe tutti coloro che vogliano capire il mondo che ci circonda.

CHI INSEGNAAndrea Di Stefano, direttore del mensile Valori

Andrea Fumagalli, docente di Economia all’università di PaviaAlessandro Santoro, docente di Scienza delle finanze all’università di Milano Bicocca

Riccardo Milano, formatore di finanza etica per Banca EticaMauro Meggiolaro, esperto di investimenti responsabili (Merian Research)

Roberto Romano, ricercatore economico CGIL LombardiaCoordinatore per la didattica: Massimiliano Lepratti

È possibile iscriversi entro il 10 gennaio 2011Il corso avrà inizio solo con un minimo di 20 iscritti

TUTTE LE INFORMAZIONI SUL SITO INTERNET

www.corsivalori.it

valoriINSEGNA A

CAPIRE LA FINANZA E LA FINANZA ETICA

Page 37: Mensile Valori n.85 2010

I cavalli sbagliati dell’indice solare

| indiceverde |

VALORI SOLAR ENERGY INDEX

ON IL NUMERO DI NOVEMBRE AVEVAMO CHIUSO LA RUBRICA, decretando la sconfitta delsolare in borsa negli ultimi due anni. Poi molti lettori ci hanno scritto per capiremeglio i motivi per cui i produttori di moduli, celle, inverter, ecc., sono crollati

in modo così catastrofico. Molti di questi motivi li abbiamo già spiegati: taglio dei sussidi pub-blici, chiusura dei rubinetti del credito a causa della crisi finanziaria, concorrenza spietata deiproduttori cinesi. Ma vale la pena sottolineare alcune sfumature. Lo facciamo riaprendo la ru-brica, per chiuderla poi definitivamente e riparti-re con un nuovo progetto a febbraio. Per sottoli-neare meglio alcuni aspetti del nostroinvestimento virtuale nelle imprese del solare ab-biamo ristretto l’orizzonte di investimento, con-centrandoci sugli ultimi dodici mesi. Come vede-te il risultato non cambia molto. Si notano peròcon maggiore chiarezza i “cavalli sbagliati” su cuiabbiamo puntato. Uno su tutti: Q-Cells, la gran-de promessa, non mantenuta, del solare tedesco.Una società che ha scommesso sulle celle solari esui progetti di grandi dimensioni. Ma il prezzodelle celle è crollato e le dimensioni dei parchi so-lari si sono rimpicciolite. E Q-Cells ha perso in unanno quasi l’80% del suo valore in un anno. .

NOME TITOLO ATTIVITÀ PAESE CORSO DELL’AZIONE RENDIMENTO23.11.2010 DAL 23.11.09 AL 23.11.2010

Conergy Sistemi fotovoltaici GermaniaCentrotherm Photovoltaics Linee produttive per pannelli solari Germania Evergreen Solar Celle e moduli fotovoltaici USAFirst Solar Moduli fotovoltaici (film sottile) USAGT Solar Linee produttive per pannelli solari USAManz Automation Linee produttive per pannelli solari Germania Meyer Burger Seghe speciali per lavorazione pannelli Svizzera Phoenix Solar Costruzione di centrali solari GermaniaPV Crystalox Solar Silicio policristrallino Gran Bretagna Q-Cells Celle fotovoltaiche GermaniaRenewable Energy Corporation Silicio, celle, moduli fotovoltaici Norvegia Roth & Rau Linee produttive per pannelli solari Germania SMA Solar Technologies Inverter solari GermaniaSolar Millennium Solare termico Germania Solaria Moduli fotovoltaici Spagna Solarworld Celle e moduli fotovoltaici Germania Solon Moduli e sistemi fotovoltaici Germania Sunpower Celle e moduli fotovoltaici USASuntech Power Celle e moduli fotovoltaici Cina Sunways Celle e inverter solari Germania

-10,27%

-49,33%-36,43%-42,51%

7,63%51,94%-18,70%81,00%-39,44%-10,50%-77,60%-48,70%32,90%38,58%22,64%5,26%

-22,24%-58,78%-23,68%-21,05%

3,57%

UN’IM

PRES

A AL

MES

E

! = euro, $ = dollari Usa, £= sterline inglesi, CHF = franchi svizzeri, NOK = corone norvegesi. Fonte dei dati: Thomson Reuters/Financial Times Nota: la rubrica “indice etico” ha natura puramente informativa e non rappresenta in alcun modo una sollecitazione all’investimento in strumenti finanziari. L’utilizzo dei dati e delle informazioni come supporto di scelte di investimento personale è a completo rischio dell’utente.

Ca cura di Mauro Meggiolaro

Ricavi [Milioni di euro]

1.251,3

Utile [Milioni di euro] 20082009

Q-Cells www.qcells.deSede Thalheim, Germania

Borsa FSE – Francoforte sul Meno

Rendimento dal 23.11.2009 al 23.11.2010 –77,59%Attività Q-Cells produce celle fotovoltaiche di silicio per panelli solari. Nel marzo del 2010 ha cambiato

management e strategia. Da produttore di celle solari e costruttore di impianti solari chiavi in mano di grandi dimensioni, si è trasformato in “fornitore di soluzioni fotovoltaiche”, specializzandosinell’installazione di impianti di media dimensione e nella produzione di moduli solari cristallini.

801,6

–1.356,2

187,32.564 2.780

Numero dipendenti

0,38 !25,11 !

$0,82$124,53

$7,1243,56 !

CHF 43,5621,70 !£55,002,43 !

kr 44,0525,49 !62,00 !20,10 !3,20 !

15,49 !10,10 !$25,73$15,972,90 !

Rendimento 23.11.2009 -23.11.2010

Eurostoxx 50 + 8,67%

Valori Solar Energy Index– 10,27%

| A N N O 1 0 N . 8 5 | D I C E M B R E 2 0 1 0 / G E N N A I O 2 0 1 1 | valori | 73 |

Page 38: Mensile Valori n.85 2010

| 74 | valori | A N N O 1 0 N . 8 5 | D I C E M B R E 2 0 1 0 / G E N N A I O 2 0 1 1 |

Europei più poveri

Riforme delle pensioni | bancor |

dal cuore della finanza londinese Luca Martino

D A ANNI LA RIFORMA DEI SISTEMI PENSIONISTICI PUBBLICI è nell’agenda di quasi tutti i governi e, in tempi di crisi dellafinanza pubblica e dei mercati finanziari, lo è ancor più drammaticamente oggi, che anche la pensionecomplementare è entrata a regime. In Italia, come altrove del resto, è noto che si andrà in pensione semprepiù tardi (in ragione dei trend demografici previsti) e con aspettative di entrate sempre minori e incerte (a causa dei vincoli di spesa e della volatilità dei mercati): chi inizia oggi a lavorare avrà una pensione di base pari a circa la metà del proprio stipendio e difficilmente riuscirà ad integrarla significativamente con la pensione complementare, a meno di enormi sacrifici.

Ma perché la pensione di base sarà così bassa? Ci sono di fatto due ragioni, la prima di naturaprettamente politica. Esattamente 15 anni fa la riforma Dini sanciva che la pensione non fosse più un dirittoper così dire assoluto, come lo sono la salute, l’istruzione o la sicurezza, diritti per i quali lo Stato si fa caricodi tutti i costi, comprensivi degli eventuali ammanchi di cassa. Ulteriori revisioni di quella riforma hannostabilito che la spesa pensionistica, quantunque non in deficit, non dovesse essere più a carico dello Stato se non in una certa misura. Un po’ come se domani si stabilisse per legge che la spesa sanitaria debba essere finanziata con contributi speciali, non eccedere certe soglie e non andare mai in passivo. Difenderetale scelta, soprattutto dopo che i governi hanno di fatto stampato moneta pur di salvare dal fallimento enti privati come le banche, spetta alla politica, anche se molte perplessità sembrano fondate.

La seconda ragione, squisitamente tecnica, sta nelle assunzioni,inconfutabili e al contempo indimostrabili, alla base dei modelli che la Ragioneria dello Stato usa per monitorare i trend di spesa e supportare le revisioni triennali dei famosi “coefficienti di trasformazione”, che traduconoil montante dei contributi versati in rendita vitalizia. Sono questi i modelli checi dicono, ad esempio, che nel 2060 il saldo migratorio sarà di 198 mila unità(un terzo in meno che nel 2005, un dato verosimile solo se imposto per legge);

che la speranza di vita per noi maschi raggiungerà gli 85 anni (speriamo di sì); che il tasso di fecondità sarà pari a 1,58 e che i tassi di occupazione e di attività rimarranno sostanzialmente invariati (speriamo di no). Su queste stime, che peraltro agiscono su un capitolo di spesa aggregato, che oltre alla previdenza consideraanche l’assistenza non coperta da contributi (pensioni sociali e, soprattutto, cassa integrazione e altriammortizzatori sociali), si gioca ogni tre anni il futuro pensionistico di tutti i lavoratori.

I dati reali, se è vero che lo scorso anno l’avanzo di cassa del comparto dei lavoratori dipendenti gestitodall’Inps ha superato i cinque miliardi di euro, dicono che ad oggi non c’è un rischio imminente di passivodi sistema nella gestione previdenziale. Non sarebbe più opportuno, allora, agire sulle variabili che incidonosull’equilibrio di bilancio (occupazione, apporto degli immigrati, recupero del sommerso) e ipotizzare, se necessaria, una revisione dei carichi contributivi per fasce di reddito piuttosto che limitarsi a frazionare i coefficienti di trasformazione? Un tale sforzo appare necessario anche alla luce dei rendimenti dei fondipensione integrativi (-21.4% nell’area Ocse nel 2008, in recupero solo del 10% l’anno successivo), che di certo non aiutano molto quei lavoratori che si ritrovano oggi esposti “per legge” alle dinamiche dei tassi di interesse e alla volatilità dei mercati in quanto azionisti o creditori di imprese e governi sotto il mirino della speculazione.. [email protected]

La previdenza in Italia è monitorata con sistemila cui efficacia è dubbia.Sarebbe invece più utileuno sfrozo per far levasugli equilibri di bilancio

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valoriAnno 10 numero 85. Dicembre 2010Gennaio 2011.! 4,00

Dossier > Un tesoro miliardario attira speculazione finanziaria, riciclaggio e la mafia

La bolla sportiva

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Fotoreportage > Torino 2006

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Finanza > Tra ostacoli e paradossi, le banche europee alla sfida di BasileaEconomia solidale > L’Eldorado invisibile. La biodiversità vale 5 mila miliardi

Internazionale > Tra Stati Uniti e Sudamerica potrebbe arrivare una nuova stagione

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