mensile della comunitàCARLA BAITA DOMENEGHINI n. 28 dicembre 1947 m. 29 dicembre 2011 Con la fede,...

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mensiledella

comunitàdi Salò

ANNO LXI - n. 1 Gennaio 2012

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2Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012 Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012

HANNO COLLABORATO ALLA REDAZIONE Andreis mons. Francesco Cavedaghi Daniela Ciato Giovanni Cobelli Renato Dondio Lamberto Gelmini don Angelo Giacomuzzi Giancarlo Lugli Nerina Madureri Luisa Manni Anna Marelli Bruno Monti Osvaldo Pollini Rosa Tomasoni don Pierluigi ALLA STAMPA Beretta Alfredo Vezzola Maurilio Elio Sant Nicola Rizza Augusto (Foto) Equipe Tipolitografia Lumini

NUMERI UTILI PER TELEFONARE:

Mons. Francesco Andreis (3480421999) Segreteria . tel. 521700 FAX Vicolo Campanile 2 . . . tel. 523294 Don Angelo Gelmini (3393945294) Largo D. Alighieri . tel. 43498 Don Pierluigi Tomasoni (3355212934) Via Gratarolo . tel. 40296 Mons. Paolo Zanetti Via Canottieri 2 . . . tel. 520803 Chiesa di S. Bernardino Piazza S. Bernardino . . tel. 43449 Oratorio S. Filippo Neri Largo D. Alighieri . . tel. 43646 Scuola Cattolica “E. Medi” Via S. Jago 19 . . tel. 40039 Padri Cappuccini Barbarano . . . . tel. 20447 Caritas Zonale Via Canottieri 2 . . . tel. 520843 Cinema Cristal Largo D.Alighieri . . . tel. 521555

Vita di parrocchia a cura della Redazione

1° giorno: ITALIA - SOFIA. Ritrovo all'aeroporto Malpensa e partenza per Sofia. Trasferimento in albergo: sistemazione e pernottamento. 2° giorno: SOFIA - ESC. RILA. Mezza pensione in albergo. Visita della capitale con la basilica santa Sofia, la chiesa Alexander Nevski, il museo delle Icone, la rotonda San Giorgio, la cattedrale di Santa Domenica. Partenza per il monastero di Rila, il più grande ed importante della Bulgaria, sotto la protezione del-l'Unesco. Pranzo in ristorante. Visita del monastero con la chiesa, il mu-seo, gli ambienti monastici. Ritorno a Sofia. 3° giorno: SOFIA - KOPRIVSHTITZA - VELIKO TARNOVO. Colazione. Partenza per la città museo Koprivshtitza, uno dei centri del rinascimento bulgaro: passeggiata con sosta alla chiesa della Dormizio-ne e visita di due case tipiche ottocentesche. Pranzo in ristorante tipico. Attraverso i monti Balcani si giunge al monastero di Troyan, noto per i suoi bellissimi affreschi di scuola bulgara. Proseguimento per Veliko Tarnovo, capitale della Bulgaria in epoca medievale. Sistemazione in al-bergo: cena e pernottamento. 4° giorno: VELIKO TARNOVO - ESC. ARBANASSI. Mezza pensione in albergo. Mattina dedicata alla visita della fortezza Tsarevets con le imponenti mura medievali, la Torre di Baldovino delle Fiandre e la chiesa reale dei Santi Pietro e Paolo. Escursione al villaggio museo Arbanassi con sosta alla chiesa dei Quaranta Martiri, cappella funeraria degli Zar. Pranzo in ristorante. Nel pomeriggio visita della chiesa della Natività e del monastero di Kilifarevo, fondato nel XIV sec. e, rientrati a Veliko Tarnovo, passeggiata lungo la via degli Artigiani.

5° giorno: VELIKO TARNOVO - KAZANLAK - PLOVDIV. Colazione. Visita del villaggio etnografico Etara, con le sue botteghe ar-tigianali in attività, e del monastero Sokolovski. Pranzo in ristorante. Proseguimento per Kazanlak, città principale della valle delle Rose: vi-sita della chiesa russo ortodossa di Shipka, costruita per commemorare i caduti russi della guerra del 1877 e di una copia della celebre tomba Tracia del IV sec. a. C. Continuazione per Plovdiv. Sistemazione in alber-go: cena e pernottamento. 6° giorno: PLOVDIV - MONASTERO BATCHKOVO. Colazione. Al mattino visita di Plovdiv con il vecchio quartiere, il museo etnografico, il teatro romano. Pranzo in ristorante. Nel pomeriggio escur-sione al monastero di Batchkovo, secondo in Bulgaria per importanza e grandezza. Rientro a Plovdiv. Cena tipica con spettacolo folcloristico.

7° giorno: PLOVDIV - SOFIA - ITALIA. Colazione. Partenza per Sofia nelle cui vicinanze si visita la chiesa di Bo-yana, con pregevoli pitture murali risalenti al XIII sec. di stile precursore al Rinascimento. Pranzo. Trasferimento all'aeroporto per il rientro.

Quota di partecipazione: € 1.070,00 Quota individuale di gestione pratica: € 35,00 Supplementi: camera singola: € 160,00

Pellegrinaggio in BULGARIA dal 22 al 28 giugno 2012 - Programma di massima

Tappe della vitaSono entrati a far parte della famiglia di Dio:Belleri Alessia di Roberto e di Stori EvaBettinsoli Federico Battista di Roberto e di Stagnoli SimonaComini Nicola di Alberto e di Battani GiovannaFalloni Paolo Maria di Matteo e di Giussani LidiaLazzarini Matteo di Walter e di Guatta Monica CristinaZiglioli Cesare Achille di Andrea e di Andreassi PaolaKlepic Maria di Nikola e di Klepic DajanaSono tornati alla casa del Padre:Lazzari Emilio, anni 83Venier Aladino, anni 75Bianchini Franca in Zambelli, anni 81

9 – 1 – 2003 9 – 1 – 2012Nel nono anniversario della scomparsa di

AGOSTINO BOSSONILa moglie e i figli lo ricordano con immutato affetto.

2 – 1 – 1998 2 – 1 – 2012

Prof. GIUSEPPE RECHERLa moglie e le figlie con l’amore di sempre

ricordano il loro caro.------------------------------------------------------------------------------In memoria di

CARLA BAITA DOMENEGHINIn. 28 dicembre 1947 m. 29 dicembre 2011

Con la fede, divenuta via via più matura con l’incidere della malattia attraverso la sofferenza nella carne e la spoliazione cui è stata chiamata, Carla ha guardato in faccia la morte nella sua recrudescenza con serenità e generoso abbando-no, quale volontà amorosa del Padre, restituendo a Dio ogni giorno un lembo della sua vita.Le tappe della sua testimonianza di fede, evocata con inten-sità dal figlio sacerdote, don Roberto (già curato a S. Giu-seppe), è suonata certezza che la vita non viene tolta con la morte, per rifulgere in Cristo.Una S. Messa in suffragio dell’anima di Carla sarà celebrata nella Chiesa di San Giuseppe a Salò, domenica 29 gennaio 2012 alle ore 10,00.

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Parola del Parroco a cura di Mons. Francesco Andreis

In copertina: Martirio di Santa Felicita e figli (1606) (Giovan Battista Trotti detto il Malosso)Olio su tela, collocato nella parete di destra della Cappella del Sacramento. Di recente restauro, rappresenta il martirio di santa Felicita e dei sui figli. Opera non eccellente del Malosso, collocata all’interno della cappella splendidamente decorata con pitture e stucchi. L’autore ne realizzò l’impianto e le parti a fresco. Su un palco di legno, approntato di fronte ed una architettura rinascimentale, la Santa attende il martirio per mano degli aguzzini. Sulla sinistra il tribunale che emette la sentenza; ai piedi del palco i corpi decapitati dei figli. In alto angeli danzanti con i simboli del martirio.

Le feste di Natale sono per loro caratteristica un tempo che in-vita alla gioia, ma come si può

parlare di gioia in questi momenti dif-ficili? Oggi abbiamo molte ragioni per essere preoccupati! È sempre crescente il numero delle famiglie che vive al di sotto della soglia di povertà per la per-dita del lavoro. Le guerre continuano nel mondo, alcune mascherate da mis-sioni di pace, di altre nessuno parla. Anche il meteo ha creato non pochi problemi con esonda-zioni e cataclismi. Di violenze è piena la cronaca. Due istantanee di fine 2011. La prima l’ha scatta-ta l’Istat: ci sentiamo più poveri. Molto probabilmente lo siamo davvero. Lo sapevamo già. L’ultima, preoccupante, sfornata di indicatori ci mostra un’Ita-lia dove un cittadino su quat-tro “vive a rischio povertà o di esclusione sociale”. Un Paese preoccupato perché la fine del mese si fa sempre più lontana e per alcuni diventa un miraggio. Al Sud va peggio che al Nord: neppure questa è una notizia. E, tutto ciò, riferito al 2010. Per i dati 2011 bisognerà aspettare. A naso, non c’è bisogno di chissà quali doti divinatorie per sapere che è anda-ta anche peggio. L’abbiamo capito da un pezzo. L’abbiamo visto nelle strade dello shopping, piene di gente ma con negozi semivuoti. Nelle telefonate che arrivano a casa dai commercianti che conosci, che ti fanno gli auguri e intanto ti dicono: “Lo sa che quest’anno anticipiamo i saldi?”, nella lancetta del serbatoio che s’è scordato che cosa sia un pie-no. In quel pensiero non precisamente grato rivolto, di quando in quando, a

chi le tasse non le paga, rubando i no-stri bilanci e direttamente nelle tasche. Grazie, davvero. È l’Italia dei discount e delle offerte speciali, che fa la spesa inseguendo i sottocosto, sperando di tirare un paio di giorni di più. Ci sia-mo tutti dentro. E ci chiediamo: è que-sto il fondo, o...? La seconda istantanea viene dalle par-rocchie, dalle Caritas, dalle diocesi di

un’Italia che non fa rumore, ma c’è sempre. Difficilmente la troverete nei salotti televisivi, o anche mai, né al centro di storie di copertina. Oggi ne offriamo uno spaccato. Ma è solo un pezzo, perché quella che nell’ultimo anno si è verificata attorno ai nostri campanili, è una vera e propria mobi-litazione generale. Non stiamo parlando solo del fondo straordinario per le famiglie attivato dalla Conferenza Episcopale Italiana dal 2009. Parliamo anche di quella fitta, instancabile rete solidale fatta di cose che possono talvolta sembra-

re piccole ma che sono essenziali. Dei gemellaggi tra famiglie per darsi una mano a pagare le bollette, degli elettro-domestici ricuperati nelle discariche e riparati, degli aiuti alle micro e piccole imprese, delle “strutture di solidarie-tà” e ancora e ancora. E non è tutto. Sappiamo anche questo, in fondo. Perché tutti noi abbiamo visto, proba-bilmente, quanto nell’ultimo anno si

siano allungate le file davanti alle Caritas e intravisto, là in mezzo, magari anche qualcuno che non ci saremmo mai aspettati. È la rete di una solidarietà vera, che come S. Martino, taglia il mantello fin-ché ce n’è e ogni volta riesce a trovarne uno nuovo da dividere. Che riesce a inventare le cose più strane, o inedite, o incredibili, per manifestarsi. Quella solidarietà che c’è sempre stata e che non ve-devamo e che consente a tanti di andare avanti, senza chiedere car-te d’identità o di appartenenza. Èquella che lasciavamo alle buone signore della San Vincenzo e che oggi sempre più spesso ci coinvol-ge, perché bussa direttamente alla nostra porta. Che, condividendo

le difficoltà quotidiane dell’oggi, dà forza e senso alla speranza che domani possa andare meglio. Non sappiamo quando vedremo la luce in fondo al tunnel della crisi che viviamo. Ci vor-rà tempo, dicono. Qualcuno aggiunge: molto. Siamo in recessione. Dentro il tunnel. E tocca a tutti noi. Perché fin-ché in mezzo al buio sapremo tenere accesa la fiammella della solidarietà, sappiamo anche di non essere soli.Soprattutto questo sentirci assieme e in compagnia di Gesù, nostro Salvato-re, dà fiato e speranza cristiana per noi e per tutti!

Per capirci meglio in questo momento

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4Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012 Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012

Avvenimenti Diocesani a cura di Anna Manni da “La Voce del Popolo”

La Valle, il suo lavoro,la sua gente,la sua Banca.

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A richiesta si rilasciano preventivi

A Brescia, la fiducia in marcia La 44ª Marcia nazionale per la Pace, tradizionale appuntamento organizzato il 31 dicembre da Caritas Italiana e Pax Christi, con la collaborazione della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace della Cei ha visto quest’anno la partecipazione della diocesi di Brescia.È stata l’occasione per riflettere sul tema scelto da Benedetto XVI per la 45ª Giornata mondiale della Pace del 1° gennaio 2012: ‘‘Edu-care i giovani alla giustizia e alla pace”.Nel 2010 la Marcia si era svolta nella città di Ancona.L’appuntamento per i partecipanti era alle 17 di sabato 31 dicembre al parcheggio della Iveco. La partenza della Marcia è stata precedu-ta da un momento di preghiera ecumenica; al centro della preghiera i temi del lavoro, della persona e della pace, approfonditi dalle testi-monianze di Alfredo Bazoli, presidente Mine Action Italy, e Zeggai Nighisti, coordinatrice regionale dell’associazione Donne eritree.Il lungo cammino per le vie della città è stato scandito da momenti di silenzio, preghiera e riflessione culminato, pochi minuti prima della mezzanotte, con la celebrazione eucaristica nella collegiata dei Santi Nazaro e Celso. A metà del percorso si è vissuto un momento forte, nei pressi delle Carceri di Canton Mombello. Un incontro con la realtà carceraria che arriva a pochi giorni dalla visita pre-natalizia del Papa al carcere romano di Rebibbia. Una vicinanza ai carcerati sottolineata anche da un gesto concreto: gli organizzatori hanno invitato i partecipanti a marciare nel digiuno e nella preghiera e ad offrire nella messa il corrispettivo della cena a favore del Vol-Ca (Volontariato Carcere).

Piamarta sarà presto Santo Il Papa ha approvato il miracolo attribuito all’intercessione del bea-to Giovanni Battista Piamarta (1841-1913). Padre Piamarta entro il prossimo anno sarà dunque proclamato santo. Il miracolo consiste nella guarigione miracolosa di Bruno Cocchetti, ragazzo di undici anni e mezzo, che il 14 febbraio 1988, mentre at-traversava la strada, veniva travolto da una macchina in corsa. Fu ricoverato subito all'Ospedale Civile di Brescia, dove iniziava tutta una serie di accertamenti, di cure, di analisi, di ricerche, di visite mediche che si protrassero per diversi giorni.Furono constatati vari danni cerebrali nel quadro di un coma di 5° grado. In considerazione dello stato disperato delle condizioni del ragazzo, nei giorni 16-17 febbraio fu invocata con numerose novene la intercessione del Servo di Dio Padre Giovanni Battista Piamarta dalle comunità dei religiosi piamartini, dalle suore di alcune comu-nità di Brescia. Fu collocata una immaginetta del Servo di Dio al letto del paziente per iniziativa di p. Ettore Pelati, piamartino e zio del ragazzo.L'inchiesta diocesana fu costruita dalla Curia di Brescia dal 12 giu-gno al 7 settembre 1990. Presso la Congregazione delle Cause dei

Santi il caso ha avuto un percorso piuttosto complesso. Finalmente la Consulta medica, il 27 giugno 1996, raggiunse l'unanimità con-clusiva sulla diagnosi, sulla terapia, sulla prognosi, sulla completez-za, rapidità stabilita della guarigione ed anche sulla inspiegabilità scientifica della medesima.

Ici: un segnale chiaro Si è riparlato di Ici (tra poco Imu) e Chiesa cattolica, in un dibat-tito nervoso, segno di una situazione ancora tesa. È necessario fare chiarezza e portare serenità. I termini della questione sono evidenti. La Chiesa cattolica gode dell’esenzione, come la altre Confessioni e un’ampia sfera di organizzazioni ed enti “laici”, pubblici o privati, non commerciali e riconducibili al no profit, per le attività istituzionali. L’esenzione dall’Ici è riconosciuta solo per gli immobili non commerciali. Per gli altri la Chiesa o gli enti religiosi proprietari sono assoggettati, come tutti, a tassazione. Nessun privilegio, come ha sottolineato lo stesso presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco: “La normativa vigente è giusta, in quanto riconosce il valore sociale delle attività svolte da una plura-lità di enti no profit e, fra questi, degli enti ecclesiastici. Questo è il motivo che giustifica e, al tempo stesso, delimita la pre-visione di una norma di esenzione”. Se ci sono stati abusi nell’in-terpretazione della legge, “casi concreti nei quali un tributo dovuto non è stato pagato, che l’abuso sia accertato e abbia fine”. E comun-que - ha concluso il cardinale Bagnasco - “non vi sono da parte no-stra preclusioni pregiudiziali circa eventuali approfondimenti volti a valutare la chiarezza delle formule normative vigenti, con riferi-mento a tutto il mondo dei soggetti no profit, oggetto dell’attuale esenzione”.

Nigeria: il sangue innocente Nel giorno nel quale la Chiesa ricorda santo Stefano, il “martire per-fetto” “uomo di preghiera ed evangelizzatore” e all’indomani degli attentati che in Nigeria sono costati la vita ad almeno 39 persone, Bene-detto XVI dedica ai martiri un Angelus che compone ricordo e attualità. Attualità per il “sangue innocente” sparso anche a Natale, nel gior-no che “suscita in noi, in modo ancora più forte, la preghiera a Dio affinché si fermino le mani dei violenti, che seminano morte e nel mondo possano regnare la giustizia e la pace”. Il Papa dopo la recita della preghiera mariana ha manifestato la sua vicinanza sincera e affettuosa alla comunità cristiana e a tutti coloro che sono stati colpiti da questo assurdo gesto e ha invitato a prega-re il Signore per le numerose vittime. “Faccio appello affinché con il concorso delle varie componenti sociali, si ritrovino sicurezza e serenità. In questo momento voglio ripetere ancora una volta con forza: la violenza è una via che conduce solamente al dolore, alla distruzione e alla morte; il rispetto, la riconciliazione e l’amore sono la via per giungere alla pace”.

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Nelle sacre Scritture di do-menica 22 gennaio, III del Tempo Ordinario, troviamo

due racconti di vocazione. Il pri-mo, (Gn 3,1-5.10) contiene la storia di un missionario “renitente” alla chiamata: Giona, che solo in secon-da istanza si rassegna ad annun-ziare la conversione e la salvezza a Ninive, la capitale assira, emblema per eccellenza del nemico di Dio e del suo popolo. La parola profetica costringe Giona a combattere contro le sue stesse convinzioni politiche e religiose di stampo integralistico e settario. Gli “atei” non sono forse sotto il segno della maledizione divina? Come può volere Dio che anch’essi abbia-no un’occasione di salvezza? Come è possibile che i loro cuori ostili si inteneriscano? Ed invece, ecco la sorpresa: contrariamente a quanto si aspettava (e forse auspicava) il profeta, tutti i Niniviti si converto-no e compiono gesti penitenziali. Anzi, il re ordina per decreto un digiuno assoluto che deve coinvol-gere tutti, perfino gli animali. Dunque, nonostante lo scetticismo dell’uomo, gli “empi” Niniviti cre-dono, si pentono, si convertono dal loro passato tenebroso. Il Dio del-la misericordia è contrario ad ogni giustizia sommaria, ad ogni pena di morte, ad ogni grettezza reli-giosa ed ideologica; egli “non prova piacere per la morte del malvagio, ma desidera che si converta e viva” (Ez 18,23). Così, quando le comunità dei cre-denti si ripiegano su se stesse, in un morbido fariseismo, Gesù an-nuncia: “Non avrete altro segno che quello di Giona”. Il segno di Giona è l’apertura delle porte della Chiesa: i “lontani” e gli estranei danno una lezione a quelli che sono “dentro”. Il vero credente non è il frequenta-

tore abituale di un edificio religio-so, ma colui che accetta, da parte di Dio, lo sconvolgimento inatteso della sua vita quotidiana. Il secondo racconto di vocazione, ce lo descri-ve il Vangelo di Marco (1,14-20) che pone al centro i discepoli di Gesù che, al contrario di Giona, sono uo-mini dalla risposta incondiziona-ta… Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il Vangelo di Dio e diceva: “Il tempo

è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo”. Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; era-no infatti pescatori. Gesù disse loro: “Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini”. E subito, lascia-rono le reti e lo seguirono. Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di

Zebedeo e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui. Anche qui

l’iniziativa è totalmente nelle mani di Dio. Giona non si sarebbe mai imbarcato per Ninive, così anche Simone, Andrea, Giacomo e Gio-vanni non avrebbero mai lasciato le loro barche e il loro padre, se non fosse passata, lungo il litorale del lago di Tiberiade, quella figura misteriosa e diversa di predicatore. Il racconto è dominato da Gesù. Egli passa, vede quegli uomini al lavoro e si rivolge a loro con tono di comando. Lo sguardo di Gesù è quello che sceglie. La chiamata li coglie du-rante il loro lavoro quotidiano, li coglie all’improvviso. E la sequela li porta ad una riflessione nuova e sorprendente che viene loro spie-gata con l’aiuto del loro vecchio mestiere. Come fino a quel momento hanno preso pesci, in futuro prenderan-no uomini. Convertitevi e credete nel Vangelo. L’annunzio sintetico che Gesù proclama all’inizio del Van-gelo di Marco, si sviluppa su due versanti, divino ed umano. “Il tem-po è compiuto” è la prima dichiara-zione teologica: la storia della sal-vezza raggiunge nel Cristo la sua pienezza. “Il regno di Dio è vicino” è il secondo tema. Dio nella storia ha un progetto da attuare: il “regno”. Un piano la cui attuazione è già iniziata col Cristo, ma da incarnare continuamente nella trama oscura ed incerta della nostra storia. Al-l’intervento di Dio deve rispondere l’impegno umano. Esso si manife-sta innanzi tutto nella “conversio-ne”. L’uomo è chiamato ad un’in-versione di rotta, è chiamato ad un’esistenza morale. La “fede nel vangelo” cioè l’adesione al Cristo che salva e che libera, è la seconda esigenza radicale che l’annunzio di Gesù proclama per l’uomo e che si realizza attraverso i discepoli, fatti “pescatori di uomini”.“Il tempo si è fatto breve… passa infat-ti la figura di questo mondo”! Paolo, nella 1ª lettera ai Corinzi (7,29-31) ci parla della provvisorietà della vita terrena e ci ricorda che la vita presente, piena di gioie e di dolori, di confusione e di preoccupazione, non è ancora la vera vita… Buon Anno a tutti.

La quarta del mese ... a cura di Oswald

Convertitevi e credete nel Vangelo

Gesù diceva: «Convertitevi e credete nel Vangelo». Poi Gesù disse a Simon Pietro e ad Andrea: «Venite dietro a me».

Anagrafe Parrocchiale 2010 2011 Battesimi 32 18 Cresime 114 134 Matrimoni 22 13 Funerali 74 67

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Caritas e Vita Missionaria

Cari amici, vorrei leggere, alla luce di questa speran-za che ci deve animare, due realtà africane che sono di attualità. La prima si riferisce piuttosto in maniera

generale alla vita sociopolitica ed economica del Continente, la seconda al dialogo interreligioso. Queste realtà interessano tutti noi perché il nostro secolo sembra nascere nel dolore e faticare a far crescere la speranza in questi due campi partico-lari. In questi ultimi mesi, numerosi popoli hanno espresso i loro desideri di libertà, il loro bisogno di sicurezza materiale e la loro volontà di vivere armoniosamente nelle diversità delle etnie e delle religioni.Da questa tribuna, lancio un appello a tutti i responsabili po-litici ed economici dei paesi africani e del resto del mondo.

Non private i vostri popoli della speranza. Non amputate il loro futuro mutilando il loro presente. Abbiate un approccio etico con il coraggio delle vostre responsabilità e, se siete cre-denti, pregate Dio di concedervi la sapienza. Questa sapienza vi farà comprendere che, in quanto promotori del futuro dei vostri popoli, occorre diventare veri servitori della speranza. Non è facile vivere la condizione di servitore, restare integri in mezzo alle correnti di opinioni e agli interessi potenti: Dio solo purifica i cuori e le intenzioni.La Chiesa non offre alcuna soluzione tecnica e non impone alcuna soluzione politica. Essa ripete: Non abbiate paura! L’Umanità non è sola davanti alle sfide del mondo, Dio è pre-sente. È questo il messaggio di speranza, una speranza gene-ratrice di energia, che stimola l’intelligenza e conferisce alla volontà tutto il suo dinamismo. Un arcivescovo di Toulouse diceva: «Sperare, non è abbandonare, è raddoppiare l’attivi-tà». La Chiesa accompagna lo Stato nella sua Missione; vuole essere come l’anima di questo corpo indicando infaticabilmen-te l’essenziale: Dio e l’Uomo. La disperazione è individualista. La speranza è comunione. Non è questa una via splendida che ci è proposta? Invito ad essa tutti i responsabili politici ed economici, così il mondo universitario e quello della cultura. Siate anche voi, seminatori di speranza.La seconda: il dialogo interreligioso. Ogni persona di buon senso comprende che bisogna sempre promuovere la coope-razione serena e rispettosa delle diversità culturali e religiose. Il vero dialogo interreligioso rigetta la verità umanamente egocentrica, perché la sola ed unica verità è in Dio: Dio è la Verità. Per questo fatto nessuna religione, nessuna cultura può giustificare l’appello o il ricorso all’intolleranza e alla vio-lenza. Utilizzare le parole rivelate, le Sacre Scritture o il nome di Dio per giustificare i nostri interessi, le nostre politiche così facilmente accomodanti o le nostre violenze, è un gravissimo errore. La conoscenza, l’approfondimento e la pratica della propria religione sono dunque essenziali al vero dialogo in-terreligioso. Questo non può cominciare che con la preghiera personale e sincera di colui che desidera dialogare. Questa preghiera chiede anche a Dio il dono di vedere nell’altro un fratello da amare e nella tradizione che egli vive un riflesso della verità che illumina tutti gli uomini.Questa verità non esclude e non è una confusione. Il dialogo interreligioso mal compreso porta alla confusione o al sincre-tismo. Non è questo il dialogo che si cerca. Nonostante gli sforzi compiuti, sappiamo anche che, talvolta, il dialogo non è facile o anche che è impedito per diverse ragioni. Questo non significa una sconfitta. È anche bene sapere che non si dialoga per debolezza, ma che si dialoga perché si crede in Dio. Dialogare è un modo supplementare di amare Dio e il Prossimo senza abdicare a ciò che si è. Avere speranza non significa essere ingenui, ma compiere un atto di fede in un avvenire migliore.Questo bellissimo discorso è stato per noi del Gruppo missio-nario, nell’incontro zonale, motivo di riflessione, che vorrem-mo proporre anche a chi legge.

La bancarella dell’ImmacolataSi diceva tra noi, mentre preparavamo i vari lavoretti “chissà se andrà bene?” quest’anno la crisi economica è molto forte e chie-dere ancora denaro non è facile, però è per una buona causa, d’al-tra parte c’è gente nel mondo che sta peggio di noi. Allora, con questi buoni motivi nel cuore, il giorno dell’Immacolata eccoci puntuali con le nostre bancarelle missionarie. Il benvenuto ci viene dato subito dal cielo con un sole ed una giornata veramente splendida che fanno risaltare tutte quelle composizioni natalizie ricche di colori e di amore che proponevamo alla gente. E la risposta della comunità c’è stata in modo molto positivo, la nostra proposta ancora una volta viene accolta con amore e con carità. In poco tempo i “lavoretti” se ne vanno ad abbellire le case dei nostri amici e grazie a loro, anche quest’anno, qualcuno riuscirà ad avere un poco di cibo o qualche medicina in più. A tutti un caloroso grazie e che il Signore possa ripagare la vo-stra generosità con tanta gioia, perché non dimentichiamoci che c’è più gioia nel dare che nel ricevere. Un doveroso e particolare grazie va alla nostra amica Emanuela ed a tutte le persone che con lei hanno tanto lavorato per realizzare questa bellissima ban-carella. Gruppo missionario

Discorso del Papa Benedetto XVI al parlamento di Cotonou in visita alla nazione africana del Benin

L’Africa è il continente della speranza

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Santo del mese a cura di Luisa Madureri

Qui a Monglin vivo senza casa; mi alzo senza sveglia; mi lavo senza catino; prego senza chiesa; mangio

senza tovaglia; vado a caccia senza licenza; viaggio senza soldi; imbroglio senza colpa; lavoro senza posa; vado a spasso senza scar-pe; sono allegro senza teatro; studio lingue senza fine; non passo giorno senza fastidi; campo senza amici; sfamo quaranta ragazzi senza scrupoli; invecchio senza accorgermi. E di certo morrò senza rimorsi, perché uomo allegro il ciel l’aiuta. E Voi? Voi, così, non mai se non verrete, e presto, a tenermi com-pagnia”: è una delle tantissime, bellissi-me, affascinanti, poetiche lettere di un sacerdote tanto amato, don Clemente.Clemente Vismara nasce ad Agrate Brian-za, nel milanese, nel 1897, ragazzo bril-lante e vivace, patriota, partecipa come fante alla prima guerra mondiale. Cle-mente è coraggioso, benvoluto dai com-pagni; promosso sergente maggiore, riceve, per atti eroici, una medaglia al valore militare. Nelle lunghe ore trascorse in trincea, Clemente prega molto, riflette sulla vita e decide: sarà sacerdote, la sua persona-le via alla santità: “La vita – scrive – ha valore solo se la si dona agli altri”. Non entra però nel seminario diocesano, ha un’anima troppo vivace per sottostare a rigide regole; diventa così membro del Pontificio Istituto Missioni estere di Mi-lano. In questo momento, l’Istituto sta evangelizzando vaste regioni della Bir-mania, territorio difficile; qui sono in-viati numerosi giovani missionari; molti muoiono per il clima inospitale, per la popolazione guerriera. Nel 1923 don Clemente parte per la Bir-mania, destinato a Kengtung, paese di grandi montagne, di foreste inesplorate ed intricate, di tribù feroci. Dopo giorni a cavallo, i suoi superiori decidono di mandarlo ancora più lonta-no, ai confini tra Laos, Cina, Thailandia: la meta è Monglin, vi arriva nell’ottobre 1924. Inizia la sua vera vita, missionario “ordinario”, che vive la sua vocazione incarnando “in modo eroico” la virtù del missionario fra i non cristiani. Don Clemente è un grande uomo: sem-pre allegro, gioioso, felice, si dedica to-

talmente alla missione. Non c’è nulla, a Monglin: padre Clemente è semplice, sempre in azione, gira tutti i villaggi, si fa conoscere, porta medicinali, cura, si adatta ad un clima terribile, ad un cibo povero, fra gente assuefatta all’oppio. Si affeziona soprattutto ai bambini, i più deboli e indifesi, porta in parrocchia orfani e bambini ammalati, denutriti, li salva da un destino di morte precoce, li educa. Fonda un orfanotrofio, conforte-vole come una vera casa, sempre molto

affollato di bambini, 250 è il numero mi-nimo e tutti sono sfamati ed accuditi con grande amore da lui, diventa “protettore del bambini” e tale è oggi invocato: “Qui è peggio di quando ero in trincea, - scrive – ma questa guerra l’ho voluta io e debbo combatterla fino in fondo, con l’aiuto di Dio. Sono sempre nelle mani di Dio”. Recita tre rosari al giorno, ha una fede incrollabile in Dio, è sempre sereno, vitale, pieno di gioia di vivere.E il carisma di padre Clemente, giorno dopo giorno, si espande e fa nascere scuole e parrocchie, officine e risaie, ca-nali di irrigazione là dove c’è solo ari-dità, insegna ad essere falegnami, mec-canici, muratori, contadini; così nascono nuove coltivazioni: granoturco, baco da seta, verdura. Padre Clemente fa nascere una Chiesa che porta pace e cultura, serenità di vita,

futuro. “Per chi volete che io mi affatichi? – scrive – per far denari? Se volete far falli-mento, fate il missionario, è un mestiere ma-grissimo. Per l’onore? Avete voi forse mai visto Monglin, almeno in cartolina? Certo che no. Per i miei comodi? Peggio che andar di notte! Conclusione: per chi volete ch’io lavori, se non per Dio?”. “Il bene fatto non conta, perché troppo rimane da compiere. Una vita non basta, ma coraggio e avanti!”.Nel 1956, dopo la creazione di una Monglin cristiana, dopo la conversione di più di 50 villaggi, il vescovo invia pa-dre Clemente a Mongping, a 230 Km di distanza: a 60 anni ricomincia da capo. “Obbedisco – scrive ad un fratello – al Ve-scovo, perché capisco che, se faccio di testa mia, sbaglio”.L’entusiasmo è intatto: nuova missio-ne, nuove parrocchie, nuovi villaggi da convertire. Come intatta è la sua fiducia nella Provvidenza. Padre Clemente non fa bilanci né preventivi, non conta i sol-di: “Li conta la Provvidenza e me ne manda altri”. Pensa a tutti: i confratelli gli rim-proverano di prendersi cura di troppi bambini, vecchi, lebbrosi e lui: “Oggi abbiamo mangiato tutti, domani il Signo-re provvederà”. E ancora: “Tra vittorie e sconfitte, mi trovo sul campo da 55 anni e sempre battagliero. La vita è fatta per esplo-dere, per andare più lontano. Se essa rimane costretta entro i suoi limiti, non può fiorire, se la conserviamo solo per noi stessi, la si soffoca. La vita è radiosa dal momento in cui si comincia a donarla. Vivere solo la propria vita è asfissiante. Coraggio, padre Clemente, Iddio ti conceda di perseverare sino alla fine, rimani e fiorisci dove Dio ti ha piantato”. E così è, sino alla morte, il 15 giugno 1988, a Mongping; c’è una gran folla di uomini, donne, bambini, quando è se-polto vicino alla chiesa ed alla grotta di Lourdes da lui costruita. “Abbiamo avuto molti santi missionari – dice il Vescovo – ma per nessuno di loro si sono verificati questa devozione e questo movimento di popolo, per dichiararli Santi, come per Padre Vismara”.Padre Clemente Vismara è beatificato, do-menica 26 giugno 2011, in Piazza Duo-mo a Milano: è il primo beato della Bir-mania.

Beato Clemente Vismara“La vita ha valore solo se la si dona agli altri”

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Oratorio vita quotidiana a cura dell’Oratorio S. Filippo Neri

Domenica 11 dicembre il gruppo S. Francesco ha vissuto in oratorio in suo secondo ritiro di quest’anno catechi-stico. All’interno del periodo di Avvento e in prepara-

zione al mistero del Natale la tematica scelta per i nostri bambi-ni è stata quella della figura di S. Giuseppe.Molto spesso la nostra attenzione e riflessione si sofferma sul SÌ di Maria. Quel sì che ha cambiato la nostra storia e ha permesso al Verbo di farsi Carne e di venire ad abitare in mezzo a noi. Ma un altro SÌ ha permesso l’avverarsi di questo straordinario mistero: quello di S. Giuseppe.Si dice che una donna si senta madre nel momento in cui le piccole mutazioni del suo corpo le comunicano che in lei si sta compiendo il miracolo della vita. Per un uomo invece quei cambiamenti che rendono così straordinaria e ricca di emozioni l’attesa di una donna, sono meno tangibili e il reale sentirsi pa-dre avviene appena prende tra le braccia il figlio appena nato.Il percorso della paternità di S. Giuseppe diventa però ancora più complesso. Ormai fidanzato con Maria, senza essere ancora andato a vivere con lei si accorge che la promessa sposa è in-cinta di un figlio non suo. Pensiamo al suo sgomento, a come lo ferisce quel “tradimento” e come il suo sogno di sposarsi e creare un famiglia si infrange senza speranza. È un uomo giusto, sa come verrebbe punito il tradimento di una donna, continua a voler bene alla sua promessa sposa e de-cide quindi di licenziarla in segreto. Quando ormai ha preso la decisione che gli sembra più giusta un angelo lo visita in sogno: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Ma-ria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spi-rito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1,18 – 21). In fondo non si trattava che di un sogno e chi può dimostrare che un sogno venga direttamente da Dio? Chissà quali pensieri hanno agitato l’animo di Giuseppe, quali paure, quali sensazio-ni, quali altri sogni… ma infine egli si aggrappa a quel sogno ed a quello affida tutto il senso della sua vita, anche se ciò sembra in disaccordo con l’umana esperienza quotidiana, con il buon senso; perché solo quel sogno acquieta il suo cuore e soddisfa

il suo bisogno di donarsi! Giuseppe si fida della Parola di Dio e accoglie Maria non solo nella sua casa ma soprattutto nel suo cuore; quando si compirono per lei i giorni del parto è lui stesso che assiste la sua sposa Maria durante il travaglio nella santa grotta di Betlemme. E in quei momenti pieni di emozione e di timore aiutano il piccolo bambino Gesù a venire alla luce. Nessun medico e nessuna assistenza, nemmeno una stanza calda in albergo ma solo una stalla scaldata da un asino e da un bue. In una situazione umanamente difficile accade il più prodigioso dei miracoli: quel figlio annunciato dall’Arcangelo Gabriele ad una stupita fanciulla di Nazareth, quel figlio accol-to da Giuseppe come il suo, proprio quel bambino, Verbo in-carnato, venuto alla luce viene accolto dalle mani di Giuseppe, mani callose di un uomo che ha sempre lavorato il legno che in quel momento diventano mani di un padre e dolce culla per accogliere il Signore. Quelle mani accolgono il bambino e lo adagiano tra le braccia di una madre sfinita dalle fatiche del parto ma che conserva ancora l’energia necessaria per stingere al petto il suo piccolo bambino in quel gesto che ogni madre sulla terra ha sperimen-tato quando per la prima volta può stringere a sé il proprio fi-glio appena nato. La fiducia di S. Giuseppe nella parola di Dio lo aiuta nei mo-menti difficili ad affidarsi, a non contare solo sulle proprie forze, umanamente insufficienti, ma a diventare lui stesso strumento di salvezza nelle mani di Dio. I vangeli non ci raccontano molto della straordinaria figura di S. Giuseppe, pochi sono gli episodi che ce lo presentano; S. Giuseppe è un uomo umile che svolge in modo amorevole il suo compito di aiutare nella crescita il piccolo bambino Gesù e questo è il compito di ogni padre della terra. Lui che non era il padre biologico di Gesù, si assume pie-namente il compito di esserne padre con dedizione straordina-ria, lo aiuta a nascere, lo accoglie nel suo cuore e lo accompagna nella crescita. In questo periodo di Natale auguriamo ad ogni papà di poter imitare S. Giuseppe nella sua totale fiducia nella provvidenza! Enrica

S. Giuseppe uomo umile e padre come tutti nel dono dell’accoglienza

Domenica 18 dicembre si è svolto in oratorio l’incontro con i genito-ri che partecipano al primo anno

dell’itinerario di iniziazione cristiana dei loro bambini (tappa Betlemme).Le presenze non sono state numerose. Probabilmente la data un po’ infelice o forse (ma spero proprio che non sia così) la delusione per l’inconveniente capita-to nel precedente incontro zonale, dove il relatore, per uno spiacevole disguido non si è presentato, hanno contribuito a ridurre il numero dei partecipanti.Nella prima parte dell’incontro, solle-citati da don Angelo, i genitori presen-ti hanno potuto porre varie domande

a riguardo dei propri vissuti personali ma anche di interesse più “ecclesiale”, ad esempio sul problema dei sacerdoti pedofili.Nella seconda parte, invece, don Angelo ci ha proposto tre enunciati che costitui-scono la traccia per un iniziale cammi-no di fede: l’uomo ha bisogni primari che “urlano”, legati alle sue necessità di sopravvivenza, e bisogni secondari che “sussurrano”. Ebbene la fede è un bisogno primario che sussurra e che in-cessantemente deve trovare una soddi-sfazione.Seconda affermazione “Dio si fa incon-tro all’uomo, anzi così vicino, da diven-

tare egli stesso uomo in Gesù Cristo, li-beramente e gratuitamente, per propor-si come Salvatore rispondendo a quel bisogno primario che c’è nel profondo del cuore di ogni essere umano”.Ultimo punto “L’uomo liberamente ac-cetta di entrare in relazione con questo Dio, che è un Dio-padre, dicendo il suo sì, il suo eccomi”.Non c’è stato ulteriore tempo per appro-fondire questa traccia di riflessione, ma sicuramente questi temi saranno ripresi nei prossimi incontri e, proprio perché lo spero e lo desidero, non vedo l’ora che avvengano. Antonella

Il cammino continua

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9 Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012

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Anche quest’anno al cinema teatro Crystall è andata in scena la”Sinfonia di Natale”, uno spettacolo fantasti-co al quale hanno assistito famiglie, parenti ed amici.

Come gli anni scorsi la rappresentazione si è svolta alternan-do alla “cornice” i cori dei bambini dei diversi gruppi di cate-chismo. La cornice è stata recitata dai ragazzi di terza media, coordinati e diretti dalla catechista Antonella, che è riuscita ad ottenere una buona prestazione dopo molte prove, molta pazienza e molto impegno da parte di tutti. Anche perché di tutte le persone che si sono messe in gioco per fare questa recita, c’è stato qualcuno che all’ultimo momento si è “arreso” e non ce l’ha fatta, ma queste sono cose che capitano! Tutti i cori dei bambini quest’anno si sono esibiti dal vivo, accompa-gnati, sempre dal vivo, dalla pianola e dalle chitarre suonate stupendamente da dei virtuosi.Lo spettacolo alla fine è stato molto bello e divertente, perché gli attori hanno dato il meglio di sé ed ogni singola persona ha contribuito dando il meglio che poteva perché tutto riuscisse bene. Stare seduti lì, tutti insieme, a veder recitare e a sentir cantare i nostri amici, i nipoti, i figli, a ridere e ad applaudire : è stata una bella esperienza, uno dei momenti belli della vita.

Eravamo tutti lì aspettando il Natale, pronti ad accogliere Gesù; per una sera abbiamo messo in disparte i nostri pro-blemi e ci siamo sentiti vicini gli uni agli altri riuniti nel Suo nome. Erica

La sinfonia di Natale

Il 10 dicembre abbiamo pensato di proporre ai ragazzi di seconda me-dia del gruppo San Filippo un sa-

bato diverso. Ci siamo trovati in ora-torio alle 19, finito di apparecchiare i tavoli, una preghiera, e poi abbiamo mangiato la pizza tutti insieme.Dopo aver riordinato siamo andati in aula magna per la visione del film e grazie anche al prezioso aiuto di al-cuni genitori, ed alla presenza di don Angelo, siamo riuscite a gestire “l’en-tusiasmo” dei ragazzi.Don Angelo ci ha suggerito il titolo: Joyeux Noël un film tratto da una sto-ria vera che ci ha preparato al Natale.Durante la prima guerra mondiale sul fronte si contrappongono i Tedeschi, i Francesi e gli Scozzesi. La notte del-

la vigilia di Natale fra le fila scozzesi si intonano canti natalizi, in risposta dalla trincea tedesca un tenore into-na Stille Nacht ed immediatamente le cornamuse accompagnano questo canto. Il tenore intonando Adeste Fideles esce dalla trincea imitato da tutti. In breve viene decisa dai comandanti una tregua per quella notte e così i sol-dati si incontrano e si scambiano gli auguri condividendo quel poco che hanno, cioccolato e vino, e si mostrano le foto dei loro familiari.Il giorno dopo, Natale, decidono di prolungare la tregua, per dar modo a tutti di dar degna sepoltura ai caduti ed alla fine grazie alla presenza nelle fila degli scozzesi di un cappellano,

celebrano, tutti insieme, una messa in latino. Dopo questi momenti di frater-nità, e soprattutto dopo aver conosciu-to il “nemico” nessuno è più in grado di sparare. Dal momento in cui ciascu-no ha scoperto che chi si contrappone è un uomo come lui, con una famiglia, una moglie e magari anche dei figli….. non è più possibile alzare il fucile ed uccidere. Così per un po’ di tempo fin-gono di continuare la guerra, ma alla fine il gioco viene scoperto dai supe-riori e così i soldati vengono allonta-nati da quel fronte. Il film ci ha pre-sentato nella sua semplicità l’assurdità della guerra e credo che sia riuscito ad entrare nel cuore dei nostri ragazzi. Una catechista del gruppo S. Filippo

Gruppo San Filippo - serata cinema e pizza

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CISA

Ebbene sì, sto scrivendo un arti-colo non nuovo a tutti noi, ma che non smette di martellarmi

in testa la convinzione che si debba, proprio in questo momento, riscrive-re la Storia dei Popoli continuamente alla ricerca di una pace, che identifichi una ragione per cui vale la pena di esi-stere. Non voglio riprendere i fatti di cro-naca, che lasciano soltanto emergere una parte oscura dell’uomo, cui nes-suno vorrebbe riconoscersi, e trarre subito il motivo del ripetersi di questa cultura del disprezzo verso chi arriva da lontano, che impoverisce il nostro essere cristiani di fronte al messaggio evangelico “ama il prossimo tuo”, ri-preso anche nel titolo del libro, uscito da poco, di Enzo Bianchi e Massimo

Cacciari. Un teologo e un filosofo si confrontano per parlare e comprende-re che amare significa trovare se stessi; per fare questo non si può escludere chiunque sia, dall’incontro. Un incon-tro che è mancanza di paura, ed è ciò che Dio fa per primo insegnandoci, ol-tremodo attraverso il vangelo di Gesù, ad amare e pregare persino per i nostri nemici.Voglio anche citare il pensiero di uno storico, per uscire dal contesto religio-so, Franco CARDINI, che alla doman-da fattagli da un telespettatore in un programma televisivo, che riporta-va indietro nel tempo con il quesito: “Come possiamo credere in un’unio-ne Europea o comunque tra popoli, se da sempre tutti ci facciamo la guer-ra?”, ha risposto anche lui parlando di

amore, che solo attraverso l’amore, e lui intendeva anche tra uomo e donna di diversa cultura e razza, si può fab-bricare un mondo nuovo. Il dialogo con i popoli, allora, è il dia-logo che unisce e non divide, alla ri-cerca di un’accoglienza finalizzata al-l’amore. Fabbricare, costruire, mettere radici per una civiltà nuova quindi, che tenga presente costantemente che l’egoismo non dà nessuna opportuni-tà famigliare, culturale, sociale, eco-nomica e che solo attraverso una sana relazione con l’altro, meglio ancora se diverso da noi, possiamo realizzare una civiltà più ricca, creativa, migliore in tutte le sfaccettature dell’esistere e concretizzare il disegno di Dio. Daniela C.

La storia dei popoli

Il 27 novembre 2011 si è tenuto a Salò il primo incontro zonale per adolescenti e giovani. Il Papa ha indetto, a partire dal 2012, un anno di riflessione sulla fede, perciò

quest’anno i sacerdoti hanno scelto di lavorare su questo argomento. Ha tenuto l’incontro don Raffaele Maiolini, con molto brio e grande capacità di comunicazione. É partito dalla definizione che il vocabolario da della parola “CRE-DERE”, ne escono tre differenti significati: supporre; ritenere; confidare. A questo punto ci ha condotto a scoprire quale di questi corrisponde alla posizione che assume nella Bibbia questa parola. É partito da immagini di opere d’arte che dipingono la fede come una figura velata, che rappresentano una fede cieca, senza certezze se non la croce di Cristo che portano in mano e ci ha invitato a cambiare posizione, a valutare che credere significa dare fiducia a qualcosa. Non passivamente, senza nessuna ragione di certezza, ma appoggiando sulla roccia di una storia che si snoda nel

tempo. Su volti e persone che con la loro esperienza dimo-strano con certezza che la proposta di Cristo veramente cambia la vita e la rende più degna di essere vissuta. “Edi-ficate la vostra casa sulla roccia che è Cristo.” Ha risposto anche alle domande dei ragazzi e li ha invitati a dare valore alla propria vita. Ci ha invitati a non sottovalutarci, a non buttare via i doni che il Signore ha concesso a ciascuno di noi; a non abusare del nostro corpo e a valorizzarlo non sprecando la nostra purezza. La cosa che forse mi ha fatto più riflettere è stata la testi-monianza che gli ha dato la sua nonna: malata terminale a causa di un tumore che la immobilizzava, quando pregava, con grande fatica si metteva in ginocchio. “Non dite la pre-ghiera mentre vi state togliendo il calzino, o quando siete rannicchiati nel letto al calduccio sotto la coperta! Date a Dio la dignità che merita, mettetevi in ginocchio!”. Cristina C.

La fede: una certezza per la vita

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11Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012 Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012

Oratorio vita quotidiana a cura dell’Oratorio S. Filippo Neri

In quel di Betlemme e più precisamente nella chiesa della Natività arde costantemente una fiamma, alimentata con l’olio donato a turno da tutte le nazioni della terra, la tra-

dizione di diffondere questa luce nel mondo nasce in Austria nel 1986, quando un bambino va a prendere la luce nella grot-ta di Betlemme e la porta poi via aereo fino a casa dove viene distribuita su tutto il territorio austriaco.Negli anni successivi questa tradizione si diffonde in tutta Eu-ropa e nel 1992 arriva anche in Italia grazie alle associazioni scout di Trieste che da allora ogni anno si recano a Vienna ad accendere una lampada che poi servirà ad accenderne altre che vengono affidate a delle staffette che via treno percorrono

tutto il territorio italiano ed in ogni stazione in cui il treno si ferma la luce viene passata a coloro che sono lì ad attenderla e che poi la diffonderanno nel loro paese natale.Anche gli scout di Salò da diversi anni partecipano a que-sta stupenda tradizione e così alcuni membri della Comunità Capi si sono recati sabato 10 dicembre alla stazione di Desen-zano dove, assieme agli scout di S. Felice, Castiglione, Monti-chiari, Vobarno e molti altri ancora, hanno atteso il treno che portava la luce di Betlemme.Essi hanno poi custodito con cura la fiamma fino al sabato successivo quando tutto il gruppo di Salò si è trovato nel-l’oratorio di Roè Volciano per condividere un pomeriggio di giochi e riflessioni prima delle feste natalizie.Così il branco ha proposto un momento di raccoglimento e poi un simpatico gioco sul tema della luce, il reparto invece si è chiesto cosa possiamo fare noi per portare un po’ di pace nelle nostre vite e infine il clan ha concluso in allegria con una canzone e una preghiera sul Natale. Al termine di queste attività siamo stati raggiunti dai genitori i quali ci hanno letto una preghiera rivolta alla donna che ha dato i natali al figlio di Dio, Maria; infine don Giampietro, il nuovo parroco di Roè Volciano, ci ha dato la sua benedizione.Dopo tanto pensare e pregare una bella fetta di pandoro e panettone era d’obbligo e così la giornata si è conclusa in una festa e tra un augurio di buone feste e l’altro chi voleva ha potuto attingere alle lanterne con la luce della pace così da poterla portare nelle proprie case dove resterà accesa almeno fino a Natale e possibilmente fino all’epifania. Il Reparto Cassiopea

La luce della Pace

In ricordo di

Derio TonoliÈ ancora con lo strazio nel cuore che noi tutti della corale “Marco Enrico Bossi” sentiamo la perdita di Derio.Noi, che sapevamo della sua ma-lattia, abbiamo sempre sperato ma purtroppo oggi non è più tra noi.Ci manca molto la sua presenza, ancora di più durante le appena passate feste di fine anno, periodo in cui da molti anni ci si incontra-va con più assiduità per preparare i canti natalizi.Ci manca la sua passione per il canto, l’entusiasmo che ci ha sem-pre trasmesso, il suo sorriso carico di simpatia, la sua disponibilità verso tutti e, soprattutto, la sua fermezza nel tenere insieme la co-rale. Grazie Presidente, con infini-ta riconoscenza.A un amico carissimo, i coristi della Cappella Musicale del Duomo di Salò.

Preghiera di Madre Teresa

Non cercate Gesù in terre lontane:Lui non è là.È vicino a voi.È con voi.Basta che teniate il lume accesoe Lo vedrete sempre.Continuate a riempire il lumecon piccole gocce d’amoree vedrete quanto è dolceil Dio che amate.

Madre Teresa di Calcutta

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12Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012 Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012

Vita di parrocchia a cura di Renato Cobelli

Una manciata di ore mi separa dal-la conclusione di quest’Anno del Signore 2011, carico soprattutto di

ansie e di paure per il futuro. Ho abboz-zato un primo “schema di bilancio” per-sonale dei giorni trascorsi: lo depositerò davanti al Bambinello, nella Notte Santa, confidando nel Suo aiuto per un bonifico utile a pareggiare i conti.Ho sfrucugliato soprattutto la parte delle “poste attive”. Il contesto è tanto carico di delusioni e di sfiducia da costringermi a riguardare, rivalutandole, le “poste atti-ve”. E mi accorgo, ancora una volta, che buona parte delle operazioni classificabili con il segno positivo è rappresentata dalla rete di relazioni nelle quali, spesso anche mio malgrado, mi sono trovato inserito.Si tratta di rapporti interpersonali, pree-sistenti o nuovi, che mi hanno “toccato”: direttamente o indirettamente.Essere “toccati” è uno degli accadimenti più emozionanti e importanti della vita. Infatti, chi ti ha “toccato” nell’intimo, an-che una sola volta, ha lasciato una traccia indelebile, quasi profetica. Chi ti ha tocca-to è entrato in te, lo ospiti quindi nella tua casa, ha inciso la tua anima depositandovi semi che sono sorgenti di vita.Mi viene in mente, mentre scrivo que-st’appunto, il brano di Luca in cui si narra l’incontro di Gesù con la “peccatrice” nel-la casa del fariseo Simone. L’episodio è ri-portato al capitolo sette. Il padrone di casa assiste (probabilmente suo malgrado) alla scena in cui la donna poco raccomandabile unge con olio profumato i piedi di Gesù. Il fariseo non può trattenersi dall’esclamare: “Se costui fosse un profeta, saprebbe di che specie di donna è colei che lo tocca”.Mi colpisce il verbo “ toccare”, per il suo evidente significato corporale.La donna è rimasta folgorata dal contat-to, appunto anche fisico, con il Maestro.

Dopo questo incontro, la sua vita non sarà più la stessa. Sarà costretta a cambiare radicalmente il proprio atteggiamento. L’atteggiamento “amicale” di Gesù ha stravolto la sua esistenza. Avverrà in lei quanto mirabilmente descritto dal poeta vittoriano Gerard Manlej Hopkins: ” In un mondo più alto le cose vanno altrimenti, ma qui sulla terra vivere è cambiare, e la per-fezione è il risultato di molte trasformazioni” (Saggio sullo sviluppo della Dottrina Cri-stiana, 1845).L’amico che ti tocca, disarmato e disar-

mante, è in grado di cambiarti la vita: in un rapporto di reciprocità dove ognuno può essere se stesso, avendo lasciato ca-dere ogni maschera. Si tratta dell’evento, quasi indicibile, dell’amicizia: un senti-mento, una situazione, un cammino.È il miracolo da implorare sempre: qual-cuno che ti sappia toccare il cuore.A ben vedere, questo è il segno di Dio: che nessuno rimanga solo nella vita e che in nessuna casa manchi la festa del cuore.È proprio il sogno dell’uomo condividere la vita emotiva con altre persone, attraver-so relazioni intime e stabili, in un clima di disponibilità e di affidabilità. Attraverso

queste relazioni si può avvertire che Dio ti sfiora, ti tocca. Accade quando sei ubriaco di gioia e di amore, al punto da dire alle creature che ami parole totali, assolute e che vorresti eterne. Tuttavia accade anche quando i giorni trascorrono tra le lacrime, nell’abbraccio dell’amico; e quando, nel deserto di giorni sempre uguali, sei sor-preso dalla novità e dall’inaudito.Mi riferisco all’Amicizia: di quello stare con l’amico o l’amica che rappresenta la rivelazione dell’eterna infanzia di Dio, un’infanzia sempre facile al sorriso, al ba-cio, pronta al gioco. Un’età incantata che non ha l’obbligo di produrre o di lavorare per inverarsi, ma che è tuttavia portatrice di gioia, che non conosce ansia, non inclu-de la tortura di dover perseguire un senso trascendente e una vita fatta di scopi.Un’infanzia spirituale: paga di sè, del pro-prio dono, del miracolo di esistere insie-me. Dicono i “maestri del pensiero” che i giorni e i mesi a venire (forse gli anni) saranno difficili e penalizzanti.Vorrei porgere questo pensiero a chi cerca l’integrazione di umanità e spiritualità, di fede e affettività, l’armonia non facile ma possibile di maschile e femminile: seppur nell'attuale contesto di crisi profonda, soprattutto antropologica, in cui versa il mondo occidentale.Vorrei dedicarli a chi cerca per la pro-pria storia spirituale nuovi sentieri, ivi compresi quelli forse rimasti nascosti sottotraccia: sono i filoni profondi e non immediatamente evidenti del cammino dell’umanità. Sono rivolti soprattutto a chi non si accontenta delle letture ufficiali, a chi ama la poesia e la libertà del cuore.Sono dedicati a chi non teme la passione per la vita, con le sue gioie e suoi pati-menti; a chi considera l’Amicizia paradig-ma delle relazioni interpersonali: cioè, un dono di Dio.

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13 Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012

Notizie utili a cura di Giovanni Ciato

Assistiamo in questi anni al feno-meno della migrazione di esse-ri umani dai paesi poveri verso

quelli ricchi.A questa gente, proveniente per lo più dall’Africa e dall’Asia, dopo la cadu-ta del muro di Berlino, si è aggiunta anche la migrazione proveniente dai paesi dell’Europa dell’est.Tutti questi spostamenti sono per la maggior parte motivati da aspirazioni personali per mi-gliorare le proprie condizioni di vita e, in una percentuale minore, sono causati da guer-re e da conflitti etnici e perse-cuzioni razziali.Si tenta spesso di analizzare i flussi migratori, dobbiamo però essere consapevoli del fatto che la migrazione non è un fenomeno semplice e tan-tomeno circoscritto nel tem-po, ma un fenomeno com-plesso e sempre di attualità, con la previsione di una cre-scita esponenziale per il futu-ro e non solo dal sud verso il nord o dall’est verso l’ovest, ma anche negli altri 2 sensi.La ricerca di migliori con-dizioni di vita per i giovani ricercatori italiani di oggi è nei paesi emergenti, dove la crescita del P.I.L. (Prodotto Interno Lordo) crea posti di lavoro e necessità di collabo-razioni internazionali, come Cina e India, ma si pensi ad esempio alla Russia e al commercio internazio-nale di prodotti e materie prime, come gas, ferro, ma non solo, si pensi alla primavera araba e a quali nuove con-dizioni di lavoro si prospettano per i prossimi anni nel nord dell’Africa, Li-bia in testa.Le migrazioni sono quindi “fenome-ni molto complessi” che hanno ra-dici profonde e vanno affrontate, ma soprattutto vanno capite per trarre la parte positiva che questi bagagli por-tano con sé.Nessuno ne parla ed è sconosciuta ai più, ma la più grande migrazione in atto da oltre trent’anni, non è quella che assistiamo sulle sponde di Lam-pedusa, ma la migrazione all’interno della Cina, dove si stima che oltre 130 milioni di cinesi si sono trasferiti dalle

zone rurali meno sviluppate del pae-se, verso quelle più industrializzate e questa sembra essere “la più grande migrazione della storia dell’umani-tà”. Un po’ come alla fine del “700 in Europa con il fenomeno dell’urbane-simo dopo l’applicazione del vapore per azionare i telai e le macchine per la tessitura in serie che portò allo spo-stamento di grandi masse di contadini

dalle campagne alle città e che portò ad una nuova società, nuove idee poli-tiche e alla nascita del sindacato.Indipendentemente dai punti di vista personali, l’importante è non cadere nella trappola dei luoghi comuni e personalmente osservo come, sotto l’aspetto scientifico, ma anche sotto quello antropologico, ad esempio, la mutazione genetica ha costituito il rafforzamento della specie, e la specie umana, nella sua lunga storia iniziata alcuni milioni di anni fa, sia con il pri-mitivo Homo habilis che con l’Homo erectus, ha sempre manifestato la pro-pensione alla migrazione, a spostarsi per andare alla ricerca di nuovi terri-tori e cibo, in poche parole: alla ricer-ca di migliori condizioni di vita.Senza avere la presunzione di voler riannodare i fili della storia che ha

portato la nostra specie, emersa in una piccola vallata etiopica, sino a colo-nizzare l’intero Pianeta e a diventare quell’insieme di etnie e culture diver-se che ci caratterizza, va detto che gli oltre 6 miliardi di esseri umani che popolano oggi la Terra discendono da un antenato africano vissuto meno di duecentomila anni fa, che portò i suoi discendenti a migrare attraverso il Me-

dio Oriente, l’Asia, le steppe del Caucaso e verso l’Europa, separandosi così per speciazio-ne e da qui, attraverso l’adatta-mento alle diverse condizioni di clima e di cibo, alle razze. Queste continue migrazioni hanno portato alla sostituzio-ne di etnie generando i meticci che a loro volta sono diventati razze e così via, generando per ogni continente le diversità fra le varie popolazioni.Ma c’è una domanda che as-silla da anni gli studiosi: nelle nostre cellule ci sono ancora le tracce della prima donna che ci ha lasciato il suo DNA mi-tocondriale e del primo uomo che ci ha lasciato il suo cromo-soma Y? Stiamo assistendo in quest’ul-timo decennio ad un nuovo mescolamento di etnie diverse attraverso l’unione di coppie di razze diverse e l’Italia, da sempre al centro di invasioni e di migrazioni ha il popolo che

è andato in giro per il mondo più di altri, in tutti i continenti.Sembrerà strano, in un momento stori-co particolare come quello che stiamo vivendo, dai trafficanti di esseri uma-ni a quelli di droga, dalla crisi interna-zionale alla manovra economica e così via, ricordare la “valigia di cartone”, simbolo di un’Italia che ormai non c’è più, sostituita oggi dall’immagine del-la manovalanza di colore che gradual-mente ha sostituito i nostri operai e al tempo stesso i nostri figli che dovran-no probabilmente migrare per trovare migliori condizioni di vita.Sta proprio cambiando tutto e in fretta, probabilmente anche le rotte migrato-rie e alla fine chissà dove le tracce di quell’impronunciabile DNA verranno trovate, con molte probabilità in qual-cuno che avrà radici italiche.

La valigia di cartone

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14Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012 Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012

Scuola paritaria cattolica a cura della Scuola “E. Medi”

La scuola, si sa, non si fa solo a scuola… Intendia-mo dire che non si impara solo tra le pareti di un’aula o di un laboratorio, per quanto moderni

ed informatizzati essi possano essere: molto s’impara fuori dalla scuola, tra le strade, i palazzi, le abitudini, la vita di un paese e della sua gente. E se questo è vero per ciascuno di noi, e per dei giovani in particolare, è ancor più vero per gli studenti di un liceo linguistico, che, insieme alle strutture di alcune lingue straniere, devono imparare a conoscere anche la cultura che da quelle lingue è veicolata. Ecco perché gli studenti del Liceo Linguistico e del Liceo delle Scienze umane Enrico Medi, accomunati dallo studio dello spagnolo quale seconda lingua stra-niera, hanno effettuato, lo scorso novembre, un’uscita didattica a Madrid: per cinquantanove ragazzi un au-tentico tuffo di tre giorni nella storia e nella cultura di un’affascinante ed importante capitale europea! Allietate da un tempo quasi primaverile, le lunghe camminate per i viali e le piazze della città, all’interno di musei, gallerie e palazzi, per le scale e le gallerie della metropolitana hanno permesso loro di esplorare le diverse zone della città. Hanno ammirato la Plaza Mayor, la piazza più famosa di Madrid, con artisti di strada immortalati dai nume-rosi turisti, hanno assaggiato i prodotti tipici spagnoli, hanno visitato il Palazzo Reale, antica residenza dei re di Spagna, ora utilizzata solo per cerimonie ufficiali, circondato da bellissimi parchi e giardini. Hanno visitato la Stazione di Atocha, antica stazio-ne ferroviaria di stile ottocentesco con all’interno un enorme giardino tropicale e numerosi negozi e attra-versato il Parco del Buen Retiro, anticamente luogo di ritiro della corte in preparazione a momenti solenni e attualmente parco pubblico molto frequentato da cit-tadini madrileni, artisti di strada, musicisti e turisti. Poi è stata la volta del Museo del Prado, una delle pi-

nacoteche più famose del mondo, che raccoglie opere di artisti italiani, fiamminghi e spagnoli e che a questi ragazzi ha regalato molte emozioni, davanti ai quadri di Velázquez e Goya...Si sono poi mescolati, alla Puerta del Sol, ad una folla in festa sotto un gigantesco albero di Natale, si sono entusiasmati con uno spettacolo di flamenco, hanno ammirato quadri di Salvador Dalí e Pablo Picasso… hanno fatto una visita fugace alla Plaza de Toros e allo stadio Santiago Bernabeu per accontentare anche gli appassionati di calcio…Hanno condiviso momenti unici: la fatica e la stan-chezza per un’esperienza così intensa sono già passa-te. L’arricchimento culturale e i bei ricordi resteranno per sempre.Di diverso tipo è stata invece l’esperienza di un altro gruppo di studenti delle prime liceo, che, agli inizi di dicembre, si sono recati a Bolzano. Hanno infatti par-tecipato, presso il Museo Archeologico dell’Alto Adi-ge, ad uno speciale laboratorio allestito in occasione del ventesimo anniversario del ritrovamento della Mummia del Similaun, il famosissimo Ötzi. Dopo la visita guidata al museo, completamente rial-lestito in occasione di questo anniversario, i ragazzi sono infatti stati coinvolti in una divertente attività tra i reperti museali, le ricostruzioni dell’uomo e del-l’ambiente del Neolitico in cui visse e morì (anzi: fu ucciso!): il percorso si concludeva poi con la registra-zione di alcuni filmati, nei quali gli studenti, divenuti giornalisti, riferivano i risultati del loro lavoro davanti ad una telecamera, azionata da uno di loro. E lo hanno fatto con attenzione e, oserei dire, con … professiona-lità! I ragazzi hanno imparato e si sono divertiti mol-to; il personale del Museo si è stupito per l’impegno, la preparazione e l’abilità dimostrati; le insegnanti si sono sentite orgogliose di questi allievi!

In cammino dal passato verso il futuro

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15 Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012

Notizie sociali a cura della FNP-CISL di Salò

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Domanda: come si calcola l’ICI per il 2012?Risposta: l’ICI non si chiamerà più ICI ma IMU. La base per calcolare l'IMU è data dalla rendita catastale la quale va incrementata del 5 per cento (già in vigore dal 1997) e di un ulteriore 60 per cento. Questa ren-dita catastale rivalutata va moltiplicata per cento, per ottenere il valore catastale dell'immobile. Per calcolare l'IMU, bisogna poi applicare al va-lore catastale l'aliquota: per la prima casa, dello 0,4 per cento (che ciascun Comune può variare da un minimo di 0,2 ad un massimo di 0,6 per cento); per le altre proprietà, dello 0,76 per cento (che ciascun Comune può va-riare da un minimo di 0,46 ad un massimo di 1,06 per cento). All’IMU va detratto un importo di 200 euro, se la casa è usata come abitazione principale. Se nella famiglia ci sono figli fino a 26 anni d'età, si ha diritto ad un'ulteriore detrazione di 50 euro a figlio, fino ad un massimo di 200 euro (cioè dal quinto figlio in poi non ci sono sconti ulteriori). Esempio di calcolo per l’abitazione principale

Casa di categoria catastale A/3, di circa 100 metri quadrati, con rendita catastale di 945,11 euro, adibita come abitazione principale. > Rendita catastale rivalutata del 5%: 945,11 + 5% = 992,37 > Rendita catastale rivalutata del 60%: 992,37 + 60% = 1.587,78 > Valore catastale: 1.587,78 x 100 = 158.778 > IMU: 0,4% di 158.778 = 635,11 > Detrazione prima casa: 635,11 - 200,00 = IMU € 435,11

Domanda: per coloro che erano in attesa di andare in pensione, con il decreto “Salva Italia”, i tempi si sono prolungati. Nella ridda di notizie posso sapere qualcosa di preciso?Risposta: La riforma della previdenza, attuata con il Decreto legge n. 201/2011, varato dal Governo Monti il 6 dicembre 2011, è considerata il primo tassello di una riforma più completa che riguarderà anche gli am-mortizzatori sociali. Dato che la materia è stata rivoluzionata ed è anco-ra oggetto di aggiustamenti riportiamo solo gli aspetti più importanti e che sembrano definiti. Per poter andare in pensione, prima della riforma Monti, i requisiti potevano essere legati all’età anagrafica (pensione di vecchiaia), oppure ad una combinazione di età anagrafica ed anzianità contributiva (pensione di anzianità). Ora non ci sono più le pensioni di anzianità e sono stati aboliti meccanismi complessi come per esempio, le “finestre d’uscita” e le “finestre mobili”. Tali regole valgono solo per chi ha maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2011. Per tutti gli altri, dal 1° Gennaio 2012, si fa riferimento all’età anagrafica, si istituisce la flessibili-tà e si applica il sistema contributivo-pro rata.

Età di pensionamento - L’età minima per andare in pensione, che per de-cenni è stata di 60 anni per le donne e di 65 per gli uomini, è ora diventata come indicato di seguito e vale solo per chi ha maturato 20 anni di con-tributi versati. *Età minima per il pensionamento 2012 (vecchiaia): * Donne * Uomini Lavoro dipendente pubblico 66 anni 66 anni Lavoro dipendente privato 62 anni 66 anni Lavoro autonomo 63 anni e 6 mesi 66 anni

“Tale età dovrebbe diventare gradualmente, per tutti, di 66 anni dal 2018, senza distinzione di sesso o di ambito lavorativo. Inoltre subisce gli ade-guamenti ogni due anni, in base alle variazioni della speranza di vita. Dal 2021, in ogni caso, l’età minima di pensionamento è fissata a 67 anni . Pensione anticipata - Chi ha cominciato presto a lavorare, può andare in pensione prima delle età sopra indicate, alle seguenti condizioni: le don-ne, se hanno maturato 41 anni e un mese di contributi versati; gli uomini, se hanno maturato 42 anni e un mese di contributi versati. In tal caso, però, c’è una penalizzazione: l’importo della pensione viene tagliato del 2 per cento per ciascun anno di anticipo rispetto all’età sopra riportata. Inoltre, vige ancora la norma che consente alle donne, in via sperimentale e fino al 31 dicembre 2015, di andare in pensione coi requisiti di anzianità (57 anni d’età e 35 di contribuzione), se scelgono l’applicazione del solo metodo contributivo per il calcolo dell’assegno mensile.Pensionamento flessibile - Con le nuove regole, è possibile ritirarsi dal lavoro anche dopo aver maturato i requisiti dell’età minima, fino all’età di 70 anni. In tal caso, l’importo della pensione aumenta, essendo applicato il “coefficiente di trasformazione” che tiene conto dell’età.Adeguamento alla speranza di vita - A partire dal 2013, i requisiti ana-grafici vengono adeguati in base all’eventuale aumento della speranza di vita, così come viene rilevato dall’Istat. Tale adeguamento avviene inizial-mente ogni tre anni e poi, dopo il 2015, ogni due anni.Eccezioni - Possono andare in pensione a 64 anni: i lavoratori del setto-re privato che, essendo in possesso di 35 anni di contribuzione e con le vecchie regole avrebbero maturato i requisiti di anzianità con il sistema delle “quote” entro il 31 dicembre 2012 (tipicamente i nati nel 1950-52); le lavoratrici del settore privato che hanno maturato 60 anni d’età e 20 anni di contributi. Rivalutazione: blocco della rivalutazione automatica delle pensioni oltre i 1.402 euro lordi. L’INPDAP e l’ENPALS sono soppressi e le relative funzioni sono attri-buite all’INPS.

La Chiesa vive ed opera nella storia, interagendo con la società e la cultura del proprio tempo, per adempiere la sua missione di comunicare a tutti gli uomini la novità dell’annuncio cristiano, nella concretezza delle loro difficoltà, lotte e sfide, così che la fede li illumini a comprenderle nella verità che «aprirsi all’amore di Cristo è la vera liberazione». CDSC 524

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16Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012 Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012

Cinema teatro Cristal a cura di Lamberto Dondio

Concerto di Santo Stefano

La “Junior Band” della Scuola di Musica “Lucia Bolleri” della Banda Cittadina Gasparo Bertolotti di Salò, diretta da Chiara Turati, è ormai abituata ad esibirsi in concerto e pertanto è tocca-

to a questa formazione giovanile aprire l’evento nella serata di Santo Stefano al Cristal. Ha pertanto eseguito con la bravura che la contrad-distingue tre pezzi, oltre ad un suo proprio, consistenti in “L’ultimo dei Mohicani” di Trevor Jones nell’arrangiamento di Frank Bernaerts, “The Joy of Christmas” di Oliver Mann e “Nessun Dorma” di Puccini, questo brano eseguito con gli ottoni dell’Orchestra a fiati “Gasparo Bertolotti”.Ha poi preso posto sul palcoscenico la formazione completa dell’Or-chesta a Fiati, come può giustamente essere denominata la nostra Banda Cittadina. Sul podio il maestro Andrea Loss e in veste di pre-sentatore il presidente Mauro Salvadori.Il programma è stato caratterizzato dalla presentazione di brani scritti appositamente per un organico di Orchestra a Fiati, percorso questo che la direzione di Andrea Loss ha da tempo valorizzato.In tale scenario si colloca l’esecuzione di “Ouverture to a New Age” composto da Jan de Hann, un pezzo davvero composito che ha impe-gnato in continuità gli esecutori e “Folk Song Suite for Military Band” del musicista R. Vaughan Williams.La particolarità della serata è consistita nell’inserimento del soprano Laura Crescini la quale ha eseguito, accompagnata dalla formazione musicale, dapprima “Astro del Ciel” il celeberrimo pezzo eseguito in tutto il mondo nel particolare arrangiamento di Claudio Mandonico. La voce del soprano è stata esaltata poi dagli altri due brani “Irving Berlin’s America” nell’arrangiamento di Paul Murtha e “Dream in the Silent Night” nell’originale versione data dal giapponese Toshio Mashima.L’efficacia delle esecuzioni per soprano e orchestra è consistita nel tono particolarmente equilibrato tenuto dall’accompagnamento mu-sicale che ha permesso di rendere totalmente comprensibile al pubbli-co i testi dei brani, ricordando che Irving’s America costituisce quasi un secondo inno nazionale per gli Stati Uniti d’America.Ricordiamo che Irving Berlin aveva la musica nel cuore e componeva i suoi pezzi in chiave di do maggiore. Un particolare pianoforte prov-vedeva poi a trasformare i brani nella altre chiavi musicali..Un omaggio al musical è stato reso dalla presentazione di brani tratti dalla commedia musicale “Porgy and Bess” di George Gershwin, al-tro pilastro della musica americana, arrangiati da James Barnes.Come si vede si è trattato di un programma particolarmente impegna-tivo che ha dimostrato ancora una volta la validità del percorso intra-preso dall’Orchetra a fiati “Gasparo Bertolotti” sotto la guida della nuova direzione musicale e che l’ha resa completa in tutta la gamma di espressioni valorizzando, nella scelta degli autori, il più ampio ven-taglio di potenzialità che la formazione può eseguire. Lamberto Dondio

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Perché farsi sfuggire la possibilità del grande amore?

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Martedì 24 gennaioUn adolescente perdigiorno, un professore indolente,

un evento che li unisce. Chi farà crescere chi?

Scialla!di Francesco Bruni

====================================== Martedì 31 gennaio

Una coppia ancora giovane vede morire amore, felicità e futuro.

Una separazionedi Asghar Farhadi

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Martedì 7 febbraioMeraviglioso gruppo di lustrascarpe, extracomunitari,

affamati, perdenti e clochard. Eppure angeli.

Miracolo a Le Havredi Aki Kaurismäki

Anteprima

7 – 8 – 9 gennaio

Immaturi – il viaggio di Paolo Genovese,

con Raoul Bova e Ambra Angiolini

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17 Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012

Capire la Liturgia a cura di Rosa Pollini

La celebrazione liturgica è alimento di un’autentica vita cristiana, sia perso-nale sia comunitaria (Giov. Paolo II).

Sappiamo che nel definire una realtà la terminologia che viene utilizzata riveste una certa importanza poiché attraverso essa si esprime una ben determinata sensibilità teologico-spirituale e viene comunicato un particolare modo d’in-tenderne il contenuto. I termini più importanti a cui la tradi-zione si richiama e sui quali ora voglio soffermarmi, sono: breviario, Ufficio di-vino, liturgia delle ore. L’insegnamento magisteriale contemporaneo, adottando l’ultima denominazione citata, ha per-messo alla comunità ecclesiale di fare un salto di qualità nella comprensione della preghiera pubblica della chiesa. Il termine «breviario» che “popolar-mente” definisce la preghiera della chiesa è un’espressione molto povera e si riferisce unicamente alla materialità del testo. Filologicamente esso significa libro abbreviato, portatile e destinato al-l’uso privato. Una tale terminologia orienta l’attenzio-ne solo su ciò che è estrinseco, non dice nulla circa il contenuto e il significato della preghiera pubblica della chiesa, ha di mira il testo, non il valore dell’ora-zione ecclesiale. Simile Orientamento non poteva essere accolto in un conte-sto conciliare dove l’ansia di verità e di autenticità interna anima e agisce nel popolo di Dio. L’espressione «Ufficio divino», fatta propria dal Concilio Vaticano II nel do-cumento sulla S. Liturgia (83-101), ci in-troduce nella visione propriamente cul-tuale della chiesa. Tuttavia essa rimane ancora generica. Nell’Antichità cristiana il sostantivo “officium” designava qual-

siasi azione e servizio cultuale e l’ag-gettivo “divinum” mette in luce la meta dell’atto liturgico. Il nuovo termine «liturgia delle ore» ci facilita nella comprensione teologica e spirituale della preghiera pubblica della chiesa che è “liturgia” secondo la spe-cificità dell’orarietà e dell’orazione che, alla luce di SC 7, è il segno significante e santificante della comunità cristiana. La sua ragion d’essere è di consacrare tut-ta la vita dei credenti al culto in spirito e verità. La liturgia delle ore, secondo questa nuova nomenclatura, fa parte del grande mistero della liturgia che s’iscri-ve nell’economia della salvezza voluta da Cristo. La caratteristica di questa liturgia è d’essere costituita essenzial-mente dalla preghiera nella quale ab-biamo la continua attualità della storia della salvezza secondo le sue caratteri-stiche (SC 5-8): teocentrica, cristologica, pneumatica, ecclesiale. La liturgia delle ore è un elemento della vita ecclesiale intimamente legato alla fede, è il luogo della confessione del Dio uno e trino, fonte di ogni bene, è celebrazione della teologia viva in una Chiesa che gode d’essere immersa nel divino. In tale prospettiva la preghiera è sempre l’espressione del riconoscimen-to da parte dell’uomo dell’economia di-vina della salvezza che ha in Dio il suo principio e il suo compimento secondo la visione cara ai Padri della chiesa: ogni dono salvifico viene dal Padre mediante il Figlio nello Spirito Santo e nello Spi-rito mediante il Figlio ritorna di nuovo al Padre. La liturgia delle ore si colloca all’interno di un simile dinamismo discendente-ascendente in forza della dimensione dialogica propria ad ogni azione liturgi-

ca (SC 33), del valore santificante della Parola divina che particolarmente nella liturgia delle ore si muta in preghiera umana gradita a Dio che sale lassù come sacrificio vespertino (Salmo 140,2). La li-turgia delle ore è un’espressione neces-saria per la chiesa di Cristo che si pone al servizio degli uomini. In essa si ma-nifestano tutti i sentimenti dell’uomo che viene avvolto nella bontà divina; la lode e l’intercessione, la dossologia e la domanda sono intimamente legati nella liturgia delle ore ove si esprime il culto in spirito e verità della nuova alleanza. La liturgia delle ore è una espressione privilegiata del dialogo che Dio ha vo-luto instaurare con gli uomini redenti nel sangue del suo Figlio e che li condu-ce mediante lo Spirito lungo tutto l’arco della storia, storia che è animata dal ri-torno della creatura verso il suo creato-re. La comunità cristiana lasciandosi av-volgere nel mistero trinitario e guidare dal linguaggio ecclesiale viene sempre immersa nella nube divina e gode d’es-sere popolo salvato in cammino verso la pienezza della lode nella Gerusalemme celeste. La liturgia delle ore, garantita dal Ma-gistero e in continuità con la lunga tra-dizione della chiesa, offre ai credenti la certezza della piena ortodossia nella confessione della fede e conferma la ricchezza di una preghiera che piace a Dio e che tocca il suo cuore: la preghie-ra della Sposa del Verbo incarnato. La celebrazione quotidiana della liturgia delle ore rappresenta la sedimentazione sacramentale della vocazione continua della chiesa a pregare e la sua scuola pe-renne per crescere nel vero e fruttuoso dialogo giornaliero con la SS. Trinità e nella SS. Trinità.

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18Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012 Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012

Musica e Canto a cura di Lamberto Dondio

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Parlando della Corale “Marco En-rico Bossi” è doveroso ricordare il suo ultimo presidente Derio

Tonoli così prematuramente tolto alla sua famiglia e alla corale della quale è stato valido componente da parecchi anni. A lui il nostro pensiero e una pre-ghiera.Nell’ultimo numero de “Il Duomo” è apparso l’appello della corale volta a ricercare nuovi componenti, in par-ticolare voci maschili, allo scopo di poter arrivare alla formazione di un organico migliore rispetto a quello at-tuale.L’appello è stato evidentemente for-mulato allo scopo di assicurare alla Corale “MARCO ENRICO BOSSI”, Cappella del Duomo di Salò, il pro-seguimento della sua funzione e della sua continuità nel solco della tradizio-ne che data indietro di parecchi secoli. Quando si parla di voler migliorare la composizione della corale non dobbia-mo dimenticare quella linea ideale che congiunge l’attuale formazione alla “Cappella Musicale del Duomo” di Salò della quale i documenti attestano l’esistenza sin dal 1570 e, in forma non di corale ufficialmente costituita an-che prima. Una ricerca del 1922 del Rev. Mons. Paolo Guerrini evidenzia che la Catte-drale di Salò, consacrata in data 18 ot-tobre 1502 ebbe, fino alla soppressione napoleonica, un collegio di canonici e di cappellani corali che cantavano ogni giorno l’Ufficiatura con decoroso culto.La funzione della corale, oltre che l’ac-compagnamento delle funzioni litur-giche ha sempre svolto il suo compito consistente nella formazione dei cori-

sti. Forse anche per questo, allo scopo di dare rilievo al suo impegno didatti-co, vera e propria scuola di canto, ha assunto nel 1924 la denominazione di “Schola cantorum San Gregorio Ma-gno”. Nel 1929 il nome dell’insigne organista salodiano “Marco Enrico Bossi” venne abbinato alla denomina-zione di Schola Cantorum e la corale assunse la denominazione di “Schola cantorum Marco Enrico Bossi”. Salvo un mutamento di breve durata avve-nuto nel 1955 la corale ha successiva-mente sempre mantenuto il nome di Marco Enrico Bossi nella sua denomi-nazione.Sfogliamo un ideale album che vede rappresentata l’attività della Corale Marco Enrico Bossi negli anni recenti.Sempre presente nelle funzioni reli-giose ecco un evento che rende nota la corale ad un vasto pubblico: il Concer-to teleripreso dalla R.A.I. che vedeva la corale diretta dal Maestro Cofano con all’organo Monica Cipani.Simpatico questo ricordo espresso da alcuni coristi: il regista era un sacer-dote che quando ha visto i tappeti e le piante collocati nel Duomo li ha fatti togliere tutti affermando: “Una chiesa così bella non necessita di addobbi.”Vengono poi le manifestazioni esterne che presero notevole impulso sotto la direzione di Padre Angelo Coan del quale peraltro era stata ampiamente apprezzata la Messa Dodecafonica da lui composta e diretta.Con Padre Angelo assume notevole importanza anche l’accompagnamento dell’orchestra e l’inserimento di voci soli-ste che poi si sono inserite nel panorama musicale di grandi teatri. Vogliamo ricor-dare alcuni di questi eventi:

•• Esecuzione per soli, coro e orche-stra del SALMO DECIMOTTAVO di Benedetto Marcello (1686-1739) e del-l’ORATORIO JEPHTE di Giacomo Ca-rissimi (1605-1674).

•• Esecuzione per soli coro e orche-stra di brani di Giuseppe Verdi.

•• Esecuzione della PETITE MESSE SOLEMNELLE di Gioacchino Rossini.

Attuale direttore della corale è il mae-stro Carlo Ragnoli. In un colloquio che ho avuto con lui mi riferisce che quan-do Mons. Andreis lo ha contattato per affidargli la direzione è stato per lui un motivo di orgoglio ed entusiasmo. In fondo dirigere una corale nel Duo-mo di Salò non è cosa da poco. Quando ha iniziato la sua direzione la corale dimostrava già una buona pre-disposizione per l’obiettivo che si pre-figgeva di raggiungere: la polifonia.Da qui il significato dell’appello: rin-forzare le voci per l’obiettivo di una vera polifonia.Anche il maestro Ragnoli ha inserito in alcuni eventi l’orchestra come nel caso del concerto di San Felice del Be-naco in cui abbiamo assistito ad una piacevole rimpatriata di ex coristi.Non si dimentichi poi che la Corale Marco Enrico Bossi ha portato la sua voce a Vienna, a Praga, a Pisa e a Pa-dova nella Basilica del Santo, per cita-re solo alcune uscite.Mi associo pertanto all’appello rivolto a uomini e donne “di buona volontà” perché si uniscano ad una corale che tanto ha dato alla nostra comunità e tanto continuerà a dare.

Corale M. E. Bossi il significato di un appello

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19 Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012

Accade a Salò e dintorni

- Salò 1 Via Pietro da Salò - Località Rive- Salò 2 Piazza Vittoria, 13- Salò 3 Piazza Vittorio Emanuele, 20

Filiali di:

Imbottigliamento: a noi i canoniIl Comune rivendica il diritto di incassare i canoni delle con-cessioni per l’imbottigliamento dell’acqua minerale Tavina. Si tratta di circa 113mila euro annui che oggi finiscono nelle casse della Provincia. Ora la Giunta ha approvato l’adesione ad un Protocollo d’intesa tra comuni lombardi sul cui terri-torio sono attive concessioni per lo sfruttamento dell’acqua minerale. Il protocollo si prefigge l’obiettivo di «avanzare alla Regione la richiesta di destinare ai comuni i fondi deri-vanti dal relativo canone». Tali risorse verrebbero utilizzate per la salvaguardia dei bacini idrominerali. Costituirebbero insomma una compensazione per i vincoli che gravano sui comuni per garantire l’integrità della risorsa. «Mentre i pro-venti delle concessioni finiscono in Provincia – ha commen-tato il sindaco Barbara Botti – a noi restano gli oneri». Ri-cordiamo che il contributo che gli imbottigliatori devono al pubblico per ogni 1000 litri di acqua imbottigliata ammonta a 1,20 euro (0,90 se imbottigliata in bottiglie di vetro).

Nuovi fondi librari per l’AteneoCresce il patrimonio culturale salodiano. L’eccezionale rac-colta libraria dell’Ateneo ha accolto nei giorni scorsi due nuove donazioni: i fondi «Emilio Mariano» e «Vittorio Pirlo». Il fondo Mariano (1914-2010) è stato donato dalla moglie Vera Luise e dalla figlia Alessandra per onorare la memoria del loro congiunto. Sono libri di studio, molti dei quali di grande valore scientifico e bibliografico, numerosi di argomento dannunziano (Mariano è stato soprintendente del Vittoriale). Dannunziana anche la donazione, sia pure in forma cinquantennale, di Vittorio Pirlo: lettere autografe di d’Annunzio e di Luisa Baccara al dott. Duse, volumi, foto-grafie e altre carte rivelatrici, in tutto circa 500 pezzi.

Orti comunali: pubblicato il bandoAperta la fase dell’assegnazione degli «orti sociali comunali». Questi i requisiti per poter presentare richiesta: essere resi-denti a Salò da almeno 5 anni; non avere proprietà o disponi-bilità di altri appezzamenti coltivabili in territorio salodiano; aver compiuto 55 anni. Possono fare domanda anche associa-zioni o enti costituiti a tutela di persone diversamente abili o con funzioni sociali. La concessione dell’orto avrà durata triennale, con possibilità di rinnovo. È possibile scaricare il modulo per la domanda dal sito del comune o richiederlo al-l’ufficio Servizi sociali. La scadenza per la presentazione delle domande è fissata alle ore 12 del 30 gennaio 2012.

Piscina e stadio: via libera ai lavoriL’ultimo Consiglio comunale del 2011 ha dato il via libera alle opere di ampliamento della piscina «Due Pini» e dello stadio «Lino Turina», entrambi di proprietà pubblica. Ma se per la piscina le opere sono ormai imminenti, per quanto riguarda il campo da calcio tutto è legato alla permanenza della Feralpi in Lega Pro 1 (per nulla scontata visto che la squadra è ultima in classifica). Di certo, per ora, c’è solo l’intervento sulla piscina. È pro-grammato un ampliamento della struttura nella zona del-l’ingresso, circa 2.400 nuovi metri cubi di volumetrie (di cui 1.650 al piano terra e 750 su due livelli superiori) che ospi-teranno una palestra, un’area per la fisioterapia, bar, kinder area e sala riunioni per il personale. I lavori inizieranno il prossimo autunno.

Livelli del lago: servono nuove regole«Un intervento d’urgenza delle Regioni Lombardia e Ve-neto, della Provincia autonoma di Trento e dell’Autorità di Bacino del Po affinché la disciplina dei livelli lacustri sia mo-dificata ed aggiornata entro il primo semestre del 2012». È la richiesta dei sindaci rivieraschi e dei presidenti degli enti preposti alla depurazione. I Comuni gardesani chiedono di «elevare il livello minimo dagli attuali 15 a 40 cm e di ridurre il livello massimo dagli attuali 140 cm ad una misura che non pregiudichi il funzio-namento degli impianti di depurazione, stimata in 120 cm sopra lo zero idrometrico di Peschiera». I sindaci si aspetta-no che le due Regioni, la Provincia di Trento e l’Autorità di Bacino del Po, unici enti titolati a modificare la normativa, intervengano al più presto.

Nuovi studi sulle «mummie» di SalòI reperti anatomici della collezione del dott. Giovan Battista Rini (1795–1856), medico salodiano con il pallino dell’imbal-samazione, tornano alla ribalta della cronaca grazie a nuo-vi, recenti studi condotti dal paleopatologo siciliano Dario Piombino-Mascali. Lo studioso, specializzato in «mummiologia» (è ricercatore dell’Eurac, l’Accademia europea di Bolzano che si è occu-pata delle ricerche su Ötzi, la mummia del Similaun), ha svolto un’indagine sulle mummie di Salò, sottoponendole a vari esami non invasivi. L’obiettivo è far luce sul metodo di imbalsamazione sperimentato dal dott. Rini nel «gabinetto anatomico» che aveva allestito nel nosocomio salodiano. I risultati della ricerca saranno presentati prossimamente.

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20Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012 Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012

I documenti della Chiesa a cura di don Pierluigi Tomasoni

L’inizio di un nuovo Anno mi invita a rivolgere a tutti uno speciale augurio per questo tempo che ci sta dinanzi, perché sia concretamente segnato dalla giustizia e dalla pace.Con quale atteggiamento guardare al nuovo anno? Nel Salmo 130 troviamo una bellissima immagine: l’uomo di fede attende il Signore «più che le sentinelle l’aurora» (v. 6), lo attende con ferma speranza, perché sa che porterà luce, misericordia, salvezza. Vi invito a guardare il 2012 con questo atteggiamento fiducioso. Tale attesa è particolarmente viva e visibile nei giovani. Vorrei dunque presentare il Messaggio per la XLV Giornata Mondiale della Pace in una prospettiva educativa: «Educare i giovani alla giustizia e alla pace». Essere attenti al mondo giovanile è un dovere primario di tutta la società, per la costruzione di un futuro di giustizia e di pace. Si tratta di comunicare ai giovani l’apprezzamento per il valore positivo della vita, suscitando in essi il desiderio di spenderla al servizio del Bene.

I responsabili dell’educazioneL’educazione è l’avventura più affascinante e difficile della vita. Educare significa condurre fuori da se stessi per introdurre alla realtà, verso una pienezza che fa crescere la persona. Per questo sono più che mai necessari autentici testimoni. Il testimone è colui che vive per primo il cammino che propone. Quali sono i luoghi dove matura una vera educazione alla pace e alla giustizia? Anzitutto la famiglia, poiché i genitori sono i primi educatori. Ai genitori desidero dire di non perdersi d’animo! Con l’esempio della loro vita esortino i figli a porre la speranza anzitutto in Dio, da cui solo sorgono giustizia e pace autentiche.Vorrei rivolgermi anche ai responsabili delle istituzioni che hanno compiti educativi. Abbiano cura che ogni giovane possa scoprire la propria vocazione, accompagnandolo nel far fruttificare i doni che il Signore gli ha accordato. Mi rivolgo poi ai responsabili politici, chiedendo loro di aiutare concretamente le famiglie e le istituzioni educative ad esercitare il loro diritto-dovere di educare. Offrano ai giovani un’immagine limpida della politica, come vero servizio per il bene di tutti. Non posso, inoltre, non appellarmi al mondo dei media affinché dia il suo contributo educativo. L’educazione avviene infatti per mezzo della comunicazione, che influisce, positivamente o negativamente, sulla formazione della persona.

Educare alla verità e alla libertàSant’Agostino si domandava: «Che cosa desidera l’uomo più fortemente della verità?». L’educazione riguarda la formazione integrale della persona, inclusa la dimensione morale e spirituale

dell’essere, in vista del suo fine ultimo e del bene della società di cui è membro. Per educare alla verità occorre innanzitutto sapere chi è la persona umana, conoscerne la natura. La prima educazione consiste nell’imparare a riconoscere nell’uomo l’immagine del Creatore e, di conseguenza, ad avere un profondo rispetto per ogni essere umano e aiutare gli altri a realizzare una vita conforme a questa altissima dignità.Solo nella relazione con Dio l’uomo comprende anche il significato della propria libertà. Ed è compito dell’educazione quello di formare all’autentica libertà. L’uomo è un essere relazionale, che vive in rapporto con gli altri e, soprattutto, con Dio. L’autentica libertà non può mai essere raggiunta nell’allontanamento da Lui.Il retto uso della libertà è dunque centrale nella promozione della giustizia e della pace, che richiedono il rispetto per se stessi e per l’altro, anche se lontano dal proprio modo di essere e di vivere. Educare alla giustiziaNel nostro mondo è importante non separare il concetto di giustizia dalle sue radici trascendenti. Certe correnti della cultura moderna hanno alienato il concetto di giustizia dalle sue radici trascendenti, separandolo dalla carità e dalla solidarietà. Educare alla paceLa pace è frutto della giustizia ed effetto della carità. La pace è anzitutto dono di Dio. Ma la pace non è soltanto dono da ricevere, bensì anche opera da costruire. Per essere veramente operatori di pace, dobbiamo educarci alla compassione, alla solidarietà, alla collaborazione, alla fraternità, essere attivi all’interno della comunità e vigili nel destare le coscienze sulle questioni nazionali ed internazionali e sull’importanza di ricercare adeguate modalità di ridistribuzione della ricchezza, di promozione della crescita, di cooperazione allo sviluppo e di risoluzione dei conflitti.Alzare gli occhi a DioCari giovani, voi siete un dono prezioso per la società. Vivete con fiducia la vostra giovinezza e quei profondi desideri che provate di felicità, di verità, di bellezza e di amore vero! Vivete intensamente questa stagione della vita così ricca e piena di entusiasmo. Siate coscienti di essere voi stessi di esempio e di stimolo per gli adulti. Siate consapevoli delle vostre potenzialità e non chiudetevi mai in voi stessi, ma sappiate lavorare per un futuro più luminoso per tutti. Non siete mai soli. La Chiesa ha fiducia in voi, vi segue, vi incoraggia. A voi tutti, uomini e donne che avete a cuore la causa della pace! La pace non è un bene già raggiunto, ma una meta a cui tutti e ciascuno dobbiamo aspirare. Guardiamo con maggiore speranza al futuro, incoraggiamoci a vicenda nel nostro cammino, lavoriamo per dare al nostro mondo un volto più umano e fraterno e sentiamoci uniti nella responsabilità verso le giovani generazioni presenti e future, in particolare nell’educarle ad essere pacifiche e artefici di pace.

Dal Vaticano, 8 dicembre 2011 BENEDICTUS PP XVI

Educare i giovani alla giustizia e alla paceIn occasione della giornata mondiale della pace celebrata il 1° gennaio scorso presentiamo una sintesi del Messaggio di Benedetto XVI rivolto al mondo intero che porta come titolo: Educare i giovani alla giustizia e alla pace.

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21 Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012

Alla sera del terzo giorno a cura di Bruno Marelli

Anche se leggerete questa pagi-na quando ormai sarà gennaio inoltrato, voglio comunque

iniziare dicendovi: “Benvenuti nel 2012!”. Mi sembra un saluto migliore del solito “Buon 2012” o “Felice 2012”. Magari mi sbaglio, ma non credo, però quest’anno mi è sembrato di sentire dietro questi auguri di circostanza molta disillusione, quasi a dire: “Au-guri comunque, ma tanto sappiamo bene che l’anno che viene sarà un anno di m....”. Io invece voglio farvi degli auguri veri e sinceri perché realmen-te penso che il prossimo anno potrà essere un buon anno, tutto sommato.Intanto al 2012 ci siamo arrivati, e permettetemi di ricordarlo, non è per nulla una cosa scontata. Dobbiamo essere modera-tamente ma anche since-ramente grati di ritrovar-ci ancora qui, anche per quelli che si sono fermati prima e che vorrebbero anche loro essere ora qui con noi. Ma io voglio an-che dimostrare a voi che questo anno 2012 può realmente essere un buon anno, o almeno un anno utile.Sono perfettamente consapevole che è un’impresa difficile parlare bene di questo anno, quando attorno se ne dice solo male. Ormai si sente solo parlare di crisi, di tasse, di recessione. Non sappiamo dove stiamo andando, ma a dare fiducia a chi sembra saperne più di noi, ci aspettano momenti ben duri. Poi c’è questa odiosa predizione Maya che ci dice che il mondo finirà il 21 dicembre di quest’anno. Intanto se davvero i Maya avessero avuto la capacità di prevedere il futuro, sa-rebbero stati più pronti quando sono arrivati gli invasori spagnoli e non si sarebbero estinti. Non ho neppure capito come la cosa dovrà accadere, ma non credo che questo faccia davvero la differenza. Ma anche a prendere per buona que-sta strampalata previsione, rimane il fatto che alla fine questo anno dovre-mo comunque attraversarlo pratica-mente tutto lo stesso. Allora perché non cominciare da subito a pensare

prima e fare poi quelle cose che sono importanti per noi e che non abbiamo mai fatto? Ora vi dico cosa farò io per usare al meglio questo anno. Ad esem-pio proverò a prendere il tempo tra le mani, rallentarlo rallentando io stesso. Veniamo da un tempo in cui si doveva tutti correre, per farci una posizione, per avere delle sicurezze; ma ora che il mondo finirà possiamo anche fare con calma. Ora ho capito che la fatica ed i sacri-fici che ho sopportato non mi hanno dato una posizione e delle sicurezze

davvero così solide, in grado di supe-rare i momenti difficili che sembrano attenderci. Voglio dedicare più tempo a me stesso, passare più tempo fuori casa e magari pulirla un po’ di meno, tanto che differenza fa se la mia casa sarà meno pulita quando arriva la fine del mondo? Stare un po’ più fuori casa ma non necessariamente per an-dare lontano; magari basterà stare un po’ di più in giardino. Ho preso per quest’anno il buon proposito di farmi un orto; nella mia casa c’è un angolo destinato a questo scopo ma che non è mai stato coltivato; penso sia arrivato il momento di farlo. Devo solo procurarmi un semplice impianto di irrigazione automatica che tenga bagnate le piantine mentre sono assente, già lo scorso autunno ho preso una zappetta per dissodare il terreno. Ho anche un compagno di liceo che ha un orto a casa sua da anni e che mi darà qualche lezione ed un primo aiu-

to; non mi serve molto di più ormai, se non la voglia di iniziare. Avrò meno occasioni di andare a fare la spesa ali-mentare e per la prima volta nella mia vita proverò il piacere di essere auto-sufficiente per un poco.Da tempo ho preso l’abitudine di non usare l’auto quando sono a Salò. Ri-sparmio carburante, non ho più pro-blemi di parcheggio e faccio del movi-mento che mi fa solo bene. Ma soprat-tutto incontro persone che altrimenti chissà quando mai vedrei. Ho scoperto che camminare per Salò

mi fa bene allo spirito e sono sinceramente grato ad ognu-no di quelli che mi fermano per salutarmi, per chiedermi che fine ho fatto, visto che sono molto meno in giro di un tempo; così ho ancora la piacevole consapevolezza di far parte di una comunità di gente che mi conosce, che mi vuole bene. Quest’anno ho deciso che camminerò di più e proverò ad usare l’auto ancora meno, senza rinunciare a sposta-menti più lunghi; ci vorrà più tempo per arrivare ma, come vi dicevo, ho deciso che non ho più fretta. Leggerò final-mente “Camminare” di Tho-

reau.Smetterò di lamentarmi, di fare la vit-tima, di aspettare dagli altri la soluzio-ne dei miei problemi. Voglio provare anche a diventare leggero, impegnar-mi a perdere peso, tanto nel corpo quanto nella mente; non so quale di questi due obiettivi sia il più difficile. Ho deciso di voler bene alle persone a cui ho scelto di voler bene. Mi farò in-vitare a pranzo più spesso e farò inviti a mia volta, così che sia molto più raro mangiare da solo. Penso che se ho la certezza che un piatto pronto non mi mancherà mai, non ci sarà davvero da temere per il futuro. E forse così potrei anche passare at-traverso la crisi che ci attende senza grossi problemi; e forse non ci sarà neanche la fine del mondo; semmai ci sarà invece l’inizio di qualcosa. Sen-za attendere la fine di quest’anno ho pensato che posso cominciare da subi-to ad assecondare il cambiamento che dentro di me è già pronto.

Benvenuti nel 2012

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22Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012 Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012

Invito alla lettura a cura di Nerina Lugli

Leggere, come amare e sognare, non ha l’imperativo – questo titolo categorico apre l’inserto

mensile di “Avvenire” dedicato alla famiglia. Nell’articolo un insegnan-te parla della sua personale difficoltà nel campo dell’educazione alla lettura: “Non possiamo più dare i libri che noi abbiamo letto a scuo-la, non possiamo più fidarci del fatto che sia un compito da svol-gere; dobbiamo trovare nuove strategie, ma mai rinunciare alla testimonianza di una voce che racconta. La lettura, conclude, ha bisogno di testimoni; non basta il buon esempio e tanto meno l’ob-bligo”.Ci sono, a proposito, intorno a noi, dei maestri speciali che pos-sono piacevolmente stimolarci alla lettura con una diretta testi-monianza che rivela un’autenti-ca passione e consente incontri davvero significativi come quello recentissimo offerto al Centro So-ciale dalla Prof. Giglia Galignani; dotata di una straordinaria cultu-ra, intrattiene piacevolmente po-tenziali lettori (e, in maggior nu-mero, lettrici!) affrontando argo-menti di ampio respiro storico ed esistenziale, tematiche del vivere quotidiano, dei rapporti interpersonali nello scorrere dei secoli e regolarmen-te registrati nelle opere fondamentali della narrativa e della poesia. È un’occasione preziosa da fissare nel-l’agenda (martedì ore 15) per superare la troppo frequente dipendenza televi-siva, appuntamento infelice per chi è costretto all’isolamento e alla solitudi-ne. Profondamente legata alla collega da una sincera stima personale e pro-fessionale, nei momenti più delicati e sofferti ho potuto sempre contare sui suoi interventi motivati dall’autenti-ca partecipazione, dalla maturazione culturale, profonda e delicatissima.Le parole del mattino di G. Ravasi (ed. Mondadori) offrono una raccolta completa, giorno dopo giorno, di bre-vi meditazioni mattutine che contri-buiscono ad aprire la giornata con la luce del Vangelo, a imparare a riflette-

re sulla quotidianità, illuminandola di preziosi elementi di lettura, riferimen-ti storici, osservazioni naturali. Nello spirito della precedente opera (Le pa-role e i giorni) le citazioni letterarie, poetiche, filosofiche, musicali, offrono

lo spunto per brevi e illuminanti com-menti, uno per ogni mattino, per im-parare a guardare e a vivere.Il Cardinale è da anni punto di rife-rimento per i lettori di “Avvenire” (con l’intervento molto apprezzato del Mattutino), del “Sole 24 ore “(col Breviario), di “Famiglia Cristiana”

con l’approfondimento settimana-le (La Bibbia in un frammento). Tra i più recenti e significativi interventi mi piace ricordare una pagina che sottoli-nea con forza le parole del Vangelo di Luca (6,41), di grande ed eterna attua-

lità: “In tutti gli ambienti (anche quelli ecclesiali!) ci imbattiamo in questi occhiuti e farisaici cen-sori del prossimo, ai quali non sfugge la benché minima pa-gliuzza altrui. Essi si crogiolano nel gusto sottilmente perverso di sparlare degli altri e si guar-dano bene dall’esaminare con lo stesso rigore la loro coscienza”.Perché avete paura? (Ed. Mon-dadori) di Enzo Bianchi è il pe-nultimo libro del Priore di Bose, uno degli autori più gettonati, grazie anche ai suoi interventi (nella rubrica di Radio tre del sabato, dedicata agli approfon-dimenti delle Scritture) ai com-menti su “La Stampa”, alle nu-merose pubblicazioni e al recen-tissimo libro scritto in dialogo con il filosofo Massimo Cacciari (Ed. Il Mulino): Ama il prossimo tuo. Perché avete paura? È una do-manda di stretta attualità quasi di provocazione in questi tempi

difficili. Qui però non si tratta di un trattato di economia-politica, ma di una lettura del Vangelo di Marco. L’iniziativa del Priore è dichiarata-mente motivata dal fatto che “ecce-zionale” gli appare la tensione che lo percorre ed è Marco stesso a guidarci nel sentiero del suo racconto costella-to di straordinarie presenze: Gesù mo-strato anche nella sua fragilità uma-na, Giovanni, i discepoli, i malati, gli avversari, la folla. A motivare questa iniziativa (una delle tante del Priore!) il desiderio di offrire “una guida tu-ristica dell’animo” e la constatazione che, per tanti, la lettura dei Vangeli è rimasta prevalentemente legata alla Liturgia e non rappresenta un’espe-rienza personale capace di motivare le ore quotidiane di vita e di dare un senso alla propria piccola storia sulla terra. Buon Anno.

Voci...

La Vergine AnnunziataAntonello da Messina - Palermo - Museo

Per un augurio di bene i versi di David Maria Turoldo:

… Mettiamociin orbita, prendiamo finalmentela giusta misura davanti alle cose;con serenità facciamo l’elenco:e l’elenco è veramente breve.Appena udibile, nel silenzio,il fruscio delle nostre passioncelledel quotidiano, ugualea un crepitare di fogliesull’erba disseccata.

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23 Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012Anno LXI - n. 1 Gennaio 2012

Altre note... a cura di Giancarlo Giacomuzzi

I giorni, le settimane, i mesi e gli anni hanno gli stivali delle sette leghe e corrono davvero troppo, meglio mi

affretti a formulare a tutti i miei augu-ri per un tranquillo e generoso 2012 e, considerato che gli anni sono trascor-si davvero, mi proverò a parlare sulla vecchiaia, età nella quale, da molte avvisaglie, penso proprio di essere en-trato. Da un articolo di giornale ho ap-preso che esiste, oltre alla Terza età che tutti conosciamo, anche una Quarta età e questo mi dà lo spunto per qual-che pensiero di circostanza. L’articolo indicava il periodo inte-ressato dalla prima in quello spazio di tempo che va dai sessantacinque ai settantacinque anni, mentre alla seconda appartiene l’intera vita che rimane e sulla Terza età sappiamo tutto, se ne occupano da sempre i giornali, gli editoriali, la televisio-ne e i congressi discutendo di essa più che altro l’invecchiamento del fisico. Poco importa se i più, specialmente quanti hanno vissuto una vita sen-za interesse alcuno al di fuori del proprio lavoro, sono convinti che essa abbia inizio quando il mondo lavorativo si accorge di non aver più bisogno di loro e si vedono collocati a riposo con la scritta… in pensione. Momento critico per loro, non così per quanti, per pro-pria scelta di vita e confidando nella loro salute l’hanno attesa con impazienza. Perché se c’è un pe-ricolo esso si concretizza quando ci si arrende davanti alla caducità, quando si comincia a vivere soltanto di ricordi e ci si convince di essere abban-donati ad una vita divenuta vuota. Da ragazzo a scuola mi fecero tradurre il “Cato Maior de Senectute” di Cicero-ne che discuteva della vecchiaia, è sta-to il mio primo contatto con essa, e vi assicuro che sarebbe ancora per molti una lettura in grado di dare buoni consigli. Ovviamente questa Terza età sarebbe da evitare, ma non possiamo, cerchiamo dunque almeno di ridurne gli spazi, di accorciarla fino magari ad annullarla per sostituirla con una età nuova che, chiamata pur Quarta, abbia una diversa prospettiva e un diverso fine. Se nel lungo periodo lavorativo siamo stati occupati e impegnati a raggiun-

gere obiettivi che altri ci chiedevano di raggiungere, ora il tempo è solo nostro e può essere diverso, più generoso, giunto finalmente per regalarci i nostri soli pensieri. È il momento di vivere una condizione che ci rende liberi da impegni prima inderogabili, ci vede meno vincolati sulle decisioni da pren-dere e ci permette di dedicare maggior tempo alla famiglia, al volontariato in-teso come il fare ciò che più si desidera fare o agli hobbies. C’è inoltre da scoprire una più vasta

sfera di interessi che si sono vissuti troppo in fretta negli anni della nostra formazione, la possibilità di far vedere ai nostri occhi particolari e cose delle quali prima non si erano mai accorti e alla nostra mente di esplorare mondi nuovi e cercare nuove motivazioni. Da non trascurare l’opportunità di essere disponibili verso gli altri mettendo a profitto l’unica risorsa concessa all’an-ziano: una esperienza personale co-struita negli anni e quella conoscenza più approfondita dei sentimenti e dei fatti della vita che dona una maggiore comprensione ed umanità. Potrebbe essere l’età vissuta per dedicarci alle nostre distrazioni preferite, alle occu-pazioni da troppo tempo dimentica-te, alla manifestazione di affetti che

rispuntano con una accresciuta sensi-bilità, ad accompagnare nella crescita quei nipoti che i genitori si vedono costretti ad affidare. Quanti riusciranno nell’impresa si sen-tiranno gratificati ed arricchiti, perché non avranno il tempo per la malinconia e si sentiranno fortificati da una mag-giore pazienza e da un maggiore buon senso. Dall’altra parte della medaglia c’è la incomunicabilità, la solitudine, la tristezza, l’incapacità di sopportare il disinteresse di quelle età più giovani

ed emergenti che ci passano ac-canto e nemmeno si accorgono di noi. C’è una sola morale in tutto questo: meglio riuscire a trovare incentivi dentro di noi, che atten-dere che possano venirci dal mon-do che sta fuori di noi. Non dimentichiamo che la vec-chiaia, pardon l’anzianità, che conclude quel magico anello della vita che ha inizio con l’infanzia e si forma via via attraverso l’ado-lescenza, la giovinezza e la matu-rità, può donare molto di più di quanto possiamo immaginare, an-che la capacità di imparare a dirci addio. Questo mese ancora un accenno alla musica, visto che nell’ultimo congresso della Società America-na di Neuroscienze è stato ripetu-to che la musica, se unita alla con-centrazione, elaborando i suoni aiuta il cervello a mantenersi più giovane. Andiamoci ad ascoltare uno dei migliori concerti della let-teratura violoncellistica, il Concer-

to per violoncello in si min. op.104 di A. Dvorák (1841/1904) terminato a Praga nel 1895 il cui ascolto, per i suoi temi deliziosi ai quali la voce del violon-cello dà calore, è come il gioire di un viaggio immaginario restando a casa. Ma c’è spazio anche per una poesia, la lirica nel riquadro che parla di ricordi, di voci e risa remote, di ansie e di bri-vidi, di visi lontani. È di Cesare Pavese (1908/50) nativo di Santo Stefano Bel-bo, grazioso paesino delle Langhe im-merso nelle colline ricoperte di vigneti che invito a visitare, e la lirica fa parte della raccolta “Lavorare stanca”, una forma la sua di poesia-racconto in op-posizione all’ermetismo, altra corrente di poesia che si era sviluppata ai suoi tempi.

La Quarta età

I ricordi cominciano nella serasotto il fiato del vento a levare il voltoe ascoltare la voce del fiume. L’acquaè la stessa, nel buio, degli anni morti.Nel silenzio del buio sale uno sciacquodove passano voci e risa remote;s’accompagna al brusio un colore vanoche è di sole, di rive e di sguardi chiari.Un’estate di voci. Ogni viso contienecome un frutto maturo un sapore andato.Ogni occhiata che torna, conserva un gustodi erba e cose impregnate di sole a serasulla spiaggia. Conserva un fiato di mare.Come un mare notturno è quest’ombra vagadi ansie e brividi antichi, che il cielo sfiora e ogni sera ritorna. Le voci morteassomigliano al frangersi di quel mare.

Cesare Pavese

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Informazioni utiliSS. MESSE

DUOMO

• Prefestiva: ore 18.30 • Festive: ore 9.30 11.00 - 18.30• Feriale: ore 18.30

S. BENEDETTO - Muro

• Festive: ore 7.30

S. BERNARDINO

• Festive: ore 9.00 - 17.00 • Feriale: ore 9.00

S. GIUSEPPE

• Festive: ore 10.00• Feriale: ore 17.30(esclusi: giovedì e sabato)

Chiesa di S.GIOVANNI• Solo feriale: ore 7.15 (escluso sabato)

RENZANO

• Solo sabato: ore 18.00

CAPPUCCINI BARBARANO

• Festive: ore 10.00 -17.00• Feriale: ore 17.00

MONASTERO

• Festive e feriali: ore 8.00

Gennaio 2012Giovedì 19 ore 20,45 a Roè Volciano: incontro spiritualità giovani

Venerdì 20 ore 20,30 in canonica: Primo incontro per i genitori che hanno scelto il 25 marzo per il battesimo del proprio figlio Continuazione di venerdì corso fidanzati a Salò

Domenica 22 ore 14,30 incontro per i genitori del primo anno Iniziazione cristiana (4)

Martedì 24 ore 20,45 a Roè Volciano – Adorazione Eucaristica per la vita

Mercoledì 25 ore 20,45 in oratorio: Catechesi degli adulti

Venerdì 27 ore 20,30 in canonica redazione de “Il Duomo”

Domenica 29 Ritiro gruppi S. Paolo che vanno spiritualmente verso Gerusalemme (2)

FebbraioMercoledì 1 ore 20,45 in oratorio: Catechesi degli adulti

Giovedì 2 ore 16,30 in S. Giovanni Esposizione e Adorazione

ore 20,30: LA CANDELORA processione dalla chiesa di S. Antonio al Duomo con S. Messa di presentazione

Venerdì 3 Primo venerdì del mese in mattinata SS. Comunioni agli ammalati

Domenica 5 Ritiro gruppi S. Francesco che vanno spiritualmente verso Cafarnao (2)

GIORNATA PER LA VITA

Martedì 7 ore 20,30 a Fasano: C.P.Z. (3)

Mercoledì 8 Ritiro sacerdoti a Montecastello ore 20,45 in oratorio: Catechesi degli adulti

Giovedì 9 ore 20,30 in canonica si incontra per il 3° incontro il C.P.P.

Sabato 11 ore 11,00 S. Messa per apparizione di Lourdes in chiesa di S. Antonio

Domenica 12 ore 11,00 in Duomo: Rito di ammissione al battesimo del 25 marzo Ritiro gruppi S. Caterina che vanno spiritualmente verso Nazareth (2)

Martedì 14 ore 15,00 S. Messa al Cimitero

Mercoledì 15 ore 20,45 in oratorio: Catechesi degli adulti

Giovedì 16 ore 20,45 a Roè Volciano: incontro spiritualità giovani

Domenica 19 CARNEVALE IN ORATORIO

Lunedì 20 Vacanze scolastiche

Mercoledì 22 ore 21,00 Benedizione e distribuzione delle Ceneri in Duomo

Dir. Responsabile - Antonio Fappani con decreto del Tribunale - Autorizzazione del Tribunale di Brescia n. 6/74 dell’8 - 3 - 1974- Pubblicità: Segreteria Parrocchiale - tel. (0365) 521700 Fax. (0365) 523294- Fotocomposizione del 5/1/2012 nella Canonica di Salò - Stampa: Tipolitografia Editrice LUMINI - Travagliato (BS)- Si può trovare il bollettino anche sul sito internet: www.parrocchiadisalo.it

IL DUOMO - n. 1 Gennaio 2012

Anno LXI - abb. annuo Euro 11,00 - una copia Euro 1,05 - abb. sped. postale Euro 30,00