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EPICA

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EPICA

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Unità 2 • Il racconto epicoObie�vi

specifici dell’unitàI tes� La produzione

Rimandi e approfondimen�

• Leggere tes� diepica

• Riconoscere glielemen�fondamentali delracconto epico: ipersonaggi, lospazio, il tempo, leavventure

• Comprendere eanalizzare lastru�ura essenzialedi tes� epici

• Saper riscriveretes� epicia�raversocompletamen�,manipolazioni,realizzazioniguidate

• I poemi omerici• La ques�one omerica• La “storia vera” della guerra di Troia

L’ILIADEovvero la storia della guerra di Troia

• L’antefa�o• Cantami, o Diva, del Pelide Achille l’ira funesta…• La morte di Patroclo• Il duello tra Achille e E�ore• Il risca�o del corpo di E�ore• La morte di Achille• L’inganno del cavallo

L’ODISSEAovvero la storia delle vicende di Ulisse

• Protasi e invocazione alla Musa• L’isola dei lotofagi• Nell’antro del ciclope: l’incontro con Polifemo• Nell’antro del ciclope: il piano di Ulisse• Eolo, il re dei ven�• Circe, la maga ingannatrice• La discesa negli inferi

MOSTRI DEL MARE: LE SIRENE, SCILLA E CARIDDI

• Le Sirene…• … Scilla e Cariddi• I buoi del Sole• La ninfa Calipso• Nella terra dei Feaci• Itaca!• Il fedele Argo• L’uccisione dei Proci• Conclusione

LE ARGONAUTICHE

• L’antefa�o• Proemio

AVVENTURE IN VIAGGIO:

• Le Arpie• Le Simplegadi• La conquista del vello d’oro• La prova di Giasone• Giasone prende il vello• Il gigante Talo• Il ritorno in patria• Una disumana vende�a

• Esercizi dicomprensione

• Esercizi di analisigraduata

• Esercizi diriflessione sullalingua

• Rifle� su… il confronto

• Uno sguardo almondo del…cinema: il filmTroy

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Unità 2 • Il racconto epicoObie�vi

specifici dell’unitàI tes� La produzione

Rimandi e approfondimen�

L’ENEIDEovvero la storia delle vicende di Enea

• Proemio• Le ul�me ore di Troia• La morte di Lacoonte• L’ul�ma no�e di Troia• In viaggio…• Enea e Didone• La maledizione di Didone• Il suicidio di Didone• Nel regno degli inferi• La terra promessa dal fato• È guerra!• Eurialo e Niso• Il duello tra Enea e Turno• Verifica di fine unità

PERCORSI TEMATICI

FIGURE FEMMINILI NELL’ODISSEA

• Odisseo e Calipso• Odisseo e Nausicaa

VERIFICA DI FINE PERCORSO: confronto tra tes�

• Figure di donne nell’Odissea

UOMINI E DONNE: L’AMORE

• E�ore e Andromaca• Odisseo e Penelope• Enea e Didone

VERIFICA DI FINE PERCORSO: confronto tra tes�

• I Sen�men�

IL MERAVIGLIOSO…

• La maga Circe• Scilla e Cariddi

VERIFICA DI FINE PERCORSO: confronto tra tes�

• Il “meraviglioso” nell’Odissea

…E L’INFERNALE

• Odisseo e la madre• Enea e il padre

VERIFICA DI FINE PERCORSO: confronto tra tes�

• …e l’infernale

• Caronte

I VALORI DELLA SOCIETÀ GUERRIERA NELL’ILIADE

• La lite tra Achille ed Agamennone• Odisseo e Tersite

VERIFICA DI FINE PERCORSO: confronto tra tes�

• I personaggi

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Il racconto epicoovvero storie di eroi

Unità

2

Il temine epica deriva dal greco épos e possiede molteplici significati:parola, discorso, racconto, ma anche verso di poesia, a sottolineare il fattoche il racconto epico è una narrazione in versi che racconta vicende ap‐partenenti ad un passato più o meno lontano, spesso favoloso e mitico, ele imprese compiute da uno o più eroi espresse in uno stile solitamenteelevato e solenne. Questi componimenti in versi prendono il nome dipoemi.

In origine il racconto epico era narrato oralmente da cantori, chiamatirapsodi o aedi, che recitavano i versi al suono della lira o della cetra, glistrumenti dell’antichità, nelle piazze o alla corte dei re.

Successivamente i vari canti in versi furono riuniti nei veri e propripoemi e in questa forma sono giunti fino a noi.

A questo genere letterario appartengono le opere dei Greci (Iliade,Odissea, Argonautiche) e dei Romani (Eneide), che costituiscono l’epicaclassica e presentano dei caratteri comuni, quali:

� la presenza di eroi dalle virtù eccezionali, come Achille, Ulisse, Gia‐sone, Enea;

� la celebrazione delle imprese straordinarie che essi affrontano;� l’inevitabile scontro finale con un avversario (Achille contro Ettore,

Ulisse contro i Proci, Giasone contro Eeta, Enea contro Turno);� la presenza degli dei che interferiscono nelle azioni degli uomini.

I poemi omericiL’Iliade e l’ Odissea, i due massimi poemi epici della letteratura greca

antica, ognuno costituito da �� libri, scritti in versi esametri, sono semprestati considerati opere di straordinario valore poetico; inoltre sono am‐bientati all’epoca della civiltà micenea, che prende il nome dalla cittàgreca di Micene,e quindi rappresentano per noi anche una importantis‐sima testimonianza della storia, della vita, degli usi e costumi degli Achei,il popolo che diede, appunto, origine a questa antichissima civiltà tra il���� e il ���� a.C.

La ques�one omericaLa tradizione attribuisce la composizione dell’Iliade e dell’Odissea ad

Omero, un poeta greco cieco che si ritiene essere vissuto nel IX‐VIII se‐colo a.C.

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Epica

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Mito, epica, leggenda

Infatti nell’antichità si credeva che Omero fosserealmente esistito e che avesse scritto da giovanel’Iliade e da vecchio l’Odissea.

Ma in realtà studi approfonditi sulla cosiddetta“questione omerica” hanno rivelato che non esi‐stono prove certe per stabilire la reale esistenza sto‐rica di Omero e la critica ha ormai da tempo quasigeneralmente concluso che non sia mai esistito unautore di nome Omero, che abbia scritto nella lorointegrità i due poemi maggiori della letteraturagreca, i quali probabilmente risultano essere com‐posti da singoli episodi epici, raccontati da diversipoeti epici dell’antichità, successivamente riunitiin un unico testo.

Ma chi abbia fatto questa operazione di raccoltadei vari testi è ancora oggi una domanda a cui gli stu‐diosi non sono riusciti a dare una sicura risposta.Forse un poeta che si chiamava Omero? O forse an‐che il nome Omero è del tutto inventato?... Chissà…

Anche questo mistero aumenta il fascino del‐l’Iliade e dell’Odissea.

La “storia vera” della guerra di TroiaMa è davvero esistita una guerra di Troia? La risposta a questa domanda

è senz’altro affermativa e furono proprio gli Achei, il popolo di cui Omeroci parla, a condurre la guerra. Essi, infatti, si eranoprogressivamente arricchiti grazie ai commerci chesvolgevano nel Mar Egeo sulle loro agili navi, maquando cercarono di ampliare i loro traffici com‐merciali verso il Mar Nero furono ostacolati dallacittà di Troia, che aveva gli stessi interessi econo‐mici degli Achei.

I commerci e l’interesse economico ad essi col‐legati furono, dunque, le vere ragioni della guerracontro Troia, che fu realmente sconfitta dal popoloacheo, probabilmente intorno al ����.

L’esistenza di Troia è stata, inoltre, provata dagliscavi archeologici condotti nell’Ottocento da un fa‐mosissimo archeologo H. Schliemann, che, se‐guendo le indicazioni contenute nell’Iliade, ritrovòi resti di una città distrutta e poi ricostruita ed an‐che splendidi gioielli che egli ritenne fosse “il tesorodi Priamo”.

Ritratto immaginario diOmero, copia romana delII secolo d.C. di un’operagreca del II secolo a.C. -Conservato al Museo delLouvre di Parigi.

H. Schliemann.

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Unità 2Il racconto epico

L’Iliadeovvero la storiadella guerra di Troia

Omero

L’Iliade (da “Ilio”, nome greco della città di Troia) non narra tutta la vi‐cenda della guerra di Troia, ma soltanto un episodio cruciale,avvenuto neldecimo e ultimo anno del conflitto: l’ira di Achille, che è l’argomento por‐tante del poema.

Per permetterti una migliore comprensione degli avvenimenti, però co‐minceremo il nostro racconto partendo da…

L’antefa�o

La principessa Elena, figlia del re Tindaro, era la più bella donna delmondo e tutti i principi greci volevano sposarla; il padre, per evitareche tra i pretendenti scoppiasse una guerra, li informò che Elena stessaavrebbe scelto il proprio marito a patto che tutti giurassero di rispettarela sua scelta e di aiutare lo sposo prescelto, se mai qualcuno lo avesseoffeso.

La bella Elena scelse Menelao, re di Sparta e per molti anni visseroin pace e felici, fino a che... giunse da Troia il giovane principe Paride,splendente di giovinezza e bellezza: a lui era stata promesso l’amoredella donna più bella di tutte dalla dea Afrodite.

Infatti durante il banchetto di nozze della ninfa Teti e del re Peleo,la dea Discordia, per vendicarsi di non essere stata invitata alla festa,aveva lanciato in mezzo alla tavola un mela d’oro, su cui era scritto “allapiù bella”. Subito era scoppiato un litigio tra Era, Atena e Afrodite suchi tra loro fosse la più bella, e Zeus, per risolvere la questione, avevascelto quale giudice della contesa� il giovane Paride, figlio di Priamo,re di Troia.

Le tre dee si erano presentate al principe in tutto il loro splendore eognuna gli aveva promesso un dono speciale in cambio del suo giudi‐zio: Era gli aveva offerto il potere dei re, Atena la saggezza più profonda,Afrodite la donna più bella del mondo.

A lei Paride consegnò la mela d’oro e il titolo di dea più bella di tutte,ed ora il principe riscuoteva il premio promessogli: Elena, infatti, in‐namoratasi di lui, si convinse a seguirlo a Troia.

1. contesa: litigio.

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Mito, epica, leggenda

Allora Menelao convocò tutti i re Greci ed essi, fedeli al giura‐mento fatto, accettarono di partire per una guerra contro Troia, sottoil comando di Agamennone, fratello di Menelao. All’appello manca‐vano, però, Ulisse, l’astuto re di Itaca, e Achille, l’invincibile eroe fi‐glio di Peleo.

Di Ulisse si diceva che fosse impazzito, ma Palamede non ne eraconvinto e si recò a Itaca: lì trovò Ulisse che seminava del sale sulla rivadel mare, gridando che sarebbero nati bellissimi pesci.

Allora Palamede depose perterra, davanti all’aratro, Tele‐maco, il figlio neonato di Ulisse,il quale, giunto davanti al bam‐bino, deviò il percorso dell’ara‐tro, rivelando così di fingere lapazzia, per evitare la partenzaper la guerra.

Fu poi lo stesso Ulisse a recarsinell’isola di Sciro, poiché si di‐ceva che lì la ninfa Teti avesse

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Unità 2Il racconto epico

nascosto il figlio Achille, poiché sapeva che egli sarebbe morto nellaguerra contro Troia. Il re Licomede lo aveva fatto travestire da donna elo nascondeva tra le sue figlie. Ulisse escogitò un astuto stratagemma:si travestì da mercante e mostrò alle figlie del re gioielli, pettini, stoffee scialli, ma tirò fuori anche una spada, che lasciò con noncuranza tragli altri oggetti. Appena vide che una bionda fanciulla allungava lamano per prenderla, l’afferrò per il braccio e smascherò il travestimentodi Achille.

Finalmente tutti gli eroi greci erano radunati in Aulide,pronti per la partenza, ma non soffiava un alito di vento ele navi rimanevano ferme nel porto: l’indovino Calcanteprofetizzò che la dea Artemide, irritata con Agamennone,(cfr. pag. ��) esigeva il sacrificio della sua giovane figlia Ifi‐genia, per concedere la partenza delle navi. Agamennonenon poteva rifiutarsi e perciò, con lamorte nel cuore, fece venire con uninganno Ifigenia in Aulide e la fececondurre all’altare per il sacrificio:ma quando già il sacerdote erapronto ad uccidere la giovane, ellascomparve improvvisamente e alsuo posto comparve una cerva.

Tutti compresero che Artemideaveva salvato Ifigenia e che biso‐gnava sacrificare la cerva: infatti

la dea aveva trasportato lafanciulla in Tauride, de‐

stinandola a diventaresua sacerdotessa.

Nel frattempo siera alzato il vento fa‐vorevole alla naviga‐zione e la flotta grecapotè prendere il mare

e giungere a Troia, ac‐campandosi sulla spiaggia.

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Mito, epica, leggenda

Cantami, o Diva, del Pelìde Achillel’ira funesta che infiniti addusselutti agli Achei, molte anzi tempo all’Orcogenerose travolse alme d’eroi,

� e di cani e d’augelli orrido pastolor salme abbandonò (così di Giovel’alto consiglio s’adempìa), da quandoprimamente disgiunse aspra contesail re de’ prodi Atride e il divo Achille…

(traduzione di V. Monti)

Il poema comincia con un proemio, che contiene l’invocazione allaMusa protettrice della poesia e la protasi, cioè l’argomento del poema.

Il proemio è caratteristico di tutti i poemi epici.

Proemio(Libro I, vv. 1-9)

Cantami, o Diva, del Pelide Achillel’ira funesta...

1. Cantami o Diva: ispiramia cantare o dea. La Musaa cui il poeta si rivolge èCallìope, protettrice dellapoesia epica. Pelìde: fi-glio di Peleo. Questo èun aggettivo patronimi-co, cioè indica il nomedel padre, in questo casoAchille, figlio di Peleo. Ipatronimici sono aggetti-vi tipici della poesia clas-sica.

2. ira funesta: l’ira di Achil-le è funesta perché pro-vocò molte morti. infinitiaddusse: fu causa dimoltissimi lutti

3-4. anzi tempo…eroi: trasci-nò nel regno dei mortiprima del tempo stabilitomolte anime generose dieroi

5-6. e di cani…abbandonò:e abbandonò i lorocorpi come cibo or-rendo di cani e uc-celli.

7. alto…s’adem-pia: così si rea-lizzava la vo-lontà misterio-sa di Giove (oZeus).

8. primamente…contesa: daquando li sepa-rò un duro scontro.

9. Atrìde: Agamennone, fi-glio di Atreo.

10. divo: divino. Achilleera un semidio,perché figlio diun mortale,Peleo, e diuna dea,la ninfaTeti.

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Unità 2Il racconto epico

FATTI E PERSONAGGI

1. Il poeta si rivolge a una divinità. Chi è e cosa le chiede? ....................................................................................

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2. Che cosa provocò l’ira di Achille? .......................................................................................................................................

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3. Tra chi avvenne la violenta lite? .............................................................................................................................................

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LINGUA E STRUTTURA

1. Distingui, nel proemio, l’invocazione alla Musa e la protasi, sottolineando la prima in rosso ela seconda in blu.

2. L’aggettivo patronimico è tipico della poesia epica di Omero. Individua nei versi i due patro-nimici presenti e spiega a chi si riferiscono.

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3. Un’altra caratteristica della poesia omerica è l’uso di aggettivi fissi o formule fisse che accom-pagnano i nomi dei personaggi. Questi aggettivi si chiamano epiteti e servono a specificaredelle qualità o delle caratteristiche di un personaggio, in modo da renderlo facilmente ricono-scibile. Nel proemio c’è un epiteto: cercalo, spiega a chi si riferisce e che caratteristica vuolsottolineare.

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Epica

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Mito, epica, leggenda

PRODUZIONE

Come avrai notato nel testo epico le parole hanno una posizione diversa da quella normalmenteusata per costruire le proposizioni e spesso vengono adoperate dal poeta parole di uso non co-mune. Noi possiamo, però, ricostruire l’ordine logico e sintattico della frase (soggetto + predicato+ complemento oggetto + altri complementi): questa operazione si chiama costruzione diretta.

1. Prova a farla anche tu… (l’esercizio è avviato).

Cantami, o diva, l’ira funesta del Pelide Achille,che addusse infiniti lutti agli Achei

Oppure possiamo anche sostituire alle parole meno comuni termini più moderni, rispettando lastruttura del testo poetico: questa operazione si chiama parafrasi.

2. Prova a farla anche tu… (l’esercizio è avviato).

Cantami, o dea, l’ira mortale del Pelìde Achilleche provocò moltissimi lutti agli Achei…

La guerra tra Greci e Troiani si era trascinataper nove anni, senza che nessuno dei due

eserciti riportasse una vittoria decisiva,ma nel decimo anno scoppiò un ter‐

ribile litigio tra Agamennone eAchille per il possesso di una

schiava di guerra. Achille, rite‐nendosi offeso, decise di nonpartecipare più alle battaglie,ma i Greci senza di lui ven‐nero più volte sconfitti e iTroiani riuscirono anche adincendiare una nave greca.All’improvviso però sulcampo di battaglia comparve

Achille: la sua armatura e lesue armi vennero riconosciute

da tutti, ma il dio Apollo gli fecesaltare l’elmo e... comparve il viso

di Patroclo, l’amico più caro diAchille, il quale aveva convinto l’eroe a

prestargli la sua armatura per ingannare iTroiani e incoraggiare i Greci.

Achille che curaPatroclo.

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Unità 2Il racconto epico

La morte di PatrocloMa Patroclo, vinto dal colpo del dio e dall’asta,fra i compagni si trasse evitando la Chera.Ettore, come vide il magnanimo Patroclotirarsi indietro, ferito dal bronzo puntuto,

�� gli balzò addosso in mezzo alle file, lo colpì d’astaal basso ventre: lo trapassò col bronzo.Rimbombò stramazzando, e straziò il cuore all’esercito acheo.Come quando un leone vince in battaglia un cinghiale indomabile,– essi superbamente han combattuto sui monti

�� per una piccola polla: volevano bere entrambi –e infine con la sua forza il leone vince l’altro che rantola;così il Meneziade, che già molti ammazzò,Ettore figlio di Priamo privò della vita con l’asta,e gli disse vantandosi parole fuggenti:

�� «Patroclo, tu speravi d’abbattere la nostra città,e alle donne troiane togliendo libero giorno,condurle sopra le navi alla tua terra patria,stolto! Per esse i veloci cavalli d’Ettoresi tendono sopra i garretti a combattere: io con l’asta

�� eccello fra i Teucri amanti di guerra: e così li difendodal giorno fatale; ma te qui gli avvoltoi mangeranno.[…]E tu rispondesti, sfinito, Patroclo cavaliere:«Sì, Ettore, adesso vàntati:

�� a te hanno dato vittoria Zeus Cronide e Apollo, che m’abbatteronofacilmente: essi l’armi dalle spalle mi tolsero.

Libro XVI,vv. 816-857

816. vinto… dall’asta: Patro-clo è stato colpito daApollo, che gli ha fattocadere l’elmo ed è statotrafitto alla schiena dallalancia ( asta) di Euforbo,un eroe troiano.

817. Chera: è una divinitàdella morte.

818. magnanimo: generoso.819. bronzo puntuto: la lan-

cia dalla punta dibronzo.

822. rimbombò stramazzan-do: cadendo pesante-mente al suolo, fa rim-bombare la pesante ar-matura.

825. piccola polla: piccolasorgente d’acqua.

826. che rantola: che respiraaffannosamente.

827. Meneziade: Patrocloera figlio di Menezio.

831. libero giorno: la libertà.834. si tendono sopra i gar-

retti: si tendono sullezam pe al galoppo.

835. Teucri: sono i Troiani.845. Cronide: Zeus era figlio

di Crono.

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Mito, epica, leggenda

Se anche venti guerrieri come te m’assalivano,tutti perivano qui, vinti dalla mia lancia;me uccise il destino fatale e il figliuolo di Latona,

�� e tra gli uomini Èuforbo: tu m’uccidi per terzo.Altro ti voglio dire e tientelo in mente:davvero tu non andrai molto lontano, ma eccoti s’appressa la morte e il destino invincibile:cadrai per mano d’Achille, dell’Eacide perfetto».

�� Mentre parlava così la morte l’avvolse,la vita volò via dalle membra e scese nell’Ade,piangendo il suo destino, lasciando la giovinezza e il vigore.

(da Iliade, canto XVI, trad. di R. Calzecchi Onesti, Einaudi, Torino)

848. perivano: morivano.849. il figliuolo di Latona:

Apollo.854. Eacide: discendente di

Eaco. Il nonno paternodi Achille era Eaco.

856. Ade: il regno dei morti.

FATTI E PERSONAGGI

1. Cosa fa Ettore quando vede Patroclo ritirarsi tra i suoi compagni? ..............................................................

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2. Che cosa dice Ettore a Patroclo?............................................................................................................................................

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3. Perché Patroclo dice ad Ettore “tu m’uccidi per terzo”? ........................................................................................

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4. Qual è la profezia di Patroclo riguardo la morte di Ettore? ...............................................................................

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LINGUA E STRUTTURA

1. Trova i patronimici presenti nel testo. ................................................................................................................................

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......................................................................................................................................................................................................................

continua ���

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Unità 2Il racconto epico

2. Trasforma l’espressione “figlio di Priamo” del verso 828 nel patronimico corrispondente. ..........

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3. Trova nel testo l’epiteto riferito a Patroclo. .....................................................................................................................

4. Trova la similitudine nel testo: a chi è paragonato Ettore? E a chi Patroclo? ...........................................

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PRODUZIONE

1. Stendi il riassunto del brano. ...................................................................................................................................................

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Achille si disperò e pianse per la morte del suo migliore amico egiurò vendetta: perciò chiese alla madre Teti di portargli delle nuovearmi fabbricate da Efesto e sfidò a duello Ettore, pur sapendo che lamorte dell’eroe troiano avrebbe segnato il suo stesso destino.

Il Proemio dell’Iliadecon l’invocazione allamusa in lingua greca.

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Epica

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Mito, epica, leggenda

1. porte Scee: era il nome del-le porte di Troia.

2. sgomento: panico, spaven-to.

3. implacabile: che non vuolefermarsi né calmarsi.

4. contendenti: avversari.

��� Più non fuggo, o Pelìde. Intorno all’alteilìache mura mi aggirai tre volte,né aspettarti sostenni. Ora son ioche intrepido t’affronto, e darò morte,o l’avrò. Ma gli Dei, fidi custodi

��� de’ giuramenti, testimon ne sièno,che se Giove l’onor di tua cadutami concede, non io sarò spietatocol cadavere tuo, ma renderollo,toltene solo le bell’armi, intatto

251. iliache: di Ilio, anticonome di Troia. Mi aggi-rai: girai.

252. sostenni: tollerai.253. intrepido: coraggioso.254. fidi: fedeli.255. sieno: siano.256. di tua caduta: della tua

morte.257. ma renderollo… tuoi:

ma lo restituirò intatto aituoi, dopo aver tolto lebelle armi. Per gli anti-

Il duello tra Achille e E�ore

Ed eccolo l’odiato Ettore! Aspettava immobile il nemico Achille vi‐cino alle porte Scee�, senza ascoltare le grida del vecchio padre Priamo,che lo scongiurava di rifugiarsi entro le mura di Troia.

Ma quando vide Achille piombare su di lui, fu preso dallo sgomento�

e cominciò a correre intorno alle mura di Troia, mentre l’eroe greco loinseguiva implacabile�, assetato di sangue e di vendetta, finchè en‐trambi i contendenti� si fermarono e si affrontarono con le armi in pu‐gno, decisi ad uccidere o a morire con onore.

Libro XXII, vv. 250-318

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Unità 2Il racconto epico

�� a’ tuoi. Tu giura in mio favor lo stesso».«Non parlarmi d’accordi, abbominato

nemico – ripigliò torvo il Pelìde. –Nessun patto fra l’uomo ed il lïone,nessuna pace tra l’eterna guerra

�� dell’agnello e del lupo, e tra noi duené giuramento né amistà nessuna,finché l’uno di noi steso col sanguel’invitto Marte non satolli. Or bada,ché n’hai mestiero, a richiamar la tutta

��� tua prodezza, e a lanciar dritta la punta.Ogni scampo è preciso, e già Minervaper l’asta mia ti doma. Ecco il momentoche dei morti da te miei cari amicitutte ad un tempo sconterai le pene».

��� Disse, e forte avventò la bilanciatalunga lancia. Antivide Ettorre il tiro,e piegato il ginocchio e la persona,lo schivò. Sorvolando il ferreo telosi confisse nel suol, ma ne lo svelse

�� invisibile ad Ettore Minerva,e tornollo al Pelìde. «Errasti il colpo –gridò l’eroe troian – né Giove ancora,come dianzi cianciasti, il mio destinoti fe’ palese. Dëiforme sei

chi era importantissimo dare se-poltura ai morti, altrimenti l’ani-ma avrebbe vagato per centoanni sulle rive dell’Acheronte, ilfiume infernale.

261. abbominato: odiato.262. torvo: minaccioso.263. lione: leone.266. amistà: amicizia.266-267. finchè… satolli: finchè uno

di noi ucciso non sazi con il san-gue l’invincibile Marte, dio dellaguerra.

269. chè n’hai mestiero: perché nehai bisogno.

270. prodezza: coraggio. punta: dellalancia.

271-272. e già Minerva… doma: giàla dea Atena (Minerva è il nomelatino) ti sconfigge attraverso lamia lancia.

273. morti da te: uccisi da te.275. avventò: scagliò.276 Antivide: previde.278. sorvolando il ferreo telo: la lan-

cia dalla punta di ferro volando.279-281. svelse… Pelide: Atena lo

strappò via e lo ridette ad Achil-le. errasti: sbagliasti.

283. come dianzi cianciasti: come pri-ma hai detto, vantandoti.

284. ti fe’ palese: ti rivelò. deiforme:simile agli dei.

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Epica

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Mito, epica, leggenda

�� ma cinguettiero, ché con vani accentiatterrirmi ti speri, e nella menteaddormentarmi la virtude antica.Ma nel dorso tu, no, non pianterail’asta ad Ettorre che diritto viene

��� ad assalirti, e ti presenta il petto;piantala in questo se t’assiste un Dio.Schiva intanto tu pur la ferrea puntadi mia lancia. Oh si possa entro il tuo corposeppellir tutta quanta, e della guerra

��� ai Teucri il peso allevïar, te spento,te lor funesta principal rovina!»

Disse, e l’asta di lunga ombra squassando,la scagliò di gran forza, e del Pelìdecolpì senza fallir lo smisurato

��� scudo nel mezzo. Ma il divino arnesela respinse lontan. Crucciossi Ettorre,visto uscir vano il colpo, e non gli essendopronta altra lancia, chinò mesto il volto,e a gran voce Deifobo chiamando,

��� una picca chiedea: ma lungi egli era.Allor s’accorse dell’inganno, e disse:

«Misero! a morte m’appellâr gli Dei.Credeami aver Deifobo presente;egli è dentro le mura, e mi deluse

��� Minerva. Al fianco ho già la morte, e nullov’è più scampo per me. Fu cara un tempoa Giove la mia vita, e al saettantesuo figlio, ed essi mi campâr cortesine’ guerrieri perigli. Or mi raggiunse

��� la negra Parca. Ma non fia per questoche da codardo io cada: periremo,ma glorïosi, e alle future gentiqualche bel fatto porterà il mio nome».

(Traduzione di V. Monti)

285. cinguettiero: chiacchierone. convani accenti: con inutili parole.

286. atterrirmi: spaventarmi.287. addormentarmi la virtude anti-

ca: spegnere il valore che hosempre mostrato.

293-294. si possa… quanta: possapenetrare interamente nel tuocorpo.

295. Teucri: Troiani. alleviar: allegge-rire.

295-296. te spento… rovina: una vol-ta che sarai morto tu, causaprincipale della loro rovina lut-tuosa.

297. di lunga ombra: che proiettauna lunga ombra. squassando:scuotendo.

299. senza fallir: senza sbagliare.300. divino arnese: lo scudo di Achille

è divino, perché fabbricato daldio Efesto.

301. crucciossi: si irritò.302. uscir vano: riuscire inutile.303. mesto: triste.304. Deifobo: fratello di Ettore, di cui

Atena aveva preso l’aspetto perconvincere Et tore al duello conAchille.

305. picca: lancia. lungi: lontano.307. m’appellar: mi chiamarono.308. credeami: credevo.309. mi deluse: mi ingannò.310. nullo: nessuno.312-313. saettante suo figlio: suo fi-

glio Apollo che scaglia le frecce.313. mi campar: mi salvarono.314. guerrieri perigli: pericoli della

guerra.315. negra Parca: la nera divinità

della morte. fia: sarà.316. che da codardo io cada: che io

muoia da vigliacco. periremo:moriremo. Ettore usa qui il plu-rale al posto del singolare, perrendere più solenni le sue ultimeparole: è il cosiddetto pluralismaiestatis.

318. bel fatto: bella impresa.

La lancia di Achille non mancò il suo bersaglio e colpì mortalmenteal collo il valoroso Ettore, che con il suo ultimo respiro predisse lamorte imminente al suo acerrimo� nemico. Ma alla vendetta di Achillenon bastò la sua morte: furente di odio, dopo avergli bucato i calcagnie averli trapassati con un guinzaglio legato al cocchio, trascinò il corpodi Ettore nella polvere intorno alle mura di Troia.1. acerrimo: implacabile.

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Unità 2Il racconto epico

FATTI E PERSONAGGI

1. Quale giuramento Ettore chiede ad Achille? ................................................................................................................

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2. Perché Achille rifiuta di farlo? ................................................................................................................................................

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3. Che cosa fa capire ad Ettore che la sua morte è prossima? ...............................................................................

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4. Perché Ettore pensa che sia importante il ricordo che lui lascerà alle “future genti”? .......................

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LINGUA

1. Cerca nel testo gli epiteti presenti. .......................................................................................................................................

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Epica

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Mito, epica, leggenda

PRODUZIONE

1. Disegna le fasi del duello tra Ettore e Achille e titola le vignette.

continua ���

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Unità 2Il racconto epico

2. Seguendo il fumetto che hai disegnato, scrivi ora un riassunto del brano. ..............................................

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Epica

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Mito, epica, leggenda

Libro XXIV, vv. 488-522

Il risca�o del corpo di E�ore

Solo quando il vecchio re Priamo, dopo qualche giorno, si presentòda lui a chiedergli la restituzione del corpo del figlio, per rendergli glionori funebri, Achille sentì placarsi l’odio nel proprio cuore e accon‐sentì alla richiesta del vecchio re, il cui aspetto e la cui età gli ricorda‐vano quella del proprio padre Peleo.

A lui come supplice Priamo si volse:«Rammenta tuo padre, Achille che un dio rassomigli;

��� egli su l’ultima scura soglia è di vecchiezzacome son io; e forse i vicini anche luiangustiano; forse nessuno trattienelontano sciagura e rovina da lui.Ma certo sentendo dire di te che almeno sei vivo

��� gode il suo cuore e spera ogni giornodi vedere il figliuolo tornare da Troia;infelice del tutto invece son io, che di forti

491-492. forse… angustiano:forse anche Peleo puòessere offeso da popolivicini.

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Unità 2Il racconto epico

figli in Ilio ampia fui padre e nessuno mi sembrache più me ne resti: cinquanta ne avevo

��� quando giunsero i Danài dal mare;diciannove da un unico uscirono grembo maternoe da donne diverse gli altri mi nacquero in casa.Molti di loro Ares furente mi tolse;e quello che a me rimaneva, sola difesa

��� di Troia, tu poco fa l’hai uccisomentre la patria sua difendeva lottando,Ettore: per lui son venuto alle navide’ Dànai, da te a riscattarlo, e infinitidoni ti porto. Rispetta gli dèi,

��� o Achille, e di me stesso pena ti prendaa tuo padre pensando; più degno di luison io di pietà, che di più ho soffertodi qualsiasi mortale, io che la boccasu la mano ho premuto dell’uomo che uccise mio figlio».

��� Così disse; e in lui suscitò desideriodi piangere il padre. Ed ecco per manoil vecchio egli prese, placidamente, e da sélo scostò. Pensavano entrambi: molto piangevaal pensiero di Ettore Priamo piegato

��� ai piedi di Achille; Achille piangeva suo padree Patroclo ancora; e su per la tendaalto sorgeva il suono del pianto.

(Traduzione di E. Cetrangolo, Sansoni, Firenze)

498. Ilio: antico nome di Tro-ia.

500. Danai: altro nome concui venivano definiti igreci, perché discenden-ti di Danao.

503. Ares furente: la guerrafuribonda. Ares era ildio della guerra.

513-514. io… figlio: è un ge-sto di supplica.

517-518. da sé lo scostò: nonè un gesto di superbia,ma di pietà. Achille nonvuole che il vecchio Pria-mo si umili ancora.

FATTI E PERSONAGGI

1. Per convincere Achille a restituirgli il corpo di Ettore, Priamo si paragona al padre dell’eroe.Quali sono, però, le differenze e le somiglianze tra la sua condizione e quella di Peleo?

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2. Che cosa commuove Achille e perché egli piange? .................................................................................................

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3. Il gesto di scostare da sé il vecchio Priamo, quale lato del carattere di Achille ti fa intuire? ........

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Epica

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Mito, epica, leggenda

LINGUA

1. Nel brano ci sono molte parole che si riferiscono al dolore. Cercale e per ognuna di esse trovaun contrario.

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PRODUZIONE

1. Svolgi la parafrasi del brano. .................................................................................................................................................

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2. Spiega con parole tue quali sentimenti il re Priamo sente nel proprio cuore, nel momento in cuisi umilia e bacia la mano di chi gli ha ucciso il figlio.

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Con questo episodio termina il poema di Omero, ma se vuoi conoscereil racconto completo della storia della guerra di Troia, continua a leggere…

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Unità 2Il racconto epico

1. Fato: legge eterna e immu-tabile che regolava il desti-no di uomini e dei, a cuineppure Zeus poteva op-porsi.

Rifletti su… il lessico

Qual è il significato del -l’aggettivo vulnerabile?E qual è il suo contra-rio?

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Rifletti su… il lessico

Che cosa vuol direl’espres sione “avere untallone d’Achille?”

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La morte di AchilleMa era ora tempo che si compisse il destino di Achille: niente e

nessuno avrebbero potuto cambiare la volontà del Fato�. Gli era statadata, infatti, dagli dei la possibilità di scegliere se vivere a lungo senzagloria e sconosciuto a tutti o avere una vita breve e famosa per le im‐prese che avrebbe compiuto. Achille aveva scelto quest’ultima e il suodestino era stato segnato per sempre. Greci e Troiani continuaronoad affrontarsi in battaglia e, durante uno scontro, mentre l’eroe grecostava facendo strage dei nemici, Paride, non visto da nessuno ma aiu‐tato dal dio Apollo, scagliò contro di lui la freccia mortale, che colpìAchille nell’unico punto vulnerabile del suo invulnerabile corpo: iltallone che la madre Teti, stringendolo nella mano mentre lo immer‐geva nel fiume Stige, le cui acque avevano il potere di rendere im‐mortali, aveva dimenticato di bagnare.

La freccia mortale penetrò nel tallone, la vita fuggì dal corpo del‐l’eroe... e così si compì il destino del valoroso Achille, che di sua volontàaveva scelto una vita breve, ma ricca di gloria.

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L‘inganno del cavalloL’assedio di Troia durava ormai da dieci anni e tutti i soldati e i capi

greci erano ormai esausti e sfiniti: allora l’astuto Ulisse, su ispirazionedella dea Atena, sua protettrice, escogitò un abile piano: fece costruireun enorme cavallo di legno, si rinchiuse con un gruppo di guerrieriscelti all’interno del suo ventre vuoto e disse agli altri Greci di imbar‐carsi sulle navi, fingendo di partire, ma in realtà nascondendosi dietrol’isola di Tenedo.

Quando al mattino i Troiani videro l’accampamento vuoto el’enorme cavallo di legno abbandonato sulla spiaggia, rimasero stupe‐fatti e non sapevano cosa fare: distruggerlo o portarlo all’interno dellacittà?

Ma appena videro due mostruosi serpenti venire dal mare e assaliree uccidere a morsi il sacerdote Lacoonte, che aveva consigliato di bru‐ciare il cavallo, insieme ai suoi due figlioletti, i Troiani non esitaronopiù: abbatterono una parte delle mura della città e lo portarono fin nelcentro di Troia, nonostante Cassandra, la figlia di Priamo, profetizzassel’imminente rovina di Troia. Nessuno l’ascoltò, poiché ella, che avevarifiutato l’amore di Apollo, aveva ricevuto dal dio il dono della profezia,ma anche la punizione che nessuno le credesse mai.

I Troiani festeggiarono per tutta la notte la fine dell’assedio, maquando ubriachi si addormentarono profondamente... Ulisse e i suoicompagni uscirono silenziosamente dal ventre del cavallo di legno,mentre le navi greche già erano ritornate da Tenedo, e aprirono le portedella città ai soldati: l’esercito greco fece strage dei Troiani, distrusse lecase, incendiò i templi, fino a che, all’alba, tutta la città fu un unico,immenso rogo.

Fu quella l’ultima notte di Troia...

Epica

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Mito, epica, leggenda

Rifletti su… il lessico

Che cosa vuol dire “usa - re un cavallo di Troia”?

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Rifletti su… il lessico

Che cosa vuol dire “es-sere una Cassandra”?

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Unità 2Il racconto epico

UNO SGUARDO AL MONDO DEL CINEMA

Puoi ripercorrere la storia dell’Iliade anche attraverso la visione del film Troy.

Approfondimenti

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Epica

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Mito, epica, leggenda

L’Odissea è l’altro grande poema epico greco attribuito all’opera delpoeta Omero. L’argomento del poema tratta principalmente delle avven‐ture capitate all’eroe greco Odisseo (o Ulisse, alla latina) durante il suolungo viaggio di ritorno verso la sua patria Itaca, dopo la caduta di Troia.

Anche l’Odissea comin-cia con un proemio, incui Omero invoca la Mu-sa Calliope di ispirarlonella composizione del-l’opera in cui racconteràle avventure di Ulisse,“l’uomo dal multiformeingegno”.

L’Odisseaovvero la storiadelle vicende di Ulisse

Omero

Libro I, vv. 1-16

* l’indicazione dei passi fa riferi-mento al testo dell’opera in lin-gua originale

1. Musa: è Calliope, la musaprotettrice della poesia epica.multiforme ingegno: intelli-genza versatile, che sa riusci-re sempre in ogni situazione.

2. errò: vagò.2-3. poi ch’ebbe… torri: dopo che

ebbe distrutto le sacre torri diTroia. Ulisse era stato l’arteficeprincipale della conquista diTroia, poiché aveva escogitatolui l’inganno del cavallo di le-gno.

5. indol: indole, cioè il carattere,la natura. sovr’esso: sopra.

6. affanni: angosce.7. guardar: salvare. intende: si

sforza.8. indarno: invano, inutilmente.9. desiava: desiderava.

10. che… periro: perché moriro-no tutti a causa delle loro col-pe.

11. osaro: osarono.12. Iperion: il Sole era figlio del

Titano Iperone.13. con empio dente: con denti

sacrileghi, perchè i compagnidi Ulisse mangiarono e quin-di, addentarono, le carni deibuoi sacri. irritaro il Nume: ir-ritarono la il dio.

14. che del ritorno… addusse:che non permise loro di vede-re il giorno del ritorno.

15. ammirande: degne di ammi-razione.

16. anco: anche. Diva: dea.

Musa, quell’uom di multiforme ingegnodimmi, che molto errò, poi ch’ebbe a terragittate d’Ilïón le sacre torri;che città vide molte, e delle genti

� l’indol conobbe; che sovr’esso il maremolti dentro del cor sofferse affanni,mentre a guardar la cara vita intende,e i suoi compagni a ricondur: ma indarnoricondur desïava i suoi compagni,

�� che delle colpe lor tutti perîro.Stolti! Che osâro vïolare i sacrial Sole Iperïon candidi buoicon empio dente, ed irritaro il Nume,che del ritorno il dì lor non addusse.

�� Deh! Parte almen di sì ammirande cosenarra anco a noi, di Giove figlia e Diva.

(Traduzione di I. Pindemonte)

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Unità 2Il racconto epico

FATTI E PERSONAGGI

1. Qual è la principale caratteristica di Ulisse che viene messa in evidenza nel proemio? .................

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2. Quali sono le azioni compiute dall’eroe? .......................................................................................................................

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3. Quale grave colpa hanno commesso i compagni di Ulisse? ..............................................................................

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4. Chi li ha puniti? E come?.............................................................................................................................................................

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LINGUA E STRUTTURA

1. Sottolinea nel proemio in rosso i versi che contengono l’invocazione alla Musa e in blu i versiche contengono la protasi.

2. Questa traduzione del poema presenta molti termini che oggi sono poco usati: sottolineali neltesto e trova, per ognuno di essi, il termine moderno più adatto.

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3. “L’uomo dal multiforme ingegno” è una perifrasi, cioè un “giro di parole” con cui si sceglie diindicare una persona o una cosa attraverso una frase intera, invece di usare i termini propri.Questa è una figura retorica molto usata nella poesia epica. Prova a sostituire alla perifrasi itermini propri :

“l’uomo dal multiforme ingegno” = ....................................................................................................................................

PRODUZIONE

1. Esegui la costruzione diretta del proemio.2. Svolgi la parafrasi del proemio.3. Confronta il proemio dell’Iliade e quello dell’Odissea. Quali sono le somiglianze? E quali le

differenze?

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Epica

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Mito, epica, leggenda

1. lotofagi: mangiatori di fioridi loto

L’isola dei lotofagi1

Ulisse, re di Itaca, dopo la distruzione di Troia aveva caricato il bot‐tino di guerra sulle sue dodici navi e insieme ai compagni navigavaverso la sua patria, quando una terribile tempesta rischiò di sommer‐gerli. Ma, appena il mare si calmò essi videro in lontananza il profilodell’isola di Itaca e già pensavano di essere a casa: improvvisamente,

però, si alzò un ventosfavorevole, che li por ‐tò fuori rotta, fino afarli approdare su diun isola deserta.

Ulisse mandò inesplorazione alcunisuoi uomini ma, nonvedendoli tornare, an ‐dò a cercarli e lì trovòche stavano felici etranquilli in mezzo apersone sconosciute,mangiando dei fiorirossi e profumati, ifiori del loto, che face‐vano dimenticare ognitristezza e ogni deside‐rio. Ulisse rifiutò dimangiarli, perché capìche avrebbe perso il

desiderio di ritornare a casa, come era già capitato ai compagni che egliricondusse alle navi con la forza.

Ripresa la navigazione, approdarono su un’isola abitata solo da ca‐pre, ma l’eroe si accorse che, da un’isola posta di fronte, si alzava unfilo di fumo e, incuriosito, decise di andare a vedere chi la abitasse, fa‐cendosi accompagnare da pochi compagni.

Il poema comincia con la partenza di Telemaco, figlio di Ulisse, alla ri‐cerca di notizie sul padre; successivamente l’azione si sposta nell’isola diOgigia, dove Ulisse da sette anni è trattenuto dalla ninfa Calipso, alla qualegli dei ordinano di lasciarlo partire. Ulisse prende il mare su una zattera,ma una tempesta lo fa naufragare e lo getta sull’isola dei Feaci, dove è ac‐colto dal re Alcinoo, che gli chiede chi egli sia e quale sia la sua storia. Al‐lora Ulisse gli risponde:” Ma ora voglio narrare le ansie e le lotte del viaggio,che Zeus m’impose quando partii da Troia.”

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Unità 2Il racconto epico

Nell’antro1 del Ciclope: l’incontro con Polifemo

Con una sola nave Ulisse e i suoi compagni raggiunsero ben prestol’isola e si diressero verso il filo di fumo che avevano visto: entraronoin una immensa caverna, dove c’erano numerose e grandissimeceste piene di grossi formaggi ed enormi vasi colmidi latte. Mentre, stupiti, si guardavano intornovidero arrivare il padrone di casa, un gigantesmisurato, accompagnato dal suo gregge.

Terrorizzati si nascosero in fondo allacaverna, mentre il gigante chiuse conun macigno enorme l’ingresso dell’an‐tro, si mise a mungere le capre e ac‐cese il fuoco. Ma alla luce dellefiamme si accorse degli uomini e,chiedendo loro chi fossero, mostrò ilproprio viso mostruoso, reso ancorapiù spaventoso da un unico occhiopiantato in mezzo alla fronte.

Ulisse si fece coraggio e gli risposeche erano guerrieri di ritorno da Troia eche gli chiedevano ospitalità in nome delgrande dio Zeus, ma il gigante ribattè…

1. antro: caverna.

��� I Ciclopi non si curano di Zeus, signore dell’egida,né degli dei beati: noi siamo molto più forti.Non ti risparmierò certo per timore dell’odio di Zeus,né te né i tuoi compagni, se altro vuole il mio cuore.Ma dimmi: dove hai messo la tua solida nave,

�� in fondo o qui vicino? Voglio saperlo”.Così disse tentandomi, ma non m’ingannò: ne sapevo

[abbastanza,e gli risposi a mia volta con astute parole:“La nave me l’ha spezzata Poseidone che scuote la terra,scagliandola contro le rocce ai confini della vostra terra,

�� sul promontorio dove ci condusse il vento.Io con questi compagni sono sfuggito all’abisso di morte”.

Così dissi, e con cuore spietato non mi rispose neppure;con un balzo stese le mani sui miei compagni,e prese insieme due e li sbatté come cuccioli

��� per terra, ne uscì il cervello e bagnò il pavimento.

Libro IX,vv. 275-298

275. egida: era lo scudo diZeus.

283. Posidone: era il dio delmare. Ulisse non sa an-cora che è il padre diPolifemo.

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Epica

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Mito, epica, leggenda

FATTI E PERSONAGGI

1. Polifemo è un Ciclope. Quali caratteristiche presentano i Ciclopi, secondo quanto egli stessodice? ........................................................................................................................................................................................................

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2. Quale domanda rivolge ad Ulisse? ....................................................................................................................................

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Li fece a pezzi e si preparò la sua cena:li mangiava come un leone montano, e non lasciavacarni né viscere né midollo delle ossa.Noi sollevammo piangendo a Zeus le mani,

��� a vedere quei fatti orrendi, e la disperazione ci prese.Dopo che il Ciclope ebbe riempito il grande ventredi carne umana e bevuto il latte schietto,si distese in fondo alla grotta tra le sue pecore.

294. noi… le mani: è il gestodella preghiera e dellasupplica agli dei.

297. schietto: puro e sempli-ce.

continua ���

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Unità 2Il racconto epico

LINGUA

1. Trova gli epiteti esornativi contenuti nel brano. ...........................................................................................................

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2. Il Ciclope è paragonato a un leone montano e i compagni di Ulisse a cuccioli. Cosa vuole met-tere in evidenza il poeta con questi paragoni?

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3. Attraverso quali parole il poeta sottolinea il carattere astuto di Ulisse? ......................................................

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PRODUZIONE

1. Trova cinque aggettivi per definire il Ciclope e cinque per definire Ulisse.................................................

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2. Riscrivi con parole tue la scena in cui il Ciclope afferra e divora i compagni di Ulisse. ...................

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3. Perché Ulisse dice di saperne abbastanza e perciò decide di mentire, rispondendo al Ciclope?......................................................................................................................................................................................................................

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4. Polifemo si dimostra un essere crudele. Cosa fa? ......................................................................................................

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Epica

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Mito, epica, leggenda

Nell’antro del ciclope:il piano di Ulisse

Per tutta la notte Ulisse pensò a come uccidere il Ciclope, ma si ren‐deva conto che non sarebbe mai uscito dalla caverna, perché solo ilmostruoso gigante aveva la forza necessaria per spostare il masso chechiudeva l’ingresso.

All’alba il Ciclope afferrò altri due Greci e ripetè il suo orrendo pasto,poi uscì a far pascolare il gregge, richiudendo l’antro con lo stesso ma‐cigno; ma Ulisse, dopo aver a lungo riflettuto, escogitò un piano e locomunicò ai suoi compagni.

Presero tutti insieme un tronco d’albero, che era in fondo alla spe‐lonca, lo affilarono ad una estremità e lo nascosero… dopo che il Ci‐clope fu ritornato e ebbe mangiato altri due compagni, Ulisse gli si av‐vicinò e gli offrì del vino puro, che aveva portato con sé. Il Ciclope bevvevolentieri, ne chiese ancora e ancora, poi domandò ad Ulisse il suonome, perché voleva fargli un regalo di ospitalità, ma l’eroe, astuta‐mente, rispose di chiamarsi Nessuno e di volere sapere che tipo di re‐galo avrebbe avuto; il Ciclope promise di mangiarlo per ultimo poi,completamente ubriaco, piombò in un sonno profondissimo, e allora…

��� Io allora misi il palo sotto la cenereper farlo riscaldare, e incoraggiavo i compagni,che nessuno avesse paura e mi abbandonasse.Ma quando il tronco d’olivo stava per prendere fuocopur essendo verde – splendeva terribilmente –,

�� lo estrassi dal fuoco; attorno avevo i compagni:un dio ispirava in noi un grande coraggio.Presero il tronco d’olivo e ne ficcaronola cima aguzza nell’occhio, ed io da sopra appoggiato,lo giravo come quando si trapana una asse di nave;

�� da sotto gli uomini tirano con le cinghie, attaccatialle due parti, e il trapano corre incessante:così, tenendo nell’occhio il lungo palo,lo giravamo, e sulla punta ardente scorreva il sangue.Tutte le palpebre e le sopracciglia bruciavano,

��� ardeva il bulbo e friggevano le radici nel fuoco.Come quando il fabbro immerge una grande scure o un’accettanell’acqua gelida, e il ferro geme temprandosi,(tale è la forza del ferro), così a quel modol’occhio sfrigolava attorno al palo d’olivo.

��� Diede un grido feroce e riecheggiò la montagna;noi fuggimmo atterriti. Il Ciclope strappò dall’occhio

Libro IX, vv. 375-414

375. io: è Ulisse che parla.392. geme: stride. tempran-

dosi: indurendosi.

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il palo sporco di molto sangue, furiosoper il dolore lo scagliò molto lontano.Chiamava a gran voce i Ciclopi che vivono

��� lì attorno, nelle spelonche sulle cime ventose.Sentendo la sua voce accorrevano da ogni parte

e davanti alla grotta gli chiedevano che cosa avesse.“Perché, Polifemo, queste grida angoscianti,che ci tolgono sonno nella notte divina?

��� Forse qualche uomo ti sta rubando le greggio qualcuno t’uccide con l’inganno o con la forza?”

Da dentro alla grotta rispose il Ciclope fortissimo:“Amici, Nessuno m’uccide, con l’inganno e non con la forza”.

E loro gli risposero queste parole alate:��� “Se nessuno ti fa violenza e sei solo,

non puoi sfuggire a un male mandato da Zeus;prega piuttosto tuo padre, il dio Poseidone”.

Così dissero, e se ne andarono, e il mio cuore rideva:il nome l’aveva ingannato e l’astuzia impeccabile.

Unità 2Il racconto epico

400. spelonche: caverne.411. non puoi… Zeus: in-

gannati dall’astuzia delnome, i Ciclopi pensanoa una malattia inviatada Zeus.

412. prega… Poseidone: quiviene rivelato che Posei-done è il padre di Poli-remo.

414. impeccabile: perfetta.

FATTI E PERSONAGGI

1. Qual è il piano che Ulisse ha escogitato? .......................................................................................................................

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continua ���

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Epica

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Mito, epica, leggenda

2. Come lo mette in pratica? .........................................................................................................................................................

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3. Cosa fa il Ciclope, dopo essere stato colpito? .............................................................................................................

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4. Perché gli altri Ciclopi fraintendono le parole di Polifemo? ................................................................................

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5. In cosa è consistito l’inganno del nome? .........................................................................................................................

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LINGUA E STRUTTURA

1. Il brano si può dividere in quattro momenti narrativi: quali? .............................................................................

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2. Qual è dei quattro il momento più drammatico? .......................................................................................................

3. Trova e spiega con parole tue le due similitudini presenti nel brano. ...........................................................

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4. Prova a spiegare perché il poeta usa gli epiteti “ventose”, “divina” e “alate” riferiti rispettiva-mente alle cime dei monti, alla notte e alle parole.

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5. Spiega perché “Nessuno” è scritto con la maiuscola al verso 408 e con la minuscola al verso 410.

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6. Perché l’astuzia è definita impeccabile? ..........................................................................................................................

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Unità 2Il racconto epico

All’alba Polifemo doveva aprire l’ingresso della caverna e fare uscirele capre al pascolo, ma per evitare che i Greci fuggissero tastava con lemani gli animali, mentre meditava la vendetta. Ulisse però aveva unpiano pronto anche per la fuga: legò i compagni sotto il ventre dellecapre e lui stesso si aggrappò al ventre lanoso del montone, in modoche potessero fuggire dalla caverna, senza che Polifemo se ne accor‐gesse.

Usciti dall’antro, i Greci corsero subito alla nave e salparono, maUlisse non seppe resistere alla tentazione di beffare� il Ciclope e a granvoce gli urlò di averlo attirato nel tranello del nome e che se mai qual‐cuno gli avesse chiesto chi lo aveva accecato, avrebbe dovuto rispon‐dere che era stato Ulisse, il re di Itaca. Polifemo, furibondo, divelse� lacima di una montagna e la scagliò nel mare, senza riuscire a colpire lanave greca, poi pregò il proprio padre Posidone di vendicarlo, impe‐dendo o almeno ostacolando il più possibile il ritorno in patria diUlisse: il dio del mare sentì la richiesta del figlio e giurò odio implaca‐bile contro l’eroe greco e i suoi compagni.

1. beffare: deridere, prendersigioco di qualcuno.

2. divelse: sradicò, staccò.

PRODUZIONE

1. Stendi il riassunto del brano. ...................................................................................................................................................

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2. Forse anche a te è capitato di aver agito con astuzia per tirarti fuori da una situazione difficile.Racconta…

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Epica

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Mito, epica, leggenda

Eolo, il re dei ven�

Nel frattempo i Greci, ripresa la navigazione, approdarono su diun’isola dove abitava Eolo, il dio dei venti, il quale li accolse cordial‐mente e li ospitò per circa un mese. Al momento della loro partenza,il dio consegnò ad Ulisse un grosso sacco, dove aveva rinchiuso tutti iventi sfavorevoli alla navigazione, lasciando libero solo Zefiro, il ventoadatto a riportarli in patria.

Itaca era già in vista, quando Ulisse, stanco, si addormentò e i suoicompagni aprirono il sacco, convinti che contenesse splendidi tesori:subito una tempesta di venti sconvolse il mare e riportò indietro lanave, fino all’isola di Eolo, ma il dio stavolta rifiutò di aiutare Ulisse,che con tanta evidenza era stato ostacolato dagli dei.

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Unità 2Il racconto epico

Circe, la maga ingannatrice

Rimessisi in mare, i Greci, dopo essere sfuggiti anche ai Lestrigoni,giganti mangiatori di carne umana, giunsero all’isola di Eea, e Ulisseordinò a una squadra di uomini, sotto il comando di Euriloco, di andarein esplorazione. Essi arrivarono in vista di un magnifico palazzo dimarmo e furono circondati da lupi e leoni che, però, scodinzolavano:entrati nel palazzo, videro una donna bellissima, che li invitò ad en‐trare e offrì loro cibo e bevande. Solo Euriloco, sospettoso, rimase fuorie vide con i propri occhi uno spettacolo spaventoso: la donna bellis‐sima, toccandoli con un bastoncino, trasformò gli uomini in porci e lirinchiuse in una stalla.

Allora Euriloco corse da Ulisse, gli descrisse l’orribile metamorfosi�

a cui aveva assistito e subito l’eroe siprecipitò a salvare i compagni, ma,mentre attraversava il bosco, fufermato da Ermes, che gli conse‐gnò un fiore bianchissimo conuna radice scura, da cui ri‐cavare un infuso da bereper non essere trasfor‐mato in porco; inoltre glispiegò che la donna bel‐lissima era la maga Circee che avrebbe dovuto mi‐nacciarla con la spada. Ellagli avrebbe chiesto di rima‐nere con lei e Ulisse avrebbedovuto accettare solo a pattoche restituisse ai suoi compa‐gni l’aspetto umano.

L’eroe seguì i consigli deldio e rese innocua la maga,tanto che si trattenne pressodi lei per un anno insiemeai suoi compagni, fin‐ché decise di ripartire;allora Circe gli consigliòdi recarsi nel regno deimorti, per interrogare lospirito dell’indovino Ti‐resia e ricevere indica‐zioni per il viaggio.

1. metamorfosi: trasformazio-ne.

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Epica

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Mito, epica, leggenda

La discesa negli inferi

Accettato il consiglio della maga, Ulisse si recò nella terra dei Cim‐meri, dove Circe gli aveva ordinato di compiere un sacrificio agli deiinferi: scavò una fossa, vi versò vino, miele, poi acqua e farina bianchis‐sima, poi sacrificò una pecora nera e un montone alle anime dei morti.

Ed ecco… intorno alla fossa comparve una folla di anime di tutte leetà, e tutte volevano bere il sangue degli animali sacrificati, ma Ulissesapeva che non doveva permetterlo, se prima non avesse bevuto Tire‐sia. Appena l’indovino si presentò e bevve il sangue, predisse il futurodell’eroe greco, rivelandogli che avrebbe placato l’ira di Posidone, seuna volta giunto nell’isola di Trinacria� non avesse toccato i buoi del

Sole, che sarebbe tornato ad Itaca suuna nave straniera ma avrebbe trovatola sua casa piena di principi prepotenti,pretendenti alla mano di sua moglie Pe‐nelope, ed egli avrebbe dovuto ucci‐derli, per poi rimettersi in viaggio por‐tando con sé un remo e giungere pressoun popolo, che non conosceva né ilmare, né il sale e che avrebbe scambiatoquel remo per la pala di un mulino. Al‐lora, e solo allora, sarebbero finite le sueperegrinazioni� e avrebbe potuto viveretranquillo a Itaca.

Dopo che l’indovino ebbe finito diparlare, si avvicinò la madre di Ulisse,Anticlea, la quale bevve il sangue, rico‐

nobbe il figlio e gli raccontò che Penelope, sua moglie, era sempre fe‐dele al marito, che Telemaco, il figlio, cresceva degno di Ulisse, e cheLaerte, il vecchio padre, sentiva sempre più acuto il dolore per la lon‐tananza dell’eroe. Ulisse tentò invano di abbracciarla una, due, trevolte, perché non riusciva a stringere altro che una nebbia sottile.

Nel frattempo intorno alla fossa si affollavano le anime degli eroimorti a Troia o durante il ritorno in patria: Agamennone, che gli rivelòdi essere stato ucciso dalla moglie, Patroclo e lo stesso Achille, il qualegli confessò che, pur di tornare a vedere la dolce luce del sole, avrebbeaccettato di vivere come un contadino…

Ma era ormai tempo di allontanarsi dal regno dei morti e Ulisse ri‐tornò all’isola di Circe, dove la donna offrì ai Greci un ultimo banchettoe diede ad Ulisse un ultimo avvertimento, affinché superasse gli altripericoli che lo aspettavano nel suo lungo viaggio: il canto ammaliatore�

delle Sirene e i gorghi� mortali dei mostri Scilla e Cariddi.

1. Trinacria: è l’isola di Sicilia,così chiamata perché ha trepunte.

2. peregrinazioni: viaggi, va-gabondaggi.

3. ammaliatore: incantatore.4. gorghi: vortici delle acque

del mare.

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Unità 2Il racconto epico

I mostri del mare: le Sirene…

Poco dopo aver lasciato l’isola di Circe, la nave greca giunse in vistadell’isola delle Sirene, uccelli mostruosi dal volto di donna, che canta‐vano con una tale dolcezza da attirare verso di loro chiunque le ascol‐tasse, per poi ucciderlo. Ulisse, come la maga gli aveva consigliato,chiuse le orecchie dei suoi compagni con tappi di cera e si fece legareall’albero maestro, ordinando a tutti di non slegarlo per nessun motivo,neanche se li avesse scongiurati di farlo: solo così avrebbe potuto ascol‐tare il canto delle Sirene e rimanere vivo.

Ma come tanto fummo lontani, quanto s’arriva col grido,correndo in fretta, alle Sirene non sfuggì l’agile naveche s’accostava: e un armonioso canto intonarono.

«Qui, presto, vieni, o glorioso Odisseo, grande vanto degli Achei,�� ferma la nave, la nostra voce a sentire.

Nessuno mai si allontana di qui con la sua nave nera,se prima non sente, suono di miele, dal labbro nostro la voce;poi pieno di gioia riparte, e conoscendo più cose.Noi tutto sappiamo, quanto nell’ampia terra di Troia

��� Argivi e Teucri patirono per volere dei numi;tutto sappiamo quello che avviene sulla terra nutrice».

Libro XII,vv. 181-200

181. Ma…lontani: Chi rac -con ta è sempre Ulisse.

182. agile: veloce.184. Odisseo: è il nome gre-

co di Ulisse.186. nera: la nave è definita

così perché sulla chigliasi spalmava pece nera.

187. suono di miele: è riferitoa voce. Il canto delle Si-rene ha un suono cheper l’udito è dolce, tantoquanto il miele è dolceper il gusto. Questa èuna sinestesia, una figu-ra retorica, molto usatain poesia, che creaun’immagine attraversol’associazione di terminiche si riferiscono a sen-sazioni che provengonoda differenti organi disenso: in questo casol’immagine del cantodolce è creata dal poetacollegando il senso del -l’udito a quello del gu-sto.

190. Argivi e Teucri: Greci eTroiani. patirono: soffri-rono.

191. nutrice: che nutre, cheproduce alimenti.

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Epica

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Mito, epica, leggenda

Così dicevano alzando la voce bellissima, e allora il mio curevoleva sentire, e imponevo ai compagni di sciogliermi,coi sopraccigli accennando; ma essi a corpo perduto remavano.

��� E subito alzandosi Perimède ed Eurìloconuovi nodi legavano e ancora più mi stringevano.Quando alla fine le sorpassarono, e ormainé voce più di Sirene udivamo, né canto,in fretta la cera si tolsero i miei fedeli compagni,

��� che negli orecchi avevo a loro pigiato, e dalle corde mi sciolsero.

194. a corpo perduto: senzarisparmiare le forze.

195. Perimède ed Eurìloco:sono due compagni diUlisse.

FATTI E PERSONAGGI

1. Che cosa dicono le Sirene nel loro canto? .....................................................................................................................

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2. Come reagisce Ulisse al canto delle Sirene? ..................................................................................................................

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3. Che cosa fanno i suoi compagni? ........................................................................................................................................

4. Perché Ulisse vuole sentire il canto delle Sirene? .......................................................................................................

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5. Quale aspetto del carattere di Ulisse viene messo in evidenza in questo brano? ................................

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LINGUA

1. Nel brano sono presenti molti termini che si riferiscono all’ascolto. Individuali. ..................................

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2. Collega ciascun nome al corrispondente epiteto

Odisseo neraNave nutriceTerra agileNave nutrice

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Unità 2Il racconto epico

PRODUZIONE

1. Spiega con parole tue l’espressione “essere attirati dal canto delle Sirene”. ..........................................

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2. Secondo gli antichi le Sirene avevano viso di donna e corpo di uccello ed erano brutte e mo-struose. Nel medioevo, invece, le Sirene erano rappresentate con corpo di donna e coda dipesce ed erano bellissime. Prova a disegnare i due tipi di Sirena.

continua ���

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Epica

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Mito, epica, leggenda

3. A una Sirena, Partenope, è collegata l’origine della città di Napoli. Ricerca il mito di Partenopee raccontalo con parole tue.

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Fontana della Sirena, Napoli.

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Unità 2Il racconto epico

… Scilla e Cariddi

Ma, superato il pericolo delle Sirene, ecco giungere quello di Scillae Cariddi!

La nave greca, presso lo stretto di Sicilia, doveva passare attraversodue scogli: da uno si sentivano provenire quello che poteva sembrareil guaito di un cane, ma era, invece, il verso di Scilla (cfr. mito pag. ��),un orrendo mostro marino, che con le sue sei bocche fornite di tre filedi denti afferrava e divorava gli infelici naviganti, sull’altro viveva Ca‐riddi, la mostruosa creatura che per tre volte al giorno ingoiava e poirisputava l’acqua del mare. Ulisse, seguendo il consiglio di Circe, or‐dinò ai compagni di tenere la nave lontana da Cariddi, che li avrebbeinghiottiti tutti, e di rasentare� Scilla.

Gli uomini eseguirono il suo ordine, guardando però con terrore leonde schiumanti del mare ingoiate e poi risputate fuori dal mostro, inmezzo al fragore terribile delle acque; così né essi né lo stesso Ulisse siaccorsero che alle loro spalle Scilla aveva tirato fuori le sue sei bocchee in un attimo aveva divorato sei loro compagni… 1. rasentare: passare vicino.

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Epica

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Mito, epica, leggenda

I buoi del Sole

1. sacrilegio: peccato gravissi -mo.

2. sinistri: minacciosi, che fan-no paura.

3. schiantò: spezzò, spaccò.4. inabissare: affondare.5. relitto: rottame, avanzo di

un naufragio.

Con l’animo straziato dal dolore per la morte dei compagni, i Grecicontinuarono la loro navigazione, ma quando Ulisse propose di nonfermarsi nell’isola di Trinacria, per non rischiare di recare danno aibuoi del Sole, essi rifiutarono la proposta e chiesero di potersi riposaresulla terraferma, promettendo che non avrebbero in nessun modo toc‐cato gli animali sacri.

Ma una volta toccata terra, un vento tempestoso impedì loro per seigiorni di riprendere il mare, e gli uomini, affamati, dimenticarono laloro promessa: approfittando del fatto che Ulisse si era addormentato,uccisero, arrostirono e mangiarono alcuni buoi.

Ulisse, svegliato dal profumo della carne arrostita, corse dai com‐pagni per rimproverarli della loro pazzia, ma ormai il sacrilegio� erastato compiuto e il Sole preannunciava la sua vendetta: le pelli scuoiatedei buoi cominciarono a strisciare per terra e i pezzi di carne non an‐cora cotti emettevano sinistri� muggiti.

Ed ecco che non appena la nave riprese il mare, un vento furiosostrappò le vele e schiantò� l’albero maestro, mentre un fulmine colpivala nave, facendola inabissare� e trascinando nelle profondità del maretutti gli uomini.

Solo Ulisse, che non aveva toccato i sacri buoi, si salvò, aggrappan‐dosi a un relitto� e, dopo essere stato sballottato dalla corrente per novegiorni e nove notti, riuscì finalmente a toccare terra.

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Unità 2Il racconto epico

117

La ninfa Calipso

L’isola su cui Ulisse era giunto, era abitata dalla bella ninfa Calipso,che lo accolse festosamente e gli offrì ospitalità nella sua dimora, unaspaziosa grotta, profumata di tiglio e cedro, coperta dai grappoli diuna vite e posta su prati verdissimi rallegrati da freschi ru‐scelli e tenere violette.

La ninfa, innamoratasi dell’eroe, non voleva la‐sciarlo partire e gli offrì il dono dell’eterna giovi‐nezza, purchè egli accettasse di sposarla. MaUlisse, benché sapesse di non poter tornare acasa privo di imbarcazione, non accettò la suaofferta, poiché aveva sempre Itaca nel cuore epassava i suoi giorni seduto in riva al mare asospirare nel ricordo della moglie e del figlio.

Dopo sette anni trascorsi così dolorosa‐mente, gli dei ebbero pietà di lui e, approfit‐tando di una momentanea assenza di Posi‐done, inviarono Ermes da Calipso, per ordinarledi lasciar partire Ulisse. La ninfa ubbidì all’ordine,aiutò l’eroe a costruirsi una zattera, gli diede acquae provviste e lasciò che prendesse il mare, ma dopo di‐ciassette giorni di navigazione, Posidone, ritornato dalsuo viaggio e accortosi di quanto era successo, scatenò unaviolentissima tempesta che distrusse la zattera.

A stento Ulisse riuscì a salvarsi a nuoto dalla furia del mare, e nuotòper due giorni e due notti finchè le onde lo gettarono sulla riva delfiume di una terra sconosciuta, dove l’eroe, stremato dalla fatica, caddein un sonno profondissimo.

Jan Brueghel l'Ancien,Ulisse e Calipso.

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Epica

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Mito, epica, leggenda

Nella terra dei Feaci

Era giunto nella terra del popolo dei Feaci, su cui regnava il re Alci‐noo, che aveva una figlia, Nausicaa, alla quale la dea Atena, protettrice

di Ulisse, portò in quella notte uno strano sogno: alla fan‐ciulla sembrò di vedere una sua cara amica, che le an‐

nunziava il giorno vicino del suo matrimonio e la in‐vitava a lavare i suoi abiti sporchi.

Al mattino Nausicaa, memore del sogno, sirecò con le sue ancelle presso il fiume, e tutteinsieme lavarono gli abiti, li stesero ad asciu‐gare e poi cominciarono a giocare con lapalla, che cadde nel fiume tra le grida dellefanciulle.

Il grido, però, fece svegliare Ulisse, cheuscì dal suo nascondiglio di foglie e, sporcodi salsedine, spaventò tutte le fanciulle,

tranne Nausicaa, che ascoltò commossa leparole supplichevoli dell’eroe, lo fece aiutare

dalle ancelle a lavarsi, a vestirsi con un manto,a ristorarsi con del cibo e poi lo condusse alla reg‐

gia di suo padre.Giunto alla presenza della regina, Arete, Ulisse si in‐

ginocchiò ai suoi piedi, scongiurandola di aiutarlo a ritor‐nare in patria; il re e la regina lo accolsero con ogni benevolenza, lo

fecero partecipare al banchetto e gli chiesero di narrare le sue avven‐ture, cosa che l’eroe fece per tutta una notte e tutto un giorno.

Al termine del racconto Alcinoofornì ad Ulisse una nave, un equipag‐gio di marinai feaci e lo fece riaccom‐pagnare a Itaca. Ma, durante il viag‐gio, l’eroe si addormentò profonda‐mente e non si svegliò neppurequando i Feaci lo deposero sullaspiaggia della sua isola.

Essi ripresero il mare per fare ri‐torno alla propria terra, ma Posi‐done, irato con loro perché avevanoaiutato Ulisse, sfiorò con la mano di‐vina la loro nave, che si fermò all’im‐provviso, mise radici in fondo almare e si trasformò in un blocco dipietra.

Pieter Lastman. Ulisse eNausicaa.

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Unità 2Il racconto epico

Itaca, oggi.

1. dilapidavano: consumava-no, sper peravano.

2. ancella: serva.

Itaca!

Nel frattempo a Ulisse, che si era svegliato, apparve la dea Atena,la quale lo avvertì che la sua reggia era piena di principi, i Proci, chevolevano sposare Penelope e che da anni spadroneggiavano e dilapi‐davano� i suoi beni, nell’attesa che la regina scegliesse il suo nuovomarito, cosa che ella ritardava inventando sempre nuove scuse. Maora i Proci avevano scoperto il suo ultimo inganno: Penelope avevapromesso che avrebbe scelto il suo nuovo sposo, dopo aver terminatoil lavoro di tessitura di una splendida tela, e i principi avevano accet‐tato questo termine, ma poi,avvertiti da un’ancella� traditrice, essiavevano sorpreso Penelope che di notte sfilava quella stessa tela chetesseva di giorno.

Bisognava, dunque, intervenire presto ma con astuta prudenza:perciò la dea trasformò l’eroe in un vecchio mendicante, in modo chenessuno lo riconoscesse, e gli consigliò di chiedere ospitalità ad Eu‐meo, un vecchio e fedele pastore, e di attendere là l’arrivo del figlioTelemaco, che stava ritornando a Itaca dopo aver cercato invano no‐tizie del padre.

Due giorni dopo alla capanna di Eumeo giunse Telemaco e Ulissegli rivelò la propria identità, dopo che Atena aveva reso splendido e re‐gale il suo aspetto: padre e figlio si abbracciarono e piansero per la gioiadi essersi ritrovati, e, subito dopo, idearono insieme un piano per uc‐cidere i Proci.

Il giorno dopo Ulisse, con l’aspetto del vecchio mendicante, si pre‐sentò alla reggia e fu riconosciuto solo dal vecchio e fedele cane Argo,che, debole e ammalato, era sdraiato vicino alla porta d’ingresso…

Rifletti su… il lessico

Che cosa vuol direl’espressione “tessere latela di Penelope”?

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Epica

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Mito, epica, leggenda

301. Odisseo: è il nome gre-co di Ulisse.

304. si terse: si asciugò.305. eludendo: evitando.306. letame: escrementi del

bestiame, di solito usaticome concime.

308. celere: veloce.316. recessi: luoghi nascosti.317. fiera: animale selvatico.

le peste: le tracce.322. possente: potente.323. appena… il servaggio:

non appena diventa unumile servo. Secondo gliantichi un servo nonaveva una propria vo-lontà nell’agire, ma ese-guiva solo gli ordini delpadrone, perciò se il pa-drone non c’è i servi tra-scurano il loro dovere.

325. pretendenti egregi: so-no i Proci; sono definitiegregi, cioè illustri, per-ché sono giovani di stir-pe principesca.

326. fato: destino a cui non sipuò sfuggire.

Il fedele ArgoAllorché vide Odisseo accanto,scodinzolò e piegò entrambe le orecchie,ma al proprio padrone non potéavvicinarsi. Questi distolse lo sguardo e si terse una lacrima,

��� facilmente eludendo Eumeo poi domandò:«Eumeo, che meraviglia, questo cane sopra il letame!È bello il suo aspetto, ma non so chiaramentese era anche celere con questa figura,o se era come sono i cani da mensa

��� degli uomii: li allevano per lusso i padroni».E tu rispondendo, o porcaro Eumeo, gli dicesti:«Oh sì, questo è il cane di un uomo che è morto lontano:se per l’aspetto e l’azione fosse cosìcome quando Odisseo, partendo per Troia, lo lasciò

��� subito ne ammireresti la celerità e la forza.Nei recessi della selva profonda non gli sfuggivauna fiera che egli inseguisse: eccelleva nel seguire le peste.Ma ora è in miseria: il padrone gli è morto lontanoda casa e le donne, incuranti, non l’accudiscono.

��� Quando i padroni non ordinano, i servinon vogliono più lavorare a dovere.Zeus dalla voce possente toglie metà del valoread un uomo, appena lo umilia il servaggio».Detto così, entrò nella casa ben situata

��� e si diresse nella gran sala, tra i pretendenti egregi.E subito il fato nella nera morte colse Argo,quando ebbe visto Odisseo dopo venti anni.

(Traduz. di A . Privitera)

Libro XVII, vv. 301-327

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Unità 2Il racconto epico

FATTI E PERSONAGGI

1. Argo, il cane di Ulisse, riconosce il padrone. Infatti che cosa fa? ..................................................................

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2. Com’era Argo prima che Ulisse partisse? ......................................................................................................................

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3. Secondo Eumeo qual è stata la sorte di Ulisse? ..........................................................................................................

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4. Cosa pensa Eumeo dei servi? .................................................................................................................................................

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LINGUA E STRUTTURA

1. In questo brano chi sta raccontando i fatti?

� a) Eumeo� b) Ulisse� c) Omero

2. Trova gli epiteti esornativi presenti nel brano e spiegali in rapporto al nome a cui si riferiscono.

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PRODUZIONE

1. Forse anche tu conosci qualche storia di animali che hanno mostrato fedeltà al proprio padrone.Raccontala…

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Epica

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Mito, epica, leggenda

L’uccisione dei Proci

Massacro dei Proci daparte di Ulisse, Telemacoed Eumeo, particolare diun vaso.

All’interno della reggia i Proci stavano banchettando, il loro capoAntinoo schernì Ulisse, il quale continuava a fingersi un vecchio men‐dicante, debole e indifeso. Ma nel suo cuore l’eroe meditava la vendettae si preparava all’azione: quella stessa notte, Ulisse e il figlio portaronovia tutte le armi che erano appese alle pareti della sala del banchetto…

Il giorno dopo, du‐rante un nuovo ban‐chetto, le regina Pene‐lope, ispirata dalla deaAtena, portò ai Proci ungrandissimo arco, chesolo il grande Ulisseaveva saputo tendere, epromise che avrebbesposato colui che fosseriuscito a far passareuna freccia attraversogli anelli di una serie diasce allineate: questoera un esercizio di abi‐lità che solo Ulisse erariuscito a compiere.

Tutti i Proci si sotto‐posero alla prova, tuttitentarono di piegarel’arco, ma nessuno vi

riusciva e, mentre i principi erano impegnati nell’inutile sforzo, Ulisse,fattosi riconoscere da due servi fedeli, diede ordine di chiudere laporta del cortile.

Poi chiese umilmente di poter partecipare alla prova, non per aspi‐rare alla mano della regina, ma per mettere alla prova le sue forze, cheuna volta erano state assai vigorose. Tra le risa di scherno dei Proci,Ulisse prese l’arco, ne provò la corda, che vibrò senza opporre resi‐stenza, incoccò� la freccia, la scoccò�… e quella passò rapidamente at‐traverso gli anelli.

Allora un profondo silenzio scese nella sala e, mentre i Proci eranoancora stupiti dall’accaduto, Ulisse scagliò una freccia mortale controAntinoo, gridando a gran voce la propria identità. I principi cercaronoaffannosamente le armi per difendersi, senza trovarle, e allora impu‐gnarono le corte spade, ma l’eroe greco, con l’aiuto del figlio e dei fidatiservi, li uccise implacabilmente� l’uno dopo l’altro.

1. incoccò: mise la freccia sul-la corda lell’arco.

2. scoccò: scagliò.3. implacabilmente: spietata-

mente.

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Unità 2Il racconto epico

Conclusione

Quando tutto fu terminato, i corpi dei morti portati via e la sala pu‐rificata, Ulisse chiese ad Euriclea, la sua vecchia nutrice che lo avevagià riconosciuto da una vecchia cicatrice sulla gamba, di rivelare a Pe‐nelope il suo ritorno. La regina non riusciva a credere a quella notizia:scese nella sala e guardò con attenzione quell’uomo che le appariva unosconosciuto, anche se ora si era ripulito e rivestito. Venti anni eranotrascorsi da quel lontano giorno in cui Ulisse erapartito per Troia! Molti…Troppi!

La regina voleva una prova certa del‐l’identità dell’uomo che le stava da‐vanti, e ordinò alle ancelle di pren‐dere il letto dalla sua stanza e por‐tarlo nella sala. Ma quandoUlisse le rispose che era impos‐sibile, perché quel letto erastato costruito da lui stesso sultronco di un ulivo, che sor‐geva nella casa, Penelope nonebbe più dubbi e si gettò,piangendo, tra le braccia delmarito.

Nel frattempo la notiziadella morte dei Proci si erasparsa e i parenti dei principi, pervendicarne la morte, attaccarono lareggia di Ulisse. Ma la grande deaAtena, protettrice dell’eroe, ordinò atutti di smettere di combattere e di vivere inpace.

Ma per Ulisse non erano finite ancora le avventure: bi‐sognava che si avverasse l’ultima parte della profezia di Tiresia, che par‐tisse, dunque, alla volta delle misteriose regioni che non conoscevanoné il sale né il mare e neppure la forma di un remo.

Ma questa sarebbe tutta un’altra storia…

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Epica

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Mito, epica, leggenda

Questo poema è opera di Apollonio Rodio, un poeta epico greco del‐l’età ellenistica, che nacque probabilmente ad Alessandria all’inizio delsec. III a.C.

In esso viene narrata la spedizione degli Argonauti, guidati da Giasone,alla conquista del vello d’oro, custodito nella Colchide presso il re Eeta.

Anche qui, per agevolare la tua lettura, cominciamo con…

Le ArgonauticheApollonioRodio

L’antefa�o

In Tessaglia, a Iolco, regnava Pelia,che aveva usurpato� il trono di

suo fratello Esone. Un ora‐colo� gli aveva predetto di

temere l’uomo calzato diuna sola scarpa che sa‐

rebbe giunto nel suoregno e, quando ungiorno in città arrivòuno straniero conun solo sandalo aipiedi, egli lo mandòa chiamare e gli

chiese chi fosse.L’uomo rivelò di es‐

sere Giasone, figlio diEsone, e di rivolere il trono

che Pelia aveva usurpato. Pe‐lia, allora, poiché non voleva re‐

stituire il regno, escogitò un ingannoe disse a Giasone: “Nella mia vita ho troppo

offeso gli dei ed essi mi perdoneranno solo se avrò il vello� d’oro custo‐dito nei boschi del re Eeta, in Colchide�. Ma io sono vecchio e nonposso affrontare quest’impresa. Còmpila tu per me e, quando torneraicon il vello, ti restituirò il trono”. Pelia sapeva che il viaggio era rischio‐sissimo e l’impresa piena di pericoli insormontabili e sperava che Gia‐sone morisse, ma l’eroe non si accorse dell’inganno, accettò il patto ecercò subito compagni per il viaggio.

1. usurpare: impadronirsi in-giustamente.

2. oracolo: comando o profe-zia che gli dei davano agliuomini attraverso un sacer-dote o una sacerdotessa.

3. vello: era la pelle d’oro diun montone sacro.

4. Colchide: antica regione af-facciata sul mar Nero, pres-so l’odierna Turchia.

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Unità 2Il racconto epico

ProemioDa te sia l’inizio, Febo, a che io ricordi le gestadegli eroi antichi che attraverso le bocche del Pontoe le rupi Cianee, eseguendo i comandi di Pelia,guidarono al vello d’oro Argo, la solida nave.

� Il re Pelia aveva appreso un oracolo, che l’aspettavauna sorte atroce in futuro: chi tra i suoi sudditiavesse visto venire calzato di un solo sandalo,quello con le sue trame gli avrebbe dato la morte.Non molto tempo dopo, secondo il tuo oracolo, Giasone,

�� mentre guadava d’inverno l’Anauro, trasse in salvo dal fangoun sandalo solo, e l’altro lo lasciò in fondo all’acqua.Presto giunse da Pelia, per prendere parte al banchettoche il re celebrava in onore di Posidone suo padree degli altri dei: ma di Era Pelasga non ebbe pensiero.

�� Appena vide Giasone capì, e pensò per lui la faticad’un duro e lungo viaggio, sperando che in mareo tra genti straniere perdesse la via del ritorno.Come Argo costruì la sua nave, con il consiglio di Atena,cantano i poeti di un tempo : io voglio invece qui dire

�� la stirpe degli eroi ed il nome, e i lunghi viaggi per mare,e tutte quante le imprese che essi compirononel loro errare. Siano le Muse ministre di canto.

(Trad. G. Paduano, Rizzoli, Milano, ��)

Libro I, vv. 1-22

* L’indicazione dei passi fa rife-rimento al testo dell’opera inlingua originale.

Il poema di Apollonio Rodio co-mincia con un proemio che pre-senta alcune novità: infatti l’invo-cazione non è rivolta alla Musa,ma ad Apollo, che era il dio pro-tettore di tutte le arti, e nella pro-tasi è descritto molto brevementel’argomento del poema.Segue poi la narrazione dell’an-tefatto, che di solito nella poesiaepica non veniva mai raccontatoe dopo questa il poeta fa una se-conda dichiarazione, annun-ciando da dove prenderà iniziola sua storia.Il proemio si conclude con un ri-chiamo alla protezione di tutte leMuse.

1. da te… gesta: fammi trarreda te l’ispirazione, o Apollo,per ricordare le imprese…

2. Ponto: regione dell’Asia mi-nore, sul mar Nero.

3. rupi Cianee: le Simplegadi,scogli vaganti nel mare, moltopericolosi per i naviganti.

4. Pelia: è il re di Iolco, usurpato-re del trono, figlio di Posidone.

8. trame: inganni.9. secondo il tuo oracolo: l’ora-

colo di Apollo.10. guadava: attraversava.

Anauro: fiume della Tessaglia.14. ma… pensiero: trascurò i sa-

crifici ad Era e la dea si ven-dicò, proteggendo Giasone ela sua impresa. Pelasga era ilnome con cui la dea era ono-rata in Tessaglia.

17. perdesse… ritorno: morisse onon tornasse più.

18-19. Come Argo…: questo èl’inizio della seconda dichia-razione di Apollonio, quasi unsecondo proemio, in cui spe-cifica gli uomini e gli eventi, dicui intende parlare.

21. errare: vagare. Siano…can-to: le muse governino la miapoesia.

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Epica Mito, epica, leggenda

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FATTI E PERSONAGGI

1. Quale divinità viene invocata nel proemio? ..................................................................................................................

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2. Qual è il contenuto del poema? ............................................................................................................................................

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3. Perché Pelia ordina a Giasone di partire? .....................................................................................................................

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Mappa del viaggio degli Argonauti secondo Apollonio Rodio

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Unità 2Il racconto epico

LINGUA E STRUTTURA

1. Sottolinea nel testo le diverse parti in cui si articola il proemio e dai ad ognuna un titolo. ..........

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2. Spiega quali sono le novità che Apollonio Rodio introduce nel proemio. .................................................

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PRODUZIONE

1. Esegui la costruzione diretta del brano.

2. Svolgi la parafrasi del proemio.

3. Confronta il proemio delle Argonautiche con quelli dell’Iliade e dell’Odissea: cosa hanno incomune e quali sono le differenze?

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Epica

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Mito, epica, leggenda

1. cantore: cantante e musici-sta.

2. Bitinia: antica regione si-tuata nella parte nord-occi-dentale dell’Asia Minore.

3. ripugnante: disgustosa.4. nauseabondo: vomitevole.

Avventure in viaggio

La notizia si diffuse e da tutta la Grecia giunsero gli eroi e gli uominimigliori: Càstore e Polluce, figli di Zeus e Leda, Orfeo, il divino cantore�

che con la sua musica commuoveva anche i sassi, Linceo, che con lasua vista acutissima poteva vedere anche sotto terra, Zete e Calai, figlidi Borea, capaci di volare con le proprie ali da un punto all’altro delmondo. Tutti insieme costruirono la nave Argo e partirono alla voltadella Colchide, affrontando un lungo viaggio durante il quale avrebberovissuto straordinarie avventure.

Durante una sosta presso la Bitinia� gli Argonauti incontrarono unvecchio ridotto pelle e ossa che li supplicò di aiutarlo: era Fineo, alquale Apollo aveva dato il dono della profezia. Ma egli aveva rivelatoagli uomini più di quanto essi dovessero sapere e il dio lo aveva con‐dannato ad una pena ripugnante� e all’eterna vecchiaia. Infatti ognivolta che Fineo si accingeva a mangiare, dal cielo scendevano in volole Arpie, mostri dal corpo di uccello e dal viso di donna, le quali divo‐ravano il suo cibo e poi volavano via, lasciando nell’aria un odore nau‐seabondo�. Gli Argonauti, commossi dalla infelice sorte di Fineo, de‐cisero di aiutarlo.

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Unità 2Il racconto epico

264. Boreadi: sono Zete eCalai, figli di Borea, ilvento del nord.

267. come acerbe… baleni:simili a terribili tempestee a fulmini.

268. stridore: rumore.269. smaniose: desiderose,

vogliose.273. brandirono: impugna-

rono.276. Zefiro: è un altro vento.279. piste: tracce.281. serrano: chiudono.286. Iride: è la messaggera

degli dei.287. ammonendoli: avver-

tendoli.291. Stige: è uno dei quattro

fiumi infernali. Il giura-mento fatto dagli dei sul-lo Stige era sacro.

294. figlio di Agenore: è Fi-neo.

Le ArpieSubito i più giovani prepararono il pranzo per Fineo,l’ultima preda offerta alle Arpie, e i Boreadi si misero accanto,

�� per respingere con la spada l’assalto di quelle.Il vecchio aveva appena toccato il suo cibo che subito,come acerbe tempeste, come baleni balzaronodalle nubi, improvvise, e con immenso stridoresi avventarono sul cibo smaniose: a quella vista gli eroi

��� diedero un grido, ma quelle, sempre stridendo,e divorata ogni cosa, volarono oltre il mare, lontano,e là non rimase altro che un insopportabile odore.I due figli di Borea brandirono allora le spadee le inseguirono. Zeus diede loro una forza instancabile:

��� senza di lui non avrebbero mai potuto seguirle,perché volavano rapide come tempeste di Zefiro,sempre, quando andavano verso Fineo o ne ripartivano.Come quando sui monti i cani esperti di cacciacorrono sulle piste delle capre o dei cerbiatti,

�� e gli si spingono addosso, ed in cimaalle mascelle serrano i denti a vuoto,così serrando da presso la Arpie i figli di Boreacercavano invano, protendendo le dita, di prenderle.Quando poi le raggiunsero, lontano, alle isole Erranti,

�� certo le avrebbero fatte a pezzi, contro il volere divino,se non li avesse visti la rapida Iride e non fosse discesa,dal cielo, e non li avesse fermati ammonendoli:“Non vi è lecito, figli di Borea, colpire con la vostra spadale Arpie, che sono i cani del potentissimo Zeus,

��� ma io vi giuro che non torneranno da Fineo”.Così disse e giurò sull’acqua del fiume Stige,che è per gli dei tutti la più venerata e tremenda,che mai più sarebbero andate alla casadel figlio di Agenore; questo era stabilito dal fato.

��� Ed essi cedettero al giuramento e si volsero indietro velociper ritornare alla nave; perciò gli uomini diedero il nome di

[Strofadi,Isole della Svolta, a quelle che prima chiamavano Erranti.Le Arpie ed Iride si separarono, le une verso il profondod’una caverna di Creta, Iride in alto all’Olimpo:

��� la portavano in volo le velocissime ali.

Libro II, vv. 263-300

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Epica

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Mito, epica, leggenda

FATTI E PERSONAGGI

1. Che cosa accade appena Fineo sta per mangiare? .................................................................................................

......................................................................................................................................................................................................................

2. Cosa fanno i figli di Borea? .....................................................................................................................................................

......................................................................................................................................................................................................................

3. Perché interviene Iride? ...............................................................................................................................................................

......................................................................................................................................................................................................................

4. Perché le isole Strofadi hanno questo nome?.................................................................................................................

......................................................................................................................................................................................................................

LINGUA E STRUTTURA

1. Trova nel testo il patronimico e l’epiteto, spiegando a chi si riferiscono. ...................................................

......................................................................................................................................................................................................................

2. Spiega con parole tue la similitudine presente nel testo. ......................................................................................

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PRODUZIONE

1. Stendi il riassunto del brano. ...................................................................................................................................................

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2. Spiega che cosa vuol dire l’espressione “essere un’arpia”. ................................................................................

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Unità 2Il racconto epico

Le Simplegadi

Il vecchio Fineo, per ringraziare gli Argonauti del loro aiuto, rivelòloro come superare un terribile pericolo che li attendeva nel viaggio: ilpassaggio attraverso le rupi Simplegadi.

Queste rupi, prive di basi, vagavano nel mare e cozzavano tra loro,schiacciando le navi che dovevano passare. Fineo disse agli Argonautidi procurarsi una colomba e di liberarla quando fossero stati in vistadelle Simplegadi: se fosse passata senza essere schiacciata, anche essisarebbero potuti passare, se invece fosse stata schiacciata essi avreb‐bero dovuto rinunciare all’impresa.

Libro II, vv. 549-583;597-606

Arrivati gli eroi allo stretto, tortuoso passaggio,��� chiuso da ambo le parti dalle rupi scoscese,

il vortice della corrente colpiva di sotto la navenel suo cammino, e andavano molto avanti ma con paura,perché già colpiva gli orecchi il fragore tremendo delle due rupi,che urtavano, l’una sull’altra, e urlava la spiaggia battuta dal mare.

��� Allora si alzò in piedi Eufemo tenendola colomba nella sua mano; salì sulla prora, e gli altriregolarono, per comando di Tifi, figlio di Agnia, la vogaper passare poi tra le rupi, fidandonel loro vigore. D’improvviso le videro:

�� superato l’ultimo braccio di terra, le videro aprirsi,e i cuori furono sconvolti. Eufemo lanciò la colombae tutti alzarono il capo a guardarla,quando volò tra le rocce e quelle di nuovourtarono insieme l’una sull’altra

�� con grande fragore. Si levò in alto un’ondataribollente, come una nuvola; il mare diede un urlo ferocee rimbombò il grande etere tutto all’intorno.Risuonarono le grotte cave, sotto gli scogli scoscesi,quando le invasero i flutti; si riversò sulla riva,

��� in alto, la bianca schiuma delle onde ruggenti.La corrente volgeva in tondo la nave. Le rocce tagliaronole ultime punte alla coda della colomba; ma essavolò illesa, e i rematori diedero un grido. Allora Tifiordinò di remare con forza: di nuovo le rocce si stavano aprendo.

��� Ma remando tremavano, finché il riflusso dell’ondali trascinò tra le rupi e tutti furono presida atroce terrore: sopra le loro testeera la morte, che non conosce rimedi.Già da una parte e dall’altra si apriva vastissimo il Ponto

549. tortuoso: complicato.550. scoscese: a picco sul

ma re.553. fragore: frastuono.554. urlava: il mare sembra

quasi emettere alte gri-da, quando le onde siabbattono con violenzasulla spiaggia.

555. Eufemo: uno degli Ar-gonauti.

556. prora: è la prua dellanave, cioè la parte ante-riore.

557. Tifi: altro argonauta. vo -ga: spinta data sul remoper far avanzare la na-ve.

560. braccio di terra: lembodi terra.

566. ribollente: le acque delmare sono così agitateche sembrano quasi bol-lire. urlo feroce: il fra-stuono del mare divieneassordante.

567: rimbombò il grandeete re: l’urlo del mareriecheggiò nell’aria cir-costante.

568. cave: vuote.579. Ponto: è il mar Nero.

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Epica

132

Mito, epica, leggenda

583. Argo: è il nome dellana ve, da cui Argonauti,cioè i naviganti di Argo.

597. le tavole di Argo: le ta-vole di legno con cui eracostruita la nave.

598. incatenate: bloccate.600. saetta: freccia.603. aplustre: ornamento che

nelle antiche navi si po-neva in cima alla pop-pa, cioè la parte poste-riore della nave… comela coda della colomba!

605. misero salde radici: di-vennero immobili. que-sto… divini: ciò era sta-to stabilito dalla leggeimmutabile del Fato.

FATTI E PERSONAGGI

1. Da cosa gli Argonauti capiscono di essere vicini alle Simplegadi? ...............................................................

......................................................................................................................................................................................................................

2. Cosa accade quando la colomba vola tra le rupi? ...................................................................................................

......................................................................................................................................................................................................................

�� e d’improvviso si levò su di loro una grande ondataricurva, come una rupe scoscesa. Quando la videro,chinarono il capo, perché pareva volesseinvadere Argo e sommergerla tutta.[…]Le rupi gemevano, scosse, e le tavole d’Argo eranoincatenate. Allora Atena si appoggiò a una solida roccia con

[la sinistrae con la destra spinse la nave diritta attraverso il passaggio.

�� Essa si levò alta, come il volo d’una saetta:tuttavia le rupi, scontrandosi l’una sull’altra,tagliarono via la punta degli ornamentidell’aplustre; Atena di nuovo balzò sull’Olimpo,quando furono in salvo, mentre le rocce, serrandosi insieme,

�� misero salde radici; questo era nei fati divini,quando un uomo le avesse viste, e attraversate sopra una nave.

(Traduzione di G. Paduano)

continua ���

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Unità 2Il racconto epico

3. Che cosa decidono di fare gli Argonauti? .....................................................................................................................

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4. Come riesce a passare tra le rupi la nave Argo? ......................................................................................................

......................................................................................................................................................................................................................

5. La nave subisce la stessa sorte della colomba. Perché? .........................................................................................

......................................................................................................................................................................................................................

6. Cosa accade alle rupi Simplegadi, dopo il passaggio degli Argonauti? ..................................................

......................................................................................................................................................................................................................

LINGUA E STRUTTURA

1. Ricerca nel brano e sottolinea i termini che si riferiscono ai suoni e al rumore.

2. Spiega con parole tue l’espressione “la morte, che non conosce rimedi” del verso 578. ..............

......................................................................................................................................................................................................................

......................................................................................................................................................................................................................

3. Spiega il significato del paragone presente ai versi 580-581...........................................................................

......................................................................................................................................................................................................................

......................................................................................................................................................................................................................

PRODUZIONE

1. Stendi il riassunto del brano.

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Epica

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Mito, epica, leggenda

La conquista del vello d’oro

Anthony Frederick Augustus Sandys, Medea.

Dopo un lungo viaggio gli Argonauti approdarono alla città di Ea,in Colchide, dove il re Eeta custodiva il vello d’oro, appeso a una querciadel bosco sacro ad Ares e sorvegliato da un orribile drago che non dor‐miva mai.

Gli Argonauti si recarono alla reggia di Eeta e Giasone gli chiese didonargli il vello d’oro, ma il re promise di darglielo solo se avesse supe‐rato una difficilissima prova: avrebbe dovuto aggiogare� due tori daglizoccoli di bronzo e che soffiavano fuoco e poi arare dall’alba alla notteun campo, dove avrebbe dovuto seminare denti di drago, dai quali sa‐rebbero nati dei giganti armati che egli avrebbe dovuto uccidere.

Giasone accettò di sottoporsi alla prova, anche se temeva cheavrebbe fallito, ma improvvisamente si presentò da lui Medea, figliadi Eeta e abile maga, la quale si era perdutamente innamorata di Gia‐sone e aveva deciso di aiutarlo. Gli consegnò un unguento preparatoda lei stessa e gli ordinò di spalmarlo sul corpo, così non sarebbe statoferito da nessuna arma né bruciato dal fuoco. L’eroe le promise che nonavrebbe dimenticato il suo aiuto e le chiese di partire con lui ed esserela sua sposa. Medea accettò e gli offrì altri consigli per superare la prova.

All’alba Giasone giunse nel campo con il corpo unto dell’unguentomagico.

1. aggiogare: mettere sotto ilgiogo, cioè sotto un collaredi legno.

Giasone torna in patriacon il vello d'oro, in unvaso attico a figure rosse.

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Unità 2Il racconto epico

La prova di GiasoneLibro III,vv. 1290-1313

Ed ecco che, sbucando da un occulto nascondiglio sotterraneo,dov’essi avevano le loro possenti stalle, avvolte intorno da caliginosofumo, gli furono davanti ambedue insieme i tori spiranti fiammeardenti. N’ebbero paura gli eroi quando li videro; ma Giasone, benpiantato sulle gambe, stette ad attenderli, mentre avanzavano con‐tro di lui, come saldo scoglio, in mare, attende le onde agitate dagrandi tempeste. Aveva dinanzi a sé, pronto contro i tori, lo scudo;contro il quale ambedue i tori insieme muggendo vennero a cozzarecon le forti corna; ma non riuscirono a farlo indietreggiare nem‐meno un poco col loro colpo.

Come quando nei crogiuoli forati i mantici di cuoio dei fabbriora soffiano, facendo divampare l’esiziale fuoco, ora invece smettonoil soffio: un tremendo boato n’esce tutte le volte che la fiamma sislancia dal fondo; così rumoreggiavano i due tori, soffiando la rapidafiamma dalla bocca; e la fiamma rovinosa investiva l’eroe e lo colpivacon la violenza del fulmine, ma i farmaci datigli dalla fanciulla loproteggevano. Allora Giasone, afferrato un toro alla sua destra al‐l’estremità d’un corno, lo trascinò violentemente con tutte le sueforze, onde avvicinarlo al giogo di bronzo; poi, con un rapido colpodel piede allo zoccolo bronzeo, lo piegò a terra sulle ginocchia; allostesso modo piegò in ginocchio l’altro, mentre gli si avventava con‐tro, colpendolo cioè con un unico agile colpo. Indi, posto a terral’ampio scudo, ben piantato su ambedue le gambe, li tenne fermipiegati sulle ginocchia anteriori, uno a destra e l’altro a sinistra, sfug‐gendo così alle fiamme.

(trad. G. Pompella)

��

��

��

��

40. occulto: invisibile.41. possenti: grandi e

resisten ti. caliginoso: cheoffusca la vista.

42. spiranti: che soffiavano.47. cozzare: colpire con le

cor na.50. crogiuoli: recipienti usati

per fondere i metalli.mantici: attrezzi che ser-vivano per soffiare l’ariasul fuoco e ravvivare lefiamme.

51. esiziale: che è molto dan-noso.

52. boato: rombo forte e cu-po.

60. si avventava: si scaglia-va.

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Epica

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Mito, epica, leggenda

FATTI E PERSONAGGI

1. Da dove sbucano i tori? ..............................................................................................................................................................

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2. Come assalgono Giasone? .......................................................................................................................................................

......................................................................................................................................................................................................................

3. Perché Giasone non viene ustionato dal fuoco che i tori soffiano? ................................................................

......................................................................................................................................................................................................................

4. Come fa Giasone a vincere sui tori? ..................................................................................................................................

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LINGUA E STRUTTURA

1. Spiega la similitudine dei versi 49-52. .............................................................................................................................

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......................................................................................................................................................................................................................

......................................................................................................................................................................................................................

2. La fiamma è definita “rapida” e “rovinosa”: spiega il significato di questi epiteti in rapportoalla natura del fuoco.

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......................................................................................................................................................................................................................

PRODUZIONE

1. Il poeta definisce per due volte Giasone “ben piantato sui piedi”. Spiega con parole tue qual èl’atteggiamento che l’eroe mostra durante il combattimento con i tori.

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Unità 2Il racconto epico

Giasone prende il vello

Al sorgere della luna dal campo cominciarono a nascere enormi gi‐ganti armati di aste e scudi: Giasone, ricordando i consigli di Medea,aspettò che i giganti avessero posato i loro enormi piedi sulla terra, poilanciò un sasso ed essi, per impossessarsene, lottarono l’uno control’altro. Allora l’eroe si slanciò in mezzo a loro e li uccise tutti con la sualancia.

Al termine del combattimento, mentre Eeta ritornava nel suo pa‐lazzo, Medea guidò Giasone nel bosco, fino alla quercia sacra, poi conun filtro magico, spruzzò gli occhi del drago insonne�, che si addor‐mentò subito. Dopo aver preso il vello d’oro, i due si diressero veloce‐mente alla nave, ma per potersi allontanare dovevano sconfiggerel’esercito dei Colchi, che il re Eeta aveva mandato contro Giasone e cheera comandato dal fratello di Medea.

La maga, senza esitazioni né rimorsi, attirò allora il fratello in untranello, Giasone lo uccise a tradimento e i Colchi, rimasti senza uncapo, furono facilmente sconfitti: gli Argonauti furono liberi di ripren‐dere il mare, ma le loro avventure non erano ancora finite…

1. insonne: che non dormemai.

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Epica

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Mito, epica, leggenda

Il gigante Talo

Il ritorno in patria

Ripresa la navigazione, gli Argonauti giunsero finalmente a Iolco equi Giasone scoprì che suo padre, sua madre e suo fratello erano statiuccisi dal malvagio Pelia. Allora l’eroe, dopo avergli consegnato il vellod’oro con aria apparentemente indifferente, chiese a Medea di vendi‐care con i suoi poteri magici la morte dei propri cari.

Ella chiamò le figlie del vecchissimo Pelia e rivelò loro di conoscereuna magia che poteva ringiovanire chiunque, e anzi ne diede una di‐mostrazione: uccise, squartò e fece bollire in un pentolone pieno d’ac‐qua un vecchio montone�, poi pronunciò una formula magica e dalpentolone balzò fuori un bell’agnellino bianco. Subito le figlie di Peliauccisero, fecero a pezzi e bollirono il loro vecchio padre, ma al mo‐mento di pronunciare la formula magica, Medea si rifiutò di recitarlae lasciò il malvagio Pelia squartato e bollito nel pentolone.

Qui termina il poema di Apollonio Rodio, ma non la storia di Giasone eMedea che ebbe un tragico finale…

1. montone: vecchio caprone.

Il delitto commesso da Medea e Giasone era troppo orribile e Zeusdecise di punirli, creando una serie di ostacoli al loro ritorno in patria.Gli Argonauti riuscirono a superarli tutti e, quando furono in vista diCreta, si avvicinarono all’isola per rifornirsi d’acqua, ma improvvisa‐mente furono colpiti da una fitta pioggia di schegge di pietre. Medeaspiegò che Talo, un gigante di bronzo, difendeva l’isola di Creta conquel sistema: il gigante era immenso e aveva il corpo invulnerabile. Maun piede di Talo nascondeva la sua debolezza, perché un’unica venalunghissima attraversava il corpo del gigante e terminava sotto il cal‐cagno, coperta solo da una fragile membrana.

Perciò Medea si recò da sola verso Talo e loaffascinò con il suo sguardo di maga: il gigantesi abbassò per guardarla da vicino ed ella glisoffiò in faccia tutto l’odio di cui una maga eracapace. Talo traballò e cadde pesantementesulle rocce, la membrana sul calcagno si ruppee dall’unica vena sgorgò piombo fuso, che scor‐rendo portò via con sé la vita del gigante.

Rifletti su… il lessicoQuale personaggio epi -co ti ricorda il giganteTalo e perché?

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Unità 2Il racconto epico

Una disumana vende�a

Per evitare la vendetta delle figlie di Pelia, Giasone e Medea fuggi‐rono a Corinto, dove vissero felici per dieci anni ed ebbero anche duefigli. Ma un giorno Creonte, il re di Corinto, promise a Giasone il pro‐prio trono se avesse sposato sua figlia Glauce, dopo aver ripudiato� Me‐dea. L’eroe, attirato dalla promessa del trono e dimenticando tuttoquello che Medea aveva fatto per lui, non esitò a chiederle di accettareil ripudio. La maga, sentendosi tradita e abbandonata, dapprimapianse, pregò e supplicò Giasone di non mandarla in esilio, poi sembròrassegnarsi al suo destino, chiese di poter portare con sé i figli e, anzi,consegnò all’eroe due doni per Glauce: un magnifico peplo� e unasplendida corona.

Giasone non capì che Medea meditava nel suo cuore un’atroce ven‐detta e portò i doni alla sua nuova sposa, ma appena Glauce li indossò,una violenta fiammata l’avvolse e bruciò il suo corpo e quello del padreCreonte, che aveva cercato di soccorrerla, strappandole la veste.

Allora Giasone comprese… e temendo il peggio, corse verso la pro‐pria casa per salvare i suoi figli, ma Medea aveva già compiuto la pro‐pria terribile e disumana vendetta: per dare la punizione più grande altradimento di Giasone, aveva ucciso i suoi figli con le proprie mani,sparendo poi sul carro alato del Sole.

Nessuno l’avrebbe rivista mai più…

1. ripudiare: il ripudio consi-steva in una dichiarazionefatta dal marito alla moglieper rompere il matrimonio.

2. peplo: tipico abito femmini-le dell’antica Grecia.

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Epica

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Mito, epica, leggenda

L’Eneide, il più famoso poema epico del mondo latino, costituito da do‐dici libri, fu scritto dal poeta Virgilio nel I secolo a.C., e narra la storia diEnea, principe troiano, che, fuggito dopo la caduta della città, viaggiò finoall’Italia, approdando sulle coste del Lazio.

L’Eneideovvero la storiadelle vicende di Enea

Virgilio

* L’indicazione dei passi fa ri-ferimento al testo dell’operain lingua originale.

1. le armi: le imprese di guer-ra. valor: coraggio.grand’eroe: è Enea.

2. pria: anticamente. per de-stino: per volontà del Fato.

2-3. liti… di Lavinio: sono lespiagge del Lazio. errando:vagando.

4. sofferse: soffrì.5. perigli: pericoli. incorse:

s’im battè.6-7. come…del ciel: poiché lo

trascinava l’invincibile vo-lontà degli dei.

7. tenace: ostinata.8. dura: difficile.9. cittade: città.9-10. gli suoi… Lazio: stabilì

nel Lazio gli dei protettoridella patria e della fami-glia. Per gli antichi Romaniquesti dei erano i Penati.

10-12. onde… Roma: grazie aiquali crebbe il nome delpopolo dei latini, e poi il re-gno di Albalonga (fondatada Iulo, figlio di Enea) e ildominio dell’impero di Ro-ma (fondata da Romolo,nato dal dio Marte e daRea Silvia, figlia di Numito-re, re di Albalonga).

13. Musa: è Calliope, la musache proteggeva la poesiaepica. cagioni: cause.

Il poeta Virgilio dichiaranel proemio quale saràl’argomento della suaopera, e invoca la Musaaffinché lo assista nellacomposizione del poe-ma.

ProemioL’armi canto, e ’l valor del grand’eroe

che pria da Troia, per destino, ai litid’Italia e di Lavinio errando venne;e quanto errò, quanto sofferse, in quanti

� e di terra e di mar perigli incorse,come il traeva l’insuperabil forzadel cielo, e di Giunon l’ira tenace;e con che dura e sanguinosa guerrafondò la sua cittade, e gli suoi dei

�� ripose in Lazio, onde cotanto crebbeil nome de’ Latini, il regno d’Alba,e le mura e l’imperio alto di Roma.

Musa, tu che di ciò sai le cagioni,

Libro I, vv. 1-19

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Unità 2Il racconto epico

tu le mi detta. Qual dolor, qual onta�� fece la Dea, ch’è pur donna e regina

degli altri Dei, sì nequitosa ed empiacontro un sì pio? Qual suo nume l’esposeper tanti casi a tanti affanni? Ahi tantopossono ancor là su l’ire e gli sdegni?

(Traduzione di Annibal Caro)

14. tu… detta: suggeriscimele. onta: offesa15. fece la Dea: rese, fece diventare Giunone. donna: signora 16. nequitosa ed empia: ingiusta e crudele.17. contro un sì pio: contro un uomo così rispettoso degli dei.17-18: qual suo nume… affanni?: quale suo potere divino lo

costrinse a tante dolorose vicende attraverso tante avven-ture?

18-19. Ahi… sdegni?: sono tanto potenti nel cielo l’ira e losdegno degli dei?

FATTI E PERSONAGGI

1. Qual è l’argomento del poema? ...........................................................................................................................................

......................................................................................................................................................................................................................

2. Quali vicende vissute da Enea vengono elencate? ...................................................................................................

......................................................................................................................................................................................................................

......................................................................................................................................................................................................................

......................................................................................................................................................................................................................

3. Qual era la missione affidata dal fato ad Enea? .......................................................................................................

......................................................................................................................................................................................................................

4. Che cosa chiede il poeta alla Musa? .................................................................................................................................

......................................................................................................................................................................................................................

LINGUA E STRUTTURA

1. Sottolinea nel proemio in blu la protasi e in rosso l’invocazione alla Musa.

2. Il verbo errare ha qui il significato di “vagare senza raggiungere la meta”: ma nella lingua ita-liana assume anche il significato di “sbagliare”. I due significati derivano l’uno dall’altro per-ché:

� a) chi vaga senza meta, si allontana e sbaglia la strada;

� b) chi vaga si è allontanato dalla strada giusta, come chi sbaglia si è “allontanato” dal fareo dire la cosa giusta;

� c) chi vaga fa una cosa sbagliata.

3. Nell’Eneide il poeta non usa gli epiteti che hai incontrato nei poemi omerici, ma adopera unlinguaggio più vario. Nel proemio Virgilio usa due espressioni per definire le caratteristicheprincipali di Enea. Prova a rintracciare le due espressioni nel testo.

......................................................................................................................................................................................................................

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Epica

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Mito, epica, leggenda

PRODUZIONE

1. Esegui la costruzione diretta del brano.

2. Svolgi la parafrasi del brano.

3. Metti a confronto il proemio dell’Odissea e quello dell’Eneide. Quali elementi comuni noti equali differenze, riguardo la struttura e il contenuto (per esempio il tema del viaggio è presentein entrambi i poemi?).

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Virgilio con l’Eneide traClio e Melpomene.

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Unità 2Il racconto epico

I primi sei libri del poema raccontano la storia del viaggio di Enea daTroia all’Italia, mentre i rimanenti sei narrano la guerra dei Troiani controi Latini, vinta alla fine da Enea, che sposando Lavinia, la figlia del re Latino,diventerà il progenitore� del popolo romano.

Anche in questo poema una parte degli avvenimenti è raccontata dalprotagonista, Enea, durante un banchetto offerto dalla regina di Cartagine,Didone, che ha benevolmente accolto i profughi� troiani, la cui nave è stataspinta da una tempesta sulle coste africane.

Alla richiesta della regina di narrare le sue peripezie�, Enea così ri‐sponde: “Tu mi chiedi, o regina, di rinnovare un dolore inesprimibile, nar‐rando come i Greci distrussero le ricchezze di Troia e il suo regno degnodi pianto…”

1. progenitore: capostipite.2. profughi: fuggiaschi, esilia-

ti.3. peripezie: avventure.

1. menzogne: bugie.

Le ul�me ore di Troia

Dopo dieci anni di assedio i Greci, ispirati dalla dea Atena, avevanocostruito un enorme cavallo di legno e vi avevano rinchiuso i guerrieripiù forti. Imbarcatisi sulle navi, avevano finto il ritorno in patria, la‐sciando il cavallo sulla spiaggia e diffondendo la voce che era un donoper la dea Atena: in realtà la flotta greca si era nascosta dietro l’isola diTenedo, a poca distanza da Troia.

I Troiani, liberati dall’assedio, si erano subito recati sulla spiaggiaed erano rimasti stupiti e impressionati di fronte alla grandezza del ca‐vallo: alcuni proponevano di portarlo in città, altri di distruggerlo, maera soprattutto il sacerdote Lacoonte a esortare i cittadini a non fidarsidei Greci.

Il popolo era incerto su cosa fare, quando venne portato davanti alre Priamo un prigioniero greco, di nome Sinone, al quale il vecchio rechiese spiegazioni in merito al cavallo. Sinone, che era stato lasciatosulla spiaggia proprio perché ingannasse i Troiani con le sue menzo‐gne�, rivelò che da quando Ulisse aveva rubato da Troia il Palladio, lasacra statua di Atena, la protezione della dea aveva abbandonato iGreci; perciò per chiedere perdono del furto e ingraziarsi la dea, ave‐vano costruito il cavallo, ma lo avevano fatto gigantesco, perché l’in‐dovino Calcante aveva profetizzato che non doveva essere portato nellacittà di Troia, altrimenti i Troiani sarebbero stati i vincitori di questae di altre guerre future.

Sinone aveva appena finito di parlare, quando sotto gli occhi deiTroiani avvenne uno spaventoso prodigio…

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Epica

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Mito, epica, leggenda

La morte di LacoonteLibro II, vv. 70-103

71. turbarci: spaventarci.72. Nettuno: è il nome lati-

no di Poseidone, dio delma re.

76. si levano: si sollevano.77. spire: anelli che i ser-

penti formano avvolgen-dosi su se stessi.

78. svettano: si innalzano.san guigne: color san-gue.

81. s’attorcono: siattorciglia no.

83. ardenti: infuocati.93. le sacre bende: le bende

bianche, che erano sim-bolo della sua carica sa-cra di sacerdote.

�� Allora un altro evento molto più spaventososopraggiunse improvviso a turbarci: infelici!Eletto sacerdote di Nettuno, Laocoontesacrificava ai piedi dell’altare solennedel Dio un enorme toro. Ed ecco (inorridisco

�� nel dirlo) due serpenti, venendo da Tenedoper l’alta acqua tranquilla, si levano sull’oceanocon spire immense e s’avviano insieme verso la spiaggia:i loro petti svettano tra i flutti, le sanguignecreste sorpassano l’onde, il resto del loro corpo

� sfiora la superficie dell’acqua; enormi groppeche s’attorcono in cerchi sul mare che, frustatodalle code, spumeggia fragoroso. E approdaronoa riva: gli occhi ardenti iniettati di sanguee di fuoco, lambivano con le vibranti lingue

� le bocche sibilanti. Fuggiamo qua e làpallidi a tale vista. Senza esitare, i serpentipuntano su Laocoonte. E anzitutto, avvinghiaticon molte spire viscide i suoi due figli piccoli,ne straziano le membra a morsi. Poi si gettano

�� su Laocoonte che armato correva in loro aiutostringendolo coi corpi enormi: già due voltein un nodo squamoso gli han circondato vitae collo: le due teste stan alte sul suo capo.Sparse le sacre bende di bava e di veleno

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Unità 2Il racconto epico

�� Laocoonte si sforza di sciogliere quei nodicon le mani ed intanto leva sino alle stellegrida orrende, muggiti simili a quelli d’un toroche riesca a fuggire dall’altare, scuotendovia dal capo la scure che l’ha solo ferito.

��� Infine i due serpenti se ne vanno strisciandosino ai templi più alti, raggiungono la roccadella crudele Minerva, rifugiandosi ai piedidella Dea sotto il cerchio del suo concavo scudo.

(Trad. C. Vivaldi)

99. la scure: l’accetta.102. Minerva: è il nome lati-

no della dea Atena, rap-presentata come unaguerriera e perciò cru-dele.

FATTI E PERSONAGGI

1. Che cosa sta facendo Lacoonte? ...........................................................................................................................................

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2. Quale aspetto hanno i mostruosi serpenti che uccidono Lacoonte e i suoi figli? ...................................

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3. Chi attaccano per primi i due serpenti? ...........................................................................................................................

4. Cosa fa Lacoonte? ..........................................................................................................................................................................

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5. Dove vanno a rifugiarsi i due serpenti? ...........................................................................................................................

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LINGUA E STRUTTURA

1. Attraverso quali particolari il poeta Virgilio riesce a comunicare l’orrore provocato dall’aspettodei serpenti e dall’uccisione di Lacoonte e dei suoi figli?

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2. Trova la similitudine contenuta nel brano e spiegala con parole tue. ..........................................................

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Epica

146

Mito, epica, leggenda

PRODUZIONE

1. Prova a disegnare i due mostruosi serpenti.

2. Stendi il riassunto del brano.

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Unità 2Il racconto epico

L’ul�ma no�e di Troia

Allora tutti i Troiani si convinsero che bisognava portare il cavallonella città e abbatterono una parte delle mura di Troia per farlo entrare,mentre Cassandra, la figlia di Priamo, profetizzava che quello sarebbestato l’ultimo giorno di Troia: ma le sue parole, per volontà di Apollo,non venivano mai credute.

Durante la notte, mentre i Troiani dormivano tranquilli nelle lorocase, la flotta greca ritornò da Tenedo, Sinone aprì il ventre del cavalloe i guerrieri uccisero le sentinelle, aprendo poi le porte della città aipropri compagni.

Allora ad Enea si presentò in sogno il valoroso Ettore, che lo incitòa mettersi in salvo, fuggendo dalla città e cercando un’altra patria.

Enea si svegliò di soprassalto, sentì il rumore delle armi, vide il ba‐gliore� degli incendi che i Greci avevano appiccato e afferrò subito learmi per lanciarsi nella battaglia, combattendo valorosamente per lestrade della città

Ma ecco che gli apparve la madre Venere, la quale, dopo avergli ri‐velato che proprio gli dei avevano voluto la distruzione di Troia, loesortò a mettere in salvo il vecchio padre Anchise, la moglie Creusa eil piccolo figlio Iulo. Enea comprese di dover obbedire alla sua madredivina e ritornò alla propria casa dove si caricò sulle spalle il padre pa‐ralitico, prese per mano il figlio e, seguito da Creusa, si incamminò perle strade di Troia, dopo aver dato ai servi istruzioni precise sul luogo incui si sarebbero incontrati

Durante il percorso per i vicoli più bui e fuori mano della città, Eneasi accorse di aver perso la moglie e tornò indietro a cercarla affannosa‐mente, ma gli apparve l’ombra diCreusa, la quale gli disse di esserescomparsa per volontà degli deie che un lungo viaggio lo aspet‐tava, ma infine sarebbe arrivatoin una nuova terra e avrebbeavuto una nuova moglie.

Pieno di dolore per la perditadella moglie, Enea raggiunse illuogo fissato per l’incontro e làtrovò una folla di persone chevolevano seguirlo, dovunque eglifosse diretto: cedendo alla vo‐lontà degli dei, l’eroe accettò diguidarli alla ricerca di una nuovapatria.

Federico Barocci, Eneafugge mentre Troia brucia .

1. bagliore: riflesso, chiarore,luc cichio.

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Epica

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Mito, epica, leggenda

1. stillare: gocciolare.2. dolente: sofferente.3. scellerata: sciagurata, mal-

vagia.4. mense: tavola.

In viaggio…

I profughi troiani, dopo aver costruito le navi ed essersi messi inviaggio, giunsero in Tracia, dove Enea era sul punto di fondare unanuova città, quando un prodigio spaventoso lo fece fuggire: volendoornare l’altare del sacrificio agli dei, aveva colto un ramoscello da unapianta e….dal ramo vide stillare� gocce di sangue, mentre una voce do‐

lente�, proveniente dal ramo, gli raccontava che lì gia‐ceva, trasformato in pianta, Polidoro, il più giovanedei figli di Priamo, che lo aveva affidato al re dei Traci,per proteggerne la vita. Ma, appena saputo della ro‐vina di Troia, il crudele re aveva ucciso il principe, col‐pendolo con una pioggia di frecce: il corpo trafittoaveva messo radici e si era trasformato in pianta.

Fuggito da quella terra scellerata�, Enea si diressea Delo per chiedere all’oracolo quale sorte lo atten‐desse e verso quale terra dovesse dirigersi. L’oracolorispose:” L’antica madre vi aspetta” e il vecchio An‐chise pensò si dovesse andare a Creta, patria di Teu‐cro, il fondatore di Troia, ma in sogno Enea venne av‐vertito che l’antica madre era l’Italia, la terra dove eranato Dardano, il capostipite dei Troiani.

Durante il viaggio verso l’Italia, i profughi giunseronelle isole Strofadi, dove furono attaccati dalle Arpie,le mostruose creature dal corpo di uccello e dal visodi donna e una di loro, Celeno, predisse ad Enea chenella loro nuova patria essi sarebbero stati tanto tor‐mentati dalla fame che avrebbero mangiato le propriemense.�

Avviliti e preoccupati per la profezia, i Troiani ri‐presero il loro viaggio e approdarono a Butroto, in Epiro, dove regnavaEleno, uno dei figli di Priamo, che li accolse benevolmente e diede adEnea consigli utili a raggiungere l’Italia.

L’eroe troiano proseguì il suo viaggio, sostando in Sicilia, dove An‐chise morì, ma quando Giunone lo vide dirigere la rotta verso il Lazio,infuriata, corse da Eolo e gli chiese di liberare i venti e provocare unatempesta. La dea aveva in odio i Troiani sia perché era ancora offesadalla scelta di Paride (cfr. pag. �), sia perché sapeva che Enea avrebbefondato una città che avrebbe vinto Cartagine, da lei protetta.

Le navi dei Troiani furono travolte, sommerse o danneggiate dallapaurosa tempesta, finchè Posidone stesso, accortosi di quanto stavaaccadendo, non intervenne a placare le acque e le imbarcazioni super‐stiti riuscirono ad approdare in una terra sconosciuta.

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Unità 2Il racconto epico

Enea e Didone

Enea decise allora di andare in esplorazione e, in un bosco, incontròla dea Venere, trasformatasi in una fanciulla, la quale lo informò cheera giunto a Cartagine, su cui regnava Didone. Ella, dopo la morte delmarito Sicheo, per sfuggire al crudele fratello Pigmalione, con ungruppo di persone a lei fedeli si era rifugiata in quella terra eaveva fondato la città di cui era regina.

Enea si recò allora alla presenza di Didone, lechiese ospitalità per sé e i suoi compagni, e la re‐gina li accolse benevolmente, organizzando unbanchetto in onore degli ospiti, durante ilquale Eros, il dio dell’amore, che aveva presol’aspetto di Iulo per ordine di Venere, sca‐gliò le sue frecce verso la regina ed ella,dopo aver ascoltato da Enea il raccontodelle peripezie dei Troiani, si ritrovò ad es‐sere perdutamente innamorata dell’eroe.In questo modo Venere si era assicurata laprotezione per Enea, impedendo a Giunonedi perseguitarlo ulteriormente.

Giunone, allora, finse di far pace con Ve‐nere e le propose di combinare un matrimoniotra i due; la dea dell’amore capì che questo accordoaveva il solo scopo di evitare che Enea raggiungessel’Italia, ma per il momento le fece credere di accettare.

Così la notizia del matrimonio si diffuse e giunse alle orecchiedi Iarba, re dei Gètuli, che Didone aveva rifiutato di sposare, ed egli,sentendosi disprezzato dalla regina e ritenendosi umiliato perché ellaaveva preferito uno straniero a lui, pregò Giove di vendicare l’offesa dalui subita.

Il padre degli dei inviò subito Mercurio ad ordinare a Enea di ripren‐dere il viaggio e raggiungere la terra stabilita per lui dal Fato�, ed il prin‐cipe troiano, di fronte a questo rimprovero, non potè far altro che or‐dinare ai propri uomini di prepararsi alla partenza.

Didone, sconvolta e addolorata per questa decisione, lo pregò e losupplicò di non abbandonarla, ma Enea le rispose di non poter sottrarsial volere degli dei e di essere costretto alla partenza contro la sua vo‐lontà. La regina mostrò, allora, di rassegnarsi all’inevitabile, fece pre‐parare un gran rogo, vi pose sopra tutti gli oggetti di Enea e finse di vo‐lerli bruciare, per cancellare anche il ricordo dell’eroe, ma in realtà,mentre le navi troiane salpavano dalla costa cartaginese, ella lanciò unaterribile maledizione contro Enea e la stirpe che da lui sarebbe nata…

1. Fato: legge eterna a cui négli uomini ne gli dei poteva-no disobbedire.

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Epica

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Mito, epica, leggenda

609. Ecate… ululando: è unadivinità infernale che ve-niva invocata con lun-ghe grida di notte neitrivi, cioè gli incroci ditre stra de, dove era col-locata la sua immagine.

610. Dire vendicatrici: le Fu-rie, dee della vendetta.Elissa: altro nome di Di-done.

612. l’infame: è Enea, cheDidone giudica un tradi-tore.

615. travagliato: tormentatodal le guerra. Quasi tuttele maledizioni di Didonesi avvereranno, perchéEnea combatterà perlungo tem po contro i Ru-tuli, dovrà separarsi dalfiglio e morirà pochi an-ni dopo la vittoria suinemici.

616. bandito: cacciato. Iulo:è il figlio di Enea, chia-mato anche Ascanio.

617. immeritate: ingiuste,non meritate.

619. iniqua: ingiusta. dolcelu me: la dolce luce delgior no, cioè la vita.

620. cada prima dell’ora:muoia prematuramente.

621. effondo: verso.622. Tiri: sono i Cartaginesi,

chiamati così perché ori-ginari della città di Tiro.

622-623: tormentate… futu-ra: è la predizione delleguerre puniche.

625. vendicatore: nel perso-naggio del vendicatoreè facile vedere Anniba-le, il più implacabile ne-mico del popolo roma-no.

626. dardanii: sono i Troiani,chiamati così dal nomedel loro progenitoreDardano.

La maledizione di DidoneO sole, che illumini con le fiamme tutte le opere della terra,e tu, Giunone, autrice e complice dei miei affanni,Ecate invocata per la città nei notturni trivii ululando,

�� e Dire vendicatrici, e dei della morente Elissa,accogliete quello che dico, punite con giusta potenza i malvagi,e ascoltate le mie preghiere. Se l’infame deve raggiungereil porto e approdare alla terra e questo richiedonoi fati di Giove, e il termine resta immutabile:

�� ma travagliato dalle armi e dalla guerra d’un popolo audace,bandito dalle terre, strappato all’abbraccio di Iulo,implori aiuto, e veda le immeritate mortidei suoi, e quando si sia piegato alle leggi d’una paceiniqua, non goda del regno e del dolce lume;

�� ma cada prima dell’ora, insepolto tra la sabbia.Di questo vi prego, col sangue effondo quest’ultima voce.E voi, o Tirii, tormentate con odio la sua stirpee tutta la razza futura, offrite un tal donoalle nostre ceneri. Non vi sia amore né patto tra i popoli.

�� E sorgi, vendicatore, dalle mie ossa,e perseguita col ferro e col fuoco i coloni dardanii,ora, in seguito, o quando se ne presenteranno le forze.Lidi opposti ai lidi, onde ai fluttiauguro, armi alle armi; combattano essi e i nipoti».

(Trad. L. Canali, Mondadori, ���, Milano)

Libro IV, vv. 607-629

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Unità 2Il racconto epico

FATTI E PERSONAGGI

1. A quali divinità Didone si rivolge e perché? .................................................................................................................

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2. Quali maledizioni lancia contro Enea? ............................................................................................................................

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3. Che cosa chiede ai Cartaginesi? ..........................................................................................................................................

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4. Chi deve nascere dalle sue ossa? .........................................................................................................................................

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LINGUA E STRUTTURA

1. Sottolinea nel testo con colori diversi l’invocazione di Didone agli dei, la maledizione controEnea, la richiesta ai Cartaginesi, l’invocazione al vendicatore.

2. Nella maledizione di Didone sono contenuti molti termini che si riferiscono alla guerra e allavendetta. Individuali.

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PRODUZIONE

1. Spiega con parole tue i sentimenti che sconvolgono il cuore della regina Didone e che la spin-gono a pronunciare le terribili parole di maledizione e di odio eterno.

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Epica

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Mito, epica, leggenda

1. presagio: segno premonito-re.

2. sciagure: disgrazie.

Qui, quando vide le iliache vesti e il notogiaciglio, un poco indugiando in lagrime e in pensiero,

�� si adagiò sul letto, e disse le estreme parole:«Dolci spoglie, finché il fato e il dio permettevano,accogliete quest’anima, e liberatemi da queste pene.Ho vissuto, e percorso la via che aveva assegnato la sorte,e ora la mia ombra gloriosa andrà sotto terra.

�� Ho fondato una splendida città, ho vedutomura da me costruite, vendicato lo sposo, punitoil fratello nemico; felice, troppo felice, se solo le navidardanie non avessero mai toccato le nostre rive!».Disse, e premendo le labbra sul letto: «Moriremo invendicate,

� ma moriamo» esclamò. «Così desidero discendere tra le ombre.Beva questo fuoco con gli occhi dal mare il crudeledardanio, e porti con sé la maledizione della mia morte».Disse; e fra tali parole le ancelle la vedonogettarsi sul ferro, la spada schiumante e le mani

� bagnate di sangue. Vanno le grida negli altiatrii; imperversa la Fama per la città sgomenta.Le case fremono di lamenti, di gemiti, di urlafemminee; il cielo risuona d’un grande pianto.

647. qui: Didone si trova sulrogo, dove sono am-massati gli oggetti che lericordano la storiad’amore tra lei ed Enea.vesti iliache: coperte difattura troiane.

648. giaciglio: è il letto nuzia-le.

650: estreme: ultime.651. dolci spoglie: dolci ri-

cordi d’amore.659. premendo le labbra:

baciando.660. ombre: nel regno dei

mor ti.661. beva… gli occhi: Dido-

ne spera che Enea vedadal mare il fuoco del ro-go, come appunto acca-drà

664. ferro: la spada.665.-666. atrii: erano i vesti-

boli, cioè i vani d’ingres-so delle case antiche.

666. imperversa… sgomen-ta: la fama, che qui èpersonificata, diffondela notizia del suicidio,aggirandosi velocemen-te nella città sbigottita.

Il suicidio di Didone

Poi Didone, pallida in volto e con lo sguardo stravolto, salì furiosasul rogo e si uccise con la spada di Enea, che da lontano vide ardereil fuoco del rogo e sentì nel cuore un oscuro presagio� di nuove scia‐gure�…

Libro IV,vv. 648-668

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Unità 2Il racconto epico

FATTI E PERSONAGGI

1. Quale reazione ha Didone, nel vedere gli oggetti che le ricordano Enea? ..............................................

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2 Quali imprese ricorda di aver compiuto? .......................................................................................................................

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3. Cosa ha distrutto la sua felicità, secondo lei? ..............................................................................................................

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4. Come si uccide la regina? .........................................................................................................................................................

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5. Cosa accade nella città all’annuncio della sua morte? ..........................................................................................

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LINGUA E STRUTTURA

1. Spiega con parole tue l’espressione “un poco indugiando in lagrime e in pensiero”. .....................

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2. Con quali parole Didone definisce Enea? .......................................................................................................................

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PRODUZIONE

1. Dopo aver riletto anche il brano precedente, stendi il riassunto delle ultime, drammatiche oredella regina Didone.

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Epica

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Mito, epica, leggenda

Nel regno degli inferi

Rimessisi, dunque, in mare i Troiani sostarono nuovamente in Si‐cilia, dove Enea fondò una città e vi lasciò tutti quelli che non volevanocontinuare il viaggio, proseguendo poi verso l’Italia per recarsi dallaSibilla�, come il padre Anchise, apparso in sogno, gli aveva consigliatodi fare.

Durante il viaggio, una notte il dio Sonno fece precipitare in marePalinuro, il fedele timoniere della nave, presso un promontorio che dalui prese il nome, ma Enea riuscì ugualmente a guidare la nave versole coste italiche e ad approdare a Cuma, dove abitava la Sibilla.

Enea si recò subito all’antro della Sibilla, una im‐mensa grotta con cento porte e chiese di conoscere ilproprio futuro: la profetessa gli predisse un nuovo re‐gno, ma anche nuove guerre, raccomandandogli disopportare tutte le fatiche e la sciagure future. MaEnea aveva ancora un’altra richiesta per la Sibilla, aiu‐tarlo a scendere negli Inferi, dove il padre Anchise, insogno, gli aveva detto di volerlo incontrare. La donna,allora, gli ordinò di recarsi nel bosco vicino e cercareun ramoscello d’oro: se lo avesse trovato e fosse riu‐scito a spezzarlo, allora avrebbe potuto scendere negliInferi, portandolo con sé per offrirlo in dono a Proser‐pina, la regina del regno dei morti.

Dopo queste parole Enea ritornò dai suoi compa‐gni e li trovò che piangevano la morte di Miseno,l’abile trombettiere, che, mentre suonava sulla spiag‐gia, era stato trascinato in acqua da un Tritone, invi‐dioso della sua bravura.

Enea e i compagni, piangendo la sorte del loro amico, si recarononel bosco per tagliare gli alberi necessari al rogo funebre, e all’improv‐viso l’eroe vide due colombe che si posavano vicino a lui. Comprese cheerano state inviate dalla madre Venere e seguì il loro volo, giungendoa un albero, posto nel fitto della foresta, tra le cui foglie brillava il ra‐moscello d’oro, che egli riuscì a cogliere senza difficoltà.

Dopo aver celebrato i riti funebri per Miseno e averlo sepolto in unluogo che da lui avrebbe preso il nome, Enea, guidato e accompagnatodalla Sibilla, entrò nel regno degli Inferi: l’eroe troiano percorse leoscure strade infernali, incontrando terribili e tristi divinità, le Furie,il Pianto, il Dolore, la Malattia, la Morte, la Guerra… sulle porte vide iCentauri, metà uomini e metà cavalli, Briareo dalle cento braccia, laChimera, un mostro con una testa di leone e una di capra e la coda diserpente, l’Idra di Lerna dalle sette teste, Gerione, mostro con tre corpi,

Antro della Sibilla aCuma.

1. Sibilla: profetessa ispiratada Apollo.

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Unità 2Il racconto epico

le Gorgoni, che avevano ali d’oro, mani con artigli dibronzo, zanne di cinghiale e serpenti al posto deicapelli, e le Arpie.

Infine Enea giunse presso il fiume Ache‐ronte, dove una folla di morti implorava Ca‐ronte, l’infernale traghettatore dagli occhicattivi e iniettati di sangue, di essere tra‐sportata sull’altra riva, ma non tutti eranoammessi a salire nella sua orribile barca,poiché i morti che non avevano avuto se‐poltura erano condannati a vagare percento anni sulle rive del fiume infernale.

Appena Caronte vide il ramoscellod’oro, fece salire Enea e la Sibilla sulla barcae li trasportò sulla riva opposta, dove furonoaccolti dai latrati di Cerbero, il cane infernale atre teste, che la profetessa addormentò facendoglimangiare un miscuglio soporifero. Enea potè alloraentrare nel vero e proprio regno dei morti e vide dall’altouna grande città, chiusa da tre file di mura, circondate dal nerofiume di fuoco Flegetonte e, su una altissima torre di ferro, la Furia Ti‐sifone con una frusta di serpenti che incitava le sue orribilisorelle a tormentare i dannati, mentre tutt’intorno sisentivano pianti, lamenti e rumore di catene. LaSibilla spiegò all’eroe che, quando i dannatientravano, trovavano di fronte a loro un mo‐struoso serpente con cinquanta bocche,prima di essere precipitati nel profondoTartaro. Poi la donna guidò Enea versoi campi Elisi, ma prima l’eroe nel suocammino riconobbe l’ombra di Di‐done, che però si allontanò sdegnatada lui, senza rispondere alle sue pa‐role, finchè nel luogo dove erano rac‐colti gli uomini buoni, egli potè rive‐dere il padre, ma non riuscì ad abbrac‐ciarlo poiché era solo un’ombra impal‐pabile�. Anchise, per rafforzare la volontàdel figlio, gli mostrò quelli che sarebberostati i suoi discendenti, descrivendo perognuno di essi le imprese famose che avrebberocompiuto. Ma ormai era terminato il tempo con‐cesso ad Enea negli Inferi, e l’eroe doveva ritornare nelregno dei vivi e guidare i suoi compagni alla conquista dellanuova patria, il cui splendido destino di gloria gli era ormai ben chiaro.

2. impalpabile: sottilissima, lie -vissima.

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Epica Mito, epica, leggenda

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La terra promessa dal fato

E finalmente, dopo alcuni giorni di navigazione, i Troiani viderolungo la costa italica la foce di un fiume, che essi risalirono fino a giun‐gere a un luogo adatto all’approdo. Qui prepararono da mangiare e,non avendo dove appoggiare il cibo, lo misero su delle grandi focaccedi farro: il pasto era però insufficiente per gli uomini affamati e alloratutti cominciarono ad addentare le focacce, mentre Iulo gridava cheper la fame stavano mangiando le mense!

Allora Enea, ricordandosi della profezia dell’Arpia Celeno, fu certodi essere arrivato alla fine del suo viaggio e si inginocchiò a baciare laterra, ringraziando gli dei che lo avevano guidato.

Il giorno dopo Enea inviò ambasciatori con ricchi doni presso La‐tino, il re di quella regione, chiedendo amicizia e pace, ed egli li accolsetanto amichevolmente da promettere in moglie la propria figlia, Lavi‐nia, all’eroe troiano. Ma Giunone non poteva sopportare che si com‐pisse così felicemente il destino di Enea e allora inviò le Furie a incitarealla guerra i popoli vicini, soprattutto i Rutuli, al cui re, Turno, era stataprecedentemente promessa in sposa la giovane Lavinia.

Ferdinand Bol, Enea allacorte del re Latino.

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Unità 2Il racconto epico

1. amazzone: donna guerrie-ra.

È guerra!

La guerra scoppiò e si estese in brevissimo tempo, da ogni partegiungevano popoli per parteciparvi ma ad Enea una notte apparve insogno il dio Tiberino, la divinità del fiume Tevere, che gli consigliò dichiedere aiuto al re Evandro. Al suo risveglio l’eroe s’imbarcò senza esi‐tazioni e risalì la corrente del fiume fino a giungere al regno di Evandro,il quale gli promise il proprio aiuto e gli consigliò di chiedere anchel’alleanza dei popoli dell’Etruria, offrendogli come accompagnatore perquesta missione il proprio figlio, Pallante.

Mentre Enea era in viaggio per cercare gli aiuti necessari, Turnostringeva sempre più l’assedio intorno ai Troiani, ma quando questierano sul punto di perdere ogni speranza di resistere ai nemici, l’eroetroiano fece ritorno accompagnato dagli eserciti degli alleati.

Allora le battaglie diventarono violentissime e morirono nei diversiscontri giovani coraggiosi in entrambi gli schieramenti: Pallante,Lauso, Camilla, la valorosa amazzone�, Eurialo e Niso, due amici inse‐parabili nella vita così come nella morte…

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Epica

158

Mito, epica, leggenda

Eurialo e NisoDopo non molto gli perviene

un clamore di grida e vede Eurialo, tradito�� dal luogo e dalla notte, sgomento dal tumulto

improvviso, serrato in mezzo ad una squadranemica e portato via nonostante i suoi sforzi.Che fare? Con quali armi osare liberarlo?Forse è meglio gettarsi nel fitto dei nemici

��� cercando in fretta una morte gloriosa in battaglia?Rapido, tratto indietro il braccio e palleggiatoil giavellotto, guardando l’alta Luna la prega:«O Dea, sii favorevole alla mia impresa, tuche sei lo splendore del firmamento e proteggi,

��� silenziosa figlia di Latona, le selve.[…]

deh , lascia��� che scompigli il nemico, dirigimi quest’arma!».

Con tutta la forza del corpo avventa il giavellotto,l’asta volando sferza le ombre della nottee penetra nel corpo di Sulmone, si spezzatrafiggendogli il cuore con una scheggia di legno.

��� Il guerriero già freddo rotola a terra, sprizzandocaldo sangue dal petto, con un rantolo lungo.Smarriti si guardano attorno. Fiero del suo successoNiso libra un secondo giavellotto all’altezzadell’orecchio. I Latini son lì, tremanti: l’asta

��� sibilando attraversa le tempie di Tago,tiepida resta infissa nel cervello trafitto.

Libro IX, vv. 483-540

483-484. gli perviene… gri-da: Eurialo e Niso si so-no offerti volontari perraggiungere Enea e in-formarlo che Turno haassalito i Troiani. Manell’attraversare di notteil campo nemico, vengo-no sorpresi da unaschiera di cavalieri rutulie tentano di fuggire, maEurialo è catturato e Ni-so, che è poco distantedall’amico, sente le gri-da di esultanza dei ne-mici.

484-485. tradito… notte: Eu-rialo è stato ingannatodal luogo che gli è sco-nosciuto e dal buio dellanotte.

485-486. sgomento… im-provviso: spaventatodall’assalto improvviso.

491-492. palleggiato il gia-vellotto: dopo aver fattoo scillare la lancia.

492. Luna: la dea Diana, ve-nerata anche come Lu-na, era la protettrice deiboschi e della caccia.

495. Latona: Diana era, in-sieme ad Apollo, figliadi Latona e di Giove.

502. sferza: colpisce.503. Sulmone: è un guerriero

rutulo.506. rantolo: respiro affanno-

so.508. libra: soppesa, tenendo-

lo in equilibrio.510. Tago: altro guerriero ru-

tulo.

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Il feroce Volcente s’adira ma non riescea vedere l’autore del colpo ed a capirecon chi pendersela. «Tu, intanto, mi pagherai

��� col sangue caldo la morte dei miei compagni!», dicelanciandosi su Eurialo, la spada sguainata.Allora Niso, atterrito, fuori di sé, non puònascondersi più a lungo nell’ombra e sopportaretanto dolore. Grida: «Io! Sono io il colpevole!

��� Volgete quelle armi contro di me: l’ingannoè stato mio. Costui non ha colpa di nulla,se chiamo a testimoni il cielo e le stelle che sanno:ha solo amato troppo il suo amico infelice!».Tardi. La nuda spada violenta ha già squarciato

��� le costole e trafitto quel petto bianco, puerile.Eurialo è travolto dalla morte, va il sanguegiù per le belle membra e il collo senza forzaricade sulle spalle: come un fiore purpureoreciso dall’aratro morendo illanguidisce,

��� come abbassano il capo i papaveri, stanchisul loro stelo, quando la pioggia li colpisce.Ma Niso si precipita tra i nemici, di tuttivuole solo Volcente, cerca solo Volcente.Intorno a lui i guerrieri premono, da ogni parte

��� lo stringono, fittissimi. Egli insiste, ruotandola spada come un fulmine, finché l’immerge in golaall’urlante Volcente: così morendo rubal’anima al suo nemico. Poi trafitto si gettasul corpo dell’amico esanime e qui infine

��� trova eterno riposo nella placida morte.(Trad. di C. Vivaldi)

Unità 2Il racconto epico

512. Volcente: è il coman-dante dei Rutuli. s’adira:si infuria.

523. ha solo… infelice:secon do Niso Eurialo ècolpevole solo di avervoluto accompagnarel’amico nell’impresa ri-schiosa.

525. puerile: di ragazzo.529. reciso: tagliato. illangui-

disce: appassisce.539. esanime: senza vita.

FATTI E PERSONAGGI

1. Cosa pensa di fare Niso per liberare l’amico? ...........................................................................................................

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2. Cosa, invece, fa effettivamente? ............................................................................................................................................

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3. Perché decide di uscire allo scoperto? ..............................................................................................................................

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continua ���

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Epica

160

Mito, epica, leggenda

4. Chi uccide Eurialo? ........................................................................................................................................................................

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5. Come reagisce Niso alla morte dell’amico? ..................................................................................................................

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6. Qual è la sorte di Niso? .............................................................................................................................................................

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LINGUA E STRUTTURA

1. A cosa viene paragonato il corpo di Eurialo morto? Cerca nel testo le similitudini e spiegalecon parole tue.

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2. La ripetizione del nome di Volcente ai versi 532-533 indica un particolare stato d’animo diNiso. Quale?

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PRODUZIONE

1. Spiega quali sono i valori che Virgilio ha voluto sottolineare nella storia di Eurialo e Niso.

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Unità 2Il racconto epico

Il duello finale tra Enea e Turno

Ormai si avvicinava per i Troiani il momento della vittoria, ma Giu‐none tentò di ritardarlo ancora: sapendo che la morte di Turno, suo pro‐tetto, avrebbe segnato il compimento del destino glorioso di Enea, la deacercò di impedire lo svolgimento di un duello tra Turno e l’eroe troiano.

Il re dei Rutuli, però, non poteva accettare di essere considerato unvile� guerriero e chiese lui stesso che le sorti della guerra fossero deciseda un duello tra lui ed Enea; neppure la ninfa Giuturna, sorella di Turno,riuscì ad evitare la morte del fratello, la lancia di Enea trapassò lo scudo,spezzò la corazza e la violenza del colpo fece cadere il re dei Rutuli.

Libro XII,vv. 1149-1180

1. vile: vigliacco.

Il grande Turno cade, piega il ginocchio a terra.���� Balzano in piedi i Rutuli gridando, la montagna

tutt’intorno ne echeggia, le profonde foresteripercuotono il suono per lungo tratto. Turnosupplichevole, umile, rivolgendosi a Eneacon gli occhi e con le mani in atto di preghiera,

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Epica

162

Mito, epica, leggenda

���� gli dice: «Ho meritato la mia sorte e non chiedoperdono: segui pure il tuo destino. Soloti prego, se hai pietà di un infelice padre(come Anchise lo fu) sii misericordiosodella vecchiaia di Dauno, restituisci ai miei

��� me vivo od il mio corpo privato della vita,come ti piace. Hai vinto, gli Ausoni hanno vedutoTurno sconfitto tenderti le mani: già Laviniaè tua, non andar oltre nella vendetta!». Eneafiero nelle sue armi ristette, pensieroso,

��� guardando l’avversario e trattenendo il colpo.E quasi le preghiere riuscivano a commuoverlo,già dubitava, quando gli apparve, sulla spalladel vinto, il disgraziato cinturone, fulgentetutto di borchie d’oro, del giovane Pallante,

���� che Turno aveva ucciso con un colpo mortalee di cui indossava come trofeo la spoglia.Vista quella cintura, ricordo d’un doloreterribile, infiammato di rabbia, acceso d’ira:«Tu forse, che hai indossato le spoglie dei miei amici,

���� vorresti uscirmi vivo dalle mani? Pallante»,disse, «solo Pallante ti sacrifica, e vendicala sua fine col sangue tuo scellerato». Piantafuribondo la spada nel petto avverso. Il corpodi Turno si distende nel freddo della morte

��� la sua vita sdegnosa cala giù tra le Ombre.(Trad. di C. Vivaldi)

1158. Anchise: era il padre diEnea.

1159. Dauno: è il vecchio pa-dre di Turno.

1161. Ausoni: sono gli Italici.1162. Lavinia: è la figlia del

re Latino, promessa inspo sa prima a Turno epoi a Enea.

1168. fulgente: brillante.1169. Pallante: è il giovane fi-

glio del re Evandro, al-leato di Enea, ed è statoucciso in battaglia pro-prio da Turno.

1171. di cui… la spoglia: do-po aver ucciso Pallante,Tur no aveva preso co-me bot tino di guerra(spoglia) la cintura delgiovane e ora la indos-sa co me esibendo untrofeo.

1176. ti sacrifica: chiede latua morte.

1177. scellerato: malvagio.1178. nel petto avverso: nel

petto dell’avversarioche è di fronte a lui.

1180. Ombre: il regno deimor ti.

Luca Giordano, Il duellodi Enea e Turno.

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Unità 2Il racconto epico

Con questo episodio si conclude il poema di Virgilio: Enea ha vinto,sposerà Lavinia e dai loro discendenti avrà origine il popolo romano.

Dunque la missione di Enea si era compiuta.Ora cominciava quella di Roma…

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Epica

164

Mito, epica, leggenda

FATTI E PERSONAGGI

1. Che cosa chiede Turno ad Enea? .........................................................................................................................................

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2. Qual è la prima reazione di Enea alle parole di Turno? ......................................................................................

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3. Cosa fa cambiare idea all’eroe troiano? .........................................................................................................................

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4. Quale sentimento prevale nel cuore di Enea? ..............................................................................................................

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LINGUA E STRUTTURA

1. Trova nel testo gli aggettivi che definiscono Turno ed Enea (sono tre per ognuno). ............................

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165

Unità 2Il racconto epico

PRODUZIONE

Confronta il duello tre Achille ed Ettore con questo tra Enea e Turno e spiega con parole tue qualisono gli elementi in comune e quali le differenze tra i due episodi.

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Rappresentazione del mito di Rea Silvia, figlia del re Numitore, discendente diEnea, sedotta da Marte, da cui nacquero Romolo e Remo. Palazzo Mattei, Roma.

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Completa la tabella che segue:

ILIADE ODISSEA ARGONAUTICHE ENEIDE

Protagonista

Argomentoprincipaledel poema

Avversario/antagonista

Conclusione

Divinitàa cui si rivolgel’invocazione

Storie d’amore

Storie d’amicizia

Personaggi mostruosi

Duelli

Visita degli inferi

Avvenimentostoricamenteaccaduto

Verifica di fine unità 2

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Percorsi tematici

Unità

2

I grandi poemi epici della Grecia e di Roma hanno in comune moltiaspetti. Proviamo insieme adesso a scegliere una tematica e a vedere comeè stata trattata dagli autori nei diversi poemi. Metteremo a confronto ibrani in cui il tema scelto è stato espresso con particolare attenzione dal‐l’autore.

Scopriremo che in molti casi personaggi e situazioni si somigliano op‐pure che il modo di vedere uno stesso sentimento o un avvenimento similesono narrati con punti di vista molto diversi.

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Epica

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Mito, epica, leggenda

Figure femminilinell’Odissea

L’incontro di Odisseo con diversi personaggi femminili, donne o dee,ci permette di comprendere le differenze tra i sentimenti e i comporta‐menti di una dea e di una giovane principessa. Ma i colloqui tra l’eroe equeste donne ci fanno scoprire anche i sentimenti più intimi e gli aspettiprincipali del carattere di Odisseo: l’amore e la fedeltà verso la moglie, lanostalgia per la patria, l’abilità nel parlare con prudenza, accortezza eforza di persuasione.

Odisseo e CalipsoAntefatto: Odisseo, dopo aver fatto naufragio e aver perduto i compa‐

gni, è giunto nell’isola di Ogigia, abitata dalla ninfa Calipso. Ella lo trat‐tiene nell’isola per sette anni, impedendogli di partire, finchè il dio Ermes,inviato da Zeus, le ordina di lasciar andare Odisseo. Calipso è costretta adobbedire ma, prima che l’eroe parta, vuole parlargli…

Odissea, Libro V,vv. 203-224

«Laerzìade divino, accorto Odisseo,dunque alla casa, alla terra dei padri

��� subito adesso andrai? Ebbene, che tu sia felice!Ma se sapessi nell’animo tuo quante penet’è destino subire, prima di giungere in patria,qui rimanendo con me, la casa mia abiterestie immortale saresti, benché tanto bramoso

��� di rivedere la sposa , che sempre invochi ogni giorno.Eppure, certo, di lei mi vanto migliorequanto a corpo e figura, perché non può essereche le mortali d’aspetto e bellezza con le immortali gareggino!»

E rispondendole disse l’accorto Odisseo:��� «O dea sovrana, non adirarti con me per questo: so anch’io

e molto bene, che a tuo confronto la saggia Penelopeper aspetto e grandezza non val niente a vederla:è mortale, e tu sei immortale e non ti tocca vecchiezza.Ma anche così desidero e invoco ogni giorno

��� di tornarmene a casa, vedere il ritorno.

203. Laerziade: figlio di Laer-te.

209. immortale saresti: di-venteresti immortale,perché Calipso, che èuna dea, può donarglil’immortalità. Bramoso:desideroso.

211-213. di lei… gareggino:mi vanto di essere piùbella di Penelope, per-ché non è possibile chele donne mortali possa-no superare in aspetto ebellezza le dee.

217. grandezza: statura

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Se ancora qualcuno dei numi vorrà tormentarmi sul livido mare,sopporterò, perché in petto ho un cuore avvezzo alle pene.Molto ho sofferto, ho corso molti pericolifra l’onde e in guerra: e dopo quelli venga anche questo!

(Omero, Odissea, trad. di R. Calzecchi Onesti, Einaudi, Torino ���)

Unità 2Percorsi tematici

221. livido: violaceo, cioèscuro per la tempesta.

222. avvezzo alle pene: abi-tuato a sopportare lesventure.

COMPRENSIONE

1. Con quali argomenti la ninfa Calipso cerca di convincere Odisseo a restare? .....................................

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2. Con quali argomenti Odisseo si giustifica, ripetendo di voler partire? .......................................................

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3. Le parole di Odisseo sono prudenti o offensive? Motiva la risposta. ...........................................................

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continua ���

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Epica

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Mito, epica, leggenda

4. Attribuisci a ciascuno dei personaggi le seguenti qualità e completa la tabella:

arroganza, astuzia, superbia, diplomazia, accortezza, vanità,indelicatezza, delicatezza

CALIPSO ODISSEO

PRODUZIONE

1. Stendi il riassunto del brano.

2. Quali sono le differenze evidenti nell’atteggiamento dei due personaggi in questo brano?

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Unità 2Percorsi tematici

Odisseo e NausicaaAntefatto: Odisseo, partito da Ogigia con una zattera, naufraga nuo‐

vamente, poiché il dio Poseidone sconvolge il mare con una violenta tem‐pesta. Le onde stanno per scagliare l’eroe contro le rocce dell’isola dei Feaci,ma la dea Atena lo aiuta. Giunto alla foce di un fiume, Odisseo, sfinito,perde i sensi. Nel frattempo la dea Atena appare in sogno a Nausicaa, lafiglia Alcinoo, re dei Feaci, e le consiglia di recarsi al fiume per lavare levesti. Mentre aspettano che le vesti si asciughino al sole, Nausicaa e le an‐celle giocano a palla, le loro voci svegliano Odisseo che decide di farsi ve‐dere per chiedere aiuto.

Odissea, Libro VI,vv. 127-197

Così dicendo, di sotto ai cespugli sbucò Odisseo glorioso,dal folto un ramo fronzuto con la mano gagliardastroncò per coprire le vergogne sul corpo.

��� E mosse come leone nutrito sui monti, sicuro della sua forza,che va tra il vento e la pioggia; i suoi occhison fuoco. Tra le vacche si getta, tra le pecore,tra cerve selvagge; e il ventre lo spinge,in cerca di greggi, a entrare anche in ben chiuso recinto.

��� Così Odisseo tra le fanciulle bei riccioli stavaper mescolarsi, nudo: perché aveva bisogno.Pauroso apparve a quelle, orrido di salsedine,fuggirono qual e là per le lingue di spiaggia.Sola, la figlia d’Alcìnoo restò, perché Atena

��� le infuse coraggio nel cuore, e il tremore delle membra le tolse.Dritta stette, aspettandolo: e fu in dubbio Odisseose, le ginocchia afferrandole, pregar la fanciulla occhi belli,o con parole di miele, fermo così, da lontano,pregarla, che la città gli insegnasse e gli desse una veste.

��� Così, pensando, gli parve cosa migliore,pregar di lontano, con parole di miele,ché a toccarle i ginocchi non si sdegnasse in cuore la vergine.Subito dolve e accorta parola parlò:

«Io mi t’inchino, signora: sei dea o sei mortale?��� Se dea tu sei, di quelli che il cielo vasto possiedono,

Artemide, certo, la figlia del massimo Zeus,per bellezza e grandezza e figura mi sembri.Ma se tu sei mortale, di quelli che vivono in terra,tre volte beati il padre e la madre sovrana,

��� tre volte beati i fratelli: perché sempre il cuores’intenerisce loro di gioia, in grazia di te,quando contemplano un tal boccio muovere a danza.Ma soprattutto beatissimo in cuore, senza confronto,chi soverchiando coi doni, ti porterà a casa sua.

128-129. ramo fronzuto…corpo: spezzò un ramoricco di foglie con lamano forte per coprirele nudità del suo corpo.

130-134. e mosse… benchiuso recinto: si mossecome un leone che, sicu-ro della sua forza, va trail vento e la pioggia e isuoi occhi sono ardenti.Si lancia tra ogni tipo dipreda, la fame lo spingein cerca di greggi da as-salire e anche ad entra-re in recinti chiusi.

138. lingue di spiaggia: trattidi costa sabbiosa che siallungano in mare.

142. le ginocchia afferran-dole: gettarsi ai suoipiedi, abbracciandole leginocchia in segno disupplica.

144. la città gli insegnasse:gli desse indicazioni perraggiungere la città.

147. non si sdegnasse… ver-gine: non si offendessela nobile fanciulla.

157. tal boccio… danza: uncosì bel bocciolo di fan-ciulla danzare.

158-159. ma soprattutto… acasa sua: sarà felicissi-mo l’uomo che, portan-do più doni degli altri, ticondurrà sposa nellasua casa.

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Epica

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�� Mai cosa simile ho veduto con gli occhi,né uomo, né donna: e riverenza a guardarti mi vince.In Delo una volta, così, presso l’ara d’Apollo,vidi levarsi un fusto nuovo di palma:sì, giunsi anche là; e mi seguiva innumerevole esercito,

�� via in cui m’era destino aver tristi pene.Così, ammirandolo, fui vinto dal fascinoa lungo, perché mai crebbe tale pianta da terra,come te, donna, ammiro, e sono incantato e ho paura tremendaad abbracciarti i ginocchi; ma duro strazio m’accora.

��� Ieri scampai dopo venti giornate dal livido mare:fin qui l’onda sempre m’ha spinto e le procelle rapaci,dall’isola Ogigia; e qui m’ha gettato ora un dio,certo perché soffra ancora dolori: non credoche finiranno, ma molti ancora vorranno darmene i numi.

��� Ma tu, signora, abbi pietà: dopo molto soffrire,a te per prima mi prostro, nessuno conosco degli altriuomini, che hanno questa città e questa terra.La rocca insegnami e dammi un cencio da mettermi addosso,se avevi un cencio da avvolgere i panni, venendo.

�� A te tanti doni facciano i numi, quanti in cuore desideri,marito, casa ti diano, e la concordia gloriosaa compagna; niente è più bello, più prezioso di questo,quando con un’anima sola dirigono la casal’uomo e la donna: molta rabbia ai maligni,

�� ma per gli amici è gioia, e loro han fama splendida».

Mito, epica, leggenda

162-163. in Delo… palma: aDelo, vicino al tempio diApollo, ho visto un gio-vane albero di palma.

167. mai… terra: non è maicresciuta dalla terra unapianta così bella.

169. duro strazio m’accora:un dolore straziante mifa soffrire.

171. procelle rapaci: tempe-ste violente.

176. mi prostro: mi inchino.

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Gli replicò Nausicaa braccio bianco:«Straniero, non sembri uomo stolto o malvagio,ma Zeus Olimpio, lui stesso, divide fortuna tra gli uomini,buoni e cattiuvi, come vuole a ciascuno:

��� a te ha dato questo, bisogna che tu lo sopporti.Ora però, che sei giunto alla nostra terra, alla nostra città,né panno ti mancherà, né altra cosa,quanto è giusto ottenga il meschino, che supplica.La rocca t’insegnerò e dirò il nome del popolo.

��� I Feaci possiedono terra e città,e io son la figlia del magnanimo Alcìnoo,che tra i Feaci regge la forza e il potere».

(Omero, Odissea, trad. di R. Calzecchi Onesti, Einaudi, Torino ���)

Unità 2Percorsi tematici

186. braccio bianco: dallacarnagione chiara.

193. quanto… supplica: tuttociò che è giusto offrireallo sfortunato che chie-de pregando.

COMPRENSIONE

1. Quale azione compie Odisseo prima di mostrarsi alle fanciulle? ..................................................................

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2. Quale paragone Omero utilizza per descrivere il comportamento di Odisseo? ..................................

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3. Odisseo sceglie il modo per chiedere aiuto tra due possibilità. Quali sono? .........................................

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4. Su quale modo ricade la sua scelta e perchè? ............................................................................................................

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5. Con quali argomenti Odisseo cerca di guadagnare la benevolenza di Nausicaa, prima di chie-derle aiuto?

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continua ���

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Epica

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Mito, epica, leggenda

PRODUZIONE

1. Stendi il riassunto del brano.

2. La scena è molto particolare. Prova a immaginarla: la principessa e le sue giovani ancelle gio-cano spensierate, all’improvviso compare uno straniero nudo, sporco e in evidente stato di bi-sogno. La reazione naturale delle fanciulle avrebbe dovuto essere la fuga per lo spavento. Odis-seo, invece, riesce a farsi ascoltare e ad ottenere l’aiuto necessario. Quali sono le doti di Odis-seo che emergono in questo episodio e che, ancora una volta, lo salvano?

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6. Quali sono le richieste che fa per essere aiutato? .....................................................................................................

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7. Qual è la risposta di Nausicaa? ...........................................................................................................................................

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8. Dalle parole di Nausicaa ti sembra di capire che Odisseo, nudo, sporco di salsedine, sia riuscitoa non spaventare la principessa? Motiva la risposta.

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Verifica di fine percorso:confronto tra testi

CALIPSO NAUSICAA

Bella

Superba

Dolce

Generosa

Orgogliosa

Nobile

Immortale

Ospitale

Innamorata

FIGURE DI DONNE NELL’ODISSEA

Nell’incontro con Calipso e Nausicaa, Odisseo mostra un atteggiamento pru-dente, diplomatico: senza offendere Calipso, riesce a uscire da una situazionedelicata; senza spaventare Nausicaa, riesce a uscire da una situazione imba-razzante e drammatica. L’atteggiamento delle due donne, invece, è diverso.Analizziamolo insieme.

1. Completa la tabella indicando, con una crocetta, le caratteristiche posse-dute dalle due donne:

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Epica

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Mito, epica, leggenda

Uomini e donne:l’amore

Uno dei “personaggi” presente nella narrazione dei poemi greci e latiniè l’amore. Le storie di guerra e di naufragi si intrecciano con storie diamore che continuano nel tempo o vengono bruscamente interrotte. Per‐ciò alcuni degli innamorati sono marito e moglie, altri invece sono per‐sonaggi che vivono una breve ma intensa storia d’amore.

Gli autori dei poemi, anche se in maniera diversa, hanno sempre rac‐contato anche l’amore dei loro eroi perché è una parte importante nellavita di ogni persona.

E�ore e AndromacaAntefatto: Patroclo muore ucciso in battaglia da Ettore. Achille, per

vendicare la morte dell’amico, sfida a un duello all’ultimo sangue Ettore.Prima del duello mortale, l’eroe troiano incontra la moglie Andromaca e ilfiglioletto Astianatte. Nel colloquio tra moglie e marito scopriamo il pro‐fondo amore che li unisce, ma anche la loro diversa visione della vita. An‐dromaca teme per la sorte del marito, ma anche per il proprio destino equasi vorrebbe distogliere Ettore dalla battaglia. Ma nel cuore dell’eroe, cheama teneramente sia la moglie sia il figlioletto, prevalgono ancora unavolta il senso dell’onore e il desiderio di gloria.

Iliade, Libro VI,vv. 392-493

E quando, attraversata la gran città, giunse alle porteScee, da cui doveva uscir nella piana,qui la sposa ricchi doni gli venne incontro correndo,

��� Andromaca, figliuola d’Eezìone magnanimo,Eezìone, che sotto il Placo selvoso abitavaTebe Ipoplacia, signore di genti cilice;la sua figlia appartiene ad Ettore elmo di bronzo.Dunque gli venne incontro, e con lei andava l’ancella,

��� portando in braccio il bimbo, cuore ingenuo, piccino,il figlio d’Ettore amato, simile a vaga stella.Ettore lo chiamava Scamandrio, ma gli altriAstianatte, perché Ettore salvava Ilio lui solo.Egli, guardando il bambino, sorrise in silenzio:

��� ma Andromaca gli si fece vicino piangendo,

394. ricchi doni: che gli ave-va portato una riccadote.

396. Placo: monte vicino aTebe.

397. cilice: della Cilicia, re-gione dell’Asia minore.

401. simile… stella: simile auna bella stella.

402. Scamandrio… lui solo:dal nome del fiume Sca-mandro.

403. Astianatte: il nome delbambino, che significa“difensore della città” ,è in onore del padre,considerato salvatore diTroia.

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e gli prese la mano, disse parole, parlò così:«Misero, il tuo coraggio t’ucciderà, tu non hai compassionedel figlio così piccino, di me sciagurata, che vedova prestosarò, presto t’uccideranno gli Achei,

��� balzandoti contro tutti: oh, meglio per mescendere sotto terra, priva di te; perché nessun’altradolcezza, se tu soccombi al destino, avrò mai,solo pene! il padre non l’ho, non ho la nobile madre.Il padre mio Achille glorioso l’ha ucciso,

��� e la città ben fatta dei Cilici ha atterrato,Tebe alte porte; egli uccise Eezìone,ma non lo spogliò, ché n’ebbe tema in cuore;e lo fece bruciare con le sue armi belle,e gli versò la terra del tumulo sopra; piantarono olmi intorno

��� le ninfe montane, figlie di Zeus egìoco.Erano sette i miei fratelli dentro il palazzo:ed essi tutti in un giorno scesero all’Ade di freccia, tutti li uccise Achille glorioso rapido piede,accanto ai buoi gambe storte, alle pecore candide.

��� La madre – che regnava sotto il Placo selvoso –poi che qui la condusse con tutte le ricchezze,la liberò, accettando infinito riscatto,ma là in casa del padre, la colpì Artemide arciera.Ettore, tu sei per me padre e nobile madre

��� e fratello, tu sei il mio sposo fiorente;

Unità 2Percorsi tematici

417. ma non lo spogliò…cuore: Achille ucciseEzione ma non lo privòdelle armi per una for-ma di rispetto che nutrìnel cuore.

420. egìoco: portatore del-l’egida, cioè lo scudo diZeus.

422. ed essi… di freccia: inun solo giorno morironocolpiti da una freccia.

430. fiorente: giovane.

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Epica

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ah, dunque, abbi pietà, rimani qui sulla torre,non fare orfano il figlio, vedova la sposa;ferma l’esercito presso il caprifico, là dove è moltofacile assalir la città, più accessibile il muro;

��� per tre volte venendo in questo luogo l’hanno tentato i miglioricompagni dei due Aiaci, di Idomeneo famoso,compagni degli Atridi, del forte figlio di Tideo:o l’abbia detto loro chi ben conosce i responsi,oppure ve li spinga l’animo stesso e li guidi!»

��� E allora Ettore grande, elmo abbagliante, le disse:«Donna, anch’io, sì, penso a tutto questo; ma ho tropporossore dei Teucri, delle Troiane lungo peplo,se resto come un vile lontano dalla guerra.Né lo vuole il mio cuore, perché ho appreso a esser forte

��� sempre, a combattere in mezzo ai primi Troiani,al padre procurando grande gloria e a me stesso.Io lo so bene questo dentro l’anima e il cuore:giorno verrà che Ilio sacra perisca,e Priamo, e la gente di Priamo buona lancia:

��� ma non tanto dolore io ne avrò per i Teucri,non per la stessa Ecuba, non per il sire Priamo,e non per i fratelli, che molti e gagliardicadranno nella polvere per mano dei nemici,quanto per te, che qualche acheo chitone di bronzo,

��� trascinerà via piangente, libero giorno togliendoti:allora, vivendo in Argo, dovrai per altra tessere tela,e portar acqua di Messeìde o Iperea,costretta a tutto: grave destino sarà su di te.E dirà qualcuno che ti vedrà lacrimosa:

�� “Ecco la sposa d’Ettore, ch’era il più forte a combatterefra i Troiani domatori di cavalli, quando lottavan per Ilio!”Così dirà allora qualcuno, sarà strazio nuovo per te,priva dell’uomo che schiavo giorno avrebbe potuto tenerti lontano.Morto, però m’imprigioni la terra su me riversata,

�� prima ch’io le tue grida, il tuo rapimento conosca!»E dicendo così, tese al figlio le braccia Ettore illustre:

ma indietro il bambino, sul petto della balia della cinturasi piegò con un grido, atterrito dall’aspetto del padre,spaventato dal bronzo e dal cimiero chiomato,

��� che vedeva ondeggiare terribile in cima all’elmo.Sorrise il caro padre, e la nobile madre,e subito Ettore illustre si tolse l’elmo di testa,e lo posò scintillante per terra:e poi baciò il caro figlio, lo sollevò fra le braccia,

��� e disse, supplicando a Zeus e agli altri numi:«Zeus, e voi numi tutti, fate che cresca questomio figlio, così come io sono, distinto fra i Teucri,

Mito, epica, leggenda

433. caprifico: pianta di ficoselvatico gradito alle ca-pre.

435. per tre volte: ricordache già per tre volte iGreci hanno tentato dientrare in Troia dalleporte Scee.

436. i due Aiaci/ Idomeneo:nomi degli eroi greciche hanno tentato l’im-presa.

437. Atridi: figli di Atreo,cioè Agamennone eMenelao. Figlio di Ti-deo: è Diomede.

438. i responsi: le profeziedegli oracoli.

439. l’animo: il coraggio.441-442. ho troppo rossore

dei Teucri: ho troppavergogna del giudiziodei Troiani.

449. buona lancia: abili conla lancia.

454. chitone di bronzo: in-tende la corazza.

455. libero giorno togliendo-ti: togliendoti la libertà equindi facendo di te unaschiava.

456: allora… tela: allora vi-vendo ad Argo, cittàgreca, sarai costretta alavorare per una padro-na.

457. portar acqua di Messei-de o Iperea: comeschia va sarebbe costret-ta a portare l’acqua,Messeide e Iperea sonoi nomi di fonti di localitàgreche, in cui Androma-ca potrebbe essere por-tata come schiava.

463. schiavo giorno: il tempodella schiavitù.

469. cimiero chiomato: l’el-mo che è ornato di unpennacchio.

477. distinto: nobile, illustre.

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così gagliardo di forze, e regni su Ilio sovrano;e un giorno dica qualcuno: “È molto più forte del padre!”,

�� quando verrà dalla lotta. Porti egli le spoglie cruentedel nemico abbattuto, goda in cuore la madre!»Dopo che disse così, mise in braccio alla sposail figlio suo; ed ella lo strinse al seno odoroso,sorridendo fra il pianto; s’intenerì lo sposo a guardarla,

�� l’accarezzò con la mano, le disse parole, parlò così:«Misera, non t’affliggere troppo nel cuore!nessuno contro il destino potrà mai gettarmi nell’Ade;ma la Moira, ti dico, non c’è uomo che possa evitarla,sia valoroso o vile, dal momento ch’è nato.

��� Su, torna a casa, e pensa all’opere tue,telaio, e fuso; e alle ancelle comandadi badare al lavoro; alla guerra penseran gli uominitutti e io sopra tutti; quanti nacquero ad Ilio».

(Omero, Iliade, trad. di R. Calzecchi Onesti, Einaudi, Torino ����)

Unità 2Percorsi tematici

480. cruente: insanguinate.487. gettarmi nell’Ade: ucci-

dermi. L’Ade è il regnodei morti.

488. la Moira: è il destino fa-tale di ogni uomo.

COMPRENSIONE

1. Al verso 429 Andromaca dice ad Ettore che egli è per lei “padre, madre, fratello”. Che cosaha ricordato prima per poter fare quest’affermazione?

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2. Secondo la tradizione cosa accade alle donne in caso di sconfitta del loro popolo? .......................

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3. Quale compito, invece, secondo la tradizione ha l’uomo verso la sua famiglia? ................................

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4. Perché Astianatte piange spaventato quando Ettore cerca di abbracciarlo? ..........................................

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continua ���

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Epica

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Mito, epica, leggenda

5. Che cosa Ettore augura a suo figlio? .................................................................................................................................

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6. Il brano si chiude con un riferimento al destino. Perché Ettore lo usa pensando di consolare An-dromaca?

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PRODUZIONE

1. Stendi il riassunto del brano.

2. Descrivi lo stato d’animo dei due personaggi, mettendo in evidenza le diverse preoccupazionidi ciascuno.

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Jacques Louis David,Andromaca piange laperdita di Ettore.

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Unità 2Percorsi tematici

Odisseo e PenelopeAntefatto: alla fine del suo viaggio finalmente dopo altre peripezie,

giunge alla reggia di Itaca, la libera dai Proci e infine rivede la sua amatamoglie. Il colloquio tra Odisseo e Penelope si svolge in un’atmosfera di dub‐bio e di incertezza. La regina non riconosce nello straniero, seduto davantia lei, il suo amato e atteso marito, partito da Itaca vent’anni prima, e glitende un tranello per accertare la sua identità. Ma Odisseo non si lasciaingannare e la sua risposta convince la moglie, che piangendo l’abbracciae finalmente lo riconosce. E allora anche l’eroe cede alla commozione:piange… il grande Odisseo piange, stringendo al cuore la dolce sua sposa.

Odissea, LibroXXIII, vv. 164-232

[…] sedeva sul seggio da cui s’era alzato,�� in faccia alla sua donna, e le disse parola:

«Misera, fra le donne a te in grado sommofecero duro il cuore gli dèi che han le case d’Olimpo;nessuna donna con cuore tanto ostinatose ne starebbe lontana dall’uomo, che dopo tanto soffrire,

��� tornasse al ventesimo anno nella terra dei padri.Ma via, nutrice, stendimi il letto; anche solopotrò dormire: costei ha un cuore di ferro nel petto».E a lui parlò la prudente Penelope:«Misero, no, non son superba, non ti disprezzo,

��� non stupisco neppure: so assai bene com’eripartendo da Itaca sulla nave lunghi remi.Sì, il suo morbido letto stendigli, Eurìclea,fuori dalla solida stanza, quello che fabbricò di sua mano;qui stendetegli il morbido letto, e sopra gettate il trapunto,

�� e pelli di pecora e manti e drappi splendenti».Così parlava, provando lo sposo; ed ecco Odisseosdegnato si volse alla sua donna fedele:«O donna, davvero è penosa questa parola che hai detto!Chi l’ha spostato il mio letto? sarebbe stato difficile

�� anche a un esperto, a meno che un dio venisse in persona,e, facilmente, volendo, lo cambiasse di luogo.Tra gli uomini, no, nessun vivente, neanche in pieno vigore,senza fatica lo sposterebbe, perché c’è un grande segretonel letto ben fatto che io fabbricai, e nessun altro.

��� C’era un tronco ricche fronde, d’olivo dentro il cortile,florido, rigoglioso; era grosso come colonna:intorno a questo murai la stanza, finché la finii,con fitte pietre, e di sopra la copersi per bene,robuste porte ci misi, saldamente commesse.

��� E poi troncai la chioma dell’olivo fronzuto,e il fusto sul piede sgrossai, lo squadrai con il bronzo

171. nutrice: si rivolge a Eu-riclea, che è appunto lanutrice.

181. provando lo sposo:mettendo alla prova losposo.

194. saldamente commesse:saldamente costruite.

195. fronzuto: frondoso, ric-co di foglie.

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Epica

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bene e con arte, lo feci dritto a livella,ne lavorai un sostegno e tutto lo trivellai con il trapano.Così, cominciando da questo, polivo il letto, finché lo finii,

��� ornandolo d’oro, d’argento e d’avorio.Per ultimo tirai le corregge di cuoio, splendenti di porpora.Ecco, questo segreto ti ho detto: e non so,donna, se è ancora intatto il mio letto, o se ormaiqualcuno l’ha mosso, tagliando di sotto il piede d’olivo».

��� Così parlò, e a lei di colpo si sciolsero le ginocchia ed il cuore,perché conobbe il segno sicuro che Odisseo le diceva;e piangendo corse a lui, dritta, le bracciagettò intorno al collo a Odisseo, gli baciò il capo e diceva:«Non t’adirare, Odisseo, con me, tu che in tutto

��� se il più saggio degli uomini; i numi ci davano il pianto,i numi invidiosi che uniti godessimola giovinezza e alla soglia di vecchiezza venissimo.Così ora non t’adirare con me, non sdegnarti di questo,che subito non t’ho abbracciato, come t’ho visto.

��� Sempre l’animo dentro il mio petto tremavache qualcuno venisse a ingannarmi con chiacchiere:perché molti mirano a turpi guadagni.Ah! no, Elena Argiva, la figlia di Zeus,con l’uomo straniero non si sarebbe unita d’amore e di letto,

��� se avesse saputo che ancora i figli guerrieri dei Danai,dovevan menarla a casa, alla terra dei padri.Ma un dio la travolse a compiere l’azione sfrontata;la colpa triste non capì prima in cuore,la colpa, da cui su noi pure s’è rovesciata sventura.

Mito, epica, leggenda

199. polivo: levigavo.206. conobbe il segno sicu-

ro: riconobbe la provacerta.

211. invidiosi: gli dei che cer-cano di non far esseregli uomini troppo feliciper non farli somigliaretroppo a loro.

216-224. Ah! No,… sventu-ra: racconta la storia diElena, per la quale si ècombattuta la guerra diTroia e per colpa sua lasfortuna si è abbattutaanche sulla loro famiglia

220. Danai: sono i Greci.

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��� Ma ora il segno certo m’hai dettodel nostro letto, che nessuno ha veduto,ma, soli, tu ed io, e un’unica ancella,Attorìde, che il padre mi donò, quando venni,quella che ci chiudeva le porte della solida stanza;

��� e il cuore m’hai persuaso, ch’è pur tanto ostinato».Così disse, e a lui venne più grande la voglia del pianto;piangeva, tenendosi stretta la sposa dolce al cuore, fedele.

(Omero, Odissea, trad. di R. Calzecchi Onesti, Einaudi, Torino ���)

Unità 2Percorsi tematici

COMPRENSIONE

1. In che cosa consiste la trappola che Penelope tende a Odisseo per scoprire la sua identità?

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2. Come ha costruito la stanza e il letto Odisseo? ..........................................................................................................

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3. Con quali epiteti viene descritta Penelope? ....................................................................................................................

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PRODUZIONE

1. Stendi il riassunto del brano.

2. Descrivi il carattere di Penelope. ...........................................................................................................................................

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Epica

184

Mito, epica, leggenda

Enea e DidoneAntefatto: Enea, costretto a partire per ordine di Giove, comanda ai

Troiani di preparare in segreto la flotta, ma non trova il coraggio di infor‐mare Didone della partenza. Accortasi dei segreti preparativi dei Troiani,la regina Didone affronta con decisione Enea. Dal colloquio emerge l’infe‐licità di tutti e due i personaggi. Didone soffre per la partenza di Enea, chegiudica ingrato e crudele verso di lei, l’eroe troiano è addolorato per la rea‐zione della regina, ma sa di dover soffocare i propri sentimenti e di doverobbedire alla volontà del Fato: raggiungere l’Italia.

Eneide, Libro IV,vv. 304-361

Infine si rivolge per prima ad Enea con queste parole:��� «Speravi, o perfido, di poter dissimulare una tale

infamia, e di allontanarti senza parole dalla mia terra?Non ti trattiene il nostro amore e la mano che un giornomi desti, e Didone ostinata a morire amaramente?Sotto le stelle invernali prepari la flotta,

��� e ti appresti a prendere il largo in mezzo agli aquiloni,o spietato? Se tu non cercassi terre stranieree ignote dimore, e sopravvivesse l’antica Troia,andresti a Troia con le navi sul mare tempestoso?Fuggi me? Ti prego per queste lagrime, per la tua destra

��� – poiché null’altro ho lasciato a me sventurata –,per il nostro connubio, per l’iniziato imeneo, se benedi te meritai, o qualcosa di me ti fu dolce,abbi pietà della casa che crolla, e abbandona,se ancora valgono le preghiere, questo pensiero.

��� Per te le libiche genti e i principi dei Numidimi odiano, sono ostili i Tirii; si estinse, sempre per te,il pudore, e, sola per cui andavo alle stelle,la fama di prima. A chi mi lasci morente, ospite?(Questo è l’unico nome che mi resta dello sposo.)

��� Che cosa aspetto? forse che il fratello Pigmalione distruggale mie mura, o mi tragga prigioniera il getulo Iarba?Almeno se stringessi fra le braccia un figlio avuto da teprima della fuga, se giocasse per me nella corteun piccolo Enea che almeno richiamasse te nel volto,

��� certo non mi sentirei sorpresa e abbandonata del tutto».Disse. Egli teneva gli occhi immoti ai comandi di Giove,

e premeva con sforzo la pena del cuore.Infine rispose brevemente: «Per quanto tu possaenumerare moltissimi meriti, giammai negherò

��� che li avesti, o regina, né mi dorrò di ricordare Elissa,finché mi ricordi di me e lo spirito mi regga le membra.Del fatto dirò brevemente. Non speravo,

306. senza parole: senza par -larmene.

310. aquiloni: venti freddi delnord.

314-316. per la tua destra…imeneo: in nome dellamano destra che mi haidato come segno del-l’unione (connubio) edel legame nuziale tranoi (imeneo).

318. casa che crolla: casatoche finisce per mancan-za di eredi, poiché Di-done non ha figli.

320-321. per te… i Tirii: percolpa tua i popoli confi-nanti e i miei stessi con-cittadini mi odiano e misono nemici.

321-322. si estinse… stelle:sempre per colpa tua hoperso il pudore e la fa-ma di regina valorosa.

326. getulo Iarba: Iarba erail re dei Libici e dei Ge-tuli, aveva chiesto in mo-glie Didone ma era statorifiutato dalla regina.

331. egli teneva… di Giove:Enea teneva lo sguardofisso per gli ordini rice-vuti da Giove.

335. Elissa: altro nome di Di-done.

336. finchè… membra: finoa quando avrò coscien-za di me, cioè fino a chevivrò, e l’anima sosterràil mio corpo.

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185

non credere, tenerti nascosta la fuga, né maiproffersi fiaccole nuziali o giunsi a questi legami.

��� Se i fati permettessero che io conducessi la vitasecondo i miei auspicî o placassi da me gli affanni,prima sarei di nuovo nella città di Troia, con le dolcireliquie dei miei, e l’alto palazzo di Priamo si ergerebbe,e avrei ricostruito per i vinti Pergamo caduta due volte.

��� Ma ora Apollo Grineo e gli oracoli della Liciami ordinano di raggiungere la grande Italia;questo il desiderio, questa la patria. Se la rocca di Cartaginee la vista d’una città libica trattiene te fenicia,perché non vuoi che i Teucri si stanzino in terra ausonia?

��� Anche noi possiamo cercare regni stranieri.L’immagine del padre Anchise, per quante volte la nottericopre con le umide ombre la terra, e sorgono gli astridi fuoco, mi rimprovera in sogno e mi atterrisce adirata;anche il fanciullo Ascanio, con l’offesa al suo caro

��� capo, che defraudo del regno d’Esperia e dei campi fatali.Ora anche il messaggero degli dei, mandato da Giove– lo giuro sul capo di entrambi –, mi porta comandiper l’aria veloce; io stesso vidi il dio nella chiara lucepenetrare i muri, e ne accolsi con questi orecchi la voce.

�� Smetti d’inasprire me e te con il pianto:l’Italia non spontaneamente io cerco».

Unità 2Percorsi tematici

339. proffersi fiaccole nuzia-li: non ti ho mai promes-so il matrimonio.

340. se i fati… Pergamo: seil destino mi avesse per-messo di scegliere la vitache desideravo ora sareidi nuovo a Troia pressole tombe dei miei cari estarei ricostruendo lamia città.( Pergamo è unaltro nome di Troia).

345. Apollo Grineo… Licia:si riferisce alla profeziafatta dall’oracolo diApollo che aveva untempio a Grineo, cittàdella Licia

349. perché… ausonia?: per-ché non vuoi che i Troia-ni arrivino in Italia? (gliAusoni erano un popoloche abitava l’Italia)

355. defraudo… campi fata-li: gli tolgo la possibilitàdi regnare sull’Italia esulle terre a lui destinatedal Fato.

356. messaggero degli dei: èMercurio.

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Epica

186

Mito, epica, leggenda

COMPRENSIONE

1. Perché Didone rimprovera Enea? .........................................................................................................................................

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2. Con quali argomenti cerca di convincerlo a non partire? ...................................................................................

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3. Perché Didone sostiene che la sua fama di regina valorosa sarà compromessa dall’abbandonodi Enea?

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4. Didone usa parole dolci per rivolgersi ad Enea. Quali? .......................................................................................

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5. Come risponde Enea alla preghiera della regina? ...................................................................................................

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6. Quali gravi motivi lo costringono a partire? .................................................................................................................

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7. Le parole di Enea ti sembrano affettuose o brusche? Motiva la risposta. ..................................................

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187

Unità 2Percorsi tematici

PRODUZIONE

1. Stendi il riassunto del brano.

2. Quali sono le differenze evidenti nell’atteggiamento dei due personaggi in questo brano?

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Heinrich Friedrich Füger Morte di Didone.

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188

Verifica di fine percorso:confronto tra testi

I SENTIMENTI

1. Completa la tabella (l’esercizio è avviato):

DIMOSTRA DI ESSERE

INNAMORATO/A

HA PAURA DEL PROPRIO

FUTURO

ANTEPONE ALL’AMOREIL PROPRIO DOVERE

NUTREUN SENTIMENTO

SINCERO

Ettore

Andromaca

Odisseo

Penelope

Enea X

Didone

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189

Unità 2Percorsi tematici

Il meraviglioso…Personaggi dotati di poteri magici o soprannaturali, creature orride e

mostruose popolano il mondo dell’Odissea e concorrono a creare l’atmo‐sfera “avventurosa” e “meravigliosa” delle vicende dell’eroe itacese.

La maga CirceAntefatto: Odisseo, viene accolto benevolmente dai Feaci e racconta

le proprie avventure, tra cui quella straordinaria avvenuta nell’isola di Eea,abitata dalla maga Circe.

Approdati sull’isola, alcuni compagni di Odisseo erano andati adesplorarla e avevano trovato la maga nella sua casa, circondata da ani‐mali selvaggi.

Odissea, Libro X,vv. 210-260

��� Trovarono in un vallone la casa di Circe,fatta di pietre lisce, in posizione scoperta.E intorno c’erano lupi montani e leoni,che lei stregò, dando farmachi tristi.Questi non si lanciarono sugli uomini, anzi,

��� con le code diritte e carezzarli si alzarono.Come i cani intorno al padrone, che dal banchetto ritorna,si sfregano; perché porta sempre qualche dolce boccone;così intorno a loro i lupi zampe gagliarde e i leonisi sfregavano; allibirono quelli a veder mostri paurosi.

��� Si fermarono nell’atrio della dea trecce belle,e Circe dentro cantare con bella voce sentivano,tela tessendo grande ed immortale, come sono i lavoridelle dee, sottili e splendenti e graziosi.Fra loro prendeva a parlare Polìte capo di forti,

��� ch’era il più caro per me dei compagni e il più accorto:«O cari, qui dentro una che tesse gran tela

soave canta, e tutto il paese ne suona;o donna o dea. Su, presto, chiamiamo!»

Così disse e quelli gridarono chiamando.��� Subito lei, uscita fuori, aperse le porte splendenti

e li invitava; e tutti stoltamente le tennero dietro.Ma Eurìloco restò fuori, ché temeva un inganno.Li condusse a sedere sopra troni e divanie per loro del cacio, della farina d’orzo e del miele

��� nel vino di Pramno mischiò: ma univa nel vaso

213. lei… tristi: uomini chelei aveva trasformato inanimali con pozioni ma-giche.

219. allibirono… paurosi: simeravigliarono per ilcomportamento di quel-le belve feroci.

232. Euriloco: è uno dei com-pagni di Odisseo

235. vino di Pramno: vinomolto forte tipico di unalocalità chiamata Pram-no.

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Epica

190

farmachi tristi, perché del tutto scordassero la terra paterna.E appena ne diede loro e ne bevvero, ecco che subito,con la bacchetta battendoli, nei porcili li chiuse.Essi di porci avevano testa, e setole e voce

��� e corpo; solo la mente era sempre quella di prima.Così quelli piangenti furono chiusi; e a loro Circeghiande di leccio e di quercia gettava e corniolea mangiare, come mangiano i porci che a terra si voltolano.

Eurìloco tornò indietro, all’agile nave nera,��� notizia a dir dei compagni, a narrarne la sorte crudele.

Ma non poteva formare parola per quanto volesse,sconvolto in cuore dallo strazio terribile: i suoi occhierano pieni di lacrime, l’animo pianto voleva.Ma quando tutti l’interrogammo stupiti,

��� finalmente degli altri compagni narrò la rovina:«Andammo come ordinasti, in mezzo al querceto, Odisseo

[luminoso,e in un vallone trovammo bella dimora,fatta di pietre lisce, in un luogo scoperto.Dentro una, che gran tela tesseva, cantava armoniosa,

��� o dea o donna. Essi gridarono chiamando.Subito lei, uscita fuori, aperse le porte splendentie ci invitava: e tutti stoltamente le tennero dietro.Ma io rimasi fuori, perché sospettavo un inganno.E son tutti spariti, nessuno di loro

�� è riapparso; a lungo seduto, io son rimasto a spiare».(Omero, Odissea, trad. di R. Calzecchi Onesti, Einaudi, Torino ���)

Mito, epica, leggenda

242. eccio: albero che produ-ce ghiande, come lasuccessiva quercia; cor-niole: bacche rossastrefrutti dell’albero del cor-niolo.

244. nave nera: ricoperta dipece per impermeabiliz-zarla.

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Unità 2Percorsi tematici

COMPRENSIONE

1. Come descrive Omero la casa di Circe? .........................................................................................................................

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2. Quale comportamento degli animali meraviglia i compagni di Odisseo? ................................................

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3. Perché Euriloco riesce a salvarsi? .........................................................................................................................................

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4. Che cosa offre la maga ai compagni di Odisseo? ...................................................................................................

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5. Che cosa accade ai compagni di Odisseo? ..................................................................................................................

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6. Euriloco torna indietro sconvolto. Come lo descrive Omero? ............................................................................

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PRODUZIONE

1. Stendi il riassunto del brano.

2. Descrivi l’aspetto fisico e caratteriale di questa figura “meravigliosa” ........................................................

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3. A quale tipo di narrazione può assomigliare questo episodio dell’Odissea? Per quali elementi?

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4. Per che cosa Circe sembra una fata e per che cosa sembra una strega? .................................................

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Epica

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Mito, epica, leggenda

Scilla e CariddiLa storia di questi due mostri mitologici, legata a Poseidone, è narrata

nella sezione “Mito” di questo volume a pag. ��.

Antefatto: Odisseo continua a raccontare le sue disavventure aiFeaci: sfuggito al canto delle Sirene, è approdato in Sicilia, qui i com‐pagni, mentre lui dormiva, avevano incautamente mangiato la carnedei buoi sacri al Sole, che aveva chiesto a Zeus di punirli per questo sa‐crilegio.

Odissea, Libro XII,vv. 403-450

Quando lasciammo quell’isola, e ormai non si vedevaaltra terra, ma il cielo e il mare soltanto,

��� ecco il Cronide rizzò sulla nave ben cavauna nuvola scura: di sotto il mare incupì.Non corse ancora per molto: d’un tratto arrivòurlante lo zefiro, impazzando con grande tempesta,e la furia del vento spezzò entrambi gli stralli

��� dell’albero. L’albero cadde all’indietro, rovesciando tuttele sartie e le vele nella sentina; sulla nave a poppapercosse in testa il pilota e d’un colpo gli ruppetutte le ossa del cranio: simile a un tuffatoreegli cadde dal ponte, l’animo altero lasciò le sue ossa.

��� Zeus a un tempo tuonò e scagliò sulla nave un fulmine:colpita dal fulmine di Zeus, essa ruotò interamentee s’empì di vapori sulfurei. I compagni caddero in acqua.Ed essi, come corvi di mare, intorno alla nera nave,erano portati dai flutti: il dio gli tolse il ritorno.

��� Io m’aggiravo dentro la nave: ed ecco un marosodalla chiglia staccò le murate. Nuda la portavano i flutti.Poi sbatté l’albero contro la chiglia: era gettatosu di esso uno strallo fatto di pelle di bue.Legai con esso ambedue, la chiglia con l’albero,

��� e seduto su di essi ero spinto dai venti funesti.Quando lo zefiro smise d’impazzare a tempesta,venne rapido il noto a portare nel mio animo l’ansiadi dover traversare di nuovo la funesta Cariddi.Fui sospinto per tutta la notte: il sole sorgeva

��� quando giunsi allo scoglio di Scilla e all’orrenda Cariddi.Costei risucchiò l’acqua salsa del mare:ma io, sollevatomi in alto al gran fico,ad esso aggrappato, mi ressi come una nottola.Non avevo dove puntare i piedi saldamente o salire:

��� stavano le radici lontano, ed erano in alto i rami

403. isola: Sicilia, che erachiamata Trinacria.

405. Cronide: Zeus figlio diCrono.

408. urlante lo zefiro: impe-tuoso vento di ponente.

409. stralli: funi che leganol’albero alla prua dellanave.

411. sartie: funi che legano levele all’albero; sentina:la parte bassa della na-ve.

414. l’animo… ossa: l’animalasciò il corpo, cioè mo-rì.

417. vapori sulfurei: fumocon odore di zolfo, ca-ratteristico del fulmine.

420-421. maroso… murate:un’onda staccò le fian-cate dalla struttura cen-trale della nave.

425. funesti: di cattivo auspi-cio, che portano morte.

427. noto: vento che spira dasud. Il cambio di dire-zione del vento lo ripor-terà indietro, costringen-dolo a ripassare tra Scil-la e Cariddi, nello strettodi Messina.

431: costei… mare: è Carid-di che produce il vorticecon il quale risucchia lenavi e gli uomini che lepassano davanti.

432. gran fico: grande albe-ro di fico che si trovavasu uno scoglio vicino alvortice e del quale gliaveva parlato Circe permetterlo in guardia dalpericolo di attraversarequel tratto di mare.

433. nottola: pipistrello.

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lunghi e grandi, e coprivano d’ombra Cariddi.Mi ressi senza mollare, finché vomitònuovamente albero e chiglia. Li aspettavo, e arrivaronoalfine: allorché dalla piazza va a cena un uomo

��� che dirime le molteplici dispute d’uomini in lite,a quell’ora spuntarono da Cariddi quei legni.Lasciai mani e piedi dall’alto, con un tonfoin acqua piombai accanto ai lunghissimi legni,e su di essi sedendomi mi misi con le mani a remare.

��� Il padre di uomini e dei non lasciò che Scillavedesse: non sarei altrimenti sfuggito alla ripida morte.Per nove giorni fui trascinato: alla decima nottegli dei mi gettarono sull’isola di Ogigia, dove abitaCalipso dai riccioli belli, dea tremenda con voce umana,

��� che m’accolse e nutrì […].(Omero, Odissea, trad. di G.A. Privitera,

Fondazione Lorenzo Valla‐Arnoldo Mondadori Editore, Milano ���)

Unità 2Percorsi tematici

439-441. allorchè… legni:all’ ora che un giudiceva a cena spuntaronovomitate da Cariddiquei pezzi di legno, cioèl’albero e la chiglia cheegli aveva legato.

445. il padre… dei: Zeus.446. ripida morte: ripida, co-

me un abisso in cui sicade.

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Epica

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Mito, epica, leggenda

COMPRENSIONE

1. Chi sono Scilla e Cariddi e cosa fanno? ..........................................................................................................................

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2. Quale dio interviene in questo episodio e in che modo? .....................................................................................

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3. Come riesce Odisseo a sopravvivere? ..............................................................................................................................

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PRODUZIONE

1. Stendi il riassunto del brano.

2. L’astuzia di Odisseo si manifesta in questo episodio in due momenti importanti, perché si mostraprevidente e tenace. Sai dire come?

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Verifica di fine percorso:confronto tra testi

IL MERAVIGLIOSO NELL’ODISSEA

Le peripezie del lungo viaggio di Odisseo sono ricche di episodi straordinari.L’eroe, infatti, incontra maghe, ammaliatrici, giovani donne che si comportanocome aiutanti, ma anche mostri terribili. Ogni volta, quando sembra più vicinala fine, riesce a trovare una via d’uscita e a continuare il suo viaggio.Nei due episodi che hai letto ci sono due personaggi pericolosissimi: Circe eCariddi.

1. Completa la tabella indicando con una crocetta le caratteristiche dei duepersonaggi:

CIRCE CARIDDI

Bella

Umana

Mostruosa

Ammaliatrice

Seduttrice

Crudele

Immortale

Ospitale

Famelica

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Epica

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Mito, epica, leggenda

… e l’infernaleOmero nell’Odissea e Virgilio nell’Eneide narrano in un episodio

l’esperienza del contatto con il mondo dei morti. Sia Odisseo che Eneaavranno modo di entrare negli Inferi e incontrare uno dei genitori peravere conforto nelle proprie sventure e sostegno per continuare il loroviaggio e giungere alla meta voluta per loro dagli dei.

Il regno dei morti è affidato alla custodia di figure mitologiche chehanno il compito di sorvegliare o di trasportare le anime dal mondo deivivi: spesso sono mostri spaventosi come Caronte.

Odisseo e la madreAntefatto: Odisseo, nel suo racconto ai Feaci, narra che prima di par‐

tire dall’isola di Eea, Circe gli aveva dato preziosi consigli per giungere al‐l’entrata degli Inferi e scendere nel regno dei morti. Qui egli incontra lamadre Anticlea. L’episodio è molto commovente, perché Odisseo non sa‐peva della sua morte e a lei chiede notizie della moglie Penelope, del figlioTelemaco e del vecchio padre Laerte.

Odissea, Libro XI,vv. 180-208

�� Così dissi e subito mi rispose la madre veneranda:«Certamente ella resta con animo tenacenella tua casa: dolenti sempre per leidecliniamo le notti e i giorni, nel pianto.Non un estraneo detiene il tuo onore regale, ma sicuro

�� Telemaco governa il paese, partecipa ai banchettie ne celebra, come conviene che se ne occupi colui che amministra

[giustizia:infatti tutti lo invitano. Tuo padre invece sempre là se ne sta,in campagna, e non si reca in città: non gli sono giaciglioletti, coperte e coltri splendide,

��� ma d’inverno riposa dove dormono gli schiavi in casa,presso il focolare, nella cenere, e si veste di miseri cenci;quando giungono l’estate e l’autunno fruttuoso,dappertutto sulla collina ricca di vitisi ammucchiano al suolo giacigli di foglie.

��� Lì giace dolente, nel cuore nutrendo grande dolore,lamentando il tuo destino: difficile vecchiaia lo opprime.Così anch’io sono morta ed ho compiuto la sorte:non la saettatrice infallibile mi colpì

181. ella: Penelope.188. non gli sono giaciglio:

non gli fanno da letto.198. saettatrice: è la dea Ar-

temide, che, colpendo ledonne con le sue frecce,ne causava la morte im-provvisa e prima deltempo stabilito.

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nella casa con i dardi senza dolore,��� né mi colse la malattia, che atrocemente

rapisce la vita con misera debolezza:ma il rimpianto di te, dei tuoi pensieri, nobile Odisseo,della tua dolcezza, mi privò dell’amabile vita».Così disse, ed io volevo con tutto il cuore

��� abbracciare l’immagine della madre mia morta.Tre volte mi slanciai verso di lei, il mio cuore mi spingeva ad

[abbracciarla,per tre volte come un’ombra o un sogno,scivolò via dalle mie mani.

(Omero, Odissea, trad. di G.A. Privitera,Fondazione Lorenzo Valla‐Arnoldo Mondadori Editore, Milano ���)

Unità 2Percorsi tematici

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Epica

198

Mito, epica, leggenda

COMPRENSIONE

1. Anticlea racconta come vive Penelope. Quali sono le cose che fa Penelope? ........................................

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2. Cosa fa invece Telemaco? .........................................................................................................................................................

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3. Come descrive la vita di Laerte? ...........................................................................................................................................

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4. Perché Laerte ha fatto questa scelta? .................................................................................................................................

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5. Cosa racconta Anticlea della causa della sua morte? ............................................................................................

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6. Con quale immagine si chiude si chiude il brano? ...................................................................................................

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PRODUZIONE

1. Stendi il riassunto del brano.

2. Quali passi di questo brano ti sembrano commoventi e perchè? ...................................................................

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Unità 2Percorsi tematici

Enea e il padreAntefatto: Enea, accompagnato dalla Sibilla, sacerdotessa di Apollo,

scende negli Inferi dopo aver superato l’ingresso custodito da Cerbero, caneguardiano a tre teste e Minosse, giudice infernale. Egli incontra molteanime, tra cui Didone, e finalmente giunge nei Campi Elisi, il luogo doverisiedono le anime degli uomini giusti e là vede il padre Anchise.

Eneide, Libro VI,vv. 679-702

Ma il padre Anchise nel fondo d’una valle verdeggiante� le anime ancora racchiuse e destinate a salire alla luce

osservava attento passando in rassegna tutto il numerodei suoi e i cari nipoti, meditava pensosoi Fati e le sorti degli uomini, i costumi e le forze.Ed egli appena venire vide per il prato

� Enea, le palme protese, commosso,solcate di lacrime le guance, proruppe:«Infine giungesti e vinse la tua pietà, aspettata dal padre,l’arduo cammino? È dato guardare il tuo viso,o figlio, ascoltare la tua nota voce e parlarti?

�� Saldo era il pensiero, salda la fiducia,giorno dopo giorno, e non mi ingannò l’attesa.Per quali terre trascinato, e per quali mari travolto,

679-683. ma il padre… leforze: Anchise in fondoa una verde vallata os-servava le anime desti-nate alla vita, esaminan-do quelle dei suoi di-scendenti, cioè i perso-naggi romani più famosie celebri, meditando suldestino e la potenza de-gli uomini.

687-688. e vinse… cammino:la tua devozione agli deiha sconfitto la difficoltàdel viaggio.

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Epica

200

Mito, epica, leggenda

COMPRENSIONE

1. A chi si riferisce Anchise quando parla dei suoi discendenti e perchè? .....................................................

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2. Che cosa lo ha preoccupato mentre aspettava la visita del figlio agli Inferi? .........................................

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3. Con quale immagine si chiude si chiude il brano? ...................................................................................................

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ora ti accolgo, da quanti pericoli angosciato, figlio!Quando temetti che i regni di Libia ti fossero danno!»

�� Ma egli: «Padre, la triste tua immaginepiù volte apparendomi mi volse a toccar queste soglie;stanno nel mare Tirreno le navi. Lascia che io stringa la tua destra,padre, non ti sottrarre al mio abbraccio».Così parla ed effonde largo pianto.

��� Tre volte cercò di abbracciarlo,tre volte l’immagine, invano afferrata, sfuggì alle mani,pari a vento lieve, simile al sonno alato.

694. regni di Libia: Anchise siriferisce al regno dellaregina Didone, perchèl’amore per lei avrebbepotuto essere un dannoper Enea.

696. mi volse…soglie: mi haspinto a varcare le portedegli Inferi.

PRODUZIONE

1. Stendi il riassunto del brano.

2. Quali passi di questo brano ti sembrano commoventi e perchè? ...................................................................

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Verifica di fine percorso:confronto tra testi

… E L’INFERNALE

Nei due episodi che hai letto i protagonisti compiono un’esperienza simile:visitano il regno dei morti e incontrano uno dei genitori.

1. Completa la tabella:

ODISSEO ENEA

Riceve notizie dei familiari

Scende agli Inferi per incontrare il padre/la madre

Apprende della morte del padre/la madre

Era atteso

Vede i propri discendenti

Si commuove

Vuole abbracciare il padre/ la madre

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Epica

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Mito, epica, leggenda

CaronteEnea, nel suo viaggio agli Inferi, incontra degli esseri mostruosi di cui

hai letto nella sezione “Mito” di questo volume a pag. ��. All’ingresso degliInferi questi personaggi sono terribili perché rappresentano i mali del‐l’umanità. Caronte, invece, ha il compito di trasportare oltre il fiumeAcheronte le anime di quelli che hanno ricevuto onore e sepoltura. È de‐scritto come un vecchio orribile.

Antefatto: Enea, accompagnato dalla Sibilla, è giunto alle rive del‐l’Acheronte. Caronte vorrebbe impedirgli di attraversare il fiume, ma la Si‐billa lo convince a lasciar passare l’eroe perché il suo viaggio agli Inferi èvoluto dagli dei.

Eneide, Libro VI,vv. 298-316

298. nocchiero: timoniere, ma -rinaio addetto alla guidadella nave.

299. canizie: pelo bianco,con riferimento alla bar-ba e ai capelli bianchi diCaronte.

302. pertica: lungo bastone 303. di colore ferrigno: colo-

re scuro come il ferro, ri-ferito al fango del fiume.

304. vegliardo… vecchiezza:vecchio ma di una vec-chiaia verde, cioè vigo-rosa.

308. posti sul rogo: si riferi-sce ai corpi dei mortiche sono stati cremati.

309-314. quante… assolate:Virgilio paragona il nu-mero delle anime che at-tendono di essere tra-sportate sulla riva al nu-mero delle foglie che ca-dono nei boschi dagli al-beri scossi dal primofreddo o al numero degliuccelli che in inverno siaffollano sulla terra dalmare, o fuggono oltre ilmare nelle regioni calde.

Orrendo nocchiero, custodisce queste acque e il fiumeCaronte, di squallore terribile, a cui una larga canizie

��� incolta invade il mento, si sbarrano gli occhi di fiamma,sordido pende dagli omeri annodato il mantello.Egli spinge la barca con una pertica e governa le vele,e trasporta i corpi sullo scafo di colore ferrigno,vegliardo, ma dio di cruda e verde vecchiezza.

��� Qui tutta una folla dispersa si precipitava alle rive,donne e uomini, i corpi privati della vitadi magnanimi eroi, fanciulli e intatte fanciulle,e giovani posti sul rogo davanti agli occhi dei padri:quante nelle selve al primo freddo d’autunno

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��� cadono scosse le foglie, o quanti dall’alto mareuccelli s’addensano in terra, se la fredda stagioneli mette in fuga oltremare e li spinge nelle regioni assolate.Stavano eretti pregando di compiere per primi il traghettoe tendevano le mani per il desiderio dell’altra sponda.

��� Ma lo spietato barcaiolo accoglie questi o quelli,gli altri sospinge lontano e scaccia dalla spiaggia.

(Virgilio, Eineide, trad. di L. Canali, Mondadori, Milano ���)

Unità 2Percorsi tematici

314. per il desiderio… spon-da: ansiose di essereportate sulla riva oppo-sta per raggiungere illuogo infernale a cui so-no destinati.

COMPRENSIONE

1. Come viene descritto Caronte? ..............................................................................................................................................

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2. Cosa fanno le anime che attendono di attraversare il fiume? ...........................................................................

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3. Come si comporta Caronte nei loro confronti? ...........................................................................................................

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4. Spiega la similitudine che Virgilio scrive per dare il senso del grande numero di anime in attesasulla riva del fiume.

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Epica

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Mito, epica, leggenda

PRODUZIONE

1. Stendi il riassunto del brano.

2. La figura di Caronte, descritta da Virgilio nell’episodio della discesa agli Inferi di Enea, non èpresente nell’analogo episodio della discesa agli Inferi di Odisseo, perché nel mondo greconon esisteva questo personaggio infernale. Lo troviamo, invece, citato da Dante nella DivinaCommedia come uno dei guardiani dell’Inferno e anche qui il suo compito è quello di traspor-tare le anime oltre il fiume Acheronte. Dante lo descrive così (Inferno, III, vv.82-86; 97-99):

Ed ecco verso noi venir per naveun vecchio, bianco per antico pelo,gridando: «Guai a voi, anime prave!Non isperate mai veder lo cielo:i’ vegno per menarvi a l’altra rivane le tenebre etterne, in caldo e ‘n gelo.[…]Quinci fuor quete le lanose goteal nocchier de la livida palude,che ‘ntorno a li occhi avea di fiamme rote

Ed ecco venire verso di noi su una nave unvecchio, con barba e capelli bianchi per l’età,che gridava: “ Guai a voi, anime malvage!Non sperate mai di vedere il cielo: io vengoper buttarvi sull’altra riva nel buio eterno, nelfuoco o nel ghiaccio[…]Allora si calmarono le guance pelose del timo-niere della fangosa palude, il quale avevaruote di fiamme intorno agli occhi

CARONTE NELL’ENEIDE NELLA DIVINA COMMEDIA

nocchiero X X

con capelli bianchi

crudele

parlante

occhi fiammanti

Completa la tabella individuando i caratteri con cui sono descritti i due Caronte (l’esercizio èavviato):

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Unità 2Percorsi tematici

I valori della societàguerriera nell’Iliade

Nella società guerriera descritta da Omero, gli eroi non esitano ascontrarsi per difendere il proprio onore, riaffermare la propria gloria ela propria supremazia, cioè quelli che ritenevano valori fondamentali eirrinunciabili.

La lite tra Achille ed Agamennone

Nell’episodio che leggerai, il violento litigio tra Agamennone edAchille è provocato da una contesa sul possesso di due schiave: esserappresentavano il bottino di guerra ed erano il simbolo dell’onore edel prestigio di cui ciascun eroe godeva. Cedere il proprio bottino si‐gnificava sminuire la propria importanza agli occhi di tutti e vedere in‐debolita la propria autorità sugli altri guerrieri.

È, dunque, la difesa del proprio onore il vero motivo della lite tra idue eroi e la causa reale dell’“ira di Achille”.

Antefatto: durante il decimo anno della guerra, Apollo aveva diffusouna grave pestilenza nel campo acheo. Nell’assemblea dei capi greci Achilleinvita l’indovino Calcante a rivelare il motivo della pestilenza: il dio è sde‐gnato contro Agamennone, che non ha voluto restituire la bella Criseide asuo padre Crise, sacerdote di Apollo.

Iliade, Libro Ivv. 101-187

��� Così detto, sedette; s’alzò fra lorol’eroe figlio d’Atreo, il molto potente Agamennone,infuriato; d’ira tremendamente i neri precordierano gonfi, gli occhi parevano fuoco lampeggiante;

��� subito guardando male Calcante gridò:«Indovino di mali, mai per me il buon augurio tu dici,sempre malanni t’è caro al cuore predire,buona parola mai dici, mai compisci!E adesso in mezzo ai Danai annunci profetando

��� che proprio per questo dà loro malanni il dio che saetta,perch’io della giovane Creseide il ricco riscattonon ho voluto accettare: molto io desideroaverla in casa, la preferisco a Clitemnestra davvero,benché sposa legittima, ché in nulla è vinta da lei,

101. così… sedette: Calcan-te, dopo aver rivelato ilmotivo della pestilenza,si risiede nell’assemblea.

103. d’ira… gonfi: l’ira gligonfiava il cuore; i pre-cordi erano ritenuti par-ti del cuore, sede deisentimenti.

108. compisci: compi, realiz-zi.

110. il dio che saetta: è Apol-lo, che lancia le frecce.

113. Clitemnestra: è la sposadi Agamennone.

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Epica

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��� non di corpo, non di figura, non di mente, non d’opere.Ma anche così consento a renderla, se questo è meglio;io voglio sano l’esercito, e non che perisca.Però un dono, subito, preparate per me; non io solodegli Argivi resti indonato, non è conveniente.

��� Dunque guardate tutti quale altro dono mi tocchi».Lo ricambiò allora Achille divino piede rapido:

«Gloriosissimo Atride, avidissimo sopra tutti,come ti daranno un dono i magnanimi Achei?In nessun luogo vediamo ricchi tesori comuni;

��� quelli della città che bruciammo, quelli son stati divisi.Non va che i guerrieri li mettano di nuovo in comune.Ma tu ora cedi al dio questa; poi noi Acheitre volte, quattro volte, la riscatteremo, se Zeusci dia d’abbatter la rocca di Troia mura robuste».

��� Ma ricambiandolo disse il potente Agamennone:«Ah no, per quanto tu valga, o Achille pari agli dei,non coprire il pensiero, perché non mi sfuggi né puoi persuadermi.Dunque pretendi – e intanto il tuo dono tu l’hai‐che cosìIo me ne lasci privare, e vuoi farmi rendere questa?

��� Ma se mi daranno un dono i magnanimi Achei,adattandolo al mio desiderio, che faccia compenso,sta bene;se non lo daranno, io stesso verròa prendere il tuo, o il dono di Aiace, o quel d’Odisseoprenderò, me lo porterò via: ah! S’infurierà chi raggiungo.

��� Ma via, queste cose potremo trattare anche dopo:ora, presto, una nave nera spingiamo nel mare divino,

Mito, epica, leggenda

119. indonato: che non ha ri-cevuto doni.

126. non va: non è giusto.127. questa: cioè Criseide.128. la riscatteremo: vuol di-

re che gliela ripaghe-ranno con le donne tro-iane che catturerannouna volta conquistataTroia.

132. non coprire il pensiero:non fingere.

138. Aiace: altro eroe grecoe Odisseo, Ulisse.

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raccogliamovi rematori in numero giusto, qui l’ecatombeimbarchiamo, la figlia di Crise guancia graziosafacciamo salire; uno dei capi consiglieri la guidi,

��� o Aiace, o Idomeneo, oppure Odisseo luminoso,anche tu, Pelide, il più tremendo di tutti gli eroi,che tu ci renda benigno, compiendo il rito, il Liberatore».

Ma guardandolo bieco Achille piede rapido disse:“Ah vestito di spudoratezza, avido di guadagno,

��� come può volentieri obbedirti un acheo,o marciando o battendosi contro guerrieri con forza?Davvero non pei Troiani bellicosi io sono venutoa combattere qui, non contro di me son colpevoli:mai le mie vacche han rapito o i cavalli,

��� mai a Ftia dai bei campi, nutrice d’eroi,han distrutto il raccolto, poiché molti e molti nel mezzoci sono monti ombrosi e il mare sonante.Ma te, o del tutto sfrontato, seguimmo, perché tu gioissi,cercando soddisfazione per Menelao, per te, brutto cane,

�� da parte dei Trioiani; e tu questo non pensi, non ti preoccupi,anzi, minacci che verrai a togliermi il donopel quale ho molto sudato, i figli degli Achei me l’han dato.Però un dono pari a te non ricevo, quando gli Acheigettano a terra un borgo ben popolato dei Teucri;

�� ma il più della guerra tumultuosale mani mie lo governano; se poi si venga alle partia te spetta il dono più grosso. Io un dono piccolo e caromi porto indietro alle navi, dopo che peno a combattere.Ma ora andrò a Ftia, perché certo è molto meglio

��� andarsene in patria sopra le concave navi. Io non intendo per te,restando qui umiliato , raccoglier beni e ricchezze».

Lo ricambiò allora il sire d’eroi Agamennone:«Vattene, se il cuore ti spinge; io davveronon ti pregherò di restare con me, con me ci son altri

��� che mi fanno onore, soprattutto c’è il saggio Zeus.Ma tu sei il più odioso per me tra i re alunni di Zeus:contesa sempre t’è cara, e guerre e battaglie:se tu sei tanto forte, questo un dio te l’ha dato!Vattene a casa, con le tue navi, coi tuoi compagni,

�� regna sopra ai Mirmidoni: di te non mi preoccupo,non ti temo adirato; anzi questo dichiaro :poi che Criseide mi porta via Febo Apollo,io lei con la mia nave e con i miei compagnirimanderò; ma mi prendo Briseide guancia graziosa,

�� andando io stesso alla tenda, il tuo dono, sì, che tu sappiaquanto son più forte di te, e tremi anche un altrodi parlarmi alla pari, o di levarmisi a fronte».

(Omero, Iliade, trad. di R. Calzecchi Onesti, Einaudi, Torino ����)

Unità 2Percorsi tematici

142. ecatombe: sacrificio dicento animali.

145. Idomeneo: altro eroegreco.

146. Pelide: è Achille, figliodi Peleo.

147. liberatore: è Apollo, chelibera dai mali.

155. Ftia: è la patria di Achil-le.

164. gettano a terra: distrug-gono. Teucri: altro nomedei Troiani, dal loro fon-datore, Teucro.

166. si venga alle parti:giunga il momento di di-videre il bottino.

176. alunni: pupilli, protetti.180. Mirmidoni: è il popolo

di Achille.

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Epica

208

Mito, epica, leggenda

COMPRENSIONE

1. Agamennone chiede una ricompensa per cedere la bella Criseide. Perché? .........................................

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2. Qual è la risposta di Achille alle parole di Agamennone? .................................................................................

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3. Achille rinfaccia ad Agamennone il motivo della guerra. Ricordi qual è? ...............................................

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PRODUZIONE

1. Stendi il riassunto del brano.

2. Descrivi brevemente l’atteggiamento di Agamennone e quello di Achille. Chi ha ragione se-condo te? Chi si comporta male e perché?

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Unità 2Percorsi tematici

Odisseo e TersiteAntefatto: dopo la discussione con Agamennone, Teti, la madre di

Achille, prega Zeus di aiutare i Troiani in modo che i Greci capiscano l’im‐portanza della presenza di Achille in battaglia. Allora Zeus manda un fintosogno premonitore ad Agamennone, per convincerlo che la vittoria è vi‐cina. Agamennone decide di riprendere subito la battaglia, però prima con‐voca il consiglio degli Anziani e comunica di volere mettere alla proval’esercito, fingendo di voler rinunciare alla guerra e di voler tornare in pa‐tria, con la speranza che i soldati, invece, gli chiedano di continuare a com‐battere. L’esercito, al contrario, si mostra desideroso di mettere fine allaguerra. Odisseo riesce a convincere i soldati a restare. Solo un soldato, unplebeo brutto e arrogante, senza onore né gloria, osa criticare i nobili eroie addirittura offendere il supremo comandante.

Odissea, Libro IIvv. 211-277

Gli altri dunque sedevano, furono tenuti a posto.Solo Tersite vociava ancora smodato,che molte parole sapeva in cuore, ma a caso,vane, non ordinate, per sparlare dei re:

��� quello che a lui sembrava che per gli Argivi sarebbebuffo. Era l’uomo più brutto che venne sotto Ilio.Era camuso e zoppo d’un piede, le spalleeran torte, curve e rientranti sul petto; il cranioaguzzo in cima, e rado di pelo fioriva.

��� Era odiosissimo, soprattutto ad Achille e a Odisseo,ché d’essi sparlava sempre; ma allora contro il glorioso Agamennonediceva ingiurie, vociando stridulo; certo con lui gli Acheil’avevano terribilmente, l’odiavano, però dentro il cuore;ma quello gridando forte accusava Agamennone con parole:

��� «Atride, di che ti lamenti? che brami ancora?piene di bronzo hai le tende, e molte donnesono nelle tue tende, scelte, ché a te noi Acheile diamo per primo, quando abbiam preso una rocca;e ancora hai sete d’oro, che ti porti qualcuno

��� dei Teucri domatori di cavalli, riscatto pel figliopreso e legato da me o da un altro dei Danai?o vuoi giovane donna, per far con essa all’amore,e che tu solo possieda in disparte? ma non è giustoche un capo immerga nei mali i figli degli Achei.

��� Ah, poltroni, brutti vigliacchi, Achee non Achei,a casa, sì, sulle navi torniamo, lasciamo costuiqui, a Troia, a digerirsi i suoi onori, che vedase tutti noi lo aiutavamo o no.Egli che adesso anche Achille, un uomo migliore di lui,

��� ha offeso; ha preso e si tiene il suo dono, gliel’ha strappato!

211. vociava… smodato: par -lava a voce alta e senzamisurare le parole.

215. Argivi: abitanti di Argo,cioè i Greci.

217. camuso: con il nasogrosso e schiacciato.

218. torte: storte.219. rado il pelo fioriva: cioè

aveva pochi capelli.221. chè: poichè.222. con lui: cioè con Aga-

mennone.225. brami: vuoi, desideri.226.-228. Piene… rocca: hai

le tende piene di bronzoe di donne, perché noiAchei le doniamo a teper primo, dopo averconquistato una città co-me bottino di guerra.

231. Danai: sono i Greci, co-sì chiamati dal nome diDanao, mitico re di Ar-go.

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Epica

210

Davvero ira non v’è nel cuore d’Achille, è longanime,se no, Atride, ora per l’ultima volta offendevi».

Diceva cos’, infamando Agamennone pastore d’eserciti,Tersite; e a lui si avvicinò rapido il glorioso Odisseo

��� guardandolo bieco, lo investì con dure parole: «Tersite, lingua confusa, per quanto arguto oratore, smetti e non osare tu, di offendere i re. Io dico che un altro uomo piu vile di tenon esiste, quanti con gli Atridi vennero sotto Ilio.

��� Percio, tu non parlare avendo i re sulla bocca;non vomitare ingiurie, non ti curar del ritorno. Non sappiamo ancor bene come saran queste cose, se con fortuna o sfortuna torneremo, noi figli degli Achei. Ma tu per questo l’Atride Agamennone pastore d’eserciti

��� godi d’offendere, perche molti doni gli dànno gli eroi Danai; e tu concioni ingiuriando. Pero ti dico e questo avra compimento; se ancora a far l’idiota come adesso ti colgo, non resti piu la testa d’Odisseo sulle spalle,

Mito, epica, leggenda

241. longanime: generoso.250. non parlare… bocca:

non nominare il nomedei re.

251. non…ritorno: non tipreoccupare del ritornoin patria.

256. concioni ingiuriando:parli pubblicamente, of-fendendo.

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211

�� non piu di Telèmaco possa chiamarmi padre, s’io non t’acciuffo, ti spoglio delle tue vesti, mantello e tunica, che le vergogne ti coprono, e ti rimando piangente alle rapide navi,fuori dall’assemblea, percosso con colpi infamanti!»

�� Disse così, e con lo scettro il petto e le spallepercosse; quello si contorse, gli cadde una grossa lacrima: un gonfio sanguinolento si sollevo sul dorso sotto lo scettro d’oro; sedette e sbigottì dolorando, con aria stupida si riasciugo la lacrima:

��� gli altri scoppiarono a ridere di cuore di lui, benche afflitti, e uno parlava così, guardando un altro vicino: «Ah, davvero, mille cose belle ha fatto Odisseo, dando buoni consigli e primeggiando in guerra;ma questa ora e la cosa piu bella che ha fatto tra i Danai,

��� che ha troncato il vociare di quel villano arrogante.Va’, che il nobile cuore non lo spingera certo piu a infamare i sovrani con parole ingiuriose!»

(Omero, Iliade, trad. di R. Calzecchi Onesti, Einaudi, Torino ����)

Unità 2Percorsi tematici

262. vergogne: le parti inti-me.

267. gonfio sanguinolento:ferita gonfia e sangui-nante.

276. nobile: è ironico, vuolein tendere il contrario.

COMPRENSIONE

1. Individua e sottolinea nel testo le parole che descrivono l’aspetto e la personalità di Tersite.Quale impressione Omero vuole dare di questo personaggio?

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2. Spiega brevemente il contenuto del discorso di Tersite e di che cosa accusa Agamennone.

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3. Odisseo rimprovera Tersite, difende Agamennone e minaccia una reazione. Quali argomentiutilizza?

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continua ���

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Epica

212

Mito, epica, leggenda

4. Cosa fa Odisseo per zittire Tersite? .....................................................................................................................................

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5. Come reagiscono gli altri soldati? .......................................................................................................................................

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PRODUZIONE

1. Stendi il riassunto del brano.

2. Descrivi brevemente l’aspetto fisico e il carattere di Tersite. ...............................................................................

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3. L’intervento di Odisseo mette in evidenza che i soldati plebei sono obbligati all’obbedienza.Sai spiegare perché?

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213

Verifica di fine percorso:confronto tra testi

I PERSONAGGI

1. Completa la tabella delle ANALOGIE e delle DIFFERENZE (l’esercizio è av-viato):

AGAMENNONE ACHILLE ODISSEO TERSITE

Livello sociale plebeo

Gradonell’esercito comandante

Aspetto fisico bello e muscoloso

Aspetti delcarattere astuto

Valori cherappresentano

Modo dicomportarsi

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Obie�vi specifici

dell’unitàI tes� La produzione

• Leggere leggende

• Riconoscere gli elemen�fondamentali dellaleggenda: i personaggi,lo spazio, il tempo, leavventure, i prodigi, glieven�

• Comprendere eanalizzare la stru�uraessenziale del testodella leggenda

• Saper riscrivere tes� dileggende a�raversocompletamen�,manipolazioni,trasformazioni,realizzazioni guidate

• Valutare tes� dileggende

CHE COS’È LA LEGGENDA?• Esercizi di

comprensione

• Esercizi di analisigraduata

LE LEGGENDE SULLA STORIAE SUI PERSONAGGI DI ROMA

• La leggenda di Romolo e Remo

• Orazio Coclite

• Muzio Scevola

• Clelia

• Le oche del Campidoglio

• A�lio Regolo

• Cornelia, la madre dei Gracchi

LE LEGGENDE SUGLI ANGELI E SUI SANTI

• San Michele e il diavolo

• San Mar�no

• La leggenda di San Giorgio, J. da Varazze

• Verifica di fine unità:

“Guai ai vin�!”

Unità 3 • Che cos’è la leggenda?

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216

La leggenda (parola di derivazione latina) è la narrazione di fattiche sono così straordinari da dover essere letti.

Questi racconti possono riguardare argomenti religiosi, come levite o le azioni dei santi, o storici, come la fondazione di città, o an‐cora eroici, come le imprese eccezionali compiute da personaggi distraordinario coraggio, ad esempio Muzio Scevola o re Artù.

La caratteristica principale della leggenda consiste nel fatto chela narrazione ha un fondamento storico, ma viene abbellita e arric‐chita con particolari fantastici e meravigliosi, per sottolineare l’ec‐cezionalità e la straordinarietà dell’evento narrato o del personaggiodi cui il racconto tratta.

La leggenda, dunque, è ben diversa dalla favola e dalla fiaba, chepresentano personaggi e avvenimenti completamente fantastici, e sidifferenzia anche dal mito in cui sono raccontate le storie di dei edee, cioè di personaggi non realmente esistiti.

Inoltre i miti erano ritenuti assolutamente veri dagli antichi popoliche li raccontavano, cosa che non necessariamente avviene per leleggende: infatti quando diciamo che una storia è leggendaria, vo‐gliamo dire che non si è certi che sia una storia tutta vera, ma chepresenta alcuni elementi, fatti o personaggi, storicamente avvenutio esistiti.

Talvolta, però, miti e leggende si confondono tra loro, proprio perla presenza, in entrambe le narrazioni, di azioni straordinarie com‐piute da personaggi eccezionali o di fatti meravigliosi e stupefacentiavvenuti in maniera prodigiosa.

Quelle che ora leggerai sono alcune delle leggende più famoseriguardanti la nascita della città di Roma e le imprese di famosipersonaggi della storia romana, che sono diventati, appunto,”leggendari”.

Unità

Che cos’è la leggenda?

3

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217

Unità 3Che cos’è la leggenda?

1. fu spodestato: fu privatodel potere.

2. vestale: le vestali erano sa-cerdotesse della dea Vestaed erano obbligate a rima-nere vergini per trenta an-ni.

3. vagiti: pianti.4. usurpazione: appro pria zio -

ne illecita.

La leggenda di Romolo e RemoQuando Proca, re di Alba Longa, morì, il trono passò al figlio Numi‐

tore, che fu spodestato� dal fratello Amulio, il quale lo imprigionòe costrinse la nipote, Rea Silvia, a diventare una vestale� per impedire chesi sposasse e avesse dei figli, i quali un giorno rivendicassero il regno.

Ma il dio Marte si innamorò della fanciulla e dalla loro unione nacquerodue fratelli gemelli.

Amulio, scoperta la nascita dei bambini, ordinò che la madre fossemandata a morte, come prevedeva la legge per le Vestali che non rispet‐tavano il voto di castità, e che i gemelli fossero messi in una cesta e gettatinel fiume. La corrente trascinò la cesta coi due bambini fino a deporla al‐l’asciutto, sulla riva del fiume.

Una lupa, attirata dai vagiti� dei due bambini, li raggiunse e si mise adallattarli, finchè sopraggiunse in quel luogo un pastore, di nome Faustolo,che li raccolse e li portò alla moglie Acca Larenzia, che li allevò come suoifigli, dando loro il nome di Romolo e Remo

I due fratelli, diventati adulti e venuti a conoscenza della loro originereale e dell’usurpazione� di Amulio, decisero di rivendicare il trono, perciòuccisero Amulio, liberarono Numitore e gli restituirono il regno di AlbaLonga.

Poi Romolo e Remo lasciarono Alba Lon ga e si recarono sulla riva delTevere per fondare una nuova città nel luogo dove erano stati abbandonatima, non riuscendo a decidere chi dei due dovesse darle il nome ed esserneil re, stabilirono di affidarsi alla volontà degli dei.

Romolo salì, allora, sul colle Palatino, dal quale vide passare in volo do‐dici avvoltoi, mentre Remosull’Aventino ne vide solo sei.

Fu deciso, allora, che Ro‐molo fosse il re indicato da‐gli dei ed egli cominciò ascavare con l’aratro il solcoche sarebbe diventato iltracciato delle mura dellanuova città.

Remo, però, invidioso del ‐la sorte del fratello, scavalcò ilsolco e venne ammazzato daRomolo, il quale aveva mi‐nacciato di uccidere chiun‐que avesse oltrepassato quelconfine.

Romolo divenne quindi ilprimo re di Roma. Era l’anno��� a.C.

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Leggenda

218

Mito, epica, leggenda

COMPRENSIONE

1. Cosa fa Amulio, dopo aver imprigionato Numitore? ..............................................................................................

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2. Perché Amulio fa gettare nel fiume i gemelli? ..............................................................................................................

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3. Cosa succede, invece? .................................................................................................................................................................

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4. Cosa decidono di fare Romolo e Remo, dopo aver restituito il regno a Numitore? ............................

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5. Perché viene deciso che Romolo sarà il re della nuova città? ............................................................................

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6. Perché Romolo uccide il fratello? ..........................................................................................................................................

7. Quali sono i fatti prodigiosi narrati dalla leggenda? ..............................................................................................

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8. A quale avvenimento storico si riferisce questa leggenda? .................................................................................

PRODUZIONE

1. Spiega con parole tue in che modo questa leggenda vuole esaltare la straordinarietà della sto-ria di Roma.

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Unità 3Che cos’è la leggenda?

Orazio CocliteDurante la guerra contro gli Etruschi, Orazio Coclite, poiché i nemici

stavano tentando l’assalto a Roma attraverso il ponte Sublicio, gridò aicompagni dietro di lui: “Tagliate il ponte!”

Poi, mentre i Romani si affrettavano a eseguire il suo ordine, tenne im‐pegnata tutta la schiera dei nemici e, appena vide la patria liberata dal‐l’imminente� pericolo, si gettò nel Tevere completamente armato.

Gli dei immortali, ammirati da tanto coraggio, gli concessero di averesalva la vita.

Infatti senza essere ucciso dall’altezza del salto né soffocato dal pesodelle armi e neppure danneggiato dai giavellotti, che i nemici scagliavanoda ogni parte, attraversò il fiume a nuoto e si salvò.

1. imminente: prossimo, vici-no ad accadere.

COMPRENSIONE

1. Che cosa ordina Orazio Coclite ai compagni e perché? .....................................................................................

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continua ���

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Leggenda

220

Mito, epica, leggenda

PRODUZIONE

1. Spiega con parole tue perchè Orazio Coclite veniva considerato un eroe dal popolo romano.

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2. Che cosa fa Orazio Coclite, mentre i compagni eseguono il suo ordine? ................................................

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3. Come si conclude lo scontro tra Orazio Coclite e i nemici? ...............................................................................

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4. Perché gli dei salvano la vita ad Orazio Coclite? .....................................................................................................

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5. Quale impresa eccezionale è narrata in questa leggenda? ...............................................................................

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6. Quali fatti straordinari sono sottolineati dalla narrazione? ...............................................................................

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7. A quale avvenimento storico si riferisce la leggenda? ............................................................................................

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Unità 3Che cos’è la leggenda?

Muzio ScevolaQuando gli Etruschi, comandati dal re Porsenna, assediavano Roma

nella città scarseggiava il cibo. Allora un giovane aristocratico Caio MuzioCordo si presentò in Senato e si offrì come vo‐lontario per infiltrarsi� nel campo etrusco euccidere il re.

Giunto nell’accampamento nemico,Muzio Cordo vide un funzionario del reche distribuiva le paghe ai soldati e, in‐gannato dall’eleganza delle vesti, che sem‐bravano degne di un re, lo pugnalò amorte.

Subito venne catturato dai sol‐dati e portato al cospetto di Por‐senna, davanti al quale MuzioCordo coraggiosamente disse:” Lasplendida veste del tuo funzionarioha tratto in inganno la mia mano,che adesso io punirò con il fuoco”. Esenza esitare mise la mano destra sudi un braciere e ve la tenne, finchè non fucompletamente bruciata, senza mostrarenessun segno di dolore. Porsenna rimasecolpito dal coraggio del giovane, e lo la‐sciò libero, affrettandosi poi ad avviarele trattative di pace con i Romani.

Da quel giorno Muzio Cordo ebbe ilsoprannome di Scevola, cioè mancino.

1. infiltrarsi: introdursi di na-scosto.

COMPRENSIONE

1. Cosa avveniva a Roma, durante l’assedio degli Etruschi? ...................................................................................

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2. Cosa fa Muzio Cordo? ................................................................................................................................................................

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continua ���

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Leggenda

222

Mito, epica, leggenda

3. Perché uccide il funzionario reale? .....................................................................................................................................

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4. Come si comporta Muzio Cordo in presenza del re Porsenna? .......................................................................

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5. Come reagisce Porsenna di fronte al gesto di Muzio Cordo? ...........................................................................

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6. Cosa significa il soprannome Scevola? ............................................................................................................................

7. Quale gesto straordinario è raccontato dalla leggenda? .....................................................................................

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8. Quale virtù di Muzio Cordo viene esaltata nella leggenda? ..............................................................................

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9. Anche in questa leggenda è presente un avvenimento storico: quale? .......................................................

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PRODUZIONE

1. Spiega con parole tue perché, dopo il gesto di Muzio Scevola, il re Porsenna avviò le trattativedi pace con i Romani.

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Unità 3Che cos’è la leggenda?

CleliaDopo che fu stipulata la pace tra Etruschi

e Romani, Porsenna chiese degli ostaggi, trai quali vi era anche Clelia, una nobile vergine,insieme ad altri fanciulli e fanciulle.

La giovane riuscì ad ingannare le senti‐nelle nemiche e a fuggire dall’accampa‐mento etrusco, portando con sé tutte le altreragazze e, arrivate al Tevere, poiché nonc’era più il ponte Sublicio, si gettaronotutte nelle gelide acque del fiume.

Porsenna, informato della fuga degliostaggi, inviò subito ambasciatori a Romaper richiederne la restituzione, cosa cheil Senato romano fece prontamente.

Il re interrogò Clelia, che con fierezza risposedi non essere pentita del suo gesto e di esserepronta a ripeterlo: Porsenna ammirò a tal puntoil coraggio della giovane che non solo laliberò, ma le diede il permesso diportare con sé una parte degliostaggi.

COMPRENSIONE

1. Chi era Clelia e perché si trovava nel campo di Porsenna? ...............................................................................

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2. Cosa fece la ragazza? ................................................................................................................................................................

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continua ���

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Leggenda

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Mito, epica, leggenda

3. Cosa fece Clelia per meritarsi l’ammirazione di Porsenna? ...............................................................................

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4. Cosa fece infine Porsenna? ......................................................................................................................................................

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5. Quali imprese straordinarie compie Clelia? ..................................................................................................................

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6. Come giudichi il comportamento del Senato romano? ..........................................................................................

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7. A quale avvenimento storico si riferisce anche questa leggenda? ..................................................................

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PRODUZIONE

1. Non solo gli uomini ma anche le donne sono capaci di gesti coraggiosi. Conosci qualche storiadi donne coraggiose? Racconta…

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Unità 3Che cos’è la leggenda?

Le oche del CampidoglioI Galli assediavano Roma, e avevano posto l’assedio al Campidoglio,

il colle sul quale c’era il tempio di Giunone, dove vivevano le oche sacrealla dea.

Una notte i Galli cercarono di dare la scalata al Campidoglio, appog‐giandosi a vicenda e, silenziosamente, raggiunsero la cima: riuscirono apassare inosservati alle sentinelle e non svegliarono nemmeno i cani.

Li sentirono, però, le oche nel tempio di Giunone che i Romani nonavevano osato mangiare, nonostante a Roma si soffrisse la fame a causadel lungo assedio.

Lo starnazzare delle oche svegliò Marco Manlio, ex console della re‐pubblica romana, che era a guardia del Campidoglio ed egli, afferrate learmi, corse alle mura della rocca e, con un colpo di scudo, fece cadere unGallo, che era già riuscito a raggiungere la sommità delle mura e che, ca‐dendo, travolse quelli che gli venivano dietro.

Nel frattempo le oche continuarono a starnazzare e svegliarono tuttol’esercito, che corse ad aiutare Marco Manlio.

In questo modo i Galli, grazie all’aiuto delle oche sacre a Giunone, fu‐rono respinti dai Romani.

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Leggenda

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Mito, epica, leggenda

COMPRENSIONE

1. Chi sente l’arrivo dei Galli? ......................................................................................................................................................

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2. Perché i Romani non avevano mangiato le oche? ....................................................................................................

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3. Cosa fece Marco Manlio quando fu svegliato dalle oche? .................................................................................

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4. Qual è l’avvenimento straordinario che la leggenda racconta? ......................................................................

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5. Qual è l’evento storico a cui si riferisce la leggenda? ............................................................................................

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PRODUZIONE

1. La leggenda sottolinea che le oche erano sacre a Giunone e che i Romani le avevano rispettate,non osando mangiarle. Spiega con parole tue perché è così importante questo particolare equale virtù dei Romani vuole sottolineare.

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Unità 3Che cos’è la leggenda?

A�lio RegoloDurante la prima guerra punica�, fu fatto prigioniero il giovane console

Marco Attilio Regolo, al quale i Cartaginesi chiesero di andare a Roma,per convincere i Romani a chiedere la pace e fare uno scambio di prigio‐nieri.

Prima, però gli fecero giurare che, se la sua missione fosse fallita, sa‐rebbe tornato a Cartagine. Regolo giurò e partì per Roma ma, quando fudavanti al Senato, convinse i Romani a non stipulare� nessuna pace con iCartaginesi, ma anzi a continuare la guerra fino alla vittoria definitiva diRoma.

Dopo, fedele al giuramento fatto, nonostante il Senato gli offrisse dirimanere a Roma, tornò a Cartagine, dove fu ucciso in modo orribile: iCartaginesi prima lo privarono delle palpebre e lo accecarono, facendogliguardare la luce del sole, poi lo rinchiusero in una botte irta� di chiodi elo fecero precipitare da una collina.

1. guerra punica: le guerrepuniche furono tre e furonocombattute tra Roma e Car-tagine.

2. stipulare: concludere.3. irta: piena di chiodi confic-

cati nel legno.

COMPRENSIONE

1. Perchè i Cartaginesi inviarono Regolo a Roma? ........................................................................................................

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continua ���

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Leggenda

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Mito, epica, leggenda

2. Cosa disse Regolo ai senatori? ..............................................................................................................................................

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3. Cosa fece Regolo dopo aver parlato in Senato? ........................................................................................................

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4. In che modo i Cartaginesi uccisero Regolo? .................................................................................................................

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5. Quali sono le azioni eccezionali che Regolo compie? ...........................................................................................

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6. Quali virtù di Attilio Regolo vengono celebrate in questa leggenda? ..........................................................

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7. Qual è l’avvenimento storico presente nelle leggenda? .........................................................................................

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PRODUZIONE

1. Confronta le imprese di Orazio Coclite, Muzio Scevola e Attilio Regolo, indicando quali carat-teristiche in comune hanno questi personaggi “leggendari” della storia di Roma.

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Unità 3Che cos’è la leggenda?

Cornelia, la madre dei GracchiCornelia, figlia di Publio Cornelio Scipione l’Africano e madre di Tibe‐

rio e Caio Gracco, fu una donna degna di grande lode.Un giorno una nobile donna romana le mostrò alcuni suoi gioielli, ag‐

giungendo queste parole: “Mio maritò mi donò questi anelli, questi brac‐ciali, queste cose preziose ed anche vesti molto belle, che subito ti mo‐strerò”.

Cornelia con animo tranquillo sentì le parole di quella donna vanitosae lodò quei preziosi gioielli. Poi la superba matrona� la pregò di mostrarlei suoi. Cornelia allora con volto sereno fece venire i suoi figli Caio e Tiberioe mostrandoli alla matrona disse: “Questi sono i miei gioielli.”

1. matrona: donna di nobilefamiglia.

COMPRENSIONE

1. Cosa mostrò la matrona a Cornelia e cosa le disse? ..............................................................................................

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continua ���

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Leggenda

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Mito, epica, leggenda

2. Cosa mostrò, invece, Cornelia alla matrona e cosa le disse? ............................................................................

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3. Qual è l’azione particolarmente importante che compie Cornelia? ..............................................................

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4. Cosa intende dire Cornelia quando afferma che i figli sono “ i suoi gioielli?” ......................................

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PRODUZIONE

1. Spiega perché il testo della leggenda mette subito in evidenza che “Cornelia fu una donna de-gna di lode”.

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Unità 3Che cos’è la leggenda?

Le agiografieLe leggende sugli angeli e sui santi fanno parte di un genere let‐

terario chiamato agiografia, (termine che deriva dal greco e signi‐fica scritti sui santi) che si sviluppò moltissimo nel Medioevo ed erausato dai frati predicatori nei loro sermoni per spiegare al popolola lotta contro il male o le vicende prodigiose della vita dei santi.

Te ne presentiamo, ora, alcune tra le più famose.

Si racconta che al tempo della ribellione di alcuni Angeli contro Dio,monte Castello e monte Aureo, due colline del territorio di Olevano sulTusciano�, siano stati i territori dove si svolse la fase finale della lotta tral’arcangelo Michele e Lucifero.

L’Arcangelo Michele si era stabilito in una grotta, piccola e stretta, postasulla cima di monte Castello, mentre Lucifero si era rifugiato in una bel‐lissima grotta del monte Aureo.

Un giorno il Diavolo andò a far visita al‐l’Arcangelo Michele e lo prese in giro perle dimensioni della grotta in cui abi‐tava, magnificando la bellezzadella propria, dalla quale si ve‐deva uno splendido panorama.

Anzi Lucifero sfidò l’Ar‐cangelo Michele a visitare lasua casa per vedere con ipropri occhi la bellissimagrotta. L’Arcangelo accettòl’invito, entrò nella grottadel diavolo e dovette am‐mettere che era molto piùbella della sua e gli chiesedi potersi sedere sul suotrono.

Lucifero, accecato dall’or‐goglio, acconsentì ma, appenal’arcangelo si fu seduto sul suotrono, disse al diavolo che nonglielo avrebbe più restituito, la qualcosa provocò l’ira di Lucifero.

San Michele e il diavolo

1. Olevano sul Tuscia no: pae-se in provincia di Salerno.

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Leggenda

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Mito, epica, leggenda

COMPRENSIONE

1. Perché Lucifero invita San Michele nella sua grotta? ...............................................................................................

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2. Cosa fa San Michele per far infuriare Lucifero? .........................................................................................................

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3. Come reagisce Lucifero alla sconfitta nel duello con l’Arcangelo? .................................................................

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4. Dalla lettura della leggenda si capisce che il diavolo ha un aspetto particolare. Quale? ..............

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5. Cosa significa il fatto che San Michele si sia impossessato del trono di Lucifero? ...............................

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PRODUZIONE

1. Spiega con parole tue il significato di questa leggenda. ......................................................................................

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Nacque allora un terribile duello, nel quale il diavolo ebbe la peggio.Infatti san Michele lo fece rotolare giù dal monte fino a che si fermò sopraun duro macigno.

Allora Lucifero, furibondo per essere stato sconfitto, con enorme sde‐gno, sferrò col suo zoccolo tondo e ferreo un violento calcio alla roccia sucui era caduto.

L’impronta del diavolo restò impressa nella pietra e si può vedereancora oggi nel luogo che viene comunemente chiamato “zampa deldiavolo”.

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Unità 3Che cos’è la leggenda?

San Mar�noEra l’�� novembre, un giorno freddo e piovoso: nel vento che soffiava

avanzava per la strada un cavaliere, avvolto nel suo ampio mantello diguerriero.

Ma ecco venirgli incontro un povero vecchio coperto soltanto di pochistracci, che tremava per il freddo. Martino loguardò, ne ebbe compassione� e pensò: “Po‐veretto, morirà per il gelo!”

Non aveva con sé né una copertanè del denaro, con il quale il poveroavrebbe potuto comprarsi una co‐perta. Aveva, però, il suo pesantemantello che lo copriva tutto:se lo tolse, lo tagliò in due conla spada e ne diede una metàal poveretto.“Dio ve ne rendamerito!” balbettò il mendi‐cante, e sparì. San Martinospronò� il cavallo e proseguìil cammino sotto la pioggia,che diventava sempre piùfitta, mentre il vento soffiavasempre più violento.

Ma improvvisamente smise dipiovere, il vento si calmò, il cielodivenne sereno e il sole cominciò a ri‐scaldare l’aria, obbligando il cavaliere alevarsi anche il mezzo mantello.

Durante la notte Martino sognò Gesù che loringraziava mostrandogli la metà del mantello: eraproprio Lui il mendicante che aveva incontrato

Da allora ogni anno per pochi giorni intorno all’�� novembre il clima èpiù mite�: è l’estate di San Martino.

COMPRENSIONE

1. Perché Martino ha compassione del vecchio? .............................................................................................................

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continua ���

1. compassione: pietà.2. spronò: incitò ad avanzare.3. mite: tiepido.

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Leggenda

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Mito, epica, leggenda

PRODUZIONE

1. Spiega con parole tue qual è il significato della leggenda.

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2. Conosci qualche altra leggenda sulla vita o le azioni di un santo? Raccontala.

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2. Cosa decide di fare? .....................................................................................................................................................................

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3. Cosa accade all’improvviso? ...................................................................................................................................................

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4. Che cos’è l’estate di San Martino? ......................................................................................................................................

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5. Quale aspetto del carattere di Martino vuole sottolineare la leggenda? ....................................................

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6. Qual è il fatto strano che si verifica? ..................................................................................................................................

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Unità 3Che cos’è la leggenda?

La leggenda di San GiorgioA differenza delle due precedenti di cui non si conosce l’autore, questa

leggenda, fa parte di un’opera scritta dal frate domenicano Iacopo daVarazze.

L’opera,che ebbe un successo davvero straordinario, è la LEGENDAAUREA, contiene ��� vite di santi e servì a fornire ai predicatori le storie,gli aneddoti e gli esempi utili ai loro sermoni.

Jacopoda Varazze

S. Giorgio, originario della Cappadocia� e tribuno� nell’armata romana,giunse una volta alla città di Silene, in Libia. Vicino a questa città vi erauno stagno grande come il mare in cui si nascondeva un orribile dragoche più volte aveva messo in fuga il popolo intero armato contro di lui;quando poi si avvicinava alle mura della città uccideva col fiato tutti quelliin cui si imbatteva�. I cittadini, per mitigare� il furore del drago e impedireche appestasse� l’aria causando la morte di molti, gli offrirono dapprimadue pecore ogni giorno perché se ne cibasse; ma quando le pecore, di cuinon avevano grande abbondanza, cominciarono a mancare, furono co‐stretti a dargli da mangiare una pecora e un uomo. Si tirava dunque a sorteil nome della vittima scelta fra i giovani della città e nessuna famiglia eraesclusa: già quasi tutti i giovani erano stati divorati quando l’unica figliadel re fu designata come la vittima da presentare al drago. Il re profon‐damente addolorato disse: «Prendetemi tutto l’oro e l’argento che ho emetà del mio regno ma rendetemi la figlia mia, onde non perisca� di sif‐fatta morte». Rispose il popolo infuriato: «O re, hai fatto tu stesso questoeditto! I nostri figli sono morti e tu vorresti salvare la figlia tua? Se tunon prometterai che questa muoia come gli altri, bruceremo te e la tuacasa!» Il re allora disse piangendo alla figlia: «Che cosa devo dirti figliamia dolcissima? Ormai non vedrò più le tue nozze!» Rivolto poi al popoloesclamò: «Vi prego di darmi otto giorni di tempo per piangere la figliamia!» Il popolo acconsentì ma dopo otto giorni così parlò al re: «Non vediche tutti muoiono per il pestifero soffio del drago?» Il re vide che in nes‐sun modo poteva salvare la figlia onde� la vestì di vesti regali e abbrac‐ciandola disse fra le lacrime: «Ahimé, figlia mia dolcissima, io credevoche nel grembo regale tu avresti allevato i tuoi figli, e invece diverrai predadel drago! Ahimé! figlia mia dolcissima, io speravo di invitare i principialle tue nozze, di ornare di perle il mio palazzo e d’ascoltare l’allegro suonodei timpani�� e degli organi; invece tu diverrai preda del drago!» La figliaallora cadde ai piedi del padre chiedendogli la sua benedizione. Il re labenedisse con molte lacrime; dopodiché la giovinetta si incamminò versoil lago. Il beato Giorgio che per caso passava di là vide la fanciulla pian‐gente e le chiese cosa avesse. E quella: «Buon giovane, risali subito sul ca‐vallo se non vuoi morire con me». E Giorgio: «non temere, figlia mia, madimmi che cosa fai qui in lacrime sotto gli occhi di tutto il popolo, che tista ad osservare dalle mura». E quella: «Vedo che sei un giovane audace e

1. Cappadocia: regione situa-ta nell’attuale Turchia.

2. tribuno: ufficiale.3. si imbatteva: incontrava.4. mitigare: calmare.5. appestasse: infettasse.6. fu designata: fu scelta.7. non perisca… morte: non

muoia in modo così terri-bile.

8. editto: legge.9. onde: per cui.

10. timpani: strumenti a per-cussione, simili ai tambu-ri.

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Leggenda

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generoso, ma perché vuoi morire con me? Fuggi, fuggi senza aspettare!»E Giorgio: «Non me ne andrò sino a che tu non mi abbia detto che cosastai facendo». Quando la fanciulla gli ebbe raccontato la sua storia disseGiorgio: «Figlia mia non temere, poiché io ti verrò in aiuto nel nome diCristo». E quella: «Buon soldato non voler morire, basta la mia morte!»Mentre così i due parlavano il drago sollevò la testa dall’acqua del lagoonde la fanciulla tutta tremante gridò: «Fuggi, fuggi, mio buon signore!»Giorgio allora salì sul cavallo e fattosi il segno della croce si gettò sul drago,vibrò con forza la lancia, e raccomandandosi a Dio, gravemente lo ferì. Ildrago cadde a terra e Giorgio disse alla giovinetta: «Non aver più timore eavvolgi la tua cintura al collo del drago». Così ella fece e il drago cominciòa seguirla mansueto�� come un cagnolino. Vedendola in tal guisa�� avvici‐narsi alla città, tutto il popolo atterrito cominciò a gridare: «Ahimè, oramoriremo tutti!» Ma il beato Giorgio disse loro: «Non abbiate timore poi‐ché Iddio mi ha mandato a voi onde�� liberarvi da questo drago. Abbrac‐ciate la fede di Cristo, ricevete il battesimo ed io ucciderò il mostro». Al‐lora il re e tutta la popolazione ricevettero il battesimo: dopodiché Giorgiouccise il drago e comandò che fosse portato fuori della città con un carrotirato da quattro paia di buoi.

Senza contare le donne e i bambini in quel giorno furono battezzativentimila uomini. Il re fece costruire una gran chiesa in onore della Ma‐donna e del beato Giorgio e dall’altare sgorgò una fonte viva�� per la cuiacqua molti infermi�� recuperarono la salute. Il re offrì a Giorgio ancheuna gran somma di denaro ma questo ordinò che fosse distribuito fra ipoveri. Infine Giorgio dette al re quattro ammaestramenti�: di aver curadelle chiese, di onorare i sacerdoti, di ascoltare devotamente gli uffici di‐vini, di ricordarsi sempre dei bisognosi. Poi lo abbracciò affettuosamentee se ne andò da quella città.

(Jacopo da Varazze, Legenda aurea, Einaudi)

Mito, epica, leggenda

11. mansueto: docile.12. in tal guisa: in tal modo.13. onde: per.14. fonte viva: una sorgente.15. infermi: malati.16. ammaestramenti: inse-

gnamenti.

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Unità 3Che cos’è la leggenda?

COMPRENSIONE

1. Cosa faceva il drago ai cittadini di Silene? ...................................................................................................................

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2. Cosa fu costretto a fare il popolo della città? ...............................................................................................................

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3. Come reagì il re quando fu designata sua figlia? .....................................................................................................

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4. Cosa promise san Giorgio alla principessa? ................................................................................................................

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5. Come fece san Giorgio a sconfiggere il drago? ........................................................................................................

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5. Come si conclude la leggenda? .............................................................................................................................................

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6. Che cosa simboleggiano il drago e san Giorgio? .....................................................................................................

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7. Qual è l’impresa straordinaria che compie san Giorgio? ....................................................................................

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8. Quali sono i fatti prodigiosi che si verificano dopo la morte del drago? ..................................................

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Leggenda

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Mito, epica, leggenda

PRODUZIONE

1. Spiega con parole tue qual è il significato della leggenda.

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2. Stendi il riassunto della leggenda.

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Verifica di fine unità 3

“Guai ai vin�!”

Dopo il tentativo dei Galli di assalire il Campidoglio, fallito a causadelle oche sacre, la guerra era continuata, ma l’assedio posto dai nemicialla città di Roma durava ormai da troppo tempo: mancava ormai il nu‐trimento e i soldati romani erano talmente indeboliti da non reggere ilpeso delle armi.

Allora il Senato decise di accettare la proposta fatta dai Galli di pagareun riscatto affinché essi abbandonassero la città e incaricò i magistratidi trattare con il nemico. Brenno, il capo dei Galli, pretese mille libbre�

d’oro, una cifra esorbitante�, che venne raccolta con molta fatica dal po‐polo romano.

Mentre l’oro veniva pesato, i Romani, però si accorsero che i Galli sta‐vano usando pesi falsi per imbrogliarli. Di fronte alle proteste dei magi‐strati, Brenno gettò la sua spada sulla bilancia, pretendendo in questo

Leggi la breve leggenda che segue e svolgi gli esercizi.

1. libbre: unità di misura delpeso, una libbra corrispon-deva a circa mezzo chilo.

2. esorbitante: smisurato, esa-gerato.

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Leggenda

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Mito, epica, leggenda

modo un’ulteriore quantità di oro e, contemporaneamente, gridò con ar‐roganza: “Guai ai vinti!”.

Ma il nobile e coraggioso Furio Camillo, giunto da una città vicina conun nuovo esercito per portare aiuti a Roma, si fece avanti, mostrò la suaspada a Brenno e gli urlò in faccia: “Non con l’oro, ma con il ferro, si ri‐scatta la patria”.

Allora l’esercito romano si scagliò contro il Galli, costringendoli allafuga e lo stesso Furio Camillo non solo inseguì i nemici, sconfiggendoli apiù riprese, ma recuperò anche l’oro che era stato consegnato dal popolo.

Dopo questa impresa Furio Camillo fu chiamato dai Romani “secondoRomolo” come fosse egli stesso fondatore della patria.

1. Chi è il protagonista della leggenda?

� a) Brenno.� b) Furio Camillo.� c) L’esercito romano.

2. Perché i Romani accettano la proposta del riscatto?

� a) Perché sono stati sconfitti dai Galli.� b) Perché sono stati traditi.� c) perché sono senza cibo e troppo indeboliti dal lungo assedio.

3. Che cosa succede quando viene pesato l’oro?

� a) I Romani si accorgono che i Galli usano pesi falsi.� b) I Galli chiedono una maggiore quantità di oro.� c) I Romani si rifiutano di consegnare l’oro richiesto.

4. Che cosa vuol dire la frase “Guai ai vinti”?

� a) È una maledizione: i vinti devono subire molte sciagure.� b) È una minaccia: i vinti non devono osare nessuna protesta.� c) È un’affermazione: i vinti sono nei guai.

5. Che cosa vuol dire la frase “Non con l’oro, ma con il ferro si riscatta la patria”?

� a) Che i Romani dovevano usare le armi per liberare Roma dai nemici.� b) Che i Romani dovevano dare il ferro e non l’oro ai Galli.� c) Che i Romani dovevano prendere le spade dei Galli.

6. Perché i Romani chiamarono Furio Camillo “secondo Romolo”, come se fosse stato un secondofondatore di Roma?

� a) Perché Furio Camillo era stato molto ammirato per il suo coraggio.� b) Perché Furio Camillo aveva salvato Roma dal pericolo della completa distruzione.� c) Perché Furio Camillo aveva recuperato l’oro del popolo romano.

continua ���

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Unità 3Che cos’è la leggenda?

7. Quali sono le virtù di Furio Camillo sottolineate dalla leggenda?

� a) La generosità e il coraggio.� b) Il coraggio e l’amore verso la patria.� c) La generosità e l’amore verso la patria.

8. Qual è l’avvenimento storico presente nella leggenda?

� a) La guerra tra Romani ed Etruschi.� b) La guerra tra Romani e Cartaginesi.� c) La guerra tra Romani e Galli.

Brenno.

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Leggenda

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Mito, epica, leggenda

Toc… toc… chi recupera con me?

1. Unisci con una freccia le frasi seguenti al nome del personaggio corri-spondente:

Nacque dalla testa di Zeus EFESTO

Guidava il coro delle Muse GIASONE

Fu rapita da Ade ATENA

Scese nell’Ade per riprendersi la moglie CERBERO

Rubò il fuoco agli dei ADE

Dea della bellezza e dell’amore POSEIDONE

Il dio che aveva la sua officina nell’Etna CARONTE

Eroe ateniese che uccise il Minotauro. APOLLO

Aiutò Teseo a sconfiggere il Minotauro. PROMETEO

Cane a tre teste, stava a guardia del regno dei morti PERSEFONE

Conquistò il vello d’oro TESEO

Figlio di Zeus, dovette compiere 12 fatiche ARIANNA

Traghettatore delle anime dei morti ORFEO

Dio degli Inferi, sposò Persefone ERACLE

Fratello di Zeus e dio del mare. VENERE

Davvero bello questo mondo di dei e di eroi! Ma forse haibisogno di qualche piccolo ripasso… ti aiuto io con gliesercizi che ho scelto per te.

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Modulo 5Mito, epica, leggenda

Toc… toc… chi recupera con me?

EROI PROVA DA SUPERARE ANTAGONISTA AIUTANTE DONATORE MEZZO

MAGICO

ULISSE ................................

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2. Completa la tabella cercando le funzioni di Propp nelle storie di miti enelle narrazioni epiche che hai studiato. (L’esercizio è avviato)

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Leggenda

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Mito, epica, leggenda

Toc… toc… chi recupera con me?

3. Completa la storia e attribuiscile il titolo giusto:

.............................................................................

La dea della ................................................................. non fu invitata alle nozze di Peleo

e .......................................................... Ella giunse di nascosto al banchetto e lanciò

sulla tavola una mela d’oro con la scritta: ...........................................................................

Di fronte alle tre dee, ....................................................., ...................................................... e

...................................................., che litigavano fra loro, Zeus, non volendo scegliere

lui stesso, consegnò la mela a .................................................., il bellissimo figlio di

..................................................... Il giovane principe scelse .........................................................,

dea dell’amore, la quale gli promise in premio l’amore di

....................................................., moglie di ........................................................., re di Sparta.

Paride dunque rapì Elena, portandola a ........................................................., ma

....................................................... marito di Elena, per vendicare l’offesa subita,

chiese al fratello ................................................, re di Micene, di convocare tutti i re

della .............................................. e di allestire un esercito per combattere contro

la città di .................................................., patria di Paride.

4. Riordina i seguenti eventi in successione cronologica:

A. Nella reggia Ulisse fa strage dei Proci.

B. Ulisse e i compagni accecano il ciclope Polifemo

C. Il cane Argo muore dopo aver rivisto Ulisse

D. La ninfa Calipso trattiene Ulisse nella sua isola incantata

E. Dopo una violenta tempesta Ulisse giunge nell’isola dei Feaci

F. Ulisse racconta al re dei Feaci le sue avventure

G. I compagni di Ulisse sono trasformati in animali dalla maga Circe

H. Ulisse ascolta il canto delle Sirene

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Modulo 5Mito, epica, leggenda

5. Leggi il seguente brano tratto dall’Eneide e rispondi alle domande

Canto le armi e l’uomo che per primo dalle terre di Troiaraggiunse esule l’Italia per volere del fato e le spondelavinie, molto per forza di dei travagliato in terrae in mare, e per la memore ira della crudele Giunone,e molto avendo sofferto in guerra, pur di fondare 5la città, e introdurre nel Lazio i Penati, di dove la stirpelatina, e i padri albani e le mura dell’alta Roma.

[Eneide I, 1-7]

a] Indica fra parentesi se le seguenti parole o espressioni prendono comemodello l’Iliade [ILI] oppure l’Odissea [ODI].

Armi [.......] - uomo [.......] - molto per forza di dei travagliato in terra e inmare [.......] -

e molto avendo sofferto in guerra [.......] - raggiunse esule l’Italia [.......]

b] Qual è la volontà del fato per Enea?

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c] Perché Giunone è adirata nei confronti di Enea [v. 4]?

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d] A quale guerra si riferisce il poeta al v. 5?

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5. Leggi il brano e rispondi alle domande.

LA LEGGENDA DI SAN COLOMBANO E IL DIAVOLO

Ancora giovane, Colombano, lasciò la sua nativa Irlanda e, compiendomiracoli, passò nelle Gallie, in Germania ed in Italia: qui avuto in donodal re Agilulfo una parte del territorio di Bobbio, fondò in riva al fiumeTrebbia un celebre monastero. Con la carità e con i miracoli guadagnò ilcuore dei fedeli e degli increduli.Un giorno Colombano ideò di costruire un ponte sulla Trebbia.Sfortunatamente però non riuscì a raggranellare la somma necessaria pereseguire i lavori. In quel frangente il diavolo gli si presentò.“Se tu” gli disse “mi prometti di lasciare in mia balia la prima anima chepasserà sul ponte, io ti aiuterò a costruirlo”.

Toc… toc… chi recupera con me?

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Leggenda

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Mito, epica, leggenda

a) che cosa intendeva costruire san Colombano?

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b) che cosa propose il diavolo a san Colombano in cambio del suo aiuto?

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“Il primo ESSERE che passerà sul ponte sarà tuo” disse sottilmente il mo-naco.Così il demonio, credendo di aver sconfitto il suo avversario, mise mano allavoro.Quando fu ultimato, Colombano gettò sul ponte un pezzetto di pane e vifece accorrere un cagnaccio che aveva portato con sé: compreso l’inganno,il diavolo digrignò i denti e cominciò a inseguire il monaco e a insultarlo.Ma il santo proseguì il suo cammino come nulla fosse, mentre l’altro au-mentava la dose d’ingiurie.

c) con quale espediente san Colombano riuscì a non consegnare al dia-volo quanto stabilito dall’accordo?

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d) che cosa diede san Colombano al diavolo?

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Quando giunsero ad un sentiero che conduce al Monte Penice, incontra-rono una donna che aveva del riso nel grembiule.Senza dire una parola, Colombano ne prese una manciata e la lanciò con-tro il suo persecutore. “Oh, miracolo!” I granelli di riso, anziché colpirlo,si trasformarono in sassi neri… e, “meraviglia!” Essi riunendosi a formaredelle grotte spaventose, sporsero, sporsero, quasi a precipitare…Questi massi neri esistono ancora e si chiamano “sassi del diavolo”.

e) chi incontrarono il diavolo e san Colombano sul sentiero che conduceal monte Penice?

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f) in cosa si trasformarono i chicchi di riso?

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Toc… toc… chi recupera con me?

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