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  • Serie editoriale:CLINICAL

    CASEMANAGEMENT

    Aggiornamentoperiodico:

    OTONEUROLOGIA 2000Febbraio 2002 / n. 9

    CoordinamentoScientifico:

    Dr. Giorgio GuidettiDipartimento di Patologia

    Neuropsicosensorialedell’Università di Modena e

    Reggio EmiliaSezione di Clinica

    OtorinolaringoiatricaModulo di Vestibologia eRieducazione vestibolare

    Policlinico di Modenae-mail:

    [email protected]

    Coordinamentoeditoriale:

    Mediserve

    © 2002 MEDISERVEMilano - Firenze - Napoli

    MEDISERVE

    OTONEUROLOGIA

    Posturologia: il modello neurofisiologico,il modello biomeccanico, il modello psicosomaticoF. Scoppa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

    Il trattamento della Malattia di Menièremediante gentamicina topicaP. Gioffré, C. Pernice. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

    Interpretazione delle manifestazioni didisturbi auditivi e dell’equilibrio nella medicina anticae nella tradizione popolare (Parte seconda)C. Lapucci, A.M. Antoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

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    In quanto branca “trasversale” della medi-cina, la posturologia coinvolge specialistidi estrazione diversa, con background cul-turali, linguaggi e modalità operative edinterpretative anche molto eterogenei. Pertale ragione ci è sembrato utile sintetiz-zare in questo breve lavoro tre modelliinterpretativi per lo studio della postura(neurofisiologico, biomeccanico, psicoso-matico), tentare una definizione di posturache possa essere comunemente condi-visa, ed identificare infine i fattori che distin-guono una postura funzionale da unadisfunzionale.

    Definizione

    Per “postura” possiamo intendere la posi-zione del corpo nello spazio e la relazionespaziale tra i segmenti scheletrici, il cuifine è il mantenimento dell’equilibrio (fun-zione antigravitaria), sia in condizioni sta-tiche che dinamiche, cui concorrono fat-tori neurofisiologici, biomeccanici, psi-coemotivi e relazionali, legati anche all’e-voluzione della specie.In questa definizione abbiamo cercato dievidenziare alcuni aspetti fondamentalidella postura: il concetto di spazialità, ilconcetto di antigravitarietà e di equilibrio,la condizione sia statica che dinamica, ifattori neurofisiologici, biomeccanici, psi-

    coemotivi e relazionali, l’evoluzione dellaspecie.La spazialità della postura è quanto dipiù immediatamente caratterizzante lapostura: fenomenicamente la postura èla posizione che assume il corpo nelle tredirezioni dello spazio e la relazione spa-ziale tra i vari segmenti scheletrici.Il concetto di antigravitarietà è essen-ziale. La gravità è la forza esterna fonda-mentale per la regolazione della postura, ein un certo qual modo l’equilibrio posturaleè la risposta dell’organismo alla forza di gra-vità. Quando il peso corporeo si riduce,come nell’acqua, le reazioni posturali ten-dono a scomparire. Gli effetti della forza digravità nella stazione eretta sono ben evi-denti in assenza di gravità: le esperienzedegli astronauti nei voli spaziali evidenzianoatteggiamenti posturali molto differentirispetto a quelli abituali sulla terra, con modi-ficazioni radicali del tono posturale.Le reazioni antigravitarie del nostro orga-nismo si esprimono nella postura e nel-l’equilibrio, termini molto vicini ma non sino-nimi.L’equilibrio può essere inteso come il rap-porto ottimale tra il soggetto e l’ambientecircostante, in cui il soggetto, sia in con-dizioni statiche che dinamiche, adotta lapostura più adeguata, istante per istante,rispetto alla richiesta ambientale e agliobiettivi motori prefissati.

    POSTUROLOGIA:IL MODELLO NEUROFISIOLOGICO,IL MODELLO BIOMECCANICO,IL MODELLO PSICOSOMATICOFABIO SCOPPADocente di Metodologia della Riabilitazione, Facoltà di Medicina e Chirurgia, D.U. FisioterapistaCoordinatore Scientifico e Didattico, Corso di Perfezionamento in “Posturologia”Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università “La Sapienza” di Roma

  • È quindi indispensabile che il soggettoadotti una postura adeguata per avereun buon equilibrio, anche se un’altera-zione della postura non comportanecessariamente un disturbo dell’e-quilibrio. C’è comunque da rilevare cometra problema posturale e disturbi dell’e-quilibrio ci siano molte relazioni. Ad esem-pio, il rapporto tra sistema vestibolare escoliosi è ormai documentato da tempo,ed è noto come sia frequente rilevare alte-razioni dell’equilibrio in soggetti scoliotici[Yamada et al 1974 (34,35); Yamamotoe Petruson 1979 (36); Yamamoto et al1983 (37); Sahlstrand e Petruson 1978e 1979 (24,25)].Possiamo affermare che la postura è unatteggiamento più di tipo “statico” conlimiti di oscillazione molto ristretti; l’equi-librio è un atteggiamento più “dinamico”che può essere mantenuto anche conoscillazioni di maggiore entità, che richie-dono una serie di posture in cui la proie-zione del baricentro corporeo cade comun-que all’interno del poligono di sostegno(Fig. 1) [Guidetti 1997 e 1999 (8,9)].Ritornando alla definizione di postura cheabbiamo proposto, in essa troviamo tregrandi ordini di fattori che caratteriz-zano la postura: neurofisiologici, bio-meccanici, psicoemotivi. La postura, puressendo un fenomeno profondamente uni-tario, può essere studiata attraverso cia-scuno di questi modelli interpretativi: ilmodello neurofisiologico, il modello bio-meccanico, il modello psicosomatico.

    Il modello neurofisiologico:lo studio del tono posturale

    Quello neurofisiologico è per così dire ilmodello proprio della posturologia, basatosullo studio del tono posturale e delle fun-zioni di equilibrio. Tipico della scuola fran-cese (Gagey, Weber, Lacour), è l’approc-cio che ha avuto la più ampia diffusione,come si evince anche dalla letteratura spe-cifica. In effetti la postura, nella sua

    essenza neurofisiologica, non è altroche una modulazione del tono. Sappiamoche il tono muscolare è la risultante di unacomplessa serie di processi psiconeurofi-siologici all’interno di un sistema di tipocibernetico, il sistema tonico posturale.Tale sistema ha delle entrate specifiche,costituite dalle informazioni provenientidai recettori specifici della postura: il piede,l’occhio, l’apparato stomagnotico, la cute,l’apparato muscolo-scheletrico, sono traquelle più studiate (Fig. 2).Gli studi neurofisiologici hanno approfon-dito in particolare l’esame delle interfe-renze recettoriali in quanto, come è bennoto, l’output del sistema posturale, il tonomuscolare, è condizionato dagli input, cioèdalle informazioni in entrata. Inoltre unampio spazio è stato dedicato al ruolo delsistema vestibolare che contrae intimi rap-porti in particolare con le afferenze visivee plantari.

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    Fig. 1 - La postura è un atteggiamento “sta-tico” con limiti di oscillazione molto ristretti.L’equilibrio è un atteggiamento “dinamico” chepuò essere mantenuto anche con oscillazionidi maggior entità, che richiedono una serie diatteggiamenti posturali in cui viene comun-que garantita la proiezione al suolo del bari-centro entro i limiti della base d’appoggio. DaGuidetti, 1997 (8).

    POSTURA

    EQUILIBRIO

  • Mentre il ruolo delle entrate del sistemaposturale è stato così ampiamente stu-diato, è pressoché assente un approfon-dimento sui processi di programmazionecentrale della postura. Eppure l’outputdel sistema posturale, il tono muscolare,è sì il risultato degli input ma anche il pro-dotto di ciò che viene elaborato dal com-puter centrale (SNC) in base a specificiprocessi neuropsicologici e all’esperienza.Un disequilibrio posturale non necessa-riamente indica un problema causativoa livello delle entrate sensoriali, ma puòessere collegato ad una cattiva integra-zione centrale. Lo schema centrale è ingrado di modificare il tono posturale: pertale ragione vale la pena cominciare unariflessione critica sul problema delloschema corporeo [Scoppa 2001 (33)] edell’integrazione centrale delle afferenzeposturali.Molte alterazioni posturali potrebberoessere messe in relazione con un pro-blema di elaborazione centrale dello

    schema corporeo, evenienza pressochéignorata fino ad ora.Una delle ragioni di questo disinteressepuò essere ravvisata nel modello asso-ciazionista adottato in larga misura anchein posturologia. Le teorie associazionistespiegano l’acquisizione di nuove forme dicomportamento come un fenomeno diassociazione “stimolo-risposta” (S-R); clas-sicamente si tace sui processi interni neu-ropsicologici, cioè sulla scatola nera(“black box”). Il sistema nervoso centraleviene di fatto considerato una scatolanera, dove soltanto le funzioni di ingressoe di uscita sono conosciute ma non i pro-cessi che determinano la relazione “input-output”.Il modello associativo comportamentista,a partire dai classici studi di Pavlov, haavuto il merito di creare delle relazioniosservabili e valutabili tra una stimolazione,o informazione, e il tipo di risposta: la pre-senza o assenza di risposta è il primo cri-terio osservabile fondamentale (Fig. 3).

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    Fig. 2 - Schema dell’espressione degli aspetti psico-emotivi nella postura.

    Fattori psico-emotivi

    Riadattamento sensoriale

    Effettoridel sistemaposturale:muscoli

    outputtonico posturale

    reaf

    fere

    ntaz

    ione

    COMPUTER CENTRALE

    – Programmazione centrale

    – Schema corporeoInput sensoriale

    Recettori del sistema posturale

    • recettore podalico• recettore oculare• apparato stomatognatico• recettore cutaneo• apparato muscolo-scheletrico• eccetera

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    Ma a questo criterio ne dovrebberoseguire altri, come quelli relativi al condi-zionamento e all’adattamento alla stimo-lazione, che sono caratteristiche neu-ropsicofisiologiche ben note dell’orga-nismo vivente.Inoltre il fatto che risulta difficile provaree documentare i processi all’interno dellascatola nera non significa che non avven-gano o che non siano importanti, anzi: unapprofondimento di tipo cognitivistapotrebbe chiarire molti quesiti ancorasenza risposta riguardanti il funzionamentodel sistema tonico posturale.La semplicità dell’associazionismo “stimolo-

    risposta” (Fig. 3) appare al tempo stessouna qualità e un limite, perché semplificaun processo estremamente fine e artico-lato, ma al prezzo di non rappresentaretutti i complessi meccanismi a feed-backe a feed-forward, nonché l’adattamentodel sistema alla stimolazione sommini-strata (Fig. 4).Ciò che viene osservato con estremafacilità è una condizione anomala, asim-metrica, disfunzionale del tono postu-rale. Quando questa condizione è abnormee cronicamente protratta nel tempo, creadelle sollecitazioni anormali sull’apparatolocomotore, con conseguente patologia

    Fig. 3 - Il modello associazionista interpreta la postura come risposta elaborata dal sistemanervoso centrale in associazione agli stimoli in entrata (afferenze).

    SNC

    BLACK BOXINPUT

    Afferenze– visive– podaliche– vestibolari– muscolo-scheletriche, ecc.

    OUTPUT

    Equilibriotonicoposturale

    Fig. 4 - Modello di interpretazione della postura che tiene conto delle componenti neuro-psico-fisiologiche dell’organismo vivente, che condizionano la risposta allo stimolo e ne determinanol’adattamento.

    SNC

    BLACK BOX

    Reafferentazione

    Modulazione centrale

    INPUT

    Afferenze– visive– podaliche– vestibolari– muscolo-scheletriche, ecc.

    OUTPUT

    Equilibriotonicoposturale

  • dolorosa, infiammatoria, degenerativa odismorfica.Pertanto sono stati messi a punto unaserie di esami clinici per studiare leasimmetrie e le disfunzioni del tonoposturale, come ad esempio il “test diFukuda-Unterberger” e il “test dei rotatori”.L’esame dell’attività tonica posturale puòessere svolto clinicamente con buonaattendibilità, se eseguito da un posturo-logo esperto e specializzato; al contrarioè praticamente impossibile evidenziare cli-nicamente la strategia posturale fine e ilcontrollo delle oscillazioni fisiologiche, rile-vazione che può essere effettuata stru-mentalmente con la stabilometria. Lapiattaforma stabilometrica normalizzataconsente di misurare la posizione mediadel centro di gravità del corpo e dei suoimicro-movimenti attorno a tale posizione,nonché, attraverso lo studio di alcuni para-metri, valutare aspetti quali il costo ener-getico e la precisione del sistema.

    Il modello biomeccanico:le catene cinetiche

    Con il modello biomeccanico vengono ana-lizzati i rapporti tra atteggiamenti corpo-rei e forza di gravità, e viene studiata l’or-ganizzazione delle catene cinetiche e dellastatica in rapporto a complessi meccani-smi antigravitari e ai riflessi spinali, vesti-bolari…Di norma nelle alterazioni posturali gli squi-libri più facilmente visibili si hanno pro-prio a livello statico e biomeccanico:nella statica, con la perdita dei rapportiarmonici ed equilibrati tra i vari segmentischeletrici nei tre piani dello spazio; a livellobiomeccanico, con la rottura delle siner-gie muscolari equilibratrici e l’alterazionedella meccanica articolare, in quantovariano sia i punti di applicazione delle forzemuscolari, sia i loro momenti, sia la distri-buzione dei carichi sui segmenti scheletrici.Indipendentemente dagli elementi didisturbo primari e dal tipo di perturbazione

    iniziale, l’alterazione posturale si inse-risce in ogni caso in un complessosistema organizzato di catene artico-lari funzionalmente collegate con lecatene muscolari grazie alle strutturecapsulo- legamentose e alle fasce apone-vrotiche.Mentre le catene muscolari danno vita almovimento, ne condizionano l’intensità ein parte l’ampiezza, e garantiscono il man-tenimento della statica umana, le catenearticolari sono piuttosto responsabili del-l’escursione angolare e insieme della dire-zione del movimento.In virtù di questa interrelazione funzionaletra catene muscolari e catene articolari,un disassamento iniziale causato da unaperturbazione localizzata provoca uno sbi-lanciamento articolare con conseguentecontrazione muscolare di stabilizzazione,o viceversa: infatti non è possibile unacorretta organizzazione articolare senzaequilibrio delle tensioni muscolari; questoequilibrio, che garantisce la coesistenzadi una buona stabilità e di una buona mobi-lità articolare, è quindi altamente auspi-cabile, in quanto ogni disequilibrio delletensioni muscolari provoca immediata-mente la riorganizzazione di un nuovoequilibrio adattativo, al caro prezzo didisassamenti segmentari. Questi disas-samenti comportano una sostanzialeasimmetria dei volumi corporei e dellefunzioni cinetiche, con conseguente rie-laborazione dello schema corporeo.Infatti le sensazioni cinestetiche provo-cano modificazioni adattative come rispo-sta all’alterazione posturale, creandoattorno ad essa uno schema posturaleeconomico e schemi motori compensa-tivi, che soddisfino primariamente l’aspettopragmatico-utilitaristico del movimento,ovvero l’efficacia del gesto, nonostante lalimitazione dovuta all’alterazione morfo-logica o funzionale.In definitiva, un’alterazione posturale con-duce in ogni caso ad un riadattamentosensoriale grazie a specifici meccanismineurofisiologici (Fig. 5).

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    Fig. 5 - Un alterato orientamento spaziale del corpo conduce ad un riadattamento sensorialeche si associa ad una reinterpretazione, e quindi ad una ricalibrazione, dei dati somato-sen-soriali che trasmettono l’informazione della colonna eretta. Il mantenimento di un’analisi per-cettiva modificata delle informazioni propriocettive che descrivono la colonna eretta, determinaun adattamento del sistema motorio assiale. Un’alterazione posturale è la risultante della nuovastrategia di controllo motorio adottata. Il riadattamento sensoriale può anche produrre un note-vole effetto sul funzionamento del tronco cerebrale, alterando i sistemi di controllo motorio-oculare e motorio-assiale. Da Scoppa, 1999 (29); mod. da Herman et al, 1985.

    ALTERATOORIENTAMENTOCORPO-SENSORIALE

    COM

    PEN

    SAZIO

    NE

    DISTURBO SENSORIALE

    PERCEZIONE

    RIADATTAMENTOSENSORIALE

    ALTERAZIONE POSTURALE

    ADATTAMENTO MOTORIO

    SISTEMA MOTRIO-ASSIALE

    CONTROLLOOCULO MOTORIO

    CONTROLLOMOTORIO ASSIALE

    Fig. 6 - Relazione tra tensione del tricipite surale e postura: da notare i rapporti con l’equilibriodel bacino e la lordosi lombare. Da Scoppa, 1998 (28); mod. da Cailliet, 1968.

    Gastrocnemio

    Legamentolongitudinale

    anterioreSoleo

    Legamento a y

    Legamentopopliteo posteriore

    Centro di gravità

  • Tra gli autori che hanno descritto le catenemuscolari ricordiamo Deny-Struyf, Bour-diol, Busquet, Dudal (cfr. bibl. 1-5). Ladescrizione delle catene muscolari, cosìcome lo studio dell’organizzazione con-nettivale del nostro organismo, ci hannoaiutato a visualizzare delle relazioni sia bio-meccaniche che funzionali tra distretti cor-porei anche ben distanti tra loro: nume-rosi sono gli esempi descritti in lettera-tura come quello della Fig. 6.

    Il modello psicosomatico:dalla struttura caratteriale alla postura

    Come già abbiamo avuto modo di denun-ciare [Scoppa 1999 e 2000 (29,31)], lostudio degli aspetti psicoemotivi dellapostura non ha ancora avuto lo spazio chemerita, nonostante autorevoli Autori neabbiano sottolineato il ruolo fondamen-tale.Valga per tutti l’esempio offertoci daGagey, 2000 (6), che con autorevolezzaafferma: “…la postura è strettamentelegata alla vita emotiva fino ad essere l’e-spressione stessa per il mondo esterno,non solo attraverso la mimica facciale egestuale, ma anche attraverso la dispo-sizione corporea nel suo insieme”, per cui“…ridurre l’uomo a semplice gioco mec-canico è condannarsi a non comprenderenulla di colui che ha difficoltà a mantenersieretto…; di fronte al malato posturale ènecessario dunque… apprezzare la dimen-sione della ferita narcisista e valutarne leripercussioni a livello emotivo”.Non c’è dubbio che la sola lettura in chiaveneurofisiologica e biomeccanica non puòdare in alcun caso una visione completadel complesso fenomeno posturale.Accanto a questi modelli interpretativi ènecessario affiancane un altro che, par-tendo dalle conoscenze neurofisiologichee psicofisiologiche, utilizzi gli strumenti pro-pri della clinica psicosomatica.Quanto sarebbe riduttivo se il posturologoconsiderasse la postura eretta come il

    mero assemblaggio di informazioni pro-venienti dagli esterocettori e dai proprio-cettori, integrate per produrre le reazioninecessarie ad un equilibrio stabile del-l’ambiente: “la postura eretta significamolto di più” [Gagey e Gentaz 1996 (7)].La postura ortostatica è il risultato dellafilogenesi e dell’evoluzione della specieumana, che ha consentito la libertà degliarti superiori per le attività manipolativedi esplorazione e di controllo dell’ambiente.Nell’ottica del posturologo, impegnato nel-l’esame e nella cura dei disordini postu-rali, ancor più importante sono gli aspettiontogenetici, in cui il soggetto, a comin-ciare dalla vita intrauterina e per tutta l’etàevolutiva, costruisce il proprio Io attraversouna propria struttura caratteriale e cor-porea.Lo sviluppo della personalità procede dipari passo con lo sviluppo della strutturacorporea, cosicché la postura abitual-mente assunta rispecchia fedelmentei tratti caratteriali preminenti della per-sona.“Ogni verità passa attraverso tre stadi:prima è ridicolarizzata, poi violentementeostacolata e infine è accettata come asso-lutamente evidente” (Schopenhauer).Quando a partire dagli anni ’20 Reich,medico psicoanalista allievo di Freud,postulò e verificò pionieristicamente l’i-dentità funzionale tra processi psichicie processi somatici mettendo in rela-zione la struttura corporea con lastruttura caratteriale della persona,la reazione della Società Internazionale diPsicoanalisi e della comunità scientifica fudi grande ostracismo.A tutt’oggi nessuno ha mai saputo ben for-mulare in che cosa Reich avesse torto oquali fossero le sue colpe, ma sta di fattoche il suo nome rimase impronunciabilein campo medico, psichiatrico e psicoa-nalitico per oltre mezzo secolo.Reich pagò la sua lungimiranza e il suocoraggio con l’accusa di pazzia: fucostretto a dimettersi dalla società di psi-coanalisi, dopo essere stato chiamato a

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  • farne parte per condurre il Seminario ditecnica psicoanalitica dallo stesso Freud;i suoi libri andarono al rogo; finì in carcereper oltraggio alla corte negli Stati Uniti,dove morì.Oggi nessuno osa mettere in discussionei principi di identità funzionale tra psichee soma per i quali Reich subì tanto acca-nimento, anche perché la relazione trapostura e personalità è ormai suppor-tata da numerose ricerche scientificheportate avanti da studiosi provenienti dascuole diverse [Koren e Rosenvinkel 1992(11); Rossberg-Gempton e Poole 1992(21); Schouwstra e Hoogstraten 1995(26); Dekel et al 1996 (3); Ruggeri et al1998 (23)]. Anche in caso di scoliosi idio-patica è possibile stabilire questo tipo direlazione, in quanto nel periodo evolutivoalcuni meccanismi psicofisiopatologici pos-sono essere in grado di perturbare l’e-quilibrio rachideo e innescare il processodismorfico [Scoppa 1998 (28)]. Un simileapproccio allo studio della scoliosi, psico-fisiologico oltrechè biomeccanico, è soste-nuto anche da contributi sperimentali [Rug-gieri et al 1998 (22)].Con il filone post–reichiano e in partico-lare con l’Analisi Bioenergetica di Lowenè stato possibile definire una serie diatteggiamenti posturali legati a deter-minati tratti caratteriali ed emotivi delsoggetto [cfr. Lowen (12-16)].Seguendo questo approccio bioenerge-tico, abbiamo già avuto modo di presen-tare altrove alcune delle relazioni più evi-denti tra struttura caratteriale e postura[Scoppa 1999 (29,30); 2000 (32)].Tale approccio consente di individuare cin-que strutture caratteriali fondamen-tali, ognuna delle quali correlata ad uncerto periodo evolutivo ed alla frustrazionedi uno specifico bisogno nel bambino: inAnalisi Bioenergetica queste cinque strut-ture sono denominate schizoide, orale,masochista, psicopatica, rigida. Il trattocaratteriale narcisista può interessare tra-sversalmente ognuna di queste strutture.Ciascuna di queste cinque strutture

    caratteriali presenta una specificastruttura corporea e muscolare, untipico livello energetico nel corpo, unaserie di vissuti emotivi preminenti eatteggiamenti relazionali caratteristici.Un attento esame posturale integrato adun’analisi psicologica può facilmente met-tere in evidenza tali relazioni, anche se ènecessario tenere sempre a mente l’uni-cità e la complessità del singolo individuo,in cui possono coesistere e combinarsitra loro più tratti caratteriali: ad esempioil tratto orale può essere presente insiemea quello rigido.Per cercare di capire questa complessitàgiova tenere a mente il ruolo delle tensionimuscolari, che a livello psicofisiologico sonoil principale strumento difensivo dell’Ioespresso a livello corporeo. Queste ten-sioni muscolari possono avere un vero eproprio significato morfogenetico e dimodellamento dell’atteggiamento postu-rale nel suo insieme.Descritto anche in ambito ortopedicocome “stato miotensivo psicogeno”, lostato di tensione muscolare cronica rap-presenta il processo forse più evidentecon cui l’Io esprime i propri vissuti emotivinel corpo. È ciò che Reich chiamò “arma-tura muscolare”, intesa come l’equivalentesomatico dell’armatura caratteriale, ovverodi quell’insieme di atteggiamenti psichici ecomportamentali caratteristici dell’indivi-duo.Per tentare di rappresentare la fonda-mentale integrità ed unità psicosomaticadi ogni singolo individuo, l’aspetto psico-neuroendocrino non può non essere men-zionato accanto a quello muscolo-tensivoe posturale (Fig. 7): i fattori psiconeu-roendocrini rappresentano l’anello di con-giunzione psico-biologica, il sistema dimediazione e di modulazione tra fattori psi-chici ed emotivi da un lato e fattori orga-nici e biologici dall’altro [Pancheri 1979 e1984 (17,18)].In definitiva, in virtù di questo complessogioco di tensioni muscolari croniche e dimodificazioni psiconeuroendocrine, gli

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  • aspetti psico-emotivi si esprimono nellapostura del soggetto condizionando nelsuo insieme il sistema posturale: i fat-tori psico-emotivi sono un po’ il comunedenominatore che sottende l’atteggiamentoposturale del soggetto nel suo insieme, ecome tale abbiamo cercato di rappresen-tarlo nel nostro schema (vedi Fig. 2).

    Conclusione

    Il sistema tonico posturale, grazie a com-plessi meccanismi a feed-back e a feed-forward, è un sistema cibernetico auto-regolato e autoadattato; esso può squili-brarsi con estrema facilità per cause sva-riate, innescando una serie di compensie di adattamenti anche a distanza, maentro certi limiti può correggersi da solo.Una postura funzionale non comporta doloried è essenzialmente caratterizzata da:• Normotono: assenza di tensioni musco-

    lari anomale, asimmetriche, disfunzio-nali.

    • Equilibrio delle catene cinetiche: armo-nia e simmetria nel rapporto tensione-lunghezza muscolo-fasciale e nell’equili-brio articolare.

    A livello della statica, sono conservati i rap-porti armonici ed equilibrati tra i vari seg-menti scheletrici nei tre piani dello spazio.Una postura disfunzionale è tendenzial-mente algica ed è fondamentalmentecaratterizzata da:• Distonia: cronico stato di tensione

    muscolare anomalo e/o asimmetrico.• Disequilibrio delle catene cinetiche:

    ipo/iperprogrammazione di catenemuscolari sinergiche e antagoniste;disarmonia e/o dissimetria nel rapportotensione-lunghezza muscolo-fasciale enell’equilibrio articolare.

    A livello della statica, la relazione spazialetra i vari segmenti scheletrici è alterata,con perdita dell’armonia e dell’equilibrionei tre piani dello spazio.In conclusione, un fenomeno estrema-mente complesso come quello posturalenecessita a nostro avviso di almeno tremodelli interpretativi: neurofisiologico, bio-meccanico, psicosomatico. “Studiare lapostura significa osservarla, la posturo-logia è una scienza di osservazione” (Cesa-rani) [in Gagey e Weber 2000 (6)]: averea disposizione tre diverse chiavi di lettura,e quindi tre angolature diverse per osser-vare la postura, può offrire maggiori garan-

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    Fig. 7 - L’aspetto posturale e gestuale, l’aspetto muscolo-tensivo e quello psico-neuro-endocrinoesprimono nel loro insieme l’integrità e l’unità psicosomatica di ogni singolo individuo.

    Aspetto posturalee gestuale

    Aspetto muscolo-tensivo

    Aspetto psico-neuro-endocrino

  • zie di rispettare la fondamentale globalitàe integrità dell’individuo.

    Bibliografia

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    13

  • 14

    IL TRATTAMENTO DELLAMALATTIA DI MENIÈREMEDIANTE GENTAMICINA TOPICAPATRIZIA GIOFFRÉ, CARMINE PERNICEClinica ORL – Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

    La Malattia di Menière è una patologia del-l’orecchio interno caratterizzata da verti-gini ricorrenti, ipoacusia fluttuante, sen-sazione di “fullness” auricolare ed acufeni.Il trattamento prevede in genere una tera-pia medica mirata sui presunti meccani-smi eziopatogenetici (come ad esempio labetaistina, i cortisonici, le benzodiazepinee i farmaci diuretici), una terapia sinto-matica nella fasi acute ed eventuali normepreventive nei periodi intercritici (dieta ipo-sodica, astensione dal tabagismo e dal-l’assunzione di bevande alcoliche, elimi-nazione delle cause di stress).La terapia medica si è rivelata efficace inuna percentuale variabile (70-95% aseconda degli A.A.), ma comunque rag-guardevole, di pazienti.Per i soggetti resistenti al trattamentomedico, che presentano crisi vertiginosefrequenti e sintomi invalidanti, è stata pro-posta una terapia chirurgica più o menoinvasiva (sacculotomia e decompressionedel sacco endolinfatico, labirintectomia,vestibulectomia, neutectomia vestibolare).L’azione ototossica degli aminoglicosidiciha offerto una valida alternativa a questitrattamenti chirurgici. Già nel 1948 Fow-ler sperimentava l’uso della streptomicinasistemica in pazienti menierici e ancoraoggi le forme bilaterali vengono trattatecon somministrazioni frazionate del far-maco, che vengono interrotte all’insorgenzadei segni clinici e strumentali di deteriora-mento della funzione cocleo-vestiblare (1,9).Nel 1957, attraverso un catetere tran-stimpanico, Schuknecht perfondeva nel-l’orecchio medio una soluzione a base distreptomicina ottenendo un completo con-

    trollo delle vertigini, spesso però associatoad una perdita uditiva monolaterale com-pleta (15).Successivamente, la necessità di un trat-tamento ideale, efficace nel controllo dellevertigini e in grado di preservare o man-tenere i livelli d’udito preesistenti, ha creatointeresse sempre maggiore attorno all’u-tilizzo topico di gentamicina, relativamentepiù vestibulotossica che ototossica (2).L’instillazione intratimpanica di gentami-cina nelle forme invalidanti e monolateralidi Malattia di Menière viene descritta nel1978 da Beck e Schmidt, che riportavanoun efficace controllo dei sintomi mediantela completa ablazione della funzione vesti-bolare (3,10).Nei due decenni successivi, Lange (16) ,Magnusson (13), Tran Ba Huy (17), Pen-der (11), Odkvist (14), Murofushi (5)e altriautorevoli A.A., hanno proposto protocollidi trattamento diversi per dosaggio, tempie vie di somministazione.

    Meccanismo d’azione

    Sono state descritte numerose vie di tra-sporto della gentamicina dall’orecchio medioa quello interno (5): attraverso la mem-brana della finestra rotonda, attraverso illigamento anulare della finestra ovale, attra-verso la via ematica o linfatica e perfinoattraverso piccole lacune nelle struttureossee. Il trasporto per la via della mem-brana rotonda allo spazio perilinfaticosembra essere l’ipotesi più probabile.La membrana della finestra rotonda è unasottile membrana a tre strati, attraverso

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    la quale numerose sostanze vengono tra-sportate nello spazio perilinfatico; da quila gentamicina giungerebbe agli spazi endo-linfatici per entrare nelle hair cells attra-verso la loro superficie apicale immersanell’endolinfa.Non è comunque esclusa la possibilità diun contatto con le hair cells anche attra-verso il fluido presente nel tunnel del Corti.La concentrazione della gentamicina nellecellule ciliate esterne continua ad aumen-tare nei giorni successivi alla fine del trat-tamento e la sua clearance dalle celluledell’orecchio interno è molto lenta.Pender (11) ha descritto un’azione dellagentamicina sulle dark cells prima che sulneuroepitelio. Questo comporterebbe uncontrollo dell’idrope endolinfatica medianteuna ridotta produzione di endolinfa e giu-stificherebbe quei casi in cui si apprezzaun miglioramento dei sintomi cocleari.Schacht (12) ha invece ipotizzato un’azioneototossica bifasica. Inizialmente si verifi-cherebbe un effetto transitorio e reversi-bile mediante il blocco dei canali del cal-cio e, in un secondo tempo, una distru-zione irreversibile delle hair cells.A livello molecolare, è stato dimostratoinfine un danno mitocondriale da ecces-siva produzione di superossido. La mortecellulare da mutazione genetica mitocon-driale ovviamente non è immediata. Que-sta osservazione, accanto a quella di unalenta clearance, spiegherebbe la comparsadei sintomi da deafferentazione vestibo-lare nei giorni successivi alla sospensionedella terapia.

    Criteri di inclusione

    I pazienti candidati a questo trattamentodevono possedere dei requisiti essenziali (7):• Malattia di Ménière monolaterale;• la sindrome, non responsiva ai tratta-

    menti medici convenzionali, deve esserepresente almeno da sei mesi;

    • gli episodi vertiginosi devono essere fre-quenti e invalidanti, tanto da interferire

    con la qualità della vita e con l’attivitàlavorativa;

    • buona performance dell’orecchio sanoai tests cocleo-vestibolari;

    • la membrana timpanica deve essereintegra in assenza di patologie flogisti-che attive a carico dell’orecchio medio;

    • assenza di allergia agli aminoglicosidici;• normale funzione renale.

    L’età avanzata non costituisce una con-troindicazione assoluta per quanto, neipazienti anziani, le indicazioni siano ovvia-mente limitate.Sono considerate controindicazioni il calodel visus, l’atassia e tutte quelle condizioniche potrebbero essere associate ad unelevato rischio di compenso inadeguato.La principale controindicazione è che l’o-recchio affetto sia l’unico orecchio udente.

    Monitoraggio

    Prima di iniziare il trattamento, i pazientidevono essere sottoposti ad una serie diindagini preliminari. L’esame clinico-stu-mentale completo prevede un’anamnesiaccurata, un’indagine audiometrica com-prensiva di audiometra tonale con calcolodella PTA, studio del riflesso stapediale,audiometria vocale, un esame vestibolarecon prove caloriche e studio ENG, uno stu-dio per imaging preferibilmente medianteRisonanza Magnetica (4).La terapia viene eseguita in regime di DayHospital, poiché l’assenza di quelle com-plicanze che sovente accompagnano i trat-tamenti chirurgici consente di evitare l’o-spedalizzazione.Si esegue un controllo audiometrico dopoil primo trattamento, se il paziente lamen-ta un calo uditivo al termine dell’applica-zione (3).In quasi tutti i protocolli, un esame audio-metrico viene eseguito al termine dellaprima settimana di terapia e ripetuto primadi ulteriori somministrazioni di gentami-cina, qualora l’assenza di segni di deaffe-

  • rentazione labirintica le rendesse neces-sarie (2).La risposta alla terapia viene monitoratautilizzando i criteri stabiliti per la valutazionedella terapia per la Malattia di Ménière dal-l’American Academy of Otolariygology-Headand Neck Surgery (1985) (7).I pazienti vengono quindi rivalutati a 1, 3,6, 9, 12, 18 e 24 mesi post-trattamento. Ad ogni visita il paziente riferisce la pro-pria risposta al trattamento descrivendoil numero e l’intensità degli episodi verti-ginosi, l’instabilità, gli acufeni e la sensa-zione di “fullness” auricolare, con l’aiuto discale numeriche di quantificazione.Viene inoltre ripetuto un esame otoneu-rologico comprensivo di audiometriatonale, di audiometria vocale e di provecaloriche. I risultati vengono calcolati sulconfronto con i dati raccolti durante leindagini pre-trattamento.

    Proposte di protocolli (Tabella 1)

    Probabilmente, uno degli aspetti più fru-stranti di questa terapia è l’enorme varia-bilità individuale nella risposta alla dose difarmaco somministrata (2).I pazienti più sensibili sviluppano effetti labi-rintici dopo la prima o le prime due appli-cazioni, mentre altri soggetti necessitanodi numerose dosi prima di manifestareuna risposta iniziale.Magnusson e Padoan (13) descrivono uncontrollo delle vertigini dopo due sole dosidi gentamicina. Nedzelski (6,7) sommini-stra dodici dosi in una settimana per otte-nere una soppressione della funzione vesti-bolare.L’origine di tale variabilità non è nota. Si èipotizzato un differente grado di diffusionedella gentamicina attraverso la membranadella finestra rotonda ed il ligamento sta-pediovestibolare, per variazioni nello spes-sore o per alterazioni della mucosa.Oppure potrebbe trattarsi di una differentesensibilità dei tessuti dell’orecchio internoagli effetti del farmaco o ancora di una dif-

    ferente distribuzione di questo all’internodei liquidi labirintici.Risulta quindi impossibile proporre unsingolo protocollo ottimale per tutti ipazienti.La terapia deve essere individuale per ognipaziente, tenendo presente che i rischi diuna perdita uditiva sono proporzionali alladurata della terapia e che sospendere lesomministrazioni solo all’insorgere dei sin-tomi da deafferentazione vestibolarepotrebbe compromettere la funzione udi-tiva.I pazienti devono essere informati pre-ventivamente che il trattamento potrebbepeggiorare la funzione cocleare nell’orec-chio trattato, che potrebbe svilupparsi unquadro di insufficienza vestibolare da deaf-ferentazione acuta nelle prime settimanepost-trattamento (frequentemente atas-sia o disequilibrio si sono manifestati trail 2° e il 14° giorno) (4), che le crisi verti-ginose potrebbero infine continuare e chequindi potrebbe rendersi necessario untrattamento chirurgico più invasivo.Le vie d’accesso prevedono il posiziona-mento di un T-tube attraverso una mirin-gotomia oppure di un catetere di piccolodiametro, la via retrograda attraverso latuba di Eustachio o l’utilizzo di un ago sot-tile (tipo spinale pediatrica) direttamenteattraverso la membrana timpanica (Fig. 1).

    Risultati

    Dalla revisione della letteratura, emergeche la gentamicina transtimpanica ad altedosi determina l’ablazione della funzionelabirintica (labirintectomia chimica) con unrischio elevato di danno cocleare. Bassedosi di gentamicina provocano invece unariduzione della reflettività labirintica pre-servando la funzione cocleare.Oggi gli A.A. sono pressoché concordisull’opportunità di somministrare il far-maco in dosi ridotte e distanziate neltempo in considerazione di possibili effettiototossici anche dopo la sospensione del

    16

  • 17

    ODKVIST (14):– preparazione di una soluzione composta da 40 mg/ml di gentamicina e bicarbonato– iniezione nell’orecchio medio di circa 1 ml di tale soluzione– somministrazioni quotidiane (da 3 a 11) fino alla comparsa dei sintomi da deafferentazione

    MAGNUSSON E PADOAN (13):– preparazione di una soluzione di 30mg/ml di gentamicina solfato in soluzione salina– somministrazione di tale soluzione due volte al giorno (dose totale tra i 30 mg e i 50 mg)– il paziente supino ruota sul fianco mantenendo l’orecchio trattato verso l’alto per circa 30 minuti

    NEDZLESKI (6):– preparazione di una soluzione composta da 40 mg/ml di gentamicina e sodio bicarbonato a pH 6.4 fino a rag-

    giungere una concentrazione finale di 26.7 mg/ml– miringotomia e posizionamento di catetere transtimpanico– 3 somministrazioni al giorno di 1 ml della soluzione – il paziente supino ruota il capo di 45° con l’orecchio trattato verso l’alto per circa 30 minuti– il trattamento termina quando compare nistagmo, quando compare instabilità, quando compare deteriora-

    mento uditivo oppure dopo la somministrazione di 12 dosi

    MUROFUSHI (5):– preparazione di una soluzione composta da 1.5 ml di gentamicina (60 mg), 0.2 ml di acqua sterile, 0.3 ml di

    sodio bicarbonato (8.4 %). La concentrazione della gentamicina nella soluzione è di 30 mg/ml. – anestesia della membrana timpanica con fenolo e iniezione mediante ago da spinale 22G attraverso la mem-

    brana timpanica di circa 1 ml di soluzione– il paziente resta supino con l’orecchio trattato verso l’alto per circa 1 ora– il paziente riceve da due a cinque iniezioni (una al giorno per cinque giorni consecutivi) – il trattamento viene sospeso alla comparsa di nistagmo, instabilità, deterioramento uditivo

    RAUCH (2):– preparazione di una soluzione composta da 40 mg/ml di gentamicina solfato – anestesia della membrana timpanica con fenolo in due siti, anteroinferiore e posteroinferiore– viene praticato con ago da spinale 27G un “foro di ventilazione” nel quadrante anteroinferiore, al fine di lasciar

    fuoriuscire l’aria durante l’instillazione del farmaco– iniezione della soluzione preparata attraverso il quadrante posteriore, fino a quando questa non fuoriesce dalla

    cassa timpanica attraverso la tuba di Eustachio, utilizzando lo stesso ago da spinale 27G– il paziente rimane supino con il capo ruotato di 30° verso l’orecchio sano per circa 1 ora– il trattamento prevede un massimo di quattro iniezioni nella prima settimana

    HIRSCH (3):– preparazione di una soluzione composta da 40 mg/ml di gentamicina e 0.5 ml di sodio bicarbonato a pH 6.4

    fino a raggiungere una concentrazione di gentamicina di 30 mg/ml– anestesia della membrana timpanica con fenolo – somministrazione con ago da spinale di 0.3-0.5 ml della soluzione – il paziente è supino con il capo ruotato di 30° verso l’orecchio sano e dopo l’iniezione rimane con il capo ruo-

    tato di 45° per circa 20 minuti senza deglutire– il trattamento termina quando compare il controllo della sintomatologia vertiginosa, quando compare instabi-

    lità, quando compare deterioramento uditivo

    HARNER (4):– preparazione di una soluzione composta da 2 ml (80 mg/ml) di gentamicina solfato e 1 ml di bicarbonato di

    sodio– anestesia della membrana timpanica con fenolo– somministrazione con ago da spinale 25G di 0.75-1 ml della soluzione che viene iniettata nel quadrante postero-

    inferiore della membrana timpanica – il paziente rimane supino con l’orecchio trattato rivolto verso l’alto per circa 45 minuti – il trattamento prevede una sola somministrazione, un follow-up di circa un mese e ripetizione del trattamento

    in caso di persistenza dei sintomi

    Tab. 1 - Proposte di protocollo per il trattamento della Malattia di Menière mediante genta-micina topica: revisione della letteratura

  • trattamento (13) e di un buon controllosui sintomi anche in assenza di una com-pleta areflessia labirintica (3-4).I pazienti trattati possono infatti divenireasintomatici, pur presentando una rispo-sta residua alle prove caloriche. Questoprobabilmente perché la registrazione dellastimolazione calorica riflette l’attività delcanale semicircolare orizzontale, mentregli effetti tossici della gentamicina suglialtri canali semicircolari, sul sacculo e sul-l’utricolo non vengono misurati.L’ablazione della funzione vestibolare nonviene quindi ritenuta, allo stato attuale,elemento indispensabile per il successoterapeutico (8).Tale successo viene riportato in percen-tuali assai variabili a seconda degli A.A.

    (73%-100%), così come variabili sono lepercentuali relative alla perdita uditiva (0%-51%) (Tab. 2) (8).Nell’eventualità di un fallimento terapeu-tico, i pazienti saranno candidati a terapiachirurgica ablativa del tipo labirintectomiao neurectomia vestibolare.

    Conclusioni

    La somministrazione transtimpanica digentamicina nelle forme monolaterali diMalattia di Ménière resistenti alle terapiefarmacologiche è stata proposta da nume-rosi ed autorevoli A.A. con differenti moda-lità di rilascio, a dosi e concentrazionidiverse e con diverse finalità (6). Si è dimostrata una tecnica di facile ese-cuzione, minimamente invasiva, ben tol-lerata, in grado di offrire una elevata per-centuale di successi con rischi minimi e ilvantaggio di rivolgersi a pazienti ambula-toriali senza necessità di ricovero (2).In tutti quei casi ove siano presenti le cor-rette indicazioni, può essere quindi consi-derata, a nostro avviso, il trattamento d’e-lezione.

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    18

    Fig. 1 - Somministrazione della soluzione digentamicina, direttamente attraverso la mem-brana timpanica, con ago da spinale pedia-trica.

    AUTORE REMISSIONE DELLE VERTIGINI PEGGIORAMENTO UDITIVO

    Rauch 95% 24%Hirch e Kramer 91% 31/38%Murofushi 78% 30%Nedzelski 89.7% 25%Blakley 90/100% 30%

    Tab. 2 - Percentuali di successo terapeutico e peggioramento uditivo con gentamicina topica:revisione della letteratura

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  • Parte Seconda

    Vertigini

    La medicina antica ha dato molta impor-tanza al fenomeno delle vertigini, in quantoesse sono legate a diversi disturbi anchemolto gravi, o provocate da eccessi nelmangiare, nel bere o nel movimento, comeil ballo sfrenato o il girare vorticoso.La parola italiana “vertigine” è una vocedotta, nata cioè non a livello popolare, mamessa in giro ad opera di medici o di ricer-catori. La nascita è databile tra il primianni del secolo XIV e gli ultimi del secoloprecedente ed è spesso usata al plurale,come se l’attacco di questo disturbovenisse a ondate ripetute. Deriva dal verbolatino vertere, girare, volgere e si con-cretizza nella locuzione vertigo capitis, népiù né meno che “giramento di testa”. Tut-tavia la vertigine passa ad indicare qual-

    cosa di più che un giramento di testa pas-seggero, denota un turbamento vero eproprio della percezione spaziale, con lasensazione di uno spostamento continuodell’ambiente circostante, con possibileperdita dell’equilibrio, smarrimento, cadutae perdita dei sensi.Tra le cause naturali più semplici, laScuola salernitana descrive quattromalattie prodotte dalla ventosità:

    Morbi ex ventositateQuattuor ex vento veniunt in ventreretento: spasmus, hydrops, colica, ver-tigo: quatuor ista.

    [Malattie prodotte dalla ventositàDalla ventosità trattenuta nel ventre deri-vano questi quattro disturbi: lo spasmo,l’idropisia, la colica e le vertigini].

    Da qui si ha l’indicazione che una dellecause principali della vertigine era indivi-

    20

    INTERPRETAZIONE DELLEMANIFESTAZIONI DI DISTURBI AUDITIVIE DELL’EQUILIBRIO NELLA MEDICINAANTICA E NELLA TRADIZIONE POPOLARECARLO LAPUCCI, ANNA MARIA ANTONI

    Introduzione

    La dotta ed affascinante trattazione sull’interpretazione degli acufeni nei secoli comparsa sulprecedente numero della Rivista ha riscosso un notevole successo.Carlo Lapucci e Anna Maria Antoni, profondi conoscitori delle tradizioni popolari, ci consen-tono ora un nuovo viaggio nel tempo, alla scoperta dell’ interpretazione fornita nei secoli pas-sati sulle vertigini e sui fenomeni ad esse correlate.Ancora una volta si tratta di un viaggio che non potrà che fornire motivi di riflessione e spuntidi studio per ogni otoneurologo..

    Giorgio Guidetti

  • 21

    duata dalla medicina antica nelle altera-zioni della digestione.Qualcosa di più ci possono dire i vari rimediche la Scuola indica per questo genere didisturbo. La prima cosa che si può notareè che non ci fosse un’idea precisa né diquello che fosse la malattia né di comepotesse essere curata. Essi curavano inrealtà più i sintomi che la malattia vera epropria. I rimedi previsti sono i più diversie sono segnalati per molti altri tipi didisturbo, a quanto appare senza un pre-ciso collegamento fra di loro. Si consiglia

    ad esempio la pillola di castore, l’euperi-sto teodorito, il menfito yerologodion, ilteodorico anacardino e naturalmente latiriaca, che era un medicamento univer-sale (Fig. 1). Del resto anche tutti gli altrisono medicamenti generici volti a guariremolti mali.La medicina dei secoli seguenti non pro-gredisce molto nell’analisi di questo feno-meno: viene introdotto il vapore, il fumogrosso, che vorrebbe spiegare il collega-mento tra gli organi della digestione e ildisturbo delle vertigini nella testa.

    Fig. 1 - Uomo che pesta medicamenti: dal manoscritto greco del IX secolo “Nichandra Theriacaet Alexi Pharmaca”. Oltre 70 erbe medicamentose componevano la tiriaca, panacea universaleper ogni tipo di male, incluse le alterazioni della digestione, ancora ritenute dalla Scuola saler-nitana come una delle principali cause di “vertigini”.

  • Anticamente si pensava che i fumi o vaporisi liberassero dagli organi affetti da malat-tie e si disperdessero nell’organismo arri-vando fino alla testa, procurando un sensodi vuoto, di sbandamento, di vertigine, ron-zii alle orecchie.Spesso queste affezioni della testa veni-vano curate con il salasso (Fig. 2), cheprevedeva una serie di attenzioni nellascelta del momento sia stagionale sia dellacondizione dell’organismo malato.Non si fa comunque molta strada e le ideecontinuano ad essere vaghe. Scrive il DalBosco (1):

    “La vertigine è una balordagine o gira-mento di testa, alle volte con oscurità, ocecità nelli occhi, per il più con conturba-tione del stomaco, che se l’huomo nons’appoggiasse, o sedesse parendoli, che

    tutti gli oggetti girino in circolo, caderebbein terra.Suol nascer da vapori, o fumi grossi ele-vati dalla bocca del stomaco, dal fegato,dalla milza, o altre parti, che andando allatesta offendono li spiriti, li necessitano almoto in giro, onde poi si fa tal cecità evertigine.Nasce anco da inedia, o debolezza di sto-maco, e si vede in molti, che per man-canza di cibo sopravviene tal morbo.È cagionato al contrario da troppo cibo,come si osserva nelli ubriachi.Di più procede da testa debole, come sivede in alcuni, che per minima occasionesono soggetti a questi mali”.

    Nella medicina popolare i capogiri, gli sve-nimenti e le vertigini, insieme ad altridisturbi di vario genere venivano attribuiti

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    Fig. 2 - Il salasso era ritenuto un rimedio utile per curare i capogiri e la pesantezza di testa.

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    Fig. 3 - Nella medicina popolare, uno stessorimedio era considerato utile per varie malat-tie. Ad esempio, la cicuta detta anche “Dul-camara cicuta” (Conium maculatum), eraimpiegata, per le sue proprietà calmanti,contro nevralgie, tetano, epilessia, tossecanina, corea (o “ballo di S. Vito”), asma,tossi convulsive.

    all’acidità di stomaco. Il Pitrè (2) afferma: “L’acidità dello stomaco è una delle malat-tie più comuni e non v’è persona che nonse ne dichiari vittima. Ad essa s’attribui-scono molte sofferenze che non si sannoaltrimenti spiegare; e quando mancano icaratteri fisici della vera acidità, siammette un acitu occultu. E così si hapace. Quest’acido occulto è un male bir-bone che ne fa di tutti i colori: capogiri,vertigini, svenimenti, convulsioni d’ognigenere, dolori di stomaco, dolori intesti-nali, e cento altre cose”.

    Il dotto siciliano elenca poi diversi rimedi(Fig. 3): dal semplice bicarbonato di sodio,al purgante, al finocchio dolce, alle casta-gne crude o le fave crude. Ricorda che a

    Palermo usava bere acqua bollita infusaviuna o più foglie d’alloro. In pratica non sitrascurava nulla se a Sant’Agata di Mili-tello era consigliato perfino un bicchiered’acqua che fosse più fresca possibile.Una misteriosa “acqua di vite oleosa”, indi-cata anche da Sant’Ildegarda (Fig. 4) (3),viene consigliata per le otiti e i disturbidelle orecchie in generale. Quest’acquapare che si ricavasse dai tralci recisi dellavite a primavera, quando viene fatta lapotatura. Raccolta in vasi veniva mesco-lata all’olio d’oliva, o altri tipi di sostanzeoleose. Con questo preparato si strofina-vano le orecchie ai malati.

    Fig. 4 - L’Uomo-Cosmo di Santa Ildegarda daBingen (1100-1179): microcosmo a imma-gine e somiglianza del macrocosmo. Se con-quista la consapevolezza di essere sostanzadell’armonia universale, l’uomo sviluppa capa-cità di autoguarigione, attingendo le energieda se stesso e da qualsiasi altra forma crea-ta, inclusi minerali e vegetali: le pietre e leerbe, che la “Santa dell’anno Mille” conside-rava meravigliosi strumenti di guarigione delcorpo e dello spirito.

  • Il Torre (4) riferisce che nella Ciociaria percurare i capogiri si ricorreva al salasso:“Se l’uomo o la donna salassati guarivanodai capogiri, si consigliava loro, nella pri-mavera di tutti gli anni successivi, di ricor-rere al salasso, anche se residuava solola cosiddetta pesantezza di testa. Se ilsalasso non risolveva nulla, il malato, o lamalata, dovevano rassegnarsi a soppor-tare il male”.

    Si ricorda che a questo punto non restavache raccomandarsi a un’altra autorità,che è quella di San Saturnino, santo cheguarisce le vertigini e il fischio nelle orec-chie e protegge da questi mali (5). È unsanto popolare, ricordato ufficialmentedalla Chiesa, la cui festa cadeva il 23dicembre. Venerato come martire, subì iltaglio della testa a Creta sotto la perse-cuzione di Decio, insieme ad altri compa-gni Euporio, Gelasio, Euniciano Zetico, Cleo-mene, Agatope, Basflide ed Evaristo.La cosa che stupisce è che col nome diSaturnino sono venerati nella cristianità28 santi, più un Saturniano e una Satur-nina (6). Stupisce ancor più che nell’at-tuale calendario ufficiale del santi, compi-lato da una recente riforma della Chiesa,nessuno di questi compaia (7) come pro-posto al culto ufficiale. Il gran numero disanti con nome uguale si spiega in modosemplice: laddove si trovava radicato nelletradizione pagana il culto dei dio Saturno,i cristiani proposero in alternativa la vene-razione di un santo dal nome simile: Satur-nino. Di conseguenza la nuova figura sacraassumeva anche le prerogative che spet-tavano alla divinità pagana, nel nostro casola protezione da quei mali dai quali pro-teggeva Saturno, e il patrocinio su quellecose che erano di pertinenza della divinità.Anche la Chiesa ha diffidato di tanta abbon-danza e ha relegato questi santi di dubbiaorigine ai culti locali.

    Sfogliando un manuale documentato diastrologia si riscontra come nel sistema

    dei collegamenti tra le parti del corpo e ipianeti, l’orecchio destro è collegato al pia-neta Giove e l’orecchio sinistro al pianetaSaturno (8,9).Ecco dunque come approda San Satur-nino a proteggere dalle emicranie, dallevertigini e dai fischi nelle orecchie, eredi-tando tale prerogativa direttamente daldio Saturno. Dei vari santi che portanotale nome, difficile è scegliere quale sia ilprotettore di questi mali, anche perchéforse quasi tutti furono invocati a questofine. Alcuni sostengono che non si trattidel più celebre, quello che fu vescovo diTolosa, ma di quello che è patrono diCagliari, morto per decapitazione, che sifesteggia il 29 novembre. Ma le variefigure si confondo spesso una con l’altrae non è il caso di indagare oltre.

    Alterazioni temporanee

    Sibili e ronzii alle orecchie, senso di verti-gine e vuoto alla testa che si manifestacome perdita di memoria, incapacità dicoordinare le idee e a volte difficoltà d’e-spressione, si ricollegano ad alterazionitemporanee dello stato fisico e psichicod’una persona che ha ecceduto nel bereo ha subito uno spavento, quando nonsiano sintomi premonitori di più gravi alte-razioni.Con l’alcol entriamo in un campo parti-colare della ricerca intenzionale – a fineludico o di gratificazione – di stordimento,smarrimento, addirittura di perdita d’e-quilibrio, di coscienza e addirittura di per-cezione della realtà (Fig. 5). Fin da piccolisi sperimentano gli scoppi improvvisi, ilgiro vorticoso sulla persona con la finalecaduta sull’erba di un prato. In seguitoaltri giochi, vari tipi di giostre, droghe,tendono a provocare vertigini e altre sen-sazioni collegate ai fenomeni che c’inte-ressano. L’uomo cerca la paura, come ilpericolo, il perturbante come diversivoalla monotonia del normale. Oggi la

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    musica assordante delle discoteche ealtre forme di divertimento, anche di tipovirtuale, possono provocare alterazioniauditive e perdita della coscienza. Questepratiche, che si pongono su tale linea diricerca dello strano, dell’inconsueto, noncompaiono nel mondo tradizionale, oppurevi compaiono in forme diverse, chevedremo più avanti, nella danza sacra enegli unguenti allucinogeni preparati conle erbe.

    Ubriachezza

    Molta attenzione viene posta dalla medi-cina tradizionale agli effetti nocivi del beree ai possibili rimedi. I cosiddetti fumi del-l’alcol provocano nell’organismo giramentidi testa, ronzii, senso di vuoto, difficoltànel parlare e nell’agire e, quando l’ubria-

    chezza raggiunge uno stato avanzato, l’u-briaco, incapace di muoversi, è costrettoa distendersi e cade in un torpore pesantein cui delira e farfuglia, finché soprag-giunge un sonno profondo da cui si risve-glia intorpidito, privo di memoria vicina,con giramenti di testa, malessere e unaforte sete.La medicina antica vedeva nell’uso smo-dato dell’alcol la causa delle più svariatemalattie. In certi casi il rapporto stabilitoè ancora condivisibile, in certi altri invecelascia perplessi. Baldassar Pisanelli (10)scriveva a questo proposito:

    “Effetti del vino bevuto fuori di modo– Quando la quantità del vino, che si beve,non può esser retta, né moderata dalcalor naturale, non solo egli non scalda,ma genera effetti, e infirmità frigide: per-ciocché suffocando il calor naturale,

    Fig. 5 - I bevitori: l’alcol è uno dei mezzi con cui l’uomo cerca intenzionalmente uno stato di alte-razione temporanea della coscienza. La medicina antica individuava nell’uso smodato di alcol lacausa delle più svariate malattie.

  • nuoce assai al cervello, e a tutti i nervi:e quindi nasce l’Apoplesia, la Paralisia, ilLetargo, il mal caduco, lo spasmo, e iltremore.Quanto poi appartiene all’animo il vino fagli huomini loquaci, ingiuriosi, fuorzennati,stupidi, homicidiarij, lussuriosi, egli cor-rompe la mente, risolve l’animo, edistrugge le potenze animali e naturali: ese l’ebbriachezza si frequenta, apportamolte lesioni al corpo humano. […] equando l’uomo è ubbriaco, è come unanave che sta in mezzo a il mare senzagoverno”.

    Il mondo popolare conosce bene tutto ildecorso del fenomeno, avendolo avutocostantemente sotto gli occhi. Perciò neha individuato le fasi, distinto le forme,elencato le particolarità. La forma piùgrave è quella che si dice la briaca da oliosanto: ubriachezza che può portare allatomba, tanto che bisogna chiamare il preteper l’Estrema Unzione.Prima di arrivare a questo estremo però,le fasi sono diverse e molti si ubriacano

    fermandosi al punto nel quale possonotornare dall’osteria a casa con le propriegambe. A Roma questo tipo d’ubriaco eradetto argutamente stimatore. Quando gliubriaconi tornavano alticci nel vago eimpreciso itinerario verso la dimora, nelrendere alla terra il di più che avevanobevuto, si appoggiavano ai muri delle case,quasi a verificarne la stabilità, con suonidi singulti che venivano interpretati come:“Più, più, più...”. Si diceva che stimasseroil valore del casamento che era semprepiù del valore della casa precedente, ecosì via.Molte strofette definiscono la briaca.

    La briacaLa briaca è di cinque tipi:chiacchierina,trampellina,fanfarona,da muro a muroe fermati là.

    Indica le varie fasi dall’allegria all’ubria-chezza completa: da prima gran vogliadi parlare, poi difficoltà a camminare,

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    Fig. 6 - Le suggestive credenze popolari sulle virtù terapeutiche del colore viola si basano sucorrispondenze di proprietà tra il colore della pietra, l’estremo dello spettro solare e il fioreche dà nome al colore.

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    quindi discorsi sconclusionati e fanfaro-nate, il passo successivo è la camminataincerta appoggiandosi a ogni muro einfine la caduta definitiva senza potersimuovere.

    La sbronza è di cinque sorte:brillatrillacottaspolpae fermati lì.

    Così viene definita ad Arezzo: allegra, stra-volta, torpida, senza coscienza né volontàe infine immobile.

    La sbornia è di tre tipi:cirlavirlae patariacca.

    Le stesse fasi all’incirca sono individuatea Milano.Più chiaro è il detto che elenca precisa-mente gli effetti della briaca, indicando alsecondo posto la confusione mentale e alterzo la perdita dell’equilibrio.

    La briaca fa cinque effetti:prima scioglie la linguapoi confonde la testalega i pieditaglia le gambee alla fine chiude gli occhi.

    Rimedi dell’ubriachezza

    I rimedi per l’ubriachezza sono i più vari efantasiosi. Gli antichi ritenevano che ilcolore viola (Fig. 6), simile a quello delvino, avesse il potere di attenuare gli effettidell’ebrietà. L’ametista (Fig. 7) in partico-lare veniva tenuta come talismano controtali disturbi. Si dava l’ametista ai bevitori,nella convinzione che la pietra li preser-vasse dai giramenti di testa, dalla perditadell’equilibrio e permettesse loro, sia purepieni di vino, di raggiungere traballanti, ma

    sulle proprie gambe, la casa a un’ora dellanotte.L’ametista è una pietra assai strana, di uncolore cupo che ricorda quello del vino chevira dal vinaccia al viola. Non è amata:

    L’ametista è cosa trista,ma se è chiaraè cosa rara.

    Il nome della pietra significa in greco “con-traria all’ubriachezza” e già gli antichi lacredettero capace di assorbire i fumi delvino e ridare equilibrio e stabilità all’orga-nismo debilitato dall’ubriachezza. Comu-nemente non si regala, perché da alcunisi ritiene che non porti bene. Comunquesi vuole che protegga anche dalle passioniviolente e dalla lussuria, e perciò se lascambiavano gli innamorati che volevano

    Fig. 7 - L’ametista è una varietà di quarzocon tracce di ossido di ferro, che ne deter-mina il colore viola, che può variare dalle sfu-mature rossastre al lilla chiaro ad un violamolto scuro. È il cristallo guida all’introspe-zione: il raggio viola ad alta frequenza vibra-toria, che corrisponde alla nota musicale SI,coinvolge risonanze energetiche che stimola-no l’attività di ghiandole endocrine come ilpancreas, attenuano le cefalee e hanno uneffetto tranquillizzante nelle tensioni di carat-tere emotivo.

  • amarsi costantemente per sempre. SanValentino, loro patrono, essendo vescovo,portava un anello d’oro con un’ametistaincastonata, cosa che è in uso comuneper tutti i vescovi. Si vuole che un anellocon questa pietra fosse donato nel giornodel loro fidanzamento da San Giuseppealla Madonna.

    Secondo un mito, narrato da Aristotele(11), Ametis sarebbe stata una bellissimaninfa del corteggio di Dioniso, dio del vinoe dell’ebbrezza. Durante una festa, la suabellezza sconvolse la mente del dio che lainseguì per i boschi. Ametis, che stava peressere raggiunta, invocò Diana e la deafece sì che tra le mani di Dioniso, che cre-deva d’abbracciare la ninfa, si trovasseuna pietra di grande splendore che gli resela lucidità e la ragione. Allora Dioniso, pen-tito, dette ad Ametis, divenuta una pietra,il colore purpureo e profondo del vino e laproprietà di cancellarne gli effetti, ridandoal bevitore lucidità ed equilibrio.

    Ci siamo dilungati su questo argomento,nella convinzione che dietro queste sug-gestive credenze si nasconda qualcosa dipiù della teoria dei simili, o di una costru-zione puramente fantastica. Forse qual-cuno vi potrà rintracciare un senso, datoche anche il colore della pietra, l’estremodello spettro solare, il viola, e il fiore chedà nome al colore, hanno le stesse pro-prietà, cosa che va un po’ al di là della puracoincidenza (12).La viola (Fig. 8), considerata umile fiore,che vive nascosta tra le altre erbe, si rivelaper il grato e penetrante profumo e sidistingue per il forte sapore. Contiene moltiprincipi attivi ed è stata largamente impie-gata nella farmacopea antica e popo-lare, usandone sia i semi, che le foglie, leradici e i fiori. Dal Bosco (13) scrive:

    “Le viole dei prati leniscono, rinfrescanoe solvono il corpo con molta piacevolezza,evacuando la bile ed estinguendo il suo

    fervore; giovano per lenire il petto, perriconcilar il sonno, per mitigar li dolori dicapo in causa calda e per rimetter l’ec-cessivo calore del fegato e delle reni. S’a-doprano nei mali caldi e sono molto ami-che del cuore. Da esse si fa l’infusionesolutiva, il siroppo violato solutivo e il zuc-caro violato o conserva di viole”.

    La Scuola salernitana (14) indica in unaquartina uno dei rimedi più usati costituitoda tale fiore, con una sommaria ma pre-cisa indicazione (Fig. 9).

    ViolaCrapula discutitur, capitis dolor atque gra-vedo; purpuream dicunt violam curarecaducos, praecipue pueros si mixto sumi-tur amne.Aegris dat somnum vomitum quoque tol-lit ad usum.

    [L’ubriachezza viene scacciata dalla violae così il dolore e la pesantezza di testa.Dicono che la viola purpurea curi i malatidi mal caduco e soprattutto i fanciulli sepresa insieme all’acqua.

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    Fig. 8 - La farmacopea antica e popolaresfruttava i molti principi attivi della viola,usandone semi, foglie, radici e fiori.

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    Fig. 9 - La viola purpurea era una dei rimedipiù utilizzati dalla Scuola salernitana, perscacciare l’ubriachezza, il dolore e la pesan-tezza di testa, per conciliare il sonno e percurare i malati di “mal cadúco”.

    Ai malati dà il sonno e stimola il vomitocurativo].

    Nella medicina antica si trovano molteindicazioni su come prevenire e curarel’eccesso del bere. Sono preparati di variogenere che utilizzano le piante, gli animalie i minerali. Francesco Gallina, nelle anno-tazioni all’opera di Baldassar Pisanelli (15)ne indica diversi.– Lasciando morire in un vaso di vino

    un’anguilla, e bevendo il liquido, si ottienel’astensione totale dal bere per il restodella vita.

    – Su indicazione di Galeno, mangiando delpolmone di pecora a digiuno, si evitanogli effetti del vino “anchor che ne bevesseuno staro”.

    – Le foglie di ruta e le mandorle amaremettono al riparo dall’ubriachezza, seingerite prima di bere.

    – I cavoli, mangiati con il brodo, hanno lostesso risultato.

    Anche nella medicina popolare si trovanomolti rimedi all’ubriachezza, per lo più dicarattere pratico, più o meno simili nellevarie regioni (16).– Vari tentativi volti ad eccitare il vomito

    (penna per solleticare la gola, la costo-lina di sedano con la stessa funzione,bevande nauseabonde).

    – Agro di limone puro, ovvero mescolatocon olio o vino.

    – Infusi depurativi come l’acqua di malva.– La canapuccia, ovvero il seme di canapa,

    che viene pestato e posto nell’acqua efiltrato.

    – Siero di latte che veniva somministratola mattina, per combattere gli effettisecondari, come stordimento, pesan-tezza di stomaco, testa pesante e alitocattivo.

    – Bagnature fredde “sulle parti segrete”.

    Esistono anche rimedi eccezionali per farperdere il vizio d’ubriacarsi, provocandonausea verso il vino. Uno è costituito dasangue d’anguilla – [notare l’analogia trala medicina popolare e la medicina antica]– mescolato col vino, oppure nero di sep-pia o sale mescolato sempre col vino, dopoche la seppia sia stata ubriacata col vino.Il sale in particolare, sciolto nel vino ebevuto, provoca una tale nausea, che duraanche più giorni, e induce a stare lontanidal bicchiere quanto meno per parecchigiorni.

    Spavento

    Una delle cause delle vertigini è la pauradel vuoto e dell’altezza, anzi le vertigini piùforti sono determinate proprio da questotipo di stimolo. Il discorso si ampia inquanto ogni tipo di paura, anche leggera,comporta un momentaneo smarrimentoe una perdita del controllo di alcune fun-zioni fisiche: emissione involontaria di orinae feci, annebbiamento della vista, palpita-zione e aumento del battito cardiaco, sec-

  • chezza della gola, svenimento o momen-tanea paralisi. Se i fenomeni sono leggeri,dopo un breve periodo di spossatezza sitorna alla normalità, permanendo a volteil tremore alle gambe. Nei casi più gravi,o in organismi debilitati, si può giungerea morire di paura.

    Dovunque, in caso di forte spavento, siusa far bere alla persona traumatizzataun bicchier d’acqua, qualcuno inesorabil-mente lo ha fatto anche dopo una minac-cia d’annegamento. In alcuni luoghi, piùavvedutamente, si usa far bere un bic-chiere di vino nel quale sono stati immersidei carboni accesi: uno o tre. Siamo peròin questo caso già nel campo del rito, inquanto il rimedio viene accompagnato dasegnature e preghiere. Si usa ancheungere con succo d’aglio l’orlo di un bic-chiere e applicarlo sull’ombelico. Il Pitrè(17) riferisce che in Sicilia, come rimedioper uno spavento dovuto a caduta dall’alto,vi era anche l’uso di far orinare lo spa-ventato sopra una scopa nuova.

    Gli effetti di un forte spavento sono mol-teplici e si segnalano accessi di febbreelevata con delirio, senso di debilitazione,giramenti di testa, confusione mentale,tremiti e rumori auricolari. Siccome talimanifestazioni si possono prolungare neltempo, vi sono vari sistemi per eliminarnei disturbi. Nell’area tosco-emiliana, conpropaggini anche altrove, si trova unrituale magico terapeutico al quale siricorre per preservare chi ha avuto unforte spavento da più infauste conse-guenze. Il rituale, eseguito da una guari-trice, detta anche maga o strega, pre-vede la recita di numerose formule e ora-zioni, che si tramandano di generazionein generazione in linea femminile. Tuttoquesto si fonda sull’uso d’una pianta chia-mata erba da paura o erba della paura,che viene tagliata e immersa ancora fre-sca in un recipiente pieno d’acqua (Fig.

    10). La guaritrice immerge le mani nelliquido e, recitando varie formule, le passaleggermente, correndo dalla testa fino aipiedi, sul corpo del malato denudato, chepone i piedi in un bacile. In questo si rac-coglie l’acqua dell’abluzione, la qualediviene nel giro di poco tempo di colorescuro (18): si dice allora che la paura èuscita dal corpo e si ha cura di gettarel’acqua annerita in un corso d’acqua cor-rente. Viene usata comunemente per que-sto rito una pianta della famiglia dellelabiate, la Stachys recta, chiamata anchestregonella (18), non facilmente ricono-scibile da altre specie dello stesso genere,indicate comunemente con i nomi di erba

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    Fig. 10 - Stachys palustris: contro i malanniprocurati dallo spavento, la medicina popo-lare ricorreva alle virtù curative dell’erbadella paura, dell’erba strega o di altre pian-te della famiglia delle Labiate, ricche di oliessenziali e di acido tannico, con accompa-gnamento di rituali magici.

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    strega, streghina o stregona, dette anchequeste erbe della paura, come la Stachyspalustris, la Stachys annua, e la Stachysarvensis (le Stachys contengono molti oliessenziali e acido tannico, quest’ultimoforse responsabile del fenomeno). È danotare che allo stesso genere appartieneanche la betonica, un tempo detta erbadalle mille virtù.

    Aggiungeremo, come curiosità, che SanVito è il protettore di coloro che hannoavuto paura, oltre che degli idrofobi.

    Riferimenti bibliografici

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    13. Dal Bosco F di Valdebiadene, detto il Casta-gnaro. La prattica…, cit. pag. 307.

    14. Sinno A [traduzione e note a cura di…] Regi-men sanitatis – Flos medicinae Scholae Salerni.Mursia Editore, Milano 1987, pag. 205.

    15. Baldassar Pisanelli. Trattato de’ cibi, et delbere, cit., pag. 201.

    16. Pitrè G. Medicina popolare, cit., pag. 325.17. Pitrè G. Medicina popolare, cit., pag. 407.18. Otto Penzig. Flora popolare italiana, Edagri-

    cole, Bologna 1974 [anastatica dell’ediz.1924] pag. 474.

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