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Il peronismo Lo stesso argomento in dettaglio: Juan Domingo Perón e Peronismo . Le elezioni portarono nel 1946 alla presidenza il generale Juan Perón , che cercò di dare più potere alla classe lavoratrice e aumentò notevolmente il numero di lavoratori sindacalizzati. I seguaci di Perón - originariamente chiamati anche descamisados, ad indicare simbolicamente la provenienza dagli strati popolari della società - acclamavano i suoi sforzi per eliminare la povertà e dare maggiore dignità al lavoro[5], mentre i suoi oppositori politici, rappresentati dall'oligarchia a cui, secondo i sostenitori peronisti, veniva impedito di continuare a sfruttare il popolo argentino, e dalla maggioranza dei ranghi militari da cui lui stesso proveniva, lo hanno considerato un demagogo e un dittatore. Diede vita al movimento politico conosciuto come peronismo o justicialismo, che si proponeva come una terza via fra il capitalismo e il socialismo. Perón costruì la sua immagine anche grazie all'aiuto della seconda moglie, Eva Perón . Il movimento peronista fu sincretico, talora definito populista (in Argentina il termine non ha il significato negativo di "demagogico" che ha in Europa), che unisce il socialismo, il patriottismo, la terza via economica tratta in origine dal fascismo italiano, ma senza rinnegare, perlomeno nella maggior parte dell'esperienza peronista applicata, la democrazia e la sovranità popolare. Tale ideologia ha permeato - e tuttora è molto importante - la maggior parte dei partiti politici argentini odierni, sia di destra sia di sinistra. Il 16 giugno 1955 venne organizzato un colpo di stato militare da parte della Marina Militare, che bombarda la Casa Rosada tentando di uccidere il presidente. Il 18 giugno Perón è costretto a fuggire in esilio prima in Paraguay e poi nella Spagna di Franco. Desaparecidos e "Guerra Sporca" Tra gli anni 1950 e gli anni 1970 l'economia crebbe sensibilmente e la povertà declinò (meno del 7% nel 1975), ma divenne sempre più

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Il peronismo

Lo stesso argomento in dettaglio: Juan Domingo Perón e Peronismo.Le elezioni portarono nel 1946 alla presidenza il generale Juan Perón, che cercò di dare più potere alla classe lavoratrice e aumentò notevolmente il numero di lavoratori sindacalizzati. I seguaci di Perón - originariamente chiamati anche descamisados, ad indicare simbolicamente la provenienza dagli strati popolari della società - acclamavano i suoi sforzi per eliminare la povertà e dare maggiore dignità al lavoro[5], mentre i suoi oppositori politici, rappresentati dall'oligarchia a cui, secondo i sostenitori peronisti, veniva impedito di continuare a sfruttare il popolo argentino, e dalla maggioranza dei ranghi militari da cui lui stesso proveniva, lo hanno considerato un demagogo e un dittatore. Diede vita al movimento politico conosciuto come peronismo o justicialismo, che si proponeva come una terza via fra il capitalismo e il socialismo. Perón costruì la sua immagine anche grazie all'aiuto della seconda moglie, Eva Perón.

Il movimento peronista fu sincretico, talora definito populista (in Argentina il termine non ha il significato negativo di "demagogico" che ha in Europa), che unisce il socialismo, il patriottismo, la terza via economica tratta in origine dal fascismo italiano, ma senza rinnegare, perlomeno nella maggior parte dell'esperienza peronista applicata, la democrazia e la sovranità popolare. Tale ideologia ha permeato - e tuttora è molto importante - la maggior parte dei partiti politici argentini odierni, sia di destra sia di sinistra.

Il 16 giugno 1955 venne organizzato un colpo di stato militare da parte della Marina Militare, che bombarda la Casa Rosada tentando di uccidere il presidente. Il 18 giugno Perón è costretto a fuggire in esilio prima in Paraguay e poi nella Spagna di Franco.

Desaparecidos e "Guerra Sporca"

Tra gli anni 1950 e gli anni 1970 l'economia crebbe sensibilmente e la povertà declinò (meno del 7% nel 1975), ma divenne sempre più protezionista; contemporaneamente i contrasti politici si accrebbero. I militari presero più volte il potere, dal 1955 al 1958, dal 1962 al 1964 e dal 1966 al 1973.

Con il ripristino delle elezioni e la fine del bando per i peronisti, vi fu il ritorno alla presidenza nel 1973 di Juan Domingo Perón che tuttavia ebbe termine dopo un solo anno con la sua morte e la sua terza moglie Isabel, sua vice presidente, gli successe alla carica ma i due anni che seguirono furono pervasi da un quadro sociale sempre più improntato al conflitto: da un lato l'Alianza Anticomunista Argentina (la "Tripla A") contribuì a creare un clima di terrore con l'omicidio, secondo i dati raccolti dopo la fine della dittatura dalla Comisión Nacional sobre la Desaparición de Personas (CONADEP), di oltre 400 persone tra il 1973 ed il 1975 mentre, dall'altro, riprese vigore l'azione dell'Ejército Revolucionario del Pueblo (ERP) con azioni di guerriglia urbana e omicidi. Inoltre il movimento peronista perse la sua coesione e le componenti di sinistra più radicali svilupparono il movimento guerrigliero Montoneros che a partire dal 1970 svolse una crescente attività di lotta armata contro le strutture politico-militari dello stato sia durante i regimi militari che nel periodo di governo di Isabelita.

Il quadro di grande instabilità favorì dapprima l'ingresso dei militari nel governo e successivamente,

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Isabelita fu deposta dal golpe del 24 marzo 1976 che portò alla presidenza del paese il generale Jorge Rafael Videla.

Veduta aerea della Escuela Superior de Mecánica de la Armada (ESMA), uno dei centri di detenzione clandestini attivi durante la dittatura

Dal 1976 al 1983 le forze armate detennero il potere per mezzo di una giunta autoincaricatasi del cosiddetto Processo di Riorganizzazione Nazionale; il governo militare represse l'opposizione, sia da parte dei gruppi di sinistra che dai peronisti, utilizzando metodi improntati all'illegalità, dando inizio a quella che sarebbe passata alla storia come la Guerra Sporca. Migliaia di dissidenti furono fatti scomparire, mentre il SIDE (Secretaría de Inteligencia de Estado) cooperò con la DINA ed altri servizi segreti sudamericani, e con la CIA in quella operazione che gli Stati Uniti avevano pianificato, organizzato e finanziato al fine di contribuire ad eliminare il pericolo dell'instaurazione di governi di sinistra filosovietici in Sud America ed in America centrale: la cosiddetta Operazione Condor.

Nel periodo della dittatura 30.000 persone scomparvero creando il fenomeno dei desaparecidos: le persone venivano sequestrate o arrestate e deportate in centri clandestini di detenzione, tra i quali la ESMA, l'Escuela Superior de Mecánica de la Armada (tramutata successivamente in Museo de la Memoria), dove venivano torturate e, molto spesso, uccise; l'occultamento dei cadaveri avveniva anche in mare, con i voli della morte, ossia il trasporto delle vittime, spesso ancora vive, a bordo degli Hercules dell'esercito argentino e fatte precipitare nell'oceano o nel Rio de la Plata; esiste un rapporto della commissione nazionale sulla scomparsa di persone in Argentina, il Nunca más, dove in un aberrante tunnel dell'orrore hanno sfilato le testimonianze di chi è sopravvissuto. Molti dei capi militari che presero parte alla Guerra Sporca vennero addestrati nella School of the Americas finanziata dagli USA, tra i quali i dittatori argentini Leopoldo Galtieri e Roberto Eduardo Viola. Problemi economici, accuse di corruzione, la condanna dell'opinione pubblica nei confronti degli abusi dei diritti umani e, infine, la sconfitta del 1982 inflitta dai britannici nella guerra delle Falkland, screditarono il regime militare argentino portando alla fine della dittatura.

Democrazia

La democrazia venne ripristinata nel 1983. Il governo radicale di Raúl Alfonsín si mosse per render conto dei "desaparecidos", stabilì il controllo civile delle forze armate e consolidò le istituzioni democratiche. I membri delle tre giunte militari vennero processati. Il fallimento nella risoluzione dei problemi economici endemici e l'incapacità nel mantenere la fiducia dell'opinione pubblica portarono all'abbandono anticipato di Alfonsín, sei mesi prima che scadesse il suo mandato.

Il presidente Carlos Menem, nel 1991, impose un tasso di cambio fisso tra Peso e Dollaro per fermare l'iperinflazione e adottò delle estese politiche basate sul mercato, smantellando le barriere

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protezioniste e le regolamentazioni degli affari, e implementando un programma di privatizzazioni. Queste riforme contribuirono a un significativo aumento degli investimenti privati internazionali e con una recessione che toccò l'apice intorno alla fine degli anni novanta. Fu allora che debito estero, disoccupazione, corruzione e malcontento sociali arrivarono a livelli epocali.

Crisi economica

Proteste contro il corralito (2002).

Le amministrazioni di Menem e de la Rúa fronteggiarono una diminuita competitività nelle esportazioni (dovuta alla forzata parità del peso con il dollaro), conseguenti massicce importazioni che danneggiarono l'industria nazionale e ridussero l'impiego, un deficit fiscale e commerciale cronico, e il contagio di diverse crisi economiche. La crisi finanziaria asiatica del 1998 causò una fuoriuscita di capitale che sfociò nella recessione e culminò nella crisi economica argentina del novembre 2001. Un mese più tardi, le pesanti rivolte che si scatenarono in tutto il Paese costrinsero de la Rúa a dimettersi.

Nel giro di due settimane, quattro presidenti si avvicendarono in rapida successione, fino alla nomina ad interim di Eduardo Duhalde come presidente dell'Argentina, da parte dell'assemblea legislativa, il 2 gennaio 2002 l'Argentina fu costretta ad ammettere la manifesta impossibilità di far fronte agli impegni economici presi con gli altri stati, (default sulle sue obbligazioni internazionali). L'ancoraggio del Peso al Dollaro, vecchio di quasi undici anni, e ormai palesemente controproducente, venne abbandonato. Tuttavia l'improvviso distacco della moneta argentina dalla parità con quella statunitense, ancoraggio che da tempo non era più realistico, la riportò immediatamente ai suoi valori reali, producendo un grosso deprezzamento della valuta (ridotta nel giro di pochi giorni ad un terzo circa del suo valore iniziale) e un conseguente altissimo picco di inflazione. La crisi provocò per mesi un quasi totale blocco dell'economia, con un drammatico aumento di disoccupati e di nuovi poveri, una crisi di liquidità del sistema, un aumento della piccola criminalità e di atti di vandalismo contro banche ed esercizi commerciali, un'allarmante instabilità sociale.

Impostando un tasso di cambio più flessibile, la nazione riuscì ad attuare nuove politiche: tra le principali la reindustrializzazione, un quantitativo più alto di esportazioni ed importanti surplus fiscali e commerciali. Già nel 2002 l'economia locale cominciò a stabilizzarsi; nel 2003 fu eletto presidente Néstor Kirchner. Durante il suo periodo di governo l'Argentina è riuscita a ristrutturare il debito in default e a ripianare il debito con il FMI: fu inoltre imposto uno sconto del 75% su molte obbligazioni (tale operazione ha poi portato a condanne in tribunali tedeschi e statunitensi). Infine, molte imprese che in precedenza avevano carattere privato sono state nazionalizzate.

Nonostante questi segnali di ripresa, sono rimasti dubbi sulla stabilità e sugli orizzonti di espansione dell'economia nazionale: numerose sono state le voci che indicavano un pesante debito verso l'estero, e secondo cui la reale situazione economica sarebbe stata mantenuta segreta.[17] [18] [19] . Nel 2007 Kirchner non si ricandida, lasciando il posto alla moglie Cristina che viene eletta e riconfermata nel 2011.

All'inizio del 2014 è stata resa nota la vera portata dell'inflazione nel paese,[20] e una drammatica

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conferma nel luglio dello stesso anno quando è stato annunciato un secondo default.[21]

Perón rimase colpito dalla sintesi fascista di elementi socialisti e capitalisti, esprimendo apprezzamento per Benito Mussolini [22] ; credeva però che la dittatura fosse solo un passaggio verso la socialdemocrazia.[23] Nel giugno del 1943, con il grado di colonnello, svolse un ruolo di primo piano nel golpe militare del GOU (Grupo de Oficiales Unidos) contro il governo civile di Ramón S. Castillo.

Inizialmente sottosegretario alla guerra sotto il generale Pedro Pablo Ramírez, divenne ministro del lavoro e dello stato sociale nel novembre dello stesso anno e in seguito vicepresidente e segretario alla guerra sotto il generale Edelmiro Julián Farrell nel febbraio 1944. Si sposò la prima volta nel 1929 con Aurelia Tizón, morta nel 1938. Probabilmente nello stesso periodo ebbe una relazione con una donna sposata ma separata dal marito, María Cecilia Demarchis de Holgado.

Formazione militare e attività politica

Il matrimonio civile di Perón con Eva nel 1945

Juan Perón entrò nella scuola militare all'età di 16 anni e dopo il diploma fece rapidamente carriera nei vari gradi. Prestò servizio in Italia alla fine degli anni trenta nel ruolo di osservatore militare[19], e frequentò la "Scuola centrale militare di alpinismo" di Aosta [20] dove prese lezioni di sci e di arrampicata da Gigi Panei e Bruno Caneva [21] .

Perón rimase colpito dalla sintesi fascista di elementi socialisti e capitalisti, esprimendo apprezzamento per Benito Mussolini [22] ; credeva però che la dittatura fosse solo un passaggio verso la socialdemocrazia.[23] Nel giugno del 1943, con il grado di colonnello, svolse un ruolo di primo piano nel golpe militare del GOU (Grupo de Oficiales Unidos) contro il governo civile di Ramón S. Castillo.

Inizialmente sottosegretario alla guerra sotto il generale Pedro Pablo Ramírez, divenne ministro del lavoro e dello stato sociale nel novembre dello stesso anno e in seguito vicepresidente e segretario alla guerra sotto il generale Edelmiro Julián Farrell nel febbraio 1944. Si sposò la prima volta nel 1929 con Aurelia Tizón, morta nel 1938. Probabilmente nello stesso periodo ebbe una relazione con una donna sposata ma separata dal marito, María Cecilia Demarchis de Holgado.ostenuto, chiedendo il test del DNA, di essere figlia di Perón, e il figlio Horacio lo ritiene tuttora. La Holgado affermò che Juan Domingo la riconobbe segretamente, sotto il nome di Lucía Victoria Perón.[24] Il 15 gennaio 1944 la città di San Juan venne distrutta da un terremoto causando più di diecimila

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morti. Promosso sottosegretario al Departamento Nacional del Trabajo (Il Ministero del lavoro), con lo scopo di raccogliere i fondi per la ricostruzione del paese, decise di organizzare un festival affidato a una commissione di artisti, tra i quali anche Eva Duarte, la futura moglie. Il 22 gennaio del 1944 durante il festival, al quale parteciparono anche i soldati dell’esercito e della marina, Evita e Perón si incontrarono[25].

Già nel febbraio seguente decisero di andare a vivere insieme, nel nuovo appartamento di Evita, situato in “Calle Posadas”. La carriera artistica di Eva continuava ad ampliarsi e in questo anno venne anche nominata presidente del sindacato chiamato Associazione Radicale Argentina.[26] La seconda moglie di Perón, nota poi come Eva Perón (1919 - 1952) da lui sposata il 2 ottobre 1945, divenne in breve tempo molto famosa e le fu assegnato l'affettuoso diminutivo di Evita; ella aiutò il marito con il sostegno del sindacato e dei gruppi femminili e gestì gran parte dell'attività propagandistica del coniuge.[26]

Vittoria elettorale: il governo peronistaLo stesso argomento in dettaglio: Peronismo.

Costretto alle dimissioni dai suoi oppositori all'interno delle stesse forze armate, il 9 ottobre del 1945, Perón fu arrestato poco dopo; il 16 ottobre fu internato all’ospedale militare di Buenos Aires per una malattia, vera o fittizia. Lo stesso giorno la CGT (Confederazione Generale del Lavoro) si riunì e proclamò uno sciopero di ventiquattr’ore per il 18 ottobre. Il popolo però esausto, iniziò a non dare più ascolto nemmeno ai sindacati. Il 17 ottobre, senza che nessuno avesse dato l’ordine, non ci fu lo sciopero, ma la rivoluzione (chiamata la “marcia dei descamisados”).[26]

I “descamisados“ occuparono Plaza de Mayo esigendo la liberazione di Perón, e gli stessi generali che lo avevano arrestato furono costretti a richiamarlo al Governo. Quel 17 ottobre, "il giorno della lealtà", sotto il cielo incandescente, gli uomini sudati a causa del gran caldo si erano tolti le camicie, di conseguenza la parola dispregiativa “descamisados” (gli scamiciati), usata dal giornale “La Prensa”, divenne la parola che da allora in poi avrebbe designato il popolo peronista.[27]; il supporto popolare gli aprì inoltre la strada per la candidatura alla presidenza, che si concretizzò con il 56% dei voti nelle elezioni del 24 febbraio 1946.[26]

Perón ed Eva ad un incontro ufficiale alla Casa Rosada

Il giornalista Héctor Daniel Vargas ha rivelato che Eva quel giorno era a Junín, nella casa della madre e tornò in città verso sera.[26] Dopo la liberazione, il 22 ottobre Perón si sposò con Evita a Junín. Dopo il matrimonio Perón fu occupato con la campagna elettorale.[26] Il 26 dicembre 1945 Evita e Perón partirono in tournée elettorale con un treno che venne battezzato “El Descamisado”, per raggiungere il Nord del paese; a questo ne seguirono altri. La grande novità di quei viaggi fu soprattutto la presenza di una donna sul treno. Fino ad allora nessuna moglie aveva mai accompagnato il proprio marito durante una tournée del genere.[26]

Evita, durante i viaggi, non aveva mai tenuto un discorso; il 4 febbraio 1946, pochi giorni prima della fine della campagna elettorale, al Centro Universitario Argentino, un’associazione di donne, organizzò un incontro per sostenere la candidatura di Perón. Il futuro presidente, non sentendosi molto in forma, decise di dare ad Evita l’opportunità di parlare al pubblico. Il risultato fu disastroso,

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perché il pubblico reclamò con rabbia la presenza di Perón, e impedendo così ad Evita, di poter pronunciare il suo discorso.[26] Il 24 febbraio 1946 Juan Domingo Perón venne eletto Presidente della Repubblica argentina con il 52% dei consensi; nel 1947 fondò il Partito unico della rivoluzione che venne chiamato inizialmente Partito Peronista.

Evita si occupò invece di organizzare i sindacati e i gruppi femminili[26] Una delle battaglie combattute e vinte da Evita Perón fu quella che portò al riconoscimento dell’uguaglianza de diritti politici e civili tra gli uomini e le donne, con la legge 13.010 presentata il 23 settembre del 1947. Il suo impegno per la dignità della donna fu costante e la condusse il 26 luglio del 1949 alla fondazione del Partito Peronista Femminile (PPF).[28] Perón dopo la vittoria nelle elezioni deteneva molti incarichi e non poteva dedicarsi, come aveva fatto negli anni precedenti, ai diritti dei lavoratori.

Manifestazione pro-Perón in Plaza de Mayo, il 17 ottobre 1945 ("giorno della lealtà").

Fu Eva che si interessò di fare da intermediaria tra le richieste ed i problemi degli operai e Perón. L’efficienza della donna venne ricompensata con l’assegnazione di un ufficio all’interno della Segreteria del Lavoro. Fervente visitatrice di fabbriche, scuole, ospedali, sindacati, club sportivi e culturali, Eva si guadagnò la fiducia del popolo ma in particolare dei lavoratori e dei sindacalisti, stabilendo una forte ma anche complicata relazione con loro.[29] Un anno dopo le elezioni, Evita venne incaricata di rappresentare suo marito in un giro europeo che comprendeva come prima tappa la Spagna, successivamente l’Italia ed il Vaticano, la Francia, il Portogallo, la Svizzera, il Brasile ed infine l’Uruguay.[30]

Politica del governo Perón

Perón perseguì una politica sociale che mirava all'aumento di potere della classe operaia. Espanse enormemente il numero di lavoratori iscritti al sindacato e contribuì a rafforzare la potente Confederazione Generale del Lavoro (CGT). Definì questa come la «terza posizione» (definizione ripresa in seguito da numerosi movimenti antagonisti radicali europei, compresi quelli italiani di estrema destra), tra il capitalismo e il comunismo, sebbene egli fosse dichiaratamente anti-americano e anti-britannico. Perón spinse molto anche verso l'industrializzazione del paese; nel 1947 annunciò il primo piano quinquennale per dare un aiuto alle industrie appena nazionalizzate. La sua ideologia, soprannominata peronismo o giustizialismo (fusione tra "giustizia" e "socialismo") e che ebbe come sbocco istituzionale la costituzione del Partito Giustizialista (Partido Justicialista), ebbe grande influenza tra i partiti politici argentini.[31]

La firma della legge con cui Perón compiva la nazionalizzazione delle ferrovie.Il primo governo Perón godette di una congiuntura favorevole, grazie alle abbondanti riserve di oro e valuta straniera, con un saldo commerciale positivo e un mercato interno in espansione. Ciò favorì un ampio processo di redistribuzione della ricchezza, ma anche una continuazione della contrapposizione peronismo-antiperonismo, visto il carattere autoritario del governo. Questo infatti operò una serie di arresti nei confronti dei gruppi legati al marxismo ed alla lotta di classe: i settori sindacali internazionalisti - tra cui Cipriano Reyes ed altri dirigenti che collaborarono alla sua liberazione l'anno precedente - e sciolse lo stesso Partito Laburista d'Argentina per creare quello

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Giustizialista.[31]

Il peronismo venne visto comunque come una rivoluzione delle classi sfruttate, ed Evita affermò che esso doveva essere rivoluzionario o non sarebbe stato nulla.[32] Nel primo piano quinquennale argentino venne creato l’Istituto di promozione e intercambio (IAPI), si nazionalizzarono il Banco centrale, le imprese dei servizi pubblici (ferrovie, acqua, gas, telefoni) e si dà impulso all’edilizia popolare e all’alfabetizzazione delle classi più povere.[33]

Il sistema formatosi provoca l'allontanamento dei potentati economici e finanziari statunitensi ed inglesi, realizzando una sintesi tra industria nazionale e lavoratori, in una terza via interclassista tra capitalismo e comunismo, simile al corporativismo del regime fascista italiano, di cui Perón ammirava anche il progetto mai attuato della socializzazione delle industrie.[31] Dallo stesso periodo l'economia cominciò a perdere posizioni, a causa dell'esaurimento delle riserve internazionali accumulate durante la guerra, quando l'Argentina costituiva la sesta potenza economica mondiale.[33]

Perón volle innovare anche l'architettura costituzionale: la nuova Costituzione argentina del 1949, accanto al tradizionale sistema repubblicano e formalmente democratico, recepiva una forte impronta sociale e solidaristica, riprendendo la formulazione della funzione sociale della proprietà in termini simili alla Costituzione italiana dell'anno precedente ed in polemica con la concezione capitalista e liberista.[34] Riconosceva inoltre il diritto di sciopero, alla salute ed all'istruzione e istituiva il monopolio del commercio estero da parte dello Stato. Successivamente, però, l'ostilità della Chiesa Cattolica (scatenata tra l'altro dall'approvazione della legge sull'aborto), in comunione con quella angloamericana e dei potentati economico-finanziari, sindacali e dei partiti tradizionali interni (vengono fatti chiudere i quotidiani La Vanguardia, La Prensa e La Nación) determineranno il crollo del sistema peronista.[33]

Rapporti con la Chiesa cattolica

La prima fase di collaborazione

La presentazione della costituzione peronista nel 1949

Inizialmente i rapporti con le gerarchie ecclesiastiche furono buoni, e il peronismo non era affatto antireligioso[35], ma si incrinarono quando Perón legalizzò l'aborto e facilitò il divorzio, introducendo leggi che ostacolavano l'istruzione religiosa.[36] Il governo di Juan Domingo Perón in un primo momento fu legato alle Forze Armate, e l'esercito e la Chiesa erano all'epoca considerati il baluardo contro le ideologie socialiste e comuniste. La Chiesa, inoltre, sosteneva la dottrina politica della "giustizia sociale", e condivideva col peronismo l'idea che fosse compito dello Stato mediare nei conflitti di classe e livellare le diseguaglianze sociali.[37]

Ci furono, tuttavia, settori della Chiesa cattolica, già reduce dai provvedimenti antiecclesiastici del Messico di Calles un ventennio prima, che accusavano il peronismo di statalismo per l'eccessiva interferenza del governo nazionale nella vita privata e in contesti che non gli competevano. Il motivo della critica era dovuto anche al fatto che spesso lo Stato invadeva le sfere tradizionalmente di competenza della Chiesa nel momento in cui si interessava, ad esempio, dei piani di assistenza e della pubblica educazione.[38] Le alte gerarchie ecclesiali argentine erano rimaste alleate dell’oligarchia, nonostante la Costituzione del 1949 trattasse con moltissimo riguardo il

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cattolicesimo, facendone religione di Stato nell'articolo 2, e affermasse che il Presidente dovesse essere un cattolico.[31]

Nel 1946 il Senato approvò una legge che riaffermava e confermava tutti i decreti stabiliti dalla giunta militare del precedente governo dittatoriale. Tra questi decreti c'era anche la legge sull'istruzione religiosa obbligatoria varata nel 1943. Questa legge era stata duramente discussa alla Camera dei Deputati, ed era passata solo grazie al voto dei peronisti. Gli argomenti che apportarono a favore della legge furono nazionalistici ed antiliberali: si sottolineò il legame esistente tra l'identità della nazione e il profondo cattolicesimo della Spagna, e si enfatizzò il ruolo che la religione avrebbe avuto nella formazione delle coscienze e della società.[38]

La rottura e la scomunica di Perón

Uno dei ritratti presidenziali ufficiali di Perón al suo primo mandato

Questa riaffermazione della legge sull'educazione religiosa, tuttavia, limitò i poteri della Chiesa dando ragione a coloro che all'interno della stessa Chiesa tacciavano il peronismo di statalismo: i programmi scolastici e i contenuti dei libri di testo erano responsabilità dello Stato, il quale avrebbe potuto consultare le autorità ecclesiastiche qualora ce ne fosse stato bisogno; le altre materie scolastiche continuarono ad essere insegnate secondo lo spirito della Legge 1420 del 1884, e quindi continuarono a seguire la tradizione laicista dello stile di formazione argentina; l'educazione scolastica divenne un mezzo di propaganda per il culto della personalità del Presidente e di sua moglie Eva; nel giugno 1950, infine, Perón nominò Armando Méndez San Martín, un massone anticattolico, Ministro della Pubblica Istruzione, cominciando a guardare la chiesa con sospetto.[38]

Durante il suo secondo mandato Perón non condivise l'aspirazione della Chiesa di promuovere partiti politici cattolici. Infine, alcune leggi peroniste provocarono malumori tra i vescovi: nel 1954 il governo soppresse l'educazione religiosa nelle scuole, tentò di legalizzare la prostituzione, di far passare una legge sul divorzio, e di promuovere un emendamento costituzionale per separare completamente Stato e Chiesa. Perón, poi, accusò pubblicamente il clero di sabotaggio.[38] Il 14 giugno 1955, durante la festa del Corpus Domini, i vescovi Manuel Tato e Ramón Novoa fecero discorsi antigovernativi. Fu il punto di rottura: durante quella stessa notte gruppi di peronisti attaccarono e bruciarono alcune chiese di Buenos Aires;[38] Perón divenne apertamente anticlericale e, due giorni dopo questi fatti, venne scomunicato da papa Pio XII (la scomunica sarà revocata molti anni dopo da papa Paolo VI).[39]

La rielezione, il golpe e l'esilio

Perón a bordo della nave della marina paraguaiana che lo porterà in esilio

Perón rivinse le elezioni nel 1951 ma l'approfondimento di un modello di giustizia sociale ed il principio di un avvicinamento all'Unione Sovietica (nonché la perdita del sostegno della moglie, morta nel 1952 a causa di un cancro) portarono a un sanguinoso colpo di Stato militare. In questo contesto di tensione il 16 giugno 1955 un aereo della flotta navale bombardò Plaza de Mayo, uccidendo centinaia di civili e dando inizio alla cosiddetta "Revolución Libertadora", sostenuta dai

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settori antiperonisti delle forze armate, per la maggior parte cattolici, e anche da alcuni settori della Chiesa, e che portò al colpo di Stato che depose Perón, organizzato il 19 giugno 1955.

Non tutti i settori cattolici, allora e successivamente, si schierarono però contro Perón e il peronismo, come voleva la Chiesa ufficiale. Il peronismo divenne illegale in Argentina che di fatto avrà elezioni non democratiche fino al 1973.[31] Perón si recò in esilio in Paraguay, da dove infine riparò a Madrid, dove Francisco Franco gli diede asilo politico. Sposò poi in terze nozze una famosa cantante e ballerina di un night club, Isabel Martínez Cartas, nota anche come Isabelita Perón.[31]

Ad una intervista della tv inglese, che gli chiese cosa intendesse fare per tornare in Argentina, Perón rispose: "Nulla. Faranno tutto i miei nemici".[40] In Argentina, gli anni cinquanta e sessanta furono segnati da frequenti cambi di governo e da un'insufficiente crescita economica, con continue rivendicazioni sociali e sindacali. I diversi governi che si succedettero, di fatto dittature poiché il principale avversario politico era illegale, approfondirono un modello di dipendenza dalle potenze capitaliste portando l'Argentina ad un progressivo impoverimento.

Questi regimi post-peronisti dichiararono fuorilegge il Partito giustizialista (riammesso brevemente alle elezioni nel 1962), revocarono la Costituzione del 1949 e riaprirono il carcere di Ushuaia (chiuso nel 1947 da Perón a causa delle sue pessime condizioni) per detenervi nemici politici; inoltre misero al bando anche il Partito comunista e reintrodussero la pena capitale anche per i civili (abolita dopo il 1916, rimase in vigore dagli anni Sessanta fino al 1984), al di fuori dell'ambito militare (dove era prevista dal Codice penale del 1951), tutte cose che Perón aveva rifiutato di fare durante il suo governo.[31] Alla fine degli anni sessanta e nei primi settanta, si aprì la strada al ritorno di Perón. Il generale Alejandro Agustín Lanusse si impossessò militarmente del potere nel marzo del 1971 e dichiarò l'intenzione di ripristinare la democrazia costituzionale a partire dal 1973. Dall'esilio, Perón sostenne i peronisti di sinistra e le organizzazioni sindacali più attive.[31]

Il ritorno e la morteJuan Perón nel 1973

L'11 marzo del 1973 si tennero in Argentina le elezioni generali. Anche se a Perón fu impedito di concorrere, gli elettori votarono come presidente un suo sostenitore, Héctor José Cámpora, peronista di sinistra. Cámpora si dimise nel luglio dello stesso anno, spianando la strada a nuove consultazioni. A quel punto la confusione era tale che da più parti si invocava il ritorno di Perón. Perón, dall'esilio nella Spagna franchista, aveva abbandonato i suoi propositi populisti e neosocialisti del periodo con Evita, avvicinandosi molto di più alla destra, anche se di certo in maniera slegata dagli Stati Uniti e dalle dinamiche della guerra fredda.

Dalla penisola iberica, Perón aveva sostenuto le il movimento dei montoneros, costituito dall'ala sinistra dei suoi sostenitori, i quali speravano ancora che dopo il suo rientro in Argentina avrebbe messo la nazione sulla strada per la costruzione di una "Patria Socialista". A capo fu designato il peronista Jorge Ricardo Masetti, che organizzò le diverse forze rivoluzionarie peroniste.[41]

Dopo la vittoria, avvenuta l'11 marzo 1973, del Fronte Giustizialista di Liberazione (costituito dal Partito Giustizialista, dal Partito Conservatore Popolare e dal Partito Socialista Unificato), Perón, rientrato in Argentina, si staccò dai suoi sostenitori di sinistra e si avvicinò sempre più alla destra e

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all'ala conservatrice.[41] Il giorno del ritorno circa 3 milioni di sostenitori si radunarono presso l'aeroporto di Ezeiza per attendere l'arrivo in aereo del loro leader, dopo 18 anni di esilio in Spagna. Alcuni cecchini, però, spararono sulla folla inerme radunata all'aeroporto e 13 persone vennero uccise. Si delineò presto una marcata e definitiva cesura tra il peronismo di sinistra (i Montoneros, la chiesa cattolica militante e terzomondista e tutte quelle organizzazioni che avevano combattuto per la libertà e per riportare Perón in patria) ed il peronismo di destra (nazionalisti, conservatori e le alte sfere della chiesa).[41]

Esclusi da ogni forma di partecipazione politica, pur essendo tra i principali fautori del ritorno di Perón in Argentina, i Montoneros reclamavano potere e la realizzazione delle istanze neosocialiste che da sempre avevano immaginato per il proprio paese. Perón arrivò a scontrarsi con i Montoneros quando costoro eseguirono attentati per attirare l'attenzione e pretendere il potere che pensavano spettasse loro.[41] Perón vinse facilmente la tornata elettorale, divenendo presidente per la terza volta, nell'ottobre del 1973, affidando a sua moglie Isabel il ruolo di vicepresidente. Il nuovo regime peronista però si disfece presto per via dei conflitti tra i sostenitori di sinistra e quelli di destra e a causa di numerosi morti negli scontri.[41]

Perón alla sua prima inaugurazione presidenziale

Ne derivò una vera e propria dichiarazione di guerra tra movimento e governo. Ci furono episodi di guerriglia e terrorismo da parte di gruppi armati e da parte di filogovernativi (come l'Alianza Anticomunista Argentina o Tripla A, a cui appartenevano i responsabili del massacro di Ezeiza), fedeli alle linee di Isabel Perón. I montoneros eseguirono numerosi atti dimostrativi e anche alcuni sequestri e omicidi. Nel tentativo di ristabilire l'ordine pubblico, il governo deliberò alcuni provvedimenti di emergenza.

Il peronismo di governo, per influenza di Isabel e altri ministri, tra cui il potente massone José López Rega, detto "el brujo", lo stregone, anticomunista accanito, fondatore della Tripla A (che aveva contribuito a far crescere sottraendo segretamente fondi al suo ministero) e uomo di fiducia del capo della P2, il faccendiere italiano Licio Gelli, divenne un governo di centro-destra, e l'anziano Perón fu usato per accreditarsi presso il popolo. I gruppi peronisti radicali, come i montoneros, ne divennero nemici, e lo stesso Presidente li criticò pesantemente, dopo che essi assassinarono alcuni uomini politici vicini a Perón, tra cui il suo collaboratore José Ignacio Rucci.[41]

Durante le celebrazioni della festa dei lavoratori, il 1º maggio, il presidente Perón, a fronte di una piazza gremita per la metà di simpatizzanti dei Montoneros, a seguito dei cori e degli slogan della piazza, rinunciò al suo discorso sul sindacalismo e si lanciò in una violenta invettiva contro il movimento montonero.[42] I rappresentanti ed i sostenitori del movimento se ne andarono sbigottiti da Plaza de Mayo, dove aveva avuto luogo il discorso, e dopo la morte di Perón, avvenuta esattamente due mesi dopo, l'organizzazione si diede alla clandestinità e annunciò il ritorno alla lotta armata per fronteggiare il peronismo ufficiale, in un caos che portò al golpe militare.[43]

Il vicino Cile subì intanto la reazione degli Stati Uniti alle sue politiche anti-imperialiste, che pilotarono un golpe contro il socialista Salvador Allende, preludio a quello che sarebbe successo più tardi in Argentina. Benché Perón avesse appoggiato Allende, non poté schierarsi contro Pinochet, a

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causa della fragilità della situazione interna. Perón incontrò il dittatore cileno nel 1974.[44] Il presidente soffriva da tempo di numerosi problemi di salute, complicati da una polmonite, al punto che dovette subito demandare alla moglie gran parte del lavoro politico.[45] Juan Perón morì improvvisamente il 1º luglio 1974 nella villa di Quinto de Olivos (periferia di Buenos Aires), colpito da infarto miocardico acuto, dovuto ad una delle malattie di cui soffriva da tempo, una cardiopatia ischemica cronica con insufficienza cardiaca.[46] [47]

La successioneCon molti problemi politici ancora non risolti, a lui succedette la consorte Isabel che, in qualità di vicepresidente, venne automaticamente nominata Presidentessa ad interim fino alla fine del mandato.[47] La vedova ed erede organizzò imponenti funerali di stato e fece imbalsamare il corpo di Perón, ponendolo temporaneamente nella cappella della sua casa presidenziale, in attesa della costruzione di un mausoleo - il quale, a causa degli sconvolgimenti politici successivi, non sarebbe stato completato - dove avrebbe dovuto essere trasferito anche il corpo di Evita.[48]

Funerali di Stato di Juan Perón

Isabelita Perón iniziò una pesante repressione degli oppositori (che avrebbe portato poco dopo al fenomeno dei desaparecidos), ma si dimostrò incapace di controllare il governo, concedendo molto potere a López Rega e agli anticomunisti più estremi, finché fu rovesciata da un golpe, organizzato dai militari con l'appoggio della P2 stessa, che ne tradì la fiducia, e della CIA: il 24 marzo 1976 il suo esecutivo fu sostituito da una giunta militare filostatunitense (durata fino al 1983), presieduta fino al 1981 dal tenente generale Jorge Rafael Videla, che diede inizio agli anni del terrorismo di stato durante i quali furono sequestrati, torturati e uccisi 40.000 argentini, tra i quali moltissimi peronisti, soprattutto di sinistra. Il Partito Comunista Argentino, fedele alle direttive sovietiche che non volevano rompere i rapporti con Buenos Aires, si schierò tuttavia contro i peronisti, lasciando i montoneros in balia della repressione, additati come "guerriglieri marxisti" e massacrati così insieme a migliaia di cittadini.[41] Durante la dittatura militare, oltre ai riferimenti comunisti, venne proibito lodare o inneggiare a Perón o ad Evita, cosa considerata "azione sovversiva".[49]

I dubbi sulle originiL'esatta data e il luogo di nascita sono state messe a volte in discussione. L'anagrafe è contestata da Hipolito Barreiro, che nella sua pubblicazione Juancito Sosa, un indio Tehuelche [50] sostiene che Juan Perón non è nato a Lobos l'8 ottobre 1895, ma a Roque Perez il 7 ottobre 1893, e che fosse per metà, da parte di madre, un nativo americano della Patagonia, e non soltanto di lontane origini imparentato con questa etnia.

La teoria "sarda"

Secondo una teoria pseudostorica sostenuta e argomentata da alcuni studiosi sardi: Peppino Canneddu, Gabriele Casula, Giovanni Maria Bellu[51], Perón sarebbe stato, in realtà, un emigrato sardo, tale Giovanni Piras di Mamoiada, inventatosi natali argentini per sfuggire alla coscrizione

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durante la prima guerra mondiale. La notizia del Perón sardo appare per la prima volta nel marzo del 1951 [52] . Il ricercatore Raffaele Ballore[53] pare demolire però scientificamente la teoria sarda, anche ripercorrendo le orme del vero immigrato.

Inoltre sono sottolineate le gravi lacune nella ricerca e la confusione delle vite del Piras e del presidente Juan Perón.[54] I cognomi, con diverse grafie, Perón, Peròn e Peron sono diffusi rispettivamente in paesi di lingua spagnola, in Francia e in Italia. Il cognome Peròn risulta essere comune soprattutto nella regione francese della Bretagna, mentre Peron è diffuso in Italia, ma in Veneto e non in Sardegna, soprattutto nelle province di Padova e Vicenza.[55] È invece appurato che il nonno paterno provenisse dalla Sardegna, fatto ribadito pubblicamente dallo stesso Juan Perón e riportato nella biografia ufficiale.[56]

Profanazione della tomba e traslazione della salmaIl corpo di Perón rimase quindi al cimitero Chacarita, dove i militari lo avevano fatto seppellire nel 1976, dopo che il dittatore Videla aveva ordinato la distruzione del mausoleo in costruzione. Nel giugno del 1987 degli ignoti trafugarono le mani del presidente argentino, mutilandone il corpo, rubando anche alcuni oggetti sepolti con lui (come la spada ornamentale della sua uniforme militare) e chiedendo un riscatto pari a otto milioni di dollari al Partito Giustizialista[57]. Della vicenda non se ne seppe più nulla: una ricerca di Damian Nabot e David Cox ha sostenuto che la P2 di Licio Gelli fosse coinvolta nella dissacrazione del corpo di Perón, per un atto rituale.

C'è chi disse invece che le impronte digitali di Perón servissero alla P2 per accedere a presunti conti svizzeri dell'ex presidente e di Evita[58] o che fosse opera di criminali comuni, che speravano di ottenere un cospicuo riscatto. Nel 2006, sotto la presidenza di Néstor Kirchner, peronista di sinistra, il corpo di Perón è stato traslato nella sua definitiva sistemazione, in una tomba costruita appositamente in un terreno di proprietà del defunto leader e della seconda moglie Evita, all'interno della tenuta della villa "Quinta 17 de Octubre". Durante la cerimonia di trasferimento ci sono stati scontri armati e proteste[59].

La figura di Perón fuori dall'ArgentinaLa sua posizione ideologica ebbe in Italia un'accoglienza calorosa, alla sua assunzione di potere in Argentina. Nei manifesti politici dell'epoca, infatti, sia il Partito Comunista Italiano, sia il Movimento Sociale Italiano esaltarono la sua ascesa, sottolineando le affinità ideologiche che l'avrebbero collegato potenzialmente a questa o quella formazione politica italiana. Il Peronismo riscosse successo e simpatia sia nella destra che nella sinistra radicale.

Lotta Continua, movimento comunista extraparlamentare fondato da Adriano Sofri, sul proprio quotidiano definisce il peronismo come "uno dei fenomeni sociali, politici e ideologici più incompresi del nostro secolo".[60] Il congresso del Movimento Sociale Italiano a Roma nel 1949 si apre con tutti i delegati che gridano «Viva Perón!», mentre il settimanale di destra Il Borghese si schiera apertamente in favore del presidente argentino anche nella lotta contro il Vaticano, in quella che ritiene «la battaglia per impedire che la formula della DC si estenda anche al Sud America».[61]

Terza Posizione, movimento di estrema destra, guardò con simpatia alla lotta dei Montoneros, movimento rivoluzionario peronista di ispirazione socialista nazionale e nazionalista di sinistra,

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nato durante l’esilio del Presidente Perón.[62] Perón in una sua dichiarazione ad un giornale inglese affermò: "Gli argentini sono al 30 per cento socialisti, al 20 per cento conservatori, un altro 30 per cento è di radicali [...]"; al che il giornalista lo interruppe domandandogli: "E i peronisti?". "No, no, peronisti sono tutti quanti", affermò il Presidente argentino con estrema naturalezza.[63]

Sulla matrice politica del peronismo, peraltro, taluni autori[64] vedono il movimento argentino come la risultante dell'apporto di diverse idee politiche, portate da intellettuali cattolici e marxisti, come da esponenti della stessa classe operaia, forze che, d'altronde, furono alla base dello stesso fascismo italiano, sebbene il peronismo sotto Perón o dopo, a differenza di alcuni movimenti precedenti di estrema destra argentina attivi negli anni '30, non adottò mai simbologia fascista (come il fascio littorio, il saluto romano o la camicia nera, tipici, con varianti locali, di quasi tutti i fascismi del mondo; anzi, rifacendosi sia alla simbologia socialista e ai gesti di Evita Perón durante i discorsi pubblici, molti peronisti di sinistra adottarono il saluto a pugno chiuso [65] ) o il tipico militarismo bellicista mussoliniano, rimanendo neutro da questo punto di vista.[66]

María Eva Duarte de Perón, nata Eva María Ibarguren[1] (Los Toldos, 7 maggio 1919 – Buenos Aires, 26 luglio 1952), è stata un'attrice, politica, sindacalista e filantropa [2] [3] argentina, seconda moglie del Presidente Juan Domingo Perón e First Lady dell'Argentina dal 1946 fino alla morte nel 1952, avvenuta per un tumore, a soli 33 anni. È di solito indicata come Eva Perón, o con l'affettuoso diminutivo in lingua spagnola Evita.

Di umili origini, nacque nel villaggio di Los Toldos, presso Junín, situato circa 280 chilometri a sud-ovest di Buenos Aires, nell'Argentina rurale, il 7 maggio 1919, ultima di cinque figli.[4] Nel 1934, all'età di 15 anni, andò a Buenos Aires, capitale della nazione, dove perseguì una carriera da attrice di palcoscenico, radio e cinema.

Eva conobbe l'allora Colonnello Juan Perón il 22 gennaio 1944, a Buenos Aires durante un evento di beneficenza al Luna Park Stadium a favore delle vittime del terremoto di San Juan. I due si sposarono l'anno successivo.[5] Nel 1946, Juan Perón fu eletto Presidente dell'Argentina, proponendo una politica sociale e nazionalista, il peronismo, a cui Eva contribuì. Nel corso dei successivi sei anni, Eva Perón divenne potente all'interno dei sindacati pro-peronisti, perorando la causa dei diritti dei lavoratori e dei più poveri.[5]

La sua figura, tuttora oggetto di venerazione popolare in Argentina[6], è stata anche al centro di numerose celebrazioni postume, come il film musical hollywoodiano Evita, tratto dall'omonimo spettacolo teatrale.

Indice 1 Biografia

1.1 Infanzia 1.2 Los Toldos 1.3 L'adolescenza a Junín 1.4 La partenza per Buenos Aires e la carriera d'attrice 1.5 Il peronismo

1.5.1 La situazione politica e sociale dell’Argentina nel 1944

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1.5.2 L’incontro con Juan Domingo Perón 1.5.3 Il 1945

1.6 Carriera politica 1.6.1 Partecipazione di Evita nella campagna elettorale 1.6.2 I diritti delle donne e il Partito Peronista Femminile 1.6.3 La relazione con i lavoratori e i sindacalisti 1.6.4 Il giro in Europa 1.6.5 La fondazione Eva Perón

1.6.5.1 Il Decalogo dell’Anzianità 1.6.6 Candidatura alla vicepresidenza e malattia

1.7 La morte 1.7.1 La mummificazione e il sequestro del cadavere

2 Evita Perón nella cultura di massa 3 Pubblicazioni di Evita 4 Film recitati da Evita 5 Onorificenze

5.1 Onorificenze argentine 5.2 Onorificenze straniere

6 Note 7 Bibliografia 8 Altri progetti 9 Collegamenti esterni

Biografia

In abiti formali negli anni cinquanta

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Un'immagine degli anni '40

Infanzia

Evita nacque il 7 maggio del 1919 a “La Union” (la proprietà terriera del padre), vicino al villaggio di Los Toldos, in provincia di Buenos Aires. Era l'ultima di cinque figli illegittimi (gli altri erano Blanca, Elisa, Juan e Erminda) di un piccolo proprietario terriero originario di Chivilcoy, Juan Duarte, e della sua cuoca e amante, Juana Ibarguren.[5]

Los Toldos

Qualche anno dopo la nascita di Evita, il padre, Juan Duarte, abbandonò la famiglia per tornare a Chivilcoy dalla moglie Estela Grisolía e dai figli legittimi. Dopo l'abbandono, la madre di Evita decise di trasferirsi a Los Toldos con i suoi cinque figli. La casa era situata nella Via Francia (attualmente rinominata Eva Perón) dove oggi si trova il “Museo Municipal Solar Natal de Maria Eva Duarte de Peron”.[7]

La madre possedeva una macchina per cucire Singer, e così si mise a confezionare pantaloni per un negozio e la sorella Elisa venne assunta all'ufficio postale del villaggio, in questo modo portavano avanti l'economia della famiglia.[5]

Gli anni di Los Toldos sono stati fondamentali per rafforzare il carattere di Evita: ai suoi coetanei era vietato giocare insieme a lei e gli abitanti del villaggio la criticavano sfacciatamente discriminandola per la sua condizione di figlia illegittima. Per questo motivo la bambina era divisa tra la solidarietà verso la sua famiglia e la vergogna di appartenervi. Anche il suo carattere era diviso: allegra e capricciosa in casa e introversa quando usciva fuori.[8]

Nel 1926 il padre, don Juan Duarte, morì in un incidente d’auto. La famiglia intera partì per Chivilcoy per dare un ultimo saluto all'uomo. La morte del padre aggravò seriamente la situazione economica della famiglia.[5]

Quando Juana Ibargurez si recò a Chivilcoy con le figlie per rendere l'ultimo saluto all'uomo, Eva dovette affrontare nuove discriminazioni, sviluppando una strenua avversione verso le ingiustizie. Le figlie legittime di Duarte, infatti, non volevano lasciar entrare quelle illegittime, e fu soltanto grazie all'intervento di un parente di Estela Grisolía che le ragazze riuscirono ad avvicinarsi alla bara.[9] Eva racconterà come in quell'occasione scoprì «un sentimento fondamentale che mi domina completamente lo spirito e la volontà: questo sentimento è l'indignazione dinanzi all'ingiustizia».[10]

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L'adolescenza a Junín

La sorella Elisa fu trasferita dall’ufficio postale di Los Toldos a quello di Junín, e così Juana decise di trasferire tutta la famiglia al seguito della figlia, lasciando alle spalle numerosi debiti.[11]

A Junín la situazione economica della famiglia migliorò, quando i figli trovarono lavoro: Elisa lavorava all’ufficio postale, Blanca era maestra di scuola e Juan impiegato nell’impresa il Jabón Federal.[5]

Il carattere di Evita diventava sempre più contraddittorio: i suoi compagni di scuola la trovavano dolce ma nello stesso tempo ne conoscevano l’animo autoritario. Una delle sue compagne, Elsa Sabella, affermò che Evita voleva sempre comandare. Inoltre, era chiamata “la grande” giacché, ripetente, terminò le medie inferiori a 14 anni, quando i suoi compagni ne avevano solo 12.[5]

A Junín affiora la vocazione artistica di Eva: era la prima della classe in recitazione. Il suo idolo cinematografico era Norma Shearer, un’attrice di Hollywood. Giorno dopo giorno si convinceva che il suo destino era fare l’attrice: lo comunicò alla madre che, nonostante il carattere autoritario, non aveva principi rigidi e idee arretrate, e accettò il desiderio della bambina.[5]

La partenza per Buenos Aires e la carriera d'attrice

Esistono diverse versioni sulla partenza di Evita:

Versione di Erminda Duarte (sorella)

Evita chiese a sua madre di accompagnarla a Buenos Aires per presentarsi a un’audizione a Radio Nacional. Dopo tante esitazioni, doña Juana accettò. Evita recitò la poesia di Amado Nervo “Adonde van los muertos?” (“Dove vanno i morti?”) e il direttore della radio, Pablo Osvaldo Valle, le propose un contratto. Eva si stabilì poi a Buenos Aires presso alcuni amici della madre.[12]

Versione di Fermín Chávez (giornalista)

Evita chiese a sua madre di accompagnarla a Buenos Aires per presentarsi a un’audizione a Radio Belgrano. Per un mese, con l’aiuto della maestra Palmira Repetti, si esercitò su tre poesie: Una nube di Gabriel y Galán, El día que me quieras e Muerta di Amado Nervo. Dopo la sua audizione rientrarono insieme a Junín. La risposta della radio si fece attendere. Ciò non impedì ad Evita di dichiarare alla sua maestra: “Con o senza risposta, parto comunque”. Il fratello Juan, che svolgeva il servizio militare a Buenos Aires, si sarebbe occupato di proteggere la sorella minore dai pericoli della grande città.[13]

Versione di Jorge Capsitski e Rodolfo Tettamanti (giornalisti)

Il cantante di tango Agustín Magaldi si esibì al teatro di Junín. Juan, il fratello di Eva, lo avvicinò per parlargli di sua sorella Evita, che voleva diventare attrice. Eva fece visita al cantante nel suo camerino e lo supplicò di portarla insieme a lui a Buenos Aires. Magaldi accettò e tutto si svolse in maniera decorosa dato che lui viaggiava in compagnia della moglie.[14]

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Eva nel periodo della radio (1941)

Versione di Mary Main (biografa)

Il cantante di tango Agustín Magaldi si esibì al teatro di Junín. Evita si intrufolò nel camerino del cantante, divenne la sua amante e arrivò così a Buenos Aires, con lui.[15]

La cosa certa è che Eva Duarte arrivò il 2 gennaio 1935 a Buenos Aires, a quasi 16 anni. Inizialmente trovò alloggio vicino al Palazzo del Congresso, presso una cugina dell’attrice Maruja Gil Quesada, presentata da Magaldi. Appena arrivata, Evita si dedicò alla sola cosa che le sembrava di importanza vitale: trovare le persone e i contatti giusti per realizzare il suo sogno di attrice. Magaldi le fu di grande aiuto, infatti le presentò il regista Joaquín de Vedia e l’attore José Franco.[11]

La sua prima esperienza teatrale le fu affidata dal regista J.de Vedia e fu l’interpretazione del ruolo di cameriera, che doveva annunciare: “La signora è servita”. La compagnia di Eva Franco, la figlia dell’attore José Franco, le affidò in seguito altri ruoli. Le critiche non avevano mai concesso ad Evita aggettivi migliori di “discreta”, ma almeno non l’avevano mai trovata pessima. Benché lavorasse per un salario da miseria, continuava a recitare senza sosta. Dopo un anno dalla sua partenza da Junín, chiuso il sipario della compagnia di Eva Franco, Evita conobbe un periodo sfortunato: nessuna speranza di lavoro all'orizzonte.[16]

Nel 1936 venne assunta dalla Compagnia Argentina di Commedie Comiche di Pepita Muñoz, Eloy Alfaro e José Franco, con i quali partì in tournée. Durante il viaggio l’attore Jose Franco minacciò di licenziarla se non fosse stata disponibile alle richieste sessuali di lui. Evita trovò una buona risposta alla pretesa dell’attore e non venne licenziata ma, quando fecero ritorno a Buenos Aires, lasciò la compagnia.[5]

Le persone che conobbero Eva la ricordano come una giovane molto magra e debole, che aveva il sogno di diventare un’attrice molto importante, con una grande allegria, forza e un forte senso di amicizia.[5] Lentamente ottenne un certo riconoscimento: partecipò come attrice secondaria in un film, e comparve come modella sulle copertine delle riviste di spettacolo, ma soprattutto iniziò una carriera di successo come annunciatrice e attrice di soap opera. Nell'agosto del 1937 ottenne il suo primo ruolo in una radio; poco dopo fu assunta nella compagnia dell’imprenditrice e attrice teatrale Pierina Dealessi. Eva deve a questa donna il suo successo del 1938.[5]

Il 1º maggio 1939 la carriera di Evita subì una svolta: la compagnia del Teatro dell’Aria cominciò a diffondere una serie di radiodrammi firmati Héctor P. Bolomberg, romanziere e poeta, conosciuto

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per le sue opere teatrali di argomento storico. Protagonisti: Eva Duarte e Pascual Pelliciotta. Evita si lanciò con successo nella carriera radiofonica. Il primo radiodramma fu “Los jazmines del ochenta” (“Il gelsomino degli ottanta”), trasmessi da Radio Mitre dal lunedì al venerdì. Sempre su una sceneggiatura di Blomberg, Eva iniziò un secondo ciclo di radiodrammi, trasmessi da Radio Prieto, e successivamente un terzo. Recitò anche in un film storico sulla Patagonia, “La carga de los valientes” (La carica eroica) e fece le sue due ultime comparse in teatro con le commedie “Corazón de manteca” (Cuore di burro) e “La plata hay que repartirla” (Bisogna dividere i soldi), ma con il teatro guadagnava poco. Tuttavia nel 1941, partecipò a due film: El más infeliz del pueblo ("Il più infelice del paese"), con il celebre comico Luis Sandrini, e Una novia en apuros ("Una fidanzata nei guai") di John Reinhardt.[17]

Tra radiodrammi e film, Eva finalmente raggiunse una situazione economica abbastanza stabile da permetterle, nel 1942, di comprare un appartamento in Via Carlo Pellegrini, un quartiere molto elegante di Buenos Aires.[17]

Il peronismo

Il 22 gennaio 1944 Evita incontrò Juan Perón. In quel periodo l’Argentina stava attraversando un momento di trasformazione economica, sociale e politica.[5]

La situazione politica e sociale dell’Argentina nel 1944

Economicamente l’Argentina aveva cambiato radicalmente la struttura produttiva: nel 1943, per la prima volta, la produzione industriale aveva superato la produzione agricola.[18]

Socialmente il paese stava vivendo una grande migrazione interna: spinta dallo sviluppo dell’industria, la popolazione migrava dalle campagne per stabilirsi nelle città. La grande crescita industriale generò un processo di urbanizzazione e un notevole cambio di popolazione nelle grandi città, specialmente a Buenos Aires. La classe operaia andava sempre più aumentando e cambiava colore. I crollo o cabecitas negras (le “testoline nere”), chiamati così perché avevano i capelli, i piedi e gli occhi più scuri di quelli di qualsiasi immigrato europeo, “invasero” Buenos Aires. La grande migrazione interna si caratterizzò anche per la presenza di una grande quantità di donne, le quali cercavano di insediarsi, anche loro, nel nuovo mercato del lavoro stipendiato, che stava creando l’industrializzazione.[19]

Politicamente il paese viveva una crisi profonda dei partiti politici tradizionali, i quali avevano instaurato un sistema corrotto fondato sul nepotismo; il governo fu accusato di numerosi brogli elettorali. Questo periodo è conosciuto, nella storia dell’Argentina, come la Decade Infame (1931-1943) e fu diretto da un’alleanza conservatrice, chiamata la Concordia. Davanti alla corruzione scandalosa del governo conservatore, il 4 giugno 1943 ci fu un colpo di Stato militare che aprì un confuso periodo di riorganizzazione e rallentamento delle forze politiche. Tra gli autori del colpo di Stato del 1943 si distinse il giovane Juan Domingo Perón, colonnello dell’esercito argentino.[20]

L’incontro con Juan Domingo Perón

Il 15 gennaio 1944 la città di San Juan venne distrutta da un terremoto causando più di diecimila morti. Juan Domingo Peron, promosso sottosegretario al Departamento Nacional del Trabajo (Il Ministero del lavoro), con lo scopo di raccogliere i fondi per la ricostruzione del paese, decise di

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organizzare un festival affidato a una commissione di artisti, tra i quali anche Evita Duarte. Il 22 gennaio del 1944 durante il festival, al quale parteciparono anche i soldati dell’esercito e della marina, Evita e Perón si incontrarono[21]. Già nel febbraio seguente decisero di andare a vivere insieme, nel nuovo appartamento di Evita, situato in “Calle Posadas”. La carriera artistica di Eva continuava ad ampliarsi e in questo anno venne anche nominata presidente del sindacato chiamato Associazione Radicale Argentina.[17]

Il 1945

Il 5 ottobre del 1945, Perón deteneva tre cariche: aveva conservato quelle di Ministro del lavoro e della Guerra ed era diventato vicepresidente dell’Argentina. Perón era l’unico che si occupava dei lavoratori, infatti aveva accordato un aumento dei salari, aveva creato i tribunali del lavoro e migliorato i sistemi di aiuto sociale. Questa serie di misure popolari, gli assicuravano la fedeltà e la riconoscenza del popolo, e questo agli occhi dell’opposizione democratica e del settore militare rendeva Perón pericoloso.[22]

Il presidente Edelmiro Julián Farrell, sensibile alle critiche dell’opposizione e dei militari che temevano il potere crescente di Perón, aveva annunciato al popolo argentino che prima della fine dell’anno sarebbe stato chiamato a scegliere i propri governanti.[5]

Nella notte dell’8 ottobre venne organizzato una marcia su Buenos Aires dagli antiperonisti per sbarazzarsi di Perón. Durante un incontro tra il generale Avalos, i suoi militari e il presidente Farrell, venne deciso che Perón avrebbe dovuto lasciare subito la vicepresidenza della nazione, il ministero della Guerra e la segreteria del Lavoro.[5]

Il 10 ottobre Perón si presentò alla Segreteria del Lavoro per prendere congedo. In strada quindicimila operai si erano riuniti davanti al ministero, Evita era in strada tra gli operai.[5]

Perón disse alla folla: ”Vi chiedo di rispettare l’ordine pubblico affinché si possa proseguire la nostra marcia trionfale, però se un giorno si rivelasse necessario, vi chiederò di battervi”. Stava lanciando una sfida ai capi dell’esercito.[5]

Evita iniziava ad avere paura. La sua carriera si era conclusa: venne chiamata da Radio Belgrano per essere informata che tutte le sue trasmissioni erano state cancellate.[5]

A mezzanotte, dello stesso giorno, Evita e Perón lasciarono l’appartamento di “Calle Posadas” per rifugiarsi sul delta del Paraná. Il 13 ottobre Perón venne arrestato e deportato per volontà dei generali delle forze armate, che al loro interno erano profondamente divise sulla gestione del potere. Venne portato sull’isola deserta di Martín Gracía nel mezzo del Río de la Plata.[5] Nel giorno in cui arrivò sull’isola, Perón scrisse due lettere: una a Mercante, suo amico, e una a Evita.[23]

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Il matrimonio civile di Eva e Perón

Nella prima scrive:«...Abbiate cura di Evita. Ha i nervi a pezzi e la sua salute mi preoccupa. Non appena andrò in pensione ci sposeremo e ce ne andremo via...»

Nella seconda scrive:«Tesoro mio adorato, solo stando lontani da chi amiamo possiamo misurare il nostro affetto. Da quando ti ho lasciato, con un dolore così grande che non puoi immaginare, non sono più riuscito a calmare il mio cuore triste. Adesso so quanto ti amo e che non posso vivere senza di te. La mia immensa solitudine è piena del tuo ricordo. Oggi ho scritto a Farrell chiedendogli di accelerare la mia pensione. Non appena me l’accorderanno ci sposeremo e andremo a vivere tranquilli da qualche parte…Cosa mi dici di Farrell e Avalos? Che vergogna comportarsi così con un amico! Ma è la vita… Cercherò di andare a Buenos Aires in un modo o nell’altro, dunque puoi aspettarmi tranquillamente e badare alla tua salute. Se riesco a farmi mandare in pensione potremo sposarci l’indomani stesso. Altrimenti arrangerò le cose in maniera diversa, ma risolveremo la situazione di abbandono nella quale ti trovi ora… Tesoro mio, sii serena e impara ad aspettare. Tutto questo finirà presto e avremo tutta la vita per noi. Ciò che ho già fatto mi giustifica davanti la storia e so che il tempo mi darà ragione. Comincerò a scrivere un libro su tutto ciò e lo pubblicherò il più presto possibile. Allora vedremo chi ha ragione...»

Il 16 ottobre fu internato all’ospedale militare di Buenos Aires per una malattia, vera o fittizia. Lo stesso giorno la CGT (Confederazione Generale del Lavoro) si riunì e proclamò uno sciopero di ventiquattr’ore per il 18 ottobre. Il popolo però esausto, iniziò a non dare più ascolto nemmeno ai sindacati. Il 17 ottobre, senza che nessuno avesse dato l’ordine, non ci fu lo sciopero, ma la rivoluzione (chiamata la “marcia dei descamisados”).[5]

I "descamisados" occuparono Plaza de Mayo esigendo la liberazione di Perón, e gli stessi generali che lo avevano arrestato furono costretti a richiamarlo al Governo. Quel 17 ottobre, "il giorno della lealtà", sotto il cielo incandescente, gli uomini sudati si erano tolti le camicie, di conseguenza la parola dispregiativa “descamisados” (gli scamiciati), usata dal giornale “La Prensa”, divenne la parola che da allora in poi avrebbe designato il popolo peronista.[5]

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Il giornalista Héctor Daniel Vargas ha rivelato che Eva quel giorno era a Junín, nella casa della madre e tornò in città verso sera.[5]

Dopo la liberazione, il 22 ottobre Perón si sposò con Evita a Junín.[5]

Carriera politica

Foto ufficiale

Partecipazione di Evita nella campagna elettorale

Dopo il matrimonio, Perón fu occupato con la campagna elettorale.[5] Il 26 dicembre 1945 Evita e Perón partirono in tournée elettorale con un treno che venne battezzato “El Descamisado”, per raggiungere il Nord del paese; a questo ne seguirono altri. La grande novità di quei viaggi fu soprattutto la presenza di una donna sul treno. Fino ad allora nessuna moglie aveva mai accompagnato il proprio marito durante una tournée del genere.[5]

Evita, durante i viaggi, non aveva mai tenuto un discorso; il 4 febbraio 1946, pochi giorni prima della fine della campagna elettorale, al Centro Universitario Argentino, un’associazione di donne, organizzò un incontro per sostenere la candidatura di Perón. Il futuro presidente, non sentendosi molto in forma, decise di dare ad Evita l’opportunità di parlare al pubblico. Il risultato fu disastroso, perché il pubblico reclamò con rabbia la presenza di Perón, e impedendo così ad Evita, di poter pronunciare il suo discorso.[5]

Il 24 febbraio 1946 Juan Domingo Perón venne eletto Presidente della Repubblica argentina con il 52% dei consensi; nel 1947 fondò il Partito unico della rivoluzione che venne chiamato Partito Peronista.[5]

I diritti delle donne e il Partito Peronista Femminile

Una delle battaglie combattute e vinte da Evita Perón fu quella che portò al riconoscimento dell’uguaglianza dei diritti politici e civili tra gli uomini e le donne, con la legge 13.010 presentata il 23 settembre del 1947. Il suo impegno per la dignità della donna fu costante e la condusse il 26 luglio del 1949 alla fondazione del Partito Peronista Femminile (PPF).[24]

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Alcuni articoli della legge 13.010[25]

Articolo 1: le donne argentine hanno gli stessi diritti politici e obblighi che la legge argentina impone agli uomini.

Articolo 2: le donne straniere residenti nel paese argentino hanno gli stessi diritti politici e obblighi che la legge argentina impone agli uomini stranieri, nel caso in cui questi hanno tali diritti politici.

Articolo 3: per le donne vige la stessa legge elettorale che per l'uomo, come tutti gli atti civili ed elettorali è indispensabile mostrare un documento d'identità.

[...]

Articolo 5: non si applicherà alle donne le disposizioni e le sanzioni di carattere militare contenute nella legge 11.386. La donna che non rispetta l'obbligo di iscriversi, entro i termini, sarà soggetta ad una multa di 50 peso argentino (moneta nazionale) o la pena di quindici giorni agli arresti domiciliari, a prescindere dalla registrazione.

[...]

Ritratto ufficiale di Juan ed Eva Perón

La relazione con i lavoratori e i sindacalisti

Perón dopo la vittoria nelle elezioni deteneva molti incarichi e non poteva dedicarsi, come aveva fatto negli anni precedenti, ai diritti dei lavoratori. Fu Eva che si interessò di fare da intermediaria tra le richieste ed i problemi degli operai e Perón. L’efficienza della donna venne ricompensata con l’assegnazione di un ufficio all’interno della Segreteria del Lavoro. Fervente visitatrice di fabbriche, scuole, ospedali, sindacati, club sportivi e culturali, Eva si guadagnò la fiducia del popolo ma in particolare dei lavoratori e dei sindacalisti, stabilendo una forte ma anche complicata relazione con loro.[26]

Il giro in Europa

Un anno dopo le elezioni, Evita venne incaricata di rappresentare suo marito in un giro europeo che comprendeva come prima tappa la Spagna, successivamente l’Italia e il Vaticano, la Francia, il Portogallo, la Svizzera, il Brasile e infine l’Uruguay.[27] Secondo il giornalista Giorgio Cavalleri, Eva doveva anche portare in Argentina il denaro presente in alcuni conti svizzeri, lasciati da alcuni nazisti alla fine della seconda guerra mondiale.[28]

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Il giro in Europa fu battezzato dalla “first lady” come il “Giro dell’Arcobaleno”, come lei stessa affermò: “Sono il ponte che collega Perón con il popolo. Attraversatemi!”.

A Roma: incontro con un prelato

L’Europa del 1947 era un’Europa stremata dalla guerra appena finita. L’Europa aveva fame e l’Argentina abbondava di grano e di bestiame: questa occasione era per entrambi i continenti un’opportunità positiva.[5]

Il giro in Europa durò 3 mesi. Evita prese l’aereo il 6 giugno 1947, e arrivò in Spagna l’8 giugno 1947 all’aeroporto di Barajas dove ad aspettarla c’era Francisco Franco con sua moglie, l’intero governo ed una importante concentrazione popolare. Fu proclamato un giorno di festa nazionale; anche per il popolo spagnolo Evita era già una leggenda e a Madrid non mancò di visitare i quartieri poveri interessandosi dei problemi di tutti, abbracciando gli ammalati e regalando denaro come faceva in Argentina. Le fu assegnata per l’occasione, personalmente da Franco, la Gran Croce dell’Ordine di Isabella la Cattolica. Il viaggio in Spagna proseguì trionfale così com’era iniziato: ovunque andasse le piazze si riempivano di gente e, specialmente al Sud, l’accoglienza fu commovente.[5]

Il 26 giugno del ‘47 giunse a Roma. Il momento centrale del soggiorno romano fu rappresentato dall’incontro ufficiale con il Papa Pio XII. Il Pontefice la ricevette con tutti gli onori pronunciando qualche parola in spagnolo per benedirla, la ringraziò per l’impegno donato in favore dei poveri e assegnò al marito la Croce dell’Ordine di Pio IX. Il colloquio durò venti minuti, lo stesso tempo concesso alle regine, e si concluse con l’omaggio di un prezioso rosario [5] , lo stesso che le fu messo tra le mani il giorno della sua morte.[29] Il viaggio proseguì poi in Portogallo, Francia e Svizzera.[30]

Il 23 agosto 1947 arrivò in Argentina. Un tappeto rosso era steso dalla banchina alla Dogana. Perón, doña Juana, le sue tre sorelle e tutti i membri del governo l’aspettavano su una tribuna improvvisata. La folla era immensa.[5]

La fondazione Eva Perón

Il lavoro di Evita all’interno del governo peronista era orientato all’assistenza sociale con lo scopo di combattere la povertà. Subito dopo il ritorno dal suo tour europeo, Evita organizzò un'assistenza

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sociale dal nome Crociata Maria Eva Duarte de Peron che si occupava di dirigere l'assistenza infermieristica e le donne senza fissa dimora, concedendo sussidi e case temporanee. L’8 luglio 1948 creò la Fondazione Eva Perón, presieduta da lei stessa, che si occupava di migliorare le condizioni di vita dei bambini, degli anziani, delle ragazze madri, e donne appartenenti alle classi più povere della popolazione. La Fondazione condusse una vasta gamma di attività sociali, dalla costruzione di ospedali, case di cura, scuole, campi estivi all’assistenza e promozione delle donne.

Evita acclamata dai descamisados

La Fondazione si sviluppò secondo tre direttrici: sociale: con aiuti finanziari a chiunque li chiedesse, con la creazione di posti di lavoro,con la concessione di borse di studio, con la costruzione di case popolari; educativa: con la costruzione di scuole, la realizzazione di mense per gli scolari, la costruzione di convitti annessi alle principali scuole; con i famosi "Juegos Infantiles Evita y Juveniles Juan Perón" con i quali 100.000 bambini e ragazzi provenienti da famiglie povere poterono accedere all'attività sportiva con ovvi benefici per la loro salute essendo sottoposti a continui controlli medici; di sanità pubblica:con la costruzione di ospedali,di scuole per infermiere, di laboratori di igiene e profilassi, di case di cura per anziani, ponendosi l'obiettivo di sradicare alcune malattie endemiche dell'Argentina di quei tempi, quali la tubercolosi, la malaria, la sifilide e la lebbra.

Tra le opere realizzate dalla Fondazione c’è il complesso d’abitazioni “Ciudad Evita” (nel quartiere de La Matanza) e molti ospedali, 13 in tutto, che ancora oggi portano il nome di Evita, Eva Perón o la “República de los Niños en Gonnet” (in provincia de Buenos Aires).[5]

Il Decalogo dell’Anzianità

La preoccupazione speciale di Evita per gli anziani la portò a scrivere e a proclamare il 28 agosto del 1948 il “Decálogo de la Ancianidad” (Decalogo dell’Anzianità), ovvero una serie di diritti degli anziani.

Diritto all'assistenza: tutti gli anziani hanno diritto ad una protezione completa per conto della loro famiglia. In caso di necessità, lo Stato, fornirà tale protezione direttamente o tramite istituti o fondazioni create a tale scopo[...]

Diritto alla casa: il diritto ad un alloggio con i comfort minimi di igiene è una requisito inerente alla condizione umana.

Diritto all'alimentazione: deve essere fornita in modo particolare un'alimentazione sana e adeguata all'età e allo stato fisico di ogni anziano.

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Diritto al vestiario: il vestiario decoroso e appropriato al clima completa il diritto sopra citato.

Diritto all'attenzione della salute fisica: la cura della salute fisica degli anziani deve essere una preoccupazione permanente.

Diritto all'attenzione della salute mentale: è necessario assicurare il libero esercizio di espansione spirituale, concorde con la morale e il culto.

Diritto al tempo libero: alla persona anziana deve essere riconosciuto il diritto di godere un minimo di intrattenimenti in modo da poter affrontare con soddisfazione le loro ore libere.

Diritto al lavoro: Quando lo stato di salute e le condizioni dell'anziano lo permettono, l'occupazione attraverso il lavoro produttivo deve essere fornito. Si eviterà così il declino della personalità.

Diritto di espansione: il patrimonio dell'anziano è quello di godere della tranquillità, libero da ansie e preoccupazioni negli ultimi anni di esistenza.

Diritto al rispetto: l'anzianità ha il diritto al rispetto e alla considerazione degli altri.[25]

Candidatura alla vicepresidenza e malattia

Eva Perón pronuncia un discorso alla Casa Rosada

Il 9 gennaio 1950 Evita svenne in pubblico e venne operata tre giorni dopo di appendicite, ma le venne diagnosticato anche un tumore all’utero.[5]

Menu0:00Discorso di rinuncia alla candidatura

La campagna ufficiale per la candidatura presidenziale Perón-Eva Perón iniziò il 2 agosto 1951, con l’arrivo di duecento sindacalisti venuti ad incontrare Perón per chiedergli di accettare la rielezione e per esprimere il desiderio che Evita facesse parte della formula. Perón non rispose alle richieste e per questo motivo venne fissata una nuova data; il 22 agosto i sindacalisti si presentarono di nuovo per chiedere a Evita e Perón di depositare le loro rispettive candidature.[31] La manifestazione non si svolse sul balcone della Casa Rosada, la casa ufficiale del governo argentino (si temeva che la piazza tradizionale non fosse sufficientemente capiente per contenere la folla) ma si svolse nell’Avenida 9 de Julio, un pezzo di pampa, la vasta pianura dell'Argentina, della larghezza di un isolato.[5] Evita voleva guadagnarsi un posto nella scheda elettorale come candidata alla vicepresidenza; questa mossa preoccupò molto i capi militari e i gruppi più conservatori, i quali

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cercarono in tutti i modi di evitare la candidatura. Evita, comunque ricevette un gran supporto dalla classe operaia e dalle donne peroniste, un supporto così intenso che sorprese Juan Perón stesso.[5]

Alla manifestazione, la folla chiese ad Evita di annunciare pubblicamente la sua candidatura come vicepresidente. Evita rispose chiedendo qualche giorno in più per prendere la sua decisione definitiva ma il popolo insisteva “Ahora, Evita, ahora!” (“Ora, Evita, adesso”) e urlava "¡Evita, Vicepresidente!" alla fine giunsero ad un compromesso, Evita comunicò al pubblico che avrebbe annunciato la sua decisione alla radio qualche giorno dopo.[32]

Nove giorni dopo, Evita mandò un messaggio radiofonico al popolo argentino, annunciando la sua intenzione di rinunciare. «Ho solo un’ambizione personale» disse «Che il giorno in cui si scriverà il capitolo meraviglioso della storia di Perón, di me si dica questo: c’era, al fianco di Perón, una donna che si era dedicata a trasmettergli le speranze del popolo. Di questa donna si sa soltanto che il popolo la chiamava con amore: Evita».[5]

Gli svenimenti di Eva continuarono fino al 1951, anche durante la cerimonia peronista del 22 agosto. Evita era molto debole e l’avanzamento del cancro la costringeva al riposo.[5]

La morte

Eva Perón vota in ospedale nel 1951

Il 5 novembre 1951 fu operata dal famoso oncologo statunitense, George Pack, nell’ospedale Avellaneda (l’attuale “Hospital Interzonal General de Agudos Presidente Perón”), costruito dalla sua Fondazione. Sei giorni dopo votò dal suo letto d’ospedale per le elezioni generali, Perón venne eletto presidente per la seconda volta. Attualmente la camera d’ospedale è stata convertita in un museo.[5]

4 giugno 1952, seconda parata inaugurale di Perón: l'ultima apparizione pubblica di Eva

Il 15 ottobre 1951 era uscito il suo libro autobiografico “ La razón de mi vida” , scritto con l’aiuto dello scrittore spagnolo Manuel Pennella; la prima edizione pubblicò 300.000 copie. Dopo la morte di Evita il libro diventerà lettura d’obbligo nelle scuole.[5]Il 7 maggio 1952, giorno del suo compleanno, Perón la nominò Leader Spirituale della Nazione

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argentina.[33] Era costretta a letto la maggior parte del tempo e arrivò a pesare solo 37 kg. Circa un mese dopo, il 4 giugno 1952, molto provata, comparve per l'ultima volta in pubblico, al fianco di Perón, in piedi sull'auto presidenziale per la seconda parata inaugurale. Evita riuscì a sostenere l'impegno solo con l'uso di molti antidolorifici.[34] Il 18 luglio Eva entrò in coma e morì all’età di 33 anni, il 26 luglio 1952, alle 20:23, anche se, nella comunicazione della morte, l’orario venne modificato con le 20:25. Prima di perdere conoscenza, il 18, Eva volle Perón al suo fianco, insieme alla madre e alla sorella, nonostante si dica che il loro matrimonio era ormai di facciata; al momento della morte, il 26, Perón era invece nel corridoio dell'ospedale a fumare.[35] A partire dal giorno della morte, fino alla caduta del regime di Perón, i notiziari della sera si interrompevano ricordando: "Sono le 20:25 minuti, l’ora in cui Eva Perón è passata all’immortalità".[36] Venne proclamato il lutto nazionale per un mese.[5]

La mummificazione e il sequestro del cadavere

Secondo quanto disse Perón, il desiderio di Evita era quello di non essere sotterrata poiché già sapeva, in ogni caso, che l’avrebbero esposta. Il medico spagnolo Pedro Ara mummificò il cadavere di Evita, che fu coperto da una bandiera bianca e azzurra e venne posto in una bara chiusa da un vetro trasparente ed esposto alla Segreteria del Lavoro.[37]

Funerali di Evita Perón

La fila dei visitatori raggiunse circa i due chilometri. Le persone aspettarono anche per dieci lunghe ore pur di dare l’ultimo saluto a Evita.[5]

Il 9 agosto la bara venne posta su un affusto di cannone, circondata da una marea di fiori e da due milioni di spettatori, portata prima al Congresso, poi alla CGT (Confederazione Generale del Lavoro) dove rimase.[5]

Il 23 settembre 1955 scoppiò quella che venne chiamata la “Revolución Libertadora”. L’insurrezione depose Perón.[38]

Il dottor Ara si presentò alla Casa Rosada per informare il generale Eduardo Lonardi, salito al potere, che Perón gli aveva lasciato il corpo di Eva; al colloquio partecipò anche il tenente colonnello Carlos Eugenio Moori Koenig, nominato capo del servizio informazioni dell’esercito.

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Nei mesi successivi Koenig cercò di elaborare nella sua mente un progetto, in seguito chiamato “Operazione Evasione”, di cui rese partecipe anche il generale Pedro Eugenio Aramburu, che il 13 novembre sostituì il generale Lonardi. Lo scopo del progetto era nascondere la salma di Eva poiché i militari della “Revolución Libertadora” temevano che qualsiasi posto destinato a ospitare quei resti si sarebbe trasformato in un luogo di culto.[5] Tre giorni dopo della salita al potere di Aramburu, la CGT venne occupata dall’esercito e nella notte del 22 novembre venne sequestrato il cadavere di Evita. Moori Koenig mise il cadavere in un furgone, dove lo lasciò per diversi mesi: le spoglie vagarono in numerosi edifici militari sempre sotto sorveglianza, protetta e nascosta.[5] Quando il colonnello Koenig si rese conto che non poteva continuare a spostare la salma di Evita da un luogo all'altro, la trasportò nel suo ufficio, nella sede centrale del servizio informazioni, dove rimase fino al 1957.[5]

Il generale Aramburu, dopo aver ottenuto tutte le autorizzazioni per seppellire Evita dignitosamente, si mise in collaborazione con un prete italiano e uno argentino per trasportare la salma in Europa.[5]

Evita fu seppellita sotto il nome di Maria Maggi de Magistris nel cimitero Maggiore di Milano.[5] Solo nel 1974 il corpo tornò in Argentina, dove nel 1976 fu seppellita per ordine dei militari nel cimitero della Recoleta, nella cappella della famiglia Duarte.[39]

Evita Perón nella cultura di massaLo stesso argomento in dettaglio: Evita Perón nella cultura di massa.

Il revival londinese di Evita all’Adelphi Theatre nel 2006

La figura di Evita Perón e la sua vicenda umana - che hanno commosso la fantasia popolare di tutto il mondo nell'immediato dopoguerra - ha ispirato, oltre che numerosi scrittori, anche il mondo della musica e del cinema. La sua immagine divenne di culto nel suo paese tanto che le furono dedicate città, una provincia e la sua autobiografia La razón de mi vida (La ragione della mia vita) divenne testo obbligatorio nel sistema educativo argentino. Evita fa parte anche dell'immaginario politico come emblema della sinistra peronista argentina, invisa alle classi elevate anglofile.

È famoso il musical Evita del compositore inglese Andrew Lloyd Webber, portato anche sullo schermo in un film dal titolo omonimo con Madonna e Antonio Banderas (in una parodia di questo musical, in un episodio della serie animata I Simpson Lisa diviene presidentessa degli studenti).

In Italia, invece, il Quartetto Cetra le dedicò, quando era ancora in vita, il motivetto A pranzo con Evita. Anche il cantautore Skoll, di musica alternativa, ha scritto tre canzoni su di lei (Palabras de vida, Le strade di Buenos Aires, Evita) raccolte nell'album Evita.

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