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Marketing 5 CFU prof. Cozzi Appunti e materiale a cura di Alessio Brunelli

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Marketing 5 CFU – prof. Cozzi

Appunti e materiale

a cura di Alessio Brunelli

Cos'è il marketing? (Impresa progetto numero 1 2009 articolo del prof):

senso ampio → concetto di marketing inteso come filosofia di gestione e controllo delle

imprese, altro senso → il marketing inteso come funzione aziendale specialistica.

Il marketing come filosofia gestionale

il marketing è guardato dalle imprese che considerano come base delle proprie decisioni

strategiche operative i bisogni e le aspettative dei consumatori e i loro comportamenti e

atteggiamenti per poi definire, sulla base anche dell'ambiente competitivo, delle

strategie con cui viene approcciato il mercato di sbocco e organizzare i processi e le

attività che consentono di operare nel mercato di sbocco in modo uniforme con le

decisioni assunte e controllando anche le politiche attraverso il grado di apprezzamento

del consumatore.

Scaviamo all'interno di questa filosofia attraverso la definizione di 4 principi che sono

quello che accade teoricamente e cronologicamente in una ipotetica impresa:

individuazione dei bisogni e dell'ambiente mercato non solo sul lato della domanda ma

anche dell'offerta quindi i concorrenti allo scopo di poter valutare le opportunità e le

minacce che possono presentarsi e delineare i punti di forza e di debolezza (analisi swot).

Ovviamente si parte sempre da competenze risorse cioè capacità distintive che si

intendono valorizzare non spaziano in qualunque possibile direzione. Occorre subito

definire alcuni concetti chiave:

Aspettative → forme storiche cioè del passato e progettuali cioè rivolte al futuro che

assumono i bisogni umani. Processi di formazione e di specificazione delle aspettative dei

consumatori: si formano sulla base di fattori che variano al variare di contesti socio-

culturali e ovviamente anche di carattere economico e psicologico. Questi fattori sono

esterni al mercato e all'impresa quindi essa non può influire se non in minima misura ma

deve conoscere il più possibile questi fattori per misurarsi in modo più efficace con i

concorrenti e non solo. Specificazione delle aspettative cioè trasformazione di aspettative

in correnti di domanda verso un certo prodotto. Nessuna impresa può influire sulla

formazione delle aspettative (non può intervenire sulle capacità economiche degli

acquirenti) mentre la domanda non è autonoma ma è sempre connessa all'offerta ma

cmq i consumatori possono scegliere sempre ma devono sempre scegliere cose che sono

all'interno dell'offerta non può scegliere cose che non esistono. Quindi il consumatore è

sovrano se il mercato è efficiente e significa libertà di scelta tra alternative disponibili non

che deve essere sempre soddisfatto in qualunque misura.

Mercato: non quello monopolistico o collusivo ed esso è quell'istituzione che seleziona i

processi di specificazione delle aspettative e per fare ciò occorre che il mercato funzioni.

Secondo principio: un processo decisionale orientato al marketing implica l'effettuazione

di tre decisioni: che cosa offrire, a chi offrire e come offrire nel mercato di sbocco.

Parla di benefici cosa intende? C’era la campagna pubblicitaria quella di Ceres c'è

prima di quella era distribuita principalmente nei pubblici esercizi e si confondeva un po'

con altri prodotti essendo non differenziata hanno fatto un indagine sul piano delle

aspettative e ascoltavano attentamente il loro linguaggio e le musiche e stavano dove

bevevano i giovani e allora è importante connettere a questa birra dei benefici

immateriali connessi con i benefici che i giovani trovano nelle loro serate. A chi? 15-16

anni che frequentano i pub la sera. Poi bisogna valutare il posizionamento competitivo

nei confronti dei più forti concorrenti e questo le ha permesso un bel posizionamento nella

quota di mercato.

Terzo principio: porre in atto dei processi di attività che spesso implicano il coordinamento

tra funzioni aziendali diverse (non solo area marketing) attraverso cui si realizzano prodotti

o servizi (meglio guardare slide).

TEORICO PROCESSO DECISIONALE DELL'IMPRESA ORIENTATA AL MERCATO.

Quarto principio: svolgere costantemente indagini per controllare i livelli di soddisfazione

degli utilizzatori (customer satisfation).

Negli anni 60-70 i principi di marketing hanno modificato la finalità caratteristica

dell'impresa quindi il consumatore era messo al centro del mondo economico e

vincevano quelle imprese che meglio di altri sarebbero riuscite a soddisfarne i bisogni → il

profitto è il premio per l'impresa per aver azzeccato i gusti dei consumatori: c'è del vero

ma sono eresie. La finalità caratteristica dell'impresa è quella di sopravvivere e se possibile

svilupparsi e nel medio periodo offrire una remuneratività soddisfacente agli azionisti e di

rischio fronteggiabile operando in un contesto di mercato e essendo quindi sottoposto al

controllo competitivo. Il fatto di partire dalle aspettative dei consumatori e di valutare

attentamente i consumatori questo non modifica le finalità caratteristiche dell'impresa. Il

marketing tenderà comunque ad aumentare il valore d'uso immettendo elementi di

imperfezione nell'ambiente competitivo quindi il marketing non è quella rivoluzione

copernicana raccontata negli anni 60 70. Il valore di scambio è definito dal mercato

quindi dall'ambiente competitivo e poi il valore-costo; se faccio marketing aumento il

costo ma se lo faccio bene aumenta il valore di scambio e quindi anche il valore d'uso.

Valore di scambio e valore d'uso questa differenza è il valore per il consumatore mentre

valore d'uso meno valore di costo è la soddisfazione dell'azionista. Tutto questo porta a

dire che la stessa soddisfazione del consumatore è comunque strumentale rispetto alla

finalità caratteristica dell'impresa che rimane consolidata quindi nei vecchi slogan si

confondeva un fine con uno strumento.

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La finalità caratteristica dell'impresa non cambia anche quando ci troviamo di fronte ad una

filosofia gestionale orientata al mercato. L'orientamento al marketing deve essere strumentale alla

finalità. Valore di scambio è il prezzo che si forma nell'ambito dei mercati, valore di costo è il

valore di costo unitarie che l'impresa sostiene. Nel primo istogramma non c'è il marketing mentre

negli altri due si, il marketing fa aumentare il valore d'uso ed anche il valore di scambio e può

influire sul valore costo aumentandolo o riducendolo a seconda delle economie di scala presenti nel

mercato (statiche, dinamiche e di apprendimento). La soddisfazione dell'utilizzatore è la differenza

tra VU e VS con l'orientamento al marketing questo tende ad aumentare, e il marketing può anche

svolgere una funzione per aumentare la differenza tra VS e VC che è il valore dell'impresa cioè

dell'azionista e del manager. Alcuni studiosi dicono che il marketing potenzia la teoria di Smith

della mano invisibile ma essa presuppone che i beni siano perfettamente sostituti e che comunque

sono uguali mentre la teoria dell'orientamento al mercato presuppone proprio di creare una

differenza con i concorrenti che permetta di spuntare un prezzo più elevato

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Il mercato è una istituzione che consente al consumatore la specificazione di aspettative analoghe a

fronte di processi d'offerta diversi. L'orientamento al marketing allontana dal mercato di

concorrenza perfetta: domanda di una specifica impresa si allontana dalla domanda di un settore.

Nella logica del marketing come filosofia aziendale deve collocarsi il concetto di sovranità del

consumatore e anche il concetto di sovranità dell'impresa ovvero essa in funzione delle proprie

capacità distintive e delle valutazioni circa la domanda delle aspettative che possono essere

specificate per creare un vantaggio competitivo difendibile queste scelte sono fatte non solo sulla

base della valutazione delle aspettative da specificare e di domanda che può essere attratta ma è

fatta anche in base alle valutazione delle proprie capacità e debolezze e sulla capacità di creare

vantaggi competitivi difendibili quindi è sovrana anche lei e possono svilupparsi situazioni in cui

aspettative non vengono soddisfatte per il motivo che in questa fase a nessuna impresa viene

spontaneo o ritiene di poter accettare una sfida troppo oneroso o rischiosa atta a cercare di

specificare queste aspettative.

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La filosofia gestionale di marketing richiede alcune precondizioni che occorre specificare:

tutti i processi aziendali devono essere allineati all'orientamento al mercato di sbocco,

l'orientamento al mercato deve essere nella mente di chi governa l'impresa e anche nella cultura

aziendale e dai sistemi di selezione e formazione delle risorse umana e dipende dai sistemi

informativi interni e spesso dai sistemi informativi che connettono l'impresa con altre imprese.

Dipende anche da una tensione verso l'innovazione e quindi essa deve esserci per attuare il

marketing non ovviamente innovazioni grandi di prodotto, anche dalla tensione verso la continua

ricerca di di nuove modalità di creazione del valore quindi deve essere basata su un apprendimento

continuo. Dipende infine dalle risorse disponibili e dedicate al marketing, molte attività richiedono

grandi risorse ad alto rischio con ritorno differito o che investono grandi capacità umane.

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Molto spesso i modelli di marketing accentuano elementi che fino a qualche anno or sono erano

lasciate ai margini specie quelle di carattere psicologiche e anche risorse che derivano dalle nuove

tecnologie di informazione, quindi c'è un continuo avanzamento di modelli. Ma quello che conta

nelle imprese non conta tanto che essa aderisca al modello più avanzato proposto nel presente ma

deve essere appropriato al proprio business model e allo specifico ambiente in cui l'impresa si trova

ad operare e anche ad alcune condizioni interne ovvero il suo sistema tecnico cioè il suo grado di

flessibilità e di nuovo dipende dalle disponibilità. Cercare la forma di marketing più appropriata in

funzione di tutti questi elementi. Il problema della appropriatezza è molto importante e ci sono

grandi multinazionali che hanno acquisito piccole e medie imprese per trasformarle in filiali e

hanno applicato i modelli di marketing più avanzati adottati dalla stessa multinazionale e hanno

fatto dei buchi nell'acqua perché non erano appropriati.

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L'appropriazione va considerata in funzione di diversi fattori visti precedentemente.

Attenzione anche al trasferimento acritico del marketing delle imprese a organizzazioni diverse

dalle imprese perché è un modo di pensare che non porta da nessuna parte avendo finalità

caratteristiche diverse (spunto di riflessione).

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Da ora vediamo il marketing come funzione aziendale specialistica e su questo si andrà avanti per

tutto il corso. Questo dal caso di un imprenditore proprietario che è aiutato da uno staff e fortemente

orientato al marketing fino al caso estremo di grandi imprese che delegano la gestione di marketing

e il controllo sull'efficacia e efficienza. La funzione di marketing è una delle cosiddette funzioni di

confine dell'impresa perché deve filtrare ed attivare filtri di informazione che travalicano i confini

dell'impresa. I confini sono delimitati dal controllo proprietario che l'impresa può esercitare.

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Distinguiamo il filtro e l'attivazione di questi flussi di informazione. Attivazione di flussi

informativi in entrate: il marketing information attiva flussi di questo tipo ovvero ricerca esamina

informazioni che possono essere utili per ridurre l'incertezza di decisioni che l'impresa deve

prendere, oppure deve conoscere le informazioni sull'ambiente generale tipo un cluster per

conoscere il prodotto oppure conoscere il contesto politico ed istituzionale di un paese per sapere

come agire anche l'automobile con le sue connessioni con l'ambiente e le fonti energetiche per cui è

importante sapere cosa bolle in pentola Obama o Merkell, anche raccolta di flussi informativi per

conoscere le aspettative dei consumatori e poi anche l'ambiente mercato cioè domanda e sua

evoluzione e distribuzione sui segmenti di mercato. Flussi informativi in uscita: quindi quelli che

l'impresa attiva nei confronti del mercato di sbocco un esempio è il prezzo, oggi è particolarmente

importante l'attivazione di flussi verso la supply chain. Altra funzione è quella di filtro cioè

selezione dei flussi: un'impresa se non operasse con dei forti selettori si avrebbe solo un grande

caos, ma quali sono gli elementi di selezione? In entrata si ricercano solo quelle informazioni che

chi governa l'impresa ritiene utili per ridurre l'incertezza delle proprie decisioni quindi questo filtro

è diverso da impresa ad impresa perché dipende dalla propensione al rischio di una certa impresa.

Anche i flussi in uscita sono sottoposti a filtro: non si danno tutte le informazioni riguardo alla

propria offerta quindi si daranno quelle informazioni con quelle modalità che l'impresa ritiene utili

per aumentare la percezione della propria offerta, per influire sulle preferenze e per spingere il

target a comportamenti di acquisto.

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La funzione di marketing come funzione specialistica presuppone una concezione di impresa come

sistema: cioè parliamo di un'impresa come un sistema cibernetico e aperto. Cibernetico: sistema

capace di regolare la coerenza tra input e output emessi e di autoregolarsi se questa coerenza viene

meno. Aperto: acquisisce per i propri processi input effettivi ed informativi ed emette output.

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Per operare come sistema cibernetico aperto l'impresa deve disporre di certi subsistemi. Subsistemi

sensori quindi input di carattere informativo, sub di comunicazione cioè le informazioni devono

essere comunicate per fare decisioni, sub di memoria come degli archivi che servono per salvarle se

funzionano, sub decisori che possono essere divisi in tre subsistemi: strategici → tutto ciò che

direttamente o indirettamente comporta un cambiamento del rapporto tra il sistema impresa e

l'ambiente esterno. Amministrativo → è una capacità che tende ad ottimizzare l'uso di tutte le

risorse acquisibili dall'impresa cioè minimo costo massimo risultato. Operativo → per connettere le

varie fasi. L'attuazione di tutti questi processi dovrà essere sottoposto ad un controllo di efficienza e

anche controllo di efficacia cioè di avvalersi di sistemi tipo customer satisfation per riattivare input.

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Marketing come funzione specialistica: ricerca di mercato per mercato di sbocco per una certa area

di prodotti in una certa zona allora questa azione potenzia il sistema sensorio dell'impresa cioè

potenzia i flussi informativi in entrata. La product idea che è il prodotto con anche tutte le sue

accezioni immateriali questo potenzia.... certi controlli interni di efficienza come l'efficienza della

rete di venditori cioè quante visite alla settimana hanno fatto spesso il marketing sviluppa anche dei

controlli di efficienza interna quindi potenzia il sistema di controllo. Il marketing dovrebbe

soprattutto sviluppare controlli sulla customer satisfation quindi potenziare continuamente il

controllo esterno. Quindi il marketing può potenziare un po' tutti i subsistemi aziendali.

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Mettendo insieme i vari modi di potenziamento dei subsistemi si può creare uno schema

complessivo evidenziando le connessioni tra ruoli e funzioni. Ci sono tre grandi aree del marketing

e non in tutte le imprese sono presenti: marketing information → serve per fare strategie e strategia

di elaborazione del marketing mix dell'impresa. Poi questa si sostanzia in singole strategie di

mercato P1 P2 P3... queste politiche sono quelle con cui specifica le aspettative e anche determina i

gradi di soddisfazione dei clienti. La subarea dell'ambiente generale influiranno anche sui

concorrenti. Subarea del mercato dal lato dell'offera quindi i concorrenti cosa offrono. E poi ci sarà

il mercato in cui si incontra domanda ed offerta (SPE). FOR processi di formazione delle aspettative

di carattere economico il potere di acquisto il carattere psicologico socio-culturale. Questo schema

sintetizza tutti i contenuti del corso base di marketing.

Esempio: per applicare lo schemino a situazioni concrete grande imprese di distribuzione come

COOP→ FOR: non serve un analisi molto approfondita dei bisogni mentre è importante capire i

processi di specificazione per quello che riguarda la spazialità e di mobilità territoriale. AGE: sono

fondamentali i fattori di carattere macroeconomico come ad esempio oggi nella crisi la parte del

reddito che è vincolata al soddisfacimento di bisogni divenuti obbligatori, la distribuzione del

reddito, la regolazione delle attività commerciali, fattori di carattere tecnologico come ad esempio

l'allocazione ottimale degli spazi sugli scaffali nei punti di vendita e ci sono software molto

complessi che aiutano in queste decisioni, il self scanning. CON: quali sono le forze competitive?

Concorrenza orizzontale omogenea cioè tra tipologie di punti di vendita come supermercato di

piccola e media taglia, l'ipermercato che si rivolgono ad aree di gravitazione comuni, la concorrenza

orizzontale eterogenea, concorrenza verticale cioè relazioni tra distribuzione e imprese produttrici.

SAA: trade marketing cioè strategie nei confronti dei produttori, poi decisioni marketing in senso

stretto cioè decisioni di segmentazione di mercato o meglio per coop si parla di

microsegmentazione, posizionamento delle immagini e delle insegne commerciali. Poi le analisi

riguardanti la localizzazione dei punti di vendita. SFM: non tanto le 4 P ma assortimento, il prezzo

di breve e lungo periodo, il core merchandising, il sevizio del personale con analisi interne.

Abbiamo applicato lo schema.

Lo schema indica i contenuti di una generica funzione di marketing specialistica, nulla dice sugli

organi che possono svolgere questa funzione.

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Questa funzione può assolvere sia a funzioni di staff che di line. Organo di staff non ha alcuna

rilevanza a quale livello gerarchico si stabilisca, contribuisce a fare prendere decisioni ad un certo

livello gerarchico: la squadra che assiste Marchionne nella direzione strategica di Chrisler. Quindi

questa non ha deleghe di funzioni operative e decisionali. Un organo di line può collocarsi a diversi

livelli e a cui viene delegato da un organo superiore un insieme di responsabilità di carattere

operativo e gli viene dato un budget per compiere la sua attività: nel caso del marketing un organo

di line è quello a cui viene delegato la programmazione e il controllo di alcune o anche tutte le

politiche di mercato. Immaginiamo un impresa che abbia la classica struttura organizzativa di

carattere funzionale: il vertice delega la responsabilità per le specifiche aree gestionali (finanza,

produzione, marketing, risorse umane, ricerca e sviluppo). Si può avere un unica line a cui viene

delegata la gestione e il controllo delle attività commerciali e di vendita. Oppure possiamo trovare

una doppia line quindi una line responsabile della sezione marketing (programmare attività nei

confronti del mercato di sbocco) e altro responsabile delle attività commerciali e di vendita →

questa soluzione comporta una maggiore specializzazione nelle competenze ma ha uno svantaggio

cioè il sorgere di visioni diverse tra il commerciale (più pratico) e il marketing (visione orientata a

medio periodo e predisposizione per vedere le politiche delle altre imprese). Oppure una line con

diversi staff che aiutano il commerciale e il marketing. Se ci sono due line quando insorgono dei

conflitti è lo stesso organo superiore che deve risolvere i conflitti e quindi sovraccarico di attività

demandate all'organo superiore.

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L'attività di marketing può anche non inserirsi in strutture operative istituzionalizzate:

l'imprenditore con pochi collaboratori gestisce il marketing della piccola e media impresa.

Poi possono esserci struttura di carattere funzionale (distribuzione dei compiti per funzioni) poi

abbiamo a diversi livelli delle strutture che tagliano l'organizzazione relativamente al perseguimento

di specifici scopi. Nel campo del marketing ci sono strutture organizzative di questo tipo: product

manager → al di sotto della funzione marketing funzioni ha la delega di intercettare le funzioni

aziendali relative a specifiche marche gestite dall'impresa. → ha una visione ampia di tutto il

processo e può intervenire affinché vengonano rispettate gli scopi di un certo piano marketing. Ma è

un manager senza potere perché le decisioni sono state prese da livelli superiori e non ha il potere di

intervenire nelle decisioni.

Altro modo di organizzare la funzione di marketing che riguarda lo sviluppo di strutture innovative

tipo nuovi prodotti in una certa impresa → coloro che vengono chiamati per le loro competenze

specialistiche a far parte di un team perdono il loro livello gerarchico e nel team hanno la stessa

posizione di colore che hanno livelli gerarchici più alti o più bassi come team che richiedono forte

interazione tra competenze diverse, all'interno del team si possono anche trovare persone che

dipendono da imprese fornitrici o soggetti anche che provengono da centri di ricerca e sviluppo di

carattere non aziendale tipo universitario.

Altro modo ancora caratteristico di imprese che operano con business to business (il cliente è

un'altra impresa). Visto che è importante l'interazione tra tecnici delle due imprese allora il

marketing è una funzione diffusa in tutta l'organizzazione coordinata ai livelli più alti; i tecnici delle

due imprese si confrontano e attuano il marketing senza che sia la loro specifica funzione.

Abbiamo visto finora il marketing come funzione aziendale di carattere specialistico oltre che come

filosofia aziendale. Approfondiamo un aspetto: cerchiamo di vedere come una strategia aziendale

nel suo complesso può essere considerata dal punto di vista del marketing di successo: quali sono le

condizioni che dal punto di vista del marketing abbia caratteristiche di successo:

dovrebbe darsi due obiettivi fondamentali

Mercati obiettivo: siccome dobbiamo riferirci a degli specifici insiemi di utilizzatori almeno

potenzialmente interessati a quello che l'impresa offre allora dobbiamo essere molto precisi a

descrivere il mercato obiettivo e le carattistiche di coloro che appartengono a specifici mercati

obiettivo. Analisi di segmentazione del mercato per individuare nell'ambito di mercati generici dei

gruppi di consumatori omogenei sotto il punto delle aspettative che hanno dal prodotto, le

aspettative devono essere sufficientemente omogenee tra loro e sufficientemente diverse da quelle

degli altri segmenti.

Sistema-prodotto: in una logica di marketing un prodotto deve essere inteso come un paniere di

attributi. Scaffale di un supermercato che espone marche di dentifrici che anche grazie alla

comunicazione pubblicitaria si presentano come degli strumenti paracosmetici: sorriso, denti

bianchi, alito profumato – oppure altri che si presentano come medici: protegge da virus ecc –

oppure altri che hanno strisce colorate per riuscire a convincere il bambino a lavarsi i denti. Chi ha

scavato nel campo dei dentifrici dal punto di vista psicologico ha visto che i soggetti che lo

preferiscono risponde a profondi bisogni di sicurezza nei rapporti con gli altri, quelli medici

bisogno di autostima, quelli dei bambini sono bisogni di amore quindi sono bisogni profondamente

diversi. Ci sono casi in cui è la stessa immagine di marca (che è fortemente discriminante) nei

gruppi di persone che condividono certi principi che può è la marca stessa che unisce prodotti anche

ti tipo diversissimo (no limits nasce come marca per sport estremi ma tenendo quei principi

immateriali e puramente valoriali può tranquillamente muoversi nel mercato degli orologi ecc =

brand extension). Siemens è leader del mercato in diversi prodotti di alta tecnologia destina il 7%

del suo fatturato ad attività di ricerca e sviluppo e sta sviluppando a livello mondiale una immagine

basata su due parole chiave: senso e semplicità → l'evoluzione deve avere senso per l'utilizzatore;

semplicità si è accorta che resistono all'alta tecnologia perché hanno funzioni difficili da imparare

quindi ha tolto quelle funzioni che sono ai più sconosciuti. Un sistema prodotto deriva dalla

combinazione di diverse funzioni: non solo descrizione del prodotto in senso fisico funzionale ma

anche tutto quello che c'è intorno → servizi di garanzia e assistenza, servizi di finanziamento,

design... Ultimo punto: attraverso valutazioni di ciò che pensa il consumatore del sistema prodotto

fa sì che coloro che sono preposti alla produzione di questo bene siano conf. Spesso è l'impresa che

non comunica il rapporto prezzo-presatazione, analisi con gli occhi del consumatore consente di

vedere il confronto tra prodotti concorrenti.

Beneficio differenziale percepito: mettiamoci nei panni del consumatore e dividiamo l'analisi in due

parti → definire il valore e il sacrificio che il consumatore percepisce per utilizzare quel prodotto.

C'è un certo prodotto che un certo target group valuta 100, ce n'è un altro che viene valutato 150

(valore d'uso percepito) = il rapporto è 1,5. A ha sacrificio di 70, mentre B 100...

Schema pagina 28. Il valore percepito dal consumatore: gli attributi devono essere efficaci per

soddisfare le aspettative di un certo target quindi quello più efficace avrà un valore più alto ma

questo concetto è inafferrabile perché ne presuppone un profondissima conoscenza d'uso del

prodotto, un lunga esperienza, e queste condizioni non esistono nella realtà il consumatore sarà in

grado di percepire alcuni aspetti del prodotto quindi il valore percepito spesso si basa su alcuni

segnali di valore, le politiche dell'impresa possono essere un segnale di valore per il consumatore e

deve scegliere quella migliore per attirare valore.

Il sacrificio differenziale: sembrerebbe semplice tramite il confronto dei prezzi se i prodotti fossero

identici ma non lo sono quindi l'analisi è complessa. L'analisi è complessa e deve essere incentrata

sul target group. Se la marca investe così tanto in pubblicità allora di sicuro non mi tira un bidone.

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il beneficio differenziale deve essere di lungo superiore all'unità perché quando parliamo di benefici

differenziali percepiti ci stiamo riferendo a valori medi che dipendono da percezini individuali che

possono esser emolto diverse per lo stesso target quindi se offro beneficio vicino all'unità non posso

sfruttare tutte le potenzialità di target, ma anche perché l'impresa che sviluppa strategie non può

guardare solamente al brevissimo periodo ma deve porre le condizioni per poter operare

incondizioni favorevoli in archi temporali più lunghi.

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Il vantaggio competitivo: per la valutazione del vantaggio competitivo non è importante ragionare

in termini di differenza tra beneficio e costo per un consumatore perché l'impresa cercherà di avere

un suo modello di misurazione del premium price. L'importante è che ci sia un vantaggio

competitivo e che questo possa essere mantenuto.

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Distinguere nettamente tra tre concetti che sono molto connessi tra di loro ma che non sono

sinonimi: competenze dell'impresa, risorse dell'impresa, capacità di un'impresa. Il vantaggio

competitivo ha la sua fonte nelle capacità distintive. Le competenze: la nostra impresa arriva

sempre prima nel lanciare un prodotto innovativo allora avrà la migliore attività di ricerca e

sviluppo o ha gli ingegneri più capaci o ha relazioni con centri di ricerca di rilievo deve fare

collegare queste competenze con competenze di commercializzazione e di produzione quindi deve

usare una mistura di competenze e risorse e questa è la capacità quindi la capacità è quella di

fondere competenze e risorse.

Nel caso di settori strutturalmente maturi, settori frammentati o emergenti si possono applicare le

strategie di porter. Le capacità distintive evolvono lentamente nell'impresa e sono molto meno

imitabili: qualsiasi competenza in cui eccelle l'impresa può tranquillamente essere trasferita in altre

imprese se l'impresa concorrente riesce ad assumerlo.

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Fattori critici di successo: cosa sono? Quei fattori fondamentali per avere successo nel mercato →

possono essere identificati esaminando la propria catena del valore e quella del concorrente quali

sono gli elementi che compongono la catena del valore in termini di contenimento dei costi e la

stessa cosa in termini di valore per l'acquirente e lo stesso si fa per l'impresa concorrente.

Esaminiamo la varietà e la variabilità del marketing nelle imprese: secondo i principi tradizionali

del mkt possiamo impostare le attività di mkt riferendoci a dei principi omogenei tuttavia con delle

forme e delle modalità che possono essere molto diverse da impresa ad impresa. Quindi la varietà

delle forme di mkt. Primi anno 70 il paradigma tutt'oggi dominante nella prassi venne elaborato ed

articolato. Superata una prima fase in cui il mkt fu presentato come una rivoluzione copernicana

fraintendendo la finalità caratteristica delle imprese, fu un grande rappresentante del mkt che

uscendo dalle logiche delle 4 P espose un concetto generico di mkt a cui potevano riferirsi forme di

mkt tra loro notevolemnte diverse: affinché un qualsiasi rapporto di scambio potesse eseere gestito

secondo il mkt managemente erano condizioni necessarie 4 condizioni: esistenza di due soggetti

interessati allo scambio, che questi soggetti fossero completamente liberi di attuare il rapporto di

scambio, che questi soggeti disponessero di valori da scambiare con un reciproco vantaggio (non

solo vantaggio per l'utilizzatore), che siano nelle condizioni di comunicare l'uno con l'altro in modo

non ingannevole. In questo schema si potevano identificare tante forme di mkt a seconda dei

soggetti attivi (offerta) e passivi (domanda), al variare dell'oggetto di scambio, con riferimento a

quelle forme di mkt in cui è l'impresa il soggetto attivo che si rapporta con utilizzatori (business to

consumer) che sono individui e famiglie, l'oggetto di scambio è un prodotto con un suo sostanziale

contenuto fisico, oppure servizi quindi con contenuto immateriale (teorie del mkt dei servizi),

oppure le imprese si rapportano con altre imprese interessate ad acquistare dei fattori dei loro

processi produttivi quindi o beni strumentali (impianti, macchine) oppure degli input intermedi del

processo produttivo in base a questo si sviluppano forme di mkt relative al business to business e la

distinzione tra prodotti e servizi è irrilevante. Poi abbiamo sempre in riferimento a soggetti attivi

che sono imprese il trade mkt ossia gli scambi che si sviluppano tra un'impresa produttrice e

un'impresa distributrice dei suoi stessi prodotti, secondo il mkt possono anche non essere le imprese

gli attivi ma delle istituzioni pubbliche: i loro interlocutori possono essere i cittadini, l'oggetto di

scambio è spesso i servizie abbiamo tante forme del mkt dei servizi pubblici; oppure soggetti attivi

come organizzazioni non profit che si rivolgono a sostenitori, volontari, ma anche agli utilizzatori

dei loro servizi e qui abbiamo un mkt che fa leva sulla condivisione di certi valori e sulla

valutazione del carattere migliore dei servizi offerti rispetto a quelli offerti dal settore pubblico;

possiamo ancora avere organizzazioni politiche chiedendo in cambio sostegno politico; oppure

soggetti di offerta compositi che si rivolgono a utilizzatori come individui e famiglie (mkt turistico

territoriale). L'indicazione di condizioni di quel tipo fa vedere come abbiamo visto che il mkt può

essere dappertutto. Chi sostiene la pervasività del paradigma del mkt manageriale sostiene che il

mkt sia basato sulla gestione delle 4 P, quindi nonostante la grande applicazione che il mkt potesse

avere operativamente si pensava che questo potesse incanalarsi in queste 4 forme.

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Due interrogativi:

Si può applicare anche a scambi di carattere non economico, il mkt pubblico sull'opportunità o

meno di applicare il mkt e che ha come interlocutori i cittadini, l'economicità è un vincolo ma non

un obiettivo del soggetto pubblico quindi applicare gli stessi principi al settore pubblico può avere

dei risvolti negativi in termini di equità. Esempio di flop di applicazione in ambito molto pubblico

di mkt: in India si poneva in condizioni di sviluppo agricolo cercare di limitare la crescita delle

nascite, allora si rivolgono ai guru del mkt che propongono la logica delle 4 P: prodotto → limitare

le nascite con la sterilizzazione maschile che è economico; prezzo → può avere delle resistenze

questa cosa quindi chi va a farsi operare riceve una radio; distribuzione → la rete degli ambulatori

c'è e quindi usiamo quella; risultato → flop perché per loro la famiglia nucleare non significa

niente, per loro le braccia dei figli servono per lavorare, non c'è nulla in questa applicazione che

quadri rispetto all'obiettivo che ci si poneva di raggiungere quindi è stata poi abbandonata.

E' corretto assumere una logica di tipo transazionale o si può assumere e a che condizioni si può

assumere una logica di moda in tutti i settori cioè di tipo interattivo e anche relazionale quindi

scambi di lungo periodo e flussi informativi bidirezionali, relazioni interpersonali. Per rispondere a

questo interrogativo è utile chiarire che cosa dice il paradigma dominante negli studi di mkt. Il mkt

è una disciplina di carattere normativo e non positivo: dà delle prescrizioni alle imprese per ottenere

degli obiettivi (positivo invece è osservare e studiare una cosa che si verifica).

Oggi si è passati al paradigma del mkt relazionale ed interattivo. Il direttore mkt di Luxottica aveva

inserito una famosa marca nel proprio portafoglio e aveva fatto sì che si attivasse un insieme molto

ampio di relazioni personali con gli utilizzatori di questo prodotto, si sono predisposti poi a NY dei

maxi schermi in cui venivano proiettate le immagini delle persone che indossavano quegli occhiali e

che parlavano più di loro stessi che del prodotto in sé. Si utilizzano i migliori strumenti interattivi

ma si applica un mkt che è puramente tradizionale. Ogni volta che si instaura una relazione one to

one non necessariamente si ha una partecipazione effettiva dell'utilizzatore a tutto ciò che di

creativo possa esserci in una applicazione di mkt. La recente evoluzione del mkt: dagli anni 70 ad

oggi è cambiato il mondo sotto molti profili che hanno importanza per il mkt → i modelli di

impresa e i modelli vincenti di business sono molteplici e abbiamo un pluralismo di modelli di

impresa di successo: il modello di impresa di successo era il modello anche di mkt, si è avuto

gradualmente a livello di utilizzatori un processo di individualizzazione delle aspettative cioè in

alcuni campi in genere quelli ritenuti più importanti dal soggetto, il soggetto effettua le sue scelte

sulla base della propria personalità individuale, un tempo le scelte erano mediate da grandi soggetti

intermedi tipo la diffusione delle automobili nel nostro paese, il possesso di un automobile era

considerato quasi come un diritto-dovere di consumo e come qualcosa da imitare da parte di tutti

perché è il modo migliore di utilizzare quella tecnologia offerta dal mercato. Tendenza alla

globalizzazione dei mercati implica una iper competizione. Evoluzione delle tecnologie:

allargamento delle gamme offerte e variabilità nel tempo, pervasività: si possono spalancare delle

porte che hanno delle loro specificità (web mkt che si sta diffondendo).

SLIDES e MATERIALE

1

IL MARKETING COME “FILOSOFIA GESTIONALE”

• L’impresa orientata al Marketing considera come essenziali

presupposti del proprio agire strategico ed operativo la

conoscenza e comprensione dei bisogni dei consumatori, dei

loro atteggiamenti e dei loro comportamenti (customer

orientation), nonché dei punti di forza e di debolezza rispetto ai

concorrenti e delle opportunità e minacce dell’ambiente

generale e competitivo in cui opera o intende operare

(competitor orientation)

• Questa “filosofia gestionale” è diversa da quelle sottostanti

all’orientamento alla produzione, all’orientamento al prodotto,

all’orientamento alle vendite ed anche all’orientamento al

mercato in termini esclusivamente adattivi (non proattivi)

Rif. 1.1

2

I PRINCIPI DEL MARKETING MANAGEMENT

Primo principio

I processi decisionali delle organizzazioni orientate al

Marketing partono dall’individuazione dei bisogni dei

consumatori e delle caratteristiche dell’ambiente-mercato,

valutandone le opportunità e le minacce in relazione ai

propri obiettivi ed alle proprie competenze distintive

Rif. 1.1

3

CONCETTI-CHIAVE

• Aspettative: forme storiche e progettuali che assumono i bisogni umani. Sono dotate di autonomia e autopropulsività. Non sono uniformi nel tempo e nei diversi contesti socio-economici e socio-culturali.

• Domanda: aspettative già specificate o comunque specificabili dall’offerta. Non è dotata di autonomia. E’discrezionale (sovranità del consumatore) se il mercato èefficiente.

• Mercato (nelle sue forme non monopolistiche o collusive):meccanismo (istituzionalizzato) di selezione tra processi di specificazione di aspettative almeno in parte analoghe.

4

I PRINCIPI DEL MARKETING MANAGEMENT

Secondo principio

I processi decisionali delle organizzazioni orientate al

Marketing, coerentemente con i risultati dell’analisi di cui

al punto precedente, implicano la scelta contestuale:

a dei benefici da offrire agli utilizzatori attraverso l’offerta dei propri

output (“product idea”);

b dei segmenti di mercato a cui rivolgersi (segmentazione) e scelta

dei segmenti obiettivo

c dei vantaggi competitivi difendibili su cui basare il proprio

rapporto con i concorrenti (posizionamento competitivo)

Rif. 1.1

5

I PRINCIPI DEL MARKETING MANAGEMENT

Terzo principio

I processi decisionali delle organizzazioni orientate al Marketing tendono

ad organizzare, coerentemente con la “product idea” e con le scelte di

segmentazione e di posizionamento competitivo, le risorse e le

capacità disponibili, programmando e gestendo un insieme integrato e

sinergico di processi di attività attraverso i quali vengono ideati,

realizzati, simbolizzati, valorizzati e commercializzati gli output

produttivi, in modo da offrire ai segmenti di mercato prescelti prodotti

e/o servizi, il cui valore, così come è percepito dagli utilizzatori, al

netto del sacrificio (monetario e psicologico) necessario per acquisirli,

sia superiore a quello dei prodotti e/o servizi concorrenti

Rif. 1.1

6

I PRINCIPI DEL MARKETING MANAGEMENT

Quarto principio

Le organizzazioni orientate al Marketing tendono a

controllare costantemente l’efficacia della loro attività in

funzione del grado di soddisfazione degli utilizzatori dei

loro output.

Rif. 1.1

7

LA “FILOSOFIA GESTIONALE” DELL’IMPRESA

ORIENTATA AL MARKETING NON MODIFICA LA

FINALITA’ CARATTERISTICA DELL’IMPRESA, MA

E’ AD ESSA STRUMENTALE

• Non vanno confusi i concetti di valore d’uso, di valore di

scambio e di valore-costo.

• La “sovranità del consumatore” (in forme di mercato non

monopolistiche o collusive) va correttamente intesa come

libertà di scelta tra alternative disponibili e percepite, non

come diritto al massimo soddisfacimento dei propri bisogni

• Lo stesso orientamento al Marketing allontana dal modello

della concorrenza pura o perfetta.

Rif. 1.1

8

VALORE D’USO (U), VALORE DI SCAMBIO (S),

VALORE-COSTO (C)

U

S

C

U U

+ SODDISFAZIONE

S

+ PROFITTO

C

+ COSTI UNITARI

OPPURE

- COSTI UNITARI

S

C

Rif. 1.2.1

9

LA “FILOSOFIA GESTIONALE” DELL’IMPRESA ORIENTATA

AL MARKETING PUO’ ESTRINSECARSI SE NELL’IMPRESA

SONO PRESENTI ALCUNE CONDIZIONI, in particolare:

Rif. 1.1

• Processi aziendali coordinati ed allineati in funzione degli

obiettivi perseguiti nei rapporti con il mercato. Questa

condizione dipende dalle convinzioni e dall’impegno del

top management, dalla cultura aziendale, da variabili

organizzative, dai sistemi di selezione e formazione delle

risorse umane, dai sistemi informativi interni, ecc.

• Capacità di apprendere dinamicamente nuove modalità di

creazione del valore (specie per i clienti) e capacità

innovative di tipo continuo (impresa come learning

organization)

• risorse (spesso cospicue) dedicate al Marketing

10

MAGGIORE RILEVANZA DELL’APPROPRIATEZZA

RISPETTO ALL’EVOLUZIONE DELLE FORME DI

MARKETING

Rif. 1.1

• Non necessariamente l’orientamento al Marketing, nella

forma indicata dalle teorie consolidate del Marketing

Management, è più efficace, sotto il profilo dei risultati

economici e competitivi rispetto ai costi che esso

comporta, di altri orientamenti gestionali (alla produzione,

al prodotto, alle vendite, ecc.) considerati in tali teorie

come meno evoluti.

11

MAGGIORE RILEVANZA DELL’APPROPRIATEZZA

RISPETTO ALL’EVOLUZIONE DELLE FORME DI

MARKETING (segue)

• Le forme che può assumere l’orientamento al Marketing

sono inoltre abbastanza varie in funzione degli specifici

contesti di mercato in cui l’impresa opera e di alcuni suoi

specifici fattori interni (aspetto che verrà sviluppato nel

prosieguo del corso)

• E’ infine assai rischioso estendere pedissequamente

l’applicazione delle teorie consolidate del Marketing

Management ad organizzazioni con finalità diverse da

quelle dell’impresa.

Rif. 1.1

12

LA FUNZIONE DI MARKETING COME FUNZIONE

“DI CONFINE” DELL’IMPRESA:

• Nel sistema aziendale la funzione di Marketing

(indipendentemente dalle strutture organizzative in cui si

colloca) è una delle cosiddette funzioni “di confine” in

quanto orienta, attiva e coordina l’interscambio di

informazioni e di beni-servizi tra l’impresa ed i mercati di

sbocco, ossia regola e gestisce flussi che passano

attraverso i confini dell’organizzazione

Rif. 1.1

13

LA FUNZIONE DI MARKETING COME FUNZIONE

“DI CONFINE” DELL’IMPRESA (segue):

• Come funzione “di confine” la funzione di Marketing ha

compiti :

a di selezione (filtro)

b di attivazione (collegamento)

rispetto ai flussi sopra indicati

• La criticità di tali compiti contribuisce a definire diverse

forme di Marketing

Rif. 1.1

14

LA FUNZIONE DI MARKETING IN UNA

CONCEZIONE SISTEMICA DELL’IMPRESA:

• Consideriamo anzitutto l’impresa come un sistema

“cibernetico” “aperto”

Input Processo Output

Finalità

Retroazione

(feedback)

Rif. 4.1

15

I SUBSISTEMI DI CUI SI COMPONE IL SISTEMA AZIENDALE

Sub.

sensori

Sub.

di controllo

Sub.

attuativi

operativi

amministrativi

strategici

Sub.

decisori

Sub.

di memoria

Sub.

di comun.Input

Output

Rif. 4.1

16

LA FUNZIONE DI MARKETING CONTRIBUISCE A

POTENZIARE I VARI SUBSISTEMI DEL SISTEMA AZIENDALE,

in particolare:

• Sub. sensorio: flussi selezionati di informazioni sull’ambiente

generale e sull’ambiente-mercato

• Sub. decisionale strategico:decisioni sulla “product idea”, sulla

segmentazione del mercato, sul posizionamento competitivo

• Sub. decisionale operativo: definizione del marketing mix,

programmazione e gestione sue componenti

• sub. controllo interno: controllo di efficienza politiche di

mercato

• sub. controllo esterno: controllo di efficacia politiche di mercato

• ecc...

Rif. 4.2

17

AGE: Ambiente generaleFOR: Formazione aspettativeCON: ConcorrenzaSPE: Specificazione aspettative (Domanda)CS: Customer Satisfaction

Possibili oggetti di analisi del Marketing Information

SAA: Strategia complessivaSFM: Strategia funzionale di

MKT (Marketing Mix)

Marketing Strategico

Marketing Operativo

P1…Pn: Politiche di mercato

P1

P2

Pn-1

Pn

SFM

SAA

FOR

AGE

SPE

CON

C.S

Rif. 4.2

IL SISTEMA AZIENDALE DI MARKETING:

(schema semplificato)

18

I MODELLI ORGANIZZATIVI DELLE ATTIVITA’ DI

MARKETING

• Attività di “staff” e attività di “line”

• Strutture organizzative funzionali:

– unica “line” (direzione commerciale o direzione vendite)

– doppia “line” (direzione marketing e direzione commerciale o

vendite)

– unica “line” (direzione marketing) integrata con “staff” a livelli

diversi

Rif. 1.2.2

19

I MODELLI ORGANIZZATIVI DELLE ATTIVITA’ DI

MARKETING (segue)

• Strutture organizzative a matrice con “managers

integratori” (esempio: product managers) a livelli inferiori

• inserimento di competenze di marketing in teams

interfunzionali, anche transorganizzativi

• Marketing come competenza diffusa in tutta

l’organizzazione (anche in strutture non ad essa

specificamente dedicate)

Rif. 1.2.2

20

LA LOGICA DELL’AGIRE STRATEGICO NELLE

IMPRESE MARKETING ORIENTED

• Offrire, a mercati-obiettivo chiaramente definiti e

sufficientemente ampi, sistemi di prodotto che presentino

per gli acquirenti un beneficio differenziale percepito

consistentemente superiore a quello dei prodotti

concorrenti;

• basare l’offerta di tale beneficio percepito differenziale

sullo sviluppo di un vantaggio competitivo significativo

rispetto ai concorrenti, originato da capacità distintive

difendibili e relative a fattori critici di successo.

Rif. 1.3

21

INDIVIDUAZIONE E SCELTA DEI MERCATI-OBIETTIVO

• L’identificazione e la scelta del mercato- obiettivo (target

group), come si è già visto, è contestuale a quella del

beneficio differenziale e del posizionamento competitivo.

Lo stesso sistema-prodotto può infatti assumere valori

diversi per consumatori differenti e misurarsi

competitivamente in modo diverso nei confronti dei

concorrenti (attuali e potenziali).

• L’individuazione e la scelta dei mercati obiettivo implica

procedure di analisi delle aspettative e della domanda

specifiche (vds. oltre: segmentazione del mercato).

Rif. 1.3

22

PERCHE’ RAGIONARE IN TERMINI DI “SISTEMA

PRODOTTO” E NON DI PRODOTTO O SERVIZIO TOUT

COURT?

• Per il consumatore l’output di ogni impresa è un “paniere

di attributi” da cui deriva il suo valore sintetico.

• Anche attributi immateriali (esempio, l’immagine di

marca) o elementi di differenziazione marginale (esempio,

la forma e colore del packaging) o servizi addizionali

possono influire sulla percezione del valore da parte del

target group.

• Ragionare in termini di “sistema prodotto” nell’ottica del

consumatore evita di sopravvalutare gli aspetti tecnico-

merceologici sottostanti alle prestazioni del prodotto.

Rif. 1.3

23

BENEFICIO DIFFERENZIALE PERCEPITO

• E’ il rapporto tra valore differenziale percepito e sacrificio

differenziale percepito dal target group.

• Per ottenere una preferenza stabile tale rapporto non deve

solo non essere inferiore a 1 (in tal caso non si avrebbe

alcuna preferenza), ma di parecchio superiore a 1.

• Anche se è assai difficile determinarlo, va tenuto presente

che il consumatore percepisce più i valori ed i sacrifici

differenziali che quelli assoluti.

Rif. 1.3

24

IL PROCESSO SOTTOSTANTE AL VALORE DIFFERENZIALE

PERCEPITO DAL CONSUMATORE

• Sistema di aspettative dell’acquirente potenziale,

contributo che il “sistema prodotto” può dare per

soddisfare alcune di esse e rilevanza di queste ultime

=>valore d’uso potenziale creato.

• Potenziale, perché può essere modificato (incrementato) e,

specialmente, perché può essere migliorata la sua

percezione. Ciò che conta è infatti il valore percepito

(purché fondato su un effettivo valore creato).

• La percezione dipende dalla conoscenza degli attributi,

dall’esperienza di utilizzo del sistema prodotto, dalla

fiducia.

Rif. 1.3

25

(Segue)

• I “segnali di valore” sono i segnali emessi con tutte le

politiche di mercato che possono incrementare il valore

percepito del “sistema-prodotto”.

• Il valore percepito dipende anche (in negativo) dal rischio

percepito dal consumatore, che è essenziale ridurre il più

possibile con adeguate politiche di mercato.

• Infine il valore percepito va comparato con quello dei

sistemi-prodotto più diretti concorrenti. Ciò che conta,

infatti, è il valore differenziale percepito, non quello

assoluto.

Rif. 1.3

26

PROCESSO SOTTOSTANTE AL SACRIFICIO

DIFFERENZIALE PERCEPITO DAL CONSUMATORE

• In termini oggettivi è la differenza tra i valori di scambio

(prezzi).

• Spesso le comparazioni di prezzo non sono agevoli per il

consumatore perché riguardano “sistemi-prodotto” di per

sé non direttamente comparabili.

• Lo stesso prezzo può essere percepito come un “sacrificio”

diverso a livello individuale per molti motivi.

• Vi sono anche sacrifici non monetari da considerare (costi

di adattamento).

Rif. 1.3

27

BENEFICIO DIFFERENZIALE PERCEPITO E

“PREMIUM PRICE”

• Sul piano teorico-astratto, sarebbe sufficiente offrire un

“sistema-prodotto” per il quale gli acquirenti potenziali

percepiscono un beneficio assoluto (differenza tra valore

assoluto percepito e sacrificio assoluto percepito) positivo e un

beneficio differenziale anche di poco superiore all’unità.

• In effetti, però, essendo tutti i valori considerati variabili da

individuo a individuo, ciò ridurrebbe l’ampiezza (probabile

numero di individui che percepiscono il beneficio differenziale)

del mercato particolare dell’impresa e le sue possibilità di

crescita. Da ciò l’esigenza di disporre di un B.D.P. di parecchio

superiore all’unità, anche nei casi in cui l’impresa trattiene una

parte del “surplus di utilità” del consumatore sotto forma di

“premium price”.

Rif. 1.3 e 1.1

28

IL VANTAGGIO COMPETITIVO

• L’offerta di un B.D.P. è condizione necessaria ma non

sufficiente per una strategia competitiva di successo.

• Essa deve fondarsi su un vantaggio competitivo difendibile

in termini di differenza tra valore assoluto percepito e

valore-costo rispetto al più diretto concorrente.

• Ciò vale in tutti i casi: sia se l’impresa persegue una

strategia basata sulla leadership di differenziazione oppure

sulla leadership di costo o sulla leadership di

focalizzazione (secondo la terminologia di M.E. Porter).

Rif. 1.3

29

LE FONTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO

• Sono le capacità distintive dell’impresa (vds. testo)

• Vanno distinte dalle risorse e dalle competenze, da cui

peraltro derivano (vds. testo)

• Le capacità distintive evolvono lentamente nel tempo e

sono meno appropriabili e trasferibili delle risorse e delle

competenze

Rif. 1.3

30

I FATTORI CRITICI DI SUCCESSO

• Le capacità distintive (ma anche le risorse e competenze ad

esse sottostanti) devono riferirsi a fattori critici di successo.

• Per fattori critici di successo si intendono quelli (variabili

da settore a settore e nei diversi segmenti di mercato) che

maggiormente influiscono sulla creazione del valore

assoluto percepito o sul contenimento dei costi.

• La loro individuazione non è sempre agevole (un’utile

sequenza analitica in proposito è indicata nel testo).

Rif. 1.3

31

LA VARIETA’ DEI RAPPORTI DI SCAMBIO E DEGLI

OGGETTI DI SCAMBIO

• Nel Marketing aziendale: rapporti tra imprese con

individui-famiglie (B2C) o con altre imprese (B2B)

• Nel Marketing aziendale: oggetto di scambio può essere il

possesso di beni contro denaro o la fruizione di servizi

contro denaro

• Nel Marketing extra-aziendale: rapporti spesso solo

metaforicamente assimilabili a quelli dello scambio

economico, con finalità alquanto eterogenee: adesione,

consenso, partecipazione, condivisione di valori, sostegno,

ecc.

Rif. 2.1

32

DUE INTERROGATIVI DI FONDO:

• E’ corretto applicare gli stessi principi e metodi del

Marketing Management a rapporti di scambio diversi di

quelli a carattere economico?

• Anche con riferimento agli scambi economici, l’oggetto

principale di studio sono le transazioni (operazioni puntuali

di compravendita) o le relazioni e le interazioni (scambi

multipli, bidirezionali, tendenzialmente di lungo periodo)?

Rif. 2.1

33

IL PARADIGMA DOMINANTE NEGLI STUDI DI

MARKETING

• Così come si è consolidato negli anni ‘70-’80 negli USA e anche su

scala internazionale, il paradigma dominante nella disciplina di

Marketing, nei suoi aspetti di “customer orientation” e di

“competitor orientation”, è quello brevemente richiamato all’inizio

(cfr. lucidi 1-5)

• Esso trova un presupposto ideologico, alquanto semplicistico (cfr.

lucidi 6-7), nella piena coincidenza tra interessi dei consumatori e

interessi degli “stakeholders” dell’impresa

• Il suo obiettivo normativo è la programmazione, la gestione e il

controllo degli scambi attivati da specifiche organizzazioni, intesi

come transazioni puntuali

• Il suo riferimento (spesso implicito) è alla grande impresa

manageriale, molto strutturata, operante nei mercati dei beni di

consumo

34

LA SUA RECENTE EVOLUZIONE

• Risente (come è ovvio) dei profondi cambiamenti manifestatisi

e in corso nella prassi, in particolare:

– del pluralismo dei modelli di impresa di successo e della diffusione

di strutture organizzative reticolari (networks)

– dell’individualizzazione delle aspettative dei consumatori in alcune

aree dei beni di consumo e dei servizi

– globalizzazione dei mercati e delle conseguenti condizioni di

“iperconcorrenza”

– dell’evoluzione delle tecnologie (flessibilità tecnologica) e della

pervasività delle “Information and Communication Technologies”

(ICT)

35

LA SUA RECENTE EVOLUZIONE (segue):

• Seppure all’interno del paradigma dominante:

* Nuove focalizzazioni su aspetti emergenti in relazione ai

cambiamenti in atto, quali:

– accentuazione Marketing cosiddetto “strategico” (competitor

orientation) con riferimento a diversi modelli strategici

– CRM (Customer Relationship Management)

– Trade Marketing

– Marketing Transorganizzativo

* Specializzazioni per campi applicativi:

– Marketing culturale, Marketing territoriale, Marketing turistico,

ecc.

36

LA SUA RECENTE EVOLUZIONE (segue):

• Emergere di nuovi paradigmi (su cui si tornerà in seguito):

* Marketing relazionale e interattivo (specie nel B2B e, in minore

misura, nel Marketing dei servizi)

* E-based Marketing

37

IMPLICAZIONI SULL’ORIENTAMENTO DEL

MARKETING-MIX DELLE DIVERSE FORME DI

MARKETING

• L’appropriatezza delle forme di Marketing aziendale dipende da fattori

di contesto e fattori interni all’impresa

• Fattori di contesto:

1 pressione innovativa derivante da rilevanza e velocità degli

avanzamenti tecnologici e dall’intensità della concorrenza basata

su fattori innovativi (alta criticità delle informazioni e dello

sviluppo di nuovi prodotti)

2 complessità elementi sottostanti alla formazione delle aspettative

dei consumatori (alta criticità informazioni)

3 possibilità di influenzare le scelte a proprio favore con politiche di

differenziazione, comunicazione, distribuzione (alta criticità di tali

politiche)

4 resistenza ambientale derivante dalle barriere all’entrata erette dai

concorrenti con politiche di differenziazione e comunicazione (alta

criticità di tali politiche)

Rif. 1.2.1

38

IMPLICAZIONI SULL’ORIENTAMENTO DEL

MARKETING-MIX DELLE DIVERSE FORME DI

MARKETING (segue)

• Fattori interni: riguardano le caratteristiche del sistema

tecnico disponibile, l’entità delle risorse destinabili al

Marketing Information e alle politiche di mercato che

richiedono investimenti specifici, l’orientamento strategico

complessivo

• Il sistema tecnico: se rigido, impone standardizzazione

(può anche richiedere differenziazione di immagine); se

flessibile consente varietà e variabilità di prodotto, al limite

“personalizzazione” del prodotto con interazioni con

specifici clienti

39

DIVERSE FORME DI MARKETING IN FUNZIONE DELLA

CRITICITA’ DEI COMPITI DI SELEZIONE ED ATTIVAZIONE

DI SPECIFICI FLUSSI IMPRESA-MERCATO:C

riti

cità

info

rmaz

ion

i

di

Mar

ket

ing

MKT

STRATEGICO -

CONOSCITIVO

MKT

STRATEGICO -

OPERATIVO

MKT

ESECUTIVO DI ROUTINE

MKT

OPERATIVO - CREATIVO

bas

sa

bassa alta

alta

Criticità politiche di mercato

(escluse politiche del prodotto e di prezzo)

(aspetto che verrà sviluppato nel prosieguo del corso)

Rif. 1.2.1

40

1. Pressione innovativa (criticità informazioni)

2. Complessità processi decisionali acquirenti (criticità informazioni)

3. Possibilità di influenza (criticità politiche)

4. Resistenza ambientale (criticità politiche)

1A-2A

3B-4B

1A-2B

3B-4B

1A-2A

3B-4A

1A-2A

3A-4B

1A-2B

3B-4A

1A-2B

3A-4B

1B-2A

3B-4B

1B-2A

3B-4A

1B-2B

3B-4B

1B-2B

3B-4A

1B-2A

3A-4B

1B-2B

3A-4B

1B-2B

3A-4A

1B-2A

3A-4A

1A-2B

3A-4A

1A-2A

3A-4A

IV III

I II

Criticità politiche

(non di prodotto e di prezzo)C

riti

c ità

info

rma z

i on

i

47

ANALISI DELLA DOMANDA: PREMESSE

• Con specifico riferimento ai beni di consumo, riguardano molti

aspetti: fattori sottostanti alla formazione delle aspettative,

criteri di valutazione delle alternative, percezione delle

alternative, preferenze tra le alternative, comportamenti di

acquisto, processi di apprendimento, customer satisfaction.

• Possono avere diverse finalità specifiche: scelte dei benefici da

offrire ai consumatori, dei segmenti di mercato, dei

posizionamenti competitivi, specifiche scelte operative,

controllo di efficacia delle politiche di mercato.

• E’ l’area del Marketing (Information ed Intelligence) più ricca

di metodologie di analisi sia quantitative sia qualitative

supportate da verifiche empiriche convincenti.

Rif. 8.1-8.2

48

ANALISI DELLA DOMANDA: PREMESSE (segue)

• Tuttavia la recente evoluzione degli atteggiamenti e dei

comportamenti dei consumatori sta mettendo a dura prova le

capacità di analisi della domanda

• Gli scenari complessivi in cui si collocano oggi queste analisi

sono infatti caratterizzati da elevati gradi di complessità e di

incertezza riconducibili a:

– fattori macroeconomici

– fattori socio-culturali

– composizione pragmatica (apparentemente contraddittoria) di

istanze diverse a livello soggettivo

Rif. 8.1-8.2

49

OGGETTO DELLE ANALISI

Le analisi riguardano anzitutto:

• la formazione delle aspettative dei consumatori

• la loro specificazione e le “risposte” (in termini cognitivi,

di atteggiamenti e comportamentali) alle politiche di

mercato.

• Questi aspetti, seppure molto rilevanti, non esauriscono le

attività di Marketing Information (vds. precedente lucido

17)

• In particolare il legame tra analisi delle aspettative e della

domanda e analisi della concorrenza è molto stretto

Rif. 8.1-8.2

50

FATTORI ECONOMICI SOTTOSTANTI ALLA

FORMAZIONE DELLE ASPETTATIVE

• Non solo (e non tanto) quelli considerati nel modello microeconomico

neoclassico

• Piuttosto quelli considerati (seppure per ampi aggregati) in alcuni

modelli macroeconomici:

– di Keynes (consumi come funzione del reddito disponibile, nonostante la

debolezza della “legge psicologica fondamentale” che esso contiene per

spiegare le variazioni delle propensioni marginali al consumo e al

risparmio)

– di Friedman (consumi come funzione del reddito permanente)

– di Duesenberry e altri (che introducono esplicitamente variabili

sociologiche)

– di Katona (che introduce esplicitamente variabili riguardanti le aspettative

congiunturali)

Rif. 9.1

51

FATTORI PSICOLOGICI

• Particolare rilevanza hanno i modelli della psicologia

cognitiva (più di quella behavioristica)

• Un modello generale tipico è quello eclettico di Howard-

Shet che focalizza l’analisi sulle modalità con cui il

consumatore recepisce, elabora e utilizza le informazioni

nei processi di soluzione dei problemi sottostanti alle scelte

di acquisto.

Rif. 9.2

52

SCHEMA (MOLTO SEMPLIFICATO) DEL MODELLO DI

HOWARD-SHETRif. 9.2

53

SCHEMA (MOLTO SEMPLIFICATO) DEL MODELLO DI

HOWARD-SHET (segue)

A VARIABILI ESOGENE

• Profili psicologici della personalità (stili di vita)

• gruppi di appartenenza e di riferimento

• classe sociale

• grado di istruzione

• tempo disponibile

• situazione finanziaria temporanea

B INPUT INFORMATIVI

• Significativi

• Simbolici

• Dell’ambiente sociale

Rif. 9.2

Riferiti a tutti

gli elementi del

Marketing mix

54

SCHEMA (MOLTO SEMPLIFICATO) DEL MODELLO DI

HOWARD-SHET (segue)

C VARIABILI DI OUTPUT

• Attenzione alle informazioni

• Comprensione delle informazioni

• Attitudine delle alternative a soddisfare le motivazioni di acquisto

• Intenzione di acquisto

• Comportamento di acquisto

D VARIABILI INTERNE LA PROCESSO DI PROBLEM-

SOLVING

• Formazione delle motivazioni, dei mediatori decisionali e dell’insieme

evocato

• Attenzione selettiva, difesa percettiva ed errori percettivi nei confronti

delle informazioni

• Fattori inibitori

• Soddisfazione

Rif. 9.2

55

FATTORI PSICOLOGICI: ALCUNI SVILUPPI RECENTI

• Approccio semiotico (analisi dei segni in quanto tali),

semantico (analisi del significato dei segni) e pragmatico

(analisi dell’uso dei segni): il consumo è considerato nei

suoi aspetti di “linguaggio simbolico”

• Approccio valoriale: ricerca dei valori strumentali e

terminali sottostanti alle preferenze. Catena dei mezzi-fini

di Reynolds e Gutman; individuazione di valori intermedi

ad ampio spettro di Shet, Newman, Gross

• Approccio esperienziale basato sulla ricerca di sensazioni

gratificanti (Pyne, Gilmore)

Rif. 9.2

56

APPROCCIO ESPERIENZIALE

• Secondo Pyne e Gilmore consiste nell’offrire al cliente esperienze di consumo-fruizione che lo coinvolgano “emotivamente, fisicamente, mentalmente e spiritualmente”, facilitando nel cliente “processi di arricchimento della sua personalità ed emozioni, conoscenze, apprendimenti che si protraggono nella sua memoria, grazie ad ambienti sociali e fisici di fruizione progettati e gestiti per favorire tali processi”.

• Il pieno dispiegamento di questo approccio può manifestarsi nel marketing di alcuni servizi nei confronti di target che si caratterizzano per una forte domanda esperienziale.

• Nel marketing dei prodotti invece ci si limita ad una differenziazione di immagine, con forti riferimenti ad esperienze gratificanti in cui si colloca l’uso del prodotto, che si tende a trasformare nel “segno”caratterizzante tali esperienze, nonché nell’aggiunta di servizi complementari di vario tipo.

Rif. nessuno

57

APPROCCIO ESPERIENZIALE (segue)

• Pyne e Gilmore classificano le esperienze in quattro gruppi, sulla base di due assi fattoriali:

a. Grado di “assorbimento” (quanto il soggetto assorbe l’esperienza e quanto è assorbito, ossia “immerso” nell’esperienza)

b. Partecipazione del fruitore alla “costruzione” dell’esperienza (passiva, attiva)

• Le esperienze di “intrattenimento” implicano partecipazione passiva e assorbimento

• Quelle di “apprendimento” partecipazione attiva e assorbimento

• Quelle “estetiche” partecipazione passiva ed immersione

• Quelle di “evasione” partecipazione attiva ed immersione.

Rif. nessuno

58

Modello P-G

Partecipazione attiva

Assorbimento: l’esperienza penetra nella persona

BA

C D

Partecipazione passiva

Immersione: la persona entra

(quasi è “risucchiata” dall’esperienza)Esempi:

A. Ascolto attento di un concerto di musica classica oppure (anche) partecipazione ad un

esperimento di laboratorio di chimica

B. Ascolto di una lezione teorica di chimica

C. Emozioni personali derivanti da un paesaggio suggestivo

D. Giro sulle “montagne russe” a Gardaland

59

APPROCCIO ESPERIENZIALE (segue)

• Secondo altri autori l’obiettivo del marketing esperienziale è quello di consentire a determinati target di sperimentare esperienze “flow”(ossia straordinarie e memorabili e che danno un profondo piacere soggettivo nel compierle).

• Tuttavia un’esperienza soggettiva “flow” deve porsi come una consistente sfida per il soggetto che la compie, il quale deve anche possedere elevate capacità di controllarla, altrimenti l’effetto è di suscitare ansie (alta sfida, bassa capacità di controllo), eccitazione (alta sfida, media capacità di controllo), noia (bassa sfida, alta capacità di controllo) e così via, con effetti alla lunga negativi.

• Altri autori hanno recentemente messo a punto schemi di analisi atti a definire l’intensità esperienziale di specifici prodotti servizi, valutandone congiuntamente parecchi aspetti (intensità sensoriale e polisensoriale della loro fruizione, intensità emozionale della loro comunicazione, intensità relazione della loro fruizione, ecc.).

Rif. nessuno

41

LO SCAMBIO ECONOMICO: OGGETTO DI STUDIO DELLA

MICROECONOMIA E DEL MARKETING. FONDAMENTALI

DIFFERENZE TRA I DUE APPROCCI ANALITICI

• Lo scambio economico per la microeconomia è uno tra gli

oggetti di analisi dei comportamenti economici razionali. Per il

Marketing è l’oggetto fondamentale di analisi. Tuttavia nel

Marketing, anche con l’ausilio di altre discipline sociali,

vengono considerate tutte le determinanti dello scambio

economico, comprese quelle che la microeconomia considera

“date” (ossia escluse dal suo oggetto di studio)

• L’approccio microeconomico è prevalentemente positivo, quello

del Marketing prevalentemente normativo

• Il Marketing assume condizioni di razionalità limitata e di

incertezza dei decisori, che la microeconomia (specie

neoclassica) non assume.

Rif. 2.1.1

42

IL CONCETTO DI BISOGNO NEL MARKETING

• Nella Microeconomia: i bisogni sono dati (non oggetto di

analisi), in quanto le preferenze sono rivelate dai

comportamenti.

• Nel Marketing: i fattori sottostanti alla formazione delle

aspettative sono oggetto di analisi (multidisciplinare). La

loro conoscenza è utile per decidere le modalità di

specificazione delle aspettative, anche se su di essi la

singola impresa non può influire in misura apprezzabile.

Rif. 9.1

43

IL CONCETTO DI BISOGNO NEL MARKETING (segue)

• Nella Microeconomia: stato di privazione, di pena,

rimovibile con beni o servizi atti a ridurlo

soddisfacimento omeostatico utilità marginali

decrescenti, la cui uguaglianza massimizza l’utilità totale

(dati prezzi e reddito disponibile)

• Nel Marketing: possono esservi anche bisogni (o

aspettative) risultanti dalla ricerca attiva di stimoli (interni,

esterni) soddisfacimento non necessariamente

omeostatico utilità marginali non

necessariamente decrescenti.

Rif. 9.1

44

GERARCHIA DEI BISOGNI DI MASLOW

Indicazioni:

• Analizzare stato soddisfacimento utilità primarie

• Se ampiamente soddisfatte, individuare utilità secondarie

coerenti con gli attributi del bene-servizio

• accentuare e “specificare” le utilità secondarie

Fisici

Sociali

Dell’Io

Fisiologici

Di sicurezza

Di appartenenza

Di presitigio-stima

Di autorealizzazione

Bisogni

45

FORME DI MERCATO RILEVANTI PER IL MARKETING

A = MONOPOLIO NON CONTENDIBILE NO

B = OLIGOPOLIO DIFFERENZIATO SI

C = CONCORRENZA IMPERFETTA SI

D = MONOPOLIO CONTENDIBILE SI

E = OLIGOPOLIO OMOGENEO POCO

F = CONCORRENZA PERFETTA NO

Rif. 2.1.1

46

FUNZIONE DI DOMANDA RILEVANTE PER IL

MARKETING

qij = f(pij, mij, pk, mk, y, t)

VARIABILI

INTERNE

VARIABILI

DI

MERCATO

VARIABILI

ESTERNE

Rif. 2.1.2

60

FATTORI SOCIOLOGICI

• Teorie dei gruppi sociali:

– gruppo = insieme di individui con obiettivi comuni ed in

condizione di interazione

– status nel gruppo = posizione funzionale

– ruolo nel gruppo = diritti-doveri connessi con lo status e

conseguente controllo sociale del gruppo sui suoi componenti

(ricompense-sanzioni)

• Gruppi di appartenenza e gruppi di riferimento

• Obiettivi ricerche di mercato sui gruppi di appartenenza:

– connessioni tra ruoli e scelte di consumo

– soluzioni di conflitti tra ruoli

– monitoraggio evoluzione ruoli

Rif. 9.2

61

FATTORI SOCIOLOGICI

• Obiettivo ricerche di mercato sui gruppi di riferimento:

– influenza del gruppo di riferimento sulle motivazioni, sugli

atteggiamenti e sui comportamenti collettivi di consumo

– “vincoli-guida” che il gruppo di riferimento pone alle

politiche di prodotto

– influenza della crisi dei gruppi di riferimento sulla

formazione delle aspettative dei consumatori

Rif. 9.2

62

FATTORI SOCIOLOGICI

• Diversi effetti sulla dinamica dei consumi e sulle politiche

di mercato dei gruppi di riferimento di tipo vebleniano

(consumi imitativo-ostentativi) e di quelli di tipo

duesenberriano (consumi “di cittadinanza”)

• La crisi degli effetti dimostrativi interni e dei connessi

consumi “di cittadinanza” in Italia negli anni ‘80 e le sue

implicazioni sull’analisi delle aspettative dei consumatori

Rif. 9.2

63

FATTORI SOCIO-CULTURALI

La crisi dei consumi di cittadinanza si manifesta come:

• individualizzazione dei processi di formazione di alcune

aspettative;

• banalizzazione di quelli di altre;

• ipersegmentazione in alcuni mercati;

• generale riduzione degli effetti dimostrativi

nell’evoluzione dei modelli di consumo

Rif. 9.2

64

Analisi

delle intensità

di consumo

(segue)

Rif. 9.2

Passaggio dalla ricerca psicografica - generale alle ricerche di mercato

applicative

Ricerca

psicografica

generale

Decisione

applicativa

(p.es. pubblicità)

Ricerca di

mercato

applicativa

Substrato valoriale

e quantificazione

stile di vita

Comportamenti

caratterizzanti

(generali)

Connessioni con

condizioni socio-

culturali, politiche

demografiche

Analisi

delle scelte di marca-

attributi di marca

Brand positioning

caratteristico

dello stile di vita

Formulazione

messaggi e scelta

media pubblicitari

obiettivi

messaggi

media

65

ANALISI DELLE RISPOSTE COGNITIVE DEI

CONSUMATORI

• Si limitano ad individuare e misurare la percezione degli stimoli

(specie “simbolici”) con cui le imprese “specificano”

competitivamente le aspettative dei consumatori.

• Comprendono tests finalizzati a misurare l’attenzione ai

messaggi pubblicitari ed il ricordo dei messaggi pubblicitari;

analisi delle percezioni di somiglianza e diversità tra le marche

(mappe percettive); analisi (più complesse) della

“comprensione” dei messaggi pubblicitari, ossia dei

cambiamenti degli attributi di marca percepiti prima e dopo le

campagne pubblicitarie.

Rif. 9.3 e modello H. - S. (precedenti lucidi 52-54)

66

ANALISI DELLE RISPOSTE COGNITIVE DEI

CONSUMATORI

• Nelle grandi imprese operanti nei mercati dei beni di consumo,

titolari di marche note, è importante, per le decisioni di

Marketing operativo che se ne possono trarre, monitorare i

differenziali tra:

– share in the mind (notorietà della marca), misurata con test di “notorietà

spontanea” (evocato uno specifico campo di consumi, la marca viene

citata al primo (“top in the mind”) o ai primi posti come ad esso associata;

– share of the voice: quota degli investimenti in comunicazione effettuati a

favore della marca rispetto alle marche concorrenti;

– share of market: quota di mercato della marca.

Rif. 9.3 e modello H. - S.

67

ANALISI DELLE PREFERENZE DEI CONSUMATORI

• Rilevano le preferenze nell’ambito di un definito “set” di

alternative e tendono a spiegarle con i diversi attributi che

caratterizzano ogni alternativa.

• Così facendo, raccolgono informazioni utili per capire come si

colloca ogni alternativa nell’”insieme evocato” dei consumatori

oggetto di analisi.

• Propedeutica a questa analisi è l’individuazione di alcuni

attributi (rilevanti e discriminanti) che caratterizzano le

alternative da comparare e che possono influire sui giudizi di

preferenza.

• Ogni alternativa (o marca) è considerata in sostanza come un

“paniere di attributi”.

Rif. 9.4 e modello H. - S.

68

ANALISI DELLE PREFERENZE DEI CONSUMATORI

• Metodo di composizione:

– valutazione dell’importanza data ad ogni attributo

– valutazione del grado con cui ogni alternativa contiene tale

attributo

– integrazione (compensatoria o non compensatoria) delle due

valutazioni precedenti per ottenere una “proxi” delle preferenze.

• Metodo di scomposizione:

– valutazione sintetica di preferenza tra le alternative

– note al ricercatore le differenze in termini di attributi tra le

alternative, deduzione, con metodi matematici, di quanto ogni

attributo “spiega” le preferenze dichiarate.

Rif. 9.4 e modello H. - S.

69

ANALISI DELLE PREFERENZE DEI CONSUMATORI

• Limiti del metodo di composizione: obbliga gli intervistati ad un

processo (poco naturale) di razionalizzazione a priori dei fattori

sottostanti alle loro preferenze

• Limiti del metodo di scomposizione: può dare risultati

accettabili solo se le alternative sottoposte a valutazione

presentano, in termini di attributi, differenze sostanziali l’una

rispetto all’altra.

Rif. 9.4 e modello H. - S.

70

ANALISI DEI COMPORTAMENTI DEI CONSUMATORI

• Gran parte delle ricerche di mercato si riferiscono a questa area

di analisi che comprende l’esame di molti aspetti dei

comportamenti di acquisto e d’uso dei beni acquistati

• Poiché è basata su dati oggettivi, quest’area di analisi non

presenta problemi metodologici rilevanti (salvo quelli

riguardanti l’affidabilità delle tecniche di campionamento

utilizzate)

• I suoi costi sono spesso elevati, ma, in molti casi, possono essere

ripartiti tra molte imprese (anche concorrenti) aderenti a

monitoraggi quantitativi “multiclient” svolti da grandi istituti di

ricerca di mercato

Rif. 9.5 e modello H. - S.

71

ANALISI DEI COMPORTAMENTI DEI CONSUMATORI

• Rientrano in questa categoria di monitoraggi i grandi panels

Nielsen e IRI - Infoscan, che forniscono continuativamente

informazioni di vario tipo, tra le quali quelle riguardanti le quote

di mercato e le loro variazioni con riferimento a parecchie classi

di beni di consumo, alle varie tipologie dei loro punti di vendita,

alle diverse aree geografiche, ecc.

• Il limite di queste informazioni, che può essere superato solo

con ulteriori ricerche di mercato “ad hoc” (non “multiclient”) è

quello di non individuare le fondamentali componenti delle

quote di mercato, la cui conoscenza è spesso necessaria per

orientare le decisioni operative di Marketing.

Rif. 9.5 e modello H. - S.

72

ANALISI DEI COMPORTAMENTI DEI CONSUMATORI

• Le componenti della quota di mercato (la quota corrisponde al

loro prodotto) sono:

– Tasso di copertura: rapporto tra numero di acquirenti della marca e

numero totale di acquirenti della classe di prodotti in cui si colloca

la marca

– Tasso di fedeltà: rapporto tra quantità acquistate della marca e

quantità totali acquistate per la classe di prodotti in cui essa si

colloca da parte degli acquirenti della marca

– Tasso di intensità: rapporto tra quantità medie acquistate della

marca e quantità medie acquistate per l’intera classe di prodotti da

ogni acquirente.

Rif. 9.5 e modello H. - S.

73

MICROSEGMENTAZIONE DEL MERCATO

♦ E’ la scomposizione del mercato di sbocco potenziale in

parti (segmenti) ciascuna delle quali presenti al suo interno

un sufficiente grado di omogeneità e, al tempo stesso, un

sufficiente grado di eterogeneità rispetto alle altre

♦ L’omogeneità va riferita:

– alle aspettative dei consumatori

– alla percezione dei benefici offerti dal sistema di prodotto e/o dalla

marca

– alle probabili risposte alle azioni di Marketing (Marketing mix)

dell’impresa

Rif. 6.3 (vds. anche 6.1 e 6.2 per quanto concerne l’analisi della

struttura dei mercati e la loro macrosegmentazione)

74

MICROSEGMENTAZIONE DEL MERCATO

♦ Le variabili con cui si opera la segmentazione devono

quindi avere:

• capacità identificatrici

• capacità discriminanti

• capacità esplicative

in modo da individuare segmenti:

• misurabili e sinteticamente descrivibili;

• omogenei e diversi dagli altri;

• accessibili con le capacità di Marketing dell’impresa;

• a variabilità nel tempo contenuta o comunque

controllabile

Rif. 6.3

75

STRATEGIE DI SEGMENTAZIONE

• Differenziate: individuati alcuni segmenti di interesse,

l’impresa elabora alcuni Marketing mix diversi, ciascuno

dei quali appropriato a ciascuno dei segmenti scelti

• Concentrate: individuato il segmento di maggiore

interesse, l’impresa elabora un unico Marketing mix ad

esso appropriato, inserendovi tuttavia alcuni elementi

marginali che possono attrarre anche altri segmenti

Rif. 6.3

76

STRATEGIE DI SEGMENTAZIONE

• Focalizzate (o “di nicchia”): l’impresa si specializza nel

servire un solo segmento di mercato, rispondendo in modo

eccellente alle sue specifiche aspettative;

• Indifferenziate (o di “controsegmentazione”): l’impresa

offre un prodotto-standard che non corrisponde alle

aspettative specifiche dei varî segmenti di mercato, ma ad

aspettative di base comuni, cercando di imporlo con un

conveniente rapporto prezzo-prestazioni.

Rif. 6.3

77

CRITERI DI SEGMENTAZIONE

• Descrittivi: basati su elementi riguardanti le caratteristiche degli

individui cui fanno riscontro omogeneità di atteggiamenti e

comportamenti significative nel campo del consumo

analizzato:

-> Geografici;-> Demografici;-> Socio-economici;-> Socio-culturali (es.: “stili di vita”);

• Basati sui benefici offerti dal prodotto (benefit segmentation):

si riuniscono gli individui che apprezzano in misura analoga

determinati “benefici” offerti dal prodotto, purché distintivi.

• Altri (occasioni di consumo , quantità consumate, “esitazioni”

nelle fasi finali dei processi di acquisto, ecc.)

Rif. 6.3

78

CRITERI DI SEGMENTAZIONE

-> Vantaggi e svantaggi della segmentazione descrittiva:

* Può cogliere aspetti degli atteggiamenti generali utili

per definire l’immagine di marca e può offrire

informazioni utili per individuare i media habits dei

segmenti;

* In molti casi è poco discriminante.

-> Vantaggi e svantaggi della benefit segmentation:

* E’ comunque molto discriminante;

* Coglie solo aspetti specifici degli atteggiamenti, dà

poche informazioni sulla raggiungibilità dei segmenti,

non si presta al lancio di nuovi prodotti.

Rif. 6.3

79

POSIZIONAMENTO COMPETITIVO

• E’, sostanzialmente, la posizione che un prodotto, o una

marca, occupa nella mente dei consumatori rispetto ai

prodotti o alle marche concorrenti.

• Ciò che va individuato è l’insieme (in genere molto

limitato) dei benefici distintivi del prodotto o della marca

rispetto ai prodotti o alle marche concorrenti.

• Sul piano analitico, il problema da risolvere è quello di

elaborare (sulla base di rigorose analisi comparative)

mappe che condensino in poche dimensioni discriminanti,

quanto a benefici percepiti, le diverse composizioni, in

termini di attributi, dei prodotti o delle marche che

vengono confrontati.

Rif. 6.4

80

Esempio (ipotetico) dei risultati di un’analisi di

segmentazione strumentale (benefit segmentation) e di

posizionamento competitivo

Mercato: viaggi organizzati nei paesi scandinavi con provenienza dall’Italia

F1 = LIVELLI DI PREZZO GIORNALIERO

F2 = VARIETA’, QUALITA’ DEI FATTORI DI ATTRAZIONE E GRADO DI ASSISTENZA DA PARTE DEL T.O.

ALTO

ALTO

BASSO

BASSOF1

F2

S2

S1

° M1

° M5

° M3

° M2

° M4

81

PROCEDURA DA SEGUIRE PER UN’ANALISI DI

POSIZIONAMENTO:

• Delimitazione del mercato di riferimento;

• Identificazione degli attributi dei prodotti di maggiore

importanza nei processi di valutazione-comparazione.

• Rilevazione dei giudizi sul possesso di tali attributi da parte dei

prodotti confrontati: traduzione in dati quantitativi.

• Analisi di correlazione e analisi fattoriale, per ridurre le

dimensioni a poche (due, tre) dimensioni discriminanti.

• Costruzione della o delle mappe propriamente dette.

• Valutazioni su:

- Percezione comparata del prodotto dell’impresa;- Posizioni (punti forza-debolezza) dei prodotti concorrenti;- Esistenza di posizionamenti liberi “interessanti”.

Rif. 6.4

82

LA FORMULAZIONE E L’ARTICOLAZIONE DELLA

STRATEGIA COMPETITIVA

• Il Marketing si inserisce in processi più ampi che variano in funzione:

dell’approccio adottato dal vertice aziendale (pianificato o

incrementale); delle strutture e procedure organizzative dell’impresa;

del grado di complessità ed incertezza dell’ambiente esterno con cui

l’impresa si rapporta proattivamente.

• Due concezioni di riferimento contrapposte sulle modalità da seguire

per la formulazione della strategia:

– Ansoff - Lorange: pianificazione strategica (il paradigma

dominante originario del Marketing è coerente con questa

impostazione);

– Mintzberg - Quinn - Normann: strategia emergente (il paradigma

del Marketing relazionale è coerente con questa impostazione).

Rif. 5.1

83

LA GESTIONE STRATEGICA DEL MERCATO

• I principali limiti dello strategic planning (cfr. paragrafo

5.1.1)

• Il loro parziale superamento attraverso le procedure di

gestione strategica del mercato

• Si tratta di procedure che non si contrappongono allo

strategic planning, ma lo integrano e lo rendono più

flessibile

Rif. 5.1.1

84

GLI ELEMENTI INNOVATIVI DELLA GESTIONE

STRATEGICA DEL MERCATO RISPETTO ALLO

STRATEGIC PLANNING

1 Focalizzazione sull’acquisizione di vantaggi competitivi

mediante la soddisfazione del consumatore e lo

sviluppo di capacità distintive

Ricerca di nuovi equilibri tra:

– adattamento all’ambiente e ricerca del controllo (impresa pro-

attiva)

– prospettiva “outside-in” e “inside-out” (formula imprend. coerente)

– processi top-down e bottom-up (valorizzare manager di line)

– strategia di corporate e di business (ricerca sinergie/valoriz.

capacità)

Rif. 5.1.1

85

GLI ELEMENTI INNOVATIVI DELLA GESTIONE

STRATEGICA DEL MERCATO RISPETTO ALLO

STRATEGIC PLANNING

2 Alla pianificazione strategica si aggiunge la pianificazione

delle capacità

Non ci si limita a considerare i punti di forza storici dell’impresa,

ma si pianifica il cambiamento organizzativo e lo sviluppo di

nuove capacità come premessa per lo sviluppo di strategie future

CAPACITA’= competenze + risorse + loro integrazione per un

risultato

Si passa da “STRATEGIA=>SISTEMI =>COMPORTAMENTO”

a “COMPORTAMENTI =>SISTEMI =>STRATEGIE”

PIANIFICAZIONE DUALE (Abell)

Rif. 5.1.1

86

GLI ELEMENTI INNOVATIVI DELLA GESTIONE

STRATEGICA DEL MERCATO RISPETTO ALLO

STRATEGIC PLANNING

3 Attenzione all’implementazione delle strategie

Iniziative per ridurre le resistenze al cambiamento:

• eliminare percezioni sbagliate

• ridurre ansia chiarendo i riflessi del cambiamento

• evidenziare necessità del cambiamento e suoi riflessi positivi

Creare una coalizione di potere favorevole al cambiamento,

coinvolgendo nelle decisioni i dirigenti interessati e dando potere ed

incentivi ai suoi sostenitori

Avviare progetti mirati per modificare la cultura aziendale

Rif. 5.1.1

87

GLI ELEMENTI INNOVATIVI DELLA GESTIONE

STRATEGICA DEL MERCATO RISPETTO ALLO

STRATEGIC PLANNING

4 Maggiore flessibilità e velocità di risposta

In parallelo alla pianificazione si avvia una “gestione per

eventi strategici”

Si basa su:

• monitoraggio ambientale

• classificazione eventi per urgenza ed importanza

• definizione delle modalità da seguire per decidere la

reazione

• creazione di task force per eventi urgenti e rilevanti

Rif. 5.1.1

88

ARTICOLAZIONE DEI PROCESSI DI PIANIFICAZIONE

N.B.: questa articolazione (classica) trova riscontri solo nelle

grandi imprese manageriali

• livello corporate

• livello SBU (piano di business)

• livelli funzionali (per la funzione di Marketing: piano

Marketing)

• Tendenze evolutive generali della pianificazione di

Marketing

Rif. 5.1.2-5.2 (si rinvia al testo)

89

IL PIANO DI MARKETING

• La sua struttura-tipo:Rif. 5.3

90

GLI OBIETTIVI QUANTITATIVI DEL PIANO DI

MARKETING

• Volumi vendite

• fatturato

• (quota mercato)

• margine di contribuzione

Nel Consumer Marketing gli obiettivi si riferiscono alla combinazione di

politiche di mercato scelta tra le alternative concretamente ritenute

praticabili che so sono adeguatamente testate (test di mercato)

Le alternative devono essere coerenti con le scelte strategiche assunte

(strategie di business nei loro aspetti riferiti al mercato di sbocco) e con

gli orientamenti strategici della SBU per l’ASA a cui esse si

riferiscono

Rif. 5.3

91

ORIENTAMENTI STRATEGICI CHE VINCOLANO LE

SCELTE DI MARKETING

• Obiettivi di sviluppo perseguiti:

strategia di crescita con penetrazione, o sviluppo del

mercato, o integrazione (verticale o orizzontale), o

diversificazione; oppure di sopravvivenza (mantenimento,

ridimensionamento, riconversione)

• Obiettivi economico-finanziari perseguiti:

strategie di investimento, di incremento della redditività, di

disinvestimento

Rif. Corso di Economia e Gestione delle Imprese

92

ORIENTAMENTI STRATEGICI CHE VINCOLANO LE

SCELTE DI MARKETING

(segue)

• Modalità scelte per perseguire gli obiettivi quanto ad ampiezza del

business:

modalità di estensione o di focalizzazione funzionale, di

risegmentazione, di estensione o focalizzazione tecnologica

• Modalità scelte per perseguire gli obiettivi quanto a vantaggi

competitivi ricercati:

leadership di costo, di differenziazione, di specializzazione (nel caso di

settori = ambienti competitivi maturi, seguendo lo schema porteriano)

• Modalità scelte per perseguire gli obiettivi quanto a condotte

competitive:

condotte offensive, difensive, di aggiramento, passive, di coesistenza

93

PROCEDURA DI SCELTA TRA MARKETING MIX

ALTERNATIVI

• La procedura di analisi è una procedura tipicamente

economico-aziendale: l’alternativa che viene scelta è

quella, tra le alternative valutate che, a parità di rischio

percepito, presenta la maggiore redditività attesa del

capitale investito

• il punto più critico della procedura è l’affidabilità dei test

di mercato

• la procedura richiede un adeguato sistema informativo

contabile, specie per quanto attiene la contabilità analitica

dei costi

Rif. 5.3

94

LA VALUTAZIONE: SEQUENZA ANALITICA

1 Valutazioni quantità vendibili (qv) con analisi di impatto

(test di mercato)

2 determinazione margine di contribuzione unitario

(MCu = p - (cv1 + cv2))

3 determinazione quantità di equilibrio (q*)

(q* = )

Rif. 5.3

CF1 + CF2 + CF3

MCu

95

LA VALUTAZIONE: SEQUENZA ANALITICA

4 Determinazione margine netto (MN)

(MN = (qv - q*) MCu)

5 determinazione redditività attesa (margine netto/capitale

investito). Una “proxi” può essere

MN

ΣΣΣΣ CF

6 ponderazioni per il diverso grado di rischio ed eventuali

valutazioni finanziarie (diverse cadenze esborsi - incassi)

Rif. 5.3

96

ESERCIZIO DI VALUTAZIONE (con dati semplificati)

Dati Alternative

A B

Σ CF (109) 7,0 8,0

Di cui: CF1 (109) 3,0 3,0

Di cui: CF2 (109) 2,5 2,5

Di cui: CF3 (109) 1,5 2,5

Σ Cv (unitari) (103) 300 325

Di cui: Cv 1 (103) 150 150

Di cui: Cv 2 (103) 150 175

P (prezzo) (103) 1.125 1.250

97

ESERCIZIO DI VALUTAZIONE

Risultati

A B

Qv (103)

(da test di mercato)

10 11

MCu (103) 825 925

Q* (103) 8,485 8,649

MN (109) 1,250 2,174

MN (%)

Σ CF

17,8 27,1

98

RELATIVITA’ DEL MODELLO DELLE 4 P

• E’ lo schema maggiormente consolidato per sintetizzare e

memorizzare le politiche di mercato (Marketing mix) che, in modo

integrato e sinergico, dovrebbero comporre il Marketing operativo:

product, place, price, promotion.

• Come già si è visto (cfr. cap. 4) le politiche di mercato possono anche

essere schematizzate diversamente nel Marketing operativo delle

imprese produttrici di beni di consumo. Come si vedrà (cfr. capp. 18 e

19) lo schema delle 4 P è inappropriato nel Marketing operativo dei

servizi e in quello business to business. Esso è, inoltre, un’inutile

“forzatura” nel “Trade Marketing” ed in molti campi applicativi del

Marketing extra-aziendale (Marketing territoriale, dei beni culturali,

socio-sanitario, ecc.).

• Ciononostante, nel Marketing dei beni di consumo lo schema delle 4 P

resta un utile punto di riferimento per l’esame dei principali problemi

operativi, di Marketing, purché….

Rif. 13.1.1

99

RELATIVITA’ DEL MODELLO DELLE 4 P (segue)

• ….Purchè:

– Se ne eviti un’applicazione “standardizzata” (gli obiettivi di ogni

politica di mercato variano e l’integrazione tra le politiche di

mercato pone problemi diversi nelle diverse situazioni aziendali)

– Si abbia costantemente presente che le politiche di mercato nel loro

insieme sono strumenti di attuazione delle scelte strategiche

attinenti la “product idea”, la segmentazione del mercato ed il

posizionamento competitivo. La loro coerenza con queste scelte

strategiche è prioritaria, anche rispetto alla loro integrazione

sinergica

– Non si limiti alle 4 P l’individuazione delle politiche possibili ed

appropriate (ad esempio, il CRM, difficilmente potrebbe essere

ricompreso nello schema delle 4 P).

Rif. 13.1.1

100

SCHEMA SINTETICO DELLE SUCCESSIVE ANALISI

• Per cogliere la relatività dello schema delle 4 P,

considereremo, con una serie di esemplificazioni, come

esse possono variare:

– nel modello di Kotler;

– nel modello del ciclo di vita del prodotto;

– nei modelli “attrattività - competitività” (matrici B.C.G.,

McKinsey, Day, Valdani, ecc.)

Rif. 13 nel suo complesso (con alcune integrazioni)

101

MODELLO DI KOTLER

Rif. 13.1

DI CONVERSIONENEGATIVA

DI STIMOLOINESISTENTE

DI SVILUPPOLATENTE

DI RINNOVAMENTOINSUFFICIENTE

DI SINCRONIZZAZIONEIRREGOLARE

DI MANTENIMENTOCOSTANTE

DI CONTRAZIONEECCESSIVA

DI CONTRASTONOCIVA

SOTTODIMENSIONATA

ADEGUATA

SOVRADIMENSIONATA

DOMANDA ATTUALE AZIONI DI MARKETING

102

MODELLO DEL CICLO DI VITA DEL PRODOTTO

(Versione Marketing)

• Il modello può essere applicato a singoli prodotti o marche,

ma è più corretto riferirlo a classi di prodotto omogenee

quanto ad aspettative da “specificare” ed a modalità di

“specificazione” di carattere funzionale

• Il modello non fornisce indicazioni previsionali, ma

prescrittive

• Le fasi del ciclo di vita del prodotto vanno considerate non

solo per i loro andamenti caratteristici dei volumi e del

fatturato, ma anche per gli aspetti di seguito sintetizzati.

Rif. 13.2

103

MODELLO DEL CICLO DI VITA DEL PRODOTTO

(Versione Marketing) (segue)

Rif. 13.2

Aspetti Introd. Sviluppo Maturità Declino

Stati

concorrenza

Monop.

Temp.

Intensa

Price e non

price

competition

Oligop.

Equilibrata

e collusiva

Aspetto

poco

rilevante

Redditivitàcapitale

investito

netto

Negativa

o nulla

Da nulla a

leggermente

positiva

Positiva su

livelli

elevati

Da positiva

a nulla o

negativa

Fabbisogno

finanziarionetto

Elevato Elevato, ma

decrescente

Negativo Tendenzial-

mente nullo

Vincoli Esterni

elevati

Competitivi

elevati

Competitivi

attenuati

Esterni

decrescenti

104

PRESCRIZIONI PER LA FASE DI INTRODUZIONE

• Decisioni radicali (specie per grandi imprese “pioniere”

che intendono trasformare in mercati rilevanti alcuni

segmenti - nicchia di imprese minori anticipatrici): o

investire risorse adeguate a ritorno differito ed incerto o

abbandonare subito il gioco.

• Sfide individuali molto elevate per chi è responsabile del

Marketing operativo

• Scarsa autonomia decisionale (devono essere impiegate

risorse “altrui”)

• Rilevanza della scelta tra i prezzi di scrematura e prezzi di

penetrazione oltre che delle scelte di politica del prodotto

Rif. 13.2

105

PRESCRIZIONI PER LA FASE DI SVILUPPO

• Comportamenti concorrenziali aggressivi finalizzati a

costruire una forte leadership (di costo o di

differenziazione)

• Immediato reinvestimento delle risorse nette via via

generate (“bruciare le risorse in questa fase equivale ad

investire per il futuro”)

• Sfide individuali elevate, cui si accompagna però un’alta

autonomia decisionale

• Rilevanza di tutte le politiche di mercato coerenti con la

strategia che porta ad affermare i punti di forza

dell’impresa ed a fronteggiare le minacce competitive

Rif. 13.2

106

PRESCRIZIONI PER LA FASE DI MATURITA’

• Comportamenti concorrenziali che consentano di conservare le

posizioni raggiunte con politiche di mercato coerenti con la

propria leadership, reattive solo in presenza di nuove minacce

impreviste

• Generazione di risorse finanziarie in misura superiore il più

possibile a quella delle risorse assorbite

• Sfide individuali ridotte, seppure con elevate responsabilità in

termini di efficace gestione delle risorse

Prescrizioni per la fase di declino

• Abbandonare l’illusione di sviluppare azioni di remarketing “a

tutti i costi” e disinvestire tempestivamente, se necessario

Rif. 13.2

107

LA MATRICE B.C.G. (BOSTON COSULTING GROUP)

Rif. 13.2

StelleEnigmi

CaniVacche

da

mungere

A B

A

B

Tas

so d

i c r

esci

ta d

e l m

erca

to

Quota di mercato relativa

Allo

cazi

one

riso

rse

Sequ

enza

succ

esso

108

IPOTESI IMPLICITE E LIMITI DELLA MATRICE B.C.G.

• Alto indice di quota di mercato relativa = risorse generate

> risorse assorbite a motivo: economie di scala, economie

di esperienza e ruolo di “price maker” rispetto al più

diretto concorrente (ciò vale più per le strategie basate sui

costi e sui volumi che per quelle basate sulla

differenziazione e la focalizzazione)

• Nessun “disaccoppiamento” tra cicli di vita lato offerta e

lato domanda

• I due parametri (∆ crescita di mercato e indice quota di

mercato relativa) possono non sintetizzare adeguatamente i

fattori di attrattività e di competitività.

Rif. 13.2

109

MATRICE MCKINSEY (O SHELL O GENERAL

ELECTRIC)

Rif. 13.2 Drastici

miglioramenti

interni, se

possibili

Eliminare

Privilegiare,

rafforzare

(core-business)

Focalizzarsi in

sottosegmenti

o cedere a

buone

condizioni

A

M

B

B M A

Competitività

(misurata con fattori plurimi)

Attrattività

(misurata con

fattori plurimi)

110

COME SI COSTRUISCE LA MATRICE MCKINSEY

• Individuazione fattori attrattività dei mercati (multipli), per ogni

ASA

• Idem di competitività delle imprese che vi operano (multipli e non

limitati ai propri punti di forza), per ogni ASA

• Definire criteri di trasformazione delle valutazioni qualitative in

graduazioni quantitative e tradurre i risultati per ogni fattore in uno

dei tre gradi di intensità (A, M, B) espressi con punteggi

• Ponderare la rilevanza relativa dei fattori considerati (espressa con

punteggi)

• Collocare ogni ASA nella matrice (sommatoria dei prodotti delle

due analisi precedenti per attrattività e competitività collocata entro

il limite inferiore dato da sommatoria graduazioni minime per

ponderazioni effettive e quello superiore dato da sommatoria

graduazioni massime per ponderazioni effettive)

Nessun rif.

111

POTENZIALITA’ E LIMITI DELLA MATRICE MCKINSEY

• Utile strumento di analisi strategica, che direttamente, però, non

dà prescrizioni sulle politiche di mercato da rafforzare o

attenuare

• Strumento in cui si inseriscono molte valutazioni soggettive,

specie sulla rilevanza relativa dei fattori considerati

• I posizionamenti delle ASA nella matrice sono spesso

esclusivamente indicativi

• Esercizio comunque utile per pervenire a valutazioni collegiali

sistematiche sui vari fattori di attrattività e di competitività da

parte degli organi di “staff” dell’alta direzione e dei responsabili

di “line” con il supporto di un istituto esterno di consulenza

strategica

Rif. 13.2

112

ALTRI SCHEMI DI ANALISI PER ORIENTARE LE

SCELTE DI MARKETING MIX

• Nei settori H.-T., specie per sistemi- prodotti complessi con rilevanti

contenuti di software applicativo: ciclo di adozione delle nuove

tecnologie di Moore. A differenza del ciclo di vita del prodotto, il

modello considera le differenze degli atteggiamenti e dei

comportamenti degli utilizzatori (“visionari”, “pragmatici”,

“conservatori” e “scettici”) che prevalgono nelle successive fasi del

ciclo, imponendo una rilevante discontinuità delle politiche di mercato

e delle forme stesse di Marketing più appropriate in ogni fase.

• In parecchi campi del Marketing business-to-business è rilevante

l’esame congiunto delle matrici delle capacità market driven,

delle risorse market driven e dei clienti-chiave secondo le

metodologie proposte da G. Day e sviluppate da E. Valdani

Nessun rif.

113

CONCETTO DI PRODOTTO NEL MARKETING

• Estensivo: out-put produttivo che, in virtù dei suoi attributi

(materiali, immateriali) offre al target determinati benefici

• Restrittivo: riferito solo alle caratteristiche economico-

tecniche e funzionali

Tra i due concetti vi sono numerose relazioni, così come tra le

politiche del prodotto (in senso restrittivo) e quelle di

differenziazione

Rif. 14.1.1

114

GESTIONE CORRENTE DEL “PORTAFOGLIO

PRODOTTI”

• Richiede dati disponibili a cadenze ravvicinate sia sulla

posizione di ogni prodotto sul mercato (desumibili dalle

ricerche continuative multiclient Nielsen o Iri-Infoscan), sia

sulla sua posizione all’interno dell’impresa (il che richiede

una contabilità analitica accurata, specie dei costi).

• Pochi indicatori (Rispoli) consentono di monitorare la

gestione corrente e di distinguere i prodotti fondamentali,

quelli di supporto, quelli del passato, quelli del futuro e quelli

da eliminare.

Rif. 14.1.2

115

GESTIONE CORRENTE DEL “PORTAFOGLIO

PRODOTTI” (segue)

• Configurazione che assumono gli indicatori proposti

Rif. 14.1.2

Indicatori QM DQM DF Età rel. %F %MC IC MC/IS

Fondamentali A ± ± M A A >+1 M

Di supporto M-B ± ± M B B >1 M

Del passato A-M - - A M-B B >1 A

Da eliminare M-B - - A B 0 >/=1 A

Del futuro B + + B B B-0 >1 B

Legenda: A = alto; B = basso; M = medio; 0 = Zero; + = crescente; - = decrescente; ± = stabile;

> +1 = molto maggiore di 1; >1 = maggiore di 1; >/= = poco maggiore o uguale a 1

116

GESTIONE CORRENTE DEL “PORTAFOGLIO

PRODOTTI” (segue)

• Le decisioni di effettiva eliminazione dei prodotti non sono

decisioni gestionali routinarie ma richiedono complesse

analisi costi-benefici, per parecchi motivi:

– effetti sui costi di produzione del grado di utilizzazione

della capacità produttiva

– residui effetti positivi di “immagine”

– per i beni di consumo durevole: soluzione dei problemi di

assistenza ai clienti e di ricambistica

Rif. 14.1.2

117

L’INNOVAZIONE DEI PRODOTTI: SUE

DETERMINANTI

• La tradizionale distinzione tra innovazioni technology push ed

innovazioni demand pull ed il suo suo superamento negli studi

di Marketing

• Le innovazioni in senso assoluto (imprese pioniere con

prodotti “nuovi per il mondo”) e quelle in senso relativo

(prodotti nuovi per l’impresa)

Rif. 14.2.1

118

L’INNOVAZIONE DEI PRODOTTI: SUE

DETERMINANTI (segue)

• L’innovazione continua dei prodotti nelle teorie dell’impresa

considerata come “sistema cognitivo” che apprende (Vicari,

Von Krogh)

• Rilevanza delle innovazioni organizzative nei processi di

innovazione dei prodotti (Nonaka, Lindell)

• I processi innovativi transorganizzativi (Hakansson)

• Le innovazioni nell’uso come fonti di ulteriori innovazioni

(Von Hippel)

Rif. 14.2.1

119

I FATTORI DI INSUCCESSO DELLE INNOVAZIONI DEI

PRODOTTI

• Alta incidenza dei processi innovativi non ultimati e degli

insuccessi (secondo Kotler il successo pieno riguarda solo il 20%

dei processi innovativi avviati)

• I principali fattori di insuccesso non sono di natura tecnologica, ma

di Marketing (sovrastima dimensioni mercato potenziale, sottostima

tempi di diffusione) o di carattere organizzativo (forte riduzione del

“time to market” con strutture e procedure organizzative

inadeguate, divario tra grado di integrazione funzionale necessario e

grado di integrazione funzionale effettivamente raggiunto)

• Applicazione rigida dei modelli sequenziali di sviluppo dei nuovi

prodotti con interruzioni “in itinere” dei processi di sviluppo (non è

possibile “sbagliare con intelligenza”)

Rif. 14.2.3

120

LE SEQUENZE STANDARD DEL PROCESSO DI

INNOVAZIONE DEI PRODOTTI

• Generazione delle idee -> selezione delle idee -> progettazione

(varie sottofasi) -> prototipazione -> produzione -> lancio sul

mercato

• Il processo è sequenziale e, se non viene flessibilizzato, non

consente “parallelizzazioni” di fasi o sottofasi, revisioni in caso di

valutazioni negative al termine di ogni fase, sufficiente autonomia

decisionale dei team preposti al processo di sviluppo, efficaci

integrazioni di competenze, anche transorganizzative, in tutte le

fasi)

• Per questi motivi prevalgono oggi processi più flessibili con

maggiore autonomia dei team coinvolti (ad esempio: modelli

“azione - interazione - contesto” di Lindell)

Rif. 14.2.3

121

LA SELEZIONE DELLE IDEE INNOVATIVE

• Valutazioni che, seppure in condizioni di incertezza,

prefigurano comparativamente alcuni aspetti-chiave di

possibili piani di business

• Valutazioni espresse dai responsabili, al livello più alto, delle

diverse funzioni aziendali

• In caso di forti discrepanze valutative, la valutazione viene

reiterata per gli aspetti più controversi

Rif. 14.3.2

122

I CONCEPT-TEST NELLA FASE DI PROGETTAZIONE

• Si tratta di analisi di carattere qualitativo (su campioni non

statisticamente rappresentativi dell’universo dei potenziali

utilizzatori del nuovo prodotto)

• Il nuovo prodotto non è ancora completamente definito. Si

dispone solo di sue rappresentazioni e di sue specifiche

funzionali

• I risultati di questi test sono positivi solo se individuano sia

una percezione del carattere innovativo del prodotto, sia una

propensione al suo uso in sostituzione dei prodotti già sul

mercato

Rif. 14.3.3

123

I TEST SUCCESSIVI

• I test di prodotto (su prodotti finiti, seppure ancora

parzialmente modificabili). Possono essere a marca “coperta”

o “scoperta”. I campioni devono avere una sufficiente

rappresentatività statistica del target

• Il clinic-test su prodotti finiti non più modificabili, che

vengono comparati con i più diretti concorrenti prima del loro

lancio. Si rileva, tra l’altro, il “prezzo psicologico”. I

campioni devono avere una sufficiente rappresentatività

statistica del target

• I test di mercato. Sono finalizzati a valutare l’efficacia del

Marketing-mix in condizioni “reali” di mercato

Rif. 14.3.3

124

POLITICHE DI PREZZO

Il prezzo, dal punto di vista dell’impresa, in una logica di

Marketing:

• è una componente del Marketing-mix;

• l’unica che genera ricavi (le altre generano costi);

• codeterminata (ossia determinata insieme alle altre) in

condizioni di razionalità limitata e di incertezza.

Rif. 15.1.1

125

• Dal punto di vista dell’utilizzatore il prezzo è invece -

come già si è visto - il sacrificio monetario che gli viene

richiesto per fruire delle utilità (o dei benefici) di un

determinato bene o servizio

• Esso deve comunque essere inferiore al valore da lui

percepito di tale bene o servizio, dedotti i sacrifici non

monetari connessi con la sua fruizione. Quest’ultimo

valore è il cosiddetto prezzo psicologico (individuale),

limite superiore (teorico) del prezzo effettivo

individualmente accettabile.

(segue)

126

MOTIVI DELLA CRITICITA’ DELLE POLITICHE DI

PREZZO

• Il prezzo influenza il livello della domanda particolare dell’impresa

(rilevanza di Σpij e sua difficoltà di stima a priori);

• per i beni di consumo di marca il livello di domanda è influenzato sia

dal prezzo al consumo, sia dai margini dei distributori, oltre che

dall’intensità della differenziazione;

• il prezzo (attenzione: prezzo di cessione ai distributori) influenza il

margine di utile lordo, ma anche le quantità vendibili. E’ un fattore

critico per la redditività;

• il prezzo è anche un “segnale di valore”. Influenza quindi la percezione

dell’immagine di marca ed il posizionamento competitivo della marca;

• di per sé le variazioni di prezzo sono immediatamente imitabili

(automatismo della “price competition”);

• il prezzo deve essere coerente sia con le altre componenti del

Marketing mix, sia con le strategie aziendali di segmentazione del

mercato.

Nessun rif.

127

ULTERIORI (E RECENTI) MOTIVI DI CRITICITA’ DELLE

POLITICHE DI PREZZO

• Compressione del ciclo di vita dei prodotti: criticità delle scelte iniziali

tra prezzi di scrematura e prezzi di penetrazione del mercato;

• “affollamento” di beni di consumo con caratteristiche funzionali simili:

aumento rischi di “price competition” non controllabile se mancano

solide differenziazioni di immagine;

• riduzione potere di acquisto (in termini reali) e aumento

disuguaglianze nella distribuzione del reddito: aumento elasticità

diretta e incrociata della domanda al prezzo;

• volatilità (con forti variazioni di breve periodo) dei prezzi di alcune

materie prime, con variazioni dei prezzi relativi dei prodotti che le

contengono a diverso valore aggiunto;

• crescenti vincoli istituzionali (Antitrust, Autorità settoriali di

regolazione), seppure nell’ambito di processi di crescente

liberalizzazione dei mercati;

• stati della concorrenza dinamici all’interno delle forme di mercato

oligopolistiche.

Nessun rif.

128

GLI ELEMENTI DA CONSIDERARE NELLA

DETERMINAZIONE DEI PREZZI

• Va premesso che, in una prospettiva di Marketing, i prezzi

sono codeterminati con le altre componenti del Marketing

mix e con obiettivi di “ottimo relativo” (non di “ottimo

assoluto” come nelle teorie microeconomiche che

presuppongono irrealistiche condizioni di razionalità piena e di

certezza da parte del decisore).

• Tuttavia, come suggerisce la microeconomia per le forme di

mercato diverse dalla concorrenza perfetta e dal monopolio

non contendibile, per determinare i prezzi è necessario,

anche dal punto di vista del Marketing, considerare

congiuntamente:

A i costi;

B la domanda;

C la concorrenza.

129

ANALISI DEI COSTI FINALIZZATA ALLA

DETERMINAZINE DEI PREZZI

Vanno distinti:

• costi diretti e indiretti (vanno imputati)

• costi variabili e costi fissi (vanno ripartiti)

• costi effettivi e costi- opportunità.

a Procedure di “direct-costing”: non sono esenti dai problemi

della ripartizione dei costi fissi

b Procedure di “full-costing”: definiscono margini netti;

implicano anche ardui problemi di imputazione (uniforme,

difforme, analitica) per i costi indiretti.

130

ANALISI DEI COSTI FINALIZZATA ALLA

DETERMINAZINE DEI PREZZI (segue)

• Procedura di “target-return-pricing”:

P = CVD + +

P = prezzo

CVD = costo variabile unitario diretto

F = costi fissi + totale costi variabili indiretti corrispondenti a X

X = volume di produzione

r = tasso di ritorno atteso

K = capitale investito totale

X

rK

X

F

131

ANALISI DEI COSTI FINALIZZATA ALLA

DETERMINAZINE DEI PREZZI (segue)

• Procedura di “cost-plus-pricing”:

P = CM + rCM

P = prezzo

CM = costo medio pieno unitario

r = % di ricarico che consente un profitto soddisfacente

132

ANALISI DEI COSTI FINALIZZATA ALLA

DETERMINAZINE DEI PREZZI (segue)

• Entrambe le procedure contengono un’ipotesi errata: invertono

infatti il rapporto funzionale q = fp, ossia fanno derivare il

prezzo dalle quantità domandate (ipotizzate a priori per

consentire la distribuzione dei costi fissi), mentre le quantità

domandate sono funzione (anche) del prezzo;

• non considerano inoltre (più nella teoria, peraltro, che nella

prassi) le due altre variabili essenziali per la determinazione del

prezzo (domanda e concorrenza).

• Queste procedure non esauriscono affatto il processo di analisi

necessario per la determinazione del prezzo, ma si limitano a

definire uno o più (in caso di simulazioni con diverse ipotesi di

quantità vendibili) prezzi target, utili peraltro per una serie di

valutazioni di convenienza (vds. oltre).

133

UTILITA’ DEL TARGET PRICE:

• Effetti sconti su redditività attesa;

• determinazione delle relazioni tra volumi e redditività in situazioni di

costi “affondati”;

• analisi comparate di posizionamento di prezzo necessarie per esercitare

una leadership di costo;

• quote di mercato necessarie per realizzare il pareggio costi-ricavi o

determinati livelli di redditività a prezzi dati;

• effetti sulla redditività di variazioni dei livelli e, più ancora, della

struttura dei costi;

• simulazione degli effetti di eventuali guerre di prezzo (specie se si è

in grado di sviluppare analisi comparate con i più diretti concorrenti);

• fattori di costo da considerare per definire i differenziali tra i costi

diretti variabili e prezzi dei singoli prodotti compresi

nell’assortimento.

134

ALCUNE CONFIGURAZIONI DI PREZZO (segue)

• Prezzo di cessione: prezzo a cui l’impresa cede la proprietà del suo

prodotto a terzi (in genere distributori): è il prezzo a cui si riferiscono

tutte le analisi di convenienza dell’impresa;

• Prezzo al consumo: prezzo pagato dal consumatore finale: è rilevante

per le analisi di elasticità della domanda al prezzo; può anche essere

indicato e, in alcuni Paesi (non in Italia) imposto dal produttore;

• Prezzo di trasferimento: valore al quale vengono trasferiti semilavorati

o prodotti (o servizi) tra le divisioni o i reparti di una stessa impresa o

di imprese facenti parte dello stesso gruppo industriale. Può fare

riferimento a specifiche configurazioni di prezzo-costo, a prezzi-target

(interni) o a prezzi esterni di mercato per trasferimenti analoghi (nei

gruppi industriali può porre delicati problemi di conflitto tra gli

interessi degli azionisti che detengono il capitale di comando e

azionisti di minoranza con quote diverse nelle varie imprese che

compongono il gruppo);

135

ALCUNE CONFIGURAZIONI DI PREZZO E DI PREZZO-

COSTO

Rif. 15.2.4 -15.2.5 - 15.3.1

• Prezzo-limite inferiore: costo variabile unitario (incrementale): serve

per valutare il limite inferiore di convenienza in operazioni di dumping

o ad esse assimilabili;

• Prezzo-limite superiore: costo totale pieno + profitto “normale” +

extraprofitto corrispondente all’extra-costo per l’impresa potenziale

entrante: serve per valutare opportunità e rischi dei piani di business e

di Marketing. Non può comunque superare il prezzo psicologico medio

più probabile;

• Prezzo psicologico: proxi del valore d’uso (individuale) attribuito dal

singolo consumatore al prodotto o al servizio offerto;

• Prezzo target: vds. lucidi precedenti;

• Prezzo tecnico: costo medio pieno in una specifica ipotesi di quantità

di pareggio (Q*): serve nelle valutazioni di convenienza e di rischio di

Marketing-mix alternativi;

136

ALCUNE CONFIGURAZIONI DI PREZZO E DI PREZZO-

COSTO (segue)

• Tariffa: non è un prezzo, ma un corrispettivo imposto da un regolatore,

che può anche imporne la struttura (ad esempio binomia);

• Prezzo di cartello o prezzo concordato (anche tacitamente) nell’ambito

di un oligopolio collusivo. Tende a conservare ed accrescere il potere

di mercato degli oligopolisti che partecipano alla collusione. E’

combattuto (nei limiti del possibile) dalle Autorità Antitrust;

• Prezzo barometrico: nelle situazioni di oligopolio omogeneo (o in

forme di mercato ad esse assimilabili) è il livello di prezzo verso il

quale convergono gli oligopolisti, anche senza collusioni tacite, in

quanto nessuno di essi ha la convenienza a scostarvisi (al rialzo o al

ribasso) (vds. oltre: prezzo e concorrenza). Le imprese che possono

sostenere con successo una “guerra di prezzo” spostano però

deliberatamente al ribasso (almeno pro-tempore) il prezzo barometrico;

Rif. 15.2.5

137

ALCUNE CONFIGURAZIONI DI PREZZO E DI PREZZO-

COSTO (segue)

• Prezzo di scrematura del mercato: prezzo che incorpora una larga parte

del “surplus” di utilità del consumatore, accettato solo da segmenti di

mercato particolarmente sensibili a un’innovazione di prodotto e

praticabile da imprese che, pro-tempore, possono fruire di una

posizione monopolistica sul nuovo prodotto;

• Prezzo di penetrazione del mercato: prezzo al quale viene lanciato un

nuovo prodotto, che può essere, pro-tempore, inferiore al costo medio,

con lo scopo di acquisire rapidamente elevati volumi di vendita,

rendendo difficile l’entrata di imprese imitatrici;

• Prezzo di monopolio (in caso di monopolio non contendibile e non

regolato): prezzo che, espropriando gran parte del “surplus” di utilità

del consumatore e razionando le quantità vendibili (se necessario), è

determinato ad un livello che massimizza il profitto del monopolista

(senza alcun vincolo di prezzo limite superiore);

• Prezzo di mercato: valore di scambio in tutte le forme di mercato

(escluse quelle di monopolio non contendibile);

Rif. 15.2.5

138

POLITICHE DI DISCRIMINAZIONE E DI

DIFFERENZIAZIONE DEI PREZZI

Nel Consumer Marketing:

• si ha discriminazione quando lo stesso prodotto, offerto dallo

stesso venditore finale, nella stessa subarea di mercato ha prezzi

diversi al variare dei clienti (per sfruttarne le loro diverse

elasticità al prezzo del di tale prodotto) non giustificati da

diverse “responsabilità di costo”;

• non sono “discriminazioni” le variazioni stagionali o anche

giornaliere dei prezzi, le operazioni promozionali di “cut-price”,

gli sconti di quantità, ecc.

• si ha differenziazione quando i prezzi variano in relazione

(anche non proporzionale) al variare delle “responsabilità di

costo”.

Rif. 15.3.5

139

POLITICHE DI DISCRIMINAZIONE E DI

DIFFERENZIAZIONE DEI PREZZI (segue)

Nel Trade Marketing:

• si ha discriminazione quando i prezzi di cessione variano al

variare del potere contrattuale del distributore, anche senza

giustificazioni in termini di diverse “responsabilità di

costo” o di diverse relazioni cooperative sul piano della

promozione delle vendite;

• la discriminazione dei prezzi nel Trade Marketing ha

comunque effetti negativi di medio periodo per il

produttore che la pratica.

Rif. 15.3.5

140

PRINCIPI (teorici) PER LA DETERMINAZIONE DEI

PREZZI DEI PRODOTTI A DOMANDA CORRELATA E/O

A COSTI CONGIUNTI COMPRESI NELL’ASSORTIMENTO

DELLA STESSA IMPRESA PRODUTTRICE

Gli interrogativi di partenza sono due:

• la domanda è correlata e, in caso di risposta positiva, è

correlata in quanto i prodotti sono complementari o

sostitutivi?

• I costi congiunti sono già sostenuti e non fungibili (costi

“affondati”) o no?

Nessun rif.

141

PRINCIPI (teorici) PER LA DETERMINAZIONE DEI

PREZZI DEI PRODOTTI A DOMANDA CORRELATA E/O

A COSTI CONGIUNTI COMPRESI NELL’ASSORTIMENTO

DELLA STESSA IMPRESA PRODUTTRICE (segue)

• Le regole teoriche generali sono:

1 Domanda non correlata - costi congiunti “affondati” RM1 = RM2

2 Domanda non correlata - costi congiunti non “affondati” RM = CMar

(con rettifica CMar in funzione del migliore uso dei fattori produttivi a costo

congiunto)

3 Domanda complementare - costi non congiunti CMar = RM

(con rettifica in diminuzione di RM (fino a zero se necessario) in funzione

dell’incremento indotto sulle quantità del prodotto complementare vendute)

4 Domanda sostitutiva - costi non congiunti CMar = RM

(con rettifica in aumento in funzione della riduzione delle vendite del prodotto

sostitutivo)

5 Domanda correlata - costi congiunti sequenze:

prima 3 - 4, poi 1- 2

Nessun rif.

142

METODI PRATICI DI STIMA DELL’ELASTICITA’ DELLA

DOMANDA AL PREZZO

• Metodo cieco (groping): non si adatta a prodotti di marca per i

suoi effetti negativi sull’immagine;

• Market survey: al di là delle valutazioni dei “prezzi psicologici”,

c’è un forte rischio di raccogliere informazioni inattendibili,

salvo che nel Marketing business-to-business;

• Market testing (aree test/aree di controllo): il rischio deriva dalle

reazioni deliberatamente anomale dei concorrenti;

• Metodi di simulazione di laboratorio: i partecipanti finiscono

con l’agire in modo difforme dall’universo da cui sono estratti;

• Metodi di simulazione “reale”: sono gli unici dotati di una certa

attendibilità, purchè si riesca a riprodurre, su piccola scala e con

strumenti diversi, l’intensità comunicazionale prevista.

Richiedono anche relazioni cooperative con i distributori, non

facili da realizzare in concreto.

Rif. 15.3.2

143

FATTORI CHE DETERMINANO UNA SCARSA

ELASTICITA’ DELLA DOMANDA AL PREZZO:

Rif. 15.3.2

A spettative e

percezioni del

consum atore

• Q ualità distintiva fortem ente

percepita

• D ifficoltà nell’identificare

sostitutiStruttura del m ercato

e stato della

concorrenza

• E ffettiva carenza d i sostituti

• Q ualità dei sostitu ti non resa

nota (non com parabile)

A lto grado di rischio

percepito• Prestazioni difficilm ente

confrontabili

• R ischio d i perdita d i prestig io ,

appartenenza, sicurezza

Scarsa rilevanza

econom ica• C om ponente o prodotto

com plem entare con bassa

incidenza sul valore del

prodotto principale

• Prodotto “voluttuario” a bassovalore unitario

144

ANALISI DEL RAPPORTO TRA PREZZO E VALORE

PERCEPITO DELLE MARCHE APPARTENENTI ALLA

STESSA CLASSE DI PRODOTTI

A Scelta di attributi da valutare e scala punteggi da attribuire (no prezzo

tra attributi);

B Scelta marche da confrontare e scala punteggi da attribuire (contenuto

in termini di attributi in ogni marca);

C Integrazione delle valutazioni di cui sopra (sommatoria dei prodotti

delle due valutazioni). Fin qui: come nelle analisi delle preferenze di

marca con il metodo di composizione. Il risultato è una “proxi” dei

valori percepiti;

D Media dei valori e scarti dalla media di ciascuno di essi;

E Rilevazione dei prezzi per ciascuna marca per unità di peso;

F Media dei prezzi e scarti dalla media di ciascuno di essi;

G Confronto tra gli scarti dalla media ottenuti al punto D e al punto F;

H Conseguenti decisioni operative di pricing, loro valutazioni di

fattibilità e di convenienza rispetto ad altre politiche di mercato

migliorative.

Rif. 15.3.2

145

ANALISI DELLE CONDOTTE COMPETITIVE

FINALIZZATA ALLE DECISIONI DI PRICING, SPECIE

NEI MERCATI A STRUTTURA OLIGOPOLISTICA

• Condotta cooperativa, con un’impresa “price-maker” e le

altre “price- takers”;

• Condotta adattiva, pur in assenza di un “leader” di prezzo;

• Condotta opportunistica: ciascuno cerca di attuare manovre

a proprio esclusivo vantaggio, con il rischio di innescare

“guerre di prezzo” indesiderate;

• Condotta offensiva: alcune imprese scatenano

deliberatamente una “guerra di prezzo” per escluderne altre

dal mercato o indebolirne le posizioni.

Rif. 15.4

146

ANALISI DELLE CONDOTTE COMPETITIVE

FINALIZZATA ALLE DECISIONI DI PRICING, SPECIE

NEI MERCATI A STRUTTURA OLIGOPOLISTICA

• Nell’oligopolio differenziato il leader tende a stabilire un

prezzo correlato a politiche di differenziazione estensiva;

gli altri oligopolisti adottano prezzi proporzionali al livello

di differenziazione dei loro prodotti.

• Nell’oligopolio omogeneo (equilibrato) il leader fissa un

“prezzo barometrico” a cui conviene anche agli altri

oligopolisti adeguarsi.

• Anche nei mercati dei beni di consumo alcune situazioni

(maturità dei prodotti) sono, entro certi limiti, assimilabili

a quelle dell’oligopolio omogeneo.

Rif. 15.4

147

LE “GUERRE DI PREZZO”

• In queste situazioni la domanda particolare dell’impresa assume una

tipica configurazione “a gomito”:

Rif. 15.4.2

Pi

Qi

Prezzo “barometrico”

“Guerra di prezzo”

La quota di mercato

non aumenta, i

profitti si erodono

Le forti perdite di quota di mercato

determinano l’erosione dei profitti

148

LE “GUERRE DI PREZZO” (segue)

A quali imprese conviene (in un orizzonte temporale non breve) scatenare

una “guerra di prezzo” (in condizioni di domanda complessiva non

espandibile, di oligopolio tendenzialmente omogeneo e con dotazione

di capacità produttiva non del tutto saturata:

• imprese minori efficienti (con CM uguale alle maggiori) che le

maggiori hanno lasciato sopravvivere per evitare interventi antitrust.

Per le maggiori il costo della difesa della quota di mercato supera lo

svantaggio di una perdita marginale della stessa;

• imprese con vantaggi assoluti di costo pro-tempore non imitabili dalle

altre (hanno più capacità di resistenza alla fase di erosione dei profitti

al termine della quale i concorrenti più deboli possono essere stati

costretti ad uscire dal mercato lasciando loro spazi di espansione);

• imprese che, anche a parità di costo e di dimensioni (comunque grandi)

hanno una struttura dei costi in cui prevalgono nettamente (rispetto alle

altre) le componenti fisse. A parità di elasticità della domanda i volumi

addizionali di domanda necessari per ristabilire il livello di profitto

sono, per loro, molto inferiori che per le altre.

Rif. 15.4.2

Matrice delle capacità M.D.

A

B

B A

Grado di presidio

Svantaggio

competitivo

Ridondanza

CMD1

Vantaggio

competitivo

Carenza

CMD3

CMD4CMD2

Cri

tici

Matrice delle risorse M.D.

Risorse attualmente

competitive

RMD1

Risorse potenzialmente

competitive

RMD2

Risorse

ridondanti

RMD3

Risorse carenti

con difficoltà di sviluppo

RMD4

Grado di

sviluppo

relativo

Costo relativo dello sviluppo

B

A

A

B

Valutazione integrata delle matrici capacità - risorse M.D. - Esempio

pratico semplificato

Criticità

Grado di presidio Costo relativo sviluppo

Matrice capacità M.D. Matrice risorse MD

A A

B B

BB A A

Sviluppo

volume

relativo

Matrice dei clienti - chiave

Si è fornitori secondari

di clienti dinamiciSi è fornitori principali

di clienti dinamici

Si è fornitori secondari

di clienti statici

Si è fornitori principali

di clienti statici

A

AB

B

Penetrazione relativa

Sviluppo

dell’attività

del cliente

149

DIFFERENZIAZIONE DEL PRODOTTO (segue)

“E’ l’apprezzamento del consumatore per un determinato prodotto, offerto

da una determinata impresa, distinto rispetto a quello dei prodotti

appartenenti alla stessa classe in quanto destinati a soddisfare lo stesso

bisogno di base”

(Chamberlin)

• Legame tra differenziazione e segmentazione del mercato

• Elementi su cui può basarsi la differenziazione:

– materiali

– immateriali

• La differenziazione può essere:

– marginale (non riguarda le funzioni del prodotto o, almeno,

quelle “materiali”);

– sostanziale: investe anche queste ultime

Rif. 16.1.

150

DIFFERENZIAZIONE DEL PRODOTTO

• La differenziazione marginale può accompagnarsi con, anzi spesso è

richiesta dalla standardizzazione produttiva;

• La differenziazione sostanziale (cui può aggiungersi anche quella

marginale), nei casi in cui è realizzata attraverso un aumento della

varietà e variabilità della gamma offerta dallo stesso produttore, si

contrappone alla standardizzazione produttiva (vds. “mass-

customization”.

• Relazioni caratteristiche tra:

Rif. 16.1.1

Economie di costo

Economie di scala

Economie di standardizzazione

Economie di scopo

Entr

ambe:

non

-pri

ceco

mp

etit

ion

Differenziazione marginale

(con aumento qv non solo

con riduzione dell’elasticità

diretta al prezzo

Differenziazione sostanziale

da aumento varietà e

variabilità

151

EVOLUZIONE DEGLI OBIETTIVI DELLA

DIFFERENZIAZIONE

• Spostamento delle basi del mercato di sbocco al livello degli

utilizzatori finali (funzione di identificazione del produttore)

• Riduzione del potere di mercato degli intermediari commerciali

• Fronteggiamento dei rischi industriali e commerciali sfuggendo

agli automatismi della “price competition”

• “Arricchimento” dei contenuti immateriali del prodotto e

sostegno alle sue vendite, specie in presenza di eccessi di offerta

sulla domanda

Il processo è di tipo cumulativo (gli obiettivi più avanzati si

aggiungono, non si sostituiscono ai precedenti).

Rif. 16.1

152

LA MARCA COME ELEMENTO FONDAMENTALE DI

DIFFERENZIAZIONE

• Concetto di marca: come insieme di elementi distintivi e simbolici, la

marca evoca nella mente di specifici target di consumatori, un insieme

di attributi funzionali o immateriali, connessi con l’uso di uno

specifico output produttivo offerto da una specifica impresa.

• Funzioni della marca per il consumatore

• Funzioni della marca per l’impresa:

– funzioni di difesa dalle imitazioni

– funzioni di posizionamento

– funzioni di aumento del valore di scambio (premium price)

– funzioni di rafforzamento del potere di mercato (barriere

all’entrata)

– funzioni di capitalizzazione (la marca come componente rilevante

degli assets dell’impresa)

Rif. 16.1.2

153

TIPOLOGIE DI MARCHE

• Marche e marchi

• Marche - prodotto e marche - linea

• Marche uniche e marche multiple

• Marche “universali”

• Marche - ombrello

• Co-branding e brand extension

• Marche commerciali

– generics o di primo prezzo

– di fantasia

– d’insegna

• Marche degli stilisti

Rif. 16.1.3 - 16.1.4

154

L’IMMAGINE DI MARCA: IL SUO CARATTERE

VALORIALE

• Differenza tra notorietà (effetto dell’intensità della

comunicazione) e immagine (elemento non solo distintivo, ma

anche discriminante, che evoca, attraverso una “catena” di

associazioni di idee, spesso inconsce, valori condivisi che

sono già nella mente del consumatore appartenente a uno

specifico target).

• L’immagine è espressione di uno specifico posizionamento

sia competitivo, sia nell’insieme evocato del consumatore cui

si rivolge.

• L’immagine è espressa sinteticamente con il linguaggio

globale (esistenziale) del consumatore, non con quello

riduttivistico dell’impresa.

Rif. 15.4.2

155

LA GESTIONE DINAMICA DELL’IMMAGINE DI

MARCA

• Il modello B.C.M. (Brand Concept Management), pur

fornendo prescrizioni sulle azioni da intraprendere nelle

successive fasi di introduzione, elaborazione e rafforzamento

dell’immagine, non è un modello dinamico in senso stretto.

• Esso, infatti non considera situazioni di discontinuità

derivanti da cambiamenti strutturali sia dal lato dell’offerta

(cambiamenti delle strategie di segmentazione del mercato e

di posizionamento competitivo), sia da quello della domanda

(banalizzazione o individualizzazione delle aspettative ad

essa sottostanti)

Rif. 16.2.2

156

FATTORI CRITICI DELLA GESTIONE DINAMICA

DELL’IMMAGINE DI MARCA

• Nel caso di risegmentazione e riposizionamento:

– Grado di eterogeneità del processo di diversificazione rispetto

alle aspettative da specificare;

– Connessioni tra “brand image” e “corporate image”

• Nel caso di banalizzazione delle aspettative:

– L’impresa è pro-tempore “schiava” della sua immagine di

marca che può trasformarsi da barriera all’entrata in varco

all’entrata

Rif. 16.2.2

157

FATTORI CRITICI DELLA GESTIONE DINAMICA

DELL’IMMAGINE DI MARCA (segue)

• Nel caso di individualizzazione delle aspettative:

– Le immagini di marca basate su benefici marginali, povere di

riferimenti a valori di base più profondi, diffusi e stabili, si

indeboliscono;

– I consumatori individui sanno autogestire il loro universo

simbolico, sanno decodificare i messaggi pubblicitari che

ricevono e sanno valutare la “personalità” dell’impresa

attraverso una pluralità di elementi con cui l’impresa stessa si

rapporta al mercato

Rif. 16.2.2

158

LA STRUTTURA DEI PROCESSI DI COMUNICAZIONE

Gli elementi che compongono il processo:

• Emittente o fonte di comunicatore

• Codifica del messaggio

• Canale o mezzo o medium di comunicazione

• Decodifica del messaggio

• Destinatari del messaggio (target da non confondere con

audience dei media utilizzati)

• Risposte alle sollecitazioni suscitate dal messaggio

• Retroazione o “feed-back”

Rif. 16.3.2

159

LE COMPONENTI DEL MIX COMUNICAZIONALE

• Pubblicità (advertising)

• Promozione delle vendite

• Pubbliche relazioni

• Sponsorizzazioni

• Comunicazione personale

• Comunicazione interna

Rif. 16.3.3

160

EFFICACIA DELLA PUBBLICITA’

• L’efficacia comunicazionale della pubblicità (sua capacità di

raggiungere il target con frequenze definite, di essere

percepita, decodificata in modo conforme agli obiettivi,

ecc.): può essere misurata con strumenti che ne definiscono a

priori l’impatto e con specifici test (alcuni a priori, altri a

posteriori)

Rif. 16.4.3

161

162

EFFICACIA DELLA PUBBLICITA’ (segue)

• L’efficacia economica della pubblicità è invece difficilmente misurabile,

specie a priori.

Ciò pone ardui problemi nella determinazione dello stanziamento (o

budget) pubblicitario.

• Motivi:

– Effetti di breve e di lungo periodo;

– Diversi obiettivi (ed implicazioni economiche) della pubblicità

istituzionale, di immagine, promozionale;

– Sostanziale inseparabilità dagli effetti delle altre politiche di mercato,

con cui agisce in modo sinergico;

– Gli effetti variano al variare delle reazioni dei concorrenti, solo in

parte congetturabili;

– Ecc…..

Rif. 16.4.4

163

EFFICACIA DELLA PUBBLICITA’ (segue)

• In particolare: l’incremento delle vendite (dopo un certo periodo)

come misura dell’efficacia economica della pubblicità può anche

essere fuorviante

• Motivi:

– Effetti delle barriere all’entrata;

– Effetti sul contenimento del potere di mercato dei concorrenti e

distributori;

– Opportunità di brand-extension;

– Inserimento della pubblicità in strategie offensive, difensive, di

semplice mantenimento;

– Altri fattori, anche esogeni che influiscono sullo sviluppo delle

vendite;

– Effetti sull’elasticità della domanda particolare al prezzo.

Rif. 16.4.4

164

METODI DI DETERMINAZIONE DEL BUDGET

PUBBLICITARIO (segue)

• Obiettivo - compito:

- Obiettivo quantificabile;

- Costo (no esposizioni pubblicitarie per realizzarlo in aree-test)

- Espansione del costo al mercato effettivo

- Valutazione di convenienza economica

- Eventuale revisione obiettivo

• Lo stanziamento pubblicitario resta comunque uno stanziamento a

rischio. E’ illusorio credere che possa esistere una formula in grado

di definire a priori il budget ottimo.

Rif. 16.4.4

165

METODI DI DETERMINAZIONE DEL BUDGET

PUBBLICITARIO

dv M - V

• Vidale - Wolfe: = rA ( ) - λV

dt M

• Metodi basati su budgets interni

- importo residuale;

- budget tecnico;

- % sulle vendite;

- importo per unità di prodotto;

• Metodi “mirati”

- parità concorrenziale;

- obiettivo-compito;

- difesa-offesa (anche con Widale - Wolfe);

- costi-opportunità degli investimenti.

Rif. 16.4.4

165

LE POLITICHE DI DISTRIBUZIONE COMMERCIALE

• Rientrano solo in parte nel Marketing mix del produttore;

• Per gli aspetti che non vi rientrano, le relazioni con i

distributori hanno connotazioni in parte competitive (vds.

trade Marketing);

• In questa sintesi considereremo solo le scelte che rientrano

nel Marketing mix del produttore, rinviando al par. 17.2 un

esame (seppure sintetico) dei rapporti industria distribuzione

ed al part. 17.3 alcuni cenni sul Marketing dei grandi

distributori commerciali.

Rif. 17.1

166

SCELTE RIENTRANTI NEL MARKETING MIX DEL

PRODUTTORE

• Scelte di copertura del mercato (ampiezza della distribuzione)

• Scelta dei canali di distribuzione (lunghezza della

distribuzione)

• Scelte logistiche (logistica in uscita)

• Scelte riguardanti le relazioni tra comunicazione e

distribuzione (push - pull)

Rif. 17.1

167

SCELTE DI COPERTURA DEL MERCATO

• Copertura semplice (rapporto tra punti di vendita trattanti la

marca e punti di vendita trattanti la classe di prodotti in cui la

marca si inserisce)

• Copertura ponderata (rapporto tra fatturato dei primi e

fatturato dei secondi)

• Alternative di copertura:

- estensiva : convenience goods

- selettiva : shopping goods

- esclusiva : specialties goods

Rif. 17.1

168

SCELTE DEI CANALI - CRITERI

• Criterio economico restrittivo (costo minore di distribuzione

tenendo conto della diversa struttura dei costi del canale

lungo, indiretto breve e diretto)

• Criterio del controllo (che privilegia il canale indiretto breve),

anche se più oneroso, in funzione dell’efficacia dei

complessivi investimenti in Marketing

• Criterio della flessibilità (che privilegia il canale lungo per

evitare lo scarso utilizzo di capitale immobilizzato)

Rif. 17.1

166

APPORTO DELLE T.I. (POS-SCANNING E EDI) ALLA

LOGISTICA DISTRIBUTIVA

• Conoscenza diagrammi temporali di flusso -> gestione del

personale sui PDV

• Ottimizzazione margini operativi con vincoli di

minimizzazione dei costi di stoccaggio e di efficacia

dell’instore merchandising -> space management

• Ottimizzazione dei flussi fisici (di merci) con vincolo scorte

minime necessarie per evitare rotture di stock -> gestione del

ciclo ordini-consegne

Rif. 17.1

METODOLOGIA DI UNA RICERCA “GENERALE” LIFE

STYLING (GPF & ASS. - MONITOR 3SC)

• Stratificazione universo popolazione italiana (per sesso,

classi di età, aree geografiche di residenza, classi di

ampiezza dei centri abitati)

• Estrazione di un campione rappresentativo (3000

individui)

• Questionario:

– “items” su atteggiamenti e comportamenti atti ad individuare

correnti socio-culturali (250 circa poi ridotti a 49 correnti)

– dotazione di beni durevoli, comportamenti specifici di consumo,

mass-media utilizzati

– dati socio-demografici di riscontro

Rif. 9.2

(segue)

• Items: grado di accordo

• Raggruppamento in correnti socio-culturali (semplici

medie tra risposte ad items predisposti per sondare

atteggiamenti analoghi)

Rif. 9.2

Molto

4 3 2 1

Per nullaPocoAbbastanza

Items stabili Sociotrends

Items addizionali Analisi tipologica

Items mobili (Valutazioni specifiche-sperimentazioni)

(segue)

• Analisi delle correlazioni tra le correnti. Definizione delle

reciproche “distanze”:

Rif. 9.2

Forte correlazione inversa

(negativa)

Debole correlazioneForte correlazione diretta

(positiva)

(segue)

• Analisi fattoriale:

– ricerca di fattori discriminanti in relazione ai quali collocare,

rispettando le distanze reciproche, le correnti socio-culturali che

concorrono congiuntamente a definire le dimensioni maggiormente

esplicative dell’analisi

– i fattori (assi) devono “spiegare” il più possibile le distanze

osservate e ridurre uno spazio geometrico multidimensionale a

poche (3 nel caso 3SC) dimensioni che ne organizzano

l’interpretazione

Rif. 9.2

(segue)

Esempio (Monitor 3SC)

Sud - Nord: propensione al consumo

Est-Ovest: chiusura - apertura alla complessità

Zenith - Nadir: privato - sociale

Rif. 9.2

Zenith

baricentro

Nord

Ovest

SudNadir

Est

(segue)

• Mappa delle correnti socio-culturali rispetto agli assi fattoriali

maggiormente esplicativi

– con eventuale individuazione di spazi geometrici definiti dagli assi

fattoriali

– esempio (Monitor 3SC)

Rif. 9.2

I

II

IV

V

VI

VII

VIII

IX

X

III

Zenith

Ostentazione -

prestigio

Paura della

violenza

Rifiuto del lavoro

alienante

Amore per

l’avventura

Partecipazione

Etica

Ovest Est

Nadir

(segue)

Sviluppi dell’analisi:

• Generali:

– ipermappe ed individuazione dei trends socio-culturali;

– identificazione e quantificazione delle tipologie socio-culturali (stili di vita); (•)

• Applicativi specifici:

– mappatura riferita a specifiche aree di consumo;

– posizionamenti competitivi basati su fattori socio-culturali

(•) Sotto il profilo metodologico lo stile di vita è ottenuto con cluster analysis, che

riunisce gruppi di individui con sufficiente omogeneità interna e

differenziazione esterna quanto ad adesione-rifiuto delle correnti socio-culturali

considerate nell’analisi

I descrittori degli stili di vita si riferiscono ad un ipotetico individuo baricentrico a

ciascuno di essi.

L’analisi fornisce anche la dislocazione sulle mappe (a due o tre dimensioni) degli

individui (e delle correnti socio-culturali) appartenenti a ogni stile di vita

Rif. 9.2

(segue)

La “cluster analysis”

• Collocazione sulla mappa a tre dimensioni delle risposte

individuali agli items iniziali noti gli assi fattoriali di riferimento

e la collocazione rispetto a tali assi delle correnti socio-culturali

• Raggruppamento degli individui sufficientemente omogenei in

un numero di “clusters” predefinito (nelle ricerche GPF &

Associati: 10)

• Descrizione sintetica dell’individuo baricentrico di ogni

“cluster” e determinazione (sulla mappa) dei confini del

“cluster” e della sua rilevanza quantitativa

• Dati di riscontro sulla composizione socio-economica degli

individui compresi in ogni “cluster”

Rif. 9.2