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n.9/gennaio-marzo 2014 CSP Complessità e sostenibilità nel progetto Mario Cucinella Architects 3XN Asymptote Architecture Zaha Hadid Architects ISSN: 2279-8749

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n.9/gennaio-marzo 2014

CSP Complessità e sostenibilità nel progetto

Mario Cucinella Architects

3XN

Asymptote Architecture

Zaha Hadid Architects

ISSN: 2279-8749

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Sommario Direttore ResponsabileGabriella Padovano

Vice DirettoreCesare Blasi

RedazioneAttilio Nebuloni, Silvia Bertolotti

Comitato ScientificoHerman Diaz AlonsoAndreas KiparTarek NagaTom WiscombeCesare BlasiGabriella Padovano

Progetto graficoSergio Antonioli

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3 | EditorialeGabriella Padovano e Cesare Blasi

5 | Agostino PetrilloLa sociologia alla prova della sostenibilità /Sociology put to the test by sustainability

11 | Mario Cucinella ArchitectsMasterplan di Risanamento del Quartiere San Berillo, Catania, Italia / Requalification Masterplan for San Berillo Distric, Catania, Italia

27 | 3XNBlue Planet Acquario, Kastrup, Danimarc / The Blue Planet Aquarium, Kastrup, Denmark

51 | Asymptote ArchitectureTeatro dell’Opera e Centro per le Arti dello Spettacolo, Busan, Corea del Sud / Opera House and Center for Performing Arts, Busan, South Korea

62 | Zaha Hadid ArchitectsCircuito Internazionale del Bahrain, Bahrain / Bahrain International Circuit, Bahrain

CSP

n.9/gennaio-marzo 2014

6 11

27 51

62 85 94

Complessità e sostenibilità nel progetto

85 | Zaha Hadid ArchitectsChangsha Meixihu Centro Internazionale della Cultura e delle Arti, Changsha, Cina / Changsha Meixihu International Culture & Arts Centre, Changsha, China

94 | Zaha Hadid ArchitectsUnique Circle / Unique Circle

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Editoriale/Editorial Gabriella Padovano e Cesare Blasi

Viviamo in un’epoca, in cui molte prospettive sembrano

mutare in modo tutto particolare e le condizioni attuali di

contesto sembrano richiedere un impegno critico e strategico,

che non può limitarsi a gestire la situazione esistente,

apportando alcuni cambiamenti sia pure ragionevoli.

La differenza e contrapposizione tra la modernità solida

e la modernità liquida mostrano la mutazione di scenario

e il rovesciamento di prospettiva, che appaiono necessari

per affrontare gli squilibri ambientali (mutamenti climatici,

inquinamento, ecc.), quelli energetici, la crisi della

produzione materiale, la diffidenza verso i flussi migratori

(letti come pericolo anziché quale risorsa), il superamento

dei confini e delle separazioni tra produzione e consumo,

la contraddizione tra codificazione di standard e la

condivisione di esperienze, il passaggio dagli spazi di

interdizione a quelli di interazione.

È evidente che la modernità solida acquisisce e incrementa

la concentrazione e la centralità quali dimostrazioni

della validità del paradigma e, dopo il fallimento della

dispersione e del policentrismo, rigetta questi suoi

stratagemmi, messi in atto per superare le anomalie

generate dalla concentrazione e centralità stesse.

La modernità solida ha puntato ad astrarsi dalle

caratteristiche del luogo, delle persone, a negare le

capacità di auto-organizzazione e auto-rappresentazione

dei soggetti, in quanto ha dovuto ridurre le persone

a individui astratti, operando una sorta di distorsione

razionalistica, che ha finito per sottomettere a norme e

principi ottimizzati l’agire sociale. Il mondo naturale e

quello sociale vissuti vengono analizzati e interpretati come

lontani dallo standard e dalle economie di scala necessarie

alle scelte e agli obiettivi razionali: la complessità

sostenibile, ossia la varietà, la variabilità nel tempo,

l’interazione dei processi, che avvengono nella produzione.

La modernità solida ha separato le diverse sfere

d’azione, facendo corrispondere a ciascuna di esse un

principio prestazionale e ha posto in essere un insieme

di automatismi in grado di operare in modo impersonale

e autoreferenziale attraverso procedure amministrative

e norme giuridiche, che riducono i comportamenti al

rispetto di regole di carattere generale e astratto, in realtà

indifferenti al vissuto delle persone e delle loro attività.

“Una società può essere definita liquido-moderna se le

situazioni in cui agiscono gli uomini si modificano prima

che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini

e procedure.” e ancora “La vita liquida, come la società

liquido-moderna, non è in grado di conservare la propria

forma o di tenersi in rotta a lungo”. (Z. Bauman)

La modernità liquida procede nella complessità,

muovendosi in condizioni di equilibrio dinamico, cercando

di mantenere lo stato di fluidità, sull’ “orlo del caos”,

secondo una capacità riflessiva e responsabile, rigenerando

i legami sociali, mentre fa crescere, dal mondo della vita, i

significati e le condivisioni.

L’approccio della modernità liquida si differenzia, in quanto

ritiene che siano le frequenti interazioni che agevolano le

contaminazioni creative e le innovazioni e che i momenti

della produzione, della cultura, dello scambio, del risiedere,

ecc., debbano essere in forte interrelazione nello spazio

territoriale, nel quale si situano luoghi e attivatori-attrattori

della complessità sostenibile.

Si tratta di realizzare una “densità relazionale creativa”

entro trame e tessuti diversificati e complessi connessi alle

risorse naturali e ambientali.

Affermando la libertà dei soggetti di credere e agire

secondo le proprie convinzioni, la modernità liquida

We live in an age in which many perspectives seem to change in a particular way, and the current conditions of our context seem to require a critical, strategic effort which cannot be limited to managing the existing situation by making a few adjustments, however reasonable they may be.

The difference and contrast between solid modernity and liquid modernity demonstrate how the scenario has changed and the perspective has been turned on its head. These changes seem necessary in order to cope with environmental imbalances (climate chance, pollution and so on); energy imbalances; the crisis in material production; nervousness about migratory flows (seen as a danger rather than a resource); the way boundaries and separations between production and consumption have been swept away; the contradiction between the codification of standards and the sharing of experiences; and the shift from spaces of prohibition to those of interaction.

It is clear that solid modernity acquires and increases concentration and centrality as demonstrations of the validity of the paradigm; and, following the failure of dispersion and polycentrism, it rejects these, its own stratagems which had been implemented in order to overcome the anomalies generated by concentration and centrality themselves.

Solid modernity has aimed at becoming detached from the characteristics of place, of people. It has sought to negate its subjects’ capacities for self-organisation and self-representation, as it has had to reduce people to abstract individuals, by operating a sort of rationalistic distortion. This has resulted in subordinating social action to rules and optimized principles. The natural and social worlds that are experienced are analysed and interpreted

as being far from the standard and economies of scale necessary for rational choices and goals: sustainable complexity, in other words variety, variability over time, the interaction processes which occur in production.

Solid modernity has separated the different spheres of action, making each of them correspond to a performance principle. It has established a series of automatisms capable of operating, in an impersonal, self-referential manner, through administrative procedures and legal regulations which reduce behaviour to simply respecting general, abstract rules, which are actually indifferent to the life experiences and activities of real people.

“A society can be defined a ‘modern liquid’ one when the situations in which men act modify before their ways of acting stabilize into habits and methods”. And, “Liquid Life, as liquid modern society alike, is not able to retain its shape and keep the set course for long”. (Z. Bauman)

Liquid modernity advances through complexity. It moves forward in conditions of dynamic equilibrium, seeking to maintain its state of fluidity, on the “edge of chaos”, employing a reflexive, responsible capacity, regenerating social bonds, as it causes meanings and shared experiences to grow from the sphere of life.

The approach of liquid modernity differentiates itself as it believes that frequent interactions encourage creative contaminations and innovations, and that moments of production, culture, exchange, living and so on must be strongly interrelated across the geographical area in which places and activators/attractors of sustainable complexity are situated. It is a case of achieving a “creative relational density” between intricate, diversified strands connected to natural and environmental resources.

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Editoriale/Editorial Gabriella Padovano e Cesare Blasi

contrasta gli automatismi che operano, in modo

impersonale e autoreferente, sui territori, sulle comunità e

sulle persone; procede nella complessità, muovendosi in

condizioni di equilibrio dinamico, che cerca di mantenere lo

stato di fluidità, secondo capacità riflessive e responsabili,

di rigenerare i legami sociali e di far crescere, dal mondo

della vita, i significati e le condivisioni.

Nella modernità liquida avviene una mutazione che supera

le delimitazioni dello spazio, attraverso il passaggio di una

costante attività di scambi, di transfert tra ambienti diversi.

La fusione dei corpi solidi, in cui il pieno tende a non

esistere più, produce una distesa senza limiti, in cui è il

“problema” e non la definizione dei confini a determinare

l’ambito di studio e di intervento.

Nella nuova situazione di società liquida che cosa è la

progettazione?

Questa domanda è stata oggetto di riflessione su quanto

questa rivista ha mostrato, in questi ultimi anni, nell’ambito

delle produzione progettuale.

Anche prima ci si era posta questa domanda, sia

nell’insegnamento che nella ricerca, ma in maniera

indiretta: troppo desiderosi di fare progetto e di realizzarlo

si affrontava il quesito di sfuggita, accettando quanto la

cultura dominante propone e organizza nella trasmissione

del sapere.

I prodotti teorici e operativi della ricerca avanzata, che si

possono leggere negli otto numeri, già editi, della rivista

pongono in primo piano la domanda e sembra sia giunta

l’ora di chiederci che cos’è la progettazione, anche se

non possiamo aspirare a dare una risposta definitoria e

definitiva.

Quella che sembra emergere è: la progettazione è l’arte di

formare, di inventare, di fabbricare concetti spaziali.

Tali concetti hanno bisogno di personaggi concettuali,

i progettisti, che contribuiscano alla loro formulazione.

Creare concetti spaziali “nuovi” è l’oggetto della

progettazione, avendo ben presente che questi concetti

spaziali non sono già fatti, non stanno ad aspettare e non

possono essere trasmessi dalla disciplina del progetto:

devono essere creati dai progettisti, che hanno la

competenza e la capacità di inventarli.

Il compito della progettazione non è, quindi, quello di

ricevere i concetti spaziali, di approfondirli, di apportare

cambiamenti, ma di cominciare col porli, crearli, riponendo

fiducia nei propri concetti “ come in una dote miracolosa

proveniente da un mondo miracoloso” (Nietzche).

By affirming individuals’ freedom to believe and act according to their own convictions, liquid modernity combats the automatisms which operate in an impersonal, self-referential way in geographical areas, communities and people; it advances through complexity, moving in conditions of dynamic equilibrium, seeking to maintain its state of fluidity, using reflexive, responsible capacities, and to regenerate social bonds, and to help meanings and shared experiences grow from the sphere of life.

A mutation takes place in liquid modernity which overcomes the delimitations of space, through the passage of a constant activity of exchanges and transfers between different environments.

The fusion of solid bodies, in which fullness tends to no longer exist, produces an unbounded expanse in which it is the “problem” and not the definition of boundaries that determines the scope of study and intervention.

Within this new situation of liquid society, what is design?

This question has been a subject for reflection upon what this magazine has shown, in recent years, in the area of design manufacturing.

Even before, the question had been asked in both teaching and research, but only indirectly: being too eager to create and produce a design, the question was tackled in passing, accepting what the dominant culture offers and organizes in the transmission of knowledge.

The theoretical and practical products of advanced research, which can be read about in the eight issues already published of the magazine, put this question at centre stage. It seems that the time has now come to ask ourselves “What is design?”, even though we cannot

aspire to provide a definitive, defining answer. What seems to emerge is: design is the art of forming, of inventing, of fabricating spatial concepts.

These concepts require conceptual characters – designers – which can contribute to formulating them. Creating “new” spatial concepts is the purpose of design, bearing in mind that these spatial concepts are not already made, they won’t wait, and cannot be conveyed by the design discipline: they must be created by designers, who have the competency and ability to invent them.

The task of design is not, then, to receive spatial concepts, explore them and make changes to them; rather, it is to begin to propose them, create them, placing trust in its own concepts, “as a miraculous dowry from some miracle world”. (Nietzsche)

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La sociologia alla prova della sostenibilità / Sociology put to the test by sustainability Agostino Petrillo

Quid ego naturae legibus renitar?Enea Silvio Piccolomini

IntroduzioneIl rapporto tra il campo dei saperi sociologici mainstream e il paradigma della sostenibilità è stato fin dagli esordi, ed è ancora oggi, tutt’altro che scontato e lineare, per una serie di motivi che si cercherà qui di seguito di sintetizzare. Ma proprio questo carattere problematico, tardivo e finora non risolto dell’incontro tra sociologia e sostenibilità schiude degli spazi interessanti, che da una parte suggeriscono percorsi di rinnovamento dei presupposti epistemologici dell’ambito disciplinare sociologico, dall’altro prospettano importanti modificazioni e suggestioni per una riproposizione all’altezza dei tempi dello stesso paradigma della sostenibilità.

Un ritardo e un sospettoIl concetto di sostenibilità, nelle sue varie accezioni culturali e linguistiche (non dimentichiamo infatti che una grande varietà di interpretazioni si cela dietro un termine che ha rischiato a lungo di essere poco più che un mot-valise)1 ha tardato a farsi strada in sociologia2, ed è spesso stato guardato con un certo sospetto, come se si trattasse di un cavallo di troia attraverso cui potevano irrompere nelle principali correnti sociologiche di fine secolo contenuti spuri, se non addirittura

1 - Basterebbe pensare alle diverse sfumature semantiche assunte nelle principali lingue europee dal termine e dall’aggettivo che lo definisce: développement durable/nachhaltige Entwicklung/sustanaible development: in francese l’aggettivo denota durata temporale, rimanda a un’idea di permanenza o di stabilità, in tedesco allude inv ece alla possibilità di controllo e di freno, mentre l’inglese mette in evidenza la processualità e la direzione verso cui procedere.2 - Qualcuno si è spinto verso la fine degli anni Novanta fino ad affermare che la sociologia aveva “perso il treno” dello sviluppo sostenibile, cfr. E. Passerini, “Sustanaiblity and Sociology”, in The American Sociologist, Fall 1998, Volume 29, Issue 3, pp. 59-70.

insinuarsi la paventata “naturalizzazione” di alcune tematiche sociali e ambientali complesse che secondo gli orientamenti sociologici predominanti andavano ben altrimenti affrontate3. Una delle critiche abitualmente mosse agli studi elaborati nell’ambito dell’Istituto di Wuppertal per il clima, l’ambiente e l’energia, che dal 1991 rappresenta uno dei principali punti di riferimento della ricerca europea sulla sostenibilità, consisteva per esempio nell’individuare nei lavori prodotti in quell’ambito una colpevole trascuratezza nei confronti degli aspetti riguardanti la razionalità economica, così come una scarsa considerazione della situazione degli interessi degli attori individuali e istituzionali. Secondo i critici di parte sociologica i limiti di un approccio alla sostenibilità come quello proposto da Wolfgang Sachs (forse la personalità di maggior spicco dell’Istituto) erano da rinvenirsi nel fatto che una situazione estremamente differenziata all’interno di spazi funzionali molto stratificati, come quella ambientale, veniva affrontata in maniera eccessivamente sommaria. Altra accusa di rito riguardava una componente scientista-tecnocratica di fondo, che avrebbe predominato nelle interpretazioni del concetto di sostenibilità, a scapito della componente più propriamente sociale. Certo è singolare come questa relativa sottovalutazione sia avvenuta proprio in un campo come quello sociologico, in cui esisteva ed esiste uno strumentario senz’altro in grado di interagire efficacemente con i grandi problemi posti dalla sostenibilità. Ma qui si apre l’altra grande questione: quella del sospetto.

3 - La relazione tra scienze sociali e scienze della natura è sempre stata tormentata e non lineare, dando luogo tanto a momenti di integrazione tra i due campi quanto a grandi omissioni, cfr. per una riflessione in chiave di storia delle idee, I. Bernard Cohen, Scienze della natura e scienze sociali, Laterza, Roma-Bari 1993. Per una discussione su questi temi in chiave di riapertura di un dialogo tra i due mondi, cfr. M. Serres, Chiarimenti: cinque conversazioni con Bruno Latour, Barbieri, Manduria 2001.

Quid ego naturae legibus renitar?Enea Silvio Piccolomini

IntroductionThe relationship between the field of mainstream sociological theory and the paradigm of sustainability, has always been and still is far from obvious and linear, for various reasons which we will seek to outline below. However, this belated, so far unresolved problematic nature of the encounter between sociology and sustainability actually opens up some interesting spaces which on the one hand suggest processes for renewing the epistemological premises of the sociology discipline, and on the other present considerable changes and suggestions for a reformulation of the sustainability paradigm itself, one that is adequate for our time.

A delay and a suspicionThe concept of sustainability, taken in its various cultural and linguistic senses (let us not forget that a wide variety of interpretations is concealed by a term which, for a long time, risked being little more than a mot-valise)1 took a long time to become established in sociology2. It was often regarded with some degree of suspicion, as though it were a Trojan horse through which spurious content might intrude into the main end-of-century sociological schools of thought; or which might allow the much-feared “naturalization” of certain complex social and environmental themes

1 - Just think of the various semantic shadings found in the term and its adjective, in the main European languages:développement durable/nachhaltige Entwicklung/sustainable development: in French the adjective denotes duration in time, in German it alludes to the possibility of control or constraint, while in English it highlights the procedural aspects and direction in which to go.2 - In the late 1990s some even claimed that sociology had “missed the boat” of sustainable development, cfr. E. Passerini, “Sustainability and Sociology”, in The American Sociologist, Fall 1998, Volume 29, Issue 3, pp. 59-70.

that, according to the predominant sociological viewpoints, should be tackled in a very different way indeed 3. Since 1991 the Wuppertal Institute for climate, environment and energy has been one of the leading centres for European research on sustainability. One of the criticisms commonly made of its studies was that, for example, they were guilty of ignoring aspects to do with economic rationality, and demonstrated a lack of consideration for the situation of the interests of individual and institutional stakeholders. According to critics from the field of sociology, the limits of an approach to sustainability such as that put forward by Wolfgang Sachs (perhaps the Institute’s best-known member) were due to the fact that an extremely differentiated situation within elaborately layered functional spaces, such as the environmental situation, was treated in an overly simplified way. Another classic accusation was the underlying scientist-technocrat component which prevailed in interpretations of the sustainability concept, to the detriment of a more strictly social component. It is certainly remarkable how this relative underestimation took place in the field of sociology, no less, which possessed (and continues to possess) a tool-set capable of efficiently interacting with the major problems posited by sustainability. Here, though, the other big question comes in: that of suspicion. Sociology has often criticized the sustainability paradigm as it saw behind it the spectre of a basic interest in continuing the current method of production and social organization. It

3 - The relationship between social sciences and natural sciences has always been tormented and non-linear, giving rise to moments of integration between the two fields, as well as major omissions, cfr. for a consideration informed by the history of ideas, I. Bernard Cohen, Scienze della natura e scienze sociali, Laterza, Roma-Bari 1993. For a discussion on these matters, from the perspective of reopening a dialogue between these two worlds, cfr. M. Serres, Chiarimenti: cinque conversazioni con Bruno Latour, Barbieri, Manduria 2001

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La sociologia ha spesso criticato il paradigma della sostenibilità intravedendo dietro di esso il fantasma di un sostanziale continuismo con il modo di produzione e di organizzazione sociale corrente, fino a ritenerlo poco più di una vernice nuova posta a ricoprire modalità consuete di strutturazione dello sfruttamento delle risorse del pianeta4. In alcune teorie sociologico-politiche radicali come quella della “decrescita” lo sviluppo sostenibile viene addirittura attaccato per il suo “sviluppismo” di fondo, per una credenza nelle possibilità di salvezza affidate sì alla tecnologia e alla scienza, ma irrimediabilmente ancorate ad una ideologia della crescita, a quel fantasma del growth che secondo questa posizione è invece da rifiutarsi in blocco5.

Le grandi sociologie sistematichePer essere meno criptici e allusivi possiamo senz’altro dire che si faticherà a trovare traccia dell’influenza del concetto di sostenibilità nella sistemica di tradizione Luhmanniana. Non che Luhmann non si sia misurato con le tematiche di tipo ambientale, pur declinandole in una chiave circoscritta di “comunicazione ecologica”, che le relegava tutto sommato in una dimensione accessoria nel processo della costruzione complessiva del sistema sociale. Luhmann propone in buona sostanza di affrontare il problema ecologico nell’ambito specifico delle possibilità limitate della comunicazione di un sistema: “Potrebbero morire pesci o uomini, il bagno nei mari o nei fiumi potrebbe causare malattie, potrebbe non esserci più benzina nei distributori e la temperatura media potrebbe crescere o calare: fino a che su questo

4 - Innumerevoli gli interventi di parte sociologica contro gli aspetti “imprenditoriali” della sostenibilità, come non sono mancati più recentemente le critiche alla green economy.5 - Cfr. S. Latouche, La scommessa della decrescita, Feltrinelli, Milano 2009, Id., Come sopravvivere allo sviluppo, Bollati Boringhieri, Milano 2005.

non si comunica, ciò non ha alcun effetto sociale”6. Per il sociologo tedesco nel Sonderfall Hochtechnolgie, nel particolare universo di rischi prodotto dalle tecnologie avanzate, si generano situazioni complesse sempre più difficili da gestire, ma il rischio non si avverte finché non viene comunicato7. La complessità del sistema è tale che non bastano isolati e locali segnali di allarme, se non c’è una circolazione di questi segnali. Si tratta evidentemente più di una teoria della comunicazione che di una riflessione sulla sostenibilità. La minaccia di tipo ambientale non è per Luhmann da ricondursi alle modalità sostanziale del rapporto che intratteniamo con la natura, quanto piuttosto da leggersi nel quadro della comunicazione sociale. Non a caso si è parlato, a proposito delle diverse varianti della Risikosoziologie, di sociologie irrigidite in una “osservazione del rischio” che però non è in grado di dare frutti dal punto di vista di un impulso ad un processo in direzione del contenimento o del ridimensionamento dei rischi stessi8.Mesta ammissione di questi limiti quella che appare in uno degli ultimi scritti di Luhmann: “l’estinzione di tutta la vita umana significa in ogni caso: interruzione delle trasmissioni, fine di ogni comunicazione, fine della società. In una tale ottica non si possono separare i sistemi organici dagli psichici, dai sociali. Più ancora di ogni tradizione umanistica, la prospettiva ecologica riunisce oggi società e uomini, se non in un unico concetto, in una comunità soggetta ad un medesimo destino”9.

6 - Cfr. N. Luhmann, Comunicazione ecologica. Può la società adattarsi alle minacce ecologiche? Franco Angeli, Milano 1989, pp.96-7.7 - Cfr. N. Luhmann, Sociologia del rischio, pp.106ss.8 - Su questi aspetti è istruttiva la lettura di M. Heidenescher, Die Boebachtung des Risikos. Zur Konstruktion technisch-oekologischer Risiken in Gesellschaft und Politik, Duncker & Humblot, Berlin 1999.9 - Cfr. N. Luhmann, L’ecologia del non-sapere, in Id., Osservazioni sul moderno, Armando Roma 2006, p.104.

La sociologia alla prova della sostenibilità / Sociology put to the test by sustainability Agostino Petrillo

even considered it little more than a new layer of paint, masking the same old methods of structuring the exploitation of the planet’s resources4. In some radical sociological-political theories, such as that of “degrowth”, sustainable development was even attacked for its basic “developmentalism”, for its belief in the possibility of salvation which, albeit reliant upon science and technology, was still anchored to an ideology of growth; to that spectre of growth which, according to that theory, should be refused outright5.

The major systematic sociologiesTo be a little less cryptic and allusive, we can certainly say that it is hard to find a trace of the influence of the sustainability concept in the Luhmannian systemic tradition. Not that Luhmann has not tackled environmental themes. He did so, however, in a sphere restricted to “ecological communication”, which relegated them to a secondary position it the overall construction process of the social system. Put simply, Luhmann proposes tackling the ecological problem in the specific area of the limited communication possibilities of a system: “Fish or humans may die because swimming in the seas or river has become unhealthy. The oil pumps may run dry and the average climatic temperature may rise or fall. As long as this is not the subject of communication, it has no social effect”6. For the German sociologist, in Sonderfall Hochtechnolgie, in the specific sphere of risks produced by advanced technologies, complex and increasingly difficult-

4 - There have been countless sociological arguments against the “entrepreneurial” aspects of sustainability, and more recently numerous criticisms of the green economy.5 - Cfr. S. Latouche, La scommessa della decrescita, Feltrinelli, Milano 2009, Id., Come sopravvivere allo sviluppo, Bollati Boringhieri, Milano 2005 6 - Cfr. N. Luhmann, Comunicazione ecologica. Può la società adattarsi alle minacce ecologiche? Franco Angeli, Milano 1989, pp.96-7.

to-manage situations are generated, but the risk is not perceived until it is communicated7. The complexity of the system is such that isolated and local alarm signals are not sufficient, unless these signals circulate. This is clearly more a theory of communication rather than a reflection upon sustainability. For Luhmann, environmental threat is not linked to the essential way in which we relate to nature; instead, it is to be analysed in the context of social communication. It is no coincidence that, on the subject of the various kinds of Risikosoziologie, academics have described sociologies which are statically fixed in an “observation of risk” which, however, is unable to produce results in terms of an impulse to enact a process aimed at containing or reducing said risks8. A painful admission of these limits appears in one of Luhmann’s last essays: “The extinction of all human life means: the end of transmissions, the end of all communication, the end of society. Given this perspective, it becomes impossible to separate organic, psychic and social ones. More than any humanistic tradition, the ecological perspective today combines society and people, if not in one concept, then at least in a community of shared fate”9. Similarly, the late sociological illuminism of the Frankfurt school, that of Juergen Habermas, came rather late to tackling the concept of sustainability. It then adopted certain aspects of it where it was necessary to signal a turning point. Even in the early 1990s Habermas, although the Bruntland report had been published years before (1987), stressed his distance from ecologist movements, preferring to underline how social differences at global level were

7 - Cfr. N. Luhmann, Sociologia del rischio, pp.106ss.8 - On these aspects, it is enlightening to read M. Heidenescher, Die Boebachtung des Risikos. Zur Konstruktion technisch-oekologischer Risiken in Gesellschaft und Politik, Duncker & Humblot, Berlin 1999.9 - Cfr. N. Luhmann, L’ecologia del non-sapere, in Id., Osservazioni sul moderno, Armando Roma 2006, p.104.

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La sociologia alla prova della sostenibilità / Sociology put to the test by sustainability Agostino Petrillo

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Anche il tardo illuminismo sociologico di derivazione francofortese, quello di Juergen Habermas, ha incrociato con un certo ritardo il concetto di sostenibilità, salvo poi farne propri degli aspetti lì dove occorreva segnalare una svolta. Ancora nei primi anni Novanta Habermas, mentre ormai da tempo era pubblicato il rapporto Bruntland (1987), rimarcava la sua distanza dai movimenti ecologisti, preferendo sottolineare i pericoli di un accentuarsi delle differenze sociali a livello planetario. Il compito di trovare una nuova misura per spazio, tempo natura e produzione rimaneva completamente aperto nella teoria habermasiana del discorso e non vi era traccia di interazioni ecologiche nella intera costruzione dell’agire comunicativo10. Anche se negli ultimi anni, proprio a partire da etiche del discorso di dichiarata suggestione e ascendenza habermasiana sono state elaborate etiche dello sviluppo sostenibile11.

Modernità seconde e liquideAnche la diagnosi-profezia della seconda modernità lanciata da Ulrich Beck a metà degli anni Ottanta, con l’accento messo sull’affermarsi di una “società dell’esperienza”, sulle tendenze alla perdita delle “tradizioni”, alla scomparsa della società del lavoro e a una sempre più marcata individualizzazione dei percorsi sociali, traccia il quadro di società avanzate che si frammentano in una complessità atomistica, dando luogo a sistemi sociali in cui la moltiplicazione delle possibilità corrisponde a una moltiplicazione dei

10 - Cfr. per un riferimento generale J. Habermas, Teoria dell’agire comunicativo, Il Mulino, Bologna 1986, ma sulla questione del primato degli aspetti sociali della globalizzazione cfr. Id., Fatti e Norme. Contributi a una teoria discorsiva del diritto e della democrazia, Guerini e associati, Milano 1996. 11 - Cfr. p.es. F. Schiller, Diskurs ueber Nachhaltigkeit. Zur Dematerialisierung in den industrialisierten Demokratien, Oekom Verlag, Muenchen 2005.

becoming more accentuated. The task of finding a new measure for space, time, nature and production was still left completely open in Habermas’ theory of discourse, and there was no trace of ecological interactions in his entire construction of communication activity 10. That said, in recent years, ethics of sustainable development have been elaborated based on ethics of discourse which are clearly and openly derived from Habermas11.

Second and liquid modernitiesIn the mid-1980s Ulrich Beck put forward his diagnosis-prophesy of the “second modernity”. This put the accent on the advancement of a “society of experience”, on the tendency towards losing “traditions”, the disappearance of the society of work and an increasingly marked individualization of social pathways. It too outlines a portrait of advanced societies which are fragmented in an atomistic complexity, giving rise to social systems in which the multiplication of possibilities corresponds to a multiplication of risks12. In the second or reflexive modernity, as Beck calls it, in the societies which came after industrial ones, there is more space for doubts than certainties, and even the question of sustainability only appears in the background; it seems too large and remote to significantly influence the life paths of individuals. However, for the subsequent developments of Beck’s theories, the environmental crisis is one of the major questions which lead to the society of risk becoming a reality.

10 - Cfr. for a general reference J. Habermas, Teoria dell’agire comunicativo, Il Mulino, Bologna 1986, but on the question of the leading position of the social aspects of globalization cfr. Id., Fatti e Norme. Contributi a una teoria discorsiva del diritto e della democrazia, Guerini e associati, Milano 1996. 11 - Cfr. E.g. F. Schiller, Diskurs ueber Nachhaltigkeit. Zur Dematerialisierung in den industrialisierten Demokratien, Oekom Verlag, Muenchen 2005.12 - Cfr. U. Beck, La società del rischio. Verso una seconda modernità, Carocci, Roma 2000.

rischi12. Nella modernità seconda o riflessiva, come la chiama Beck, nelle società che vengono dopo quelle industriali, c’è spazio più per le incertezze che per le certezze, e anche la questione della sostenibilità appare unicamente sullo sfondo, appare troppo grande e remota per influenzare significativamente le traiettorie di vita dei singoli. La crisi ambientale rappresenta in ogni caso per gli sviluppi successivi del pensiero di Beck una delle grandi questioni che conducono al farsi mondo della società del rischio. L’universo del rischio, estendendosi dai paese sviluppati ai pianeta intero, disegna una sorta di orizzonte generale su cui si muovono le società contemporanee, ma la sua presenza non è in grado di modificare comportamenti e scelte individuali. I “nuovi rischi” assumono una dimensione globale sempre più difficile affrontare non solo per quei limiti “strutturali” di cui già parlava Luhmann, ma anche perché è estremamente complesso affrontare rischi globali a partire da una prospettiva politica che continua ad essere quella degli stati nazionali13. Per Beck ci troviamo al culmine di un processo storico in cui convergono minacciosamente verso un punto di rottura due linee evolutive opposte: da un lato un livello di sicurezza basato sulla perfezione di norme e controlli tecnico-burocratici sempre più raffinati, dall’altro la nascita di “mega-rischi” storicamente nuovi e di portata inaudita. Fin dall’inizio del XX secolo, le istituzioni della società industriale hanno dovuto fare i conti con la possibilità, senza precedenti dal punto di vista storico, che il genere umano potesse provocare la distruzione di ogni forma di vita sul pianeta Terra. Nell’era della tecnologia nucleare, chimica e genetica, del mutamento climatico diviene sempre più difficile assicurarsi contro

12 - Cfr. U. Beck, La società del rischio. Verso una seconda modernità, Carocci, Roma 200013 - Cfr. U. Beck, Weltrisikogesellschaft: Auf der Suche nach der verlorenen Sicherheit , Suhrkamp, Frankfurt am Main 2007, trad. it. Conditio humana. Il rischio nell’età globale, Laterza, Roma-Bari 2009

The universe of risk, as it extends from developed countries to the entire planet, traces a sort of general horizon along which contemporary societies move; however, its presence is not capable of changing individual behaviours and choices. The “new risks” take on a global dimension which is increasingly challenging, not just due to the “structural” limits already discussed by Luhmann, but also because it is extremely difficult to tackle global risks by starting from a political perspective which continues to be that of nation states13. Beck believes we are at the peak of a historical process in which two opposite evolutionary planes are threatening to converge towards breaking point: on one side, a level of security based on the perfection of increasingly refined techno-bureaucratic regulations and monitoring; on the other, the birth of historically new “mega-risks” of unprecedented potential impact. Ever since the turn of the 20th century, the institutions of industrial society had to face up to the historically unprecedented possibility that the human race could cause the destruction of all life forms on planet earth. In the age of nuclear, chemical and genetic technology, and climate change, it has become more and more difficult to insure ourselves against the worst possible scenarios. No institution is capable of coping with the worst imaginable accident, and so the societies of risk are “uninsurable”. But in itself the growth of a technocracy of risk, rather than being a source of greater security, ends up altering evaluations and results and compromising the methods of calculation. The definitions of risk are inadequate, and there are no standard rules for attributing causes and effects in conditions of extreme complexity, integration and randomness. For these reasons, modern societies find it easier

13 - Cfr. U. Beck, Weltrisikogesellschaft: Auf der Suche nach der verlorenen Sicherheit, Suhrkamp, Frankfurt amMain 2007, Italian transl. Conditio humana. Il rischio nell’età globale, Laterza, Roma-Bari 2009.

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le peggiori eventualità possibili. Non esiste istituzione in grado di fronteggiare il peggior incidente immaginabile, per cui le società del rischio sono “inassicurabili”. Ma proprio la crescita di una tecnocrazia del rischio, anziché essere fonte di maggior sicurezza, finisce per alterare valutazioni e risultati e compromettere i metodi di calcolo. Le definizioni del rischio sono inadeguate e non esistono regole standard per l’attribuzione di cause ed effetti in condizioni di elevata complessità, integrazione e casualità. Le società moderne per questo insieme di motivi trovano più facile ignorare i rischi che non capiscono che tentare di conoscerli meglio, e la ricerca della “sicurezza perduta” ha tutto il sapore di una nostalgia per un passato che non può tornare. In una simile prospettiva anche lo sviluppo sostenibile finisce per assumere i tratti di una utopia regressiva, di un fattore di ulteriore moltiplicazione di vincoli dotati in sostanza di scarsa presa sul reale. Nella prospettiva tracciata da Beck la sostenibilità può quindi tutt’al più rivestire il ruolo di una idea regolativa, di una prospettiva sociale di lungo periodo, che dovrebbe diventare uno dei principi ispiratori cui si orienta una Weltrisikogesellschaft in grado di assumere come proprio orizzonte di riferimento il superamento della situazione di rischio planetarizzato. La fondamentale insicurezza del mondo moderno potrebbe quindi essere progressivamente circoscritta, ove alla sostenibilità si affiancassero kantianamente altre idee regolative quali quella di giustizia e di libertà. Ma quanto è utile la diagnostica di Beck proprio in questo senso? Nella interpretazione che Zygmunt Bauman offre della “società liquida” tornano alcuni temi già affrontati da Beck: sul versante del controllo in essa si assiste infatti a una sempre maggiore separazione tra potere e responsabilità, basti pensare come in campo amministrativo il frequente rinnovo dei dirigenti non permetta un impegno durevole, e si assista ad una perdita di competenze e di autorità sui sottoposti. La progressiva distanza che si va scavando tra controllo e autorità è per Bauman simboleggiata efficacemente dal

ricorso ai consulenti, assunti temporaneamente da una organizzazione per assumersi la responsabilità delle decisioni difficili. Il fatto che la “fluidità” assurga a valore supremo delle organizzazioni porta all’accumularsi di compiti effimeri al posto di funzioni chiaramente definite, con la conseguenza potenzialmente rovinosa di una crescente mancanza di controllo in campi delicati come quello ambientale14. Ma è soprattutto per quanto riguarda il versante della riduzione dei consumi prospettata dallo sviluppo sostenibile che la sociologia baumaniana è critica, intravedendo nel mondo dei consumi una delle pietre miliari della modernità liquida, un orizzonte estetico difficilmente superabile con richiami alla “razionalità” o alla “buona vita”. Infatti per Bauman il consumo rappresenta una vera e propria maniera di vita che fluisce e si sviluppa seguendo le correnti della modernità liquida. La libertà è quella di scegliere tra miriadi di oggetti di consumo, ma questo implica il distacco completo dei consumatori da qualunque genere di valori di riferimento. I richiami ad una superiore razionalità e alla buona vita rischiano pertanto di cadere nel vuoto15.

Altre posizioni Diversa la posizione dei sociologi francesi, per Alain Touraine, che ha fatto propria in maniera personale la questione della sostenibilità, una società è sostenibile, cioè capace di futuro, “se fornisce ai suoi membri gli strumenti per l’auto-governo delle proprie condizioni di esistenza e delle possibilità del proprio divenire personale, cioè dei propri diritti culturali e sociali”16.Lo sviluppo sostenibile in questo senso è da interpretarsi come sviluppo consapevole, interpretazione sociale della

14 - Cfr. Z. Bauman, Modernità Liquida, Laterza, Roma-Bari 2006.15 - Cfr. R. M. L. Lee, Bauman, Liquid Modernity and the Dilemmas of Development, in Thesis Eleven, Number 83, November 2005, pp. 61-77.16 - A. Touraine, Critica della Modernità, lì Saggiatore, Milano, 1993.

to ignore the risks they don’t understand, rather than attempting to understand them better, and the search for “lost security” is imbued with a sense of nostalgia for a past which will never return. Similarly, sustainable development also ends up taking on the features of a regressive utopia, of a factor that further multiplies limitations which, essentially, have little bearing on reality. According to Beck’s perspective, sustainability can at most fill the role of a guiding idea, a long-term social prospect, which should become one of the main inspiring principles guiding a Weltrisikogesellschaft that is capable of setting its sights on overcoming the planet-wide situation of risk. The fundamental insecurity of the modern world could, therefore, be gradually restricted, if sustainability were to be accompanied in a Kantian sense by other guiding ideas such as justice and freedom. But how useful is Beck’s diagnostics, in this sense?

Some of the themes already tackled by Beck return in Zygmunt Bauman’s interpretation of the “liquid society”: in terms of control, in this society we are witnessing an increasingly wide separation of power and responsibility. A typical example is how, in the administrative field, the frequent turnover of senior managers does not allow a lasting commitment, with a resulting loss of competencies and authority over their workforce. The gradually widening gap between control and authority is, for Bauman, clearly symbolized by the use of consultants, who are employed by an organization on a temporary basis in order to take responsibility for difficult decisions. The fact that “fluidity” has been elevated to a supreme value for organizations leads to an accumulation of ephemeral duties, rather than clearly defined functions. This has the potentially ruinous consequence of a growing lack of control over delicate fields such as environmental issues14.

14 - Cfr. Z. Bauman, Modernità Liquida, Laterza, Roma-Bari 2006.

However, Bauman’s sociology is critical above all of the question of cutting consumption implied by sustainable development; he sees the world of consumption as one of the keystones of liquid modernity, an aesthetic landscape that is unlikely to be overcome by references to “rationality” or “good life”. Indeed, for Bauman consumption represents a true lifestyle, which flows and develops following the currents of liquid modernity. We have the freedom to choose between a myriad of consumer items, but this implies consumers’ total detachment from any kind of set values. And so, pleas for a greater rationality and the “good life” risk being ignored15.

Other viewpointsFrench sociologists have another standpoint. For Alan Touraine, who has a personal interest in the question of sustainability, a society is sustainable, i.e. capable of having a future, “if it provides its members the tools for self-governing their conditions of existence, and their own personal future potential, in other words their cultural and social rights”16.Sustainable development in this sense can be interpreted as conscious development, a social interpretation of growth, but not as the arrest or obstruction of growth itself17.The renowned French philosopher and sociologist Bruno Latour offers an original contribution, which also supplies elements for breaking the epistemological cage in which sociological theory is trapped: he highlights how the end of the millennium sheds doubt on two cornerstones of modernity. The first is that nature can be totally dominated through technical knowledge, and the second is that exploitation and social poverty can be remedied

15 - Cfr. R. M. L. Lee, Bauman, Liquid Modernity and the Dilemmas of Development, in Thesis Eleven, Number 83, November 2005, pp. 61-77.16 - A. Touraine, Critica della Modernità, il Saggiatore, Milano, 1993.17 - A. Touraine, Production de la société, Seuil, Paris 1993, p. 56.

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crescita, ma non come arresto o blocco della crescita stessa17. Un contributo originale, che fornisce anche degli elementi per rompere la gabbia epistemologica in cui sono rinserrati i saperi sociologici è quello proposto da un filosofo e sociologo francese di grande rilievo come Bruno Latour: egli mette in evidenza come il chiudersi del millennio ponga in questione due caposaldi della modernità. Il primo è che la natura possa essere completamente dominata per mezzo di saperi tecnici, e il secondo che allo sfruttamento e alla miseria sociale si possa porre rimedio mediante l’intervento dello stato e le forme del “socialismo”. Il primo di questi presupposti entra in crisi per l’emergere del carattere finito della natura e dei limiti delle risorse, così come per il ripetersi di catastrofi di origine naturale. Il secondo viene demolito dall’impoverimento di massa e dalle crisi economiche.Un’intera visione del mondo e una determinata organizzazione della società entrano così in crisi, si sgretola un sistema per cui era possibile procedere separando concettualmente la natura dal mondo umano, e si poteva considerarli come spazi indipendenti, da studiare e osservare separatamente. Allo stesso modo si offusca l’idea che sia possibile sviluppare tutta una serie di tecniche per combinare natura e necessità umane pretendendo di ridurre la natura ad oggetto, modificandola e plasmandola a proprio piacimento. La medesima suddivisione la si ritrova nella separazione delle competenze tra saperi “della natura” e saperi “sociali”. Per Latour questa separazione lascia esistere la natura solo privandola dell’elemento umano mentre il mondo socio-politico pare esistere al di fuori di qualunque contatto con la natura18.Con il chiudersi del secondo millennio questa separazione entra in crisi e la “ecologia politica” che il pensatore francese prospetta nasce da una nuova

17 - A. Touraine, Production de la société, Seuil, Paris 1993, p. 56.18 - Cfr. B. Latour, Politiche della natura, Cortina Milano 2004.

relazione tra questi due mondi. Occorre lasciare entrare la natura nella politica e la politica nella tecnica. Solo in questo modo è possibile una rifondazione delle scienze sociali e della sociologia, altrimenti incapaci di cogliere il mutamento in corso19.

Il ritorno della sostenibilità attraverso le sociologie specialiRimasta sull’uscio delle sociologie generali, la sostenibilità è rientrata dalla finestra delle sociologie speciali. In particolare la sociologia dell’ambiente e la sociologia della città hanno contribuito notevolmente alla reintroduzione del concetto. Già nei tardi Novanta nel dibattito europeo, ma anche in quello americano la presenza della questione diviene sempre più evidente, mano a mano che cresce la percezione del prendere forma di un rischio sistemico complessivo, non più circoscrivibile a problematiche di settore o a mere questioni di “comunicazione” come sosteneva Luhmann20. Si moltiplicano in questo periodo gli studi che utilizzano il concetto di sostenibilità.Ma in questo modo, attraverso le sociologie speciali, la sostenibilità ha finito per minare e mettere in crisi dall’interno i paradigmi sociologici consolidati, rompendo le gabbie epistemologiche delle grandi sociologie e sdoganando così tutta una serie di contenuti prima rimasti ai margini della discussione.

19 - Cfr. B. Latour, Changer de societé, refaire la sociologie, La Découverte, Paris 2006.20 - Rinvio il lettore italiano ai lavori di O. Pieroni, Fuoco, acqua, terra e aria, Carocci, Roma 2006 e di L. Pelizzoni, G. Osti, Sociologia dell’ambiente, il Mulino, Bologna 2008. Per una panoramica più ampia, che coglie bene il passaggio d’epoca cfr. B. Glaeser, Zur Ortbestimmung der Umwelt zwischen Oekologie und Soziologie, in M. Schulz (Hrsg.), Entwicklung: Theorie-Strategie-Empirie, LIT Verlag, Hamburg 1997, pp.27-40.

through state intervention and forms of “socialism”. The first of these two principles is thrown off balance by the emergence of the finite character of nature, and limited resources, as well as repeated occurrences of natural catastrophes. The second is demolished by mass impoverishment and by financial recessions.Thus an entire world vision and a determined organization of society are placed in a situation of crisis, crumbling a system whereby it was possible to conceptually separate nature from the human world, and they could be considered as independent spaces to be studied and observed separately. In the same way, doubt is cast on the idea that it is possible to develop a whole series of techniques to combine nature and human requirements, presuming to reduce nature to an object that can be modified and moulded on a whim. The same division is found in the separation of skills between “natural” knowledge and “social” knowledge. For Latour, this separation lets nature exist only by depriving it of the human element, while the socio-political sphere seems to exist outside of any contact with nature18.With the end of the second millennium, this separation is in serious difficulty, and the “political ecology” predicted by the French thinker springs from a new relationship between these two worlds. It is necessary to let nature enter politics, and politics enter technology. This is the only way in which social sciences and sociology can be reformed, being otherwise incapable of grasping the changes that are underway19.

The return of sustainability through special sociologiesHaving remained on the threshold of general

18 - Cfr. B. Latour, Politiche della natura, Cortina Milano 2004.19 - Cfr. B. Latour, Changer de societé, refaire la sociologie, La Découverte, Paris 2006.

sociologies, sustainability has come back in through the window of special sociologies. In particular, the sociology of the environment and sociology of the city have contributed considerably to reintroducing the concept. As far back as the late 1990s, in European and American debate, the issue became more and more evident as there was a growing perception of an overall systemic risk taking shape, which could no longer be restricted to sector-specific problems or mere “communication” issues, as Luhmann claimed20. In that period, studies using the concept of sustainability multiplied. But in this way, through special sociologies, sustainability ended up undermining and destabilising the established sociological paradigms from within, breaking the epistemological cages of major sociological theories, and thus releasing a flow of content which had until then remained on the edges of the debate.

Commons and sustainable developmentA further thrust behind the reopening and reestablishment of the relationship between sociology and sustainability came from the affirmation of the question of “commons”. The question of common assets invaded the sociological-political debate, gradually embracing wider sectors, starting with that of culture and intellectual output, and then questioning the privatistic management of the planet’s basic resources – water, forests and so on. This growing interest in the issue of “commons”, and the struggles surrounding it, raised the possibility of seeing a new agency at work, a third party in addition to the state and the market, one capable of offering

20 - I refer Italian readers to O. Pieroni, Fuoco, acqua, terra e aria, Carocci, Roma 2006 and L. Pelizzoni, G. Osti, Sociologia dell’ambiente, il Mulino, Bologna 2008. For a wider panorama, which captures the epoch-shift effectively cfr. B. Glaeser, Zur Ortbestimmung der Umwelt zwischen Oekologie und Soziologie, in M. Schulz (Hrsg.), Entwicklung: Theorie-Strategie-Empirie, LIT Verlag, Hamburg 1997, pp.27-40.

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Commons e sviluppo sostenibileUn’ulteriore spinta alla riapertura e rifondazione del rapporto tra sociologia e sostenibilità è venuto dall’affermarsi della questione dei commons. L’irrompere nel dibattito sociologico-politico della questione dei beni comuni, che è venuta via via abbracciando settori sempre più ampi, a partire da quello della cultura e della produzione intellettuale per poi giungere alla messa in discussione della gestione privatistica delle risorse fondamentali del pianeta, acque, foreste ecc. L’imporsi della problematica dei commons e le lotte ad essa legate hanno prospettato la possibilità di vedere all’opera un attore nuovo, terzo rispetto a stato e mercato, e in grado di proporre un rinnovamento del concetto stesso di sostenibilità, che viene così ad essere caricata di valenze sociali potenti. I commons riaprono il discorso sulla sostenibilità spostandolo dall’ambito puramente tecnico dei “limiti delle risorse” a quello della legittimità storica e politico-sociale del loro uso privatistico. Sotto questo profilo la questione dei commons finisce per rinnovare radicalmente il paradigma della sostenibilità stessa. E per le stesse discipline sociologiche si tratta di uno stimolo potentissimo: sia perché mettendo l’accento sull’azione sociale fornisce ai sociologi la possibilità di ricomprendere in altro modo la questione della sostenibilità, sostentandola in maniera più energica di quanto non avesse fatto in precedenza il famoso “terzo pilastro” della sostenibilità, e cioè la cosiddetta sostenibilità sociale, sia perché offre possibilità inedite di indagare in che modo quella sostenibilità che appariva una remota immagine-guida si stia trasformando in prassi sociale consapevole e divenga una componente fondamentale di una cittadinanza nuova21.

21 - Molto efficace su questo punto il lavoro di U. von Winterfeld, A. Biesecker, C. Katz, B. Best, Welche Rolle koennen Commons in Trasformationprozessen zu Nachhaltigkeit spielen?, Impulse zur Wachstumwende n.6, Wuppertal 2012, che riassume il dibattito interno all’istituto sui commons.

a renewal of the very concept of sustainability, which is thus loaded with powerful social values. The commons reopen the sustainability debate, shifting it from the purely technical sphere of “limited resources” to that of the historical and political-social legitimacy of how they are used privatistically. In this respect, the question of commons has resulted in a radical renewal of the paradigm of sustainability itself. And for sociological disciplines themselves, it is a very powerful stimulus, for two reasons. Firstly, by putting the accent on social action it gives sociologists a chance to form a new understanding of the question of sustainability, supporting it more energetically than the famous “third pillar” of sustainability (namely, so-called social sustainability) had done previously; and secondly, because it offers completely new possibilities for investigating how that sustainability which used to appear a remote model-image is turning into a conscious social practice, and becoming a key component of a new citizenship21.

21 - Very effective on this point is the work of U. von Winterfeld, A. Biesecker, C. Katz, B. Best, Welche Rolle koennen Commons in Trasformationprozessen zu Nachhaltigkeit spielen?, Impulse zur Wachstumwende n.6, Wuppertal 2012, which summarizes the debate on “commons” within the institute.

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Mario Cucinella Architects

via Barozzi 3/A40126 Bologna – Italywww.mcarchitects.it

Masterplan di Risanamento del Quartiere San Berillo, Catania, Italia / Requalification Masterplan for San Berillo Distric, Catania, Italia

Lo studio Mario Cucinella Architects, con sede a Bologna, si avvale di un team di architetti e ingegneri provenienti da vari paesi e possiede una solida esperienza nella progettazione architettonica con particolare attenzione alle tematiche energetiche ed ambientali, nel design industriale e nella ricerca tecnologica.Tra le realizzazioni più significative dello Studio: il Sino Italian Ecological Building (SIEEB) a Pechino, la nuova sede del Comune di Bologna, il Centre for Sustainable Energy Technologies (CSET) di Ningbo, la sede della società 3M a Milano, il progetto per l’Agenzia Regionale per l’Ambiente (ARPA) a Ferrara e la Kuwait School, a Gaza, sviluppata in partnership con UNRWA (l’agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso ai rifugiati e profughi palestinesi e del Medio Oriente).Numerose sono le partecipazioni di Mario Cucinella a conferenze e lezioni. Il lavoro dello Studio è ampiamente pubblicato a livello internazionale sulla stampa e sulle riviste di settore.

Based in Bologna, Mario Cucinella Architects employs a team of architects and engineers from various countries and has solid experience in architectural design with particular attention to energy and environmental issues, industrial design and technological research.Among the most significant projects: the SIEEB - Sino-Italian Ecological and Energy efficient Building - Tsinghua University, Beijing, China; the new Civic Offices of Bologna; the CSET - Centre for Sustainable Energy Technologies - The University of Nottingham, Ningbo, China; the new headquarters of 3M ITALY Milan; the project of Regional Agency for the Environment ARPA in Ferrara; a Kuwait School, in Gaza, developed in partnership with UNRWA (The United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East).Mario Cucinella holds regularly lectures in Italy and abroad. The practices work is widely published internationally in professional journals as well as the general press.

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Masterplan di Risanamento del Quartiere San Berillo, Catania, Italia Mario Cucinella Architects

RelazioneIl recupero dell’area di via Martiri apre un nuovo scenario per Catania, che proprio in quell’area vive da molti decenni una continua de-generazione urbana. Come molte città europee ma soprattutto mediterranee, anche Catania vive il bisogno di un cambiamento. Un cambiamento che questa volta nasce all’interno del suo tessuto, attraverso un’operazione di rigenerazione urbana. E’ una trasformazione importante, di filosofia urbana, che vede nel recupero interno alla città la possibilità di rigenerare altri tessuti, altre parti di città. E’ un’azione che guarda alla sostenibilità ambientale, alla riduzione del consumo del suolo come una nuova strategia per le nostre città. Il nuovo progetto si inserisce già dentro un sistema infrastrutturale, un sistema di trasporti all’interno della memoria cittadina. Valori importanti come quelli della creazione d’identità, di recupero

Luogo: Catania, ItaliaCliente: ISTICA-CECOS, RISANAMENTO SAN BERILLOProgetto: Mario Cuccinella Architects srl, 2012 – in corsoTeam: Mario Cucinella, Luca Bertacchi (Concept Design e Masterplan) Hyun Seok Kim (Concept Design), Michele Olivieri (Responsabile di progetto per la fase Preliminare), Giuseppe Perrone, Alberto Casarotto, Alberto Menozzi, Gianluca Tabellini, Noa Shoval, Sara Trueba Fonseca, Yuri Costantini (modellista)Consulenti per lo sviluppo del layout commerciale: Cushman&WakefieldRendering: Cristian Chierici - CC79

Location: Catania, ItaliyClient: ISTICA-CECOS, RISANAMENTO SANBERILLODesign: Mario Cuccinella Architects srl, 2012 – in corsoTeam: Mario Cucinella, Luca Bertacchi(Concept Design e Masterplan) Hyun Seok Kim (Concept Design), Michele Olivieri (Responsabile di progetto per la fase Preliminare), Giuseppe Perrone, Alberto Casarotto, Alberto Menozzi, Gianluca Tabellini, Noa Shoval, Sara Trueba Fonseca, Yuri Costantini (modellista)Consultant for the commercial layout development: Cushman&WakefieldRendering: Cristian Chierici - CC79

DescriptionThe reclamation of the Via Martiri area throws open new prospects for Catania, which has witnessed the ongoing urban degeneration of that specific area for several decades. Like many European cities, Mediterranean cities especially, Catania too feels the need for change. A change which, this time, has evolved from its own fabric, through an urban regeneration project. It is a major transformation, one of urban philosophy; through the regeneration taking place in the city it opens up the potential for reclaiming other fabrics, other city areas. It is an action which looks to environmental sustainability, to reducing the use of land as a new strategy for our cities. The new project is already inserted within an infrastructural system, a transport system held within the city’s memory. The quality of city life is based upon important values such as the creation of identity, the recovery of memory.

della memoria, su cui si basa la qualità della vita cittadina. L’intervento è l’inizio di un percorso di recupero urbano che vede per la prima volta la possibilità di estendere la città fino al mare. Occasione che aprirebbe uno scenario straordinario di “conquista” del mare attraverso la realizzazione di un grande spazio pubblico, un parco lineare che congiungerebbe il cuore della città alla costa. Lo abbiamo chiamato il giardino di Babilonia perché terrazzato ospita i nuovi giardini ed all’interno le nuove funzioni destinate alle attrezzature urbane culturali, commerciali e di servizio, nonché residenziali. Ma qui non si tratta solo di ospitare delle funzioni diverse costruendo edifici, ma di creare le condizioni perché queste funzioni si integrino con un nuovo spazio pubblico. Il commercio è una base fondamentale del vivere in città. Per questo il modello funzionale guarda all’evoluzione del sistema commerciale. Se nei decenni passati l’idea dei centri commerciali in periferia è stata l’unica innovazione del modello di sviluppo, oggi quel modello è entrato in crisi per molte ragioni, non ultima quella di aver costruito luoghi estranei, scatole di cemento condizionate che hanno funzionato nelle periferie a causa anche di una pessima qualità urbana. Oggi però la domanda è molto cambiata e guarda con più interesse ad un ritorno di urban shopping, dove ritrova una collocazione nella città sotto una forma più classica ma associata ad una maggiore qualità urbana e ad una più forte mixité di funzioni, dal ricettivo al culturale.In questo senso e all’interno di questa complessità tra rigenerazione urbana, qualità dello spazio pubblico, nuova gestione dello spazio commerciale e culturale, si inserisce il progetto di C.so Martiri della Libertà.

This project marks the beginning of a process of urban recovery which, for the first time, presents the possibility of extending the city as far as the sea. This occurrence would give rise to an extraordinary situation whereby the sea is “conquered” through the creation of a large public space, a linear park which would link the heart of the city with the coast. We have called it the garden of Babylon because it is terraced, to accommodate the new gardens, and within it the new functions intended for urban facilities for culture, commerce and services, as well as residential facilities. Here, however, it is not just a case of housing the various functions by erecting buildings; rather, the conditions must be created so that these functions may integrate with a new public space. Business is a fundamental part of city living. This is why the functional model looks to the evolution of the retail system. While in past decades the idea of shopping centres in the suburbs was the only innovation of the development model, today that model has been ousted for many reasons – not least that of having built alienating spaces, air-conditioned cement boxes which worked in the suburbs partly due to the appalling quality of the city centre. Today, however, consumer demand has changed considerably and is more interested in a return to urban shopping, which offers locations in the city in a more traditional form, but combined with greater urban quality and a greater mix of functions, from accommodation to culture. In this respect, and as part of this complex combination of urban regeneration, quality of public space, and new management of commercial and cultural space, we present the C.so Martiri della Libertà project.

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Masterplan di Risanamento del Quartiere San Berillo, Catania, Italia Mario Cucinella Architects

Contenuti del MasterplanIl progetto prevede la creazione di un ampio boulevard pedonale, un corridoio alberato che ricalcando il tracciato della metropolitana in costruzione al di sotto dell’area di progetto, ne articola la struttura. Attorno al boulevard, una serie di funzioni estremamente variegate animano i volumi di progetto, che compongono un articolato sistema di logge e terrazze senza soluzione di continuità con lo spazio pubblico. Edifici e boulevard si fondono in un unico grande giardino, pensato per rigenerare il tessuto urbano al suo intorno con la qualità dei suoi spazi collettivi. Quella che ad oggi viene vissuta dalla cittadinanza come una cesura profonda all’interno del tessuto urbano, diventa uno spazio passante e permeabile, contribuendo a ricollegare l’elegante centro barocco della città, con la stazione ferroviaria ed il porto. L’intervento si sviluppa prevalentemente in orizzontale, conservando la scala del tessuto

Content of the MasterplanThe project involves the creation of a wide pedestrian boulevard: a tree-lined corridor which, retracing the route of the underground line being built beneath the project area, articulates its structure. Around the boulevard, a series of extremely varied functions will breathe life into the volumes of the project, which make up a complex system of loggias and terraces which flow freely into the public space. Buildings and the boulevard blend together in one, large garden, designed to regenerate the urban fabric and its surroundings with the quality of its collective spaces. That which is currently felt by local citizens to be a deep gash in the urban fabric, will become a permeable thoroughfare, contributing to reconnect the city’s elegant baroque centre with the railway station and the port. The intervention is to be developed mainly horizontally, retaining the scale of the urban fabric

urbano che lo ospita. Oltre all’asse est-ovest tra centro e mare, l’intervento intercetta e valorizza lungo il suo sviluppo una serie di strade che tagliano l’area da nord a sud, ricucendo un ampio brano di città e collegandosi ad esso attraverso una serie di spazi pubblici di rinnovata qualità. Si è scelto di lavorare utilizzando per il piano terreno un sistema composto da quattro grandi piastre che suddividono il solaio del piano terra in quattro diversi livelli, collegate tra loro da un capillare sistema di rampe e scalinate.La scelta di sviluppare le funzioni richieste lungo dei dislivelli e di interconnetterle tramite percorsi aerei sinuosi, dà origine ad una serie di terrazzamenti e di spazi interstiziali da destinare ad aree verdi e di socializzazione, il cui inserimento nasce dalla volontà di riqualificare l’area di intervento e restituire uno spazio pubblico accessibile e confortevole a servizio della cittadinanza.

which houses it. In addition to the East-West axis between the city centre and the sea, along its way the project intercepts and enhances a series of roads cutting through the area from north to south, joining together a large section of the city and connecting to it through a series of public spaces given a new level of quality. It was decided that the ground floor would feature a system made up of four large “plates” which subdivide the ground floor into four different levels, linked by an extensive system of ramps and staircases. The decision to develop the required functions along the different levels, and interconnect them via winding, suspended walkways, creates a series of terracings and interstitial spaces that will be used for greenery and social areas. These have been included due to a desire to requalify the area of intervention and offer an accessible, public space that can be used by local citizens.

Planivolumetrico / Masterplan

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Masterplan di Risanamento del Quartiere San Berillo, Catania, Italia Mario Cucinella Architects

Sezione / Section

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Masterplan di Risanamento del Quartiere San Berillo, Catania, Italia Mario Cucinella Architects

Vista d’insieme / Overall view

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Modello / Mock-up

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Masterplan di Risanamento del Quartiere San Berillo, Catania, Italia Mario Cucinella Architects

Modello / Mock-up

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Masterplan di Risanamento del Quartiere San Berillo, Catania, Italia Mario Cucinella Architects

Modello / Mock-up

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Masterplan di Risanamento del Quartiere San Berillo, Catania, Italia Mario Cucinella Architects

Modello / Mock-up

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Masterplan di Risanamento del Quartiere San Berillo, Catania, Italia Mario Cucinella Architects

Modello / Mock-up

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Masterplan di Risanamento del Quartiere San Berillo, Catania, Italia Mario Cucinella Architects

Modello / Mock-up

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Masterplan di Risanamento del Quartiere San Berillo, Catania, Italia Mario Cucinella Architects

Modello / Mock-up Modello / Mock-up

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Masterplan di Risanamento del Quartiere San Berillo, Catania, Italia Mario Cucinella Architects

Modello / Mock-up Modello / Mock-up

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Masterplan di Risanamento del Quartiere San Berillo, Catania, Italia Mario Cucinella Architects

Modello / Mock-up Modello / Mock-up

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Masterplan di Risanamento del Quartiere San Berillo, Catania, Italia Mario Cucinella Architects

Vista / View

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Masterplan di Risanamento del Quartiere San Berillo, Catania, Italia Mario Cucinella Architects

Vista / View

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Strandgade 73DK-1401 Copenhagen K - Denmark

www.3xn.dk 3XN

Blue Planet Acquario, Kastrup, Danimarc / The Blue Planet Aquarium, Kastrup, Denmark

Sin dalla sua creazione nel 1986, lo Studio 3XN ha acquisito un’importante posizione nel campo dell’architettura contemporanea, prima nazionale e successivamente internazionale con numerose commesse nei Paesi Nordici, Olanda, Germania, Regno Unito, Francia e Cina. 3XN ha vinto numerosi concorsi d’architettura sapendo coniugare, poesia e architettura. Lo Studio ha ricevuto riconoscimenti e premi, è stato invitato a esposizioni e i suoi lavori sono stati oggetto di pubblicazioni: il Music Building di Amsterdam è stato dichiarato il “miglior edificio del 2006 in Olanda” (2007); Medaglia d’Argento alla Miami Bienal, USA, per il Museo di Liverpool (2006); premio MIPIM/Architectural Review Future Projects per i progetti del complesso residenziale a Nordhavnen, e della Middelfart Savings Bank (2006); premio IOC/IAKS del Comitato Olimpico Internazionale per il DGI Centre for Urban Sports (2005); premio RIBA per il Sampension Headquarters a Copenhagen (2005); nel 2004 3XN ha partecipato alla Biennale di Venezia con i progetti Slussen a Stoccolma, la Danish Radio Concert Hall e la Savings Bank ‘Kronjylland’.

Since the establishment in 1986, 3XN has reached the present status in the contemporary world of architecture and since 1999, the engagement has reached outside of Denmark to the Nordic countries, The Netherlands, Germany, the UK, France and China. 3XN has won a wide range of important architectural competitions, thanks to its ability to matching poetry and architectural vision. 3XN have been acknowledged by receiving awards and invitations to exhibitions and publications: its Music Buildng in Amsterdam was declared “the best building in Netherlands in 2006” (2007); Silver Medal at the Miami Bienal, USA, for the Museum of Liverpool (2006); MIPIM/Architectural Review Future Projects Award for the projects Residences in Nordhavnen and the Middelfart Savings Bank 2006); IOC/IAKS Award by International Olympic Committee for the DGI Centre for Urban Sports (2005); RIBA Award 2005 for the Sam-pension Headquarters in Copenhagen (2005); in 2004 3XN was represented at the Biennale in Venice with the projects Slussen in Stockholm, The Danish Radio Concert Hall and The Savings Bank ‘Kronjylland’.

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Blue Planet Acquario, Kastrup, 2013 3XN

Luogo: Kastrup, DanimarcaCliente: Bygningsfonden Den Blå PlanetProgetto: 3XN, 2008 (concorso) / 2013 (costruzione)Team: Kim Herforth Nielsen, Jan Ammundsen, Bo Boje Larsen, Stig Vesterager Gothelf, Eva Hviid-Nielsen, Majbritt Lerche Madsen, Rasmus Hjortshøj, Peter Feltendal, Bodil Nordstrøm, Christina Melholdt Broegaard, Nis Timmer, Christian Bundegaard, Ida S. Greisen, Martin Rejnholt Frederiksen, Torsten Wang, Simon Hartmann-Petersen, Mans Nijkamp, Ulrich Pohl, Kasper Guldager Jørgensen, Martin Jonsbak, Lasse Lind, Jesper Thøger Christensen, Mogens Bruun Jepsen, Carsten Olsen, Pernille Uglvig Jessen, Stine de BangConsulenze:Ingegneria: Moe & Brødsgaard A/S Paesaggio: Henrik Jørgensen Landskab AS Esposizione: Kvorning design & kommunikation Illuminazione: Jesper Kongshaug

Luogo: Kastrup, DenmarkClient: Bygningsfonden Den Blå PlanetDesign: 3XN, 2008 (competition) / 2013 (building completion)Team: Kim Herforth Nielsen, Jan Ammundsen, Bo Boje Larsen, Stig Vesterager Gothelf, Eva Hviid-Nielsen, Majbritt Lerche Madsen, Rasmus Hjortshøj, Peter Feltendal, Bodil Nordstrøm, Christina Melholdt Broegaard, Nis Timmer, Christian Bundegaard, Ida S. Greisen, Martin Rejnholt Frederiksen, Torsten Wang, Simon Hartmann-Petersen, Mans Nijkamp, Ulrich Pohl, Kasper Guldager Jørgensen, Martin Jonsbak, Lasse Lind, Jesper Thøger Christensen, Mogens Bruun Jepsen, Carsten Olsen, Pernille Uglvig Jessen, Stine de BangConsultants:Engineers: Moe & Brødsgaard A/S Landscape: Henrik Jørgensen Landskab AS Exhibition: Kvorning design & kommunikation Lighting Design: Jesper Kongshaug

RelazioneIl VorticeIspirato alla forma del movimento senza fine dell’acqua, il nuovo Acquario Nazionale della Danimarca, il Blue Planet, ha la forma di un grande vortice, con l’edificio stesso che racconta del suo contenuto.Il concetto di vortice ha origine in un racconto di acqua e, come immagine, è al contempo astratto e figurativo. Muove con attenzione le sue pale ma, come un edificio, allo stesso tempo cambia notevolmente con il variare dell’angolo di osservazione e delle condizioni di distanza e di illuminazione diurna. Dal cielo, quasi completamente bianco, i suoi contorni ricordano una stella marina. Di fronte, le linee organiche dell’edificio richiamano onde di colore grigio argento

DescriptionThe WhirlpoolInspired by the shape of water in endless motion, Denmark’s new National Aquarium, The Blue Planet is shaped as a great whirlpool, and the building itself tells the story of what awaits inside. The whirlpool concept originates in a narrative about water, and as an image, is at once both abstract and figurative. It stirs attention with its distinctive vortex blades, but at the same time, as a building, changes dramatically depending on viewing angle, distance and daylight conditions. From the air, almost entirely white, its contours are reminiscent of a starfish. From the front, the building’s organic lines are evocative of silvery-grey waves or a vast sea creature, and on closer inspection, the facade patterning is reminiscent

o una grande creatura marina e, a ben guardare, il disegno della facciata ricorda le squame di un pesce. É un edificio che richiede interpretazione.

FlessibilitàIl Blue Planet si trova su un elevato promontorio di fronte al mare, a nord del porto di Kastrup. La particolare forma dell’edificio è facilmente visibile dai viaggiatori che arrivano in aereo al vicino aeroporto di Copenaghen. La facciata è coperta da oltre 33.000 piccole scandole in alluminio a forma di diamante, che si adattano alla forma organica dell’edificio. Il vortice è stato scelto per la sua idoneità, non solo per l’associazione visiva, ma in quanto capace di rispondere in modo pratico alle richieste del bando, assicurando che uno o più dei bracci del vortice possano ulteriormente estendersi del 30%, per creare più spazio espositivo con relativa facilità e senza interrompere l’integrità dell’edificio, né l’operatività dell’acquario.

Accesso ed interniI visitatori raggiungono l’ingresso seguendo, già da lontano, il primo e più lungo braccio del vortice. Il paesaggio supera in modo morbido la costruzione, mentre gli stagni all’esterno mettono in risalto l’esperienza unica che attende i visitatori dell’acquario al loro ingresso: il vortice li ha tirati in un altro mondo; un mondo sottomarino.Un atrio circolare è il centro del movimento attorno all’acquario, ed è qui che i visitatori scelgono quale fiume, lago o mare esplorare. Abilitando percorsi multipli, è ridotto il rischio di avere code ai singoli acquari. Gli interni spaziano dalla grande dimensione a quella più intima, permettendo all’architettura e alle mostre di trasmettere congiuntamente una serie di diversi ambienti e stati d’animo. I soffitti curvi dell’acquario ricordano i fanoni di una grande balena. La mostra è un’idea generale che offre a tutti i visitatori un’esperienza sensoriale e accattivante di vita

of fish scales. This is a building that invites interpretation.

FlexibilityThe Blue Planet is located on an elevated headland towards the sea, north of Kastrup Harbor. The building’s distinctive shape is clearly visible for travelers arriving by plane to the nearby Copenhagen Airport. The facade is covered with more than 33,000 small diamond-shaped aluminum shingles, which adapts to the building’s organic form. The whirlpool concept was chosen as ideal not only for its visual associations, but also because it resolved a practical challenge in the design brief: it ensures that one or more of the whirlpool arms, with relative ease and without disrupting the building’s integrity nor the operation of the aquarium, can be extended with more than 30 % in order to create more exhibition space.

The Arrival and InteriorVisitors reach the entrance by following the first and longest of the whirlpool’s arms, already starting in the landscape. With a smooth transition the landscape surpasses for the building, while the outdoor ponds mark the unique experience that awaits the aquarium visitors as they enter: the whirlpool has pulled them into another world - a world beneath the surface of the sea. A circular foyer is the center of motion around the aquarium, and it is here visitors choose which river, lake or ocean to explore. By enabling multiple routes the risk of queues in front of individual aquariums is reduced. The interiors range from grand to intimate settings, allowing the architecture and the exhibits to jointly convey an array of diverse environments and moods. The curved ceilings of the aquarium are reminiscent of the baleens of a large whale. The exhibition is a total concept offering all visitors a sensuous and captivating experience of life in and under

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Blue Planet Acquario, Kastrup, 2013 3XN

marina e sottomarina. Una miscela di luce, suono, tecnologie audiovisive avanzate, riproduzioni, film, interattività, grafica, illustrazioni e indicazioni per tutte le età, volti ad assicurare che ogni visitatore, indipendentemente dalle origini o dagli interessi, abbia la migliore esperienza possibile. Come unico acquario della Danimarca, il Blue Planet si concentra su tutta la vita acquatica, acque fredde e calde, dolci e salate. Nel complesso, il Blue Planet contiene circa 7 milioni di litri di acqua e 53 tra acquari e schermi. La decorazione del ristorante si basa sui colori e le espressioni che caratterizzano la natura nordica. Il ristorante si affaccia a Sud-Est, offrendo così una vista panoramica sul mare. I servizi all’aperto includono una terrazza con posti a sedere, un laghetto con le carpe e una vasca con i leoni marini. Quest’ultimi si possono guardare anche dall’interno dell’acquario.

Costruzione e localizzazioneL’edificio si estende oltre la costa esistente, richiedendo al complesso strutture speciali, in un terreno che tende alla subsidenza. La struttura si fonda su pali e tutti gli elementi fognari vengono sospesi nella struttura di cemento. Il progetto architettonico della facciata dell’edificio costituisce la base per la progettazione delle strutture in acciaio. Il sistema portante è costituito da 54 telai in acciaio, che per la loro geometria e posizione radiale, costituiscono la base delle facciate curve. Fuori nell’Øresund, a 1,7 km, è stata costruita una infrastruttura per l’acqua degli acquari. Inoltre, il sistema di raffreddamento degli acquari e quello di climatizzazione degli spazi pubblici, utilizzano acqua di mare. Il Blue Planet ha una posizione eccezionale sulle rive dell’Øresund, a soli otto chilometri dalla Piazza del Municipio di Copenhagen. Le autostrade, l’aeroporto di Copenhagen, il ponte Øresund, la metropolitana e i treni internazionali, si trovano a poche centinaia di metri.

the water. A mixture of light, sound, advanced AV-technology, projections, film, interactivity, graphics, illustrations and signs aimed at all age levels ensures that every visitor, regardless of background or interests, has the best experience possible. As the only aquarium in Denmark, The Blue Planet focuses on all aquatic life – from cold and warm waters, fresh and salt. In total, The Blue Planet contains app. 7 million liters of water and 53 aquariums and displays. The restaurant’s decor is based on the colors and expressions that characterize Nordic nature. The restaurant faces south-east, and thus offers a panoramic view of the sea. The outdoors facilities include a terrace with seating, a pond with carps and a tank with sea lions. The sea lions can also be looked at from the inside of the aquarium.

Construction and LocationThe building extends beyond the original coastline, placing special requirements on the facility’s structures in a terrain with tendency to subsidence. The structure is founded on piles and all of the sewage structures are suspended in the concrete structure. The building’s architectural facade design forms the basis for the design of the steel structures. The load-bearing system consists of 54 unique steel frames, which via their radial positioning and geometry forms the base of the curved facades. A service line was built 1.7 km out into the Øresund to obtain suitable water for the aquariums. Moreover, the cooling system for aquariums and climate system for public areas also use seawater. The Blue Planet has an outstanding location on the shores of Øresund, only eight kilometers from the Copenhagen City Hall Square. Motorways, Copenhagen Airport, the Øresund Bridge, Metro and international trains are within few hundred meters.

Esploso assonometrico / Axonimetric exploded view

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Blue Planet Acquario, Kastrup, 2013 3XN

Pianta coperture / Rooftop plan

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Blue Planet Acquario, Kastrup, 2013 3XN

Pianta piano terra / Ground floor plan

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Sezione / Section

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Blue Planet Acquario, Kastrup, 2013 3XN

Sezione / Section

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Blue Planet Acquario, Kastrup, 2013 3XN

Prospetto nord / North elevation

Prospetto sud / South elevation

Prospetto ovest / West elevation

Prospetto est / East elevation

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Modello / Mock-up

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Vista d’insieme / Overall view (Photo: © Adam Mørk, courtesy of 3XN)

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Blue Planet Acquario, Kastrup, 2013 3XN

Vista d’insieme / Overall view (Photo: © Adam Mørk, courtesy of 3XN)

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Vista / View (Photo: © Adam Mørk, courtesy of 3XN)

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Vista / View (Photo: © Adam Mørk, courtesy of 3XN)

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Vista / View (Photo: © Adam Mørk, courtesy of 3XN)

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Vista / View (Photo: © Adam Mørk, courtesy of 3XN)

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Vista / View (Photo: © Adam Mørk, courtesy of 3XN)

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Vista / View (Photo: © Adam Mørk, courtesy of 3XN)

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Vista / View (Photo: © Adam Mørk, courtesy of 3XN)

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Vista / View (Photo: © Adam Mørk, courtesy of 3XN)

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Vista / View (Photo: © Adam Mørk, courtesy of 3XN)

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Vista dello spazio interno / Internal view (Photo: © Adam Mørk, courtesy of 3XN)

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Vista dello spazio interno / Internal view (Photo: © Adam Mørk, courtesy of 3XN)

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Vista dello spazio interno / Internal view (Photo: © Adam Mørk, courtesy of 3XN) Vista dello spazio interno / Internal view (Photo: © Adam Mørk, courtesy of 3XN)

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Blue Planet Acquario, Kastrup, 2013 3XN

Vista dello spazio interno / Internal view (Photo: © Adam Mørk, courtesy of 3XN) Vista dello spazio interno / Internal view (Photo: © Adam Mørk, courtesy of 3XN)

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Asymptote Architecture11-45 46th Avenue

LIC, New York 11101 USAwww.asymptote.net

Teatro dell’Opera e Centro per le Arti dello Spettacolo, Busan, Corea del Sud / Opera House and Center for Performing Arts, Busan, South Korea

Fondato nel 1989 da Hani Rashid e Lise Anne Couture, Asymptote è una Firma internazionale dell’architettura con sede a New York, ed opera nella progettazione architettonica e urbana, nelle istallazioni, nella creazione di ambienti virtuali, nella progettazione di interni e nell’industrial design, utilizzando strumenti e tecnologie digitali, pratiche costruttive d’avanguardia, innovazioni ingegneristiche e di sostenibilità ambientale. Lavori costruiti dello Studio comprendono l’Hotel Yas Viceroy ad Abu Dhabi (2010), il Teatro ARC Multimedia a Daegu in Corea del Sud (2013), il padiglione culturale HydraPier in Olanda (2004), la sede Alessi (2004-2012) e il Teatro Univers ad Aarhus, Danimarca (1998). Asymptote Architecture ha ricevuto numerosi e prestigiosi riconoscimenti, come l’AIA NY awards, il Middle Eastern Architecture Awards e il Grand Prix de l’Architecture di Parigi. Il lavoro di Asymptote è presente in numerose collezioni pubbliche e private, come il Museum of Modern Art di New York, il NAI Institute of Architecture, la Pinakothek der Moderne di Monaco, il San Francisco Museum of Modern Art, il Centre Pompidou di Parigi, il Frac Centre di Orléans e il Solomon R. Guggenheim Museum di New York. Il lavoro dello Studio è ampiamente pubblicato a livello internazionale sulla stampa e sulle riviste di settore.

Founded in 1989 by Hani Rashid & Lise Anne Couture, Asymptote is a leading international architecture practice based in New York, with works in building designs, master planning projects art installations, virtual reality environments as well as interiors and industrial design, utilizing digital tools and technologies, innovative building practices and advancements in engineering solutions and environmental sustainability. Completed projects include the Yas Viceroy Hotel in Abu Dhabi (2010) and ARC Multimedia Theater in Daegu South Korea (2013), the HydraPier cultural pavilion in the Netherlands (2004), Alessi HQ (2004-2012) and the Univers Theaters in Aarhus Denmark (1998). Asymptote Architecture has received numerous prestigious awards including the AIA NY chapter award, Middle Eastern Architecture Awards and Le Grand Prix de l’Architecture in Paris. The work of Asymptote is part of a number of private and museum collections including the Museum of Modern Art in New York, the Netherlands Institute of Architecture (NAI), the Pinakothek der Moderne in Munich, the San Francisco Museum of Modern Art, the Centre Pompidou in Paris, the Frac Centre in Orléans, France and the Solomon R. Guggenheim Museum New York. The practices work is widely published internationally in professional journals as well as the general press.

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Opera House and Center for Performing Arts, Busan, 2011 Asymptote Architecture

Luogo: Busan, South KoreaCliente: Busan Metropolitan CityProgetto: Asymptote Architecture, 2011Design Principals: Hani Rashid, Lise Anne CoutureProject Director: John GuidaDesign Team: Brian Deluna, Danny Abalos, Duho Choi, Rebecca Caillouet, Paul Chan, Oliver Dibrova, Claudia Friesz, Tara Hagan, John Hsu, Gabriel Huerta, Penghan Wu, Wenjia Wu, Surasuk Pattanapanitchakul, Lu XiaoliangLocal architect: EGATheater Consultant: Fisher Dachs Associates.

Location: Busan, South KoreaClient: Busan Metropolitan CityDesign: Asymptote Architecture, 2011Design Principals: Hani Rashid, Lise Anne CoutureProject Director: John GuidaDesign Team: Brian Deluna, Danny Abalos, Duho Choi, Rebecca Caillouet, Paul Chan, Oliver Dibrova, Claudia Friesz, Tara Hagan, John Hsu, Gabriel Huerta, Penghan Wu, Wenjia Wu, Surasuk Pattanapanitchakul, Lu XiaoliangLocal architect: EGATheater Consultant: Fisher Dachs Associates

RelazioneIl Nuovo Teatro dell’Opera di Busan progettato da Asymptote, non è semplicemente pensato come uno spazio per sentire e vedere la musica, ma è piuttosto un atto architettonico di celebrazione del tempo, dell’armonia e dello spettacolo. Esternamente, l’edificio del Teatro esprime la potenza dell’esibizione musicale e teatrale e soprattutto è un nodo che celebra cultura, contesto e significato. Nel nuovo Teatro dell’Opera di Busan è possibile vivere l’esperienza dello spazio, del volume e del paesaggio poetico che circonda il complesso.Il progetto si trova all’intersezione tra mare e montagna, ed in questo luogo così scenografico e attraente è il protagonista, un attore di uno spettacolo epico per la città di Busan e la Corea del Sud, con eloquenza, statura e potenza; una forza ed un luogo di incontro, piacere e celebrazione.

DescriptionThe New Busan Opera House design by Asymptote is conceived not simply as a space to hear and ‘view’ music, but rather as an architectural statement celebrating tempo, harmony and spectacle. The Opera building outwardly expresses the power of musical and theatrical performance, and above all is a lace that celebrates culture context and meaning. Within the new Opera House in Busan one will experience space, volume and the lyrical landscapes that surround the complex.The project is situated at the juncture between mountain and the sea and within such a dramatic and beautiful setting it its self is a protagonist, an actor on an epic stage performing for the city of Busan and the nation of South Korea with eloquence, stature and power, a force and a place for gathering, enjoying and celebrating. Schizzi di studio / Sketches

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Opera House and Center for Performing Arts, Busan, 2011 Asymptote Architecture

Pianta piano terra / Ground plan level

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Opera House and Center for Performing Arts, Busan, 2011 Asymptote Architecture

Pianta primo livello / First level plan

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Opera House and Center for Performing Arts, Busan, 2011 Asymptote Architecture

Pianta secondo livello / Second level plan

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Opera House and Center for Performing Arts, Busan, 2011 Asymptote Architecture

Sezione Trasversale / Cross Section

Sezione Longitudinale / Longitudinal Section

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Opera House and Center for Performing Arts, Busan, 2011 Asymptote Architecture

Vista d’insieme / Overall view

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Opera House and Center for Performing Arts, Busan, 2011 Asymptote Architecture

Vista d’insieme / Overall view

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Opera House and Center for Performing Arts, Busan, 2011 Asymptote Architecture

Vista / View

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Opera House and Center for Performing Arts, Busan, 2011 Asymptote Architecture

Vista / View

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Opera House and Center for Performing Arts, Busan, 2011 Asymptote Architecture

Vista / View

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Zaha Hadid ArchitectsStudio 9, 10 Bowling Green Lane

UK - London EC1R 0BQwww.zaha-hadid.com

Circuito Internazionale del Bahrain, Bahrain / Bahrain International Circuit, Bahrain

Zaha Hadid è un architetto che da sempre si è spinta ai confini dell’architettura e dell’urban design, nella ricerca di nuovi concetti di spazialità, arricchendo lo spazio urbano con una moltitudine di viste/visioni in tutti i campi del progetto. Famosa per le opere Vitra Fire Station, Land Fomation-One (1993/99), Bergisel Ski Jump (2002), Strasbourg Tram Station (2001) e Contemporary Arts Centre Cincinnati (2003), Zaha Hadid è impegnata sia in campo professionale che nell’insegnamento e nella ricerca. Fondamentale passaggio nella formazione della carriera è stata la collaborazione in qualità di partner, con lo studio OMA, dal 1977 al 1987, quando fonda il proprio studio a Londra.Numerosi gli incarichi accademici a Harvard, Chicago, Amburgo, Ohio, Yale e presso la Columbia University. Oltre ad essere membro dell’American Academy of Arts and Letters, è attualmente Professore presso l’Università di Arti Applicate a Vienna. Nutrite le pubblicazioni monografiche e su riviste specializzate, così come consistenti e importanti le esposizioni nei principali musei internazionali.

Zaha Hadid is an architect who has always pushed herself to the confines of architecture and urban design, in the search for new spatial concepts, enhancing the urban space with a multitude of views/vision in all fields of the project. Famous for the following works: Vitra Fire Station, Land Fomation-One (1993/99), Bergisel Ski Jump (2002), Strasbourg Tram Station (2001) and the Contemporary Arts Centre Cincinnati (2003), Zaha Hadid is involved in both the professional field and in teaching and research. A fundamental stage in the formation of her career was the collaboration as partner with the OMA studio, between 1977 and 1987, when she founded her own firm in London. Academic appointments have been numerous, including Harvard, Chicago, Hamburg, Ohio, Yale and at Columbia University. Besides being a member of the American Academy of Arts and Letters, she is currently Professor at the University of Applied Arts in Vienna.Monographic publications and those in specialized reviews are substantial, just as exhibitions at leading international museums have been manifold and important.

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Bahrain International Circuit, Bahrain, 2007 Zaha Hadid Architects

Luogo: BahrainCliente: The Bahrain International Circuit & MCC Project PartnersProgetto: Zaha Hadid Architects, 2007 - Zaha Hadid and Patrik Schumacher Project Leader: DaeWha Kang Project Team: Ceyhun Baskin, Andrea B. Caste, Jordan Darnell, Inanc Eray, Simone Fuchs, Tariq Khayyat, Mariagrazia Lanza, Fadi Mansour, Liat Muller, Daniel Widrig, Fulvio WirzConsulenze:Ingegneria: ARUP Partners, Londra

Location: BahrainClient: The Bahrain International Circuit & MCC Project PartnersDesign: Zaha Hadid Architects, 2007 - Zaha Hadid and Patrik Schumacher Project Leader: DaeWha Kang Project Team: Ceyhun Baskin, Andrea B. Caste, Jordan Darnell, Inanc Eray, Simone Fuchs, Tariq Khayyat, Mariagrazia Lanza, Fadi Mansour, Liat Muller, Daniel Widrig, Fulvio WirzConsultants:Engineers: ARUP Partners, London

RelazioneIl masterplan del nuovo Car Experience and Excellence Center del Circuito Internazionale del Bahrain, si compone di una varietà di programmi diversi, che comprendono un centro motori di eccellenza, un centro di ricerca sulle energie alternative, strutture produttive e un centro di formazione. In aggiunta a ciò, e quale punto focale del complesso, la possibilità di vedere, provare ed acquistare le automobili. Un hotel di lusso e una club house automobilistica, infine, sorgono al di sopra del complesso, dominando la pista e la nuova espansione.Il progetto del nuovo Centro crea una sinergia tra il circuito esistente della Formula 1 ed ogni nuova attività ed esperienza legata all’automobile.Il progetto del nuovo Centro di Eccellenza, propone di incrementare e rafforzare il carattere esistente dell’area. Il circuito ha un’atmosfera agli antipodi; all’interno di un suggestivo ambiente desertico di rocce e sabbia, macchine super tecnologiche sfrecciano su una immacolata superficie di asfalto nero. Le condizioni iniziali del

DescriptionThe master plan of the new Centre for Excellence and Car Experience at the Bahrain International Circuit combines a variety of dis¬parate programs, including a Centre for Motor Excellence, an Alternative Energy Research Centre, Manufacturing Facilities, and an Educational Complex. Additionally, a “car experience” focused on manufacturer’s showcases, car experiences, and retail, provide a focal point for the complex. Finally, a high-end hotel and racing clubhouse rise above the surrounds, overlooking the track and the new development.The planning of the new Centre creates a synergy between the existing Formula 1 track and each of the new programs and the car experience.The design of the new Centre of Excellence aims to augment and enhance the already existing character on site. The circuit has an atmosphere of extremes. Within a striking desert environment of rock and sand, high-tech

Inquadramento Territoriale / Territorial Keyplan

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Bahrain International Circuit, Bahrain, 2007 Zaha Hadid Architects

programma hanno fornito indicazioni importanti per il progetto, con l’architettura che risponde in modo estetico e tecnico.Dal punto di vista paesaggistico, il tracciato del circuito esistente è scavato in modo deciso nella gialla roccia del deserto. Il contrasto visivo tra la superficie artificiale perfettamente graduata del tracciato di gara e le aspre emergenze rocciose, danno al Circuito Internazionale del Bahrain il suo carattere speciale, ispirando l’architettura.Il piacere dell’automobile è centrale nell’evento ed anche il nuovo masterplan ed il Car Experience ne accrescono la consapevolezza, creando la coreografia del loro movimento, raffigurandoli e prendendoli da angolature espressive, facendo così dell’attività del guidare nell’area, non un mero aspetto pratico, ma una esperienza significativa. La velocità di costruzione e l’impegnativo programma progettuale sono anche una condizione critica iniziale. La natura annuale dell’evento, porta ad un programma annuo, che può esibire nuovi edifici e nuove costruzioni ogni Aprile, in occasione della gara di Formula Uno. L’esigenza di velocità è davvero un vincolo ed anche la proposta progettuale di rispondere con soluzioni tecniche ed estetiche.Presenti queste condizioni iniziali, il nuovo progetto architettonico per il Centro di Eccellenza di Bahrain nasce da alcuni passi progettuali chiave. Una sistemazione dinamica di zone divise crea una composizione visiva sull’area, dando l’opportunità di uno scambio di esperienze e idee. L’esperienza del movimento nell’area è organizzata da un sistema di strade, maggiori e minori, che spaziano dagli ampi flussi funzionali ai capricciosi percorsi nel paesaggio artificiale.L’integrazione delle oasi e degli showroom, incastonati come gioielli nel più ampio contesto di una generica tipologia edilizia, consente di sviluppare un sistema ibrido e rapido di

costruzione, con un’iconica espressione architettonica. Come ci si avvicina alla costruzione del Car Experience, con i suoi alberghi, le vetrine, la macchine ed i relativi programmi di attività, altri percorsi portano ad interagire in modo ravvicinato con l’architettura. Dall’alto dell’architettura, ed immergendosi in essa, salendo oltre i nuovi edifici iconici, entrando ed uscendo visivamente, le auto danzano nel paesaggio, interagendo con gli edifici ed aggiungendo scenografia visiva al movimento sull’area.Autosaloni, museo ed edifici di servizio alla clientela di alta gamma, sono in continuità con il deposito delle auto, i parcheggi, i centri commerciali e i laboratori. Il parcheggio, lo spazio della vendita ed il deposito, formano una struttura a podio, che può essere costruita in modo rapido ed efficiente utilizzando una griglia di costruzione razionalizzata. All’interno di questo podio solido, sono state ricavate oasi verdi ed aree paesaggistiche, per consentire a questi spazi per respirare. Scavando nel podio ed attorno ai suoi bordi, le strade danno ascolto di nuovo al paesaggio scolpito della pista nel deserto.In cima al podio, sono stati inseriti showroom privati o edifici pubblici, quali punti focali di una personale architettura d’avanguardia. I “gioielli” assumono un’estetica snella e tecnologica, appropriata per lo sviluppo della Formula Uno ed il contrasto tra l’estetica lucida e tecnologia, con la massa solida del podio, crea interesse visivo nell’area.In sintesi, il nuovo progetto per il Centro Eccellenza del Circuito Internazionale del Bahrain, realizza un emozionante e dinamico programma architettonico, che si relaziona positivamente con il carattere e la bellezza esistenti, introducendo una nuova coreografia di automobili, architettura e paesaggio.

machines speed around an immaculate surface of black tarmac. The initial conditions of the program give important cues for the design, and the architecture responds to these conditions in aesthetic and technical ways.From the point of view of the landscape, the existing circuit track is dramatically carved out of the yellow desert rock. The visual con¬trast between the perfectly graded artificial surface of the racing track and the rugged vertical rise of cracked rock cliffs gives the BIC its special character, providing inspiration for the architecture. The appreciation of the car is central to the event, and the new master plan and car experience also heightens the driving experi¬ence—choreographing their movement, putting them on display, and taking them through expressive corners and straights that make driving through the site not just a practical task but an experience in its own right. The speed of construction and the demanding design programme are also a critical initial condition. The nature of the yearly event lends itself to an annual programme that can show off new buildings and new developments every April at the Formula One race. The need for speed is a very real constraint and the design proposal also responds with technical and aesthetic solutions.With these initial conditions in mind the new architectural design for the Bahrain Centre of Excellence springs from several key design moves. A dynamic arrangement of zoned parcels creates visual drama on the site and gives the opportunity for an interchange of experience and ideas. The experience of movement through the site is choreographed by a system of major and minor streets that range from broadly pragmatic flows to capricious drives through a man-made landscape. The integration of jewel and oasis into the broader context of

a generic building type allows for a hybrid system of fast-track construc¬tion and iconic architectural expression. As one approaches the car experience development with its hotels, showcases, and the car and activity-oriented programs, additional roads bring one into close interaction with the architecture. Flitting above the architecture and diving below it, ramping past the iconic new buildings and coming into and out of view, the cars on the site dance through the landscape, interact with the buildings, and add to the visual drama of movement on the site.Car showrooms, museum, and high end customer service buildings sit cheek to jowl with car storage garages, parking areas, retail centers, and workshops. The parking, retail, and storage form a podium structure that can be built quickly and efficiently using a rationalized construction grid. Within this solid podium we carve out oases of green and landscaped areas to allow these spaces to breathe. Carving through the podium and around its edges, the roads hearken back to the carved landscape of the track in the desert. Atop the podium, we introduce individual showrooms or public buildings as localized points of high-end, customized architecture. The jewels takes on a high-tech, streamlined aesthetic appropriate for the Formula One development, and the contrast between the glossy, high-tech aesthetic and the solid mass of the podium brings visual interest into the site. In all, the new design for the Bahrain International Circuit Centre of Excellence establishes an exciting, dynamic new architectural plan that stays true to the extreme character and beauty of the existing development, while introducing a new choreography of auto¬mobiles, architecture, and landscape.

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Bahrain International Circuit, Bahrain, 2007 Zaha Hadid Architects

Schema complessivo dei flussi / Overall flow diagram

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Bahrain International Circuit, Bahrain, 2007 Zaha Hadid Architects

Masterplan dei flussi / Masterplan flow

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Bahrain International Circuit, Bahrain, 2007 Zaha Hadid Architects

Masterplan / Masterplan Planimetria / Plan

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Bahrain International Circuit, Bahrain, 2007 Zaha Hadid Architects

Pianta piano terra / Ground floor plan Pianta livello +4,00 / Plan +4.00

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Bahrain International Circuit, Bahrain, 2007 Zaha Hadid Architects

Sezione / Section

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Bahrain International Circuit, Bahrain, 2007 Zaha Hadid Architects

Vista d’insieme / Overall view

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Bahrain International Circuit, Bahrain, 2007 Zaha Hadid Architects

Vista d’insieme / Overall view

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Bahrain International Circuit, Bahrain, 2007 Zaha Hadid Architects

Vista / View

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Bahrain International Circuit, Bahrain, 2007 Zaha Hadid Architects

Vista / View

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Bahrain International Circuit, Bahrain, 2007 Zaha Hadid Architects

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Bahrain International Circuit, Bahrain, 2007 Zaha Hadid Architects

Vista / View

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Bahrain International Circuit, Bahrain, 2007 Zaha Hadid Architects

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Bahrain International Circuit, Bahrain, 2007 Zaha Hadid Architects

Vista / View

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Bahrain International Circuit, Bahrain, 2007 Zaha Hadid Architects

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Bahrain International Circuit, Bahrain, 2007 Zaha Hadid Architects

Vista / View

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Bahrain International Circuit, Bahrain, 2007 Zaha Hadid Architects

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Bahrain International Circuit, Bahrain, 2007 Zaha Hadid Architects

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Bahrain International Circuit, Bahrain, 2007 Zaha Hadid Architects

Vista / View

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Bahrain International Circuit, Bahrain, 2007 Zaha Hadid Architects

Vista / View

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Bahrain International Circuit, Bahrain, 2007 Zaha Hadid Architects

Vista dello spazio interno / Internal view

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Zaha Hadid ArchitectsStudio 9, 10 Bowling Green Lane

UK - London EC1R 0BQwww.zaha-hadid.com

Changsha Meixihu Centro Internazionale della Cultura e delle Arti, Changsha, Cina / Changsha Meixihu International Culture & Arts Centre, Changsha, China

Zaha Hadid è un architetto che da sempre si è spinta ai confini dell’architettura e dell’urban design, nella ricerca di nuovi concetti di spazialità, arricchendo lo spazio urbano con una moltitudine di viste/visioni in tutti i campi del progetto. Famosa per le opere Vitra Fire Station, Land Fomation-One (1993/99), Bergisel Ski Jump (2002), Strasbourg Tram Station (2001) e Contemporary Arts Centre Cincinnati (2003), Zaha Hadid è impegnata sia in campo professionale che nell’insegnamento e nella ricerca. Fondamentale passaggio nella formazione della carriera è stata la collaborazione in qualità di partner, con lo studio OMA, dal 1977 al 1987, quando fonda il proprio studio a Londra.Numerosi gli incarichi accademici a Harvard, Chicago, Amburgo, Ohio, Yale e presso la Columbia University. Oltre ad essere membro dell’American Academy of Arts and Letters, è attualmente Professore presso l’Università di Arti Applicate a Vienna. Nutrite le pubblicazioni monografiche e su riviste specializzate, così come consistenti e importanti le esposizioni nei principali musei internazionali.

Zaha Hadid is an architect who has always pushed herself to the confines of architecture and urban design, in the search for new spatial concepts, enhancing the urban space with a multitude of views/vision in all fields of the project. Famous for the following works: Vitra Fire Station, Land Fomation-One (1993/99), Bergisel Ski Jump (2002), Strasbourg Tram Station (2001) and the Contemporary Arts Centre Cincinnati (2003), Zaha Hadid is involved in both the professional field and in teaching and research. A fundamental stage in the formation of her career was the collaboration as partner with the OMA studio, between 1977 and 1987, when she founded her own firm in London. Academic appointments have been numerous, including Harvard, Chicago, Hamburg, Ohio, Yale and at Columbia University. Besides being a member of the American Academy of Arts and Letters, she is currently Professor at the University of Applied Arts in Vienna.Monographic publications and those in specialized reviews are substantial, just as exhibitions at leading international museums have been manifold and important.

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Changsha Meixihu International Culture & Arts Centre, Changsha, 2011 Zaha Hadid Architects

Luogo: Changsha, CinaCliente: Meixihu Industry Corporation LimitedProgetto: Zaha Hadid - Patrik Schumacher - 2011Project Director: Woody Yao, Simon YuProject Leader: Simon YuProject Team: Zhenjiang Guo, Charles Kwan, Jinqi Huang, Neil Sansom, Pravin Ghosh, Thomas Jensen, Justin Kelly, Wandy Mulia, Uli Schifferdecker, Adrian Aguirre Herrera, Aurora Santana, Koren Sin, Johanna Huang, Yifan Zhang, Collin Spelts, Fei Liang, Adam Fingrut, Yitzhak SamunSchematic Design: Zhenjiang Guo, Charles Kwan, Jinqi HuangMuseum Design: Tariq Khayyat, Kutbuddin Nadiadi, Diego Rossel, Gerry Cruz, Matteo Melioli, Xiaosheng Li, Yuxi Fu, Thomas Jensen, Matthew Johnson, Justin Kelly, Drew MerkleConcorsoProject Architect: Tiago Correia - Project Team: Victor Orive, Fabiano Continanza, Zhenjiang Guo, Danilo Arsic, Ines Fontoura, Rafael González, Alejandro Díaz, Jimena AraizaConcept Development: Hannes Schafelner, Philipp Ostermaier, Jakub Klaska, Maren Klasing, Saman Saffarian, Martin Krcha, Maria Tsironi, Spyridon KaprinisServizi d’Ingegneria Consulenza Strutturale, Facciate ed Edificio: Buro HappoldConsulenza teatro: Theatre Projects ConsultantsConsulenza acustica: Marshall Day Acoustics

Location: Changsha, ChinaClient: Meixihu Industry Corporation LimitedDesign: Zaha Hadid - Patrik Schumacher - 2011Project Director: Woody Yao, Simon YuProject Leader: Simon YuProject Team: Zhenjiang Guo, Charles Kwan, Jinqi Huang, Neil Sansom, Pravin Ghosh, Thomas Jensen, Justin Kelly, Wandy Mulia, Uli Schifferdecker, Adrian Aguirre Herrera, Aurora Santana, Koren Sin, Johanna Huang, Yifan Zhang, Collin Spelts, Fei Liang, Adam Fingrut, Yitzhak SamunSchematic Design: Zhenjiang Guo, Charles Kwan, Jinqi HuangMuseum Design: Tariq Khayyat, Kutbuddin Nadiadi, Diego Rossel, Gerry Cruz, Matteo Melioli, Xiaosheng Li, Yuxi Fu, Thomas Jensen, Matthew Johnson, Justin Kelly, Drew MerkleCompetitionProject Architect: Tiago Correia - Project Team: Victor Orive, Fabiano Continanza, Zhenjiang Guo, Danilo Arsic, Ines Fontoura, Rafael González, Alejandro Díaz, Jimena AraizaConcept Development: Hannes Schafelner, Philipp Ostermaier, Jakub Klaska, Maren Klasing, Saman Saffarian, Martin Krcha, Maria Tsironi, Spyridon KaprinisStructural, Façade & Building Services Engineering Consultant: Buro HappoldTheatre Consultant: Theatre Projects ConsultantsAcoustics Consultant: Marshall Day Acoustics

RelazioneIl Centro Internazionale di Arti e Culture, incorpora una varietà unica di spazi e nodi civici: un Teatro, un Museo di Arte Contemporanea, una Sala multifunzionale e strutture di servizio. La piazza centrale si genera dalla posizione che deriva da questi singoli edifici e crea una forte esperienza urbana, nel contempo intercettando ed incontrando il flusso pedonale dei visitatori che arrivano da tutte le parti dell’area. In parallelo, si allunga esternamente verso le strade adiacenti con fenomenali viste panoramiche, aperte sul lago Meixi e la Festival Island.Il Teatro principale è il punto centrale del Centro Internazionale di Arti e Culture di Changsha, e con una capacità totale di 1800 posti, è il più grande luogo per spettacoli della città. Progettato per ospitale spettacoli di livello internazionale, l’edificio conterrà tutte le funzioni necessarie del teatro, come le lobby, guardaroba, bar, ristoranti e accoglienza per VIP, così come tutte le funzioni secondarie, come l’amministrazione, le sale prova, la logistica di backstage, camerini, sale trucco e guardaroba. La composizione a tre petali fluidi del Museo, che si organizza attorno al suo atrio centrale interno, si combina con continuità al variegato mosaico degli spazi della galleria.Viste e balconate verso l’esterno, intendono coinvolgere il luogo unico dell’area e delle viste circostanti, in alcuni spazi delle sue gallerie. Una piazza esterna che affaccia sulla Meixi Lake Road, permette di espandere all’aperto le sculture, le esposizioni e gli eventi.Il Teatro più piccolo (la sala multifunzionale), si caratterizza per la sua flessibilità. Con una capacità massima di 500 posti, la sala può essere adattata e trasformata per diverse configurazioni. Inoltre, può accogliere una vasta gamma di funzioni e spettacoli, che spaziano dai banchetti agli eventi commerciali, alle piccole

DescriptionThe International Culture & Arts Centre embodies a unique variety of civic nodes and spaces: A Grand Theatre, a Contemporary Art Museum, a Multipurpose Hall and supporting facilities. The central plaza is generated by the relative position of these separate buildings and offers a strong urban experience whereby the flow of pedestrian visitors that come from all sides of the site intersect and meet. In parallel it also stretches outwards to the neighboring streets with unfettered and phenomenal views across Meixi lake with access towards Festival Island.The Grand Theatre is the focal point of the Changsha International Culture & Arts Centre. It is the largest performance venue in the city with a total capacity of 1800 seats. Designed to host worldstandard performances the building will contain all the necessary front of house functions, such as lobbies, cloakrooms, bars, restaurants, and VIP hospitality, as well as the required ancillary functions, such as administration, rehearsal rooms, backstage logistics, dressing and make-up rooms, and wardrobe. The Museum’s composition of three fluid petals around its internal central atrium, juxtaposes of the various patchworks of gallery spaces in a truly seamless fashion.With outward views and balconies to its exteriors, it aims to engage the site’s unique location and surrounding views into some of its gallery spaces. An external plaza which faces Meixi Lake Road allows for outdoor sculptures, exhibitions and events to be extended to an expansive outdoor space. The Small Theatre (Multipurpose Hall) is characterized by its flexibility. With a maximum capacity of 500 seats, it can be adapted and transformed to different configurations. It can therefore accommodate a broad range of functions and shows that span from banquets and

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Changsha Meixihu International Culture & Arts Centre, Changsha, 2011 Zaha Hadid Architects

esibizioni, spettacoli di moda e musica. Un luogo di attrazione commerciale, che condivide in modo continuo, accessibilità pubblica, aree di commercio e servizi per la ristorazione, che trovano posto in una corte aperta incavata, che collega i visitatori al piano interrato.Nonostante queste istituzioni civiche siano separate e definite in modo univoco, si relazionano tra loro per tutti gli aspetti ambientali, con piazze che, come in un affresco, offrono ai visitatori una sequenza di atmosfere urbane delle diverse istituzioni, che portano vitalità urbana nell’area. Inoltre, l’orario di lavoro dei diversi luoghi si sovrappone, assicurando continuità

nelle 24 ore. Funzionando di sera, il Teatro principale si attiva quando il Museo termina il suo funzionamento diurno, mentre il Teatro piccolo, le attività commerciali ed i ristoranti sono fruibili giorno e notte. Così, essi beneficiano della vicinanza reciproca, assicurando che l’area sia viva tutto il giorno. Inoltre, questa composizione dinamica genera una potente relazione con il suo intorno, conferendo monumentalità all’insieme.Incarnando principi di funzionalità, eleganza e innovazione, il Centro Internazionale di Arti e Culture, mira a diventare sia il nuovo nodo civico e culturale della città di Changsha, che una destinazione culturale internazionale.

commercial events to small plays, fashion shows and music. A commercial attraction, this venue shares seamless public access to retail areas and restaurant facilities, which are seated in an open and gently sunken courtyard linking visitors to and from the basement level. Although these civic institutions are uniquely defined and separate, they supply each other in all respects within its setting with plazas offering visitors a tapestrylike sequence of urban ambiances that relate to the different institutions, inject the site with urban vitality. The working hours of the different venues also overlap to ensure continuity during the full 24 hour cycle. Operated during the evening, the

Grand Theatre becomes active as the Museum begins to conclude its day-time operations whilst the Small theatre and retail/restaurants would be commercially available day and night. In this regard, they benefit from each other’s vicinity, ensuring that the site is lively 24 hours a day. This dynamic composition further establishes a powerful relationship with its surroundings, which confers monumentality to the ensemble. Embodying values of functionality, elegance and innovation, the Changsha Meixi Lake International Culture & Arts Center aims to become the new cultural and civic node for the city of Changsha, and well as global cultural destination.

Vista d’insieme / Overall view

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Changsha Meixihu International Culture & Arts Centre, Changsha, 2011 Zaha Hadid Architects

Vista dall’alto / Top view

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Changsha Meixihu International Culture & Arts Centre, Changsha, 2011 Zaha Hadid Architects

Vista d’insieme / Overall view

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Changsha Meixihu International Culture & Arts Centre, Changsha, 2011 Zaha Hadid Architects

Vista / View

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Changsha Meixihu International Culture & Arts Centre, Changsha, 2011 Zaha Hadid Architects

Vista dello spazio interno / Internal view

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Changsha Meixihu International Culture & Arts Centre, Changsha, 2011 Zaha Hadid Architects

Vista dello spazio interno / Internal view

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Changsha Meixihu International Culture & Arts Centre, Changsha, 2011 Zaha Hadid Architects

Vista dello spazio interno / Internal view

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Zaha Hadid ArchitectsStudio 9, 10 Bowling Green Lane

UK - London EC1R 0BQwww.zaha-hadid.com

Unique Circle / Unique Circle

Zaha Hadid è un architetto che da sempre si è spinta ai confini dell’architettura e dell’urban design, nella ricerca di nuovi concetti di spazialità, arricchendo lo spazio urbano con una moltitudine di viste/visioni in tutti i campi del progetto. Famosa per le opere Vitra Fire Station, Land Fomation-One (1993/99), Bergisel Ski Jump (2002), Strasbourg Tram Station (2001) e Contemporary Arts Centre Cincinnati (2003), Zaha Hadid è impegnata sia in campo professionale che nell’insegnamento e nella ricerca. Fondamentale passaggio nella formazione della carriera è stata la collaborazione in qualità di partner, con lo studio OMA, dal 1977 al 1987, quando fonda il proprio studio a Londra.Numerosi gli incarichi accademici a Harvard, Chicago, Amburgo, Ohio, Yale e presso la Columbia University. Oltre ad essere membro dell’American Academy of Arts and Letters, è attualmente Professore presso l’Università di Arti Applicate a Vienna. Nutrite le pubblicazioni monografiche e su riviste specializzate, così come consistenti e importanti le esposizioni nei principali musei internazionali.

Zaha Hadid is an architect who has always pushed herself to the confines of architecture and urban design, in the search for new spatial concepts, enhancing the urban space with a multitude of views/vision in all fields of the project. Famous for the following works: Vitra Fire Station, Land Fomation-One (1993/99), Bergisel Ski Jump (2002), Strasbourg Tram Station (2001) and the Contemporary Arts Centre Cincinnati (2003), Zaha Hadid is involved in both the professional field and in teaching and research. A fundamental stage in the formation of her career was the collaboration as partner with the OMA studio, between 1977 and 1987, when she founded her own firm in London. Academic appointments have been numerous, including Harvard, Chicago, Hamburg, Ohio, Yale and at Columbia University. Besides being a member of the American Academy of Arts and Letters, she is currently Professor at the University of Applied Arts in Vienna.Monographic publications and those in specialized reviews are substantial, just as exhibitions at leading international museums have been manifold and important.

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Unique Circle, 2013 Zaha Hadid Architects

Cliente: Blohm+VossStato: DesignProgetto: Zaha Hadid Design, 2013 / Zaha Hadid - Patrik SchumacherDesign Team: Thomas Vietzke, Jens Borstelmann, Daniel Widrig, Sofia Daniilidou, Ben Grubert, Phillip Mecke, Patrick EulerIngegneria navale: Michael Von der Heide, Thomas SperlingLunghezza fuori tutto: 90.0 M (295 FT)Altezza (Max): 16.0M (52FT)Pescaggio: 4.2M (13FT)Velocità (MAX): 16.0 KNVelocità di crociera: 14.0KNClasse: Lloyd’s RegisterMotori: 2X2160 KW Diesel

Client: Blohm+VossStatus: DesignArchitect: Zaha Hadid Design, 2013 / Zaha Hadid - Patrik SchumacherDesign Team: Thomas Vietzke, Jens Borstelmann, Daniel Widrig, Sofia Daniilidou, Ben Grubert, Phillip Mecke, Patrick EulerNaval engineering: Michael Von der Heide, Thomas SperlingL.O.A: 90.0M (295 FT)Beam (Max): 16.0M (52FT)Draught: 4.2M (13FT)Speed (MAX): 16.0 KNCruising Speed: 14.0KNClass: Lloyd’s RegisterPropulsion: 2X2160 KW Diesel

RelazioneIl concept progettuale, lanciato in occasione dell’ultima esposizione dei lavori di Zaha Hadid presso la David Gill Gallery di Londra, si basa sulla forma scultorea di un prototipo per un yacht di 128 m. Gli Unique Circle Yachts di Zaha Hadid Architects per Blohm + Voss, sono una famiglia di cinque yacht privati di 90 m, che esplorano creativamente, nei requisiti tecnico costruttivi dello yacht stesso, la filosofia progettuale del prototipo.Il disegno generale considera gli aspetti della fluidodinamica e degli ecosistemi subacquei, con la ricerca idrodinamica che modella il disegno dello scafo. La struttura ad esoscheletro della sezione superiore è una rete intrecciata di supporti che variano in spessore e conferiscono un’estetica naturale all’aspetto esterno dello yacht, evocando i sistemi strutturali organici naturali delle formazioni marine e collegando i

DescriptionThe design concept, launched at the latest exhibition of Zaha Hadid’s work at the David Gill Gallery in London, is based around the sculptural form of a master prototype conceived for a 128m yacht. In addition, the Unique Circle Yachts by Zaha Hadid Architects for Blohm+Voss is a family of five individual 90m yachts that creatively explore the design philosophies of the master prototype within the technical requirements of a fully-engineered yacht design.The overall design is informed by fluid dynamics and underwater ecosystems, with hydrodynamic research shaping the design of the hull. The exoskeleton structure of the upper section is an interwoven network of supports that vary in thickness and lend a natural aesthetic to the yacht’s external appearance; evoking the organic structural systems of natural marine formations and connecting the various levels and decks of

vari livelli e ponti dell’imbarcazione in diagonale e senza soluzioni di continuità.Mentre i progetti di yacht tradizionali seguono un rigoroso ordine orizzontale, questo esoscheletro crea una intensa connessione tra i vari ponti e gli elementi del design. Il linguaggio progettuale fluido del prototipo è stato applicato alle cinque successive variazioni degli Unique Circle Yachts di 90 m, creando un progetto con la più alta correlazione tra le opzioni. Il JAZZ, uno yacht di 90 m, il primo dei cinque Unique Circle Yachts, è stato definito, nella tecnica e nei dettagli, dagli architetti navali alla Blohm + Voss. È evidente come derivi dal prototipo di 128 m, con ulteriori raffinatezze tecniche per far fronte alle esigenze delle traversate oceaniche.Oltre al JAZZ, altri quattro yacht di 90 m sono stati progettati per soddisfare le diverse esigenze e richieste dei proprietari. Ogni disegno varierà nel layout in base alle preferenze del proprietario.Il processo di progettazione è stato una vera collaborazione tra Blohm + Voss e ZHA, che hanno lavorato assieme per affrontare le sfide pratiche della progettazione di uno yacht, pur rimanendo fedeli al linguaggio stilistico del prototipo. I progetti che ne sono derivati sono la sinergia della visione progettuale di Hadid e la competenza tecnica di Blohm + Voss, permettendo flessibilità e personalizzazione nel progetto dello yacht.“Come un oggetto dinamico che si muove in ambienti dinamici, la progettazione di uno yacht deve includere parametri aggiuntivi oltre a quelli dell’architettura - diventa tutto molto più estremo sull’acqua. Ogni yacht è una piattaforma progettata, che integra specifiche esigenze idrodinamiche e strutturali, ai più alti livelli di comfort, qualità spaziale e sicurezza”, ha spiegato Zaha Hadid. Blohm + Voss ha la comprovata esperienza, la competenza tecnica interna e la capacità di offrire soluzioni su misura

the ship seamlessly via expressive diagonals.Whereas traditional yacht designs adhere to a strict horizontal order, this exoskeleton creates an intense connectivity between the various decks and elements of the design.The fluid design language of the master prototype has been applied to the five subsequent 90m variations of the Unique Circle Yachts, creating a design with the highest correlation between the various options.The 90m JAZZ yacht is the first of the five Unique Circle Yachts that has been technically specified and detailed by the naval architects at Blohm+Voss. Its lineage from the 128m master prototype is evident, with further technical refinements to address the specifications required for ocean crossings.In addition to JAZZ, four further 90m yachts have been designed to fulfill the different requirements and individual requests of their designated owners. Each design will vary in layout according to the owner’s preferences.The design process was very much a collaborative one, with Blohm+Voss and ZHA working together to address the practical challenges of designing a yacht while remaining true to the design language of the master prototype. The resulting designs are the synergy of Hadid’s design vision and the technical expertise of Blohm+Voss, allowing a flexibility and customisation in the eventual design of the yacht.“As a dynamic object that moves in dynamic environments, the design of a yacht must incorporate additional parameters beyond those for architecture – which all become much more extreme on water. Each yacht is an engineered platform that integrates specific hydrodynamic and structural demands together with the highest levels of comfort, spatial quality and safety” explained Zaha Hadid.

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Unique Circle, 2013 Zaha Hadid Architects

per i compratori più esigenti nel mercato dei superyacht. Gli architetti navali di Blohm + Voss spingono sempre i confini della tecnologia e dell’innovazione. Negli ultimi anni Blohm + Voss ha costruito molti dei più prestigiosi mega yacht al mondo. Questi includono l’innovativo 394 piedi “A”, disegnato da Philippe Starck, la “Eclipse”, disegnata da Terrence Disdale, che con 533 piedi (162,5 m) è il secondo yacht privato più grande al mondo. Altri progetti di superyacht di Blohm + Voss sono la “Mayan Queen IV” e il “Palladium”.Spiega il Dr. Herbert Aly, amministratore delegato e socio manageriale di Blohm + Voss: “Sul piano estetico, un superyacht è un grande impegno progettuale perché tutto è personalizzato nei minimi dettagli. Un superyacht è per definizione un esercizio di progettazione totale, dove ogni dettaglio è curato con attenzione e raffinatezza. In passato, all’epoca delle navi a vapore, vi è stato un tentativo di utilizzare elementi della

Blohm+Voss has the proven experience, the in-house technical expertise, and the capacities to offer tailor-made solutions for the most demanding buyers in the superyacht market. The naval architects of Blohm+Voss are forever pushing the boundaries of technology and innovation. In recent years Blohm+Voss has built many of the world’s most prestigious mega yachts. These include the groundbreaking 394- foot “A” designed by Philippe Starck , the “Eclipse”, designed by Terrence Disdale, which at 533 feet (162.5 m) is the world’s second largest private yacht. Other Blohm + Voss superyacht projects include, the “Mayan Queen IV” and the “Palladium”. Dr. Herbert Aly, CEO and Managing Partner of Blohm+Voss says: “On an aesthetic level, a superyacht is a great design task as everything is customised down to the last detail. A superyacht is by definition an exercise in total design, where every detail is looked at with

costruzione navale in architettura. Zaha Hadid e il suo team hanno preso questo ethos e hanno creato una nuova visione forte e un nuovo punto di riferimento nella progettazione dei superyacht”.Aggiunge Aly: “L’idea dei Unique Circle Yachts permette la variazione di un genotipo e dei suoi fenotipi, offrendo una gamma di possibili soluzioni basate su una piattaforma affine. Il risultato del progetto di Zaha Hadid è malleabile per soddisfare i desideri individuali e le esigenze di un potenziale cliente, trovandosi al centro dell’approccio di Blohm + Voss nella progettazione di yacht. La forza del progetto risiede non solo nella sua funzionalità e forma, ma anche nella sua facilità di adattamento”. Zaha Hadid Architects e Blohm + Voss hanno trasformato lo yacht design, creando un concetto innovativo e sviluppando questa visione in un prototipo per la navigazione, che offre nuove dinamiche possibilità per l’architettura navale.

attention and refinement. In the past, in the era of steam liners, there has been an attempt of utilising ship building elements in architecture. Zaha Hadid and her team have taken this ethos and created a bold new vision and a new benchmark in the design of superyachts.” Aly adds: “The idea of the Unique Circle Yachts allows for variation of a genotype and its phenotypes, offering a range of possible solutions based on an cognate platform. As a result Zaha Hadid’s design is malleable to suit the very individual wishes and needs of a potential customer which lies at the heart of Blohm+Voss’ approach to yacht design. The strength of the design lies not just in its functionality and form, but also its effortless adaptability.” Zaha Hadid Architects and Blohm+Voss have transformed yacht design; creating an innovative concept and developing this vision into a fully seaworthy prototype that offers dynamic new possibilities for naval architecture.

Vista dei modelli 3D / 3D view (visualisation Moka-Studio)

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Unique Circle, 2013 Zaha Hadid Architects

Modelli di studio: viste / Mock-up: views

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Unique Circle, 2013 Zaha Hadid Architects

Vista dall’alto / Top view (visualisation Moka-Studio)

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Unique Circle, 2013 Zaha Hadid Architects

Vista / View (visualisation Moka-Studio)

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Unique Circle, 2013 Zaha Hadid Architects

Vista / View (visualisation Moka-Studio)

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Unique Circle, 2013 Zaha Hadid Architects

Vista / View (visualisation Moka-Studio)

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Unique Circle, 2013 Zaha Hadid Architects

Vista / View (visualisation Moka-Studio)

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Unique Circle, 2013 Zaha Hadid Architects

Vista dello spazio interno / Internal view (visualisation Moka-Studio)

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Unique Circle, 2013 Zaha Hadid Architects

Vista dello spazio interno / Internal view (visualisation Moka-Studio)

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Unique Circle, 2013 Zaha Hadid Architects

Vista dello spazio interno / Internal view (visualisation Moka-Studio)

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Unique Circle, 2013 Zaha Hadid Architects

Vista dello spazio interno / Internal view (visualisation Moka-Studio)

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Unique Circle, 2013 Zaha Hadid Architects

Vista dello spazio interno / Internal view (visualisation Moka-Studio)

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Unique Circle, 2013 Zaha Hadid Architects

Dettaglio: Vista della piscina / Detail view: pool (visualisation Moka-Studio)