Ma dove vanno gli italiani?

10
P i MAGAZINE Periodico italiano Italiani da rifare Anno 1 I numero 0 I Febbraio 2011 PRIMO PIANO Ma dove vanno gli italiani? Governo, società economia: che futuro ha l’Italia? ECONOMIA No lavoro, no famiglia Come l’nstabilità economica cambia la nostra società TENDENZE L’audience dei ‘cazzari’ Un sistema mediatico che premia solo la mediocrità La politica, l’economia, la società: il nostro Paese è allo sbando. Ma è il sistema a non funzionare o i suoi abitanti? Italiani da rifare

description

Intervista a Paolo Guzzanti. Articolo tratto dalla rivista Periodico italiano magazine e realizzato in collaborazione con il programma radiofonico LA RADIO SEI TU

Transcript of Ma dove vanno gli italiani?

Page 1: Ma dove vanno gli italiani?

Pi MA

GA

ZIN

EPeriodico italiano

Italianida rifare

Anno 1 I numero 0 I Febbraio 2011

� PRIMO PIANO

Ma dove vannogli italiani?Governo, societàeconomia: chefuturo ha l’Italia?

� ECONOMIA

No lavoro,no famigliaCome l’nstabilitàeconomica cambiala nostra società

� TENDENZE

L’audience dei ‘cazzari’Un sistema mediaticoche premia solo la mediocrità

La politica, l’economia, la società: il nostro Paese è allo sbando.Ma è il sistema a non funzionare o i suoi abitanti?

Italianida rifare

Page 2: Ma dove vanno gli italiani?

La situazione politica attuale del nostro Paese denota uno scadi-mento qualitativo dal quale qualsiasi passo in avanti sembra

avere carattere solamente degenerativo. Una realtà nella quale sem-bra che tutto venga fatto per relazioni, per amicizia, per rapportiintimi e confidenziali, per raccomandazioni. Un sistema, che PaoloGuzzanti ha definito ferocemente “mignottocrazia”, nel quale anchela formazione di un terzo polo non fa intravedere cambiamentisostanziali, quantomeno nel breve termine, neanche con le elezionianticipate. Per dare un quadro politico diverso a una sinistra‘distratta’, a una maggioranza che è ‘risicata e a un’opposizione cheè l’ex maggioranza, nonché per ridefinire l’arco costituzionale moltoprobabilmente l’Italia dovrà percorrere un viaggio a tappe. Ma nontutto è perduto come ci dimostra, quasi goliardicamente, il Guzzantiscrittore facendoci ripercorrere vent’anni della nostra storia.

OOnnoorreevvoollee GGuuzzzzaannttii,, sseeccoonnddoo lleeii,, iill nnoossttrroo PPaaeessee ssttaa aassssii--sstteennddoo aa uunnaa ddeerriivvaa eesstteettiizzzzaannttee iinn ccuuii aallllaa ddoonnnnaa vviieenneerriicchhiieessttoo eesscclluussiivvaammeennttee uunn ddaattoo ddii aavvvveenneennzzaa ffiissiiccaa??“Innanzitutto, diciamo che ci sono donne con grandi qualità intellet-tuali che sono anche bellissime. Dunque, io non dividerei il mondofemminile in due categorie assolute, le belle e stupide contro le brut-tine e intelligenti: ci sono numerose donne belle e intelligenti, cometante altre brutte e stupide, così come molti uomini. Per esempio, ilministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, che conosco da moltianni, cioè sin da quando era presidente dei Giovani industriali, è unadonna in ‘gambissima’, con una mentalità aperta, laica. Ed è anchemolto affascinante. In secondo luogo, io ho scritto un libro con un tito-lo ‘scomodo’ e anche un po' sgradevole, ma questa sgradevolezza nonè dovuta a me, bensì a una situazione che questo titolo rispecchiamolto: una deriva del potere che ormai si fonda su una forma di pro-stituzione. Non si tratta delle solite storie, vere o false, attribuite alpresidente del Consiglio, alle sue personali avventure e svagatezze,o alle sue serate in libertà. Questo, certamente, fa parte di un qua-dro generale, ma ciò a cui mi riferisco io è invece il ‘berlusconismo’ inquanto ‘sistema’. Io conosco molto bene Berlusconi e l’ho sentito teo-rizzare molto intelligentemente certe cose. E ciò rappresenta un datomolto importante: a Berlusconi non capitano degli incidenti, noncommette delle gaffes, bensì sa benissimo che, quando agisce in un

primopiano Intervista a Paolo Guzzantiprimopiano>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

4 > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > Periodico italiano MAGAZINE

Ma dove vannogli italiani?

Governo traballante per lepolemiche sul premier checontinuano a monopoliz-zare i palinsesti televisivi ele prime pagine dei quoti-diani. Tutto ciò mentre ildisagio sociale, l’economiadisastrosa e la mancanzadi occupazione hanno rag-giunto livelli molto preoc-cupanti. Dove sta andan-do il nostro Paese e cosaaltro può succedere se nonsi trova una qualche pro-spettiva di svolta?

Page 3: Ma dove vanno gli italiani?

certo modo, in campo sessuale ma anche in altri, egli acquista popo-larità. Se si vanno a vedere i sondaggi, si nota che, in determinatesituazioni, la sua popolarità sale anziché scendere, come talvoltaqualcuno si augurerebbe, magari per motivi di buon gusto. In prati-ca, Berlusconi, molto più semplicemente, è convinto di poter sostitui-re il personale politico, che generalmente è brutto, maschile, pocoattraente, ma pericolosamente indipendente, o che cerca di pensarecon la propria testa, con una generazione di giovani, prevalentemen-te belle ragazze ma non solo, che si segnalano, fondamentalmente,per il proprio sex appeal. Questo, dunque, esclude eventuali storiesessuali o vicende piccanti che, talvolta, ci sono, ma rappresentano,nel mio libro, un dato secondario”.

DDuunnqquuee nneell ssuuoo uullttiimmoo lliibbrroo,, MMiiggnnoottttooccrraazziiaa,, lleeii ddeennuunncciiaassoopprraattttuuttttoo qquueessttaa mmooddaa cchhee hhaa rreessoo pprriioorriittaarriiaa,, iinn ppoolliittii--ccaa,, llaa ccoossiiddddeettttaa ''bbeellllaa pprreesseennzzaa''??“Naturalmente: se l’avvenenza è il primo requisito, si va a penalizza-re fortemente l’intelligenza e le altre qualità intellettuali, perché sesi debbono scegliere 100 belle ragazze e vengono scartate tutte quel-le che non lo sono, questo abbassa notevolmente il livello qualitativodella selezione. Ciò lo si è capito molto bene proprio al momento dellafondazione del Pdl, quando si è svolto il I Congresso. Io già ne erofuori, ma ho seguito l’evento per televisione e lì si è visto che le ‘primefile’, in quell’evento, non erano più occupate dai vecchi politici delPartito, non c’erano Alfredo Biondi, Fabrizio Cicchitto o AntonioMartino, bensì delle persone sconosciute ma graziose, prevalente-mente ragazze, ma anche alcuni ragazzi che avevano come caratte-ristica quello di essere belli e giovani. Nella mentalità di Berlusconiquesta dev’essere la modalità con cui ottenere il ‘ricambio di sangue’della politica, ottenendo, in questo modo, un parlamento di gente che

5 > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > Periodico italiano MAGAZINE

“Ho scritto un librocon un titolo ‘scomodo’ eanche un po' sgradevole,ma questa sgradevolezzanon è dovuta a me, bensì auna situazione che questotitolo rispecchia molto:una deriva del potere cheormai si fonda su unaforma di prostituzione”.

Page 4: Ma dove vanno gli italiani?

poi si comporta in maniera ‘impiegatizia’, perché questi candidativengono addirittura portati in determinate scuole dove vengono sot-toposti a dei veri e propri corsi intensivi di apprendimento di regola-menti e via dicendo”.

ÈÈ ppeerr qquueessttoo mmoottiivvoo cchhee iinn mmoollttii ddiibbaattttiittii tteelleevviissiivvii ssiinnoottaa,, iinn aallccuunnii eessppoonneennttii,, uunn cceerrttoo rriiccoorrssoo aallllaa ‘‘ppaappppaarrddeell--llaa mmnneemmoonniiccaa’’ oo ddii uunn ‘‘iinntteerrccaallaarree’’ ddeell ttiippoo:: ""CCoommee ggiiuussttaa--mmeennttee hhaa ddeettttoo iill pprreessiiddeennttee BBeerrlluussccoonnii……"",, ooppppuurree:: ""CCoommeerriittiieennee aanncchhee iill nnoossttrroo pprreemmiieerr……""??“Sì, esattamente: una formazione da Partito comunista cinese. Io,infatti, cominciai a dire, allorquando iniziai a dar segni d’insofferen-za, che gli incontri o le varie convention del Partito ormai sembrava-no i festeggiamenti di Kim Il-sung, il presidente della Corea delNord, con tutte queste danzatrici, quel ‘trionfo’ grafico di ‘nuvole’, le'mascherine' che ti accompagnano al posto come a teatro. Insomma,tutte cose che non servono a molto, in politica”.

BBeerrlluussccoonnii ssttaa ccoommmmeetttteennddoo qquueessttii eerrrroorrii ppeerrcchhéé ssccaammbbiiaacceerrttii ccrriitteerrii ccoommee ddeeii rriissvvoollttii ddii mmooddeerrnniittàà??“Berlusconi persegue un suo fine. Secondo me, tutto questo è un erro-re, ma dal suo punto di vista è una cosa astutissima: egli punta a‘disossare’, in un certo senso, la democrazia dalle sue regole ‘incardi-nate’. Come dice egli stesso, lui è l’uomo del fare e non gli importadell’esistenza di quelli che chiama “lacci e lacciuoli”, che poi sono laCamera, il Senato, le commissioni, gli emendamenti, le votazioni, ilpresidente della Repubblica, la Costituzione, insomma tutto ciò chelo ostacola, ignorando - o meglio, non lo ignora affatto, anzi lo sabenissimo - che la democrazia occidentale, che non è quella di Chavezo di Putin, si fonda su due elementi, quello delle elezioni, in cui si vaa votare, un Partito perde, un altro vince, il primo va all'opposizionee il secondo governa: questo è l’aspetto competitivo della politica, mapoi c’è anche quello delle regole, delle procedure, dei pesi e contrap-pesi, dei ‘check and balance’, che servono espressamente a ostacola-re proprio chi governa o chi ha vinto le elezioni. Quando Obama havinto le presidenziali negli Stati Uniti, poi si è trovato contro ilCongresso e il Senato e, infine, ha perso le elezioni di medio termine.E così è accaduto anche in Francia. Ciò perché la democrazia deveavere le elezioni, con chi vince e chi perde, ma anche il momento incui chi governa deve trovare ostacoli, cercare compromessi, fare pattianche col ‘nemico’, se necessario. Questo secondo aspetto, perBerlusconi è solo fumo negli occhi…".

IIll pprreemmiieerr ddeessiiddeerraa ppootteerrii iinnttrriinnsseeccaammeennttee ssoovvrraannii ,,sseeccoonnddoo lleeii??“Sì. Egli si comporta – e non so se ne è consapevole – come Luigi XIVquando inventò Versailles: la reggia di Versailles venne infatti idea-ta dal ‘Re sole’ per togliersi dalle ‘scatole’ il ceto nobiliare, che gli davafastidio e non pagava le tasse. E così fece creare questa città virtua-le, li ficcò tutti là dentro, furono spesi fiumi di soldi per stabilire qualera la moda dell’anno e come ci si dovesse vestire e poi feste, ricevi-

primopiano “È un momento di grande prostituzione di massa”primopiano>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

6 > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > Periodico italiano MAGAZINE

Ma perché Berlusconi piace?

Onorevole Guzzanti, gli italiani, riguardo a

Berlusconi, pensano che spesso un uomo

che parte da presupposti generalmente

considerati ‘sbagliati’ possa più facilmente

ottenere delle realizzazioni giuste, corret-

te, efficaci: è ancora valido, secondo lei,

questo ragionamento, oppure ritiene che,

a 17 anni di distanza dal ‘mitico’ 1994, sia

giunto il momento di spiegare al Paese che

nemmeno l'attuale premier possieda la

‘bacchetta magica’?

"È una domanda francamente ottimista. Gli

italiani da Berlusconi non vogliono riforme

istituzionali o realizzazioni concrete: gli ita-

liani votano Berlusconi perché gli piace, poi-

ché è un uomo che fa esattamente ciò che

molti vorrebbero fare e non possono, ha un

sacco di soldi, gli piacciono le belle donne,

insomma ci rispecchia fedelmente. Ma la

cosa più preoccupante e che quando Berlu-

sconi finisce al centro di vicende piccanti, in

cui l’immagine della donna viene messa in

discussione e, forse, anche umiliata, pur-

troppo i sondaggi ci dicono che la popolari-

tà di Berlusconi proprio presso le donne ita-

liane cresce. E questo è un fatto molto indi-

cativo, nella sua negatività. Io ho sentito

dire, soprattutto a Roma, in cui si parla un

linguaggio talvolta ‘greve’, frasi del tipo:

“Embè? A lui je piacciono le donne: sempre

mejo de quelli che vanno coi ‘froci’…”, dimo-

strando ancora l’esistenza di determinati cli-

ché, di una certa omofobia, pregiudizi che

però mantengono una loro grande ‘presa’

popolare, purtroppo…”.

Page 5: Ma dove vanno gli italiani?

menti, festini, nidi d’amore e così via. Se si va a Versailles si percepi-sce chiaramente l’importanza della sessualità alla corte di Luigi XIV.E le ville di Berlusconi, quella di Arcore, Palazzo Grazioli, villaCertosa e le altre, sono perciò i luoghi in cui Berlusconi ha creatol’antipolitica, dove gli ammessi vengono introdotti in questo mondoriempito di belle ragazze mentre, sull’altro versante, quello popolare,specialmente al sud, le ragazze vengono spinte dalle madri a farsi il‘book’, un bel reportage fotografico personale da far circolare affinchéarrivi a Emilio Fede o ad altri che forse lo porteranno ‘a palazzo’. Cosìfu, per esempio, per Noemi Letizia, la quale lo raccontò in manieramolto efficace in un’intervista: “Squilla il cellulare: chi sarà? E unavoce risponde: “Sono il presidente del Consiglio…”.

BBeerrlluussccoonnii èè ppeerriiccoolloossoo ppeerr llaa ddeemmooccrraazziiaa??“Vi risponderò come Carlo De Benedetti, su cui ho scritto un librocredendolo un ‘antiberlusconi’, mentre poi ho scoperto che nutreverso l’attuale presidente del Consiglio una grande simpatia umana.De Benedetti mi disse, una volta, una cosa che io trovo molto giustae intelligente: “Quando un uomo di successo viene dagli affari o dalmondo delle aziende, inevitabilmente è un dittatore”. Le aziende disuccesso, infatti, si governano col ‘pugno di ferro’, con sistemi che nonsono quelli della democrazia: si tratta di concezioni gerarchiche, pocoflessibili, dirigiste, dove il ‘capo’ è tale per tutti, anche quando offrelo champagne e corteggia le impiegate, manda mazzi di fiori e cosìvia. C’è tutto un galateo, nel mondo delle aziende. “Se fossi entratoin politica”, mi disse De Benedetti, “e avessi concorso a fare il primoministro, io stesso sarei stato un pericolo per la democrazia”.Insomma, Berlusconi, di per sé, non è una persona malvagia o condelle idee assurde: più semplicemente, è uno di quelli che pensanoche si possa governare un Paese così come si guida un’azienda. E ciòè profondamente sbagliato, soprattutto se il sistema di governo èquello di una democrazia occidentale”.

OOllttrree aall ttiittoolloo,, iinn ccooppeerrttiinnaa cc''èè aanncchhee uunn ssoommmmaarriioo cchheeaappppaarree ppiiuuttttoossttoo aalllluussiivvoo:: ““LLaa sseerraa aannddaavvaammoo aa mmiinniissttrree””..CCoossaa ssiiggnniiffiiccaa?? PPuuòò ssppiieeggaarrcceelloo??“Si tratta di un’allusione a un sistema intrinsecamente ‘prostitu-torio’: allorquando si ammette che la bellezza e il sex appeal sonogli strumenti principali da utilizzare per avere successo e non lalaurea o gli anni di esperienza passati in un’amministrazione pub-blica, ma viceversa le tue misure o il tuo aspetto fisico, inevitabil-mente si crea un’osmosi tra il comportamento pubblico-politico equello privato. Una tendenza che ormai vediamo ovunque, poichéstiamo vivendo in un momento di grande prostituzione di massa:lo sanno bene coloro che studiano il fenomeno, per esempio, delleragazzine che si prostituiscono per farsi ricaricare il telefonino. Sea ciò aggiungiamo tutta una serie di ‘scandaletti’ o ‘scandaloni’che, a torto o a ragione, sono stati attribuiti ad alcune vicende per-sonali del premier, emerge una cultura che proviene dalla televi-sione, in cui c’è tutto questo mondo di ‘vallette’, ‘veline’, ‘meteori-ne’, ‘letterine’ e via dicendo, tutte ragazze con un bel cubetto, belle

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

7 > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > Periodico italiano MAGAZINE

Oggi più di ieri

Nell’era giolittiana, Giovanni Amendola

denunciava severamente: “L’Italia come

oggi è non ci piace”. Da allora il nostro

Paese di strada ne ha percorsa molta e,

purtroppo, non sempre in avanti. Una

direzione di marcia che ha perso la bus-

sola e che ripone scarse e incerte speran-

ze sul futuro. In una contemporaneità

senza memoria, come afferma Umberto

Eco, nella quale i nostri giovani sembra

che fondino la propria capacità critica e

l’intellettualità su riferimenti culturali

‘altri’ è molto difficile anche solo ipotiz-

zare una qualche evoluzione del nostro

sistema Paese. Un divorzio dal passato

che nella propria amnesia cancella anche

quegli errori che hanno condotto la storia

verso i suoi vicoli più oscuri. Forse è pro-

prio in questo che i giovani possono con-

siderarsi una ‘generazione tradita’. Tradita

dall’ignoranza e dalla non consapevolez-

za; con un’idea dei diritti che spesso non

contempla i doveri; con una cultura ‘tra-

smessa’che si esplica in un’Università che

non forma, in un populismo che affascina

e confonde al fine di perpetuare all’infini-

to i nepotismi, la cialtroneria e il malgo-

verno. Ecco perché anche per noi “L’Italia

come oggi è non ci piace”.

Page 6: Ma dove vanno gli italiani?

‘tettine’, un bel visino e gambe lunghe che aspirano, naturalmen-te, a fare carriera, che vogliono andare al ‘Grande Fratello’, oppu-re vogliono fare l’assessore in qualche amministrazione regionaleo addirittura andare in parlamento. E, ovviamente, si crea unasorta di ‘scalata’ a conoscere, a entrare nelle ‘grazie’ di quello cheVeronica Lario ha definito “l’imperatore”, cioè il presidente delConsiglio. Poi, certamente, il premier sarà anche la persona piùcasta di questo mondo, come certe volte egli stesso sostiene, maquesto non è importante: quel che conta, alla fine, è il ‘movimen-to’, il fenomeno che si viene a creare, che uccide la dignità delladonna. Tutto quello che si era costruito non dico col femminismo,ma con tutta una mentalità che, negli anni ‘70 del secolo scorso,aveva creato una nuova donna, una nuova società e tutte questebelle cose, rischiano di essere polverizzate con i cingoli dei ‘carriarmati’: ci troviamo ormai di fronte a un popolo di giovani italianeche non sanno cosa sia la politica, che non parlano correttamentein italiano, che non leggono un libro nemmeno con una pistolapuntata alla tempia e che, tuttavia, sanno che se si comporteran-no ‘bene’ in ‘quel senso’, faranno carriera. Questo non è ammissi-bile, anche perché c’è la tendenza a far passare tutta questa ‘roba’come un segno dei tempi, perché adesso siamo nell’epoca di inter-net, dei social network, insomma: come un risvolto di modernità.Un po’ tutto questo è vero, perché avviene anche da altre parti, maciò accade in particolar modo in Italia, perché talvolta noi italianinel ‘peggio’ primeggiamo”.

FRANCESCA BUFFO

primopiano “purtroppo noi italiani nel peggio primeggiamo”primopiano>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

8 > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > Periodico italiano MAGAZINE

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

DA LEGGERE / per capire come cambia la comunicazione e la politica in Italia

Un libro feroce, che non risparmianiente a nessuno. Ma niente affattocinico. Dalla promessa di un mondonuovo e diverso di un padre alla figlianeonata, a ciò che invece è diventatoun sistema basato sulla corruzionemorale.Mignottocrazia, Paolo GuzzantiAliberti Editore, pagg.174, euro 16,00

Un'analisi del linguaggio totalitario delfascismo. Scritti e discorsi infarciti didemagogia che hanno mirato ad assog-gettare i pensieri di milioni di conna-zionali. Un invito a diffidare di chi anco-ra oggi conduce la lotta politica mani-polando linguaggi e coscienze.Parole di Duce, Enzo GolinoBur Saggi, pagg.132, euro 9,00

Gli autori di questo libro rappresentanola nuova generazione della critica inItalia. Professionisti attivi nel tenerealta l’attenzione sulle nuove implica-zioni culturali e civili del lavoro dell’in-tellettuale inaugurando un nuovo mododi ripensare il lavoro critico.Dove siamo?, Autori variDuePunti Edizioni, pagg.128, euro 15,00

Page 7: Ma dove vanno gli italiani?

9 > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > Periodico italiano MAGAZINE

Tornando a riflettere intorno ai prossimi

festeggiamenti per i 150 anni della nostra

unificazione nazionale, uno dei problemi cultu-

rali maggiori è quello rappresentato dal tema

linguistico. I molteplici processi omologativi

imposti nel nostro paese attraverso la televisio-

ne hanno infatti generato un ‘parlato medio’tri-

stemente omogeneo, che si è sovrapposto al

vecchio ‘italiano popolare’ – il quale si innesta-

va su una serie di varietà lessicali, fonetiche e

sintattiche - mediante una semplificazione

della grammatica, un restringimento del voca-

bolario, una fioritura di neologismi, un forte

ingresso di ‘moduli’ comunicativi mutuati da

linguaggi estremamente ‘settoriali’. In questo

lento, ma inesorabile, processo, particolare rile-

vanza hanno assunto i cosiddetti ‘costrutti non

unitari’, che ben si adeguano alla scarsa compe-

tenza dei parlanti, riflettendo altresì una stan-

dardizzazione di stampo fortemente ‘massifica-

torio’. Mi riferisco, in particolar modo, alla sosti-

tuzione del congiuntivo con l’indicativo presen-

te in dipendenza del verso ‘putandi’ (“credo che

sei guarito”); alla scomparsa del passato remo-

to a vantaggio di quello prossimo (“vent’anni fa

ho fatto l’appendicite”); al ricorso all’imperfet-

to indicativo con valore di condizionale presen-

te (“cercavo Pietro”); all’uso dell’indicativo pre-

sente al posto del futuro, parente stretto del

‘presente continuo’ di contaminazione anglo-

sassone (“domani vado a sciare”); alla caduta

dell’articolo determinativo davanti agli aggetti-

vi possessivi (“mio zio”); al passaggio da ‘egli’ a

‘lui’ come pronome personale soggetto; alla

generalizzazione del ‘che’ polivalente (“ho affit-

tato una casa che si vede il mare”); al frequente

uso degli anacoluti (“Io il latte non lo digeri-

sco”); all’assuefazione all’ellissi e alla prolessi

(“mi sono preso ‘un’ mal di schiena”, “questo mi

conforta, che sei sempre in buona fede”). Le

terminologie e le locuzioni specialistiche della

scienza, della politica, del giornalismo e della

pubblicità hanno poi contribuito a ‘scardinare’

definitivamente il vero impianto normativo

della nostra lingua, esaltando la funzione

‘nominalistica’ a scapito di quella ‘verbale’. Ciò

ha finito col generare una lunga serie di prefis-

sazioni e di suffissazioni, semplici o cumulative

(cogestione, riconversione, ipertensione, biode-

gradabile, anticoncezionale, fotomontaggio,

subcontinente, autocritica, neoplasia, micro-

struttura e così via…) le quali, assorbite dal

normale linguaggio colloquiale, si traducono in

fattori di corrompimento sia del pensiero, sia

dell’interscambio dialettico. E non tanto perché

danno luogo a buffe ‘ridondanze’ (“ho fatto

l’elettocardiogramma al cuore”, “ho acquistato

la pillola anticoncezionale in farmacia”) quanto

perché producono metafore ‘esornative’ (esor-

nativo è un aggettivo che non aggiunge nulla di

sostanziale al sostantivo cui si accompagna,

limitandosi a evidenziarne un carattere ordina-

rio) che costellano i più ambigui e ciarlatane-

schi messaggi retorici. Analogamente, le assi-

milazioni di pleonasmi di origine burocratica

hanno finito col generare una sorta di ‘antilin-

gua’, la quale ci ha obbligato ad assistere a una

vera e propria fuga dalle passioni, all’abolizione

di ogni fattore esperienziale, a una ricerca

disperata di una ‘impassibilità espressiva’ tesa a

celare il forte timore psicologico nei confronti di

ogni genere di responsabilità sociale. È il caso,

per esempio, di chi dice “preadolescente” anzi-

ché “ragazzo”, “in data odierna” anziché “oggi”,

“ho effettuato” anziché “ho fatto”. Un simile

modo di comunicare non rispecchia solamente

l’aridità, l’avarizia morale e la dissimulazione

tipica degli italiani, né l’inevitabile povertà di

una ‘koinè’ che, per essere effettivamente tale,

per forza di cose tende ad arrestarsi sui livelli

più bassi, bensì obbedisce a determinati istinti

psicologici di difesa contro interlocutori ritenuti

culturalmente più esperti. Di tutto questo, ne

ho avuto prova diretta sin nei primi anni della

mia personale esperienza giornalistica, allor-

quando venivo inviato da televisioni o emitten-

ti radiofoniche con tanto di ‘troupe’ al seguito al

fine di registrare i pareri di cittadini o di perso-

naggi televisivi anche assai affermati: messi di

fronte a un microfono o a una telecamera, quasi

tutti gli intervistati ricorrevano, nel rispondere,

a ‘paradigmi di derivazione’ intersecati a una

infinità di pause, esitazioni e sequenze ‘fàtiche’

(“ecco”, “in effetti”, “capito, no?”, “vero?”, “per così

dire”) che nascondevano veri e propri comples-

si di inferiorità e che servivano disperatamente

a mantenere in ‘asse’ costruzioni semantiche e

sintattiche decisamente deboli. Ciò evidenzia

brutalmente un amalgama linguistico che non

è stato governato in alcun modo, durante i lun-

ghi decenni di dominio democristiano della

Pubblica istruzione. Il mondo della scuola,

infatti, si è ritrovato letteralmente preso in ‘con-

tropiede’ da un’italianizzazione lutulenta, che

ha portato intere ‘schiere’ di insegnanti a tolle-

rare i ‘dialettismi’più grevi confondendo il ‘bilin-

guismo’ con la ‘diglossia’ o, viceversa, ad asser-

ragliarsi dietro a un ‘purismo’ anacronistico il

quale, paradossalmente, ha finito col respinge-

re proprio l’apporto delle culture più autentiche

e tradizionali del nostro Paese. Ciò è ben

descritto nelle pagine di ‘Calcinaccio’ di

Svolgendo un ruolo di tramite fondamentale fra l’uso colto e let-terario della lingua italiana e quello del cosiddetto ‘linguaggioparlato’, anche il nostro giornalismo ha le sue gravi responsabi-lità nel non riuscire a fornire una risposta culturale decente allanostre storiche crisi di identità.

Un italiano con più parolee meno chiarezza

La questione della lingua / un italiano senza più regole

Page 8: Ma dove vanno gli italiani?

primopiano tirannia degli spazi = economia linguisticaprimopiano>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

10 > > > > > > > > > > > > > > > > > > > Periodico italiano MAGAZINE

Giuseppe Cassieri, un buon libro dei primi anni

’60 in cui un professore di italiano deve sotto-

mettersi alla revisione dei compiti in classe già

corretti da lui da parte del preside e di un segre-

tario ignorante, i quali non accettano “man

mano”, al posto di “a mano a mano”, esigono che

“tratturo” venga sostituito con “sentiero” dimen-

ticando D’Annunzio e il semplice fatto che un

tratturo di campagna non è propriamente un

sentiero. Ma il ‘passo’ più illuminante rimane

quello dell’incidente che capita allorquando il

segretario amministrativo si trova di fronte alla

frase “le pecore si ammirigliano per il caldo e la

stanchezza” ed esclama: “Che significa? Questo

non è più estro, ma lingua ostrogota: facciamo

pure l’Italia dal basso, democraticamente, ma

entro certi limiti, eh”! “Ecco, segretario”, si oppo-

se il professore, “su per le montagne e le colline

dell’Italia centrale, a meno di due ore di macchi-

na da Roma, le potrebbe capitare di assistere alla

scena descritta dal nostro alunno. Ci faccia caso:

centinaia di pecore che, d’un tratto, si fermano,

diventano simili a rocce e si fanno ombra recipro-

camente: corpi contro corpi, corna contro corna,

velli contro velli. Questa operazione spontanea

delle bestie viene chiamata, da chiunque in

quelle zone, pastori o professori, ‘ammiriglia-

mento’. Ammirigliare, segretario, dal latino ‘ad

meridium’, meridiano, meridiana, meriggio,

meriggiare…”. Svolgendo un ruolo di tramite

fondamentale fra l’uso colto e letterario della lin-

gua italiana e quello del cosiddetto ‘linguaggio

parlato’, anche il nostro giornalismo ha le sue

gravi responsabilità nel non riuscire a fornire una

risposta culturale decente alla nostre storiche

crisi di identità. In una società immobile ma mul-

tiforme, il numero di avvenimenti e di notizie

degne di racconto aumenta a dismisura, ma la

cosiddetta ‘tirannia degli spazi’ costringe da

sempre il mondo dell’informazione a una sorta

di ‘economia linguistica’ che va dai prefissoidi

adoperati come sostantivi (neuro, frigo) alle

combinazioni asindetiche (legge-stralcio,

udienza-fiume, notizia-bomba), dalle ellissi

con caduta di preposizione (vertenza-FIAT,

busta-paga, ufficio-immigrazione), alla nomi-

nalizzazione degli aggettivi (i preziosi, l’utilita-

ria, il direttivo, i mondiali), dalla soppressione

del complemento oggetto (il terzino passa al

centro), alla sostituzione della proposizione

relativa con singolari participi-presente (aventi

diritto, facenti funzione). Tali forme di brevità

allusiva riguardano, spesso se non soprattutto,

la titolazione degli articoli, in cui imperversano

i participi irrelati (Ucciso dalla mafia), gli astrat-

tismi deverbalizzati (Consulto a Bruxelles), la

bipartizione in enunciati distinti (Tasse: il solito

rinvio), l’accorciamento da sineddotiche

(Washington rifiuta il dialogo), la caduta del

verbo principale (L’Oscar a Roberto Benigni),

l’infinito gnomico (Salvare Venezia), l’avverbio

interiettivo (No all’autoritarismo), la falsa

apposizione (Ivan Basso vincitore inatteso). La

concisione, dunque, nel nostro stravagante

genere di giornalismo la si ottiene quasi esclu-

sivamente tramite brutali ‘potature’ morfologi-

che. Le esigenze di condizionamento dei testi e

di presentazione in forma dubitativa delle noti-

zie richiedono una sintassi ormai quasi total-

mente priva di regole, in cui la coordinazione

per incidentali convive con l’ipotassi multipla, i

costrutti nominali con i verbi fraseologici, i

periodi uniproporzionali con congiuntivi retti

dai “sembra” o dai “si ritiene”. In tutto questo

caos non manca, inoltre, un pesantissimo

afflusso di forestierismi totalmente esogeni

rispetto al contesto della società italiana: i blue-

jeans, il copywryter, il ghost-wryter, il free lance

sono abitudini, cose o professioni importate

dalle società più evolute della nostra, che non

erano previste nella lingua italiana poiché non

esistevano proprio nella realtà. Dunque, possono

essere designate solo con termini stranieri di dif-

ficile comprensione, a parte i casi, a dire il vero

assai poco numerosi, dei ‘prestiti adattati’, come

per esempio le parole: ‘grattacielo’ o ‘editoriale’.

La cronaca, infine, quella composta da omicidi,

incidenti, processi, rapine e gare sportive, in

genere rappresenta eventi che finiscono, alla

fine, tutti col rassomigliarsi e che interessano la

fascia di lettori maggiormente contagiata dalle

attuali metodologie di comunicazione post-

ideologica di massa. Di conseguenza, la via

migliore per rappresentarli diviene quella di

‘colorirli’ con forme di aggettivazione enfatica

(tragica fatalità, imprudenza criminale, barbaro

delitto) e la maniera di stenderne il resoconto

diviene quella di obbedire a uno schema ‘fisso’(il

colpevole, la vittima, il complice, i soccorritori) ad

altissimo grado di fossilizzazione e di ripetitività.

In conclusione, per mezzo dei giornali e della

televisione, la gente parla di più in italiano

rispetto alle vecchie forme dialettali e idiomati-

che di origine, ma lo parla sempre peggio. Com’è

logico succeda a un amalgama linguistico che

non viene governato in nessun modo e che pro-

cede per forme di ‘agglutinazione cellulare’asso-

lutamente spontanee e astratte, sottratte a qual-

siasi forma di controllo culturale.

VITTORIO LUSSANA

la lingua del potereScendere (in politica), Contratto, Amore, Doni, Mantenuti, Italiani, Prima Repubblica,

Assolutamnte, Fare-lavorare-decidere, Le tasche degli italiani, Politicamente corretto: in undici

voci Gustavo Zagrebelsky esamina il lessico essenziale di Silvio Berlusconi (Sulla lingua del

tempo presente, Einaudi). Una teminologia che ricalca il linguaggio dell’Italia di oggi (Lingua

Nostrae Aetatis, la definisce l’autore) e che la dice lunga sulla capacità di comunicazione del

berlusconismo. Parole di una nuova lingua che ha un marchio di fabbrica personale, più azien-

dalistico, che politico. Scendere in politica, Il contratto con gli Italiani sono termini entrati nel

gergo comune che determinano un gioco delle parti nel quale il Protagonista interviene in

nostro favore. Una forma di illuminismo positivista

nel quale tutto quel che si fa è bello e porta un van-

taggio. Ed ecco che lavorare diventa fare squadra, i

piani di studio si trasformano in piani di carriera

(ma se non serve a fare carriera che piano di studio

sarà mai? – si domanda Zagrebelsky). Una comuni-

cazione che analizzata fa emergere un’allarmante

‘anima esecutiva’, che determina un sistema di rela-

zioni tra padrone e servi nel quale vige il comanda-

mento ‘O con me o contro di me’. Dove il ‘con me’

coincide con ‘solo come dico e pretendo io’, senza

concessione alcuna alla libertà di pensiero e alla

dignità personale. F.B.

Page 9: Ma dove vanno gli italiani?
Page 10: Ma dove vanno gli italiani?

Articolo estratto dala rivistaPeriodico italiano magazine

Mensile di informazione e approfondimentosull'attualità, la politica, l'economia e il lifestyle italiani.

La rivista cartacea è disponibile anche inversione pdf sfogliabile scaricabile on-line.

I contenuti del sito di Periodico italianomagazine sono aggiornati settimanalmente.

Iscrivendoti alla nostra newsletter suwww.periodicoitalianomagazine.it riceverai in omaggio una copia dellenostre riviste in formato pdf sfogliabile