L’unita dell’elegia properziana

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Sonderdrucke aus der Albert-Ludwigs-Universität Freiburg ECKARD LEFÈVRE L’unita dell’elegia properziana Originalbeitrag erschienen in: Atti del Colloquium Propertianum, Accademia Properziana del Subasio, Assisi, 26 - 28 marzo 1976 (1977), S. [25] - 51

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Sonderdrucke aus der Albert-Ludwigs-Universität Freiburg

ECKARD LEFÈVRE L’unita dell’elegia properziana Originalbeitrag erschienen in: Atti del Colloquium Propertianum, Accademia Properziana del Subasio, Assisi, 26 - 28 marzo 1976 (1977), S. [25] - 51

ECKARD LEFÈVRE

L'UNITÀ DELL'ELEGIA PROPERZIANA *

I

Fra tutti gli elegiaci romani, Properzio è senza dubbio il piùdifficile. Sia dalla parte dei manoscritti medievali e rinascimentali chedalla parte delle edizioni moderne troviamo una notevole diversitànella presentazione dello stesso testo. Specialmente la forma e lastruttura delle elegie presentano al lettore tanti problemi da renderespesso poco chiara non soltanto la disposizione interna di certeparti ben delimitate di un'elegia, ma addirittura la divisione dellestesse elegie fra di loro. Infatti, non soltanto gli scrivani medievalinon erano d'accordo dove finiva un'elegia e dove incominciava la,prossima, ma ancor oggi ogni edizione nuova di Properzio si distin-gue dalle edizioni precedenti in quanto arriva, secondo i suoi cri-teri speciali, a un numero sempre diverso di elegie. Questo fenomenostrano si verifica particolarmente nel secondo libro, per cui abbiamo:da Rothstein (1920) : 37 elegie, da Butler (1929) : 43, da Hosius(1932) : 40, da Butler—Barber (1933) : 49, da Schuster (1954) : 43,da Dornseiff (1958) : 42, da Barber (1960) : 46, da Enk (1962) : 41,e finalmente da Camps (1967) : 47 elegie 1 . Il numero delle elegie va-ria dunque fra 37 e 49, cosa che potrebbe fare addirittura paura.

Questi fatti bastano a provare che siamo ancora molto lontanidall'avere un concetto chiaro dell"unitä' dell'elegia properziana.Essendo l'inizio e la fine di una poesia ancora in discussione, non pos-

* La relazione viene stampata senza mutazione, aumentata soltanto di po-che note. Il testo di Properzio e citato secondo l'edizione di E. A. Barber, Oxford21960. Ringrazio cordialmente il collega stimatissimo prof. dr. Karl-Heinz Ilting,direttore dell'Istituto di Filosofia all'Università di Saarbrücken, della traduzioneitaliana, che ha fatto amabilmente entro pochi giorni, prima del convegno assisano.

'Cfr. H. JUHNKE in « Hermes » LXXXXIX 1971, 94 n. 4.

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siamo essere d'accordo sulla composizione e sulla struttura delleparti. Non sarà quindi esagerato se il problema dell"unità' dell'ele-gia properziana mi sembra che sia il problema cardinale della suaraccolta di poesie.

Non mancano, naturalmente, i tentativi di mettere in evidenzal'unità di singole elegie, e questa, in fin dei conti, è certamentel'unica via legittima per arrivare alla soluzione del nostro problema,motivo per cui anche io, nella parte seconda di queste osservazioni,imboccherò questa strada almeno con due esempi. Però non dob-biamo chiudere gli occhi davanti al fatto che questo metodo devefinire in un vicolo cieco, finché non abbiamo chiarito i presupposti el'essenza dell'elegia properziana. Finché non conosciamo general-mente la struttura di questa elegia, finché non sappiamo come sianoricollegate in essa idee ed immagini e quale ne sia il filo del discorso,non potremo neanche decidere nel caso di una singola elegia, qualesia la sua struttura, quale sia il concatenamento delle idee e quale siail filo del discorso.

Mi propongo dunque in questa conferenza di rintracciare ipresupposti dell'elegia properziana, coll'intenzione di comprenderemeglio il suo carattere particolare. Che questa sua particolarità, senon pensiamo al suo repertorio di motivi letterari, ma alla suaforma e struttura, non abbia le sue origini nella letteratura greca,ma in quella romana, oggi non è un punto su cui dobbiamo insisteremolto. Perciò mi conviene, nell'ambito di queste osservazioni, dipartire da tre testimonianze ancora disponibili e relativamente benaccessibili : cioè dal lamento di Arianna (carmen 64, 132-201), dal-Pelegia in Allio (carmen 68) di Catullo, e dalla decima egloga di Vir-gilio, in cui più nettamente si rispecchia l'opera del primo elegiacoromano, qual è Cornelio Gallo. I chiarimenti derivati da questi treesempi dell'elegia preproperziana, penso che saranno rilevanti pertutta l'elegia romana, cioè oltre che per Properzio anche per Tibulloed Ovidio. Con tutto ciò, come è naturale in questa sede e in que-st'occasione, l'argomento principale sarà sempre l'elegia di Properzio.

Per quanto sappiamo, quella forma di espressione poetica chepossiamo chiamare 'auto—riflessione' oppure con un termine moderno'monologo interno', è stato creato dalla letteratura romana. Pos-siamo anche precisare con una certa sicurezza il punto dove ci sipresenta questa nuova forma letteraria per la prima volta, cioènell'opera di Catullo e più precisamente nel lamento di Arianna enell'elegia per Allio sopra ricordate. Non importa, in fondo, se Ca-

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tullo abbia proprio creato questa forma del 'monologo interno' op-pure se sia soltanto l'unico rappresentante per noi accessibile diun'intera generazione di poeti romani che si esprimeva in formeanaloghe. Intanto sembra che sia stato proprio lui, per il primo'monologo interno' che troviamo in quella situazione singolare delpoema epico di Peleo dove Arianna si trova abbandonata da Teseo.Era risaputo da tanto tempo che Catullo, nella prima parte del mo-nologo di Arianna, si è servito del modello di due discorsi di Medeain Euripide ed in Apollonio Rodio 2 • Ma soltanto F. Klingner ci feceosservare in un suo studio approfondito le conseguenze letterarie epoetiche in questa trasformazione catulliana dei suoi modelli 3. InEuripide e in Apollonio, Medea aveva un interlocutore, cioè Giasone,a cui parlava e da cui cercava di ottener qualche cosa. In Catullo,invece, Teseo è già partito da Arianna e non la sente più, in manierache le sue parole non lo possono più raggiungere, e dopo poco èanche fuori vista della protagonista. e Mit der Anwesenheit desAngeredeten ist zugleich auch jeder äußere Zweck weggezogen. Aus-druck des Innern kann allein noch der Sinn der einsamen Klagesein. Die Ausdrucksgebärde der Rechtenden ist S elbstzw ec k...Die Rede ist ganz und gar 'lyrisch' geworden », e Ausdruck des be-wegten Innern » (p. 195). Se non conosciamo nessun testo analogo aquesto nella letteratura greca, questo fatto non è da attribuirsialla semplice mancanza di eventuali testi greci, ma al carattere di-verso della letteratura romana da quella greca. Siccome il catul-liano lamento di Arianna doveva diventare uno dei testi più imi-tati della letteratura latina, si pensi soltanto alla Didone virgilianaoppure alle Eroidi di Ovidio, sembra ben fondata la congettura cheCatullo sia proprio colui che ha inventato la forma del 'monologointerno', anche se possibilmente stimolato da qualche suo con-temporaneo.

Tenendo conto dei criteri secondo cui ancor oggi l'elegia proper-ziana va interpretata, in specie sotto l'aspetto della sua unità, nonsi può ignorare il fatto che la continuità della letteratura romana ètuttora trascurata in favore di paragoni unilaterali fra i singoliepisodi della letteratura romana e le loro fonti nella letteratura greca.La permanenza dell'uso di categorie inadeguate non è neppure un

2 EUR. Med. 476 sgg. ; APOLL. 4,355 sgg.3 Catulls Peleusepos München 1956 = Studien zur griechischen und römischen

Literatur Zürich/Stuttgart 1964, 156 sgg.

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vizio recente, come dimostrano le osservazioni di un umanista rina-scimentale, insieme colle parole dell'ultimo commentatore di Pro-perzio. In una sua annotazione all'elegia 1,8, la quale si trova di-visa in due anche in molte edizioni moderne, scriveva, quattrocen-t'anni fa, Giusto Lipsio : e Absurdum autem valde et mea sententiaineptum fuerit r e s tam diversas una et eadem elegia velleincludere » 4. E per giustificare la sua divisione dell'elegia 2,29, laquale anch'essa figura nei manoscritti come unica poesia coerente,W. A. Camps scrisse alcuni anni fa : e Comparison of the vocative`mea lux' in line 1 with the third—persons 'illa' and `Cynthia' in 23-4is enough... to show that 1-22 and 23-42 are two distinct elegies » 5.

Bisogna obiettare però che 'res diversae' e 'scambio grammaticale'delle persone a cui si rivolge la parola, sono una cosa comunissimain un 'monologo interno'. Ci conviene dunque chiarire in anticipo,per quanto chiaramente possiamo, la struttura di questo 'monologointerno'. A tal proposito vorrei isolare quattro fattori caratteristici,di cui gli interpreti di Properzio non hanno sempre tenuto conto inmaniera adeguata, con delle conseguenze talvolta gravi, cioè : 10 loscambio di apostrofe, 20 il carattere fittizio della situazione esterna,30 l'incoerenza del tempo rappresentato, 40 il carattere associativodel concatenamento.

lo Lo scambio di apostrofe

S'intende da sé, nella situazione di Arianna abbandonata daTeseo e da lui non più sentita, che le parole rivolte a lui in realtàsi riferiscono a chi parla e che si potrebbero rivolgere anche diret-tamente a chi parla oppure ad una terza persona. Arianna si riferi-sce così. prima (132-163) a Teseo, ma già, nei versi 143-148 pare chedimentichi la sua parte inserendo una riflessione generale sull'infe-deltà degli uomini, non affatto destinata per Teseo. I versi seguenti(164-187) sono rivolti esclusivamente a se stessa, mentre alla fine(188-201) Arianna si indirizza alle Furie, in maniera che Teseo ècompletamente dimenticato, essendo stato punto di partenza dellesue riflessioni, magari occasione e causa, ma certamente non puntodi riferimento del suo lamento.

Nella sua elegia per Allio, Catullo s'avanza di più. All'inizio,

4 Variarum lectionum libri IV Antwerpen 1569, 122 sg.6 Propertius Elegies, Book II Cambridge 1967, 194.

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ancora nell'introduzione, prima si rivolge ad Allio, però non senzascambiare l'apostrofe in quanto nei versi 20 sgg. parla diretta-mente a suo fratello, mentre subito dopo ritorna ad Allio (27-40).Nella poesia che segue in forma di intermezzo, gli interlocutori sisusseguono uno dopo l'altro : prima le Muse (41 sgg.), alle qualiil poeta non indirizza soltanto la solita preghiera di ispirarlo, maun'estesa confessione (sed dicam vobis... 45, nam... scitis 51 sg.),dopo la Nemesi (77), poi il fratello (91 sgg.), ed infine Laudamia(105 sgg.). Se Catullo dopo di questo parla di se stesso (130-148),non c'è dubbio che in realtà parla a se stesso, visto che non puòessere che parli a Laudamia. La fine dell'elegia (149-160), colla suaallocuzione di Allio, corrisponde all'introduzione.

Lo stesso scambio di apostrofe si trova anche nella decima eglogadi Virgilio. Nell'introduzione il poeta chiama la ninfa Aretusa, poilo scenario cambia e Virgilio si rivolge, in un paesaggio pastorale,prima alle ninfe (9 sg.), dopo a Gallo (16 sgg.). Segue il lamento diGallo ammalato per l'amore, che qui ci deve interessare. Questiindirizza le sue parole agli Arcadi che gli stanno vicini, il che nonsignifica invece che si tratta, sul piano fittizio, di una situazione'reale', visto che anche la presenza di Apollo è presupposta (21).In seguito Gallo si stacca completamente dal suo ambiente fittizioe si rivolge quasi direttamente a Licori, la sua amante lontana sullesponde del Reno (42 sgg.). Dopo di che parla con se stesso, dimen-ticando sia gli Arcadi che Licori (50 sgg.) per indirizzarsi poi allaNatura (silvae, 63) e finire con un lamento che non si riferisce chea se stesso (64 sgg.). A tal punto il poeta, cioè Virgilio, riprende laparola rivolgendosi alle Muse (70) e finisce. Può darsi che il discorsodi Gallo doveva imitare la tecnica elegiaca del poeta defunto, perònon è più possibile accertarlo. Non importa neanche, perché è evi-dente, come dimostrano l'inizio e la fine oppure il lamento amorosodi Coridone nella seconda egloga, che questa tecnica era ormai di-ventata anche virgiliana.

Non è proprio da meravigliarsi dunque, se Properzio un decen.-nio più tardi si presenta in pieno possesso della tecnica del mono-logo interno portandolo nella sua opera poetica alla massima per-fezione. Di conseguenza, chi pensa che le elegie properziane sianodelle poesie sopra un unico tema e indirizzate a un'unica persona emagari qualcosa come una lettera, commette un errore fondamen-tale. Per far vedere che queste elegie sono davvero dei monologhiinterni, che passano da situazione a situazione, da persona a per-

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sona, ci basti un solo esempio, cioè l'elegia 2,8, dove Properzio primasi lamenta con un amico della perdita dell'amante, si indirizza dopoa Cinzia stessa e si perde infine in pensieri funesti :

ERIPITVR nobis iam pridem cara puella :et tu me laerimas fundere, amice, uetas ?

nullae sunt inimieitiae nisi amoris acerbae :ipsum me iugula, lenior hostis ero.

possum ego in alterius positam spectare lacerto ?

5nee mea dicetur, quae modo dieta mea est ?

omnia uertuntur : certe uertuntur amores :uinceris aut uincis, haec in amore rota est.

magni saepe duces, magni cecidere tyranni,et Thebae steterant altaque Troia fuit. 10

munera quanta dedi uel qualia carmina feci !illa tamen numquam ferrea dixit 'Amo'.

ergo iam multos nimium temerarius annos,improba, qui tulerim teque tuamque domum ?

ecquandone tibi liber sum uisus ? an usque

15in nostrum iacies uerba superba caput ?

sic igitur prima moriere aetate, Properti ?sed morere ; interitu gaudeat illa tuo !

exagitet nostros Manis, sectetur et umbras,insultetque rogis, calcet et ossa mea !

20

quid ? non Antigonae tumulo Boeotius Haemoncorruit ipse suo saucius ense latus,

et sua cum miserae permiscuit ossa puellae,qua sine Thebanam noluit ire domum ?

sed non effugies : mecum moriaris oportet ; 25hoc eodem ferro stillet uterque cruor.

quamuis ista mihi mors est inhonesta futura :mors inhonesta quidem, tu moriere tamen.

ille etiam abrepta desertus coniuge Achillescessare in tectis pertulit arma sua. 30

uiderat ille fuga stratos in litore Achiuos,feruere et Hectorea Dorica castra face ;

uiderat informem multa Patroclon harenaporrectum et sparsas caede iacere comas,

omnia formosam propter Briseida passus : 35tantus in erepto saeuit amore dolor.

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at postquam sera captiva est reddita poena,fortem illum Haemoniis Hectora traxit equis.

inferior multo cum sim uel matre uel armis,mirum, si de me iure triumphat Amor ?

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Per quanto sia lunga la discussione sulla composizione e formadi quest'elegia, non si può mettere in dubbio la sua unità artistica.Ritroviamo però gli stessi tratti caratteristici del monologo internoosservati negli esempi precedenti. Nei versi 1-12 il poeta incomin-cia col parlare a un suo amico (amice, 2), dopo (13-16) si rivolge aCinzia (improba, 14) e alla fine a se stesso (Properti, 17). S'intendeche non bisogna immaginare presenti né l'uno né l'altra. Non si puòpresumere neanche che Properzio abbia voluto dedicare quest'ele-gia all'amico anonimo nominato all'inizio. Bisogna interpretare in-vece tutta l'elegia come riflessione permanente del poeta il quale siserve dell'apostrofe all'amico soltanto per prendere un punto dipartenza ormai convenzionale. J.—P. Boucher, nella sua interpreta-zione di quest'elegia, ha parlato quindi giustamente di un 'mono-logue tragique' 6, in cui il poeta passa da persona a persona ricon-giungendo la sua vita con la loro. Essendo questo un tratto caratte-ristico del monologo interno, sarebbe dunque un grosso errore quellodi considerarlo invece un argomento per smembrare delle elegie.

2° Il carattere fittizio della situazione esterna

Essendo l'elegia properziana un 'monologo interno', lo scena-rio di queste poesie è situato in una lirica terra di nessuno, nellasolitudine dell'io lirico, nel vuoto di pensieri e riflessioni astratti.Già, molto tempo fa O. F. Gruppe giustamente osservò che in Pro-perzio non troviamo « nichts von römischer Sitte, nichts von rö-mischem Aberglauben für welchen Tibull so viel Pietät hegte, son-dern eine völlig a bstr ak t e Wel t, und um die Leere auszu-füllen, ist die griechische Gelehrsamkeit herbei gezogen; diese aberbleibt ein fremder Zierath und völlig äußerlicher Schmuck » 7. Seil lamento del poeta non trova anima viva a cui potrebbe indiriz-zarsi, ciò non significa che non potrebbe svolgersi almeno in unambiente pieno di consolazione e quasi di compassione. Niente delgenere però in Properzio.

6 gtudes sur Properce. Problèmes d'inspiration et d'ari Paris 1965, 391.

7 Die römische Elegie Leipzig 1838, 362.

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Bisogna rendersi conto, intanto, che Properzio con ciò pureraccoglie soltanto dei suggerimenti accessibili nella tradizione ro-mana per svilupparli e portarli alle loro estreme conseguenze. In-fatti, il lamento catulliano di Arianna già, non si svolge così chiara-mente in un ambiente ben definito come si dovrebbe credere, datoche la scena è localizzata sul mare di Nasso. Per quanto la spiaggiasolitaria dell'isola abbandonata sia come predestinata all'effusionedel lamento amoroso da nessuno ascoltato, Catullo non è stato con-tento di questa corrispondenza fra paesaggio e sentimento umano.All'inizio del discorso di Arianna, che riprende i suoi motivi evi-dentemente dai discorsi di Medea nella poesia greca, Catullo hafatto seguire un intermezzo pieno di rassegnazione (164-187) in cuiil sentimento di abbandono in Arianna in un senso artificiale corri-sponde all'abbandono della sua situazione esteriore. Però chi si ri-corda come gli eroi della tragedia greca affidano le loro pene e il suosentimento di abbandono agli elementi della natura, deve notare lamancanza di ogni sentimento di unione colla natura nell'Arianna diCatullo. Questa è rassegnata proprio perché le aure cui abbandonala sua pena sono senza sentimento ed impassibili, perché nonpossono né ascoltare né rispondere : ignaris ... aureis I ... quaenullis sensibus auctae I nec missas audire queunt nec redderevoces (164-166). Si lagna perché nessun essere umano viene fuoridalle alghe del mare ad ascoltarla e perché la Fortuna l'offende ne-gandole nella sua ora estrema le orecchie che la potrebbero sentire :nec quisquam apparet vacua mortalis in alga. I sic nimis insultansextremo tempore saeva I Fors etiam nostris invidit questibus auris(168-170). Questus sine auribus, lamento senza ascolto : ecco il pro-blema di Arianna ed ecco il nuovo della sua situazione. Anche inseguito insiste sul fatto che la natura in cui si trova è qualcosa dimorto, con tutto che poco prima aveva nominato almeno le bestieselvatiche (152). Per lei, abbandonata com'è, tutto è morto e fa-tale : nullo litus, sola insula, tecto, I ... I ... nulla spes : omnia muta, Iomnia sunt deserta, ostentant omnia letum (184. 186-187). Quelloche c'entra non è il fatto della solitudine di Arianna come tale, ilche rimane fuori dell'intenzione sua e del poeta, ma la inevitabilitàdella situazione interna che trova la sua espressione simbolica nel-l'impossibilità, di fuggire : nec patet egressus pelagi cingentibus un-dis: I nulla fugae ratio (185-186). Ma è proprio così ? Segli è chiuso il mare, Arianna potrebbe cercare degli uomini in terra.Ma non è ciò in fondo di cui si tratta, ma il fatto che Arianna non

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può sfuggire al suo destino. L'interno è la misura dell'esterno.Questo deve la sua esistenza poetica solamente all'interno ; esistepoeticamente soltanto in rapporto all'interno dell'uomo. Eccoperché si potrebbe chiamare astratta la situazione esterna diArianna.

Ma le egloghe di Virgilio non sono forse piene della, e quasi per-vase dalla natura ? Pare di sì, ma il loro scenario pure è in fondoastratto, cosa che oggi è generalmente accettata. Il che è validoanche per il lamento di Gallo nella decima egloga. La natura inquesto poema è, come in Catullo, nella sua perfetta 'irrealtà,', unaespressione dello stato interno della persona nel suo lamento.

Per tornare dunque direttamente a Properzio, pare che questi,colla sua scarsezza di accenni dove bisogna localizzare i suoi mono-loghi, abbia imitato, in due sue elegie che si svolgono e in unusualsurroundings » 8, la struttura dello scenario di Catullo e di Virgiliodi cui abbiamo parlato or ora, cioè nelle elegie 1,17 e 1,18. Ciò nonsignifica naturalmente che Properzio dipenda in esse direttamentedai suoi predecessori, ma rileva comunque, fino a che punto talisituazioni erano diventate ormai possibili, anzi normali nella poe-sia romana. Nell'elegia 1,17 il poeta si trova portato via in unaspiaggia deserta che non può lasciar indietro per venti contrari e silagna di Cinzia, la sua amante, per cui pare che abbia corso il ri-schio di finire là,:

ET merito, quoniam potui fugisse puellam !nunc ego desertas alloquor alcyonas.

nee mihi Cassiope saluo uisura carinam,omniaque ingrato litore uota cadunt.

quin etiam absenti prosunt tibi, Cynthia, uenti : 5

aspice, quam saeuas increpat aura minas.nullane placatae ueniet fortuna procellae ?

haecine parua meum funus harena teget ?tu tarnen in melius saeuas conuerte querelas

sat tibi sit poenae nox et iniqua uada. 10

an poteris siccis mea fata reponere ocellis,ossaque nulla tuo nostra tenere sinu ?

a pereat, quicumque ratis et uela parauitprimus et inuito gurgite fecit iter !

8 W. A. CAMPS Propertius, Elegies, Book I Cambridge 1961, 86.

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nonne fuit leuius dominae peruincere mores 15(quamuis dura, tarnen rara puella fuit),

quam sie ignotis eircumdata litora siluiscernere et optatos quaerere Tyndaridas ?

illic si qua meum sepelissent fata dolorem,ultimus et posito staret amore lapis, 20

illa meo caros donasset funere erinis,molliter et tenera poneret ossa rosa ;

illa meum extremo clamasset puluere nomen,ut mihi non ullo pondere terra foret.

at uos, aequoreae formosa Doride natae, 25candida felici soluite uela choro

si quando uestras labens Amor attigit undas,mansuetis socio pareite litoribus.

Boucher convinto che si trattasse proprio di quel pericolo cui Pro-perzio già in 1,15,3 accennò, si fece la domanda : « Que pouvaitAtre ce dangereux départ ? Comment prévoir qu'il serait dangereux ?S'agit—il d'une expédition militaire ? » (p. 404). Ma leggendo il poemacon molta attenzione, si noterà che la situazione in cui si trova,il poetà già nella realtà fittizia della poesia non ammette l'inter-pretazione che Properzio abbia fatto davvero un viaggio. Nel primoverso ci dice, è vero, che ha fatto un viaggio in mare per scappareda Cinzia, e sembra naturale se in seguito ci racconta che i venticontrari lo tengono fermo a quella spiaggia deserta. Però di quest'in-terpretazione naturalistiea ei fa già dubitare la causa a cui attri-buisce tale sciagura, cioè all'alleanza fra i venti e Cinzia : quinetiam absenti prosunt tibi, Cynthia, venti : I aspice, quam saevas incre-pat aura minas (5-6). Suona come se Cinzia fosse non soltanto lacausa del suo viaggio, ma anche colpevole della sua sciagura. Certo,questo può sembrare un semplice modo di dire oppure un'esagera-zione retorica, se non fosse che subito dopo viene fuori che Cinzia,per quanto sia lontana, è considerata la causa della situazione mo-mentanea del poeta, perché da lei sola dipende se questi rimanesconfinato nella spiaggia nemica ed è forse addirittura destinato amorirci, come dice il poeta nei versi 9-12.

Cinzia è la padrona della solitudine properziana e signora della,sua vita e morte. Questo concetto suggerisce senz'altro sia il `ser-vitium' dell'elegiaco di fronte alla sua 'domina', sia la consueta im-magine dell'ora funesta. In paragone ad altri esempi in cui ricor-

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rono concetti simili, è importante invece che in questi versi l'evo-cazione dell'ora della morte si concretizza in una situazione perico-losa che appare come qualcosa di esteriore e di determinato. Eccoperché si crea, erroneamente, l'impressione che il pensiero dellamorte deriva dalla situazione esterna e non, come al solito, da quellainterna. È importantissimo dunque rendersi conto che la situa-zione esteriore qui rispecchia soltanto una situazione interiore, chela situazione esteriore, cioè lo scenario, si definisce secondo la situa -zione interna, cioè la reazione del poeta alla sua delusione nell'amoreLa situazione esteriore è dunque soggetta, come dicono chiaramentei versi 9-12, a cambiamenti non appena cambia la situazione in-teriore.

Ripeto : Properzio non si trova, in quest'elegia, in una situa-zione esterna che sia pericolosa e faccia pensare alla morte. Se mo-mentaneamente trova degli ostacoli che non lo fanno partire, ciòassolutamente non significa che ci sia un pericolo di morte. Non sitratta, sempre sul livello fittizio della poesia, di una situazione reale,ma semplicemente di riflessi della sua situazione interiore. Tro-varsi abbandonato nell'isola deserta è l'espressione simbolica delsuo trovarsi abbandonato da Cinzia e di non esserle più vicina.

Non si può quindi metter in dubbio che lo scenario e il pae-saggio in quest'elegia abbiano un carattere astratto. Perciò non èneppure necessario domandarsi di che viaggio si tratta nell'elegiaproperziana. Infatti, il carattere irreale di questo vaggio è evidente.Perciò il Boucher costatò giustamente : « De toute façon rien n'estprécisé, rien n'est pas raconté... » (p. 404). Niente di strano quindi,se lo stesso Boucher si domandò, quanto all'annuncio di questoviaggio che credeva trovare in 1,15,3-4: « si la pièce n'est pasécrite après cet événement dangereux, ce qui justifie l'émotion »(p. 404). È superfluo farsi una tale domanda, se abbiamo capito cheProperzio non volle, come si usa nella finzione poetica, raccontareun suo viaggio con un'interruzione spiacente che gli destò dei pen-sieri tristi, ma tutt'al contrario localizzare simbolicamente il suosentimento di solitudine e di abbandono.

La struttura dell'elegia che segue (1,18), in cui Properzio inmezzo alla natura si lagna della superbia di Cinzia, entra nella stessacategoria come la precedente :

HAEC certe deserta loca et taciturna querenti,et uacuum Zephyri possidet aura nemus.

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hic licet occultos proferre impune dolores,si modo sola queant saxa tenere fidem.

unde tuos primum repetam, mea Cynthia, fastus ?

5quod mihi das flendi, Cynthia, principium ?

qui modo felices inter numerabar amantis,nunc in amore tuo cogor habere notam.

quid tantum merui ? quae te mihi carmina mutant ?an noua tristitiae causa puella tuae ?

10

sie mihi te referas, leuis, ut non altera nostrolimine formosos intulit ulla pedes.

quamuis multa tibi dolor hic meus aspera debet,non ita saeua tamen uenerit ira mea,

ut tibi sim merito semper furor, et tua flendo

15lumina deiectis turpia sint lacrimis.

an quia parua damus mutato signa colore,et non ulla meo elamat in ore fides ?

uos eritis testes, si quos habet arbor amores,fagus et Arcadio pinus amica deo. 20

a quotiens teneras resonant mea uerba sub umbras,scribitur et uestris Cynthia corticibus !

an tua quod peperit nobis iniuria euras ?quae solum tacitis cognita sunt foribus.

omnia consueui timidus perferre superbae

25iussa neque arguto facta dolore queri.

pro quo diuini fontes et frigida rupeset datur inculto tramite dura quies ;

et quodcumque meae possunt narrare querelae,cogor ad argutas dicere solus auis. 30

sed qualiscumque es resonent mihi `Cynthia' siluae,nee deserta tuo nomine saxa uacent.

L'identità di struttura in queste due elegie è evidente. Se nellaprecedente la spiaggia deserta simboleggiava lo stato d'animo delpoeta, nella presente lo fa il paesaggio solitario. Il Boucher dissequindi molto bene che queste due elegie sono « couplées comme deuxvariations sur le meme thème », in maniera che ci si potrebbe do-mandare se 1,18 « n'est pas une simple transp o sition sy m-b olique de l'incident qui a inspiré l'élégie précédente, en sommedeux variations sur le méme thème » (p. 406).

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Il lamento amoroso del poeta solitario ci ricorda il lamento diGallo in Virgilio. Va osservata però una piccola differenza che èassai significativa. Sia Gallo che Properzio incidono, nella stessasituazione, il nome della loro amante nelle cortecce degli alberi 9.

Però mentre Virgilio aggiunge da sé, nel suo quadro bucolico delladecima egloga che la natura asseconda Gallo (13-15), questo parti-colare manca in Properzio. Aveva ragione dunque Klingner a chia-mare la decima egloga un'« elegia in Arcadia » 10. Per l'elegiaco ro-mano è essenziale il sentimento dell'abbandono, motivo per cui lanatura non è una consolazione. Trovandosi situato nella solitudinedella natura il poeta elegiaco riconosce nel vuoto che lo circonda unriflesso del vuoto dentro a se stesso : deserta loca (1), vacuum ne-mus (2), frigida rupes (27), deserta saxa (32). Il poeta si trova solonella natura (30). Come l'Arianna catulliana era circondata da unanatura priva di vita, così pure il poeta delle elegie 1,17 e 1,18.

30 L'incoerenza del tempo rappresentato

Se il 'monologo interno' si rivolge a un interlocutore separatoda chi parla o addirittura fittizio, i fatti ed atti che sono la causadella separazione, sia volontaria che involontaria, devono esserepassati e quindi raccontati nei tempi grammaticali del passato. Masiccome il protagonista vorrebbe ricollegare questi fatti ed atti colsuo stato presente, in cui per colpa sua e d'altrui si trova, prevalenel suo discorso il presente. E siccome finalmente l'uomo cerca, siacon ragione o senza, di sperare nel futuro, è anche naturale che incerti punti importanti il futuro entri nel suo discorso. Più riflettesul suo stato, più passano i suoi pensieri dal passato, attraverso ilpresente, al futuro. Più eccitato è il suo discorso, più presto e piùincoerentemente variano i tempi nel suo discorso, senza seguire unordine logicamente rintracciabile. Essenziale però per una tale ri-flessione è, che il suo punto di partenza sia sempre il passato, motivoper cui il tempo grammaticale del 'monologo interno' sia principal-mente il preterito.

Il romanista K. Maurer ha studiato in un suo articolo, che in-teressa molto anche allo studioso di filologia classica, 'l'amantenel preterito' 11 • Partendo dalla tragedia di Racine il Maurer ha

9 VIRG. ecl. 10,53 sg. ; Prop. 1,18.21 sgg.1° Virgil Zürich/Stuttgart 1967, 168.11 Der Liebende im Präteritum in e Poetica » V 1972, 1 sgg.

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osservato che in molti poeti della letteratura occidentale il tempogrammaticale preferito nelle confessioni d'amore è il preterito, di-cendo ehe bisogna « uns fast mühsam klarmachen : die leidenschaft-lichen Liebesbekenntnisse einer Phèdre stehen durchweg im Prä-teritum » (p. 6). Infatti, le confessioni di Fedra, se fatte nel presente,sarebbero quasi insopportabili per il gusto nostro, perché troppo'dense', in maniera che sembrerebbero esagerate, spiacevoli e per-fino inverosimili. La confessione d'amore nel presente sarebbetroppo audace e facilmente esaltata (p. 9), mentre nel preterito ècapace di uno sviluppo molto più esteso, perché il preterito crea unadistanza senza negare però il contenuto di quel che si dice per ilpresente (p. 11). Ora, l'epoca in cui è nata la descrizione nel pre-terito dei sentimenti non affatto passati era secondo il Maurer,l'elegia romana, e per illustrare l'atteggiamento dell'elegiaco collasua irrequietezza che non trova mai pace, il Maurer cita propriol'elegia 2,24, e precisamente i versi 17-36, di Properzio.

È interessante vedere come questo 'schema dell'elegia d'amoreromana' ha influenzato la poesia di Petrarca e del Petrarchismo euro-peo 12, (infatti, Petrarca stesso possedeva un manoscritto di Pro-perzio) 13. D'altra parte è pure importante vedere che Properzioanche in questo non porta che alla perfezione quello che avevanoincominciato i suoi predecessori romani. Di nuovo il lamento diArianna evidentemente ha aperto la strada ai successori. È del tuttonaturale come in questo poema si distinguono tre parti : la primaindirizzata a Teseo (132-163), la seconda riferentesi allo stato pre-sente di Arianna (164-187) e la terza riservata al pensiero della suavendetta futura (180-201). Perciò ci si aspetterebbe di trovare nellaprima parte come tempo grammaticale prevalente il preterito, nellaseconda il presente e nella terza il futuro. In realtà, non se ne parla,come si nota già nella prima parte. Arianna comincia con una de-scrizione della sua situazione nel presente (132-135), dopo passaalla recente decisione fatale di Teseo (136-138) e poi all'inizio delsuo amore (139-142), per trarne una conclusione per il futuro :nessuna donna creda più ad un uomo (143-144), e intanto ap-profondisce questo pensiero con una riflessione generale sull'infe-deltà degli uomini (145-148). Dopo di che rivolge lo sguardo dinuovo nel passato (149-151), cui contrappone il suo futuro senza

12 Cfr. MAURER Op. cit. 16.13 Cfr. B. L. ULLMAN Studies in the italian Renaissance Roma 1955, 181 sgge

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speranze (152-153). In seguito ritorna colla mente nel passato (154—156) contrastandolo col presente (157) e finendo questa prima partedel suo discorso con un ricordo commovente (158-163). Similmenteanche la seconda e la terza parte oscillano di continuo fra tutti itre tempi senza mettere in rilievo una coerenza temporale.

La struttura dell'elegia catulliana per Allio non è diversa dalsuo lamento di Arianna. Già per il fatto che Catullo confronta i suoirapporti con Lesbia, col mito di Protesilao e Laudamia il poeta ècostretto a passare di continuo dal presente al passato e viceversa,e non mancano neanche i riferimenti al futuro. Similmente anche illamento di Gallo nella decima egloga virgiliana è pieno di cambia-menti temporali. Infatti, Gallo comincia con uno sguardo nel futuro(31-34), ritorna dopo al passato (35-41) e passa subito al presente,indirizzandosi all'amante aldilà delle Alpi (42-49). In seguito sisforza di non pensarla più per riflettere sul futuro (50-60), ma peraccorgersi subito che tutto ciò non gli giova nel presente e per finirein rassegnazione (69).

Se un discorso non si dirige a un interlocutore concreto, è na-turale che col punto di riferimento cambi anche il tempo gramma-ticale e che passato, presente e futuro si confondano. Dalla situa-zione del protagonista e del suo lamento segue che il passato è sem-pre punto di partenza e che il presente o il futuro sono sempre puntodi riferimento. Una tale veduta diventava possibile nella situazionescelta da Catullo, per Arianna appena appena abbandonata da Teseo.Perciò sembra che proprio qui possiamo afferrare il trapasso al'monologo interno' degli elegiaci che si svolge in un quadro assolu-tamente indeterminato. In ogni caso un poeta dell'età augusteacome Properzio poteva sviluppare le possibilità indovinate, una ge-nerazione prima, dai poeti neoterici e probabilmente proprio daCatullo.

Ma anche i poeti neoterici, da parte loro, s'inseriscono nellatradizione della letteratura romana. Diversamente, sarebbe quasiinconcepibile come potesse nascere una novità quale quella del mo-nologo interno. Infatti, la letteratura romana aveva già nei suoi ge-neri più antichi, cioè nel poema epico, nella tragedia e nella storio-grafia, da principio uno scopo quasi pratico, per cui il passato nonveniva mai rappresentato per il passato, ma per gli interessi delpresente. I romani non s'interessavano dei loro antenati per una sem-plice curiosità, ma perché volevano imparare dai fatti loro. Nonvolevano rappresentare la loro storia e basta, ma volevano prolun-

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gare colla storiografia la propria esistenza verso il passato e trasfi-gurarla verso il futuro. Non volevano aumentare la gloria degli an-tenati, quando la celebravano, ma indirettamente la propria. Ilpassato entrava nella letteratura romana sempre come il passatodel presente e come interpretazione del presente. Nel poema epico,ad esempio, Ulisse c'entrava, per Livio Andronico, solamente peri suoi rapporti con Roma, lo stesso Enea, per Nevio ed Ennio, quandoaccostarono nei loro poemi il mito al presente attuale. Scipione eFulvio si trovavano sullo stesso piano come Ulisse ed Enea, o me-glio : in Ulisse ed Enea si ritrovavano Scipione e Fulvio.

Finché la letteratura romana non conobbe altro argomentoche Roma, le sue materie erano in fondo sempre variazioni sullostesso tema. Ma quando, all'inizio del primo secolo a.Cr., la lettera-tura divenne in gran parte quasi anti—romana, cioè quando le coseprivate presero il posto delle cose pubbliche, le vecchie forme siriempirono di un senso nuovo. Il mito e la storia non rifletteronopiù gli affari dello stato, ma quelli privati ed individuali. L'indivi-duo, rivolgendo lo sguardo nel passato del mito e della storia, nonritrovò più la grandezza di Roma, ma soltanto se stesso e i problemisuoi. Però continuava a guardare verso il passato per l'interesse delpresente e di interpretare il presente dal punto di vista del passato.E questa caratteristica è uno dei presupposti letterari dell'elegiaromana che si svolge a lungo nel preterito, mentre intende il pre-sente, e che non tiene strettamente a dei tempi grammaticali speci-fici, ma conosce nei suoi rapidi cambiamenti temporali un solo puntodi riferimento : il presente e l'interesse di chi parla.

40 11 carattere associativo del concatenamento

È evidente che un discorso fittizio che passa da persona a per-sona, che ha il suo punto di riferimento soltanto nella solitudine delprotagonista e che oscilla di continuo fra passato, presente e futuro,si debba anche svolgere nell'associazione di immagini ed immagini,di pensieri e pensieri, di sentimenti e sentimenti. Già, da quel cheabbiamo osservato s'intende che non bisogna concepire troppo strettoIo spazio delle associazioni possibili. Dal giudizio giusto sulla lar-ghezza di questo spazio dipende, senza dubbio, se riusciamo a dareuna risposta giusta alla domanda sull'unità dell'elegia properziana.

Quanto al concetto dell'associazione letteraria, certamente nonposso inserire a questo punto della mia conferenza un'indagine sui

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suoi problemi. Mi basti sottolineare che questo concetto da un latosi riferisce sia al filo del discorso che agli stati d'animo e che dall'al-tro lato copre cose più diverse in quanto ricongiunge sia cose similiche cose opposte. Anche qui sarà utile ricordarsi quali erano le pos-sibilità che Properzio poteva ritrovare nella letteratura romana.

Un vero modello di concatenamento associativo di pensieriProperzio poteva trovare nell'elegia catulliana per Allio, specie nelsuo intermezzo. Dall'elogio del suo amico (41-51) Catullo passa aquanto deve ad Allio, cioè all'aiuto che gli ha dato nei suoi rapporticon Lesbia (52-72). Si ricorda come Lesbia venne a trovarlo nellacasa di Allio, non diversamente da come una volta Lauda mia vennea trovare Protesilao nella casa di lui, che subito dopo doveva pren-dere parte alla guerra di Troia (73-86). Da ciò spunta il pensieroche Troia si possa chiamare la tomba dell'Europa e dell'Asia (87-90), dato che ha tolto il fratello anche a Catullo (91-100). Da que-sto punto il filo delle associazioni ritorna in senso inverso all'inizio :era Troia, dove faceva guerra la Grecia (101-104), che portò sfor-tuna a Protesilao ed a Laudamia (105-118), alla quale per il suoamore non era inferiore Lesbia (119-133) che è l'unico amore di Ca-tullo (134-148). Nel filo del discorso sono dunque concatenate leseguenti idee : Allio — Catullo — Lesbia — Laudamia — Troia — il fra-tello — Troia — Laudamia — Lesbia — Catullo. L'associazione delleidee si fa alla base dei più diversi punti di paragone, ad esempioper concetti come la gloria, l'aiuto, l'amore, la morte, oppure perparagoni a base mitologica, oppure per l'identità del luogo sia nelmito che nella realtà. Con questo metodo Catullo è in grado di con-catenare perfino cose eterogenee con estrema facilità.

Lo stesso fenomeno si ritrova quando non si tratta dell'asso-ciazione di idee e pensieri, ma di stati d'animo. Anche qui Catulloha aperto le strade. Il lamento di Arianna nelle sue tre parti per-corre un arco largo dalla tristezza e dal rimprovero alla rassegna-zione e allo scoppio di sentimenti di vendetta. Dai rimproveri dellaprima parte Arianna passa, per un'associazione di sentimenti, allarassegnazione della seconda parte, come farebbe vedere un'analisidettagliata.

Gallo pare che sia proseguito nella direzione indicata da Ca-tullo. Se il suo lamento che Virgilio ha inserito nella decima eglogariflette, come universalmente si pensa, pensieri e tecnica poeticadell'elegiaco defunto, è evidente quanto gli deve Properzio. Perfarlo vedere ci bastano alcuni accenni. Gallo incomincia con un elo-

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gio della vita arcadica (31-41), desidera la presenza dell'amante(42-43), confronta subito con questo pensiero la dura realtà sia,quanto a se stesso (44-45) che quanto a Licori (46-48) che l'ha ab-bandonato per un altro e che s'è recata, per quanto il poeta stentia crederlo, al di là delle Alpi, sul Reno ! Ma subito si risveglia la suacompassione e il sentimento cambia (46-49) :

tu procul a patria (nec sit mihi credere tantum)Alpinas, a! dura nives et frigora Rhenime sine sola vides. a, te ne frigora laedant !a, tibi ne teneras glacies secet aspera plantas !

« In dem Augenblick, als der Verlassene der Treulosen Vorwürfezu machen beginnt, steigt bei dem Gedanken an Schnee und Frostauf ihrer Reise anstatt des Zorns das Mitleid mit ihr auf, und dieLiebe hat ihn wieder. Die Wendung von Klage und Vorwurf zuzärtlich fürsorgenden Wünschen ist nicht von Virgil dazugetan,sondern bei Gallus vorgezeichnet gewesen » 14• Infatti, sappiamo dalcommento di Servio che questi versi sono stati ripresi da Virgiliodalla poesia di Gallo : hi omnes versus Galli sunt, de ipsius translaticarminibus.

Pare che Properzio abbia imitato questa situazione del suo pre-decessore nell'elegia 1,8, dove Cinzia ha in mente di abbandonare ilpoeta, nonostante il mare mosso, con un suo rivale, ma il poetarinfacciandole tante cose riesce finalmente a farle cambiare idea,.Guardata più da vicino quest'elegia ci presenta però un cambia-mento considerevole di argomenti e di stati d'animo. Tuttavia que-sto non è ancora l'intero Properzio. Perché « Properz liebt die jähenUmschwünge » 15, i repentini capovolgimenti ; « abruptness », comeosserva pure il White, « is one of the most common characteristicsof this poet's unusual style >> 16. Però va osservato che già l'Ariannacatulliana è capace di associare le più lontane cose. Per darne unesempio : abbandonata come è, si domanda dove potrebbe rivol-gersi (177-183) :

nam quo me referam ? quali spe perdita nitor ?Idaeosne petam montes ? a, gurgite lato

14 KLINGNER Virgil cit. 172.

15 KLINGNER Römische Geisteswelt München 51967, 427.

16 R. E. WHITE in « Classica! Philology » LVI 1961, 218.

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discernens ponti truculentum ubi dividet aequor ?an patris auxilium sperem ? quemne ipsa reliquirespersum iuvenem fraterna caede secuta ?coniugis an fido consoler memet amore ?quine fugit lentos incurvans gurgite remos ?

All'Ida, cioè ai monti della sua patria Creta ? Ma in mezzo c'èil mare. Al padre ? Ma se l'ha abbandonato e con ciò contribuitoalla morte del fratello ? Al marito ? Ma se quello l'ha rifiutata ?La prima domanda, che riguarda l'Ida, è giustificata, non invece laseconda, che segue per associazione. Perché se è divisa dall'Ida dalmare che si trova in mezzo, ciò vale pure per il padre che là si trova.La seconda associazione esagera proprio, perché Arianna parla quasiparlasse di Teseo soltanto qui, mentre tutto il suo discorso parla dilui. Si tratta di una tecnica dell'appuntare che diventa normalis-sima nella letteratura dell'età imperiale : si comincia a mettere infila le idee, si accumulano associazioni su associazioni, finché quelche ne risulta è diverso da quel che si diceva all'inizio. Klingner ha,parlato in questo senso di una « Dialektik der Leidenschaft » 17, ri-ferendosi precisamente al lamento di Arianna, espressione felice chesi adatta senz'altro in modo particolare alla maniera properzianadi discutere e di associare.

Ma l'Arianna catulliana si capovolge di continuo non soltantonei suoi ragionamenti, ma anche nei suoi stati d'animo. La partemedia del suo lamento finisce, come già s'è detto, in una rassegna-zione totale e in pensieri funesti (164-187). L'ultima sua parola èletum. Però dopo la sua frase di non voler morire (188) prima diessere vendicata, segue un enorme capovolgimento del suo statod'animo. Alla rassegnazione segue immediatamente una preghieradi vendetta alle Furie piena di odio (189-201). Così. Catullo aveva,aperto la strada, dove Gallo e, dopo Gallo, Properzio potevano pro-seguire.

II

Chiariti i presupposti dell'elegia properziana e con ciò, in grandilinee, anche la sua struttura, mi toccherebbe nella seconda parte diqueste osservazioni di adoperare tali criteri specie in quelle elegie

17 Catulls Peleusepos eit. 194.

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che nelle recenti edizioni di Properzio si trovano divise in due opiù pezzi, per metterne in rilievo la loro 'unità'. Ma devo limitarmi,per motivi che sono ovvii, a due esempi, la cui struttura è signifi-cativa per il problema dell' 'unità' nell'elegia properziana, e scelgoproprio due elegie a cui è stata negata l'unità in tutte le edizionimoderne senza eccezione e che sono state divise in alcuni casi addi-rittura in tre elegie separate. Siccome Properzio adopera, anche inpassi estesi, sia un'associazione argomentativa che un concatena-mento di stati d'animo, vorrei illustrare l'una e l'altra tecnica conun esempio particolare.

lo La struttura argomentativa: il tema dei capelli grigi nell'elegia 2,18

Certo, nell'elegia properziana non si può separare sempre conprecisione lo svolgimento argomentativo e il concatenamento distati d'animo. Ma sarà chiaro che il primo di questi due elementicaratteristici prevale nell'elegia 2,18

ASSIDVAE multis odium peperere querelae :frangitur in tacito femina saepe uiro.

si quid uidisti, semper uidisse negato !aut si quid doluit forte, dolere nega !

quid mea si canis aetas candesceret annis, 5et faceret scissas languida ruga genas ?

at non Tithoni spernens Aurora senectamdesertum Eoa passa iacere domo est :

illum saepe suis deceden.s fouit in ulnisquam prius abiunctos sedula lauit equos ; 10

illum ad uicinos cum amplexa quiesceret Indos,maturos iterum est questa redire dies ;

illa deos currum conscendens dixit iniquos,inuitum et terris praestitit officium.

cui maiora senis Tithoni gaudia uiui

15quam grauis amisso Memnone luctus erat.

cum sene non puduit talem dormire puellamet canae totiens oscula ferre comae.

at tu etiam iuuenem odisti me, perfida, cum sisipsa anus haud longa curua futura die. 20

quin ego deminuo curam, quod saepe Cupidohuic malus esse solet, cui bonus ante fuit.

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Nunc etiam infeetos demens imitare Britannos,ludis et externo tincta nitore caput ?

ut natura dedit, sie omnis recta figura est : 25turpis Romano Belgicus ore color.

illi sub terris fiant mala multa puellae,quae mentita suas uertit inepta comas !

deme : mihi certe poteris formosa uideri ;mi formosa sat es, si modo saepe uenis. 30

an si caeruleo quaedam sua tempora fucotinxerit, ideireo caerula forma bona est ?

cum tibi nec frater nec sit tibi filius ullus,frater ego et tibi sim filius unus ego.

ipse tuus semper tibi sit custodia lectus, 35nee nimis ornata fronte sedere uells.

credam ego narranti, noli committere, famae :et terram rumor transilit et maria.

Il poema comincia con un'esortazione agli uomini di non esseretroppo indulgenti con le donne (1-4). Questi quattro versi passanonelle edizioni di Butler—Barber, Barber e Camps, per nominarnesoltanto le ultime, come brevi poesie separate. In seguito il poetasi domanda che cosa succederebbe, se gli crescessero i capelli grigi,cioè se diventasse anziano. Si consola però col vecchio Titone chenon fu disprezzato neanche dall'Aurora, mentre Cinzia rifiuta ilpoeta per quanto sia giovane, sperando nell'aiuto di Cupido (5-22).Segue una riflessione in cui si dice che Cinzia bada troppo all'abbi-gliamento e che sarebbe meglio badare alla sua fama (23-38), la,quale è numerata come un'altra elegia nelle edizioni di Butler—Bar-ber, Barber, Schuster—Dornseiff, Enk e Camps.

Hanno ragione gli antichi manoscritti che ci hanno traman-dato questi 38 versi come un'unica elegia ? O hanno ragione glistudiosi moderni che li vogliono trattare come due o anche trepoesie separate, caso mai « designed as a group » ? 18 Tanto è chiaro :finché possiamo rintracciare in questi versi un unico filo di discorso,non è permesso di scartare la tradizione. Tocca dunque a chi vuoledividerli a provare la loro tesi.

La cadenza di quest'elegia non è certamente compiacente, anziil poeta si presenta di fronte a Cinzia insolitamente conscio del pro-

18 CAMPS op. cit. 11,128.

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prio valore. Il titolo che Enk ha dato ai versi 1-22 : e Non queror,iuvenis sum et tarnen me odit » 19, vale anche per il resto del poema.Coll'eccezione della sentenza iniziale, i due passi più estesi (la se-conda e la terza 'parte') dell'elegia sono unificati in maniera decisiva,dal tema dei capelli grigi. Nella seconda 'parte' il poeta non sol-tanto parla dei capelli bianchi che avrà in futuro (1), ma metteanche in rilievo che non si vergognò neanche Aurora di baciare icapelli bianchi di Titone (18). E nella terza 'parte' l'argomento nonè l'abbigliamento e il truccarsi in genere come in 1,2, ma il tingersii capelli. Si tratta di Cinzia e qui se teint les cheveux » 2 0, il chepassa come una cosa brutta (turpis... color, 26) e ricorda la sua con-dotta frivola (36).

Spunta fuori così un filo conduttore per l'interpretazione delpoema. Il poeta ammonisce se stesso di farsi forte. Anche coi ca-pelli bianchi sarà amabile, come dimostra l'esempio di Titone, men-tre Cinzia non ha motivi di rifiutarlo, tanto meno che essa stessafra poco sarà vecchia (20) e quindi, contrariamente al poeta, nonpiù amabile. Per di più Cinzia già ora sta sfigurando i suoi capelli,e siccome tingersi i capelli rivela la frivolezza, già adesso è menoamabile. Il poeta è pronto a proteggerla, ma in fin dei conti essastessa deve badare alla sua fama e quindi rimanere amabile.

Il pensiero unificatore di quest'elegia è dunque il tema dei ca-pelli, sebbene soltanto in primo piano, perché in fondo si tratta deirapporti fra Cinzia e il poeta. Ma essendo i capelli belli simbolodell'esser amabili, questo tema permette al poeta di appuntare ilsuo argomento. I capelli del poeta saranno amabili anche in fu-turo, e con ciò anche egli stesso, mentre Cinzia non soltanto nonsarà amabile in futuro 21, ma sta sfigurando i suoi capelli già, adessoe quindi già non è più amabile nel presente. Di conseguenza esceun paradosso riguardo ai capelli e alle persone : il poeta è ama-bile, ma non amato da Cinzia ; mentre questa qui non è amabile,ma amata dal poeta. A ciò corrisponde il fatto che il poema co-mincia con un'esortazione del poeta a se stesso di non essere troppoindulgente (1-4) e finisce con un'esortazione all'amante, cioè dicambiare il suo atteggiamento verso i suoi capelli, simbolo del suoatteggiamento interno, che è sbagliato, e di amare il poeta che è

19 P. J. ENK Sex. Propertii Elegiarum Liber secundus Leiden 1962, 11,254.

29 BOUCHER op. cit. 382.

21 cum sis I ipsa anus haud longa curva futura d i e (19 sg.).

L'UNITÀ DELL'ELEGIA PROPERZIANA 47

a posto in tutt'e due i punti. Otteniamo così un unico filo di discorsoche vuole costringere a riflettere non soltanto Cinzia, ma ancheil lettore.

20 il concatenamento di stati d'animo : le visioni dell'elegia 2,26

Ben diversa è la struttura dell'elegia 2,26. Per quanto il filodel discorso sia ben visibile, tutte le edizioni moderne, sull'esempiodel grande filologo olandese del settecento Pieter Burman, la divi-dono in due elegie (Butler—Barber, Barber, Schuster—Dornseiff, Enk).Camps la divide perfino in tre e la fa finire inoltre, insieme al due-centesco codice napoletano, dopo il verso 28. Il Boucher, è vero, haparlato di una `certaine parenté' delle due parti separate, peròmantiene per fermo che ciò significa soltanto che Properzio ha po-sto nella sua raccolta due elegie che si somigliano fra di loro una,dopo l'altra (p. 383). Se invece teniamo conto che esistono più ele-gie properziane le cui parti non rivelano neanche una `certaineparenté', il solo fatto da costatare è che questa parentela è già unargomento in favore dell'unità del poema, finché non si ricavinodelle prove cogenti al contrario. Intanto è vero che la prima partefa un'impressione più forte, anzi singolare, se presa da sé. Però unpezzo particolarmente ben riuscito non ci può dare motivi, almenoin principio, di separarlo dal corpo in cui si trova.

VIDI te in somnis fracta, mea uita, carinaIonio lassas ducere rore manus,

et quaecumque in me fueras mentita fateri,nec iam umore grauis tollere posse comas,

qualem purpureis agitatam fluctibus Hellen, 5aurea quam molli tergore uexit ouis.

quam timui, ne forte tuum mare nomen haberet,atque tua labens nauita fleret aqua !

quae tum ego Neptuno, quae tum cum Castore fratri,

quaeque tibi excepi, iam dea, Leucothoe !

10at tu uix primas extollens gurgite palmas

saepe meum nomen iam peritura uocas.quod si forte tuos uidisset Glaucus ocellos,

esse Ionii facta puella maris,et tibi ob inuidiam Nereides increpitarent, 15

candida Nesaee, caerula Cymothoe.

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sed tibi subsidio delphinum eurrere uidi,qui, puto, Arioniam uexerat ante lyram.

iamque ego conabar summo me mittere saxo,cum mihi discussit talia uisa metus.

Nunc admirentur quod tam mihi pulehra puellaseruiat et tota dicar in urbe potens !

non, si Cambysae redeant et flumina Croesi,dicat 'De nostro surge, poeta, toro.'

nam mea cum recitat, dicit se odisse beatos :carmina tam sancte nulla puella colit.

multum in amore fides, multum constantia prodest :qui dare multa potest, multa et amare potest.

** *

seu mare per longum mea cogitet ire puella,hanc sequar et fidos una aget aura duos.

unum litus erit sopitis unaque tectoarbor, et ex una saepe bibemus aqua ;

et tabula una duos potent componere amantis,prora cubile mihi seu mihi puppis erit.

omnia perpetiar : saeuus licet urgeat Eurus,uelaque in incertum frigidus Auster agat ;

quicumque et uenti miserum uexastis Vlixem,et Danaum Euboico litore mille ratis ;

et qui mouistis duo litora, cum ratis Argodux erat ignoto missa eolumba mari.

illa meis tantum non umquam desit ocellis,incendat nauem Iuppiter ipse licet.

certe isdem nudi pariter iactabimur oris :me licet unda ferat, te modo terra tegat.

sed non Neptunus tanto erudelis amori,Neptunus fratri par in amore bui:

testis Amymone, latiees dum ferret, in aruiscompressa, et Lernae pulsa tridente palus ;

iam deus amplexu uotum persoluit, at illiaurea diuinas urna profudit aquas.

crudelem et Borean rapta Orithyia negauit :hie deus et terras et maria alta domat.

credere mihi, nobis mitescet Scylla, nee umquamalternante uaeans uasta Charybdis aqua ;

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ipsaque sidera erunt nullis obscura tenebris, 55purus et Orion, purus et Haedus erit.

quod mihi si ponenda tuo sit corpore uita,exitus hic nobis non inhonestus erit.

Il poeta racconta all'inizio un suo sogno di aver visto Cinzianaufraga sul mare confessandogli i suoi peccati ; un delfino venivain suo aiuto e il poeta, mentre stava per saltare da uno scoglio,s'era svegliato per la paura (1-20). Nella parte media che segue ilpoeta esprime la sua gioia perché Cinzia lo preferisce a un suo ri-vale più ricco di lui (21-28). Dopo di che comincia a esaltare il loroamore : anche un naufragio in un viaggio comune aumenterebbesoltanto il loro attaccamento, e per quanto Nettuno non possa es-sere tanto crudele con gli amanti, un'eventuale fine accanto allasua Cinzia non sarebbe un esito disonorevole per il poeta (29-58).

La cadenza di quest'elegia, contrariamente a quella esaminataprima, certamente è più conciliante del solito, sia per i pentimenti diCinzia, nel sogno del poeta, che per lui stesso. Fra il sogno del nau-fragio di Cinzia all'inizio (1-20) e la visione del comune naufragioalla fine (29-58) s'inseriscono i versi 21-28 come legame, in ma-niera che difficilmente si possa parlare di un « self—contained piece »22.

Questa parte comincia colla parola nunc, che più facilmente sicapisce come conseguenza di quel che appena s'era detto, anzichécome un riferimento a qualche fatto sconosciuto. Infatti, se il poetacrede che ormai Cinzia sia tutta sua (serviat, 22), ciò è precisa-mente quello che risultava dal suo sogno : Cinzia gli aveva confes-sato le sue bugie nel pericolo del naufragio, e con ciò Properzio era,giustificato e Cinzia colpevole. Certo, non si tratta di una confes-sione nel senso cristiano, ma semplicemente di un'espressione delsuo antico e perciò vero attaccamento al poeta che si rivelava nelpericolo mortale. Ecco la ragione del suo trionfo perché Cinzia di-sprezza le ricchezze dei suoi rivali e si dedica tutta a lui ed allasua arte.

Dopo queste riflessioni nella parte media (21-28) il poeta ha,motivo di costatare che ha fatto bene a essere stato fedele e co-stante (29), perché Cinzia è tornata da lui. Tutto contento perchéi loro rapporti di una volta sono rinnovati, gli promette di seguirladovunque, e da questo pensiero che domina tutto il resto dell'elegia

22 CAMPS op. dt. 11,178.

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ECKARD LEFÈVRE

spunta pian piano l'idea del comune naufragio. Mentre nella primaparte dell'elegia Cinzia stava nel primo piano delle riflessioni delpoeta, in quest'ultima parte si tratta in prima linea di lui stesso edel suo amore. Al pericolo in cui Cinzia si trovava all'inizio, corri-sponde il pericolo che il poeta è ormai disposto a correre.

Arriviamo dunque alla conclusione che un unico filo del di-scorso sta alla base di quest'elegia, la cui unità si rivela sia nellecorrispondenze delle immagini che in quelle delle strutture dellesue due parti principali. Perché non era affatto necessario illustrarei pensieri della seconda parte principale di nuovo coll'immaginedella navigazione e del naufragio, visto che nell'elegia esistono tantimodelli di situazioni pericolose in terra in cui si può provare l'amoreautentico. Dobbiamo concludere quindi che Properzio ha ripresointenzionalmente l'immagine dell'inizio. Inoltre, e anzitutto, la strut-tura delle due parti principali è identica in quanto si tratta qua elà di visioni. Quanto al sogno della prima parte, Properzio lo chia-ma talia visa (20). Ma anche la seconda parte principale non raf-figura una situazione reale, ma un esempio (seu..., 29) che deve farvedere l'amore del poeta, e quest'esempio diventa una finzione sullostesso piano come il sogno, perché pian piano si concretizza in ma-niera da creare l'impressione di fatti che sono successi in realtà.Siccome alla fine, contrariamente al sogno dell'inizio, ci manca ilquadro in cui s'inseriscono queste riflessioni (cf. 19-20), gli scongiu-ramenti del poeta sembrano detti quasi in pieno naufragio. L'elegiacomincia e finisce dunque con delle visioni che sono rivolte primaal passato (il sogno) e dopo al futuro (sogno a occhi aperti), nellequali s'inquadrano le riflessioni sull'amore fra Properzio e Cinziadi cui parla la parte media. Come potrebbe essere un caso tuttoquesto ?

Visioni come queste sono molto caratteristiche del 'monologointerno'. Infatti, questo discorso senza interlocutore e senza scena-rio concreto permette al protagonista di far divagare i suoi pensierisenza impedimenti alle cose lontane nel tempo e nello spazio. Già,Gallo si raffigurava, nella decima egloga virgiliana, l'amante sua aldi là, delle Alpi e si vedeva percorrere i monti del Menalo in unacaccia sfrenata per dimenticare Licori. Nel suo lamento ricorronole stesse parole come nel sogno properziano all'inizio appena esami-nata (visi, 1) e nella sua fine (visa, 20) : iam mihi per rupes v i-deor lueosque sonantis I ire (58-59). In tutti questi casi si trattadi visioni le quali permettono al protagonista di associare pensieri

L'UNITÀ DELL'ELEGIA PROPERZIANA 51

ed immagini secondo il suo stato d'animo. L'elegia properziana 2,26ne è un esempio particolarmente bello in quanto il poeta parte dauna visione in sogno nel passato, arrivando al presente 'reale' perpassare dopo a una visione che pian piano si sperde in un futuroipotetico.

Spero, per concludere questa mia relazione, di aver reso chiaral'idea che questo 'monologo interno' dell'elegia properziana era unaforma artistica ideale a esprimere il presente del protagonista nellasua situazione momentanea con tutte le sue sfumature come primanon era mai stato possibile. Anche se non vogliamo cedere troppoalla tendenza di attualizzare le cose antiche, abbiamo ragione achiamare questa forma letteraria 'moderna'. Se teniamo conto dellamisura in cui l'elegia ha influenzato la letteratura moderna, indi-rettamente attraverso la letteratura romana che dall'elegia dipendee direttamente attraverso Petrarca e il petrarchismo, siamo in pie-no diritto di chiamarla 'moderna' e il grande poeta umbro che inessa eccelse un poeta 'moderno'.