Luce & Vita 94

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Piedi sporchi di maria teresa mirante...........2 Pol...itica o Pol...Etica di antonello tamborra.............5 Una fede giovane di vincenzo marinelli...............3 La folla sceglie Barabba di manlio minervini................6 Ieri/Oggi di giusy tatulli.........................4 L ’odore della veritá di carmela zaza........................8 CARO DON TONINO Caro don Tonino, ulmamente mi capita di fermarmi sempre più spesso a rifleere sul mio futuro, di trovarmi col gruppo di amici a parlare di università e/o di lavoro da scegliere e imbaermi inevitabilmente in una sfiducia diffusa, sintomo di un’epidemia causata da diversi virus che vanno soo il nome di crisi, tagli, disoccupazione. A poco a poco un po’ tu ne siamo sta contagia, grandi e piccoli, ma è soprauo nella fascia giovanile che ha apportato danni maggiori: si è diffusa la consapevolezza che è inule progeare cose assurde, è da illusi pensare di poter trovare lavoro proprio nell’ambito di quella materia che piace tanto, meglio andare sul “sicuro” scegliendo quella facoltà che con più probabilità può un giorno darmi un lavoro anche se in realtà è lontana anni luce dai miei interessi. Anch’io mi sono scoperta addiriura a pensare: “ Forse hanno ragione loro, è da pazzi pensare di poter realizzare ancora i propri sogni, meglio se mi sveglio e provo ad adaarmi alla realtà!” continua a pg 2 Inserto mensile di informazione e comunicazione del mondo giovanile a “Luce e Vita” n.17 del 28 aprile 2013 Piazza Giovene 4 -70056 Molfetta www.lucevitagiovani.it [email protected] 94 caterina aruta

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Inserto mensile della diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi di informazione e comunicazione giovanile (aprile 2013)

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Piedi sporchidi maria teresa mirante...........2

Pol...itica o Pol...Eticadi antonello tamborra.............5

Una fede giovanedi vincenzo marinelli...............3

La folla sceglie Barabbadi manlio minervini................6

Ieri/Oggi di giusy tatulli.........................4

L’odore della veritádi carmela zaza........................8

CARO DON TONINOCaro don Tonino,ultimamente mi capita di fermarmi sempre più spesso a riflettere sul mio futuro, di trovarmi col gruppo di amici a parlare di università e/o di lavoro da scegliere e imbattermi inevitabilmente in una sfiducia diffusa, sintomo di un’epidemia causata da diversi virus che vanno sotto il nome di crisi, tagli, disoccupazione.A poco a poco un po’ tutti ne siamo stati contagiati, grandi e piccoli, ma è soprattutto nella fascia giovanile che ha apportato danni maggiori: si è diffusa la consapevolezza che è inutile progettare cose assurde, è da illusi pensare di poter trovare lavoro proprio nell’ambito di quella materia che ti piace tanto, meglio andare sul “sicuro” scegliendo quella facoltà che con più probabilità può un giorno darmi un lavoro anche se in realtà è lontana anni luce dai miei interessi.Anch’io mi sono scoperta addirittura a pensare: “ Forse hanno ragione loro, è da pazzi pensare di poter realizzare ancora i propri sogni, meglio se mi sveglio e provo ad adattarmi alla realtà!”

continua a pg 2

Inserto mensile di informazione e comunicazione del mondo giovanile a “Luce e Vita” n.17 del 28 aprile 2013

Piazza Giovene 4 -70056 [email protected]

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caterina aruta

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2CARO DON TONINOcontinua da pg 1

Poi, in quest’ultimo periodo, in occasione dei 20 vent’anni trascorsi da quando ci hai lasciati, mi sono accorta che io, ragazza di quasi 18 anni, giovanissima d’AC, mi ritrovavo a partecipare ad iniziative che portavano il tuo nome senza averti mai conosciuto, senza sapere che tipo eri stato (se non per sentito dire), e soprattutto come tu potevi far parte della mia vita.Ho deciso di indagare per saperne qualcosa in più, ho letto la tua biografia, ciò che hai fatto e ciò che hai detto soprattutto a noi giovani e sono rimasta colpita dal fatto che eri uno che sognava, proprio come me, ma sognavi proprio tanto!E allora mi sono detta, per gli altri sarò anche pazza, ma voglio essere una “pazza da slegare”, perché come dicevi tu (e avevi

proprio ragione!) c’è sempre più bisogno di questo tipo di persone, capaci di guarire con un’iniezione di speranza coloro che cominciano a vedere le cose un po’ tutte dello stesso colore.Purtroppo però non è sempre così facile, a volte sembra davvero che la speranza sia appannaggio soltanto di chi può permettersela, di chi può assicurarsela con un portafoglio gonfio in tasca e una lettera di raccomandazione in mano. E il passaggio che profetizzavi “dal culto del lamento al culto della speranza” avverrà solo quando capiremo che continuare a lagnarci, comodi sui nostri divani, che “questo non va bene” e che “quello invece dovrebbe essere così” non serve a nulla e avremo la forza di alzarci per cambiare le cose.

Spesso ci sentiamo soli, soli contro tutti, poveri David che vogliono affrontare un Golia molto più grande e forte di noi; per andare avanti ci siamo protetti con scudi e corazze che ci isolano dagli altri, elmi che ci impediscono di vedere anche chi accanto a noi ci sta tendendo una mano. Siamo arrivati persino a dimenticare che anche dopo il diluvio c’è l’arcobaleno.Per questo ti chiediamo di starci vicino, soprattutto in questi momenti difficili, perché tutti possiamo essere più forti e non lasciarci abbattere se sappiamo che accanto a noi ci sei tu che ci inviti a “scrutare insieme l’orizzonte per vedere se spunta l’aurora”.

Di don Tonino conservavo solo il ricordo sbiadito di una figura passata quasi per sbaglio nella mia infanzia. Di don Tonino ho dipinto i tratti e le azioni nella mia mente attraverso il racconto di chi, in quegli anni in cui è stato vescovo di Molfetta, era grande abbastanza per incontrarlo, apprezzarlo e capirlo. Di don Tonino ho letto alcuni scritti, qualcuna delle sue lettere. Ma non è bastato ad emozionarmi, non è servito a farmelo vedere. Perché io, in quegli anni, non c’ero. E solo mentre assistevo a “Piedi Sporchi” ho chiuso gli occhi e ho capito che potevo esserci, tornare a quegli anni con la consapevolezza che la mia età attuale mi dà adesso, respirare il profumo delle primavere della mia città sbagliata, ascoltare lo sconcerto della gente davanti a un vescovo che si immischia in questioni che non dovrebbero appartenergli, che organizza marce per la pace in luoghi pericolosi, trascina giovani e meno giovani a prendere una posizione netta contro le violenze, le ingiustizie sociali, smuovendo coscienze addormentate non solo con parole bellissime ma con azioni tremendamente concrete quanto semplici e di cui oggi si sente tanto il bisogno. Grazie a “Piedi Sporchi”, ho visto don Tonino, mi sono fatta piccola piccola davanti ad un uomo dalla mente coraggiosa, dalle idee ferme, dalla voce scomoda, ma prima di tutto un

PIEDI SPORCHIuomo dai piedi instancabili, dal passo veloce e deciso, sempre in cammino, instancabile anche nella malattia. Sono entrata nella sua chiesa del grembiule, una chiesa capace di riconoscere una dignità alle persone più deboli, dove è il potere dei segni che vince sui segni del potere. “Piedi Sporchi” nasce dai

ricordi autobiografici di un gruppo di adolescenti che accanto ai piedi di don Tonino ci hanno camminato, fotografa i ricordi di una generazione che ha avuto il privilegio di viverci e crescergli accanto, diventando essa stessa il frutto della semina di un uomo che nessuno vuole dimenticare. È una storia raccontata dai piedi di un giovane che porta impressa nella sua vita un’impronta che difficilmente cancellerà. Quella di don Tonino, un’anima scalza che continua a camminare, a inginocchiarsi, a correre, ad accogliere, servendosi dei nostri di piedi, nonostante siano spesso troppo stanchi, troppo indecisi, troppo lenti. “Piedi Sporchi” è molto più di uno spettacolo teatrale, è un pezzo di vita tra i più preziosi che il Teatro dei Cipis ci ha raccontato come sempre con genuina generosità.

maria teresa mirante

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3UNA FEDE GIOVANE

vincenzo marinelli

Ritorno con piacere a scrivere su queste pagine che mi hanno accompagnato durante gli anni del liceo e soprattutto in quelli successivi. Pagine che mi ricordano cronaca, riflessioni, analisi, provocazioni e dibattiti tra noi, membri della redazione, dediti, ogni terzo lunedì del mese, ad incontrarci per discutere dei fatti più attuali riguardanti il mondo, la nazione, la diocesi. Stimolati dalla voglia di confrontarci e comunicare un pensiero, quello di una testata cattolica come il L&VG, condiviso nella pluralità delle voci e delle esperienze del mondo dei giovani. Immedesimarci nei nostri lettori, conoscerli, incontrarli, per andare oltre la carta stampata, per veicolare cultura e creare una rete di condivisione che riducesse il tempo di attesa dell’uscita mensile, ci ha spinti ad essere presenti anche sul web! Sono pagine queste che mi ricordano, insomma, un bel percorso davvero ricco e intenso, un percorso che si è affiancato accanto ad un altro percorso forse per qualcuno un po’ assurdo, per altri difficile, per altri ancora coraggioso, per me, oggi posso dirlo con più convinzione, quello più giusto. È il percorso del Seminario Regionale!Sono entrato a far parte della redazione del L&VG da semplice studente di liceo, ma

ho desiderato continuarne a farne parte anche da seminarista, come un giovane che tra giovani ha fatto una scelta che non lo allontana dalla realtà, ma lo conduce a stare in essa in modo nuovo, con motivazioni più profonde: è la scelta di seguire il Signore che ti chiama a guardare alla vita in modo diverso, nell’ottica del dono di sé totale. In questi anni ho imparato che di Lui posso fidarmi. Lui non mi ha fatto mancare occasione per apprenderlo e questa certezza mi fa guardare al futuro con serenità: Lui c’è, in ogni occasione!Da parte mia, devo riconoscerlo, ho bisogno di affinare ancora lo sguardo, purificare il cuore per riconoscere ed esperire anche i segni più silenziosi della sua presenza e della sua volontà nella quotidianità. Anche in questo, sono certo, non mi verrà mai a mancare il suo aiuto. Seguirlo non toglie nulla alla nostra libertà, seguirlo fedelmente ci permette di assaporare sempre più quel desiderio di bene e di felicità autentica che ci portiamo nel cuore e che niente, se non Lui, riesce ad appagarci pienamente. Dio non teme la concorrenza con nessun altra promessa di felicità, provare per credere! Forse dovremmo conoscerlo meglio per poter

tentare un confronto oggettivo tra la sua promessa di felicità e tutte le altre.Mentre scrivo ho nel cuore la gioia per la mia imminente ordinazione sacerdotale! La ricchezza e la bellezza di essere sacerdote nessun libro di teologia può raccontarla esaustivamente e io continuo a pregustarne l’attesa, condividendola con voi.Tra queste poche righe è mio desiderio comunicare la certezza che Dio continua a chiamare alcuni uomini strettamente a sé affinchè la loro vita sia segno del suo amore, sia modello della sua. Il sacerdote, come ogni cristiano, è chiamato a configurare la propria umanità a quella di Cristo, uomo virtuoso e figlio obbediente in tutto, fino alla morte, alla volontà del Padre. Ma la consacrazione che il sacerdote riceve fa di Lui un dispensatore unico e singolare della Sua misericordia per ogni battezzato. Il sacerdote è così sempre, in ogni attimo, sacramento di Cristo. Dinanzi ad un dono e ad una responsabilità tanto grande per un uomo, è importante che tutto il popolo di Dio collabori e preghi per coloro che il Signore chiama ad essere guide del suo popolo.Dire altro, ora non saprei…Confido nel vostro sostegno!

CRAYONgaetano ciccolella

“....gli uomini sono angeli con un’ala soltanto: possono volare solo rimanendo abbracciati”.

Grazie don Tonino

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Nulla di più giusto in tempo di crisi è arrotondare lo stipendio, il modo migliore per farlo? Affidarsi a quello che è uno dei call center più gettonati del molfettese; questo è il caso di Sara ,che ha deciso di rimboccarsi le maniche e contribuire alle spese familiari conciliando il classico ruolo della mamma con i nuovi impegni lavorativi.Da 18 anni felicemente sposata con Marco, commercialista, due figli a carico, Sara lavora part-time come centralinista. Se per un ragazzo questo è un lavoro sufficiente a soddisfare le sue esigenze, per una mamma bisogna porre sul piatto della bilancia i pro e i contro e valutarne i rispettivi pesi. Svolte le sue solite quattro ore , Sara torna da

MAMMA CALL CENTER - PARTE 2maria teresa giancaspro

lavoro e si ritrova una casa in subbuglio, dei figli da accudire e un marito a cui dedicare attenzioni, mansioni che possono essere considerate come un “secondo lavoro”. Tuttavia il call center ripaga la fatica quotidiana della donna permettendole di togliersi alcuni piccoli sfizi.Sara , Sonia e Luigi sono solo tre campioni di persone che condividono lo stesso mestiere, lo stesso ambiente lavorativo, lo stesso stipendio, le stesse giornate e lo stesso orario pur avendo alle spalle esperienze diverse e prospettive di futuro differenti. Sebbene il senso comune ci induca a pensare che ognuno col proprio potenziale cerchi di raggiungere i propri obiettivi, di fatto ciò nel

mondo reale non accade perché le circostanze logistiche tendono a livellarci. La prova tangibile di ciò è che un laureato, una casalinga e un disoccupato si ritrovino nello stesso luogo a svolgere le stesse attività, abbandonando progetti e quant’altro.La domanda sorge spontanea: è giusto tutto questo? E poi è corretto riporre il proprio futuro in qualcosa di cosi effimero? Il ragazzo che abbandona gli studi per rincorrere un’attività momentaneamente fruttuosa e il laureato che limita il suo sapere nei confini imposti da un normale call center potrebbero un domani realizzarsi? Potrebbero costruire un futuro con delle solide fondamenta? … THE END

L’inserto è curato da : Nico Tempesta;

Caterina Aruta, Silvia Ayroldi, Mauro Capurso, Gaetano Ciccolella, Mariella Cuocci, Gian Paolo de Pinto, Antonella de Virgilio, Sante Drago, Teresa Giancaspro, Giuseppe Mancini, Annarita Marrano, Fedele Marrano, Francesca Messere, Manlio Minervini, Maria Teresa Mirante, Maurizia Mongelli, Maria Carla Pisani, Maria Nicola Stragapede, Antonio Tamborra, Giusy Tatulli, Angelantonio Tavella, Carmela Zaza.

Grafica: Gian Paolo de Pinto | Webmaster: Valentina de Leonardis.

Collaboratrice allestimento: Milena Soriano

LUCEeVITA GIOVANIleggi e commenta su www.lucevitagiovani.it

“Sfilando per le strade, riunendoci nelle piazze: è così che abbiamo fatto sentire la nostra voce. Nessuna violenza, nessuna arma. Solo le nostre bocche, i nostri volti. La protesta è nata da un’idea comune: lottare per un diritto che non ci viene riconosciuto.Inizialmente eravamo in pochi. Il capannone era il nostro punto di incontro per discutere, parlare, confrontarci. A nessuno passava per la testa l’idea di organizzare una manifestazione. Ci si ritrovava perché, come si sa, quando si vive un disagio, ti può comprendere solo chi lo vive allo stesso modo. Man mano il nostro gruppo si è ingrandito, i nostri incontri sono diventati il riferimento per molti altri giovani. Siamo diventati in tanti, tutti accomunati dallo stesso desiderio: appropriarsi di <<ciò che ogni cittadino può giustamente rivendicare di fronte alla comunità>>. Un componente del nostro gruppo un po’ più coraggioso ha proposto la folle idea di farci conoscere al di fuori di quel capannone. La timidezza di noi altri ha subito lasciato spazio alla possibilità che quel semplice gesto avrebbe potuto cambiare qualcosa. E così, per i giorni successivi, l’obiettivo è stato organizzarsi: trovare le giuste parole da scrivere

IERI/OGGIgiusy tatulli

sullo striscione, ideare un motto, una canzone da intonare durante la manifestazione.” Immagino che questo possa essere il racconto di una donna che ha partecipato alle manifestazioni per ottenere il diritto al voto più di 50 anni fa. Come anche le parole di chi ha partecipato a movimenti indipendentisti o pacifisti. Queste parole potevano essere state scritte secoli fa come oggi: ieri per abolire la schiavitù, per ottenere il diritto di voto delle donne, … Oggi, provate a pensarci!

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5POL...ITICA O POL…ETICA?antonello tamborra

Il dramma della condizione economica ormai collassata e della politica che è priva di identità oggi necessita di un immediato e sano intervento, che purtroppo i nostri “reggitori” a stento riescono a comprendere e a mettere in atto. Ormai siamo intrisi dalla ossessione della crisi che devasta la nostra sfera quotidiana e annienta quella spirituale, al punto che anche la classe politica, che non pone ad essa concrete soluzioni, sfigura il proprio volto.La gestione del bene pubblico, infatti, è sempre più imbrigliata nel fanatismo personale e ideologico, evidenziando giorno dopo giorno il degrado di una democrazia sbiadita e senza un coerente orientamento.La politica è ormai denaturalizzata, svuotata dell’etica che porta al bene comune. E questa realtà è sotto gli occhi di tutti.Dopo due mesi dalle votazioni politiche nazionali, infatti, nulla è cambiato nella mentalità di chi è chiamato (o si trova) a governare, anzi si continua in un assordante prolungamento di una vacua campagna elettorale che sembra non aver mai fine. Gran parte dei media si concentra, infatti, sulle beghe politiche, piuttosto che sull’esame analitico dei problemi sociali. Ed in tutto questo vi è un popolo che soffre davvero, una generazione di giovani che vive con la paura per il futuro, un’economia che vede “morire” ogni giorno aziende e famiglie che non riescono più a fare fronte ai propri bisogni elementari.Questa lettera di Francesco d’Assisi è più che mai attuale. Mostra anche oggi la sua vera incisività. Si è perso il timore di Dio nel governo della res publica; la classe politica italiana (laica e non) vaga inesorabilmente in una valle oscura, che trascina il popolo nella disperazione. Nell’ingranaggio degli affari pubblici si è persa la vera direzione indicata nel vangelo: la centralità dell’uomo. Nessun uomo è eternamente al potere e pertanto il suo ruolo è quello di lasciare aperta sempre una prospettiva di speranza per l’avvenire. Oggi stanno ammazzando la speranza. Senza alcuna banalità retorica, togliendo Dio anche dall’ambito essenziale della politica, si assiste solo alla lenta agonia di un sistema. Siamo giunti ad un momento di verifica, per questo noi giovani cristiani dobbiamo azionare un immediato sistema di riforma sociale che parta dall’etica. Con coraggio dobbiamo avere l’intraprendenza di formarci nello studio e creare nuovi centri culturali che forgino nuove correnti politiche umane e non solo economiche, che risanino questa classe di cui oggi si è persa la credibilità. Francesco d’Assisi in questo aveva già visto chiaro nel mettere in guardia tutti quei “reggitori” che avrebbero dimenticato Dio nel loro governo!

Lettera di san Francesco ai reggitori dei popoli

A tutti i potestà e consoli, magistrati e reggitori ovunque, e a tutti coloro a cui giungerà questa lettera, frate Francesco, vostro servo nel Signore Dio, piccolo e

disprezzato, augura salute e pace. Ricordate e pensate che il giorno della morte si avvicina. Vi supplico allora, con

rispetto per quanto posso, di non dimen ticare il Signore, presi come siete dalle cure e dalle preoccupa zioni del mondo.

Obbedite ai suoi comandamenti, poiché tutti quelli che di menticano il Signore e si allontanano dalle sue leggi sono maledetti e saranno dimenticati da Lui.

E quando verrà il giorno della morte, tutte quelle cose che credevano di avere saranno loro tolte. E quanto più saranno sa pienti e potenti in questo mondo, tanto

più dovranno patire le pene dell’inferno. Perciò vi consiglio, signori miei, di mettere da parte ogni cura e preoccupazione e di ricevere devotamente la comunione del santissimo corpo e sangue del Signore

nostro Gesù Cristo in sua santa memoria. E dovete dare al Signore tanto onore fra il popolo a voi affi dato, che ogni sera un

banditore proclami o altro segno annunci che siano rese lodi e grazie all’Onni-potente Signore Iddio da tutto il popolo. E se non farete questo, sappiate che voi dovete rendere ragione al Signore Dio vostro Gesù Cristo nel giorno del giudizio.

Coloro che porteranno con sé questa lettera e la osserve ranno, sappiano che sono benedetti dal Signore .

Il Signore vi benedica e vi custodisca. Mostri a voi il suo Volto e abbia misericordia di voi. Volga a voi il Suo sguardo e vi dia pace. Il Signora vi benedica.

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E il popolo andò alle urne: dopo cinque anni, dopo una delle legislature più turbolente della storia repubblicana, caratterizzata da scandali di ogni genere e dai personaggi più fantasiosi, dalla marocchina che diventa nipote del Presidente d’Egitto agli antieroi della Regione Lazio, dal leghista laureato in Albania con i soldi degli italiani ai faccendieri che ricattano il Presidente del Consiglio, i cittadini italiani sono tornati al voto per esprimere le loro preferenze (nei limiti dell’attuale legge elettorale), per scegliere chi meglio potesse incarnare il loro pensiero in Parlamento. Conosciamo tutti bene le difficoltà che sta affrontando il nostro Paese ed i rischi ai quali è esposto, si è parlato della prossima come di una possibile legislatura costituente, in grado di riformare radicalmente la nazione in modo da risanare, o perlomeno attenuare, il disagio sociale evidente ormai in ogni aspetto della vita quotidiana. In questo clima, ci chiediamo, alla vigilia della formazione del nuovo Governo (se mai si riuscirà a formare), chi abbia realmente vinto queste elezioni. La risposta non è facile. Nessuna forza politica ha avuto la maggioranza per essere in grado di governare con stabilità. È evidente, però, che il voto si sia incanalato verso una direzione ben precisa: i vincitori “morali” sono coloro che in questa

LA FOLLA SCEGLIE SEMPRE BARABBAcampagna elettorale hanno parlato alla pancia, alla rabbia, alla protesta della gente, hanno raccontato ciò che le persone volevano sentirsi raccontare, per usare un termine molto abusato ultimamente, hanno vinto i populisti, hanno vinto Berlusconi e Grillo. Due personaggi apparentemente diversi e agli antipodi, ma, ascoltando attentamente ciò che hanno detto in questi ultimi tempi, sostanzialmente analoghi.Il primo, personaggio principale della vita politica italiana degli ultimi venti anni, è stato votato da quasi un elettore su tre grazie ad un’abile campagna elettorale centrata sulla contrapposizione alla politica di austerità di Monti dell’ultimo anno e cavalcando il grido di protesta della folla con la promessa dell’abbassamento delle tasse (famosa a tal proposito la restituzione dell’IMU), la riduzione del numero dei parlamentari e dei loro stipendi, la limitazione ad un massimo di due legislature per ogni parlamentare, l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti e, in ultimo, la possibilità dell’uscita dell’Italia dall’Euro. Tutti punti condivisibili per l’italiano quadratico medio, compresa la congettura per la quale l’inizio della crisi economica sia coinciso con l’ingresso nella moneta unica. Ed ecco che, nonostante abbia avuto già venti anni per attuare queste

promesse, senza realizzarne neanche mezza, nonostante la situazione economica del Paese in cui ci hanno portato i suoi governi (ricordiamo il famigerato spread dell’autunno 2011), nonostante un discredito assoluto dell’Europa e del resto del mondo nei suoi confronti (e di riflesso in chi rappresentava, cioè noi), nonostante gli scandali di cui si è reso protagonista, insomma, nonostante tutto, ancora il 30% degli elettori (senza memoria) riversa la sua fiducia nel signor B.Il secondo, comico di professione, abituato ad aizzare le folle nei suoi interventi, si è intestato il disagio sociale e ha dato un canale alla rabbia dei cittadini, predicando più o meno lo stesso programma elettorale del signor B., ma con un odio sferzante nei confronti dei vecchi partiti. Un elettore su quattro ha votato questo nuovo movimento, sintomo, senza dubbio, della protesta nei confronti di un sistema in decadenza, che non ha generato sintomi di speranza verso il futuro né dà la sensazione di farlo. La ricetta del signor G. è, tuttavia, distruttiva, perlopiù: intende demolire le infrastrutture democratiche esistenti, senza chiarire come costruirne di nuove, ma questo all’italiano quadratico medio, per di più esasperato, non interessa, spinto dall’idea che peggio di così non possa andare, contrariamente a quanto afferma la nota legge di Murphy.“Ogni popolo ha i governanti che si merita”, scriveva Aristotele: la mia speranza non è di avere dei politici migliori, ma dei cittadini più consapevoli.

manlio minervini

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fortuna nei nostri confronti ,ma talvolta siamo noi stessi che, scoraggiandoci, non facciamo nulla per rimediare e affrontare positivamente le situazioni che ci si presentano. Ciò non vuol dire che gli ottimisti non ricevano delusioni o non abbiano la loro giornata “no” ma la differenza sostanziale che li distingue dai pessimisti è nel modo con cui essi reagiscono agli insuccessi: con forza e determinazione. È naturale un immediato momento di sconforto: lo stesso Dr. Wiseman consiglia di piangere o addirittura urlare per 30 minuti subito dopo aver ricevuto una brutta notizia o dopo un’esperienza fallimentare;l’importante è convincersi di poter sbrogliare e semplificare quelle intricate situazioni che ci creano angoscia. Tanti sono i proverbi e detti popolari in cui ci imbattiamo quando , demoralizzati, chiediamo consiglio ai nostri genitori o nonni, appellandoci alla loro saggezza ed esperienza di vita, o quando cerchiamo conforto e coraggio nei nostri amici;il messaggio è sempre lo stesso:

7TIENI IL TEMPOfrancesca messere

L’OTTIMISMO, IL PROFUMO DELLA VITAmaria carla pisani

Ti senti sfortunato? Ogni volta che esci senza ombrello piove? Ti capita di essere sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato? La tua frase ricorrente è “càpitano tutte a me!”? Se ti ritrovi anche tu nell’identikit della comune persona un po’ “sfigata” c’è un’unica soluzione per far pace con la fortuna avversa. Sorridere ed essere positivi! No, non è l’ultima trovata pubblicitaria per la vendita del dentifricio “per denti bianchissimi” ma è la scoperta di un recente studio compiuto dallo psicologo inglese Dr.Richard Wiseman. Dopo aver sottoposto ad un campione di 100 persone un questionario in cui era loro richiesto in quali delle situazioni presentate si ritrovassero maggiormente, il Dr. Wiseman è giunto alla conclusione che le persone ottimiste o che si ritengono fortunate sono anche quelle baciate dalla buona sorte e che hanno più opportunità di raggiungere i loro obiettivi. Non sempre quindi le situazioni negative che si verificano spesso in rapida successione derivano da un accanimento della

Ore 7.15 suona la sveglia. Alzarsi, far colazione , vestirsi e poi lasciarsi trascinare dalla marea di gente che in metro ti avvolge, o meglio ti travolge. Come soldatini di piombo si marcia sulle scale mobili che, si sa, sono state inventate per accelerare la salita, ma non è abbastanza: bisogna andare ancora più veloci. Ci si accalca dinanzi alle porte dei vagoni come se quella fosse l’ultima corsa mentre, esattamente un minuto dopo ci sarà un altro mezzo, super puntuale, pronto a condurti verso la tua destinazione. E io sono là a chiedermi se ci sia qualcosa in me che non vada, io che, con il mio passo né troppo svelto ma neanche troppo lento, mi vedo superare a destra e sinistra e che quando vedo il vagone troppo pieno aspetto che arrivi il successivo. Non vi nascondo che tutto questo non riesco a concepirlo e mi verrebbe da dire nello slang della mi terra “Ma dove…corri!”. Allora mi son chiesta se non fosse una questione antropologica: io di fatto cosa ho di diverso rispetto a tutta quella gente? Sono nata in una terra del Sud e lì si sa c’è sempre tempo per una siesta, come assicurano i più svariati stereotipi. A parte, però, che da quando sono qui nelle lande lombarde, io uno che sia proprio natio di queste terre non l’ho ancora trovato, pertanto non credo si tratti di una questione di natali; piuttosto credo si tratti di uno stile di vita, condotto per scelta e a cui, come molti mi ripetono, ci si fa l’abitudine.

Così ho riportato la mia riflessione ad un aspetto più generale, cercando di trovare cosa o chi stabilisce le tempistiche del nostro vivere. L’età giusta per laurearsi, prima che la gente cominci a chiederti insistentemente quanti esami ti mancano, o l’età giusta per innamorarsi, sposarsi, fare figli, mi chiedo chi stabilisce tutto ciò. Ma l’unica risposta che trovo è racchiusa nel titolo di un libro che da tempo mi piacerebbe leggere: “Il

tempo che ci vuole”.Perché non siamo tutti uguali, ognuno hai i suoi tempi, e questo non dipende affatto da dove tu sia nato ma dal percorso che conduci per andare da A a B: questo percorso si chiama vita.In cuor mio spero di riuscire a mantenere il mio ritmo e di non dover mai essere costretta ad abituarmi ai tempi di quella folla che potrebbe trascinarmi via.

considerare l’aspetto positivo di ogni situazione e da lì ripartire, lasciandosi alle spalle l’amarezza e la negatività. Il pessimismo rappresenta una sorta di protezione dalle delusioni: chi non si aspetta nulla dal futuro non potrà mai esserne deluso. Ma questa strategia non è efficace perché nel nostro cuore è sempre presente, seppur stropicciato e appallottolato, quel velo di speranza che è impossibile strappare e buttar via. Essere ottimisti non è poi così difficile , basta esercitarsi prendendo esempio da chi non si abbatte per un brutto voto in matematica perché sa che impegnandosi lo potrà recuperare; da chi ,dopo una settimana di pioggia ,spera sempre che la domenica ci sia il sole per organizzare un pic-nic in campagna; da chi non ha paura del buio perché solo in questo modo può godere della bellezza delle stelle. Allora facciamoci contagiare dall’ottimismo, facciamoci sommergere da quell’ondata di follia, forza, determinazione, speranza, gioia che ci “fa andare a vanti e dire che non è finita, che ci fa cantare e amare sempre più perché domani sia migliore, perché domani…”

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Ricordo che quando ero bambina andavo spesso a giocare a casa dei miei amici e che ogni casa aveva un suo odore caratteristico. Mi chiedevo: quale sarà l’odore della mia casa? Quale sarà il mio odore?Questi pensieri mi sono tornati in mente quando ho ascoltato le parole di Papa Francesco in occasione dell’omelia del Giovedì Santo: “questo io vi chiedo: siate pastori con l’odore delle pecore”.E’ un’esortazione forte e chiara, come quell’odore a cui si è riferito il Santo Padre. Un invito a tornare tra la gente, a stare proprio a contatto fisico con gli uomini, con le donne, con i bambini, con gli emarginati, con i poveri, con gli ultimi, a conoscere le loro storie e le loro vite.Sento questo invito valido non solo per i sacerdoti ma anche per noi laici, giovani e adulti.

L’ODORE DELLA VERITÁMi viene in mente l’odore forte che avverto in treno quando salgono alcuni zingari, africani, indiani. E’ l’odore del loro cibo, dei loro vestiti, delle loro case: noi storciamo il naso perché non siamo più abituati a questa genuinità, ormai “educati” a coprire il nostro vero odore con profumi e creme. Sento quindi anche per me quell’invito ad essere pastore oltre che pecora, ad andare per le strade della mia città, ad informarmi, a sentirmi parte delle realtà scomode spesso occultate, ad entrare nelle case dei fratelli meno fortunati, ad andare semplicemente, per

tornare a casa mia con l’odore delle case degli altri, a vivere la fede che mi è stata donata anche con l’esempio che spesso chiediamo solo agli altri. Scrolliamoci di dosso, dunque, l’odore asettico dell’indifferenza e dell’egoismo, del qualunquismo e della superficialità.Anche don Tonino invitava tutti a “profumare di popolo”, a scendere dai piedistalli delle nostre sicurezze e camminare anche nei terreni incolti della vita, dove non ci sono strade asfaltate, dove si vive alla giornata. Ma, soprattutto, facciamoci annusare anche noi e spogliamoci di quegli abiti che spesso indossiamo per coprire il vero odore del nostro animo. Non dobbiamo avere paura di essere noi stessi, di odorare di verità.

carmela zaza

Se credete che Il lato positivo sia la “solita commedia romantica americana”, tranquilli, non correte questo rischio. Infatti il merito di David O.Russell, sceneggiatore e regista del film, è quello di raccontare una storia così originale, tratta dal romanzo “ L’orlo

IL LATO POSITIVO, SILVER LININGS PLAYBOOK

argenteo delle nuvole “ di Matthew Quick, senza trasformarla in una banale commedia sentimentale. Gli sbalzi d’umore, gli attacchi di ira e l’iperattività sono gli elementi che caratterizzano il protagonista Pat Solitano, interpretato da Bradley Cooper, il quale

affetto da disturbo bipolare perde lavoro, casa e compagna; dopo otto mesi in clinica psichiatrica ritorna a casa dai suoi genitori, una famiglia con la passione/ossessione per i Phlidaliphia Eagles. Al suo fianco troviamo la giovane vedova Tiffany che sfoga il suo dolore nel sesso occasionale, interpretata dall’ottima Jennifer Lawrence vincitrice dell’Oscar come miglior attrice protagonista all’età di 22 anni. Entrambi perseguono un’obiettivo: Pat vuole riconquistare sua moglie e Tiffany ambisce a partecipare ad una gara di ballo. Le due storie si intrecceranno e cambierà il corso degli eventi. Il film è spiritoso, incentrato sulla ricerca del lato positivo in ogni momento della vita di tutti i giorni, un ottimismo che invade pienamente lo spettatore e lo porta a voler vivere a pieno la propria vita! Il regista vuol riproporre, con personaggi insoliti e leggerezza, alcuni spunti di riflessione sulle malattie mentali, l’uso e abuso di medicinali, l’integrazione degli stranieri in America, le ossessioni e la passione unificante per lo sport, trasformando “ Il lato positivo “ in un film notevole e fuori dagli schemi.

sante drago