L'Osservatore Romano, 4-9-2013

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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLIII n. 201 (46.445) Città del Vaticano mercoledì 4 settembre 2013 . y(7HA3J1*QSSKKM( +%!z!;!"![ Le Nazioni Unite certificano che il numero dei rifugiati all’estero ha ormai superato i due milioni In cerca di pace per le stremate popolazioni siriane DAMASCO, 3. Nel giorno in cui l’Onu certifica che i rifugiati siriani all’estero sono ormai più di due mi- lioni, la minaccia di un inasprimento del conflitto, con conseguenze non valutabili ma certamente spaventose, pende sul popolo siriano e, più un generale, sull’intero Medio Oriente. Agli sforzi di pace chiesti con for- za domenica scorsa da Papa France- sco, fa riscontro l’attività delle diplo- mazie — in realtà ancora su posizioni fortemente divergenti ma anche un dibattito politico interno in quei Paesi, a partire dagli Stati Uniti, che finora si sono detti decisi a interve- nire nel conflitto, in risposta puniti- va al presunto uso di armi chimiche da parte delle forze del presidente siriano, Bashar Al Assad, in un at- tacco dello scorso 21 agosto. Ripresi i combattimenti tra esercito congolese e ribelli Non regge la tregua in Nord Kivu KINSHASA, 3. È durata solo poche ore in Nord Kivu la tregua dichia- rata dai ribelli del Movimento del 23 marzo (M23) tornati nelle scorse settimane all’offensiva contro l’eser- cito congolese. Radio Okapi, l’emittente della Monusco, la mis- sione dell’Onu, ha riferito che sono ripresi i combattimenti alle porte di Goma, il capoluogo della tormen- tata regione orientale della Repub- blica Democratica del Congo dove non si è mai consolidata la pace dopo la guerra civile conclusa da oltre dieci anni. Secondo l’emitten- te, «come spesso accade le due parti si sono accusate a vicenda del riaccendersi delle violenze». Il colonnello Olivier Hamuli, portavoce delle truppe congolesi dispiegate in Nord Kivu, ha di- chiarato che i soldati non hanno fatto altro che rispondere agli as- salti dei ribelli nella zona di Ka- nyaruchinya. L’ufficiale ha aggiun- se, Louise Mushikiwabo, non ha confermato il rafforzamento milita- re, pur riconoscendo che l’esercito è in stato di allerta. In questo contesto l’ex presiden- te irlandese Mary Robinson, invia- to speciale dell’Onu per la regione dei Grandi Laghi, si è recata ieri a Kinshasa e poi a Goma, e si accin- ge a visitare le capitali di Rwanda e Uganda, i cui Governi sono da tempo accusati di sostenere l’M23. Robinson ha invitato le parti a «cessare immediatamente gli scon- tri e a lavorare per ristabilire la fi- ducia negli sforzi di pace», sottoli- neando che la Repubblica Demo- cratica del Congo e l’intera regione hanno bisogno di stabilità e svilup- po economico realizzabili «solo ri- solvendo le cause profonde del conflitto tramite un processo politi- co globale». Mentre i caschi blu di Sud Afri- ca, Tanzania e Malawi, che costi- Un profugo siriano varca il confine con la Turchia (LaPresse/Ap) In un libro di Gustavo Gutiérrez e Gerhard Ludwig Müller Dalla parte dei poveri Giovedì 5 in Vaticano Invitato il Corpo diplomatico In vista della giornata di digiuno e di preghiera per la pace e della veglia di sabato con il Papa in piazza San Pietro, la Segreteria di Stato ha invitato gli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede a un briefing che si svolgerà giove- dì mattina, 5 settembre, per infor- mare il corpo diplomatico sui si- gnificati dell’iniziativa. Ne ha da- to notizia il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi. «La Segrete- ria di Stato — ha poi precisato — oltre ad invitare gli ambasciatori per il briefing di giovedì, ha con- tattato tutte le Conferenze episco- pali del mondo per dare informa- zioni sull’iniziativa di Papa Fran- cesco e assicurarsi che siano state recepite le sue indicazioni». Il di- rettore della Sala Stampa della Santa Sede ha infine informato che analogo impegno è stato adottato dai diversi dicasteri vati- cani i quali hanno preso contatto con i rispettivi referenti. Una barriera ghiacciata di un chilometro e mezzo verrà costruita per contenere la fuoriuscita di acqua radioattiva Gelo a Fukushima Una famiglia di sfollati (Afp) PAGINE 4 E 5 I campioni raccolti in Siria dagli ispettori dell’Onu sono stati spediti ai laboratori europei competenti. Un portavoce delle Nazioni Unite ha detto che il segretario generale, Ban Ki-moon, informerà oggi il Consi- glio di sicurezza, restando poi in contatto costante con i cinque mem- bri permanenti (Cina, Francia, Gran Bretagna, Russia e Stati Uniti). È inoltre previsto un incontro dell’alto rappresentante dell’Onu per il disar- mo, Angela Kane, con gli ambascia- tori dei Paesi che avevano sollecitato un’inchiesta sulle accuse rivolte a Damasco. Il presidente statunitense Barack Obama, dopo avere annunciato che intende non lasciare senza risposta i fatti dei quali accusa Damasco, invo- cando l’interesse nazionale e quello di Paesi alleati, sta ancora confron- tandosi con il Congresso su come articolare tale risposta, sebbene la Costituzione del suo Paese gli con- senta di decidere da solo. La Casa Bianca ha comunicato ieri che Obama è pronto a modificare il lin- guaggio della bozza di risoluzione con cui si chiede al Congresso l’au- torizzazione per l’uso della forza in Siria, pur nel rispetto dei «parame- tri» già fissati. In un’intervista a «Le Figaro», il presidente siriano ha intanto rispo- sto sfidando le potenze occidentali a fornire prove concrete delle accuse che gli sono mosse e ha prospettato, in caso di attacco, l’estensione del conflitto a tutta la regione. Finora, il Governo di Washington non ha presentato pubblicamente le prove inconfutabili che afferma di avere riguardo alla colpevolezza di Assad. In proposito, ieri, il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, ha detto che al suo Governo sono stati mostrati solo «alcuni materiali che non contengono nulla di concre- to e che non ci convincono». Lavrov ha aggiunto che Washington ha re- spinto per asseriti motivi di segretez- za la richiesta di «conferme più det- tagliate» e che quindi «non vi sono elementi per la cooperazione inter- nazionale». Di nuove prove ha parlato ieri an- che il Governo di Parigi, secondo il quale immagini satellitari mostrereb- bero un attacco «massiccio e coordi- nato» che parte chiaramente dalla zona controllata dalle forze governa- tive siriane. In ogni caso, sempre se- condo il Governo francese, i ribelli siriani non avrebbero avuto i mezzi per una simile azione. Di contro, questa mattina il Go- verno iraniano ha comunicato, con il ministro della difesa Hossein Dehqan, di aver fornito agli Stati Uniti informazioni sull’introduzione in Siria di gas nervini già otto mesi fa, attraverso un traffico che avrebbe preparato gli attacchi chimici, attri- buiti da Teheran ai ribelli siriani. Nelle prossime ore sono attesi confronti diplomatici più serrati, in concomitanza con il vertice del G20 a San Pietroburgo. Intanto, il conflitto siriano non si ferma, con ricadute sempre più pe- santi sulle popolazioni civili. Come detto, secondo l’alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr) ci sono più di due milioni di siriani ri- fugiati nei Paesi vicini, un numero che si è quasi decuplicato in un an- no, dato che il 3 settembre del 2012 i profughi erano 230.671. «In Siria c’è un’emorragia di donne, bambini e uomini che attraversano la frontiera spesso con nient’altro che i vestiti sulle loro spalle», si legge in una no- ta dell’Unhcr. Ai due milioni di siriani fuggiti all’estero dall’inizio del conflitto nel marzo 2011, vanno aggiunti i 4.250.000 che nelle stime dell’O nu sono sfollati all’interno del Paese, spesso per sfuggire alle persecuzioni di gruppi nemici. In tutto, cioè, i profughi rappresentano ormai un terzo dei 20,8 milioni di siriani cen- siti prima della guerra civile. Proprio ieri, un barcone carico di oltre cento profughi siriani ed egi- ziani è stato soccorso al largo di Si- racusa dalla guardia costiera italiana che ha trovato a bordo una donna morta, una palestinese da tempo ri- fugiata in Siria e costretta come altri a una nuova fuga. to che l’esercito sta con- solidando le proprie po- sizioni nei pressi di Ki- bumba, dopo aver pre- so venerdì scorso il con- trollo della collina chia- mata delle Tre antenne, punto strategico a Ki- bati, venti chilometri da Goma, da dove i ribelli lanciavano colpi di mortaio sulla città. Le truppe regolari sarebbe- ro anche riuscite a en- trare a Munigi, località sempre a 20 chilometri da Goma e considerata una delle roccaforti del gruppo ribelle. Diametralmente op- posta è la versione di Amani Kabasha, porta- voce dell’M23, formato da ex guerriglieri che a suo tempo, appunto il 23 marzo di tre anni fa, firmarono un accordo con il Governo di Kin- Le adesioni all’appello del Papa Nel mondo il grido della preghiera PAGINA 7 Intervista al cardinale Sandri Prima che sia troppo tardi PAGINA 8 shasa e furono incorporati nell’esercito, salvo poi disertare in massa denunciando il non rispetto dei patti. Secondo Kabasha, l’eser- cito ha «violato il cessate il fuoco che abbiamo decretato unilateral- mente quando ci siamo ritirati dal- la linea di fronte alle Tre antenne». Da allora l’M23 avrebbe concentra- to le proprie truppe a Mboga, all’entrata sud di Kibumba, e a Kabuye, nei pressi di Buhumba, non lontano dal confine con il Rwanda. Sull’altro lato di tale confine, te- stimoni hanno riferito dell’arrivo di rinforzi militari rwandesi a Gisenyi, la città gemella di Goma colpita da bombardamenti la scorsa settima- na. Il ministro degli Esteri rwande- tuiscono la brigata offensiva della Monusco, stanno sostenendo l’eser- cito congolese, le diplomazie locali premono per rilanciare i colloqui di pace tra Kinshasa e l’M23, bloc- cati da mesi. Giovedì nella capitale ugandese Kampala si terrà un ver- tice straordinario dei capi di Stato della Conferenza internazionale dei Grandi Laghi (Cirgl), dedicato ap- punto alla situazione in Nord Kivu. I leader della Cirgl discute- ranno sia del dispiegamento della brigata offensiva della Monusco, decisa dal Consiglio di sicurezza dell’Onu, sia del ritardo nell’attua- zione dell’accordo regionale siglato lo scorso febbraio ad Addis Abeba per ristabilire la pace nell’est con- golese. TOKYO, 3. Il Governo giapponese ha presentato un piano di 47 miliardi di yen (circa 360 milioni di euro) per affrontare la nuova crisi nell’impian- to nucleare di Fukushima e contene- re la fuoriuscita di acqua radioattiva. Liquido che nei giorni scorsi la Tepco, la società che gestisce la disa- strata centrale (praticamente distrut- ta dal terremoto e dal successivo tsu- nami dell’11 marzo del 2011), ha clas- sificato al livello 3, che corrisponde a un incidente grave sulla Ines, la scala internazionale degli eventi nu- cleari. Il progetto di Tokyo prevede la costruzione di una barriera ghiac- ciata lunga circa un chilometro e mezzo attraverso l’uso di un refrige- rante speciale, capace di arginare la fuga di acqua contaminata e raffred- dare così i reattori. Il piano governativo, annunciato ieri dal capo di Gabinetto, Yoshihide Suga, è stato deciso per rispondere ai timori internazionali dopo la recente perdita di 300 ton- nellate di acqua ad alta contamina- zione, a pochi giorni della scelta del Comitato olimpico internazionale (sabato prossimo a Buenos Aires) su chi organizzerà le olimpiadi estive del 2020, che vede Tokyo in gara con Madrid e Istanbul. La Nuclear regulation authority (Nra), l’Agenzia nipponica sulla si- curezza nucleare, si prepara intanto a prendere in esame l’ipotesi di sca- ricare nell’oceano una buona parte dell’acqua contenuta nei circa mille serbatoi della centrale di Fukushima, a patto che le radiazioni risultino in- feriori ai limiti legali. Incontrando la stampa estera, Shunichi Tanaka, pre- sidente della Nra, ha ammesso che l’operazione, anche con le verifiche sulla decontaminazione, è destinata a incontrare resistenze. Il presidente dell’autorità nipponica per l’energia atomica Shunichi Tanak (LaPresse/Ap) Diego Rivera, «Delfina e Dimas» (1935)

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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00

L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLIII n. 201 (46.445) Città del Vaticano mercoledì 4 settembre 2013

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Le Nazioni Unite certificano che il numero dei rifugiati all’estero ha ormai superato i due milioni

In cerca di paceper le stremate popolazioni siriane

DA M A S C O, 3. Nel giorno in cuil’Onu certifica che i rifugiati sirianiall’estero sono ormai più di due mi-lioni, la minaccia di un inasprimentodel conflitto, con conseguenze nonvalutabili ma certamente spaventose,pende sul popolo siriano e, più ungenerale, sull’intero Medio Oriente.

Agli sforzi di pace chiesti con for-za domenica scorsa da Papa France-sco, fa riscontro l’attività delle diplo-mazie — in realtà ancora su posizionifortemente divergenti — ma ancheun dibattito politico interno in queiPaesi, a partire dagli Stati Uniti, chefinora si sono detti decisi a interve-nire nel conflitto, in risposta puniti-va al presunto uso di armi chimicheda parte delle forze del presidentesiriano, Bashar Al Assad, in un at-tacco dello scorso 21 agosto.

Ripresi i combattimenti tra esercito congolese e ribelli

Non reggela tregua in Nord Kivu

KINSHASA, 3. È durata solo pocheore in Nord Kivu la tregua dichia-rata dai ribelli del Movimento del23 marzo (M23) tornati nelle scorsesettimane all’offensiva contro l’eser-cito congolese. Radio Okapi,l’emittente della Monusco, la mis-sione dell’Onu, ha riferito che sonoripresi i combattimenti alle porte diGoma, il capoluogo della tormen-tata regione orientale della Repub-blica Democratica del Congo dovenon si è mai consolidata la pacedopo la guerra civile conclusa daoltre dieci anni. Secondo l’emitten-te, «come spesso accade le dueparti si sono accusate a vicenda delriaccendersi delle violenze».

Il colonnello Olivier Hamuli,portavoce delle truppe congolesidispiegate in Nord Kivu, ha di-chiarato che i soldati non hannofatto altro che rispondere agli as-salti dei ribelli nella zona di Ka-nyaruchinya. L’ufficiale ha aggiun-

se, Louise Mushikiwabo, non haconfermato il rafforzamento milita-re, pur riconoscendo che l’e s e rc i t oè in stato di allerta.

In questo contesto l’ex presiden-te irlandese Mary Robinson, invia-to speciale dell’Onu per la regionedei Grandi Laghi, si è recata ieri aKinshasa e poi a Goma, e si accin-ge a visitare le capitali di Rwandae Uganda, i cui Governi sono datempo accusati di sostenere l’M23.Robinson ha invitato le parti a«cessare immediatamente gli scon-tri e a lavorare per ristabilire la fi-ducia negli sforzi di pace», sottoli-neando che la Repubblica Demo-cratica del Congo e l’intera regionehanno bisogno di stabilità e svilup-po economico realizzabili «solo ri-solvendo le cause profonde delconflitto tramite un processo politi-co globale».

Mentre i caschi blu di Sud Afri-ca, Tanzania e Malawi, che costi-

Un profugo siriano varca il confine con la Turchia (LaPresse/Ap)

In un libro di Gustavo Gutiérrez e Gerhard Ludwig Müller

Dalla parte dei poveri

Giovedì 5 in Vaticano

Invitatoil Corpo diplomatico

In vista della giornata di digiunoe di preghiera per la pace e dellaveglia di sabato con il Papa inpiazza San Pietro, la Segreteria diStato ha invitato gli ambasciatoriaccreditati presso la Santa Sede aun briefing che si svolgerà giove-dì mattina, 5 settembre, per infor-mare il corpo diplomatico sui si-gnificati dell’iniziativa. Ne ha da-to notizia il direttore della SalaStampa della Santa Sede, padreFederico Lombardi. «La Segrete-ria di Stato — ha poi precisato —oltre ad invitare gli ambasciatoriper il briefing di giovedì, ha con-tattato tutte le Conferenze episco-pali del mondo per dare informa-zioni sull’iniziativa di Papa Fran-cesco e assicurarsi che siano staterecepite le sue indicazioni». Il di-rettore della Sala Stampa dellaSanta Sede ha infine informatoche analogo impegno è statoadottato dai diversi dicasteri vati-cani i quali hanno preso contattocon i rispettivi referenti.

Una barriera ghiacciata di un chilometro e mezzo verrà costruita per contenere la fuoriuscita di acqua radioattiva

Gelo a Fukushima

Una famiglia di sfollati (Afp)

PAGINE 4 E 5

I campioni raccolti in Siria dagliispettori dell’Onu sono stati speditiai laboratori europei competenti. Unportavoce delle Nazioni Unite hadetto che il segretario generale, BanKi-moon, informerà oggi il Consi-glio di sicurezza, restando poi incontatto costante con i cinque mem-bri permanenti (Cina, Francia, GranBretagna, Russia e Stati Uniti). Èinoltre previsto un incontro dell’altorappresentante dell’Onu per il disar-mo, Angela Kane, con gli ambascia-tori dei Paesi che avevano sollecitatoun’inchiesta sulle accuse rivolte aD amasco.

Il presidente statunitense BarackObama, dopo avere annunciato cheintende non lasciare senza risposta ifatti dei quali accusa Damasco, invo-cando l’interesse nazionale e quellodi Paesi alleati, sta ancora confron-tandosi con il Congresso su comearticolare tale risposta, sebbene laCostituzione del suo Paese gli con-senta di decidere da solo. La CasaBianca ha comunicato ieri cheObama è pronto a modificare il lin-guaggio della bozza di risoluzionecon cui si chiede al Congresso l’au-torizzazione per l’uso della forza inSiria, pur nel rispetto dei «parame-tri» già fissati.

In un’intervista a «Le Figaro», ilpresidente siriano ha intanto rispo-sto sfidando le potenze occidentali afornire prove concrete delle accuseche gli sono mosse e ha prospettato,in caso di attacco, l’estensione delconflitto a tutta la regione.

Finora, il Governo di Washingtonnon ha presentato pubblicamente leprove inconfutabili che afferma diavere riguardo alla colpevolezza diAssad. In proposito, ieri, il ministrodegli Esteri russo, Serghiei Lavrov,ha detto che al suo Governo sonostati mostrati solo «alcuni materialiche non contengono nulla di concre-to e che non ci convincono». Lavrovha aggiunto che Washington ha re-spinto per asseriti motivi di segretez-za la richiesta di «conferme più det-tagliate» e che quindi «non vi sonoelementi per la cooperazione inter-nazionale».

Di nuove prove ha parlato ieri an-che il Governo di Parigi, secondo ilquale immagini satellitari mostrereb-bero un attacco «massiccio e coordi-nato» che parte chiaramente dallazona controllata dalle forze governa-

tive siriane. In ogni caso, sempre se-condo il Governo francese, i ribellisiriani non avrebbero avuto i mezziper una simile azione.

Di contro, questa mattina il Go-verno iraniano ha comunicato, con ilministro della difesa HosseinDehqan, di aver fornito agli StatiUniti informazioni sull’intro duzionein Siria di gas nervini già otto mesifa, attraverso un traffico che avrebbepreparato gli attacchi chimici, attri-buiti da Teheran ai ribelli siriani.

Nelle prossime ore sono attesiconfronti diplomatici più serrati, inconcomitanza con il vertice del G20a San Pietroburgo.

Intanto, il conflitto siriano non siferma, con ricadute sempre più pe-santi sulle popolazioni civili. Comedetto, secondo l’alto commissariatodell’Onu per i rifugiati (Unhcr) cisono più di due milioni di siriani ri-fugiati nei Paesi vicini, un numeroche si è quasi decuplicato in un an-no, dato che il 3 settembre del 2012 iprofughi erano 230.671. «In Siria c’èun’emorragia di donne, bambini euomini che attraversano la frontieraspesso con nient’altro che i vestitisulle loro spalle», si legge in una no-ta dell’U n h c r.

Ai due milioni di siriani fuggitiall’estero dall’inizio del conflitto nel

marzo 2011, vanno aggiunti i4.250.000 che nelle stime dell’O nusono sfollati all’interno del Paese,spesso per sfuggire alle persecuzionidi gruppi nemici. In tutto, cioè, iprofughi rappresentano ormai unterzo dei 20,8 milioni di siriani cen-siti prima della guerra civile.

Proprio ieri, un barcone carico dioltre cento profughi siriani ed egi-ziani è stato soccorso al largo di Si-racusa dalla guardia costiera italianache ha trovato a bordo una donnamorta, una palestinese da tempo ri-fugiata in Siria e costretta come altria una nuova fuga.

to che l’esercito sta con-solidando le proprie po-sizioni nei pressi di Ki-bumba, dopo aver pre-so venerdì scorso il con-trollo della collina chia-mata delle Tre antenne,punto strategico a Ki-bati, venti chilometri daGoma, da dove i ribellilanciavano colpi dimortaio sulla città. Letruppe regolari sarebbe-ro anche riuscite a en-trare a Munigi, localitàsempre a 20 chilometrida Goma e consideratauna delle roccaforti delgruppo ribelle.

Diametralmente op-posta è la versione diAmani Kabasha, porta-voce dell’M23, formatoda ex guerriglieri che asuo tempo, appunto il23 marzo di tre anni fa,firmarono un accordocon il Governo di Kin-

Le adesioni all’appello del Papa

Nel mondoil grido della preghiera

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Intervista al cardinale Sandri

Primache sia troppo tardi

PAGINA 8

shasa e furono incorporatinell’esercito, salvo poi disertare inmassa denunciando il non rispettodei patti. Secondo Kabasha, l’eser-cito ha «violato il cessate il fuocoche abbiamo decretato unilateral-mente quando ci siamo ritirati dal-la linea di fronte alle Tre antenne».Da allora l’M23 avrebbe concentra-to le proprie truppe a Mboga,all’entrata sud di Kibumba, e aKabuye, nei pressi di Buhumba,non lontano dal confine con ilRwanda.

Sull’altro lato di tale confine, te-stimoni hanno riferito dell’arrivo dirinforzi militari rwandesi a Gisenyi,la città gemella di Goma colpita dabombardamenti la scorsa settima-na. Il ministro degli Esteri rwande-

tuiscono la brigata offensiva dellaMonusco, stanno sostenendo l’eser-cito congolese, le diplomazie localipremono per rilanciare i colloquidi pace tra Kinshasa e l’M23, bloc-cati da mesi. Giovedì nella capitaleugandese Kampala si terrà un ver-tice straordinario dei capi di Statodella Conferenza internazionale deiGrandi Laghi (Cirgl), dedicato ap-punto alla situazione in NordKivu. I leader della Cirgl discute-ranno sia del dispiegamento dellabrigata offensiva della Monusco,decisa dal Consiglio di sicurezzadell’Onu, sia del ritardo nell’attua-zione dell’accordo regionale siglatolo scorso febbraio ad Addis Abebaper ristabilire la pace nell’est con-golese.

TO KY O, 3. Il Governo giapponese hapresentato un piano di 47 miliardi diyen (circa 360 milioni di euro) peraffrontare la nuova crisi nell’impian-to nucleare di Fukushima e contene-re la fuoriuscita di acqua radioattiva.

Liquido che nei giorni scorsi laTepco, la società che gestisce la disa-strata centrale (praticamente distrut-ta dal terremoto e dal successivo tsu-nami dell’11 marzo del 2011), ha clas-sificato al livello 3, che corrispondea un incidente grave sulla Ines, lascala internazionale degli eventi nu-cleari. Il progetto di Tokyo prevedela costruzione di una barriera ghiac-ciata lunga circa un chilometro emezzo attraverso l’uso di un refrige-rante speciale, capace di arginare lafuga di acqua contaminata e raffred-dare così i reattori.

Il piano governativo, annunciatoieri dal capo di Gabinetto,Yoshihide Suga, è stato deciso per

rispondere ai timori internazionalidopo la recente perdita di 300 ton-nellate di acqua ad alta contamina-zione, a pochi giorni della scelta delComitato olimpico internazionale(sabato prossimo a Buenos Aires) suchi organizzerà le olimpiadi estivedel 2020, che vede Tokyo in garacon Madrid e Istanbul.

La Nuclear regulation authority(Nra), l’Agenzia nipponica sulla si-curezza nucleare, si prepara intantoa prendere in esame l’ipotesi di sca-ricare nell’oceano una buona partedell’acqua contenuta nei circa milleserbatoi della centrale di Fukushima,a patto che le radiazioni risultino in-feriori ai limiti legali. Incontrando lastampa estera, Shunichi Tanaka, pre-sidente della Nra, ha ammesso chel’operazione, anche con le verifichesulla decontaminazione, è destinataa incontrare resistenze. Il presidente dell’autorità nipponica per l’energia atomica Shunichi Tanak (LaPresse/Ap)

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Si rischia l’aumento del numero degli indigenti

Nuovi segnali di contrazioneper l’economia indiana

Una leggein Viet Nam

contro Twittere Facebook

HA NOI, 3. In Vietnam è diventa-to illegale postare articoli suFacebook o rilanciare notizie poli-tiche, economiche o sociali suTwitter. Lo ha stabilito una con-troversa legge — il Decreto 72 —sull’attività in rete entrata in vigo-re ieri. Con la nuova direttiva, In-ternet (si stima che almeno un ter-zo dei quasi novanta milioni divietnamiti abbia un accesso abi-tuale alla rete) diventa uno stru-mento esclusivamente educativo,utile a compattare il Paese attornoagli obiettivi governativi, mentreTwitter e Facebook dovranno esse-re destinati solo a fornire e scam-biare informazioni personali.

Inoltre, la nuova legge obbligale compagnie straniere che opera-no su Internet ad avere i loro ser-ver nel Paese asiatico.

Le pene per chi violi tali dispo-sizioni non sono ancora state resenote. Il Decreto 72 è stato critica-to dalle organizzazioni per i Dirit-ti umani, così come dagli StatiUniti. Il Governo di Ha Noi si èsubito difeso, sostenendo che lenuove misure aiuteranno a com-battere il plagio in rete. Secondoil vice ministro delle Comunica-zioni, Le Nam Thang, la normati-va aiuterà gli utenti a trovare in-formazioni corrette su Internet.

Il presidente accoglie con soddisfazione l’intesa raggiunta dopo tre settimane di proteste

Primo accordotra Governo colombiano e contadini

Tensione tra Brasile e Stati Unitisulle nuove rivelazioni del datagate

Epidemiadi colera

nella RepubblicaD ominicana

SANTO DO M I N G O, 3. Secondo fon-ti mediche della Repubblica Do-minicana, il focolaio di colerascoppiato nella provincia meridio-nale di San Cristóbal ha provoca-to 127 contagi. Le autorità hannovietato il bagno e la pesca nei fiu-mi della regione. Dopo un secolodi assenza, il colera è riapparsosul territorio nazionale nel novem-bre 2010, tre mesi dopo essere sta-to identificato nella confinanteHaiti, colpita nel gennaio prece-dente da un devastante terremotoche aveva causato più di duecen-tomila morti e oltre due milioni disfollati.

Secondo molte fonti haitiane einternazionali, comprese diverseuniversità e istituzioni scientifiche,a portare il colera sarebbero staticaschi blu del contingente delBangladesh della missione del-l’O nu.

In uno studio dell’O ms

Salutefemminilee povertà

Operai in una fabbrica di chiodi a Jammu (LaPresse/Ap)

Un contadino colombiano durante un blocco stradale a La Calera (Afp)

Una donnaal comando

dei guerriglieriin Perú

LIMA, 3. Il gruppo guerriglieroperuviano Sendero luminoso hascelto come suo nuovo comandan-te una donna, Tarcela LoyaVilchez, meglio conosciuta con ilnome di battaglia di Olga. Secon-do fonti del comando antiguerri-glia di Lima citate dalla stampalocale, Loya Vilchez ha preso ilcomando dei guerriglieri maoistidopo la morte di Martin QuispePalomino, e di Alejandro BordaCasafranca, uccisi dalle forze forzegovernative il 12 agosto. Si cono-sce solo in parte la biografia dellanuova leader di Sendero lumino-so, dato che i guerriglieri hannobruciato archivi che la riguardano.Si sa, comunque, che ha 45 anni,fa parte della guerriglia da unventennio e ha avuto due fratelliuccisi in combattimento dalle for-ze di sicurezza.

GINEVRA, 3. Negli ultimi decennile misure adottate nei Paesi svi-luppati per ridurre le malattie nontrasmissibili — le principali causedi morte a livello mondiale — han-no migliorato l’aspettativa di vitadelle donne di età superiore a 50anni, ma hanno anche aumentatoil divario rispetto ai Paesi poveri.A darne notizia è uno studio pub-blicato dall’Organizzazione mon-diale della sanità (Oms).

La ricerca realizzata dagli esper-ti dell’Oms mostra in particolarecome oggi nei Paesi più ricchi ledonne godano di migliore salute eabbiano un’aspettativa di vita su-periore alle donne che invece vi-vono in Paesi poveri o dilaniati daconflitti. La ricerca ha anche tro-vato che le principali cause dimorte delle donne di età superiorea 50 anni, in tutto il mondo, sonole malattie cardiovascolari (malat-tie cardiache e ictus) e i tumori.Queste malattie nei Paesi in via disviluppo si verificano in età piùgiovane rispetto agli altri Paesi,ma si curano meglio.

In concreto — come si leggenella ricerca — negli ultimi venti et re n t ’anni le cinquantenni tede-sche e quelle giapponesi hannoguadagnato 3,5 anni di speranzadi vita e possono oggi aspettarsidi vivere, rispettivamente, fino a84 e 88 anni. In Francia, RegnoUnito e Cile l’aspettativa di vitadelle cinquantenni è aumentata dicirca 2,5 anni, arrivando a unaprevisione di vita di 83-84 anni.In Messico e nella FederazioneRussa l’aspettativa di vita è au-mentata di meno (rispettivamente2,4 e 1,2 anni); le cinquantennipossono aspettarsi di vivere fino a80 e 78 anni.

Lo studio dell’Oms riporta inseguito che l’incidenza del cancroal seno è complessivamente au-mentata negli ultimi trent’anni; cisono state però meno morti percancro della mammella e della cer-vice, grazie alla diagnosi precoce eal trattamento tempestivo. Tra il1970 e il 2010, i decessi femminilinella fascia d’età delle ultracin-quantenni per malattie cardiova-scolari e diabete sono scese in me-dia del 66 per cento in undiciPaesi sviluppati.

BO GOTÁ, 3. Un primo accordo è sta-to raggiunto tra il Governo dellaColombia e una delle comunità deicampesinos, i piccoli agricoltori scesiin agitazione dal 19 agosto per otte-nere migliori condizioni di vita. Iministri dell’Agricoltura e dell’Inter-no, Francisco Estupiñán e FernandoCarrillo, hanno siglato l’intesa con icampesinos indigeni della località diIpiales, nel dipartimento meridiona-le di Nariño, uno degli epicentridelle proteste. Con l’accordo, delquale il presidente Juan ManuelSantos si è detto «molto emozionatoe molto contento», il Governo diBogotá si è impegnato ad acquistaredai produttori locali 40.000 litri dilatte al giorno per 15 mesi attraversol’Istituto colombiano del benesserefamiliare, garantendo così almenotemporaneamente la sussistenza deicontadini.

Per il momento, l’intesa ha porta-to allo smantellamento dei blocchistradali lungo la Panamericana, nelpasso di frontiera con l’Ecuador e inaltre località strategiche della zonache incominciavano a soffrire per ilmancato approvvigionamento di ge-neri di prima necessità causato dallep ro t e s t e .

Nonostante l’accordo nel Nariño,lo sciopero prosegue in altre regionidella Colombia. I contadini denun-ciano soprattutto gli alti costi deifertilizzanti, ma anche l’aumentodelle importazioni di alimenti, effettida loro attribuiti ai trattati di liberocommercio firmati dalla Colombiacon Stati Uniti e Unione europea.

La protesta, attuata soprattuttocon blocchi stradali, ha già portatoa scontri con la polizia, accusata dieccessivo uso della forza contro imanifestanti. Ci sono stati anche al-cuni morti, duecento feriti, e centi-naia di arresti di manifestanti, inuno scenario che l’ufficio dell’O nuin Colombia ha definito preoccu-pante, rivolgendo un appello allacalma e al dialogo.

Per rispondere ai campesinos, ilpresidente ha accettato di aprire untavolo di dialogo e ha poi convocatoun «Grande patto nazionale per ilsettore agro zootecnico e lo svilupporurale», un’iniziativa il cui primoappuntamento è previsto il 12 set-tembre a Bogotá.

NEW DELHI, 3. L’India accusa nuovi segnali di contra-zione della propria economia. I dati diffusi ieri indicanocome il settore manifatturiero si sia ridotto in agostoper la prima volta da quattro anni. Un segnale che, ol-tre ad essere poco incoraggiante in sé, riduce ulterior-mente le speranze di una ripresa della rupia, la valutalocale che si è deprezzata immensamente nei confrontidel dollaro e della maggiore parte delle valute forti. Lasensazione degli economisti che la rapida discesadell’economia indiana (crediti in tendenza negativa del-le agenzie internazionali di valutazione e anche di im-portanti istituzioni finanziarie) non abbia raggiunto ilfondo. Il timore è che la terza economia asiatica possa

essere sull’orlo di una crisi generale forse già nell’annoin corso. Il dato ufficiale di una crescita del 4,4 percento nel primo trimestre 2013 è il più basso tasso ten-denziale dal 2008 e si temono ulteriori gravi contraccol-pi del crollo della valuta, che porta a un aumento deicosti energetici e delle materie prime, a minore fiduciadei mercati e degli investitori, oltre ad una stretta credi-tizia e dei consumi. Si sta dibattendo il controversoprogetto di chiudere i distributori di carburante di not-te, nel tentativo di ridurre i consumi di petrolio, di cuil’India è il quarto importatore mondiale. Ma il rischioconcreto è quello di un aumento del numero di poveri.

BRASILIA, 3. Strategie in vista delvertice del G20: i Paesi emergentidel Brics (Brasile, Russia, India,Cina e Sud Africa) stanno proget-tando di creare riserve comuni divaluta al fine di attenuare gli effettidelle fluttuazioni del mercato. Loha annunciato ieri il Ministero degliEsteri russo. Si tratta di un proget-to molto importante, che punta arafforzare la stabilità della lotta allacrisi. «I nostri dirigenti esamineran-no la realizzazione degli obiettivifissati nel vertice di Durban riguar-danti la creazione di una banca disviluppo dei Brics e l’istituzione diriserve comuni di valute» ha dettoil capo della diplomazia russa, Ser-ghiei Lavrov. Queste riserve — hapoi spiegato il ministro — «p ermet-teranno di lottare contro gli influssinegativi delle fluttuazioni dei mer-cati».

Nel marzo scorso i Brics avevanotrovato un accordo a Durban, inSud Africa, sul principio della crea-zione di una banca per lo sviluppocomune destinata a finanziare gliinvestimenti. Ma non erano arrivatia un’intesa sulla quantità di denaroche ognuno di loro avrebbe dovutoportare nel capitale dell’istituto.

Negli ultimi mesi Paesi come ilBrasile e l’India hanno dovuto farei conti con una caduta delle loro

monete, tanto che le rispettive Ban-che centrali si sono trovate costrettea effettuare massicci acquisti di va-luta. Questa strategia, tuttavia, èstata contestata da numerosi esper-ti, che l’hanno accusata di aumenta-re eccessivamente l’inflazione.

A rendere la situazione ancor piùdifficile è inoltre l’allarme lanciatodall’Ocse (organizzazione per lacooperazione e lo sviluppo econo-mico), secondo il quale il valoredelle importazioni e delle esporta-zioni di merci per i Paesi del G7 edel Brics sarebbe diminuito rispetti-vamente dell’1,4 e dell’1,8 per centorispetto al primo trimestre dell’an-no. Guardando nel dettaglio deidati dell’organizzazione parigina,diverse economie hanno fatto se-gnare una contrazione in entrambele voci, ovvero importazioni edesportazioni: tra queste spiccano laGermania, la Francia, l’Italia, ilGiappone, il Canada, la Russia el’India. Hanno registrato un au-mento nelle importazioni e un calodelle esportazioni, invece, la Cina eil Brasile, mentre gli Stati Uniti e ilSud Africa hanno fatto segnare unaumento delle esportazioni e unaflessione delle importazioni. L’uni-ca economia in cui entrambe le vocihanno registrato una crescita èquella del Regno Unito.

RIO DE JA N E I R O, 3. Torna a salire la tensione, soprat-tutto tra Stati Uniti, Brasile e Messico, sulla vicendadatagate. Secondo un documento top secret dell’Agen-zia di sicurezza nazionale statunitense — fornito dall’exagente Edward Snowden e rivelato ieri sera dalla emit-tente televisiva Rede Globo — i servizi segreti dellaCasa Bianca, avrebbero spiato le comunicazioni (tele-fonate e posta elettronica) del presidente brasiliano,Dilma Rousseff, oltre che del capo dello Stato messi-cano, Enrique Peña Nieto (quando era candidato favo-rito alle presidenziali).

I Governi dei due Paesi hanno convocato d’u rg e n z agli ambasciatori statunitensi, chiedendo un’inchiestaapprofondita e spiegazioni esaustive.

Ma le reazioni più forti sono arrivate dal Brasile, gi-gante dell’America latina impegnato a consolidare ilsuo ruolo politico sullo scacchiere internazionale dopogli anni dell’espansione economica. Il ministro degliEsteri, Luiz Alberto Figueiredo, ha definito «una vio-

lazione inaccettabile della sovranità nazionale» lo spio-naggio da parte dei servizi di sicurezza americani aidanni del presidente (che sarebbe avvenuto attraversoun programma in grado di accedere a tutti i contenutivisionati da Rousseff sul computer). Figueiredo hadetto di attendersi spiegazioni scritte dall’a m b a s c i a t o restatunitense entro la settimana. «Il tipo di reazione di-penderà dalla risposta che ci sarà data» ha aggiunto.Le ulteriori rivelazioni sul datagate — sottolineano og-gi i media brasiliani — potrebbero anche fare annullarela visita di Stato di Dilma Rousseff a Washington, incalendario a ottobre.

Il mese scorso, a Brasilia, il segretario di Stato ame-ricano, John Kerry, aveva giustificato la raccolta di datisensibili da parte dell’intelligence a stelle e strisce co-me una forma di «protezione, comune a molti popolidel mondo, dalle minacce terroristiche». Una spiega-zione che nel Governo brasiliano non sembra tuttaviaavere convinto nessuno.

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L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 4 settembre 2013 pagina 3

Una commissione del Consiglio di Stato chiede lo scioglimento dei Fratelli musulmani

Tensione in Egittoper le proteste antigovernative

A Baghdad ferito il leader delle milizie sunnite

O ndatadi attacchi in Iraq

IL CA I R O, 3. Resta alta la tensione inEgitto dove oggi è prevista l’ennesi-ma mobilitazione di massa dell’al-leanza antigovernativa a due mesidalla destituzione di MohammedMursi, il 3 luglio scorso. Il presiden-te deposto, sottoposto ieri a interro-gatorio, non ha risposto alle accusedi avere ordinato l’uccisione di chidimostrava contro di lui. «È un in-terrogatorio illegale», ha dettoall’Ansa l’avvocato, Mohssen ElDamatti, specificando che «è un suodiritto non rispondere».

Detenuto in un luogo segreto,Mursi sembra non volere collabora-re, mantenendo la stessa posizionedel leader dei Fratelli musulmaniMohamed Badie, in carcere a Toraal Cairo, che si è detto innocente, harifiutato l’autorità dei giudici, ma haavuto comunque il permesso di rice-vere la visita di moglie e figlia.

Intanto, una commissione delConsiglio di Stato egiziano ha inol-trato a un tribunale i risultati dell’in-chiesta riguardante la trasformazionedel raggruppamento dei Fratelli mu-sulmani in organizzazione non-go-vernativa avvenuta nel 2012 per otte-nere di fatto la legalizzazione, aggi-rando così il bando imposto neglianni Cinquanta. L’ong va sciolta, haproposto la commissione, perché iFratelli musulmani «sono stati re-sponsabili di incitamento alla violen-

za, possesso di armi, hanno sparatocontro i manifestanti dalla sede delloro quartier generale». Si tratta di«attività incompatibili per lo statusdi una ong», conclude il rapporto.

Anche il premier Hazem ElBeblawi ha proposto lo scioglimentodell’organizzazione, mentre nellabozza della nuova Costituzione èstata inserita una norma che prevede

il bando dei partiti di ispirazione re-ligiosa, con un chiaro riferimento aGiustizia e Libertà (Fjp), il bracciopolitico dei Fratelli musulmani, maanche dei partiti salafiti, che infattiminacciano di uscire dal neonato co-mitato costituente. E l’eredità deiFratelli musulmani — secondo espo-nenti del Governo — va cancellataanche in ambito internazionale: la

politica estera di Mursi «era ideolo-gica», ha detto infatti il ministro de-gli Esteri Nabil Fahmy, preannun-ciando una revisione dei rapporticon Damasco. «La decisione di in-terrompere i rapporti diplomatici —ha sottolineato il ministro — è statafrettolosa e sostanzialmente inutile».

Nelle prossime ore, in un incon-sueto martedì di protesta indetto daiseguaci del presidente deposto, saràpossibile capire se le tensioni politi-che avranno un qualche impatto sul-le piazze. L’attenzione è puntata sul-la residua capacità dei Fratelli mu-sulmani di indire manifestazioni dimassa, dopo la raffica di arresti chehanno decimato la leadershipdell’organizzazione, sia per quantoriguarda la Fratellanza che il partitoGiustizia e Libertà.

In questo clima di attesa, preoccu-pano i crescenti episodi di attacchiarmati che si verificano anche nellacapitale. Sconosciuti hanno lanciatoieri un ordigno artigianale contro uncommissariato ferendo due persone,mentre nel nord del Sinai è dovutoscendere in campo il comandantedella terza armata dell’esercito egi-ziano, Osama Askar, per assicurareche la navigazione nel Canale diSuez è «sicura». Sabato si era regi-strato un attacco, sventato sul nasce-re, da parte di tre uomini armati aun cargo in transito.

Manifestazione al Cairo (Afp)

Processo controi militari golpisti

in Turchia

AN KA R A , 3. Ben 103 alti ufficialidell’esercito turco, fra cui moltigenerali in pensione e un ex ca-po di stato maggiore, accusatidel golpe “morbido” con cui nel1997 fu deposto il primo premierislamico della Turchia moderna,Necmettin Erbakan, sono allasbarra da ieri ad Ankara in unprocesso nel quale rischiano lapena dell’e rg a s t o l o .

Il processo, come quello con-cluso meno di un mese fa conpesanti condanne al presuntopiano golpista Ergenekon fina-lizzato a rovesciare il Governoislamico attuale, ha — come se-gnalano le agezie di stampa in-ternazionali — una forte valenzapolitica per il primo ministroRecep Tayyip Erdoğan, da undecennio al potere e a capo diun partito confessionale.

Le 1.300 pagine dell’i s t ru t t o r i amesse insieme dall’accusa accu-sano gli ufficiali di «aver rove-sciato con la forza e avercomplottato per rovesciare» unGoverno legittimamente eletto.Fra gli imputati, il generaleIsmail Hakki Karadayi, che fucapo di stato maggiore fra il1994 e il 1998 e l’allora coman-dante dell’esercito, generaleErdal Ceylanoğlu, accusati diaver inviato i carri armati nellestrade di Ankara.

Ma nella Repubblica Centroafricana non cessano le violenze

Gli ex ribelliespulsi da Bangui

Sarà avviata la profilassi contro la poliomielite bloccata da due anni

Accordo per vaccinare i bambinidei Monti Nuba

Una bambina durante la somministrazione di un vaccino (Epa)

Contestatoil bilinguismo

a Vukovar

ZAGABRIA, 3. Entrata due mesi fa apieno titolo nell’Ue, la Croazia è al-le prese con aspri contrasti e prote-ste sull’introduzione del bilinguismo— ovvero dell’uso pubblico della lin-gua croata e di quella serba, quasiidentiche, ma scritte la prima in ca-ratteri latini e l’altra in cirillico — aVukovar. Cinque tabelle con le scrit-te in croato e in cirillico serbo posteieri sugli edifici pubblici della cittàmartire della guerra per l’indip en-denza della Croazia, al confine conla Serbia, sono state distrutte conmartelli o rimosse dai manifestanti,per lo più veterani di guerra croati,che si oppongono all’intro duzionedel bilinguismo. Nel 1991, Vukovarfu teatro di una delle più sanguino-se battaglie tra serbi e croati duran-te la guerra per l’indipendenza dellaCroazia dalla Serbia.

BELGRAD O, 3. Un passo di distensio-ne nella complessa vicenda del Koso-vo è giunto ieri con l’annuncio che leschede delle elezioni locali del 3 no-vembre prossimo non conterranno al-cun simbolo dello Stato proclamatodalla maggioranza albanese. Comenoto, tale entità non è riconosciutadalla minoranza serba né dal Gover-no di Belgrado che rivendica la sovra-nità sulla regione. Goran Zdravkovic,unico componente serbo della com-missione elettorale, ha annunciato chele schede conterranno solo il logodella commissione stessa e la scritta intre lingue, serbo, albanese e inglese,«Elezioni locali 2013». Belgrado hapiù volte sottolineato la necessità dischede elettorali neutrali e prive disimboli dello Stato dei kosovari alba-nesi, minacciando in caso contrario diappoggiare il boicottaggio che diversiserbi kosovari hanno già prospettato.Il primo ministro kosovaro Hashim Thaçi (Epa)

Le schede delle elezioni locali del 3 novembre senza simboli dello Stato proclamato dagli albanesi

Passi distensivi per il Kosovo

Alle elezioniin Guinea

osservatori Ue

CO N A K R Y, 3. Saranno settantatrègli osservatori elettorali dispiega-ti dall’Unione europea per moni-torare le attese legislative in Gui-nea, in agenda il 24 settembreprossimo. Lo ha annunciato daConakry l’europarlamentare ru-meno Cristian Preda, a capo del-la missione continentale. Nel fi-ne settimana, ventiquattro osser-vatori hanno già raggiunto i ca-poluoghi delle otto regioni am-ministrative in cui il Paese africa-no è suddiviso. Aperta dal 23agosto scorso, la campagna elet-torale si sta svolgendo nella cal-ma, ma senza grande entusiasmoné partecipazione attiva dei citta-dini. Sono trentatré i partiti chehanno presentato candidati per i114 seggi da assegnare nel futuroParlamento eletto, che si sostitui-rà all’attuale Consiglio nazionaledi transizione (non eletto).

Inizialmente previste nel 2011,le legislative sono state rinviatepiù volte per motivi logistici, maanche a causa di tensioni politi-che sull’organizzazione del vototra maggioranza e opposizione.Il voto rappresenta un appunta-mento cruciale per il Paese, checonsentirà di concludere la tran-sizione politica in corso dal di-cembre del 2008, a seguito dellamorte del generale LansanaConté, che ha guidato la Guineaper quasi un quarto di secolo.

BAGHDAD, 3. Un’altra giornata disangue in Iraq, dove una serie diattacchi ha causato la morte di 17persone. L’agguato più grave è av-venuto nella zona occidentale diBaghdad, contro la casa di WissamAl Hardan, incaricato dal premierNuri Al Maliki di guidare Sahwa,che riunisce le milizie tribali sunni-te. Due attentatori suicidi si sonofatti saltare in aria nel pomeriggiodi ieri di fronte alla sua abitazionenella capitale, mentre un’autob om-ba è esplosa all’arrivo dei soccorri-tori. In tutto, sono morte otto per-sone e altre quattordici sono rima-ste ferite, tra cui lo stesso Hardan,trasportato in un ospedale nellablindata Zona Verde.

Tra gli obiettivi colpiti, anche ilconvoglio del console turco aMosul, nel nord del Paese, che hasubito pesanti danni materiali manessun ferito. «Non è ancora chia-ro chi abbia compiuto l’attacco econtro chi», ha spiegato un porta-voce del ministero degli Esteri diAnkara, sottolineando che «l’inda-gine continua». «Abbiamo contat-tato le autorità irachene immediata-mente dopo l’incidente — ha ag-giunto — chiedendo che i colpevolisiano trovati e che la sicurezza del-la nostra missione sia potenziata».

Vittime anche in un attentatocontro un check point delle milizie

sunnite fuori Baquba a nord diBaghdad in cui sono morte quattropersone e dieci sono rimaste ferite.Tra le esplosioni che hanno scossoil Paese, anche un’autobomba aTikrit che ha ferito un alto magi-strato e cinque delle sue guardiedel corpo. Infine, il premier irache-no ha annunciato l’apertura diun’inchiesta sulle violenze avvenutenel campo Ashraf, dove risiedonoun centinaio di oppositori iranianiche hanno denunciato un attaccodelle forze speciali irachene.

R i p re n d o n oi negoziati

tra israelianie palestinesi

TEL AV I V, 3. Riprendono oggi aGerusalemme le trattative traisraeliani e palestinesi in vista diun accordo di pace. Al verticeparteciperanno il ministro dellaGiustizia, Tzipi Livni, delegatadel Governo Netanyahu ai col-loqui, e il capo negoziatore pa-lestinese, Saeb Erekat. Ancoranon è chiaro — dicono fonti distampa — se al colloquio parte-ciperà anche il mediatore statu-nitense Martin Indyk.

In un intervento tenuto ieri aRamallah, in Cisgiordania, difronte ai vertici del suo partito,Al Fatah, forza maggioritariadell’Olp (organizzazione per laliberazione della Palestina), AbuMazen ha difeso la necessità deldialogo per una soluzione nego-ziata con Israele, in linea con larecente iniziativa diplomaticastatunitense. Abu Mazen ha an-nunciato che intende sottoporrea referendum popolare eventualiaccordi raggiunti con gli israe-liani. E sempre ieri il presidenteisraeliano, Shimon Peres, ha af-fermato in un’intervista rilasciatain occasione del capodannoebraico, che Israele è pronto acompiere sacrifici pur di rag-giungere un accordo con i pale-stinesi. Peres si è detto in ognimodo convinto che Netanyahuabbia assunto «un approcciomolto serio» verso queste nuovetrattative. Dal canto suo, il pre-mier ha già detto di voler sotto-porre a referendum popolarequalsiasi soluzione del conten-zioso con i palestinesi.

BANGUI, 3. Sembrano dare primi ri-sultati gli sforzi di fermare le vio-lenze nella capitale centroafricanaBangui messi in atto dalle autoritàinsediatesi dopo il colpo di Statodegli ex ribelli della Seleka che il24 marzo scorso hanno rovesciato ilpresidente François Bozizé. Nellacapitale si potrebbe dunque arrivarea un progressivo ritorno alla nor-malità, con lo sgombero delle caser-me e dei posti di polizia occupatidai combattenti della Seleka, grazieanche alla presenza delle truppe distabilizzazione dei Paesi dell’area eal ritorno in servizio di poliziotti egendarmi.

La situazione rimane invece piùche precaria nelle regioni nordocci-dentali e nordorientali, confinantirispettivamente con Camerun e

Ciad. «Ogni volta che arrivano insella a motociclette la gente va anascondersi e mette il bestiame alriparo. Da luglio i ribelli hanno giàportato via centinaia di capi di be-stiame. Quando qualcuno cerca dibloccarli mette a rischio la propriavita. Se intervieni muori per nien-te», hanno raccontato abitanti dellaregione nordorientale di Markoun-da citati dalla Misna, l’agenzia in-ternazionale delle congregazionimissionarie.

Fatti simili vengono commessi intotale impunità anche nelle zone diBozoum, Paoua, Bossangoa e Ka-bo, come denunciato dalla localeRete dei giornalisti per i dirittiumani, che auspica «un interventodelle autorità e delle forze di sicu-rezza anche nelle zone più remote edimenticate per liberare la gentedalla Seleka che continua a dettarelegge».

D all’inizio dell’offensiva nel di-cembre 2012, al colpo di Stato del24 marzo, la Seleka, forte in originedi meno di duemila uomini, ha re-clutato migliaia e migliaia di com-battenti tra i gruppi più marginaliz-zati della società centroafricana cheoggi vivono di saccheggi. Nel nu-mero sono compresi numerosi mili-ziani originari provenienti dal Ciade dalla regione occidentale sudane-se Darfur, anch’essi con responsabi-lità dirette nell’attuale situazione.

KHARTOUM, 3. Un accordo che con-sentirà la vaccinazione contro la po-liomielite dei bambini sudanesi dellaregione dei Monti Nuba, nello Statomeridionale del Nilo Azzurro, è sta-to sottoscritto dal Governo di Khar-toum e dal principale gruppo ribelledella zona, il Movimento per la libe-razione del popolo sudanese – N o rd(Splm-N), considerato legatoall’omonima formazione al Governoin Sud Sudan. Sulla base dell’intesa,annunciata dall’Ocha, l’ufficiodell’Onu per il coordinamento degliinterventi umanitari, da ottobre sicercherà di vaccinare circa 160.000bambini con meno di cinque anni dietà. L’intesa, ha riferito il quotidiano«Sudan Tribune», è divenuta possi-bile dopo che l’Splm-N ha rinuncia-to a una precondizione sulla qualeaveva insistito per due anni, cioè chevaccini e operatori sanitari arrivasse-ro dall’Etiopia e dal Sud Sudan in-vece che dal territorio controllato daKhartoum.

Nel Nilo Azzurro e nel vicinoKordofan meridionale i combatti-menti sono ripresi nel 2011, sei annidopo l’Accordo generale di pace del9 gennaio 2006 che mise fine all’ul-traventennale guerra civile sudanesee in concomitanza con la nascita, il 9luglio 2011, del Sud Sudan indipen-dente, resa possibile da quell’intesa.

Dieci giorni fa, i Governi di Su-dan e Sud Sudan hanno raggiunto

un accordo per cessare le ostilità esospendere ogni forma di sostegno amovimenti ribelli ai due lati dellafrontiera comune. In un documentosottoscritto al termine di un incontrotra le delegazioni dei due Governi,nell’ambito dell’attività del Comitatodi sicurezza congiunto (Jsc), vienesancito che le forze armate dei dueStati «accettano di ritirarsi dallafrontiera, entro i limiti stabiliti dal-l’Unione africana». Questa aveva

condotto nei mesi scorsi una difficilemediazione, affidata all’ex presidentesudafricano Thabo Mbeki, sui nodituttora irrisolti del contenzioso tra idue Paesi, a due anni dalla dichiara-zione dell’indipendenza sudsudane-se. I rispettivi eserciti hanno già di-spiegato squadre congiunte nei postidi frontiera. I colloqui tra le parti ri-prenderanno il 17 settembre nella ca-pitale sudsudanese Juba.

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pagina 4 mercoledì 4 settembre 2013 L’OSSERVATORE ROMANO mercoledì 4 settembre 2013 pagina 5

Nel libro «Dalla parte dei poveri. Teologia della liberazione, teologia della Chiesa»

I preferiti di Dio Fare la veritàe non solo dirla

di GERHARD LUDWIG MÜLLER

I contributi di Gustavo Gu-tiérrez hanno reso evidente anoi che siamo qui in Europauna cosa, questa: l’ingiustizianel mondo è un fattore che

permane e che può essere superatosolo con la disponibilità di tutti gliuomini a dirigere lo sguardo versoCristo. Le domande decisive dell’es-sere umano circa la sua origine, lasua destinazione e il suo stile di vitatrovano compimento e soluzionenella disponibilità a riconoscere Ge-sù Cristo come Signore e come coluiche dà compimento all’umano. Pro-prio qui è da rinvenirsi un nuovoimpulso per la teologia in Europa. Il

aspetto di quella oppressione.L’istruzione scolastica come dato or-mai acquisito in molte parti delmondo ha generato un senso di su-periorità nei confronti dei Paesi delcosiddetto terzo mondo. E tuttavianon sono da rinvenire proprio qui leradici dello sfruttamento, tanto diquello intellettuale quanto di quellomateriale?

E così si resta stupiti quando, in-contrando le persone in Sudamerica,si vede e si percepisce una fede pie-na di gioia e di vita. La fede testi-moniata apertamente e trasmessacon amore è tra i tesori più grandidi queste popolazioni, pur gravateda preoccupazioni quotidiane per laloro stessa vita.

razione non rappresenta oggi un ca-pitolo chiuso della storia della teolo-gia. Proprio Gustavo Gutiérrez indi-ca al nostro sguardo tutto concentra-to sulla prospettiva europea che cosasignifichi Chiesa universale. Con lateologia della liberazione la Chiesacattolica ha potuto ulteriormente ac-crescere il pluralismo al suo interno.

Una Chiesa che ha bisogno di tutti

La teologia dell’America Latina svelae propone oggi nuovi aspetti dellateologia che integrano una prospetti-va europea spesso incrostata. Il temaecclesiologico della communio — lacomunità universale della Chiesa cheè sopra le categorie etniche e nazio-nali — rappresenta anche il tentativodi condurre la comunità mondiale

dei fedeli che abbraccia tutto il mon-do a una solidarietà responsabile.«Tutto quello che avete fatto a unosolo di questi miei fratelli più picco-li, l’avete fatto a me» (Ma t t e o , 25,40). Come cristiani, non dobbiamosottrarci a questa responsabilità.

Non possiamo rimanere ciechi difronte ai bisogni e alla povertà che

sono costretti a sopportare i nostrifratelli e sorelle nella fede in GesùCristo.

La responsabilità che i cristianihanno a livello mondiale è stataespressa dal concilio Vaticano II nel-la costituzione pastorale sulla Chiesanel mondo contemporaneo con que-ste parole: «Le gioie e le speranze,le tristezze e le angosce degli uominid’oggi, dei poveri soprattutto e ditutti coloro che soffrono, sono purele gioie e le speranze, le tristezze ele angosce dei discepoli di Cristo»(Gaudium et spes, 1).

Il concilio sente la responsabilitàrispetto a un’unica famiglia umanache va formandosi sempre più. Lacattolicità alla quale qui si allude,nel suo significato originario di uni-versale, di onnicomprensivo, trovaespressione anche nella costituzionedogmatica sulla Chiesa; lì dove siparla delle «presenti condizioni delmondo», che «rendono più urgentequesto dovere della Chiesa, affinchétutti gli uomini, oggi più strettamen-te congiunti dai vari vincoli sociali,tecnici e culturali, possano ancheconseguire la piena unità in Cristo»(Lumen gentium, 1).

L’unica Chiesa di Gesù Cristo su-pera le barriere, scavalca i muri na-zionali, etnici e politici e conduce gliuomini all’intima unione con Dio eall’unità di tutto il genere umano(cfr. Lumen gentium, 1). La Bibbia cidescrive Cristo come salvatore cheporta la liberazione e la redenzione.Egli libera l’uomo dal peccato — dicarattere personale come anche dicarattere strutturale — che, in defini-tiva, è causa della fine di ogni amici-zia, è la causa di tutte le ingiustiziee di ogni oppressione. Solo Cristo cirende liberi nella verità, ci porta allalibertà che ci è stata donata da Dio.A partire da questa libertà, siamochiamati ad aiutare le persone, per-ché ogni povero e ogni bisognoso èil nostro prossimo.

Così mi piace pensare a questo li-bro come a un contributo al supera-mento dell’indifferenza verso la sof-ferenza e verso i bisogni dei nostrifratelli e delle nostre sorelle, ma an-che come sistema di coordinate perla corretta interpretazione della teo-logia della liberazione. Essa porta ilnostro sguardo a Cristo, che, comenostro salvatore e redentore, è la me-ta alla quale instancabilmente ten-diamo. Gustavo Gutiérrez una voltal’ha detto in modo assolutamentesemplice e biblico: «Essere cristianisignifica seguire Gesù».

Sequela significa agire concreta-mente. «Chi fa la verità viene versola luce, perché appaia chiaramenteche le sue opere sono state fatte inDio» (Giovanni, 3, 21). Così è il Si-gnore stesso a dirci di impegnarciimmediatamente per i poveri. Fare laverità ci porta a stare dalla parte deip overi.

Occorre superarel’indifferenza verso la sofferenzae verso i bisogni dei nostri fratelliSequela significaagire concretamente

Il libro non è solo un contributoal superamento di cliché e pregiudiziSollecita anche riflessioniche integrano prospettive spesso incrostate

La riflessione teologica latinoamericananon è un fenomeno unitarioMa è caratterizzatoda correnti tra loro anche molto diversificate

La parola globalizzazione è ingannevoleperché fa credere a un mondo unicoma comporta ineluttabilmente una contropartitaL’esclusione di una parte dell’umanitàdai cosiddetti benefici della civiltà contemporanea

Dal particolareall’universaleGiovedì 5 settembre a Seveso,nell’ambito del ventitreesimocongresso nazionaledell’Associazione teologicaitaliana, Gustavo Gutiérrez —sacerdote e teologo peruviano,dal 2001 entrato nell’ordine deidomenicani, considerato unodei padri della teologia dellaliberazione — dialogherà con ilteologo Mario Antonelli sultema «Fare teologia nellatradizione in America Latina».Gutiérrez ha scritto, insiemeall’arcivescovo GerhardLudwig Müller, prefetto dellaCongregazione per la Dottrinadella fede, il libro Dalla partedei poveri. Teologia dellaliberazione, teologia della Chiesa(Padova-Bologna, EdizioniMessaggero - EditriceMissionaria Italiana, 2013,pagine 192). «In queste pagine— scrive Gutiérrez nel primocapitolo — v o r re m m opresentare alcuneconsiderazioni su comevediamo il ruolo attuale e icompiti futuri della riflessioneteologica nella vita dellaChiesa presente in AmericaLatina e nei Caraibi». Especifica più avantil’arcivescovo Müller: «Ogniteologia deve partire da uncontesto. Ma con ciò lateologia non si disperde in unaincommensurabile somma diteologie regionali. (...) Ogniteologia regionale deve inveceavere già in se stessa unavocazione ecclesialeuniversale» e le questioniposte dalla teologia dellaliberazione sono «un aspettoimprescindibile di ogniteologia, quale che sia ilquadro socio-economico chene circoscrive lo spazio».In questa pagina anticipiamostralci dei due autori del libro.

di GU S TAV O GUTIÉRREZ

Non stiamo con i poveri se nonsiamo contro la povertà, dicevaPaul Ricoeur molti anni fa. Ov-vero, se non rigettiamo la condi-zione che opprime una parte

tanto importante dell’umanità. Non si tratta diun rifiuto meramente emotivo, è necessario co-noscere le ragioni della povertà a livello socia-le, economico e culturale. Ciò esige strumentidi analisi che ci sono forniti dalle scienze uma-ne ma, come ogni pensiero scientifico, esse la-vorano con ipotesi che permettono di com-prendere la realtà che cercano di spiegare; ciòequivale a dire che sono chiamate a cambiaredinanzi a fenomeni nuovi. È quanto accadeoggi di fronte alla presenza dominante delneoliberismo che giunge sulle spalle di un’eco-nomia sempre più autonoma dalla politica (eprima ancora dall’etica) grazie al fenomenonoto col termine, un po’ barbaro, di globaliz-zazione.

La situazione così designata, come sappia-mo, viene dal mondo dell’informazione ma ha

lo sappiamo, senza uguaglianza non c’è giusti-zia. Lo sappiamo, ma il problema assume oggiun’urgenza sempre maggiore.

Il neoliberismo economico postula un mer-cato senza limiti, chiamato a regolarsi da solo,e sottopone qualunque solidarietà sociale inquesto campo a una dura critica, accusandolanon solo di essere inefficace nei confronti dellapovertà, ma addirittura di esserne una dellecause. Che in questo campo vi siano stati abu-si è chiaro e riconosciuto, ma qui siamo difronte a un rifiuto di principio che lascia senzaprotezione i più fragili della società. Uno deicorollari di questo pensiero, e fra i più doloro-si e acuti, è quello del debito estero, che op-prime e tiene con le mani legate le nazioni po-vere. Debito che è cresciuto in maniera spetta-colare, tra altri motivi, a causa dei tassi di inte-resse manipolati dagli stessi creditori. La ri-chiesta della sua cancellazione è stata uno deipunti più concreti e interessanti della decisionedi Giovanni Paolo II di celebrare un giubileo,nel senso biblico del termine, per l’anno 2000.

Questa disumanizzazione dell’economia, inatto già da tempo, che tende a trasformare tut-

l’insieme della vita degli esseri umani, il checomporta, innanzitutto, prendere in considera-zione un’esigenza etica.

Analogamente, evitando di entrare nel giocodelle posizioni che abbiamo appena menziona-to, non bisognerà perdere di vista che il rifiutopiù fermo delle posizioni neoliberali avviene apartire dalle contraddizioni di un’economiache dimentica cinicamente e, alla lunga, inmaniera suicida gli esseri umani, in particolarecoloro che non hanno difese in questo campocioè, oggi, la maggior parte dell’umanità.

Si tratta di una questione etica nel senso piùampio del termine, la quale impone di entrarenei perversi meccanismi che distorcono dall’in-terno l’attività umana chiamata economia. Co-raggiosi sforzi di riflessione teologica si fanno

in questo senso tra noi. In questa linea, quelladella globalizzazione e della povertà, dobbia-mo collocare pure le prospettive aperte dallecorrenti ecologiste dinanzi alla distruzione,ugualmente suicida, della natura. Esse ci han-no reso più sensibili a tutte le dimensioni deldono della vita e ci hanno aiutato ad ampliarel’orizzonte della solidarietà sociale che devecomprendere un rispettoso legame con la na-tura.

Il problema non tocca solamente i Paesi svi-luppati, le cui industrie causano tanti danniall’habitat naturale dell’umanità; coinvolge tut-ti, anche i Paesi più poveri.

È impossibile oggi riflettere teologicamentesul problema della povertà senza tenere contodi queste realtà.

garne le intuizioni, bi-sogna interrogarsi sul-la portata di un’op era-zione che ci ricordaquella che, all’e s t re m oopposto, è stata fatta,anni fa, per confutareil marxismo, ritenutoanch’esso una sorta di“re l i g i o n e ”, la qualeperaltro avrebbe se-guito, passo per passo,il messaggio cristiano(peccato originale eproprietà privata, ne-cessità di un redentoree proletariato, eccete-ra). Ma questa osser-vazione, è chiaro, nontoglie nulla alla neces-sità di una critica radi-cale alle idee domi-nanti oggi nell’ambitodell’economia. Al con-trario.

Una riflessione teo-logica a partire daipoveri, preferiti daDio, si impone. Essadeve prendere in con-siderazione l’autono-mia della disciplinaeconomica e al tempostesso tenere presentela sua relazione con

sione di una parte dell’umanità dal circuitoeconomico e dai cosiddetti benefici della civil-tà contemporanea.

Un’asimmetria che diviene sempre più pro-nunciata. Milioni di persone vengono così tra-sformate in oggetti inutili, o gettabili dopol’uso. Si tratta di coloro che sono rimasti fuoridall’ambito della conoscenza, elemento decisi-vo dell’economia dei nostri giorni e l’asse piùimportante di accumulazione di capitale. Vanotato che questa polarizzazione è conseguen-

to in merce, comprese le persone, è stata de-nunciata da una riflessione teologica che mo-stra il carattere idolatrico, nel senso biblico deltermine, di questo fatto. Le circostanze odier-ne non hanno solo reso più impellente questorichiamo ma anche fornito nuovi elementi diapprofondimento. D’altra parte, assistiamo og-gi a un curioso tentativo di giustificazione teo-logica del neoliberismo economico che, adesempio, paragona le multinazionali al servodi Yhwh, da tutti vilipeso e attaccato, mentreda esse verrebbero la giustizia e la salvezza.Per non parlare della cosiddetta teologia dellaprosperità, che ha vincoli molto stretti con laposizione appena ricordata. Ciò ha taloraspinto a postulare un certo parallelismo tracristianesimo e dottrina neoliberale. Senza ne-

potenti ripercussioni sul ter-reno economico e sociale, ein altri ambiti dell’attivitàumana. Tuttavia, la parola èingannevole perché fa cre-dere che ci orientiamo versoun mondo unico, quando inrealtà, e nel momento attua-le, comporta ineluttabilmen-te una contropartita: l’esclu-

logia), una teologia pienamente cattolica chenasce da una pratica di spiritualità vissuta eda una solidarietà concreta: di fatto, la teolo-gia resta sempre «atto secondo», a fronte diun «atto primo» che è la dimensione attivadella prassi in favore dei poveri.

Che è ciò che veramente conta, come affer-ma Gutiérrez a conclusione del suo terzo eultimo intervento: «Devo confessare che sonomeno preoccupato per l’interesse o la soprav-vivenza della teologia della liberazione cheper le sofferenze e le speranze del popolo cuiappartengo, e specialmente per la comunica-zione dell’esperienza e del messaggio di sal-vezza in Gesù Cristo. Quest’ultimo è materiadella nostra carità e della nostra fede. Una

logico spostare l’accento sulla teologia dellaliberazione [cfr. Rosino Gibellini, Il dibattitosulla teologia della liberazione, Brescia, Queri-niana, 1986, p. 126]), materiale che poi confluìnel famoso ed emblematico Teología de la libe-ra c i ó n (dicembre 1971, Lima, nell’edizione pe-ruviana, e marzo 1972 nell’edizione italiana,che uscì prima di quella spagnola), Müller fariferimento alla decima edizione del libro(1992) nella quale l’autore, in un’ampia intro-duzione, chiarisce alcune espressioni passibilidi fraintendimento, tra le quali «opzione pre-ferenziale per i poveri», «lotta di classe»,«teoria della dipendenza», «peccato struttura-le e sociale».

«Qui egli smonta anche in modo convin-cente le accuse mossegli di orizzontalismo eimmanentizzazione del cristianesimo, il qualemai deve essere strumentalizzato da un’ideo-logia volta all’edificazione di un presunto pa-radiso in terra creato dall’uomo. A differenzadella teologia esistenziale di matrice europea,la teologia della liberazione si domanda — manon solo — che cosa Dio, la grazia e la rivela-zione comportino relativamente alla compren-sione di sé dei cristiani inseriti in un contestodi società del benessere e socialmente garanti-ta. La teologia della liberazione intende il la-voro teologico come partecipazione attiva,pratica — e pertanto trasformatrice — all’a g i reliberante integrale, complessivo inaugurato daDio, grazie al quale l’agire storico dell’uomoè reso capace e chiamato a servizio della libe-razione e dell’umanizzazione dell’uomo stes-so. È da evidenziare che la teologia della libe-razione non è una costruzione teorica nata atavolino. Essa vede se stessa in continuità conlo sviluppo complessivo della teologia cattoli-ca nel XX e nel XXI secolo» (p. 22).

Di seguito Müller ne individua le fontiprincipali nella Populorum progressio di PaoloVI, nella costituzione pastorale del Vaticano IIGaudium et spes e nella visione espressa dallacostituzione dogmatica Lumen gentium sullaChiesa come sacramento di salvezza per ilmondo, ma anche nelle grandi conferenzedell’episcopato latinoamericano di Medellín(1968), Puebla (1979) e Santo Domingo (1992)che hanno recepito e attualizzato la teologiacattolica del XX secolo nel contesto socio-cul-turale e spirituale del subcontinente latino-americano (essendo il testo del 2004, non ècitata l’assemblea generale di Aparecida, del2007).

Così maturata e irrobustita, «la teologiadella liberazione non è solo una sociologiadrappeggiata di teologia o una sorta di socio-teologia. La teologia della liberazione è teolo-gia in senso stretto» (p. 28). Non a caso il

primo dei due pronunciamenti vaticani del1984 (Libertatis nuntius) — sintetizza Müller —mette in chiaro che «le antropologie empiri-che devono essere chiarite alla luce di un’an-tropologia filosofica e teologica, diventandocosì feconde per un’indagine di tipo teologi-co» (p. 29).

La seconda istruzione vaticana (Libertatisconscientia, 1986) specifica, da parte sua, ilsenso cristiano di libertà e liberazione, e, vistala centralità di questo tema, il discorso vieneripreso nel settimo e ultimo capitolo del libro:« Va g l i a t e ogni cosa e tenete ciò che è buono». A25 anni dall’istruzione “Libertatis conscientia”sulla teologia della liberazione, pp. 181-187). QuiMüller indica la finalità di entrambi gli inter-venti della Congregazione per la Dottrina

teologia della liberazione non è mai stata unfenomeno unitario, quanto piuttosto caratte-rizzato da correnti tra loro anche molto diver-sificate.

Dentro questa pluralità esiste una teologiadella liberazione argentina, condivisa dal car-dinale Bergoglio oggi Papa Francesco, che«come la teologia della liberazione utilizza ilmetodo “v e d e re - g i u d i c a re - a g i re ”, lega prassistorica e riflessione teologica, e ricorre allamediazione delle scienze sociali e umane. Pe-rò privilegia un’analisi storico-culturale rispet-to a quella socio-strutturale di tipo marxista»(Scannone, La teologia di Francesco, in «Il Re-gno», Attualità 6/2013, p. 128).

Ma veniamo al libro in questione, scritto aquattro mani da due teologi d’eccezione. Ilgià citato padre Gutiérrez (padre, si può dire,in due sensi: sia perché da prete diocesano siè fatto domenicano e quindi ora appartieneall’ordine dei frati predicatori, sia perché è abuon diritto considerato «padre della teologiadella liberazione», p. 77), e l’attuale p re f e t t odella Congregazione per la Dottrina della Fe-

no. I due autori vanno, anche se con passodiverso, nella medesima direzione, quella diuna teologia che, come afferma la recente en-ciclica scritta a quattro mani da Benedetto XVIe Papa Francesco Lumen fidei, «condivide laforma ecclesiale della fede», per cui «la sualuce è la luce del soggetto credente che è laChiesa. Ciò implica, da una parte, che la teo-logia sia al servizio della fede dei cristiani, simetta umilmente a custodire e ad approfondi-re il credere di tutti, soprattutto dei più sem-plici. Inoltre, la teologia, poiché vive della fe-de, non consideri il Magistero del Papa e deivescovi in comunione con lui come qualcosadi estrinseco, un limite alla sua libertà, ma, alcontrario, come uno dei suoi momenti interni,costitutivi, in quanto il Magistero assicura ilcontatto con la fonte originaria, e offre dun-que la certezza di attingere alla Parola di Cri-sto nella sua integrità» (n. 36).

Questa linea, perseguita con fiducia dai no-stri due autori, contrasta con i cliché giornali-stici di una teologia della liberazione inquieta,perennemente all’arrembaggio di un Magiste-

ne» è venuta dall’ultimo Sinodo dei vescovisu questo tema, nell’ottobre scorso: «La pro-clamazione del Vangelo impegna la Chiesa aessere con i poveri e a farsi carico delle lorosofferenze, come Gesù (...). Mettersi accantoa chi è ferito dalla vita non è solo un eserciziodi socialità, ma anzitutto un fatto spirituale(...). La presenza del povero nelle nostre co-munità è misteriosamente potente; cambia lepersone più di un discorso, insegna fedeltà, facapire la fragilità della vita, domanda preghie-ra; insomma, porta Cristo» (Messaggio al po-polo di Dio, 26 ottobre 2012, nn. 6 e 11).

Quella del povero, dunque, è, in prospetti-va evangelica, la grande questione, ciò chedavvero fa la differenza, tanto che ha dato vi-ta a una riflessione teologica, quella latinoa-mericana in primis (come si diceva, non vadimenticato che oggi si deve parlare di teolo-gie della liberazione, al plurale), che ruotatutta intorno a questo punto: esso, però, nonaggiunge un nuovo tema di riflessione allateologia, bensì determina «un nuovo modo difare teologia» (Teologia della liberazione, Bre-scia, Queriniana, 1972, p. 25). Come scrisseJohan Baptist Metz in un articolo pubblicatonel 1993 da «Stimmen der Zeit», «la teologiadella liberazione è qualcosa di più e qualcosadi diverso da una teoria sociale di sinistra oda una conseguente teologia pastorale. Essa èteologia». Con quale peculiarità? Mentre leteologie europee, anche quelle più implicatecon le questioni sociali (come la “teologia po-litica” e la “teologia della speranza”) hannopur sempre come interlocutore l’uomo adultoed emancipato di bonhoefferiana memoria, ilnon credente che fatica a riconoscere Dio e lomarginalizza, la teologia della liberazione haa che fare con il non uomo, il povero (o me-glio l’impoverito, nel senso che la povertànon è mai solo una fatalità), colui che è pri-vato di diritti e non ha voce. I teologi latinoa-mericani parlano, in proposito, di «popolocrocifisso» (Ignacio Ellacuría), anche a moti-vo del diffuso e doloroso fenomeno del marti-rio: di fatto l’America latina è l’unico «conti-nente povero e al contempo cristiano» (p. 55)dove alcuni che si dicono cristiani uccidonoaltri cristiani schierati in favore dei poveri.

Se in Europa, dunque, il problema di ieriera l’ateismo militante e quello dei nostrigiorni l’opaca indifferenza, la teologia della li-berazione è da sempre alle prese con l’idola-tria del denaro e del potere, che versa il san-gue del povero per trarne profitto. Un’idola-tria che è morte, e il cui opposto è il Dio del-la vita (cfr. Gutiérrez, Il Dio della vita, Bre-scia, Queriniana, 1992), l’unico in grado di ri-dare dignità al povero: gloria Dei vivens pau-

di UGO SARTORIO

Con un Papa latinoamericano, lateologia della liberazione non po-teva rimanere a lungo nel conod’ombra nel quale è stata relegatada alcuni anni, almeno in Euro-

pa. Messa fuori gioco da un doppio pregiudi-zio: quello che non ha ancora metabolizzatola fase conflittuale della metà degli anni Ot-tanta, per altro enfatizzata dai media, e ne fauna vittima del Magistero romano; e quelloingessato nel rifiuto di una teologia ritenutatroppo di sinistra e quindi tendenziosa.

Vi è da aggiungere il fatto che qualcuno èpersino arrivato a dare per morta e sepolta lateologia della liberazione, frutto di una sta-gione che si sarebbe definitivamente conclusacon la caduta del muro di Berlino (1989) el’implosione dell’impero sovietico legatoall’ideologia marxista. Curiosa, a proposito, lareazione di uno dei maggiori esponenti diquesto filone teologico, il peruviano GustavoGutiérrez, riportata da Luiz Carlos Susin: «Ilnoto teologo peruviano si è rammaricato conil suo proverbiale senso dell’ironia, dicendoche se la teologia della liberazione è morta,egli non è stato invitato al funerale. Aggiungeche, se fosse vero, ne sarebbe molto contento,perché vorrebbe dire che saremmo arrivati avivere in un mondo giusto, nel regno di Dio,il regno della libertà escatologica, e non do-vremmo più sostenere lo sforzo della lotta edella fedeltà, sempre tentata e affaticante, perconquistare la liberazione» (Silvia Scatena –Luiz Carlos Susin – Sandro Gallazzi, Chiesa eteologia in America Latina, Padova, Messagge-ro, 2013, pp. 51-52).

Lo stesso Gutiérrez, nel libro che stiamopresentando, chiarisce che il 1989 è sicura-mente paradigmatico per il rapporto tra Est eOvest, poiché per molti anni la storia è statabloccata su quell’asse, ma che però la teologiadella liberazione non è interessata alla povertànei Paesi dell’Est. Essa muove piuttostodall’inumana situazione di povertà in AmericaLatina e nei Caraibi, che non sembra essersimitigata in modo significativo negli ultimi de-cenni e che esige di essere letta alla luce dellafede. «Stato di cose e teologia — chiariscesenza mezzi termini Gutierréz — che nella so-stanza hanno poco a che vedere con il crollodel socialismo reale» (p. 46).

In ogni caso, ancora nel 2002, il teologoRobert J. Schreiter descriveva la teologia, me-glio le teologie, della liberazione «tra resisten-za e ricostruzione» (cfr. The New Catholicity,Orbis Books, pp. 98-115), quindi in ricerca diidentità dentro mutati contesti. E non si puònon tenere in conto che in America Latina,come già trent’anni fa illustrava il teologo ge-suita argentino Juan Carlos Scannone (cfr.Problemi e prospettive di teologia dogmatica,Brescia, Queriniana, 1983, pp. 406-414), la

trice Missionaria Italiana — è di fatto un testoapparso originariamente in lingua tedesca nel2004 (Augsburg, Sankt Ulrich Verlag). Il tito-lo resta identico (An der Seite der Armen; “dal-la parte dei poveri”), mentre il sottotitolo te-desco che recita Theologie der Befreiung; “lateologia della liberazione”, viene ampliato conl’aggiunta teologia della Chiesa. Con l’intentodi mettere in evidenza quello che è il succodell’intera pubblicazione, vale a dire la valen-za ecclesiale di una teologia che, in molti suoiesponenti, tra i quali spicca Gutiérrez, hasvolto un cammino che la colloca senza dub-bio alcuno nel solco della cattolicità e a suoservizio, come teologia della Chiesa e per laChiesa.

Delle 183 pagine di testo, 117 (in tre contri-buti) sono del teologo peruviano, mentre 76(in quattro interventi) sono state scrittedall’arcivescovo Müller. Colpisce il tono paca-to, a tratti meditativo, dell’esposizione, e so-prattutto il fatto che viene bandito ogni in-tento rivendicativo: a parlare sono i fatti, leargomentazioni, i riferimenti mirati sia ai testidelle Conferenze generali dell’episcopato lati-noamericano sia ai testi del Magistero roma-

ro dal quale si sentirebbe incompresa, ancoratroppo colorata di ideologia. La teologia, scri-ve Gutiérrez, è una «funzione ecclesiale» e of-fre il suo servizio alla comunicabilità della fe-de: «Il suo contenuto è la proclamazione diCristo e della sua liberazione integrale, an-nuncio che deve essere fatto in un linguaggiofedele al messaggio e che risulti eloquente peri nostri contemporanei» (p. 6). Da notare chesi parla di liberazione «integrale», quindi ditutto l’uomo da tutti i mali (a partire dalla ra-dice di ogni male che è il peccato), e di unrinnovato stile di annuncio.

Non è un caso che Giovanni Paolo II abbiaparlato in modo strutturato di nuova evange-lizzazione («Nuova nel suo ardore, nei suoimetodi, nella sua espressione») proprio par-lando al Consiglio episcopale latinoamerica-no, a Haiti, il 9 marzo 1983. L’e s p re s s i o n e«nuova evangelizzazione», sottolinea Gutiér-rez (p. 150), si trova nel documento prepara-torio di Medellín (Colombia), culla della teo-logia della liberazione, e nel Messaggio diquesta conferenza, e siamo nel 1968.

Un implicito riconoscimento della teologiadella liberazione come «nuova evangelizzazio-

de, l’arcivescovo Gerhard Lud-wig Müller, professore onorariodell’università Ludwig-Maximi-lian di Monaco di Baviera e cu-ratore dell’opera omnia di JosephRatzinger - Benedetto XVI.

Il libro — tradotto in italianoin coedizione dalle EdizioniMessaggero Padova e dalla Edi-

do che si prepara e che, in un certo qual mo-do, ha già compiuto i primi passi? Che ne sa-rà dei preferiti da Dio nel prossimo futuro?»(p. 112).

Gli interventi dell’arcivescovo Müller, chenon nasconde la sua amicizia con il teologoperuviano, sono tesi a valorizzare la teologiadella liberazione, definita come «una nuovacomprensione della teologia», e, più nellospecifico, «riflessione teologica a servizio del-la prassi liberatrice di Dio» (p. 22). Richia-mandone le origini in una conferenza tenutanel 1968 da Gutiérrez a Chimbote, nel Norddel Perú (egli, in verità, doveva parlare di teo-logia dello sviluppo, ma preparando la rela-zione si accorse che era più biblico e più teo-

della Fede sopra citati: «Essi si prefiggono dipreservare le “teologie della liberazione” daldiventare ideologie, perdendo così il loro ca-rattere di teologia» (p. 182). Il secondo, inparticolare, riconosce che per sua natura ilVangelo «è messaggio di libertà e liberazio-ne» (n. 1), anche se la libertà cristiana nonequivale ad anarchia e non è mai senzalegami, mentre la missione liberatrice dellaChiesa deve rifuggire da ogni tipo di violenza(cfr. n. 62). L’istruzione Libertatis conscientiaindividua inoltre i contenuti positivi dei nuoviapprocci elaborati dalla teologia della libera-zione, mostrandone la fecondità.

Va ricordato che nello stesso anno, il 1986,in una Lettera alla Conferenza episcopale brasi-liana del 9 aprile (l’istruzione vaticana portala data del 22 marzo), Giovanni Paolo II af-fermò che «nella misura in cui s’impegna neltrovare le risposte giuste (...), la teologia dellaliberazione è non solo opportuna, ma utile enecessaria».

Chiudiamo questa recensione con i ringra-ziamenti che l’arcivescovo Müller rivolgeall’amico teologo Gutiérrez per il suo prezio-so lavoro a favore della teologia europea edella Chiesa universale, sigillo di una visionedi Chiesa che necessita di tutti gli apporti mi-gliori: «Proprio Gustavo Gutiérrez indica alnostro sguardo tutto concentrato sulla pro-spettiva europea che cosa significhi Chiesauniversale. Con la teologia della liberazionela Chiesa cattolica ha potuto ulteriormenteaccrescere il pluralismo al suo interno. Lateologia dell’America Latina svela e proponeoggi nuovi aspetti della teologia che integra-no una prospettiva europea spesso incrostata»(p. 178).

Tina Modotti, «Mani di operaio» (1927, Messico)

Diego Rivera, «Delfina e Dimas» (1935, particolare)

Processione del Venerdì Santo ad Ayacucho in Perú (Ap Photo/Rodrigo Abd)

Adolfo Pérez Esquivel, «Il Risorto accompagnail popolo di Dio nel suo cammino» (1992, particolare)

za della maniera in cui stiamo viven-do oggi la globalizzazione, la qualecostituisce un fatto che non necessa-riamente deve prendere l’odierna pie-ga di una crescente disuguaglianza. E,

p e r, come amava dire il vescovo ÓscarArnulfo Romero riecheggiando la celebreespressione di sant’Ireneo. Sia chiaro che alcentro della teologia della liberazione non stail povero ma il Dio dei poveri, per cui la ra-gione principale dell’«opzione preferenzialeper i poveri» non è l’analisi sociale (come so-stengono gli oppositori della teologia della li-berazione), quanto piuttosto il Dio nel quale icristiani credono nella comunione della Chie-sa. Questo fa della teologia della liberazioneuna teologia contestuale in senso pieno (an-che se dire «teologia contestuale», puntualiz-za il teologo peruviano, è di per sé una tauto-

e malati solo perché manca loro ilminimo indispensabile per vivere?Conosciamo l’angoscia che attana-glia le persone intrappolate nella lo-ro malattia, spesso costrette ad ac-cettare, quale barlume di speranza,quale via d’uscita la morte, e questoquando invece in Europa un piccolointervento compiuto con un’a t t re z z a -tura medica di base avrebbe loro sal-vato la vita?

Ai disagi esistenziali e ai pericolisi aggiunge, quale forma consapevo-le di umiliante oppressione, l’i s t ru -zione insufficiente. E anche il nonriconoscerla quale grave causa di po-vertà, dunque come problema da ri-solvere, può essere considerato un

certa sicurezza esi-stenziale. La bio-grafia della Chiesae quella del popololì coincidono. Afronte della natura-lezza con la qualesi professa la pro-pria fede e la sipratica, a frontedella fiducia ripostanella Chiesa e nellateologia, spesso —per alcuni rappre-sentanti della teolo-gia tedesca e del-l’establishment ec-clesiastico — i pro-blemi indicati di-vengono temi nonrilevanti.

Un ringrazia-mento particolareva al mio amicoGustavo Gutiérrez.Negli ultimi de-cenni egli ha il-lustrato quei capi-saldi della cosiddet-ta teologia della li-berazione che fan-no di essa una dot-trina coerente e inpiù occasioni egliha offerto una vi-sione d’insieme. Etuttavia il dibattitospesso acceso sullateologia della libe-

teologia, per quanto rilevante sia la sua fun-zione, non è altro che un mezzo per appro-fondirle. La teologia è un’ermeneutica dellasperanza vissuta come un dono del Signore.In effetti si tratta di questo: di proclamare lasperanza al mondo nel momento che viviamocome Chiesa» (p. 174). E soprattutto di solle-vare le grandi domande, come fa la Scritturaquando Yhwh comunica a Mosè una prescri-zione da trasmettere al popolo, quella dipreoccuparsi di dove dormiranno coloro chenon hanno da coprirsi (cfr. Esodo, 22, 25-26).Si chiede Gutierréz in riferimento a questo te-sto: «Dove vanno a dormire i poveri nel mon-

volgersi a Gesù Cristo, il salva-tore e il liberatore dell’umani-tà, è diventato l’i m p re s c i n d i b i -le tòpos di ogni teologia. Macomprendiamo in modo ade-guato le condizioni di vita neiPaesi del Sudamerica? Sappia-mo dell’opprimente povertàche giornalmente costa la vitaa migliaia di bambini, anziani

In molti incontri, questa fedegioiosa e vissuta mi ha dato forza edè diventata anche per me una fontedi ispirazione. Guardare a ciò che èveramente essenziale nella vita. Affi-darsi a Dio, il creatore e vero compi-mento dell’umano. La sofferenza diogni giorno è la realtà che, nel P a d ren o s t ro , fa domandare ogni giorno al-la gente del Sudamerica il pane quo-tidiano. A far muovere le loro labbranon è l’opulenza consumistica, ma lafame terribile.

Nella situazione economicamentee politicamente critica dei Paesi lati-noamericani, il popolo vede nellaChiesa l’unica speranza, il luogo do-ve proteggersi e che può dare una

Page 5: L'Osservatore Romano, 4-9-2013

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 mercoledì 4 settembre 2013

La Chiesa nelle Filippine sull’uso improprio di fondi pubblici

Più senso civico e moralecontro la corruzione

MANILA, 3. Un richiamo all’integritàin qualunque ambito della vita fa-miliare e professionale; l’invito a oc-cuparsi dei poveri; un duro attaccoalle truffe perpetrate attraverso il si-stema detto “pork barrel”, l’uso im-proprio di fondi pubblici messi a di-sposizione dei parlamentari e fontedi corruttela e malaffare. L’a rc i v e -scovo di Manila, il cardinale LuisAntonio G. Tagle, si è rivolto conquesti argomenti alle centinaia dimigliaia di persone scese in piazzaper protestare contro il Fondo prio-ritario per l’assistenza allo sviluppo(Pdaf), meglio conosciuto appuntocome “pork barrel system”.

Assieme al porporato — riferiscel’agenzia d’informazione AsiaNews— hanno manifestato attivisti cattoli-ci ed esponenti della società civile,mentre il Governo ha cercato finoall’ultimo di smorzare i toni dellaprotesta, assicurando provvedimentiurgenti al fine di estirpare un feno-meno sempre più diffuso.

Il Fondo prioritario per l’assisten-za allo sviluppo è un fondo a titolodiscrezionale, assegnato ai membridel Congresso (i parlamentari) perfinanziare progetti, enti o associa-zioni, anche se, secondo le accuse,sarebbe stato usato per intascare ildenaro pubblico e finanziare il votodi scambio.

Creato nel 1990 come Fondo perlo sviluppo nazionale (Cdf), il fon-do è di fatto affidato alla classe po-litica e dirigente per sostenere pro-getti di piccola scala o di beneficiopubblico, che esulano dal più ampioprogramma nazionale dedicato allei n f r a s t ru t t u re .

Denominato per le sue storture“pork barrel”, il sistema di finanzia-mento è stato oggetto di fortissimecritiche a causa di abusi, corruzione

e malaffare nell’uso di miliardi dipesos (in particolare nel 1996 e nelcorso del 2013).

Parlando in una piazza di Manilagremita da circa trecentocinquanta-mila persone, che hanno rispostoall’invito partecipando alla “MillionM a rc h ”, il cardinale Tagle ha invita-to i concittadini a mostrare il sensodi appartenenza e di senso civico.Rivolgendosi anche alle centinaia dimigliaia di espatriati, il porporatoha chiesto più «onestà e patriotti-smo»; sentimenti che coinvolgonotutti, a prescindere dalla religione diappartenenza, e che vanno mostrati«nei luoghi di culto, nelle moscheee in chiesa» come nei diversi settoridella società civile.

L’arcivescovo di Manila ha auspi-cato la rinascita di un vero spirito di«cooperazione» che riguarda nonsolo i cittadini, ma pure la classe di-rigente, nel suo sistema di governoe nelle direttive che da essa emana-no. Il cardinale Tagle ha definito lapratica del “pork barrel” come «la-cerante» e, da attento osservatoredel sociale e dei problemi dei piùpoveri, ha invitato a occuparsi conpiù decisione degli ultimi e dei piùvulnerabili. Punto dolente dell’at-tuale Governo è anche la «riformaagraria», da decenni invocata dallapopolazione e mai realizzata.

Assieme al porporato hanno mar-ciato come accennato giovani attivi-sti cattolici, laici e gruppi impegnatinel sociale. La manifestazione ha se-gnato la prima grande protesta con-tro la corruzione sotto l’amministra-zione del presidente Aquino, che siè insediato tre anni fa.

Monsignor Antonio J. Ledesma,arcivescovo di Cagayan de Oro, hadefinito lo scandalo dei fondi come

un «gravissimo atto immorale», cheva sradicato per il bene del Paese.

Nei giorni scorsi il capo delloStato ha promesso cambiamenti nel-la gestione e nella distribuzione deifondi. Il timore degli oppositori e diparte della società civile è che sitratti di promesse fatte alla vigiliadelle grandi manifestazioni di mas-sa, alle quali non seguiranno prov-vedimenti concreti.

In diverse occasioni, la Conferen-za episcopale delle Filippine ha po-sto l’attenzione sulla corruzione nelPaese asiatico, causa di povertà e di-suguaglianza. «La corruzione —hanno detto i vescovi — è diventataun cancro morale e sociale che vasradicato attraverso riforme radicaliin diversi ambiti governativi. La cor-ruzione e l’ingombrante presenza di“dinastie politiche”, che condiziona-no pesantemente la vita pubblica,sono un freno alla reale democratiz-zazione nel Paese e fanno parte diuna lunga litania delle tempeste ac-canto alle calamità naturali. Le di-nastie politiche — hanno aggiunto ipresuli — aumentano corruzione einefficienza. Le istituzioni non do-vrebbero essere monopolizzate pergli interessi di talune famiglie o diun partito politico».

Secondo l’episcopato bisogna darvita, al più presto, a politiche che ri-spondano a criteri di integrità e disostegno ai poveri.

Nel 2008, in un documento dellaConferenza episcopale veniva sotto-lineato che «la corruzione è la causaprincipale della povertà e della famenelle Filippine. Essa ha invaso tuttele istituzioni pubbliche e private enon rappresenta solo un problemaeconomico e sociale, ma anche mo-rale».

Il 5 ottobre manifestazione a Santiago del Cile

Sempre per la vitaSANTIAGO DEL CILE, 3. Si svolgeràfra un mese, sabato 5 ottobre, aSantiago del Cile, la campagna na-zionale «Siempre por la Vida»(«Sempre per la vita»). Migliaia digiovani scenderanno in strada persensibilizzare la gente sull’impattodell’aborto e per raccogliere firmecontro l’approvazione di leggi anti-vita nel Paese.

«Lo scenario che si sta aprendoin Cile riguardo al dibattitosull’aborto è molto complesso. Ab-biamo politici e movimenti sociali —ha detto Felipe Guevara, presidentedi «Siempre por la Vida» — chehanno approfittato di una situazio-ne molto delicata per diffondere lanecessità di depenalizzare l’ab orto».

Lo scorso luglio infatti il dibattitoè ripreso con vigore dopo la notiziache una bambina di 11 anni era ri-masta incinta dopo uno stupro.

A favore della depenalizzazionedell’aborto si è svolta una manife-stazione conclusasi con la violentairruzione degli abortisti nella catte-drale di Santiago durante una cele-brazione eucaristica per la festa disan Giacomo. «Deploriamo l’attaccoalla cattedrale, così come l’uso e lagiustificazione della forza. Questo —ha aggiunto Guevara — deve portarenoi, che siamo a favore di una cul-tura della vita, a partecipare con piùinteresse al dibattito pubblico e apresentare le nostre opinioni in mo-do pacifico».

Fra pochi mesi, i cileni sarannochiamati a esprimersi alle elezionipresidenziali e parlamentari in cui laposizione di alcuni candidati si è ra-dicalizzata come nel caso dell’expresidente Michelle Bachelet. Gue-vara si è detto dispiaciuto che alcu-ne posizioni si siano radicalizzate:«Quando i cileni sapranno esatta-mente cos’è l’aborto — ha detto —poiché non esiste quello terapeutico,e non ci sono soluzioni integrali chepossiamo dare come società, saremoin grado di ribaltare le opinioni chesi stanno affermando contro lavita».

Seminario a Pattaya dedicato al contributo delle scuole cattoliche in Thailandia

Identitàda valorizzare

PAT TAYA , 3. Trecento istituti cattoli-ci, frequentati da oltre mezzo milio-ne di studenti di fedi religiose diver-se: un successo per una comunità,quella cattolica appunto, che inThailandia rappresenta appena lo0,1 per cento della popolazione (astragrande maggioranza buddista)ma che si contraddistingue per lavitalità e lo spirito di iniziativa so-prattutto nel sociale e nel settoredell’istruzione. E proprio la scuola èstata al centro di un seminario, svol-tosi nei giorni scorsi a Pattaya, alquale hanno partecipato oltre quat-trocento fra educatori e sacerdotiprovenienti da dieci diocesi del Pae-se. Fra gli obiettivi dell’incontro —riferisce AsiaNews — quello di mi-gliorare sempre più il grado di istru-zione e conoscenze offerto dallescuole cattoliche, per centrare glistandard internazionali, e promuo-vere al contempo la conoscenza delcatechismo e le basi della fede. Unobiettivo che sta a cuore alla Confe-renza episcopale thailandese, la qua-le dedica molta attenzione al temadell’educazione e al contributo of-ferto nel settore dalle scuole di ispi-razione cristiana.

Durante il seminario, vescovi, sa-cerdoti e laici hanno discusso deglistandard qualitativi e analizzato i ri-sultati ottenuti dagli istituti in temadi evangelizzazione e di educazionemorale e civile. Il presidente dellaConferenza episcopale, LouisChamniern Santisukniran, arcivesco-vo di Thare and Nonseng, ha invi-tato i docenti a essere «testimoni vi-venti» di Gesù fra gli allievi. Nelsuo intervento, ha sottolineato che èdovere della Chiesa cattolica aiutarele sue istituzioni più rappresentativea «esprimere l’identità cattolica» eha ricordato gli obiettivi del Pianopastorale 2010-2015, secondo cui «lescuole e i centri educativi sono ilpunto focale dell’annuncio del Van-gelo». Per questo, appunto, è dove-re degli educatori essere «testimoniviventi» di Gesù fra gli allievi.

L’arcivescovo di Bangkok, FrancisXavier Kriengsak Kovithavanij, nelsuo discorso si è invece ispirato allanuova evangelizzazione sottolinean-do l’importanza del dialogo interre-ligioso: «Tutti i discepoli di Cristosono chiamati ad annunciare e acondividere la buona novella» conchi ancora non ha incontrato il Van-

gelo e con quanti non credono, invi-tando i cattolici a promuovere inprima persona il dialogo interreli-gioso che è parte integrante e «rive-ste un ruolo di primo piano nellanuova evangelizzazione». Monsi-gnor Kovithavanij ha ricordato i va-lori del Vangelo fra i quali moralitàe virtù, cultura e vita, che sono —per il presule — parte essenziale delprogramma di un istituto di ispira-zione cristiana, assieme alla tecnolo-gia, ai media e al rispetto per l’am-biente.

Al seminario di Pattaya è interve-nuto anche padre Francis XavierDeja Arpornrat, segretario esecutivodella Conferenza episcopale, osser-vando che le scuole cattoliche mira-no a uno sviluppo «complessivo»,integrale della persona e che perquesto esse godono della fiducia deigenitori. Per il futuro — ha conclusoil sacerdote — è importante «preser-varne l’identità» parallelamente alpotenziamento dei metodi di inse-gnamento, al fine di centrare i piùelevati standard qualitativi: «Dob-biamo rinnovare i metodi e riforma-re il sistema adattandoli ai tempiche cambiano».

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L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 4 settembre 2013 pagina 7

Associazioni e movimenti laicali in vista della giornata di digiuno e orazione

Per dar forzaal grido della pace

Adesioni all’appello di Papa Francesco per la Siria

Nella tribolazione il coraggio della fede

D all’Assemblea degli ordinari cattolici di Terra Santa invito alla mobilitazione

La preghieracopre i rumori di guerra

GERUSALEMME, 3. Alle orecchie diDio le preghiere sono più rumorosee assordanti dei tamburi della guer-ra. È la convinzione dei presuli diTerra Santa di fronte ai sinistri ventidi guerra che spingono per aggiun-gere altro sangue e altra sofferenzaa quelli che ormai da tempo afflig-gono la Siria e la regione medio-rientale. L’Assemblea degli ordinaricattolici di Terra Santa, con un co-municato diffuso dal Patriarcato diGerusalemme dei Latini, aderisceperciò alla speciale giornata di pre-ghiera e digiuno indetta da PapaFrancesco per sabato 7 settembre.«L’Assemblea degli ordinari cattoli-ci di Terra Santa — si legge nel co-municato — vi aderisce e si augurache ogni ordinario nella sua diocesi,eparchia o esarcato, ogni parroco

rios III — terremo aperte le nostrechiese fino a mezzanotte, per per-mettere a tutti (cattolici, ortodossi emusulmani) di pregare. Le veglie siterranno ovunque sia possibile, an-che se vi fossero meno di dieci per-sone a parteciparvi». Per GregoriosIII, la vicinanza di Papa Francesco edella Chiesa è fondamentale pertutta la popolazione siriana, cristia-na e musulmana, che senza un so-stegno rischia di perdere la speran-za. Il patriarca ricorda poi che l’8settembre ricorre la festa della Nati-vità di Maria, molto sentita in Me-dio Oriente, soprattutto in Siria e inLibano. «Noi ci affidiamo alla Ma-donna — conclude — al digiuno ealle veglie di preghiera. Vi sarannocelebrazioni speciali nel santuario diSaidnaya (Damasco) e nei vari luo-

al dramma che sprofonda la Sirianella violenza e nella guerra fratrici-da — si legge nella lettera — e da-vanti alle ripercussioni nel vostroPaese, nelle Chiese e nelle comunitàmusulmane della regione, vogliomanifestarle la nostra profonda soli-darietà. Questa solidarietà si espri-me attraverso la preghiera e con ilegami fraterni stabiliti tra noi».

Monsignor Rault sottolinea che«le Chiese della Giordania hannoampiamente aperto le porte e i cuo-ri a migliaia di rifugiati siriani alprezzo di pesanti sacrifici, acco-gliendo senza distinzione poveri cit-tadini di qualunque confessione reli-giosa. Lei ha particolarmente contri-buito a questa apertura, chiedendoalla vostra comunità di mostrarsi ge-nerosa e accogliente». Il vescovo di

Suggerimenti e propostedalla Cei e dal Vicariato di Roma

Lutto nell’episcopatoMonsignor Joaquim JustinoCarreira, vescovo di Guarulhos,in Brasile, è morto, lunedì sera2 settembre, nell’ospedale AcCamargo di São Paulo, all’etàdi 63 anni. Il compianto presuleera nato a Santa Caterina daSerra, in diocesi di Leiria-Fáti-ma in Portogallo, il 24 gennaio1950, ed era stato ordinato sa-cerdote per il clero di Jundiaí, il19 marzo 1977. Eletto vescovo ti-tolare di Cabarsussi e al con-tempo nominato ausiliare diSão Paulo, il 24 marzo 2005,aveva ricevuto l’o rd i n a z i o n eepiscopale il 21 maggio successi-vo. Il 23 novembre 2011 era sta-to trasferito alla sede residenzia-le di Guarulhos. Le esequie so-no state celebrate, martedì 3 set-tembre, nella cattedrale di Nos-sa Senhora da Conceiçao diG u a ru l h o s .

È una risposta corale quella chegiunge dal laicato cattolico all’invitoalla preghiera e al digiuno per lapace in Siria, nel Medio oriente enel mondo intero. L’Azione cattoli-ca (Ac) italiana, come tutte le Acdel mondo riunite nel Forum inter-nazionale di Azione cattolica, condi-vide «il grido della pace» di cui Pa-pa Francesco si è fatto interprete nelcorso dell’Angelus di domenicascorsa e rinnova «il proprio impe-gno a essere un anello di quellagrande catena di donne e uomini disperanza, di dialogo e di solidarietàche considerano la pace un beneprezioso che supera ogni barriera,da promuovere e tutelare sempre».Aderendo alla proposta e all’inten-zione di Papa Francesco, i ragazzi, igiovani e gli adulti di Ac, partecipe-ranno alla giornata di digiuno e dipreghiera indetta per sabato 7 set-tembre. «Offriamo la nostra concre-ta disponibilità a contribuire all’or-ganizzazione in tutte le parrocchie ele diocesi del Paese di questo mo-mento di preghiera e di incontro, al-la vigilia della ricorrenza della Nati-vità di Maria, Regina della Pace», silegge in una nota. «Come associa-zione di laici che opera nella costru-zione del bene comune e per la pro-mozione della pace auspichiamo cheil nostro Paese e la comunità inter-nazionale accolgano l’esortazione “afare ogni sforzo per promuovere,senza ulteriore indugio, iniziativechiare per la pace in quella Nazio-ne, basate sul dialogo e sul negozia-to, per il bene dell’intera popolazio-ne siriana”».

L’appello del Papa è stato accoltoanche da Comunione e liberazione(Cl), che sottolinea come «non èmai l’uso della violenza che portaalla pace, ma l’incontro e il negozia-to». In un comunicato don JuliánCarrón, presidente della Fraternitàdi Cl, afferma: «Accogliamo questopressante invito del Papa e sostenia-mo il suo grido — “Mai più la guer-ra! Un appello che nasce dall’intimodi me stesso!” —, unendoci alla suapreghiera con l’offerta delle nostregiornate, mentre aspettiamo di par-tecipare con tutti i fratelli e gli uo-mini di buona volontà alla grandegiornata di digiuno e di preghieraconvocata per sabato 7 settembre aRoma, aderendo alle iniziative dellediocesi nel mondo».

Analoga adesione è giunta dallaComunità di Sant’Egidio che acco-glie «con riconoscenza e totale so-stegno» l’invito di Papa Francesco.«Sabato 7 settembre a Roma inpiazza San Pietro, e negli oltre 70Paesi del mondo in cui è presente eopera, la Comunità — si legge in uncomunicato — si riunirà per pregaree per ripetere con forza e convinzio-ne il grido del Papa: “Non è mail’uso della violenza che porta allapace. Guerra chiama guerra, violen-za chiama violenza”».

Per Maria Voce, presidente delmovimento dei Focolari, impegnataad Amman, in Giordania, per parte-cipare all’assemblea generale dellaConferenza mondiale delle religioniper la pace e per incontrare i rap-presentanti del Movimento dei di-versi Paesi dell’area medio-orientale,«due parole s’impongono in questeore estremamente drammatiche epericolose: impegno totale nel ri-spondere a Papa Francesco con la

guardano il futuro dei loro Paesi,ma anche il rapporto con persone dialtra religione, le relazioni fra leChiese cristiane, tante di esse anti-che e con una ricca e sovente dolo-rosa storia alle spalle, il futuro di fa-miglie e comunità in un momentoin cui molti cercano di emigrare invista di un futuro migliore». Sfidepressanti dove «anche la spiritualitàdell’unità tipica dei Focolari, attra-verso l’impegno di quanti vi aderi-

ROMA, 3. Una lettera indirizzata atutti i vescovi italiani per rilanciarel’appello del Papa in occasionedella giornata di digiuno e pre-ghiera per la pace in Siria, in Me-dio Oriente e nel mondo intero,indetta per il 7 settembre. L’ha in-viata il vescovo Mariano Crociata,segretario generale della Conferen-za episcopale italiana (Cei), ricor-dando che con questa iniziativas’intende «invocare da Dio» il«grande dono» della pace «perl’amata nazione siriana e per tuttele situazioni di conflitto e di vio-lenza nel mondo». Nella lettera,«raccogliendo l’appello accoratodel Papa e, in particolare, la richie-sta che tutte le Chiese particolariorganizzino qualche atto liturgicosecondo questa intenzione», ven-gono allegati alcuni «suggerimentie proposte» per la giornata. Tra leproposte: «una veglia di preghierastrutturata come Liturgia della Pa-rola»; la «celebrazione dei primivespri con la possibilità di sostitui-re la lettura breve con altra letturabiblica (non evangelica) attinta dallezionario». Soprattutto nei san-tuari mariani viene suggerita «lapreghiera del santo rosario; inmattinata è possibile celebrare unasanta messa utilizzando il formula-rio Maria Vergine Regina della Pa-ce». Inoltre, secondo l’ufficio litur-gico della Cei, «Sarà possibile pro-porre un’adorazione eucaristicaprolungata». Inoltre, nelle messefestive di domenica 8 settembre,l’ufficio liturgico propone d’«inse-rire una particolare intenzione nel-la preghiera universale o dei fede-li». E per presentare il valore deldigiuno si può ricorrere alla notapastorale della Cei su «Il sensocristiano del digiuno e dell’asti-nenza» del 4 ottobre 1994.

Un particolare coinvolgimento,ovviamente, è previsto da partedella diocesi di Roma. Il cardinalevicario Agostino Vallini ieri ha dif-fuso un invito alla veglia di pre-ghiera per la Siria. In una lettera

indirizzata ai parroci, ai sacerdoti eai fedeli della diocesi, il porporatoricorda come «tutti siamo rimastiprofondamente colpiti e addoloratiper le tragiche notizie, giunte inparticolare in questi ultimi giorni,di numerosi morti, spesso bambinie persone innocenti. Allo stessotempo la possibilità di un inter-vento armato genera nel cuore diciascuno un profondo turbamentoe non poca preoccupazione». Diqui l’invito a unirsi alla preghieradel Papa nel corso della veglia cheavrà luogo in piazza San Pietro,dalle ore 19 alle ore 24 di sabato 7.E ricordando come nello stessogiorno, alle 17.30, nella cattedraledel Laterano avrà luogo la consa-crazione episcopale di monsignorPaolo Selvadagi, suggerisce che altermine della celebrazione i parte-cipanti si rechino in Vaticano.

nella sua parrocchia e con i suoiparrocchiani, ogni superiore/a diistituto religioso, possano organizza-re la giornata come più conviene».Affinché — è questa la convinzioneprofonda — l’eco delle preghiere chesalgono dalle nostre labbra possacoprire il rumore dei tamburi diguerra».

Nella stessa direzione vanno leparole di Gregorios III Laham, pa-triarca di Antiochia dei Greco-Mel-kiti, per il quale «la giornata di pre-ghiera annunciata dal Papa è un ge-sto straordinario di pace, che con-ferma il grande amore di Francescoper questa terra martoriata». Di quil’invito esteso a «tutti, cattolici, or-todossi, musulmani e non credenti apregare con noi per la pace in Siriae Medio Oriente». In questa pro-spettiva, in tutte le parrocchie e isantuari della regione, secondoquanto riferisce l’agenzia AsiaNews,sono già iniziati i preparativi per laveglia. «In Siria — continua Grego-

ghi di culto mariani sparsi per il Li-bano».

Anche la piccola comunità cattoli-ca del Nord Africa aderisce all’ini-ziativa di preghiera e di digiuno.Anzi, già poco prima dell’indizioneda parte di Papa Francesco dellagiornata per il martoriato Paese me-diorientale, i cattolici nordafricani sierano già mobilitati accogliendol’invito al digiuno e alla preghieraper la pace in Siria lanciato dall’ar-civescovo di Tunisi, Ilario Antoniaz-zi, e dal vescovo di Costantine, PaulDesfarges. È quanto afferma — co-me riferisce l’agenzia Fides — mon-signor Claude Rault, vescovo di La-ghouat, in Algeria, in una lettera in-viata il 30 agosto scorso a monsi-gnor Maroun Elias Lahham, ausilia-re e vicario del patriarca di Gerusa-lemme dei Latini per la Giordania,con la quale la Chiesa cattolica inNord Africa esprime solidarietà e vi-cinanza nella preghiera alla comuni-tà cattolica del Levante. «Di fronte

Laghouat ricorda inoltre il recenteincontro tra Papa Francesco e il reAbdullah II di Giordania, al terminedel quale si è affermato che il dialo-go è l’unica opzione per mettere fi-ne al conflitto. Una posizione con-divisa da monsignor Lahham, checome ricorda monsignor Rault,«attraverso la voce dei media» haaffermato che «un intervento milita-re esterno sarebbe una calamità e lapeggior cosa per la Siria, erischierebbe di scatenare una guerrache potrebbe prolungarsi ben al dilà di questo Paese». MonsignorRault conclude affermando: «Siamocoscienti che le cause di queste vio-lenze insostenibili vanno oltre ilPaese colpito. Anche se siamosprovvisti di mezzi umani, vogliamounire la nostra voce e la nostra pre-ghiera alla vostra e a tutti gli arteficidi pace che operano in Siria e altro-ve per la pacificazione e la riconci-liazione».

Una «professione di fede» anche nel mezzo di tremen-de tribolazioni. È con questa prospettiva che i missiona-ri del Pontificio istituto missioni estere (Pime) invitanoa seguire Papa Francesco e il suo appello alla preghierae all’impegno per la pace in Siria. Attraverso il sito inrete MissiOnLine, i missionari hanno rilanciato le paro-le del Pontefice pronunciate all’Angelus di domenicascorsa suggerendo di prepararsi all’appuntamento di sa-bato 7 «facendo nostra ogni giorno» un’antica preghie-ra scritta da sant’Efrem, grande padre della tradizionesiriaca. Una preghiera, sottolineano i missionari, «cheparlava già nel IV secolo di “terre devastate” e “chieseincendiate”, a dimostrazione di come il Male nel cuoredell’uomo sia sempre lo stesso». Tuttavia, già allora gliuomini di fede affidavano la speranza nelle mani diDio, Re della Pace. «Come ha fatto, così farà», sono leultime parole della preghiera. È «una professione di fe-de nel mezzo della tribolazione». Si tratta dello «sguar-do con cui vogliamo guardare anche oggi a questa Siriada troppo tempo ferita e sfigurata».

Per i missionari del Pime «un gesto e un impegnodel genere — se vogliamo che sia davvero un’assunzionepersonale di responsabilità sul dramma della Siria —non può che scandire tutta la settimana» che si conclu-derà con la giornata di digiuno e preghiera indetta dalPapa. Infatti, «in mezzo a tanti dibattiti di questi giornisi tende sempre a puntare il dito contro qualcuno: le ar-mi chimiche, Assad, Obama, i ribelli, al Qaida, i grandiinteressi. Si fanno analisi geopolitiche. Ma c’è un livelloche rischiamo sempre di evitare: quello del nostro coin-volgimento personale nella costruzione della pace».

Sono ovviamente numerosissime le adesioni all’app el-lo del Papa che si susseguono di ora in ora, provenien-

do anche dai contesti regionali più critici. Anche inEgitto, pertanto, i cristiani si preparano alla specialegiornata indetta da Papa Francesco. «Nessuno può giu-stificare interventi militari in Medio Oriente con il pre-testo di difendere i cristiani. Questo adesso vale in Si-ria. Ma anche nel momento drammatico vissutodall’Egitto, vanno respinte le strumentalizzazioni di chiinvita gli attori della comunità internazionale a interve-nire con la scusa di proteggere i cristiani, colpiti dal fa-natismo settario», ha dichiarato all’agenzia Fides padreHani Bakhoum del patriarcato di Alessandria dei Copti.«Come ha detto Papa Francesco — prosegue padre Ha-ni — non sarà mai un intervento armato ad aprire la viaverso una pace autentica. La guerra chiama guerra, ilsangue chiama sangue. Ogni azione di quel genere nonfa altro che peggiorare la situazione». In questa pro-spettiva, il Patriarca Ibrahim Isaac Sidrak visiterà alcuniPaesi europei (Svizzera, Francia, Austria e Germania)con l’intento di descrivere in maniera diretta alle Chiesee alle classi politiche locali le dinamiche reali dell’attua-le crisi egiziana e mediorientale.

In Terra Santa le suore carmelitane scalze, religiose diclausura, accolgono «con intensa partecipazione» l’ap-pello di Papa Francesco a una speciale preghiera per lapace in Siria. Suor Angela, la superiora del carmelo diHaifa, ha detto di aver ascoltato le parole del Pontefice,«che ci ha colpito e profondamente commosso, soprat-tutto quando dice “dal profondo del mio essere”. La Si-ria è nel nostro cuore e continueremo a pregare in mo-do incessante per la pace. Saremo pienamente unite alPapa. Pregheremo, secondo le indicazioni dei nostri ve-scovi di Terrasanta, simultaneamente con la veglia dipreghiera sabato 7 settembre in piazza San Pietro».

preghiera e il digiuno e gratitudineper aver dato voce ai cuori di milio-ni di uomini di tutte le fedi e di po-poli di tutte le latitudini». In un co-municato, i Focolari rendono notoche gli aderenti al movimento parte-ciperanno alla giornata indetta dalPapa per il prossimo 7 settembre«unendosi alle forme più varie dipreghiera, nelle parrocchie, nelle co-munità, sulle strade e nelle case, incentinaia di città del mondo».

La visita di Maria Voce in Gior-dania, accompagnata dal co-presi-dente Giancarlo Faletti, si tienequattordici anni dopo il viaggio diChiara Lubich ad Amman. Un im-pegno teso a ribadire — si legge inun comunicato — «l’importanza del-la presenza del movimento in questaregione, anche dinnanzi alla possibi-lità di una nuova imminente guerrache tiene il mondo col fiato sospesoper le potenziali conseguenze». Conla speranza, sempre viva, che «la viadel dialogo e della negoziazioneponga fine al conflitto e alle violen-ze in corso in Siria».

In tale scenario, le domande che imembri dei Focolari si pongono «ri-

scono, cerca di dare un contributo».Questi giorni di comunione fra rap-presentanti dei diversi popoli dellaregione con la presidente dei Foco-lari possono rappresentare una svol-ta, oltre a essere un segno di fortevicinanza e condivisione da partedei membri del movimento nel restodel mondo.

Maria Voce sta incontrando dele-gazioni del movimento di varie na-zioni del Vicino Oriente e del NordAfrica. Ad Amman sono convenutilaici e religiosi, giovani, adulti e fa-miglie, provenienti, oltre che dallaGiordania, da Turchia, Cipro, Liba-no, Siria, Iraq, Egitto, Algeria, Ma-rocco, Tunisia e Terra Santa. Giornidi bilancio, con la possibilità ditracciare una prospettiva futura del-la presenza del movimento inun’area del mondo che vive realtàdrammatiche. Nell’agenda della pre-sidente, fra l’altro, la partecipazioneall’incontro islamo-cristiano promos-so dal Royal Institute for Inter-Fai-th Studies insieme a una delegazio-ne di membri del movimento, cri-stiani e musulmani, nel pomeriggiodel 4 settembre.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 mercoledì 4 settembre 2013

Messa a Santa Marta

Una luce mite, umilee piena d’a m o re

Il cardinale Sandri ribadisce la necessità di fermare la spirale di violenza in Siria

Prima che sia troppo tardi

Invito del presidente del dicastero per la famiglia

Aggiungi un nonno a tavola

La veglia presiedutadal Santo Padre

Sabato 7 settembre 2013, dalle ore19 alle ore 23, sul Sagrato dellaBasilica Vaticana, il Santo PadreFrancesco presiederà una Vegliadi preghiera in occasione dellagiornata di digiuno e preghieraper la pace da lui indetta in tuttala Chiesa Cattolica.

I Signori Cardinali, gli Arcive-scovi, i Vescovi, i Prelati e i Cap-pellani che desiderano parteciparealla Veglia si troveranno alle ore18.30 sul Sagrato della BasilicaVaticana, indossando l’abito filet-tato loro proprio.

Città del Vaticano, 3 settembre2013

Mons. GUID O MARINIMaestro delle Celebrazioni

Liturgiche Pontificie

Per gli auguri in occasione delle prossime festività

Il ringraziamentodegli ebrei italiani a Papa Francesco

R i p re n d o n ole udienze generaliRiprendono mercoledì 4 settem-bre gli incontri settimanali diPapa Francesco con i fedeli ditutto il mondo. L’udienza gene-rale in programma alle 10.30 inpiazza San Pietro sarà la quindi-cesima del suo pontificato. Alleprime quattordici — dal 27 mar-zo fino al 26 giugno — hannopreso parte 825.000 fedeli, comeinforma la Prefettura della CasaPontificia. Un dato che si riferi-sce soltanto a gruppi e singoliche hanno inviato richiesta dipartecipazione. E al quale, dun-que, vanno aggiunte anche lenumerosissime persone che ognimercoledì senza preavviso si re-cano alle udienze generali.

Un incontroaperto a tutti

Sarà aperta a tutti, senza necessi-tà del biglietto di ingresso, la ve-glia di preghiera di sabato 7 set-tembre in piazza San Pietro. Lopuntualizza la Prefettura dellaCasa Pontificia, informando chedalle 16.30 si potrà accedere allapiazza, dove per le confessioni sa-ranno disposti alcuni confessiona-li sotto il colonnato e al Bracciodi Costantino. Alle 19 l’arrivo delPapa sul sagrato. Quindi l’i n t ro -nizzazione dell’immagine dellaSalus populi Romani e la recita delrosario, seguita dalla meditazionedel Pontefice, dalla recita dell’Uf-ficio delle letture e dalla benedi-zione eucaristica. La conclusioneè prevista intorno alle 23.

La rispostadei religiosi

Anche i consacrati sentono «l’ur-genza di pregare insieme il Signo-re della pace». Per questo, in unalettera firmata congiuntamente, ilcardinale João Braz de Aviz el’arcivescovo José RodríguezCarballo — rispettivamente prefet-to e segretario della Congregazio-ne per gli Istituti di vita consacra-ta e le società di vita apostolica —invitano i religiosi e le religiose arispondere all’appello del Papa aldigiuno e alla preghiera, «non so-lo partecipando agli atti liturgiciorganizzati nelle Chiese particola-ri, ma prevedendone di specificiin ciascuna comunità». Il dicaste-ro sollecita inoltre tutti i consa-crati presenti a Roma a prendereparte alla veglia presieduta sabato7 settembre dal Pontefice.

Gli ebrei italiani hanno accolto«con amicizia e spirito di fratellan-za» gli auguri formulati dal Papaalla vigilia di Rosh haShanah, lafestività che segna l’inizio dell’an-no ebraico 5774. Lo dichiaraall’Osservatore Romano il presi-dente dell’Unione delle comunitàebraiche italiane (Ucei), RenzoGattegna, che sottolinea l’imp or-tanza dei temi trattati dal Pontefi-ce durante l’incontro con una dele-gazione del World Jewish Con-gress svoltosi lunedì 2 settembre, ecioè «condivisione di valori e radi-ci comuni, consapevolezza e rispet-to delle reciproche diversità, difesadella dignità dell’uomo contro labarbarie del fondamentalismo reli-gioso, impegno e sacrificio per larealizzazione di un futuro di au-tentica armonia tra i popoli». Temiche, a giudizio di Gattegna, «la-sciano intravedere un ampio venta-glio di opportunità di crescita ecollaborazione per ebrei e cristia-

ni». Per il presidente dell’Ucei sia-mo di fronte a «un processo chedal concilio Vaticano II ad oggi,nel solco della nuova fase di aper-tura e dialogo inauguratasi inquella circostanza, ha portato a ri-sultati di notevole concretezza». Sitratta di «un fuoco da alimentarecostantemente con nuove iniziativee occasioni di incontro» e di «unasfida viva e attuale per l’anno 5774alle porte. Ad accoglierci è infattiuna fase storica di notevole com-plessità in cui ognuno di noi, condeterminazione e con la massimaconsapevolezza, è chiamato ad of-frire il proprio contributo in favoredella pace». Per le prossime festivi-tà ebraiche il Papa, come di con-sueto, ha inviato un telegrammaanche a Riccardo Di Segni, rabbi-no capo di Roma, nel quale espri-me «l’augurio più vivo», assicura il«ricordo nella preghiera» e auspicail consolidamento dell’«amiciziatra ebrei e cristiani».

L’umiltà, la mitezza, l’a m o re ,l’esperienza della croce sono i mez-zi attraverso i quali il Signore scon-figge il male. E la luce che Gesùha portato nel mondo vince la ceci-tà dell’uomo, spesso abbagliatodalla falsa luce del mondo, più po-tente ma ingannevole. Sta a noi sa-per discernere quale luce viene daDio. È questo il senso della rifles-sione proposta da Papa Francescodurante la messa celebrata questamattina, martedì 3 settembre, nellacappella della Domus SanctaeMarthae.

Commentando la prima lettura,il Santo Padre si è soffermato sulla«bella parola» che san Paolo rivol-ge ai Tessalonicesi: «Voi fratellinon siete nelle tenebre... siete tuttifigli della luce e figli del giorno,non della notte. Noi non apparte-niamo alla notte né alle tenebre» (1Ts 5,1-6, 9-11). È chiaro, ha spiegatoil Papa, quello che vuole direl’apostolo: «l’identità cristiana èidentità della luce, non delle tene-bre». E Gesù ha portato questa lu-ce nel mondo. «San Giovanni — haprecisato Papa Francesco — nel pri-mo capitolo del suo Vangelo ci di-ce “la luce è venuta nel mondo”,lui, Gesù». Una luce che «non èstata ben voluta dal mondo», mache tuttavia «ci salva dalle tenebre,dalle tenebre del peccato». Oggi,ha proseguito il Pontefice, si pensache sia possibile ottenere questa lu-ce che squarcia le tenebre attraver-so tanti ritrovati scientifici e altreinvenzioni dell’uomo, grazie aiquali «si può conoscere tutto, sipuò avere scienza di tutto». Ma«la luce di Gesù — ha avvertito Pa-pa Francesco — è un’altra cosa.Non è una luce di ignoranza, no,no! È una luce di sapienza, di sag-gezza; ma è un’altra cosa. La luceche ci offre il mondo è una luce ar-tificiale. Forse forte, più forte diquella di Gesù, eh?. Forte come unfuoco di artificio, come un flashdella fotografia. Invece la luce diGesù è una luce mite, è una lucetranquilla, è una luce di pace. Ècome la luce della notte di Natale:senza pretese. È così: si offre e dà

pace. La luce di Gesù non fa spet-tacolo; è una luce che viene nelcuore. È vero che il diavolo, e que-sto lo dice san Paolo, tante volteviene travestito da angelo di luce.A lui piace imitare la luce di Gesù.Si fa buono e ci parla così, tran-quillamente, come ha parlato a Ge-sù dopo il digiuno nel deserto: “setu sei il figlio di Dio fa’ questo mi-racolo, buttati giù dal tempio” fa’lo spettacolo! E lo dice in una ma-niera tranquilla» e perciò inganne-vole.

Per questo Papa Francesco haraccomandato di «chiedere tanto alSignore la saggezza del discerni-mento per riconoscere quando èGesù che ci dà la luce e quando èproprio il demonio travestito daangelo di luce. Quanti credono divivere nella luce ma sono nelle te-nebre e non se ne accorgono!».

Ma com’è la luce che ci offreGesù? «Possiamo riconoscerla — haspiegato il Santo Padre — perché èuna luce umile. Non è una luceche si impone, è umile. È una lucemite, con la forza della mitezza; èuna luce che parla al cuore ed èanche una luce che offre la croce.Se noi, nella nostra luce interiore,siamo uomini miti sentiamo la vocedi Gesù nel cuore e guardiamosenza paura alla croce nella luce diGesù». Ma se, al contrario, ci la-sciamo abbagliare da una luce checi fa sentire sicuri, orgogliosi e ciporta a guardare gli altri dall’alto,a sdegnarli con superbia, certamen-te non ci troviamo in presenza del-la «luce di Gesù». È invece «lucedel diavolo travestito da Gesù — hadetto il Vescovo di Roma — da an-gelo di luce. Dobbiamo distingueresempre: dove è Gesù c’è sempreumiltà, mitezza, amore e croce.Mai troveremo infatti Gesù senzaumiltà, senza mitezza, senza amoree senza la croce. Lui ha fatto perprimo questa strada di luce. Dob-biamo andare dietro a lui senzapaura», perché «Gesù ha la forza el’autorità per darci questa luce».Una forza descritta nel brano delVangelo della liturgia odierna, nelquale Luca narra l’episodio dellacacciata, a Cafarnao, del demoniodall’uomo posseduto (cfr. Lc 4, 16-30). «La gente — ha sottolineato ilPapa commentando la lettura — erapresa dal timore e, dice il Vangelo,si domandava: “che parola è maiquesta che comanda con autorità epotenza agli spiriti impuri ed essise ne vanno?”. Gesù non ha biso-gno di un esercito per scacciare viai demoni, non ha bisogno della su-perbia, non ha bisogno della forza,dell’orgoglio». Qual è questa paro-la «che comanda con autorità e po-tenza agli spiriti impuri ed essi sene vanno?», si è chiesto il Pontefi-ce. «È una parola — è stata la suarisposta — umile, mite, con tantoamore». È una parola che ci ac-compagna nei momenti di sofferen-za, che ci avvicinano alla croce diGesù. «Chiediamo al Signore — èstata l’esortazione conclusiva di Pa-pa Francesco — che ci dia oggi lagrazia della sua luce e ci insegni adistinguere quando la luce è la sualuce e quando è una luce artificialefatta dal nemico per ingannarci».

di VINCENZO PAGLIA

L’invito di Papa Francesco a unagiornata di preghiera e di digiunoper la pace in Siria e in tutte le na-zioni toccate dal dramma della guer-ra chiede di essere accolto con gran-de serietà e impegno da tutti noi.

Le immagini che hanno fatto il gi-ro del mondo e le continue tragichenotizie interpellano il nostro cuore,la nostra intelligenza, la nostra fede.Per questo motivo vi invito ad acco-gliere la proposta del Papa e a vivereanche a casa vostra un gesto di di-giuno e preghiera.

Cari genitori, non abbiate pauradi proporre ai vostri figli un pranzoaustero e minimo; sarà l’o ccasioneper spiegare loro cosa sta accadendo

nel mondo e come questi fatti terri-bili non possono lasciarci indifferen-ti. Insieme alla durezza della crona-ca non dimenticate di comunicare lasperanza della pace offerta da Gesùrisorto che ha riconciliato il mondonon con gesti violenti e vendicativima con il dono di sé.

Non dimenticate di invitare i non-ni e gli anziani a questo pranzo fattodi poco cibo e molte parole; se qual-cuno di loro ha sperimentato mo-menti di guerra racconti cosa signifi-ca vivere sotto le bombe e nell’incer-tezza del domani e quale era il sensodel loro pregare in quei giorni.

E voi ragazzi e giovani, non la-mentatevi se sabato non ci sarannograndi piatti sul tavolo, ma ringra-ziate i vostri genitori per quello che

vi stanno proponendo, anzi esigeteda loro spiegazioni e motivi per cuivale la pena continuare ad abitarequesta terra segnata troppo spessoda lutti e violenza.

Insieme, a tavola, pregate! Per lefamiglie della Siria, per i bambiniche muoiono ogni giorno per l’o dioe la fame, per i governanti chiamatia trovare soluzioni di pace e nonviolente. La recita di un salmo, lalettura di una pagina evangelica, unadecina di Rosario, delle libere pre-ghiere espresse ad alta voce, un sem-plice canto; ogni famiglia scelga ilmodo che più conosce per intercede-re, ovvero per mettersi in mezzo trail mistero del male che segna la no-stra storia e il Dio della pace che lasana e la salva.

di NICOLA GORI

Fermarsi prima che sia troppo tardi.Perché rispondere alla violenza conla violenza in Siria significherebbeinnescare una drammatica spiraleche avrebbe «irreparabili sviluppi»per tutta la regione. Ma anche per-ché i primi a subirne le conseguenzesarebbero i cristiani d’Oriente, che«soffrono con tutto il popolo diquella nazione» e non vogliono esse-re considerati «stranieri». È il cardi-nale Leonardo Sandri, prefetto dellaCongregazione per le Chiese Orien-tali, in questa intervista al nostrogiornale, a raccogliere le preoccupa-zioni di Papa Francesco e a sostene-

re il suo forte appello per la pace inSiria.

Al l ’Angelus di domenica Papa France-sco ha lanciato un appello per la pacein Siria dai toni particolarmente forti eangosciati. Siamo veramente a un pun-to di svolta nell’evoluzione della giàdrammatica situazione nel Paese?

Si può fare finta di niente. Manon si può non vedere e non ascol-tare la sofferenza e il grido di chigeme per la violenza e per la guerra.L’accorato appello del Santo Padreall’Angelus di domenica scorsa è ve-nuto dal cuore di un padre preoccu-pato per le sorti dell’intera umanità.Di fronte alla corsa alle armi, che haulteriormente inasprito l’estenuanteconflitto, e alla concreta possibilitàdi un ulteriore intervento armato en-tro il confine siriano, il Papa ha sen-tito tutta l’urgenza di chiedere che cisi fermi, prima che sia troppo tardi.È prevedibile, infatti, la malaugurataconseguenza di un coinvolgimentodi altri Paesi nel conflitto con irrepa-rabili sviluppi. Per questo egli si è ri-volto indistintamente a tutti: a chiha le armi, cominciando da quelle didistruzione di massa, e a chi le for-nisce! A tutti ha chiesto di fermarsi.Ha benedetto le mani di coloro chesi impegnano per l’assistenza umani-

ti senza sosta da più di due anni inSiria e sembra che non si vogliacomprendere ciò che è drammatica-mente evidente, cioè che di questopasso si può solo precipitare in unbaratro. Anche su questo giungerà ilgiudizio di Dio e della storia.

Il Pontefice ancora una volta ha indi-cato la via del dialogo e del negoziatoper risolvere la situazione in Siria. Èancora possibile comporre le posizionidelle diverse parti in causa e conciliarele esigenze di sicurezza e di stabilitàdell’intera regione mediorientale?

Le parole del Papa sono ben lungidal vago invito moralistico. Sono giàun passo concreto indicato ai re-sponsabili. Egli ha ben specificatoche quanto stava per dire nasceva“dal suo intimo”, aggiungendo que-ste parole: «Chiedo alle parti in con-flitto di ascoltare la voce della pro-pria coscienza». Papa Francesco nelsilenzio e nella preghiera si è messoin ascolto del proprio cuore, rattri-stato da tanto dolore. E ha voluto ri-portare alla voce insopprimibile del-la coscienza i combattenti, i potentie l’umanità intera, dicendo: fermate-vi in ascolto del cuore e non dell’in-teresse di una fazione, di un partito,di una alleanza politica, militare oeconomica. Ascoltare, dunque, per

tari e qui le responsabilità sono ditutte le parti in conflitto.

I cristiani orientali della diaspora comepossono far sentire la loro voce all’opi-nione pubblica internazionale per favo-rire il processo di pace?

Per l’amore e l’attaccamento alleproprie radici possono confermare eincrementare l’ammirevole sostegnodi cui hanno già dato prova. Li im-magino in queste ore tra i primi adattivarsi nelle diverse nazioni a dif-fondere le parole del Santo Padre,spendendosi per la maggiore adesio-ne possibile alla giornata di preghie-ra e di digiuno di sabato prossimo.Ho tanta speranza soprattutto neigiovani, forse più disponibili a mo-bilitarsi, per amore della giustizia edella pace: anche in questa occasio-ne essi sapranno “fare rumore”, co-me ha più volte chiesto loro il Papaa Rio nella Giornata Mondiale dellaGioventù. Affido senz’altro ai giova-ni questa mobilitazione per la pace.Sappiano svegliare specialmente gliorientali, quelli che nel mondo rico-prono incarichi di responsabilità equanti hanno immense possibilità,affinché si uniscano ai più umili, esoprattutto a Papa Francesco, perchésia ascoltato il “grido della pace”.

taria e ha espresso il desiderio che aessi si aggiungano molti altri e siapossibile, più che la guerra, la soli-darietà di tanti volontari pronti adalleviare le sofferenze che colpisconosoprattutto i deboli. A quelli chepossono decidere le sorti dell’umani-tà ha chiesto di agire attraverso ilnegoziato e la diplomazia e non conle armi. Come ebbe a dire il beatoPontefice Giovanni Paolo II, l’8 ot-tobre 2000, consacrando l’umanitàalla Madonna nel grande giubileodel 2000: «L’umanità possiede oggistrumenti d’inaudita potenza: puòfare di questo mondo un giardino oridurlo a un ammasso di macerie».In realtà le devastazioni vanno avan-

agire! Solo così è possibile «guarda-re all’altro come ad un fratello».Questa è la strada maestra, questa èl’autentica primavera umana, e per-ciò realmente anche araba per la Si-ria, l’Egitto e l’Iraq. Il Medio Orien-te è attraversato dalla diversità: po-poli ed etnie, religioni e culture(sunniti e sciiti, cristiani di diverseconfessioni). E all’interno di questigrandi gruppi vi sono ulteriori sud-divisioni. Ma il Medio Oriente è sta-to per millenni e può ancora essereil luogo ove la diversità impara nelquotidiano a convivere e a costruirel’unità. Però, va incrementata la logi-ca del reciproco rispetto e della testi-monianza. In questa prospettiva lastessa presenza degli orientali catto-lici vorrebbe essere testimonianza vi-vente di come la diversità non osta-coli, bensì esalti armonicamentel’unità.

Perché la logica della violenza e dellaritorsione non può essere la strada perrisolvere la crisi siriana?

La logica della violenza e della ri-torsione non è mai una strada dapercorrere, perché induce ad una ca-tena di accuse e vendette, che nontengono conto del sangue versato edaumentano il rancore e l’odio, in-frangendo a volte gli stessi vincolifamiliari e comunitari. Così facendola Siria si trasformerà sempre più inun inferno sulla terra. Laddove sonostati compiuti dei crimini, vanno so-stenute le istituzioni e i tribunali in-ternazionali chiamati a verificare e agiudicare in modo imparziale la vio-lazione dei diritti della persona uma-na e dei crimini contro l’umanità.

Nel conflitto siriano i cristiani stannosoffrendo più delle altre realtà perchésono la componente più debole della so-cietà. Come aiutarli?

Il libro dell’Apocalisse ci parla deicristiani come i redenti, coloro chehanno attraversato la «grande tribo-lazione» e «seguono da vicinol’Agnello, ovunque egli vada». Sen-tiamo l’attualità di questa parolapensando ai nostri fratelli d’O riente,così vicini all’Agnello, al SignoreGesù, che nella liturgia, con consa-pevolezza profonda, celebrano comeunico Redentore e al quale cantanola fede con la propria vita. Si pensia pastori e fedeli uccisi per il fatto diessere cristiani e a quei vescovi e sa-cerdoti rapiti o spariti nel nulla.Non posso non ricordare i due pre-suli ortodossi, i due preti cattolicirapiti da mesi e infine padreD all’Oglio. Anche per questo, se-condo l’espressione del Vaticano II, icristiani d’Oriente sono «i testimoniviventi delle origini» oggi più chemai, perché ci dicono con la vitaChi è la sorgente della speranza perl’uomo. È il Crocifisso, che ha versa-to il sangue per la pace universale.Proprio perché vogliono continuaread essere cittadini dell’amata Siria,essi soffrono con tutto il popolo diquella nazione. Ma non vogliono es-sere considerati stranieri i discepolidi Gesù, che fin dalle origini del cri-stianesimo vivono in quelle terrecondividendone pienamente le gioiee le sofferenze. Vanno sostenuti conla nostra preghiera e aiutati a rima-nere amanti della verità e della giu-stizia. Si può e si deve far di tuttoaffinché sia possibile l’opera di cari-tà di tanti volontari, cristiani e non,a favore delle famiglie e dei piccoliinnocenti e indifesi. Troppo poco siè fatto per garantire corridoi umani-

Un piccolo rifugiato siriano (Reuters)