L’Osservatore Romano · ché non pensare a un incontro italo-francese per cominciare a discutere...

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L’Osservatore Romano il Settimanale Città del Vaticano, giovedì 14 giugno 2018 anno LXXI, numero 24 (3.948) Sfida epocale

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L’Osservatore Romanoil SettimanaleCittà del Vaticano, giovedì 14 giugno 2018anno LXXI, numero 24 (3.948)

Sfida epocale

L’Osservatore Romanogiovedì 14 giugno 2018il Settimanale

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L’OS S E R VAT O R E ROMANO

Unicuique suum Non praevalebunt

Edizione settimanale in lingua italiana

Città del Vaticanoo r n e t @ o s s ro m .v a

w w w. o s s e r v a t o re ro m a n o .v a

GI O VA N N I MARIA VIAND irettore

GIANLUCA BICCINICo ordinatore

PIERO DI DOMENICANTONIOProgetto grafico

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La questione degli abusi sessuali su persone piùdeboli — bambini e donne — sta emergendocon forza nelle società occidentali, e sta eserci-tando una trasformazione radicale nella societàe nella morale collettiva. Ma c’è un aspetto delproblema che genera in molti stupore e per-plessità: come mai i testimoni hanno atteso co-sì a lungo prima di avanzare la denuncia? Co-me mai tanti anni di silenzio?

Anche gli abusi hanno una storia, che spie-ga molte cose. La rivoluzione sessuale e quellafemminista, rivoluzioni che hanno cambiato lesocietà occidentali negli ultimi decenni delNovecento, non solo hanno realizzato alcunidegli obiettivi che si erano proposti, ma hannomesso in moto trasformazioni complementari enon previste, come appunto l’emergere dellaquestione degli abusi sui minori.

A pensarci bene sembra paradossale che unarivoluzione che si proponeva di rendere lecitee praticabili tutte le forme di rapporto sessuale— in casi documentati i rapporti sessuali dove-vano coinvolgere anche i bambini — abbia in-vece condotto a una severità nuova proprio inquesta materia. Ennesima prova dell’e t e ro g e n e -

si dei fini! Quello che ha permesso alle vittimedi parlare, di dire quello che fino a quel mo-mento era in genere considerato come indicibi-le, è la fine di ogni tabù relativo al sesso.Quindi anche di quelli relativi alla parola chenomina il sesso per denunciarlo.

Prima le vittime temevano, e con ragione,che le denunce — le quali ovviamente compor-tavano la trasgressione di questo tabù — a v re b -bero portato a stigmatizzare anche loro, che

avevano patito gli abusi, e non solo gli aggres-sori. Avevano dunque buoni motivi per tacere,per difendersi da quella che poteva diventareun’altra possibile forma di violenza.

La rivoluzione delle donne, nello stesso pe-riodo, ha messo all’ordine del giorno il disli-vello di potere all’interno del rapporto sessua-le, un tema fino a quel momento trascurato afronte di interpretazioni che si soffermavanopiuttosto sugli aspetti leciti o illeciti e sullepossibili conseguenze. Le donne, che hannosempre goduto di un potere inferiore agli uo-mini, hanno denunciato invece l’uso del poterenel rapporto sessuale, del quale erano quasisempre vittime.

Queste due conseguenze delle rivoluzioninovecentesche — la possibilità di parlare disesso e di denunciare i soprusi senza sollevaresospetti su di sé, svelando la trama di potereche vi era sottesa — hanno aperto la strada allanuova sensibilità verso gli abusi sessuali, cheoggi condanniamo con severità prestandoascolto alle parole delle vittime. Si tratta diuna rivoluzione appena iniziata, i cui effetti sifanno sentire solo da poco e le cui conseguen-ze non siamo ancora in grado di prevedere.Una già in atto è che ora le istituzioni nonpossono più garantire per gli accusati: ognunodeve rispondere di se stesso, in un clima in cuila ricerca della verità ha cancellato l’antica ten-tazione di nascondere il male per salvare l’im-magine dell’istituzione di appartenenza, sia es-sa la famiglia, la scuola, la squadra sportiva ola comunità religiosa.

Questa nuova severità, questa ricerca dellaverità ormai condivisa dovrebbero, con il tem-po, far diminuire i casi di abusi, e soprattuttorendere la coscienza di ognuno più consapevo-le del male che tutto ciò comporta. Lo speria-mo soprattutto per la Chiesa cattolica, dovel’abuso sessuale spesso è preceduto e accompa-gnato da abusi di autorità e di coscienza, edove il deciso intervento di Benedetto XVIprima e di Francesco ora sta seguendo uncammino coraggioso nella ricerca della verità.Anche quando questa è scomoda, molto sco-mo da.

La finedel silenzio

#editoriale

di LU C E T TA SCARAFFIA

Sguardo storicosugli abusi sessuali

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di LUCIANOVIOLANTE

Emmanuel Macron aveva annunciato durante lacampagna elettorale per le elezioni presiden-ziali francesi che avrebbe fatto «respirare i cit-tadini». Intendeva così mettere fine alla infla-zione normativa e all’eccesso di regolazione,che ad avviso di molti politici del paese d’ol-tralpe favorisce l’anchilosi delle imprese e tar-tassa i cittadini. Poche settimane dopo l’ele-zione del residente, nel luglio 2017, il primoministro Édouard Philippe ha inviato un mes-saggio a tutti i ministeri indicando loro l’ob-bligo di compensare ogni emissione di unanuova norma con la soppressione o, quandociò fosse impossibile, con la semplificazione,di almeno due norme in vigore.

Queste indicazioni si trovano ora a fare iconti con due rilievi. Le opposizioni ritengonoche la campagna per la riduzione delle legginasconderebbe in realtà lo scopo di deregola-rizzare molti settori della vita sociale dove leg-gi protettive aiutano i soggetti più deboli. In-vece Alain Lambert, presidente del Consigliodi valutazione delle norme, ha dichiarato su«Le Monde» del 9 giugno che le indicazionidel governo non hanno avuto alcun effettoperché le amministrazioni continuano ad an-dare avanti come nel passato.

Se i francesi, che pure sono noti per l’effi-cienza dell’amministrazione, sentono il proble-ma dell’eccesso di norme come fattore paraliz-zante per l’economia e per i cittadini, ancoramaggiore dovrebbe essere la preoccupazioneitaliana. Va apprezzato pertanto l’intento delpresidente del consiglio dei ministri GiuseppeConte, annunciato alle camere, di procedere aun programma di semplificazione legislativa.Occorre sfatare innanzitutto il luogo comune

per il quale il parlamento italiano sarebbequello che in Europa produce più leggi.

La camera dei deputati redige ogni anno uneccellente Rapporto sullo stato della legislazio-ne in Italia e in Europa. Nell’ultima edizione,quella del 2017, si informa che dal 2009 al2015, l’Italia si colloca per produzione mediaannuale, con le sue 76 leggi, dopo la Germa-nia (130) e la Francia (94) e prima della Spa-gna (43) e del Regno Unito (33). Naturalmen-

te occorrerebbe tener conto anche delle leggiregionali, dei regolamenti, delle circolari. Maqui la comparazione sarebbe difficile perchésono determinanti le specificità di ciascun pae-se. In ogni caso il computo delle leggi servesolo a una prima approssimazione. Quello checonta davvero è il numero dei commi, delle di-sposizioni dotate di una propria prescrizioneche compongono una legge. Ad esempio la re-cente riforma della giustizia, quella del mini-stro Orlando, è una legge che consta di un so-lo articolo, ma questo articolo unico è costitui-to di ben novanta commi, ciascuno dei qualicontiene una propria regola.

La questione della riduzione del numerodelle leggi è quindi necessaria ma non suffi-ciente. Ha un peso altrettanto rilevante la qua-lità e l’omogeneità delle leggi, che dipendonodalla linearità del procedimento legislativo edalla stabilità delle maggioranze. Nell’attualelegislatura italiana il secondo obbiettivo sem-bra raggiunto. Quanto al primo, in attesa diriforme di fondo che oggi non si vedonoall’orizzonte, un uso deciso da parte dei presi-denti delle camere dei poteri a loro riconosciu-ti dai rispettivi regolamenti potrebbe favorireuna svolta virtuosa.

E, vista la pari sensibilità ai problemi, per-ché non pensare a un incontro italo-franceseper cominciare a discutere delle possibili solu-zioni?

O biettivosemplificazione

Parlamentari italiani in aulanella camera dei deputati (Ansa)

#ilpunto

L’eccessodi leggiè un fattorep a ra l i z z a n t eper l’economiae tartassai cittadini

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di EZIO BOLIS

«S

Santitàdi popolo

ono stato contento di poter visitare oggi laFondazione Papa Giovanni XXIII. Permettete-mi di dire che mi ha impressionato vederequei piccoli libriccini dove Giovanni XXIII al-lora bambino, o meglio ragazzo, cominciava atracciare la storia della sua anima; fin da quat-tordici anni, ha cominciato a scrivere il Gior-nale dell’anima, che ancora oggi è un capolavo-ro di spiritualità». Con queste parole, il cardi-nale Pietro Parolin ha abbandonato per unmomento il testo scritto dell’omelia pronuncia-ta a Sotto il Monte, la sera di sabato 9 giu-gno, per dare voce all’emozione provata pocheore prima nell’avere fra mano gli autografi diAngelo Roncalli, che appena adolescente ini-ziava a vergare su minuscoli quadernetti le suenote intime.

Visibilmente sorpreso e ammirato davanti acentinaia di faldoni e album fotografici relativiall’intero arco di vita di Papa Giovanni, il se-gretario di Stato si è amabilmente intrattenutocon le autorità della Fondazione, che gli han-no illustrato alcuni dei documenti più preziosicustoditi negli archivi di Bergamo Alta, nelcinquecentesco Palazzo Morando. Nella suaomelia, prendendo spunto da alcuni passaggidel Giornale dell’anima, il cardinale Parolin hadelineato i tratti principali della figura di sanGiovanni XXIII e della sua eredità spirituale,che mantiene intatta la sua forza profetica eindica prospettive stimolanti di rinnovamentoecclesiale e civile.

Con la sua presenza il segretario di Stato hacoronato la p e re g r i n a t i o giovannea — dal 24maggio al 10 giugno —, un’esperienza che ri-marrà negli annali della storia di Bergamo perpiù di un motivo. Anzitutto per il numero im-pressionante di pellegrini: oltre centomila, chehanno sentito il desiderio di vedere il “corp osanto”, di toccare l’urna di cristallo con le reli-quie, accendere un cero, chiedere una grazia,bisbigliare una preghiera semplice e sponta-nea. È stata una manifestazione di vera pietàpopolare, un atto di devozione che ha coinvol-to l’intero popolo di Dio: anziani e giovani,nonni e nipoti, malati e militari, famiglie e co-munità religiose, preti e laici, persone singolee intere comunità parrocchiali e diocesane. Siè respirata una “santità di popolo”, semplice egioiosa, assai diversa da quelle derive elitarie eun po’ snob che talvolta affliggono il cristiane-simo contemporaneo. In questa prospettiva sipuò leggere anche l’adesione massiccia alla pe-re g r i n a t i o da parte del mondo del volontariato,la cui importanza è andata bel oltre l’aver ga-rantito, insieme alle forze dell’ordine, lo svol-gimento disciplinato e in piena sicurezza di un

afflusso che dal punto di vista organizzativopresentava aspetti complessi e delicati.

Come ha detto il cardinale Parolin, percomprendere appieno la figura e l’opera di Pa-pa Giovanni, «occorre partire dalla sua fedesolida, operosa, tranquilla, fiduciosa in Dio, insua Madre Maria e nei Santi, imparata a Sottoil Monte», cioè quella fede che si nutre dellapietà popolare. Quando è vera, essa rivelaun’autentica sete di Dio, rende capaci di gene-

rosità e di sacrificio fino all’eroismo, affina unsenso acuto della paternità e della Provvidenzadi Dio, genera atteggiamenti virtuosi come lapazienza, l’apertura agli altri, l’accettazionedella croce nella vita quotidiana. La vita di Pa-pa Giovanni è la più eloquente conferma diquesto e si accorda in modo splendido conquanto afferma il concilio Vaticano II quandodice che «la vera devozione non consiste né inuno sterile e passeggero sentimentalismo, né inuna certa quale vana credulità, ma bensì pro-cede dalla fede vera».

Nel corso della p e re g r i n a t i o , la solenne pro-cessione del Corpus Domini e le numerose cele-brazioni quotidiane dell’Eucaristia, culminantiogni sera con la santa messa presieduta da unvescovo o da un cardinale, hanno messo giu-stamente in risalto la centralità dell’Eucaristianella vita del cristiano. Alcune parrocchie eistituzioni si sono preparate con momenti diformazione e di preghiera, proiezioni di filmatie lettura di testi giovannei. Dove ciò è avvenu-to, l’attenzione non si è concentrata soltantosugli aspetti più emotivi, ma ha favoritoun’esperienza spirituale di conversione, capacedi generare nuovi stili di vita cristiana. Èquanto hanno potuto vivere, per esempio, idetenuti del carcere di Bergamo, ai quali è sta-ta data la possibilità di accostare la figura diRoncalli grazie a incontri specifici e con ilsupporto di apposite pubblicazioni.

L’accoglienza corale, festosa e compostadelle reliquie suggerisce un’altra considerazio-ne: più di tanti discorsi, i santi “parlano”, i lo-ro esempi attraggono, il racconto della loro vi-ta affascina, perché essi sono «pagine viventidi Vangelo». Viene allora da chiedersi, comefaceva Paolo VI: «Perché non riprendiamo ascrivere e a leggere le vite dei Santi?» visto«l’influsso benefico che un Santo diffonde in-torno a sé?». A questo proposito è utile ricor-dare che il culto dei santi e delle loro reliquieha profondamente nutrito la spiritualità di Pa-pa Roncalli: basti citare le sue frequenti pere-grinazioni alle tombe di Carlo Borromeo,Francesco di Sales, Francesco d’Assisi, Teresadi Lisieux, il Curato d’Ars, per fare solo qual-che nome.

Conclusala «peregrinatio»del corpodi Giovanni XXIII

nella diocesidi Bergamo

Esposizione dell’urnacon le spoglie mortalidi Roncalli nella cattedraledi Sant’Alessandro a Bergamo(25 maggio)

#culture

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«Ècontro l’uomo che dovete difendere l’uomo,l’uomo minacciato di non essere altro che unaparte di se stesso, ridotto, come si è detto, auna sola dimensione (cfr. per esempio HerbertMarcuse, L’uomo a una dimensione)».

Il 10 giugno 1969 Paolo VI interveniva a Gi-nevra al Bureau international du travail, conun passaggio singolare che faceva riferimentoa un’opera fondamentale di un grande pensa-tore dell’occidente come Herbert Marcuse,grande teorico della crisi, immettendosi in unalinea di lettura del Novecento che non si di-stanziava molto da quanto venivano elaboran-do i grandi della Scuola di Francoforte.

Si tratta di una consonanza diagnostica,non certo sul piano delle risposte concrete, chetuttavia mette in evidenza la grande attenzionemontiniana al capovolgimento di paradigmiantropologici e culturali che il XX secolo avevaintrodotto sotto il nome, assai vago e insiemeambiguo, della cosiddetta modernità.

La questione era stata trattata in modo al-trettanto radicale da un altro grande scrittorefrancese, che certo Montini potrebbe aver lettoviste le consonanze straordinarie, benché nellasua biblioteca personale non vi sia tracciadell’opera: si tratta di Albert Camus e del suoUomo in rivolta.

L’approccio critico montiniano si appuntaproprio sulla questione centrale che caratteriz-za tali disamine: la questione della modernitàcome sovvertimento della natura stessa dell’uo-mo, caratterizzato da un’ansia di liberazioneindefinita, astratta, dunque assai pericolosaperché generatrice di universi vuoti.

Non si tratta certo per Montini del vagheg-giamento di un antico mondo impossibile daperpetuare: la questione è semmai di mantene-re nell’irreversibile trascorrere del tempo, le ca-ratteristiche, le dimensioni appunto, che sonoproprie dell’umano.

La questione affonda in anni lontani, inquegli straordinari e terribili anni trenta, cheavevano gettato il seme della rivoluzione co-pernicana e che nel Maritain dei Tre riformatoridiveniva convinzione della pericolosità delpensiero moderno, o se vogliamo della moder-nità come categoria antropologica: assolutiz-zando la società mondana (secolarizzazione) siarrivava al sovvertimento stesso della naturadella religione, cioè alla sua laicizzazione.

Un’esperienza religiosa secolarizzata, cheMarcuse descriveva come «forme di trascen-denza [che] non contraddicono più lo statusquo e non hanno un carattere negativo». Essaera, piuttosto, «la parte cerimoniale del com-portamentismo pratico, la sua negazione inno-cua» e dunque tranquillamente assimilata«dallo status quo come parte della sua dietaigienica».

È in questo quadro che si appunta il preoc-cupato appello del giovane Montini a non«equivocare»: tutto si risolve, scrive Montiniin Coscienza universitaria, in «atti di coscienza»che sotto l’imperio della cosiddetta contempo-raneità, si presentano come qualcosa che è«per nulla diverso dal sogno, dall’allucinazio-ne, dall’illusione». Dire di Cristo per Montiniesige un metodo e una chiarezza: «Meglio fal-

lire che equivocare» scriverà nelle pagine di«Studium» negli anni trenta, intravvedendo ilpericolo della trasformazione dell’esp erienzadella Chiesa in una pseudo-chiesa, piegata sulsentimentalismo, adattata alle esigenze del be-nessere esistenziale, tentata dagli infiniti slitta-menti semantici che riducono la Parola allasua caricatura, sempre piegata all’interesse delmomento.

Il nododella modernità

Mo n t i n itra Marcuse

e Camus

#culture

di GIACOMO SCANZI

Ernst Günter Hansing«Paolo VI in preghiera» (1969)

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La questione torna in modo insistente du-rante la prima esperienza pastorale di Montini,alla guida della diocesi di Milano, a contattodiretto con l’esperienza religiosa del popolo:«L’educazione alla libertà, al ragionamento,alla personalità dovrebbero escludere il compi-mento di un atto religioso, sommamente impe-gnativo e personale com’è l’osservanza del pre-cetto pasquale, che non sia cosciente, interiore,serio e moralmente rinnovatore (…). Non vo-gliamo dei trascinati e degli intruppati; nonvogliamo dei presenti perché controllati; nonvogliamo dei cristiani incoscienti».

Insomma, anche dentro la Chiesa Montiniintravvede i segni di quella trascendenza inde-bolita, asfittica, anemica che è il prodotto del-la sotterranea rivolta metafisica che Camus ad-ditava come una sostanziale blasfemia, da nonconfondersi con l’ateismo.

La questione per Montini è chiara: il terre-no su cui si svolge la sostanziale lotta di libe-razione dell’uomo moderno è profondamentereligioso. «La religione del Dio che si è fattoUomo s’è incontrata con la religione (perchétale è) dell’uomo che si fa Dio» dirà nell’ome-lia a conclusione del concilio Vaticano II il 7dicembre 1965. La modernità è dunque que-stione religiosa che si risolve, per dirla ancoracon Camus, in una semplice e drammaticaequazione: «Se gli uomini non possono riferir-si a un valore comune, riconosciuto da tutti inciascuno, allora l’uomo è incomprensibileall’uomo».

Dunque l’uomo, quell’uomo che per Camusè «la sola creatura che si rifiuti di essere ciòche è», è centrale nel pensiero montiniano ri-spetto al tema della modernità, non solo per-ché «per conoscere Dio bisogna conoscerel’uomo», ma perché la modernità per Montininon è affatto il terreno di uno scontro, mal’occasione di un incontro.

La speranza montiniana, che ha il suo mo-mento più alto proprio nella stagione concilia-re, dovrà subire molte delusioni che provoche-ranno altrettante sofferenze. Da una parte lasocietà unidimensionale marcusiana e dall’altra

la rivolta camusiana, sembrano procedere ine-sorabilmente, travolgendo, attraverso lo svilup-po della tecnologia da una parte e l’euforia diuna liberazione illusoria dall’altra, ogni segnodi un umanesimo buono.

Lo sguardo di Paolo VI su questo mondo indecomposizione è severo e insieme appassiona-to. Se la morte e il male sono per l’uomo in ri-volta le questioni che giustificano la sua be-stemmia a Dio, per Montini essi sono propriola sintassi misteriosa del discorso amoroso tracreatore e creatura. Questioni, dunque, che at-tengono a un discorso: nel caso del male cheha la sua manifestazione massima nella parola— Satana, dirà Paolo VI nel corso degli esercizispirituali del 1976, è un «essere reale: control’alleanza fra Dio e l’uomo, è l’antiparola» —questo è divenuto «non più soltanto una defi-cienza, ma un’efficienza, un essere vivo, spiri-tuale, pervertito e pervertitore». Nel caso dellamorte la parola assume invece il tratto dellapoesia, fino a divenire quasi una poetica dellavita, che ha nel Pensiero alla morte il suo mo-mento più alto e più bello.

E questo nonostante il quadro sia fosco, sulfinire di quegli anni settanta che aprono l’ulti-ma fase del Novecento, con segnali inquietanticirca le condizioni di un uomo che in occiden-te appare ormai, per dirla con Marcuse, merci-ficato e sempre più sottoposto al dominio diuna scienza che s’è mutata in tecnologia e chea sua volta si è fatta politica; incatenato a una«coscienza felice in cui non c’è posto per isensi di colpa, e il calcolo s’incarica di tenere abada la coscienza» impedendogli così, dall’in-terno, ogni forma di ribellione; senza più pa-role per poter dire cose pertinenti all’Assoluto.In questo quadro Montini affida proprio allaparola sostanziata la sua speranza incrollabile,la sua fede profonda, il suo amore più delica-to: «Questa vita mortale è, nonostante i suoitravagli, le sue sofferenze, la sua fatale caduci-tà, un fatto bellissimo, un prodigio sempre ori-ginale e commovente; un avvenimento degnod’essere cantato in gaudio, e in gloria: la vita,la vita dell’uomo».

#culture

Herbert Marcuse (1898- 1979)

Albert Camus (1913-1960)

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di DARIOFERTILIO

«Come tutti, un giorno era nato, e un altro sareb-be morto su questa astronave per noi immen-sa, ma piccolissima nei confronti dell’universo,chiamata Terra, che corre a oltre centomilachilometri all’ora dentro il labirinto sconfinatodello spazio, verso un porto che nessuno co-nosce». Nell’ultima frase del suo ultimo ro-manzo, pubblicato postumo nel 2010, lo scrit-tore friulano Carlo Sgorlon sembra affidare allettore il suo testamento spirituale.

A pronunciarlo è Ermete, protagonista de Ilcircolo Swedenborg, uomo bizzarro che crede diessere in contatto con forze remote dell’univer-so, ma la vera voce che udiamo è certamentequella dello stesso autore, giunto a quel limitedell’esistenza in cui è esclusa la possibilità dim e n t i re .

Ora la sua intera, poliedrica filosofia lettera-ria, vera fonte inesauribile dei romanzi, fluisceliberamente nelle pagine che gli dedicanoMarco D’Agostini e Franco Fabbro in C a rl oSgorlon, artigiano della parola (edito da Forum)nelle quali è ripresa una lunga intervista a suavolta pubblicata in dvd dalla Provincia diUdine nel 2012 (Il senso della vita).

Colpisce, sia nel testo che riascoltando la vi-va voce di Sgorlon, la sua rottura senza com-promessi con la cultura dominante dell’o cci-dente, tanto spesso tributaria di un consumi-smo radicale e allergico ai valori; ma anche lasingolare fusione fra due attitudini mentali di-versissime. Da un lato, una concezione sacraledella natura dove i tempi, gli spazi, le formenarrative sono dettati dalla civiltà contadina edalla sua religiosità naturale. Dall’altro, unacuriosità insaziabile per le scoperte della fisicae dell’astrofisica, intese come testimonianzedell’impossibilità di ridurre l’esistenza umanaalla sola dimensione materiale.

È facile riscontrare, nel ripercorrere l’op eraintera dello scrittore friulano, dapprima la pre-valenza del motivo favolistico e arcaico, desti-nato a trovare la sua migliore espressione in Iltrono di legno. Ma poi, romanzo dopo roman-zo, passando attraverso Il costruttore, Le sorelleb o re a l i , Il velo di Maya, si sente premere con

forza sempre maggiore in lui il bisogno diesprimere una spiritualità quasi panteistica, etuttavia fondata scientificamente sul misterodell’energia, intesa come una forza senza mas-sa e priva di dimensione che tiene insieme leparticelle degli esseri. Più si indaga in questadimensione, sostiene Sgorlon, più si cogliel’esistenza di qualcos’altro, che solo la metafi-sica può indagare, senza però giungere a unarisposta definitiva.

Ecco perché i vari protagonisti dei suoi ro-manzi hanno sempre un che di profetico: essitestimoniano i collegamenti misteriosi fra glieventi terreni e quelli celesti, fra il materiale elo spirituale.

La solitudine e la apparente inattualità diSgorlon, insomma, non sono da attribuire sol-tanto alla sua estraneità alla politica e alleideologie correnti, ma anche e soprattutto allafede in un destino ultraterreno che riguardatutti (e che lui si industria di esprimere nel ge-

nere più lontano dallo spirito moderno, quelloepico). Nei suoi libri più belli, come un Leit-motiv musicale, ritorna il tema di una casa daritrovare e liberare dalle incrostazioni dell’abi-tudine, in modo che possa rifiorire e dare unsenso alla vita. Quale possa esserne il signifi-cato è meglio lasciarlo spiegare allo stesso au-tore: «Sacro è tutto ciò che è dominato dalmistero e dall’ombra della divinità, che vivenell’ambito di Dio».

Il sacroin Sgorlon

R i c o rd odello scrittore

friulano

Ivan Lachovic Croata,«Paesaggio invernale»(immagine di copertinade «Il Trono di legno»)

#scaffale

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Anche se il tema si riferisce a un territorio speci-fico, come la Panamazzonia — e per questomotivo si parla di Sinodo panamazzonico — leriflessioni che lo riguardano superano l’ambitoregionale, perché esse attengono a tutta laChiesa e anche al futuro del pianeta. Tali ri-flessioni intendono far un ponte verso altrerealtà geografiche simili quali, ad esempio: ilbacino del Congo, il corridoio biologico Cen-tramericano, i boschi tropicali dell’Asia nel Pa-cifico, il sistema acquifero Guaraní. Questogrande progetto ecclesiale, civico ed ecologicopermette di estendere lo sguardo al di là deirispettivi confini e di ridefinire linee pastoralirendendole adeguate ai tempi di oggi. Ancheper queste ragioni il Sinodo sarà celebrato aRoma.

Nella regione panamazzonica, prioritaria èl’attenzione ai popoli nativi che la abitano. Insecondo luogo si porrà attenzione al temadell’ambiente, dell’ecologia e della cura delcreato, la casa comune. Tutto questo sarà pre-sentato alla luce dell’insegnamento e della vitadella Chiesa, operante nella regione. In questalinea oggi si pubblica il documento preparato-rio, che raccoglie istanze, suggerimenti e pro-pone piste per una adeguata preparazioneall’Assemblea sinodale. Esso consta di un’in-troduzione e tre parti, che corrispondono almetodo del “vedere, giudicare (discernere) ea g i re ” già utilizzato precedentemente (sinodosulla famiglia) con buoni risultati. Si includeinfine, un questionario sul quale le Chiese lo-cali e altri enti interessati lavoreranno.

“Ve d e re ”: la prima parte delinea l’identitàdella Panamazzonia e l’urgenza dell’ascolto.Gli argomenti che vengono affrontati sono: ilterritorio; la varietà socio-culturale; l’identitàdei popoli indigeni; la memoria storica eccle-siale; la giustizia e i diritti dei popoli, così co-me la spiritualità e saggezza dei popoli amaz-zonici. La regione comprende più di sette mi-lioni e mezzo di chilometri quadrati, con novePaesi che condividono questo grande bioma(Brasile, Bolivia, Colombia, Ecuador, Pe r ú ,Venezuela, Suriname, Guyana e Guyana fran-cese) e coinvolge sette conferenze episcopali.Il bacino idrografico dell’Amazzonia rappre-senta per il nostro pianeta una delle maggioririserve di biodiversità (dal 30 al 50 per centodella flora e della fauna del mondo) e di ac-qua dolce (20 per cento dell’acqua dolce noncongelata di tutto il pianeta). Inoltre, la regio-ne possiede più di un terzo dei boschi primaridel pianeta, ed è un importante fornitore diossigeno per tutta la terra. La popolazione inquesto immenso territorio è di circa 34 milionidi abitanti, di cui oltre 3 milioni sono indigeniappartenenti a più di 390 etnie. Si includonopure popoli e culture di ogni tipo come afro-discendenti, contadini, coloni, eccetera. Tuttivivono in un rapporto vitale con la vegetazio-ne e le acque dei fiumi secondo i loro movi-menti ciclici, quali straripamenti, riflussi e pe-riodi di siccità. I centri abitati e le città inAmazzonia si sono rapidamente accresciuti di

numero a causa del fenomeno migratorio versole periferie, cosicché attualmente la popolazio-ne tra il 70 per cento e l’80 per cento risiedein questi centri e città. La ricchezza della fore-sta e dei fiumi è minacciata da grandi interessieconomici, nei diversi punti del territorio, cheprovocano la deforestazione indiscriminata, lacontaminazione dei fiumi e dei laghi, a motivodell’uso di agro-tossici, di fuoriuscite di petro-lio, dell’estrazione mineraria e la produzionedi droghe. A tutto questo si aggiunge un au-mento drammatico del traffico di persone, inparticolare di donne e bambini, a scopo diogni tipo di sfruttamento disumano.

Fin dalla prima evangelizzazione la Chiesa èstata presente in modo forte e significativo,seppur con ombre, nella difesa e nello svilup-po dei popoli sino ai nostri tempi, in cui essasi è maggiormente coinvolta con la sua azioneecclesiale e sociale a riscatto dei popoli op-pressi ed emarginati. Al riguardo, particolar-

mente rilevanti sono stati gli interventidell’episcopato latinoamericano attraverso idocumenti di Medellín (1968), Puebla (1979),Santo Domingo (1992) e Aparecida (2007).

“D i s c e r n e re ”: la seconda parte del documentoriguarda i nuovi cammini a partire dalla nostrafede in Gesù Cristo, illuminati dal magistero ela tradizione della Chiesa. Quindi, il contenu-to è segnato dall’annuncio del Vangelo in

Ve d e regiudicare e agire

Il documentop re p a ra t o r i o

dell’assembleaspeciale del Sinodo

dei vescoviper la regione

panamazzonica

#sinodoAmazzonia

di LORENZOBALDISSERI

P re s e n t a z i o n ein sala stampa

È stato presentato l’8giugno il documentopreparatorio dell’assembleaspeciale del Sinododei vescovi che si svolgeràa Roma nell’ottobre 2019sul tema: «Amazzonia,nuovi cammini per laChiesa e per una ecologiaintegrale». A illustrarlonella Sala stampadella Santa Sede sono statiil cardinale Baldisseri eil vescovo Fabene,rispettivamente segretariogenerale e sotto-segretario.Il primo ne ha riassuntola struttura, articolatasecondo i tre verbi “v e d e re ,giudicare, agire”, ricordandotra l’altro che il documentoraccomanda «una maggiorepresenza ecclesiale per poterrispondere a tutto ciò che èspecifico di questa regionea partire dai valoridel Vangelo». Il secondo hariferito sulle prossime tappeche scandiranno il camminodi avvicinamentoall’appuntamento: tra questela redazione dello strumentodi lavoro che, sulla basedel questionario con cuisi conclude il documentopreparatorio, saràpubblicato e inviato ai padrisinodali intorno al mesedi giugno 2019. Al terminedell’incontro, al qualeha preso parte anche padrePablo Mora, officialedella Segreteria generale,i relatori hanno rispostoalle domande di giornalisti.

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9#sinodoAmazzonia

Per la dignitàdegli indigeni

«Con gioia e speranza laChiesa in Amazzoniaringrazia il Santo Padre perla convocazionedell’assemblea speciale delSinodo dei vescovi»: lo hadetto il cardinale CláudioHummes, presidente dellaRete ecclesialepanamazzonica, in unvideomessaggio che è statotrasmesso durante laconferenza stampa dell’8giugno. «L’obiettivoprincipale del sinodo, — haaggiunto — è stato definitodal Papa stesso al momentodell’annuncio, il 15 ottobrescorso a piazza San Pietro,dopo aver canonizzato iprotomartiri del Brasile,trucidati a causa della lorofede nel 1645». Si tratta,aveva detto Francesco di«individuare nuove stradeper l’evangelizzazione diquella porzione del popolodi Dio, specialmente degliindigeni, spesso dimenticatie senza la prospettiva di unavvenire sereno, anche acausa della crisi della forestaAmazzonica, polmone dicapitale importanza per ilnostro pianeta». Perciò, haproseguito Hummes,«determinati a raggiungerequesto obiettivo, ciproponiamo due approccidistinti ma sempreinterconnessi e ben presentinella missione della Chiesain Amazzonia: aggiornare erafforzare l’evangelizzazionepercorrendo “nuovicammini”; e, parallelamente,proteggere la casa comunein questo territorio cosìspeciale e allo stesso tempocosì minacciato». Un’«altragrande preoccupazione — edunque priorità perFrancesco — è la situazionein cui versano gli indigeni.Fondamentale, dunque, laloro evangelizzazione, difesae promozione, affinchésiano rispettati, e ritornino,con dignità, protagonistidella loro storia». Infine ilporporato ha ribadito «chesia l’inculturazione dellafede presso le cultureindigene sia una maggiore ecostante sensibilizzazionenei riguardi del creato, nelladifesa della forestaamazzonica e dei diritti deipopoli indigeni,rappresentano per noi comeChiesa, le principalipreoccupazioni e, diconseguenza, le principalisfide».

Amazzonia, nelle sue diverse dimensioni: bi-blico-teologica, sociale, ecologica, sacramentalee ecclesiale-missionaria. I racconti biblici ispi-rano a una riflessione profonda della realtàspecifica dell’Amazzonia, del suo destino e lasua dimensione cosmica, a partire dalla Genesisino all’Apocalisse. Alla luce della parola diDio si instaura la tensione tra il già e il nonancora che coinvolge la famiglia umana e ilmondo intero. La dimensione sociale e comu-nitaria trova un’espressione rilevante proprionel territorio Amazzonico, in cui l’ecosistemasi coniuga inseparabilmente con la vita dellepersone e garantisce la stabilità e la salvaguar-dia della casa comune. Ne segue quindi chel’opera di evangelizzazione non può non tenerconto dell’esigenza di disposizioni che aiutanoad accogliere meglio l’annuncio. Un elementobasilare che l’evangelizzazione deve considera-re è quello dello sviluppo umano concepitocome un processo integrale. Pertanto, il pro-cesso di evangelizzazione della Chiesa inAmazzonia non può prescindere dalla promo-zione e dalla cura del territorio (natura) e dei

suoi popoli (culture). Per raggiungere questoscopo sarà necessario articolare i saperi ance-strali con le conoscenze contemporanee, conriferimento particolare all’utilizzo sostenibiledel territorio e allo sviluppo coerente con i va-lori e le culture delle popolazioni.

Gli auspicati nuovi cammini di evangelizza-zione della Chiesa in Amazzonia non possonoreggersi se non con uno sguardo ecclesialecontemplativo della creazione e della praticasacramentale. Come afferma il documento pre-paratorio, la celebrazione del battesimo mettein luce l’importanza dell’“acqua” come fontedi vita e di purificazione, facilitando l’incultu-razione di riti e tradizioni del territorio.

Così pure l’Eucaristia, secondo lo stesso do-cumento, ci riporta al «centro vitale dell’uni-verso, il centro traboccante d’amore e di vitainesauribile» del Figlio incarnato, presente sot-

to le apparenze del pane e del vino, frutto del-la terra e del lavoro degli uomini. Nell’Eucari-stia la comunità celebra un amore cosmico, incui gli esseri umani, accanto al Figlio di Dioincarnato e a tutta la creazione, rendono gra-zie a Dio per la vita nuova in Cristo resuscita-to. Alla fine della seconda parte il documentoparla della dimensione ecclesiale e missionaria.Tutti i battezzati hanno la responsabilità di es-sere discepoli missionari, partecipando alla vi-ta ecclesiale con modalità diverse e all’internodi ambiti differenti. La presa di coscienza delladimensione missionaria fa sì che l’annuncioimplichi l’affermazione dei principi morali an-che nell’ordine sociale ed esige il rispetto deidiritti fondamentali della persona e la praticadella giustizia in favore dei poveri.

Rilevante è il senso religioso dei popolidell’Amazzonia come espressione del sensus fi-dei. La Chiesa deve essere una Chiesa “in usci-ta”, nella quale tutti i battezzati hanno la re-sponsabilità di essere discepoli missionari, par-tecipando alla vita della medesima, in mododiverso e in diversi ambiti. In tal senso, unaprospettiva missionaria nell’Amazzonia esigeun magistero ecclesiale esercitato nell’ascoltodello Spirito Santo che agisce in tutto il popo-lo di Dio, e che garantisce l’unità e la diversitàdei fedeli. Questa unità nella diversità, seguen-do la tradizione della Chiesa, presuppone ilsensus fidei del popolo di Dio. In questo ascol-to reciproco tra il Papa (e le autorità ecclesiali)e gli abitanti del popolo amazzonico, si ali-menta e si fortifica il sensus fidei del popolo ecresce il suo essere ecclesiale.

“Ag i re ”: la terza parte del documento si rife-risce al trovare nuovi cammini pastorali peruna Chiesa dal volto amazzonico, con dimen-sione profetica alla ricerca di ministeri e di li-nee di azione più adeguate in un contesto diecologia veramente integrale. Francesco indicala strada per capire l’espressione “volto amaz-zonico”, che si ritrova anche nel documentopreparatorio quando afferma: «l’assembleaspeciale per la regione panamazzonica è chia-mata a individuare nuovi cammini per far cre-scere il volto amazzonico della Chiesa e ancheper rispondere alle situazioni di ingiustiziadella regione». Una rinnovata pastoraledell’Amazzonia esige allora la necessità di «ri-lanciare l’opera della Chiesa» (Doc. Aparecida,11) nel territorio e di approfondire il «processodi inculturazione» con proposte concrete edefficaci. Negli ultimi decenni, anche grazie algrande impulso venuto da Aparecida, la Chie-sa in Amazzonia ha preso coscienza della ne-cessità di «una maggiore presenza ecclesiale,per poter rispondere a tutto ciò che è specificodi questa regione a partire dai valori del Van-gelo, avendo consapevolezza, fra l’a l t ro ,dell’immensa estensione geografica, tante voltedi difficile accesso, della grande diversità cul-turale e del forte influsso esercitato da interessinazionali e internazionali in cerca di un arric-chimento economico facile attraverso le risorsepresenti nella regione. Una missione incarnataesige di ripensare la scarsa presenza dellaChiesa in rapporto all’immensità del territorioe alla sua varietà culturale» (Documento prepa-ra t o r i o , 14). Infatti, per intervenire sulla presen-za precaria della Chiesa e trasformarla in unapresenza più capillare e incarnata, c’è bisognodi stabilire una gerarchia delle urgenze inAmazzonia. Una priorità è quella di precisare icontenuti, i metodi e gli atteggiamenti di unapastorale inculturata. Un’altra è quella di pro-porre ministeri e servizi per i diversi agenti pa-storali, che rispondano ai compiti e alle re-sponsabilità della comunità. Pertanto, un at-tento ascolto di queste voci amazzoniche edella saggezza che esse esprimono, dovrà se-gnare l’indirizzo delle priorità per i nuovicammini della Chiesa in Amazzonia.

Roberta Gandolfi«Foresta amazzonica»

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di FABIO FABENE

DVerso l’i n c o n t rodell’ottobre 2019

opo aver ascoltato la presentazione del docu-mento preparatorio ora vorrei illustrare i pros-simi passi verso l’assemblea sinodale specialepanamazzonica. In questo senso, non va di-menticato che «una Chiesa sinodale — come ciricorda il Santo Padre Francesco — è unaChiesa dell’ascolto, nella consapevolezza cheascoltare “è più che sentire”. È un ascolto reci-proco in cui ciascuno ha qualcosa da impara-re. Popolo fedele, collegio episcopale, vescovodi Roma: l’uno in ascolto degli altri; e tutti inascolto dello Spirito Santo».

Ecco perché le varie diocesi e comunità delterritorio amazzonico già stanno organizzandoincontri per la presentazione del testo al popo-lo di Dio, che prenderà parte al cammino si-nodale in quanto è un soggetto di fondamen-tale importanza nell’ascolto della voce delloSpirito. Una realtà basilare nel contesto amaz-zonico è la Rete ecclesiale panamazzonica(Repam) che già ha programmato decine di

assemblee in tutto il territorio. È questa “con-sulta delle basi” che fornirà dati reali e concre-ti, in un processo sinodale.

Sarà cura dei pastori raccogliere e riassume-re i suggerimenti, le reazioni e le osservazionial testo del documento preparatorio, ed elabo-rare risposte sintetiche al questionario, che poisaranno inviate alla Segreteria generale del Si-nodo entro febbraio del 2019.

Sulla base delle risposte al questionario, co-me per ogni altro sinodo, verrà preparato il se-condo documento, denominato Instrumentumlaboris o documento di lavoro, che costituirà iltesto di riferimento per il dibattito sinodale.Questo documento dovrebbe essere pubblicatoe inviato ai padri sinodali e agli altri parteci-panti alcuni mesi prima della celebrazionedell’assemblea sinodale, cioè intorno al mesedi giugno 2019.

Circa i partecipanti di questa assemblea si-nodale si deve tener presente che non esistononella normativa sinodale criteri prestabiliti perquesta tipologia di sinodo, così come per leassemblee ordinarie e straordinarie. Pertanto,in questo caso vengono stabiliti criteri di par-tecipazione specifici per ogni assemblea spe-ciale. Al riguardo, i criteri approvati dal SantoPadre per questo sinodo prevedono la convo-cazione di tutti i vescovi che hanno la cura pa-storale del territorio amazzonico. Così, parteci-peranno tutti i vescovi diocesani residenziali egli ordinari a loro equiparati secondo il dirittodi ogni circoscrizione ecclesiastica della regio-ne panamazzonica.

Esse sono 102 e sono così distribuite: Brasile(57), Colombia (14), Perú (10), Venezuela (7),Bolivia (6), Ecuador (5), Guyana Inglese (1),Guyana Francese (1), Suriname (1).

A questi presuli si aggiungono i presidentidelle suddette sette (7) conferenze episcopalicoinvolte nella regione panamazzonica.

Ovviamente, farà parte dell’assemblea sino-dale la presidenza della Repam, che ha giàavuto e continuerà ad avere un ruolo rilevantenel cammino sinodale.

Anche se si tratta di un sinodo che riguardaprincipalmente la regione amazzonica, nonmancherà la sollecitudine di tutta la Chiesa, eper questo motivo saranno invitati anche i rap-presentanti delle riunioni continentali di con-ferenze episcopali, come ad esempio il Celam,la cui rilevanza nella zona è evidente.

Inoltre, verranno coinvolti alcuni capi dica-steri della Curia romana in virtù delle propriecompetenze in relazione al tema sinodale.

Vista l’importanza della vita consacrata nellarealtà ecclesiale amazzonica si prevede la par-tecipazione di religiosi e religiose che con illoro ministero costituiscono una testimonianzaviva della missione della Chiesa nell’Amazzo-nia. Ricordiamo anche che il Santo Padre hala prerogativa di nominare altri membri inqualità di padri sinodali, tra vescovi, sacerdotie religiosi, in virtù della propria competenzanella zona geografica e culturale in questione.

Infine, prenderanno parte anche: esperti ec-clesiastici o laici con competenza nella materiadel sinodo, uditori ecclesiastici o laici compe-tenti nel tema sinodale; delegati fraterni inrappresentanza di confessioni religiose cristia-ne, invitati speciali in rappresentanza di altrereligioni e organismi civili vari.

#sinodoAmazzonia

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Vi do il mio cordiale benvenuto al termine delSimposio dedicato ai temi della transizioneenergetica e della cura della casa comune, chesi è tenuto qui in Vaticano.

È molto positivo che quanti rivestono unruolo importante nell’orientare scelte, iniziativee investimenti nel settore energetico abbianol’opportunità di un proficuo scambio di opi-nioni e di conoscenze. Vi ringrazio per la vo-stra qualificata presenza e mi auguro che, nelreciproco ascolto, abbiate potuto fare una veri-fica approfondita e considerare nuove prospet-tive.

I progressi tecnico-scientifici rendono ognitipo di comunicazione sempre più rapida. Unanotizia vera o falsa che sia, un’idea, buona ocattiva che sia, un metodo, efficace o fuorvian-te che sia, una volta lanciati si diffondono inpochi secondi. Anche le persone possono in-contrarsi e le merci scambiarsi con un ritmo,una velocità e un’intensità prima inimmagina-bili, superando rapidamente oceani e conti-nenti. Le nostre società sono sempre più inter-connesse.

Questo intenso movimento di masse di in-formazioni, di persone e di cose ha bisogno ditanta energia, un bisogno superiore ad ogniepoca trascorsa. Gran parte degli ambiti dellanostra vita sono condizionati dall’energia, epurtroppo dobbiamo constatare come sianoancora troppi coloro che non hanno accessoall’elettricità: si parla addirittura di più di unmiliardo di persone.

Da qui nasce la sfida di riuscire a garantirel’enorme quantità di energia necessaria per tut-ti, con modalità di sfruttamento delle risorseche evitino di produrre squilibri ambientali talida causare un processo di degrado e inquina-mento, da cui l’intera umanità di oggi e di do-mani resterebbe gravemente ferita.

La qualità dell’aria, il livello dei mari, laconsistenza delle riserve d’acqua dolce, il climae l’equilibrio di delicati ecosistemi, non posso-no non risentire delle modalità con cui gli es-

Sfida epocaleCome conciliare efficienza energetica e protezione dell’ambiente

Il discorsodel Papaai partecipantial simposioper i dirigentidelle principaliimprese del settorepetrolifero, del gasnaturale e di altreattivitài m p re n d i t o r i a l icollegate, svoltosiin Vaticanosul tema« Tra n s i z i o n eenergetica ecura della Casacomune»(9 giugno)

#copertina

il Settimanale L’Osservatore Romanogiovedì 14 giugno 2018

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globo, più dure condizioni ambientali e l’au-mento dei livelli di povertà.

Come sapete, nel dicembre del 2015, 196Nazioni hanno negoziato e adottato l’A c c o rd odi Parigi con la ferma intenzione di limitare lacrescita del riscaldamento globale sotto i 2°Crispetto ai livelli pre-industriali e, se possibile,sotto 1,5°C. Due anni e mezzo dopo, le emis-sioni di CO2 e le concentrazioni atmosferichedovute ai gas-serra sono sempre molto alte.Questo è piuttosto inquietante e preoccupan-te.

Destano preoccupazione anche le continueesplorazioni per nuove riserve di combustibilefossile, allorquando l’Accordo di Parigi consi-glia chiaramente di mantenere nel sottosuolola maggior parte del carburante fossile. Eccoperché c’è bisogno di discutere insieme — in-dustriali, investitori, ricercatori e utenti — ri-guardo alla transizione e alla ricerca di alterna-

In ascolto del gridodella terra

L’«accesso adeguato a fontienergetiche sempre menoinquinanti a livello locale eper l’atmosfera, con unasensibilità prioritaria per ipoveri», è stato il tema alcentro del «costruttivodialogo» che si è tenutonella Casina Pio IV dall’8 al9 giugno: lo ha assicurato alPontefice, presentandoglienei contenuti, il cardinalePeter Kodwo AppiahTurkson, prefetto delDicastero per il serviziodello sviluppo umanointegrale, che haorganizzato l’i n c o n t roinsieme con il MendozaCollege of Businessdell’università statunitensedi Notre Dame.Una quarantina di dirigentidi imprese nel settorepetrolifero e del gas naturale«hanno analizzato assieme— ha spiegato il porporatoaccennando al tema delsimposio — le modalità el’impatto di una necessariatransizione energetica sulpianeta terra». E ladiscussione «ha messo inevidenza l’esigenza dicreatività e di scelte etiche,finanziare, tecnologiche epolitiche» che siano«coraggiose, responsabili».Infine il cardinale Turksonha ricordato come «guidasicura nei dibattiti» sia statal’enciclica Laudato si’, «unapietra miliare nel camminodella Chiesa, come puredella società civile». Ancheperché, ha concluso, «in unmondo interconnesso einterdipendente, ladimensione etica articolatanella dottrina sociale ispiraun’azione globale coerente,in sussidiarietà, chepromuova la destinazioneuniversale dell’accessoall’energia, ascoltando alcontempo il grido dellaterra» e quello «dei poveri».

seri umani colmano la loro “sete” di energia,purtroppo con pesanti diseguaglianze.

Per saziare tale “sete” non è lecito aumenta-re la vera sete di acqua, o la povertà o l’esclu-sione sociale. La necessità di avere a disposi-zione quantità crescenti di energia per il fun-zionamento delle macchine non può esseresoddisfatta al prezzo di avvelenare l’aria cherespiriamo. Il bisogno di occupare spazi per leattività umane non può realizzarsi in modo damettere in serio pericolo l’esistenza della no-stra e delle altre specie di esseri viventi sullaTe r r a .

È un «falso presupposto che esista unaquantità illimitata di energia e di mezzi utiliz-zabili, che la loro immediata rigenerazione siapossibile e che gli effetti negativi delle mani-polazioni della natura possano essere facilmen-te assorbiti» (Lett. enc. Laudato si’, 106).

La questione energetica è diventata perciòuna delle principali sfide, teoriche e pratiche,per la comunità internazionale. Da come verràgestita dipenderà la qualità della vita e se iconflitti presenti in diverse aree del pianetatroveranno più facile soluzione, oppure se essi,a causa dei profondi squilibri ambientali e del-la penuria di energia, troveranno nuovo com-bustibile per alimentarsi, bruciando stabilitàsociale e vite umane.

Occorre perciò individuare una strategiaglobale di lungo termine, che offra sicurezzaenergetica e favorisca in tal modo la stabilitàeconomica, protegga la salute e l’ambiente epromuova lo sviluppo umano integrale, stabi-lendo impegni precisi per affrontare il proble-ma dei cambiamenti climatici.

Nell’Enciclica Laudato si’ ho fatto appello atutte le persone di buona volontà (cfr. nn. 3;62-64) per la cura della casa comune, e preci-samente per una «transizione energetica» (n.165) per scongiurare disastrosi cambiamenticlimatici che potrebbero compromettere il be-nessere e il futuro della famiglia umana e dellasua casa comune. In questo quadro, è impor-tante che con serietà d’impegno si procedaverso una transizione che faccia costantementecrescere l’impiego di energie ad alta efficienzae a basso tasso di inquinamento.

Si tratta di una sfida epocale, ma anche diuna grande opportunità, nella quale avere par-ticolarmente a cuore gli sforzi per un miglioreaccesso all’energia dei Paesi più vulnerabili,soprattutto nelle zone rurali, e per una diversi-ficazione delle fonti di energia, accelerandoanche lo sviluppo sostenibile di energie rinno-vabili.

Siamo consapevoli che le sfide da affrontaresono interconnesse. Infatti, se vogliamo elimi-nare la povertà e la fame come richiesto dagliobiettivi di sviluppo sostenibile delle NazioniUnite, il miliardo e più di persone che non di-spone oggi di elettricità deve poterla avere inmaniera accessibile. Ma nello stesso tempo èbene che tale energia sia pulita, contenendol’uso sistematico di combustibili fossili. L’au-spicabile prospettiva di una energia per tuttinon può portare a una non auspicabile spiraledi sempre più gravi cambiamenti climatici, me-diante un temibile rialzo delle temperature nel

Certamente si sono fatti dei progressi. Ma èsufficiente? Abbiamo svoltato in tempo? Nes-suno può rispondere con certezza a questa do-manda, ma ogni mese che passa la sfida dellatransizione energetica diventa sempre più pres-sante.

Tanto le decisioni politiche quanto la re-sponsabilità sociale delle imprese e i criteri diinvestimento devono avere ben presente il per-seguimento del bene comune a lungo termine,perché vi sia concreta solidarietà tra le genera-zioni, evitando opportunismi e cinismi volti adottenere nel breve periodo piccoli risultati par-ziali, ma che scaricherebbero sul futuro costialtissimi e danni altrettanto rilevanti.

Vi sono inoltre anche alcune motivazionietiche profonde per incamminarci verso unatransizione energetica globale con un senso diurgenza. Come sappiamo, siamo colpiti dallecrisi climatiche. Tuttavia, gli effetti del cambia-mento climatico non sono distribuiti in modouniforme. Sono i poveri a soffrire maggior-mente delle devastazioni del riscaldamentoglobale, con le crescenti perturbazioni in cam-po agricolo, l’insicurezza della disponibilitàd’acqua e l’esposizione a gravi eventi meteoro-logici. Molti di quanti possono a malapenapermetterselo sono già costretti ad abbandona-re le loro case e a migrare in altri luoghi, sen-za sapere come verranno accolti. Molti di piùdovranno farlo in futuro. La transizione versol’energia accessibile e pulita è una responsabi-lità che abbiamo verso milioni di nostri fratellie sorelle nel mondo, verso i Paesi poveri e ver-so le generazioni che verranno.

Non si potrà procedere con decisione suquesta strada senza un’accresciuta consapevo-lezza di essere tutti parte di un’unica famigliaumana legata da vincoli di fraternità e solida-rietà. Solo pensando e agendo con la costanteattenzione a questa fondamentale unità chesupera tutte le differenze, solo coltivando unsentimento di solidarietà universale e interge-nerazionale si potrà davvero procedere con ri-solutezza sulla strada indicata.

Sfida epocale

Efficienzae n e rg e t i c a

e protezionedell’ambiente

Laurie DeVault, «Cambiamento climatico 2» (particolare)

#copertina

tive. La civiltà richiede energia, ma l’uso del-l’energia non deve distruggere la civiltà!

L’individuazione di un adeguato mix ener-getico è fondamentale per combattere l’inqui-namento, sradicare la povertà e promuoverel’equità sociale. Questi aspetti spesso si raffor-zano a vicenda, dal momento che la coopera-zione in campo energetico è destinata ad inci-dere sull’alleviamento della povertà, sulla pro-mozione dell’inclusione sociale e sulla tutelaambientale. Si tratta di obiettivi per il cui con-seguimento è necessario assumere la prospetti-va dei diritti dei popoli e delle culture (cfr.Laudato si’, 144).

Gli strumenti fiscali ed economici, il trasferi-mento di capacità tecnologiche e in genere lacooperazione regionale e internazionale, comel’accesso all’informazione, dovrebbero esserecongruenti con tali obiettivi, che non vannoconsiderati frutto di una particolare ideologia,ma obiettivi di civiltà, che promuovono anchela crescita economica e l’ordine sociale.

Uno sfruttamento ambientale che invecenon consideri le questioni di lungo periodopotrebbe solo tentare di favorire una crescitaeconomica a breve termine, ma con un sicuroimpatto negativo in un arco temporale piùampio, incidendo sull’equità intergeneraziona-le così come sul processo di sviluppo.

È sempre necessaria una oculata valutazionedell’impatto ambientale delle decisioni di na-tura economica, per considerare bene i costiumani e ambientali a lungo termine, coinvol-gendo il più possibile nei processi decisionalile istituzioni e le comunità locali.

Attraverso i vostri sforzi sono stati compiutidei progressi. Le compagnie petrolifere e delgas stanno sviluppando approcci più appro-fonditi per valutare il rischio climatico e modi-ficare di conseguenza i loro piani imprendito-riali. Questo è degno di lode. Gli investitoriglobali stanno rivedendo le loro strategie d’in-vestimento per tenere conto delle considerazio-ni di natura ambientale. Iniziano ad emergerenuovi approcci alla “finanza verde”.

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Un mondo interdipendente obbliga a pen-sare e a portare avanti un progetto comune dilungo termine che investa oggi per costruire ildomani. L’aria e l’acqua non seguono leggi di-verse a seconda dei Paesi che attraversano; lesostanze inquinanti non adottano comporta-menti differenti a seconda delle latitudini, mahanno regole univoche. I problemi ambientalied energetici hanno ormai un impatto e unadimensione globale. Per questo richiedono ri-sposte globali, cercate con pazienza e dialogoe perseguite con razionalità e costanza.

Una fede assoluta nei mercati e nella tecno-logia ha portato molti a credere che i cambia-menti nei sistemi economici o tecnologici sa-ranno sufficienti a porre rimedio agli attualisquilibri ecologici e sociali. Tuttavia, dobbia-mo riconoscere che la domanda di una conti-nua crescita economica ha comportato graviconseguenze ecologiche e sociali, visto che ilnostro attuale sistema economico prosperasempre più sull’aumento delle estrazioni, sulconsumo e sullo spreco.

«Il problema è che non disponiamo ancoradella cultura necessaria per affrontare questacrisi e c’è bisogno di costruire leadership cheindichino strade, cercando di rispondere allenecessità delle generazioni attuali includendotutti, senza compromettere le generazioni futu-re» (Laudato si’, 53).

La riflessione su questi temi culturali piùprofondi e basilari ci porta a riconsiderare loscopo fondamentale della vita. «Non ci saràuna nuova relazione con la natura senza un es-sere umano nuovo» (ibid., 118). Un tale rinno-vamento richiede una nuova forma di leader-ship, e tali leader richiedono una profonda eacuta comprensione del fatto che la Terra co-stituisce un unico sistema e che l’umanità,ugualmente, è un unico insieme. Papa Bene-detto XVI ha affermato che «il libro della natu-ra è uno e indivisibile, sul versante dell’am-biente come sul versante della vita, della ses-sualità, del matrimonio, della famiglia, dellerelazioni sociali, in una parola dello sviluppoumano integrale. I doveri che abbiamo verso

l’ambiente si collegano con i doveri che abbia-mo verso la persona considerata in sé stessa ein relazione con gli altri. Non si possono esi-gere gli uni e conculcare gli altri. Questa èuna grave antinomia della mentalità e dellaprassi odierna, che avvilisce la persona, scon-volge l’ambiente e danneggia la società» (Lett.enc. Caritas in veritate, 51).

Cari fratelli e sorelle, mi rivolgo in partico-lare a voi, che avete ricevuto tanto in capacitàed esperienza. Vorrei esortarvi affinché coloroche hanno dimostrato la loro attitudine all’in-novazione e a migliorare la qualità della vitadi molti col proprio ingegno e la propria com-petenza professionale, possano contribuirvi ul-teriormente ponendo le proprie capacità al ser-vizio di due grandi fragilità del mondo odier-no: i poveri e l’ambiente. Vi invito a essere ilnucleo di un gruppo di leader che immagina latransizione energetica globale in un modo chetenga conto di tutti i popoli della Terra, comedelle future generazioni, e di tutte le specie egli ecosistemi. Che ciò sia visto come la piùgrande opportunità di una leadership per inci-dere in modo duraturo a favore della famigliaumana, un’opportunità che fa appello alla vo-stra più audace immaginazione. Non è qualco-sa che possa essere fatto da voi soli o soltantodalle vostre singole imprese. Tuttavia, insieme,e collaborando con altri, c’è almeno la possibi-lità di un nuovo approccio che non è statomesso in evidenza prima d’ora.

Accogliere questo appello comporta unagrande responsabilità, che richiede la benedi-zione e la grazia di Dio, e la buona volontà diuomini e donne di ogni latitudine.

Non c’è tempo da perdere: abbiamo ricevu-to la Terra dal Creatore come una casa-giardi-no, non trasmettiamola alle future generazionicome un luogo selvatico (cfr. Laudato si’, 160).

Con riconoscenza vi benedico e prego cheDio onnipotente conceda a ciascuno di voigrande determinazione e coraggio per servirela casa comune in una rinnovata forma dico op erazione.

L’innalzamento del livellodelle acque di oceani e mariè una delle conseguenzepiù tangibili dei cambiamenticlimatici

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GIOVEDÌ 7La memoria cristiana

è il sale della vitaÈ tra «memoria e speranza» che possiamo«incontrare Gesù». E Papa Francesco ha sug-gerito tre consigli pratici per non essere «cri-stiani smemorati» e dunque incapaci di dare«sale alla vita»: ricordarsi dei primi incontricon il Signore, di chi ci ha trasmesso la fede —a cominciare dai genitori e dai nonni — e dellalegge di Dio. È su queste indicazioni ad «an-dare indietro per andare avanti» che il Ponte-fice ha centrato l’omelia alla messa del matti-no. Proponendo anche un esame di coscienza.

Francesco ha fatto notare che «nella primalettura Paolo attira l’attenzione di Timoteosulla memoria» (2, 8-15). Infatti l’apostolo «faun’esortazione perché» il discepolo «vada in-dietro con la memoria per incontrare Gesù; ela memoria, come è presentata nella Bibbia,non è un pensiero romantico, come dire “itempi passati sono stati migliori”». Al contra-rio «è un andare indietro per trovare forze ecamminare in avanti». Di più, «la memoriacristiana è sempre un incontro con Gesù».

E «La memoria cristiana è come il sale dellavita». Senza di essa «non possiamo andareavanti» ha affermato il Pontefice. Tanto che«quando troviamo cristiani “smemorati”, ve-diamo che hanno perso il sapore della vita esono finiti» come «persone che compiono icomandamenti ma senza la mistica, senza in-contrare Gesù».

«Mi sono venute in mente tre situazioninelle quali possiamo incontrare Gesù» ha con-fidato il Papa indicandole: «Nei primi mo-menti; nei nostri capi, nei nostri antenati; enella legge». Dunque la prima situazione è:«ricordati di Gesù Cristo nei primi momenti».Del resto, ha detto il Pontefice, «ognuno dinoi ha dei tempi di incontro con Gesù». E«nella vita ci sono uno, due, tre momenti incui Gesù si è avvicinato, si è manifestato». Èimportante perciò «non dimenticare questimomenti: dobbiamo andare indietro e ripren-derli perché sono momenti di ispirazione, do-ve incontriamo Cristo». Infatti quei momenti,ha spiegato, «sono la fonte del cammino cri-stiano, che mi darà le forze». Perciò è impor-tante «tornare sempre a quei momenti per ri-prendere forza». A questo punto, ha rilanciatoil Papa, «ognuno può domandarsi: io ricordoquei momenti di incontro con Gesù, quandomi è cambiata la vita, quando mi ha promessoqualcosa?». E «se non li ricordiamo, cerchia-moli: ognuno di noi ne ha».

La seconda situazione è la «memoria deinostri antenati». E «la Lettera agli Ebrei èchiara anche su questo». L’apostolo indica«l’esempio dei nostri capi, delle nostre radici,di coloro che ci hanno dato la fede». Perché,ha fatto notare il Papa, «la fede non l’abbiamoricevuta per posta». Sono stati «uomini e don-ne» che ce l’hanno trasmessa. Sicuramentepossiamo ricevere la fede, ha aggiunto France-sco, anche da quanti «sono i più vicini a noi,come dice Paolo a Timoteo: tua mamma, tuanonna». Con la consapevolezza che «quando

l’acqua della vita diviene un po’ torbida è im-portante andare alla fonte e trovare la forzaper andare avanti». In questa direzione, haproposto il Pontefice, «possiamo domandarci:rimando la memoria ai nostri capi, ai miei an-tenati; sono un uomo, una donna con radici osono diventato sradicato? Vivo soltanto nelpresente?». E se fosse così è opportuno «chie-dere la grazia di tornare alle radici, a quellepersone che ci hanno trasmesso la fede».

Il terzo punto «per chiamare alla memoria èla legge» ha detto Francesco. E riferendosi alpasso evangelico di Marco 12, 28-34, ha spie-gato che «Gesù fa ricordare la legge», ripeten-do che «il primo comandamento è: “Ascolta,Israele! Il Signore nostro Dio». Sì, «ascolta,Israele!» è una «parola che si ripete tantonell’Antico Testamento, quando il popolo eraun po’ che aveva perso la memoria» e il Si-gnore dice: «Ascolta, Israele, non dimenticare,Israele!». Al punto che, ha spiegato il Papa,questa espressione «è diventata una preghieraper gli ebrei». Che dunque, «ripetono le paro-le del Signore: la memoria della legge». E «lalegge è un gesto di amore che ha fatto il Si-gnore con noi perché ci ha segnalato la stra-da». Ecco il valore di «rimandare alla memo-ria la legge: non la legge fredda, semplicemen-te giuridica». Piuttosto «la legge d’amore, cheil Signore ha inserito nei nostri cuori». In talsenso, il Pontefice ha suggerito di domandarsise «sono fedele alla legge, ricordo la legge, ri-peto la legge?». Perché a «volte noi cristiani,anche consacrati, abbiamo difficoltà a ripeterea memoria i comandamenti».

«Ricordati di Gesù Cristo» ha ripetuto ilPapa. Esortando a tenere «lo sguardo fisso alSignore nei momenti della vita nei quali ho in-contrato il Signore (momenti difficili, momentidi prova), nei miei antenati e nella legge».Certi che la memoria «è andare indietro perandare avanti». Difatti, ha detto Francesco,«memoria e speranza vanno insieme». E così«sono complementari, si completano». Conquesta consapevolezza, il Papa ha rinnovatol’invito a ricordarsi «di Gesù, il Signore che èvenuto, ha pagato per me e che verrà: Signoredella memoria, Signore della speranza».

Infine il Pontefice ha concluso con una pro-posta: «Ognuno può domandarsi come va lamemoria dei momenti nei quali ho incontratoil Signore; la memoria dei miei antenati» e«della legge». E chiedersi anche «come va lamia speranza, cosa spero». Auspicando «che ilSignore ci aiuti in questo lavoro di memoria edi speranza».

VENERDÌ 8Come il fiore di mandorlo

Per capire e vivere l’amore non servono beidiscorsi ma le semplici opere di misericordia —dar da mangiare a chi ha fame, visitare malatie carcerati — che non vanno confuse con lapur meritoria beneficenza laica. Perchéall’amore di Dio, che è senza limiti e si mani-festa nella piccolezza e nella tenerezza, si ri-sponde coi fatti prima ancora che con le paro-

Le omeliedel Pontefice

Salvador Dalí, «La persistenzadella memoria» (particolare);

sotto: Tatiana Leony«Mandorlo in fiore»

#santamarta

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le. Ecco il messaggio che Papa Francesco harilanciato nella messa per la solennità del Sa-cratissimo Cuore di Gesù.

«Possiamo dire che oggi la Chiesa celebra lasolennità liturgica dell’amore di Dio: oggi è lafesta dell’amore» ha affermato il Ponteficeall’inizio dell’omelia. «L’apostolo Giovanni —ha aggiunto — ci dice “cosa è l’amore: non chenoi abbiamo amato Dio ma che lui ci ha ama-to per primo. Lui ci aspettava con amore. Luiè il primo ad amare”». E, ha aggiunto France-sco, «i profeti capivano questo e hanno usatoil simbolo del fiore del mandorlo: è quello chefiorisce per primo, in primavera». Anche Dio«è così: sempre per primo; ci aspetta per pri-mo, ci ama per primo, ci aiuta per primo».

A tale proposito il Papa ha fatto presenteanche che «è difficile capire l’amore di Dio:Paolo, nel passo della lettera proposta dalla li-turgia» (Efesini 3, 8-12.14-19), parla di «annun-ciare alle genti le impenetrabili ricchezze diCristo». In sostanza «parla del mistero nasco-sto dai secoli in Dio». Ma, ha riconosciuto ilPontefice, «non è facile capire questo: è unacosa lontana, misteriosa».

Poi l’apostolo «prega perché i cristiani sianoin grado di comprendere quale sia, e lì cancel-la tutti i limiti, l’ampiezza, la lunghezza, l’al-tezza e la profondità dell’amore di Dio». In-somma «parla di Dio cancellando il limite: vaoltre sempre». Siamo davanti a «un amore chenon si può capire» ha rilanciato Francesco.Perché «supera ogni conoscenza, supera tut-to». Tanto che, ha affermato, «un poeta dice-va che era come “il mare, senza rive, senzafondo”». Proprio «questo è l’amore che noidobbiamo capire, l’amore che noi riceviamo».E «questa è la grazia che chiede Paolo: capiree “annunciare alle genti le impenetrabili ric-chezze di Cristo”». La questione di fondo per-ciò, ha suggerito il Pontefice, è «come come sipuò capire l’amore» e anche «come il Signoreci ha rivelato questo amore». Guardando «lastoria della salvezza, il Signore è stato ungrande pedagogo, con la pedagogia dell’amo-re». Nel riferirsi in particolare al passo delprofeta Osea (11, 1.3-4.8-9) proposto dalla li-turgia, il Papa ha fatto notare che «il Signorespiega come ha manifestato il suo amore: noncon la potenza, col far sentire tutto». Anzi,con l’atteggiamento contrario. Infatti Dio te-neva il suo popolo «per mano, vicino, comeun papà». Di più, prosegue il testo di Osea:«Io li traevo con legami di bontà, con vincolid’amore, ero per loro come chi solleva un bim-bo alla sua guancia — quanta tenerezza — michinavo su di lui per dargli da mangiare. Ilmio cuore si commuove dentro di me, il miointimo freme di compassione». Il passo diOsea testimonia, ha affermato il Pontefice, cheDio non «manifesta l’amore con le cose gran-di: si impiccolisce, con gesti di tenerezza, dibontà». È un Dio che «si fa piccolo, si avvici-na, e con questa vicinanza, con questo impic-colimento, fa capire la grandezza dell’a m o re » .

«Il grande va capito per mezzo del piccolo»ha rilanciato il Papa. Ricordando anche cheDio «va oltre, invia il suo Figlio, ma non loinvia in maestà, in forza; lo invia in carne pec-catrice». Perciò, ha insistito Francesco, «la

grandezza più grande va espressa nella picco-lezza più piccola e più drammatica: è il miste-ro dell’amore di Dio, di questo amore che ilSignore ci insegna a mettere più nei fatti chenelle parole».

È «un amore totale» ha affermato France-sco. E «il simbolo è un cuore trafitto: cosìpossiamo capire anche il percorso cristiano».Infatti, ha spiegato, «quando Gesù vuole inse-gnarci come deve essere l’atteggiamento cri-stiano ci dice poche cose, ci fa vedere quel fa-moso protocollo sul quale noi tutti saremogiudicati: Matteo 25». E quel protocollo evan-gelico, ha fatto notare, «non dice: “io pensoche Dio è così, ho capito l’amore di Dio”». Ilpasso del Vangelo di Matteo afferma invece:«Io ho fatto in piccolo l’amore di Dio: ho da-to da mangiare all’affamato, ho dato da bereall’assetato, ho visitato l’ammalato, il carcera-to». Perché «le opere di misericordia sonoproprio la strada di amore che Gesù ci insegnain continuità con questo amore di Dio». Ed è«con questo amore senza limiti che si è an-nientato, si è umiliato in Gesù». Dunque, haproseguito, «il Signore non ci chiede grandidiscorsi sull’amore; ci chiede di essere uominie donne con un grande amore o con un picco-lo amore, lo stesso, ma che sappiano fare que-ste piccole cose per Gesù, per il Padre».

In questa prospettiva, ha aggiunto il Ponte-fice, «si capisce la differenza tra un’opera dibeneficenza meritoria, laica, e le opere di mise-ricordia che sono la continuità di questo amo-re, che si impiccolisce, arriva a noi, e noi loportiamo avanti».

«Oggi è la solennità dell’amore di Dio — haconcluso Francesco — e l’amore di Dio, per ca-pirlo, lo si deve trasmettere nelle opere, nellepiccole opere di misericordia: trasmetterlo consemplicità». E «questo sarà l’annuncio di que-sto amore che non ha limiti e per questo è sta-to capace di esprimersi nelle piccole cose».Con l’auspicio «che il Signore ci faccia entrarein questo mistero dell’amore di Dio».

LUNEDÌ 11Il vero protagonista

Il mandato di Gesù è chiaro: «Andate, pre-dicate, fate discepoli». Ma cosa significa dav-vero «evangelizzare»? Lo spiegano le due let-ture della liturgia del giorno sulle quali si èsoffermato a meditare il Papa durante la messadel mattino. Dai brani degli Atti degli apostoli(11, 21-26; 13, 1-3) e del Vangelo di Matteo (10,7-13), ha sottolineato il Pontefice, «possiamotrarre tre dimensioni dell’evangelizzazione»che «è annuncio, servizio, gratuità».

Innanzitutto l’evangelizzazione «non è unasemplice predica, è un annuncio, è di più»: in-fatti, «colpisce, entra, cambia i cuori». E ilmotivo è semplice: «perché dentro c’è lo Spiri-to Santo. Senza lo Spirito non c’è evangelizza-zione». E «lui è il protagonista dell’evangeliz-zazione, noi siamo i servitori. Ma è lui cheporta avanti». Così «quando non c’è lo Spiritoci sono soltanto le nostre capacità», ci può es-sere «anche la nostra fede, ma senza lo Spiritola cosa non va avanti; non cambia i cuori».

Macha Chmakoff«Spirito Santo» (particolare)

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Usando un efficace neologismo, il Papa haspiegato che l’annuncio «schiaffa», cioè colpi-sce in maniera diretta, «va avanti, cambia lecose». E infatti «tante volte, abbiamo vistopiani pastorali ben fatti, perfetti, ma che nonerano strumento per l’evangelizzazione, eranoil fine in se stessi. E questi piani pastorali han-no fallito» perché «sono stati incapaci di cam-biare i cuori». Del resto Gesù non chiede «unatteggiamento imprenditoriale» ma la docilitàallo Spirito. «Il vero coraggio dell’evangelizza-zione — ha detto — non è una testardaggineumana», ma si trova nello Spirito Santo. Insintesi: «annuncio è andare avanti», facendo«cose ben pensate, ben pregate», ma sempre«con lo Spirito come protagonista».

Il secondo elemento è «il servizio». Anchesu questo Gesù è chiaro, perché se manca que-sta dimensione, può sembrare un annuncio«ma non è». La presenza dello Spirito è fon-damentale, e «lo Spirito ti porta anche dai fra-

telli, dalle sorelle per servirli», perfino «nellecose piccole». A tale riguardo il Papa si è sof-fermato su un aspetto negativo nella vita dellaChiesa: «È brutto quando si trovano evange-lizzatori che si fanno servire e vivono per farsiservire». È la triste realtà di quanti si credonoi «principi dell’evangelizzazione» e pensano:«io vado lì, mi faccio servire dagli altri perchésono salito sulle scale della Chiesa, della socie-tà, adesso mi trovo un passo più avanti...». Hacommentato Francesco: «L’arrampicarsi nellaChiesa è un segno che non si sa cosa è l’evan-gelizzazione. La gente che usa gli altri per es-sere servito. No: tu devi servire! Quello checomanda deve essere come quello che serve,dice il Signore».

Terzo elemento è «la gratuità». Un princi-pio, ha spiegato il Pontefice, per il quale nonc’è eccezione. «Tutti noi siamo stati salvati gra-tuitamente da Gesù e quindi dobbiamo daregratuitamente». È una lezione per tutti «glioperatori pastorali», i quali «devono impara-re» che «la loro vita deve essere gratuita, aservizio, all’annuncio, portati dallo Spirito».

MARTEDÌ 12Santi di tutti i giorni

La testimonianza del cristiano è “24 ore su24”, perché «inizia al mattino quando mi alzofino alla sera quando vado a letto». Ed è untestimonianza semplice, anonima, umile, chenon pretende riconoscimenti e meriti. Nellamessa del mattino Francesco ha rilanciato l’ef-ficace immagine evangelica che esorta a esseresale e luce per gli altri. Il Pontefice ha propo-sto «una riflessione che può farci bene sullanostra testimonianza», come ha suggeritoall’inizio dell’omelia, riferendosi al passo evan-gelico di Matteo (5, 13-16). «La testimonianzapiù grande del cristiano — ha affermato — èdare la vita come ha fatto Gesù, diventare unmartire e testimone». Ma, ha aggiunto, «c’èanche un’altra testimonianza: quella di tutti igiorni, che incomincia al mattino quando mialzo fino alla sera quando vado a letto; la te-stimonianza quotidiana, la semplice testimo-nianza abituale».

Essa significa «fare come il sale e come laluce; anzi, noi diventare sale e luce» ha spie-gato. In realtà «sembra poca cosa, perché ilSignore con poche cose nostre fa dei miracoli,delle meraviglie». Ecco perché, ha rilanciato ilPapa, «il cristiano deve avere questo atteggia-mento di umiltà» cercando di essere «soltantosale e luce». Essere, dunque, «sale per gli altri,luce per gli altri, perché il sale non insaporiscese stesso» ma sta «sempre al servizio». E cosìanche «la luce non illumina se stessa» inquanto è «sempre al servizio».

«Sale per gli altri», perciò, è la missione delcristiano: «Piccolo sale che aiuta ai pasti, mapiccolo». Del resto «al supermercato il sale sivende non a tonnellate» ma «in piccoli sac-chetti: è sufficiente». E poi esso «non si vantadi se stesso perché non serve se stesso: è sem-pre è lì per aiutare gli altri, aiutare a conserva-re le cose, a insaporire». Il cristiano» deve poiessere anche «luce», ha insistito Francesco. E«la luce non illumina se stessa: no, illuminagli altri, è per gli altri, è per la gente, è peraiutarci nelle ore di notte, di buio». È proprioquesto lo stile di «essere cristiano di ogni gior-no». Ecco allora che «il Signore ci dice: “Tusei sale, tu sei luce” — “Ah, vero! Signore è co-sì, attirerò tanta gente in chiesa e farò...” —“No, così farai che gli altri vedano e glorifichi-no il Padre. Neppure ti sarà attribuito alcunmerito”». E infatti, ha spiegato il Papa, «noiquando mangiamo non diciamo: “buono il sa-le!”»; diciamo piuttosto: «buona la pasta, buo-na la carne!». E «di notte, quando andiamoper casa, non diciamo: “buona la luce!”. Igno-riamo la luce, ma viviamo con quella luce cheillumina».

«Questa dimensione fa che noi cristiani sia-mo anonimi nella vita» ha rilanciato il Ponte-fice. Infatti «non siamo protagonisti dei nostrimeriti, come quel fariseo: “Ti ringrazio Signo-re perché io sono un santo”». Da qui il sugge-rimento di «una bella preghiera per tutti noi,alla fine della giornata» consistente nel «do-mandarsi: sono stato sale oggi? Sono stato lu-ce oggi?». Proprio «questa è la santità di tuttii giorni» ha concluso il Papa, auspicando «cheil Signore ci aiuti a capire questo».

#santamarta

Barbara Zagorski«La porta di tutti i santi»

P re d i c a t eil Vangelo

Praedicate Evangelium: è iltitolo della bozza dellanuova costituzioneapostolica della Curiaromana che il Consiglio deicardinali consegnerà a PapaFrancesco per «leconsiderazioni che riterràopportune, utili enecessarie». Lo ha spiegatoGreg Burke, direttore dellaSala stampa della SantaSede, nell’incontro con igiornalisti, mercoledìmattina 13 giugno, aconclusione dellaventicinquesima riunione deicardinali che aiutano ilPontefice nel governo della

Chiesa. Ai giornalistipresenti è stato anchedistribuito un elaborato delC9 — Il processo di riforma dellaCuria romana. 13 aprile 2013 -10 aprile 2018 — in cui sonoelencate le tappe piùsignificative degli ultimicinque anni. Alla riunione,che si è aperta lunedì 11,hanno partecipato tutti imembri dell’o rg a n i s m o ,fatta eccezione per ilcardinale Pell. Il Papa èstato presente ai lavori,tranne mercoledì mattinaper l’udienza generale inpiazza San Pietro.

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VENERDÌ 8Francesco ha ricevuto gli astronauti della mis-sione ISS 53, con i quali aveva dialogato loscorso 26 ottobre mentre erano in orbita abordo della stazione spaziale internazionale.Tra i membri dell’equipaggio, accompagnatida familiari, anche l’italiano Paolo Nespoli.Nello stesso giorno il Pontefice ha ricevuto ilcardinale prefetto Angelo Amato, autorizzandola Congregazione delle cause dei santi a pro-mulgare i decreti riguardanti i miracoli attri-buiti all’intercessione del beato Nunzio Sulpri-zio (laico italiano 1817-1836) e delle venerabili

Maria della Concezione Cabrera Arias vedovaArmida (madre di famiglia messicana 1862-1937) e Maria Guadalupe Ortiz de Landázuriy Fernández de Heredia, (laica spagnoladell’Opus Dei 1916-1975), e il martirio dei servidi Dio Enrico Angelo Angelelli Carletti, vesco-vo di La Rioja, Gabriele Giuseppe RuggeroLongueville, prete diocesano, Carlo di DioMurias, sacerdote dei frati minori conventuali,e Venceslao Pedernera, padre di famiglia, ucci-si in odio alla fede in Argentina nel 1976.

SA B AT O 9«Non deve mai spegnersi la memoria

dell’atroce violenza, dell’indicibile dolore edello sterminio del popolo» ebraico a causadella Shoah. È il monito rilanciato dal Papa,attraverso un messaggio a firma del cardinalesegretario di Stato, in occasione dell’esecuzio-ne alla Filarmonica di Berlino della sinfonia«La sofferenza degli innocenti», compostadall’iniziatore e responsabile del Camminoneocatecumenale, Kiko Argüello. La celebra-zione catechetica ha rappresentato il momento

«I bambini devono poter giocare, studiare e crescerein un ambiente sereno. Guai a chi soffoca in loro

lo slancio gioioso della speranza!»È il tweet del Papa nella giornata mondiale

contro lo sfruttamento del lavoro minorile,dedicata al tema della salute

e della sicurezza dei giovani

(12 giugno)

L’11 giugno il Papa ha ricevutoi vescovi della Conferenzaepiscopale di Gambia, Liberia,Sierra Leone, in visita «adlimina»

”Angelusin piazza San Pietro

culminante delle iniziative svoltesi per il qua-rantesimo anniversario di presenza neocatecu-menale nella capitale tedesca. Nel messaggioinviato all’arcivescovo Heiner Koch il Pontefi-ce sottolinea come l’opera musicale «radicatanella tradizione e ispirata alle lamentazioni bi-bliche» costituisca «un monito costante a unimpegno di riconciliazione, di reciproca com-prensione e di amore nei confronti dei “fratellimaggiori” e al contempo a una vita dedita afavore dei sofferenti» e «degli indigenti». Nel-la stessa sera il Papa ha telefonato ai parteci-panti al quarantesimo pellegrinaggio a piediMacerata-Loreto: «Le guerre non ti danno fe-licità» e nemmeno «le inimicizie» e «il chiac-chiericcio»; al contrario «l’amore, il serviziol’uno per gli altri: questo è il cammino, la stra-da della felicità», ha detto loro al termine del-la messa nello stadio maceratese. «Adesso voi— ha esordito Francesco — incominciate a cam-minare. È un buon segnale, perché la vita è uncammino» e «non si può restare fermi». Infat-ti «se un giovane è fermo, va in pensione avent’anni. E questa è una cosa brutta. La gio-ventù è per giocarla, per scommettere, per da-re dei frutti». Da qui l’invito: «Sempre avanti,cercando la felicità per noi e per gli altri. Mala felicità non si compra al supermercato. Lafelicità è soltanto nell’amare e nel lasciarsiamare». Perciò occorre andare «avanti, sempreguardando l’orizzonte. Lì vedrai che è impor-tante camminare. Ogni giorno un passo inpiù. Questa è la fecondità della vita».

DOMENICA 10I colloqui di Singapore tra Trump e Kim

Jong-un «possano contribuire allo sviluppo diun percorso positivo che assicuri un futuro dipace per la Penisola coreana». È l’auspicio for-mulato dal Papa all’Angelus in piazza SanPietro. Prima della preghiera mariana il Ponte-fice ha commentato il passo del vangelo diMarco (3, 20-35), incentrato su «due tipi di in-comprensione che Gesù ha dovuto affrontare:quella degli scribi e quella dei suoi familiari».

#7giorniconilpapa

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Oggi è la festa di Sant’Antonio da Padova. Chidi voi si chiama Antonio? Un applauso a tuttigli “Antoni”. Iniziamo oggi un nuovo itinera-rio di catechesi sul tema dei comandamenti. Icomandamenti della legge di Dio. Per intro-durlo prendiamo spunto dal brano appenaascoltato: l’incontro fra Gesù e un uomo — èun giovane — che, in ginocchio, gli chiede co-me poter ereditare la vita eterna (cfr. Mc 10, 17-21). E in quella domanda c’è la sfida di ogniesistenza, anche la nostra: il desiderio di unavita piena, infinita. Ma come fare per arrivar-ci? Quale sentiero percorrere? Vivere per dav-vero, vivere un’esistenza nobile... Quanti gio-vani cercano di “v i v e re ” e poi si distruggonoandando dietro a cose effimere.

Alcuni pensano che sia meglio spegnerequesto impulso — l’impulso di vivere — p erchépericoloso. Vorrei dire, specialmente ai giova-ni: il nostro peggior nemico non sono i pro-blemi concreti, per quanto seri e drammatici: ilpericolo più grande della vita è un cattivo spi-rito di adattamento che non è mitezza o umil-tà, ma mediocrità, pusillanimità.1 Un giovane

Dove andrà l’umanità con giovani quieti e noninquieti?

La domanda di quell’uomo del Vangelo cheabbiamo sentito è dentro ognuno di noi: comesi trova la vita, la vita in abbondanza, la felici-tà? Gesù risponde: «Tu conosci i comandamen-ti» (v. 19), e cita una parte del Decalogo. È unprocesso pedagogico, con cui Gesù vuole gui-dare ad un luogo preciso; infatti è già chiaro,dalla sua domanda, che quell’uomo non ha lavita piena, cerca di più è inquieto. Che cosadeve dunque capire? Dice: «Maestro, tuttequeste cose le ho osservate fin dalla mia giovi-nezza» (v. 20).

Come si passa dalla giovinezza alla maturità?Quando si inizia ad accettare i propri limiti. Sidiventa adulti quando ci si relativizza e siprende coscienza di “quello che manca” (cfr. v.21). Quest’uomo è costretto a riconoscere chetutto quello che può “f a re ” non supera un“tetto”, non va oltre un margine.

Com’è bello essere uomini e donne! Com’èpreziosa la nostra esistenza! Eppure c’è unaverità che nella storia degli ultimi secoli l’uo-

mo ha spesso rifiutato, con tragiche conse-guenze: la verità dei suoi limiti.

Gesù, nel Vangelo, dice qualcosa che ci puòaiutare: «Non crediate che io sia venuto adabolire la Legge o i Profeti; non sono venutoad abolire, ma a dare pieno compimento» (Mt 5,17). Il Signore Gesù regala il compimento, èvenuto per questo. Quell’uomo doveva arriva-

Non accontentarsidella mediocrità

Al l ’udienzag e n e ra l e

nuovo ciclodi riflessioni

sui comandamenti

Raffaello Sanzio, «Sant’An t o n i odi Padova» (1502, particolare)

#catechesi

Note

1. I Padri parlano dipusillanimità (oligopsychìa).San Giovanni Damasceno ladefinisce come «il timore dicompiere un’azione»(Esposizione esatta della fedeortodossa, II, 15) e sanGiovanni Climaco aggiungeche «la pusillanimità è unadisposizione puerile, inun’anima che non è piùgiovane» (La Scala, XX, 1, 2).2. Cfr. Lettera a Isidoro Bonini,27 febbraio 1925.3. «L’occhio è stato creatoper la luce, l’orecchio per isuoni, ogni cosa per il suofine, e il desideriodell’anima per slanciarsiverso il Cristo» (NicolaCabasilas, La vita in Cristo, II,90).4. Discorso alla XXXVICongregazione Generaledella Compagnia di Gesù,24 ottobre 2016: «Si trattadi magis, di quel plus cheporta Ignazio a iniziareprocessi, ad accompagnarli ea valutare la loro realeincidenza nella vita dellepersone, in materia di fede,o di giustizia, o dimisericordia e carità».

ogni famiglia, quando si vede un giovane cheè seduto tutta la giornata, a volte mamma epapà pensano: “Ma questo è malato, ha qual-cosa”, e lo portano dal medico. La vita delgiovane è andare avanti, essere inquieto, la sa-na inquietudine, la capacità di non acconten-tarsi di una vita senza bellezza, senza colore.Se i giovani non saranno affamati di vita au-tentica, mi domando, dove andrà l’umanità?

mediocre è un giovane con futuroo no? No! Rimane lì, non cresce,non avrà successo. La mediocrità ola pusillanimità. Quei giovani chehanno paura di tutto: “No, io sonocosì...”. Questi giovani non an-dranno avanti. Mitezza, forza eniente pusillanimità, niente medio-crità. Il Beato Pier Giorgio Frassati— che era un giovane — diceva chebisogna vivere, non vivacchiare.2 Imediocri vivacchiano. Vivere con laforza della vita. Bisogna chiedereal Padre celeste per i giovani di og-gi il dono della sana inquietudine.Ma, a casa, nelle vostre case, in

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Ha scontato diciotto anni di carcere per un atrocedelitto che non ha commesso. E oggi chefinalmente è stato riconosciuto innocente e liberato,si è reso conto che quell’inferno dietro le sbarre loha spogliato di tutto tranne che della fede in Cristo.Per Tomasz Komenda, quarantunenne polacco,l’abbraccio e l’incoraggiamento del Papa all’udienzagenerale di mercoledì 13 giugno, «segnano l’iniziodi una nuova vita». Accompagnato dall’a rc i v e s c o v oelemosiniere Krajewski e dai propri genitori,Tomasz è voluto «ripartire dalla roccia della fedeper ricostruire il futuro». Ha parole struggenti perMałgorzata, ragazza di quindici anni violentata eassassinata in una notte di capodanno. Nel 2000Tomasz venne arrestato come colpevole di queldelitto. Aveva ventitré anni, racconta, e finì dentroper una falsa testimonianza. Ma poi i giudici dellacorte suprema hanno riaperto il processoaccertando, dopo diciotto anni, la sua innocenza. Ilcarcere è stato per Tomasz «un’esp erienzaparticolarmente dura, anche per il trattamento cheviene riservato a quanti sono accusati di delitti cosìgravi e di abusi contro i minori». Eppure, confida,non solo non ha perso la fede ma proprio lapreghiera e l’unione con Gesù lo hanno

La fede oltre le sbarre

re sulla soglia di un salto, dove si apre la pos-sibilità di smettere di vivere di sé stessi, delleproprie opere, dei propri beni e — proprio per-ché manca la vita piena — lasciare tutto per se-guire il Signore.3 A ben vedere, nell’invito fi-nale di Gesù — immenso, meraviglioso — nonc’è la proposta della povertà, ma della ricchez-za, quella vera: «Una cosa sola ti manca: va’,vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai untesoro in cielo; e vieni! Seguimi!» (v. 21).

Chi, potendo scegliere fra un originale euna copia, sceglierebbe la copia? Ecco la sfida:trovare l’originale della vita, non la copia. Ge-sù non offre surrogati, ma vita v e ra , amore ve-ro , ricchezza v e ra ! Come potranno i giovani se-guirci nella fede se non ci vedono sceglierel’originale, se ci vedono assuefatti alle mezzemisure? È brutto trovare cristiani di mezza mi-sura, cristiani — mi permetto la parola — “na-ni”; crescono fino ad una certa statura e poino; cristiani con il cuore rimpicciolito, chiuso.

È brutto trovare questo. Ci vuole l’esempio diqualcuno che mi invita a un “o l t re ”, a un “dipiù”, a crescere un po’. Sant’Ignazio lo chia-mava il “magis”, «il fuoco, il fervore dell’azio-ne, che scuote gli assonnati».4

La strada di quel che manca passa per quelche c’è. Gesù non è venuto per abolire la Leg-ge o i Profeti ma per dare compimento. Dob-biamo partire dalla realtà per fare il salto in“quel che manca”. Dobbiamo scrutare l’o rd i n a -rio per aprirci allo straordinario.

In queste catechesi prenderemo le due tavo-le di Mosè da cristiani, tenendoci per mano aGesù, per passare dalle illusioni della giovi-nezza al tesoro che è nel cielo, camminandodietro di Lui. Scopriremo, in ognuna di quelleleggi, antiche e sapienti, la porta aperta dalPadre che è nei cieli perché il Signore Gesù,che l’ha varcata, ci conduca nella vita vera. Lasua vita. La vita dei figli di Dio.

letteralmente salvato. E così il suo primo atto «dauomo libero» è stato venire a Roma inpellegrinaggio. In cella non ha mai perso lasperanza di poter pregare, un giorno, davanti allatomba di san Giovanni Paolo II. Di più,«l’abbraccio e le parole di Papa Francesco —confida — mi danno quel coraggio di rimettermi ingioco e fare di quei diciott’anni d’inferno un motivodi riscatto». La “mattinata speciale” di Tomasz si èconclusa con un invito dell’elemosiniere per unpranzo preparato da Enzo, un ex detenuto che dàuna mano a Krajewski nel servizio ai più poveri.L’incontro di Francesco con i pellegrini in piazzaSan Pietro si è aperto con un fuori programma.Dopo aver fatto il giro con la jeep tra la folla, ilPontefice ha voluto che dieci bambini, venuti daPonsacco, salissero insieme sul sagrato invitandoli arimanere seduti accanto a lui, con lui per tuttal’udienza. Un documento «per la formazione digiovani leader sociali in America latina e neiCaraibi, fondato su uno scambio di informazioniutili per ottenere una maggiore giustizia per ipopoli più deboli», è stato presentato al Papa dairesponsabili dell’associazione argentina Red delíderes generacionales.

#catechesi

I mondiali di calcio

«Domani si apriranno icampionati mondiali dicalcio in Russia», un«evento che supera ognifrontiera. Possa questaimportante manifestazionesportiva diventare occasionedi incontro, di dialogo e difraternità». Lo ha auspicatoil Papa al terminedell’udienza generale.salutando i vari gruppipresenti. Prima diraggiungere piazza SanPietro, all’inizio dellamattinata il Pontefice avevasalutato in un’aulettadell’Aula Paolo VIi partecipanti a un convegnopromosso dal Pontificiocomitato di scienze storiche.

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di MARCELOFIGUEROA

Quando l’evangelista Giovanni, ormai anziano,ricordava la preghiera sacerdotale di Gesù perl’unità dei discepoli, «perché tutti siano unasola cosa» (17, 21), i tempi non erano più quel-li della vicinanza concreta del maestro. I primianni dopo l’incontenibile fuoco missionario diPentecoste erano passati. Nel tempo in cui ildiscepolo amato scriveva il quarto vangelo, lapersecuzione dei cristiani non era costituitapiù da casi isolati ma era divenuta una politicaimperiale discriminatoria e generale. La distru-zione di Gerusalemme e del suo grande tem-pio a opera di Tito aveva reso reale la profeziadi Gesù secondo la quale di quel meravigliosoluogo di culto a Dio non sarebbe rimasta pie-tra su pietra (cfr. Ma rc o 13, 2).

Riprendendo i lavori interrotti dalla secondaguerra mondiale, settant’anni fa si costituì co-me tale il Consiglio ecumenico delle Chiese.La devastazione della seconda guerra mondia-le fece sì che l’unità cristiana istituzionale fos-se vista in un modo integrale. Dal quel mo-

mento in poi il suo cammino fu integrato dalsostegno ai rifugiati, da incontri di pace, dallalotta a ogni forma di povertà, ingiustizia, raz-zismo, persecuzione religiosa e dall’adesione aidiritti umani fondamentali. Passarono per isuoi tavoli di dibattito, preghiera e azione co-mune fatti importanti della storia, come laguerra fredda, la caduta del muro di Berlino,l’abolizione dell’apartheid in Sud Africa. Isuoi membri aumentarono, con l’adesione di

centinaia di Chiese protestanti e ortodosse. Altempo stesso fu testimone privilegiato del con-cilio Vaticano II e della partecipazione deter-minante e crescente della Chiesa cattolica aisuoi incontri.

La visita di Papa Francesco a Ginevra è divalore storico e profetico. In primo luogo per-ché molti rappresentanti di confessioni cristia-ne non cattoliche siamo stati testimoni per de-cenni dell’impegno nell’ecumenismo di Bergo-glio, cercando instancabilmente un camminoaperto e generoso per il fratello nella fede. Lapatria grande latinoamericana, da Buenos Airesad Aparecida, è stata resa feconda dal suosguardo e dalla sua azione ecumenica. In se-condo luogo, come Pontefice, il suo instanca-bile contributo dagli accordi teologici a molteazioni concrete, hanno dato spessore e attuali-tà agli incontri interconfessionali mondiali. Gliecumenismi della misericordia, della carità,della preghiera, dell’ecologia integrale, dellamigrazione e purtroppo anche del sangue, so-no stati vissuti e guidati dal Papa. Un pellegri-naggio che senza dubbio si consoliderà a Gi-nevra, dopo il viaggio a Lund.

Il ricordo giovanneo della preghiera perl’unione, anelata fino al dono della vita di Ge-sù, ha enorme valore. Nel meditare il vangeloe riflettendo sui settant’anni del Consiglio ecu-menico delle Chiese si provano sensazioni ana-loghe. Queste si traducono in echi di conflittie di lotte, in rumori di guerre piccole e grandi,l’aumento di manifestazioni di razzismo, incrisi migratorie e umanitarie spaventose, inun’ecologia a rischio di collasso e in una cre-scita mai vista prima del numero dei cristianidi tutte le confessioni che stanno subendo ilmartirio per la loro fede. Voglia il Signoredell’ecumenismo che in questo incontro a Gi-nevra, e soprattutto da ciò che ne nascerà, lapreghiera di Gesù e la visibilità dell’unità ri-conciliata mostrino il volto di vita, misericor-dia, speranza e giustizia del nostro comunesalvatore, che alla destra del Padre continua aintercedere per tutti i suoi discepoli e per lasua unica sposa, la Chiesa.

Unitàriconciliata

#dialoghi

La prossimasettimanail pellegrinaggiodel Papaa Ginevranel settantesimoa n n i v e rs a r i odel Consiglioecumenicodelle Chiese

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di ENZOBIANCHI

L

Giovanni,il Signore fa grazia

Domenica24 giugno

Nativitàdi san Giovanni

il BattistaLuca 1, 57-66.80

John Bonnell, «Il suo nome èGiovanni» (2008)

a solennità della Natività di san Giovanni ilBattista prevale sul lezionario domenicale.All’inizio dell’estate si celebra questa grandefesta, una ricorrenza antichissima, già attestatada sant’Agostino in Africa. Accanto a Maria,la madre del Signore, Giovanni il Battista è ilsolo santo di cui la Chiesa celebri non solo ilgiorno della morte, il dies natalis alla vita eter-na, ma anche il dies natalis in questo mondo:di fatto, Giovanni è il solo testimone di cui ilNuovo Testamento ricorda la nascita, così in-trecciata con quella di Gesù. Ed è proprioquesto intersecarsi di vicende che ha portatoalla scelta della data del 24 giugno per cele-brarne la memoria: se la Chiesa ricorda la na-scita di Gesù il 25 dicembre, non può che ri-cordare quella di Giovanni al 24 giugno, es-sendo essa avvenuta, come testimonia il vange-lo secondo Luca, sei mesi prima.

Il parallelismo di queste date contiene an-che una simbologia, almeno nel bacino delMediterraneo che è stato il crogiolo della fedeebraico-cristiana: se il 25 dicembre, solstiziod’inverno, è la festa del sole vincitore, che co-mincia ad accrescere la sua declinazione sullaterra, il 24 giugno, solstizio d’estate, è il gior-no in cui il sole comincia a calare di declina-zione, proprio come è avvenuto nel rapportodel Battista con Gesù, secondo le parole dellostesso Giovanni: «Egli deve crescere e io dimi-nuire» (Giovanni 3, 30). Giovanni è il lumeche decresce di fronte alla luce vittoriosa; è lalampada preparata per il messia (cfr. Salmi 132,17 e Giovanni 5, 35); è il suo precursore nellanascita, nella missione e nella morte; è il mae-stro di Gesù, suo discepolo che lo segue; èl’amico di Gesù, lo sposo veniente, come dicegiustamente il quarto vangelo (cfr. Giovanni 3,29).

Potremmo addirittura dire che il vangelo èla storia sincronica di due profeti, Giovanni eGesù, con la loro profondissima singolarità, laloro specifica chiamata, ma anche con la lorosostanziale unanimità nel perseguire i disegnidi Dio, con la stessa risolutezza a servizio delRegno. Sì, purtroppo oggi la figura del Batti-

sta non ha più il posto che merita nella me-moria e nella consapevolezza dei cristiani: do-po il primo millennio e la metà del secondo —in cui Giovanni il Battista e Maria insiemerappresentavano il legame tra antica e nuovaalleanza e insieme come intercessori stavanoaccanto al veniente, il Signore glorioso, nellaliturgia come nell’iconografia — la crescita delculto di molti santi diventati più popolari hasopravanzato il Battista finendo per oscurarlo,avviando una deriva rischiosa per l’equilibriodella consapevolezza cristologica. Se la Chie-sa, ancora oggi, celebra come solennità la na-scita del Battista è perché resta cosciente dellacentralità rivelativa di questa figura: nei sinot-tici la buona notizia dell’annuncio del Regnosi apre sempre con Giovanni, così come il van-gelo dell’infanzia di Gesù secondo Luca siapre con l’annuncio dell’angelo a Zaccaria (cfr.Luca 1, 5-25) e con il racconto della nascitaprodigiosa di Giovanni.

Meditiamo dunque sul primo capitolo delvangelo secondo Luca. L’angelo del Signore siera presentato al sacerdote Zaccaria mentrequesti nel tempio celebrava l’offerta dell’incen-so e gli aveva rivelato la nascita di un figliocome esaudimento della preghiera sua e di suamoglie Elisabetta. Zaccaria, infatti, era vecchioe sua moglie sterile. Per tutta la vita avevanoatteso un figlio e lo avevano invocato con fe-de, ma ora erano giunti a una vecchiaia senzafuturo. Questo angelo, Gabriele, il messaggerodella liberazione di Israele (cfr. Daniele 8, 15-

#meditazione

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27; 9, 20-27) e dell’ora messianica, rivela a Zac-caria il compimento di tutta l’attesa di Israele:il nascituro, ripieno di Spirito santo, cam-minerà davanti al Signore veniente e prepareràil popolo dei credenti ad accogliere la sua ve-nuta.

Zaccaria, uomo giusto e irreprensibile da-vanti al Signore, è però turbato e pieno di ti-more, dunque chiede all’angelo come sia pos-sibile questo, vista la sua vecchiaia e la sterilità

sa si è compiuta. E ora che la madre ha impo-sto il nome al bambino, si scioglie la lingua disuo padre Zaccaria, il quale pronuncia il famo-so Benedictus, un salmo di benedizione al Diodi Israele che ha visitato e riscattato il suo po-polo (cfr. Luca 1, 67-79).

Questa nascita prodigiosa testimonia cheGiovanni è un uomo che soltanto Dio potevadare a Israele: dono della misericordia di Dio,risposta a quanti, nella povertà, nell’umiltà e

della moglie: egli dunque resta incredulo, se-condo il racconto evangelico, quindi non rie-sce più a parlare. «Ho creduto, per questo hoparlato», dice il salmo (115 [116] secondo latraduzione dei Settanta, 10), perché la parolaumana rivolta a Dio deve sempre scaturire dal-la fede. Perciò Zaccaria non può benedire l’as-semblea in preghiera nel tempio, e questa be-nedizione resterà interrotta fino a quando Ge-sù risorto la donerà alla sua comunità, salendoal cielo (cfr. Luca 24, 50-51).

Ma ecco che i giorni della gravidanza diElisabetta si compiono e la sterile partorisceun figlio, destando gioia in tutti i suoi parentie conoscenti, perché quel figlio appare un se-gno inconfutabile della misericordia di Dio. Ilpadre Zaccaria è però ancora nella condizionedi non eloquenza, così la madre, con grandeaudacia e contro ogni consuetudine di queltempo, impone al figlio della grazia il nome diJochanan, che significa proprio «il Signore fagrazia». La sterilità è diventata fecondità,l’umiliazione si è mutata in fierezza, l’attesapiena di fede vede il compimento da parte diDio di ciò che era impossibile agli umani.Zaccaria ed Elisabetta erano degli ‘anawim,quei “p overi” curvati dalla vita che sperano so-lo nel Signore, ma ora proprio loro sono stru-mento, testimoni dell’azione di salvezza cheDio compie in favore di tutto Israele.

Non può passare inosservata la forza di Eli-sabetta la quale, contro la contestazione deiparenti, dà al figlio il nome designato dall’an-gelo Gabriele per indicare la missione affidatada Dio al nascituro. Se il nome Elisabetta si-gnifica «Dio ha promesso», con la grazia ma-nifestatasi nella nascita di Giovanni la promes-

nella fede, avevano atteso con perseveranzaper secoli la venuta del messia, del salvatoreinviato da Dio. Ormai i tempi della nuova al-leanza sono inaugurati, il precursore del mes-sia è presente e lo precede. Di più, lo ricono-sce al primo incontro, come avviene nella visi-ta che Maria, gravida di Gesù, fa a Elisabetta,gravida di Giovanni (cfr. Luca 1, 39-45). Il Bat-tista nasce dunque in una famiglia di ebreicredenti, ma la sua vocazione gli chiederà dilasciarla fin dall’adolescenza, per andare neldeserto fino al giorno della sua manifestazionea Israele. Giovanni si prepara alla missioneperché fin dal concepimento la «mano diDio» sta con lui.

Tutta la sua vicenda si interseca con quelladi Gesù, e gli eventi della sua vita narrati nelvangelo non sono solo prefigurazioni di quelliche accadranno a Gesù, ma sono a essi sincro-nici, contemporanei, fino a sovrapporsi e aconfondersi gli uni con gli altri: Giovanni eGesù hanno vissuto insieme! E anche quandoGiovanni sarà ucciso violentemente, la sua vitae la sua missione appariranno in pienezza inquella di Gesù. Non è certo un caso che ilvangelo registri l’opinione del re Erode riguar-do a Gesù: «È Giovanni Battista risorto daimorti» (cfr. Ma rc o 6, 16), né che i discepoli ri-portino a Gesù il giudizio di alcuni contempo-ranei che dicevano di lui: «È Giovanni il Bat-tista» (cfr. Ma rc o 8, 28 e paralleli).

Quando Giovanni morirà, anticiperà la mor-te di Gesù e la prefigurerà come passione delprofeta perseguitato e ucciso nella propria pa-tria. Ma come nella sua morte anche Gesùmuore, così nella risurrezione di Gesù ancheGiovanni il Battista risorge.

#meditazione

Ivan Filichev, «Giovanniil Battista» (2016, particolare)

#controcopertina

“Nonno” Francesco e i suoi cinquecentonipoti: in un’atmosfera di famiglia —tra confidenze, consigli e domande — ilPapa ha accolto il Treno dei bambiniche ha fatto di nuovo il suo ingresso inVaticano. Rilanciando così l’iniziativapromossa dal Cortile dei gentili delPontificio Consiglio della cultura, perregalare ai piccoli che vivono incondizioni svantaggiate una giornatadi gioia e di festa. «Città amica» loslogan di questa edizione, dedicata alleperiferie di Milano e Roma. SulFrecciarossa arrivato alla stazionevaticana hanno viaggiato gli studentidi quattro scuole di periferia dellametropoli ambrosiana segnata dacomplessità e fragilità sociali, conpresenze di famiglie straniere, alti tassidi criminalità e serie problematicheurbanistiche. Ad accoglierli sono stati iloro coetanei di due scuole romane alPrenestino e nella borgata del Trullo.E Papa Francesco, rispondendo a seispontanee domande si è lasciatoandare ai ricordi della propriainfanzia.

(9 giugno)