Lo spazio totale

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catalogo Lo spazio Totale

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LO SPAZIO TOTALEAstrattismo-Spazialismo-Minimalismo-Arte Povera-Performance

Opere scelte di Mark Tobey, Jean Fau-trier, Salvatore Scarpitta, Bram Bogart, Vasco Bendini, Vasudeo S. Gaitonde, Luigi Boille, Achille Perilli, Piero Dorazio, Nedda Guidi, Riccardo Licata, Enrico Ca-stellani, Mario Schifano, Lucio Del Pez-zo, Agostino Bonalumi, Renato Mambor, Jannis Kounellis, Hermann Nitsch, A. R. Penck, Getulio Alviani, Marco Tirelli.

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Direzione Franco Ruben

© Palazzetto Art Gallery

© Gli autori per i testi e le immagini

Referenze fotografiche

Riccardo De Antonis

Massimo Napoli

Hans Namuth

Fondazione Morra

The Art Institute of Chicago

Grafica

Palazzetto Art Gallery

Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo catalogo può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo - senza l’autorizzazione scritta degli aventi diritto.

in copertina Mark TobeySenza titolo, 1967 part.

Creative director Eros Renzetti

Palazzetto Art Gallery

Via delle Botteghe Oscure 3400186 Roma

[email protected]

www.palazzettoartgallery.com

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a cura di Roberto Mattia

Presentazione Fabio Pavan

con una prosa di Vincenzo Mazzarella

e con il testo di Achille PerilliManifesto della Folle Immagine nello Spazio Immaginario

26 gennaio - 25 febbraio 2012

LO SPAZIO TOTALEAstrattismo-Spazialismo-Minimalismo-Arte Povera-Performance

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Avanguardia e modernitàUn ristretto gruppo di artisti si propone al - Palazzetto - esibendo opere che richia-mando temi ancorati ad un “naturalismo informale” ne evidenziano la valenza segni-ca che da misura e sostegno alle loro opere.I lavori di Fautrier, Tobey e Perilli (1957), in particolare, presentano scansioni che ne accomunano lo spirito evocativo e l’aderenza poetica.L’opera di Bendini è senza dubbio quella maggiormente ancorata all’informel (nella stretta accezione di Michel Tapié ), pregna cioè di suggestioni generate dai toni, dai grumi e dal gioco di luce che fa palpitare la materia.In un ambito di disfacimento della materia si presenta l’opera di Nitsch. I richiami al dripping di Pollock sono evidenti ma altrettanto eloquente è il grido di libertà generato dalla distensione dei colori sul pigmento della tela. Le estroflessioni/rilievi su carta di Castellani e Bonalumi rigettano schemi plastici tradizionali in funzione di una tridimensionalità visiva ed oggettiva di evidente pro-paggine fontaniana.Un ritorno ad un formalismo oggettivo è il tema che caratterizza la geometria e la line-arità compositiva delle opere di Dorazio e Perilli (1989/90), quasi un dovuto omaggio a Balla e al movimento del MAC, cui gli stessi autori negli anni ‘50 aderirono.Mario Schifano e Renato Mambor con i loro lavori coniugano pop-art e libertà espres-siva; Schifano soprattutto evidenzia quella disarmonia (non disordine) pittorica che costituisce il - cult - dei suoi lavori.Attraverso Alviani e Tirelli ci allontaniamo da assetti di modernità novecentista per approdare a schemi di avanguardia creativa molto vicini all’op-art.La rassegna chiude con i lavori di Penck e Kounellis.Penck memore di Manessier e Capogrossi, ne ripercorre il rigore compositivo intro-ducendo una nuova sensibilità grafica quale nuovo archetipo oggettivo.Il lavoro di Kounellis è struggente, il colore della materia rappresenta l’elemento pri-mario che sostiene l’intero impianto compositivo aprendo ad una sorprendente con-cettualità che l’inserimento del viso umano individua nella egocentricità umana tutto lo scibile.

Un doveroso ringraziamento è dovuto ad Eros Renzetti che ha saputo ritrovare opere di elevato interesse e qualità in funzione di una visione per gli amanti e collezionisti dell’arte moderna.

Fabio Pavana lato

Bram Bogart Au bal noir, 1959 part.

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Lo spazio totaleGli Artisti sono Dio,senza loro Dio è solo una evocazione.Gli Artisti sono artigiani, creatori di immagini.Dove loro, pittori, scultori, performer,affermano il loro essere al mondo,senza recidere il cordone ombelicale con gli altri mondi.Ognuno di loro cerca una dimensione,da questo si giudicano le loro opere,legate al periodo storico,quindi opere non avulse dal loro tempo.Altre spaziano ma sempre del tempo si parla.La forma non è importante, è tangibile: può essere anche pura idea.Nel caso nostro sono Artisti storici, legati al momento storico e da esso lontano,possono dimorare in altre galassie e in altri mondi,sono Dei fuggiti dalla percezione, della visione d’Amore.Non tutti riescono a nascondere i loro doni segreti,in quel caso vengono riconosciuti,come Ulisse dal cane Argo, pur cambiato e vestito da mendicante.Ogni opera presente in mostra, riassume la caratteristica di un innocente diversivo, nell’annullare il loro essere Dei.La mano non può sbagliare, nessuna mano può sbagliare, nemmeno nel commettere un omicidio.Anche le mani che si ritraggono dall’azione,quelle sono mani sensibili,mani di Florence Nightingale,curano gli ammalati, gli ammalati siamo noi,senza un frammento di Arte senza constatazione,della morte di Dio,e dell’assassinio di noi povera gente.

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Hermann Nitsch Senza titolo, 1984 part. 7

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Gli occhi saranno suggellati, e su noi i corvi non si impietosiranno.Poi riusciremo a vedere colori nuovi e non saremo un Edipo, ma un uomo nuovo.L’Arte ci restituisce la voglia del tramonto, nubi, sesso e dell’assoluta conoscenza.L’Arte è puro omicidio delle proprie idee, immortalate su un altare.Mark Tobey, Jean Fautrier, Salvatore Scarpitta, Vasco Bendini, Vasudeo S. Gaiton-de, Luigi Boille, Achille Perilli, Piero Dorazio, Nedda Guidi, Riccardo Licata, Enrico Castellani, Mario Schifano, Lucio Del Pezzo, Agostino Bonalumi, Renato Mambor, Jannis Kounellis, Hermann Nitsch, A. R. Penck, Getulio Alviani, Marco Tirelli.Questi sono uomini, idee, omicidi.Sono per voi,aspettate la vostra morte corporalee ricordate che un coltello è un atto d’Amore,conficcato nel tuo corpo come passione,lo strangolamento è più puro.Lo spazio totale.Sono artisti che danzano.

Vincenzo Mazzarella oggi,14 gennaio 2012

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Nedda Guidi Barrata, 1993 part. 9

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Mark Tobey (Centerville-USA,11 dicembre 1890 - Basilea-Switzerland, 24 aprile 1976)

Senza titolo, 1967tempera su carta, 35 x 25 cmOpera datata “70”; il “Committee Mark Tobey” la data 1967

Retrospettiva di Mark Tobey presso The Art Institute of Chicago, 1963Foto courtesy The Art Institute of Chicago

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Jean FautrierLe Grand Otage, 1944olio su carta montata su tela, 80 x 115 cmParigi, Musée National d’Art moderne - Centre Georges Pompidou

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Jean Fautrier (Parigi,16 maggio 1898 - Chãtenay-Malabry, 21 luglio 1964)

Senza titolo, 1950catecnica mista su carta, 37 x 51,5 cm

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L’Odeon, New York 1982in piedi - da destra: Ellsworth Kelly, Dan Flavin, Joseph Kosuth, Richard Serra, Lawerence Weiner, Nassos Dafni, Jasper Johns, Claes Oldenberg, Salvatore Scarpitta, Richard Artschwager, Mia Westerlund Roosen, Cletus Johnson, Keith Sonnier;in basso - da sinistra: Andy Warhol, Robert Rauschenberg, Leo Castelli, Ed Ruscha, James Rosenquist, Robert BarryFoto di Hans Namuth

Salvatore Scarpitta (New York, 23 marzo 1919 - New York, 10 aprile 2007)

Uomo con cappello, 1954tempera su carta, 63 x 50 cm

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Vasco Bendini (Bologna, 27 febbraio 1922)

Senza titolo, 1959olio su tela, 60 x 80 cm

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Bram Bogart(Delft, Olanda 12 luglio 1921)

Au bal noir, 1959olio su tela, 45 x 60 cm

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Rood en frys, 1959olio su tela, 50 x 60 cm

Soleil fumez, 1959 olio su tela, 50 x 60 cm

Le tre opere provengono dalla galleria L’Attico di Roma.

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Vasudeo S. Gaitonde(Nagpur, Maharashtra-India,1924 - 2001)

Senza titolo, 1962china e acquerello su carta, 53 x 70,9 cm

pagina a fronte

Senza titolo, 1962 china e acquerello su carta, 76,4 x 56,4 cm

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Luigi Boille (Pordenone,1926)

Senza titolo, 1968olio su tela, 100 x 81 cm

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Nouveau Lexique,1969 olio su tela, 150 x 150 cm

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Diva,1997olio su tela, 20 x 20 cm

Achille Perilli (Roma, 28 gennaio 1927)

Senza titolo, 1957 smalto su cartoncino, 35 x 50 cm

Tutto rosso il cielo,1957 tecnica mista su tela, 36 x 54 cm

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Manifesto della Folle Immagine nello Spazio Immaginario

La prospettiva è repressiva

La nostra società occidentale ha assunto,dal Rinascimento in poi come suo stru-mento di rappresentazione la prospettiva, considerata mezzo di conoscenza e simbolo del nostro modo di essere nella realtà.«Così la storia della prospettiva può essere concepita ad un tempo come un trionfo del senso della realtà distanziante e obiettivante, oppure come un trionfo della volontà di potenza dell’uomo che tende ad annullare ogni distanza; sia come un consolidamento e una sistematizzazione del mondo esterno, sia come un ampliamento della sfera dell’io « (B. Panofsky», «La prospettiva come forma simbolica» p.72). Il nostro occhio e il nostro cervello sono ormai condizionati da una serie di rituali visivi, tali da articolare il nostro pensiero in direzioni ge-rarchicamente predisposte così da trasformare quella che in origine era una classificazione progressiva della percezione dei valori spaziali in una statica e repressiva operazione tendente a conservare valori e situazioni ormai decadute e consumate.Lo sforzo dell’avanguardia artistica è stato quello di cambiare quel rapporto da Dürer così definito: «primo è l’occhio che vede, secondo l’oggetto che è visto, terza la distanza intermedia».In vario modo, in molte direzioni, fino a distruggere l’oggetto artistico, fino a ridurlo all’uomo che compie il gesto, fino a riproporlo come solo pensiero, ma sempre girando intorno ad una considerazione centrale e fondamentale: l’uomo è il centro del mondo, l’occhio è il centro visivo dell’uomo; ogni legge creativa è determinata dalla posizione dell’uomo nello spazio; l’uomo è fisicità tridimensio-nale: quindi ogni azione o oggetto artistico deve configurarsi come riproduzione o produzione di questa situazione originaria.È la prospettiva lo strumento con cui si afferma questa legge.

Lo Spazio Immaginario

Si tratta di capovolgere completamente i termini del problema, cosi come la rivo-luzione bolscevica nel 1917 ha mutato i rapporti di classe nel mondo.Per fare questo bisogna proporsi una definizione dello spazio che non sia più determinata dalla fisicità dell’uomo o dalla sua possibilità di percezione o del suo esistere come dimensione. Ogni legge che ha l’uomo fisico come suo centro e motore è falsa e repressiva perché non comporta altro che la limitazione del potere fantastico del collettivo.La scala dimensionale del collettivo si realizza nello Spazio Immaginario non è quindi metricamente o fisicamente misurabile o catalogabile.Lo Spazio Immaginario tende ad autoproporsi come originario da un collettivo, non ancora definito come struttura sociale. Emerge come anticipazione nella stessa qualità della profezia e nella stessa natura della visione «in questa dimora vi è un piccolo punto, vicino alle sfere dell’impurità e da esso escono tutti quegli spiriti sottili che vagano nel mondo, quelli che vedono e non sono veduti (Shiva Hekhalot Hattum’á) e come ha scritto El Lisitskij «ora sorge il problema di configurare lo spazio immaginario attraverso un oggetto materiale». Configurare Lo Spazio Immaginario significa anche de-finirlo in una dimensione percepibile da quel collettivo che lo ha espresso.

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La Folle Immagine

La Folle Immagine è un processo operativo attraverso il quale è possibile ri-costruire su di una serie di leggi da riconoscere e da definire una fisicità dello Spazio Immaginario.La Folle Immagine è il momento della coscienza irrazionale collettiva con-densatasi in una situazione reale, è quindi la risultante razionale di una com-binazione illogica.Più elementi con articolazioni diverse, raggruppati secondo una legge di pro-gettazione aliena possono dare come sintesi creativa una struttura logica composta di particolari divergenti tra di loro per natura, qualità, quantità.

Leggi della Folle ImmagineLe leggi con la quale si realizza La Folle Immagine possono essere;

1. Legge di strutturazione automaticaUna struttura non è mai determinata a priori mentalmente, ma si elabora e si accresce nel farsi. La sua possibilità di accrescimento sono infinite, come sono infinite le sue definizioni.Quello che noi vediamo non è altro che un momento conoscitivo della struttu-ra, quindi ogni opera è un momento successivo di una sequenza della qua-le è impossibile determinare l’inizio e prevedere la fine. Questo essere della struttura consente anche di modificare costantemente i rapporti interni e lo schema base, su cui si regge per una serie di movimenti di attrazione e di ripulsione.

2. Legge della maggiore complessitàCon questa legge si afferma il principio che non può esservi Folle Immagine se non vi siano in essa elementi di tale complessità, da rendere estremamente difficoltoso e il procedimento operativo e il fine esplicativo.Complessità da intendersi prima di tutto come punto d’incontro di più ele-menti formali, ognuno condizionato da sue proprie leggi (colore, luce, spazio, dimensione) mai coincidenti tra di loro, si da creare una struttura di situazioni differenti. In sostanza, più strutture sovrapposte in modo tale che ogni varia-bilità della loro posizione permetta un’ulteriore immagine, mantenendo fissi i valori che ne risultano.

3. Legge del labirintoIl labirinto sintetizza la possibile costruzione di un percorso visivo, proprio perché nel trovarsi al suo interno non si riesce più ad accettare altra legge che quella del contorto suo dipanarsi in molti cammini tutti eguali e tutti diversi. Questo modo di essere è nel fare e nel guardare ed ogni volta si è costretti a seguire un percorso, sapendo della possibilità di seguire tutti gli altri che ri-mangono. Si annulla così il concetto di alto e basso, di dentro e fuori, di lungo e largo. Non vi è più l’oggetto, l’occhio e la distanza, ma ogni cosa è a sua volta occhio, oggetto e distanza.

4. Legge dell’ambiguità dei messaggiOgni messaggio a livello della coscienza è falso e condizionato da una serie di strutture sociali dominanti. Un messaggio è quindi valido quando il suo grado di ambiguità sia massimo si da aumentare la quantità dei significati permettendo l’elaborazione di una serie di codici nuovi espressi e utilizzati da quel collettivo che definisce lo Spazio Immaginario nella Folle Immagine.

Achille Perilli, catalogo della mostra alla galleria Marlborough, Roma 1971

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Piero Dorazio(Roma, 29 luglio 1927 - Perugia, 17 maggio 2005)

Nesos II, 1981olio su tela, 35 x 50 cm

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Perchè faccio le mie sculture...

“Il materiale ceramico è tanto suadente da costituire una vera trappola per chi lo pratica. Si è sempre tentati di conservare le porosità e le screpolature al taglio del filo, di assecondare le venature occasionali, le striature della mano, le tracce delle cinque dita, gli strappi e le lacerazioni così affascinanti. E poi le affumicature del fuoco, i bei bruni-neri che rimandano alla fucina di un vul-cano o ai primordi dell’umanità. Si può parlare così di ritorno alle origini, ... di atto riconciliante con la terra, terra-madre come di un ventre in cui possano placarsi le angosce e le scissioni di un mondo al quale non possiamo chiede-re le risposte ultime della vita. Ecco che la ceramica celebra i suoi fasti ... in una sorta di abbandono risarcente, nella piacevolezza di una alta cucina che soddisfa la parte più sensoria di noi.Ma la ceramica non è solo questo. Può anche essere idea e problema che si materializzano, nello spirito di precisione, attraverso una costante elabora-zione del materiale grezzo di cui si decantano le virtualità più appariscenti, restituendo alla ceramica la funzione dell’oggetto artistico.Allora diventa limpida terracotta chiara e sonante come una campana, cotta al punto giusto, lascando al caso un margine molto ristretto dove inserirsi. E le tracce del manufare ridanno l’oggetto a sè stesso, nel suo essere lì, pronto a provocare e sollevare interrogazioni sul come e perchè è stato fatto”.

Nedda Guidi

Nedda Guidi a Villa Torlonia, Roma 2007. Foto di Riccardo De Antonis

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Nedda Guidi(Gubbio,1927)

Barrata, 1993terracotta, ossidi, acqua, 110 x 110 x 6 cm

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Enrico Castellani(Castelmassa, 4 agosto 1930) Senza titolo, 1988rilievo su carta, 88 x 118 cm

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Agostino Bonalumi(Vimercate,10 luglio 1935) Senza titolo, 1983carta estroflessa e acquerello, 70 x 50 cm

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Renato Mambor(Roma, 4 dicembre 1936)

Senza titolo, 1963tecnica mista su cartoncino, 50 x 70 cm

Riccardo Licata(Torino, 20 dicembre 1929)

Senza titolo, 2005olio su tela, 70 x 100 cm

Lucio Del Pezzo(Napoli, 13 dicembre 1933)

La mano, (anni ‘90)acrilico, collage, oro in foglia, grafite su legno, 70 x 100 cm

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Mario Schifano(Homs-Libia, 20 settembre 1933 – Roma, 26 gennaio 1998)

Senza titolo, 1973-78smalto su tela, 130 x 168 cm

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Jannis Kounellis(Pireo, Grecia 1936)

Installazione,1990catecnica mista, 53 x 51 cm

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Paul KleeHalme,1938 tempera su cartone, 50 × 35 cm

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A. R. Penck (Dresda, 5 ottobre 1939) Senza titolo, 1980catempera su carta, 30 x 40 cm

Paul KleeHalme,1938 tempera su cartone, 50 × 35 cm

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Getulio Alviani(Udine, 5 settembre 1939)

Scarto su carta, 1980collage e alluminio su cartoncino, 50 x 70 cm

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Marco Tirelli(Roma,1956)

Senza titolo, 1997 (polittico)inchiostro e tempera acrilica su tavola, 70 x 50 cm ciascuno

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