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LO SPAZIO POLISIMMETRICO GIUSEPPE D’ANGELO

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LO SPAZIO POLISIMMETRICO

GIUSEPPE D’ANGELO

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INTRODUZIONE

L’esigenza di dare una spiegazione ai fenomeni fisici della realtà quotidiana, che non si fermi a livello di fisica qualitativa di stampo aristotelico ovvero di metafisica della fisica, ha permesso all’uomo moderno di modificare profondamente il suo rapporto con il mondo, che da contemplativo è diventato pratico-operativo. Al pari della matematica anche la fisica propone le sue verità fondamentali sotto forma di concetti primitivi, assiomi e postulati indimostrabili. Tuttavia alcuni concetti fisici primitivi, come ad esempio quello di forza, lasciano insoddisfatti e ci fanno sentire impotenti nei confronti della natura. Dire ad esempio che la forza è la causa dell’accelerazione di un corpo porta inesorabilmente a chiedersi cosa possa essere questa causa! Attualmente tale causa rappresenta un concetto primitivo senza spiegazione. In questo breve lavoro ho voluto darmi le risposte che cercavo utilizzando un po’ la mia fantasia e le modeste conoscenze di fisica in mio possesso. L’asse argomentativo è dato dal concetto di spazio, analizzato dal punto di vista delle particolari simmetrie ad esso ipoteticamente imputabili. Con queste semplificative e, per diversi aspetti, molto eccentriche considerazioni di seguito esposte non si intende proporre una seria interpretazione alternativa ed olistica del mondo fisico, ma semplicemente offrire un momento alla lettura con un fantasioso, curioso e “relativo” modo di vedere la realtà che ci circonda.

SPAZIO E SIMMETRIE

Il termine spazio evoca in ognuno di noi un concetto intuitivo che è quello di un volume vuoto. Così nella nostra vita quotidiana avere più spazio corrisponde ad avere una maggiore disponibilità per i nostri movimenti o per poter collocare nella nostra abitazione più oggetti che soddisfano meglio i nostri bisogni. Tuttavia lo “spazio” nasconde alla nostra percezione diretta alcune importanti implicazioni. Come prima cosa non bisogna dimenticare che il concetto di spazio non può essere dissociato da quello di tempo. Tutto ciò che accade attorno a noi e dentro di noi è un effetto complessivo dello scorrere dello spazio-tempo. Per capire meglio quanto affermato facciamo un esperimento mentale molto semplice. Immaginiamo di riempire una brocca con acqua fino a farla tracimare. Adesso tutto lo spazio contenuto dentro il volume della brocca è stato occupato. Immaginiamo adesso di azzerare lo spazio esterno alla brocca. Cioè fuori dalla brocca c’è il nulla, ovvero la brocca è l’unica realtà spazio-temporale esistente, il nostro universo (è chiaro che per semplicità di ragionamento non stiamo considerando gli spazi intermolecolari tra le molecole dell’acqua e lo spazio interno all’atomo). Tutto ciò che esiste (l’universo) finisce con la parete esterna della brocca. A questo punto poniamoci la domanda: può la brocca rompersi? La rottura della brocca presuppone che si formino dei cocci, ovvero parti della brocca che si separano gli uni dagli altri. Inoltre l’acqua deve potersi versare. Ma dove si spostano i cocci e dove si distribuisce l’acqua se l’unico spazio esistente è quello della brocca? Questo esempio ci fa capire due cose. La prima è che lo spazio è indispensabile per rendere possibile il movimento. La seconda è che se non c’è movimento (e quindi spazio) non c’è successione di eventi (nel nostro caso non c’è l’evento “brocca rotta” ma soltanto lo stato di partenza “brocca integra”). Siccome la nostra percezione mentale del tempo è affidata al meccanismo che ci permette di distinguere il prima dal dopo sulla base di differenze oggettive riscontrate nella realtà fisica osservata, ne consegue che in un contesto dove lo spazio si riduce al minimo assoluto il “tempo” non è più percepito. E’ tuttavia possibile, in linea teorica, l’esistenza di eventi anche in uno spazio finito e totalmente occupato se ammettiamo che lo spazio e ciò che lo occupa subiscano particolari fenomeni impercettibili alla nostra mente. Prendiamo adesso in considerazione un oggetto geometrico semplice quale un tetraedro. Poniamo al centro di esso una pallina nera e in ciascuno dei quattro vertici una pallina azzurra . In tal modo la pallina nera si troverà alla medesima distanza da ciascuno dei quattro vertici dove si trovano le palline azzure. Poniamo mentalmente la pallina nera, con tutto il tetraedro, in un punto fisso dello spazio. Adesso è possibile fare avvenire delle rotazioni di 120° attorno ad uno qualsiasi dei quattro assi che congiungono la pallina nera con uno dei vertici per spostare ciascuno degli altri tre vertici nella posizione spaziale occupata precedentemente dal vertice che immediatamente lo segue nel verso della rotazione senza osservare alcun cambiamento nell’orientamento del tetraedro nello spazio. In tal modo dopo tre rotazioni successive di 120 gradi ciascun vertice ritorna nella posizione sua d’origine. Ebbene qualunque sia la posizione spaziale del tetraedro non è possibile osservare alcuna differenza tra il prima e il dopo ciascuna di queste rotazioni. Si tratta di forme simmetriche perfettamente sovrapponibili. Se adesso poniamo due palline di colore diverso in due dei quattro vertici in rotazione ci accorgiamo che, anche in questo caso, per ottenere una

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disposizione spaziale delle palline identica a quella di partenza occorre far avvenire tre rotazioni successive di 120° ciascuna.

Figura1

Tuttavia ad ogni singola rotazione di 120° le posizioni assunte dalle palline nello spazio non sono identiche. Noi riusciamo a distinguere tre differenti disposizioni spaziali tali che ciascuna di esse appare come un differente tetraedro. Ovviamente si tratta di forme interconvertibili per rotazione e quindi si tratta sempre dello stesso oggetto. Tuttavia se per ipotesi escludiamo la possibilità di rotazione tali differenti forme rappresenterebbero tutti oggetti differenti. Proviamo adesso a mettere quattro palline di colore differente. Costruiamo adesso una copia dello stesso tetraedro in modo tuttavia che sia identico all’immagine speculare del primo ottenuto facendo rispecchiare quest’ultimo su una superficie riflettente. Abbiamo adesso due tetraedri apparentemente identici simmetrici l’un rispetto all’altro in riferimento alla superficie speculare. Tuttavia ci rendiamo presto conto che è impossibile sovrapporre perfettamente l’uno sull’altro qualunque sia l’angolo di rotazione prescelto. Cioè non possiamo sovrapporre ciascun vertice dell’uno al corrispondente vertice dell’altro. Abbiamo costruito due isomeri speculari (enantiomeri, utilizzando l’appropriata terminologia chimica ).

Figura 2

Analizzando bene le due strutture ci si rende conto che l’impossibilità della loro sovrapposizione sta nella specifica direzione spaziale prescelta per disporre ciascuna pallina ai vertici del tetraedro. Consideriamo, infatti, un piano che contenga la pallina nera e altre due palline. Questo piano divide in due l’angolo di 109° esistente tra le rimanenti altre due palline. Rispetto a tale piano una pallina può stare sul lato destro o su quello sinistro. Ciò definisce due strutture complessive differenti. Ma tali differenze strutturali sono tali perché esistono due differenti posizioni spaziali non equivalenti dove possono stare le due palline che sono causa degli effetti fisici osservati (impossibilità di sovrapposizione, immagini speculari create). Dunque due strutture materiali differenti perché legate a due posizioni spaziali differenti. Se si passa dai tetraedri costruiti con le palline alle molecole tridimensionali costituite da atomi il tipo di simmetria considerata produce degli

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effetti differenziali fisici molto noti. In chimica organica sono molto conosciuti i composti chirali perché i loro stereoisomeri presentano opposta attività ottica (1). Essi, infatti, pur presentando le medesime proprietà chimico-fisiche classiche (p.eb., p.fus. , PM, densità, spettri, ecc.) determinano una rotazione opposta del piano della luce polarizzata. In buona sostanza la luce polarizzata interagisce con la nube elettronica della molecola e subisce una determinata rotazione del piano di oscillazione. Ciascuna molecola presenta una differente ed opposta distribuzione elettronica della propria nube (a causa della opposta disposizione di due gruppi legati al centro stereogeno). Ciò porta alla rotazione in verso opposto del piano di polarizzazione. Ciò permette, peraltro, di distinguere l’isomero destrogiro da quello levogiro qualora i due isomeri siano separati. Inoltre spesso gli enantiomeri hanno attività biologiche diverse, perché sono coinvolti in reazioni con altre molecole chirali. E’ il caso dell’enzima acido-lattico-deidrogenasi che ossida l’acido (+)-lattico (destrogiro) ad ac. Piruvico, ma non è in grado di ossidare l’acido (-)-lattico (levogiro) (2). Il motivo è legato al fatto che l’enzima è chirale e riesce a distinguere tra molecole di acido lattico destrorse e sinistrorse. Un altro esempio è dato dall’adrenalina il noto stimolante cardiaco. La (-)-adrenalina è lo stimolante efficace, la (+)-adrenalina è inattivo. E ancora tra due enantiomeri uno può essere velenoso, l’altro innocuo; uno avere proprietà antibiotiche, l’altro no; uno può fungere da attrattore sessuale di insetti, l’altro risultare inattivo o addirittura repellente. Gli enantiomeri rappresentano pertanto un esempio di simmetria spaziale che bene si presta a comprendere l’importanza della posizione spaziale di riferimento prescelta e quindi la direzione seguita a partire da questo punto (la pallina nera, nel caso del nostro tetraedro rappresentato). La posizione destra è differente da quella sinistra. Il caso di simmetria appena descritto ci permette di comprendere quanta importanza ha lo spazio nella determinazione delle simmetrie. E’ la presenza dello spazio che ci permette di distinguere tra posizione destra e sinistra ed è lo spazio che rivela i differenti effetti (rotazione verso destra o verso sinistra del piano della luce polarizzata). Ma questo può significare che lo spazio presenta degli orientamenti intrinseci che evidenziano una bilateralità per ogni piano di simmetria preso in considerazione? Questa breve riflessione su alcune forme di isomeria ci permette di porre l’accento sull’importanza pratica delle forme simmetriche che caratterizzano le performances della materia e dell’energia. In verità l’importanza della simmetria in natura e nelle opere dell’uomo non ci è taciuta. Anzi ogni momento il mondo circostante ci offre esaltanti esempi. Eccone alcuni.

1 http://it.wikipedia.org/wiki/Potere_rotatorio

2 HAROLD H., CRAINE L. E., HART D. J., HADAD C. M.; 2008 – Chimica organica; Zanichelli

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Tornando adesso al discorso degli enantiomeri, ovvero a molecole che sono, spazialmente, immagini speculari l’una dell’altra, se la posizione a destra o a sinistra del piano di simmetria di un atomo o di un gruppo di atomi determina il cambiamento di alcune proprietà fisiche e biologiche, è lecito parlare di spazi simmetrici (simmetria di orientamento) coabitanti, coagenti e indistinguibili che influenzano quindi in modo specifico gli eventi che in essi si verificano? Oppure è la materia disposta in forma simmetrica che influenza lo spazio con modalità opposte in modo tale che siano opposti certi fenomeni fisico-chimici a cui essa da luogo? Ma se la materia può disporsi in forme simmetriche ciò è dovuto ad una specifica proprietà dello spazio? Quante simmetrie può presentare lo spazio? Inoltre le simmetrie realizzabili nello spazio sono solo posizionali come nel caso degli isomeri ottici (vedi ISOMERIA OTTICA)? E’ possibile, ad esempio, ipotizzare una isomeria volumetrica, ovvero spazi speculari ma dimensionalmente? Se fosse così dovremmo attenderci un universo infinitamente piccolo simmetrico di uno infinitamente grande e in quest’ultimo inglobato? Presenta altre simmetrie lo spazio? Ma poi, che cosa è realmente lo spazio? Per rispondere a queste domande bisogna fare un viaggio nella fisica fantasiosa. Ma per poterlo fare è bene recuperare prima alcuni concetti della fisica relativistica.

TEORIA DELLA RELATIVITA’

Nel 1905 Einstein pubblica la teoria della relatività speciale o ristretta, valida nel caso di sistemi in moto rettilineo uniforme l’uno rispetto all’altro. Egli propose due postulati, noti appunto come postulati della relatività ristretta. Il primo postulato è il principio di relatività: Le leggi della fisica sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali. Cioè le leggi della natura sono rigorosamente valide in qualsiasi luogo della Terra e dell’Universo. Il secondo postulato riguarda la costanza della velocità della luce: La velocità della luce nel vuoto è c = 3,00 * 108 m/s in tutti i sistemi di riferimento inerziali, indipendentemente dal moto della sorgente rispetto all’osservatore. Questo postulato è coerente con il primo, infatti, le equazioni di Maxwell non potrebbero avere la stessa forma in tutti i sistemi inerziali se la velocità della luce non fosse una costante universale. In tal caso i sistemi di riferimento potrebbero essere riconosciuti misurando la rispettiva velocità della luce e di conseguenza sarebbe possibile identificare un sistema di riferimento dall’altro contravvenendo al primo postulato. Questi due postulati guideranno anche il nostro breve richiamo.

Prendiamo in considerazione il paradosso dei due gemelli di cui uno parte con una astronave per un viaggio nello spazio a velocità relativistiche e l’altro rimane sulla Terra osservando il fratello che si allontana. Il gemello in viaggio, al suo rientro trova l’altro più vecchio di lui.

Tale paradosso relativistico è come sappiamo ipotetico perché nessun corpo materiale discreto può raggiungere velocità prossime a quella della luce poiché avrebbe di bisogno di una quantità di energia pressoché infinita. Tuttavia la spiegazione del rallentamento dell’orologio del gemello che viaggia è da intendere una conseguenza relativistica dovuta sia alla costanza della velocità della luce che al moto di un oggetto O1 visto dal sistema di riferimento O. In effetti l’oggetto O1 viaggia ad una velocità relativistica e percorre uno spazio maggiore rispetto al sistema O. Se il tempo per i due sistemi scorreva con lo stesso ritmo prima della partenza di O1, dopo, a causa della costanza di v (valore giudicato identico da entrambi i gemelli che vedono allontanarsi reciprocamente l’uno dall’altro), il tempo di O1 deve essere rallentato

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poiché v = s/t e lo spazio percorso da O1 è maggiore di quello percorso da O. Se aumenta s deve necessariamente aumentare t. Per il gemello che viaggia però l’orologio batte il tempo con lo stesso ritmo che aveva prima della partenza. Egli vede quindi la Terra allontanarsi da lui con la stessa velocità con cui il gemello rimasto vede allontanare la sua astronave. Dunque, essendo le due velocità uguali v1 = v2, sarà che:

sO1/tO1 = sO/tO.

Ora se sO1>sO anche tO1>tO.

Si ha pertanto una dilatazione relativistica del tempo per il gemello viaggiatore. Per il gemello che viaggia però il tempo continua a scorrere con lo stesso ritmo iniziale pertanto egli ha la sensazione che lo spazio che lo separa dal gemello rimasto a Terra sia minore di quanto effettivamente sia. Infatti per il gemello in viaggio è il tempo del gemello rimasto a Terra che si è allungato. Se:

v = sO1/tO1 = sO/tO e se

tO1<tO allora sarà

sO1<sO.

Ciò equivale a dire che per il gemello che viaggia si ha una contrazione relativistica delle distanze. Se vogliamo sapere di quanto si dilata il tempo o si contrae la distanza Terra-astronave del gemello che viaggia dobbiamo fare alcune semplici considerazioni matematiche. Consideriamo ad esempio che all’interno dell’astronave del gemello viaggiante vi sia un orologio a specchio costituito da una sorgente luminosa e da un rivelatore posti sul pavimento e da uno specchio riflettente posto sul soffitto ad una distanza d dalla sorgente. Quando la sorgente emette un lampo di luce lo specchio la riflette e il rivelatore l’assorbe registrando l’istante in cui ciò avviene. Il percorso fatto dal raggio luminoso è perpendicolare al percorso effettuato dall’astronave. Il gemello rimasto a Terra, a causa del moto della navicella, osserva che il raggio di luce percorre una distanza maggiore l corrispondente ai lati obliqui di un triangolo (vedi fig. 3) (3).

Figura 3

3 Per il disegno di Fig. 3 e per lo sviluppo matematico dell’argomentazione si è fatto riferimento al testo: CAFORIO A., FERILLI A.; 2005 - Fisica 1, 2, 3; Le Monnier e al testo: SCHWINGER J.; 1988 - L’eredità di Einstein – unità di spazio e tempo; Zanichelli

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Poiché, per il secondo postulato, la velocità di propagazione del segnale è c anche per il gemello rimasto a Terra, l’intervallo di tempo Δt da lui misurato deve essere maggiore di Δt’. Durante il tempo Δt, nel quale l’astronave percorre la distanza:

2l = v Δt (1),

la luce percorre invece la distanza:

cΔt = 222 ld (2).

Ovvero anche:

cΔt = 222 )

2(

tvd (3).

Elevando ambo i membri al quadrato e tenendo conto che per il gemello sull’astronave l’intervallo di tempo tra due riflessioni del raggio luminoso è.

Δt’ = 2d/c

si ha:

c2(Δt)2 = 4d2 + v2(Δt)2;

(Δt)2 = 2

24

c

d+

2

22 )(

c

tv;

(Δt)2 = (Δt’)2 +2

22 )(

c

tv;

(Δt)2c2 = (Δt’)2c2 + v2(Δt)2;

(Δt)2(c2-v2) = c2(Δt’)2 (4);

Δt =

2

2

1

'

c

v

t = γΔt’ (5)

Analogamente poiché la durata del viaggio per il gemello sull’astronave è minore di quella registrata dal

gemello a Terra ( Δt’ = Δt2

2

1c

v ) mentre la velocità di allontanamento è la stessa per entrambi, deve

allora essere:

l’ = v Δt’ = v Δt2

2

1c

v,

ovvero la lunghezza del viaggio fatto dal gemello sull’astronave risulta ridotta.

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Se due oggetti viaggiano in direzioni opposte con velocità prossima a quella della luce in moto di avvicinamento o allontanamento reciproco entrambi i sistemi viaggianti misurano un valore uguale della velocità con cui vedono avvicinarsi o allontanarsi l’altro oggetto che non è dato dalla somma algebrica delle singole velocità (che potrebbe superare quella della luce!). In tale contesto la velocità della luce rappresenta sempre il limite massimo raggiungibile per entrambi i sistemi di riferimento. Se v’ e v” sono le velocità di due sistemi inerziali S e S1 che si spostano nella direzione che li collega, ciascuna misurata dal relativo sistema, si dimostra che la velocità relativa misurata da S sarà:

v =

2

"'1

'"

c

vv

vv.

Così ad esempio se v’ = 0,6c e v” = 0,8c sarà v = 0.946 (appross.). Dalla formula appena ricordata risulta evidente che per valori di v’ e v” molto bassi il rapporto v’v”/c2 è molto basso e quindi trascurabile e v risulta uguale alla somma newtoniana v” + v’; mentre se v’ e v” sono uguali a c diventa: v = c.

Una spiegazione matematica si può avere partendo dalla considerazione che la legge della composizione additiva delle velocità non è valida per velocità relativistiche, in quanto questa legge è stata ricavata dalle trasformazioni galileane che nella teoria della relatività sono state sostituite da quelle di Lorentz. Per favorire una più snella lettura si tralasciano tali considerazioni sull’argomento.

Tenendo conto adesso dei concetti sopra ricordati della dilatazione relativistica del tempo e della contrazione relativistica delle distanze prendiamo in considerazione la conservazione della quantità di moto negli urti elastici relativistici. Si prenda in considerazione l’urto elastico tra due particelle a e b subatomiche di massa inerziale identica che viaggiano alla stessa velocità relativistica l’una contro l’altra. Ciascuna particella ha una propria quantità di moto mv uguale e contraria a quella dell’altra –mv Complessivamente risulta nulla la quantità di moto dell’insieme delle due particelle prima dell’urto e dopo l’urto, in quanto: mava = - mbvb. Dopo l’urto le particelle rimbalzano in maniera elastica conservando la propria quantità di moto ma cambiando verso al proprio moto. Nel caso di urti relativistici dobbiamo però considerare l’effetto della dilatazione temporale dell’oggetto in movimento osservata dal sistema di riferimento inerziale. Visto da una delle due particelle il moto dell’altra avviene in un tempo più lungo. Ciò vuol dire che la distanza che separa, ad esempio, la particella a dalla b (prendendo a come sistema di riferimento) viene percorsa, da quest’ultima, ad una velocità inferiore. Supponiamo ad esempio vb < va. Si intuisce quindi che affinché la quantità di moto complessiva sia nulla deve risultare mb > ma. Ciò significa che la massa di b aumenta per un effetto relativistico. Così come è reale il fenomeno della dilatazione dei tempi altrettanto lo è quello dell’aumento relativistico della massa. La massa aumenta dello stesso fattore relativistico per il quale diminuisce la velocità:

m = 2

0

1c

v

m (6).

Si comprende facilmente che se v = c, m diventa infinitamente grande. Pertanto nessun oggetto può viaggiare alla velocità c perché essendo E = mc2 avrebbe bisogno di una quantità infinita di energia per garantire l’aumento infinito della sua massa.

Per comprendere facilmente da dove deriva la nota equazione:

E = mc2

è possibile semplificare il tutto tenendo conto di questa semplice considerazione. Prendiamo, ad esempio, una particella (un fotone nel caso limite) che viaggia ad una velocità costante (quella della luce nel caso limite). Avendo questa particella una velocità costante la sua energia cinetica è data dalla formula :

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Ec = mv2. Invece che Ec = 1/2mv2

Infatti il lavoro da considerare, compiuto dalla particella, è dato dal prodotto della forza (m*a) per lo spostamento (h) che, a velocità costante, equivale a:

h = vt invece che :

h = ½(at)t.

Il valore ½(at) indica infatti la velocità media di un corpo soggetto a moto uniformemente accelerato. Poichè la nostra particella è dotata di velocità costante sarà allora:

Ec = mah = vtt

vm = mv2. Tenendo conto che, nel caso del fotone, v = c si ha:

Ec = mc2 (7) .

Nel caso di una forza che agisce su un corpo determinando in esso un moto uniformemente accelerato si consideri una forza costante di intensità F per la quale il corpo si sposta di una distanza Δx nella stessa direzione della forza agente. Il lavoro svolto dalla forza sarà uguale alla variazione ΔEc dell’energia cinetica: ΔEc = F * Δx che come già accennato possiamo anche scrivere nella forma:

ΔEc = t

xmv)( (8).

Possiamo anche scrivere la variazione della quantità di moto Δ(mv) che compare nella (8) come:

Δ(mv) = (m + Δm)(v + Δv) – mv = m Δv + v Δm + ΔmΔv

essendo m + Δm e v + Δv i valori di m e v raggiunti per effetto della forza nel tempo Δt. Se Δm e Δv sono sufficientemente piccoli il prodotto Δm Δv può essere trascurato rispetto agli altri termini e avremo:

Δ(mv) = m Δv + v Δm.

Sostituendo questa espressione nella (8) e considerando costante la velocità v = t

x nel piccolo tratto Δx

otteniamo:

ΔEc = (m Δv + v Δm)v = mvΔv + v2Δm,

ovvero:

mvΔv = ΔEc – v2Δm (9).

Tenendo conto adesso della (6) ed elevando al quadrato entrambi i membri otteniamo:

m2 =

2

2

2

0

1c

v

m =

22

22

0

vc

cm,

ovvero

m2(c2-v2) = m02c2 (10).

La (10) vale per qualunque valore della velocità. Quando la velocità è v + Δv e, di conseguenza, la massa m +Δm risulta:

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(m + Δm)2[c2-(v + Δv)2] = m02c2 (11).

Sottraendo la (10) dalla (11) svolgendo i calcoli ed eliminando le quantità trascurabili (Δm)2 e (Δv)2 otteniamo:

(m2 + 2mΔm)(c2-v2-2vΔv)-m2c2 + m2v2 = 0.

Semplificando ed eliminando ancora il termine trascurabile -4mvΔmΔv, giungiamo a:

mvΔv = c2Δm –v2Δm e, per la (9):

ΔEc – v2Δm = c2Δm –v2Δm, cioè:

ΔEc = c2Δm (12).

Supponendo che il corpo sia inizialmente fermo cioè con energia cinetica nulla e massa uguale a quella a riposo possiamo porre ΔEc = Ec e Δm = m – m0 ottenendo:

Ec = mc2 – m0c2 (13).

Da questa equazione discende anche che l’energia totale E di un corpo, somma dell’energia cinetica Ec e dell’energia a riposo E0 = m0c2, è proprio:

E = mc2.

Possiamo anche esprimere la (13) nel seguente modo introducendo il fattore γ di Lorentz:

Ec = m0c2 1

1

1

2

2

c

v.

Cioè l’energia cinetica di un corpo produce una variazione di massa inerziale del corpo medesimo.

In realtà il discorso innovativo che emerge da questa formula è che essa può essere applicata anche al fotone, che dunque deve avere una massa, benché molto piccola. Sappiamo anche che frequenze più alte (o più basse) di energia elettromagnetica trasportano quantità differenti di energia perchè:

E = hν (14).

Come possono radiazioni elettromagnetiche differenti (particelle differenti) avere energie diverse se viaggiano alla stessa velocità? Se la velocità della particella è costante l’unico modo per far variare la sua energia cinetica è quello di farne variare la quantità di moto. In effetti la (7) può essere scritta anche così:

E = mc*c

dove mc rappresenta la grandezza fisica definita quantità di moto. Ma far variare la quantità di moto con una velocità limite costante significa ammettere che la massa a riposo del fotone possa variare grazie ad una conversione di energia in massa (E = m*c2). Unendo la (13) e la (14) avremo:

hν = mc2 da cui:

m = hν/c2 (15).

In questa ultima equazione si può notare come la massa del fotone dipenda direttamente dalla sua frequenza. Se adesso ricordiamo che:

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13

c = λν

e quindi:

ν = c/λ

e sostituendo questa espressione nella (15) avremo:

m = h/λc

e quindi

λ = h/mc (16)

in cui si evince come massa e lunghezza d’onda siano inversamente proporzionali. In ultima analisi un fotone può avere frequenza differente da un altro fotone perché differente è la sua massa. Questa osservazione, già fatta da Louis de Broglie nei primi decenni del secolo scorso con riferimento all’elettrone, ci permette di interpretare il comportamento anche della materia macroscopica. Infatti nessun limite è posto nella (16) alle dimensioni della massa. Ciò vuol dire che anche alla massa di un protone o di un pallone è associata una lunghezza d’onda e quindi una frequenza. Limitando la nostra considerazione ad un protone o ad un intero nucleo atomico a questo sarà dunque associata una lunghezza d’onda piccolissima ed impercettibile a cui corrisponderà una frequenza enorme che identificano, in ultima analisi, la sua energia ovvero la sua massa:

E = mc2.

La teoria della relatività generale è stata pubblicata da Einstein nel 1916. Essa descrive l’interazione gravitazionale come effetto di una legge fisica che lega distribuzione e flusso nello spazio-tempo di energia, massa e impulso con la geometria dello spazio-tempo medesimo. La teoria della relatività generale è alla base dei moderni modelli cosmologici della struttura a grande scala dell'Universo e della sua evoluzione. Si rimanda a trattazioni specialistiche per ulteriori ragguagli (4).

INIZIA IL VIAGGIO

Quando ci accingiamo ad iniziare un viaggio breve o lungo che sia è sempre necessario avere un itinerario che ci guidi. A maggior ragione un viaggio nelle problematiche essenziali della fisica necessita di un itinerario concettuale che permetta di comprendere l’importanza del viaggio stesso e che, conseguentemente, lo renda interessante. Vorrei quindi elencare alcune essenziali tracce concettuali che formano la trama di una alternativa ipotesi interpretativa del mondo fisico proposta in questo breve saggio. Concetto cardine su cui si muove l’intera argomentazione proposta è quello di Spazio inteso come Ente fisico non materiale (e non energetico). Lo Spazio inteso dunque non nella semplice accezione volumetrica ma come Ente fisico di riferimento e quindi responsabile di tutti gli eventi materiali ed energetici. Il concetto volumetrico che normalmente lo caratterizza perde il suo valore assoluto assumendone uno relativo dipendente dalla forma simmetrica di riferimento. I concetti di energia e di forza devono essere ridefiniti ed intesi in riferimento ad esso perché da esso derivanti. Uno spazio dotato di tante simmetrie in cui Spazio, Energia e Materia possono trapassare l’uno nell’altro reciprocamente in seguito a processi di inversione di simmetria:

4 http://it.wikipedia.org/wiki/Relativit%C3%A0_generale; http://it.wikipedia.org/wiki/Equazione_di_campo_di_Einstein; http://it.wikipedia.org/wiki/Costante_cosmologica

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Lo scopo di questa breve trattazione è quello di suggerire una riflessione su queste relazioni esistenti tra Spazio, Energia e Materia attraverso l’analisi di differenti fenomeni fisici e astronomici che verranno riesaminati dall’ottica di uno Spazio visto come Ente generatore e polisimmetrico.

LE TRASFORMAZIONI ENERGIA-MATERIA

Nelle trasformazioni che subisce la materia si assiste ad un processo che porta alla liberazione di energia sotto differenti forme: elettromagnetica (raggi gamma, luce, raggi infrarossi, onde radio, ecc.) e non (elettroni, neutrini, particelle alfa, ecc.) . In ogni caso si tratta sempre di frammenti di energia-materia che prima componevano l’edificio atomico da cui sono stati liberati. Ma si assiste anche ad un processo di assorbimento di energia da parte della materia. La materia assorbe ed emette energia. Esempio chiaro di tale attitudine è dato dall’effetto fotoelettrico. L’elettrone incamera una determinata “quantità” di energia e si allontana dal nucleo dell’atomo metallico di appartenenza al punto da essere catturato da una differenza di potenziale esterna, generando una corrente. Lo scoppio di una supernova rappresenta poi una condizione di elevata densità energetica in cui è possibile ogni tipo di trasformazione di energia in materia (5) in tempi relativamente brevi. Nell’ambito delle alte energie sappiamo già che i fotoni possono trasformarsi in particelle costituenti come i quark. Da Wikipedia: “Il modello a quark prevede che l'energia di un fotone si possa materializzare in un quark e in un antiquark. La collisione tra un elettrone e un positrone produce due sottili spruzzi di particelle, chiamati <getti>. Una spiegazione soddisfacente della frequenza di questa configurazione è che l'annichilazione positrone-elettrone produce un fotone <virtuale>, il quale a sua volta si disintegra in un quark e un antiquark che schizzano in direzioni opposte. Questi quark diventano getti quando si allontanano dal luogo della collisione. L'evento è stato registrato dall'acceleratore PETRA di Amburgo, in Germania…...”

Ma come avviene l’emissione di energia da parte della materia? E come avviene il suo assorbimento? In altre parole cosa accade a ciò che definiamo massa quando una sua entità si trasforma in energia? Come avviene fisicamente il distacco di energia dalla materia? Ed anche come avviene l’incorporamento dell’energia da parte della materia? La frequenza, dell’elettrone che ha assorbito il fotone, aumenta facendo incrementare anche la sua massa. Come sappiamo la massa di una particella dipende in misura inversa dalla sua frequenza. Maggiore è la frequenza maggiore è il suo livello energetico e maggiore è la sua massa (vedi equazione (16) dove la lunghezza d’onda è inversamente proporzionale alla frequenza). Infatti l’elettrone, concepito come onda stazionaria, per salire di livello energetico in seguito a salto quantico deve far assumere alla sua onda associata nuovi parametri specifici per conservare il proprio carattere di stazionarietà. Quindi l’elettrone avrà una differente lunghezza d’onda ovvero una differente frequenza. Ciò, a mio avviso, può rappresenta un esempio di trasformazione di energia in materia.

Ma come avviene l’assorbimento dell’energia da parte di un elettrone? Il fotone è un fenomeno ondulatorio che si verifica nello spazio. Qui si sostiene che il fenomeno è ondulatorio perché è lo spazio coinvolto nel fenomeno medesimo di propagazione del quanto di luce che subisce una deformazione ondulatoria ( il perché è ondulatoria lo vedremo tra poco (6)). Dopo questa prima asserzione provo a fare anche un’altra ipotesi. Sappiamo che nei moti ondulatori il fenomeno dell’interferenza è molto importante perché in grado, ad esempio, di intensificare un segnale o indebolirlo o addirittura estinguerlo. Una concordanza di fase porta ad un intensificarsi del segnale. Creste e cavi dell’onda si sovrappongono perfettamente. In tal modo è possibile che due o più radiazioni ( fotoni) occupino le medesime unità di spazio nel loro moto di propagazione? Potremmo per questo dire che i due fotoni si sono fusi insieme mantenendo le stesse caratteristiche ondulatorie iniziali presentando adesso energia doppia? La somma di più quanti di uguale frequenza produce un’unica oscillazione ma con intensità maggiore (perché aumenta la massa complessiva rappresentata dal cumulo di tanti fotoni)? (7) L’assorbimento del fotone da parte dell’elettrone potrebbe essere realizzato in modo analogo e, di conseguenza, il fotone diventare massa elettronica? Se queste ipotesi corrispondessero a verità allora potremmo dire che nel processo inverso, ovvero nell’emissione di energia da

5 In queste stelle le grandi esplosioni forniscono energia sufficiente a trasformazioni di ogni tipo. Tanto è vero che è proprio all'interno di queste esplosioni che avviene la creazione degli elementi più pesanti attraverso una serie di fusioni nucleari successive.

6 Vedi CARATTERE ONDULATORIO DELLA LUCE

7 Il principio di funzionamento dei laser offre un chiaro esempio del concetto di unione di più fotoni dalle medesime caratteristiche ondulatorie emessi in fase. Consulta: http://it.wikipedia.org/wiki/Laser

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parte di un corpo si verifica uno scollamento quantistico con diminuzione di massa del corpo medesimo. Ciò può avvenire per variazioni energetiche subite dalla materia stessa. L’allontanamento di un quanto di energia da un cumulo quantico rappresentato dalla particella materiale (es. elettrone) può essere definito come un processo di inversione di simmetria Materia – Energia. Ciò perché Materia ed Energia sono due aspetti complementari della realtà fisica. Il salto quantico di un elettrone ed il suo successivo rientro nel livello energetico di partenza, con conseguente emissione di un fotone, descriverebbe perfettamente il processo per intero. Un elettrone può essere inteso come un punto materiale ovvero come una piccolissima regione di spazio in cui si trovano tantissimi fotoni uniformati come frequenza? In effetti un salto quantico comporta un assorbimento o una emissione di un fotone di una specifica frequenza perché il nuovo livello di energia potenziale raggiunto dalla particella (elettrone) impone una rimodulazione della sua lunghezza d’onda (in quanto onda stazionaria) e quindi della sua frequenza (8). La frequenza della radiazione emessa o assorbita deve essere tale da far mantenere la concordanza di fase ai fotoni che rimangono a costituire l’elettrone nel suo nuovo stato energetico. Pertanto mantenere la concordanza di fase significherebbe poi occupare il minor spazio possibile. Ovvero utilizzare in modo comunitario lo stesso spazio perché l’oscillazione sinusoidale dello spaziotempo (9) è una soltanto per tutti i quanti coesi.

Lo stato quantico di un elettrone dipende poi dalla sua distanza dal nucleo. Più vicino è al nucleo minore sarà l’energia ad esso associata ed anche la sua frequenza e maggiore la stabilità del sistema atomo. Quindi la transizione elettronica verso livelli più interni è un fatto spontaneo. Esiste quindi una relazione tra stato quantico dell’elettrone e posizione spaziale attorno al nucleo. Possiamo anche guardare la cosa relativamente allo spazio atomico dicendo che quest’ultimo presenta dei livelli di differente “potenza” dove l’elettrone può stazionare o cadere. Questo differente modo di vedere il fenomeno porta però a porre l’attenzione sul ruolo attivo che potrebbe avere lo spazio che così acquista un nuovo significato: quello di Ente fisico.

Ma cosa scatena la trasformazione di materia in energia e di energia in materia? Le due trasformazioni sono sempre correlate. Non può esserci assorbimento di energia da parte di un corpo senza che un altro corpo abbia emesso precedentemente tale energia. In ultima analisi può essere assorbita energia liberata da un corpo non quella potenziale dallo stesso posseduta. Osserviamo intanto che tutte le interazioni energia-materia avvengono tramite un intermediario sempre presente che è lo spazio. Si pensi ad una reazione chimica come l’esplosione di un petardo. I gas prodotti con la reazione e l’energia liberata occupano molto spazio alla fine del processo. Nell’ipotesi di spazio nullo (esempio della brocca) l’esplosione non sarebbe possibile. Appare plausibile e logico pensare all’esistenza di un determinato equilibrio tra Spazio (inteso come Ente Fisico interattivo) e Energia-Materia che, quando risulta alterato, scatena tutte le trasformazioni reversibili. Cercheremo adesso di capire che ruolo specifico può assumere lo spazio in dette trasformazioni. Un’altra domanda a cui si tenterà di dare una risposta tra poco è: perché le particelle pur essendo costituite da energia ( fenomeno prettamente ondulatorio a prescindere dal tipo di energia10) hanno forma compatta (generalizzabile in quella sferica)?

Nell’attesa poniamoci un’altra domanda: perché i corpi materiali producono una accelerazione gravitazionale? In un corpo materiale, anche piccolissimo come un atomo, molta energia ( E = mc2) è confinata in uno spazio intrinseco particellare piccolissimo. Che fine fa la quantità di moto di un quanto di energia che viene catturato da una particella elementare? Visto che i protoni o i neutroni appaiono statici e sono costituiti da energia ciò vuol dire che l’energia può anche esistere a prescindere dal movimento?

8 Confronta: http://it.wikipedia.org/wiki/Elettrone#Propriet.C3.A0_fondamentali e http://it.wikipedia.org/wiki/Meccanica_quantistica

9 Vedi CARATTERE ONDULATORIO DELLA LUCE

10 Anche l’energia potenziale gravitazionale, chimica ed elettrica manifesta il fenomeno ondulatorio. Infatti un campo gravitazionale genera onde gravitazionali (?), in un campo elettrico le cariche elettriche interagiscono grazie alla presenza di mediatori quantici e le forze di legame intramolecolari (responsabili dell’energia potenziale chimica) essendo generate dall’attrazione elettrostatica tra cariche di segno opposto sono anch’esse gestite da mediatori quantici di campo e pertanto appartenenti ai fenomeni ondulatori. Abbiamo poi già visto (osservazione di Louis de Broglie) come l’energia cinetica sia sempre associata ad un fenomeno ondulatorio a prescindere dalle dimensioni del corpo. Questa interpretazione ufficiale dei fenomeni energetici verrà tuttavia in parte sconfessata da questa breve dissertazione.

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Diversamente(11), dato che tali particelle sono costituite da energia e se l’energia è sempre associata al movimento e quindi alla velocità, anche tali particelle subnucleari devono possedere una quantità di moto intrinseca. Il movimento ha però bisogno di spazio.

Secondo la mia interpretazione della realtà fisica lo spazio è tuttavia un concetto relativo ai fini del moto. Tale relatività si riferisce al verso della variazione volumetrica che esso può subire.

Per capire meglio il concetto consideriamo il volume di un palloncino che può aumentare se lo si gonfia o diminuire se lo si sgonfia. Avremo pertanto una variazione volumetrica positiva o una variazione negativa. E’ possibile ipotizzare che i quanti confinati all’interno di una particella materiale possano continuare a mantenere le proprie quantità di moto? In altre parole può la massa a riposo di un corpo essere dotata di movimento all’interno del proprio spazio intrinseco? L’energia si propaga nello spazio vuoto come una perturbazione ondulatoria in un mezzo fisico. Nella realizzazione di tale fenomeno è del tutto indifferente il sistema di riferimento preso in considerazione. Vale a dire che è possibile anche ipotizzare che sia lo spazio a muoversi contro la particella ( ovvero contro la radiazione elettromagnetica) assumendo quest’ultima come sistema di riferimento inerziale e lo spazio in caduta su di essa. In tal senso la quantità di moto dei quanti energetici che costituiscono la particella continuerebbe ad esistere anche all’interno della particella. Del resto il possesso della quantità di moto da parte dei quark, che compongono le particelle elementari quali i protoni o i neutroni, è dimostrato dalla loro velocità, prossima a quella della luce, manifestata dal loro moto nello spazio confinato della particella. In questo caso è più appropriato parlare di stati quantici di energia associati alle particelle e scambiabili con altri oggetti, più che di velocità. Ammettere una quantità di moto per i quanti energetici è indispensabile se non vogliamo abbandonare il binomio energia-movimento (12).

E’ possibile quindi inquadrare il problema del movimento delle sub particelle anche nell’ottica relativistica in cui è invece lo spazio attorno alla particella che viene a ridursi su di essa. In tal modo l’oscillazione ondulatoria elettromagnetica continua ad esistere in uno spazio che si espande in senso inverso sviluppandosi nella forma simmetrica dell’infinitamente piccolo.

L’inversione di simmetria spaziale volumetrica da macrodimensionale a microdimensionale produce anche una dilatazione inversa della forma microsimmetrica. Tale dilatazione procede, nell’universo microdimensionale interno alla materia, a velocità relativistica permettendo non solo la conservazione della quantità di moto dei quanti ma anche un nuovo spazio da poter popolare. In effetti il concetto di volume non muta se le dimensioni sono infinitamente piccole. Anche matematicamente parlando esiste l’infinito dentro al finito. Si consideri infatti nella serie dei numeri naturali l’intervallo tra due elementi successivi della serie. E’ possibile concettualmente suddividere tale intervallo in un numero infinito di intervalli più piccoli. Un numero infinitamente piccolo non è zero. Esso è “grande al contrario” quanto un numero infinitamente grande. Consideriamo dunque uno spazio che si addossa sopra il corpo materiale tramutando così nella sua forma simmetrica. Ciò avviene con una accelerazione costante che dipende dalle dimensioni del corpo. Maggiore è la materia che costituisce il corpo, maggiore sarà la quantità di spazio che in essa subisce inversione volumetrica. Qualunque altro corpo più piccolo che si trovi nella regione di spazio circostante il corpo in questione si avvicinerà ad esso con la stessa accelerazione.

11 Lo spin è una proprietà fondamentale della natura come la carica elettrica o la massa. Lo spin assume valore ½ o suoi multipli e può essere positivo (+) o negativo (-). I protoni, gli elettroni e i neutroni possiedono uno spin. Ogni singolo elettrone, protone e neutrone possiede uno spin di 1/2. In un atomo di deuterio ( 2H ), con un elettrone spaiato, un protone spaiato ed un neutrone spaiato, quindi, lo spin elettronico totale è 1/2 e lo spin nucleare totale è 1. Pensate allo spin come ad un vettore di momento magnetico, che fa sì che una particella (un protone, un neutrone, un elettrone) si comporti come un piccolo magnete con un polo nord ed un polo sud. Quando ad esempio un protone si trova in un campo magnetico esterno, il suo spin si allinea con il campo magnetico esterno, proprio come farebbe un magnete. C'è una configurazione o stato di bassa energia in cui i poli sono allineati N-S-N-S e uno stato di alta energia N-N-S-S. Quanto fino adesso ricordato dimostra che lo spin di una particella è una proprietà che rivela il moto intrinseco della particella stessa o di ciò che la costituisce. Infatti un campo magnetico può essere creato solo da cariche elettriche in movimento. Cosa si muove all’interno di un protone?

12 L’esistenza di un momento lineare in un oggetto senza massa è confermata dalla Fisica. Confronta: http://it.wikipedia.org/wiki/Quantit%C3%A0_di_moto

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In quest’ottica, un fotone che viene assorbito da un corpo materiale continua ad esistere come essere quantistico dotato di velocità c e soggetto ad analoga dilatazione temporale, come nella logica della teoria della relatività. Anche nel nuovo universo spaziale interno alla particella la velocità della luce è costante. Guardando il sistema particella-universo dall’esterno si osserva che il fotone, dovendo viaggiare a velocità relativistica per mantenere costanti le proprie caratteristiche fisiche in uno spazio percorso che diminuisce con analoga velocità, impiega un tempo brevissimo al fine di mantenere costante c. Cioè il tempo tra due eventi successivi si riduce con ritmo proporzionale a quello di riduzione dello spazio permettendo la costanza del rapporto s/t. Osservando il fenomeno dall’interno del sistema particella-universo, il fotone, in modo del tutto coerente, viaggerebbe sempre con velocità c procedendo verso l’infinito confine di questo inverso cosmo microscopico mantenendo, anche in questo caso, una proporzionalità tra variazione di spazio osservata e variazione di tempo percepita. Tutto ciò sarebbe permesso dall’inversione di simmetria spaziale, grazie alla quale lo spazio continua ad esistere come realtà infinita ma microcosmica all’interno della materia. Accogliere come normale e vera questa differente realtà spaziotemporale non deve risultare particolarmente difficile. La percezione dello spazio e del tempo rimangono palesemente aspetti relativi in tutti i contesti dell’esistenza. Basti pensare alla differente percezione del tempo e delle dimensioni di cose e persone che tutti noi abbiamo avuto da bambini. I nostri genitori (e tutti gli adulti) erano dei giganti, i mesi e le stagioni avevano una durata ben diversa. Per un protozoo una goccia d’acqua rappresenta ciò che per noi è il nostro territorio. Analogamente per un virus una cellula è il luogo adatto per riprodursi in centinaia di unità! Per un elettrone un atomo è ciò che per un pianeta chiamiamo sistema solare. Per un quark un fermione è tutto il suo universo! In quest’ultimo caso: dov’è e cos’è lo spazio e il tempo?

Da quanto ipotizzato, la forza di gravità sarebbe dunque una conseguenza della riduzione dello spazio che passa nella sua forma simmetrica volumetrica e pertanto si tratterebbe di una forza apparente. Non è associata ad una emissione di energia, quindi non esiste un mediatore quantico ( gravitone)(13) della forza medesima. Parlare di gravitone come mediatore quantico della forza di gravità pone delle domande relative alla natura della sua fonte e ai motivi delle sue peculiarità per le quali non risulterebbe, nonostante perturbazione ondulatoria, all’azione della gravità medesima. Difficile è quindi pensare ad una perturbazione dello spazio-tempo che si manifesti con modalità del tutto differenti e non osservabili.

Volendo fare un esempio materiale facilmente comprensibile consideriamo una vasca piena d’acqua. Se si toglie il tappo sul fondo, si verifica un ammanco d’acqua che si ripercuote istantaneamente anche in superficie dove il livello del liquido comincia a diminuire. In particolare, in prossimità dello scarico l’effetto è più consistente e si creano delle forti correnti. In un punto remoto della superficie del liquido l’effetto risucchio è decisamente minore. Quindi lo spazio fluisce sulla materia, e più lontano ci si trova dalla materia, minore sarà l’effetto trascinamento operato dallo spazio. L’idea che la forza di gravità possa essere una forza fittizia è anche di derivazione relativistica. In effetti anche il principio di equivalenza della relatività generale offre una base riflessiva in tal senso: In una regione di spazio non estesa non c’è differenza alcuna tra campo gravitazionale uniforme e un’accelerazione uniforme. Tale principio può essere letto ovviamente nel senso comune, che vuole l’esistenza di una forza gravitazionale (e quindi energia gravitazionale) che determina l’accelerazione uniforme, oppure nel senso relativo di una accelerazione intesa come conseguenza dell’assorbimento dello spazio. Peraltro nella logica relativista viene a mancare l’esigenza di una forza gravitazionale. Lo spazio viene modificato dalla massa nelle sue proprietà geometriche. Lo stesso Einstein sosteneva che se l’azione gravitazionale può essere perfettamente imitata dall’effetto accelerazione di un sistema in movimento allora non può essere una forza reale.

Dal testo: Fisica 3– A. Caforio, A. Ferilli; Le Monnier: “Il principio di equivalenza ha una conseguenza veramente inaspettata: nella logica relativistica non c’è più bisogno di una forza gravitazionale. La gravità diventa una proprietà geometrica dello spazio-tempo. La presenza di un oggetto dotato di massa modifica le proprietà geometriche dello spazio quadridimensionale, nel senso che tende ad incurvarlo. [….] La meccanica newtoniana concepisce uno spazio “pieno” entro il quale i corpi interagiscono mediante forze attrattive di natura gravitazionale. Nella relatività einsteiniana, invece, se consideriamo due masse puntiformi, nessuna delle due eserciterà forze sull’altra. Entrambe, però, incurvano lo spazio e, se possono muoversi, seguono due linee geodetiche: in pratica, le stesse traiettorie previste dalle forze gravitazionali della meccanica classica. Poiché durante il moto la distanza tra le due masse tende a decrescere, si ha l’impressione che agisca una forza

13 http://it.wikipedia.org/wiki/Gravitone

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attrattiva. Questa invece non esiste: le traiettorie descritte dipendono solamente dalla curvatura dello spazio-tempo provocata dalle masse. Come afferma un grande esperto delle teorie relativistiche, lo scienziato americano John A. Wheeler, “la materia dice allo spazio come incurvarsi e lo spazio dice alla materia come muoversi”. ”

Inoltre, la deformazione dello spazio – tempo operata dai corpi materiali e prevista dalla relatività generale sarebbe un fenomeno inspiegabile, se lo spazio vuoto rappresentasse il nulla fisicamente. Ciò che non esiste fisicamente non può deformarsi. Va infine notato che a livello particellare, per la conservazione della quantità di moto del fotone e quindi per la costanza della velocità della luce, lo spazio implodente viene “ingoiato” alla stessa velocità luminale. Ciò dà ragione del fatto che anche la “forza gravitazionale” si propaga nello spazio alla velocità della luce. Ciò significa che l’ammanco di spazio generato, ad esempio, dal Sole si propaga a velocità c nello spazio sferico circostante “infinito”, diminuendo progressivamente i suoi effetti in ragione inversa al quadrato del raggio della sfera considerata. L’inversione di simmetria spaziale è infatti particolarmente intensa, dal punto di vista quantitativo, a ridosso del Sole medesimo con un forte ammanco locale di spazio. Tale ammanco si distribuisce poi in un volume sempre più grande diminuendo progressivamente l’accelerazione indotta.

In ultima analisi, in questo riesame del fenomeno gravitazionale, all’interpretazione relativistica del medesimo si aggiunge, in sostanza, che questa proprietà geometrica dello spazio-tempo (gravità) deriva da un processo di inversione di simmetria dimensionale, che ha luogo a ridosso della massa di un qualsiasi corpo.

SEZIONE AUREA E SEQUENZA DI FIBONACCI

Numerosi sono i casi in cui si può osservare la sequenza di Fibonacci in oggetti di vario tipo, animati o meno, che ritroviamo nella nostra vita quotidiana. Alcuni esempi sono rappresentati dalla disposizione delle foglie sui virgulti delle piante (fillotassi), dalle squame su di una pigna o dai semi sul capolino di una composita come il girasole. La successione di Fibonacci possiede moltissime proprietà di grande interesse. La proprietà verosimilmente principale, di ampio utilizzo nelle altre scienze, è quella per la quale il rapporto Fn / Fn-1, ossia tra un termine e il suo precedente, al tendere di n all'infinito tende al numero algebrico irrazionale chiamato sezione aurea o numero di Fidia (14).

dove

Proseguendo via via per la sequenza, il rapporto risulta alternativamente maggiore e minore della costante limite. Naturalmente il rapporto tra un numero di Fibonacci e il suo successivo tende al reciproco della sezione aurea

. La sezione aurea o costante di Fidia o proporzione divina non è altro che il medio proporzionale di un segmento. Più precisamente, un punto C seziona in maniera aurea un segmento AB se il rapporto tra AB e la sua sezione AC è uguale al rapporto tra la sezione AC e la parte restante CB. Chiamando x la sezione aurea e considerando la parte rimanente del segmento come l’unità di misura, l’intero segmento viene allora ad avere la lunghezza x + 1 e la proporzione precedente si riduce all’equazione di secondo grado:

xx

x 1.

14 PIERGIORGIO ODIFREDDI; 2012 – Pitagora, Euclide e la nascita del pensiero scientifio; Puntoweb s.r.l – Ariccia (Roma)

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L’equazione ha due soluzioni (1+2

5; 1-

2

5) date dai numeri irrazionali 1,6180339887… e

- 0,618 0339887…Vuoi per le sue proprietà geometriche e matematiche, vuoi per la frequente riproposizione in svariati contesti naturali e culturali, la sezione aurea ha impressionato nei secoli la mente dell'uomo, che è arrivato a cogliervi col tempo un ideale di bellezza e armonia ricreandola addirittura nell’arte e nell’architettura.

Anche l’ipotesi dello spazio polisimmetrico trova sostegno teorico-matematico nella sezione aurea. Ammettere un universo microdimensionale inglobato in quello macrodimensionale corrisponde ad ammettere un proseguimento della serie di Fibonacci anche per valori “negativi” dello spazio. Cercherò di chiarire questo concetto con un semplice esempio matematico (vedi tab.1). Immaginiamo lo spazio costituito da unità volumetriche sferiche concentriche estese, dalla più piccola alla più grande, secondo la sequenza numerica di Fibonacci. Quindi sfere concentriche di raggio 1,2,3,5,8,13,21,34,55, …… Considerando adesso i volumi delle rispettive sfere ci si accorge che la radice cubica del rapporto tra il

volume di una sfera e quello della sfera precedente rappresenta una approssimazione del valore di φ positivo. Analogamente estraendo la radice cubica del rapporto tra il volume della sfera che precede con

quello della sfera che segue si ottiene il valore di 1/φ positivo. Se adesso ammettiamo un universo microdimensionale cioè uno spazio che si sviluppa nel piccolo infinitamente siamo di fronte ad una ipotetica realtà fisica che bene può essere giustificata dalla radice negativa dell’equazione che risolve la sezione aurea. Ovvero il segno negativo indica il proseguire della serie nell’universo simmetrico micro dimensionale verso valori sempre più piccoli. Quindi la successione dei raggi ha inizio dal valore in alto della relativa colonna della tabella1.

r V V(n+1)/V(n) V(n)/V(n+1) RAD. CUB. V(n+1)/V(n)

RAD. CUB. V(n)/V(n+1)

-55 -696557

-34 -164553 0,23623742 4,233029717 0,61818182 1,61764706

-21 -38772,7 0,23562487 4,244034122 0,61764706 1,61904762

-13 -9198,11 0,2372314 4,215293582 0,61904762 1,61538462

-8 -2143,57 0,23304506 4,291015625 0,61538462 1,625

-5 -523,333 0,24414063 4,096 0,625 1,6

-3 -113,04 0,216 4,62962963 0,6 1,66666667

-2 -33,4933 0,2962963 3,375 0,66666667 1,5

-1

0

1

2 33,49333

3 113,04 3,375 0,296296296 1,5 0,66666667

5 523,3333 4,62962963 0,216 1,66666667 0,6

8 2143,573 4,096 0,244140625 1,6 0,625

13 9198,107 4,29101563 0,233045061 1,625 0,61538462

21 38772,72 4,21529358 0,2372314 1,61538462 0,61904762

34 164552,7 4,24403412 0,235624873 1,61904762 0,61764706

55 696556,7 4,23302972 0,236237415 1,61764706 0,61818182

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Tab. 1

Come è facile constatare dalla tabella sopra riportata, nell’universo microdimensionale (valori negativi di r) i valori delle due costanti che rappresentano le radici dell’equazione aurea sono inversi a quelli dell’universo macrodimensionale (valori positivi di r). Questa è appunto una evidenza matematica della simmetria esistente tra le due realtà dimensionali che non si oppone all’ipotesi polisimmetrica.

ONDE GRAVITAZIONALI

E’ necessario adesso fare alcune considerazioni che renderanno possibile un certo ragionamento in riferimento all’energia gravitazionale.

BUCHI NERI

Una forza gravitazionale presuppone la presenza di energia gravitazionale che si propaga alla medesima velocità della luce. Consideriamo adesso un buco nero che attrae materia e energia. Come può la materia e l’energia essere attratta dalla forza di gravità ovvero dall’energia gravitazionale liberata da un buco nero, se l’energia gravitazionale stessa (intesa di natura bosonica) non può oltrepassare l’orizzonte degli eventi sito alla distanza di Schwarzschild (15) (distanza dal centro di massa del corpo dove la velocità di fuga è pari a quella della luce) in quanto soggetta essa stessa alla medesima attrazione gravitazionale? Che tipo di energia è, se è in grado di sfuggire alla massa di un buco nero?

Inoltre, su quale proprietà fisica di base la materia attrae altra materia? Cioè se la materia è complessivamente neutra, cosa richiama la materia alla materia? Se si esclude la forza gravitazionale le uniche realtà fisiche conosciute in grado di creare delle forze di attrazione o repulsione sono le cariche elettriche e i corpi che presentano uno squilibrio complessivo di carica e i fenomeni legati al magnetismo. Si parla tanto di campo elettrico e magnetico ma è corretto parlare di campo in generale e nella fattispecie di campo gravitazionale? Secondo la teoria della relatività generale sappiamo che: “masse accelerate emettano radiazione, così come le cariche elettromagnetiche accelerate. La radiazione causata dall'accelerazione delle masse nello spaziotempo non sarà comunque di tipo elettromagnetico, bensì gravitazionale. Così, al passaggio di una onda (radiazione) gravitazionale, lo spaziotempo si contrae ed espande ritmicamente. Questa increspatura dello spaziotempo è difficile da misurare perché gli stessi rilevatori si contraggono ed espandono, solidali con lo spaziotempo …. Le onde gravitazionali si propagano invece nella struttura geometrica dello spazio modificando la distanza spaziotemporale di due punti vicini, facendola oscillare attorno a dei valori di riferimento. In questo caso l'equazione delle onde è tensoriale (16 componenti), in quanto deve tener conto di tutte le possibili dipendenze della distanza dalle coordinate. La velocità (massima) delle onde gravitazionali, in accordo con la relatività ristretta, è la velocità della luce c.” Da Wikipedia (16). In ultima analisi lo spaziotempo si deforma ad opera della materia subendo una modifica di tipo ondulatorio nella sua struttura geometrica. Infine questa oscillazione si propaga alla velocità della luce. Questa è una considerazione equivalente e simmetrica a quella da me proposta in questo breve saggio. Tuttavia, differentemente, l’oscillazione dello spaziotempo non è mediata da particelle elementari di natura bosonica (gravitone). E’ difficile infatti comprendere se è lo spaziotempo che contraendosi ritmicamente al passaggio di un’onda gravitazionale genera il gravitone che così viaggia nello steso tessuto spaziotemporale oppure è il gravitone (diversamente generato, ma da cosa?) a determinare la contrazione dello spaziotempo medesimo. E se è la materia in movimento ad emettere il gravitone non si comprende il perché e il come di questa emissione. Cosa è che stimola la materia ad emettere il gravitone. Cosa è il gravitone? Perché è così imperscrutabile? Perché la materia in movimento non emette solo semplice energia elettromagnetica? Quale è il vero ruolo dello spaziotempo nel determinare il fenomeno gravitazionale? Se fosse lo spaziotempo a generare il gravitone perché questa particella bosonica dovrebbe avere queste straordinarie peculiarità da rendersi inosservabile? Perché lo spaziotempo dovrebbe subire delle variazioni volumetriche ritmiche quando una massa è in movimento? Vorrei adesso suggerire all’attenzione del lettore che, secondo l’ipotesi che si sta sottoponendo a libera critica, nei

15 http://it.wikipedia.org/wiki/Raggio_di_Schwarzschild

16 http://it.wikipedia.org/wiki/Onda_gravitazionale

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fenomeni elettromagnetici (luce ed altre radiazioni) la propagazione ondulatoria dei quanti d’energia implica una sincrona oscillazione ondulatoria del tessuto spaziotemporale (onda gravitazionale associata) indistinguibile dalla radiazione elettromagnetica stessa (vedi oltre: CARATTERE ONDULATORIO DELLA LUCE).

BIG BANG E LEGGE DI HUBBLE

Sentire parlare di Big Bang (17)può lasciare un po’ perplessi se non si posseggono specifiche conoscenze in materia perché definire così il processo di formazione dell’universo lascia pensare ad una ipotetica grande esplosione in uno spazio già esistente ed immobile. In un tale evento i frammenti emessi (materia, energia, corpi celesti) si muoverebbero tutti alla stessa velocità costante dopo una prima fase di inflazione cosmica in cui l’universo aumenta le sue dimensioni esponenzialmente (cioè lo spazio occupato in riferimento a tutto quello già disponibile). Ciò perché ogni singola particella alla fine non riceve altra energia da processi di scambio e si propaga senza ulteriori accelerazioni. Corpi che si muovono a velocità costante non relativistica, in verso opposto lungo la stessa direzione, si allontanano ad una velocità complessiva, misurata da uno dei due sistemi, pari alla somma delle due velocità. Anche nel caso di velocità relativistiche si avrebbe una loro composizione, così come indica la teoria della relatività, che comunque non supererebbe quella della luce. Ma tali velocità somma resterebbero costanti. La legge di Hubble invece suggerisce che la velocità di allontanamento aumenta in maniera proporzionale alla distanza, come in una sorta di moto uniformemente accelerato. Si noti infatti la similitudine formale delle due formule: v = H*d e v = a*t. Nella seconda formula a assume significato di costante e t quello di variabile indipendente. In entrambe le formule il grafico rappresentante l’andamento della velocità è quello di una retta passante per l’origine, con pendenza definita dalla rispettiva costante. Se ciò che dice la legge di Hubble corrisponde a verità allora non sono i corpi celesti che si muovono (essi infatti si allontanano reciprocamente a velocità costante grazie all’energia cinetica loro associata, anch’essa costante) ma è lo spazio in cui si trovano che si espande, in quanto ente fisico dilatabile, ad una velocità sempre più alta man mano che si espande. Quindi Hubble ci dice una strana verità: lo spazio si espande, cioè aumenta, cioè è in continua creazione. Per certi versi quello che è successo al momento del Big Bang succede anche ora. Infatti lo spazio si espande e quindi è in continua creazione. Un ipotetico ed eterno osservatore non noterebbe differenze sostanziali tra il momento del Big Bang e quello attuale almeno dal punto di vista del fenomeno di espansione in senso stretto. Per spiegare questo strano comportamento dello spazio, gli astrofisici ritengono che attualmente l'universo sia dominato da una misteriosa forma di energia, conosciuta come energia oscura (18), la quale apparentemente permea tutto lo spazio. Le osservazioni suggeriscono che circa il 72% di tutta la densità d'energia dell'universo attuale sia sotto questa forma. Quando il cosmo era più giovane, era permeato in ugual modo dall'energia oscura, ma la forza di gravità aveva il sopravvento e rallentava l'espansione, in quanto era

17 http://it.wikipedia.org/wiki/Big_Bang

18Da http://it.wikipedia.org/wiki/Energia_oscura: “La spiegazione più semplice dell'energia oscura è "il prezzo di

avere spazio", ovvero un volume di spazio possiede un'energia intrinseca e fondamentale, chiamata energia del vuoto in quanto è la densità dell'energia del vuoto fisico. La maggior parte delle teorie della fisica delle particelle predice infatti fluttuazioni del vuoto che gli conferirebbero precisamente detto tipo di energia. Dal momento che energia e massa sono unite dalla formula E=mc², in base alla teoria della relatività generale l'energia del vuoto produrrà effetti gravitazionali assumendo il ruolo di costante cosmologica, indicata con la lettera greca Lambda (da cui il modello Lambda-CDM). Essa è stimata dell'ordine di circa 10

−29 g/cm

3 o di 10

−123 in unità di Planck.

La costante cosmologica ha una pressione negativa equivalente alla densità della sua energia e questo determina l'accelerazione dell'espansione dell'universo. La ragione per cui la costante ha tale valore di pressione può essere individuata nella termodinamica classica. Il lavoro prodotto da un cambiamento di volume dV è uguale a −p dV, dove p è la pressione. Ma la quantità di energia in un contenitore di energia vuota in realtà aumenta quando il volume aumenta (e quindi dV è positivo), in quanto l'energia è uguale a ρV, dove ρè la densità dell'energia della costante cosmologica. Quindi p è negativo ed infatti p = −ρ. Uno dei più grandi problemi irrisolti della fisica è che la maggior parte delle teorie quantistiche dei campi prevedono un valore molto elevato per la costante dell'energia del vuoto quantico, fino a 123 ordini di grandezza rispetto alla costante cosmologica stimata come energia oscura. Ciò significherebbe che gran parte di tale energia dovrebbe venire annullata da una uguale e di segno opposto. In alternativa alcune teorie supersimmetriche richiedono che la costante cosmologica sia esattamente zero. Dati così discordanti costituiscono ilproblema della costante cosmologica, uno dei più importanti problemi di misura della fisica: non v'è modo naturale conosciuto per ricavare, sia pure approssimativamente, la costante cosmologica infinitesimale osservata in fisica delle particelle. Nonostante questi problemi, la costante cosmologica è per molti aspetti la soluzione più "economica" al problema dell'accelerazione cosmica e il Modello standard attuale la include come una caratteristica essenziale.

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presente meno spazio ed i vari oggetti astronomici erano più vicini tra loro. Dopo alcuni miliardi di anni, la crescente abbondanza dell'energia oscura causò un'accelerazione dell'espansione dell'universo. L'energia oscura, nella sua forma più semplice, prende la forma della costante cosmologica nelle equazioni di campo di Einstein della relatività generale, ma la sua composizione e il suo meccanismo sono sconosciuti. In pratica risolviamo un enigma proponendone un altro. L’energia oscura determina dunque l’espansione dell’universo cioè la creazione di nuovo spazio e contemporaneamente la materia oscura è causa della prevalenza locale della forza di gravità che è responsabile della formazione di stelle, galassie ed ammassi di galassie. Questo impedisce, peraltro, il progressivo disperdersi in modo uniforme della materia nel sempre maggiore spazio a sua disposizione. Diversamente da questa ipotesi, cosa può determinare l’espansione dell’universo? Una interpretazione alternativa del fenomeno verrà proposta alla fine di questo lavoro.

GEOMETRIA DELLO SPAZIO-TEMPO

L’andamento della intensità della “forza” di gravità ha delle analogie con quello della forza elettrica (come pure l’irraggiamento da una superficie sferica con centro nella sorgente e raggio r): entrambe variano in maniera inversamente proporzionale al quadrato della distanza. E’ forse questo un chiaro indizio che anche la forza di gravità è una forza reale? Nel caso del campo elettrico possiamo considerare per adesso (più avanti si darà un’altra interpretazione di campo elettrico) che vi sono realmente dei vettori (quanti) di campo che permeano lo spazio circostante la carica e si rarefanno man mano che ci si allontana da essa determinando così l’indebolimento della forza elettrica. Nel caso del campo gravitazionale l’ipotesi è che lo spazio più vicino al corpo materiale risente maggiormente del “riassorbimento” provocato dalla massa del corpo. Più ci si allontana, minore diventa l’effetto; come nell’esempio dell’acqua della vasca. Si comprende facilmente ciò se si tiene conto del seguente ragionamento. Consideriamo due sfere concentriche di raggio r1 e r2 con r1 < r2. Si può osservare che vale la relazione:

V2/V1 = (r2/r1)3.

Si osserva inoltre che se il raggio raddoppia, il volume di una sfera aumenta di 8 volte, cioè in ragione del cubo di 2.

Fig. 4

Raggio (r) Vr (Vol.sfera: 4/3πR3)

∆ Vol.

2

r

r

V

V

1 4,1866666

2 33,493333 29,3066333 8 8

3 113,04 79,5466666 3,375

4 267,94666 154,90666 2,3703 8

5 523,33333 255,386673 1,9531

6 904,32 380,9867 1,7280

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7 1436,02666 531,70666 1,5879

8 2143,57333 707,54667 1,4927 8

Tab. 2

Consideriamo pure una superficie interna alla sfera compresa tra due raggi.

Fig. 5

Passando da raggio 1 a raggio 2 possiamo notare che l’aumento del volume dovuto ad un raddoppio del raggio determina un aumento di superficie pari a:

8(r3)/2(r) = 4(r2).

Cioè quando il raggio raddoppia la superficie aumenta quattro volte. Ovvero essa aumenta in ragione di r2. Tornando quindi al confronto tra forza di gravità e forze coulombiane si comprende perché esse siano inversamente proporzionali al quadrato della distanza. In ultima analisi, più ci si allontana dalla carica, più aumenta la superficie “su cui si distribuiscono i quanti di energia mediatori della forza”. Secondo l’ipotesi che si vuol proporre, nel caso del “campo” gravitazionale non ci sarebbe nessun quanto che si propaga, ma è lo spazio che inverte la sua simmetria sferica dimensionale subendo una riduzione volumetrica che mantiene costanti i rapporti dimensionali della geometria sferica stessa (ad una riduzione a 1/2 del raggio, il volume della sfera si riduce di 8 volte). Pertanto i corpi siti nello spazio sferico implodente subiscono un avvicinamento proporzionale alla riduzione quadratica del raggio. Analogamente, se ci allontaniamo dal centro di massa del corpo, la “forza di gravità” diminuisce in ragione quadratica del raggio.

Già la relatività generale introduce il concetto di deformazione dello spazio-tempo prevedendo una geometria quadridimensionale dello stesso. Una geometria non-euclidea ovvero riemanniana (19) cioè multidimensionale. La materia è in grado di deformare lo spazio-tempo in modo da conferire ad esso una geometria curva. Ciò che viene spontaneo chiedersi è perché la materia deforma lo spazio-tempo? Una geometria spazio-temporale curva può essere una conseguenza dell’inversione volumetrica dello spazio a ridosso della materia; inversione che è deducibile dalla costanza della velocità del fotone anche quando si trova vincolato all’interno della materia. L’effetto “risucchio” determina un moto radiale verso il centro di massa del corpo sia dello spazio che degli oggetti gravitanti. Pertanto lo spazio attorno al corpo materiale assume una geometria curva riconducibile alla sfera.

Esiste dunque l’energia gravitazionale? Come va dunque definito il concetto di forza?

CARATTERE ONDULATORIO DELLA LUCE

19 Per un approfondimento: http://it.wikipedia.org/wiki/Geometria_riemanniana e http://it.m.wikipedia.org/wiki/Variet%C3%A0_riemanniana

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Possiamo tentare adesso di dare una risposta al perché la luce ha comportamento ondulatorio e perché le particelle subatomiche nonché l’atomo hanno consistenza complessivamente glomerulare. Dall’analisi maxwelliana dei fenomeni elettromagnetici emerge la natura ondulatoria degli stessi. Si tratta quindi di fenomeni ondulatori dati dalla propagazione in fase del campo elettrico e del campo magnetico, oscillanti in piani tra loro ortogonali e ortogonali alla direzione di propagazione. Tale fenomeno è descritto matematicamente come soluzione dell'equazione delle onde, a sua volta ottenuta a partire dalle equazioni di Maxwell secondo la teoria dell'elettrodinamica classica.

Interpretazione polisimmetrica. Una radiazione elettromagnetica consiste in una particella ( fotone) che si propaga nello spazio perché molto leggera. Una particella materiale è un insieme di unità energetiche coese. Esse continuano a propagarsi nello spazio in quanto è quest’ultimo che precipita su di esse perché troppo dense per poterlo solcare (stiamo considerando quindi particelle in quiete). Per fare un esempio macroscopico un po’ grossolano si consideri la pratica giocosa di far rimbalzare dei sassolini sulla superficie dell’acqua del mare. Se il sasso è troppo pesante esso non rimbalza ma va a fondo “bucando” l’acqua e andando incontro man mano a quella sempre più profonda. Se il sasso è invece sufficientemente piccolo rimbalza sull’acqua, muovendosi così sulla sua superficie. La particella materiale, pur rimanendo ferma, “buca”, per così dire, lo spazio-tempo che va incontro al suo simmetrico dimensionale precipitando a ridosso della particella medesima. Anche il fotone nel suo viaggio deforma lo spazio-tempo curvandolo attorno a se lungo la direzione di propagazione. Lo stesso fotone cade nel piccolo vortice spazio-temporale creato e ciò provoca la sua propagazione. Cioè cadendo in fondo all’imbuto spaziotemporale che ha creato genera poi un altro imbuto nel quale cade ancora e così via. Nel suo velocissimo moto traslatorio la deformazione a geometria curva si propaga altrettanto velocemente in modo discontinuo, cioè con punti in cui è massima, alternati a punti in cui è minima (vedi figura). Il tempo di propagazione è una conseguenza dovuta alla creazione del vortice spaziale; esso rimane costante in tutti i punti dello spazio dove passa il fotone. Da ciò discende la costanza della velocità della luce. In modo analogo si realizza il moto di propagazione del sassolino sulla superficie dell’acqua, da quest’ultimo deformata solo nel punto di contatto ad ogni rimbalzo. Il sasso rimbalza perché sufficientemente leggero rispetto all’acqua che, tuttavia, viene deformata nel punto di contatto. Il fotone “rimbalza” perché non è in grado di deformare profondamente lo spazio-tempo. Alla deformazione subita dal fotone lo spaziotempo reagisce assorbendo lo stesso fotone dalla posizione in cui si trova e facendolo emergere nella posizione spaziale immediatamente successiva, dove verrà generata un’altra deformazione spaziotemporale. In ultima analisi la radiazione elettromagnetica è ondulatoria perché ondulatoria è la deformazione subita dallo spazio-tempo. La particella materiale è globulare perché sferica è la geometria dello spazio-tempo che si concentra nella materia-energia della particella stessa dove avviene l’inversione volumetrica spazio-temporale.

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Fig. 6

La velocità della luce è finita e costante perché il fotone, interagendo con lo spazio da cui viene assorbito e riemesso, genera, così facendo, il tempo. Quest’ultimo inteso come successione di posizioni distinguibili occupate dalla particella medesima. La costanza della velocità della luce scaturisce dunque dall’uguale permanere della particella nelle differenti posizioni spaziali occupate. Tali posizioni possono essere individuate dai punti di massimo di deformazione del disegno sopra riprodotto. Secondo l’interpretazione classica le onde elettromagnetiche sono onde trasversali, in quanto il campo elettrico e il campo magnetico sono sempre ortogonali tra di loro ed inoltre sono perpendicolari alla direzione di propagazione. In effetti una corrente alternata è in grado di generare tramite un condensatore piano un campo elettrico anch’esso alternato. Un campo elettrico variabile per polarità genera un campo magnetico indotto, a sua volta variabile nel tempo per quanto riguarda il verso del vettore di induzione magnetica B. Un campo magnetico variabile genera poi un campo elettrico anch’esso variabile e così via. Ha inizio così la propagazione del fenomeno ondulatorio. Il fenomeno poi è ondulatorio perché sinusoidale è la variazione dei campi elettrico e magnetico. I due campi sono inoltre ortogonali tra di loro perché, per la legge di Lenz, il campo elettrico indotto dal campo magnetico deve compensare, mediante il proprio campo magnetico generato dal suo variare, la variazione stessa di flusso. La spiegazione, secondo l’ipotesi dello spazio polisimmetrico, del perché un campo elettrico variabile è in grado di generare un’onda elettromagnetica necessita l’introduzione di una ipotesi teorica che è quella dell’esistenza di due componenti elettriche simmetriche dello spazio (vedi CAMPO ELETTRICO). Una tributaria della carica elettrica negativa (S-) ed una di quella positiva (S+). Ognuna delle due cariche assorbe la componente spaziale che l’altra non assorbe ed essendo in numero uguale le une rispetto alle altre garantiscono l’uniforme assorbimento dello spazio. Quando una carica elettrica negativa si sposta all’interno di un circuito da un atomo a quello successivo provoca sempre una temporanea prevalenza di cariche positive sul primo atomo. Ciò provoca un assorbimento bi localizzato delle due componenti spaziali. Un maggior assorbimento della componente positiva sul primo atomo ed un maggior assorbimento della componente negativa sul secondo. Si hanno così due picchi di assorbimento per entrambe le componenti. Ciò provoca uno “squilibrio spaziale” cioè una deformazione spaziotemporale (imbuto spaziotemporale, come ho anche definito sopra) che porta alla genesi del fotone. Il fotone è quindi ottenuto da una deformazione dello spazio (variazione locale dei suoi parametri intrinseci, S- e S+, che chiamerò variazione di densità) creata per assorbimento separato delle due componenti. Le due componenti spaziali differiscono anche per il loro orientamento intrinseco ortogonale. La sinusoide elettromagnetica dà ragione di quanto detto in merito alla natura del fotone. In essa la successione di minimi e massimi per entrambi i campi, elettrico e magnetico, rappresentano la variazione periodica del flusso delle due

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componenti spaziali. Il fotone appena generato si propagherà in tutte le direzioni con la metodologia e per le motivazioni sopra esposte. L’ortogonalità dei due campi risponde invece alla geometria configurazionale delle due componenti spaziali.

Fig. 7

La crepa spaziale (la radiazione elettromagnetica) così generata va poi vista in termini quantistici tenendo conto della presenza del fotone inteso come essere particellare in grado di propagarsi nel “fluido” spaziale così come già considerato. Lo spazio, dunque, è in grado di interagire con l’energia-materia. La deformazione subita dallo spazio al passaggio del fotone può essere letta come una “crepa” dello spazio grazie alla quale per tutta la sua lunghezza esso inverte una sua propria simmetria: la simmetria spazio-energia, ovvero anche spazio-materia (20). In tal modo il fotone si manifesta progressivamente lungo la direzione di propagazione di tale “crepa” (come una sorta di stringa che si propaga). Ma perché il fotone si propaga? E’ una questione di equilibrio tra unità spaziali e unità materiali. E’ possibile spiegare il fenomeno se consideriamo il fatto che il fotone (nel punto di rimbalzo in cui deforma lo spazio) assorbe una unità spaziale anch’essa di natura quantica rimanendone nello stesso tempo assorbito. Ciò provoca una

20 Malcolm W. Browne. New Direction in Physics: Back in Time, http://www.nytimes.com/1990/08/21/science/new-direction-in-physics-back-in-time.html?pagewanted=all|, The New York Times, 21 agosto 1990: << Secondo la teoria quantistica, il vuoto non contiene nè materia nè energia, ma contiene delle "fluttuazioni" cioè delle transizioni tra il nulla e il reale, nelle quali l'esistenza potenziale può essere trasformata in esistenza reale in seguito all'aggiunta di energia (energia e materia sono infatti equivalenti, poiché in ultima analisi tutta la materia consiste di pacchetti di energia). Pertanto lo spazio vuoto è in realtà un tumultuoso ribollire di creazione e annichilazione, che a noi appare calmo solo perché la scala delle fluttuazioni è piccola e le fluttuazioni tendono ad annullarsi l'un l'altra.>>.

L'indeterminazione quantistica permette l'apparizione dal nulla di piccole quantità di energia, purché esse scompaiano in un tempo molto breve (minore è l'energia presente nella fluttuazione, tanto più a lungo essa può persistere). Questa energia può assumere la forma di coppie di particelle e antiparticelle di vita molto breve, ad esempio una coppia elettrone-positrone. In base al principio di indeterminazione, l'energia e il tempo possono essere correlati tra loro dalla relazione

Questo significa che la conservazione dell'energia può essere violata, ma solo per brevissimi periodi di tempo (minore è l'energia presente nella fluttuazione, tanto più a lungo essa può persistere). Questo permette la creazione di coppie di particelle e antiparticelle dalla vita molto breve, ad esempio una coppia elettrone-positrone. Gli effetti di queste particelle sono misurabili, come la carica dell'elettrone, differenziandola dal suo valore assoluto privo del segno.

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variazione locale dello stato quantico dello spazio-tempo. Come conseguenza di ciò una nuova particella (lo stesso fotone) viene generato (emerge) nello spazio immediatamente vicino al fine di bilanciare l’oscillazione quantica di partenza. In tal modo il fotone può propagarsi in qualsiasi direzione considerata. Una sorgente di luce puntiforme irradia in tutte le direzioni secondo i raggi di una sfera perché la variazione dello stato quantico dello spazio tempo si propaga anch’essa in tutte le direzioni. La natura ondulatoria del fenomeno discende invece da quanto precedentemente affermato. Il fotone è, pertanto, materializzato dalla crepa spaziale istante per istante nel suo moto di propagazione. Infine la materia può emettere energia elettromagnetica nelle sue varie forme perché l’atomo, il costituente della materia stessa, è insieme un campo elettrico (grazie alla dislocazione delle cariche elettriche: protoni nel nucleo, elettroni alla periferia) e un campo magnetico (grazie al movimento degli elettroni). Energizzando opportunamente l’edificio atomico è possibile fargli emettere determinate frequenze. Emettere energia elettromagnetica significa anche emettere quanti cioè “particelle” ovvero piccolissime quantità di materia che si propaga nello spazio.

MECCANICA QUANTISTICA

PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE DI HEISENBERG

Pietra miliare della fisica dei quanti il principio di indeterminazione di Heisenberg(21) sancisce in ultima analisi l’impossibilità di conoscere nello stesso istante e con la massima precisione due osservabili fisiche non commutabili perché incompatibili come posizione e quantità di moto di un elettrone o l’energia liberata in un salto quantico ed il tempo in cui lo stesso avviene. In termini matematici il concetto si traduce nelle seguenti relazioni:

Δp Δq ≥ 4

h

ΔE Δt ≥ 4

h

Questo limite discende dalla necessità di dover scegliere, in fase sperimentale, tra aspetti ondulatori e aspetti corpuscolari. In ultima analisi le tecnologie sperimentali non permettono un valido approccio metrico di determinate grandezze fisiche dove entra in gioco il comportamento ondulatorio. Tuttavia, contrariamente a quanto asserito dallo stesso Heisenberg non cessa di essere valida la legge di causalità nei fenomeni osservati. Essa non può essere elusa perché, ad esempio, il moto dell’elettrone avviene nello spazio e i vari punti in cui esso si trova (come particella o onda di materia) si succedono in un determinato ordine temporale. I vari eventi non sono dunque contemporanei pertanto ogni evento (posizione spaziale occupata) è causa del successivo (visto che ad esso segue) e questi, di conseguenza, è effetto del precedente. Non è possibile dunque conoscere con precisione nello stesso istante due osservabili fisiche a causa della complementarietà degli aspetti ondulatori e corpuscolari ma rimane valido il nesso di causalità. In quest’ottica la meccanica quantistica diventa un valido metodo d’indagine probabilistico delle realtà subatomiche, ma la realtà fisica osservata non è una probabilità (tra le tante possibili contemporaneamente) resa effettiva con l’atto osservativo sperimentale. Il famoso “gatto di Schrödinger”(22) non era vivo e morto contemporaneamente prima di aprire la scatola. A dirimere la questione c’è solo l’istante prescelto in cui è stata fatta l’osservazione perché il gatto prima mangia il cibo avvelenato poi sta male (ma è ancora vivo) e poi muore. In tal senso anche l’informatica, dai suoi inizi fino alle attuali tecnologie, ci offre uno spunto di riflessione. Una macchina di Turing (23)(o un attuale PC) non è altro che un sistema fisico (costituito da

21 http://it.wikipedia.org/wiki/Principio_di_indeterminazione_di_Heisenberg

22 http://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_del_gatto_di_Schr%C3%B6dinger

23 Alan Mathison Turing (Londra, 23 giugno 1912 – Wilmslow, 7 giugno 1954) è stato un matematico, logico e crittografo britannico, considerato uno dei padri dell'informatica e uno dei più grandi matematici del XX secolo.Il suo lavoro ebbe vasta influenza sullo sviluppo dell'informatica, grazie alla sua formalizzazione dei concetti di algoritmo e calcolo mediante la macchina di Turing, che a sua volta ha svolto un ruolo significativo nella creazione del moderno computer. Per

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varie componenti materiali) in grado di eseguire delle funzioni ricorsive (calcolabili) attraverso degli algoritmi che permettono di calcolare valori per tutti gli argomenti. Ogni funzione calcolabile è Turing-calcolabile cioè calcolabile da una macchina di Turing. In ultima analisi una macchina di Turing che èsegue algoritmi è un sistema fisico squisitamente deterministico. In effetti i teoremi di incompletezza di Godel (24) impediscono operazioni che non siano coerenti e quindi indecidibili nei sistemi formali matematici. Inoltre i sistemi decidibili sono quelli finiti. Gli stati quantici di una unità di materia (quark, elettrone, atomo, molecola, ecc.) rappresentano un insieme finito di valori rappresentanti differenti stati energetici dell’unità materiale. Per rappresentare la realtà strutturale ed energetica dell’atomo, ad esempio, viene utilizzata la matematica che, in particolare tramite l’equazione di Schrödinger(25), ci permette di avere una certa idea anche morfologica di cosa è realmente un atomo. Ma, in questo campo, il ricorso alla matematica comporta automaticamente che ci sia coerenza e decidibilità. Le funzioni sono infatti calcolabili. Altrimenti il teorema di incompletezza di Godel(26) impedirebbe di poter accettare qualsiasi risultato perché in realtà non dimostrabile. La teoria della ricorsività e tutti gli sviluppi dell’informatica che da essa discendono sono quindi una dimostrazione di come il mondo fisico si comporti in modo esclusivamente deterministico, come già fatto osservare. Il principio di indeterminazione di Heisenberg appare dunque, in tal senso, una sintesi di “indimostrabilità” pur rimanendo uno speciale strumento di indagine per particolari realtà fisiche che male si prestano alle tecniche della sperimentazione. Anche l’interpretazione di Copenaghen(27) sembra una contraddizione della realtà fisica. Infatti tutto sembra funzionare in termini Booleani(28). Un dato evento accade oppure non accade. Una data cosa è vera oppure è falsa. L’attività sperimentale non può determinare la scelta della realtà effettiva selezionandola tra le tante coesistenti nello stesso istante. Dire che l’intervento sul sistema ne forza l’equilibrio multi quantico corrisponde a dire che senza tale intervento lo stato multi quantico perdurerebbe in eterno. Ciò corrisponde anche a negare l’autonoma evoluzione, nello spazio e nel tempo, dello stesso Universo sin dalla sua formazione. Gli stati quantici specifici si autodeterminano, per così dire, grazie al principio della massima stabilità cioè del livello di energia minimo possibile che un sistema può raggiungere.

ESPERIMENTO DELLA DOPPIA FENDITURA

L’esperimento della doppia fenditura, realizzato dal medico e scienziato Thomas Young nel 1801(29), dimostrò la natura ondulatoria della luce. Si basa su una singola sorgente che illumina due fenditure parallele in uno schermo opaco. Le due fenditure diventano due sorgenti lineari di luce che generano, su uno schermo a distanza, una figura di interferenza formata da bande alternativamente scure e luminose. L’interpretazione del fenomeno di interferenza osservabile nell’esperimento di Young, secondo l’ipotesi proposta dello spazio concepito come entità fisica dotata di polisimmetria, si basa sull’evidenza che la deformazione subita dallo spazio (la perturbazione ondulatoria) può propagarsi alla medesima velocità solo attraverso le fenditure. Esse quindi diventano due sorgenti spazialmente separate e sincrone del medesimo fenomeno perturbativo (la radiazione).Il singolo fotone (cioè la singola “crepa” o deformazione spaziale) si duplica e si propaga su nuove direzioni dando origine alle figure di interferenza. La duplicazione del fenomeno perturbativo può avvenire nelle zone di continuità del mezzo di propagazione cioè le due fenditure (ovvero spazio, con la stessa densità di energia-materia, in quanto lo schermo assorbe o riflette la

questi contributi Turing è solitamente considerato il padre della scienza informatica e dell'intelligenza artificiale, da lui teorizzate già negli anni trenta (quando non era ancora stato creato il primo vero computer).

24 Kurt Gödel (Brno, 28 aprile 1906 – Princeton, 14 gennaio 1978) è stato un matematico, logico e filosofo austriaco naturalizzato statunitense, noto soprattutto per i suoi lavori sull'incompletezza delle teorie matematiche. Gödel è ritenuto uno dei più grandi logici della storia umana insieme a Frege e Aristotele; le sue ricerche ebbero un significativo impatto, oltre che sul pensiero matematico e informatico, anche sul pensiero filosofico del XX secolo

25 http://it.wikipedia.org/wiki/Equazione_di_Schr%C3%B6dinger

26 http://it.wikipedia.org/wiki/Teoremi_di_incompletezza_di_G%C3%B6del

27 http://it.wikipedia.org/wiki/Interpretazione_di_Copenaghen

28 http://it.wikipedia.org/wiki/Algebra_di_Boole

29 http://it.wikipedia.org/wiki/Thomas_Young

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radiazione e non la lascia passare). L’interferenza distruttiva va interpretata come zona di annullamento della deformazione spaziale. L’interferenza costruttiva invece come somma di due deformazioni spaziali. In ultima analisi la deformazione spaziale che c’era in partenza rimane. La duplicazione iniziale viene annullata successivamente, oltre lo schermo, con il fenomeno dell’interferenza (principio di conservazione dell’energia). Per la dualità onda-corpuscolo riusciamo a spiegare in analogo modo il medesimo risultato ottenuto con questo esperimento realizzato utilizzando una sorgente di elettroni al posto di una sorgente di luce (vedi oltre). Questo pone in evidenza che anche i corpi materiali (elettroni, in questo caso) possono essere duplicati, cioè creati, dallo spazio.

EFFETTO FOTOELETTRICO E EFFETTO COMPTON

Con l’effetto fotoelettrico (30) e l’effetto Compton si creano le premesse per la nascita della meccanica quantistica che interpreta il fotone anche come particella. La duale natura non è, tuttavia, una prerogativa posseduta esclusivamente dal fotone. Anche l’elettrone manifesta comportamento ondulatorio. Infatti l’esperimento di Young produce frange d’interferenza anche utilizzando un fascio di elettroni. Analogo risultato si ottiene utilizzando particelle di maggiori dimensioni. L’esperimento della doppia fenditura utilizzando elettroni fu eseguito per la prima volta da Claus Jonsson nel 1961(31). I primi esperimenti in cui si utilizzarono neutroni, realizzati da Helmut Rauch risalgono al 1974. Nel 1999 Anton Zeilinger riuscì ad effettuare l’esperimento utilizzando molecole di fullerene e successivamente (2003) fluorofullereni. Sia neutrone che elettrone che fullereni sono particelle piccole che deformano lo spazio al loro passaggio generando una oscillazione ondulatoria di quest’ultimo. Ciò ricorda gli effetti della caduta di un sassolino in acqua. Nel punto in cui esso cade crea un ammanco d’acqua che viene subito dopo colmato, generando così l’onda. Analogamente a quanto indicato per il fotone, la perturbazione ondulatoria associata a simili particelle si sdoppia a livello dello schermo con la doppia fenditura, generando frange di interferenza. La doppia fenditura duplica il fenomeno ondulatorio e lo bi-localizza. Ciò equivale a dire che per l’inversione di simmetria Spazio-Materia si creano due particelle identiche da una originaria (dualità onda-particella). Anche in questo caso se ad una deformazione spaziale corrisponde la presenza di una particella, una doppia deformazione spaziale (zona di interferenza costruttiva) corrisponde alla presenza di due particelle mentre un’assenza di deformazione spaziale (zona di interferenza distruttiva) corrisponde a nessuna particella. In tal modo il numero di particelle incidenti sullo schermo con la doppia fenditura corrisponde a quello delle particelle che hanno oltrepassato lo schermo stesso. La duplicazione della perturbazione ondulatoria nella doppia fenditura è da considerarsi plausibile e normale evento come normale è la propagazione in tutte le direzioni della luce generata da una sorgente puntiforme. Lo spazio è facilmente perturbabile in ogni suo punto. Non è quindi necessario ricorrere all’Interpretazione di Copenaghen per spiegare il fenomeno, assumendo che le particelle dirette contro lo schermo si trovino in una sovrapposizione di stati quantici e che il costringerle a passare per la doppia fenditura comporti che “collassino” in uno solo di tali stati. Del resto la spiegazione della coesistenza di differenti stati quantici è difficile proprio perché la tendenza generale è quella di assumerne uno specifico per ogni tipo di grandezza che tendenzialmente è sempre quello a più bassa energia. La perturbazione ondulatoria si bipartisce duplicandosi attraverso la doppia fenditura. L’interferenza costruttiva determina la somma delle due particelle (fotone, elettrone, ecc.), l’interferenza distruttiva determina l’azzeramento sostitutivo delle particelle. Complessivamente non si ha variazione di numero di particelle, perché quelle azzerate sono compensate da quelle sommate. Dunque la realtà fisica esiste a prescindere dall’atto osservativo. L’effetto Compton o Scattering(32) e l’effetto Compton inverso oltre ad essere una grande conferma della dualità (corpuscolare e ondulatoria) dell’energia e della materia ci proietta nella particolare realtà degli urti tra particelle e degli scambi di energia-materia che in essi avvengono. In queste complesse dinamiche gioca un ruolo cardine lo spazio. Infatti ciò che avviene negli acceleratori di particelle(33) dimostra il fenomeno di inversione di simmetria Spazio-Energia durante l’accelerazione delle particelle e la creazione di particelle virtuali durante l’urto(34) e l’inversione di simmetria

30 http://it.wikipedia.org/wiki/Effetto_fotoelettrico

31 http://it.wikipedia.org/wiki/Esperimento_della_doppia_fenditura

32 http://it.wikipedia.org/wiki/Scattering_Compton

33 http://it.wikipedia.org/wiki/Acceleratore_di_particelle

34 http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=8352

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Energia-Materia nella creazione di particelle reali. Affermare l’esistenza di particelle virtuali sostenendo che esse prendono l’energia necessaria per esistere dalle fluttuazioni del vuoto quantistico(35) come prevede il principio di indeterminazione di Heisenberg è un approccio epistemologico meno chiaro che ipotizzare una inversione di simmetria dello spazio (quantistico).

ENTAGLEMENT QUANTISTICO

Da Wikipedia: “L'entanglement quantistico o correlazione quantistica è un fenomeno quantistico, privo di analogo classico, in cui ogni stato quantico di un insieme di due o più sistemi fisici dipende dallo stato di ciascun sistema, anche se essi sono spazialmente separati. Ciò implica la presenza di correlazioni a distanza tra le quantità fisiche osservabili dei sistemi coinvolti. Viene a volte reso in italiano con il termine "non-separabilità".” Anche l’esistenza di particelle entagled è possibile interpretare diversamente. Esse rappresentano due forme simmetriche complementari della stessa unità fisica. La particella nasce come prodotto dell’inversione di simmetria Spazio-Energia / Spazio-Materia; pertanto possiamo anche ipotizzare l’esistenza di una unità di spazio che genera due unità particellari gemelle. E’ ipotizzabile una inscindibile correlazione fisica tra particella e unità spaziale generatrice. Nella fattispecie le due particelle gemelle sarebbero entrambe vincolate alle proprietà fisiche della medesima unità spaziale generatrice. Una modifica apportata ad una delle due particelle si ripercuote necessariamente sull’altra, dovunque essa si trovi. La distanza a cui possono trovarsi fisicamente le due particelle non rappresenta alcun limite alla loro correlabilità perché l’unità spaziale (da cui derivano) è una realtà immateriale, non legata, pertanto, a parametri fisici convenzionali. (36)

RED SHIFT GRAVITAZIONALE E UNITA’ SPAZIALI

Questa nuova visione dello spazio-tempo einsteiniano ci consente di giustificare diversamente lo spostamento verso il rosso gravitazionale. Una radiazione elettromagnetica che si allontana da un corpo materiale subisce un red-shift gravitazionale in quanto passa da atomi rivelatori che si trovano a energia potenziale minore (più interni al corpo) a atomi che si trovano a energia potenziale superiore (perché più esterni al corpo). Essi assorbirebbero dunque la radiazione ( emessa da atomi fratelli che si trovano più in basso) ad una frequenza leggermente minore rispetto a quella che essi sono in grado di recepire. Per dirla in parole più semplici quando una radiazione elettromagnetica si allontana da un campo gravitazionale consuma, come un razzo che si allontana dalla terra, parte della sua energia. Poiché la radiazione deve continuare a muoversi alla velocità c si produce un red-shift gravitazionale (37). Questa l’interpretazione ufficiale. Nell’ipotesi di uno spazio collassante, il red-shift si giustificherebbe invece con un allungamento del percorso di propagazione della radiazione uscente, in quanto lo spazio nel quale il fotone può navigare viene parzialmente a mancare. Ciò costringerebbe il fotone ad effettuare un percorso più lungo con conseguente abbassamento della frequenza ovvero uno stiramento della lunghezza d’onda. Per avere una immagine che possa chiarire il fenomeno si pensi al cammino fatto da una persona su una scala mobile come quelle che si trovano in certi supermercati o nelle stazioni ferroviarie o aeroportuali. Se si decide di camminare su di essa in senso opposto al suo moto bisognerebbe fare passi parecchio più lunghi per percorrere lo stesso spazio. Analogamente ma in modo opposto la luce del sole che giunge a noi presenta un blue-shift perché lo spazio su cui viaggia in direzione della Terra è soggetto a movimento nello stesso verso di propagazione della radiazione medesima. Ritornando all’esempio della scala mobile si potrebbe dire, in questo caso, che l’effetto equivale a quello ottenuto camminando su di essa nello stesso senso del suo moto e quindi è sufficiente fare solo dei passettini per percorrere il medesimo spazio. Tali considerazioni valgono anche quando consideriamo uno spazio quantistico costituito da unità spaziali (quanti) soggette ad assorbimento, a velocità luminale, da parte dei corpi materiali e dalla radiazione elettromagnetica che si

35 http://it.wikipedia.org/wiki/Vuoto_(fisica)#Il_vuoto_quantistico e http://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_quantistica_dei_campi

36 http://it.wikipedia.org/wiki/Entanglement_quantistico

37 SCHWINGER J.; 1988 - L’eredità di Einstein – unità di spazio e tempo; Zanichelli

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propaga appunto grazie ad unità spaziali che vengono assorbite. Va poi ricordato che il modello Einstein-De Sitter(38) interpreta il red shift non già come effetto Doppler dovuto alla velocità di recessione delle galassie ma dovuto alla dilatazione dello spazio cui le galassie partecipano, senza allontanarsi rispetto allo spazio medesimo. Quindi la radiazione luminosa subirebbe un allungamento della lunghezza d’onda in funzione della dilatazione dello spazio. Nel nostro caso dunque allontanarsi da un punto (il corpo), in cui lo spazio è più denso, per spostarsi verso un altro (lontano dal corpo) in cui è meno denso, equivale a far subire una dilatazione dello spazio.

GRAVITA’ E MISURA DEL TEMPO

Da quanto già sappiamo a proposito dello spostamento verso il rosso gravitazionale – cioè che la frequenza di tale radiazione risulta diminuita se il corpo emittente è sollevato in un campo gravitazionale, aumentata se invece viene abbassato – si deduce che, se si confrontano due orologi altrimenti identici, quello che si trova più in alto nel campo gravitazionale andrà più velocemente di quello che si trova più in basso. Cioè la frequenza apparentemente sembra diminuire; in realtà é sempre la stessa, é il tempo relativo che é diverso. (39) Esso corre più in fretta per cui nella sua unità si succedono un numero minore di cicli, cioè ancora il periodo si allunga. Di questo fenomeno esiste anche una interpretazione polisimmetrica. Infatti più un corpo si avvicina al centro di gravità di un altro corpo, come il caso di un pianeta, più l’inversione di simmetria spaziale porta automaticamente anche ad un rallentamento del tempo come diretta conseguenza della riduzione dello spazio che viene coinvolto nel processo di inversione di simmetria volumetrica. Cioè se lo spazio diminuisce si succedono un maggior numero di cicli nell’unità di tempo proprio perché il tempo stesso corre meno in fretta. In effetti due eventi distinti sono percepiti in tal modo perché distanti, cioè collocati in punti diversi dello spazio. Uno spazio teoricamente nullo è complementare ad un tempo che scorre con una lentezza teoricamente infinita. Un orologio dunque batte più lentamente sulla superficie terrestre che non su una navetta spaziale in orbita attorno alla Terra.

CHE COSA E’ L’ENERGIA

In tutti i testi di fisica è possibile trovare la seguente definizione di energia. “…un corpo possiede energia quando è in grado di compiere un lavoro.” E si definisce quest’ultimo facendo riferimento al concetto di forza: “…il lavoro di una forza costante F per uno spostamento s del suo punto di applicazione è dato dal prodotto scalare della forza per lo spostamento L = F . s ” Si definisce poi forza: “…la causa dell’accelerazione di un corpo”. In nessun testo è possibile però trovare una spiegazione di cosa sia la causa dell’accelerazione. Certamente il concetto di forza è indissolubilmente legato a quello di energia. Le definizioni di questi concetti fisici fondamentali sottolineano gli effetti che tali enti hanno dal punto di vista fisico. Non si è in grado di dare una definizione diretta di essi. In particolare l’energia sembra essere imperscrutabile. Tornando all’ipotesi della simmetria volumetrica dello spazio-tempo abbiamo osservato che l’assorbimento dello spazio-tempo provoca uno spostamento dei corpi adiacenti che “vengono accelerati”. Questo ci suggerisce, in vero, una definizione di forza. Quindi la forza può essere anche intesa come inversione locale di simmetria spazio-temporale che genera movimento quindi energia. L’inversione di simmetria genera la forza ovvero è la forza. Questo è vero in tutti i casi di forze? Se riusciamo a rispondere a questa domanda abbiamo definito anche ogni forma di energia!

CAMPO ELETTRICO

Ad esempio il campo elettrico genera forze (su altre cariche) perché l’accumulo di cariche in un punto dello spazio “assorbe” lo spazio circostante con una velocità pari a quella della luce. Lo spazio è dotato di unità

38 http://it.wikipedia.org/wiki/Modello_di_Friedmann

39 http://www.fmboschetto.it/tde2/gravit6.htm

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fondamentali (quanti spaziali) che lo compongono. Analogamente ai quanti energetici anche lo spazio presenta quanti con differenti “frequenze” cioè unità a cui possono essere associati differenti valori della grandezza fisica che lo caratterizza. Poiché dallo spazio scaturiscono sia energia che materia, attraverso processi di inversione di simmetria, potremmo chiamare questa grandezza fisica Potenza Energia-Materia con riferimento alla quantità di Energia-Materia generabile nell’unità di tempo. Anche i quanti spaziali viaggiano a velocità luminale per andare incontro alla materia nel processo di inversione di simmetria volumetrica nel quale conferiscono la loro Potenza Energia-Materia al simmetrico universo micro dimensionale. Ma da cosa dipende la polarità della forza elettrica, ovvero perché cariche di segno opposto si attraggono e cariche di uguale segno si respingono? Prima di rispondere a questa domanda bisognerebbe rispondere alla domanda: che cosa è la carica elettrica e perché esistono cariche di segno opposto in ugual proporzione? La materia, come è noto, si presenta elettricamente neutra proprio per l’uguaglianza tra le cariche. Questo ci porta a fare una riflessione. Le cariche positive rappresentano una proprietà della materia speculare a quella rappresentata dalle cariche negative e viceversa. Si tratta dunque di forme simmetriche di una proprietà della materia. Come abbiamo ormai capito per l’ipotesi della simmetria volumetrica del cronotopo materia, energia e spazio-tempo sono realtà inscindibili. Se dunque ipotizziamo una simmetria elettrica della materia è lecito ipotizzare che tale simmetria si estenda allo spazio-tempo (simmetria spaziale elettrica). Ovvero esiste una componente spazio-temporale coerente con la proprietà carica negativa ed una componente coerente con quella positiva. Le due componenti coesistono intrise nel cronotopo. Una carica elettrica genera un “campo elettrico” in grado di “assorbire” la componente spazio-temporale relativa lasciando l’altra complementare. Essa cioè crea un punto di confluenza della componente spaziale specifica da tutte le direzioni. Un’altra carica di pari segno alla prima posta nelle sue vicinanze si comporta nello stesso modo. Le due si allontanano perché l’assorbimento da parte di entrambe della stessa componente fa confluire la componente opposta, che rimane a separare le due cariche che nel frattempo arretrano reciprocamente. Al contrario se le due cariche sono di segno opposto esse complessivamente “assorbono” entrambe le componenti spazio-temporali e ciò provoca, diversamente da prima, l’avvicinamento delle due cariche. La componente restituita da una carica viene assorbita dalla carica opposta e viceversa. Possiamo immaginare la restituzione dell’altra componente spaziale come un fenomeno coesistente all’assorbimento che si verifica lungo la stessa direzione delle linee di forza ma in verso opposto.

La materia allo stato neutro, presentando cioè entrambi i tipi di carica, assorbe entrambi le componenti spazio-temporali generando effetti gravitazionali. Tale ipotesi dell’assorbimento delle relative componenti spaziali giustifica una nota similitudine tra campo elettrico e gravitazionale. Infatti quando siamo di fronte a campi elettrici generati da distribuzioni sferiche di carica si osserva che il campo elettrico di una carica Q, distribuita uniformemente nel volume di una sfera di raggio R, aumenta proporzionalmente alla distanza r dal centro per r < R, mentre diminuisce come 1/r2 per r > R. Analogo discorso può farsi per il campo gravitazionale. Infatti, anche l’accelerazione gravitazionale all’interno della Terra aumenta proporzionalmente con la distanza dal centro e raggiunge il valore massimo sulla superficie della Terra, mentre all’esterno diminuisce con l’inverso del quadrato della distanza dal centro. E’ evidente che le stesse motivazioni addotte, nel caso del campo elettrico, per giustificare un tale comportamento legato all’assorbimento di una sola componente spaziale valgono analogamente quando ad essere assorbite sono

Fig. 8 (a sinistra). Linee di forza del campo elettrico generato da due cariche uguali. (a destra). Linee di forza del campo elettrico generato da due cariche opposte

(Immagini tratte dal testo: CAFORIO A., FERILLI A.; 2005

- Fisica 1, 2, 3; Le Monnier)

Fig. 9 (a sinistra). Visualizzazione delle linee di forza del campo elettrico generato da due cariche uguali. (a destra). Visualizzazione delle linee di forza del campo elettrico generato da due cariche opposte

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entrambe le componenti contemporaneamente, come nel caso del campo gravitazionale. Nel caso del campo elettrico all’aumentare di r, e quindi del volume in cui è distribuita la carica, aumenta la carica stessa fino al suo valore massimo raggiunto quando r = R. In tal modo la forza è massima cioè è massimo l’assorbimento spaziale. Parimenti, nel campo gravitazionale, all’aumentare di r aumenta la massa del corpo e quindi la forza gravitazionale dovuta all’assorbimento di entrambe le componenti spaziali.

L’assorbimento dello spazio-tempo provoca un nuovo equilibrio posizionale delle cariche nello spazio-tempo medesimo (le cariche si avvicinano o si allontanano) che comporta (come si considererà a proposito del moto di precessione del perielio) la liberazione di energia (40) (per inversione di simmetria spazio-energia). L’assorbimento della specifica componente spaziale ad opera della carica elettrica avviene per unità di spazio (quanti) (41)e alla velocità della luce. Questo concetto è importante e necessario per poter meglio comprendere la dinamica stessa dei fenomeni fisici presi in considerazione in questa ipotesi teorica che si sta analizzando. Il campo elettrico quindi si propaga nello spazio alla velocità della luce perché il flusso dei quanti spaziali verso la carica avviene con tale ritmo. L’azione si propaga dunque a distanza impiegando un certo tempo. Anche in un conduttore metallico (filo) ipoteticamente lungo quanto la distanza Terra-Luna il campo elettrico si propagherebbe invariato fino al nostro satellite a tale velocità (in poco più di un secondo). In tal caso il campo elettrico, generato dalla specifica differenza di potenziale applicata, si propaga tramite gli elettroni allineati lungo il filo medesimo. In altri termini l’assorbimento della componente spaziale viene effettuato progressivamente da ciascun elettrone allineato lungo il percorso del filo. Poiché il flusso dei quanti spaziali dentro la carica avviene alla velocità della luce, anche il campo elettrico si sposta a tale velocità.

RADIAZIONE DI SINCROTONE

La radiazione di sincrotrone(42) è, ad esempio, un altro fenomeno osservabile che può essere spiegato come conseguenza di una inversione di simmetria spazio-energia dovuta alla variazione di velocità subita dalla carica elettrica soggetta ad un campo magnetico. L’accelerazione della carica comporta infatti una differente interazione con lo spazio che la permea e ciò causa una inversione della suddetta simmetria. L’energia generata dalla carica in movimento è troppo grande per passare interamente nel microcosmo parallelo e si propaga quindi nello spazio macrodimensionale ad una data frequenza.

ARCO ELETTRICO

40 Si rende necessario fare una precisazione teorica. Gli effetti gravitazionali dovuti all’assorbimento sincrono dello spazio da entrambe le componenti elettriche della materia produce una inversione di simmetria Spazio – Energia. Energia che va a popolare l’Universo infinitamente piccolo, prodotto finale della medesima inversione di simmetria spaziale. In altre parole l’inversione di simmetria dimensionale porta, contestualmente, ad una inversione di simmetria Spazio-Energia, e l’energia prodotta popola l’universo microdimensionale. Del resto un Universo (non importa se infinitamente grande o piccolo) deve essere caratterizzato da presenza di energia per potersi chiamare così. Un singolo tipo di particella carica assorbe solo la rispettiva componente spaziale lasciando l’altra. Ma questo evento deve essere sempre accompagnato da un evento complementare realizzato da una corrispondente particella di carica opposta alla prima onde evitare una presenza squilibrata delle due componenti spaziali dell’Universo. Quindi, ciò premesso, esiste sempre nei pressi di una componente elettrica la componente elettrica complementare. La componente spaziale assorbita da una delle due permea quindi l’altra quando fluisce nella prima senza però esserne assorbita. Lo spostamento nello spazio delle cariche sia che esse si avvicinino che nel caso opposto potenzia il processo di inversione di simmetria Spazio-Energia perché l’azione corrisponde ad una intensificazione del flusso spaziale medesimo perché anche la carica va incontro allo spazio. Quando le cariche sono di verso opposto la componente assorbita da un tipo di carica permea anche l’altra ma ciò non può portare ad una ulteriore produzione di energia per inversione di simmetria Spazio – Energia perché la carica elettrica permeata da tale componente spaziale non è in grado di assorbire quest’ultima. Simile discorso può essere fatto nel caso di cariche di segno uguale che si respingono. La medesima componente spaziale, richiamata da una carica, fluisce infatti ulteriormente anche nell’altra in cui però aumenta, come conseguenza, il flusso spaziale assorbito. E viceversa. Un maggior flusso assorbito si tramuta, in questo caso, in un maggior contributo energetico per il microcosmo.

41 http://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_quantistica_dei_campi_nello_spazio-tempo_curvo; http://it.wikipedia.org/wiki/Gravit%C3%A0_quantistica_a_loop

42 http://it.wikipedia.org/wiki/Radiazione_di_sincrotrone

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Quando la differenza di potenziale tra due poli è sufficientemente elevata e la distanza opportuna si può assistere al fenomeno dell’arco elettrico, da intendersi come momento di scambio di energia tra le due componenti spazio-temporali addossate ai due rispettivi poli. Tale scambio non può avvenire quando si avvicinano poli con carica di uguale segno, perché non si istaura un flusso spaziale tra i due poli. La componente spaziale restituita, uguale per tutti e due i poli, tiene ferme le cariche sui poli medesimi. Le cariche elettriche (elettroni) non possono viaggiare nello spazio compreso tra i due poli trascinate dal flusso spaziale perché quest’ultimo è bloccato. In tal modo non interagiscono con la componente spaziale opposta (S+) e non si verifica, pertanto, l’inversione di simmetria Spazio-Energia come invece accade quando a fronteggiarsi sono poli opposti. Va notato, peraltro, che l’arco elettrico si verifica anche nell’alto vuoto con una costante dielettrica(43) di circa 107 volt/cm e che nel vuoto totale la scarica avviene solo per emissione elettronica dalla superficie elettrodica. Gli elettroni dunque migrando da un polo all’altro (per raggiungere l’equilibrio di carica) interagiscono con lo spazio (vuoto!), liberando energia sotto forma di luce e calore e ciò grazie all’inversione di simmetria Spazio - Energia.

FORZA MUSCOLARE

La forza muscolare e relativa energia è un altro esempio di forza riconducibile alla medesima definizione. Essa infatti scaturisce da processi chimici in cui sono coinvolte molecole i cui atomi interagiscono grazie all’istaurarsi di nuovi equilibri elettrostatici tra nuclei ed elettroni che ci riportano al concetto sopra accennato dell’assorbimento delle due componenti spazio-temporali simmetriche. La formazione e scissione di legami tra Calcio e Troponina, tra Troponina e Tropomiosina e tra Actina e Miosina determinano lo scorrimento delle unità sarcomeriche delle miofibrille e del muscolo nel suo complesso(44).

FORZA MAGNETICA

Analizziamo adesso la forza magnetica. Come è ben noto, avvicinando gli estremi di due magneti con uguale polarità essi si respingono, mentre con polarità opposta essi si attraggono. Certo è, inoltre, il fatto che la forza magnetica dipenda dalla presenza di cariche elettriche in movimento. In un conduttore metallico quando viene percorso da corrente si verifica che gli elettroni periferici di conduzione si allontanano dal nucleo perché coinvolti nel flusso elettrico. Gli stessi vengono presto sostituiti da altri elettroni provenienti da atomi adiacenti, anch’essi coinvolti nel medesimo flusso. Ciò garantisce la neutralità dell’atomo. La separazione momentanea tra cariche positive e negative induce la separazione tra spazio-tempo positivo e negativo come precedentemente spiegato. Ciò provoca la genesi delle forze magnetiche come conseguenza dell’assorbimento dinamico delle due componenti spaziali (vedi fig. 10). Le cariche negative in movimento assorbono la componente spaziale negativa restituendo quella positiva, che viene assorbita dalle vicinissime cariche positive statiche del nucleo.

Fig. 10

43 http://it.wikipedia.org/wiki/Costante_dielettrica_del_vuoto

44 CURTIS H., BARNES N. S.; 2009 - Invito alla biologia; Zanichelli

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La forza gravitazionale è invece una conseguenza dell’assorbimento completo dello spazio nello stesso punto. Infine la forza elettrica in un campo elettrico è una conseguenza dell’assorbimento statico di una singola componente dello spazio. Un magnete o un filo percorso da corrente sono in grado di evidenziare, tramite le rispettive linee di forza, come il punto di confluenza dello spazio generato dalle cariche elettriche in movimento sia il filo conduttore medesimo. Nelle figure di seguito riportate è possibile vedere gli spettri magnetici di differenti tipi di campi magnetici. In ognuno di essi è possibile notare come lo spazio attorno al filo conduttore tenda a confluire sul filo per tutta la sua lunghezza e qualunque sia il percorso fatto dal filo conduttore medesimo. Ciò lo si deduce dalla concentricità delle linee di forza dove il filo conduttore rappresenta il punto centrale di confluenza. E’ possibile osservare chiaramente questa evidenza nel caso di un conduttore rettilineo dove infatti le linee di forza diventano tante circonferenze concentriche e l’asse dei poli magnetici sta ortogonalmente al filo e tangente alle linee di forza. Potrebbe tuttavia sembrare strano che le linee di forza non hanno direzione e verso centripeto, come invece si verifica nel caso del campo elettrico (vedi fig. 8). In realtà bisogna considerare che si tratta di cariche in movimento, pertanto il vettore flusso attrattivo centripeto dello spazio sulla carica deve essere combinato con il vettore velocità della carica stessa, che è ortogonale al primo. Il movimento reale sarà indicato dal risultante. In altre parole si genera una sorta di deformazione ad imbuto dello spazio attorno al filo. All’interno di tale cavità imbutiforme è possibile immaginare una serie di livelli circolari equipotenziali costituenti le linee di forza del campo (vedi figura 11). Il moto del flusso spaziale risulterà dunque paragonabile al moto orbitale stazionario dei pianeti anche se alla fine confluente sulla carica che scorre nel conduttore.

Fig. 11

A distanza maggiore dal centro corrispondono orbite più grandi tutte concentriche. Come è possibile osservare nella figura 12 A3, ad ogni punto dello spazio circostante il filo, è associata una direzione nord-sud magnetico. Lo spazio precipita in direzione del filo. Avvolgere un conduttore su se stesso per formare un solenoide crea, attorno ad esso, un volume anulare a forma di ciambella (Toro), delimitato dalle linee di forza del campo, al cui interno (nel buco della ciambella) giacciono le spire stesse sulle quali si verifica l’assorbimento spaziale in direzione radiale centripeta (vedi fig.12 A4 e fig.12 A5). Le spire del solenoide rimaste al centro del toro possono essere sostituite funzionalmente da un ideale filo conduttore rettilineo. In un solenoide i poli magnetici giacciono lungo l’asse dello stesso che viene anche considerato ai fini di indicare la direzione del campo magnetico nel suo complesso. In realtà lungo tale asse e quindi attraverso i poli si verifica il maggior flusso di spazio perché esso si concentra in un volume minimo attorno all’asse del solenoide che rappresenta un ideale filo conduttore rettilineo che sostituisce il solenoide stesso. Si ricordi ancora che lo spazio fluisce verso il conduttore dove scorrono le cariche. Se si immagina una sezione S che divide trasversalmente il solenoide nella sua zona mediana si ottiene l’immagine della figura 12 A5. In essa i punti d’intersezione delle linee di forza del solenoide col piano della sezione formano delle circonferenze concentriche attorno all’asse del solenoide che, come già detto, rappresenta l’ideale filo conduttore che sostituisce lo stesso solenoide. In questo modo è possibile evidenziare la massima densità delle linee di forza in corrispondenza del filo, come è logico che sia. Poichè il flusso spaziale segue sempre le cariche che scorrono nel conduttore esso assume una direzione risultante coincidente con l’asse del solenoide e il verso uguale a quello con cui fluiscono le cariche all’interno del conduttore ideale che sostituisce il solenoide. L’orientamento delle linee di forza entranti ed uscenti di un campo magnetico indica la posizione dei poli magnetici nonché la direzione e il verso di massimo flusso spaziale in assorbimento. I due poli di un magnete rappresentano i punti di convergenza in uscita e in ingresso delle linee di forza di un campo magnetico, quindi del massimo flusso spaziale. Presso di essi si sommano e intensificano gli effetti dell’assorbimento spaziale. Avvicinare due magneti dai poli opposti comporta una attrazione, perché il

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flusso spaziale uscente da un polo di un magnete prosegue nel flusso entrante del polo opposto dell’altro magnete. Ciò equivale ad un allungamento del magnete, cioè ad un allontanamento dei suoi due poli. Le linee di forza uscenti da un magnete penetrano nel polo opposto dell’altro magnete generando un unico campo. Nel caso opposto, ciò non è possibile perché ci sono due flussi spaziali contrapposti che determinano l’allontanamento dei due magneti. E’ evidente infine che al concetto di campo in generale (gravitazionale, elettrico, magnetico) non sarebbe del tutto astruso affiancare quello di “vortice spaziale”. Anche le forze magnetiche attrattive o repulsive vanno dunque spiegate con le medesime motivazioni viste per il campo elettrico.

Fig. 12 (Immagini riadattate tratte dal testo: CAFORIO A., FERILLI A.; 2005 - Fisica 1, 2, 3; Le Monnier)

Come sappiamo la forma del campo elettrico è abbastanza semplice se generato da una sola carica, esso è radiale con il centro nella carica generante il campo e direzione uscente o entrante a secondo del segno della carica. Ma quando abbiamo una distribuzione di cariche riuscire a definire la forma del campo può risultare complesso. In tal caso viene in aiuto il principio di sovrapposizione secondo cui il campo elettrico prodotto da una distribuzione di cariche è uguale alla somma vettoriale dei campi elettrici prodotti dalle singole

A4

A5 A4

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cariche. Naturalmente per poche cariche si può procedere con i metodi usuali di somma vettoriale, se la carica è continua come nel caso di una distribuzione lineare o un anello si dovrà utilizzare anziché la somma vettoriale l’integrale in dE del campo elettrico. Il principio di sovrapposizione è un principio molto utile nel calcolo dei campi e rimane valido anche in caso relativistico. Sperimentalmente si constata che anche i campi magnetici rispondono al principio di sovrapposizione. Qui l’integrazione è più complicata rispetto all’analogo caso elettrostatico. Ad esempio per un filo di forma arbitraria percorso da una corrente elettrica i l’intensità del campo magnetico B in un punto P del campo vicino al filo per un elemento di corrente-

lunghezza i ds di quest’ultimo vale: 2

0 sin

4 r

idsdB dove θ è l’angolo tra le direzioni di ds e di r che è

il vettore che va da ds a P (45). La quantità μ0 è una costante detta permeabilità magnetica del vuoto. La direzione di dB è quella del vettore risultante dal prodotto vettoriale ds x r. Possiamo scrivere la precedente

equazione nella forma vettoriale come: 3

0 ..

4 r

rdsidB che prende nome di legge di Biot-Savart. Anche in

questo caso, come per il campo elettrico, è una legge dell’inverso del quadrato perché un fattore di modulo r a numeratore si elide con uno dei fattori r del denominatore. Nel caso poi di un filo infinitamente

lungo l’intensità del campo magnetico ad una distanza R normale al filo è data da: r

iB

2

0 dove B è la

somma integrale di tutti I contributi dB prodotti da ciascun elemento corrente-lunghezza i ds in rispetto del principio di sovrapposizione.

Sappiamo poi che la forza magnetica si esercita sulle cariche in movimento facendo deviare il loro percorso (forza di Lorents) in modo ortogonale alle linee di forza magnetiche secondo direzioni opposte in base al tipo di carica(46). Anche questo fenomeno si spiega con l’assorbimento delle relative componenti spazio-temporali operato dalle cariche. Tenendo conto che le linee di forza indicano delle superfici equipotenziali nel processo di assorbimento di una componente spazio-temporale si può comprendere perché una carica elettrica sparata nel campo in direzione ortogonale alle linee di forza in quel punto assume un moto circolare attorno alle linee di forza medesime.

La carica posta in movimento genera, infatti, un campo magnetico opposto che tende ad annullare il generante (legge di Lenz) (47). In altre parole la corrente di cariche libere indotta dal campo magnetico genera un campo indotto che tende ad annullare il campo vigente. Si noti l’aspetto simmetrico che caratterizza e relaziona il campo elettrico con quello magnetico.

45 David Halliday, Robert Resnick, Jearl Walker; Fondamenti difisica, Terza edizione. Elettromagnetismo; Zanichelli .

46 http://it.wikipedia.org/wiki/Forza_di_Lorentz

47 http://it.wikipedia.org/wiki/Legge_di_Lenz e CAFORIO A., FERILLI A.; 2005 - Fisica 1, 2, 3; Le Monnier

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Fig. 14

Come evidenziato dal disegno, il campo indotto genera un flusso spaziale in verso opposto rispetto al campo madre. Poiché lo scopo è quello di tentare di annullare gli effetti del campo magnetico madre e dato che le cariche di segno opposto assorbono componenti spaziali complementari ne consegue che il verso di rotazione della carica positiva attorno alla linea di forza del campo madre è opposto a quello della carica negativa. Infatti l’assorbimento di una componente spaziale da parte di un dato tipo di carica deve determinare un flusso spaziale opposto a quello generato dal campo madre per tentare di annullarlo. Pertanto l’assorbimento specifico di una componente spaziale da parte della carica che si muove in un dato verso di rotazione può generare un flusso spaziale che non necessariamente contrasta il flusso generato dal campo madre. Si rende necessario quindi invertire il verso di rotazione. Invertendo il verso di rotazione il flusso spaziale generato sarà contrario a quello del campo madre ed in grado quindi di contrastarlo.

Parlando di forza di Lorentz va fatto un necessario chiarimento sul concetto di forza magnetica, intesa come semplice forza deflettente non in grado di far compiere lavoro. Questo concetto discende dal fatto che la forza di Lorentz, essendo in ogni istante perpendicolare alla velocità e quindi anche allo spostamento della particella, non compie alcun lavoro e la velocità della particella è costante in modulo e il suo moto è un moto uniforme. Infatti:

L = F . s . cosα

ed essendo

F ┴ s si ha che

α = 90° e quindi cosα = 0

Per capire perché la particella non ha moto accelerato è bene considerare le linee di forza del campo magnetico come delle superfici equipotenziali o anche dei livelli quantici di assorbimento spaziale. La carica elettrica in moto attorno alla linea di forza si muove all’interno di un flusso spaziale a densità costante. La forza magnetica (determinata dall’assorbimento della componente spaziale) porta la carica all’interno del flusso spaziale a densità costante. La carica elettrica nel suo moto circolare mantiene costante la distanza dalla linea di forza e la sua velocità, perché confinata quantisticamente in una orbita stazionaria. Allontanarsi da quella posizione equivale a posizionarsi in orbite più interne o più esterne a differente potenziale spaziale (a differente livello energetico diremmo in altri contesti ambientali come quello atomico). La carica quindi non cambia la sua velocità e la forza magnetica non compie lavoro. In altri contesti tuttavia sappiamo bene che la forza magnetica compie lavoro. Ad esempio quando due fili rettilinei sono percorsi da corrente essi si attraggono avvicinandosi o si respingono allontanandosi a seconda dei rispettivi versi delle correnti che li percorrono. Un altro esempio è dato dalla lievitazione magnetica in cui è possibile sollevare da terra delle masse, anche notevoli.

COSTANTE DIELETTRICA

Una ulteriore considerazione va fatta in merito alla costante dielettrica o permittività elettrica(48). I differenti valori assunti da tale costante a seconda del mezzo dielettrico considerato (per esempio interposto tra le armature di un condensatore) vanno spiegati con la differente natura chimica del materiale dielettrico. Se il dielettrico presenta cariche elettriche mobili o facilmente orientabili (polarizzazione del dielettrico) il valore della costante è alto, viceversa se il dielettrico presenta cariche difficilmente orientabili. Infatti, secondo l’ipotesi spazio-temporale che si sta sostenendo, le cariche elettriche orientate, facenti parte del dielettrico utilizzato, che si trovano tra le armature di un condensatore “ingoiano” lo spazio ad esse circostante riducendo la “forza elettrica” tra le armature. Nell’orientamento carica positiva – carica negativa, lo spazio interposto tra le due cariche fluisce rapidamente perché ciascuna carica “ingoia” la componente spazio-temporale di sua competenza. In tal modo il flusso del campo tra le armature del condensatore è maggiore e maggiore è la costante dielettrica.

48 http://it.wikipedia.org/wiki/Permittivit%C3%A0_elettrica

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CORRENTE DI SPOSTAMENTO

L’introduzione del concetto di corrente di spostamento effettuato da Maxwell, per giustificare alcune incongruenze derivate dall’applicazione del teorema di Ampere a circuiti in corrente alternata dotati di condensatore piano, ha rappresentato un importante traguardo concettuale nell’interpretazione della realtà fisica. La corrente di spostamento è dunque una corrente alternata, tra le superfici piane del condensatore, non costituita però da un flusso di cariche elettriche (quindi inesistente) tuttavia in grado di generare a sua volta un campo magnetico indotto. Se la corrente non esiste, chi genera dunque il campo magnetico indotto? In realtà è il campo elettrico alternato che genera il campo magnetico. Quindi campo magnetico e campo elettrico rappresentano due facce di una stessa medaglia. In realtà il flusso delle cariche lungo il conduttore è una semplice conseguenza della presenza di un campo elettrico. Le cariche trasportano il campo elettrico nello spazio. Tra le placche del condensatore il campo raggiunge il suo massimo valore. Come fa dunque un campo elettrico alternato a generare un campo magnetico? Un campo elettrico alternato rappresenta una sorta di corrente continua che si muove di moto circolare. Cioè le cariche elettriche (elettroni) è come se si muovessero da un polo all’altro per fare poi ritorno al primo polo attraversando lo spazio tra le due placche del condensatore. Ciò induce un campo magnetico. Il fenomeno è facilmente spiegabile secondo l’ipotesi dello spazio polisimmetrico. Partiamo dalla considerazione che un campo elettrico, essendo generato dalla separazione spaziale di cariche di segno opposto, genera due flussi separati delle componenti spaziali. L’inversione di polarità determina anche l’inversione di flusso delle relative componenti spaziali. Ciò corrisponde ad un cambiamento della posizione spaziale del centro di assorbimento della componente spaziale relativa. In pratica con il continuo alternarsi del tipo di cariche presenti sulle placche del condensatore si verifica, come effetto, una sorta di movimento continuo di cariche da una placca all’altra. Si verifica cioè esattamente quello che si verifica nel caso di una corrente elettrica in cui le cariche, spostandosi lungo il circuito, spostano il punto di convergenza del flusso spaziale. Consideriamo la distanza tra le placche del condensatore come se fosse un tratto unitario di filo conduttore ed immaginiamolo percorso da una corrente i. Nell’istante X ad un estremo del tratto esiste una carica – e all’altro estremo una carica +. L’istante successivo si verifica l’esatta situazione opposta per poi ritornare la situazione pregressa nell’istante ancora successivo. Ciò rappresenta un susseguirsi nel tempo di cariche (ad esempio negative) su uno stesso punto di questo tratto di filo conduttore. Ovvero una corrente. Pertanto per le stesse motivazioni addotte nel caso di circuiti percorsi da corrente si genera un campo magnetico indotto anche nello spazio compreso tra le piastre di un condensatore piano.

CAMPI MAGNETICI INTENSI

Campi magnetici estremamente intensi possono dare origine a performances energetiche(49) nello spazio circostante (es. i brillamenti o flares, associati alle macchie solari)(50) perché il forte assorbimento spazio-temporale provoca una intensa inversione di simmetria spazio-energia a livello della materia costituente il magnete. La grande quantità di energia sviluppata dal magnete responsabile di campi particolarmente forti, in seguito a inversione di simmetria spaziale, può essere rilasciata sotto forma elettromagnetica anche intensa.

EQUAZIONE DI DIRAC E LE COPPIE VIRTUALI

L’equazione di Dirac è un’equazione relativistica per descrivere l’elettrone(51). Dirac trovò la corretta

equazione per descrivere particelle di spin ½ accordando le esigenze della relatività a quelle della meccanica

49 http://it.wikipedia.org/wiki/Energia_del_campo_elettromagnetico e http://it.wikipedia.org/wiki/Energia_magnetica

50 http://www.media.inaf.it/2013/07/16/brillamenti-solari-ballerini/

51 http://it.wikipedia.org/wiki/Equazione_di_Dirac

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quantistica. L’equazione di Dirac descrive l'evoluzione di un elettrone o di una particella qualunque di spin 1/2 ,

libera o in un campo elettromagnetico. Per una particella libera ha la forma:

L’equazione di Dirac prevede soluzioni in cui l'energia appare sempre nella forma positiva o negativa. Le

soluzioni dell'equazione di Dirac corrispondenti a stati di energia negativa non hanno significato fisico e

potrebbero trascurarsi se nella soluzione dell'equazione potessero separarsi completamente da quelle

corrispondenti a stati di energia positiva. Poiché questo non era possibile, Dirac nel 1930 risolse il dilemma

postulando che il vuoto fosse completamente occupato da elettroni di energia negativa. Da questa ipotesi derivano

diverse conseguenze: un elettrone di energia negativa può assorbire energia radiante e passare a uno stato di

energia positiva dando luogo a un elettrone e a un buco nel vuoto, interpretabile come una particella simile

all'elettrone prodotto, ma di carica positiva, ovvero a un positrone. Si produce così una coppia. Analogamente, se

nel vuoto si produce un buco, questo può venire occupato da un elettrone che passa a uno stato di energia negativa

con emissione dell'energia in eccesso sotto forma di radiazione elettromagnetica. Si ha così annichilazione di una

coppia . Dal sito: http://www.fisicaparticelle.altervista.org/breve4.html “Dato che la materializzazione è sempre una possibilità del fotone, possiamo immaginare che esso sia per breve istante una coppia "virtuale" e+ , e- in quanto, come abbiamo visto, la relazione di Heisenberg autorizza fluttuazioni immaginarie per tempi sufficientemente brevi. Un'applicazione di tale relazione mostra però che queste elucubrazioni sono in verità la realtà fisica; infatti, conoscendo la fluttuazione di energia

necessaria a produrre le due particelle ( E = 1,02 MeV) e il valore della costante di Planck ( = 6 * 10-22 MeV s), la formula

E * t = / 2 ci dà per il tempo un'indeterminazione di 10-22 secondi, durante la quale nulla impedisce al fotone di materializzarsi fuggevolmente in una coppia virtuale e+ , e-. Questo è importante perché abbiamo visto che, considerando il fotone come un bosone, nulla impedirebbe di ammassarne una infinità in uno stesso punto. Ma ora vediamo che due fotoni, che non hanno tra loro nessuna interazione in quanto fotoni, possono averne durante l'istante molto breve in cui sono nello stato di una coppia di fermioni e+ , e- , dato che gli elettroni virtuali possono interagire tra loro. Questa interazione fotone-fotone è stata osservata sperimentalmente, e più in generale sono state osservate anche tutte le interazioni tra coppie di bosoni che avvengono anch'esse tramite stati virtuali. Ciò chiarisce un poco il processo di materializzazione, perché la coppia virtuale che il fotone contiene nel suo seno come potenzialità d'evoluzione viene a trovarsi dissociata fisicamente in presenza di un campo elettrico come quello di un nucleo atomico, ad esempio, che si comporta quindi come catalizzatore e provoca la divisione della coppia virtuale attirando l'elettrone negativo e respingendo il positrone positivo, finché le due particelle non siano sufficientemente separate per manifestarsi al nostro mondo. Un altro fenomeno appassionante, la polarizzazione del vuoto, ci obbliga a credere alla realtà delle fluttuazioni virtuali. Nulla ci impedisce di immaginare che il vuoto sia in realtà composto da coppie virtuali e+ , e- , se ci accontentiamo che questa fantasia duri soltanto 10-22 secondi. Possiamo quindi applicare un campo magnetico e supporre che queste coppie immaginarie, come piccole calamite, si allineino lungo le linee di forza e modifichino le caratteristiche del vuoto. Questa possibilità virtuale di polarizzazione del vuoto è stata scoperta e ha preso il nome di effetto Lamb. ”

L’ipotesi fatta da Dirac sulla natura particellare del vuoto sottolinea ancora una volta la necessità di riconsiderare quest’ultimo come un vero e proprio essere fisico. Ciò rafforza l’ipotesi polisimmetrica sostenuta in questo breve saggio che a sua volta permette di reinterpretare l’interazione fotone-fotone e il fenomeno della polarizzazione del vuoto. L’esistenza, infatti, di due forme di spazio simmetriche per carica permette di interpretare “la coppia virtuale che il fotone contiene nel suo seno” e che può trovarsi dissociata in presenza di un campo elettrico come, in realtà, effetto della separata interazione del fotone con le due componenti spaziali. Infatti nell’intorno di una carica elettrica converge una sola delle due componenti spaziali. L’energia associata al fotone è tale da consentire la costituzione di una particella con carica elettrica specifica in accordo con il tipo di componente spaziale coinvolta. Se la quantità di energia associata al fotone è pari ad almeno 1,02 MeV la produzione di una particella da parte di una componente spaziale deve comportare la contemporanea creazione di una identica particella di carica opposta da parte dell’altra componente spaziale. Ciò a causa di un principio generale di conservazione dello spazio che prevede una perfetta uguaglianza delle due componenti carica-simmetriche (e quindi anche dell’energia e della materia in esso presenti). Inoltre, da Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Polarizzazione_del_vuoto “In accordo alla teoria quantistica dei campi, lo stato fondamentale di una teoria con particelle interagenti non è il semplice spazio vuoto.

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Piuttosto esso contiene coppie di particella-antiparticella "virtuali" che vengono create dal vuoto e quindi annichilite l'un l'altra in tempi brevissimi. Alcune di queste coppie particella-antiparticella sono cariche, ad esempio coppie elettrone-positrone. Tali coppie cariche agiscono come un dipolo elettrico. In presenza di un campo elettrico, come ad esempio il campo elettromagnetico attorno ad un elettrone, queste coppie particella-antiparticella si riposizionano, producendo una reazione parziale al campo (un effetto parziale di schermo, effetto dielettrico). Il campo cosi sarà più debole di quanto aspettato se il vuoto fosse completamente vuoto. Questo riorientamento delle coppie particella-antiparticella a vita breve è detto polarizzazione del vuoto.”. Come spiegare la polarizzazione del vuoto alla luce dell’ipotesi dello spazio polisimmetrico? Il richiamo di una data componente spaziale nell’immediato intorno di una carica elettrica determina una rarefazione di tale componente nelle immediate vicinanze della carica sulla quale converge. Così, in tale intorno, viene indotto un relativo accumulo della componente spaziale simmetrica. Di conseguenza si generano piccoli vortici spaziali che assorbono la componente spaziale simmetrica. Vengono cioè generate particelle di carica opposta. Queste a loro volta determinano un’analoga situazione nell’intorno spaziale loro tributario determinando la genesi di particelle di carica opposta alla loro. In tal modo attorno alla carica iniziale si formano numerose coppie virtuali alternate che riducono il campo elettrico attorno alla carica originaria determinando la suddetta polarizzazione del vuoto (vedi Fig. 14).

Fig. 15 Coppie virtuali generate dalla carica centrale come conseguenza della confluenza delle componenti spaziali specifiche Tali coppie virtuali sono in grado di ridurre il campo elettrico generato dalla carica centrale ma non riescono ad annullarlo. Si crea cioè solo un parziale effetto schermo perché la loro intensità è inferiore. Infatti esse rappresentano tanti piccoli vortici spaziali compensativi che tendono ad annullare il vortice principale che è quello creato dalla carica reale posta al centro. L’effetto di schermo totale si avrà ad una distanza teorica infinita. Infatti il campo elettrico si affievolisce man mano che ci allontaniamo dalla carica centrale. ONDE RADIO

Un fenomeno fisico ben noto e molto utilizzato nelle più svariate applicazioni tecnologiche moderne è dato dalla genesi e trasmissione delle onde radio. Anche tale tipo di radiazioni elettromagnetiche è perfettamente inquadrabile sotto l’aspetto dell’ipotesi dello spazio polisimmetrico. Infatti un trasmettitore di onde radio(52) è un oggetto conduttore (es. un’antenna) in cui una corrente alternata secondo una opportuna frequenza genera un campo elettrico oscillante a cui si associa per induzione un campo magnetico(53). Un campo elettrico oscillante non è altro che un accumulo di cariche elettriche di segno opposto in due differenti punti dello spazio, fatto seguire da una successiva inversione di concentrazione delle stesse negli stessi punti dello spazio. Accumulo di cariche elettriche significa maggiore assorbimento di una data componente spaziale in un punto, quindi ammanco dello stesso in quel punto e rapido successivo ripristino del medesimo. Ciò crea una perturbazione dello spazio, cioè una crepa, che si propaga. Ovvero un’onda elettromagnetica. A questo

52 http://it.wikipedia.org/wiki/Trasmettitore e http://it.wikipedia.org/wiki/Oscillatore

53Da: http://it.wikipedia.org/wiki/Campo_elettromagnetico “Il campo elettromagnetico interagisce nello spazio con cariche elettriche e può manifestarsi anche in assenza di esse, trattandosi di un'entità fisica che può essere definita indipendentemente dalle sorgenti che l'hanno generata. In assenza di sorgenti il campo elettromagnetico è detto onda elettromagnetica, essendo un fenomeno ondulatorio che non richiede di alcun supporto materiale per diffondersi nello spazio e che nel vuoto viaggia alla velocità della

luce….”. Si noti come il concetto di campo appare già, nella fisica ufficiale, in intima unione con il concetto di spazio dal quale è impossibile separarlo come luogo di esistenza e di azione.

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punto possiamo ripetere esattamente quanto detto a proposito del carattere ondulatorio della luce. Possiamo anche comprendere perché la velocità della luce è costante. In effetti la propagazione del moto ondulatorio della radiazione elettromagnetica nel vuoto è da rapportare al tempo necessario allo spazio per fluire da un punto all’altro. Poiché lo spazio “vuoto” è ragionevolmente isotropo la velocità della luce è di conseguenza costante. Ciò non toglie (per quanto è dato attualmente sapere) che possano esistere nell’Universo regioni di spazio con differente “densità media” in grado di determinare una differente velocità della luce (a parte le zone in prossimità dei corpi).

Questi esempi ci permettono di capire un po’ meglio cosa è la forza e la conseguente energia in quanto ci dicono che comunque si tratta di fenomeni legati al “riassorbimento” dello spazio-tempo. Possiamo notare intanto che anche per l’energia elettromagnetica si può applicare la definizione data per il lavoro ovvero E = F*S, dove S è ovviamente lo spazio percorso dalla radiazione (alla velocità c) ed F è il riassorbimento dello spazio operato dal quanto, fatto che, come abbiamo già compreso, rappresenta il fattore accelerativo, ovvero la forza. La forza elettromagnetica è una conseguenza dell’inversione di simmetria Spazio-Energia che determina la propagazione del fotone, come visto precedentemente. Dato che, come abbiamo visto, anche l’energia è in grado di deformare lo spazio-tempo, essa va comunque intesa come una forma simmetrica dello spazio. Lo spazio dunque, secondo l’ipotesi sostenuta, deve essere inteso come essere fisico totipotente multidimensionale.

CAMPI MAGNETICI, ONDE ELETTROMAGNETICHE E SALUTE

Un magnete determina un assorbimento dello spazio che lo circonda. L’interazione spazio – materia che si verifica nei corpi circostanti il magnete determina inversione di simmetria spazio – energia sui medesimi corpi (vedi Campo elettrico, nota 32). Un campo magnetico non molto intenso non determina gravi conseguenze su strutture biologiche presenti nei pressi di esso. Ciò per due motivi. Il primo risiede nella legge di variazione dell’intensità del campo magnetico con la quale l’assorbimento dello spazio si riduce d’intensità in modo inversamente proporzionale al raggio della sfera di spazio attorno al magnete. Il secondo motivo è da individuare nella modesta conseguente inversione di simmetria spazio – energia che si verifica a livello delle singole strutture cellulari. Al contrario un forte campo elettromagnetico come una radiazione ad alta frequenza rappresenta una puntiforme ed intensa inversione di simmetria spazio – energia. Essa quindi incide più profondamente sulle strutture atomiche cellulari potendo provocare danni biologici anche gravi(54). In ultima analisi abitare in prossimità dei tralicci dell’alta tensione è sicuramente dannoso per la salute a causa dei potenti campi elettromagnetici. Anche usare spessissimo i cellulari può in qualche modo interferire con il funzionamento dei circuiti neuronali dove corrono i potenziali d’azione di origine ionica (es. glioma e neuroma auricolare). Meno problematici, probabilmente, sono in genere tutti gli apparecchi elettrodomestici di uso comune.

MOTO DEI CORPI

Quali sono le cause del moto dei corpi? A mio avviso è ipotizzabile un’unica causa prima per tutti i tipi di moto: il “riassorbimento spaziale” ovvero l’inversione di simmetria volumetrica spaziale. Un corpo che si muove nello spazio lo fa o perché passa da un potenziale gravimetrico maggiore ad uno minore o perché mosso da un gradiente elettrostatico o magnetico o perché riceve una “forza” operata da un altro corpo. In ogni caso, come già abbiamo avuto modo di constatare, alla base del fenomeno troviamo l’inversione volumetrica spaziale. Ad esempio, nel caso di urti elastici (55) tra corpi si ha, come sappiamo, solo un trasferimento di energia da un corpo all’altro. Ovvero l’energia cinetica posseduta dal corpo A viene ceduta al corpo B che in tal modo subisce una variazione di velocità. Ma da cosa deriva l’energia associata al movimento di un corpo? Un corpo può essere posto in movimento come conseguenza dell’interazione dello

54 http://it.wikipedia.org/wiki/Elettrosmog

55 http://it.wikipedia.org/wiki/Urto_elastico

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spazio fluente verso un altro corpo di massa maggiore (gravità) che lo attraversa generando la ben nota reazione d’inerzia iniziale. Esso acquista in tal modo la propria velocità ovvero manifesta energia cinetica. Quando, ad esempio, urta elasticamente un altro corpo di pari massa, supposto inizialmente fermo, si costituisce istantaneamente un nuovo corpo di massa doppia. In tal modo l’inerzia raddoppia e il flusso spaziale continuerà a determinare effetti cinetici solo sul secondo corpo, fermando il primo. In parole più classiche diciamo che l’energia cinetica del primo corpo si trasferisce integralmente al secondo. Adesso è il corpo B che interagisce con lo spazio al posto di A e quindi sarà B a manifestare energia cinetica. L’energia cinetica è posseduta da tutti i corpi che presentano un moto relativo proprio aggiuntivo a quello subito dal campo gravitazionale in cui sono immersi. Tale moto proprio determina una ulteriore interazione con lo spazio causando inversione di simmetria Spazio-Energia. Tale nuova energia arricchisce ulteriormente il corpo. Se consideriamo adesso l’urto tra asteroidi o tra altri corpi celesti appare chiaro che l’energia cinetica posseduta dal corpo urtante, come anche quella del corpo urtato, è di origine gravitazionale. Cioè deriva dal vortice spazio-temporale generato da qualche altro corpo maggiore. In questi tipi di urti, non elastici, l’energia cinetica trasferita può essere tale da vincere le resistenze interne facendo esplodere i corpi medesimi. Una particella o un corpo di qualsiasi dimensione è sempre sottoposta all’azione gravitazionale di un altro corpo. Il corpo gravitante si muove lungo un’orbita attorno al corpo maggiore interagendo in tal modo con lo spazio grazie alla componente tangenziale del suo moto (vedi MOTO DI ROTAZIONE DEI

CORPI NELLO SPAZIO-TEMPO). Ciò genera l’energia cinetica posseduta dal corpo gravitante. Se la distanza tra i corpi gravitanti sono adeguate il vortice spaziale non è così forte da determinare la caduta del corpo minore su quello maggiore. Diversamente il corpo più piccolo impatta su quello più grande. Se al posto di una particella consideriamo quindi un corpo celeste che va ad impattare su quello più grande, il primo verrà attratto da quello più grande con una attrazione che rispetta la nota relazione newtoniana. Ma perché l’accelerazione di gravità tra due corpi non è tale da far avvicinare gli stessi alla velocità della luce cioè con la stessa velocità con cui viene ingoiato lo spazio? Abbiamo infatti affermato che le singole unità spaziali invertono la loro simmetria con questa velocità. Tuttavia a ridosso del corpo l’inversione di tutte le unità non può avvenire simultaneamente, a causa della forte convergenza delle stesse, che produce resistenza fluidodinamica. Ciò fa aumentare il tempo necessario per far avvenire tale inversione e quindi la velocità di avvicinamento è necessariamente bassa. Maggiore è la massa del corpo, maggiore è la quantità di spazio ingoiato dal corpo. Tra i due corpi l’accelerazione di gravità dipende dalla massa di entrambi perché insieme creano una maggiore rarefazione spaziale. Ciò influenza maggiormente la velocità di avvicinamento dei due corpi. Inoltre lo spazio fluisce verso due punti differenti e questo rappresenta un impedimento rispetto al convergere in un unico punto a causa della resistenza fluidodinamica dello spazio stesso che fluisce in direzioni opposte intersecandosi (situazione evidenziata nel disegno dai punti d’intersezione delle linee di flusso). Le linee di flusso che si intersecano generano inerzia a causa di una sorta di attrito tra flussi spaziali con differente direzione.

Va ancora ricordato che il corpo più piccolo che si avvicina a quello più grande (es. asteroide, cometa, meteorite, ecc.) fino a cadervi sopra aumenta la sua velocità, vale a dire la sua energia cinetica, man mano che l’avvicinamento procede, perché il flusso spaziale che lo permea, durante la caduta, produce energia sotto forma cinetica per inversione di simmetria Spazio – Energia. Nel momento dell’impatto, tale energia cinetica viene convertita in altre forme (termica, luminosa, ecc.) e la massa del corpo minore si somma a quella del corpo maggiore, formando una massa unica.

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Fig. 16

L’ATOMO

Anche la struttura atomica e le forze e le energie ad esso relative trovano nuova interpretazione unificante se interpretate alla luce dell’ipotesi dello spazio polisimmetrico. Considerando infatti l’azione realizzata dalle cariche elettriche di segno opposto sulle relative componenti spaziali risulta immediata la comprensione del perché gli elettroni caratterizzino con la loro presenza lo spazio immediatamente vicino al nucleo sede di cariche positive. Tuttavia è da chiarire la stazionarietà delle loro orbite e i salti quantici di livello(56). La stazionarietà e quindi l’impossibilità per gli elettroni di cadere sul nucleo si giustifica con il fatto che l’elettrone e il protone creano due differenti tipi di vortici spaziali in quanto assorbono rispettivamente la corrispondente componente spaziale. Ciò comporta inevitabilmente l’esistenza di due differenti punti in cui si inverte la simmetria spazio – temporale. Le due componenti spaziali fluiscono in punti separati e, a causa delle differenti proprietà intrinseche di ciascuna di esse risultano difficilmente sovrapponibili topograficamente. Ciò impedisce ai primi elettroni nei pressi del nucleo di un atomo di aggregarsi ad esso cioè di cadere su di esso. La presenza di cariche opposte collocate alla minima distanza, come accade agli elettroni del primo livello energetico dell’atomo in riferimento ai protoni del nucleo, obbliga le due componenti spaziali a separarsi in quanto ognuna tributaria esclusiva di una specifica carica. Quando la distanza è maggiore le cariche di segno opposto si avvicinano in quanto così riducono lo spazio interposto tra esse. Ciò non è più possibile quando si trovano alla distanza minima relativa. Se si avvicinassero ulteriormente non potrebbero continuare ad esistere come tali cioè cariche di segno opposto e separate. Gli elettroni posti in livelli energetici più esterni riescono a stazionare nelle loro rispettive orbite per lo stesso motivo oltreché per l’azione repulsiva degli elettroni dei livelli inferiori (repulsione da intendere sempre con il modello teorico dello spazio polisimmetrico e già precedentemente descritta). L’energia cinetica posseduta dagli elettroni va concepita sempre come effetto dell’interazione trasversale degli stessi con le linee di flusso della medesima componente spaziale. Il salto quantico dell’elettrone va sempre letto come effetto dell’assorbimento di energia che fa aumentare la velocità (l’energia cinetica) dell’elettrone medesimo. I quanti di energia assorbiti dall’elettrone vanno sempre intesi come vibrazioni unitarie infinitesime libere dello spazio che presentano, pertanto, linee di propagazione non parallele alle linee di flusso dell’assorbimento spaziale operato nel complesso dalle cariche atomiche. In tal modo tali vibrazioni elementari libere, interagendo con gli elettroni, vengono incorporate dagli stessi con conseguente loro aumento di energia cinetica e conseguentemente di massa. Essendo tuttavia l’elettrone una particella

56 PAOLO SILVESTRONI; 1980 - FONDAMENTI DI CHIMICA; Veschi Editore – Cap.1

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leggerissima l’aumento di massa conseguente all’assorbimento quantico non determina una variazione di inerzia sufficiente a compensare e annullare l’effetto dinamico insito nella vibrazione quantica; prevale così l’effetto cinetico temporaneo rilevabile dai salti di livello, dai fenomeni di fotoemissione conseguenza di tali salti di livello energetico e successivo rientro al livello di partenza. Il ruolo dei neutroni come elementi calmieranti la repulsione tra protoni del nucleo è altrettanto evidente. Infatti il neutrone rappresenta, come particella elementare, la neutralità della materia macroscopica. Esso è costituito da un protone e da un elettrone fusi insieme (si ricordano i fenomeni del decadimento Beta – e la cattura elettronica) e, pertanto, il neutrone opera un assorbimento integrale dello spazio cioè di entrambe le sue componenti. Ciò riduce le forze repulsive tra protoni, perché riduce la componente spaziale negativa restituita dagli stessi nel processo di assorbimento spaziale da loro operato, che tende a separarli.

ISOMERIA OTTICA

Dopo quanto è stato detto fin’ora è possibile interpretare meglio il fenomeno dell’attività ottica che si manifesta in presenza di molecole chirali. Tenendo conto che i due enantiomeri differiscono sostanzialmente per la posizione opposta, rispetto ad un piano di simmetria, di due dei quattro gruppi complessivi legati al centro stereogeno (rappresentato dall’atomo di carbonio centrale) è possibile ipotizzare quanto segue. Ogni gruppo chimico (grazie alla presenza di cariche elettriche) rappresenta un vortice spaziale con una sua specifica relativa potenza differente da quella generata dagli altri tre gruppi. Lo spazio intrinseco molecolare sarà quindi soggetto ad una azione vorticante media risultante dall’azione contemporanea dei quattro gruppi e che potrà avere avvolgimento destrogiro o levogiro. Ciò dipenderà esclusivamente dal fatto che un dato gruppo sostituente si trova a destra o a sinistra rispetto al piano di simmetria preso in considerazione. Quindi non è necessario ipotizzare una simmetria di posizione spaziale ma tutto è sempre ricollegabile alla simmetria di base volumetrica a cui è soggetto lo spazio.

LO SPIN

Dal sito: http://www.fisicaparticelle.altervista.org/breve3.html “Gli spettroscopisti avevano già osservato

nel 1925 che le righe degli spettri [Le righe di uno spettro costituiscono il dettaglio dell'analisi di una radiazione proprio come i colori dell'arcobaleno quando la radiazione luminosa è analizzata mediante un prisma] atomici hanno una struttura fine fatta di sottili righe ravvicinate. Il quanto emesso dall'elettrone durante il salto da un'orbita di Bohr a un'altra poteva effettivamente assumere due valori molto vicini, come se esistessero due modi di cambiare energia, risultato che fu confermato da altri effetti relativi allo spostamento e alla moltiplicazione di queste righe quando l'atomo è posto in un

campo magnetico. Si suppose perciò che l'elettrone possedesse una variabile interna, fino allora nascosta, che poteva assumere due valori, positivo o negativo, e capace di modificare leggermente la sua energia. Si trattava dello "spin", attribuito alla rotazione dell'elettrone su se stesso, rotazione che crea un piccolo momento magnetico e rende quindi la particella simile a una calamita con polo nord e polo sud, calamita che

possiamo immaginare creata dalla carica elettrica che ruota attorno a un asse. Questa immagine però è assai grossolana perché la natura dello spin rimane misteriosa. Il suo valore, dovendo essere il più piccolo possibile, non può esistere che nelle due forme + / 2 e - / 2, come se l'elettrone non potesse ruotare, in un senso o nell'altro, che attorno a una direzione unica. La piccola calamita che rappresenta l'elettrone a causa del suo spin può essere orientata, durante una misura, solo in due sensi opposti, orientazione che spiega la scoperta dello sdoppiamento

delle righe. ” Come spiegare lo spin alla luce dell’ipotesi dello spazio polisimmetrico? Nel salto quantico da

un livello energetico ad un altro l’elettrone interagisce con lo spazio intorno al nucleo. Nel ristretto spazio atomico confluiscono separatamente le due componenti spaziali (rispettivamente sulle cariche positive del nucleo e sugli elettroni) pertanto l’interazione con una componente, durante il salto, darà origine all’emissione di una radiazione elettromagnetica differente rispetto all’interazione con l’altra componente. In particolare l’interazione con la componente spaziale negativa determina assorbimento di energia da parte dell’elettrone a differenza dell’interazione con la componente positiva. Ciò determina il differente stato quantico. Entrambe le interazioni sono possibili e reali.

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FISSIONE NUCLEARE E RADIOATTIVITA’

Nel nucleo di un atomo troppo grande o con un numero di protoni superiore alla norma si realizzano flussi delle due componenti spaziali troppo intensi. Superato un certo limite critico di incompatibilità topografica si verifica la scissione del nucleo ovvero la separazione delle particelle nucleari e il rientro al di sotto del valore soglia della tensione di assorbimento tra le due componenti spaziali. Ma quale è il limite minimo topografico (se esiste) ovvero la distanza minima a cui devono stare due punti di assorbimento spaziale complementari? Tale limite sembra essere un concetto relativo visto che nel neutrone carica positiva e negativa coabitano, in qualche modo, nella stessa particella, consideranto quanto accade nel decadimento beta dallo stesso subito. La questione del limite minimo può essere superata considerando quanto dice la fisica nucleare e che i punti di inversione di simmetria delle due differenti componenti spaziali possono essere vicini quanto si vuole. Ciò che invece crea “attrito” e quindi instabilità è l’intersezione delle linee di flusso delle due componenti spaziali che si verifica nello spazio circostante ai punti particellari (rappresentati cioè dalle singole particelle nucleari). Come spiegare quindi il decadimento β- ? Se il neutrone è isolato diventa instabile e subisce tale decadimento. Decade in un protone, emettendo un elettrone e un antineutrino, secondo la reazione:

Da Wikipedia:Tenendo conto che il neutrone è una particella costituita da quark (un quark Up e due quark Down) si descrive

quanto avviene secondo il Modello Standard. Un quark di un determinato sapore può trasformarsi in un quark di un altro sapore

soltanto attraverso l'interazione debole, una delle quattro interazioni fondamentali nella fisica delle particelle. Assorbendo o

emettendo un bosone W, ogni quark di tipo "up" (up, charm e top) può cambiarsi in un quark di tipo "down" (down, strange e

bottom) e viceversa. Questo meccanismo di trasformazione del sapore provoca un processo radioattivo di decadimento beta nel

quale un neutrone (n) si suddivide in un protone (p), un elettrone (e−) e un antineutrino elettronico . Questo avviene quando

uno dei quark di tipo down del neutrone (udd) decade in un quark di tipo up emettendo un bosone virtuale W che trasforma il

neutrone in un protone (uud). Il bosone W decade in un elettrone e un antineutrino elettronico.

n → p + e− + (decadimento beta, notazione adronica)

udd → uud + e− + (decadimento beta, notazione a quark)

In tale contesto infatti, i due punti di assorbimento spaziale (protone ed elettrone) si materializzano e si separano fisicamente al di fuori del neutrone per una trasformazione di un quark in un altro. Non hanno motivo di stare così appressati e dunque si separano per ridurre l’attrito delle linee di flusso. Come spiegare poi il decadimento β+ che si verifica quando il numero dei protoni è elevato? I protoni all'interno del nucleo si trasformano continuamente in neutroni e viceversa. In questo caso il protone cede un positrone e un neutrino e si trasforma in neutrone

.

Infatti se il numero di cariche positive è elevato rispetto ai neutroni l’interazione elettromagnetica causa instabilità e scatena la trasformazione. L’elettrone e il positrone rappresentano quindi le uniche particelle elementari libere e stabili portatrici di carica. Il protone come pure il neutrone sono dunque costituiti da particelle materiali (quark) aventi alcune proprietà tra cui la carica elettrica (+2/3 e -1/3) che può essere eliminata o acquistata attraverso scambi bosonici (W+ e W-). Il bosone emesso decade poi in un elettrone (o positrone) e un neutrino (o antineutrino). Già sappiamo che lo spazio polisimmetrico può permettersi differenti tipi di simmetrie. La simmetria Spazio – Energia porta alla genesi dell’energia. Il fotone di per sé non presenta alcun tipo di carica. La simmetria (trasformazione) Energia – Materia può realizzarsi in più modi, portando alla formazione della materia con carica e della materia senza carica, nelle sue differenti forme. Inoltre le particelle fondamentali portatrici di carica sembrano essere elettroni e positroni visto che derivano dal decadimento dei bosoni W+ e W- derivanti dai quark presentanti a loro volta carica elettrica. In tutti i casi la materia sarà in grado di assorbire lo spazio su di essa. Nelle varie situazioni sarà la componente negativa ad essere assorbita o quella positiva oppure entrambe le componenti spaziali contemporaneamente, nel caso della materia neutra. Inoltre le cariche negative sono uguali a quelle positive e ciò è importante per

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l’uniforme assorbimento delle due componenti spaziali. La fisica moderna ha realizzato un passo avanti nella conoscenza della struttura della materia scoprendo i bosoni W+ e W- che svolgono l’importante ruolo di mediatori per la trasformazione di carica. Nell’interpretazione polisimmetrica tale realtà corrisponde a spostare la fenomenologia dell’assorbimento delle componenti spaziali alle distanze subatomiche. E’ evidente poi che in un universo micro dimensionale inversamente infinito tali distanze minime non rappresentano un limite.

LEGGE DI GRAVITAZIONE UNIVERSALE E LEGGE DI COULOMB: DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA

Da un semplice raffronto formale tra le due equazioni matematiche delle due leggi di Newton e di Coulomb

emerge, come è noto, una notevole analogia. Legge di Gravitazione universale:

2

21

r

mmGF con G = 6,67*10-11 Nm2/Kg2 ;

Legge di Coulomb: 2

21

r

qqKF con K = 8,988*109 Nm2/C2.

La similitudine formale è conseguenza del fatto che il fenomeno fisico di base è il medesimo. La differenza fondamentale risiede invece nell’intensità delle due forze come testimoniano le due costanti. In effetti l’attrazione tra due cariche è ben 1,347*1020 volte maggiore dell’attrazione gravitazionale tra due masse (8,988*109/6,67*10-11). In accordo con l’ipotesi dello spazio polisimmetrico è evidente che le forze in entrambi i fenomeni derivano dall’assorbimento dello spazio così come descritto nei paragrafi precedenti. La differenza quantitativa va invece spiegata con il fatto che la materia nello stato fondamentale è neutra e ciò comporta un assorbimento unilocalizzato delle due componenti spaziali di carica, mentre nei corpi elettricamente carichi si verifica una dislocazione di cariche e quindi un assorbimento in luoghi separati delle due componenti spaziali. Nel secondo caso ciò comporta un notevole aumento di intensità della “forza” attrattiva (o repulsiva). Nelle particelle materiali neutre, gli elettroni respingono le cariche negative dell’altra e, viceversa, ne sono respinte. Così succede per i protoni dell’una e dell’altra. Nello stesso tempo però i protoni di una attraggono gli elettroni dell’altra e, viceversa, gli elettroni della prima attraggono i protoni dell’altra. Complessivamente forze attrattive e repulsive in buona parte si compensano. Tuttavia questo gioco porta all’assorbimento di entrambe le componenti spaziali tra le particelle neutre. Pertanto si viene a generare un ammanco dello stesso che richiama le due particelle facendole avvicinare per gravità. Tale forza attrattiva è particolarmente debole a causa della maggiore viscosità del “fluido” spaziale dovuta all’intersezione delle linee di flusso delle singole componenti spaziali in corrispondenza dei punti di assorbimento variamente dislocati nell’edificio atomico e tra i differenti atomi. Esistendo infatti più punti separati di confluenza della componente spaziale positiva, (nuclei atomici) le differenti linee di flusso centripete si intersecano nell’ambito dello spazio particellare circostante, interferendo, peraltro, con le linee di flusso dell’altra componente spaziale afferente alle cariche negative. Ciò determina un rallentamento complessivo del flusso di componente. Analogamente si può dire per l’altra componente spaziale afferente alle cariche negative. Pertanto il flusso spaziale netto verso le particelle lungo la congiungente viene smorzato. Nel caso di cariche libere invece il flusso spaziale netto lungo la congiungente le cariche stesse è molto forte, proprio perché vengono a mancare i suddetti fenomeni di intersezione delle linee di flusso. In tal modo, il flusso spaziale lungo la congiungente le due cariche assume valore massimo come, peraltro, evidenziato dalla costante K della legge di Coulomb sopra ricordata. Va infine chiarito perché la forza gravitazionale è solo attrattiva. In effetti, come già sopra descritto, la presenza di entrambe le cariche elettriche nelle due particelle materiali porta come risultato all’assorbimento complessivo di tutte le

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componenti spaziali. Ciò può provocare solo un ammanco di spazio e quindi un avvicinamento delle particelle.

Tornando ancora un attimo alla costante G che possiamo scrivere anche così per evidenziare meglio il suo carattere di Costante:

6,67*10-11 Kg

ms

m 2

2

ovvero

6,67*10-11 Kg

ma 2

ed assumendo per il denominatore che compare nella legge di gravitazione universale ovvero r2 il valore unitario otteniamo:

G = 6,67*10-11 Kg

a .

Ciò significa che ad un metro di distanza dal centro di massa di un corpo, il valore della costante G assume un tale valore. Nel caso della Terra, applicando la legge di Newton, se dividiamo tale valore per quello del raggio terrestre (circa 6368650 m) al quadrato e moltiplichiamo per la massa della Terra (circa 6,0 * 1024 Kg) otteniamo il noto valore dell’accelerazione gravitazionale superficiale terrestre. Dobbiamo considerare adesso il fatto che la costante G indica una accelerazione unitaria costante di un corpo e che una accelerazione costante dipende, a sua volta, da una forza costante applicata al corpo medesimo. Quindi esiste una energia cinetica del corpo che aumenta ad un ritmo costante (e con essa la sua velocità). Possiamo perciò sostenere l’ipotesi che tutto questo sia dovuto all’inversione di simmetria Spazio – Energia che si verifica quando il corpo si trova immerso in un volume di flusso spaziale richiamato da un corpo di massa maggiore. Una quantità costante di energia ( = una forza costante) che si aggiunge ad un corpo in movimento all’interno di un campo gravitazionale scaturisce da un processo di inversione di simmetria Spazio-Energia costante. Una inversione di tale simmetria che avvenga in maniera costante presuppone una velocità costante con cui lo spazio implode a ridosso del corpo. Nel caso dello spazio, l’unica velocità costante possibile e prevedibile (in rispetto anche dei postulati generali della Relatività) è quella della luce. E’ dunque plausibile ipotizzare (come già altre volte dichiarato) che lo spazio imploda alla velocità luminale. Una ulteriore breve considerazione va fatta sulla “viscosità” dello spazio. Secondo la teoria del Modello Standard il campo di Higgs riempie lo spazio come un fluido ostacolando, peraltro, i bosoni W e Z e limitando il raggio d’azione delle interazioni deboli. Il bosone di Higgs interagisce anche con i quark e i leptoni dotandoli di massa. Parlare dunque di bosone di Higgs o di inversione di simmetria Spazio-Materia o Spazio-Energia appare, in ultima analisi, un differente approccio “relativo” alla medesima problematica.

EFFETTO CASIMIR, EFFETTO HUTCHINSON E ANTIGRAVITA’

Dal sito del fisico Carlo Santagata http://www.carlosantagata.it/ita/casimirita.html

“L'effetto Casimir fu postulato nel 1948 dal fisico olandese Hendrick Casimir e, a tutt’oggi, può essere considerato uno dei pochi effetti macroscopici della meccanica quantistica.

La fenomenologia dell'effetto è semplice: fra due piastre conduttrici NON elettricamente cariche (che per semplicità considereremo piane) affacciate si esercita una forza attrattiva: tale forza non può essere spiegata con alcun fenomeno di tipo classico. La spiegazione del fenomeno è invece tutt'altro che semplice: ha a che vedere con il modo in cui si definisce il vuoto nella meccanica quantistica.

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Nella fisica classica una regione di spazio in cui non sono presenti particelle o campi è definita come vuota; in fisica quantica, a causa del principio di indeterminazione, è impossibile garantire l'assenza completa di particelle e/o campi in una regione dello spazio: il vuoto non può essere considerato uno stato a zero energia a causa delle fluttuazioni quantiche, che a loro volta comportano la creazione e distruzione di particelle virtuali che, per altro, vivono lassi di tempo brevi, ma finiti.

Poiché non esistono fenomeni analoghi nella vita e nella esperienza di tutti i giorni, possiamo provare a immaginare analogie che, per forza di cose, saranno non rigorose nella descrizione del fenomeno in questione. Immaginiamo che il vuoto quantistico sia uno stato in cui continuamente si formino e scompaiano delle palline; pensiamo per fissare le idee qualcosa come una bolla di sapone (che dovremo supporre rigida però) che si forma e dopo un certo tempo scoppia. Supponiamo inoltre che quanto più il raggio delle palline sia piccolo, tanto più le palline siano pesanti. Se immaginiamo di avere una superficie solida in una qualsiasi regione di spazio (pieno di queste palline), ad ogni fissato istante di tempo, un certo numero di palline urterà la superficie solida, provenendo da destra e un altro numero di palline la urterà provenendo da sinistra: per ragioni di simmetria i due numeri dovranno essere in media uguali e quindi nessuna forza verrà esercitata sulla piastra. Se adesso mettiamo due piastre affacciate l'una all'altra, succederà che, sulle due facce esterne delle superfici, il fenomeno dell'urto delle palline sarà analogo a quanto abbiamo descritto prima; per quanto riguarda le facce interne adesso dobbiamo tenere conto che non possiamo avere palline che abbiano un diametro più grande della distanza a cui sono state posizionate le due lastre. In questo caso, l'equilibrio tra gli urti sulle due facce delle lastre viene alterato: il numero di urti dalla parte esterna di tute e due le piastre è maggiore del numero corrispondente di urti dalla parte interna. Le cose quindi vanno come se sulle due piastre agisse una forza che tende ad avvicinarle e l'effetto che ci si aspetta, essere tanto più grande, quanto più piccola è la distanza fra le piastre in esame, in quanto le palline piccole sono state supposte essere più pesanti. È bene sottolineare ancora che l'analogia presentata è ben lungi dall'essere rigorosa e deve essere vista come un modo di illustrare un fenomeno abbastanza complesso, che non ha analoghi nel mondo macroscopico in cui viviamo.”

Da Wikipedia:

“In fisica, l'effetto Casimir è la forza che si esercita fra due corpi estesi situati nel vuoto e dovuta non all'azione di un campo gravitazionale o elettromagnetico, ma alla presenza - nello spazio circostante i corpi - di un campo quantistico, detto di punto zero. A causa del principio di indeterminazione di Heisenberg, l'energia di questo campo quantistico (energia del vuoto) è soggetta a fluttuazioni - descritte in termini di particelle virtuali - che si manifestano, a livello macroscopico, nell'interazione tra i due corpi per effetto di una forza.

Il fenomeno prende il nome dal fisico olandese Hendrik Casimir, che lo teorizzò, nel 1948, in base a considerazioni di meccanica quantistica, nel corso delle sue ricerche sull'origine delle forze viscose nelle soluzioni colloidali.”

Ed ancora, da http://physics.aps.org/articles/v1/4

“The last great fundamental discovery in quantum mechanics was made in 1948 by Hendrik B. G. Casimir [1]. This discovery, the so-called Casimir effect, is the theoretical prediction that two closely spaced plane-parallel mirrors will be mutually attracted due to the modification of the electromagnetic mode structure between the mirrors. This attractive force comes about from the zero-point energy associated with the modes; the total energy decreases as the plates are brought together. As this force is due to zero-point energy, the force persists even at absolute zero temperature. This effect has been experimentally demonstrated many times, and the fundamental theory appears sound, at least for the simple systems that have been studied…. ”

Consideriamo adesso l’effetto Casimir dal punto di vista dell’ipotesi dello spazio polisimmetrico. Possiamo considerare tale effetto la conferma dell’ipotesi fatta della inversione di simmetria Spazio-Energia che altro non è che le oscillazioni dell’energia di punto zero. La debole forza attrattiva tra le due superfici va sempre interpretata come conseguenza dell’assorbimento delle due componenti spaziali. Essa è una forza piuttosto debole perché generata dalla costituzione di deboli polarità istantanee e migranti su ciascuna faccia.

Prendiamo ora in considerazione l’effetto Hutchinson. E’ necessario chiarire tuttavia che di tale fenomeno non esiste prova certa della sua reale consistenza. E’ probabile infatti che si tratti di una leggenda metropolitana come, peraltro, probabilmente è anche il famoso esperimento di Philadelphia e in tal senso non meriterebbe affatto la nostra attenzione. Tuttavia volendo lasciare per così dire il beneficio del ragionevole dubbio, si vuol provare comunque ad interpretarlo secondo l’ipotizzato modello dello spazio polisimmetrico. Il seguente brano è tratto da Internet e può essere letto in diversi siti dove, peraltro, è possibile visionare anche dei filmati su tale effetto (per esempio: http://www.youtube.com/watch?v=u84toz_an1Y).

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“First of all, the Hutchison Effect is a collection of phenomena, which were discovered accidentally by John Hutchison during attempts to

study the longitudinal waves of Tesla back in 1979. In other words, the Hutchison Effect is not simply a singular effect. It is many.

The Hutchison Effect occurs as the result of radio wave interferences in a zone of spatial volume encompassed by high voltage sources, usually a Van de Graff generator, and two or more Tesla coils.

The effects produced include levitation of heavy objects, fusion of dissimilar materials such as metal and wood (exactly as portrayed in the movie, "The Philadelphia Experiment"), the anomalous heating of metals without burning adjacent material, spontaneous fracturing of metals (which separate by sliding in a sideways fashion), and both temporary and permanent changes in the crystalline structure and physical properties of metals.

The levitation of heavy objects by the Hutchison Effect is not---repeat not---the result of simple electrostatic or electromagnetic levitation. Claims that these forces alone can explain the phenomenon are patently ridiculous, and easily disproved by merely trying to use such methods to duplicate what the Hutchison Effect has achieved, which has been well documented both on film and videotape, and has been witnessed many times by numerous credentialed scientists and engineers. Challengers should note that their apparatus must be limited to the use of 75 Watts of power from a 120 Volt AC outlet, as that is all that is used by Hutchison's apparatus to levitate a 60-pound cannon ball.

The fusion of dissimilar materials, which is exceedingly remarkable, indicates clearly that the Hutchison Effect has a powerful influence on Van der Waals forces. In a striking and baffling contradiction, dissimilar substances can simply "come together," yet the individual substances do not dissociate. A block of wood can simply "sink into" a metal bar, yet neither the metal bar nor the block of wood come apart. Also, there is no evidence of displacement, such as would occur if, for example, one were to sink a stone into a bowl of water.

The anomalous heating of metal without any evidence of burning or scorching of the adjacent materials (usually wood) is a clear indication that possibly the nature of heat may not be completely understood. This has far-reaching implications for thermodynamics, which hinges entirely on the presumption of such knowledge. It should be noted that the entirety of thermodynamics is represented by the infrared portion of the electromagnetic spectrum, which is insignificant in a context of 0 Hz to infinite Hz. The anomalous heating exhibited by the Hutchison Effect shows plainly that we have much to learn, especially where thermodynamics and electromagnetism meet.

The spontaneous fracturing of metals, as occurs with the Hutchison Effect, is unique for two reasons: (1) there is no evidence of an "external force" causing the fracturing, and (2) the method by which the metal separates involves a sliding motion in a sideways direction, horizontally. The metal simply comes apart.

Some temporary changes in the crystalline structure and physical properties of metals are somewhat reminiscent of the "spoon bending" of Uri Geller, except that there is no one near the metal samples when the changes take place. One video shows a spoon flapping up and down like a limp rag in a stiff breeze. In the case of permanent changes, a metal bar will be hard at one end, like steel, and soft at the other end, like powdered lead. Again, this is evidence of strong influence on Van der Waals forces.

The radio wave interferences involved in producing these effects are produced from as many as four and five different radio sources, all operating at low power. However, the zone in which the interferences take place is stressed by hundreds of kilovolts.

It is surmised by some researchers that what Hutchison has done is tap into the Zero Point Energy. This energy gets its name from the fact that it is evidenced by oscillations at zero degrees Kelvin, where supposedly all activity in an atom ceases. The energy is associated with the spontaneous emission and annihilation of electrons and positrons coming from what is called "the quantum vacuum." The density of the energy contained in the quantum vacuum is estimated by some at ten to the thirteenth Joules per cubic centimeter, which is reportedly sufficient to boil off the Earth's oceans in a matter of moments.

Given access to such energies, it is small wonder that the Hutchison Effect produces such bizarre phenomena. At the present time, the phenomena are difficult to reproduce with any regularity. The focus for the future, then, is first to increase the frequency of occurrence of the effects, then to achieve some degree of precision in their control.

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The work is continuing at this time. Before long, we shall see what progress can be made.”

E’ possibile interpretare anche l’effetto Hutchinson con l’ipotesi dello spazio polisimmetrico. Osserviamo intanto che il fenomeno si verifica in oggetti confinati in uno spazio circondato da sorgenti di alto voltaggio. Ciò significa che attorno a tali oggetti su una determinata superficie sferica vengono generate in determinate aree forti differenze di carica. Intervallare polarità elettriche opposte significa creare più punti di confluenza delle linee di flusso delle due componenti spaziali che vengono richiamate dal volume in cui si trovano gli oggetti. In tal modo il flusso gravitazionale terrestre viene annullato localmente e gli oggetti riescono a fluttuare se viene fornito loro un opportuno stimolo, rappresentato dalle frequenze radio fornite, in grado di fornire agli oggetti stessi l’energia cinetica necessaria per sollevarsi dal piano di sostegno e fluttuare.

E’ plausibile e necessario adesso introdurre un’ipotesi sulla velocità della radiazione elettromagnetica utilizzata. E’ noto che la velocità di propagazione della radiazione elettromagnetica dipende dal mezzo in cui si propaga, manifestando il suo valore massimo nel vuoto. Tuttavia lo spazio sottoposto ad un campo elettrico di alto voltaggio è uno spazio a “viscosità” maggiore, per via della confluenza delle componenti spaziali in unità volumetriche ridotte. In tale condizione, la velocità di propagazione della radiazione elettromagnetica deve diminuire. In effetti il limite posto per la velocità della luce nel vuoto ha motivo di essere accettato se consideriamo il vuoto come “nulla” a densità zero. Ma credo che la fisica abbia già abbondantemente dimostrato che lo spazio non possa essere più inteso solamente nell’accezione classica. Quindi la radiazione elettromagnetica può essere influenzata “dall’energia di punto zero” che può cambiare la “densità” dello spazio stesso, almeno localmente, con la creazione istantanea di particelle virtuali seguita dalla loro scomparsa. Poiché l’ipotesi proposta sostiene una confluenza dello spazio finalizzata all’assorbimento del medesimo attraverso una inversione di simmetria volumetrica, ne consegue una diminuzione della velocità di propagazione della radiazione elettromagnetica che lo attraversa ed un aumento consistente dell’energia associata alla medesima a causa di una maggiore interazione con le componenti spaziali presenti ed aventi una più elevata densità (potremmo anche dire a causa delle interazioni con le particelle virtuali). In effetti se diminuisce la velocità, per la conservazione della quantità di

moto del fotone , deve aumentare l’energia E associata alla radiazione. Ciò si traduce di conseguenza in un aumento di frequenza della radiazione medesima. Tale maggior contenuto energetico viene trasmesso alla materia che si trova confinata in tale spazio, determinando tutte le performances osservate. In tal modo lo sfibramento osservato nei metalli è da interpretare come conseguenza dell’intenso flusso spaziale che riguarda anche lo spazio interno alla materia. Il flusso infatti trascina facilmente gli ioni metallici che in tal modo si disaggregano generando il tipico sfarinamento o sfibramento del metallo medesimo. Inoltre i forti flussi spaziali all’interno degli oggetti metallici che presentano, peraltro, elettroni periferici non vincolati all’edificio atomico di appartenenza genera molta energia per inversione di simmetria Spazio – Energia. Si aggiunga a questo l’energia trasmessa agli elettroni dalle onde radio utilizzate e potenziate energeticamente dall’aumento della velocità di propagazione. Tutto ciò spiega l’origine del calore prodotto in maniera localizzata, durante tali esperimenti. E’ evidente infine che, se la struttura cristallina dei metalli (e non solo) viene scardinata dai forti flussi spaziali, gli atomi di materiali diversi si potranno accomodare tra loro in nuove combinazioni, istaurando nuove relazioni di Van der Waals.

MATERIA E ANTIMATERIA

Perché l’antimateria non è presente in quantità pari alla materia? Perché non esistono atomi (ad eccezione di quelli prodotti in esperimenti di laboratorio) i cui nuclei siano costituiti da antiprotoni e antineutroni circondati da positroni?(57) Partendo dall’evidenza che materia e antimateria non possono coesistere, per il noto motivo di annichilimento reciproco, proviamo a chiederci in cosa realmente differiscono materia e

57 E’ necessario precisare che sia la materia che l’antimateria presentano le particelle elementari portatrici di carica (cioè elettroni e positroni) in uguale proporzione. Come dimostrano i fenomeni del decadimento β- e β+ tali particelle elementari possono esistere integrate o meno nei nuclei. Nel primo caso vanno a costituire i nucleoni quale il protone o il neutrone. Nell’antimateria si ha solo una distribuzione simmetrica degli elettroni e dei positroni rispetto alla materia. Gli elettroni sarebbero integrati nei protoni al posto dei positroni costituendo così l’antineutrone. I positroni si collocherebbero di conseguenza negli orbitali dei vari livelli energetici al posto degli elettroni. Si tratta quindi di un chiaro ennesimo esempio di simmetria!

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antimateria e cercare di capire cosa può succedere al momento del Big Bang. Come è noto dalla fisica, le particelle e le antiparticelle vengono descritte da un unico oggetto matematico, cioè un campo quantizzato. L'unione tra relatività ristretta e meccanica quantistica porta necessariamente alla distinzione di componenti ad energia positiva e negativa per il campo. Parlare di energia negativa e positiva porta inequivocabilmente a pensare a due forme simmetriche dell’energia e quindi della materia. Due forme simmetriche, spazialmente non identiche, non possono essere sovrapponibili. O esiste una o esiste l’altra. Al momento del big bang deve dunque prevalere o l’una o l’altra forma simmetrica della materia e dell’energia. Ma parlare di forma simmetrica dell’energia non ha senso pieno se non si considera anche lo spazio-tempo con il quale l’energia interagisce. Quindi è più preciso estendere e trasferire questa nuova simmetria al cronotopo. Il Big Bang corrisponde al lancio di una monetina: testa per materia, croce per antimateria. Uguale probabilità, 50%. Si può creare antimateria solo in esperimenti di laboratorio utilizzando alti livelli energetici oppure in alcuni processi radioattivi spontanei come il decadimento β+: p = n + e+ + ν. Come peraltro noto il decadimento β è un chiaro esempio di violazione di simmetria CP(58). Da Wikipedia: “Infatti la forza debole, che agisce solo a distanze inferiori a 10-16 centimetri (a differenza del lungo raggio di azione dell'elettromagnetismo), è intimamente correlata allo spin delle particelle interagenti. Solo le particelle con spin sinistrorso sono soggette a interazioni deboli in cui cambia la carica elettrica, come il decadimento beta- di un neutrone o beta+ di un protone, mentre non ne sono soggette quelle con spin destrorso. A titolo di esempio, un neutrino esiste in natura con un'unica direzione possibile per il proprio spin: sotto effetto della coniugazione di carica, si otterrebbe un anti-neutrino con la stessa direzione di spin, che in natura non esiste; analogamente, sotto effetto dell'operazione di parità, si otterrebbe un neutrino con direzione relativa opposta dello spin, anch'esso non osservato in natura; effettuando entrambe le operazioni (simmetria CP), si ha un anti-neutrino con spin invertito, che effettivamente esiste. Insomma esistono forme simmetriche per lo spin. La materia che subisce decadimento beta lo realizza solo grazie a particelle con spin sinistrorso. Questo significa anche che la simmetria CP è rotta. Per spiegare il fatto che le interazioni elettromagnetica e debole, pur essendo intimamente correlate, si manifestano in modi differenti, la teoria elettrodebole sostiene che la simmetria che le accomuna sia evidente soltanto alle alte energie, mentre è nascosta a energie inferiori. Si può tracciare un'analogia con il comportamento magnetico del ferro. Quando il ferro è caldo, le sue molecole, che si possono considerare come un insieme di magneti infinitesimali, sono in un febbrile stato di agitazione termica e quindi orientate casualmente. Nell'insieme, il comportamento magnetico del ferro è lo stesso in tutte le direzioni, evidenziando la simmetria rotazionale delle leggi dell'elettromagnetismo. Tuttavia, quando il ferro si raffredda al di sotto di una temperatura critica, le sue molecole si allineano in una direzione arbitraria, lasciando magnetizzato il metallo lungo un solo asse. La simmetria delle leggi fondamentali è ora nascosta. L'artefice principale della rottura della simmetria che unifica l'elettromagnetismo e l'interazione debole alle alte energie è il bosone di Higgs. La massa dei bosoni intermedi che nasconde la simmetria viene prodotta attraverso interazioni con il bosone di Higgs”. Ricapitolando, possiamo dire che il decadimento beta indica una specifica simmetria della materia (discendente da uno specifico valore dello spin) essendo l’altra nascosta (rottura di simmetria) in quanto impossibilitate a coesistere. In altre parole materia ed antimateria sono prodotti simmetrici di simmetriche configurazioni spaziali. Ovvero esiste una forma simmetrica dello spazio che crea ed accoglie la materia e un’altra forma simmetrica che crea ed accoglie l’antimateria. In tal modo è possibile l’esistenza di entrambe ma in universi differenti. E’ possibile che esista un anti-bosone di Higgs che permetta le simmetrie complementari ovvero che determini la genesi dell’antimateria in un universo simmetrico al nostro? Alla luce dell’ipotesi polisimmetrica l’esistenza di particelle dello stesso tipo aventi carica opposta si spiega come risultato della perturbazione delle due differenti componenti simmetriche spaziali (spaziotempo + e spaziotempo -). Il fatto che il lancio della monetina del Big bang abbia prodotto il risultato di un universo fatto di materia e non di antimateria lascia pensare all’esistenza di una ulteriore simmetria di cui gode lo spaziotempo. Nella vigente forma spaziotemporale solo la materia è manifesta. E’ ipotizzabile che l’antimateria non si incontri con la materia per un probabile sfasamento temporale tra le due forme simmetriche dello spaziotempo. Da wikipedia: “La simmetria CPT (59)è una simmetria fondamentale delle leggi fisiche sotto trasformazioni che riguardano le inversioni simultanee di Carica, Parità e Tempo. Nel 1950 fu individuata la possibilità di violazione della simmetria di parità ad opera di alcuni fenomeni che coinvolgevano i campi di interazione nucleare debole e vi sono dati certi di violazione della simmetria di carica e di tempo. La simmetria CPT implica che un'immagine speculare del nostro universo con tutti gli oggetti aventi momenti e posizioni riflessi come da uno specchio immaginario (corrispondente all'inversione della parità), con tutta la materia sostituita da antimateria (corrispondente all'inversione della carica) e tempo che scorre all'indietro, evolverà esattamente come il nostro universo. In ogni istante i due

58 http://it.wikipedia.org/wiki/Simmetria_CP

59 http://it.wikipedia.org/wiki/Simmetria_CPT

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universi sono identici e la trasformazione CPT può trasformare l'uno nell'altro. La simmetria è riconosciuta essere una proprietà fondamentale delle leggi fisiche.” Possiamo dunque concludere che esiste una ulteriore simmetria di cui gode lo spazio che potremmo chiamare semplicemente simmetria Materia-Antimateria.

INTERAZIONE NUCLEARE FORTE E INTERAZIONE NUCLEARE DEBOLE

L’interazione nucleare forte, che tiene uniti gli adroni nel nucleo atomico va interpretata come conseguenza del richiamo di flusso spaziale a ridosso dei singoli nucleoni. Vale a dire che il flusso spaziale centripeto, a livello del nucleo atomico, è molto concentrato e quindi denso. E la sua velocità particolarmente elevata. E’ dunque molto difficile per i singoli nucleoni attraversare le linee di flusso e allontanarsi. Questa difficoltà si ha entro il raggio di 10-15 m, perché questa è all’incirca il diametro del nucleo dove si concentrano le linee di flusso. Analogo discorso va fatto per l’interazione nucleare debole. Qui notiamo anche che il raggio d’azione della forza è ben minore pari a circa 10-18 m ,perché più piccola è la dimensione della singola particella e le linee di flusso si concentrano quindi in un volume molto piccolo. Come sappiamo, nella moderna teoria dei campi è opinione diffusa che ogni processo d’interazione si svolga attraverso lo scambio di una particella intermedia chiamata bosone vettore. La massa del bosone è inversamente proporzionale al raggio d’azione della forza in gioco. Tali particelle sono conseguenza della diversa intensità del richiamo di flusso spaziale esistente nei differenti casi. Bisogna impegnare più energia per separare le componenti leptoniche di una singola particella nucleare. Così nel caso del decadimento B- sappiamo che un neutrone è costituito da un quark up e due down; uno dei quark down si trasforma in un quark up:

.

Dato che il down ha carica -1/3 e l'up 2/3, per ottenere una particella con carica +1 bisogna che il processo sia mediato da una particella W- virtuale, che poi decadendo porti via una carica di -1; il neutrone così diventa un protone. La W- emessa si allontana; un elettrone e un antineutrino prendono vita dal bosone virtuale W- :

.

La particella virtuale W- non è altro che il frutto dell’inversione di simmetria Energia-Materia. Di quell’energia che prima teneva uniti elettrone, protone e antineutrino a costituire il neutrone. E’ comprensibile anche perché le particelle stabili siano protoni, neutroni (confinati nel nucleo) ed elettroni nell’ambito di quelle a spin semi intero ed il fotone nell’ambito di quelle a spin intero. Si tratta di particelle a più piccola massa in cui il flusso spaziale raggiunge una massima concentrazione e quindi una densità elevata tale da impedire per richiamo di flusso spaziale (R) qualsiasi decadimento. Si osserva infatti che il neutrone libero, essendo di massa leggermente superiore (939,6 MeV/c2) a quella del protone (938,3 MeV/c2) e non essendo più bilanciato dall’interazione nucleare forte, subisce decadimento B-. Evidentemente la massa del neutrone supera un determinato rapporto limite massa/richiamo di flusso spaziale (m/R) tale che prevalgono nel tempo di 887 secondi le dinamiche che portano al decadimento. In modo analogo si spiega la libertà asintotica che obbliga i quark a rimanere confinati all’interno degli adroni. I tre quark di ogni adrone non possono allontanarsi troppo ed essere emessi liberamente perché in essi (a motivo della loro piccolissima dimensione) l’intenso flusso spaziale li obbliga a ritornare in sede.

EFFETTO TUNNEL

Una particella, per effetto tunnel(60), riesce a creare una specie di canale per attraversare una barriera di potenziale. In generale, per una particella soggetta ad un campo di forze, una barriera di potenziale è una regione in cui l’energia potenziale associata al campo supera l’energia totale della particella. Pertanto essa sarebbe destinata a rimanere confinata all’interno del campo. Supponiamo che tale particella sia un elettrone di un diodo tunnel. In un tempo Δt molto piccolo l’energia dell’elettrone, in base alla relazione di Heisemberg: ΔE * Δt ≥ h/2π, può fluttuare a tal punto da raggiungere un valore istantaneo ancora più alto

60 http://it.wikipedia.org/wiki/Effetto_tunnel

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dell’energia potenziale massima della barriera. Secondo la fisica ufficiale ciò significa che la conservazione dell’energia può anche essere violata purché Δt sia sufficientemente breve.

Anche l’effetto tunnel testimonia a favore dell’ipotesi polisimmetrica. Infatti ammettere che il principio di conservazione dell’energia possa essere violato corrisponde ad ammettere la creazione di energia dallo spazio vuoto. Ciò viene diversamente espresso dicendo che si verifica una inversione di simmetria Spazio-Energia senza bisogno di scomodare il principio di indeterminazione di Heisenberg..

INERZIA

Perché i corpi materiali oppongono resistenza alle variazioni di velocità(61) ad essi imposte? Nello spazio vuoto dovrebbe essere indifferente per un qualsiasi corpo una data posizione o un’altra. Non vi è nessuna reazione vincolare da vincere per spostare il corpo. In teoria, quindi, dovrebbe essere sufficiente anche la spinta esercitata con un dito per spostare un pianeta! Se il corpo non istaura nessuna relazione con lo spazio che lo circonda e non è soggetto ad altre forze di qualsiasi tipo non dovrebbe opporre nessuna resistenza al moto. Poiché ciò non accade possiamo tentare una spiegazione con l’ipotesi dello spazio implodente. La resistenza d’inerzia andrebbe interpretata come resistenza alla variazione di flusso del fluido spazio-temporale. Lo spazio “ingoiato” dal corpo segue una direzione centripeta a ridosso del corpo stesso. Ricreare tale flusso in un altro punto dello spazio comporta una ulteriore interazione della materia del corpo con lo spazio implodente in essa perché le linee di forza di quest’ultimo andrebbero disconnesse dalla posizione in cui convergono e riconnesse in altro punto. Ciò comporta una intersezione delle linee di forza neo costituite con quelle preesistenti ed una conseguente maggiore viscosità del fluido spaziale. L’effetto finale è come quello di una colla che tende a tenere fermo il corpo nella sua posizione iniziale. Bisogna dunque fornire una certa energia per vincere questa reazione e spostare il corpo. L’accelerazione impressa così al corpo è identica a quella che il medesimo corpo subirebbe se soggetto ad un campo gravitazionale capace di generare una forza attrattiva identica. Questa energia è tale dunque da far essere la massa inerziale uguale a quella gravitazionale. Quindi l’interazione con lo spazio della massa che si sposta è uguale all’interazione che ha lo spazio quando “cade” sulla massa. Lo spazio-tempo andrebbe considerato dunque come un “fluido immateriale” capace di interagire con la materia.

EFFETTO YARKOVSKY

Alcune variazioni dell’orbita di diversi asteroidi vengono oggi spiegate con l’effetto Yarkovsky(62). L'effetto è così chiamato in onore dell'ingegnere civile russo Ivan Osipovich Yarkovsky (1844-1902) che lo scoprì. Da Wikipedia: “L'idea che ha ispirato la scoperta dell'effetto Yarkovsky si basa sulla nozione che la superficie illuminata degli asteroidi viene riscaldata dal Sole e si raffredda nella fase di non esposizione ai raggi solari (notte). A causa di questo fenomeno gli asteroidi tendono ad emettere una maggiore quantità di calore dalla zona superficiale che si trova a "pomeriggio". Lo squilibrio dell'emissione di radiazione induce una forza, che agisce sul meteoroide in una particolare direzione che dipende dall'orientazione dell'asse di rotazione e dal senso di spin. Questa piccolissima forza è in grado di fare deviare, nel corso di milioni di anni, un asteroide dalla sua orbita e farlo avvicinare pericolosamente ad un altro corpo celeste (es. un pianeta). L’effetto Yarkovsky è stato verificato nello studio del moto orbitale dell’asteroide Golevka ed è servito a spiegare le differenze orbitali al’interno delle famiglie di asteroidi Koronis e Flora”. L’effetto Yarkovsky impone una riflessione sul principio di azione e reazione. Cosa determina la spinta di radiazione? In realtà ciò che determina la spinta di radiazione è la stessa causa che determina la spinta che fa partire un razzo o fa allontanare un proiettile da un fucile. In questi esempi l’energia liberata dai gas di reazione genera la forza per far salire il razzo o per far uscire il proiettile. In questo modo possiamo osservare la conservazione della quantità di moto tra razzo e

61 http://it.wikipedia.org/wiki/Inerzia

62 http://it.wikipedia.org/wiki/Effetto_Yarkovsky

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Terra in un caso e proiettile e fucile dall’altro: -m1v1 = m2v2. In tutti i casi, effetto Yarkovsky compreso, la reazione vincolare è una conseguenza dell’inerzia dei corpi coinvolti (razzo, proiettile, fotone). Nel caso dell’effetto Yarkovsky è interessante notare che possiamo parlare di inerzia del fotone e che, se intesa come precedentemente chiarito, offre un ulteriore elemento di riflessione sulla natura dello spazio. Infatti l’inerzia riguarda anche l’energia. L’energia proviene dallo spazio vuoto (energia del vuoto o energia di punto zero). Dunque l’inerzia dipende dallo spazio.

MOTO DEL PERIELIO DI MERCURIO

Il pianeta Mercurio(63) è dotato di un’orbita ellittica altamente eccentrica in cui il pianeta si spinge vicino al sole e poi si sposta lontano, nello spazio, prima di tornare sul medesimo percorso. Tale percorso, secondo le leggi di Newton, dovrebbe essere identico e immutabile. In realtà così non è, e ciclo dopo ciclo, si verifica una precessione nello spazio del perielio del pianeta. Secondo l’interpretazione relativistica ufficiale, accade che, quando il pianeta si avvicina al sole, la sua velocità aumenta, e gli effetti dovuti al moto previsti dalla relatività generale divengono più importanti, aumentando la forza tra il pianeta e il Sole. Come risultato, il pianeta corre un poco più avanti attorno al Sole di quanto farebbe uno che seguisse le leggi di Newton, prima di intraprendere di nuovo il suo cammino. Di conseguenza l’asse dell’orbita planetaria lentamente gira nel medesimo senso del moto orbitale (precessione). In ultima analisi, tutte le forme di energia, compresa quella gravitazionale, danno luogo a gravità. L’effetto sul moto del perielio mostra che l’energia gravitazionale fra il pianeta e il Sole è anch’essa soggetta alla forza di gravità del Sole. Ciò fa aumentare di pochissimo la forza attrattiva tra i due corpi e il pianeta “precipita” più velocemente sul Sole, provocando in un secolo una rotazione specifica di 43 secondi d’arco.

Proviamo adesso ad interpretare il fenomeno della precessione del perielio (così detta perché più apprezzabile al perielio) nell’ottica della simmetria volumetrica dello spazio-tempo. L’assorbimento progressivo dello spazio operato da un corpo gravitazionale comporta un moto della materia circostante che si avvicina di conseguenza. Lo spazio che implode tende a scorrere attraverso il corpo minore (pianeta) causando un passaggio di simmetria spazio-energia. Questa energia rimane associata al corpo e diventa sempre più grande, man mano che il pianeta si avvicina al Sole. Questa notevole energia cinetica accumulata è la causa del moto di precessione sopra ricordato. A causa della notevole eccentricità dell’orbita di Mercurio la velocità in perielio, e quindi l’energia cinetica, è particolarmente elevata, per cui l’effetto di precessione è facilmente osservabile. Nel caso della Terra o altri pianeti con eccentricità minore l’effetto è trascurabile. In ultima analisi l’inversione di simmetria Spazio-Energia che si verifica nel pianeta in corsa verso il perielio fa aumentare l’energia del pianeta che va ad integrare la sua massa. Conseguenza di ciò è l’aumento della forza attrattiva tra pianeta e sole e la conseguente rotazione dell’orbita. Si conferma quindi quanto asserisce la relatività einsteiniana chiarendo contemporaneamente l’origine della maggiore energia cinetica del corpo planetario.

MOTO DI ROTAZIONE DEI CORPI CELESTI ED EFFETTO LENSE-THIRRING

Newton partendo dalle leggi di Keplero riuscì a determinare la legge di gravitazione universale(64). Concetti fondamentali che stanno alla base di questa fondamentale legge sono l’esistenza di una forza centripeta

63 http://it.wikipedia.org/wiki/Precessione_del_perielio_dell'orbita_di_Mercurio e http://www.lafisica.info/precessione_del_perielio_dellorbita_di_mercurio.html

64 Per una rapida comprensione dei semplici passaggi matematici necessari per arrivare alla nota equazione della legge è possibile consultare il testo: CAFORIO A., FERILLI A.; 2005 - Fisica volume1 pag.404; Le Monnier

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rivolta verso il Sole ed il principio di azione e reazione. Inoltre è postulata una velocità tangenziale costante del pianeta per la quale il pianeta stesso mantiene costante la sua distanza dal sole. In realtà non è dato sapere con certezza l’origine di tale moto tangenziale. Ovvero in che modo il corpo (pianeta)è venuto in possesso di questa energia cinetica che lo fionderebbe lontano secondo la tangente se venisse a mancare improvvisamente la forza centripeta verso il Sole. Bisogna attendere la teoria della relatività generale di Einstein per comprendere come i corpi (celesti) deformino lo spazio circostante creando una sorta di vortice (imbuto gravitazionale). In quest’ottica trova spiegazione la velocità tangenziale dei pianeti attorno al Sole, ognuno nella sua orbita. Possiamo considerare lo spazio attorno al Sole suddiviso in volumi complessivamente sferici e concentrici distribuiti secondo un gradiente di gravità. Quelli meno estesi dove la forza di gravità è maggiore vicini al disco solare, quelli più voluminosi e dove la forza di gravità è meno intensa posti via via più distanti. Una sorta di livelli energetici gravimetrici. Se dunque immaginiamo lo spazio come un fluido che converge verso il corpo (Sole) ci rendiamo conto che una delle tre componenti metriche si deforma, allungandosi, quando si giunge sul fondo dell’imbuto gravitazionale. Ciò induce un moto spiralato e quindi la genesi di una componente tangenziale (confronta con il paragrafo: MOTO DI

ROTAZIONE DEI CORPI NELLO SPAZIO-TEMPO). In quest’ottica vorrei porre l’effetto Lense-Thirring(65) o frame-dragging (già ipotizzato nella teoria della relatività) come causa prima del moto di rivoluzione dei corpi minori (es. pianeti) attorno ai corpi maggiori (es. Sole). L’effetto di trascinamento dello spazio-tempo è infatti l’essenza concettuale prima dell’ipotesi dello spazio implodente sulla materia (lo Spazio Polisimmetrico) che propongo in questo breve saggio.

Il moto di rotazione di una stella in formazione, che trascina nello stesso movimento il campo gravitazionale (effetto gravitomagnetico o effetto Lense-Thirring), porta alla formazione del disco planetario. Il disco planetario si forma perché la componente centrifuga è più forte a livello del piano equatoriale, anziché in corrispondenza dei poli (vedi fig.16).

Fig. 17

Ciò provoca un avvicinarsi di tutti i corpi minori al piano equatoriale della stella (o del pianeta).

Nell’ipotesi della simmetria dello spazio implodente il disco planetario si forma perché il flusso spaziale generato dal corpo rotante al centro del sistema presenta una componente di flusso tangenziale(66) maggiore in corrispondenza dell’equatore, dove c’è maggiore presenza di massa rispetto ai poli, che gradualmente si affievolisce andando verso i poli medesimi, dove rimane solo la componente gravitazionale normale alla superficie.

65 http://it.wikipedia.org/wiki/Effetto_di_trascinamento e http://www.asimmetrie.it/index.php/trascinati-dalla-gravita

66 Componente gravitazionale rotazionale tangenziale. Vale a dire il volume spaziale implodente venendo deformato per allungamento di una delle tre dimensioni assume un moto spiralato per il quale si manifesta una componente tangenziale. Quest’ultima è maggiore in corrispondenza della regione equatoriale perché più intenso è lì il flusso spaziale per il maggiore addensamento di massa richiamante.

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Il corpo di massa maggiore (stella, centro galattico, ecc.), dotato di moto di rotazione, trascina, nella rotazione indotta dello spazio-tempo circostante, tutti i corpi minori in un moto tendenzialmente spiralato. E’ stato osservato che la velocità angolare delle braccia di una spirale galattica si mantiene pressoché costante. Ciò costringe ad ammettere che la velocità lineare di rotazione dei corpi celesti, man mano più periferici, aumenti progressivamente invece di diminuire come prevede la legge di gravitazione universale e, specificatamente, la terza legge di Keplero che dalla stessa discende. L’ipotesi proposta dello spazio implodente permette di spiegare il fenomeno con un potenziamento periferico del campo gravitazionale realizzato da tutti i corpi stellari presenti nelle braccia della galassia. Tali braccia rappresentano complessivamente un corpo molto esteso che fa sentire la propria azione gravitazionale, spostando il centro di massa della galassia più in periferia. Come conseguenza si ha che le stelle in periferia si muovono più velocemente di quanto previsto, perché il raggio galattico gravimetrico diventa più corto. Nel caso di un singolo sistema stellare come il nostro, l’effetto non si verifica perché più del 99% della massa del sistema è concentrata sulla stella ossia il vero centro di massa. Il potenziamento del campo gravitazionale ipotizzato per spiegare la maggiore velocità lineare delle stelle alla periferia delle galassie produce un aumento di velocità di implosione dello spazio-tempo, che interagendo così con la materia stellare provoca una più intensa inversione di simmetria Spazio-Energia, con conseguente aumento di energia cinetica dei corpi medesimi (confronta con: MOTO DEI CORPI). In effetti lo spazio-tempo rotante trascina i corpi perché interagisce con essi come fa una corrente fluida su un corpo immerso in essa dalla quale viene trascinato.

VELOCITA’ DI ROTAZIONE SOLARE

Il ragionamento fatto sopra potrebbe spiegare anche la differente velocità di rotazione equatoriale (25 giorni) del Sole rispetto a quella polare (circa 30 giorni)? Teniamo conto intanto che la materia stellare è gassosa e quindi molto poco compatta soprattutto negli strati più esterni infatti la densità diminuisce in modo esponenziale all’aumentare della distanza dal centro(67). Inoltre il diametro equatoriale è più grande di quello polare di appena 10 Km, cioè il Sole ha una piccolissima ellitticità. Questo è una conseguenza della lentezza con cui avviene il moto di rotazione che genera una effimera forza centrifuga. Anche considerando lo strato convettivo del Sole come una sorta di atmosfera densa solo la velocità lineare di questa può variare, anche notevolmente, tra equatore e poli ma non quella angolare. Infatti se consideriamo l’atmosfera terrestre non si osserva differenza da questo punto di vista. In caso contrario dovremmo rivedere le cause che generano i venti (68). Invece, nel caso del Sole, si riscontra una velocità angolare minore del previsto in corrispondenza dei poli (una differenza di circa 5 giorni). Si osserva una rotazione differenziale tra interno ed esterno del Sole (69). Non è stata ancora accertata una causa ultima che spieghi il motivo di questa rotazione differenziale. E’ possibile considerare anche in questo caso un centro di massa esteso verso la periferia della stella? Cioè, in qualche modo, una maggiore densità della materia solare in corrispondenza di zone più superficiali. Ciò equivarrebbe ad un spostamento verso l’esterno del centro di massa e ad un aumento della velocità di rotazione degli strati più esterni (particolarmente mobili perché gassosi) rispetto a quelli interni (a comportamento più rigido) come conseguenza della riduzione del raggio gravitazionale del Sole. Si avrebbe, in ultima analisi, lo stesso effetto che deriverebbe dallo spostamento di un corpo gravitante verso un’orbita più interna, in accordo con la terza legge di Keplero. Sempre restando nell’ambito delle ipotesi è anche possibile pensare che nel corso della vita di una stella man mano che diminuisce l’Idrogeno ed aumenta conseguentemente l’Elio si verifica un progressivo aumento di densità degli strati interni rispetto agli strati superficiali. Ciò determina una riduzione del diametro stellare ed un aumento della velocità angolare. A causa però della particolare fluidità degli strati superficiali rispetto a quelli più interni (che possiamo immaginare costituire un corpo unico)si verifica uno scivolamento dei primi sui secondi. Infatti l’aumento di densità porta ad un intensificarsi del campo gravitazionale del corpo stellare adesso più compatto e ciò determina una accelerazione maggiore per gli strati superficiali più leggeri che offrono pertanto minore inerzia al moto.

67 http://it.wikipedia.org/wiki/Sole

68 http://www.meteo.unina.it/component/attachments/download/58

69 http://it.wikipedia.org/wiki/Rotazione_solare

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TEMPERATURA DELLA CORONA SOLARE

Applicando poi la considerazione anche a livello della corona solare (70) che si estende per centinaia di migliaia di chilometri è possibile abbozzare una ipotesi della elevatissima temperatura di quest’ultima, il cui valore può anche superare i 2-3 milioni di K rispetto ad una fotosfera di circa 5800 K. Il vortice spazio-temporale prodotto dal Sole trascina i gas allo stato di plasma della corona che vengono dunque accelerati dal campo gravitazionale rotante della stella (ovvero dal flusso spaziale generato) acquistando una notevole quantità di energia cinetica (per inversione di simmetria Spazio-Energia). E’ possibile calcolare un probabile valore della temperatura della corona solare, approssimando una sua distanza media dal centro del Sole, pari ad una volta e mezzo il raggio solare ovvero circa 1050000 Km (raggio medio del Sole = 700.000 Km) e supponendo una corona costituita prevalentemente da idrogeno. Si consideri adesso la circonferenza che ha per raggio il valore di 1050000 Km. Essa equivale a 6594000 Km. Ipotizzando costante la velocità angolare di rotazione dello spazio-tempo e sincrona con quella equatoriale del Sole (360°/25gg) è possibile ricavare la velocità lineare dei gas a tale distanza dalla stella. Essa risulta pari a circa 3053 m/s. Se adesso si considera la relazione: ½ m*v2 = c*m*Δt (71)da essa possiamo ricavare:

Δt = v2/2*c.

Sostituendo a c il valore del calore specifico dell’Idrogeno, pari a

3,45 cal/(g *°C)

ovvero

14421 J/(Kg *°C),

si ha:

Δt = 30532/2*14421 = 323,2°C.

Questo valore può giustificare gli elevati valori termici della corona se si tiene conto che le particelle dei gas che la compongono sono soggette a continui urti, tramite i quali esse cedono energia cinetica ad altre, energia che poi riacquistano dal moto di trascinamento dello spazio-tempo. Nel corso dei tempi dunque è possibile che la temperatura della corona possa aver raggiunto valori dell’ordine dei milioni di Kelvin considerando anche, ovviamente, la costante diffusione di energia termica nello spazio circostante e il costante irraggiamento della stessa dalla superficie solare. L’aumento dell’energia cinetica dei gas coronali per effetto di trascinamento dello spazio-tempo è una conseguenza dell’interazione dello spazio con la materia gassosa, che provoca una inversione di simmetria Spazio-Energia. L’inversione di simmetria Spazio-Energia che si verifica a livello della corona solare a causa della rotazione del vortice spazio-temporale solare (campo gravitazionale) è molto più consistente rispetto a quanto si può verificare nella cromosfera o nel corpo stellare a causa della maggiore velocità lineare dei gas. Ciò, associato ad una presenza ancora significativa di particelle, porta alla produzione di una notevole quantità di energia. Teniamo anche conto che i gas della corona solare sono molto rarefatti e distanti dal centro di massa e che pertanto la temperatura da essi raggiunta è una temperatura cinetica. Se tali gas si trovassero sulla superficie del Sole o al suo interno il flusso spaziale centripeto (forza di gravità) li costringerebbe a restare vicini al punto tale da costituire un denso plasma in cui agirebbero le interazioni attrattive tra nuclei ed elettroni. Ciò farebbe abbassare la loro temperatura. L’aumento termico che si registra allontanandosi dalla superficie stellare verso zone sempre più profonde della stella è una conseguenza dell’intensificarsi delle linee di flusso spazio-temporali che confluiscono nel centro di massa (aumento della forza di gravità e quindi della pressione interna). Ciò determina infatti una sempre maggiore inversione di simmetria Spazio-Energia con liberazione di energia elettromagnetica. Nel caso di una stella questa energia e l’enorme pressione che può essere raggiunta nel suo

70 http://it.wikipedia.org/wiki/Corona_solare

71 http://it.wikipedia.org/wiki/Capacit%C3%A0_termica

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nucleo innesca il processo della fusione nucleare con ulteriore liberazione di energia. Analoghe considerazioni possono essere fatte per spiegare il calore interno più o meno intenso dei corpi minori come i pianeti, satelliti, ecc. Un meteorite anche piccolissimo (micrometeorite) che viaggia nello spazio a velocità molto elevate non si riscalda, raggiungendo temperature elevate, perché si trova lontano da un denso campo gravitazionale in cui si possa verificare una consistente inversione di simmetria Spazio-Energia. Se il meteorite orbitasse regolarmente a distanza opportuna dalla superficie del corpo celeste considerato (stella, pianeta, satellite) subirebbe invece un riscaldamento interno perché si muoverebbe all’interno di un campo gravitazionale piuttosto intenso. Quindi subirebbe in maniera significativa gli effetti dell’inversione di simmetria Spazio-Energia. La distanza dal corpo ottimale affinché avvenga una consistente trasformazione di “energia gravitazionale” in calore potrebbe essere all’incirca quella alla quale si estende la termosfera nei vari pianeti del sistema solare. Infatti va ricordato che situazioni analoghe alla corona solare si verificano nelle termosfere (72) di molti pianeti del sistema solare. Non solo la Terra presenta una termosfera con temperature cinetiche di circa 1500 K ma anche tutti gli altri grandi pianeti del sistema solare come ad esempio Giove con temperature di 800-1000 K, Saturno, Urano con temperatura di 800-850 K, Nettuno con temperatura di 750 K (73). Marte per le ridotte dimensioni presenta una atmosfera estremamente tenue e la ionosfera è stata spazzata via dal vento solare. Analoga considerazione va fatta per Mercurio in cui l’atmosfera è del tutto assente. Venere presenta una realtà complessa con una atmosfera estremamente densa e calda per effetto serra. Pur presentando una ionosfera è possibile tuttavia spiegarne l’alta temperatura con il riscaldamento diretto solare. Attualmente non esiste una teoria universalmente accettata dagli astrofisici in grado di spiegare le alte temperature delle termosfere dei pianeti esterni del sistema solare. L’energia che essi ricevono direttamente dal sole è di fatto insufficiente a giustificare tali temperature a causa della grande distanza dalla stella. Tra le differenti ipotesi alcuni scienziati propongono quella che attribuisce un tale riscaldamento alla emissione di onde di energia gravitazionale provenienti dai pianeti stessi. L’interpretazione del fenomeno proposta in questo breve saggio appare una ipotesi uniformante, nella loro genesi, fenomeni differenti e difficilmente spiegabili quali le alte temperature della corona solare e della termosfera dei pianeti. A sostegno di quanto asserito si consideri la seguente tabella:

PIANETA RAGGIO MEDIO(Km)

DENSITA' (Kg/m3)

MASSA (Kg) VOLUME (m3)

VOLUME ALLA DENSITA' TERRESTRE (m3)

DISTANZA MEDIA DELLA TERMOSFERA DALLA SUPERFICIE (Km)

RAGGIO ALLA DENSITA' TERRESTRE (Km)

RAPPORTO DISTANZA MEDIA TERMOSFERA - RAGGIO ALLA DENSITA' TERRESTRE

TERRA 6372,797 5,51E+03 5,96E+24 1,08E+21

1,50E+02

2,35E-02

GIOVE 69173 1,33E+03 1,90E+27 1,43E+24 3,45E+23 6,60E+02 4,35E+04 1,52E-02

SATURNO 57315 7,00E+02 5,68E+26 8,27E+23 1,03E+23 1,00E+03 2,91E+04 3,44E-02

URANO 25266 1,32E+03 8,68E+25 6,83E+22 1,58E+22 5,00E+03 1,56E+04 3,21E-01

MARTE 3389,925 3,93E+03 6,42E+23 1,63E+20 1,17E+20 1,25E+02 3,03E+03 4,12E-02

TITANO 2575 1,80E+03 1,35E+23 7,47E+19 2,44E+19 9,00E+01 1,80E+03 5,00E-02

SOLE 695475 1,41E+03 1,99E+30 1,41E+27 3,61E+26 3,50E+05 4,42E+05 7,92E-01

VENERE 6051,85 5,20E+03 4,87E+24 9,28E+20 8,84E+20 1,50E+02 5,95E+03 2,52E-02

NETTUNO 24552,25 1,64E+03 1,02E+26 6,25E+22 1,86E+22 2,50E+02 1,64E+04 1,52E-02

MEDIA (esclusi Urano e Sole)

2,92E-02

Tab. 3

72 http://it.wikipedia.org/wiki/Atmosfera_terrestre

73 http://it.wikipedia.org/wiki/Atmosfera_di_Giove; http://it.wikipedia.org/wiki/Atmosfera_di_Urano; http://it.wikipedia.org/wiki/Nettuno_(astronomia)

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Nella colonna "DISTANZA MEDIA DELLA TERMOSFERA DALLA SUPERFICIE" vengono riportate le altezze medie delle termosfere dei vari corpi celesti secondo dati ricavati da Wikipedia ed altre fonti sul Web. Nella tabella viene anche riportato in colonna "RAGGIO ALLA DENSITA' TERRESTRE" il valore del raggio medio dei singoli corpi celesti nel caso in cui essi avessero la stessa densità media della Terra. Lo scopo è quello di comparare l'altezza delle termosfere dei singoli corpi in ragione della massa gravitazionale posseduta dagli stessi. Anche se il raggio del corpo diventa minore in seguito a tale operazione ciò non inficia la validità del rapporto riportato nella colonna "RAPPORTO DISTANZA MEDIA TERMOSFERA-RAGGIO ALLA DENSITA’ TERRESTRE" perchè l'altezza della termosfera è sempre proporzionale alla massa del corpo in questione e quindi al suo nuovo raggio comparato ottenuto considerando la densità media terrestre. Ciò è infatti quanto si vuole dimostrare: la dipendenza dell'altezza a cui si estende la termosfera dalla massa del corpo celeste. L'ipotesi che è stata fatta attribuisce infatti l'elevata temperatura delle termosfere di tutti i corpi celesti presi in considerazione al moto vorticoso dello Spaziotempo che avviene in corrispondenza dei corpi celesti medesimi e alla conseguente inversione di simmetria Spazio-Energia. Come è possibile osservare nella colonna " RAPPORTO DISTANZA MEDIA TERMOSFERA-RAGGIO ALLA DENSITA’ TERRESTRE ", se si escludono i casi del Sole e di Urano, i rapporti misurati si agirono tutti su valori aventi lo stesso ordine di grandezza, oscillanti attorno al valore medio di 2,92*10-2. Perché i valori di tale rapporto differiscono solo per il Sole e per Urano? Potrebbe essere errato il valore della densità attribuita a tali corpi e/o l’altezza della loro termosfera? Potrebbero ad esempio questi corpi nascondere un nucleo ben più denso di quanto ipotizzabile? Per Urano si potrebbe ipotizzare che al suo interno si trovi conficcato il corpo, o parte di esso, dell’oggetto che impattando sul pianeta, nel corso del processo evolutivo del sistema solare, causò la rotazione di oltre 90° dell’asse di rotazione di quest’ultimo. Forse andrebbe ridiscusso anche il valore attribuito all’altezza della termosfera (74).

MOTO DI ROTAZIONE DEI CORPI NELLO SPAZIO-TEMPO

Anche il moto di rotazione di tutti i corpi celesti è una conseguenza dell’inversione di simmetria spazio-temporale volumetrica. La rotazione dello spazio-tempo si configura come conseguenza dell’allungamento di una dimensione spaziale nel momento del passaggio nella forma simmetrica dell’infinitamente piccolo. Prendendo in considerazione un’unità spaziale (75), che potremmo immaginare con una forma sferica, è facile immaginare l’effetto deformante operato dall’unità di materia da cui viene forzata a cambiare simmetria. Infatti in due unità (spaziale e materiale) che si fronteggiano, le tre dimensioni spaziali dell’una non si trovano alla stessa distanza dall’asse di congiunzione e quindi dal centro di attrazione. La dimensione parallela all’asse di congiunzione, trovandosi più vicina al centro di attrazione, viene deformata maggiormente. Succede un po’ quello che accade all’acqua di una vasca quando, attraverso l’apertura sul fondo, si incanala nel tubo di scarico. Se allunghiamo una delle tre dimensioni di una sfera più delle altre due la circonferenza ortogonale a tale dimensione viene trascinata nella direzione che aumenta, subendo una deformazione che la porta ad avere una forma spiralata. Questo genera una componente gravitazionale rotazionale.

74 http://it.wikipedia.org/wiki/Urano_(astronomia); http://www.astronomiamo.it/Articolo.aspx?Arg=Marte_clima_e_meteorologia; http://it.wikipedia.org/wiki/Atmosfera_di_Giove; http://stelle.bo.astro.it/archivio/2004.06.08-transito-venere/Sole-Pianeti/planets/sattit1.htm; http://www.helldragon.eu/loretta/cdrom/Documenti/titano.htm; http://www.lpi.usra.edu/vexag/mar2012/presentations/8International%20ReferenceModels.pdf; https://solarsystem.nasa.gov/docs/Day2-Venusconditions.pdf; http://www-ssc.igpp.ucla.edu/personnel/russell/papers/VenusIono.pdf; Structure of Saturn’s Mesosphere from the 28 Sgr Occultations W. B. Hubbard,et al.1997; http://www.astronomiamo.it/Articolo.aspx?Arg=Marte_clima_e_meteorologia 75 http://it.wikipedia.org/wiki/Gravit%C3%A0_quantistica_a_loop; http://www.aldopiana.com/spazioquantistico/versione_ital.htm

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TEORIE COSMOLOGICHE

La deformazione gravitazionale a vortice subita dallo spazio-tempo fornisce una nuova chiave di lettura del moto di rivoluzione dei corpi celesti minori attorno ad altri maggiori. Il percorso ellittico realizzato da essi (in realtà quasi circolare) deve essere visto come una via equipotenziale seguita dal corpo medesimo nel suo moto all’interno del pozzo gravitazionale generato dal corpo maggiore. Infatti la geometria dello spazio prossimo ai corpi celesti non è più euclidea. Se in una geometria euclidea il moto rettilineo uniforme è quello che avviene lungo una traiettoria rettilinea ed equipotenziale perché non si verificano accelerazioni, in uno spazio non euclideo tale traiettoria sarà quella dettata dalla particolare geometria assunta dallo spazio-tempo medesimo. L’orbita risulterà dalla proiezione della geodetica – per un intervallo di tempo pari ad un periodo – su un piano normale all’asse dei tempi. Quanto finora osservato ci permette di ipotizzare che il moto di rivoluzione nel caso limite di orbite circolari sia equiparabile ad un moto rettilineo uniforme che avviene lungo percorsi equipotenziali. Ciò implica la possibilità di escludere la presenza di una componente tangenziale che tende a far allontanare il corpo minore da quello maggiore (confronta con quanto descritto in: MOTO DI ROTAZIONE DEI CORPI CELESTI ED EFFETTO LENSE-THIRRING). Le deviazioni dalla propria orbita sono infatti attribuibili esclusivamente all’azione gravitazionale di altri corpi vicini. Il motivo per cui le orbite sono molto spesso ellittiche va invece ricercato nell’andamento vorticoso dello spazio-tempo. Il corpo minore tende ad essere trascinato verso quote geodetiche minori subendo una accelerazione quando si avvicina al corpo maggiore (es. perielio). La maggiore energia cinetica così acquisita riporta il corpo alla quota geodetica superiore. Se le variazioni di energia cinetica sono modeste come quelle determinate dal moto vorticoso dello spazio-tempo, il corpo rimane vincolato alla sua orbita. Se all’azione gravitazionale del corpo maggiore si aggiunge quella di un altro corpo posto nelle vicinanze la variazione di energia cinetica può superare il limite imposto dall’orbita di appartenenza ed il corpo potrà essere soggetto ad un moto di deriva che potrà concludersi con un violento impatto con un altro corpo. Ad esempio le orbite cometarie sono governate dall’azione gravitazionale del sole che alle grandi distanze a cui si trovano le comete è piuttosto flebile. Quando la cometa passa vicino a qualche pianeta (soprattutto se grande come Giove) all’energia cinetica dovuta all’attrazione solare si somma quella derivante dall’attrazione del pianeta. Ciò può provocare il superamento del limite energetico imposto dalle linee equipotenziali gravitazionali (orbite) del pianeta e la cometa finirà con l’impattare su di esso.

TEORIE COSMOLOGICHE

Se i corpi materiali assorbono lo spazio macrodimensionale, questi tenderebbe a convergere in un unico punto prima o poi (unico corpo di massa totale e densità pressoché infinita). Tuttavia noi sappiamo che l’universo subisce un fenomeno inflazionistico per il quale risulta in continua espansione. Sappiamo anche che questa espansione deve essere intesa come continua comparsa di spazio tra i corpi celesti osservabili. In tal modo essi appaiono come dotati di un proprio moto di deriva gli uni dagli altri. Si tratta di simmetria relativistica. Se il sistema di riferimento inerziale fosse lo spazio, allora sono i corpi celesti che si allontanano gli uni dagli altri. Se il sistema di riferimento inerziale sono invece i corpi celesti, allora è lo spazio a

Fig. 18

L’allungamento della dimensione X trascina la circonferenza ad essa ortogonale che diventa un passo di elica

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muoversi. Tutti gli esempi relativistici rappresentano situazioni di simmetria spazio-temporale tra due sistemi di osservazione. Se lo spazio viene “distrutto” ma anche “creato”, ciò suggerisce un passaggio spontaneo da una forma simmetrica spaziale all’altra. In tal modo verrebbe confermato il principio di conservazione dello spazio, oltre che della materia e dell’energia. Tale passaggio, dalla forma microscopica a quella macroscopica, inizia probabilmente al momento del Big Bang. In tal modo la conversione microdimensionale dello spazio avverrebbe gradualmente nel corso del tempo, mentre quella macrodimensionale avverrebbe con un inizio esplosivo (Big Bang) per proseguire poi sempre più lentamente. Ciò consentirebbe una espansione dell’universo che dovrebbe gradualmente rallentare per poi cedere il passo ad un processo inverso di contrazione per riassorbimento dello spazio con un successivo nuovo Big Bang. Del resto la recente scoperta del bosone di Higgs (o della particella che ne presenta le principali caratteristiche previste dal modello standard), in ragione delle dimensioni della particella medesima (tra 120 e 126 GeV), permette di definire l’universo metastabile(76). Cioè il nostro universo va incontro a una trasformazione che lo porterà ad una nuova fase, ma ci vorranno miliardi di anni. In merito ancora al campo di Higgs è lecito domandarsi come si sia creato, insieme ai suoi bosoni, un decimiliardesimo di secondo dopo il Big Bang. In effetti dovremmo capire come sia stata possibile la sua comparsa, altrimenti anche il campo di Higgs va confinato nell’ambito dei concetti primitivi della fisica. In base a quale processo poi si realizza, ad opera del suddetto campo e dei suoi mediatori, la materializzazione delle particelle? L’ipotesi dello spazio polisimmetrico propone una chiara risposta alla domanda. In tale contesto generale di un Universo in espansione l’entropia trova ampia giustificazione di esistere grazie alla grande disponibilità di spazio. In esso può infatti avvenire la distribuzione di energia e materia fino a raggiungere l’equilibrio di concentrazione. Tale equilibrio potrebbe indicare il punto di ritorno ovvero di inizio di una fase contrattiva generale che vedrebbe la riduzione del volume complessivo dell’universo. L’esistenza di un equilibrio di concentrazione prevede un limite spaziale finito dell’universo. Quindi uno spazio in espansione, ma un’espansione destinata ad arrestarsi prima o poi. Uno spazio grandissimo (praticamente infinito) ma finito. In un buco nero deve essere già iniziato qualcosa di simile. Pertanto, nei suoi dintorni (entro il raggio di Schwarzschild)(77) , è plausibile una realtà fisica inversa a quella a cui siamo abituati solitamente. Una realtà fisico-chimica dove l’aumento di entropia non è il fenomeno spontaneo, ma lo è invece la sua riduzione. Ma come dovremmo immaginare un universo infinitamente piccolo? Tutta la materia presente nell’universo grande dove va a finire? Dove va a finire lo spazio volumetrico a cui siamo tanto abituati? Cominciamo col dire che la materia è permeata dallo spazio, ovunque essa si trovi, e dallo spazio stesso deriva, per inversione di simmetria. Materia, energia e spazio sono tutto ciò che esiste. Dov’era la materia prima che venisse generata dalle fluttuazioni dello spazio? Analogamente possiamo immaginare un processo simile per la materia e lo spazio che sconfinano nell’infinitamente piccolo. La singolarità rappresentata dall’Universo ovvero spazio, energia, materia rimane sempre identica nella sua consistenza. Cambia, per così dire, solo l’aspetto. Si tratta di una simmetria spazio-temporale che ricorda un po’ il comportamento dei guanti in lattice delle casalinghe: un guanto lo si può rigirare, invertendo così la superficie interna con quella esterna, e mantenere sempre la stessa forma generale e consistenza. Nell’un caso e nell’altro il guanto, rigirato o meno, rappresenta il cronotopo. Nella forma simmetrica rigirata il guanto rappresenta la forma simmetrica spazio-temporale, in cui lo spazio e il tempo assumono dimensioni infinitamente piccole. Ma il piccolo sta nel grande. Quindi i due universi coesistono spazio-temporalmente. Pianeti, stelle, galassie, ecc. sono pertanto passaggi spazio-temporali (porte) che possono sommare gli effetti venendo fagocitati da buchi neri supermassivi come quello presente al centro della nostra galassia. Come è noto, nelle fasi evolutive di una stella è previsto il collasso gravitazionale che comporta una riduzione di volume in cui insiste la massa stellare. Nel caso di una stella a neutroni viene a mancare anche lo spazio interno all’atomo. Tale annullamento dello spazio continua nel caso di un buco nero. Ciò avviene evidentemente perché esiste ancora uno spazio intrinseco nucleare che tende a zero. Tutto questo ci suggerisce che in questa fase ci troviamo già, evidentemente, nell’universo dell’infinitamente piccolo. Se tutti i buchi neri convergono formando un unico corpo infinitamente denso dove tutta l’energia-materia sconfina nello spazio-tempo simmetrico, sarà stato probabilmente raggiunto l’equilibrio di concentrazione nell’universo simmetrico. Tale equilibrio potrebbe essere il punto di ritorno ovvero l’inizio di una nuova fase inflazionistica. Ma questa

76 http://it.wikipedia.org/wiki/Bosone_di_Higgs; http://prometeo.sif.it/papers/online/sag/028/03-04/pdf/03-scienza-in-primo-piano.pdf

77 http://it.wikipedia.org/wiki/Raggio_di_Schwarzschild

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probabilmente è solo un’ipotesi avvincente. Altre evidenze suggeriscono invece che l’universo si espande più velocemente di quanto previsto in base alla sua età. Ciò ha fatto riconsiderare l’importanza della costante cosmologica(78) (precedentemente adottata da Einstein per giustificare la tesi di un Universo stazionario) introdotta come fattore in grado di giustificare tale maggior ritmo espansivo. Costante cosmologica giustificata, a sua volta, ammettendo l’esistenza di una strana forma di energia in grado di opporsi all’energia gravitazionale stessa producendo un effetto antigravità. Tale forma di energia è stata definita Energia Oscura. In effetti non si riesce minimamente a comprenderne la natura! Insomma un universo che si espande e si contrae contemporaneamente. La spiegazione del particolare ritmo di espansione dell’universo andrebbe indagata nell’ambito dei meccanismi di inversione di simmetria volumetrica ancora in corso nell’universo dopo il Big Bang. Potremmo immaginare una fase di espansione e di creazione di spazio-energia-materia ancora non completata coesistente con una fase di contrazione che gradualmente prenderà il sopravvento su quella inflazionistica al raggiungimento di un determinato equilibrio. Quindi un processo ritmico di espansioni e contrazioni. In tale ottica ha senso parlare di energia e materia oscura. Esse risulterebbero inosservabili anche perché di neo e continua formazione (in altri termini fluttuazioni del vuoto che portano alla creazione di coppie virtuali e di energia di punto zero), uniformemente distribuite nello spazio ed aventi densità infinitesima. Una prova ulteriore della loro presenza potrebbe essere la radiazione cosmica di fondo che troverebbe così una diversa ipotetica interpretazione.

CONCLUSIONI

Questa personale nonché fantasiosa rielaborazione interpretativa dei fenomeni fisici, si è sviluppata su alcuni concetti cardine che potremmo definire postulati simmetrici. Essi sono: Simmetria Spaziale Dimensionale, Simmetria Spazio-Energia, Simmetria Spazio-Materia, Simmetria Spaziale di Carica. In definitiva, anche guardando il mondo fisico da questa particolare ottica, non cambia molto la sostanza delle cose. Lo spazio assume già nella fisica moderna un significato molto più ampio di quello classico intuitivo. Questo differente approccio alle numerose problematiche della realtà fisica ha voluto soltanto amplificare la valenza e l’influenza del vuoto (spazio vuoto) nella determinazione dei fenomeni fisici medesimi. Cosa è dunque lo spazio? Si tratta di un concetto primitivo ammantato di un significato volumetrico non più esiziale. E’ l’essenza di tutte le simmetrie. Ha struttura quantica (unità quantiche di spazio). Da esso scaturisce l’energia e quindi la materia. E’ il mitico campo di Higgs che tuttavia non ha bisogno più di un mediatore quantico di forza (bosone). Infatti lo stesso bosone di Higgs deriva da una inversione di simmetria dello spazio. Nella materia confluiscono le unità quantiche dello spazio nella loro forma volumetrica simmetrica. Lo spazio è il contrario del nulla. Lo spazio quindi presuppone l’esistenza, ciò che è. E’ un essere fisico non materiale. Non esiste forma alternativa all’energia-materia-spazio se non il nulla.

Una domanda mi rimane per il momento senza risposta. Cosa provoca l’inversione di simmetria dello spazio? E, ammettendo la veridicità della teoria del big bang, cosa ha provocato l’inversione di simmetria dell’atomo primordiale in spazio disseminato di energia-materia, ovvero l’universo attuale? Come spiegare questa ipotetica reversibilità di stati, in cui è possibile contemplare “ciò che esiste”? Metafisicamente parlando potremmo dire che l’essere esclude il non essere e può e deve cambiare stato. Ma perché? E’ vero che ciò che esiste non può avere niente in comune col non essere. Sono concetti antitetici. L’essere dunque non è estinguibile. Pertanto è eterno. Le forme simmetriche dell’essere sono dunque attributi sostanziali dell’essere stesso. La natura dunque è manifestazione coerente degli attributi dell’essere. Forse dovremmo intendere i passaggi di simmetria come il risultato di una successione necessaria di eventi inquadrati in un ordine spinoziano di leggi fisiche, che sono attributi primari dell’Essere. Ma l’Essere in sé non esprime coscienza e volontà creativa in quanto Ordine cosmico da cui le cose scaturiscono. Adattare l’originalità della metafisica spinoziana al concetto di Spazio, ovvero interpretare lo Spazio come Dio-Natura credo possa rappresentare anche un approccio epistemologico (un po’ più oggettivo e mediato) della natura divina. Esso infatti si discosta sia dal creazionismo religioso sia dalla dottrina dell’emanazione del naturalismo rinascimentale (ad esempio il naturalismo di Bruno). Spinoza è un critico delle ideologie e un demistificatore dell’immaginario religioso pertanto si presta, meglio di altri, nell’offrire spunti di riflessione per una teoria globale.

78 http://it.wikipedia.org/wiki/Costante_cosmologica

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