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NOMI E PAESI Veduta aerea di Francavilla Angitola IL PAESE DEL DRAGO «V ista dall’al- to Franca- villa ha un caratteri- stico aspet- to di paese arroccato sulla col- lina. Sembra avere la forma di un drago o di un serpente be- nevolo. Come se si fosse con- cretizzato uno degli elementi dell’iconografia di S. Foca e co- me la sua protezione avesse as- sunto una raffigurazione nel paesaggio». (Vito Teti, Il senso dei luoghi, Donzelli, Roma 2004, pag. 167) «L’anno 1862 il giorno 2 del mese di novembre in Francavilla. La Giunta ha proposto un ufficio del signor Prefetto della Provincia del giorno 14 del caduto mese di ottobre, 2° ufficio, 2° carico, n°15967, col quale dispone la modifica al nome di questo comune, o cambiandolo, o aggiungendovi altra denominazione ad oggetto di essere contrad- distinto, dal perché essendo uniforme ad altro co- mune di simile nome succedono spesso equivoci dannosi al pronto andamento del servizio ammini- strativo - il Consiglio aderendo alle superiori di- sposizioni delibera che a questo comune si aggiun- gesse il distintivo di Francavilla d’Angitola. Il sin- daco Annibale Mannacio, Enrico Caria assesso- re». Così si legge nella delibera, ratificata con real de- creto del 26 marzo 1863, con la quale le autorità lo- cali aderirono alle disposizioni del nuovo governo Unitario circa il mutamento dell’originario nome del paese. Il testo del documento, nella sua sintetica ed es- senziale formulazione, appare il risultato di una meccanica adesione alle direttive di organi supe- riori, non chiarisce se prima che fosse maturata la decisione di aggiungere al nome del paese l’appel- lativo d’Angitola, trasformato poi in Angitola, ci sia stato all’interno della Giunta un pur minimo confronto d’idee. Conseguentemente la scelta del- la denominazione sembra riferirsi soltanto da un elemento geografico: il fiume Angitola, che attra- versa il territorio comunale prima di immettersi nel mar Tirreno; tuttavia da una più approfondita riflessione è chiaro che l’appellativo prescelto ri- chiama anche e sopratutto elementi dell’identità storica e vicende dell’epopea risorgimentale. Scipione Mannacio Soderini (1847-1917), avvo- cato e sindaco del paese per più lustri, nel commen- tare il mutamento nella denominazione del paese, scrive: «Francavilla fu città antichissima. Al suo primitivo nome fu aggiunto l’altro Angitola dopo il 1860, alla costituzione del regno d’Italia, sia in memoria del combattimento avvenuto il 1848, fra le truppe del Borbone e gl’insorti liberali, proprio sul ponte Angitola e sue adiacenze, sia per meglio ancora individuarlo e distinguerlo dagli altri Co- muni omonimi sia, infine, per ricordare la sua an- tichissima origine proveniente da Rocca Angito- la». Egli, comunque, ammettendo implicitamente che ci sia stato un pur modesto dibattito, non sem- bra condividere pienamente la decisione adottata: «Forse sarebbe stato più opportuno mutare il suo nome in Angitola soltanto che ragguagliava egualmente, e meglio, tutti e tre questi obiettivi». *** L’atteggiamento critico del Mannacio indica che nell’elite intellettuale e politica locale esisteva un scambio di idee sull'origine, sulla formazione del tessuto sociale, economico e religioso del pae- se, sul ruolo che le “famiglie” ebbero nella costru- zione dell’identità collettiva. Un dibattito che in- tendeva reintepretare, riarticolare e organizzare in modo autonomo il mito e la storia del paese, ri- spetto a quello definito da Ilario Tranquillo nel 1725. Un operazione di “rimpaginazione” della storia che vede nel Mannacio il principale artefice. La sua monografia - Francavilla Angitola dalle origini al tempo presente, recentemente edita - è il risultato più evidente di tale operazione. L’impo- stazione generale dell’opera segue lo schema narrativo predisposto da Ilario Tran- quillo nella lettera dedicatoria a Tommaso Mannacio che apre l’Istoria apologetica dell’antica Napizia, edita a Na- poli nel 1725. Il motivo è facil- mente intuibile: il Tranquillo è il primo autore che scrive delle origini, della struttura urba- na, delle condizioni socio-eco- nomiche, delle tradizioni religiose e degli enti ec- clesiastici di Francavilla. Agli evidenti punti di contatto si contrappongo- no posizioni critiche autonome che rivelano lo spessore culturale dell’autore e l’obiettività con cui egli cerca di ricostruire la storia del paese. Il luogo comune delle origini greche, caro alla sto- riografia calabrese dei secc. XVI - XIX, sembra non avere alcun riscontro e il rapporto mitico e ideale fra Crissa e Francavilla stabilito dal Tranquillo - «Francavilla si potea chiamare in quei tempi nuo- va Crissa» - è ridimensionato, subordinato e indi- retto, rispetto all’esplicito legame di Francavilla con Rocca Angitola, conosciuta fino all'età arago- nese con il nome di Rocca Niceforo. Nella mono- grafia, infatti, così si legge: «Francavilla, come al- tri paesi circostanti, discende direttamente da Rocca Angitola la quale a sua volta fu emanazione di Crissa antica repubblica Greca». L’esistenza di Crissa non è messa in dubbio o ne- gata, ma il senso critico dell’autore nel confron- to/scontro con la tradizione letteraria prodotta dal Barrio, ripresa dal Tranquillo e accolta dagli stori- ci locali, ridimensiona il rapporto storico tra le due città ad un legame esclusivamente ideale. Rigetta- ta è la tesi che l’ubicazione di Rocca Angitola fosse quella dell’antica Crissa. Crissa e Rocca Angitola sono considerate due città diverse, ubicate in luo- ghi prossimi, ma distinti: Crissa sull’altipiano de- gli Scrisi «dove numerose vestigia di rovine si rin- vennero nei tempi passati», Rocca Angitola invece «apparisce tuttora dalle rovine esistenti e visibili su una collina rocciosa, posta più in giù dell’alti- piano verso est nord-est». di FOCA ACCETTA L’iniziativa di Quotidiano e Unical/3 Tra identità e memoria la storia di Francavilla Angitola continua a pagina 16 I mutamenti da borgo a cittadina Il paese, dopo la proclamazione del Regno d’Italia e il cambio del nome, era privo di servizi sociali infrastrutture e collegamenti esterni se non mulattiere

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NOMIE PAESI

Veduta aereadi Francavilla

Angitola

IL PA E S EDEL DRAGO

«Vista dall’al -to Franca-villa ha uncaratteri -stico aspet-

to di paese arroccato sulla col-lina. Sembraavere la forma diun drago o di un serpente be-nevolo. Come se si fosse con-cretizzato uno degli elementidell’iconografia di S. Foca e co-me la sua protezione avesse as-sunto una raffigurazione nel paesaggio».(Vito Teti, Il senso dei luoghi, Donzelli,Roma 2004, pag. 167)

«L’anno 1862 il giorno 2 del mese di novembre inFrancavilla. La Giunta ha proposto un ufficio delsignor Prefetto della Provincia del giorno 14 delcaduto mese di ottobre, 2° ufficio, 2° carico,n°15967, col quale dispone la modifica al nome diquesto comune, o cambiandolo, o aggiungendovialtra denominazione ad oggetto di essere contrad-distinto, dal perché essendo uniforme ad altro co-mune di simile nome succedono spesso equivocidannosi al pronto andamento del servizio ammini-strativo - il Consiglio aderendo alle superiori di-sposizioni delibera che a questo comune si aggiun-gesse ildistintivo di Francavilla d’Angitola.Il sin-daco Annibale Mannacio, Enrico Caria assesso-re».

Così si legge nella delibera, ratificata con real de-creto del 26 marzo 1863, con la quale le autorità lo-caliaderironoalle disposizionidelnuovogovernoUnitario circa il mutamento dell’originario nomedel paese.

Il testo del documento, nella sua sintetica ed es-senziale formulazione, appare il risultato di unameccanica adesione alle direttive di organi supe-riori, non chiarisce se primache fosse maturata ladecisione di aggiungere al nome del paese l’appel -lativo d’Angitola, trasformato poi in Angitola, cisia stato all’interno della Giunta un pur minimoconfronto d’idee. Conseguentemente la scelta del-la denominazione sembra riferirsi soltanto da unelemento geografico: il fiume Angitola, che attra-versa il territorio comunale prima di immettersinelmar Tirreno;tuttavia dauna piùapprofonditariflessione è chiaro che l’appellativo prescelto ri-

chiama anche e sopratutto elementi dell’identitàstorica e vicende dell’epopea risorgimentale.

Scipione MannacioSoderini (1847-1917),avvo-cato e sindaco del paese per più lustri, nel commen-tare ilmutamento nelladenominazione delpaese,scrive: «Francavilla fu città antichissima. Al suoprimitivo nome fu aggiunto l’altro Angitola dopoil 1860, alla costituzione del regno d’Italia, sia inmemoria del combattimento avvenuto il 1848, frale truppe del Borbone e gl’insorti liberali, propriosul ponteAngitola e sue adiacenze, sia permeglioancora individuarlo e distinguerlo dagli altri Co-muniomonimi sia, infine,perricordare lasuaan-tichissima origine proveniente da Rocca Angito-la».

Egli, comunque, ammettendo implicitamentecheci siastato unpur modestodibattito, nonsem-bra condividere pienamente la decisione adottata:«Forse sarebbe stato più opportuno mutare il suonome in Angitola soltanto che ragguagliavaegualmente, e meglio, tutti e tre questi obiettivi».

***L’atteggiamento critico del Mannacio indica

che nell’elite intellettuale e politica locale esistevaun scambio di idee sull'origine, sulla formazionedel tessuto sociale, economico e religioso del pae-se, sul ruolo che le “famiglie” ebbero nella costru-zione dell’identità collettiva. Un dibattito che in-tendeva reintepretare, riarticolare e organizzarein modo autonomo il mito e la storia del paese, ri-spetto a quello definito da Ilario Tranquillo nel1725. Un operazione di “rimpaginazione” dellastoria che vede nel Mannacio il principale artefice.

La sua monografia - Francavilla Angitola dalleorigini al tempo presente, recentementeedita - è ilrisultato più evidente di tale operazione. L’impo -

stazione generale dell’operasegue lo schema narrativopredisposto da Ilario Tran-quillo nella lettera dedicatoriaa Tommaso Mannacio cheapre l’Istoria apologeticadell’antica Napizia, edita a Na-poli nel 1725. Il motivo è facil-mente intuibile: il Tranquillo èil primo autore che scrive delleorigini, della struttura urba-na, delle condizioni socio-eco-

nomiche, delle tradizioni religiose e degli enti ec-clesiastici di Francavilla.

Agli evidentipunti di contattosi contrappongo-no posizioni critiche autonome che rivelano lospessore culturale dell’autore e l’obiettività concui egli cerca di ricostruire la storia del paese. Illuogo comune delle origini greche, caro alla sto-riografia calabrese dei secc. XVI - XIX, sembra nonavere alcun riscontro e il rapporto mitico e idealefra Crissa e Francavilla stabilito dal Tranquillo -«Francavilla sipoteachiamare inquei tempinuo-va Crissa» - è ridimensionato, subordinato e indi-retto, rispetto all’esplicito legame di Francavillacon RoccaAngitola, conosciuta fino all'etàarago-nese con il nome di Rocca Niceforo. Nella mono-grafia, infatti, cosìsi legge:«Francavilla, comeal-tri paesi circostanti, discende direttamente daRocca Angitolala qualea suavolta fuemanazionedi Crissa antica repubblica Greca».

L’esistenza di Crissanon è messa indubbio o ne-gata, ma il senso critico dell’autore nel confron-to/scontro con la tradizione letteraria prodotta dalBarrio, ripresa dal Tranquillo e accolta dagli stori-ci locali, ridimensiona il rapporto storico tra le duecittà ad un legame esclusivamente ideale. Rigetta-taè la tesiche l’ubicazionediRocca Angitola fossequella dell’antica Crissa. Crissa e Rocca Angitolasono considerate due città diverse, ubicate in luo-ghiprossimi,ma distinti:Crissasull’altipiano de-gli Scrisi«dove numerosevestigia dirovine sirin-vennero nei tempi passati», Rocca Angitola invece«apparisce tuttora dalle rovine esistenti e visibilisu una collina rocciosa, posta più in giù dell’alti -piano verso est nord-est».

di FOCA ACCETTA

L’iniziativa di Quotidiano e Unical/3Tra identità e memoria la storia di Francavilla Angitola

continua a pagina 16

I mutamenti da borgo a cittadinaIl paese, dopo la proclamazione del Regno d’Italia

e il cambio del nome, era privo di servizi socialiinfrastrutture e collegamenti esterni se non mulattiere

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16 Domenica 1 aprile 2012 Domenica 1 aprile 2012 17

NOMIE PAESI

I SERPENTI ESAN FOCALa memoria storicaUna comunità consumata nella società globalizzatain bilico tra tradizione secolare e nuove aspirazioni

A sostegno di tale ipotesi sono indicatenon solo testimonianzearcheologiche, maanche la reintegra di Carlo Sanseverino del1474 laquale non offre nessun indizio checonfermi il binomio topografico Cris-sa/Rocca Angitola. La tesi del Mannaciorappresenta una svolta rispetto alla storio-grafia calabresedei secoliXVI-XVIII (Bar-rio, Fiore, Marafioti, Tranquillo) ma so-prattutto riguardo l'atteggiamento in-transigente di taluni studiosi locali con-temporanei. Ad esempio Giuseppe Greconel volume Rocca Angitola, accogliendopassivamente la «collocazione umanisti-ca» delle due città - Crissa e Rocca Nicefo-ro/Rocca Angitola -, disconosce a prioriqualsiasi ipotesialternativa escrive:«con-getturare cheCrissa siasorta altrovee cheRocca Niceforo sia stata costruita, in se-guito, da Niceforo Foca, è pura fantasia».

La recente storiografia ha espresso, in-vece, fortidubbisulla miticacittàdiCrissaper l’imprecisa interpretazione dell’Ales -sandra di Licofrone (versi 1067-1074) dapartedel Barrio, e il bisogno degli studiosilocali di nobilitare il natio borgo. Nel conte-sto geografico e storico fissato da Licofro-ne non c’è alcun accenno ad una città ma-gnogreca di nome Crissa; infatti, il termi-ne Crisa, da cui preseavvio l’equivoco, è ri-ferito, secondo la studiosa Giovanna De

Sensi Sestito, nonad un preciso ele-mento identifica-tivo del golfo di«Lam-petia» o del-la «campagna diCrotone sull’ist -mo», ma alla re-gione di Delfi, alfine di far risalta-re poeticamentela contrapposi-zione della mé-ta agognata,

cioè la patriafocidese,

cati disposti lungo il percorso dell’anticavia Popilia e quelli posizionati sul litoraleionico, fu edificato per coprire una delle vieistmiche, l’ideale linea di demarcazionestabilita nel 1058 dall’accordo intercorsotra i fratelli Altavilla, in base al quale Ro-berto il Guiscardo riconosceva al fratelloRuggero I di governare «medietatem to-tius Calabriae a jugo montis Nichifoli etmontisScillacii,quod acquisitumerat,velquousque Regium essent acquisituri».

Inoltre, per la localizzazione delle strut-ture difensive, in particolare delle quattroporte, oggi scomparse, trasformate o de-

stinate ad altro uso, la mono-grafia del Mannacio offre in-dicazioni precise che rendo-no l’idea di una città fortifi-cata inserita in un contestodifensivo più ampio: «Del ca-stello se ne vede ancora l’an -ticastruttura conunangoloin pietra di taglio regolar-mente squadrata, con la for-

ma di una delle torri in grossa e compattamuratura dalla parte di tramontana. Nellaparte bassa sotto la torre eravi il carcere,trasformato poi in magazzino da riporviarnesi […]. Fuori le mura, di riscontro alcastellodatramontana, nellapartepiùan-gusta, collegato con un ponte levatoio, era-vi il popoloso rione Borgo, i cui abitanti incaso di pericolo correvano a rifugio ed insoccorso dei difensori nella cinta interna.[…]. La città estendevasi dal castello versolependinia sud,enellaparte pianaebassaracchiusa fra le mura e le torri da sud-est asud-ovest. […] Delle quattro porte una no-mavasi porta Reale, posta tra la torre diguardia ivi presso e la torre dello Sperone,che guardava verso sud sud-est; la secondaporta di Basso che guardava verso sud-est;la terza Portella sotto il castello da ovest; ela quarta porta Mannacio che guardavaverso est».

I capitolisuccessivi dellamonografia, incui sono notizie relative alle istituzioni ec-clesiastiche, alle pratiche religiose,all’andamento demografico, alle carat-teristiche agrarie del territorio, alle pro-

fessioni esercitate dagli abitanti, sono co-struiti sullo stereotipo dell’identità pae-se/famiglie nobili, non titolate, ma econo-micamente solide e capaci d’indirizzaretra medioevo ed età moderna lo svilupposociale,urbanistico, religiosodellacomu-nità. Infatti, si legge: «Numerose e rag-guardevoli per nobiltà di origine, per va-lore, per meriti, per dovizie, furono le fa-miglie di Francavilla, la massima parteindigena, poche forestiere qui venute astabilirsi. Questa del numero conside-revole di grandi famiglie, fu una neces-sità naturale di cose. Con forze limitatepoteva sorgere un piccolo paese, una

terra abitata,ma nonuna città forte, for-temente presidiatae benfornita dioperenecessarie ed utili alla comodità della vi-ta, ma sommamente cortese. Per tale im-presa occorrevano assolutamente nonsolo famigliedi primo ordine,ma perso-ne di alta mente, di forte braccio, d’in -contestata autorità e copiosamente for-nite di mezzi pecuniari e di risorse finan-ziarie. Senza questa forza non sarebbestato possibile condurre a termine quel-la creazione che per quei tempi può dirsidavvero meravigliosa. E si comprendedel pari che un numero ristretto di fa-miglie inelevata posizionesarebbesta-to insufficiente alla bisogna, difficil-mente si sarebbero dedicate a quell’ope -ra senzatrovare loambiente adattoalleloro costumanze, alle loro aspirazioni,alle loro abitudini, ai loro bisogni, com-presi quelli dell’elevatezza e della frut-tuosità del vivere».

Il plurisecolare rapporto paese/fami-glie nobili si spezza con il terremoto del1783 e da quell’epoca, causa le rovine, icontrasti intestini per la scelta del luo-

go dove edificare il paese, la scom-parsa e il trasferimento delle fa-

miglie «cospicue», insicurez-za sociale provocata dal bri-

gantaggio, inizia la parabola discendenteche va oltre il 1861.

Nel periodo successivo all’unità d’Italia,infatti, altri fattori di crisi si sommano aquelli provocati, dopo il terremoto del1783, dal deterioramento dell’identità pae-se/famiglie nobili su cui si fondava la «pri-mitiva ricchezza». La definizione di tali ele-menti destabilizzanti, inserita nel coevo di-battito (Sonnino, Colajanni, Nitti) sullecondizioni socio-economiche del Mezzo-giorno, si basa sulla tesi che la stagnazioneeconomicadellaCalabria, lacarentedispo-nibilità dimano d’opera e la crescitadei sa-lari fossero conseguenze del fiscalismodello Stato e dell’emigrazione transoceani-ca, sintomo dell’incapacità della borghesiaagraria di adottare sistemi razionali nellaconduzione e organizzazione dei fondiagricoli, d’investire nelle innovazioni tec-nologiche degli impianti di trasformazio-ne dei prodotti.

Ritrovate le radici storiche e ideali dellafondazioneedello sviluppodiFrancavilla,individuatele ragionidiquellache èconsi-derata la decadenza morale, civile ed eco-nomica del paese nei secoli XVIII-XIX, lanarrazione e l’analisi degli eventi storicisono guidate dal proposito d’indicare aigiovani modelli esemplari di virtù civili,religiose e culturali, di mostrare quanto èimportante che la «Memoria» continui adispirare le successive generazioni nella de-finizione di una identità socio-culturale.

***Nell’operazione di recupero della «Me-

moria storica» s’inserisce a partire dal1881 quella di valorizzazione della «Memo-ria religiosa».

In quell’anno fuformalizzato ilrapportofiduciario tra la comunità e San Foca Mar-tire eavviate iniziativeatte a incrementar-

ne il culto e la devozione: l’organizzazionedella festività estiva nella seconda domeni-ca di agosto, oltre quella liturgica del 5marzo; la pubblicazione di un volume po-stumo di Onofrio Simonetti (1794-1864)sulla vita del Santo edito nel 1892; larichiesta alla Congregazione deiRiti di una messa ad hoc, concessanel 1894.

Per questa intensa attività il culto di S.Foca si radicò ulteriormente oltre che inFrancavilla nei paesi contermini. Circal’origine di questa particolare pratica cul-tuale e devozionale, unica nel panoramaregionale, non puòessere trascurata l’ipo -tesi cheessa abbia sostituito,dopo l’avven -to del cristianesimo, quella ad Angitia, di-vinità pagana che deteneva il patronatoantiofidico; è opportuno sottolineare chein questi luoghi ilricordo della dea rimaneancora oggi nel nome del fiume Angitola, eche Foca e Angitia sono rappresentati ico-nograficamente allo stesso modo, cioè conun serpente in mano.

Il recupero e la valorizzazione del culto diS. Foca, oltre che richiamarsi alle radici re-ligiose delpaese, insistonosui risvolti eco-nomici connessi all’organizzazione dellafestapatronale e rappresentati dalla fiera,d’animali e merce varia, volano dell’econo -mia locale: «Nel 1878 fu aperta per tre gior-ni nella seconda domenica di Agosto unafiera annuale, che diede risultati superiorialle aspettative pel numero dei concorren-ti;per laquantitàdelbestiame, epelnume-ro dei contratti conchiusi. Questa fiera,che anch’essa contribuisce allo sviluppodella industria e del commercio, per la suaposizione centrale, per la comodità di ac-cesso, per la sua breve distanza dalla nazio-nale Angitola, per le acque vicinissime eper tutte le altre favorevoli circostanze, po-trà divenire importante, laddove sarannoimpiegate per l’avvenire tutte le cure, atte arichiamare il concorsodei commercianti edegl’industriali».

***Il paese, dopo la proclamazione del Re-

gno d’Italia e il mutamento del nome, eraprivo di servizi sociali, infrastrutture e col-legamenti esterni che non fossero mulat-tiere, risentiva delle condizioni di arretra-tezza in cui versava l’intera regione: «[…] laviabilità eraallo stato dipotenza; perocchédella strada obbligatoria che doveva mette-re in comunicazionequestocomune con laprovinciale Ponte Angitola-Olivadi un soltronco era stato costruito e senza alcunautilità, perché senza sboccoe senza alcunamanutenzione era rimasto un semplicetracciato. La pubblica istruzione, quan-tunque affidata ad insegnanti volenterosi,era ancora bambina per difetto di mezzimorali, voglio dire le cure, l’incoraggia -mento l’emulazione […]. L’igiene comple-tamentetrascurata […]. Nell'abitato resta-vano depositati da un anno all’altro gli

ammontic -chiamenti diletame, che

per operadei maia-

li vagantierano causa dipestifere esa-

lazioni.Questeunite aimiasmi

prodotti dalla macerazione e maciullazio-ne dei lini, che per inveterate e riprovevoliabitudini si e-seguivano in prossimità del-lo stesso abitato, promuovevano lo svilup-podelvirus infettivo, che, secondo lastati-stica locale, attaccava i tre quinti della po-polazione. Per le opere pubbliche nessunprovvedimento,nessuna esecuzione: face-vano difetto perfino le acque bisognevoliagli abitanti per gli usi della vita. […]».

Nel corso della prima metà dell'Ottocen-to, non mancarono tentativi di ri-solvere i vari problemi, usciredall’isolamento e instaurarerapporti economici più assi-dui e frequenti con la “piaz -za” commercialedi PizzoediMonteleone. Ma tutto eracompromesso dalla fortepressione fiscale dello Stato,dalle frodi dei casseri comu-nali, dall'incapacità d'in-staurare una collaborazionecostruttiva con i comuni vi-cini, che andasse al di là degliinteressi particolari deigruppi di potere.

Successivamente a far su-perare l’impasse furono iprovvedimenti legislativiemanati dal governo unita-rio in materia di viabilità el’impegno delle autorità am-ministrative locali, per cui alla finedell’800 il problema dell'isolamento eracompletamente risolto, conun evidente ri-tornoeconomico:«Ultimata laviabilitàob-bligatoria, furono dal 1880 al 1897 rimes-se e sistemate varie strade mulattiere ecampestri vicinali più importanti, comequella che conduce a Polia e l'altra a Monte-rosso, quella delle Colture di Basso checonduce ai mulini, quella della Sorbarella eScutinò che conduce alle marine, quelladel Predicatore, quella del Fellero e quelladi Nuzzo […]. Presero relativo sviluppo ilcommercio e le industrie, apportando nuo-ve risorse al paese e quindi utilità. Divennefacile l'esportazione dei prodotti, e in quan-tità rilevante specialmente quelli che piùabbondano. Fumigliorata l’industria seri-ca, perocchè, avendo in questo comune sta-biliti due depositi centrali di bozzoli la CasaCaminiti e la Casa Canton, il numero deiveicoli e delle ciurme addette ai depositi

hanno cresciuto le risorse del comunenon solo aumentando il consumo,

ma migliorando anche rela-tivamente i prezzi del genereindustriale […]».

Importanti opere pub-

bliche e iniziative utili a migliorare lastruttura urbana, e le condizioni igienico-sanitarie del paese furono avviate e portatea termine durante il sindacato dell'avv. Sci-pione Mannacio Soderini: 1877-1899. Lacostruzione della strada principale (l’at -tuale corso Mannacio), la sistemazione del-le piazze cittadine (Castello oggi Marconi,Annunziata oggi Michele Solari, S. Mariadegli Angeli), la realizzazione della «vastaterrazza Castello con mura di cinta» sono leopere urbanistiche che fecero acquistareal paese, che «prima nulla aveva di civile»,un altro aspetto. Tra le altre opere vanno ri-cordate: la costruzione del cimitero, inau-gurato il 30 giugno 1889; l’acquedotto con«una perfettissima condotta di acque ab-bondantissime e saluberrime che alimen-tano sei fontane pubbliche», la fognatura.

Particolare attenzione fu rivolta al pro-blema dell’analfabetismo. Per vincere la ri-trosia dei ceti sociali più disagiati a manda-re i figli a scuola, a rinunciare all'apportoinfantile nei lavori agricoli, furono «isti-tuite nelle domeniche, popolari conferen-ze, alle quali in sulle prime intervenneropochi padri di famiglia; ma man mano ilnumerosiandòad aumentandofinoadas-sumere una certa importanza. Tema diqueste conferenze fu l’utilità, la necessitàdell'istruzionenelpopolo […] si arrivò cosìad insinuare nei padri di famiglia il deside-rio, il bisogno di vedere istruiti o almenonon analfabeti i propri figlioli […] l'istru-zione divenne diffusa». Ma sull'istruzionepesavano in generale «le condizioni com-plessive economichee sociali le quali spin-gevano la modesta finanza locale in altredirezioni dispesa». Ilprogetto dicostruireun edificio scolastico - «vasto, ben ordinatoe provveduto di quanto la scienza ritieneutile tanto dal lato dell'insegnamento che

dell'educazione» -, approvato dalconsiglio comunale il 28mar-zo 1890, rimase inattuato per«provvedere alle costose ope-re di pubblica igiene, che pri-ma fra tutte s’imponevanoper ragione della pubblica sa-lute».

La soluzione, parziale o to-tale, dei problemi igienico-sanitari, urbanistici e la rea-lizzazione di un sistema via-rio extra urbano, incisero inmodo lieve sulle condizionisocio-economiche della po-polazione. Il prelievo fiscale,gli onerosi contratti agrari,la prospettiva di migliorarela propria fortuna spinseromolti cittadini, soprattuttotra il 1880 e i primi anni del

Novecento, a partecipare allagrande ondata emigratoria verso le Ame-riche.

Le rimessedegli emigraticontribuironoaccrescere le condizioni sociali; molte fa-miglie ebbero infatti la possibilità di realiz-zare investimenti fondiari e immobiliari.La costruzione di nuovi edifici nella zona disviluppo urbano del paese è il segno evi-dente dell’impiego delle rimesse che con-tribuirono attivare un indotto economicointerno rappresentato dalle varie mae-stranze impiegate.

Nel corso del Novecento mutano i para-metri simboli dell’identità sociale e la suaproiezione nello spazio urbano che, adat-tando uno dei modelli proposti da Fortuna-ta Piselli e Giovanni Arrighi, era costituita«da una serie di segmenti territoriali,all’interno dei quali c’erano sfere semprepiù ampie di collaborazione: la famiglia, laparentela, il vicinato, la contrada, l’interacomunità». Oggi non esiste più la Franca-villa intesa come piccolo borgo rurale re-golatodal suono delle campane,dal succe-dersi del calendario liturgico e agricolo,come un organismo vivo e vitale, stretto trale sue “rughe” con un’identità collettivaprecisa edefinita, ma si esplicitacome unacomunità consumata nella società globa-lizzata, in bilico tra tradizione secolare enuove aspirazioni.

Sul piano religioso Francavilla invecemantiene una sua individualità rappre-sentata non tanto dal numero dei luoghi

pii e delle tradizioni cultua-li, quanto dal culto di S.

Foca Martire, invoca-to contro i morsivenefici di ser-penti.

Foca Accetta

La memoria religiosaFrancavilla mantiene una sua identità

rappresentata dal culto di S. Foca Martire

segue da pagina 15 con la méta raggiunta dagli esuli greci.Senza alcuna riserva sono accolte le ar-

gomentazioni e le sillogistiche deduzionidel Tranquillo per fissare l’anno di fonda-zione e il ruolo del «castellum» di Franca-villa contro le scorrerie dei saraceni. Tutta-via, accogliendo l’ipotesi che Francavillasiasorta per lariunificazione deglipreesi-stenti abitati di Cartopoli, Clopani e SantoFoca, casali di Rocca Angitola, è difficileconsiderare il950 una data certa.È oppor-tuno invece considerarlo il limite tempora-le dal quale partire per inserire la fondazio-ne del paese nel quadro storico della Cala-bria tra il primo e il secondomillennio. A quell’epoca lamalaria delle pianure costie-re e le incursionisaracene ri-cacciarono le popolazioniverso l’interno, in luoghi ap-partati, prossimia corsid’ac -qua, contigui ai terreni colti-vabili per il necessario so-stentamento e ad un’altitudi -ne sufficiente per prevenire le scorrerie eper fuggire dalla malaria. I Normanni perrafforzare e realizzare la rete difensiva de-stinata al controllo delle coste e della regio-ne interna diedero poi agli insediamentisparsi la possibilità di aggregarsi alle cittàfortificate o intorno a castelli costruiti adhoc.

Nel sistema di incastellamento, relativa-mente all’area geografica dell’Angitola,assumevano rilievo Rocca Niceforo, Maidae Nicastro; mentre sul lato ionico dell’ist -mo lametino rivestivano lo stesso peso mi-litare Catanzaro, Rocca Falluca, Squillace.La schematica rappresentazione del siste-ma difensivo normanno, sulla costa occi-dentale e orientale della Calabria, consentedi avanzare l’ipotesiche il «castel-lum» diFrancavilla,punto di rac-cordo tra icentrifortifi -

Non è piùun piccolo

borgo rurale

Via Simonetti. Pagina destra: San Foca

Le mura di FrancavillaAngitola Calvario Pendino