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RACCOMANDAZIONI PER LA RIABILITAZIONE DEI BAMBINI AFFETTI DA PARALISI CEREBRALE INFANTILE Aggiornamento 2013 SOCIETA’ ITALIANA DI MEDICINA FISICA E RIABILITAZIONE (SIMFER) SOCIETA’ ITALIANA DI NEUROPSICHIATRIA DELL’INFANZIA E DELL’ADOLESCENZA (SINPIA) Indice 1) Introduzione 1.a.1 Definizione pag. 2 1.a.2 Diagnosi 2 1.a.3 Classificazione 3 1.b Importanza delle Raccomandazioni 3 1.c Il Mandato per l’Elaborazione 4 1.d La Commissione Intersocietaria SIMFER-SINPIA 5 1.e Metodologia di Lavoro 5 1.f Destinatari delle Raccomandazioni 7 1.g Ambiti di Applicazione 7 1.h Monitoraggio ed Aggiornamento delle Raccomandazioni 8 2) Raccomandazioni 2.a Profilo di Funzionamento del Paziente 9 2.b Ambiti Giustificati d’Intervento Differenziati per Età 13 2.c Metodologia Operativa 14 3) Approfondimenti Analitici di alcuni argomenti e Termini citati nel testo 19 4) Bibliografia 27 5) Appendice Esempi di contenuti del programma terapeutico nelle varie fasce d’età 39 Guida alla lettura Queste Raccomandazioni cliniche rappresentano la revisione e l’aggiornamento delle Linee Guida, approvate nel 2002 e riviste nel 2005-2006, e sono composte da cinque parti. Nell’introduzione vengono precisati la definizione della patologia oggetto delle Raccomandazioni, l’importanza che esse rivestono ai fini clinici e organizzativi, il mandato ricevuto per la loro elaborazione dalle due Società Scientifiche di riferimento, la composizione della Commissione, la metodologia di lavoro seguita, i destinatari, gli ambiti di applicazione, le modalità di monitoraggio e aggiornamento. Seguono le Raccomandazioni, organizzate in tre sezioni: la definizione del profilo funzionale del paziente, secondo assi motori e non motori che descrivono la sua disabilità, gli ambiti (obiettivi) dell’intervento rieducativo (differenziati in funzione dell’età del paziente) ed infine la metodologia operativa che dovrebbe essere seguita nell’intervento rieducativo. Alla luce delle recenti ricerche è stata aggiunta una sezione di approfondimenti analitici con lo scopo di definire e chiarire tematiche e termini rilevanti nella presa in carico del bambino con PCI, come il deficit visivo di tipo centrale, la qualità di vita e il dolore, le procedure riabilitative innovative. Infine, dopo una sezione bibliografica aggiornata, nell’appendice vengono riportati suggerimenti sui contenuti del programma rieducativo, distinti per fasce di età del paziente.

Transcript of Linee guida per la riabilitazione dei soggetti affetti da ... · registro della SCPE (SCPE 2000,...

  • RACCOMANDAZIONI PER LA RIABILITAZIONE DEI BAMBINI

    AFFETTI DA PARALISI CEREBRALE INFANTILE

    Aggiornamento 2013

    SOCIETA’ ITALIANA DI MEDICINA FISICA E RIABILITAZIONE (SIMFER)

    SOCIETA’ ITALIANA DI NEUROPSICHIATRIA DELL’INFANZIA E

    DELL’ADOLESCENZA (SINPIA)

    Indice

    1) Introduzione

    1.a.1 Definizione pag. 2

    1.a.2 Diagnosi 2

    1.a.3 Classificazione 3

    1.b Importanza delle Raccomandazioni 3

    1.c Il Mandato per l’Elaborazione 4

    1.d La Commissione Intersocietaria SIMFER-SINPIA 5

    1.e Metodologia di Lavoro 5

    1.f Destinatari delle Raccomandazioni 7

    1.g Ambiti di Applicazione 7

    1.h Monitoraggio ed Aggiornamento delle Raccomandazioni 8

    2) Raccomandazioni

    2.a Profilo di Funzionamento del Paziente 9

    2.b Ambiti Giustificati d’Intervento Differenziati per Età 13

    2.c Metodologia Operativa 14

    3) Approfondimenti Analitici di alcuni argomenti e Termini citati nel testo 19

    4) Bibliografia 27

    5) Appendice

    Esempi di contenuti del programma terapeutico nelle varie fasce d’età 39

    Guida alla lettura Queste Raccomandazioni cliniche rappresentano la revisione e l’aggiornamento delle Linee Guida, approvate nel 2002 e

    riviste nel 2005-2006, e sono composte da cinque parti. Nell’introduzione vengono precisati la definizione della

    patologia oggetto delle Raccomandazioni, l’importanza che esse rivestono ai fini clinici e organizzativi, il mandato

    ricevuto per la loro elaborazione dalle due Società Scientifiche di riferimento, la composizione della Commissione, la

    metodologia di lavoro seguita, i destinatari, gli ambiti di applicazione, le modalità di monitoraggio e aggiornamento.

    Seguono le Raccomandazioni, organizzate in tre sezioni: la definizione del profilo funzionale del paziente, secondo assi

    motori e non motori che descrivono la sua disabilità, gli ambiti (obiettivi) dell’intervento rieducativo (differenziati in

    funzione dell’età del paziente) ed infine la metodologia operativa che dovrebbe essere seguita nell’intervento

    rieducativo. Alla luce delle recenti ricerche è stata aggiunta una sezione di approfondimenti analitici con lo scopo di

    definire e chiarire tematiche e termini rilevanti nella presa in carico del bambino con PCI, come il deficit visivo di tipo

    centrale, la qualità di vita e il dolore, le procedure riabilitative innovative. Infine, dopo una sezione bibliografica

    aggiornata, nell’appendice vengono riportati suggerimenti sui contenuti del programma rieducativo, distinti per fasce di

    età del paziente.

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    1) INTRODUZIONE

    1.a) Definizione, diagnosi e classificazione della Paralisi Cerebrale Infantile

    1.a.1) Definizione

    La paralisi cerebrale infantile (PCI) è definita come un gruppo di disturbi permanenti dello sviluppo del movimento e

    della postura, che causano una limitazione delle attività, attribuibili ad un danno permanente (non progressivo) che si è

    verificato nell’encefalo nel corso dello sviluppo cerebrale del feto, del neonato o del lattante. I disturbi motori della PCI

    sono spesso accompagnati da disturbi sensitivi, sensoriali, percettivi, cognitivi, comunicativi, comportamentali, da

    epilessia e da problemi muscoloscheletrici secondari (Rosenbaum et al., 2006).

    La PCI è dunque una condizione dovuta ad alterazioni del sistema nervoso centrale per cause pre-, peri- o post-natali,

    prima che se ne completi la crescita e lo sviluppo, estremamente eterogenea in termini di eziologia, tipo e gravità del

    disturbo stesso (Bax et al., 2005; Mutch et al., 1992; Bax 1964).

    Il termine “disturbo permanente” indica una condizione, non tanto una malattia, passibile di evoluzione funzionale.

    L’aggettivo permanente esclude disturbi transitori, ma riconosce il cambiamento delle manifestazioni cliniche che si

    modificano nel tempo. Nella PCI sono possibili mutamenti migliorativi o peggiorativi, spontanei o indotti, soprattutto

    alla luce dei recenti studi sulla plasticità cerebrale. La lesione di per sé non evolve, ma, divenendo sempre più

    complesse le richieste dell’ambiente al bambino, si può assistere ad un aggravamento della disabilità in funzione sia del

    danno primitivo, sia dei deficit accumulati “strada facendo” in ragione della mancata acquisizione di esperienze e di

    nuove capacità.

    Elemento innovativo della nuova definizione è il riconoscimento che, accanto alle alterazioni dell’azione e del controllo

    motorio (componenti sempre presenti nella PCI), sono frequenti ed altrettanto determinanti disturbi associati quali i

    deficit sensitivi e sensoriali/percettivi, i problemi prassici e gnosici, le difficoltà di apprendimento, i disturbi cognitivi e

    quelli relazionali, fenomeni espliciti ed indagabili anche in epoca precoce, pur se variabili per frequenza e gravità.

    La definizione presenta ancora limiti tuttora oggetto di discussione. In particolare non si fa alcun riferimento alla

    patogenesi del danno cerebrale; la definizione di danno non-progressivo è talvolta ipotetica e non ancora supportata da

    analisi certe che possano confermare o escludere una possibile seppur lenta progressione dei disturbi; il limite di età

    appare ambiguo dato che il termine “infant brain” copre un periodo di vita cha va dalla nascita ad almeno 3 anni; il

    limite inferiore di gravità che ci consente di porre diagnosi di PCI non è definito (forme lievi con un ottimo compenso

    funzionale potrebbero non essere classificabili in questa condizione). Queste considerazioni determinano il limite di

    durata e la necessità di periodiche revisioni delle presenti Raccomandazioni. Convenzionalmente per porre diagnosi di

    PCI noi limitiamo al primo anno di vita il periodo in cui avviene la lesione; oltre tale termine si utilizzerà la diagnosi

    specifica (trauma cranico, tumore cerebrale, stroke, encefalite, etc.) e il progetto riabilitativo considererà le peculiari

    caratteristiche di ogni patologia. Infatti nella PCI si parla di una “mancata acquisizione”, dopo l’anno di vita invece

    avremo una “perdita della funzione” in corso di sviluppo. Dal gruppo delle PCI pertanto restano escluse le forme eredo-

    familiari e le metaboliche ad esordio precoce. Un ulteriore limite dell’attuale definizione nasce dal fatto che il panorama

    della PCI è in continuo cambiamento sia dal punto di vista epidemiologico sia clinico (ad esempio nei prematuri con

    peso molto basso alla nascita si osserva un quadro clinico in cui i disturbi sensoriali e/o associati predominano sui

    disturbi motori). Il panorama cambia inoltre in funzione del livello di maturazione del SNC senza abbassare

    l’espressività della patologia. L’alta incidenza della PCI è anche determinata dal fatto che l’affezione non è basata su

    una diagnosi eziologica ma piuttosto su un processo descrittivo di una condizione che necessita di un approccio

    individualizzato multidimensionale che tenga conto dello stato funzionale della Neonata Persona e dei suoi bisogni

    (Rosenbaum et al., 2006).

    1.a.2) Diagnosi

    Per orientarsi nella diagnosi di PCI si rimanda ai lavori dedicati (Surveillance of Cerebral Palsy in Europe SCPE, vedi

    Approfondimenti analitici), ricordando che le raccomandazioni del presente documento si applicano in modo prevalente

    alle forme spastiche delle PCI, che rappresentano circa l’80% di tutte le forme. Per le forme discinetiche e atassiche

    delle PCI, che rappresentano attualmente circa il 20%, e per le forme miste occorre rimandare la diagnosi ed il

    trattamento ad altro documento. Riportiamo una flow-chart utilizzata per includere o escludere i bambini con PCI nel

    registro della SCPE (SCPE 2000, vedi Approfondimenti analitici, Figura 1 e 2).

    Ai fini diagnostici può essere di aiuto l’interpretazione delle neuroimmagini (preferibilmente la RMN) (SCPE 2000,

    vedi Approfondimenti analitici, Figura 3). Bax et al (2006) riportano che grazie alle neuroimmagini la possibilità di

    definire il quadro eziopatogenetico nel loro campione è pari al 77% dei casi con la TAC e all’89% con la RMN,

    confermando quindi l’esistenza di possibili quadri negativi nell’11% circa dei casi.

    Krageloh-Mann et al. (2007) riportano che la RMN è normale in circa 13% dei bambini con forme bilaterali e nel 10%

    dei bambini con forme unilaterali; nella casistica di questi autori la correlazione con l’età gestazionale rileva che i dati

    di normalità sono più frequenti nei nati a termine rispetto ai pretermine.

    Secondo Towsley et al. (2011) le PCI severe (GMFCS livello 4-5), specie le tetraparesi, sono significativamente

    associate a RMN patologica con coinvolgimento corticale; le forme emiplegiche sono associate più spesso ad accidenti

    vascolari; le forme discinetiche e diplegiche talvolta si associano a una RMN normale o aspecifica.

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    Nei casi di RMN normale è suggerita ma ancora dibattuta l’utilità di effettuare uno screening metabolico e/o genetico.

    Da un lato alcuni autori riportano l’importanza dello screening metabolico, dall’altro i risultati attuali non sembrano

    essere significativi (Leonard et al., 2011). Per gli aspetti genetici una recente metanalisi del 2011 sui polimorfismi

    genetici associati a PCI (Wu et al.) ha evidenziato una correlazione significativa tra PCI e un polimorfismo genetico

    dell’interleuchina 6; altri correlati genetici sono stati suggeriti più recentemente (Moreno et al. 2012), ma sono necessari

    ulteriori studi per chiarire meglio tali aspetti.

    1.a.3) Classificazione

    Per differenziare le varie forme cliniche possono essere utilizzati diversi tipi di classificazione: quelle internazionali

    basate su dati epidemiologici, quelle neuro-radiologiche basate sui dati di neuroimaging e infine quelle riabilitative,

    centrate sugli aspetti funzionali e prognostici (SCPE 2000, vedi Approfondimenti analitici, Figura 2). Bisogna ricordare

    che la classificazione SCPE è priva di ricadute riabilitative. In funzione di questo, in Italia da anni si utilizzano anche

    altri tipi di classificazione, più utili a fini prognostici e riabilitativi (Ferrari, 2005).

    La classificazione internazionale del 2006 rappresenta il tentativo di unificare i diversi approcci. In tale classificazione

    vengono distinte quattro componenti, all’interno delle quali si ritrovano riferimenti a classificazioni già esistenti:

    1. Anomalie motorie: a. Natura e tipologia del disordine motorio (SCPE); b. Abilità funzionali motorie (GMFCS - funzioni posturo-cinetiche; MACS - funzioni manipolatorio-

    prassiche);

    2. Disturbi associati: sensitivi, sensoriali/percettivi, cognitivi, comunicativi, comportamentali, epilessia e problemi muscoloscheletrici secondari;

    3. Quadri anatomici e neuroradiologici (SCPE differenzia le lesioni cerebrali in unilaterali o bilaterali); 4. Aspetti eziopatogenetici e timing.

    Accanto a queste classificazioni dal 2007 è in uso l’ICF-CY (Classificazione Internazionale dell’OMS sulla Funzione,

    Disabilità e Salute). È ancora oggi molto diffusa in Italia la classificazione di Hagberg (1975), che distingue diverse

    forme cliniche di PCI sulla base del disturbo motorio prevalente e della distribuzione topografica (forme spastiche,

    suddivise in emiplegia, diplegia e tetraplegia; forme atassiche, suddivise in atassia congenita semplice e diplegia

    atassica; forme discinetiche, distinte in coreoatetosica e discinetica).

    Nell’ambito delle forme spastiche in Italia viene utilizzata ai fini riabilitativi anche la classificazione di Ferrari (2005),

    basata sulle funzioni adattive motorie (postura, cammino e manipolazione).

    In conclusione ricordiamo che qualsiasi classificazione non può prescindere da un approccio individualizzato

    multidimensionale che tenga conto dello stato funzionale della persona e dei suoi bisogni (Rosenbaum, 2007).

    1.b) Importanza delle Raccomandazioni Epidemiologia: la mancanza di un registro epidemiologico nazionale impedisce di produrre dati epidemiologici

    oggettivabili. Attualmente nei paesi industrializzati la prevalenza della PCI si è attestata da tempo attorno al 2 per

    mille, un nuovo caso ogni 500 nati vivi (Surman et al., 2009). Il recente lavoro del gruppo svedese (Himmelmann et

    al, 2010) documenta una prevalenza di 2.18 per 1000 nati vivi. Alcuni autori segnalano negli ultimi anni un trend in

    riduzione nei bambini con peso alla nascita molto basso (Cans, 2008).

    Età Gestazionale (EG) e Peso: accanto ai fattori noti, acquistano importanza altri fattori quali il rischio associato alla

    prematurità estrema con abbassamento dell’EG e nuove categorie emergenti quali l’aumento dell’età media delle

    primipare e le gravidanze multiple naturali e/o indotte. La relazione tra PCI e EG è ben documentata: il rischio di

    avere una PCI è infatti di 100/1000 per i nati prima della 28a settimana di gestazione, ben 100 volte superiore

    rispetto ai neonati a termine (Washburn LK et al., 2007). Il rischio di PCI associato a parto pretermine nei bambini

    nati dopo Fecondazione in Vitro (FIV) presenta una crude ratio1 di 2.18, mentre non ci sono dati sul rischio dopo

    sola ovulazione indotta (Hvidtjorn et al., 2009). I bambini più piccoli, malgrado abbiano un rischio maggiore di

    sviluppare PCI, presentano comunque una minore tendenza a sviluppare le forme con maggiore compromissione

    (Surman et al., 2009).

    Forme e Caratteristiche Cliniche: a conferma del continuo cambiamento del panorama della PCI l’emiplegia ha

    raggiunto il 38%, la diplegia il 32%, la tetraplegia il 7%, mentre le PCI discinetiche rappresentano il 17% e le

    atassiche il 5% (Himmelmann et al., 2010). L’emiplegia è divenuta la forma più frequente di PCI.

    Funzioni e Gravità: nel lavoro svolto da Beckung e Hagberg nel 2008 sui registri europei della Surveillance of Cerebral

    Palsy si evidenzia come la presenza di disturbi intellettivi, visivi, uditivi e di epilessia correli significativamente con

    la capacità di camminare. Questa relazione è tale da poter ritenere la funzione cammino come un valido indicatore

    del carico totale di disabilità. Nello studio sopra menzionato la capacità di deambulare senz’ausili a 5 anni di età è

    riportata nel 54% dei casi, nel 16% la deambulazione è possibile solo con ausili, mentre il cammino non è raggiunto

    nel 30% dei casi. Quest’ultima percentuale è abbastanza stabile nel tempo in tutta Europa con una proporzione

    1 Il numero totale di eventi che incorrono in una popolazione senza alcun riferimento ad individui o sottogruppi diviso per la media degli eventi.

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    media del 28%.

    Costi sanitari, sociali, familiari e individuali: la PCI, in quanto compromette lo sviluppo delle funzioni adattive

    dell’individuo, con importante ricaduta sulla qualità di vita del paziente e della sua famiglia, richiede un percorso ri-

    abilitativo lungo e complesso che investe i servizi sanitari, sociali e le strutture educative. Poiché gli interventi

    richiesti non possono esaurirsi con l’età evolutiva ma investono l’intera esistenza del soggetto, i costi per la

    collettività sono necessariamente ingentissimi.

    Comportamenti terapeutici/riabilitativi, educativi ed assistenziali: data l’estrema variabilità degli aspetti clinici della

    PCI, la complessità delle funzioni coinvolte e la multiforme naturale evoluzione delle competenze del paziente, le

    proposte terapeutiche, educative ed assistenziali, erogate a scopo riabilitativo dai diversi servizi coinvolti, risultano

    estremamente disomogenee quando non apertamente contraddittorie. Le Raccomandazioni si offrono come

    strumento per permettere una omogeneità di intervento. La strategia deve essere quella della Evidence Based

    Medicine (EBM). Va ricordato che anche in riabilitazione è necessario procedere con studi robusti, se possibile

    Trials Randomizzati Controllati (RCT), con criteri di inclusione dei pazienti rigorosi, impiego di scale di valutazione

    standardizzate, analisi oggettiva del movimento mediante sistemi di videoregistrazione, optoelettronici o robotici,

    precisa definizione dei percorsi di training, della metodologia riabilitativa adottata, dell’intensità e della frequenza

    dei trattamenti, della tempistica di follow-up (Novak et al, 2013).

    Accreditamento delle strutture sanitarie di riabilitazione infantile: questa procedura esige la dichiarazione dei processi

    e dei percorsi messi in atto per il trattamento di questa patologia e l’esplicitazione del razionale che sottende alle

    scelte compiute in relazione ai risultati attesi ed ai costi necessari per raggiungerli. Le Raccomandazioni si offrono

    come strumento su cui basare le procedure di accreditamento delle strutture sanitarie.

    Linee Guida (LG) per la riabilitazione dei bambini affetti da paralisi cerebrale infantile: questa è la terza revisione del

    documento, frutto dello sforzo della comunità riabilitativa medica italiana intersocietaria (SIMFER-SINPIA). Essa

    può essere considerata anche un contributo al lavoro dei gruppi europei che stanno definendo raccomandazioni

    internazionali (per esempio l’European Academy of Childhood Disability). Che il compito di stesura delle LG per le

    PCI sia arduo è dimostrato dalla loro mancanza a livello internazionale a causa delle molteplici variabili da

    considerare e dalla difficoltà di raggiungere un consenso. Sono invece disponibili indicazioni per specifiche

    problematiche cliniche quali, ad esempio, la lussazione dell’anca, la gestione della spasticità (tossina botulinica,

    pompe per baclofen intratecale), la chirurgia funzionale, il trattamento delle deformità ossee, etc. che non sono

    oggetto delle presenti Raccomandazioni.

    1.c) Il Mandato per l’Elaborazione

    La Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitazione (SIMFER), in relazione ai propri compiti statutari e sulla base

    di indicazioni del Dipartimento di Programmazione del Ministero della Sanità, ha dato incarico nel 1999 ad una

    commissione di suoi Soci, esperti nel settore della riabilitazione di soggetti affetti da PCI, di elaborare “Linee Guida

    per la riabilitazione dei bambini affetti da paralisi cerebrale infantile”.

    Dopo la Consensus Conference, svoltasi a Bologna nei giorni 11 e 12 dicembre 2000, anche la Società Italiana di

    Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA), avendo ricevuto in precedenza analogo mandato da

    parte del Dipartimento di Programmazione del Ministero della Sanità, ha incaricato alcuni suoi Soci, esperti nel

    settore della riabilitazione dei soggetti affetti da paralisi cerebrale infantile, di partecipare ai lavori della

    commissione SIMFER, che è così divenuta una Commissione Intersocietaria SIMFER – SINPIA, per la stesura delle

    Linee Guida.

    Il lavoro è stato concluso nel 2001, i testi sono stati approvati dalle due Società nel 2002 e recepiti dal Ministero

    della Salute nel giugno dello stesso anno.

    Il documento approvato prevedeva la necessità di una revisione periodica quinquennale ad opera della stessa

    Commissione intersocietaria. A questo mandato si è provveduto una prima volta nel 2005 attraverso una serie

    d’incontri ad hoc tra gli esperti che in larga parte avevano già partecipato alla prima commissione, ed una seconda

    nel 2012. Il primo aggiornamento del documento è stato completato nel 2006. Il secondo nel 2013. Accanto ad

    alcuni dei professionisti che avevano già partecipato alla prima e/o alla seconda commissione, hanno preso parte ai

    lavori del 2012/13 nuovi specialisti espressi da entrambe le società. La composizione dell’intera commissione è

    riportata di seguito.

    La versione attuale delle raccomandazioni ha esteso, oltre che riattualizzato, le affermazioni delle precedenti

    versioni, affrontando anche ambiti in precedenza non toccati. L’intero documento più che una proposta terapeutica

    aggiornata sui progressi delle conoscenze nel campo della riabilitazione della PCI rappresenta la cornice

    metodologica che deve guidare la scelta delle soluzioni terapeutiche più appropriate. Per un giudizio in merito a

    queste si rimanda alle recenti revisioni della letteratura, in particolare al lavoro di Novak et al. del 2013.

    Il testo delle raccomandazioni, steso in continuità con le versioni precedenti (per alcune parti rivisto dagli stessi

    autori) è frutto di un percorso di confronto attento fra professionisti operanti in ambiti differenti (medicina

    riabilitativa e neuropsichiatria infantile), in strutture di diverso livello (dai primi livelli territoriali ai terzi livelli

    nazionali) e di differente natura (ambulatori e centri convenzionati, aziende sanitarie locali, aziende ospedaliere,

    IRCCS, Università), portato avanti in modo collegiale e collaborativo. Il percorso di revisione, durato due anni, per

    la eterogeneità degli operatori coinvolti, le differenti esperienze professionali e le diverse strutture rappresentate

    fotografa, oltre ai progressi delle conoscenze nell’ambito delle neuroscienze, l’importante crescita culturale e

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    professionale compiuta in questi anni in Italia nell’ambito dell’intera riabilitazione infantile ed in particolare sul

    difficile terreno della rieducazione della PCI. Poiché l’applicazione di Linee guida rappresenta uno dei requisiti

    fondanti per l’accreditamento delle strutture, i benefici delle raccomandazioni non ricadono solo sulla qualità delle

    cure ricevute dai giovani pazienti e dalle loro famiglie, ma si ripercuotono positivamente sul miglioramento

    continuo della qualità dei servizi erogati e della competenza professionale degli operatori coinvolti, attraverso

    l’implementazione del modello ragionato e in relazione a ciò che è più corretto fare nell’approccio rieducativo

    tempestivo e mirato alla PCI ed alle patologie ad essa correlate.

    Secondo il mandato ricevuto, le raccomandazioni non si applicano al trattamento di altri disturbi neuropsichici

    eventualmente presenti nel bambino con paralisi cerebrale infantile (ad es. il ritardo mentale, il disturbo pervasivo

    dello sviluppo, ecc.), quando essi rappresentino la disabilità prevalente o prioritaria per il trattamento riabilitativo

    rispetto al disturbo del controllo motorio. La riabilitazione di queste disabilità deve essere oggetto di specifiche

    raccomandazioni. Altrettanto vale per l’approccio abilitativo al neonato ricoverato in terapia intensiva.

    1.d) La Commissione Intersocietaria SIMFER-SINPIA

    Hanno fatto parte della Commissione Intersocietaria SIMFER-SINPIA per la revisione delle “Raccomandazioni per la

    riabilitazione dei bambini affetti da paralisi cerebrale infantile”:

    Castelli Enrico (Coordinatore SIMFER) IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù (Roma)

    Alboresi Silvia IRCCS Azienda Arcispedale S. Maria Nuova (Reggio Emilia)

    Armando Michela IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù (Roma)

    Battisti Nicoletta IRCCS Neuroscienze Az. USL Città di Bologna (Bologna)

    Carboni Eva Istituto Don C. Gnocchi, Falconara (Ancona)

    Cazzagon Monica IRCCS Medea polo Friuli Pasian da Prato (Udine)

    Cersosimo Antonella IRCCS Neuroscienze Az. USL Città di Bologna (Bologna)

    Dalla Torre Liliana SRRF Ospedale Feltre (Belluno)

    Ferrari Adriano Università di Modena e Reggio Emilia (Reggio Emilia)

    Gambini Daniela Azienda USL di Ravenna

    Giampaoli Giancarla Istituto Santo Stefano, Civitanova Marche (Macerata)

    Maltoni Paola Azienda USL Forlì UORRF

    Marucco Anna Azienda ULSS n° 17 Ospedale Este-Monselice (Padova)

    Marconi Rita Istituto Santo Stefano, Porto Potenza Picena (Ascoli)

    Morelli Daniela IRCCS Fondazione S. Lucia, Roma

    Pignatelli Salvatore Azienda USL Taranto

    Rubini Gabriella Azienda ULSS 20 Verona

    Trevisi Enrico IRCCS E. Medea, sede di Conegliano (Treviso)

    Turconi Anna-Carla IRCCS E. Medea, sede di Bosisio Parini (Como)

    Trabacca Antonio IRCCS E. Medea, sede di Brindisi

    Elisa Fazzi (Coordinatore SINPIA) Azienda Ospedaliera Spedali Civili di Brescia - Università di Brescia

    Cioni Giovanni IRCCS Stella Maris - Università di Pisa

    Folegani Patrizia Azienda USL Ferrara

    Giannini Maria Teresa Università La Sapienza – Roma

    Luparia Antonella IRCCS C. Mondino - Pavia

    Landi Nerina ASL 10 Firenze

    Mangione Domenico ASL Matera

    Marcelli Marco ASL Viterbo

    Militerni Roberto Università di Napoli II

    Pagliano Emanuela IRCCS C. Besta – Milano

    Paolicelli Paola Bruna IRCCS Stella Maris

    Sales Bruno ASL Empoli

    Scuccimarra Goffredo Istituto Antoniano-Ercolano (Napoli)

    Sgandurra Giuseppina IRCCS Stella Maris - Pisa

    Tornetta Lorella Azienda Ospedaliera Regina Margherita Torino

    Oltre ai professionisti sopra riportati e indicati dalla Società Scientifiche hanno fornito il loro supporto numerosi altri

    colleghi che ringraziamo, in particolare Mario Cerioli, Gianni Di Polo, Federica Tansini, Sara Lenzi, Roberta Milone

    Gessica Vasco.

    1.e) Metodologia di Lavoro Le presenti Raccomandazioni sono basate sui dati di efficacia reperiti in letteratura e sull’opinione degli esperti. La

    ricerca degli studi pubblicati è stata effettuata tramite la consultazione delle seguenti banche dati: Medline, Embase,

  • 6

    Cochrane Library. Sono state inoltre ricercate, con apposita metodologia, tramite Internet, le Linee Guida esistenti e

    reperita la letteratura non indicizzata, individuata sulla base della conoscenza diretta dei partecipanti alla Commissione

    Intersocietaria. I principali documenti consultati sono riportati in bibliografia.

    Le prove di efficacia, ottenute con la revisione della letteratura, sono state analizzate da un panel di esperti che ha

    formulato le raccomandazioni attraverso una discussione di gruppo non strutturata durata tre anni. Gli esperti del panel

    sono stati individuati dalla SIMFER e dalla SINPIA tra i colleghi in servizio attivo sulla base dei seguenti criteri:

    disponibilità all’impegno, esperienza consolidata nel settore da almeno 10 anni, impegno professionale prevalente nel

    settore o in qualcuno dei suoi aspetti peculiari, pubblicazioni scientifiche inerenti, riconoscimento di competenza da

    parte della comunità scientifica nazionale e/o internazionale, appartenenza ad enti di tipologia diversa (università,

    IRCCS, ospedale, territorio, strutture ONLUS convenzionate) e provenienza dal maggior numero possibile di regioni

    italiane.

    Le argomentazioni oggetto delle Raccomandazioni sono sostenute da evidenze scientifiche, da una grande mole di

    lavori descrittivi e da prassi operative principalmente basate sul consenso degli esperti, che è sempre stato unanime. Le

    prove di efficacia (“livelli di evidenza”) e la forza delle Raccomandazioni conseguenti, sono state graduate secondo le

    più recenti indicazioni della letteratura in materia.

    Nella valutazione dei lavori scientifici, con particolare riguardo alle revisioni sistematiche, sono stati utilizzati

    preferenzialmente gli Oxford 2011 Levels of Evidence (OCEBM Levels of Evidence Working Group. The Oxford

    Levels of Evidence 2. Oxford Centre for Evidence Based Medicine. https://www.cebm.net/index). Essi prevedono i

    seguenti livelli:

    LIVELLO 1: risultati confermati da una o più revisioni sistematiche di studi randomizzati o trials;

    LIVELLO 2: almeno uno studio randomizzato o osservazionale ha dimostrato un risultato certo;

    LIVELLO 3: evidenze confermate con uno studio di coorte controllato non randomizzato/studio di follow-up;

    LIVELLO 4: studio case-series o caso-controllo, o uno studio retrospettivo;

    LIVELLO 5: evidenza derivante dal razionale scientifico.

    In seconda battuta la qualità complessiva dell’evidenza secondo il panel degli esperti è stata graduata secondo il sistema

    GRADE (Atkins et al.; GRADE Working Group. Grading quality of evidence and strength of recommendations. BMJ.

    2004 Jun 19;328(7454):1490) che è fortemente supportato dal WHO. Esso prevede:

    QUALITÀ ALTA: è molto improbabile che ulteriori ricerche possano cambiare gli effetti della terapia;

    QUALITÀ MODERATA: ulteriori ricerche possono avere un impatto importante sugli effetti della terapia, modificando quanto attualmente ritenuto;

    QUALITÀ BASSA: è molto probabile che la ricerca possa cambiare gli effetti che oggi attribuiamo alla terapia;

    QUALITÀ MOLTO BASSA: non possiamo stimare con certezza gli effetti della terapia.

    Infine è stato assegnato un livello di “forza” alla raccomandazione:

    FORTE + la raccomandazione è certamente da seguire;

    DEBOLE + la raccomandazione è probabilmente da seguire;

    DEBOLE - l’azione è probabilmente da non seguire;

    FORTE - l’attività è certamente da non effettuare.

    Trattandosi nel caso delle presenti raccomandazioni di suggerimenti metodologici per le prassi operative, più che di

    valutazioni su specifici trattamenti come il tipo di esercizi riabilitativi, o di ortesi, di chirurgia, di farmaci etc., la

    commissione intersocietaria spesso non ha reperito in letteratura sufficienti studi randomizzati e di revisione da

    raggiungere livelli di evidenza alla Oxford Scale superiori a 3 o 4 ed in molti casi si sono riscontrati livelli basati sul

    ragionamento intorno ai meccanismi neurofisiologici e clinici.

    Il livello unanime del gruppo di esperti su molte raccomandazioni è stato pertanto orientato per una forza moderata

    (DEBOLE +), tranne che per alcune, come quelle sul coinvolgimento della famiglia o sui limiti temporali della

    plasticità e della modificabilità delle funzioni, che hanno una qualità di evidenza ed una forza delle raccomandazioni

    più elevata, grazie ai numerosi studi pubblicati. Sono state inserite in queste Raccomandazioni solo quelle che hanno un

    livello FORTE + e DEBOLE +.

    L’aggiornamento delle Raccomandazioni è stato elaborato attraverso riunioni del gruppo intersocietario che si sono

    svolte negli anni 2012 e 2013. Il testo, rivisto alla luce delle osservazioni espresse in aula sulla base di quesiti chiave

    preformulati o fatte pervenire successivamente per posta elettronica, è stato approvato dai membri della Commissione.

    Il testo è stato poi presentato, discusso ed approvato nel convegno annuale intersocietario SIMFER-SINPIA che si è

    tenuto a Brindisi nell’ottobre 2013.

    Una delle direttrici di sviluppo di questo aggiornamento è stata l’introduzione da parte dell’Organizzazione Mondiale

    della Sanità (OMS) dell’International Classification of Functioning (ICF, 2001), con i suoi concetti unificanti per

    analizzare la complessità delle condizioni di salute e progettare un profilo di funzionamento attraverso i suoi elementi

    https://www.cebm.net/index

  • 7

    fondamentali: strutture e funzioni corporee, attività e partecipazione, il tutto in relazione con i fattori contestuali

    (ambiente e fattori personali).

    Nella revisione che ha portato all’attuale documento si è reso necessario tenere conto dell’introduzione dal 2007

    dell’ICF-CY, sistema classificativo del funzionamento, della disabilità e della salute della persona in età evolutiva.

    Nonostante la dimensione ecologica ed olistica del processo riabilitativo facesse già parte dei contenuti delle precedenti

    linee guida, la rivoluzione culturale dell’ICF ha enfatizzato un modello concettuale e strutturale della prassi riabilitativa

    del quale è necessario tenere conto per la programmazione dell’attività di cura. Apparteneva già al retaggio culturale

    delle nostre società scientifiche il concetto di “sviluppo della paralisi” (Ferrari, 1990) intesa come relazione dinamica

    positiva che il bambino cerca di costruire con l’ambiente partendo dalle risorse che possiede (compresa la stessa

    patologia); avevamo già chiaro come riabilitatori la conseguente necessità di sviluppare una semeiotica funzionale alla

    capacità di evidenziare le risorse adattive o alternative del bambino e del contesto, su cui costruire la prognosi e la scelta

    degli strumenti terapeutici idonei, non finalizzati al recupero della normalità, ma all’espressione della massima

    funzionalità possibile, in cui l’intervento sui fattori contestuali diviene elemento qualificante e non segno del fallimento

    della riabilitazione. L’introduzione dell’ICF-CY ha facilitato la progressione di questo processo culturale fornendo una

    cornice concettuale e standardizzata, particolarmente importante per la condivisione e pianificazione multidisciplinare

    del progetto riabilitativo. In particolare pesano la posizione di centralità assunta dai fattori contestuali e la loro

    standardizzazione, la partecipazione come il più importante outcome della riabilitazione e il concetto di funzionamento

    della persona definito come relazione dinamica tra fattori individuali e contestuali. Poiché il processo di applicazione

    dell’ICF e dell’ICF-CY in riabilitazione è certamente ancora complesso, per problemi che coinvolgono non solo la

    metodologia di uso ma anche i modelli organizzativi dei servizi attualmente in essere, obiettivo a latere di queste

    Raccomandazioni diviene fornire stimoli alla riflessione per facilitarne la progressiva applicazione e utilizzazione.

    1.f) Destinatari delle Raccomandazioni

    Le presenti Raccomandazioni per la riabilitazione dei bambini affetti da PCI sono state elaborate da esperti delle due

    società e sono pertanto prevalentemente destinate a Medici specialisti, responsabili dei Progetti Riabilitativi Individuali

    (Fisiatri e Neuropsichiatri Infantili);

    Esse sono rivolte tuttavia anche ad altri operatori sanitari tra i quali:

    Terapisti che intervengono, a vario titolo, nella valutazione e nel trattamento del bambino con PCI;

    Altri medici specialisti (Ortopedici, Pediatri, Oculisti, Neurologi, ecc.);

    Psicologi;

    Assistenti Sociali;

    Componenti tecniche del gruppo interprofessionale di riabilitazione (tecnico ortopedico, ortottista, infermiere, tiflologo etc.);

    Sono altresì indirizzate anche ad altri quali:

    Famiglie dei soggetti affetti da PCI;

    Figure educative coinvolte nella gestione in ambito scolastico e nel tempo libero di bambini con disabilità (insegnante di sostegno, AEC2, insegnanti, educatori, pedagogisti);

    Ministero della Salute, Agenzie dei Servizi Sanitari Regionali.

    1.g) Ambiti di Applicazione

    Le presenti Raccomandazioni si applicano all’ambito della rieducazione, processo che assieme all’educazione e

    all’assistenza concorre a costituire il complesso intervento della riabilitazione del bambino affetto da PCI.

    Ciò premesso, riteniamo indispensabile riaffermare che, in stretta integrazione con le presenti, debbano essere

    tempestivamente elaborate analoghe linee guida per l’assistenza (care) e per l’educazione del bambino affetto da

    paralisi cerebrale infantile. Per la loro stesura, accanto ad esperti della rieducazione, dovranno necessariamente essere

    coinvolte altre figure professionali (pediatri e medici di medicina generale, psicologi, sociologi, assistenti sociali,

    educatori, animatori, ecc.), oltre naturalmente ai rappresentanti delle associazioni dei genitori e agli stessi utenti.

    Per quanto riguarda gli interventi assistenziali ed educativi è stato ritenuto più utile, anziché procedere secondo la logica

    costi/benefici terapeutici, considerare il profilo di funzionamento del paziente e ricavare da esso la percentuale di risorse

    sanitarie e sociali richieste. E’ facile, infatti, dimostrare che, quanto minore è la possibilità di modificare

    terapeuticamente il quadro clinico, per la gravità della lesione o per la complessità della situazione familiare e

    contestuale (ambiente, comunità, cultura), tanto più importanti diventano gli interventi a carattere educativo ed

    assistenziale di cui il paziente e la sua famiglia hanno bisogno ed i cui effetti sono oggi da misurare in termini di

    partecipazione e qualità della vita del bambino e della sua famiglia.

    Nelle presenti Linee Guida è stato accolto e condiviso quanto enunciato nel “Manifesto per la riabilitazione del

    bambino” redatto dal Gruppo Italiano per la Paralisi Cerebrale Infantile (2000):

    La ri-abilitazione è un processo complesso teso a promuovere nel bambino e nella sua famiglia la migliore partecipazione e qualità di vita possibili. Con azioni dirette ed indirette essa si interessa dell’individuo nella sua

    2 Assistenza educativo-culturale.

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    globalità fisica, mentale, affettiva, comunicativa e relazionale (carattere olistico), coinvolgendo il suo contesto

    familiare, sociale ed ambientale (carattere ecologico). Si concretizza con la formulazione del progetto abilitativo e

    dei vari programmi terapeutici attivi nei tre ambiti della rieducazione, dell’assistenza e dell’educazione. La

    riabilitazione della PCI è per definizione un intervento terapeutico operato per il recupero delle funzioni della vita

    di relazione piuttosto che per la rieducazione di organi, apparati o sistemi (Ferrari, 2005). Il termine “abilitare”

    significa trasmettere conoscenze. Chi opera in termini abilitativi cura attraverso i genitori; questa modalità di

    intervento indiretto deve essere condivisa con tutte le figure sanitarie coinvolte (Ferrari, 1998).

    La rieducazione è competenza del personale sanitario ed ha per obiettivo lo sviluppo ed il miglioramento delle funzioni adattive. Essa rappresenta un processo discontinuo e limitato nel tempo che deve necessariamente

    concludersi quando, in relazione alle conoscenze più aggiornate sui processi biologici del recupero, per un tempo

    ragionevole non si verifichino cambiamenti significativi né nello sviluppo né nell’utilizzo delle funzioni adattive.

    La rieducazione deve tenere conto della molteplicità delle funzioni alterate, nella logica dello sviluppo patologico e

    nel rispetto dell’individualità e della diversità di ciascun bambino. Il modello culturale di riferimento deve basarsi

    su una conoscenza aggiornata, supportata dall’evidenza scientifica e dai contributi delle neuroscienze, dello

    sviluppo delle funzioni adattive (queste, in età evolutiva, devono essere valutate in modo dinamico, al fine di

    cogliere la loro variabilità e la loro modificabilità).

    L’educazione è competenza della famiglia, del personale sanitario e dei professionisti del settore ed ha per obiettivo sia la preparazione del bambino ad esercitare il proprio ruolo sociale (educare il disabile) sia la

    formazione della comunità, a cominciare dalla scuola, ad accoglierlo ed integrarlo (educare al disabile), per

    aumentarne le risorse ed accrescere l’efficacia del trattamento rieducativo. Durante il percorso riabilitativo,

    l’obiettivo dell’integrazione sociale è prioritario in tutte le età e non deve essere subordinato al raggiungimento

    preliminare di determinati obiettivi terapeutici. Come tutti gli altri bambini, anche il bambino con paralisi cerebrale

    infantile ha bisogno di cogliere dal suo ambiente tutte le opportunità possibili. Un ambiente ben predisposto

    (preparato) è sempre determinante per il successo finale del trattamento praticato.

    L’assistenza ha per obiettivo il benessere del bambino e della sua famiglia ed è competenza del personale sanitario e degli operatori del sociale. Essa deve accompagnare senza soluzioni di continuità il bambino e la sua famiglia sin

    dalla comunicazione della diagnosi di disabilità. Le risorse da destinare alla famiglia vanno pesate sulla misura del

    bisogno espresso e non sulla condizione di modificabilità della paralisi del bambino. Alla conclusione del percorso

    riabilitativo, o quando il bambino con paralisi cerebrale infantile ha superato l’età evolutiva, va assicurata la

    continuità assistenziale da parte dei Servizi al fine di evitare il disorientamento della famiglia o situazioni di

    abbandono del paziente. In attesa di specifiche norme nazionali, in ogni realtà locale dovranno essere definiti i

    percorsi assistenziali di questi pazienti divenuti adulti, in relazione alle risorse ed alla competenze disponibili.

    La distinzione proposta è importante per differenziare, nell’ambito dell’attività degli operatori del settore, quale parte di

    questa possa esser “misurata” attraverso i cambiamenti visibili indotti sulle attività/abilità del bambino (rieducazione), e

    quale non possa invece essere riconosciuta attraverso cambiamenti oggettivi del paziente, come avviene ad esempio per

    la “prevenzione” delle deformità (intervento che fa parte dell’assistenza), la “tenuta“ della famiglia sotto il profilo

    psicologico o gestionale, il “successo” dell’inserimento scolastico, la “qualità” dell’accoglienza nella società, il grado di

    soddisfazione per l’aiuto ricevuto, ecc.

    La formulazione del progetto riabilitativo e dei vari programmi terapeutici deve naturalmente comprendere interventi

    integrati operati necessariamente sui tre ambiti della rieducazione, dell’educazione e dell’assistenza. Ci preme

    sottolineare, tuttavia, che l’elemento di continuità dell’intero processo riabilitativo non è rappresentato dalla

    rieducazione (fisioterapia, logopedia, ecc), ma dall’assistenza; particolarmente con il bambino “grave”, dove la

    rieducazione si rivela molto spesso ed assai presto impotente per ottenere un cambiamento significativo, ma cresce

    l’esigenza di una care attuata con interventi anche complessi. Questa distinzione risulta fondamentale per giustificare la

    difficoltà di pesare l’operato dei tecnici sanitari e sociali (efficacia, efficienza ed appropriatezza).

    1.h) Monitoraggio e Aggiornamento delle Raccomandazioni

    Come stabilito nella prima stesura delle “Linee Guida per la riabilitazione dei bambini affetti da Paralisi Cerebrale

    Infantile” e nel successivo aggiornamento, si provvede ad un periodico controllo delle stesse per tener conto della

    letteratura più recente, per individuare tempestivamente eventuali lavori che possano mettere in discussione la validità

    delle Raccomandazioni, per modificarle conseguentemente, se necessario.

    E’ previsto un monitoraggio attraverso la definizione, da parte delle Società scientifiche SIMFER e SINPIA, di una

    serie di indicatori che il panel si impegna a sviluppare nel prossimo futuro. La commissione s’impegna inoltre a favorire

    un confronto con le Associazioni delle famiglie e con gli altri professionisti del settore interessati ai contenuti delle

    presenti Raccomandazioni e alla verifica della loro efficacia. E’ anche necessario sviluppare ulteriormente numerosi

    punti attraverso l’elaborazione di raccomandazioni specifiche, tra queste di particolare rilevanza quelle relative all’uso

    degli strumenti della riabilitazione, compreso l’esercizio terapeutico3. A tale scopo dovranno essere costruiti gruppi di

    3 Processo di apprendimento realizzato attraverso un’esperienza significativa guidata comprensiva di aspetti motori, percettivi,

    cognitivi, comunicativi, emozionali e relazionali. Processo educativo teso a migliorare il risultato di una prestazione percettivo-

    motoria intrapresa intenzionalmente dal soggetto per realizzare un determinato compito in un definito contesto.

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    lavoro ad hoc intersocietari e multi professionali, con una presenza qualificata dei terapisti.

    2) RACCOMANDAZIONI

    Le Raccomandazioni per la riabilitazione dei bambini affetti da paralisi cerebrale infantile si sviluppano seguendo

    concettualmente tre direzioni:

    a) per quale soggetto (profilo di funzionamento del paziente; insieme dei dati che descrivono le dimensioni essenziali della condizione di salute);

    b) per sviluppare quale abilità/attività in relazione all’età del bambino (area funzionale intesa come ambito giustificato di intervento);

    c) procedendo come (metodologia operativa adottata).

    2.a) Profilo di funzionamento del paziente

    Occorre delineare un preciso profilo di funzionamento del paziente utilizzando, per facilitare la raccolta e la

    elaborazione dei dati, un sistema “multiassiale” o “multidimensionale” composto da nove assi. Ogni asse raccoglie

    diversi parametri. Accanto ai fondamentali assi “motori”, altri assi descrivono condizioni “non motorie” e

    caratteristiche contestuali in grado di influenzare significativamente le possibilità del recupero “motorio” del soggetto.

    Il profilo di funzionamento del paziente resta significativo solo per la fascia di età considerata. Ogni volta che si passa

    da una fascia di età alla successiva, esso può essere modificato, aggiornato, meglio descritto, completato o anche

    totalmente ridisegnato, se la conquista di nuove conoscenze lo rendesse necessario. Per questo motivo non parliamo di

    diagnosi, che ovviamente non poterebbe variare di molto passando da una fascia di età alla successiva e non potrebbe

    che inquadrare solo a grandi linee il complesso problema della paralisi, ma di profilo di funzionamento del paziente,

    termine meno impegnativo in senso formale, ma fortemente vincolante in senso procedurale.

    In tale prospettiva assume un ruolo importante l’International Classification of Functioning Disability and Health (ICF)

    dell’OMS, e la versione pediatrica da esso derivata (ICF-CY) Children and Youth, per la classificazione dello stato di

    salute e delle aree ad esso correlate (funzioni e strutture, attività e partecipazione) che tengono conto non solo dei fattori

    personali ma anche dell’influenza ambientale. Questo sistema di classificazione funzionale attribuisce un nuovo

    significato alle nozioni di salute e disabilità, a partire dall’idea che ogni essere umano può sperimentare una riduzione

    del proprio stato di salute e quindi affrontare in qualche modo una forma di disabilità, che diventa così non più la

    condizione propria di una minoranza, ma una possibile esperienza universale. Quest’idea di base permette di

    considerare sia la causa della disabilità che l’impatto che essa esercita sulla condizione globale di salute, attraverso

    l’utilizzo di un sistema di classificazione comune e condiviso.

    Il profilo di Funzionamento, come raccomandato anche dal recente Piano di Indirizzo per la Riabilitazione (2011), può

    essere declinato secondo la tassonomia dell’ICF-CY codificando i dati raccolti in termini di:

    Funzioni corporee: intese come le funzioni fisiologiche dei sistemi del corpo (funzioni psicologiche comprese).

    Strutture del corpo: intese come le parti anatomiche del corpo quali gli organi, le membra ed i loro componenti.

    Attività: intesa come l’esecuzione di un compito o di un’azione da parte di un individuo.

    Partecipazione: intesa come il coinvolgimento in una situazione di vita.

    Fattori ambientali: intesi come gli atteggiamenti, l’ambiente fisico e sociale in cui le persone conducono la loro esistenza.

    Il profilo funzionale del paziente deve essere sufficientemente preciso da permettere una correlazione fra natura del

    difetto e sua storia naturale (paralisi), progetto rieducativo e relativi programmi, strumenti adottati, interventi praticati

    (programma terapeutico4) e modificazione finale ottenuta (risultato misurabile).

    Descrizione degli assi

    1° ASSE: MOTRICITÀ Descrive le componenti della disabilità. Con riferimento all’ICF-CY, i dati raccolti possono essere codificati sia in

    termini di menomazioni delle funzioni muscolo-scheletriche correlate al movimento, sia di limitazioni della mobilità.

    Per ogni paziente il professionista sceglierà la categoria o la sottocategoria più appropriata e individuerà i singoli

    qualificatori:

    localizzazione secondo i criteri topografici di Hagberg: tetraparesi, diparesi, emiparesi.

    natura della paralisi: flaccidità intesa come riduzione della reazione positiva di sostegno (organizzazione antigravitaria); spasticità intesa sia come eccesso di attività contrattile, sia come abnorme reazione allo stiramento

    velocità dipendente (carenza di passività del muscolo);

    spasmo in flessione, in estensione, in torsione;

    4 Indica quanto può fare la specifica figura professionale (fisioterapista o neuropsicomotricista, logopedista, terapista

    occupazionale, ecc.) con il suo intervento all’interno del progetto terapeutico (= professore di strumento musicale).

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    discinesia ed ipercinesia: distonia, corea, atetosi, ballismo; atassia come disturbo del controllo posturale, della coordinazione/equilibrio; reazioni associate come sinergie, sincinesie, manierismi, movimenti speculari, etc.

    E’ possibile segnalare la presenza contemporanea di più elementi (forme miste).

    presenza di retrazioni muscolari, di limitazioni o di deformità articolari (solo se strutturate) o scheletriche (solo se importanti). Indicazione della sede e descrizione della entità (sublussazione, lussazione franca, lussazione

    inveterata, cifosi, scoliosi, vizi torsionali, ecc.). Presenza di osteoporosi e di atrofia ossea, ecc.;

    livello raggiunto nell’organizzazione posturale: supino, prono, seduto (con o senza appoggio, con e senza aiuto), eretto (con o senza appoggio, con e senza aiuto). Livello raggiunto nei passaggi di stazione (da supino a prono, da

    prono a seduto, da seduto a carponi, da carponi a eretto, ecc.);

    livello raggiunto nell’organizzazione della locomozione: a terra con o senza ausili, cammino con o senza ausili, in carrozzina manuale o elettronica;

    livello raggiunto nella prensione - manipolazione (afferramento indifferenziato, afferramento differenziato, capacità operative);

    livello raggiunto nella motilità bucco-facciale: mimica, suzione, morso, masticazione, deglutizione, controllo della salivazione ed eventuali disabilità conseguenti (scialorrea, disfagia, reflusso gastro-esofageo);

    efficacia del sistema respiratorio;

    caratteristiche degli errori commessi a livello di gesto e postura: variabilità/stabilità (padronanza della condotta motoria e sua prevedibilità, stabilità della strategia e sua riproducibilità, ecc.).

    2° ASSE: ANAMNESI LESIONALE Descrive i dati più significativi della storia clinica del paziente. I risultati delle indagini diagnostiche possono essere

    codificati all’interno dell’ICF-CY come menomazioni delle strutture corporee (strutture del sistema nervoso; occhio,

    orecchio e strutture correlate). Per ogni paziente il professionista sceglierà la categoria o sottocategoria più appropriata e

    individuerà i singoli qualificatori.

    La raccolta precisa dei dati anamnestici e degli esami eseguiti per identificare la lesione responsabile della PCI è

    indispensabile anche per le problematiche di diagnosi differenziale con i disturbi genetici (metabolico-degenerativi).

    Tra i parametri più significativi si segnalano:

    epoca ipotizzata della lesione: prenatale, perinatale, postnatale;

    sede della lesione;

    estensione della lesione;

    natura della lesione: anossica, ischemica, emorragica, infettiva, tossica, malformativa;

    epoca del parto (settimane di gestazione);

    peso alla nascita: < 1500 gr; 1500 – 2500 gr; > 2500 gr;

    crescita intrauterina (ipotrofico, piccolo per la data, macrosomico, ecc.);

    indicatori di encefalopatia perinatale (Apgar, Ph ombelicale);

    patologia gravidica: minacce d'aborto, placenta previa, infezioni intrauterine, ecc.;

    indagini diagnostiche eseguite per l’accertamento della lesione (neuroradiologiche, elettrofisiologiche e di laboratorio).

    3° ASSE: ANAMNESI RIABILITATIVA

    Alcuni dati raccolti, se le informazioni che li accompagnano sono sufficientemente dettagliate, possono essere codificati

    nell’ambito dei fattori ambientali dell’ICF-CY. Per ogni paziente il professionista sceglierà la categoria o sottocategoria

    più appropriata e individuerà i singoli qualificatori.

    comunicazione diacronica della diagnosi e della prognosi funzionale;

    reazione emotiva alla diagnosi da parte della famiglia (processo di adattamento);

    inizio del trattamento rieducativo;

    approccio rieducativo seguito;

    frequenza e continuità del trattamento rieducativo;

    reazioni del bambino al trattamento rieducativo (compliance);

    ortesi ed ausili adottati;

    interventi farmacologici;

    interventi chirurgici;

    motivazioni dell’eventuale cambiamento del servizio di riabilitazione e peso dato dalla famiglia e dal bambino al percorso riabilitativo seguito in precedenza.

    4° ASSE: COMPLESSITÀ Descrive le condizioni patologiche associate in grado di influenzare significativamente il processo di recupero motorio.

    Con riferimento all’ICF-CY, i dati di seguito proposti sono riconducibili ai codici relativi alla menomazione delle

    funzioni corporee (funzioni mentali, funzioni sensoriali, dolore). Per ogni paziente il professionista sceglierà la

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    categoria o sottocategoria più appropriata e individuerà i singoli qualificatori.

    a) Funzioni sensoriali: disturbi delle funzioni visive (es. refrazione, acuità visiva, oculomozione, campo visivo, movimenti occhi/capo,

    coordinazione oculo-manuale, etc. (vedi Approfondimenti analitici);

    disturbi delle funzioni uditive (es. acuità uditiva, attenzione e orientamento agli stimoli uditivi); disturbi della funzione olfattiva (riconoscimento di odori); disturbi della funzione gustativa (riconoscimento di sapori); disturbo delle funzioni tattili (esplorazione attraverso movimenti specializzati); disturbi delle funzioni sensoriali correlate alla temperatura e ad altri stimoli; disturbi delle funzioni propriocettive (senso di posizione, senso di movimento, senso di pressione).

    b) Funzioni mentali: disturbi dell'attenzione; disturbi percettivi: discriminazione, attenzione, tolleranza, coerenza percettiva ecc; disturbi della memoria; disturbi gnosici (somatoagnosia, disturbi spaziali); disturbi prassici; disturbo dell’apprendimento scolare (dislessia, disgrafia, discalculia, ecc.); disturbi cognitivi e dell’apprendimento motorio (ideazione, comprensione di eventi, logica, iniziativa,

    curiosità, partecipazione, propositività, ecc.);

    disturbi della comunicazione: ricezione, espressione, comprensione del codice, produzione, ecc.; disturbi psichici ed affettivo-relazionali; disturbi della acquisizione e della generalizzazione degli apprendimenti motori (dall’imitazione e esecuzione

    su richiesta e “volontaria” del compito, all’utilizzo “spontaneo” dell’abilità appresa nei diversi contesti della

    vita quotidiana).

    c) Funzioni viscerali: disturbi dell’alimentazione: disfagia, malattia da reflusso gastroesofageo, PEG (gastrostomia percutanea, vedi

    approfondimenti analitici), PEJ (PEG estesa al duodeno-digiuno).

    disturbi della respirazione (Pep Mask: maschera a pressione respiratoria positiva) disturbi della regolazione dell’alvo e della diuresi

    d) Dolore: La gestione del dolore è parte integrante della presa in carico del bambino con PCI. Uno sforzo maggiore dovrebbe

    essere fatto nella metodicità d’applicazione delle valutazioni e dei trattamenti, seguendo un approccio globale e

    interdisciplinare (vedi Approfondimenti analitici).

    5° ASSE: DELLE COMPLICANZE Esse comprendono altre condizioni mediche associate alla PCI e alcuni fattori ambientali che possono essere codificati

    all’interno dell’ICF-CY:

    elevata morbilità per qualsiasi causa;

    epilessia specie nelle forme gravi e nelle forme farmacoresistenti;

    obesità e malnutrizione; è necessario utilizzare specifiche curve di accrescimento staturo-ponderale nei bambini affetti da PCI, differenziate in base alla classe GMFCS (Stevenson RD et al., 2006);

    complicanze odontostomatologiche;

    neuropatie e vasculopatie da compressione;

    assunzione continuativa di farmaci (es. antiepilettici, psicofarmaci, cortisonici, ecc.);

    condizioni di grave deprivazione affettiva (depressione dei genitori, ricorso frequente ai servizi sociali, istituzionalizzazioni temporanee, necessità di affido ad altra famiglia, ecc.);

    eventi traumatici importanti (abusi/maltrattamenti);

    altre complicanze internistiche (osteoporosi, ecc.);

    disturbi del sonno.

    6° ASSE: LA FAMIGLIA

    Con riferimento all’ICF-CY, i dati raccolti possono essere codificati come barriere/facilitatori ambientali. Per ogni

    paziente e specifica situazione che lo accompagna, il professionista sceglierà la categoria o sottocategoria più

    appropriata e individuerà i singoli qualificatori. Tra gli aspetti da considerare assumono particolare rilevanza:

    condivisione del progetto riabilitativo tra servizio e famiglia (concordance) secondo l’approccio Family-Centered Service (CanChild, Law et al., 2003) (vedi Approfondimenti analitici);

    compliance dei genitori (affidabilità rispetto alla condivisione del progetto terapeutico5 ed agli strumenti

    5 Indica cosa si può ottenere attraverso un trattamento combinato (fisioterapia, farmaci, ortesi ed ausili, chirurgia ortopedica/neurologica funzionale; = direttore d’orchestra).

  • 12

    consegnati);

    capacità di adattamento dei genitori alla disabilità del bambino e loro difficoltà;

    disagio familiare o sociale (impossibilità di frequenza continuativa del servizio di riabilitazione, mancanza di spazi domestici adeguati all’esercitazione delle attività terapeutiche proposte, ecc.);

    differenze culturali;

    adeguatezza dell’ambiente di vita e sue problematiche;

    presenza di barriere architettoniche domestiche;

    possibilità di impiegare a casa propria gli ausili proposti in riabilitazione.

    7° ASSE: I SERVIZI DI RIABILITAZIONE

    Con riferimento all’ICF-CY, i dati raccolti possono essere codificati come barriere/facilitatori ambientali. Per ogni

    paziente e specifica situazione che lo accompagna, il professionista sceglierà la categoria o sottocategoria più

    appropriata e individuerà i singoli qualificatori. Questo asse esplora quanto i servizi di riabilitazione offrono in termini

    di:

    rapporto numerico medici-terapisti;

    rapporto numerico terapisti-pazienti (frequenza e durata delle sedute terapeutiche);

    disponibilità di ambienti idonei e di attrezzature adeguate (ausili, sussidi, giocattoli, ecc.);

    accessibilità e sistemi di trasporto a supporto del servizio di riabilitazione;

    metodologia rieducativa adottata e carichi di lavoro;

    possibilità di formazione continua (ECM) e di perfezionamento professionale mirato (Master di Riabilitazione Infantile, Corsi di Perfezionamento);

    possibilità di accesso a consulenze specialistiche continuative (aspetti oculistici, ortopedici, internistici, psicopatologici, ecc.);

    possibilità di collaborazione con almeno una officina ortopedica qualificata nel settore infantile;

    presenza di personale in formazione o in perfezionamento (fisioterapisti, neuropsicomotricisti, logopedisti, medici specializzandi, psicologi, educatori professionali, ecc.).

    8° ASSE: LA COMUNITÀ INFANTILE

    Con riferimento all’ICF-CY, i dati raccolti possono essere codificati come barriere/facilitatori ambientali. Per ogni

    paziente e specifica situazione che lo accompagna, il professionista sceglierà la categoria o sottocategoria più

    appropriata e individuerà i singoli qualificatori. Nell’approccio multiassiale sono da prendere in considerazione ulteriori

    aspetti quali:

    possibilità di frequenza in una comunità infantile;

    fruibilità di ambienti ludico-sportivi;

    presenza di un insegnante di sostegno e/o figure educative dedicate;

    presenza di un operatore di aiuto alla persona;

    presenza di barriere architettoniche scolastiche;

    comportamento del gruppo dei coetanei (accoglienza, accettazione, rifiuto, ecc.);

    comportamento degli insegnanti (coinvolgimento, delega ad altri, rinuncia, ecc.).

    9° ASSE : QUALITA’ DELLA VITA

    In accordo con il Manifesto (GIPCI, 2000) la riabilitazione ha come fine ultimo il raggiungimento della maggiore

    qualità di vita possibile del bambino e della sua famiglia. Proprio in questa direzione nell’ultimo decennio si è verificata

    un’importante evoluzione del pensiero e della prassi riabilitativa.

    Sono stati ridefiniti i concetti di qualità della cura, intesa come processo complesso in cui la valutazione dell’outcome di

    una funzione non è sufficiente ma deve essere integrata in una visione globale del bambino (Larson, 2000), di salute

    come risultato dell’interazione dinamica tra uno stato psicofisico e i fattori contestuali (personali o ambientali), in

    accordo con il modello bio-psicosociale (ICF, 2001), e di disabilità, definita come una condizione di salute in un

    ambiente sfavorevole (ICF, 2001). Ruolo dell’ambiente: vedi Approfondimenti Analitici.

    Si è diffuso come presupposto indispensabile al percorso riabilitativo un modello centrato sulla famiglia (Family-

    Centered Care), che ha gli obiettivi di migliorare la qualità di vita non solo del bambino (favorendo lo sviluppo motorio,

    cognitivo, emotivo e sociale), ma di tutto il nucleo familiare allargato, incrementando la soddisfazione dei genitori

    (esperti dei bisogni e delle abilità del bambino) e la loro partecipazione al programma terapeutico (CanChild, Law et al.,

    2003).

    E’ in questa cornice di riferimento che si sono sviluppati studi sulla qualità della vita sempre più considerata a tutti gli

    effetti come misura di outcome, nonostante a tutt’oggi rimanga grande la disomogeneità negli strumenti di valutazione

    utilizzati in letteratura (vedi Approfondimenti analitici).

  • 13

    2.b) Ambiti giustificati d’intervento differenziati per età

    Fasce di età

    Vengono individuate le seguenti fasce di età, in modo da permettere una lettura razionale dell’evoluzione delle

    principali funzioni secondo quanto descritto nei singoli ambiti giustificati di intervento (vedi Appendice): 0-2 anni, 3-5

    anni, 6-8 anni, 9-12 anni, 13-18 anni e oltre. La distinzione in fasce di età conferisce un più preciso valore al profilo

    diagnostico funzionale del paziente, consentendo un suo costante aggiornamento per mantenerlo sempre attuale.

    Anche l’ICF-CY, proprio perché fotografa l’età evolutiva (avendo in rilevante considerazione il modello ecologico, che

    concettualizza i processi di adattamento di un bambino in termini d’interazioni tra il soggetto -con le sue caratteristiche-

    e l’ambiente nel corso del tempo), è strutturato in maniera tale da essere sensibile ai cambiamenti associati con la

    crescita e lo sviluppo. Per tale motivo sono stati sviluppati questionari per l’applicazione dell’ICF-CY per quattro fasce

    d’età: 0-2 anni, 3-6 anni, 7-12 anni e 13-18 anni.

    In appendice alle Raccomandazioni sono riportati alcuni suggerimenti rispetto ai contenuti che devono essere indicati

    nella stesura del programma terapeutico a proposito degli ambiti giustificati di intervento relativi a ciascuna fascia di

    età. E’ possibile che i contenuti di un ambito debbano essere trascinati al successivo, poiché nel trattamento della

    paralisi cerebrale infantile è necessario seguire la maturazione cognitiva del soggetto e non il solo dato cronologico.

    Questo è particolarmente importante quando i rallentamenti dello sviluppo in ambiti specifici non sono dovuti alle

    condizioni cliniche del bambino imposte dalla paralisi cerebrale o a un diverso percorso nella organizzazione delle sue

    conoscenze, ma sono conseguenti a stati di deprivazione (vedi 5° asse delle complicanze).

    Ambiti giustificati d’intervento

    Partendo dai dati del profilo del paziente i seguenti ambiti giustificati d’intervento descrivono:

    1) L’architettura delle principali funzioni (attività/abilità) su cui operare a scopo terapeutico (oggetto del progetto rieducativo);

    2) La tipologia delle principali funzioni che può essere ricondotta alle seguenti aree: del controllo autonomico, dell’autonomia individuale, locomotoria, della manipolazione e prassica, sensoriale/percettiva e gnosica, cognitiva,

    della comunicazione, della relazione;

    3) La compatibilità degli obiettivi terapeutici perseguiti con le attività/abilità e i livelli di partecipazione propri della fascia d’età considerata;

    4) La priorità delle abilità/attività funzionali e i livelli di partecipazione che il bambino con PCI dovrebbe poter conquistare in quella definita fascia di età, cioè gli “appuntamenti” dello sviluppo (finestre di intervento/periodi

    critici). In questo senso le attività/abilità funzionali non seguono un ordine gerarchico prestabilito (pietre miliari),

    ma cambiano in relazione alla fascia di età attraversata dal soggetto. Gli appuntamenti funzionali sono “scadenze”

    in cui differenti competenze evolutive individuali, neuromotorie, cognitive e relazionali, e risorse ambientali,

    tecniche, familiari e sociali devono confluire per la realizzazione delle funzioni critiche dello sviluppo (Ferrari A,

    2005). Ad esempio il cammino è un obiettivo importante fra 0 e 2 anni e fra 3 e 5 anni e può esserlo ancora fra 6 e

    8 anni in determinate situazioni, mentre non lo è più successivamente, salvo eccezionali giustificazioni. Al

    contrario diventa obiettivo importante la conquista di un’adeguata autonomia da seduto con la carrozzina manuale

    o elettronica, ausilio che d’altra parte può essere proposto al paziente già fra 3 e 5 anni di età, se la prognosi del

    cammino si rivelasse negativa;

    5) Deve intendersi ugualmente ingiustificata la prosecuzione del trattamento rieducativo se dopo un ragionevole periodo di tempo, non si sia verificata alcuna modificazione significativa;

    6) L’incapacità di apprendimento e di acquisizione delle modificazioni indotte sulla funzione considerata (origine del continuo ricorso alla così detta terapia di “mantenimento”) da parte del paziente rende ingiustificata la

    prosecuzione del trattamento rieducativo. Al termine dei trattamenti riabilitativi finalizzati all’acquisizione delle

    migliori competenze funzionali rimane la necessità di contenere le patologie secondarie da non uso, a carico

    dell’apparato locomotore e respiratorio, e della prevenzione del dolore. Tale intervento, che fa parte delle

    componenti assistenziali, richiede il controllo clinico periodico (almeno annuale), volto al monitoraggio delle

    patologie degenerative secondarie e alla identificazione di nuove potenzialità terapeutiche rese possibili dai

    progressi delle neuroscienze e dalle tecnologie assistenziali.

    7) Nell’inquadramento del paziente si dovrà tener conto non solo della singola area funzionale interessata, ma anche del rapporto esistente tra questa e le altre aree, in modo da poter definire il livello complessivo di sviluppo

    raggiunto e l’influenza che l’area considerata esercita su di esso. All’interno di ogni area funzionale, gli elementi da

    considerare sono specifici per le diverse funzioni che la compongono, ciascuna osservabile, se necessario, con

    strumenti culturali e operativi diversi. Gli strumenti utilizzati variano di norma all’interno della stessa area in base

    all’età del paziente, dando così il senso del modificarsi della funzione. Nella valutazione delle differenti prestazioni

  • 14

    è importante procedere in modo analitico, ma anche non perdere mai di vista la complessità delle interazioni

    esistenti fra le diverse funzioni e l’individuo nel suo insieme e tra l’individuo e il suo ambiente (carattere olistico ed

    ecologico dell’intervento terapeutico). Nel cogliere gli elementi costitutivi delle diverse aree funzionali, è

    importante adottare non solo un atteggiamento descrittivo del fenomeno (c’è, non c’è, c’è parzialmente o sta

    emergendo), ma dichiarare se e come vengono messe in atto dal bambino strategie di adattamento, di compenso o

    di supplenza, anche per l’importanza che queste assumono nell’indirizzare la proposta terapeutica.

    2.c) Metodologia operativa La presa in carico rappresenta un intervento tecnico, il più possibile ampio ed adeguato, che accompagna il paziente per

    tutta la durata della vita, con lo scopo di favorire uno sviluppo adattivo, interattivo e reciproco in grado di estendersi

    dall’educare il disabile all’educare al disabile. Essa costituisce l’elemento di continuità dell’intero progetto, poiché lo

    accompagna longitudinalmente dal momento dell’accoglienza e della stipula del contratto terapeutico, interessandosi

    del bambino, della sua comunità e del suo ambiente. Solo in una sua porzione specifica la presa in carico coincide con

    l’erogazione di interventi di chiaro significato terapeutico (presa in cura), diretti al bambino ed al suo nucleo familiare.

    (Ferrari A, 1998). La presa in carico individua e predispone le azioni atte a garantire la massima partecipazione alla vita

    sociale, economica e culturale, in relazione allo sviluppo di abilità raggiunte e potenziali. Le risorse del processo della

    presa in carico sono la famiglia, la rete dei servizi, la rete parentale, la rete amicale, la rete del volontariato. E’

    auspicabile la tempestività della presa in carico. Questa può essere preceduta da un periodo di osservazione-abilitazione

    del neonato o del lattante che anticipa la vera e propria rieducazione funzionale; questo periodo coincide con la degenza

    in ospedale nella fase acuta della patologia che determinerà il quadro di paralisi cerebrale. Suoi obiettivi saranno il

    riconoscimento dei bisogni del bambino, prima ancora della diagnosi e delle manifestazioni della sua patologia, la sua

    care, con la promozione dello sviluppo delle funzioni di base, il suo benessere, il coinvolgimento e la abilitazione dei

    genitori. Il vero contratto terapeutico potrà essere stipulato con la famiglia solo quando, nei casi in cui la lesione

    cerebrale esiterà in una PCI, si potrà parlare di rieducazione delle funzioni nel senso delineato dai punti successivi.

    Affinché risulti il più efficace possibile, l’intervento riabilitativo deve essere:

    1. Tempestivo: cioè essere iniziato appena le condizioni del bambino lo consentono. 2. Intensivo: sedute terapeutiche di un’ora, con frequenza in linea di principio non inferiore alle tre volte per

    settimana. L’intensità dell’intervento terapeutico va rapportata alla conservazione della capacità di apprendimento

    del paziente, alla sua motivazione ai cambiamenti adattivi, alla modificabilità dell’architettura della funzione

    trattata e alla fase evolutiva attraversata dal bambino. Per ogni funzione è riconoscibile un appuntamento formale

    (periodo critico). Le decisioni relative a natura, frequenza e durata delle sedute di trattamento sono responsabilità

    del medico specialista.

    3. Continuativo: per lo meno nei primi anni di vita del bambino (naturalmente quando le sue condizioni lo giustificano). Eventuali discontinuità nel trattamento rieducativo devono essere strettamente legate al programma

    terapeutico.

    4. Family-Centered: un servizio centrato sulla famiglia riconosce che ogni famiglia è unica, che la famiglia è la costante nella vita del bambino e che i genitori sono figure esperte delle abilità e dei bisogni del bambino

    (CanChild, Law et al., 2003; King et al., 2004) (vedi Approfondimenti analitici).

    Per la formulazione del progetto rieducativo relativo ad ogni singolo ambito giustificato di intervento va utilizzata una

    procedura (metodologia riabilitativa) che preveda i seguenti passaggi:

    Valutazione funzionale (diagnosi di funzione);

    Prognosi di funzione ovvero previsione di modificabilità, anche in rapporto all’intervento sui fattori contestuali;

    Definizione del progetto rieducativo;

    Definizione del programma terapeutico;

    Accordo terapeutico (contratto terapeutico);

    Approccio multidisciplinare e lavoro di equipe.

    1. Valutazione e diagnosi funzionale del paziente attraverso un’osservazione diretta ed una osservazione guidata dall’impiego di protocolli costruiti sulle caratteristiche peculiari dello sviluppo del bambino con paralisi cerebrale

    infantile. Nella valutazione del bambino, accanto agli strumenti descrittivi propri di ogni servizio, saranno

    utilizzati, ogni volta possibile, strumenti standardizzati o metodiche strumentali al fine di rendere più obiettiva,

    quantificabile e confrontabile nel tempo e tra gli osservatori la valutazione stessa. Valutazioni strutturate dello

    sviluppo, scale per la descrizione del tono, della forza, del range articolare, valutazioni funzionali,

    videoregistrazioni, motion analysis sono solo alcune metodiche indicate come esempio di valutazioni strutturate e

    condivise di cui è noto dalla letteratura il range di ripetibilità. La dichiarazione dei protocolli utilizzati per la

    valutazione del paziente e per la formulazione del progetto rieducativo fa parte dei criteri di accreditamento della

    struttura riabilitativa.

    L’ICF-CY può essere utilizzato come organizzatore concettuale dei dati acquisiti attraverso gli strumenti di

  • 15

    valutazione tradotti in codici ICF-CY. In tal modo si può fotografare la condizione di salute e l’ambiente in cui vive

    il soggetto, descrivendone il funzionamento e considerando gli aspetti di partecipazione e i fattori ambientali

    (scuola, tempo libero, relazioni con i familiari e i pari, ecc.), delineando eventuali punti di forza e criticità ed il

    grado con cui questi sono influenzati da facilitatori e barriere ambientali.

    2. Dichiarazione della prognosi di funzione, cioè degli elementi predittivi, positivi e negativi, relativi all’area funzionale considerata, su cui si fonda il giudizio sulla possibilità di raggiungere il cambiamento finale atteso,

    obiettivo del progetto rieducativo. Tali elementi devono tenere conto della molteplicità delle aree funzionali

    compromesse e delle loro interazioni reciproche (“globalità” del progetto rieducativo a fronte della “specificità”

    degli interventi rieducativi praticati da ciascun professionista).

    3. L’ambito del progetto rieducativo deve essere costituito da attività/abilità concrete e finalizzate ad obiettivi realistici. Il progetto rieducativo non può essere perciò stabilito in modo predeterminato (applicazione di un metodo

    come ricetta universale precostituita), ma deve essere adattato ai bisogni, ai problemi e alle risorse di quel bambino

    con paralisi cerebrale infantile e della sua famiglia ed essere sottoposto in questa direzione a costante verifica.

    Si raccomanda l’uso dell’ICF-CY come strumento classificativo per pianificare gli interventi e i trattamenti

    individualizzati e fornire il riferimento di outcome degli interventi stessi.

    È opportuno dichiarare gli strumenti terapeutici che s’intende adottare per il conseguimento degli obiettivi a breve

    termine (esercizi terapeutici; setting6; interazione7 terapeutica; farmaci per il controllo della spasticità ad azione

    generale, distrettuale (pompa al baclofen) o focale; farmaci per il controllo delle discinesie, dei disturbi associati con

    influenza sul movimento; sussidi; ortesi (correttive, contenitive, funzionali); ausili per la postura, l’autonomia ed il

    movimento; interventi di chirurgia ortopedica funzionale e correttiva; interventi di chirurgia neurologica funzionale

    (rizotomie, neurotomie, stimolatori cerebrali profondi, ecc.); istruzioni ai familiari; consigli agli educatori;

    modifiche adattive dell’ambiente, ecc.) e gli indicatori che si impiegheranno per misurare il risultato ottenuto. Gli

    strumenti dovranno essere strettamente inerenti l’ambito giustificato di intervento considerato ed essere stati validati

    internazionalmente, o essere stati adottati da più centri pubblici o privati contemporaneamente, o essere stati

    pubblicati su riviste accreditate del settore. La dichiarazione degli strumenti e delle procedure utilizzate per misurare

    l’efficacia del trattamento rieducativo fa parte dei criteri di accreditamento della struttura riabilitativa.

    Occorrerà prestare attenzione ai risultati dei trial clinici che stanno testando l’efficacia di nuove proposte

    rieducative quali per esempio l’Action Observation Therapy, la Constraint Induced Movement Therapy e la

    Riabilitazione Robotica per coglierne ogni potenzialità innovativa (vedi Approfondimenti analitici).

    4. La stipula dell’accordo terapeutico con la famiglia ed il bambino stesso (quando questo sia possibile per età e livello cognitivo raggiunto) sul progetto rieducativo, ovvero su ciò che ci si impegna ad ottenere attraverso il trattamento

    rieducativo (vedi Linee Guida del Ministero della Sanità per le attività di riabilitazione del 1998) contempla il

    coinvolgimento attivo della famiglia pur nella doverosa distinzione dei ruoli. In linea di massima si intende che

    l’accordo terapeutico venga rinnovato una volta all’anno. Il consenso alla cura da parte della famiglia e, quando

    possibile, da parte del bambino stesso è perciò una condizione indispensabile al trattamento.

    5. La famiglia è una risorsa insostituibile. Va sempre cercato e sostenuto un atteggiamento positivo e propositivo da parte di questa nei confronti del bambino con PCI e del servizio che lo ha in carico. Bisogna favorire nei genitori la

    consapevolezza delle reali condizioni del bambino (diagnosi), valorizzando il ruolo che essi possono avere sui

    processi di recupero (prognosi) e nella promozione di autodeterminazione (capacità decisionale), autosufficienza

    (sapere cosa bisogna fare) ed autonomia (sapere fare da solo) del loro bambino. Alla famiglia va offerto il massimo

    sostegno attraverso la presa in carico e se necessario un adeguato counselling.

    6. Ai genitori deve essere fornita una informazione continua, consistente e comprensibile sugli obiettivi terapeutici che si intendono perseguire (con i loro limiti temporali) e sui mezzi con i quali verranno perseguiti, compresi le

    potenzialità ed i limiti del recupero. Non è corretto attribuire ai genitori il ruolo di terapista, delegando loro

    l’intervento riabilitativo (significherebbe costringerli a farsi carico di responsabilità non proprie), ma è altrettanto

    scorretta da parte dei genitori la completa delega ai terapisti dell’impegno riabilitativo. E’ invece necessario

    individuare assieme ai genitori una serie di situazioni in cui il bambino con PCI, nella vita di tutti i giorni, possa

    compiere esperienze utili e coerenti con il processo di recupero in atto (concordance). Il bambino avrà così la

    possibilità di generalizzare l’apprendimento realizzato in situazioni specifiche di terapia. Un analogo

    coinvolgimento attivo e collaborativo va cercato anche nei confronti delle istituzioni educative e scolastiche. Se

    altre figure parentali hanno un ruolo significativo nell’educazione del bambino (sostegno alla famiglia), vanno

    6 Contesto fisico e relazionale che fornisce senso e significato all’esercizio terapeutico. Comprende luogo, oggetti, situazioni, reciproci ruoli fra tutte le persone coinvolte.

    7 l’interazione è uno spazio interiore in cui accogliere, contenere, orientare, sostenere e restituire reciproci sentimenti positivi fra terapista e bambino.

  • 16

    coinvolte nei processi terapeutici anche direttamente e non solo attraverso i genitori.

    7. Per la realizzazione del progetto rieducativo è necessario un approccio multidisciplinare che preveda l’intervento di figure professionali diverse che assieme concorrano alla realizzazione del progetto stesso (neuropsichiatra infantile,

    fisiatra, psicologo, terapisti, tecnico ortopedico, ecc.). Deve esistere altresì una rete di specialisti delle problematiche

    associate alla paralisi cerebrale infantile (ortopedico, oculista, nutrizionista, ecc.), in grado di integrare le valutazioni

    specifiche effettuale dalle figure professionali che normalmente hanno in carico il bambino. Si raccomanda l’uso

    dell’ICF-CY come strumento di comunicazione facilitante la multidisciplinarietà.

    8. Il programma terapeutico8 deve basarsi sulla valutazione delle modificazioni intermedie, o obiettivi a breve e medio termine, per i quali va dichiarato il tempo entro il quale si pensa di poter raggiungere il cambiamento cercato. La

    metodologia utilizzata nel processo di verifica dei progressi compiuti dal bambino, in relazione all’intervento

    terapeutico praticato, fa parte dei criteri di accreditamento della struttura riabilitativa.

    Poiché gli strumenti utilizzati all’interno di questa procedura sono rappresentati dalla verifica dell’acquisizione da

    parte del paziente delle prestazioni che rappresentano il conseguimento del cambiamento atteso (cioè della

    modificazione intermedia e/o finale), è necessario che l’obiettivo da raggiungere (cioè i diversi livelli di

    modificazione della funzione considerata) sia descritto in termini di semplicità, osservabilità, comunicabilità,

    misurabilità, cioè che venga esplicitato come era il bambino prima del trattamento e come è divenuto subito dopo. Il

    risultato ottenuto, per essere considerato terapeutico, deve essere migliorativo, stabile nel tempo, oggettivo,

    misurabile e riproducibile.

    Per la definizione del programma terapeutico, è necessario un rapporto interattivo positivo e costante tra medico

    specialista e terapisti, nel rispetto delle reciproche competenze e responsabilità.

    Si raccomanda l’uso dell’ICF-CY come strumento classificativo di riferimento per l’identificazione degli outcome

    previsti in relazione agli interventi stessi.

    Per garantire la maggior obiettività possibile, è necessario utilizzare come strumento per la misurazione del

    cambiamento una videoregistrazione realizzata in modo codificato (vedi ad esempio il protocollo GIPCI, 2007),

    combinata all’impiego di scale di valutazione funzionale. La gait analysis pre- e post-intervento è giustificata in caso

    di somministrazione di tossina botulinica e di interventi di chirurgia funzionale di maggiore complessità.

    9. Il trattamento rieducativo nelle sue varie componenti va pianificato in base ai bisogni del bambino (motivazione, apprendimento, modificabilità della funzione, periodo sensibile, appuntamenti psicobiolgici, caratteristiche

    dell’ambiente fisico, sociale e culturale).

    10. Se richiesto dalla famiglia, va favorita l’acquisizione di un secondo parere medico in ambienti competenti del SSN. Analogamente devono essere fornite informazioni sulle terapie complementari o alternative, esprimendo il parere

    del Servizio sul valore scientifico della terapia proposta. Occorre documentare sempre in cartella clinica la

    discussione avvenuta, i quesiti posti e le risposte fornite, e consegnarne copia alla famiglia.

    11. Quando il trattamento rieducativo è indicato, non ha opzioni alternative. Quando è semplicemente una promozione di attività motoria, ha sempre alternative (gioco, sport, acquaticità, equitazione, ecc.). Quando non serve, è etico

    interromperlo per non generare ingiustificate speranze e conseguenti profonde delusioni. L’accanimento

    riabilitativo non è mai giustificabile e può talvolta essere considerato un abuso all’infanzia.

    12. Vanno date alla famiglia informazioni sulle attività delle associazioni di patologia, senza fornire alle associazioni informazioni sulla famiglia.

    13. Vanno sostenute le attività scolastiche e socializzanti, anche se esse non possiedono valore terapeutico in senso stretto. Gli aspetti ludici e di partecipazione sociale fanno infatti parte della presa in carico ma non della presa in

    cura. Per promuovere il gioco nel bambino con PCI sono consigliabili momenti di condivisione con gli operatori

    del sociale. Nell’età scolastica è auspicabile una forte interazione con la medicina dello sport.

    14. Sulla cartella clinica personale vanno dichiarate in forma scritta diagnosi clinica, prognosi funzionale, obiettivi e strumenti del trattamento. In relazione al progetto terapeutico possono essere di aiuto videoregistrazioni periodiche

    delle prestazioni del bambino autorizzate dai genitori. Le informazioni contenute nella cartella clinica vanno

    aggiornate almeno due volte all’anno e ad ogni controllo clinico, anche se non fossero avvenuti cambiamenti

    sostanziali. Tutte le figure professionali devono documentare in cartella la loro attività. E’ auspicabile mantenere

    adeguatamente informato il pediatra del bambino.

    8 Indica quanto può fare la specifica figura professionale (fisioterapista o neuropsicomotricista, logopedista, terapista occupazionale, ecc.) con il suo intervento all’interno del progetto terapeutico; = professore di strumento musicale.

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    15. Ogni servizio di riabilitazione infantile dev