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161 Presentazione Nel 1999 ANMCO e SIC hanno costi- tuito una Commissione dedicata a “Profi- lassi, diagnosi e terapia della tromboembo- lia polmonare” con la collaborazione del Gruppo di Studio “Aterosclerosi, trombosi e biologia vascolare”. La Commissione risulta così composta: Giancarlo Agnelli, Perugia; Franco Casaz- za, Milano; Giuseppe Favretto, Treviso; Carlo Giuntini, Pisa; Mario Morpurgo, Mi- lano; Carmine Dario Vizza, Roma; Pietro Zonzin, Rovigo (Coordinatore). Poiché uno degli scopi principali della Commissione è quello di elaborare delle li- nee guida, la Commissione è ben lieta di mettere a disposizione dei Colleghi, cardio- logi e non, la traduzione italiana delle “Guidelines on diagnosis and management of acute pulmonary embolism” pubblicate nell’European Heart Journal 2000; 21: 1301-1336 ad opera della ESC Task Force on Pulmonary Embolism. In ossequio alle disposizioni del Committee for Scientific and Clinical Initiatives, la presente versio- ne ricalca fedelmente, nella sostanza e nel- la forma, il testo inglese. Ricordiamo tutta- via che la stessa Società Europea di Car- diologia (ESC), per bocca di suoi esperti (vedi Schwartz PJ et al. Eur Heart J 1999; 20: 1152-1157) si è così espressa: “È sot- tointeso che ogni Società Nazionale può, o deve, introdurre modificazioni, specifiche delle linee guida allo scopo di adeguarle al- la situazione locale”. La Commissione ANMCO-SIC, nel re- cepire il messaggio, si propone di riprende- re il tema con un adeguato commento che verrà pubblicato in un prossimo fascicolo di questo giornale. Prefazione Le presenti linee guida sono state pre- parate dalla Task Force dell’ESC sull’Em- bolia Polmonare, costituitasi su suggeri- mento del Gruppo di Lavoro sulla Circola- zione Polmonare e sulla Funzione del Ven- tricolo Destro ed approvata dal Consiglio dell’ESC nel suo incontro del 17 giugno 1997, sulla scorta delle raccomandazioni del Comitato per le Iniziative Scientifiche e Cliniche. Questa Task Force è composta da 21 membri, che includono rappresen- tanti della Società Respiratoria Europea (ERS) e della Società Europea di Radiolo- gia, e da due Revisori interni. I membri so- no stati nominati dal Consiglio dell’ESC Traduzione di Task Force Report “Guidelines on diagnosis and management of acute pulmonary embolism. Task Force on Pulmonary Embolism, European Society of Cardiology”, comparso su Eur Heart J 2000; 21: 1301-36, a cura di Claudio Bilato, con la revisione di Mario Morpurgo e Pietro Zonzin, con la collaborazione di Anna Spedo. Ricevuto il 15 novembre 2000. Per la corrispondenza: Dr. Pietro Zonzin Divisione di Cardiologia Ospedale Civile Viale Tre Martiri, 140 45100 Rovigo E-mail: [email protected] Linee guida Linee guida per la diagnosi ed il trattamento dell’embolia polmonare acuta Task Force sull’Embolia Polmonare, Società Europea di Cardiologia (vedi Appendice 1) Core Writing Group: Adam Torbicki (Presidente), Edwin J.R. van Beek (Editore), Bernard Charbonnier, Guy Meyer, Mario Morpurgo, Antonio Palla, Arnaud Perrier Membri: Nazzareno Galiè, Gunter Görge, Christian J. Herold, Steen E. Husted, Vastimil Jezek, Wolfgang Kasper, Meinhardt Kneussl, Alyn H. Morice, Dominique Musset, Michel M. Samama, Gerard Simonneau, Herve Sors, Michael de Swiet, Marko Turina Revisori interni: Gerhard Kronik, Jiri Widimsky (Ital Heart J Suppl 2001; 2 (2): 161-199)

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Presentazione

Nel 1999 ANMCO e SIC hanno costi-tuito una Commissione dedicata a “Profi-lassi, diagnosi e terapia della tromboembo-lia polmonare” con la collaborazione delGruppo di Studio “Aterosclerosi, trombosie biologia vascolare”.

La Commissione risulta così composta:Giancarlo Agnelli, Perugia; Franco Casaz-za, Milano; Giuseppe Favretto, Treviso;Carlo Giuntini, Pisa; Mario Morpurgo, Mi-lano; Carmine Dario Vizza, Roma; PietroZonzin, Rovigo (Coordinatore).

Poiché uno degli scopi principali dellaCommissione è quello di elaborare delle li-nee guida, la Commissione è ben lieta dimettere a disposizione dei Colleghi, cardio-logi e non, la traduzione italiana delle“Guidelines on diagnosis and managementof acute pulmonary embolism” pubblicatenell’European Heart Journal 2000; 21:1301-1336 ad opera della ESC Task Forceon Pulmonary Embolism. In ossequio alledisposizioni del Committee for Scientificand Clinical Initiatives, la presente versio-ne ricalca fedelmente, nella sostanza e nel-la forma, il testo inglese. Ricordiamo tutta-via che la stessa Società Europea di Car-diologia (ESC), per bocca di suoi esperti

(vedi Schwartz PJ et al. Eur Heart J 1999;20: 1152-1157) si è così espressa: “È sot-tointeso che ogni Società Nazionale può, odeve, introdurre modificazioni, specifichedelle linee guida allo scopo di adeguarle al-la situazione locale”.

La Commissione ANMCO-SIC, nel re-cepire il messaggio, si propone di riprende-re il tema con un adeguato commento cheverrà pubblicato in un prossimo fascicolodi questo giornale.

Prefazione

Le presenti linee guida sono state pre-parate dalla Task Force dell’ESC sull’Em-bolia Polmonare, costituitasi su suggeri-mento del Gruppo di Lavoro sulla Circola-zione Polmonare e sulla Funzione del Ven-tricolo Destro ed approvata dal Consigliodell’ESC nel suo incontro del 17 giugno1997, sulla scorta delle raccomandazionidel Comitato per le Iniziative Scientifichee Cliniche. Questa Task Force è compostada 21 membri, che includono rappresen-tanti della Società Respiratoria Europea(ERS) e della Società Europea di Radiolo-gia, e da due Revisori interni. I membri so-no stati nominati dal Consiglio dell’ESC

Traduzione di Task ForceReport “Guidelines ondiagnosis and managementof acute pulmonaryembolism. Task Forceon Pulmonary Embolism,European Society ofCardiology”, comparsosu Eur Heart J 2000; 21:1301-36, a cura di ClaudioBilato, con la revisione diMario Morpurgo ePietro Zonzin, con lacollaborazione di AnnaSpedo.

Ricevuto il 15 novembre2000.

Per la corrispondenza:

Dr. Pietro Zonzin

Divisione di CardiologiaOspedale CivileViale Tre Martiri, 14045100 RovigoE-mail: [email protected]

Linee guidaLinee guida per la diagnosi ed il trattamentodell’embolia polmonare acutaTask Force sull’Embolia Polmonare, Società Europea di Cardiologia (vedi Appendice 1)

Core Writing Group:Adam Torbicki (Presidente), Edwin J.R. van Beek (Editore), Bernard Charbonnier,Guy Meyer, Mario Morpurgo, Antonio Palla, Arnaud Perrier

Membri:Nazzareno Galiè, Gunter Görge, Christian J. Herold, Steen E. Husted, Vastimil Jezek,Wolfgang Kasper, Meinhardt Kneussl, Alyn H. Morice, Dominique Musset,Michel M. Samama, Gerard Simonneau, Herve Sors, Michael de Swiet, Marko Turina

Revisori interni:Gerhard Kronik, Jiri Widimsky

(Ital Heart J Suppl 2001; 2 (2): 161-199)

su indicazione del Gruppo di Lavoro e dai Consiglidelle società scientifiche invitate a contribuire alla ste-sura delle linee guida sull’embolia polmonare (EP). IlPresidente e 7 membri della Task Force hanno costi-tuito il Core Writing Group (CWG), che include unEditore responsabile della preparazione del documen-to finale. I membri della Task Force si sono incontratinel settembre 1998 a Vienna, e il CWG nel maggio1999 a Varsavia e nel gennaio 2000 a Parigi. Gli argo-menti controversi sono stati, inoltre, oggetto di di-scussione con il Gruppo di Lavoro sulla CircolazionePolmonare dell’ERS durante un workshop aperto or-ganizzato al congresso annuale dell’ERS a Ginevra,nel settembre 1998. La revisione della letteratura e gliarticoli di opinione sono stati preparati dai compo-nenti secondo l’area culturale di appartenenza. I lorocontributi sono stati “apposti” nel sito Web della TaskForce e sottoposti ad ulteriore dibattito via Internet. Inseguito, si è provveduto alla preparazione e alla corre-zione delle versioni successive del documento da par-te del CWG, che sono state ulteriormente discusse indue meeting consecutivi e su Internet. Su richiesta delComitato per le Iniziative Scientifiche e Cliniche, ilpresidente della Task Force ha relazionato circa i pun-ti chiave delle linee guida al congresso dell’ESC nel-l’agosto 1999. Infine, il documento è stato distribuitoper la correzione e l’approvazione a tutti i membri,mentre due Revisori interni ne hanno valutata in ma-niera indipendente la congruenza ed uniformità. È sta-to fatto ogni sforzo possibile per includere tutti gli ele-menti importanti in tema di diagnosi e trattamentodell’EP. Le linee guida sono state sviluppate con ilsupporto economico assegnato alla Task Force da par-te dell’ESC e senza alcun finanziamento da parte diorganizzazioni commerciali. La lista di coloro che vihanno contribuito è elencata in Appendice 2.

Introduzione

L’EP è un problema rilevante di Sanità pubblica a li-vello internazionale, con un’incidenza annuale stimatadi oltre 100 000 casi in Francia, di 65 000 casi tra i pa-zienti ospedalizzati in Inghilterra e Galles, e di almeno65 000 nuovi casi l’anno in Italia. La diagnosi è spessodifficile da formulare ed è frequentemente errata. A ciòsi aggiunga che la mortalità per EP non trattata si aggi-ra attorno al 30%, mentre può essere ridotta con terapiaappropriata (anticoagulante) al 2-8%. La trombosi ve-nosa profonda (TVP) e l’EP sono cause frequenti dimorbilità e di morte dopo interventi chirurgici, traumi,parto e in svariate patologie internistiche1,2. Nonostan-te ciò, molti casi non vengono riconosciuti e di conse-guenza trattati, con successivo esito sfavorevole. Laprevalenza di EP al tavolo autoptico (circa il 12-15%dei pazienti ospedalizzati), infatti, è rimasta immutatanegli ultimi 30 anni3. Dal momento che, grazie alla me-dicina moderna, sta aumentando la sopravvivenza dei

soggetti con cancro, malattie cardiache e respiratorie,l’EP potrebbe diventare un problema clinico ancora piùdiffuso.

Durante la fase acuta, l’EP può essere fatale: il re-cente studio ICOPER4 ha osservato una mortalità tota-le a 3 mesi fino al 17.5% in 2454 pazienti consecutivi,ricoverati con EP acuta in 52 diversi ospedali. L’EP, inogni modo, non rappresenta sempre il “colpo di grazia”che uccide un paziente già destinato al decesso; anzi, lemorti “prevenibili” vanno dal 27 al 68% in diverse se-rie autoptiche5. Nella prospettiva a lungo termine, c’è ilrischio che insorga un’ipertensione polmonare secon-daria o ad embolie recidivanti o ad assente riperfusionedei vasi polmonari6.

Secondo questa Task Force l’EP può essere distin-ta per scopi clinici in due gruppi principali: massiva enon massiva. La prima è caratterizzata da shock e/oipotensione (definita come pressione arteriosa sistoli-ca < 90 mmHg o calo pressorio di 40 mmHg per piùdi 15 min non secondario ad aritmia di nuova com-parsa, ipovolemia o sepsi). L’EP non massiva riguar-da soggetti in condizioni relativamente più stabili. Traloro può essere identificato un sottogruppo caratteriz-zato da segni ecocardiografici di ipocinesia del ventri-colo destro. La Task Force propone di individuarequesto gruppo come pazienti affetti da EP submassi-va, visto che ci sono prove crescenti che il trattamen-to di questi soggetti possa essere differente rispetto acoloro che hanno un’EP non massiva e funzione ven-tricolare destra normale.

Epidemiologia e fattori predisponenti. L’incidenzadella TVP e dell’EP desunta da studi eseguiti sulla po-polazione è stata riportata solo in pochi paesi. I dati di-sponibili devono essere analizzati con attenzione, poi-ché possono essere stati applicati differenti criteri e co-difiche di diagnosi7. L’incidenza annuale della TVP edell’EP nella popolazione generale dei paesi occidenta-li può essere stimata, rispettivamente, a 1.0 e 0.5 per10008. Il numero di casi silenti e non mortali non può,d’altronde, essere determinato e l’utilizzo dei certifica-ti di morte che riportano la diagnosi di EP è estrema-mente inaccurato9. A ciò si aggiunga che vi è una bennota discrepanza tra le diagnosi cliniche ed i reperti au-toptici.

Al tavolo autoptico l’incidenza di EP non sospetta-te precedentemente nei pazienti non è diminuita nem-meno per i casi di EP massiva o submassiva2,10. Neglistudi autoptici la prevalenza di EP, fatali o, comunque,concause di morte varia tra il 3 e l’8%3,11-14.

Una metanalisi di 12 studi post-mortem condotti trail 1971 e 1995 ha evidenziato che più del 70% di EPmaggiori non erano state diagnosticate dal medico2,15.Dal momento che l’esame necroscopico non viene ese-guito sistematicamente, va comunque sottolineato chegli studi autoptici contribuiscono in minima parte a va-lutare la prevalenza di malattia venosa tromboembolica(VTE) e la mortalità da EP. Negli studi clinici, la gran

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parte dei casi di EP interessa l’età compresa tra i 60 edi 70 anni, mentre nelle indagini post-mortem l’età dimaggior prevalenza varia tra i 70 e gli 80 anni12-18.

I principali fattori di rischio primari e secondari re-sponsabili della VTE sono riassunti nella tabella I19,20.Diversi fattori possono ovviamente agire insieme, maun recente registro francese multicentrico18 ha rivelatoche quasi un caso su due di EP e TVP si manifesta inassenza di un classico fattore predisponente.

La predisposizione congenita alla trombosi è consi-derata una condizione rara anche se la sua vera preva-lenza è sconosciuta. Essa dovrebbe essere considerataseriamente in pazienti ben definiti, con storia familiarepositiva, che hanno manifestato una trombosi prima dei40 anni e TVP o EP ricorrenti6. I più comuni difetti ge-netici identificati sono: la resistenza alla proteina C at-tivata (che è la conseguenza di una mutazione puntifor-me del fattore V nel 90% dei casi)21,22, la mutazione20210A del fattore II23, l’iperomocisteinemia24,25 e ildeficit dell’antitrombina III, della proteina C e dellaproteina S26,27.

L’incidenza di TVP e di EP aumenta con l’età28, maquesta relazione può essere il risultato della maggiorpresenza in età più avanzate di altre malattie, che costi-tuiscono il vero fattore di rischio per la VTE (ad esem-pio cancro, infarto del miocardio)29,30.

Complicanze tromboemboliche sono state riportatenel 30-60% dei pazienti con ictus (plegie agli arti infe-riori), nel 5-35% dei soggetti con infarto acuto del mio-cardio, e in oltre il 12% dei malati con scompenso car-diaco congestizio10,15,31-33.

Per quanto riguarda l’immobilizzazione, va ricorda-to che anche quella di breve durata (1 settimana) puòpredisporre alla VTE. La frequenza di TVP nei pazien-ti chirurgici è attorno al 5% dopo un intervento di ernia,del 15-30% in caso di chirurgia addominale maggiore,del 50-75% negli operati per frattura d’anca, e dal 50 al100% nei traumi del midollo spinale31,34. L’EP è raradopo intervento di sostituzione valvolare isolata, manon è infrequente (3-9% dei casi) dopo bypass aortoco-ronarico35,36. Circa un quarto di tutte le EP postopera-torie avvengono dopo la dimissione dall’ospedale; que-sta quota è ancora maggiore nel sottogruppo dei pa-zienti che sono stati sottoposti ad interventi di chirurgia“a basso rischio”37.

Il rischio di VTE è 5 volte più grande nelle donnein gravidanza rispetto alle non gravide della stessa età,con il 75% delle TVP manifestantesi prima del partoed il 66% delle EP dopo il parto38. I contraccettivi ora-li aumentano di 3 volte il rischio delle TVP, anche seva considerato che la loro incidenza nelle giovani don-ne, in generale, è molto bassa (circa 0.3/10 000 per an-no)39. I risultati più recenti, peraltro, hanno fornitoprove convincenti che coloro che usano contraccettiviorali di terza generazione (contenenti desogestrel ogestodene, come componenti progestinici) presentanoun rischio di TVP ancor più elevato, cioè 1-2/10 000/anno40,41. Tale aumento è ancora maggiore in presen-za di trombofilia congenita, come una condizione diresistenza alla proteina C attivata. Ampi studi pro-spettici recenti42,43 hanno riportato che anche la tera-pia ormonale sostitutiva postclimaterica è associata adun aumento di 3 volte del rischio per VTE. Comun-que, il rischio generale è, di nuovo, basso (circa 15/10 000donne trattate per terapia ormonale sostitutiva per an-no), e la gran parte degli esperti concorda sul fatto cheuna storia di VTE non costituisce una controindica-zione assoluta alla terapia ormonale sostitutiva, parti-colarmente nelle donne ad alto rischio per malattia co-ronarica, a meno che l’episodio di VTE non sia recen-te (meno di 1 anno). Infine, il fumo è un fattore di ri-schio indipendente per EP, come recentemente dimo-strato nel Nurses’ Health Study44.

Un’associazione tra TVP e cancro manifesto è bendocumentata ed osservazioni recenti suggeriscono chei soggetti con EP cosiddetta idiopatica successivamen-te manifestano nel 10% dei casi una neoplasia mali-gna17. Per la ricerca di cancro nei pazienti con EP è co-munque sufficiente una dettagliata raccolta anamnesti-ca, un attento esame obiettivo e test di routine come laradiografia del torace, l’emocromo ed i comuni esamibioumorali. Un approfondimento diagnostico ulterioreè, infatti, generalmente deludente45-47.

Circa la presunta origine dell’embolo e la relazio-ne tra TVP ed EP, va sottolineato che in studi clinicied autoptici la sorgente dell’embolo è stata identifica-ta solo nel 50-70% dei casi, dal momento che i trom-bi localizzati nelle vene del polpaccio sono difficil-mente diagnosticabili con le metodiche incruente e

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Tabella I. Fattori di rischio per le tromboembolie venose.

A. PrimariDeficit di antitrombina III Deficit di proteina CDisfibrinogemia congenita Fattore V Leiden (APC-R)Trombomodulina Deficit di plasminogenoIperomocisteinemia DisplasminogenemiaAnticorpi anticardiolipina Deficit di proteina SEccesso di inibitore Deficit di fattore XIIdell’attivatore del plasminogenoMutazione 20210Adella protrombina

B. SecondariTraumi/fratture ChirurgiaIctus ImmobilizzazioneEtà avanzata Neoplasie/chemioterapiaCateteri venosi centrali ObesitàInsufficienza venosa cronica Scompenso di cuoreFumo Lunghi viaggiGravidanza/puerperio Contraccettivi oraliMorbo di Crohn Lupus anticoagulansSindrome nefrosica Superfici protesicheIperviscosità ematica(policitemia, macroglubulinemiadi Waldenstrom)Anomalie piastriniche

Da Lane et al.19,20, modificata.

che la dissezione delle vene sotto il ginocchio non èpratica corrente durante l’esame necroscopico2,16. Ildistacco e la migrazione del trombo, inoltre, possonoessere totali, soprattutto nei pazienti chirurgici48, co-sicché il punto di origine non può essere più identifi-cato. La sorgente del tromboembolo, se individuata, ènel 70-90% dei casi nel distretto della vena cava infe-riore (con trombi singoli o multipli), in particolare alivello delle vene femorali ed iliache, anche se recen-ti analisi post-mortem15 hanno evidenziato un’aumen-tata frequenza di tromboemboli che originano dallevene pelviche, soprattutto dai plessi periprostatici eperiuterini.

In circa il 10-20% dei casi, l’embolo deriva datrombi localizzati nel distretto della vena cava supe-riore. Recentemente, la trombosi venosa delle estre-mità superiori è divenuta più frequente15,16,49,50, comerisultato di procedure diagnostiche e terapeutichecruente (ad esempio cateteri venosi a dimora, agentichemioterapici endovenosi). La trombosi venosa del-le estremità superiori può essere associata all’EP finonel 40% dei casi51,52. L’origine cardiaca dell’EP, alcontrario, gioca un ruolo marginale nell’incidenza to-tale della malattia15,53.

Uno studio clinico prospettico54 ha dimostrato unacorrelazione tra sede della trombosi ed incidenza egravità dell’EP. L’incidenza di EP era del 46% nel ca-so di TVP confinata al polpaccio ed aumentava al 67%con l’estensione alla coscia, raggiungendo la percen-tuale del 77% nel caso fossero state interessate anchele vene della pelvi. Le forme più gravi di EP, inoltre,erano secondarie ad emboli che originavano da trom-bi localizzati nei distretti venosi più prossimali. Mol-ti di questi trombi, tuttavia, originano nel polpaccio eprogrediscono in senso centripeto prima di emboliz-zare55.

Riassunto. L’incidenza annuale di TVP e di EP è sti-mata nei paesi occidentali rispettivamente 1 e 0.5 per1000.

La TVP e l’EP costituiscono un’unica entità: laVTE.

Sono stati identificati fattori di rischio sia acquisitiche ereditari.

Fisiopatologia. Le complesse e multifattoriali modifi-cazioni delle funzioni respiratorie e cardiovascolari se-condarie all’EP acuta sono riassunte nelle tabelle II eIII. Le conseguenze emodinamiche dell’EP acuta, intermini di pressione arteriosa polmonare e sistemica,pressione dell’atrio destro, gettata cardiaca, resistenzeed impedenza vascolare polmonare ed anche di flussocoronarico sono il prodotto sia del grado di embolizza-zione sia della presenza o dell’assenza di una preesi-stente patologia cardiopolmonare10,56.

Nell’EP massiva, l’aumento del postcarico delventricolo destro ne determina un incremento di lavo-ro e di consumo di ossigeno. L’indice cardiaco dimi-

nuisce nonostante la pressione arteriosa rimanga ade-guata, il precarico del ventricolo destro sia immodifi-cato o aumentato e la contrattilità permanga inaltera-ta. A mano a mano che la pressione arteriosa sistemi-ca cala e quella del ventricolo destro aumenta, dimi-nuisce il gradiente pressorio tra l’aorta e il ventricolodestro. L’ischemia miocardica, comunque, non costi-tuisce l’unica ragione della riduzione della gettata delventricolo sinistro, che dipende probabilmente anchedall’inestensibilità del pericardio a fronte della dilata-

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Tabella II. Conseguenze emodinamiche dell’embolia polmona-re.

A. Modificazioni dell’emodinamica polmonareIpertensione precapillare Ridotto letto vascolare

BroncocostrizioneVasocostrizione arteriolare

Sviluppo di vasi collaterali Anastomosi arteriosebroncopolmonariShunt polmonari artero-venosi

Modificazioni del flusso Ridistribuzione del flussosanguigno Ripresa del flusso (lisi, ecc.)

B. Modificazioni del circolo sistemico e della funzione cardiacaIpotensione arteriosaTachicardiaSovraccarico e dilatazione del ventricolo destroAumento della pressione venosa centraleModificazioni geometriche del ventricolo sinistro

C. Modificazioni del circolo coronaricoRidotto gradiente pressorio Ipotensione aorticatranscoronarico Ipertensione atriale destraFlusso ridotto per unità miocardicaIpoperfusione relativa subendocardica del ventricolo destro

Tabella III. Conseguenze respiratorie dell’embolia polmonare.

A. Modificazioni della dinamica respiratoriaIperventilazione Ipertensione polmonare

Ridotta complianceAtelettasie

Aumentate resistenze Ipocapnia localedelle vie aeree Mediatori chimici

B. Modificazioni della ventilazione alveolareIperventilazione alveolare (ipocapnia, alcalosi) o ipoventilazio-ne alveolare relativa

C. Modificazioni della meccanica respiratoriaRidotta compliance dinamica Diminuzione del surfattante

AtelettasieBroncocostrizione

D. Modificazioni della capacità di diffusioneRidotto volume del sangue capillareRidotta permeabilità di membrana (?)

E. Modificazioni del rapporto ventilazione/perfusione

zione del ventricolo destro e dello spostamento versosinistra del setto interventricolare57. In uno studio re-cente su pazienti con ipertensione polmonare è statoosservato che l’aumentato postcarico del ventricolodestro secondario all’ostruzione del letto vascolarepolmonare determina il deterioramento della funzioneventricolare destra associato alla diminuzione del pre-carico del ventricolo sinistro58. In combinazione conl’alterata geometria del setto interventricolare, tuttociò causa la riduzione dell’indice cardiaco. Probabil-mente questa sequenza di eventi è più drammatica nel-l’EP acuta, dal momento che il ventricolo destro nonè ipertrofico e, perciò, meno capace di sostenere l’ini-ziale aumento del postcarico.

Nell’EP acuta, particolarmente se massiva, l’ipos-sia può essere secondaria a: a) discrepanza tra ventila-zione e perfusione: il rapporto ventilazione/perfusio-ne, che è aumentato nelle aree ipoperfuse, può essereridotto in alcune zone relativamente iperperfuse o neidistretti atelettasici; b) shunt intrapolmonari o intra-cardiaci dovuti o all’apertura di anastomosi artero-ve-nose polmonari preesistenti o alla presenza di un fora-me ovale pervio; c) ridotta saturazione del sangue ve-noso misto, secondaria ad una diminuita gettata car-diaca; d) alterata componente di diffusione. Nellagran parte dei casi, questi diversi meccanismi proba-bilmente interagiscono; il loro contributo, del resto,dipende anche dall’eventuale patologia cardiopolmo-nare sottostante59,60.

Un’embolia senza infarto polmonare è generalmen-te la regola ed un vero infarto polmonare rappresental’eccezione48. Esso si manifesta con maggiore probabi-lità nei pazienti con insufficienza ventricolare sinistra omalattia polmonare preesistente. L’emorragia alveolaresecondaria ad ostruzione delle arterie polmonari distalicon normale afflusso di sangue lungo le arterie bron-chiali si risolve, infatti, senza infarto polmonare nellamaggior parte dei soggetti, con l’eccezione di colorocon cardiopatia preesistente in cui la situazione puòevolvere in infarto61.

Riassunto. Le conseguenze emodinamiche dell’EP so-no direttamente correlate al grado ed al numero di em-boli e alla condizione cardiaca e respiratoria preesi-stente.

L’infarto polmonare è una complicanza relativa-mente rara.

Storia naturale e prognosi. È difficile tracciare lastoria naturale di una patologia che è una sindromepiuttosto che una malattia ben definita e che rappre-senta una complicanza di numerose e diverse condi-zioni morbose. Nella fase acuta della TVP, il trombo,una volta formato nelle vene, può risolversi, estender-si o embolizzare. Le TVP a livello del polpaccio nontrattate hanno una bassa frequenza di recidive, a con-dizione che il trombo non si estenda in senso centri-peto, mentre le TVP nei distretti prossimali presenta-

no un rischio di recidive significativamente più eleva-to, se non vengono adeguatamente trattate62.

L’EP può presentarsi come evento isolato e comeprodotto di episodi ripetuti, con differenze in terminiprognostici sia nella fase acuta che postacuta. Nella fa-se acuta un primo attacco può determinare la morte,produrre conseguenze cliniche moderate o gravi, oppu-re restare del tutto asintomatico. Generalmente, gli em-boli di dimensioni maggiori sono più pericolosi di quel-li più piccoli. In casi rari, comunque, l’embolizzazionedei rami periferici delle arterie polmonari può produrresintomi di marcata gravità fino a causare la morte im-provvisa ed inaspettata, pur lasciando pervi i rami prin-cipali del piccolo circolo63,64. Durante le prime 4-6 set-timane, vi è un considerevole rischio di recidive11,48,65,che viene ulteriormente aumentato in assenza di terapiaanticoagulante66. Invero, il decorso a breve termine neipazienti che sopravvivono ad un iniziale episodio di EPè profondamente influenzato dall’istituzione o menodella terapia, che, a sua volta, dipende dal fatto che ven-ga o no formulata una diagnosi tempestiva66,67. La mor-talità per EP non trattate è del 25-30%66. Tali dati, co-munque, potrebbero essere sovrastimati dal momentoche derivano da una vecchia indagine, la quale proba-bilmente ha reclutato pazienti con EP più gravi rispettoai trial più recenti. D’altro canto non ci sono, né ci sa-ranno, dati alternativi e, perciò, tutte le EP dovrebberoessere considerate potenzialmente fatali per possibilirecidive, qualunque sia l’impatto clinico del primo epi-sodio. Un’adeguata terapia anticoagulante riduce l’in-cidenza di recidive mortali e non mortali a menodell’8%7,66. Questo rischio non appare influenzato dal-la presenza di TVP prossimali flottanti liberamente nelletto vascolare65.

Lo stress legato al postcarico del ventricolo destrodesunto dall’ecocardiogramma costituisce un fattoredeterminante della prognosi a breve termine quandol’EP è sospettata clinicamente68,69, mentre l’individua-zione di un forame ovale pervio rappresenta un fattorepredittivo significativo di ictus ischemico e di morbi-dità nei pazienti con EP grave70. Al contrario, il signifi-cato prognostico della presenza di un trombo mobilenelle cavità destre rimane incerto71-75. Nelle analisi piùampie, sia rassegne sistematiche71,72 sia registri clini-ci73, è stato riportato un esito letale fino nel 35-42% deipazienti con trombi mobili nel cuore destro. In un altrostudio, per contro, la presenza di trombi nelle cavità de-stre non influenzava significativamente la mortalitàprecoce né quella totale intraospedaliera75.

La comparsa di un’EP massiva può essere precedutanelle settimane antecedenti da un numero di EP minori,che spesso sfuggono all’attenzione del medico76. Inve-ro, EP ed infarti multipli di età differente (recenti, in viadi organizzazione, organizzati) sono rinvenuti all’auto-psia nel 15-60% dei casi11,48. Questa osservazione è im-portante: questi pazienti, infatti, hanno subito emboliesuccessive e la loro morte avrebbe potuto essere preve-nuta, se fosse stata formulata una diagnosi precoce.

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Durante la fase postacuta dell’EP, la prognosi di-pende in gran parte dalla completa dissoluzione delcoagulo e dall’adeguata rivascolarizzazione del circolopolmonare e del sistema venoso profondo. Tutto ciò èinfluenzato da vari fattori, quali la presenza di una dia-tesi trombofilica congenita, una corretta terapia anti-coagulante e la persistenza di fattori di rischio. Anchequando il malato supera l’episodio iniziale di EP, laprognosi a lungo termine è largamente determinata dal-le condizioni cliniche preesistenti. Tra esse, l’età avan-zata, la presenza di cancro, di ictus o di malattia car-diopolmonare sono i fattori associati ad una più elevatamortalità.

In alcuni pazienti, le indagini eseguite per una di-spnea o per una insufficienza cronica del ventricolo de-stro possono rivelare la presenza di grave ipertensionepolmonare dovuta a EP recidivanti e silenti. Questa ma-lattia tromboembolica cronica costituisce un’entità di-stinta dall’EP acuta e, se non trattata, porta abitualmen-te al decesso nei 2-3 anni successivi alla diagnosi ini-ziale75,77.

Riassunto. La VTE non trattata presenta un elevato ri-schio (mortale e non mortale) di recidive.

La terapia anticoagulante riduce del 75% la morta-lità nei pazienti con EP.

La prognosi della VTE trattata, non massiva, dipen-de principalmente da malattie coesistenti, come neo-plasie o malattie cardiopolmonari.

Diagnosi

Quadri clinici e valutazione clinica dell’embolia pol-monare. Come precedentemente ricordato, l’EP è unasindrome potenzialmente mortale, con un ampio spet-tro di presentazioni, che vanno dal silenzio clinico al-l’instabilità emodinamica. Valutare in un singolo pa-ziente la probabilità di EP in accordo con il quadro cli-nico è di estrema importanza nell’interpretazione dei ri-sultati dei test di laboratorio e strumentali e nella scel-ta di un’appropriata strategia diagnostica. Nel 90% deicasi, il sospetto di EP è motivato dalla presenza singo-la o associata di sintomi clinici come la dispnea, il do-lore toracico o la sincope. In un’ormai “classica” casi-stica, la dispnea, la tachipnea e il dolore toracico eranopresenti nel 97% dei malati con EP senza patologia car-diaca o polmonare78. Analogamente, in studi più recen-ti, nei quali il 25% dei soggetti era cardio o bronco-pneumopatico, una dispnea di recente insorgenza, il do-lore toracico o la sincope erano presenti nel 97% dei pa-zienti con EP79,80. Nel 10% dei casi il sospetto di EPemerge, in situazioni di alto rischio, dal riscontro ca-suale di segni radiologici alla semplice radiografia deltorace o alla tomografia computerizzata (TC) spirale.

Il dolore “pleurico” in combinazione o meno con ladispnea, è uno dei sintomi più frequenti dell’EP (Tab.IV)78,80. Esso è usualmente secondario ad embolie di-

stali che causano irritazione pleurica; in questi casi puòessere presente un addensamento alla radiografia deltorace. Questa sindrome viene spesso chiamata impro-priamente “infarto polmonare”, sebbene il suo corri-spettivo istopatologico sia un’emorragia alveolare, cheè solo eccezionalmente associata ad emottisi.

La dispnea isolata, rapidamente ingravescente, èabitualmente dovuta ad un’EP più centrale, che noncoinvolge la pleura. Essa può essere associata ad un do-lore retrosternale pseudoanginoso, che è probabilmen-te il risultato dell’ischemia del ventricolo destro. Leconseguenze emodinamiche sono in questo caso più ri-levanti rispetto al quadro dell’“infarto polmonare”. So-lo occasionalmente l’insorgenza della dispnea è lenta,nel volgere di alcune settimane, e la diagnosi di EP vie-ne formulata sulla base dell’assenza di altre cause clas-siche di dispnea progressiva. Nei pazienti con scom-penso di cuore o malattia polmonare preesistente, infi-ne, l’unico sintomo può essere il peggioramento delladispnea.

La sincope o lo shock sono il segnale di un’EP cen-trale con gravi ripercussioni emodinamiche e sono ac-compagnati da segni di compromissione emodinamicae di ridotta gettata cardiaca, come ipotensione sistemi-ca, oliguria, estremità inferiori fredde e/o altri segni cli-nici di scompenso acuto del ventricolo destro.

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Tabella IV. Segni, sintomi e reperti in casi di sospetta emboliapolmonare (EP)78,80.

EP (%) Non EP (%)(n=219) (n=546)

SintomiDispnea 80 59Dolore toracico (pleurico) 52 43Dolore toracico (retrosternale) 12 8Tosse 20 25Emottisi 11 7Sincope 19 11

SegniTachipnea80 (20 b/min) 70 68Tachicardia (> 100 b/min) 26 23Segni di trombosi venosa profonda 15 10Febbre (> 38.5°C) 7 17Cianosi 11 9

Rx-toraceAtelettasia o infiltrato 49 45Versamento pleurico 46 33Opacità a base pleurica (infarto) 23 10Elevazione del diaframma 36 25Ridotta vascolarizzazione polmonare 36 6Amputazione dell’arteria ilare78 36 1

EmogasanalisiIpossiemia80 75 81

ElettrocardiogrammaSovraccarico ventricolare destro78 50 12

La presenza o meno di fattori di rischio per VTEè essenziale nella valutazione di un sospetto di EP edovrebbe essere ricordato che il rischio di EP au-menta con il numero dei fattori di rischio presenti.Comunque, l’EP colpisce frequentemente anche sog-getti che non hanno fattori di rischio18 ed i singoli se-gni e sintomi clinici non sono di grande aiuto, poichénon sono né sensibili né specifici (Tab. IV). La ra-diografia del torace generalmente non è normale: ireperti più frequenti sono le atelettasie, il versamen-to pleurico o il sollevamento del diaframma. Questisegni non sono comunque molto specifici e la radio-grafia del torace è utile principalmente per escluderealtre cause di dispnea o dolore toracico. Nel recentestudio PISA-PED80, l’amputazione dei rami polmo-nari principali, l’oligoemia e un infiltrato piramidalea base pleurica erano strettamente associati ad EP ederano presenti nel 15-45% dei pazienti. Tali dati, co-munque, sono in contrasto con alcune osservazioniprecedenti78; va, d’altro canto, segnalato che le ra-diografie del torace nello studio PISA-PED80 eranostate esaminate da 6 pneumologi, tutti esperti nelcampo della diagnosi di EP. Il valore pratico di que-sti segni in altri contesti rimane, dunque, da dimo-strare. L’EP è generalmente caratterizzata da ipossia,anche se i malati con EP presentano fino al 20% deicasi una normale pressione arteriosa di ossigeno(PaO2). Dal momento che la gran parte dei soggettisono anche ipocapnici, si era sperato che la differen-za alveolo-arteriosa di ossigeno (D(A-a)O2) fosse piùsensibile per l’EP rispetto alla PaO2. Studi clinici inquesto senso, tuttavia, sono risultati negativi, eviden-ziando che il 15-20% dei pazienti con EP accertata

avevano anche una D(A-a)O2 normale81. Infine, anche isegni elettrocardiografici di sovraccarico ventricola-re destro (quadro S1Q3, inversione dell’onda T in V1-V3 e blocco di branca destro) possono essere d’aiuto.D’altro canto, queste modificazioni sono general-mente associate alle forme più gravi di EP e possonoessere secondarie ad altre cause di dilatazione delventricolo destro.

Poiché il valore diagnostico dei singoli sintomi, se-gni e comuni test è scarso, si potrebbe concludere chela valutazione clinica in caso di EP sospetta è priva diutilità. Una grossa mole di dati, tuttavia, contraddicetale ipotesi. La combinazione di queste variabili siaempirica che stimata dal medico82-85 direttamente osulla base di criteri predittivi80,86-88 permette, invero, didistinguere con discreta accuratezza i pazienti conEP sospetta in tre grandi categorie di probabilità co-siddetta clinica o pre-test. La tabella V80,83,85,86 elencail valore predittivo della valutazione clinica effettuatacon i diversi metodi. L’utilizzo di criteri di predizionesembra essere più accurato della valutazione empiricaper riconoscere i soggetti con elevata probabilità dimalattia, anche se l’utilità clinica nel distinguere trapazienti con rischio alto od intermedio può essere li-mitata.

La valutazione clinica della probabilità è stata usa-ta in combinazione con la scintigrafia polmonare perescludere EP clinicamente rilevanti. Una recente ana-lisi di un database comprendente 1034 pazienti conse-cutivi giunti al Pronto Soccorso con EP sospetta, ha ri-portato che il rischio tromboembolico a 3 mesi eramolto basso (1.7%, intervallo di confidenza-IC 95%tra 0.4 e 4.9%) nei 175 soggetti con sospetto di EP che

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Tabella V. Quantificazione della probabilità clinica di embolia polmonare (EP): confronto tra metodi diversi.

Studio Wells et al.86 Miniati et al.80 Perrier et al.83 PIOPED85

Pazienti inclusi PS e ospedalizzati PS e ospedalizzati PS PS e ospedalizzatiN. pazienti* 1239 250 1034 887Prevalenza di EP 17% 41% 28% 28%

Criteri di quantificazione dellaprobabilità clinica Criterio predittivo** Criterio predittivo*** Empirico Empirico

Prevalenza di EP nei sottogruppidi probabilità clinica

Bassa probabilità 3% (2-5) 11% (6-16) 8% (6-11) 9% (6-14)Probabilità intermedia 28% (23-32) – 36% (32-40) 30% (26-34)Alta probabilità 78% (70-86) 91% (84-96) 67% (57-76) 68% (57-77)

% di pazienti con bassa probabilità clinica di EP 60% 62% 41% 26%

Convalida prospettica del criterio predittivo Sì Sì – –

Verifica in base all’evoluzioneclinica Sì No Sì No

I numeri tra parentesi rappresentano l’intervallo di confidenza al 95%. PS = Pronto Soccorso. * nel campione di convalida in caso dicriterio predittivo; ** criterio applicato sulla base di un consensus di esperti e di un’analisi multivariata; *** criterio applicato solo sul-la base di un consensus di esperti.

non erano stati trattati sulla base di una bassa proba-bilità clinica calcolata empiricamente, di una scinti-grafia polmonare non probativa, e di un’ultrasonogra-fia (US), con compressione del distretto venoso infe-riore negativa per TVP prossimale84. Questa associa-zione fu riscontrata nel 21% dei soggetti, che perciònon furono sottoposti ad angiografia. Ugualmente, al-cuni ricercatori canadesi, tenendo conto della valuta-zione clinica ed escludendo coloro che avevano unpunteggio indicativo di bassa o moderata probabilitàdi EP, hanno evitato di ricorrere all’indagine angio-grafica in 702 dei 1239 (57%) pazienti con scansionipolmonari non significative e US seriate normali (ve-di strategie diagnostiche), segnalando un rischiotromboembolico a 3 mesi di solo 0.5% (IC 95% 0.1-1.3)86.

Come indicato nella tabella V, il medico deve sce-gliere tra un approccio empirico e due algoritmi pre-dittivi per calcolare la probabilità clinica di EP. L’ov-vio vantaggio di utilizzare delle regole definite è dipermettere una valutazione chiara e standardizzata. Illettore, comunque, deve essere consapevole che lasoggettività costituisce una componente rilevante inuno dei protocolli di predizione proposti86. Infatti, unelemento importante nell’attribuzione del punteggioè la decisione se un’altra diagnosi è parimenti o mag-giormente probabile che quella di EP in un dato pa-ziente. Inoltre, bisogna considerare che l’applicazio-ne di criteri di predizione dovrebbe rispettare rigoro-si standard metodologici, al fine di essere valida e tra-sferibile alla pratica clinica89,90. Questi standard, in-clusi una convalida esterna ed una valutazione dell’u-tilità clinica, sono stati rispettati in uno studio86, manon nel PISA-PED80. Queste valutazioni, peraltro,sono valide solamente in combinazione con criteriscintigrafici specifici, seguiti proprio nel PISA-PED91, che ancora attendono, però, un processo diverifica esterna. Infine, l’esperienza pratica dimostrache, di fronte ad una discrepanza tra la propria valu-tazione empirica e la probabilità data da un punteg-gio, il medico si affida generalmente alla propriaesperienza.

Riassunto. L’EP presenta un’ampia varietà di quadriclinici.

Un sospetto clinico ragionevole è necessario perevitare mancate diagnosi di EP.

Test diagnostici di prima istanza, come l’elettro-cardiogramma, la radiografia del torace e l’emogas-analisi, sono indicati per calcolare la probabilità clini-ca di EP e per valutare le condizioni generali del pa-ziente.

La valutazione clinica risulta accurata nell’indivi-duare un sottogruppo di pazienti con bassa probabilitàdi EP.

La probabilità clinica può essere stimata empirica-mente o esplicitamente mediante regole predittive.

I pazienti con bassa probabilità clinica di EP, assen-za di TVP agli arti inferiori e scintigrafia non probativahanno un rischio di EP molto basso.

Scintigrafia polmonare. La scintigrafia polmonaregioca un ruolo centrale nel processo diagnostico di unsospetto di EP per la duplice ragione che è una tecnicadiagnostica incruenta ed è stata valutata in estesi trialclinici. Si è dimostrata, inoltre, estremamente sicura esono state descritte poche reazioni allergiche.

La scintigrafia polmonare è costituita da due com-ponenti: le immagini della perfusione e quelle dellaventilazione. Le immagini vengono ottenute in almeno6 proiezioni; le più comuni sono l’anteriore, la poste-riore, la laterale sinistra, l’obliqua anteriore sinistra, lalaterale destra e l’obliqua anteriore destra. Per valutarela perfusione, al paziente, posto in posizione supina edinvitato a respirare profondamente92, viene iniettata en-dovena una soluzione di macroaggregati di albuminamarcata con 99m-tecnezio (Tc). Le particelle vengonointrappolate uniformemente nel letto capillare polmo-nare ed una frazione dei capillari verrà temporanea-mente ostruita93. In caso di occlusione di un ramo del-l’arteria polmonare, le particelle non raggiungeranno illetto vascolare più periferico e le successive immaginievidenzieranno un’area “fredda”. Le immagini dellaventilazione possono essere ottenute con un’ampiagamma di agenti, compreso l’81m-Krypton, l’aerosoldi 99m-Tc-acido dietilen-triaminico-pentacetico o par-ticelle di carbone marcato con 133-Xenon o 99m-Tc(Technegas)94.

Una classificazione dell’EP sulla base della scinti-grafia polmonare è stata argomento di discussione perdiversi anni a partire dai primi tentativi di McNeil etal.95 e Biello et al.96. Più recentemente, un ampio studiocondotto nel Nord America (PIOPED) ha proposto unaclassificazione ancora più sofisticata85. Questa classifi-cazione, comunque, è stata criticata sulla base del fattoche la presenza di EP fu confermata angiograficamentenel 16% dei pazienti considerati a basso rischio97. Con-seguentemente, i criteri PIOPED sono stati modificatial fine di migliorare il valore predittivo della scintigra-fia polmonare98,99.

Lo studio PISA-PED si è servito di una classifica-zione più orientata clinicamente nel tentativo di elimi-nare i risultati “indeterminati” delle scansioni polmona-ri, utilizzando unicamente la scintigrafia polmonare per-fusoria91. Grazie a questi criteri, uno dei ricercatori delPIOPED fu capace di identificare correttamente il 91%dei malati con EP certa e di escludere l’80% di coloronei quali l’EP non era stata confermata dall’angiografia.Questo approccio può essere esteso alla classificazioneottenuta con la scintigrafia polmonare perfusoria e ven-tilatoria, così da identificare tre categorie: EP esclusa(normale), EP certa (alta probabilità, definita con alme-no uno o più difetti di perfusione segmentaria con ven-tilazione o riscontri radiologici localmente normali), EPné esclusa né confermata (non probativo)100-103.

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I risultati delle scansioni polmonari dovrebbero es-sere integrati con il sospetto clinico espresso dal curan-te, come è stato dimostrato da diversi ampi studi85,91,99.Ancora, se i dati ottenuti dalle scansioni polmonaricontraddicono il riscontro clinico (bassa probabilità cli-nica di EP e alta probabilità alla scintigrafia polmona-re, o viceversa), devono essere eseguiti ulteriori testdiagnostici, sebbene tali combinazioni siano rare.

Le discrepanze inter ed intraosservatore nella valu-tazione dei risultati ottenuti con la scintigrafia polmo-nare variano approssimativamente tra il 10 e il 20%,indipendentemente dai criteri classificativi applica-ti104-107; a tale proposito, è stato segnalato che un accu-rato e costante utilizzo di una mappa anatomica deisegmenti polmonari aumenta in modo significativo lacoerenza delle risposte107,108.

Tre studi hanno valutato il significato di una norma-le scintigrafia polmonare di perfusione109-111. Uno di es-si è un’analisi retrospettiva di 68 soggetti109, mentre glialtri due sono studi prospettici in pazienti con sospettoclinico di EP e normale scintigrafia perfusoria, ai qualinon fu somministrata terapia anticoagulante110,111. Tra icomplessivi 693 malati, vi furono nel periodo di fol-low-up di almeno 3 mesi, un caso di EP mortale ed unonon mortale, per un totale di eventi pari allo 0.2% (IC95% 0.1-0.4%). Perciò, appare una pratica sicura quel-la di non somministrare la terapia anticoagulante neipazienti con normale scintigrafia polmonare, con l’ec-cezione, forse, dei soggetti che hanno una probabilitàclinica di tromboembolia molto alta101,102.

Alcuni studi hanno confrontato la scintigrafia diventilazione/perfusione con l’angiografia polmona-re85,96,100,112-117. Nel totale dei 350 pazienti con almenoun difetto segmentario di perfusione e normale ventila-zione, il valore predittivo positivo era dell’88% (IC95% 84-91%). Questo valore costituisce una prova diEP sufficiente per istituire una terapia anticoagulante alungo termine nella gran parte dei malati. Può comun-que essere appropriato eseguire un’angiopneumogra-fia, qualora il sospetto clinico sia basso e il rischio disanguinamento elevato (come, ad esempio, nel periodopostoperatorio)101,102.

Su un totale di 12 studi, 1529 soggetti, nei quali lescansioni polmonari non risultarono né normali né adalta probabilità (indipendentemente dai criteri usati), fu-rono sottoposti ad angiografia polmonare85,96,100,112-120.La presenza di EP fu confermata in 385 pazienti (25%,IC 95% 24-28%). Ne consegue che tali anomalie scin-tigrafiche polmonari sono insufficienti per suffragarequalsivoglia decisione terapeutica, rendendo necessariulteriori test diagnostici.

Lo studio PISA-PED ha utilizzato unicamente lascintigrafia di perfusione, la radiografia del torace e lavalutazione clinica per formulare la diagnosi di norma-le, quasi normale, EP improbabile ed EP probabile91.L’esecuzione dell’angiopneumografia ha permesso diottenere una diagnosi definitiva in 386 dei 607 pazien-ti con scansioni di perfusione polmonare anormali,

mentre 4 soggetti morirono prima dell’indagine angio-grafica e furono sottoposti ad autopsia. La presenza diEP fu documentata in 236 malati (scintigrafia polmo-nare positiva in 217, sensibilità 92%, valore predittivopositivo 92%), mentre fu esclusa in 154 (scintigrafiapolmonare normale in 134, specificità 87%, valore pre-dittivo negativo 88%). Nella gran parte dei pazienti fu,inoltre, eseguito un follow-up ad 1 anno. È chiaro che,tenendo in considerazione la valutazione clinica, i datiscintigrafici e quelli del follow-up, il numero dei sog-getti con una diagnosi definitiva aumentava ed il ricor-so all’angiopneumografia poteva essere significativa-mente ridotto. Queste osservazioni, tuttavia, richiedonouna conferma da studi terapeutici.

Un ultimo aspetto di interesse riguarda i malati conmalattia polmonare cronica ostruttiva. In essi, la perfu-sione polmonare può essere compromessa a causa diuna vasocostrizione reattiva secondaria all’ostruzionedelle vie aeree. Sebbene le scansioni polmonari possa-no essere più frequentemente non dimostrative nei pa-zienti con malattia polmonare cronica ostruttiva, anchein questo sottogruppo la scintigrafia polmonare sembraavere un suo ruolo121.

Riassunto. Circa il 25% dei pazienti con EP sospetta hauna diagnosi non confermata dal riscontro di una scin-tigrafia perfusoria polmonare normale e può evitare consicurezza il ricorso alla terapia anticoagulante.

Circa il 25% dei pazienti con EP sospetta presentascintigrafie polmonari ad alta probabilità e deve esseresottoposto a terapia anticoagulante.

I restanti pazienti richiedono un approfondimentoulteriore nell’ambito di una strategia diagnostica piùampia.

Angiografia polmonare. Nel 1929 Forssmann eseguìil primo cateterismo del cuore destro, dapprima su sestesso (sic!) e successivamente in cani122. Solo 25 annipiù tardi, comunque, venne eseguita la prima angiogra-fia polmonare selettiva. Da allora sono state apportatediverse migliorie, come la tecnica di introduzione delcatetere secondo Seldinger, la realizzazione di stru-mentazione per l’imaging rapido (“film-changers”),l’angiografia a sottrazione digitale (DSA), l’utilizzo dicateteri “pig-tail”, l’applicazione di mezzi di contrastoe di materiali più sicuri per cateteri e guide. Questi mi-glioramenti hanno reso l’angiografia polmonare relati-vamente sicura. Questa sicurezza viene messa in evi-denza confrontando gli studi pubblicati tra il 1960-1980123-126 e in questo decennio120,127-131. Tale compara-zione evidenzia la riduzione del 50% nelle complicanzemortali e di 4 volte per quelle non mortali132. Allo statoattuale, il rischio di complicazioni serie e di quelle mor-tali è, rispettivamente, attorno all’1.5% e allo 0.1%.

Le indicazioni all’angiografia polmonare variano aseconda della disponibilità di test diagnostici incruenti,del quadro clinico del paziente e della necessità di ave-re una diagnosi certa. In linea generale l’angiopneumo-

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grafia è la metodica di scelta in tutti i pazienti in cui itest diagnostici incruenti siano non conclusivi o non ap-plicabili. L’angiografia può essere indicata anche in ra-re situazioni caratterizzate da un rischio di sanguina-mento estremamente alto (per esempio dopo interventidi neurochirurgia) e da una scintigrafia polmonareanormale, anche se ad alta probabilità. Infine, può es-sere indicata nei soggetti con controindicazioni (relati-ve) alla terapia trombolitica o con eparina.

Le controindicazioni all’angiopneumografia sonodiminuite nel corso degli anni. Attualmente non esisto-no controindicazioni assolute, ma debbono esserne se-gnalate alcune relative132. Esse includono: l’allergia aimezzi di contrasto contenenti iodio, una funzione rena-le compromessa, il blocco di branca sinistro, lo scom-penso cardiaco congestizio grave e una trombocitope-nia importante. L’ipertensione polmonare grave (pres-sione arteriosa polmonare media > 40 mmHg) aumen-ta il rischio di complicanze; tuttavia riducendo la quan-tità di contrasto ed aumentandone l’incremento lineare,si rimane entro limiti ragionevoli. Alcuni studi hannosegnalato la sicurezza dell’angiografia polmonare inampi gruppi di malati con ipertensione polmonare pre-esistente129,133,134. Sebbene queste controindicazionisiano relative, esse generalmente contribuiscono alladecisione di non eseguire un’angiopneumografia. Inogni caso le condizioni generali del paziente sono il fat-tore decisionale più determinante, come è stato dimo-strato in due studi recenti in cui l’angiografia non potéessere eseguita nel 10-20% dei soggetti, già in lista perl’esame120,127.

La tecnica di esecuzione è ben nota. I pazienti cheentrano in sala di emodinamica per essere sottoposti adangiografia polmonare debbono essere monitorizzati epoter fruire liberamente di ossigeno. La monitorizza-zione dovrebbe prevedere un ossimetro cutaneo, la mi-sura automatica della pressione arteriosa e della fre-quenza cardiaca e l’elettrocardiogramma. Le turbe delritmo sono frequenti, ma limitate al passaggio del cate-tere nelle cavità cardiache destre. Chiunque eseguaun’angiografia polmonare dovrebbe essere in grado diriconoscere i principali disturbi del ritmo e saperli trat-tare. Generalmente viene utilizzato un catetere “pig-tail” delle dimensioni tra 5F e 7F135. Cateteri a pallon-cino possono essere utili nel caso si debba passare at-traverso atri e ventricoli destri molto ampi. Inoltre, essipermettono, in pazienti selezionati, di ridurre la quan-tità del mezzo di contrasto, qualora vengano usati conla tecnica occludente128. Non sono richiesti introdutto-ri. Non sono essenziali le guide, anche se possono es-sere usate quelle atraumatiche120,136.

Dovrebbero essere usati mezzi di contrasto a bassaosmolarità, con una concentrazione minima di iodiopari a 300 mg/ml. Sebbene tutti gli agenti attualmentein commercio siano sicuri, è preferibile ricorrere a pre-parati non ionici perché sono meglio tollerati, dal mo-mento che inducono più raramente il riflesso della tos-se e la nausea, fattori che contribuiscono ad una mi-

gliore definizione delle immagini, riducendo il movi-mento del paziente137-139.

La DSA sta progressivamente sostituendo i sistemia cinematografia rapida. La risoluzione spaziale delfilm convenzionale è superiore a quella della DSA; tut-tavia osservazioni recenti suggeriscono che la visionecinematica e le elaborazioni computerizzate migliora-no l’interpretazione dell’angiografia polmonare. Talibenefici sono rilevanti in termini di variazioni interos-servatore, di adeguata opacizzazione dei rami più peri-ferici e di performance diagnostica136,140,141. È, dunque,ormai appurato che la DSA dovrebbe sostituire il siste-ma a cinematografia come metodo di scelta per l’arte-riografia dei vasi polmonari.

In passato, è stato suggerito che la DSA per via ve-nosa potesse evidenziare o escludere adeguatamente lapresenza di un embolo polmonare142. Questo avrebbeavuto il vantaggio dell’iniezione periferica del mezzodi contrasto. Inizialmente furono riportate una sensibi-lità del 75-100% ed una specificità del 96-100%. Que-sti dati, tuttavia, furono ottenuti utilizzando la scinti-grafia polmonare come metodo di riferimento142. Suc-cessivamente si osservò che il mezzo di contrasto veni-va eccessivamente diluito, determinando un’opacizza-zione insufficiente dei rami segmentari e subsegmenta-ri e di conseguenza una specificità e sensibilità non ot-timali143,144. In conclusione, dovrebbe essere sottolinea-to il concetto che l’iniezione intrarteriosa del contrastoè un prerequisito essenziale per un’adeguata interpreta-zione dell’angiografia polmonare.

Con la tecnica di Seldinger, le vie di accesso utiliz-zate possono essere le vene brachiali, giugulari o femo-rali. Una volta che il catetere è posizionato nel troncodella polmonare dovrebbe essere praticata a mano un’i-niezione di prova di mezzo di contrasto, per controllarela presenza di grandi emboli centrali. Se presenti, èconsigliabile ottenere una serie completa di immaginicon il mezzo di contrasto iniettato nel ventricolo destro.Se, al contrario, non sono presenti emboli centrali, ilcatetere può essere avanzato in arteria polmonare destrao sinistra. A questo punto, un piccolo bolo deve essereiniettato preliminarmente per controllare che la puntadel catetere sia in posizione ottimale e non incuneata inun piccolo ramo collaterale o in sede subintimale132.

Quando l’iniezione viene eseguita nel tronco princi-pale della polmonare, si ottiene generalmente la visua-lizzazione adeguata di tutti i rami segmentari e sotto-segmentari. Tuttavia, nei pazienti con atelettasie o conimmobilizzazione del diaframma secondaria al dolore,può essere necessario ricorrere ad un cateterismo piùselettivo132. L’iniezione del contrasto dovrebbe essereeseguita mediante iniettore automatico con una velocitàdi 20 ml/s e con una pressione di 600 PSI (42 kg/cm2).Nei soggetti con ipertensione polmonare o sottoposti ainiezioni più selettive, la quantità totale del mezzo dicontrasto iniettata è ridotta a 10-15 ml/s per 2 s132.

Sono necessarie almeno due serie radiografiche.Le proiezioni standard utilizzate sono l’antero-poste-

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riore e l’obliqua posteriore destra e sinistra tra i 20 e i40° rispettivamente per il polmone destro e sinistro145.Ad esse si possono aggiungere, se necessario, altreproiezioni (come la laterale) oppure specifici ingran-dimenti.

I parametri emodinamici sono una parte integrantedell’angiopneumografia. D’altro canto, alcuni ritengo-no che essi possano essere omessi dal momento che l’e-cocardiografia è capace di misurare le pressioni in mo-do adeguato ed incruento. In caso di ipertensione pol-monare, meno mezzo di contrasto deve essere iniettatoe ad una minor pressione; in alternativa, bisogna ricor-rere ad un cateterismo superselettivo delle arterie loba-ri o segmentarie. I dati emodinamici riducono il rischiodi un sovraccarico acuto del ventricolo destro nei pa-zienti con ipertensione polmonare132-134.

I criteri diagnostici di EP acuta sono stati definiti daoltre 30 anni123,146 e successivamente verificati in ampistudi. I segni angiografici diretti di EP sono: la comple-ta ostruzione del vaso (preferibilmente margine conca-vo della colonna del mezzo di contrasto) o la presenzadi difetti di riempimento123,127,147. Questi criteri si sonodimostrati affidabili in diversi studi che hanno valutatole variazioni intra ed interosservatore127,136,148. Più re-centemente, è stato dimostrato che gli stessi criteri so-no applicabili alla DSA136,140,141. Comunque, bisognaessere consapevoli del fatto che l’affidabilità dell’an-giografia polmonare diminuisce con la riduzione delcalibro del vaso, così, per esempio, l’interpretazione ri-sulta più difficoltosa a partire dal livello sottosegmen-tario148. Anche la selezione del paziente può influiresull’accuratezza diagnostica dell’angiopneumografia.In 140 soggetti, che furono sottoposti ad angiografia acausa di scintigrafie polmonari non diagnostiche, il va-lore kappa era compreso tra 0.28 e 0.59 per l’angiogra-fia non digitale e tra 0.66 e 0.89 per la DSA136. Nondi-meno, tali valori erano più bassi di quelli ottenuti in po-polazioni non selezionate127,148, probabilmente a causadella presenza di malattie cardiache e polmonari pre-esistenti aventi un’influenza negativa sull’interpreta-zione delle immagini.

Segni indiretti di EP possono essere un lento flussodel mezzo di contrasto, l’ipoperfusione regionale e undeflusso venoso polmonare ritardato o diminuito. Va ri-cordato che tali segni costituiscono indizi che possonoindirizzare verso una determinata regione, ma nessunodi essi è stato convalidato. La diagnosi di EP non do-vrebbe essere formulata in assenza di segni angiografi-ci diretti.

Le dimensioni dell’EP possono variare notevolmen-te e la distribuzione degli emboli può essere importan-te. In uno studio di 76 pazienti con EP certa, gli embo-li erano localizzati nei rami arteriosi sottosegmentari in23 (30%) soggetti149. Nello studio PIOPED, il 6% deimalati sottoposti ad angiopneumografia presentava em-boli confinati a livello sottosegmentario; tale percen-tuale aumentava comunque al 17% se si consideravanoi soggetti con bassa probabilità alla scintigrafia polmo-

nare85. Analogamente, tra i 140 pazienti selezionati sot-toposti ad angiografia dopo una scintigrafia polmonarenon diagnostica, gli emboli più voluminosi erano loca-lizzati alle arterie sottosegmentarie in 3 dei 20 malati(15%) in cui l’EP fu diagnosticata120.

L’angiografia polmonare viene generalmente consi-derata come il metodo di riferimento per diagnosticaree ancor più per escludere un’EP. Ciò, comunque, nonsignifica che sia una tecnica infallibile. Dal momentoche essa è il metodo di confronto, la sua sensibilità especificità non possono essere formalmente calcolate.La validità clinica di un angiogramma polmonare nor-male è stata valutata in più studi ben progetta-ti85,112,120,146,150,151. La terapia anticoagulante non fusomministrata in 840 pazienti con sospetto clinico diEP, ma con angiogramma normale. Tutti i soggetti fu-rono seguiti per almeno 3 mesi. Sedici pazienti (1.9%,IC 95% 1.4-3.2%) presentarono una recidiva di VTE,che risultò mortale in 3 di essi (0.3%, IC 95% 0.09-1.08%). Da ciò si può dedurre che è opportuno nonsomministrare anticoagulanti nei soggetti con sintomitoracici ed un’angiopneumografia normale.

Da questi dati si può concludere che la sensibilitàdell’angiografia polmonare si aggira attorno al 98%,mentre la sua specificità è del 95-98%. Questi valori so-no leggermente inferiori alla sensibilità probativa peraltre malattie che possono mimare i segni dell’EP, co-me l’ostruzione di un’arteria dovuta ad una massa neo-plastica.

Riassunto. La sicurezza dell’angiografia polmonare èaumentata nell’ultima decade.

L’angiografia polmonare è il metodo di riferimento,ma dovrebbe essere riservata ai pazienti in cui i test in-cruenti non sono probativi.

È giustificato non somministrare anticoagulanti apazienti con sospetto clinico di EP, ma angiogrammanormale.

I segni angiografici indiretti di EP non sono staticonvalidati.

Tomografia computerizzata spirale. I recenti pro-gressi tecnici nella TC hanno provocato enorme inte-resse nell’uso di questa tecnica per la diagnosi di EP.Due metodi, la tomografia ad elettroni e l’angiografiacon TC elicoidale o spirale, hanno rivoluzionato la va-lutazione del paziente con sospetta EP. Nella TC spira-le i tempi di acquisizione delle immagini sono signifi-cativamente ridotti rispetto alla TC convenzionale el’albero vascolare polmonare può essere “analizzato” almomento della massima opacizzazione. Perciò, a diffe-renza della scintigrafia ventilatoria e perfusoria, le mo-derne tecniche di immagini della TC permettono la di-retta visualizzazione dell’embolo polmonare all’inter-no dell’arteria152,153. A causa della sua crescente diffu-sione, ci focalizzeremo sull’angiografia con TC spirale,discutendone la tecnica, l’interpretazione delle imma-gini ed il suo valore nella diagnosi di EP.

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Il protocollo per l’ottimizzazione di questa tecnicadi immagine nella diagnosi di EP varia da un’istituzio-ne all’altra. Nonostante questa eterogeneità, si possonoindividuare linee guida generali per la visualizzazionedelle arterie polmonari. Nella gran parte dei centri,l’angiografia con TC spirale viene eseguita con un sin-golo passaggio del contrasto attraverso il torace. Circail 90% dei pazienti sottoposti ad indagine per un so-spetto di EP, possono trattenere il respiro sufficiente-mente a lungo per permettere l’acquisizione dei datidurante un singolo atto respiratorio, mentre nei restan-ti si utilizza un respiro superficiale154.

Il volume di polmone “analizzato” dovrebbe esseresufficientemente ampio da includere i vasi sottoseg-mentari. Per questo motivo, le scansioni tomografichedovrebbero includere un volume polmonare compresotra la sommità dell’arco aortico e la cupola del dia-framma. In gran parte dei centri viene preferita unascansione in senso cranio-caudale. Gli artefatti legati alrespiro sono significativamente ridotti nelle porzionipiù alte rispetto a quelle più basse del polmone, quan-do il paziente respira durante la fase finale dell’acquisi-zione. In alternativa, si può aumentare la collimazionee la velocità di scorrimento del lettino. È stata anchesuggerita la somministrazione preventiva di ossigenopuro allo scopo di aumentare il tempo di sospensionedel respiro.

Comunemente, l’acquisizione delle immagini è ese-guita con 120kV, 210-250 mAs, uno spessore deglistrati di 3 mm, una velocità di scorrimento del lettino di5 mm/s (pitch* 1.7) ed un indice di ricostruzione di 2mm. Restringendo la collimazione a 2 mm, si miglioral’analisi dei vasi sottosegmentari155. Il vantaggio di au-mentare il pitch è di analizzare volumi più grandi sen-za perdere in risoluzione156. Nei soggetti obesi, l’utiliz-zo di uno spessore degli strati di 5 mm, di una velocitàdel tavolo di 5 mm e di un indice di ricostruzione di 3mm migliora il rapporto segnale/rumore.

Il ritardo di scansione, cioè l’intervallo di tempo tral’iniezione del contrasto e l’acquisizione dei dati di-pende dallo stato clinico del paziente. In gran parte diessi, un ritardo di scansione di 15 s è sufficiente per per-mettere un’opacizzazione ottimale dei vasi. In soggetticon storia, sintomi e segni di ipertensione polmonare,scompenso del ventricolo destro o congestizio, il ritar-do di scansione può variare dai 15 ai 30 s e dovrebbe es-sere determinato individualmente. Se l’iniezione avvie-ne attraverso un catetere venoso centrale, è preferibileun ritardo di 5 s.

La somministrazione del mezzo di contrasto richie-de l’utilizzo di un iniettore potente. Nella maggior par-te dei centri si preferiscono agenti di contrasto non io-nici. Due sono le strategie di somministrazione utiliz-zate, entrambe con buoni risultati. Con la tecnica “bas-

sa concentrazione-flusso elevato” si iniettano 120-150ml di soluzione di contrasto avente una concentrazionedi iodio di 120-200 mg/ml, con una velocità di 4-5ml/s152,157,158. La tecnica “alta concentrazione-bassoflusso” utilizza 100-120 ml di mezzo di contrasto aduna concentrazione di 270-320 mg/ml di iodio e allavelocità di 2-3 ml/s154,159. Artefatti lineari, dovuti all’al-ta concentrazione del materiale di contrasto nella venacava superiore che possono limitare l’accuratezza dia-gnostica nel tronco e nell’arteria polmonare destra,possono essere significativamente ridotti usando basseconcentrazioni di contrasto. Recentemente, alcuni cen-tri hanno adottato una tecnica “alta concentrazione-flusso elevato” in cui 140-180 ml di mezzo di contrastocon una concentrazione di iodio di 270-300 mg/mlvengono iniettati ad una velocità di 4-5 ml/s.

L’interpretazione delle immagini si effettua abitual-mente utilizzando le finestre sia del tessuto molle (me-diastino) che del parenchima polmonare. L’analisi fian-co a fianco delle immagini ottenute con le due finestrepuò essere utile nel differenziare le arterie polmonariche accompagnano i bronchi dalle strutture vascolarivenose, le quali possono risultare meno evidenti nellefasi iniziali dello scanning152. Inoltre, la visione cine-matografica può fornire un’impressione visiva dinami-ca delle arterie polmonari, che è generalmente conside-rata utile nell’analisi dell’EP acuta. Infine, anche l’uti-lizzo di ricostruzioni bidimensionali multiplanari puòaiutare nella diagnosi di EP160.

L’angiografia con TC spirale permette la visualizza-zione diretta dell’embolo/i all’interno delle arterie pol-monari come aree di minor riempimento dell’internodel vaso, in parte o completamente circondate da san-gue opacizzato, o come difetti completi di riempimen-to che lasciano la porzione distale del vaso totalmentenon opacizzato152. Il valore dei segni indiretti di EP, co-me la presenza di addensamenti pleurici alle basi, di ad-densamenti lineari o atelettasie, di dilatazioni centrali operiferiche delle arterie polmonari e di versamentipleurici di dimensioni variabili, è meno chiaro161.

Errori di interpretazione dell’arteriogramma conTC spirale possono essere secondari ad artefatti dovutiai movimenti del respiro, che spesso producono aree dipseudo-ipodensità, che simulano un coagulo o una zo-na non opacizzata del vaso. D’altro canto, anche un tes-suto perivascolare protrudente può essere confuso conmateriale tromboembolico intravascolare e perciò si-mulare un’EP. In alcune circostanze, l’utilizzo di pro-cedimenti di imaging addizionali, come la visione ci-nematografica e l’analisi multiplanare e tridimensiona-le, può essere d’aiuto160,162. La presenza all’interno delvaso di masse in posizione eccentrica, probabilmentecalcifiche, contigue con la parete vasale, l’improvvisainterruzione di un’arteria lobare o segmentaria e l’irre-golarità del diametro dei vasi sono considerati repertisuggestivi di EP cronica163.

L’accuratezza diagnostica della TC spirale nell’EP èstata argomento di dibattito. Inizialmente sono state ri-

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* Per “pitch” si intende il rapporto tra la velocità di scorrimentodel lettino e la rotazione del tubo radiogeno (ndt).

portate per la TC spirale nella valutazione dell’EP unasensibilità e specificità molto vicine al 100% rispettoall’angiografia polmonare, considerata il “gold stan-dard”152,153. Studi più recenti hanno aggiunto ulterioriinformazioni e in un certo qual modo allargato lo spet-tro della sensibilità e della specificità con la prima sti-mata tra il 53 e l’89% e la seconda tra il 78 ed il100%154,157,164-166. Le ragioni di questa apparente etero-geneità sembrano essere multiple ed includono diffe-renze nel protocollo di studio, nell’esperienza con laTC spirale dei singoli ricercatori e nell’estensione ana-tomica dell’albero vascolare polmonare studiato.

La TC spirale fornisce risultati eccellenti nella loca-lizzazione di emboli situati nelle arterie principali, lo-bari e segmentarie. Quando l’embolizzazione è limita-ta ai distretti sottosegmentari o più periferici, la sensi-bilità della TC spirale sembra essere minore159,165. Inmolti pazienti, comunque, questo svantaggio è contro-bilanciato dal fatto che, quando un grande embolo vie-ne frammentato nelle cavità cardiache, esso colpisce ilpolmone “a pioggia” con embolizzazioni multiple. Inuno studio su soggetti con EP certa fu osservata unamedia di oltre 6 emboli nel circolo polmonare152. Laprevalenza di EP sottosegmentaria isolata varia dal 6%nella popolazione del PIOPED al 17% nei pazienti conscintigrafia polmonare non probativa85,149.

Un altro fattore che influenza l’accuratezza dellaTC spirale nella diagnosi di EP potrebbe essere l’inci-denza di EP nella coorte dei soggetti esaminati. Nelleprime pubblicazioni, infatti, l’incidenza di EP raggiun-geva il 57%152,157; comunque, anche analisi più recenti,con incidenza di EP pari al 23%167 e al 33%164 hannoevidenziato ugualmente buoni risultati con la TC spira-le.

Un’ultima questione è se, nella diagnosi di EP, laTC spirale debba essere confrontata unicamente conl’angiografia polmonare che ha sensibilità e specificitàeccellenti, ma non perfette. In un recente studio nell’a-nimale, in cui la TC spirale è stata confrontata con l’an-giografia polmonare utilizzando un “gold standard” in-dipendente (una riproduzione dell’albero vascolareporcino)168, non furono osservate differenze significati-ve tra le due procedure, ma la numerosità era scarsa.

La TC spirale sembra essere una metodica con unbuon rapporto costo-beneficio. Un’analisi in questosenso basata sulla letteratura ha messo in luce che tra lecinque strategie caratterizzate dal costo più basso pervita salvata (e anche tra le cinque con mortalità più bas-sa) è inclusa la TC spirale169. Quando il costo per vitasalvata era il principale parametro da valutare, la TCspirale delle arterie polmonari e il dosaggio del D-di-mero avevano il costo più basso nel processo diagnosti-co del paziente con sospetta EP. Nei casi in cui venivapresa in considerazione la mortalità, la combinazionetra TC spirale e studio ecografico degli arti inferiori ri-sultò la strategia migliore.

La TC spirale richiede ancora studi terapeutici pro-spettici, in cui sia dimostrata la sicurezza della manca-

ta somministrazione di anticoagulanti nei pazienti conTC spirale normale. Uno studio ha indagato una coortedi 164 soggetti con EP sospettata clinicamente, cheavevano una probabilità intermedia alla scintigrafiaventilo-perfusoria ed una TC spirale negativa170. Tredei 164 pazienti con TC spirale negativa ed eco-Dop-pler delle vene degli arti inferiori inizialmente non pa-tologico ad un breve follow-up risultarono presentaredei coaguli nelle vene del polpaccio e furono classifi-cati inizialmente come “falsi negativi” alla TC spirale.Altri 3 malati manifestarono una recidiva di EP duran-te i 3 mesi successivi di follow-up (uno di essi morì).Perciò 6 dei 112 (5.4%) pazienti con TC spirale norma-le, che non ricevettero una terapia anticoagulante, pre-sentarono una recidiva. Un secondo studio retrospetti-vo su 260 soggetti con TC spirale normale ai quali nonfu somministrato l’anticoagulante, dimostrò, invece,solo una recidiva di EP171.

Appare ragionevole affermare che la TC spirale me-riti un ruolo nell’algoritmo diagnostico per sospettaEP172. Tale ruolo aumenterà in rapporto alla disponibi-lità della metodica. La TC spirale, infatti, è già stata in-corporata nella normale pratica clinica di alcuni cen-tri173, dove è utilizzata come test di primo livello per loscreening dell’EP o in combinazione con la scintigrafiapolmonare e l’US. Questo tipo di strategia viene meglioaccettata dai clinici rispetto ad un protocollo diagnosti-co che includa l’arteriografia polmonare.

Infine, la TC spirale potrebbe essere utile anche nelmonitoraggio dei pazienti sottoposti a terapia tromboli-tica174,175, dal momento che permette la visualizzazionedell’embolo senza la necessità di una puntura venosacentrale, riducendo così il rischio di sanguinamento.

Riassunto. La TC spirale è più affidabile nella visualiz-zazione di EP lobari o centrali che di quelle segmenta-rie.

Una TC spirale normale non esclude un’EP sotto-segmentaria.

La sicurezza della mancata somministrazione di an-ticoagulanti in pazienti con TC spirale normale richie-de ulteriori conferme.

Ecocardiografia. Ampi e recenti registri clinici di pa-zienti con EP dimostrano che nel 47-74% dei casi sonodisponibili dati ecocardiografici4,176. Il carattere in-cruento e l’ampia disponibilità anche in emergenza diquesta metodica in molti centri clinici sottolineano lanecessità di un uso e di un’interpretazione ottimale neimalati con EP sospetta o confermata.

L’ecocardiografia può essere utile per la diagnosidifferenziale nella dispnea acuta, nel dolore toracico,nel collasso cardiocircolatorio ed in molte altre situa-zioni che debbono essere considerate come diagnosipotenzialmente alternative all’EP. Ciò è dovuto al valo-re diagnostico ormai accertato di questa metodica nel-l’infarto del miocardio, nell’endocardite infettiva, nelladissezione aortica, nel tamponamento pericardico ed in

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altre patologie. Inoltre, l’ecocardiografia può suggerireo rinforzare il sospetto di EP se viene evidenziato unsovraccarico e una disfunzione del ventricolo destro inpresenza di segni Doppler di aumentata pressione arte-riosa polmonare. Il tipico quadro ecocardiografico diEP emodinamicamente significativa è rappresentato daun ventricolo destro dilatato, ipocinetico, con un au-mentato rapporto tra i volumi del ventricolo destro e si-nistro causato dal “bulging” del setto interventricolareverso sinistra, dalla dilatazione delle arterie polmonariprossimali, da un’aumentata velocità del rigurgito tri-cuspidale (abitualmente compresa tra 3-3.5 m/s) e daun’alterata velocità di flusso nel tratto di efflusso delventricolo destro. Inoltre, la vena cava inferiore è abi-tualmente dilatata e non si collassa durante l’inspira-zione. In 132 pazienti con sospetto di EP ed in assenzadi malattie cardiopolmonari note, l’associazione delrapporto tra i diametri dei due ventricoli > 0.5 con unavelocità di picco del flusso di rigurgito tricuspidale(calcolato al Doppler) > 2.5 m/s mostrò una sensibilitàdel 93% ed una specificità solo dell’81% nella diagno-si di EP. L’ecocardiogramma permise, inoltre, di deter-minare una diagnosi alternativa in 55 soggetti177.

Recentemente, è stato suggerito che le anomalie re-gionali della cinetica parietale sistolica siano più speci-fiche per la diagnosi di EP. Al contrario di altre cause disovraccarico del ventricolo destro e per motivi non deltutto chiari, l’ipocinesia secondaria ad EP acuta non in-teressa il segmento apicale della parete libera del ven-tricolo destro. Questo reperto, verificato prospettica-mente in 85 pazienti, è risultato sensibile al 77% e spe-cifico al 94% nella diagnosi di EP acuta, ed esso sem-bra risolversi se il trattamento terapeutico ha succes-so178. Secondo altre osservazioni su 86 soggetti conipertensione polmonare da varie cause, il rilievo di unquadro di eiezione del ventricolo destro alterato in ma-niera rilevante (tempo di accelerazione < 60 ms) nelcontesto di una pressione arteriosa polmonare sistolicasolo moderatamente aumentata (corrispondente ad ungradiente sistolico transtricuspidale < 60 mmHg) hauna specificità per EP acuta del 98%, ma una sensibi-lità solo del 48%179. Sono necessari, quindi, studi ulte-riori per definire il valore diagnostico di questi nuovisegni ecocardiografici.

Allo stato presente, l’ecocardiografia e l’analisiDoppler delle dimensioni e della funzione del ventrico-lo destro non permettono né di confermare, né di esclu-dere il sospetto di EP. Comunque, un’EP emodinami-camente significativa è improbabile in un paziente conecocardiogramma normale. L’ipocinesia della parete li-bera del ventricolo destro è stata riportata nel 90% deisoggetti che presentano alla scintigrafia un deficit diperfusione interessante oltre un terzo dei campi polmo-nari totali180. Un indice di collassabilità della vena cavainferiore ridotto, inteso come una diminuzione inspira-toria del diametro < 40% del valore massimo espirato-rio, è stato osservato nell’82% dei pazienti con EP cli-nicamente rilevante. Questo è anche il primo reperto

che migliora con il trattamento, suggerendo che la pres-sione in atrio destro diminuisca al di sotto degli 8mmHg181.

Sono stati proposti alcuni criteri ecocardiograficiper distinguere le forme acute da quelle subacute diEP182. Il ricorso a indici predefiniti come lo spessoredella parete libera del ventricolo destro > 5 mm, una ve-locità del jet di rigurgito tricuspidale > 3.7 m/s, la pre-senza di una cavità ventricolare destra dilatata conco-mitante con una motilità del setto interventricolare nor-male, o il collabimento inspiratorio della vena cava in-feriore, hanno permesso il riconoscimento corretto di11 su 13 soggetti con EP massiva subacuta182. Questicriteri, comunque, richiedono ulteriore convalida dastudi più ampi.

Mentre i segni ecocardiografici di sovraccarico dipressione del ventricolo destro indirizzano alla diagno-si di EP solo indirettamente, l’ecocardiografia può an-che confermare questa diagnosi, permettendo la visua-lizzazione di trombi nelle arterie polmonari prossimali.A causa dell’effetto schermante del bronco principaledi sinistra, la continuità dell’arteria polmonare sinistraviene abitualmente perduta durante l’indagine trans-esofagea (TEE). Per questa ragione le osservazioni ini-ziali sono state fatte in gran parte su trombi presentinell’arteria polmonare destra. In uno studio di 60 pa-zienti con EP certa e segni di sovraccarico del ventrico-lo destro, 32 trombi furono localizzati nel ramo polmo-nare di destra e solo 6 a sinistra183. In un’indagine pro-spettica di 49 soggetti con sovraccarico inspiegato delventricolo destro fu esaminata anche la porzione dista-le dell’arteria polmonare sinistra182 e fu eseguito ancheun confronto diretto tra il potere diagnostico della TEEe della TC spirale. Mentre la sensibilità della TC spira-le risultò più elevata (97.5 vs 79%), la TEE si rivelò al-meno altrettanto specifica (100 vs 90% per la TC spira-le), con il vantaggio di poter essere eseguita rapida-mente e al letto del malato senza richiedere radiazionio iniezioni di mezzi di contrasto184. La sensibilità dellaTEE nei pazienti con sospetta EP ma senza segni di so-vraccarico del ventricolo destro è, comunque, scono-sciuta e probabilmente bassa. Tuttavia 6 dei 14 sogget-ti in condizioni critiche in cui la TEE evidenziò casual-mente un trombo in arteria polmonare, non avevano se-gni di sovraccarico ventricolare destro all’ecocardio-grafia transtoracica185. La TEE al letto del malato puòcostituire il test diagnostico di prima scelta e può con-fermare la presenza di EP in pazienti in shock186 o sot-toposti a rianimazione cardiorespiratoria187. Sfortuna-tamente, non è noto quanto la curva di apprendimentopossa influenzare la sensibilità e soprattutto la specifi-cità quando la metodica venga utilizzata al di fuori dicentri specialistici.

Con l’ecocardiografia è stato identificato un sotto-gruppo di soggetti con sospetta EP, che presentanotrombi nel cuore destro, per lo più in transito tra il di-stretto venoso periferico e il circolo polmonare. Ci so-no alcune controversie circa la prevalenza, il significa-

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to prognostico e la terapia ottimale di tali trombi flot-tanti. Recentemente il registro ICOPER ha riportato lapresenza di trombi nelle cavità destre nel 4% di 1135pazienti consecutivi con EP4. Al contrario, in uno stu-dio in cui l’ecocardiogramma fu eseguito entro 24 oredalla comparsa della sintomatologia, la loro prevalenzaraggiunse il 18%74. È da notare che in questa indaginenon si evidenziò alcun effetto di tali trombi sulla pro-gnosi, tenuto conto che un appropriato trattamento me-dico, per lo più trombolitico, venne tempestivamenteistituito. Altre osservazioni, comunque, suggerisconoche tale reperto rappresenti un indice di mortalità pre-coce elevata75,188,189 ed alcuni autori sono favorevoli aduna rimozione chirurgica di questi trombi in concomi-tanza all’embolectomia polmonare, a causa dell’ipote-tico rischio di dislocazione e successiva EP massiva75.Una tale strategia sembra ragionevole quando il trombonon solo è “bloccato” nel forame ovale, ma si estendeanche nell’atrio di sinistra, con la minaccia di un’em-bolia paradossa sistemica, sebbene anche in questi casisiano stati riportati alcuni successi terapeutici con iltrombolitico. Nonostante queste controversie, vi è co-munque il consenso sul fatto che un trombo nel cuoredestro individuato all’ecocardiogramma, richiede unimmediato trattamento e che, in particolare, controindi-ca il cateterismo del cuore destro e l’angiografia.

Uno studio ha prospettato che i pazienti normotesicon EP confermata e ipocinesia del ventricolo destrodiagnosticata soggettivamente abbiano una prognosipeggiore quando vengano trattati con sola eparina piut-tosto che con una terapia iniziale trombolitica180. Neipazienti con EP confermata la mortalità, sia precoceche tardiva, è significativamente più alta in presenza dimoderata o grave disfunzione ventricolare destra valu-tata all’eco4,69. La prognosi a breve termine dei sogget-ti con sospetta EP è buona se non vi sono segni di so-vraccarico del ventricolo destro, indipendentementedalla diagnosi finale68. A causa di queste documentatedifferenze nell’evoluzione clinica, la Task Force propo-ne che nei malati con EP non massiva, ma con ipocine-sia ventricolare destra all’ecocardiogramma, l’EP siaclassificata “submassiva”, per distinguere questi sog-getti da coloro che hanno una funzione ventricolare de-stra normale ed una prognosi migliore. Tra 85 pazienticon EP emodinamicamente significativa, la presenza diun forame ovale pervio all’ecocardiografia con mezzodi contrasto si associava ad un’incidenza più alta di em-bolie paradosse e ad un’ipossiemia più marcata. Lamortalità, al contrario, non era significativamente di-versa (27 vs 19%), anche se vi era un ricorso più fre-quente alle manovre di rianimazione e di intubazione ealla terapia di supporto con catecolamine (48 vs23%)190.

Recentemente, è stato riscontrato che il rilievo diuna pressione arteriosa sistolica polmonare > 50mmHg calcolata all’eco-Doppler fa prevedere la persi-stenza di ipertensione polmonare nonostante la terapiamedica191.

C’è un’urgente necessità di studi prospettici che va-lutino il ruolo dell’ecocardiografia nell’identificazionedei pazienti con EP che possono beneficiare della tera-pia trombolitica piuttosto che del trattamento con epa-rina, anche in assenza di ipotensione sistemica o shock.

Infine, è possibile utilizzare sonde ecocardiografi-che montate su catetere per visualizzare l’embolo pol-monare192-194. Questa tecnica può essere utile nella va-lutazione preoperatoria dei soggetti con ipertensionepolmonare tromboembolica cronica195, anche se al mo-mento la sua disponibilità è limitata e non ha un ruoloclinico definito nella diagnosi di EP.

Riassunto. L’ecocardiografia è utile nei pazienti con so-spetta EP massiva.

Deve ancora essere confermato in studi prospetticise l’ecocardiografia possa identificare i pazienti chepossano beneficiare del trombolitico anche in assenzadi ipotensione sistemica o shock.

Individuazione della trombosi venosa profonda.L’EP e la TVP sono differenti manifestazioni clinichedi un’entità patologica comune e cioè la VTE. Infatti,studi autoptici hanno dimostrato che l’EP origina per il90% dei malati da una TVP degli arti inferiori196. Inol-tre, una TVP residua viene evidenziata nel 70% dei pa-zienti con EP confermata dall’angiografia in cui la ve-nografia venga sistematicamente eseguita147. Apparepertanto razionale la ricerca di una TVP residua nei ca-si di sospetta EP, dal momento che la presenza di unatrombosi negli arti inferiori obbliga al trattamento anti-coagulante, rendendo superflue ulteriori procedure dia-gnostiche cruente.

La pletismografia ad impedenza (IPG) è stata moltopopolare in Nord America a causa della sua semplicitàe del basso costo197. Il suo principio si basa sulla misu-ra delle modificazioni di volume di un’estremità infe-riore prima e dopo il gonfiaggio di un manicotto appli-cato a livello della coscia. La rapidità con cui il volumedell’arto ritorna al valore di partenza, quando il mani-cotto viene sgonfiato, è utilizzata come indice di per-vietà venosa. L’IPG sembrava possedere un’elevatasensibilità e specificità nella ricerca di TVP sintomati-che prossimali rispetto alla venografia. Analisi più re-centi, comunque, hanno dimostrato una sensibilità piùbassa (approssimativamente del 60%), probabilmente acausa dell’aumentata frequenza di trombi non occlusi-vi198. Inoltre, studi di confronto diretto tra IPG ed UScon compressione hanno evidenziato una maggioresensibilità di quest’ultima199.

L’US duplex con compressione degli arti inferiori intempo reale e B-mode permette la visualizzazione del-le vene femorali e poplitee e la loro compressione conla sonda ad ultrasuoni. L’analisi Doppler può essere uti-le nell’identificazione della vena, ma non è sempre ne-cessaria. L’US B-mode può evidenziare il trombo comesegnale iperecogeno all’interno del lume. In ogni casola dimostrazione di una vena non comprimibile è alta-

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mente specifica e costituisce l’unico criterio diagnosti-co200,201. La sensibilità e la specificità dell’US con com-pressione per la diagnosi di TVP prossimali sono mol-to elevate nei pazienti sintomatici, raggiungendo rispet-tivamente il 95 e il 98%200. Al contrario, meno favore-voli sono i risultati per quanto riguarda le vene del pol-paccio e le TVP asintomatiche.

La maggior parte dei soggetti con EP non presentasegni o sintomi di TVP78,202. Nondimeno la specificitàdell’US in questi malati rimane elevata82,203 come inaltre categorie di soggetti asintomatici quali i pazientiortopedici esaminati per VTE dopo intervento chirur-gico sull’anca204. Diversi studi hanno dimostrato chel’US rivela una TVP in circa il 30-50% dei pazienti conEP certa83,203,205-209. L’efficacia diagnostica dell’US di-pende se essa viene eseguita prima della scintigrafiapolmonare o solo in caso di scintigrafia non probativa.Infatti, un’elevata percentuale di TVP nei pazienti conEP certa si riscontra in soggetti in cui la scintigrafiapolmonare è risultata ad elevata probabilità, fornendogià la diagnosi di EP. Nello studio ginevrino, che in-cludeva pazienti con sospetto di EP osservati al ProntoSoccorso, il contributo diagnostico dell’US era del15% su tutta la coorte dei soggetti, se l’US era esegui-ta prima della scintigrafia, e si riduceva al 5% se l’USera utilizzata solo nei casi con scintigrafia polmonarenon probativa206. In un’altra analisi, che includeva siapazienti ospedalizzati che ambulatoriali, i valori corri-spondenti erano rispettivamente 13 e 2%203. In osser-vazioni più recenti, inoltre, un’US iniziale evidenziavauna TVP nel 5% dei 736 malati con scintigrafia nonprobativa86. Infine, la combinazione dell’US con lascintigrafia polmonare e l’angiografia appare vantag-giosa in termini di costo-beneficio e riduce i costi del5-15%, a condizione che l’US sia eseguita prima dellascintigrafia210-212.

A causa della bassa sensibilità (30-50%) nei sog-getti con sospetta EP, il riscontro di un’US normale nonpuò escludere un’EP. Comunque US o IPG seriate pos-sono permettere di evitare l’angiografia nei pazienticon scintigrafia non dimostrativa86,213. Il razionale diesami seriati è il seguente: in un soggetto con sospettodi EP e scintigrafia polmonare non probativa e senzaTVP alle gambe, il rischio tromboembolico dovrebbeessere molto basso, così da permettere di evitare lasomministrazione dell’anticoagulante. Sia l’US chel’IPG, tuttavia, non possono escludere una TVP, vistoche queste tecniche non sono sensibili nel caso di TVPdistali (vene del polpaccio). D’altro canto, il rischioembolico associato a TVP distali isolate è basso, a me-no che il trombo non si estenda in senso prossima-le55,214. Così, test seriati possono permettere il ricono-scimento nel caso di estensione prossimale ed identifi-care i malati in cui la terapia anticoagulante si renda ne-cessaria. Due protocolli di metodiche seriate sono staticonvalidati in ampi trial prognostici in pazienti con so-spetta EP86,213. La prima strategia è stata quella di uti-lizzare l’IPG sia nei malati che giungevano in ospedale

che in quelli già ospedalizzati, a condizione che aves-sero un’adeguata riserva cardiorespiratoria. Essa si èservita di sei differenti esami IPG, eseguiti in un arco di14 giorni, con ovvi limiti ai fini dell’utilità clinica213.Una seconda strategia non ha escluso i soggetti con ma-lattie cardiache o respiratorie preesistenti ed è stata me-no impegnativa in termini di risorse usate86.

Riassunto. L’US evidenzia una TVP prossimale nel50% dei pazienti con EP accertata.

Un esame ultrasonografico normale delle vene degliarti inferiori non esclude l’EP.

Test seriati possono sostituire l’angiografia nei pa-zienti con reperti scintigrafici polmonari non dimostra-tivi. Il loro utilizzo pratico sembra tuttavia limitato.

D-dimero. Il D-dimero plasmatico215, un prodotto didegradazione della fibrina, è stato recentemente ogget-to di ampi studi. Il D-dimero, misurato con l’ELISA ocon metodiche derivate dall’ELISA, si è dimostrato al-tamente sensibile (99%) nell’EP o nella TVP, con unvalore soglia di 500 �g/l. Livelli < 500 �g/l escludonoragionevolmente la presenza di un’EP. Per contro, seb-bene il D-dimero sia molto specifico per la fibrina, laspecificità della fibrina per la VTE è scarsa. Vi è, infat-ti, un’elevata produzione di fibrina in un’ampia gammadi condizioni, come il cancro, l’infiammazione, le infe-zioni e la necrosi. Così, tassi > 500 �g/l hanno scarsovalore predittivo positivo per EP e non permettono diformularne con certezza la diagnosi. Inoltre, la specifi-cità del D-dimero è ancora più bassa nei soggetti moltoanziani (9% nei pazienti oltre gli 80 anni)205,216 ed inquelli ospedalizzati che hanno una sospetta EP durantela degenza217. Ne consegue che il dosaggio del D-di-mero in tali popolazioni è probabilmente di scarsa uti-lità.

La tabella VI83,205,218-225 elenca la resa dei vari tipi ditest per la determinazione del D-dimero. Il test tradi-zionale con il lattice ha bassa sensibilità e basso valorepredittivo negativo e dovrebbe essere abbandonato. Ilclassico ELISA, essendo piuttosto indaginoso sotto ilprofilo metodologico, è stato sostituito da tecniche ra-pide che utilizzano kit preconfezionati. I test di agglu-tinazione che utilizzano sangue intero come il Simpli-red® si sono dimostrati deludenti, evidenziando unasensibilità limitata all’85% (IC 95% 83-87) nel più am-pio studio pubblicato sino ad ora. Molto pochi sono,inoltre, i test che sono stati convalidati in studi clinici sularga scala. Tra 444 pazienti consecutivi giunti in Pron-to Soccorso, il dosaggio del D-dimero ha permesso diescludere un’EP in 159 (36%) soggetti, che non furonoperciò sottoposti ad ulteriori indagini e non furono trat-tati con anticoagulanti83. Nessuno di loro manifestò unaVTE durante i 3 mesi successivi di follow-up (0%, IC95% 0-2.3%).

Riassunto. Un normale tasso di D-dimero valutato conmetodica ELISA può escludere con sicurezza un’EP, a

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condizione che la metodica sia stata convalidata in unostudio dell’evoluzione clinica.

Il tradizionale test al lattice e quello di agglutina-zione di sangue intero hanno bassa sensibilità per l’EPe non dovrebbero essere utilizzati per escluderla.

Il dosaggio del D-dimero è il test più utile in emer-genza. Negli anziani ed in soggetti ospedalizzati il D-dimero conserva un alto valore predittivo negativo, maè normale in meno del 10% dei casi e, quindi, non mol-to utile.

Strategie diagnostiche. La prevalenza di EP nei pa-zienti in cui venga posto il sospetto è bassa (15-35% ne-gli studi più ampi riportati di recente)83,85,86. L’angio-grafia polmonare, il criterio diagnostico per eccellenza,è cruenta, costosa e, a volte, difficile da interpreta-re85,226. Quindi, sono preferibili metodi diagnostici in-cruenti e, al fine di ridurre la necessità dell’angiopneu-mografia, sono state valutate diverse combinazioni dicriteri clinici, dosaggio del D-dimero, US con com-pressione venosa degli arti inferiori e scintigrafia pol-monare83,86,218. Queste strategie sono state applicate siain pazienti che giungevano in Pronto Soccorso con ilsospetto di EP83, che in soggetti già ospedalizzati217 o inentrambi i casi86. Inoltre, va ricordato che il sospetto diEP massiva è una situazione clinica particolare, nellaquale dovrebbe essere applicato un differente algorit-mo. Infine, in caso di sospetta EP, la condotta può le-gittimamente variare secondo la disponibilità locale deivari mezzi diagnostici.

Sospetta embolia polmonare in Pronto Soccorso. Neipazienti giunti al Pronto Soccorso per una sospetta EP,il dosaggio rapido del D-dimero con metodica ELISArappresenta il test di primo livello più indicato. In unarecente casistica di 444 malati in cui la prevalenza diEP era del 24%, il riscontro di livelli di D-dimero < 500�g/l ha permesso di escludere con sicurezza un’EP nel36% dell’intera popolazione studiata83. Questi pazientinon furono sottoposti a terapia anticoagulante e nessu-no manifestò un evento tromboembolico venoso nei 3mesi successivi di follow-up. Come già discusso nella

sezione corrispondente, il potere diagnostico dell’USvenosa risulta più elevato quando sia eseguita primadella scintigrafia polmonare. Inoltre, l’US è più econo-mica e più spesso disponibile rispetto alla scintigrafiapolmonare. Quindi il ricorso all’US quale secondo testnella sequenza diagnostica ha un favorevole rapportocosto-beneficio213. Nello stesso studio83, l’US eviden-ziò una TVP nel 17% dei soggetti con livelli di D-di-mero > 500 �g/l, e cioè nell’11% dell’intera coorte. Ipazienti con EP clinicamente sospetta e TVP dimostra-ta dall’US venosa dovrebbero ricevere un trattamentoanticoagulante. È invece controverso se tali soggettidebbano essere sottoposti a scintigrafia polmonare conlo scopo di disporre di una valutazione di base nel casodi sospette recidive di EP. Infatti, tale situazione non èfrequente (meno del 10% dei soggetti trattati adeguata-mente) e scintigrafie polmonari ripetute nel tempo so-no spesso difficili da interpretare. Perciò l’esecuzionesistematica di una scintigrafia polmonare di base nonsembra essere vantaggiosa sotto il profilo costo-benefi-cio. Un approfondimento diagnostico ulteriore dovreb-be essere fatto nei pazienti con US venosa normale edelevati livelli di D-dimero, dal momento che il 50% deisoggetti con EP accertata ha un normale reperto all’US.La scintigrafia polmonare è determinante (se normale oad elevata probabilità) in circa il 30-50% dei pazientiche giungono al Pronto Soccorso con EP sospet-ta84,96,100,214. Questo dato non è influenzato significati-vamente dall’esecuzione del dosaggio del D-dimero odell’US prima della scintigrafia polmonare: tra i pa-zienti con livelli anormali di D-dimero e reperto ultra-sonografico normale, il 16% aveva scintigrafie polmo-nari normali o quasi, mentre il 18% presentava un qua-dro di elevata probabilità83. Quindi la combinazione diD-dimero, US venosa e scintigrafia polmonare permet-te una diagnosi di certezza in circa il 65% dei pazientiche giungono in ospedale con sospetta EP. Il numerodi coloro per i quali è necessario il ricorso all’angio-grafia può essere ulteriormente ridotto tenendo contodella probabilità clinica. Infatti, i pazienti con scinti-grafia polmonare non dimostrativa, US venosa nor-male e bassa probabilità clinica di EP hanno una pre-

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Tabella VI. Resa delle diverse metodiche di misurazione del D-dimero nell’embolia polmonare (EP) sospetta.

Test N. pazienti EP Sensibilità (%) Specificità (%)(IC 95%) (IC 95%)

ELISA tradizionale*205,219,220 1579 537 (34%) 98 (96-99) 43 (40-46)

ELISA rapido*83,221 635 152 (24%) 100 (98-100) 44 (39-48)

Test al lattice tradizionale219,220 364 162 (46%) 92 (88-96) 68 (61-74)

Microlatex (Liatest)222,223 887 293 (33%) 100 (98-100) 40 (36-44)

Test al lattice su sangueintero (Simplired)218,224,225 1317 232 (18%) 87 (82-91) 65 (62-68)

IC = intervallo di confidenza. * convalidato con uno studio prognostico.

valenza di EP molto bassa; è stato dimostrato che que-sta combinazione di elementi ha permesso di esclude-re la presenza di EP in un’ulteriore percentuale di sog-getti pari al 24%83. Inoltre, in un recente studio com-prendente numerosi soggetti ambulatoriali con so-spetto di EP, il 21% dei pazienti aventi tale combina-zione di reperti fu lasciato senza trattamento, ed unepisodio tromboembolico nei 3 mesi seguenti si ebbesolo nell’1.7%84. Perciò, l’associazione dosaggio delD-dimero, US venosa, scintigrafia polmonare e qua-dro clinico ha permesso di diagnosticare o escludereun’EP nell’89% dei soggetti studiati, riducendoall’11% soltanto il numero di coloro che necessitava-no di angiografia83. Nella figura 183 è illustrata questastrategia diagnostica. Qualsiasi tappa dell’algoritmopuò essere tralasciata, se il test corrispondente non èdisponibile in loco.

In molti centri la scintigrafia polmonare e/o l’angio-grafia sono state sostituite dall’angiografia con TC spi-rale. Va comunque ricordato che non sono attualmente

disponibili studi su larga scala che confermino la vali-dità di tale scelta. Gran parte degli esperti concorda sulfatto che i pazienti in cui la TC spirale dimostra un’EPdebbano essere trattati senza il ricorso ad ulteriori esa-mi. Per contro, appare ancora controversa la scelta stra-tegica migliore nel caso in cui la TC spirale risulti ne-gativa. Infatti, nell’unica casistica in cui i pazienti conscintigrafia polmonare a bassa probabilità, normale USvenosa e normale TC spirale non furono trattati, il ri-schio tromboembolico a 3 mesi fu eccessivo (5.4%)170.Ulteriori dati sono quindi necessari per assegnare allaTC spirale una posizione definita nell’ambito di un ra-zionale procedimento diagnostico da seguire in caso disospetta EP.

Sospetta embolia polmonare in pazienti ospedalizzati.Sebbene l’incidenza di sospetta EP in soggetti degentiin ospedale per altra patologia medica o chirurgica siainferiore rispetto a coloro che giungono in Pronto Soc-corso, essa rimane un importante problema clinico. In

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Figura 1. Algoritmo diagnostico proposto nei pazienti che giungono in Pronto Soccorso con il sospetto di embolia polmonare (EP) non massiva. I nu-meri tra parentesi indicano la proporzione dei pazienti ad ogni tappa dell’algoritmo, da uno studio clinico condotto su malati che giungono in ProntoSoccorso. Si noti che il dosaggio del D-dimero plasmatico è di uso limitato nel caso di sospetto di EP in pazienti già ospedalizzati. Inoltre, qualsiasipasso può essere omesso dal protocollo diagnostico in caso di indisponibilità del test diagnostico corrispondente, fatta eccezione per l’angiografia. Latomografia computerizzata spirale può sostituire la scintigrafia polmonare e/o l’angiografia in alcuni centri (vedi commento nel testo). TVP = trombo-si venosa profonda; US = ultrasonografia venosa degli arti inferiori. Da Perrier et al.83, modificata.

questa popolazione, inoltre, il contributo diagnostico dialcuni metodi incruenti appare più limitato. Infatti, acausa dell’elevata prevalenza di altre condizioni, oltrealla VTE, responsabili dell’aumento dei livelli di D-di-mero (infezioni, cancro, infiammazione, ecc.), questoesame permette di escludere un’EP in meno del 10%dei casi217,219,220. Analogamente, meno utile apparespesso la valutazione clinica, dal momento che la mag-gior parte dei malati sottoposti ad intervento chirurgicopresenta una probabilità clinica di EP che è considera-ta almeno intermedia. In uno studio che valutava, neipazienti già ospedalizzati, la validità di associare diffe-renti metodiche come quelle illustrate in figura 1, si èdovuti ricorrere all’angiografia nel 36% dei casi, ri-spetto all’11% dei pazienti che giungevano al ProntoSoccorso217. Appare chiaro che i soggetti già ospedaliz-zati dovrebbero beneficiare grandemente dell’utilizzodella TC spirale come sostituto dell’angiografia. Co-munque, i dati attuali sono insufficienti ad autorizzareil mancato ricorso all’angiografia nei pazienti con so-spetta EP già ospedalizzati, che abbiano un’US venosanormale, una scintigrafia polmonare non probativa euna TC spirale negativa.

Un altro algoritmo diagnostico che utilizza la scin-tigrafia polmonare, la valutazione clinica e US seriate èstato recentemente verificato sia in soggetti ospedaliz-zati che non86. In questa casistica i pazienti con proba-bilità clinica di EP bassa od intermedia, valutata sullabase di criteri predittivi, furono sottoposti in primagiornata ad US venosa, che evidenziò la presenza diTVP nel 3% dei casi. I soggetti rimanenti furono con-trollati con US seriate (al giorno 3, 7 e 14), che porta-rono ad una diagnosi di TVP in un altro 2% dei casi.Coloro nei quali le ripetute US non dimostrarono alcu-na TVP, non furono trattati, e nei 3 mesi successivi il ri-schio tromboembolico risultò molto basso (0.5%). Inquesto studio, la prevalenza di EP era, comunque, mol-to bassa e i criteri predittivi per calcolare la probabilitàclinica erano complessi. Inoltre, nel 95% dei pazienticon bassa o moderata probabilità clinica e scintigrafiepolmonari non probative, era stato necessario applicareil protocollo caratterizzato da ripetute US. Sebbene tut-to ciò limiti chiaramente l’utilità clinica di tale strate-gia, esso potrebbe rappresentare una ragionevole alter-nativa nei pazienti ospedalizzati in cui il medico sia ri-luttante ad eseguire l’angiografia.

Sospetta embolia polmonare massiva. I pazienti con so-spetto di EP massiva, cioè coloro che presentino shock,sincope e/o ipotensione, rappresentano un problemaclinico a sé stante. Generalmente, il sospetto clinico èelevato e la diagnosi differenziale include lo shock car-diogeno, il tamponamento pericardico e la dissezioneaortica. Quindi, l’esame di primo livello più utile è l’e-cocardiografia, che evidenzia generalmente segni indi-retti di ipertensione polmonare acuta e di sovraccaricoventricolare destro se la causa dell’instabilità emodina-mica è un’EP acuta. In pazienti altamente instabili il

trattamento trombolitico (o anche chirurgico) dell’EPpuò essere intrapreso solo sulla base di tali reperti eco-cardiografici. Se il soggetto viene stabilizzato dalla te-rapia di supporto si dovrebbe invece giungere ad unadiagnosi di certezza. A causa dell’estensione dell’em-bolia nel circolo polmonare, sia la scintigrafia polmo-nare che la TC spirale o la TEE al letto del malato sonoin grado di confermare la diagnosi, anche se sono statipubblicati dei casi di EP massiva con normali scinti-grafie polmonari, che però debbono essere consideratianeddotici. Quindi in caso di scintigrafia polmonarenormale o TC spirale negativa, devono essere presetempestivamente in considerazione altre cause dishock.

Trattamento

Supporto emodinamico e respiratorio. Lo scompen-so acuto di circolo è il principale motivo di decesso neipazienti con EP acuta massiva ed è principalmente cau-sato dalla riduzione del letto vascolare polmonare e dal-la presenza di malattie cardiache o respiratorie preesi-stenti227,228. Nei soggetti con EP acuta lo scompensocircolatorio acuto è secondario soprattutto all’ischemiadel ventricolo destro e alla disfunzione diastolica delventricolo sinistro, con conseguente scompenso ventri-colare sinistro.

L’aumento del postcarico ventricolare destro deter-mina un incremento del lavoro e del consumo di ossi-geno del ventricolo destro. L’ipotensione sistemica ol’elevata pressione nel ventricolo destro può causareuna riduzione della pressione di perfusione coronaricadel ventricolo destro e del flusso di sangue al miocar-dio229. L’ischemia ventricolare destra che ne risulta èstata confermata nei pazienti con EP acuta massiva dal-l’aumento della CPK-MB e anche dal riscontro autop-tico di infarto ventricolare destro nonostante la norma-lità delle coronarie230,231.

Lo scompenso ventricolare destro causa un ridottoprecarico del ventricolo sinistro, mentre l’aumento del-la pressione telediastolica del ventricolo destro inverteil gradiente pressorio diastolico transettale, che deter-mina un’interdipendenza ventricolare diastolica e unariduzione del volume telediastolico del ventricolo sini-stro, ulteriormente compresso dall’aumentata pressio-ne pericardica232. L’alterata funzione diastolica del ven-tricolo sinistro che ne risulta, contribuisce al basso in-dice cardiaco e al peggioramento ulteriore dell’ische-mia ventricolare destra.

Una significativa percentuale delle morti secondariea EP massiva avviene nell’arco di poche ore dall’insor-genza della sintomatologia. Una terapia di supporto ini-ziale potrebbe perciò avere un ruolo rilevante nei sog-getti con EP e scompenso cardiocircolatorio. Gran par-te delle nostre conoscenze, comunque, sono derivate dastudi sperimentali e hanno perciò un significato contro-verso per quanto riguarda la pratica clinica.

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La maggior parte delle osservazioni sperimentalinell’animale con EP ed ipotensione indicano che il ca-rico di liquidi deteriora ulteriormente la situazioneemodinamica233 e solo due studi hanno valutato taleproblematica sotto il profilo clinico. Ozier et al.234 han-no osservato un aumento dell’indice cardiaco da 1.7 a2.0 l/min/m2 dopo infusione di 600 ml di liquidi in 13pazienti con EP, la metà dei quali erano sottoposti adassistenza ventilatoria meccanica. Più recentemente,Mercat et al.235 hanno riportato un aumento dell’indicecardiaco da 1.6 a 2.0 l/min/m2 dopo infusione di 500 mldi destrano 40 in 13 pazienti normotesi con EP acuta ebasso indice cardiaco. In questo studio, vi era una cor-relazione inversa tra l’aumento dell’indice cardiaco e ilvolume telediastolico del ventricolo destro. Nel lorocomplesso, questi risultati suggeriscono che un’espan-sione della volemia di 500 ml possa determinare un si-gnificativo, anche se modesto, aumento della portatacardiaca nei pazienti con EP, basso indice cardiaco enormali valori di pressione arteriosa. I dati disponibilinell’uomo, comunque, indicano che il beneficio è ulte-riormente ridotto in caso di franca distensione del ven-tricolo destro, mentre da osservazioni sull’animale sideduce che questo trattamento può essere pericolosonel caso di ipotensione sistemica.

L’isoproterenolo è un farmaco inotropo che deter-mina vasodilatazione del circolo polmonare, ma il suoutilizzo è limitato dalla tachicardia e dalla vasodilata-zione sistemica. In cani con shock ed ipotensione se-condaria ad EP, l’isoproterenolo non ha migliorato l’i-potensione sistemica229. La segnalazione di un caso cli-nico fa supporre che tale farmaco possa essere deleterionei pazienti con EP e shock236. La noradrenalina puòcorreggere l’ipotensione e lo shock ed aumenta la get-tata cardiaca in animali ipotesi con EP229, ma non inanimali con EP, pressione arteriosa normale e basso in-dice cardiaco237. Non sono disponibili dati clinici suglieffetti di questo farmaco in pazienti con EP, ed il suouso dovrebbe essere limitato ai soggetti ipotesi.

La dobutamina e la dopamina aumentano la gettatacardiaca e diminuiscono le resistenze polmonari vasco-lari in cani con EP sperimentale238. In 10 pazienti conEP, basso indice cardiaco e normale pressione arterio-sa, Jardin et al.239 hanno osservato un aumento del 35%della gettata cardiaca, senza modificazioni significativedella frequenza cardiaca, della pressione arteriosa si-stemica e della pressione arteriosa polmonare media.Gli stessi ricercatori hanno riportato in altri 13 pazien-ti un incremento del 57 e del 12% rispettivamente del-la gettata e della frequenza cardiaca con un aumento del53% della pressione arteriosa polmonare239. Sulla basedi tali risultati, sia la dobutamina che la dopamina pos-sono essere utilizzate nei soggetti con EP che abbianobasso indice cardiaco e normale pressione arteriosa.

L’adrenalina non è stata oggetto di osservazioninell’EP sperimentale, anche se è stato riportato un ca-so che indica un suo effetto benefico nei malati con EPe shock240. Studi sperimentali suggeriscono un ruolo

della vasocostrizione nell’EP241; questo fenomeno,tuttavia, è probabilmente limitato nei pazienti colpitida EP.

I vasodilatatori, sebbene diminuiscano la pressionearteriosa polmonare e le resistenze polmonari vascola-ri nell’animale e, in misura inferiore, nei pazienti conEP, hanno un’utilità clinica limitata dal momento cheriducono anche la pressione arteriosa sistemica241,242.Più recentemente è stato riportato che l’inalazione diossido nitrico diminuisce la pressione arteriosa polmo-nare e le resistenze polmonari vascolari in porcellinicon ipertensione polmonare indotta sperimentalmentedall’infusione di microsfere243. Analogamente, è statoosservato che in alcuni (pochi) pazienti con EP l’inala-zione di ossido nitrico può migliorare la condizioneemodinamica e gli scambi gassosi244.

L’ipossia e l’ipocapnia sono presenti comunementenei pazienti con EP, anche se nella maggior parte dei ca-si l’ipossia è moderata. Dei 160 soggetti dello studioUPET, solo 30 ricevettero ossigeno; la PaO2 era < 80mmHg nell’89% dei 130 pazienti non trattati con ossige-no e solo il 16% di essi aveva una PaO2 > 50 mmHg245.L’ipossia viene generalmente corretta con ossigeno inmaschera nasale e solo raramente è necessaria la ventila-zione meccanica246. Quando questa è richiesta, bisogne-rebbe prestare particolare attenzione a limitarne gli effet-ti sfavorevoli sotto il profilo emodinamico. Nei pazienticon EP, infatti, la pressione intratoracica positiva indottadalla ventilazione meccanica riduce il ritorno venoso epeggiora lo scompenso del ventricolo destro. Per talemotivo, alcuni autori ricorrono a bassi volumi correnti (7ml/kg) e all’espansione del volume circolante.

Riassunto. La dopamina e la dobutamina possono esse-re usate nei pazienti con EP, basso indice cardiaco epressione arteriosa normale.

I farmaci vasopressori possono essere usati in sog-getti ipotesi con EP.

L’ossigenoterapia monitorizzata è di beneficio neipazienti con EP ed ipossia.

L’utilità dell’espansione del volume circolante ècontroversa e non si dovrebbero comunque superare i500 ml.

Il trattamento trombolitico. L’aumento del postcaricodel ventricolo destro osservato nei pazienti con EPmassiva può indurre scompenso ventricolare destro,ipotensione sistemica e shock, il tutto associato ad unaprognosi sfavorevole68,247-249. La terapia trombolitica haun effetto benefico su questi fenomeni. Nei pazienti conipertensione polmonare e basso indice cardiaco dovutia EP, la terapia trombolitica induce, a 2 ore dall’istitu-zione del trattamento, una riduzione del 30% nellapressione arteriosa polmonare media ed un aumento del15% dell’indice cardiaco250. A 72 ore l’indice cardiacoè aumentato dell’80% e la pressione arteriosa polmo-nare diminuita del 40%251. Tre ore dopo il trattamentoè stata riportata anche una significativa riduzione del-

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l’area media telediastolica del ventricolo destro248. Ne-gli stessi studi l’eparina da sola non produceva alcunamodificazione dell’indice cardiaco, della pressione ar-teriosa polmonare e dei parametri ecocardiografici nédopo 2 né dopo 72 ore dall’inizio della terapia.

Il trattamento trombolitico determina anche una ri-duzione più rapida dell’ostruzione vascolare polmona-re rispetto alla sola eparina. Nello studio PAIMS 2, 100mg di attivatore del plasminogeno tissutale ricombi-nante (rt-PA) hanno indotto al termine delle 2 ore di in-fusione una diminuzione dell’ostruzione vascolare del12%, mentre nessuna riduzione fu osservata nei sog-getti sottoposti solo ad infusione di eparina. La riduzio-ne osservata dopo 24 ore era del 35% per il rt-PA e so-lo del 5% per il gruppo eparina248; al contrario, il gradodi diminuzione dell’ostruzione vascolare al settimogiorno era simile nei due gruppi245,250.

Va anche considerato che la terapia tromboliticapresenta un certo rischio. Il 14% dei pazienti con EPtrattati con trombolisi dopo angiografia polmonare hamanifestato un’emorragia grave252,253. Tale percentualeè il doppio di quella osservata nei pazienti sottoposti aterapia eparinica254. La sede della puntura venosa ese-guita per l’angiografia costituisce la prima sorgente disanguinamento, rappresentando il 36-45% delle emor-ragie maggiori245,255. La comparsa di emorragie intra-craniche è descritta nell’1.6% dei casi256. I dati sullecomplicanze emorragiche nei pazienti con EP trattaticon trombolitico dopo esami incruenti sono, al contra-rio, limitati, anche se due studi non riportano eventiemorragici significativi248,256.

La prognosi è stata valutata solo in 431 soggetti conEP reclutati negli otto studi che hanno confrontato la te-rapia con eparina e con trombolitico245,248,250,251,257-260.In sette di questi studi, nei quali gran parte dei soggettiarruolati non aveva un’EP massiva, la mortalità nelgruppo trattato con eparina variava tra 0 e 18% e nonera evidente alcun vantaggio, per quanto riguarda la so-pravvivenza, a favore della trombolisi rispetto all’epa-rina. Nessuno di questi trial, comunque, possedeva unpotere statistico sufficiente per discriminare potenzialidifferenze significative tra i due gruppi di trattamento.L’ultimo studio comprendeva, al contrario, solo 8 pa-zienti con EP massiva e shock cardiogeno. Tutti i 4 sog-getti randomizzati a terapia con la sola eparina moriro-no in seguito all’EP; al contrario, i 4 trattati con trom-bolisi sopravvissero. La differenza in termini di pro-gnosi era, quindi, altamente significativa e lo studio fuinterrotto per ragioni etiche260.

Nei malati con EP e segni di sovraccarico ventrico-lare destro il ricorso al trombolitico è associato in ma-niera indipendente alla sopravvivenza (odds ratio 0.46,IC 95% 0.21-1.00), ma tale risultato deriva da studi os-servazionali non controllati249. Ci sono, inoltre, alcunedimostrazioni indirette, derivate peraltro da analisi disottogruppi con un numero limitato di soggetti, che latrombolisi possa ridurre la mortalità in pazienti conipocinesia del ventricolo destro248.

Diversi farmaci trombolitici sono stati utilizzati neitrial clinici245,248,250,251,257-270. Anche se nessuna diffe-renza di mortalità è stata osservata negli studi control-lati che hanno confrontato rt-PA, streptochinasi e uro-chinasi, alcune differenze esistono per quanto riguardagli effetti emodinamici precoci e la sicurezza. I dati at-tualmente disponibili indicano che l’infusione di 100mg di rt-PA in 2 ore agisce più rapidamente di una do-se di urochinasi di 4400 UI/kg/ora somministrata in 12-24 ore. Questa posologia determina anche un migliora-mento emodinamico più rapido, almeno per quanto ri-guarda la prima ora, rispetto ad un’infusione di 0.6mg/kg di rt-PA in 15 min o 1.5 milioni UI di strepto-chinasi somministrati in 2 ore263-265.

La percentuale di emorragie maggiori non può es-sere confrontata tra studi che hanno utilizzato differen-ti criteri per la quantificazione del sanguinamento255.Utilizzando la medesima definizione, due studi hannoriportato emorragie maggiori nel 28% dei pazienti trat-tati con 4400 UI/kg/ora di urochinasi per 12 ore, in 21-24% dei soggetti sottoposti a 100 mg di rt-PA in 2 oree nell’11% di coloro che avevano ricevuto 0.6 mg/kg dirt-PA in 15 min262,263. Nessuna di queste differenze, co-munque, era statisticamente significativa a causa dellascarsa numerosità dei pazienti considerati in questi stu-di.

Esistono alcune controindicazioni alla terapia trom-bolitica, anche se in caso di EP massiva gran parte di es-se sono considerate controindicazioni solo relative(Tab. VII).

Sulla scorta dei dati disponibili, in termini di so-pravvivenza appare evidente la superiorità della terapiatrombolitica nei pazienti con EP massiva, cioè conshock e/o ipotensione (definita come una pressione ar-teriosa sistolica < 90 mmHg o un calo pressorio ≥ 40mmHg per > 15 min non causato da un’aritmia di nuo-va insorgenza, ipovolemia o sepsi).

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Tabella VII. Controindicazioni alla trombolisi nei pazienti conembolia polmonare massiva.

Controindicazioni assoluteEmorragia interna in attoEmorragia intracranica spontanea recente

Controindicazioni relativeInterventi chirurgici importanti, parto, biopsia d’organo opuntura di vasi non comprimibili nei 10 giorni precedentiIctus cerebrale ischemico nei 2 mesi precedentiEmorragia gastrointestinale nei 10 giorni precedentiTrauma importante nei 15 giorni precedentiChirurgia dell’occhio o neurochirurgia nel mese precedenteIpertensione grave non controllata (sistolica > 180 mmHg,diastolica > 110 mmHg)Rianimazione cardiopolmonare recenteConteggio piastrinico < 100 000/mm3, tempo di protrombi-na < 50%GravidanzaEndocardite battericaRetinopatia diabetica emorragica

Nei soggetti con valori pressori normali, e segni cli-nici, emodinamici o ecocardiografici di scompensoventricolare destro (EP submassiva), il beneficio è me-no chiaro e non è stato dimostrato né escluso da ade-guati studi clinici randomizzati. In caso di ostruzionedel letto vascolare polmonare < 50% e nei pazienti sen-za EP massiva o submassiva, la mortalità riportata ne-gli studi più recenti269,270 è < 5%; in questi malati, unasuperiorità del trattamento trombolitico appare impro-babile. La scelta del farmaco, infine, non costituisce unproblema importante, sebbene gli effetti emodinamicipiù rapidi prodotti dall’infusione in 2 ore di 100 mg dirt-PA possano essere rilevanti nei soggetti più impe-gnati clinicamente, mentre la bassa incidenza di san-guinamento osservata con il bolo di 0.6 mg/kg di rt-PApossa rendere quest’ultimo preferibile nei pazienti concontroindicazioni relative.

A meno che sia controindicato in maniera assoluta,il trombolitico dovrebbe essere somministrato a tutti isoggetti con EP massiva. In quelli con normale pressio-ne sistemica, adeguata perfusione tessutale e segni cli-nici o ecocardiografici di disfunzione ventricolare de-stra (cioè un’EP submassiva), la trombolisi può essereprescritta in assenza di controindicazioni, mentre nondovrebbe essere presa in considerazione in coloro chenon manifestano né un’EP massiva, né submassiva, ameno che essi non presentino una compromissioneemodinamica secondaria a malattie cardiache o polmo-nari preesistenti.

Quando iniziare il trattamento trombolitico? Laconferma angiografica non è più necessaria per tutti ipazienti da sottoporre a trombolisi. Essa infatti, oltreche richiedere del tempo, non è priva di rischi in questimalati262, e si associa ad un aumento delle complicanzeemorragiche255. Il riscontro di una scintigrafia polmo-nare dimostrativa associata ad un’alta probabilità clini-ca91, il quadro di un’ostruzione prossimale alla TC spi-rale152, o la presenza di segni di cuore polmonare acutoaccompagnati da un elevato sospetto clinico in pazien-ti senza preesistenti malattie cardiache o respiratorieimportanti autorizzano ad instaurare una terapia trom-bolitica, se necessaria.

Riassunto. La terapia trombolitica è indicata nei pa-zienti con EP massiva, con shock e/o ipotensione.

Gran parte delle controindicazioni alla trombolisisono relative.

La terapia trombolitica dovrebbe essere basata sutest oggettivi.

Il ricorso alla trombolisi nei pazienti con EP sub-massiva (ipocinesia del ventricolo destro) è controverso.

La terapia trombolitica non è indicata nei pazientisenza sovraccarico ventricolare destro.

Embolectomia chirurgica. Sebbene nessuno studioclinico randomizzato dimostri un’aumentata sopravvi-venza con la terapia trombolitica nell’EP, è opinione

generale che questo trattamento costituisca una strate-gia terapeutica efficace e, oggi come oggi, solo rara-mente si ricorre ad un approccio chirurgico. Nonostan-te ciò, vi è ancora spazio, sebbene limitato, per il tratta-mento chirurgico dell’EP.

In epoca pre-ecocardiografica, la diagnosi di EPmassiva si otteneva generalmente con l’angiografia equesto esame era ritenuto obbligatorio prima di qual-siasi intervento chirurgico271. L’angiografia, infatti, for-niva informazioni vitali necessarie per la pianificazionedell’intervento chirurgico, come la conferma della dia-gnosi, le dimensioni e la localizzazione dell’embolo ela funzione del ventricolo destro. Allo stato attuale, ingran parte delle EP massive, le medesime informazionisi possono acquisire mediante la TEE184,186,272.

Un’indicazione all’embolectomia chirurgica sussi-ste in tre classi di pazienti273-275: soggetti con EP acutae massiva, pazienti con controindicazioni alla trombo-lisi e malati che non rispondono al trattamento medicointensivo e alla terapia trombolitica.

Il candidato ottimale all’intervento chirurgico è ilpaziente con occlusione subtotale del tronco della pol-monare o dei suoi rami principali, in assenza di iper-tensione polmonare costante. Quest’ultima, infatti, in-dicherebbe un’ostruzione tromboembolica cronica e untrattamento chirurgico d’emergenza non è in grado dirisolvere occlusioni dei rami distali delle arterie pol-monari. Sebbene le osservazioni che suggeriscono chealcuni pazienti in shock possano sopravvivere con lasola trombolisi siano limitate, la decisione se ricorrerealla chirurgia deve essere valutata caso per caso.

La tecnica chirurgica consiste nella sternotomia me-diana, con rapida incannulazione dell’aorta ascendentee dell’atrio destro e successiva istituzione di un bypasscardiopolmonare in normotermia276. Viene evitato ilclampaggio della cross-aortica. Gli emboli sono rimos-si lungo un’incisione longitudinale del tronco della pol-monare, utilizzando comuni pinze per il dotto biliare ostrumenti di presa maneggevoli e non occludenti277. Perestrarre i coaguli localizzati più distalmente si ricorre aicomuni aspiratori.

Il bypass in normotermia offre diversi vantaggi.Fornisce un eccellente mezzo rianimatorio nello shockcardiogeno, ristabilendo il flusso sanguigno e l’apportodi ossigeno ai tessuti; offre al chirurgo tutto il temponecessario per eseguire la rimozione completa degliemboli ed un’adeguata revisione dei rami collaterali.Inoltre può fungere da supporto cardiocircolatorioquando il ventricolo destro acutamente scompensato edilatato richieda un qualsivoglia supporto farmacologi-co e meccanico dopo il completamento dell’embolec-tomia. Nei soggetti che richiedono assistenza rianima-toria continua, il bypass cardiopolmonare può essereistituito con l’incannulazione dei vasi femorali o con ilsupporto cardiopolmonare percutaneo, capace di forni-re sangue ossigenato agli organi vitali278. Questa tecni-ca può essere utile anche se durante l’induzione dell’a-

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nestesia la pressione arteriosa sistemica cade al di sot-to dei valori critici richiesti.

Alcuni esperti ritengono che l’embolectomia pol-monare debba essere eseguita in combinazione con ilposizionamento di un filtro cavale279,280. Dopo l’intro-duzione dei nuovi filtri recuperabili, si potrebbe ipotiz-zare la loro rimozione qualora la venografia eseguitadopo 10-14 giorni non rivelasse trombi distali. Ad ognibuon conto, se non vi è una TVP al momento dell’in-tervento e non sussistono controindicazioni alla terapiaanticoagulante, l’introduzione di un filtro rimane con-troversa.

La finalità principale dell’intervento chirurgico èquello di prevenire la morte a seguito dell’occlusionedell’arteria polmonare principale, che causa lo scom-penso acuto del ventricolo destro ed impedisce il flussodi sangue nel circolo polmonare. I risultati dell’embo-lectomia polmonare chirurgica sono comunque scarsi,dal momento che l’intervento viene eseguito su pazien-ti pressoché moribondi e dopo prolungate manovre ria-nimatorie276,281,282. La mortalità operatoria da embolec-tomia varia dal 20 al 50% ed appare influenzata dall’e-secuzione di manovre rianimatorie preoperatorie, dal-l’età, dalla durata dei sintomi e dal numero di episodi diEP. La percentuale di sopravvivenza a lungo termine èaccettabile, con un 71% dei soggetti che sopravvivonodopo 8 anni (mortalità operatoria del 20%). È riportatoanche un miglioramento dello stato funzionale dei pa-zienti operati, con un 84% dei soggetti in I e II classefunzionale NYHA dopo 8 anni.

L’embolectomia percutanea con catetere o la fram-mentazione del trombo con catetere costituiscono alter-native nei pazienti che non richiedono rianimazionecardiopolmonare. I metodi percutanei endoluminali,comunque, sono difficili da apprendere e il loro utiliz-zo clinico rimane limitato283-285.

Riassunto. La trombectomia polmonare acuta ha unruolo limitato alle più gravi EP massive.

Se la conferma preoperatoria dell’EP massiva cen-trale può essere ottenuta con ecocardiografia (preferi-bilmente TEE) o TC spirale, l’angiografia non è più ne-cessaria sistematicamente.

Terapia anticoagulante. Il trattamento con eparinanon frazionata (UFH) dell’EP è ampiamente ricono-sciuto fin dal classico studio clinico eseguito da Barritte Jordan nel 196166. Alla recente V Consensus Confe-rence nordamericana sulla trombosi e gli agenti anti-trombotici svoltasi nell’aprile 1998286 si è raccomanda-to di trattare il paziente con TVP o EP con una dose dieparina sufficiente a portare il tempo di tromboplastinaparziale attivato (aPTT) a valori che corrispondono adun livello plasmatico di eparina di 0.30-0.60 anti-XaUI, determinato con il metodo amidolitico266,267,286. Leeparine a basso peso molecolare (LMWH) possono es-sere usate in sostituzione dell’UFH nel trattamento deipazienti con EP stabile266,267, ma non sono raccoman-date nei soggetti con EP massiva, dal momento che ta-li pazienti sono stati esclusi dagli studi sul trattamentodell’EP con LMWH.

Prima di prescrivere una terapia anticoagulante pro-lungata, si impone un’accurata diagnosi di EP. L’epari-na, comunque, dovrebbe essere somministrata anche inattesa di una diagnosi definitiva, almeno in quei sog-getti che presentano una probabilità clinica di EP inter-media o alta. Iniziare la terapia con anticoagulanti ora-li può essere meno efficace o anche dannoso287, perciòil ricorso all’eparina (UFH o LMWH) costituisce lapietra miliare nella gestione iniziale dell’EP acuta. Va,infine, ricordato che nell’optare per il trattamento anti-coagulante vanno tenute in debito conto le controindi-cazioni alla terapia anticoagulante come un sanguina-mento in atto, disturbi dell’emostasi, ipertensione gra-ve non controllata e recenti interventi chirurgici, anchese gran parte di tali controindicazioni sono relative neisoggetti con EP accertata.

La terapia iniziale consiste in una scoagulazione in-tensiva con eparina, ad esempio bolo e.v. di UFH(usualmente 5000-10 000 UI), seguita da un’infusionee.v. continua. La velocità di infusione viene rapportataal peso corporeo sulla base di nomogrammi esistenti(Tab. VIII)288, ma non dovrebbe mai essere < 1250UI/ora. È stato dimostrato che con velocità di infusioneiniziali più elevate si raggiunge più rapidamente il li-vello anticoagulante terapeutico289, ma non vi sono pro-ve che dimostrino con sicurezza un più alto numero di

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Tabella VIII. Nomogramma in funzione del peso.

Dose iniziale Bolo di 80 UI/kg, quindi infusione di18 UI/kg/ora

aPTT < 35 s (1.2 � la media normale) Bolo di 80 UI/kg, quindi aumentare la velocità di infusione di 4 UI/kg/ora

aPTT 35-45 s (1.2-1.5 � la media normale) Bolo di 40 UI/kg, quindi aumentare la velocità di infusione di 2 UI/kg/ora

aPTT 46-70 s (1.5-2.3 � la media normale) Nessuna modificazione

aPTT 71-90 s (2.3-3.0 � la media normale) Diminuire la velocità di infusione di 2 UI/kg/ora

aPTT > 90 s (3 � la media normale) Fermare l’infusione per 1 ora, quindi diminuire la velocità di infusione di 3 UI/kg/ora

aPTT = tempo di tromboplastina parziale attivato. Da Raschke et al.288, modificata.

recidive nei pazienti trattati con dosi insufficienti di an-ticoagulanti, sempre che la velocità di infusione sia> 1250 UI/ora. La velocità di infusione dovrebbe tenerconto del grado di scoagulazione indicato dall’aPTT(aPTT ottimale: rapporto aPTT paziente/controllo tra1.5 e 2.5). Il primo dosaggio dell’aPTT dovrebbe esse-re eseguito 4-6 ore dopo l’inizio dell’infusione di epa-rina. A causa della variabilità dei dosaggi dell’aPTTcon differenti reagenti, si raccomanda che ogni labora-torio determini i valori del rapporto di aPTT con i reat-tivi utilizzati. I valori dovrebbero corrispondere adun’attività anti-Xa dosata con il metodo amidolitico va-riabile da 0.3 a 0.6 UI (questi valori corrispondono a0.20-0.40 UI ottenuti con il test al solfato di protami-na)286. In circostanze particolari, come in caso di resi-stenza della risposta ad una determinata dose di epari-na in termini di rapporto aPTT, può essere necessario ildosaggio dell’anti-Xa290. In questo particolare gruppodi pazienti il fenomeno potrebbe essere messo in rap-porto con un’aumentata affinità dell’eparina per alcuneproteine plasmatiche, la cui concentrazione può essereaumentata291. Alternativamente si può ricorrere alleLMWH, che hanno meno tendenza a legarsi alle pro-teine plasmatiche.

È opinione comune che vi sia un rapporto tra unaPTT aumentato e il rischio di sanguinamento. Tutti gliesperti, comunque, riconoscono che il sanguinamento èun’evenienza infrequente durante terapia eparinica, ameno che non siano state eseguite alcune manovrecruente o siano presenti lesioni locali o disturbi emo-coagulativi. Lo stesso dicasi per le LMWH. Gli studisui rapporti tra eccessivo allungamento dell’aPTT ecomplicanze emorragiche non portano comunque aconclusioni definitive292,293.

Il monitoraggio del conteggio piastrinico è impor-tante, dal momento che la trombocitopenia indotta dal-l’eparina (HIT) costituisce un effetto collaterale raro,ma potenzialmente letale. Sono state descritte due for-me di HIT: la prima precoce, benigna e reversibile du-rante il trattamento, è dovuta ad un meccanismo nonimmunologico. La seconda è associata paradossalmen-te a complicanze trombotiche arteriose e venose cheabitualmente si manifestano dopo 5-15 giorni di tratta-mento. Un improvviso, inspiegato calo delle piastrineal di sotto di 100 � 109/l o una spiccata diminuzione> 30% sono segnali di allarme importanti. La sospen-sione della terapia eparinica determina il progressivoaumento delle piastrine in meno di 10 giorni. Durante iltrattamento, dunque, il numero di piastrine dovrebbeessere controllato a giorni alterni.

La frequenza di HIT è maggiore con l’UFH che conle LMWH294. Nella terapia profilattica dei pazienti sot-toposti a sostituzione con protesi d’anca, la frequenzadi HIT è risultata circa dell’1%. La diagnosi di HIT èdifficile a causa della mancanza di criteri di riferimen-to sicuri e di esami di laboratorio di routine. Il test di ri-ferimento è basato sul rilascio di serotonina. Il test diFratantoni è un test di aggregazione piastrinica, che ri-

chiede una standardizzazione molto ben definita. Piùrecentemente si è reso disponibile un test con ELISA,che rivela la presenza di anticorpi antieparina diretticontro il complesso eparina-fattore piastrinico 4. Talemetodica, sebbene non sostituisca gli altri esami sopra-citati, sta acquisendo un importante ruolo complemen-tare. La concordanza tra i test di aggregazione piastri-nica e la nuova metodica ELISA è solo dell’80% circa.

La sicurezza e l’efficacia delle LMWH nel tratta-mento dell’EP non massiva sono state confrontate conl’UFH in due ampi studi clinici recenti, controllati erandomizzati266,267. È stato dimostrato in 612 pazientiche la tinzaparina (una singola iniezione s.c. giornalie-ra) è efficace e sicura quanto l’UFH266. Tra i 1021 sog-getti con VTE accertata, arruolati nello studioCOLUMBUS, 271 presentavano un’EP clinicamentemanifesta267. Questi pazienti furono trattati con revipa-rina (2 iniezioni s.c. al dì) o, alternativamente, con UFHconvenzionale. Non vennero osservate tra i due gruppidifferenze per quanto riguarda la percentuale di recidi-ve, sanguinamenti e decessi.

L’utilizzo di LMWH può accorciare il periodo didegenza ospedaliera e migliorare la qualità di vita delpaziente. È però essenziale ricorrere alla stessa dosedi quella utilizzata negli studi sopracitati e cioè 175anti-Xa/kg di tinzaparina 1 volta al giorno s.c. o 85 an-ti-Xa UI/kg 2 volte al dì s.c. per la reviparina, con laraccomandazione di non estrapolare la dose di un pre-parato di LMWH ad un altro. Comunque, poiché latinzaparina e la reviparina presentano dei rapporti diattività anti-Xa/anti-IIa estremamente differenti, èpossibile trattare l’EP con altre LMWH, a condizioneche siano state dimostrate la loro efficacia e sicurezzanella terapia della TVP e che le normative locali per-mettano il loro utilizzo per tale tipo di trattamento.Non è necessario alcun monitoraggio di laboratorio adeccezione della verifica di un conteggio piastrinicoprima dell’inizio della terapia, in quinta giornata e,successivamente, ogni 2-3 giorni se il trattamento vie-ne protratto. Poiché la clearance renale delle LMWHè importante, è stata prospettata la necessità del moni-toraggio dell’attività anti-Xa negli anziani e nei casi diinsufficienza renale cronica; tuttavia il problema ri-mane controverso. Sebbene recenti osservazioni ab-biano dimostrato che la terapia sottocutanea conLMWH a domicilio è efficace e sicura in pazienti conTVP selezionati295-298, il trattamento ambulatorialedell’EP non può essere ancora raccomandato, in atte-sa di ulteriori studi clinici. Infine, in mancanza di do-cumentazioni cliniche, le LMWH non sono indicate incaso di EP massiva.

Se l’EP si manifesta in fase postoperatoria, la tera-pia eparinica non dovrebbe essere istituita se non dopo12-24 ore in caso di intervento chirurgico maggiore.Inoltre, il trattamento dovrebbe essere ulteriormenteprocrastinato in caso di sanguinamento in sede di inter-vento299. In questi casi è opportuno non somministrareil bolo di eparina ed iniziare l’infusione ad un dosaggio

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moderatamente più basso di quello convenzionale.L’aPTT dovrebbe essere controllato ogni 4 ore dall’ini-zio del trattamento e sono opportune una rigorosa sor-veglianza della sede dell’intervento chirurgico ed un’a-deguata supervisione clinica. Se esiste un elevato ri-schio di emorragia, si dovrebbe prendere in considera-zione il posizionamento (temporaneo) di un filtro ve-noso cavale.

L’eparina può essere somministrata in gravidanza,dato che non attraversa la barriera placentare e non èdannosa per il feto. Durante la gravidanza è relativa-mente frequente una resistenza all’eparina e dovrebbeessere preso in considerazione un aumento del dosag-gio. L’UFH s.c. viene generalmente utilizzata dopo unafase iniziale di trattamento per infusione endovenosa. Ildosaggio viene regolato sulla base dell’aPTT o, in al-cuni casi, in funzione dell’anti-Xa38. La terapia eparini-ca nelle donne gravide con EP dovrebbe essere prolun-gata per almeno 6 settimane dopo il parto. L’UFH èsomministrata 2 volte al dì s.c., tenendo conto del-l’aPTT ottenuto su campioni di sangue prelevati 6 oredopo l’iniezione sottocutanea. Le LMWH sono statesomministrate in donne gravide con TVP, ma sono di-sponibili solo informazioni limitate circa il loro usonell’EP300. Dopo il parto il passaggio agli anticoagu-lanti orali può essere considerato anche in madri che al-lattano al seno, dal momento che nel latte materno nonsono state rinvenute tracce di anticoagulante orale, spe-cialmente quando viene utilizzato il warfarin. La tera-pia a lungo termine con eparina espone al rischio diosteoporosi precoce.

La percentuale di recidive di VTE è aumentata neisoggetti con neoplasia, per i quali può essere indicatoun trattamento a lungo termine. Le LMWH possono es-sere impiegate agli stessi dosaggi usati nei pazienti conTVP. Sebbene non esista alcuna raccomandazione chia-ra, dovrebbe essere preso in considerazione il controllodell’anti-Xa. Alcuni autori ritengono che le eparine sia-no più efficaci degli anticoagulanti orali nella preven-zione secondaria della VTE nei soggetti neoplastici. Laterapia a lungo termine con le LMWH è stata suggeritanei pazienti con neoplasie metastatizzate, poiché gli an-ticoagulanti orali da soli possono fallire nella preven-zione delle recidive di VTE301.

La gestione della trombosi nei portatori di sindromeda anticorpi antifosfolipidi può essere difficile, perchétale sindrome è spesso associata a fattori anticoagulan-ti circolanti che allungano l’aPTT. In questi pazienti ildosaggio dell’anti-Xa sembra preferibile all’aPTT nelmonitoraggio di laboratorio, dal momento che non è in-fluenzato da questi fattori anticoagulanti circolanti, semisurato con il metodo amidolitico302,303.

L’uso dell’UFH e delle LMWH è controindicato inpazienti con HIT, ma iniziare una terapia anticoagulan-te orale senza un altro trattamento anticoagulante rapi-damente attivo può essere rischioso304,305. Diversi tratta-menti sono stati utilizzati in questi casi. Essi includonoil danaparoide sodico (una preparazione di eparinoidi,

contenente principalmente eparan-solfato e dermatan-solfato), la r-irudina e l’argatroban, un agente chimicoantitrombotico306,307. Il ricorso alla r-irudina è riservatoai pazienti con HIT che presentano un nuovo episodiotrombotico o un aggravamento delle condizioni clinichesecondario all’EP. Il suo monitoraggio richiede ripetutemisurazioni dell’aPTT. Lo stesso dicasi per il danapa-roide sodico, che ha una lunga emivita e potenziali ef-fetti di accumulo. La dose raccomandata è di 750 anti-Xa UI somministrato 2 volte al giorno per via sottocuta-nea, anche se in alcuni soggetti può essere utilizzata lavia endovenosa. Per controllare questi pazienti viene co-munemente richiesto il dosaggio dell’anti-Xa.

Gli anticoagulanti orali comunemente utilizzati inEuropa sono il warfarin sodico, l’acenocumarolo ed ilfluindione (il warfarin è l’agente più usato in clinica). Es-si sono ben assorbiti nell’intestino e sono trasportati nelplasma prevalentemente legati all’albumina (97-99%). Illoro metabolismo è epatico e sono escreti in forma idros-silata nelle urine. L’emivita plasmatica è di circa 42 oreper il warfarin, 9 ore per l’acenocumarolo e 31 ore per ilfluindione. L’emivita del farmaco è importante, perchéuna lunga emivita si associa a minori fluttuazioni del li-vello di scoagulazione. Gli anticoagulanti orali inibisco-no nel fegato la sintesi, vitamina K-dipendente, di quat-tro proteine della coagulazione (i fattori II, VII, IX, X) elimitano il processo di carbossilazione delle proteine C eS (proteine anticoagulanti), con conseguente diminuzio-ne della loro attività308.

Nei pazienti che richiedono una terapia anticoagu-lante a lungo termine, bisogna embricare l’eparina conl’anticoagulante orale. Nella maggior parte dei pazien-ti si raccomanda di iniziare la terapia anticoagulanteorale in prima o seconda giornata del trattamento coneparina. La posologia iniziale dovrebbe essere quellache si prevede per il mantenimento e cioè 5 mg/die peril warfarin, 3 mg/die per l’acenocumarolo e 20 mg/dieper il fluindione. I successivi aggiustamenti posologicivanno fatti sulla base dell’international normalizedratio (INR). Una dose di carico dell’anticoagulante ora-le non serve ad ottenere un INR in ambito terapeutico(2.0-3.0) più rapidamente rispetto alla dose di manteni-mento309. Questo può essere anche pericoloso perchési induce un temporaneo stato ipercoagulabile dovutoall’emivita delle proteine C e S più breve rispetto ai fat-tori della coagulazione (II, VII, IX, X). Perciò, il con-comitante trattamento con eparina va mantenuto per4-5 giorni fintantoché non è stato ottenuto un INR neilimiti terapeutici per almeno 2 giorni consecuti-vi287,310,311.

Il monitoraggio dell’INR viene comunemente ese-guito giornalmente fino al raggiungimento dei valoriterapeutici, quindi 2 o 3 volte alla settimana per le pri-me 2 settimane e poi settimanalmente o meno fre-quentemente a seconda della stabilità del valore diINR308. Nel corso della terapia a lungo termine, la fre-quenza dei controlli può essere ridotta fino a 4 setti-mane.

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Il grado di scoagulazione va regolato sulla base delquadro clinico. I risultati di molti studi indicano cheuna terapia efficace nella VTE si ottiene con un valoredi INR compreso tra 2.0 e 3.0266,267,312. Con INR tra 3.0e 4.5, infatti, l’incidenza di recidive di VTE non è di-minuita mentre le complicanze emorragiche si manife-stano con una frequenza 4 volte maggiore312.

La durata della scoagulazione dipende dal tipo ditromboembolia e dalla presenza di fattori di rischio per-manenti. Il rischio di recidive di VTE è minore nei pa-zienti con fattori di rischio reversibili o temporanei (adesempio una trombosi secondaria ad intervento chirur-gico o trauma), rispetto a coloro che presentano fattoridi rischio permanenti (ad esempio neoplasia) o conVTE idiopatica313,314. In uno studio controllato che haaffrontato il problema della durata, è stato osservatoche un periodo di 12 settimane era migliore rispetto al-le 4 settimane, specialmente nei pazienti “internisti-ci”315. In un altro studio i soggetti con un primo episo-dio di VTE vennero trattati per 6 settimane o 6 mesi316.L’incidenza di recidive durante i 2 anni di follow-up fupiù elevata (18.1%) nel gruppo trattato per 6 settimanerispetto a coloro che ricevettero l’anticoagulante per 6mesi (9.5%). Anche studi recenti dimostrano il benefi-cio di un prolungato periodo di trattamento (6 mesi)con una diminuzione delle recidive, particolarmentenei soggetti con VTE idiopatica317. Nel caso di pazien-ti con VTE ricorrenti, uno studio recente, che ha con-frontato un periodo di trattamento anticoagulante di 6mesi rispetto ad uno superiore a 2 anni, ha evidenziatouna ridotta percentuale di recidive nei soggetti a tratta-mento di durata indefinita, specialmente se l’episodioera di natura idiopatica318. In conclusione, la bassa in-cidenza di VTE ricorrenti nei soggetti con fattori di ri-schio temporanei suggerisce che 3-6 mesi di terapiapossano essere appropriati, mentre un trattamento anti-coagulante orale a lungo termine (6 mesi) dovrebbe es-sere preso in considerazione nei soggetti senza fattoridi rischio dopo il primo episodio. Per contro, è consi-gliabile mantenere una terapia anticoagulante a tempoindefinito nei pazienti con VTE in presenza di malattianeoplastica attiva o con episodi ricorrenti. Per verifica-re queste raccomandazioni e fornire ulteriori informa-zioni in questi casi sono attualmente in corso diversitrial clinici.

La più comune complicanza della terapia anticoa-gulante è l’emorragia, il cui rischio è correlato all’in-tensità della scoagulazione. Vi sono sufficienti elemen-ti a dimostrare che il sanguinamento è più frequentecon INR > 3.0312,319, e analisi multivariate su coorti sug-geriscono che il rischio viene influenzato da malattie dibase e dall’età292. Le complicanze emorragiche tendo-no a manifestarsi precocemente dopo l’istituzione del-la terapia e possono smascherare una patologia comeun tumore renale, una neoplasia, un’ulcera gastrointe-stinale, oppure un aneurisma cerebrale319.

L’effetto dell’anticoagulante orale può essere cor-retto sia sospendendo la terapia sia somministrando vi-

tamina K (1-2 mg) per via orale o parenterale. Se il pa-ziente ha un sanguinamento importante la rapida neu-tralizzazione dell’azione anticoagulante può essere ot-tenuta con l’infusione e.v. di vitamina K e di plasmafresco o di complesso protrombinico concentrato320.

Al di là del rischio emorragico, il più grave effettocollaterale della terapia anticoagulante orale è la necro-si cutanea, che si manifesta nella prima settimana ditrattamento. Questa complicanza è stata messa in rap-porto con la presenza di deficit di proteina C321, di pro-teina S322 o di neoplasie323.

Dal momento che attraversano la placenta e sono re-sponsabili di aborto ed embriopatie durante il primo tri-mestre324, gli anticoagulanti orali dovrebbero essere so-stituiti con l’eparina nei primi 3 mesi di gravidanza, co-me pure nelle ultime 6 settimane a causa del rischio disanguinamento. In altre parole, il trattamento di sceltaa lungo termine nella donna gravida è la terapia conl’UFH o le LMWH per via sottocutanea regolata sullabase del peso325.

Riassunto. I pazienti con EP dovrebbero essere trattaticon UFH per via endovenosa, con una posologia rego-lata sulla base del peso corporeo, mantenendo un’aPTTdi 1.5 e 2.5 volte i valori di controllo (attività anti-Xa0.3-0.6 UI).

Le LMWH possono essere usate nei soggetti con EPsintomatiche non massive.

Il trattamento anticoagulante orale dovrebbe essereiniziato nei primi 3 giorni con una sovrapposizione al-la terapia eparinica di almeno 4-5 giorni. L’eparina puòessere sospesa quando l’INR è entro limiti terapeutici(2.0-3.0) per almeno 2 giorni consecutivi.

I pazienti con un primo episodio di EP dovrebberoessere trattati per almeno 3 mesi se presentano fattori dirischio reversibili o per 6 mesi se l’origine della VTE èidiopatica.

L’anticoagulante orale dovrebbe essere continuatoper un periodo di tempo più lungo, possibilmente inde-finito, nei pazienti con VTE ricorrente o con fattori dirischio irreversibili, come la presenza di neoplasie.

I filtri venosi. L’interruzione della vena cava inferioreper prevenire l’EP è stata correntemente eseguita pervia percutanea a partire dai primi anni ’80326. L’approc-cio percutaneo permette di eseguire l’intervento con fa-cilità, cosicché l’utilizzo di filtri è aumentato notevol-mente nel corso degli anni327. Recentemente è stato rea-lizzato un nuovo filtro temporaneo, che ha lo scopo diprevenire l’EP in pazienti ad alto rischio per un breveperiodo di tempo328,329.

Negli ultimi 15 anni sono stati costruiti molti disposi-tivi, il cui scopo è quello di trattenere l’embolo e mante-nere la pervietà della vena cava inferiore. I quattro più uti-lizzati sono: il Titanium Greenfield330, il LGM/Venatech331, il Simon Nitinol332 e il filtro “Bird’s nest”333.Non ci sono comunque ampi studi comparativi per deter-minare quale di essi sia il più efficace nella prevenzione

186

Ital Heart J Suppl Vol 2 Febbraio 2001

dell’EP. Il Greenfield si è dimostrato sicuro nella posizio-ne soprarenale e la bassa percentuale di occlusioni po-trebbe costituire un valido argomento per utilizzarlo nel-la profilassi dell’EP delle giovani donne334,335. Quando ildiametro della vena cava inferiore è > 30 mm, è indicato,invece, il filtro Bird’s nest. Tutti questi filtri, nondimeno,possono dare complicanze336: la penetrazione nella pare-te della vena cava inferiore e la dislocazione caudale so-no stati notati con i Greenfield e, in un caso, con il filtroLGM/Venatech. Le complicanze nel punto di accesso,come TVP od ematomi, dovrebbero, invece, essere stateridotte dall’uso di introduttori con diametri inferiori e dal-la scelta della giugulare come accesso venoso.

Prevenzione dell’embolia polmonare. Le recidive di EPe la morte non sono frequenti dopo l’interruzione dellavena cava inferiore, ma l’efficacia dei filtri è difficile dadeterminare perché in molti studi il follow-up è incom-pleto, non sistematico e, spesso, non ha previsto esamioggettivi per l’EP. In un gruppo di studi, l’incidenza diEP riportata è del 2.4% (26/1094 pazienti) con i filtriGreenfield e del 2.9% (42/1428) con i modelli più re-centi337,338. Nell’unico studio randomizzato (PREPIC),400 soggetti con TVP (con o senza EP) furono trattatisolo con anticoagulanti (eparina standard controLMWH più anticoagulante orale) o con anticoagulantipiù filtro cavale339. Durante i primi 12 giorni, la per-centuale di EP fu dell’1.1% nel gruppo “filtro cavale”rispetto al 4.8% del gruppo trattato con soli anticoagu-lanti (p = 0.03). Tuttavia, durante i 2 anni successivi difollow-up la differenza divenne non significativa: 3.4%rispetto a 6.3% (p = 0.16). Sebbene non vi siano statedifferenze in termini di mortalità totale nei primi 12giorni (2.5% in ogni gruppo), 4 delle 5 morti del grup-po “senza filtro” furono dovute ad EP, contro nessunadelle 5 riportate nel gruppo trattato con “filtro cavale”.

Occlusione della vena cava inferiore e trombosi veno-se profonde recidivanti. L’occlusione del filtro può es-sere dovuta al suo potenziale trombogenico o alla suaefficacia contro la migrazione del coagulo. In studi divalutazione della pervietà con i filtri Greenfield, un’o-struzione fu osservata in 5 casi su 81 (6.2%), mentrecon i nuovi modelli è stata riportata un’incidenza ditrombosi della vena cava inferiore maggiore, pari a 30casi su 272 (11%)337. Recentemente, un’indagine difollow-up a lungo termine (6 anni), ha dimostrato che il30% dei filtri LGM/Venatech erano occlusi338. NelPREPIC, le recidive di TVP a 2 anni erano significati-vamente più elevate con i filtri (21%) rispetto al tratta-mento convenzionale senza filtro (12%)339 e, dopo unfollow-up di 6 anni, il 59% dei pazienti presentava se-gni clinici di insufficienza venosa.

Trattamento anticoagulante associato ai filtri cavali.La terapia anticoagulante fatta seguire all’impianto delfiltro, se non controindicata, potrebbe essere utile nelprevenire le recidive di TVP, l’occlusione della vena ca-

va inferiore e le TVP in sede di inserzione. A questoproposito non ci sono studi randomizzati, ma in un’a-nalisi di soggetti portatori di filtri Greenfield, senzacontroindicazioni alla terapia anticoagulante, la per-centuale di occlusione fu del 15%340, mentre in due al-tri studi con nuovi filtri associati alla terapia anticoagu-lante l’incidenza di occlusioni fu solo dell’8%341,342. Inconclusione, il trattamento anticoagulante a lungo ter-mine, se non è controindicato, dovrebbe essere racco-mandato mantenendo un INR tra 2.0 e 3.0.

Indicazioni all’interruzione della vena cava inferiore.Le tre indicazioni principali all’utilizzo dei filtri cavalisono: quella di prevenire l’EP nei pazienti con TVP oEP che non possono essere scoagulati, o che hanno pre-sentato un’EP o una VTE ricorrente nonostante un ade-guato trattamento anticoagulante, oppure dopo embo-lectomia polmonare chirurgica. Dal momento che l’in-tervento è relativamente semplice, si è ricorso al filtrocavale per la prevenzione dell’EP anche in altre situa-zioni, ad esempio in presenza di un trombo libero flut-tuante. In una casistica recente, tuttavia, la percentualedi recidive di EP sotto adeguato trattamento anticoagu-lante è stata del 3.3% contro il 3.7% in caso di trombooccludente; tale indicazione pertanto sembra non esse-re più valida65. Sono state consigliate anche altre indi-cazioni profilattiche: in situazioni ad alto rischio primadi un intervento di chirurgia ortopedica in soggetti an-ziani con anamnesi positiva per VTE343 e in pazienticon minima riserva cardiopolmonare e/o ipertensionepolmonare; prima della trombolisi in caso di TVP pros-simali o EP massive328. L’inserimento sistematico di unfiltro cavale è stato suggerito anche in pazienti trauma-tizzati con lesioni al capo o alla colonna344,345. Tuttaviai rischi ed i benefici di queste indicazioni profilattichedebbono ancora essere confrontati con quelli di unaprevenzione con le LMWH. Inoltre, in tali situazionicaratterizzate da un rischio di breve durata (ad esempiodopo frattura del bacino o chirurgia dell’anca) l’uso difiltri cavali temporanei dovrebbe essere particolarmen-te vantaggioso, ma al momento non disponiamo né dimodelli ideali, né di studi adeguati329,346.

Riassunto. I filtri cavali sono indicati per prevenire l’EPin pazienti o con controindicazioni assolute alla terapiaanticoagulante o che hanno avuto una VTE ricorrentenonostante un adeguato trattamento anticoagulante.

I filtri cavali sono probabilmente indicati dopo em-bolectomia chirurgica.

I filtri cavali temporanei richiedono ulteriori studiche ne convalidino l’uso.

Problemi specifici

Diagnosi e trattamento dell’embolia polmonare ingravidanza. L’EP costituisce una causa di morte nonfrequente ma importante347,348 per la donna in gravi-

ESC Task Force sull’Embolia Polmonare

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danza. Ciò pone alcuni problemi specifici a causa delleconsiderazioni circa la sicurezza per il feto delle inda-gini diagnostiche da eseguire sulla madre, in particola-re quando si debbano utilizzare radiazioni ionizzanti.Esiste poi una certa confusione per quanto riguarda glieffetti delle terapie sullo stato di salute del feto. Non di-sponiamo di dati recenti sull’incidenza della TVP e del-l’EP durante la gravidanza. Nei tradizionali studi veno-grafici, l’incidenza della TVP era approssimativamentedello 0.5 per 1000349,350; il rischio di TVP aumentava dicirca 4 volte nel periodo post-partum e di 20 volte do-po un parto cesareo. L’incidenza di EP varia, invece, tral’1 per 1000 e l’1 per 3000 parti351,352 e l’EP rappresen-ta la causa principale di morte materna durante la gra-vidanza nei paesi sviluppati347,348. L’aumentato rischiodi VTE durante la gravidanza è dovuto ad un comples-so di modificazioni ormonali, meccaniche ed emato-chimiche. In gravidanza è stata documentata una ridu-zione del flusso sanguigno venoso femorale353,354, se-condaria alla compressione meccanica delle vene ilia-che da parte dell’utero aumentato di dimensione, cui siassocia un diminuito tono venoso in risposta alle modi-ficazioni ormonali. L’effetto appare più marcato nellevene dell’arto sinistro dove è più frequente la compar-sa di TVP355. Inoltre, i fattori della coagulazione II, VIIe X aumentano nel terzo trimestre, mentre calano sia itassi della proteina S, un inibitore della coagulazione,sia l’attività fibrinolitica plasmatica38. In definitiva, lagravidanza è caratterizzata da uno stato ipercoagulativoe l’emostasi ritorna alla normalità 2 settimane dopo ilparto.

Le caratteristiche cliniche dell’EP non differiscononella donna gravida rispetto alla non gravida e una re-cente rassegna riporta che il 90% di donne gravide conEP presenta dispnea e tachipnea356. L’assenza di questisintomi, dunque, esclude un’EP nella maggior parte deicasi. Le donne gravide, tuttavia, riferiscono spesso“mancanza di fiato” e tale sintomo dovrebbe essere in-terpretato con cautela, specialmente quando isolato enon è né importante né improvviso. I test diagnostici dibase (Rx del torace, emogasanalisi ed elettrocardio-gramma) presentano le medesime limitazioni che nelledonne non gravide. La PaO2 è normale in gravidanza.Tuttavia il sangue arterioso dovrebbe essere prelevatoin posizione eretta, perché la PaO2 può essere fino a 2kPa più bassa nella posizione supina durante il terzotrimestre357.

La quantità di radiazioni assorbite dal feto per i di-versi esami diagnostici è riassunta nella tabellaIX358,359. Una singola radiografia del torace maternocorrisponde a meno di 10 �Gy, una quantità trascura-bile rispetto ai 50 000 �Gy, che rappresentano il limi-te superiore considerato pericoloso per il feto358. Le ra-diazioni assorbite in caso di una scintigrafia polmona-re variano tra 10 e 350 �Gy e la dose iniettata, in casodi gravidanza, può essere ulteriormente ridotta38. Lepuerpere non dovrebbero allattare al seno per 15 oredopo l’esecuzione della scintigrafia, perché una quan-

tità non trascurabile di 99m-Tc viene secreta nel lattematerno356. La scintigrafia ventilatoria probabilmenteaggiunge poco in termini di precisione diagnostica incaso di giovani donne sane; comunque, anche se venis-se utilizzata, determinerebbe un aumento dell’irradia-zione di solo 40-190 �Gy358. Le radiazioni assorbite incaso di angiografia polmonare sono significativamentemaggiori (2210-3740 �Gy), sebbene ancora molto aldi sotto dei 50 000 �Gy e con la possibilità di un’ulte-riore riduzione con la via di accesso brachiale. Anchela TC spirale eroga una dose non trascurabile di radia-zioni, che sono però tutte dirette al torace. Osservazio-ni recenti dimostrano che, a seconda dell’età fetale, ladose cui il feto è esposto varia tra 13 �Gy (12 settima-ne) e 300 �Gy (a termine); da questo punto di vista laTC spirale è quindi considerata sicura359. Nonostante ilfatto che tutti questi valori siano inferiori alla sogliadella pericolosità, è comunque preferibile utilizzaremeno radiazioni possibile e ricorrere ad altri metodidiagnostici.

Come nelle donne non gravide, il dosaggio del D-dimero dovrebbe essere il primo esame in caso di so-spetta EP, anche se la concentrazione plasmatica au-menta fisiologicamente durante la gravidanza360. Neconsegue che la percentuale di pazienti gravide in cuiil riscontro di normali valori di D-dimero può esclu-dere l’EP è più bassa che nei pazienti che giungonoabitualmente al Pronto Soccorso. Nei pazienti con va-lori alterati di D-dimero, dovrebbe essere eseguitaun’indagine del distretto venoso degli arti inferiorimediante US con compressione. Gli stessi criteri dia-gnostici si applicano alle donne gravide e il riscontrodi una TVP è sufficiente per istituire una terapia anti-coagulante. La scintigrafia polmonare dovrebbe esse-re eseguita solo nei casi con valori elevati di D-dime-ro e normale US o qualora questi esami non siano di-

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Ital Heart J Suppl Vol 2 Febbraio 2001

Tabella IX. Stima delle radiazioni assorbite dal feto nelle inda-gini diagnostiche per l’embolia polmonare358,359.

Esame Radiazioni stimate(�Gy)

Rx-torace < 10

Scintigrafia polmonare perfusoria conmacroaggregati di albumina marcatacon tecnezio-99m (1-2 mCi) 60-120

Scintigrafia polmonare ventilatoriaCon tecnezio-99m sulfur colloid 10-50Con tecnezio-99m pentetate 70-350Con xenon-133 40-190

Angiografia polmonare per via femorale 2210-3740

Angiografia polmonare per via brachiale < 500

TC spirale (aumenta con l’età gestazionale) 13-300

TC = tomografia computerizzata.

sponibili. I soggetti con scintigrafie polmonari nonprobative e bassa probabilità clinica di EP possono es-sere dimessi senza terapia anticoagulante. Infine, mol-ti esperti concordano sul fatto che i disagi di un pro-lungato trattamento anticoagulante in gravidanza,quando la diagnosi di EP non è certa, sono maggioridi quelli derivanti dall’angiografia.

Il trattamento dell’EP in gravidanza si basa princi-palmente sull’eparina (sia UFH che LMWH) dal mo-mento che essa non attraversa la barriera placentare enon viene rinvenuta in quantità significative nel lattematerno361. L’UFH costituisce ancora il trattamentostandard perché vi sono scarse informazioni sull’usodelle LMWH nel trattamento della VTE in gravidan-za. Dopo una fase iniziale di terapia e.v. per 5-10 gior-ni, alla dose necessaria per mantenere un’aPTT tra 1.5e 2.5 volte il valore di controllo, l’UFH può esseresomministrata 2 volte al giorno s.c., mantenendol’aPTT entro i medesimi valori. Il sangue dovrebbeessere prelevato 6 ore dopo l’iniezione s.c. e la terapiaeparinica dovrebbe essere mantenuta per l’intero pe-riodo di gravidanza. Dopo il parto il warfarin può so-stituire l’eparina. Il trattamento anticoagulante do-vrebbe essere somministrato fino alla sesta settimanapost-partum o fino a 3 mesi dopo un’EP acuta, se si èal di là di 6 settimane. La terapia può essere fatta conanticoagulanti orali anche nelle madri che allattano alseno. I vantaggi delle LMWH nel trattamento dellaVTE in gravidanza sono ovvi: non è richiesto monito-raggio, vi è un minor rischio di osteoporosi e diHIT362. Tuttavia, le esperienze pubblicate sono ancoralimitate325,363. Il dosaggio delle LMWH dovrebbe es-sere 200 UI/kg in monosomministrazione giornalierao 100 UI/kg 2 volte al dì.

Gli antagonisti della vitamina K attraversano laplacenta e il warfarin può dare nel primo trimestre unacaratteristica embriopatia364,365. La sua somministra-zione nel terzo trimestre, inoltre, può dar luogo ademorragie fetali e neonatali e alla rottura della pla-centa366. Sebbene la somministrazione di warfarin inogni trimestre della gravidanza possa causare ancheanomalie del sistema nervoso centrale, questo rischioè molto basso. Ne deriva che alle donne gravide chemanifestino un’EP nel primo trimestre, alcuni espertiraccomandano di usare con cautela il warfarin duran-te il secondo trimestre (analogamente a quanto si faspesso nelle donne gravide con protesi valvolari car-diache meccaniche)38, a condizione che vi sia un con-senso informato.

Per la gestione del travaglio e del parto, sono statiproposti numerosi schemi, nessuno dei quali è statoconfrontato in studi clinici. La somministrazione dieparina s.c. dovrebbe essere interrotta alla comparsadelle prime contrazioni38. Alcuni sostengono anche cheil travaglio dovrebbe essere programmato in maniera dasospendere l’eparina 24 ore prima367. Si discute se deb-bano essere somministrate piccole dosi di UFH per viaendovenosa (5000 UI ogni 12 ore)368. Infine, un tratta-

mento endovenoso con eparina durante il peri-partumdovrebbe essere somministrato alle donne che hannoavuto un’EP nei 3 mesi precedenti, sospendendo l’infu-sione 4-6 ore prima del momento previsto per il par-to369. Controverso è anche il ricorso all’anestesia epi-durale nelle pazienti che hanno ricevuto l’ultima dosedi eparina (UFH o LMWH) nelle 12-24 ore precedenti,anche se il rischio di un ematoma epidurale è probabil-mente molto basso.

Sono state pubblicate segnalazioni relative a 36donne gravide, un terzo delle quali con EP massiva,trattate con agenti trombolitici370. Il farmaco più fre-quentemente utilizzato è stata la streptochinasi; que-sto farmaco (e probabilmente anche gli altri tromboli-tici) non attraversa la barriera placentare. Nella ma-dre, comunque, il sanguinamento, specialmente deltratto genitale e spesso importante, è stato il principa-le effetto collaterale e l’incidenza totale di emorragiaè stata di circa l’8%. Questo rischio non sembra irra-gionevole se confrontato con quello di un’EP massivatrattata solo con eparina. Al momento del parto, iltrombolitico non dovrebbe essere utilizzato a menoche non vi sia un evidente pericolo di vita e non siapossibile ricorrere subito all’embolectomia chirurgi-ca. Le indicazioni per l’impianto di filtri cavali in gra-vidanza sono simili a quelle che valgono per le donnenon gravide.

Riassunto. In gravidanza si impone una diagnosi accu-rata di EP, dal momento che questa richiede un tratta-mento prolungato con eparina.

Tutti i presidi diagnostici, comprese la TC e l’an-giografia, possono essere usati senza un significativo ri-schio per il feto.

Le indicazioni alla terapia anticoagulante sono lestesse delle donne non gravide.

I cumarinici sono formalmente controindicati du-rante il primo trimestre e le ultime 6 settimane di gravi-danza.

La terapia a lungo termine con UFH dovrebbe esse-re attuata per via sottocutanea.

Le LMWH sono ragionevolmente sicure in gravi-danza.

Appendice 1

ESC Task Force on Pulmonary EmbolismCore Writing Group:- Edwin J.R. van Beek, MD, PhD, FRCR, Section of Academ-

ic Radiology, Royal Hallamshire Hospital, Sheffield, UK(Editor)

- Bernard Charbonnier, MD, FESC, Department of Cardiolo-gy, University Hospital Trousseau, Tours, Francia

- Guy Meyer, MD, Respiratory and Intensive Care, HôpitalLaennec, Paris, Francia

- Mario Morpurgo, MD, FESC, Ospedale San Carlo Bor-romeo, Milano

- Antonio Palla, MD, Dipartimento Cardio Toracico, Univer-sità degli Studi, Pisa

ESC Task Force sull’Embolia Polmonare

189

- Arnaud Perrier, MD, PhD, Medical Clinics 1 and 2, Depart-ment of Internal Medicine, Geneva, University Hospital,Geneva, Svizzera

- Adam Torbicki, MD, FESC, Department of Chest Medicine,Institute of Tuberculosis and Lung Diseases, Warszawa,Polonia (Chair)

Members:- Nazzareno Galiè, MD, FESC, Istituto di Cardiologia, Uni-

versità degli Studi, Bologna- Gunter Görge, MD, FESC, Department of Cardiology, Lung

Disease, Angiology, and Intensive Care Khnikum Saarbruck-en, University of Saarland, Saarbrucken, Germania

- Christian J. Herold, MD, Department of Diagnostic Radiolo-gy, I University of Vienna General Hospital, Vienna, Austria(representative European Association of Radiology)

- Steen E. Husted, MD, DMSc, Department of Cardiology andMedicine A, Aarhus Amtssygehus University Hospital ofAarhus, Aarhus C, Danimarca

- Vastimil Jezek, MD, FESC, Repubblica Ceca (passed away1997)

- Meinhardt Kneussl, MD, FESC, Department of Pneumolo-gy I, University of Vienna General Hospital, Vienna, Aus-tria

- Wolfgang Kasper, MD, Medizinische Klinik 1, Kardiologie,Angiologie and Pneumologie, St. Josefs-Hospital, Wies-baden, Germania

- Alyn H. Morice, Academic Department of Medicine, CastleHill Hospital Cottingham, Hull, UK (representative EuropeanRespiratory Society)

- Dominique Musset, MD, Department of Radiology, HôpitalAntoine-Béclère, Paris XI University, Clamart, Francia (rep-resentative European Association of Radiology)

- Michel M. Samama, Laboratoire d’Hematologie, Hôtel Dieu,Paris, Francia

- Gerard Simonneau, MD, Service de Pneumologie, HôpitalAntoine-Béclère, Paris XI University, Clamart, Francia

- Herve Sors, Service de Pneumologie-Reanimation, HôpitalLaennec, Paris, Francia

- Michael de Swiet, Oueen Charlottes Hospital for Women,London, UK

- Marko Turina, MD, FESC, Herz- and Gefasschirurgie, Uni-versitatsspital Zurich, Svizzera

Internal Reviewers:- Gerhard Kronik, MD, FESC, Department of Internal Medi-

cine, Krankenhaus Krems, Krems, Austria- Jiri Widimsky, MD, FESC, Department of Cardiology, Khni-

ka Kardiologie IKEM, Praha, Repubblica Ceca

Appendice 2

ESC Board and SCI Committee Reviewers- Lars Ryden, MD, FESC, Department of Cardiology, Karolin-

skcz Hospital, Stockholm, Svezia- Maarten Simoons, MD, FESC, Thoraxcenter, University

Hospital Rotterdam, Olanda- Ali Oto, MD, FESC, Medical Office, Cankava, Ankara,

Turchia- Jean-Pierre Bassand, MD, FESC, Service de Cardiologie,

Pole Coeur-Poumons, C.H.U. Jean Minjoz, Besançon, Fran-cia

- Raimund Erbel, MD, FESC, Abteilung fur Kardiologie, Uni-versitat GSH Essen, Germania

- Barbara Mulder, Academic Medical Centre, Amsterdam,Olanda

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