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Linee guida ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI In condivisione con SIPO Società Italiana di Psico Oncologia Edizione 2014

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Linee guida

ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

In condivisione con SIPO Società Italiana di Psico – Oncologia

Edizione 2014

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

2

Coordinatore: Rodolfo Passalacqua, oncologo

Istituto Ospitalieri di Cremona

Segretario Scientifico: Caterina Caminiti,

biostatistico, Azienda Ospedaliero-Universitaria di

Parma

Estensori: Referee AIOM Lorenzo Moja

Luigi Grassi, psichiatra clinico, coordinatore per la

Società Italiana di Psiconcologia (SIPO), Università

di Ferrara

Maria Antonietta Annunziata, psicologo clinico,

CRO Aviano

Anna Costantini, psicologo clinico, presidente SIPO

Azienda Ospedaliera Sant’Andrea, Università La

Sapienza, Roma

Paola Di Giulio, infermiera, Università degli Studi di

Torino, IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche

Mario Negri, Milano

Luciano Isa, oncologo, Milano

Gabriella Angeloni, infermiera, IFO Regina Elena

Ist. S. Gallicano di Roma

Paola Mosconi, capo Laboratorio di ricerca per il

coinvolgimento dei cittadini - IRCCS Istituto di

Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Milano

Marina Negri, volontaria Attivecomeprima, Milano

Adele Patrini, presidente Associazione C.A.O.S.

Varese, segretario FAVO Comitato Regionale

Lombardia

Antonella Surbone, oncologo, Università di New

York e di Torino

Riccardo Torta, psicologo clinico, Città della Salute

e della Scienza, Università di Torino

Claudio Verusio, oncologo, Azienda Ospedaliera

Busto Arsizio, PO SaronnoSaronno

Si ringrazia Francesca Diodati per il supporto alla

segreteria scientifica e ricerca bibliografica

Paolo Marchetti

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Indice

Introduzione ......................................................................................................................................... 6 1. Fornire informazioni ai pazienti, familiari/caregiver ................................................................. 10 2. Comunicare con il malato e i familiari ....................................................................................... 12

3. Rilevare e rispondere al disagio psicologico .............................................................................. 15 4. Rilevare e rispondere ai bisogni (psico) sociali ......................................................................... 18

5. Eliminare le emergenti disparità nell’accesso alle cure ............................................................. 20 6. Cure di fine vita (interventi sul lutto, “care” dei familiari) ........................................................ 23 7. Cure di supporto per sopravvissuti al cancro ............................................................................. 25 8. Integrare l'assistenza psicosociale nei servizi oncologici .......................................................... 27 9. Termini e definizioni .................................................................................................................. 30

10. Figure ......................................................................................................................................... 31 11. Bibliografia ................................................................................................................................ 54

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Come leggere le raccomandazioni *

Le raccomandazioni vengono presentate in tabelle.

La riga d’intestazione è verde se sono state prodotte con metodologia SIGN** oppure arancione se sono

state prodotte con il metodo GRADE*** (se presenti).

Qualità

dell’evidenza SIGN

(1)

Raccomandazione clinica (2)

Forza della

raccomandazione

clinica (3)

B

Nel paziente oncologico in fase avanzata di malattia, con

dolore di diversa etiologia, la somministrazione di

FANS e paracetamolo dovrebbe essere effettuata per

periodi limitati e con attenzione ai possibili effetti

collaterali.

Positiva debole

(1) Qualità dell’evidenza SIGN: PRECEDE LA RACCOMANDAZIONE

Nell’approccio SIGN, la qualità dell’evidenza viene indicata con lettere (A;B;C;D). che sintetizzano i livelli

di evidenza dei singoli studi****. Ogni lettera indica la “fiducia” nell’intero corpo delle evidenze valutate

che sostengono la raccomandazione; NON riflettono sempre l’importanza clinica della raccomandazione e

NON sono sinonimo della forza della raccomandazione clinica

Qualità dell’evidenza SIGN

A

Almeno una meta-analisi o revisione sistematica o RCT valutato 1++ e direttamente

applicabile alla popolazione target oppure.

Il corpo delle evidenze disponibili consiste principalmente in studi valutati 1+ direttamente

applicabili alla popolazione target e con risultati coerenti per direzione e dimensione

dell’effetto

B

Il corpo delle evidenze include studi valutati 2++ con risultati applicabili direttamente alla

popolazione target e con risultati coerenti per direzione e dimensione dell’effetto.

Evidenze estrapolate da studi valutati 1++ o 1+

C

Il corpo delle evidenze include studi valutati 2+ con risultati applicabili direttamente alla

popolazione target e con risultati coerenti per direzione e dimensione dell’effetto.

Evidenze estrapolate da studi valutati 2++

D

Evidenze di livello 3 o 4

Evidenze estrapolate da studi valutati 2+

(2) LA RACCOMANDAZIONE CLINICA

Quando possibile, riprende il PICO del quesito (popolazione, intervento, confronto, outcome); in alcuni casi

può contenere delle specifiche per i sottogruppi indicate con il simbolo √. La raccomandazione clinica

deve esprimere l’importanza clinica di un intervento/procedura.

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(3) LA FORZA DELLA RACCOMANDAZIONE

Viene graduata , in base all’importanza clinica, su 4 livelli:

Forza della

raccomandazione

clinica

Terminologia Significato

Positiva Forte

Tutti i pazienti devono

ricevere l’intervento/procedura

in oggetto.

Alla maggioranza dei pz. con le caratteristiche

definite nella raccomandazione deve essere offerto

l’intervento a meno che vi siano controindicazioni

specifiche.

Positiva Debole

I pazienti dovrebbero ricevere

l’intervento/procedura in

oggetto.

Trend positivo del risultato ma con possibilità di

incertezza nel bilancio tra beneficio e danno.

Implica una discussione approfondita con il pz. In

modo che egli possa scegliere se sottoporsi o meno

all’intervento/procedura tenendo conto dei propri

valori/preferenze.

Negativa Debole

I pazienti non dovrebbero

ricevere l’intervento/procedura

in oggetto.

Trend negativo del risultato ma con possibilità di

incertezza nel bilancio tra beneficio e danno.

Negativa Forte

Tutti i pazienti non devono

ricevere l’intervento/procedura

in oggetto.

Alla maggioranza dei pz con le caratteristiche

definite nella raccomandazione NON deve essere

offerto l’intervento.

Note: * La descrizione complete delle metodologie applicate alle LG AIOM è reperibile sul sito www.aiom.it

** SIGN= Scottish Intercollagiate Guidelines Network

*** GRADE= Grading of Recommendations Assessment, Development and Evaluation

****LIVELLI DI EVIDENZA dei singoli studi/opinioni:

La qualità delle evidenze tiene conto sia del disegno di studio sia di come lo studio è stato condotto: viene riportata nel

testo a lato della descrizione degli studi ritenuti rilevanti a sostegno o contro uno specifico intervento. Sono presenti

solo per le evidenze che sostengono la raccomandazione clinica, contribuiscono a generare il grado di

raccomandazione SIGN

1 Revisioni sistematiche e meta analisi di RCT o singoli RCT

1 ++ Rischio di bias molto basso.

1 + Rischio di bias basso.

1 - Rischio di Bias elevato -> i risultati dello studio non sono affidabili.

2 Revisioni sistematiche e meta-analisi di studi caso/controllo o di coorte o singoli studi

caso/controllo o di coorte.

2 ++ Rischio di bias molto basso, probabilità molto bassa di fattori confondenti, elevata probabilità

di relazione causale tra intervento e effetto.

2 + Rischio di bias basso, bassa probabilità presenza fattori di confondimento, moderata probabilità

di relazione causale tra intervento e effetto.

2 - Rischio di Bias elevato -> i risultati dello studio non sono affidabili, esiste un elevato rischio che

la relazione intervento/effetto non sia causale.

3 Disegni di studio non analitici come report di casi e serie di casi.

4 Expert opinion.

Le informazioni complete relative al processo GRADE sono riportate nel capitolo successivo a quello delle

FIGURE.

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Introduzione

La diagnosi di tumore e le sue conseguenze possono avere un forte impatto negativo sulla vita dei malati e

delle loro famiglie, ben oltre la vasta gamma di sintomi fisici sui quali generalmente si concentra l’attenzione

di chi ha in cura i pazienti. Oltre al disagio, alla paura e allo sgomento che segue la diagnosi, il 30% circa è

affetto da ansia clinicamente significativa e la prevalenza di depressione varia da 20% a 35%. La presenza di

questi disturbi può limitare notevolmente l’individuo nelle sue attività, costituendo quindi anche un problema

di natura sociale ed economico. Inoltre, essi ostacolano la capacità di affrontare la malattia, e possono ridurre

la compliance terapeutica [1].

Nonostante la rilevanza di questi aspetti, e le evidenze ormai da anni presenti in letteratura, i bisogni

psicosociali spesso non vengono rilevati, e quindi non trattati in modo opportuno. Molti pazienti, ad esempio,

affermano di non essere sufficientemente informati circa la loro patologia per poter partecipare attivamente

al processo decisionale [2]. Anche ove i servizi di supporto sono presenti, spesso i malati ne ignorano la

disponibilità. Queste carenze sono particolarmente gravi per cittadini più vulnerabili (economicamente

svantaggiati, con bassa scolarità, appartenenti a minoranze culturali, ecc.) [3].

E’ quindi più che mai necessario mettere a disposizione dei professionisti indicazioni basate su prove di

efficacia, che li guidino alla comprensione dell’impatto emotivo della patologia sui loro pazienti e

all’applicazione di strategie volte a ridurlo.

In considerazione della rilevanza del tema, l’AIOM, in collaborazione con la Società Italiana di

Psiconcologia (SIPO), ha quindi deciso di realizzare le prime linee guida italiane per il miglioramento dello

stato psicosociale dei pazienti con tumore, progettate per fornire ai professionisti dell’area oncologica le

informazioni più recenti sulle implicazioni psicologiche e psicopatologiche delle persone ammalate di

tumore e dei loro familiari, e sulle modalità di gestione di tali implicazioni.

L'emergere di un nuovo interesse verso questo campo riflette la crescente consapevolezza della popolazione

e dei professionisti riguardo al potenziale danno che la mancata attenzione alle cure psicosociali ha nei

riguardi della terapia complessiva del tumore e sulla qualità di vita dei malati. Obiettivo principale delle cure

psicosociali è quello di riconoscere e trattare gli effetti che la diagnosi e il trattamento dei tumori hanno sullo

stato mentale ed il benessere emotivo dei pazienti, i loro familiari e caregiver. Oltre a migliorare il benessere

emotivo e la salute mentale, le cure psicosociali hanno dimostrato di produrre una migliore gestione dei

sintomi correlati alla malattia e gli effetti avversi del trattamento, come il dolore e la fatigue [4-7].

Questo documento è stato prodotto da un panel multidisciplinare, comprendente oncologi, psichiatri,

psicologi, metodologi, infermieri e rappresentanti di associazioni di pazienti. Questa ultima figura,

difficilmente inclusa nei panel, ha permesso di focalizzare l’attenzione sui reali problemi dei pazienti e ha

fornito un importante contributo nella definizione delle priorità di intervento.

Le presenti raccomandazioni riguardano l’assistenza psicosociale per persone adulte affette da tumore.

I componenti del panel riconoscono che sarebbe opportuno affrontare separatamente le problematiche

specifiche di diverse sottopopolazioni di pazienti oncologici (per tipo di tumore, stadio, prima diagnosi o

malattia recidivante, età, ecc.). Tuttavia, essendo questo ambito molto vasto, si è preferito iniziare con

raccomandazioni generali, applicabili a diverse tipologie di soggetti, con l’impegno però di affrontare questi

importanti aspetti nelle versioni successive. Un altro ambito sul quale si intende fornire successivamente

raccomandazioni è quello concernente gli aspetti strutturali dei luoghi di cura (illuminazione, rumore,

privacy, arte, natura, ecc.) che possono influire positivamente non solo sugli outcome dei pazienti ma anche

su quelli dell’equipe curante [8]. Questo ultimo aspetto è di grande rilevanza, poiché i professionisti coinvolti

nell’assistenza di soggetti con gravi patologie invalidanti e spesso fatali, come la malattia tumorale, devono

portare un pesante carico emotivo che è frequentemente causa di stress. Gli interventi suggeriti dalla

letteratura per far fronte a tale problema saranno inclusi nella prossima versione delle linee guida.

Molti degli interventi raccomandati non richiedono l’attivazione di nuovi servizi o la creazione di nuove

infrastrutture, con la necessità di risorse aggiuntive. Esse costituiscono pertanto un’importante base dalla

quale partire per migliorare gli outcome clinici, essendo prevalentemente raccomandate modifiche dei

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comportamenti. Sarebbe importante che i pazienti e i loro familiari venissero informati dell’esistenza di

standard di cure psicosociali e della loro applicazione nella struttura nella quale vengono curati.

Le raccomandazioni riportate in queste linee guida sono basate su prove di efficacia e consenso tra i membri

del panel, che hanno contribuito alla ricerca psicosociale in Italia e negli USA. Molti tra loro hanno

coordinato la realizzazione del progetto HuCare (Humanization in Cancer Care) [9] finanziato dal Ministero

della Salute e dalla Regione Lombardia, volto all’implementazione di interventi psicosociali di dimostrata

efficacia.

Ai fini della comprensione e utilizzazione di queste raccomandazioni, è necessario esplicitare alcune

riflessioni sui limiti di un approccio simile a quello che viene usato per valutare l’efficacia di trattamenti

farmacologici nell’area delle ricerche psicosociali. Se le decisioni assistenziali devono essere basate il più

possibile sulle prove di efficacia, nell’ambito psicosociale non sempre queste possono derivare da metanalisi

o analisi di sperimentazioni cliniche randomizzate. In alcuni casi, infatti, non si possono produrre prove

considerate accettabili secondo i criteri e gli indicatori utilizzati per le sperimentazioni sui farmaci, molti

degli esiti, quali l’efficacia di interventi educativi, il benessere del paziente, la fiducia, la percezione di

sostegno, per la loro natura e complessità devono essere misurati sia quantitativamente che qualitativamente.

Anche l’approccio basato su singole domande, poste su Popolazioni omogenee, Intervento e valutazione di

un singolo esito (Outcome) (PICO) rischia di eliminare artificialmente la complessità, le incertezze e

l’ambiguità della pratica, in particolare in contesti nei quali gli interventi sono modalità diverse di presa in

carico e non farmaci.

Per alcuni interventi, la mancanza di evidenze ottenute dai trial clinici randomizzati, dunque, non

corrisponde a mancanza di efficacia né deve far dimenticare che ci si trova in un’area che ha a che fare con i

diritti umani che hanno valore assoluto e universale. Nella visione attuale dell’oncologia globale e

personalizzata, centrata sul paziente e la famiglia, in una prospettiva biopsicosociale, è obbligo fornire al

paziente tutto ciò di cui ha diritto: il diritto ad una corretta informazione, ad essere curato e seguito da

personale sanitario che sappia comunicare, ad una buona accoglienza e presa in carico, all’attenzione verso i

suoi bisogni psichici e sociali. Sono diritti che vanno comunque garantiti, anche quando non possono essere

prodotte serie prove di efficacia con le metodologie standard dell’EBM (evidence-based medicine). In tal

senso si muove l’articolo di Concato, pubblicato su JAMA 2012, che invita ad un’alternativa, chiamata

medicine-based evidence, che sia al tempo stesso rigorosa e centrata sul paziente, basata sulla revisione

sistematica di tutti gli studi che riguardi non solo i risultati dei trattamenti, ma anche i pazienti [10]

Infine, molti degli studi disponibili nell’area psicosociale rientrano nella ricerca qualitativa, anziché

quantitativa, la cui metodologia è stata ampiamente validata. Tali studi sono per lo più di piccole dimensioni

e spesso sono stati condotti in ambiti culturali diversi dal nostro. Pertanto i risultati e le raccomandazioni che

ne derivano non sempre sono trasferibili al contesto sociosanitario italiano e debbono pertanto essere adattate

e validate.

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Raccomandazioni Chiave

1. Informazione

B Tutti i pazienti devono poter usufruire di un Punto di

Informazione e Supporto (PIS) all’interno del

reparto.

Positiva debole

B Ogni paziente dovrebbe essere affidato ad un

infermiere di riferimento fin dal primo ciclo di

terapia.

Positiva debole

2. Comunicazione

A Una lista di possibili domande deve essere consegnata

ai pazienti durante le prime visite e il suo utilizzo

incoraggiato dall’oncologo.

Positiva forte

A

Tutti gli oncologi devono frequentare un corso

strutturato secondo le evidenze scientifiche

disponibili, per migliorare le competenze

comunicative.

Positiva forte

3. Disagio psicologico

B

Tutti i pazienti devono essere sottoposti a screening

per il distress psicologico alla visita iniziale, a

intervalli appropriati e quando si modificano le

condizioni cliniche.

Positiva forte

B Il distress deve essere riconosciuto, monitorato,

documentato e trattato adeguatamente in tutti gli stadi

della malattia.

Positiva forte

B Per uno stato di distress al di sopra del valore soglia

deve essere attivata una consulenza psiconcologica. Positiva forte

4. Bisogni sociali

D

Tutti i pazienti dovrebbero essere sottoposti a

screening per i bisogni sociali alla visita iniziale, a

intervalli appropriati e quando si modificano le

condizioni cliniche.

Positiva debole

5. Disparita’ accesso cure

D

La storia culturale del paziente dovrebbe essere

ricostruita dal medico al primo accesso e l’equipe

sanitaria dovrebbe adattare la comunicazione verbale

e non verbale alle differenti sensibilità culturali.

Positiva debole

D

Nei casi in cui è necessario, si raccomanda di non

limitarsi a chiedere la presenza di un interprete ma di

attivare la consulenza di un mediatore culturale in

campo medico

Positiva forte

6. Cure di fine vita

A Si raccomanda di attuare interventi psicoeducazionali

sulla famiglia nella fase antecedente la morte del

paziente.

Positiva forte

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9

B Nel caso di lutto complicato, si devono garantire

interventi di psicoterapia supportiva sulla famiglia

Positiva forte

7. Cure sopravvissuti

B

Ai lungo sopravviventi dovrebbe essere garantita la

presa in carico, multidisciplinare e integrata, per il

monitoraggio, la gestione di eventuali complicanze ed

effetti delle terapie/trattamenti, e in particolare la

promozione di stili di vita sani.

Positiva forte

8. Integrare l’assistenza psicosociale

A Un approccio di "collaborative care" deve essere

offerto a tutti i pazienti, in quanto porta benefici sul

versante emozionale e migliora l'outcome delle terapie.

Positiva forte

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10

1. Fornire informazioni ai pazienti, familiari/caregiver

1.1 Dati Epidemiologici

Fornire informazioni ai pazienti e ai loro familiari/caregiver, in tutte le fasi della malattia, è uno dei più

importanti elementi della terapia di supporto in oncologia. Nonostante ciò, la letteratura dimostra che, pur

essendo forte il bisogno informativo tra i malati oncologici, esso rimane frequentemente inesaudito [11 ]. In

una revisione sistematica di 57 studi che indagavano i bisogni non soddisfatti di soggetti affetti da diversi tipi

di tumore, in tutti gli stadi, il desiderio di ricevere informazioni è tra i più prevalenti, in alcuni lavori

particolarmente frequente (fino al 93%) [12 ]. Questa esigenza si registra anche in Italia, dove spesso invece

si ritiene erroneamente che i pazienti preferiscano non sapere (cultura della “non disclosure”) [2, 13].

1.2 Problema Assistenziale

I benefici di una corretta informazione sono dimostrati da una recente revisione sistematica di 25 studi,

giudicati di buona qualità, di cui 15 osservazionali, e comprendente 2 studi italiani, dove emerge una

relazione generalmente positiva tra la soddisfazione del bisogno informativo dei pazienti e la loro qualità di

vita [11]. Gli autori sottolineano che nonostante l’informazione ai pazienti oncologici sia ancora una

questione controversa nei Paesi del sud ed est Europa, dove la diagnosi e prognosi di tumore risultano

maggiormente associate ad ansia, depressione, e a una peggiore qualità di vita, non si sono rilevate differenze

tra aree geografiche nell’associazione tra l’erogazione di informazioni e questi esiti. Ciò suggerisce che i

risultati ottenuti siano trasferibili anche in Italia. Occorre tuttavia interpretare le conclusioni con cautela, in

considerazione dell’elevata eterogeneità delle misure e degli strumenti utilizzati per valutare le informazioni

offerte ai pazienti e la qualità di vita. Similmente, una informazione scorretta o ambigua può avere effetti

negativi sui pazienti [14] e può perfino portarli ad assumere comportamenti svantaggiosi per la loro salute

[15, 16].

Fornire informazioni ed educare i pazienti e i loro familiari non è un compito semplice, soprattutto in

presenza di patologie devastanti come il tumore. In molti reparti che trattano patologie oncologiche vi è

carenza di strumenti, materiali e risorse dedicati al processo informativo-educativo dei malati e delle loro

famiglie. Gli stessi professionisti generalmente non ricevono una formazione di base adeguata ad affrontare

il pesante carico emotivo e le diverse esigenze informative dei pazienti [17, 18].

1.3 Interventi Raccomandati

L’équipe che ha in cura il paziente deve saper fornire informazioni congrue alle necessità del singolo

soggetto, alla sua cultura di riferimento ed alle credenze, adattandole alle specifiche esigenze che malato e

familiari/caregiver manifestano, assicurandosi che siano state comprese ed accettate. È essenziale tener

presente che esistono pazienti che non vogliono essere informati, preferendo non partecipare attivamente al

processo decisionale; tuttavia, il desiderio di ricevere informazioni del singolo paziente può variare nel

tempo [19].

Per decifrare i bisogni informativi del malato durante il colloquio e rispondervi adeguatamente occorrono

competenze specifiche, che possono essere acquisite o rafforzate grazie a programmi formativi ad hoc per il

personale medico e infermieristico, volti a migliorare la relazione col paziente e la gestione della risposta

informativa [20-22]. In particolare, una Cochrane review del 2013 [20], comprendente 15 RCT, volta a

valutare l’effectiveness della formazione in termini di modifica dei comportamenti dei professionisti e del

miglioramento dello stato di salute e della soddisfazione dei pazienti, rileva per il personale formato una

maggiore probabilità di utilizzare domande aperte (cinque studi, 679 colloqui; P = 0.04, I² = 65%) e di

mostrare empatia (sei studi, 727 colloqui; P = 0.004, I² = 0%); evidenze giudicate rispettivamente di qualità

moderate e elevata. (Livello di evidenza 1++).

Le informazioni vanno fornite non solo dal medico ma anche dagli infermieri. Il ruolo degli infermieri nel

processo informativo/educativo dei malati è suggerito da numerose indagini, raccolte in una recente

revisione descrittiva [23], dove l’infermiere viene spesso indicato dai pazienti quale fonte informativa

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11

preferenziale, soprattutto riguardo aspetti attinenti alla vita quotidiana, come i sintomi, gli effetti collaterali

del trattamento, questioni familiari, ecc. Particolarmente apprezzato dai pazienti è l’affidamento a un

infermiere specializzato, che lo accompagni durante tutto il percorso di cura fornendogli informazioni

direttamente o interpretando i suoi bisogni durante il colloquio con l’oncologo. Una Cochrane review [24]

comprendente 5 RCT, volta a valutare l’effectiveness di interventi effettuati da “Specialist Breast Care

Nurses”, ha evidenziato, di fatti, effetti positivi su alcune componenti della qualità di vita, quali ansia, e il

precoce riconoscimento di sintomi depressivi. La metanalisi dei dati non è stata possibile a causa dell’elevata

eterogeneità tra gli studi, nessuno dei quali è stato valutato di alta qualità. (Livello di evidenza 1+).

Una corretta informazione risulta utile fin dall’inizio, per aiutare pazienti e familiari a orientarsi nel reparto,

per presentare loro l’equipe, introdurli alle procedure cliniche e ai servizi di supporto interni ed esterni al

centro, ecc. Una revisione sistematica ha dimostrato la fattibilità e gli effetti benefici, anche se ridotti, di

programmi di orientamento, con materiale scritto e in un caso un video, sulla riduzione del distress di

pazienti con nuova diagnosi di tumore [25 ]. La qualità delle evidenze prodotte è però bassa.

Per garantire che tutti i pazienti che lo desiderano possano ricevere le informazioni e il supporto di cui hanno

bisogno, sono stati sviluppati in diversi Paesi modelli organizzativi, sia in ospedale, sia sul territorio.

Ad esempio in Gran Bretagna, il Macmillan Cancer Relief ha attivato nel 1999 un modello di servizi di

Informazione e Supporto (Macmillan Information and Support Service Model), costituito da centri dislocati

sul territorio nazionale, alcuni all’interno degli ospedali, con personale qualificato. Presso questi centri i

pazienti possono ricevere informazioni sui vari aspetti concernenti la patologia ed i servizi disponibili,

nonché ottenere supporto psicologico, partecipare a gruppi di sostegno e sottoporsi a terapie complementari

[26]. Una esperienza italiana ispiratasi a questo modello è stata creata verso la fine degli anni 90 e portata

avanti nella forma di help-line telefonica e di punti informativi dislocati in vari ospedali e Istituti IRCCS, ma

la loro efficacia sui pazienti non è stata mai testata [27].

Un’altra esperienza descritta in letteratura è relativa a un centro australiano di informazione e supporto

situato in un grande ospedale oncologico, gestito da un infermiere specializzato con competenze in

psicooncologia e comunicazione, coadiuvato da volontari. Lo staff del centro, operativo dal 2003, indirizza i

pazienti alle risorse di informazione in base ai quesiti, e se necessario li invia ad altre figure di un team

multidisciplinare [28]. In Italia è stata valutata, con un trial randomizzato, l’efficacia di un Punto di

Informazione e Supporto (PIS) per pazienti e familiari, con materiale informativo selezionato e gestito da

personale infermieristico addestrato [1] (Livello di evidenza 1+). Nei centri dove era stato istituito il PIS

(sono stati esclusi dalle analisi quelli che non lo avevano attivato) la quota di pazienti con distress

psicologico risulta ridotta del 20% (OR=0.80; 95% CI, 0.62-1.03; P=0.09), ma il dato non è statisticamente

significativo a causa della bassa potenza dello studio.

La potenziale utilità dei centri di informazione e supporto non è limitata ai pazienti; la letteratura sottolinea

infatti quanto sia importante soddisfare i bisogni psicologici, pratici e informativi dei familiari/caregiver, in

quanto svolgono un ruolo essenziale nel percorso di adattamento del paziente alla malattia, assumendosi

spesso la responsabilità di aiutarlo a comprendere le informazioni ricevute [29]. Anche i caregiver, se non

supportati da un’adeguata politica di informazione e di sostegno nei loro bisogni, anche sociali, possono in

egual modo subire ‘danni collaterali’ conseguenti al percorso di diagnosi e cura del proprio familiare,

condizionando negativamente l’esito della cura; si innesca così un vero e proprio circolo vizioso in cui i

distress dei pazienti e o dei caregiver, se non adeguatamente trattati, si condizionano negativamente a

vicenda.

1.4 Spunti per ricerche future

Nonostante siano stati condotti numerosi studi sul tema, sono necessari ampi e ben condotti trial

randomizzati che dimostrino l’efficacia di interventi informativi sugli outcome clinici. In particolare sarebbe

importante valutare i benefici in termini di miglioramento di distress, qualità della vita, decision-making e

compliance terapeutica.

Sarebbe inoltre importante valutare quali siano i sistemi più efficaci per informare i pazienti e i loro

familiari. In tale ambito risulta indispensabile la descrizione accurata delle modalità (strumenti, tempistiche,

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12

tipologia di pazienti, ecc.) al fine di consentire la riproducibilità degli esiti, la confrontabilità tra gli studi e la

trasferibilità in un contesto pratico.

Qualità

dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della

raccomandazione

clinica

B Il personale sanitario dovrebbe essere preparato con specifici

corsi a fornire informazioni a pazienti e familiari [20]. Positiva debole

B

Le informazioni dovrebbero essere fornite non solo dal medico

ma anche dagli infermieri e dagli altri componenti dell’equipe

multidisciplinare (psicologi, assistenti sociali, volontari, ecc.)

nell’ambito delle proprie competenze [23].

Positiva debole

B Tutti i pazienti devono poter usufruire di un Punto di

Informazione e Supporto (PIS) all’interno del reparto [1]. Positiva debole

B Ogni paziente dovrebbe essere affidato ad un infermiere di

riferimento fin dal primo ciclo di terapia [24]. Positiva debole

2. Comunicare con il malato e i familiari

2.1 Dati Epidemiologici Una corretta comunicazione sta alla base dell’assistenza oncologica, in quanto favorisce la soddisfazione dei

pazienti, il loro coinvolgimento nel processo decisionale, la partecipazione a studi clinici, e il miglioramento

dei sintomi e del distress psicologico [16, 30].

Numerosi studi hanno mostrato che la maggior parte dei malati oncologici desidera un dialogo migliore con i

clinici [31-33], tuttavia non sempre i pazienti ricevono tutte le informazioni disponibili, soprattutto su

argomenti difficili da affrontare, come la diagnosi e la prognosi. Di fatti, in una indagine australiana su

pazienti con tumore della mammella o melanoma in diversi stadi, il 57% dei soggetti affermava di desiderare

informazioni sulla prognosi, ma solo il 27% le aveva effettivamente ricevute [34]. La persona con diagnosi

di tumore è costretta ad elaborare un’enorme mole di informazioni su cui basare decisioni difficili, che

possono cambiarle la vita. Le scelte del malato sono fortemente condizionate dall’opinione del proprio

medico; uno studio riporta, ad esempio, che l’80% di donne con tumore della mammella affida le scelte del

trattamento alle raccomandazioni dell’oncologo [35].

2.2 Problema Assistenziale Rispetto agli elementi prettamente tecnici dell’assistenza, la comunicazione e la relazione con i pazienti sono

state tradizionalmente considerate di minore importanza, e pertanto raramente inserite nei corsi di laurea per

medici e infermieri [30].

Diversi fattori rendono la comunicazione in oncologia particolarmente difficile. I pazienti possono avere

paura di fare domande percepite come insensate, di rubare tempo al medico, o si affidano, certi che verrà loro

detto tutto quello che devono sapere; capita di frequente poi che il malato sia sopraffatto dall’emozione

durante la visita, e che solo a casa si renda conto di non aver posto al medico questioni per lui rilevanti [30,

36]. D’altra parte, per l’oncologo può risultare difficile rilevare certi bisogni informativi, in particolare sulla

prognosi, e decidere che temi affrontare in base all’interlocutore e alle sue esigenze [13, 15, 37].

Se le informazioni non vengono fornite in modo adeguato, al momento giusto e in un contesto appropriato, le

conseguenze psicologiche sul paziente possono essere molto pesanti, fino a sintomi ascrivibili al disturbo

post traumatico da stress acuto, di stress posttraumatico. Inoltre, una cattiva comunicazione, non mirata a

favorire la comprensione e il ricordo delle informazioni, può avere un impatto negativo sulle scelte

terapeutiche del paziente [3].

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13

2.3 Interventi Raccomandati

2.3.1 Interventi rivolti ai pazienti

Sono stati sviluppati diversi tipi di interventi focalizzati sul paziente, di diversa complessità, volti a favorire

la comunicazione con il medico durante la visita e promuovere il loro coinvolgimento nel processo

decisionale. Tali approcci includono colloqui con il paziente per migliorare il suo grado di partecipazione

(coaching), l’utilizzo di video informativi, la registrazione delle visite con l’oncologo, e la consegna di

materiale scritto, incluse le Liste di Domande (question prompt lists – QPL) [19, 38]. La letteratura

suggerisce che gli effetti degli interventi non dipendono dalla loro complessità e che approcci relativamente

semplici possano avere importanti benefici sui malati [38]. Tra gli strumenti di più semplice applicazione, e

relativamente poco dispendiosi, la letteratura riporta le QPL, già ampiamente utilizzate nei paesi

anglosassoni.

Si tratta di un elenco di possibili domande che il paziente può porre al medico, selezionate dall’analisi dei

contenuti di visite mediche o dal lavoro di focus groups; la lista viene generalmente consegnata al paziente

prima della visita, per consentirgli di identificare le questioni di interesse da affrontare durante il colloquio.

Diversi studi ne hanno analizzato gli effetti, riassunti in due revisioni sistematiche specificamente dedicate

all’utilizzo in oncologia [39, 40].

La revisione più recente di Brandes et al. [40], comprendente solo studi controllati, aggiunge 6 RCT di alta

qualità rispetto al lavoro di DiMoska et al. [39], e considera l’effectiveness dello strumento su outcomes di

comunicazione, psicologici e/o cognitivi tenendo in considerazione anche la qualità metodologica degli studi

e le caratteristiche delle QPL utilizzate. La review comprende 16 studi, di cui 15 randomizzati, concernenti

pazienti affetti da diverse neoplasie, prevalentemente alla loro prima visita finalizzata al trattamento (13 su

16).

Cinque studi hanno valutato la QPL quale intervento singolo, 11 quale componente di un intervento più

ampio. 11 dei 16 articoli considerati sono stati valutati di alta qualità.

La letteratura dimostra che, se utilizzato in accordo con l’oncologo, questo strumento aiuta il paziente ad

assumere un ruolo attivo nel dialogo durante la visita e migliora la comunicazione, in termni del numero di

domande poste (Livello di evidenza 1++). Di particolare importanza risulta l’aumento delle domande che

riguardano la prognosi [39], argomento che spesso si tende ad evitare, la cui conoscenza non peggiora

necessariamente gli outcome psicologici. Di fatti, dei 9 studi considerati da Brandes et al. [40] che hanno

valutato se la QPL avesse un impatto negativo sull’ansia dei pazienti, cinque non hanno riscontrato alcun

efffetto, mentre due trial, entrambi di alta qualità, hanno mostrato una riduzione del livello di ansia al follow

up, e 2, sempre di alta qualità, riportano evidenze che l’ansia aumenta subito dopo l’uso della QPL, ma si

riduce alla visita successiva.

La lista deve essere proposta e presentata ai pazienti dall’oncologo, in quanto i suoi effetti positivi

diminuiscono quando lo strumento non è sostenuto dal medico [39].

Successivamente alla review di DiMoska del 2008, che aveva individuato solo trial effettuati in paesi

anglofoni, sono state pubblicate anche esperienze di utilizzo della lista di domande in altre lingue (olandese,

mandarino, francese). E’ fondamentale che tali strumenti siano creati tenendo in considerazione le

caratteristiche culturali e sociali dei pazienti a cui sono rivolti. A tale proposito, in lingua italiana è stata

prodotta, nell’ambito del progetto HuCare [9], una lista di domande [41] validando una QPL australiana,

seguendo la metodologia descritta in letteratura sull’adattamento transculturale [42].

Diversi vantaggi delle QPL vengono evidenziati in letteratura [36], tra cui l’applicabilità in qualsiasi setting,

il modesto carico lavorativo aggiuntivo per lo staff, il facile utilizzo, il loro costo ridotto e la non necessità di

aggiornamenti regolari.

2.3.2 Interventi rivolti ai clinici È stato dimostrato che le competenze comunicative dei medici possono essere apprese, e che l’impatto di

specifici interventi formativi perdura nel tempo [43, 44]. Recenti metanalisi [20, 21] hanno rilevato

complessivamente miglioramenti delle competenze comunicative dei professionisti dopo interventi

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

14

formativi, valutate analizzando registrazioni audio o video di colloqui con pazienti, reali o simulati (Livello

di evidenza 1++). Secondo un’altra revisione sistematica [45] la formazione dei professionisti ha un effetto

positivo anche sulla soddisfazione dei pazienti per le informazioni e il supporto ricevuti. La letteratura non

rileva effetti della formazione sul burnout dei clinici, tuttavia le evidenze a tale proposito sono ancora molto

scarse e di bassa qualità [20].

La crescente attenzione al tema ha portato all’incremento dell’offerta di programmi formativi per migliorare

la comunicazione medico-paziente. Tra questi il metodo OncoTalk, efficace in vari studi, ha trovato

applicazione in diversi contesti culturali, tra cui l’Italia [22, 46, 47]. Data la notevole eterogeneità di

struttura, contenuti e metodi di valutazione dei programmi formativi esistenti [48], recentemente un gruppo

di esperti europei ha pubblicato un position paper con indicazioni per i corsi di formazione sulla

comunicazione oncologica, basate su una revisione sistematica della letteratura e sull’opinione di esperti [49,

50]. Tra esse, si sottolinea:

• includere massimo 20 corsisti per edizione, per favorire la partecipazione attiva,

• avvalersi di un gruppo multidisciplinare di facilitatori (1 ogni 4-6 partecipanti) specificamente addestrati,

• garantire una durata del corso di almeno 3 giorni, il minimo per assicurare il trasferimento delle

competenze apprese nella pratica, seguito da un workshop di consolidamento, di cui sono stati dimostrati i

benefici,

• promuovere l’apprendimento esperienziale tramite il dibattito e l’uso di role-playing in piccoli gruppi,

accanto all’impiego di materiale didattico inclusi video con pazienti e/o attori.

In merito ai contenuti, i corsi devono consentire l’apprendimento sulle modalità adeguate per comunicare

informazioni complesse, gestire le emozioni, sia quelle personali che quelle del paziente e dei suoi familiari,

per favorire il processo decisionale, migliorando la comprensione circa rischi e benefici dei trattamenti. In

letteratura esistono raccomandazioni al riguardo, basate su evidenze empiriche [51].

2.4 Spunti per ricerche future Gli studi condotti finora sugli effetti di interventi per il miglioramento della comunicazione, attuati sia sui

pazienti, sia sui professionisti, valutano prevalentemente indicatori di processo (numero di domande

formulate dal paziente, miglioramento della tecnica comunicativa del medico, ecc).

Occorrono ulteriori studi che valutino la modalità migliore per implementare gli interventi (durata, intensità e

cadenza) e il loro impatto sui pazienti (distress, decision making, ecc).

Qualità

dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della

raccomandazione

clinica

A

Una lista di possibili domande deve essere consegnata ai pazienti

durante le prime visite e il suo utilizzo incoraggiato dall’oncologo

[40]. Positiva forte

A

Tutti gli oncologi devono frequentare un corso strutturato

secondo le evidenze scientifiche disponibili, per migliorare le

competenze comunicative [20]. Positiva forte

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

15

3. Rilevare e rispondere al disagio psicologico

3.1 Dati Epidemiologici

Il 20-25% dei pazienti affetti da cancro presenta disturbi d’ansia e stress-correlati, disturbi depressivi e

dell’adattamento che interferiscono in maniera significativa con la aderenza alle cure, i comportamenti

durante la malattia e la qualità della vita dei pazienti [52]. Solo una percentuale ridotta (circa 1/3) dei

pazienti con quadri di disagio psichico viene correttamente riconosciuta dalle figure professionali di area

oncologica, con frequente undertreatment dei quadri di sofferenza psicologica degni di attenzione clinica

[53].

Per identificare rapidamente tale sofferenza, è stata proposta l’applicazione regolare di strumenti di misure

brevi o ultra-brevi, nell’ottica che il distress debba essere rilevato come parametro vitale al pari di

temperatura corporea, frequenza cardiaca, frequenza respiratoria, pressione arteriosa e dolore [54].

L’assessment precoce si è rivelato efficace nel cogliere il distress dei pazienti e nel migliorarne la qualità di

vita [55, 56 ]. 3.2 Problema Assistenziale

In presenza di ansia, stress, depressione, che interferiscono sulla qualità di vita e/o sul funzionamento delle

terapie nel paziente, è necessario identificare i bisogni riportati dal malato, con l’utilizzo di strumenti

diagnostici: colloqui, interviste semistrutturate, test ecc. [57]. Gli interventi successivi potranno essere di tipo

psicofarmacologico, psicoterapico o integrato (farmaci e contestuale psicoterapia).

Il disagio deve essere riconosciuto, monitorato e documentato durante tutte le fasi di malattia in qualsiasi

ambiente di pratica clinica oncologica (reparto, ambulatorio, hospice, ecc.) [57]. Nelle raccomadazioni

NCCN si indica che il distress venga valutato alla visita iniziale e ad intervalli appropriati, quando

clinicamente indicato, in particolare al modificarsi delle condizioni di malattia (remissione, ricorrenza,

progressione) (Livello di evidenza 2+); nelle strutture hospice in funzione della condizione clinica del

paziente.

È stato dimostrato che la relazione medico-paziente risulta determinante nella accettazione dello screening

del distress da parte del paziente e ne influenza la rilevazione; le abilità comunicative del clinico influenzano

il successo dello screening e le azioni successive; lo screening è inefficace senza follow-up;

l’implementazione dello screening è legata all’accettazione della politica di screening da parte delle

istituzioni [58].

L’efficienza generale dello screening del distress sul miglioramento del suo riconoscimento e trattamento

non è conclusiva [59], mentre è dimostrato che lo screening facilita la comunicazione tra pazienti e clinici sui

diversi bisogni e può incrementare l’invio a servizi psiconcologici [60-62].

Vengono quindi raccomandati il coinvolgimento di stakeholder, politici e clinici nonché la formazione del

personale sanitario allo screening e il monitoraggio dell’efficacia-efficienza della valutazione su processi di

cura, invii specialistici, esiti e costi [63]. Queste raccomandazioni sono sostenute in Italia dalle

organizzazioni per la ricerca e la formazione in psiconcologia [64].

Nella recente review su 9 linee guida psicosociali in oncologia [65] si segnala la necessità di maggiore rigore

nell’applicazione delle linee guida e di raccomandazioni (ad es., strumenti da impiegare, tempi della

valutazione nel percorso di cura, formazione dello staff) per una buona pratica clinica quotidiana. L’obiettivo

assistenziale deve prevedere strategie di supporto mirate a garantire uno standard di massima attenzione al

distress nel paziente con una malattia tumorale, come già evidenziato dal position statement proposto dalla

Multinational Association of Supportive Care in Cancer (MASCC) [66].

3.3 Interventi Raccomandati

Diversi strumenti sono stati utilizzati e sono divenuti i riferimenti principali della letteratura a questo livello,

tra questi alcune scale, quali la Hospital Anxiety and Depression scale (HADS) che presenta una buona

accuratezza nell’identificazione della depressione (Sensibilità 72-82%, Specificità 77-83%), dell’ansia

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

16

(Sensibilità 49-84% e Specificità 70-78%) e del distress generale (Sensibilità 66-76%, Specificità tra 66-81%

[67, 68]. In base ai risultati di una metanalisi che ha preso in esame 42 RCTs relativamente a contenuto degli

strumenti di misura, evidenza di attendibilità e validità, significato e trasferibilità clinici, efficienza e facilità

di somministrazione, viene raccomandato l’uso dell’HADS quando gli outcome di interesse sono ansia,

disturbi affettivi misti e distress generale, l’uso del Profile of Mood States-37 (POMS-37) quando si

intendono rilevare l’ansia o i disturbi affettivi misti, mentre la Center for epidemiological Scale of

Depression (CES-D) è lo strumento più appropriato per la valutazione della depressione [69].

Una ulteriore metanalisi di 56 studi e oltre 10.000 pazienti, inerenti la depressione, indica il Beck Depression

Inventory-II (BDI-II) e strumenti a domande-chiave (“abbassamento dell’umore” e “perdita di interessi”)

[58] (Livello di evidenza 2+).

Le linee guida sviluppate dal Panel di lavoro all’interno del National Comprehensive Cancer Network

(NCCN) sul Distress Management [57] sono particolarmente note e lo strumento ultra-breve impiegato (1

item su scala 0-10, Distress Thermometer) è stato validato in molte lingue e applicato in molti diversi

contesti culturali [67, 70], inclusa l’Italia [71]. In senso generale, diverse metanalisi su molte migliaia di

pazienti indicano una media di sensibilità pari a 78% e di specificità pari a 66% (potere predittivo positivo=

34%; potere predittivo negativo= 93%). Una recente review inerente la validazione dello strumento in 21

lingue [72] conferma che un punteggio al DT ≥4 è indicativo di distress clinicamente significativo e ≥7

francamente patologico [73].

Per i pazienti con quadri psicologici o psicopatologici clinicamente significativi (distress elevato, disturbi

depressivi, disturbi d’ansia) robuste evidenze sostengono l’efficacia di interventi psicoterapeutici [74]. Il

report dell’Institute of Medicine (IOM) [55] e le Linee Guida e le Raccomandazioni per una buona pratica

clinica disponibili in letteratura [3, 57, 75-77] indicano l’importanza di integrare nella routine clinica

interventi cognitivo comportamentali, psicoterapia supportiva, familiare o di coppia e terapie integrative e

complementari (es. terapie creative quali musicoterapia, danzaterapia, arteterapia o altre tecniche

psicoterapiche inquadrabili nell’ambito delle tecniche di medicina Integrativa o complementare come la

mindfulness) (Livello di evidenza 1+).

La scelta del modello e dello stile di intervento è cruciale nell’influenzare l’esito del trattamento e va fatta

dunque considerando sia i bisogni dei pazienti nella particolare fase di malattia in cui si trovano, sia gli

obiettivi terapeutici. Gruppi psicoeducazionali si sono rivelati efficaci, in metanalisi [78] e studi controllati

randomizzati, non solo nel ridurre il disagio emozionale e migliorare l’adattamento [79-81] ma anche nel

ridurre i costi sanitari [82].

Diversi tipi di psicoterapia individuale o di gruppo sono stati studiati in trial clinici randomizzati e metanalisi

[83]. La Supportive-Expressive Group Psychotherapy [84] si è dimostrata efficace nel ridurre sintomi di

sofferenza emozionale sia in pazienti in fase iniziale che avanzata di malattia, e nel migliorare il

funzionamento sociale in persone con distress moderato [85-88] o con più franchi quadri depressivi [89].

La psicoterapia cognitivo esistenziale di gruppo si è dimostrata utile in uno studio controllato randomizzato

in donne con tumore del seno in fase iniziale che stanno effettuando un trattamento chemioterapico [90].

Tra le psicoterapie ad orientamento esistenziale, particolare importanza hanno assunto interventi rivolti a

migliorare il benessere spirituale e aumentare il senso di significato in pazienti con cancro avanzato e/o in

cure palliative. Una review ha preso in esame l’efficacia di 7 interventi sulla qualità di vita e il distress

esistenziale [91]. Tra questi la Meaning Centered Psychotherapy (sia nel formato individuale che di gruppo)

ha dimostrato, in 2 studi controllati randomizzati, effetti significativi nel migliorare il benessere spirituale e

la qualità della vita alla fine della vita [92, 93]. Il formato individuale ha avuto effetti significativi nel ridurre

i sintomi depressivi in pazienti con malattia avanzata. La Dignity Therapy [94] si è dimostrata efficace in

pazienti con malattia terminale nel migliorare sintomi depressivi e la qualità di vita auto valutata.

La Family-focused grief therapy si è rivelata efficace nel ridurre l’effetto morboso del lutto in famiglie di

pazienti con malattia terminale [95]. La terapia di coppia ha mostrato effetti benefici in pazienti con

preoccupazioni inerenti la sessualità e la fertilità [3].

Viene comunque indicato in maniera chiara che gli interventi psicosociali, in particolare se di orientamento

cognitivo-comportamentale, sono in generale efficaci nel migliorare la qualità della vita delle persone

sopravvissute al cancro, in particolare in pazienti con quadri sintomatologici clinicamente significativi di

ansia, depressione e distress, nel ridurre l’intensità dei sintomi [96-100] (Livello di evidenza 1+). Dati meno

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

17

favorevoli sono riportati nel trattamento psicoterapico della depressione maggiore in pazienti in fase

avanzata di malattia, pur nell’efficacia, in particolare se di orientamento cognitivo-esistenzialista, sulla

sintomatologia depressiva in generale e sulla qualità della vita [101].

In conclusione si raccomanda, nel distress emozionale al di sopra del cut-off clinicamente rilevante, l’invio a

specialisti della salute mentale (psichiatri e psicologi clinici), preferibilmente con formazione psiconcologica

(Livello di evidenza 1+). In particolare nei disturbi depressivi di grado moderato o grave sono indicati

interventi psicoterapeutici cognitivo-comportamentali o supportivo-espressivi individuali o di gruppo [98,

102]. Nei disturbi d’ansia di livello moderato o grave sono raccomandate terapie cognitivo comportamentali

e/o interventi di stress management e psicoterapia supportivo espressiva in pazienti in fase avanzata di

malattia [103].

Le condizioni psicopatologiche (ad es. depressione maggiore e disturbi dell’umore in genere, di grado

severo, disturbi d’ansia e dell’adattamento di grado severo, delirium, rischio suicidario) vanno trattate con

interventi psichiatrici strutturati [57]. Le review inerenti l’efficacia degli interventi psicofarmacologici in

oncologia indicano l’utilità dei principali cardini psicofarmacologici (benzodiazeipne, antipsicotici,

antidepressivi, altri farmaci psicotropi) nei diversi quadri psicopatologici nei pazienti con cancro [104-107].

Più specificamente, nella gestione del delirium, gli antipsicotici di prima generazione (aloperdiolo) e di

seconda generazione (olanzapina, risperidone, quetiapina) hanno dimostrato la loro efficacia in RCTs [108].

Nella gestione della depressione, i dati di review [109] e metanalisi [110] indicano l’efficacia di diverse

molecole con proprietà antidepressive, in particolare inibitori del reuptake della serotonina (SSRIs) (ad es.

paroxetina, fluoxetina, escitalopram) della noradrenalina (NaRIs) (ad es. reboxetina), duali (ad es.,

duloxetina) con livelli di evidenza variabili a seconda degli studi. E' inoltre fondamentale ricordare che i

farmaci antidepressivi, oltre l'azione sul tono dell'umore, sono in grado di esercitare una efficace azione

ansiolitica, anti-stress ed antidolorifica [111].

3.4 Spunti per ricerche future

In merito all’ansia e ai disturbi stress-correlati occorre migliorare la comprensione delle variabili

etiopatogenetiche per assegnare diagnosi e relativi trattamenti in maniera più precisa. Relativamente alla

depressione, vi è l’esigenza di studi che dimostrino l’effectiveness e la tollerabilità dei nuovi farmaci

antidepressivi e delle strategie atte a migliorare l’adesione terapeutica. Sono necessari trial multicentrici per

poter indagare grandi campioni di pazienti con specifici tipi di tumore, in funzione dei possibili effetti

collaterali di trattamenti psicofarmacologici, e per determinare il beneficio relativo di trattamenti

psicofarmacologici, psicosociali e combinati [112].

Qualità

dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della

raccomandazione

clinica

B

Tutti i pazienti con cancro e i sopravvissuti al cancro devono

essere sottoposti a screening per il distress psicologico (ansietà e

depressione) alla visita iniziale e periodicamente lungo tutto il

decorso della malattia [63].

Positiva forte

B La valutazione del distress deve essere fatta utilizzando strumenti

validati e deve essere documentata in cartella clinica [68]. Positiva forte

B

Secondo il livello di ansia e/o depressione, devono essere attivati

differenti percorsi di approfondimento diagnostico e di

trattamento. La mancata identificazione e trattamento del distress

aumenta il rischio di una scarsa qualità di vita e la severità dei

sintomi psicopatologici nei pazienti [74].

Positiva forte

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

18

Glossario Family Focused- Grief Therapy (FFGT): intervento rivolto alle famiglie dove attraverso la facilitazione

dell’espressione di pensieri ed emozioni relativi alla perdita di un proprio congiunto e degli stili di risposta

alla malattia e alla morte del proprio caro viene promosso il percorso di elaborazione del lutto e il

funzionamento della famiglia

Meaning Centered Psychotherapy (MCP): psicoterapia ad orientamento esistenziale, sia in setting

individuale che di gruppo, sviluppata da William Breitbart presso il Memorial Sloan Kettering Cancer Center

in risposta al bisogno di interventi brevi per migliorare il benessere spirituale dei pazienti con cancro

avanzato, sostenere o aumentare un senso di significato, pace e scopo nella fase finale della loro vita. La

MCP ha una durata di 7 sedute nel formato individuale e di 8 sedute nel formato gruppale.

Mindfulness-based stress reduction (MBSR): programma di gruppo strutturato che impiega la meditazione e

la consapevolezza per alleviare la sofferenza associata a disturbi fisici, psicosomatici e psichiatrici. La

MBSR è stata sviluppata da Jon Kabat-Zinn nel 1979 presso il Medical Center della University of

Massachusetts.

Supportive-Expressive Group Psychotherapy: intervento psicoterapeutico di gruppo in cui il terapeuta facilita

l’espressione autentica, da parte dei pazienti, delle emozioni e delle preoccupazioni sulla malattia, la

discussione sulle tematiche inerenti il significato dell’esistenza (vivere e morire) e il supporto reciproco tra i

membri del gruppo.

4. Rilevare e rispondere ai bisogni (psico) sociali

4.1 Dati epidemiologici

Gli aspetti psicosociali sono influenzati da molti fattori di carattere individuale o legati alla società e

comprendono una molteplicità di problemi che vanno molto al di là dello stress psicologico e dell’ansia.

Come riportato in letteratura si ricordano: l’interazione con gli operatori sanitari, la qualità dei sistemi di

assistenza e delle procedure, il coinvolgimento nelle decisioni di trattamento, l’informazione e le

opportunità, le reti sociali di sostegno, le emozioni, gli stati emotivi, le preoccupazioni e ansie, le

preoccupazioni spirituali, l’immagine del corpo e di sé, nonché le esigenze pratiche legate alla vita

quotidiana e al trattamento [113].

In Italia sono state condotte alcune indagini [2, 114, 115] che, pur nella diversità del campionamento e del

setting, hanno evidenziato il complessivo buon livello di assistenza (sia pure con differenze tra le regioni), a

fronte di una insoddisfacente attenzione alle tematiche psicosociali e di qualità della vita. In questo percorso,

particolare attenzione deve essere rivolta ai gruppi più svantaggiati della popolazione, quali ad esempio

persone con livelli socio-economici più bassi, anziani o persone sole, nei quali i bisogni, soprattutto quelli

pratici e legati all’informazione, possono accentuarsi e portare ad un decadimento della qualità della vita e

della cura del soggetto.

4.2 Problema assistenziale

Bisogni di diversa natura, di tipo organizzativo, di supporto spirituale, economico, psicologico, ecc.

complicano notevolmente la situazione del malato e della sua famiglia. È pertanto molto importante

sviluppare e implementare un approccio integrato tra bisogni strettamente clinico/tecnico e bisogni in area

psico-sociale. In un percorso di cura l’attenzione a questi bisogni non dovrebbe essere classificata con un

ordine di priorità o livelli di attenzione differenti. La pratica e l’esperienza dimostrano che massima

attenzione e sensibilità, insieme a ricerca su questo tema e formazione specifica, sono necessarie per

permettere al paziente – e anche a coloro che di lui si prendono cura – di trovare un corretto equilibrio nel

proprio percorso assistenziale. In Italia, negli ultimi trent’anni il numero di nuovi casi di tumore è andato

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

19

aumentando, passando da 149 mila nuovi casi stimati per il 1970 a 234 mila nel 2000, fino a 255mila nel

2010 [116, 117]. Tuttavia la mortalità tende negli anni a diminuire, lasciando così un numero sempre

maggiore di soggetti che hanno avuto una diagnosi di tumore a segnare il proprio percorso di vita [117, 118].

Dai dati presenti in letteratura emerge che molti dei lungoviventi trovano un accomodamento rispetto alle

loro condizioni di vita, ma una significativa minoranza sperimenta persistenti problematiche di ordine fisico

e psico-sociale [119, 120].

Anche subito dopo la diagnosi, la priorità viene data agli aspetti medico-tecnici mentre risvolti psicologici e

sociali vengono passati in seconda linea. Tuttavia sempre più spesso il paziente è considerato - o dovrebbe

essere considerato - un tutt’uno con la propria storia clinica e personale. Benché la discussione sia aperta,

ancora molti sono gli aspetti di insoddisfazione e miglioramento, interessanti a questo proposito sono le

storie raccontate tramite i social network.

Va infine sottolineata l’importanza che questo tema sia affrontato in modo multidisciplinare, investendo a

tutti gli effetti coloro che sono coinvolti nel percorso di cura. Tra questi, non solo pazienti e loro

rappresentanze, ma anche la cittadinanza in generale, perché questi aspetti devono essere fonte di un dibattito

che deve coinvolgere l’intera comunità; l’esperienza della Multinational Association of Supportive Care

[121] può essere un utile riferimento.

4.3 Interventi Raccomandati

Per poter favorire una più chiara comprensione da parte dell’équipe delle richieste del malato oncologico

ricoverato è stato predisposto un questionario denominato NEQ (Needs Evaluation Questionnaire) [122],

utilizzato nell’ambito del progetto HuCare [9]. I suoi 25 items consentono di raccogliere i principali bisogni

connessi allo stato di salute e, almeno potenzialmente, gestibili.

Le aree identificate concernono i bisogni di informazione, comunicazione e relazione con l’équipe curante; le

necessità di assistenza sanitaria per i sintomi fisici o le difficoltà funzionali; la richiesta della presenza di altri

operatori dell'Istituzione (assistente sociale, psicologo, assistente spirituale); le necessità economiche e di

accoglimento alberghiero; ed infine i bisogni nella sfera psicologica individuale, famigliare e sociale (Livello

di evidenza 4).

In letteratura sono presentate e discusse pratiche mirate a migliorare l’assistenza e la cura dei soggetti con

una diagnosi di tumore. Sembra lapalissiano ricordare che tra le buone pratiche vengono elencate: l’avere dei

servizi efficienti e veloci, una facile accessibilità ai servizi – intesa anche come attenzione all’informazione,

personale con una buona attitudine alla comunicazione, nonché l’attenzione (e la risoluzione) dei problemi

pratici (Livello di evidenza 4).

Le pur non recentissime linee guida australiane relative alla popolazione adulta con tumore [3] evidenziano

alcune pratiche legate alle modalità di comunicazione, ad esempio esprimere empatia o incoraggiare a porre

domande (vedi figura “Pratiche mirate a migliorare l’assistenza e la cura”). Va comunque di nuovo

sottolineata la difficoltà di trovare in letteratura un soddisfacente livello di evidenza su pratiche e modalità di

assistenza. Una recente revisione Cochrane [25] sugli effetti di programmi di informazione che forniscono

informazioni specifiche relative alla struttura ed i servizi a disposizione dei pazienti, alle loro famiglie e care

giver, ha identificato solo 4 studi per un totale di 600 pazienti. Anche se gli studi in genere riportano risultati

positivi per i partecipanti (ad esempio, più informati sul centro tumore e la terapia del tumore, una migliore

capacità di coping), gli studi erano generalmente di scarsa qualità e non avevano incluso un numero

sufficiente di partecipanti per eliminare la possibilità di bias.

4.4 Spunti per ricerche future

È necessario attuare trial randomizzati di buona qualità, che dimostrino l’efficacia su outcome clinici

dell’uso di servizi strutturati che affrontano i problemi psicosociali dei pazienti e dei loro caregiver e di

interventi di carattere solidale, come quelli forniti dalle associazioni di pazienti che hanno negli anni

sviluppato una vasta gamma di attività di sostegno psicosociale, a volte disponibili senza alcun costo per i

pazienti.

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

20

Qualità

dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della

raccomandazione

clinica

D

Tutti i pazienti dovrebbero essere sottoposti a screening per i

bisogni sociali alla visita iniziale, a intervalli appropriati e

quando si modificano le condizioni cliniche [122]. Positiva debole

D Ogni reparto dovrebbe coinvolgere i servizi sociali e la rete delle

associazioni di volontariato del territorio [121] Positiva debole

5. Eliminare le emergenti disparità nell’accesso alle cure

5.1 Dati Epidemiologici

Questo capitolo tratterà delle disparità emergenti nell'accesso alle cure con particolare riferimento alle

popolazioni immigrate. Sono esclusi altri gruppi - anziani, analfabeti di ritorno, soggetti in particolare

condizioni socio-economiche - che pur avendo limitato accesso alle cure non rientrano in questa trattazione.

Secondo il censimento ISTAT del 2011 [123], nell'ultimo decennio la popolazione straniera abitualmente

dimorante in Italia è quasi triplicata, passando da poco più di 1.300.000 a circa 3.770.000. A questi va

aggiunta una quota di immigrati clandestini, per sua natura non stimabile.

Un rapporto dell'Istat relativo agli anni 2008/2009 sugli stranieri nati all'estero e residenti in Italia [124]

rileva che due terzi sono immigrati per motivi di lavoro e che le condizioni economiche delle famiglie

straniere sono in generale peggiori di quelle delle famiglie italiane. Quasi la metà (49,1%) delle famiglie

composte da soli stranieri è a rischio povertà.

L’Italia sta dunque diventando sempre di più un paese multietnico e multiculturale (con il termine

“multiculturalismo” possiamo indicare la coabitazione tra diversi gruppi linguistici, culturali, religiosi che

vivono nel medesimo spazio territoriale) con la coesistenza di diversi sistemi valoriali.

5.2 Problema Assistenziale

Nelle società multi-etniche sono sempre più numerosi gli incontri cross-culturali nei quali i pazienti ed i loro

familiari e gli operatori sanitari non condividono gli stessi valori, norme e le stesse modalità di percepire ed

affrontare la malattia oncologica e i trattamenti standard o sperimentali. Ad esempio, secondo una revisione

critica della letteratura, nei paesi meno sviluppati soltanto il 30% delle persone malate di tumore - rispetto a

più del 90 per cento di quelle nelle nazioni industrializzate - si aspetta veridicità e vuole partecipare al

processo decisionale [125]. La consapevolezza dei pazienti sulla gravità e curabilità del proprio tumore è

ancora bassa in molti Paesi, comprese alcune zone dell’Italia. In molte culture, ad esempio, dire la verità al

paziente non è auspicabile e spesso l’informazione viene data unicamente ai familiari, ai quali è affidata

anche ogni decisione sulle cure oncologiche e palliative e sulle difficili problematiche di fine vita.

Inoltre, l’impiego di professionisti interpreti, che aiuta a superare le barriere linguistiche, spesso non è ben

accettato dai pazienti e familiari di diverse culture, perché può violare determinate norme culturali legate al

genere o al mantenimento della privacy [126].

Di conseguenza, la comunicazione tra pazienti e oncologi è spesso impedita da barriere linguistiche e

culturali che generano mancanza di fiducia reciproca e incomprensioni o fraintendimenti. Questi, a loro

volta, possono esitare in veri conflitti sul piano etico e possono creare difficoltà nel raggiungere scopi

terapeutici condivisi tra operatori e pazienti/familiari.

Gli oncologi italiani oggi sono pertanto chiamati a possedere competenze allargate anche nel campo

psicologico e culturale, che permettano loro di svolgere un’attività rispettosa dei diversi valori individuali e

delle diverse norme e consuetudini culturali.

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

21

5.3 Interventi Raccomandati

La competenza culturale è l'insieme delle conoscenze e competenze pratiche necessarie per affrontare

correttamente i malati oncologici e le loro famiglie appartenenti a culture diverse da quella dominante nel

paese [127].

Una insufficiente comprensione del ruolo della cultura in medicina è particolarmente grave nel campo della

oncologia, dove alla sofferenza fisica e psichica si aggiungono disagio sociale e spesso implicazioni

metaforiche e stigmatizzazione sociale [126].

L’acquisizione di competenza culturale, e quindi di un’adeguata capacità di comunicazione con persone di

differenti culture da parte degli specialisti oncologi, è fondamentale per stabilire fiducia e quell’alleanza

terapeutica necessaria ad una buona cura del paziente oncologico [128].

Lo scopo di una buona comunicazione è quello di negoziare con il paziente un obiettivo terapeutico e di cura

il più possibile condiviso. E il modo più efficace per ottenere una buona comunicazione è prima di tutto

esplorare e riconoscere il retroterra culturale del personale sanitario (in cui dobbiamo distinguere una cultura

personale e professionale) e del paziente e dei suoi familiari.

In particolare, relativamente al paziente, bisogna prima di tutto che lo specialista acquisisca una conoscenza

del contesto sociostorico culturale in cui vive il paziente e la famiglia e che condiziona la loro visione della

malattia tumorale e le conseguenze per la loro vita. Questo dovrebbe essere effettuato dallo specialista sin

dalla prima visita medica eventualmente con l’ausilio dell’utilizzo dei 7 livelli di valutazione culturale (vedi

figura “Inquadramento culturale del paziente”).

Le conoscenze culturali acquisite contribuiranno ad ottenere una maggiore consapevolezza verso il contesto

culturale e sociale del paziente e della famiglia, e aiuteranno anche ad adattare lo stile di comunicazione

verbale, ma anche non verbale a questo contesto [128, 129] (Livello di evidenza 4).

La presenza di barriere linguistiche, un altro importante motivo di difficoltà nella comunicazione, è

affrontata con l’impiego di professionisti interpreti, tuttavia ciò spesso può violare determinate norme

culturali legate al genere o al mantenimento della privacy [126]. Si raccomanda pertanto l’utilizzo di

mediatori culturali che non siano solo capaci di superare le barriere linguistiche in senso tecnico

professionale, ma che abbiano anche una “competenza culturale”, possibilmente una conoscenza adeguata

della terminologia medica ed una preparazione psicologica a gestire situazioni emotivamente molto

complesse come la comunicazione di “cattive notizie” [130, 131] (Livello di evidenza 3).

Un sistema sanitario culturalmente competente alla diversità si basa sul principio dell’universale diritto

umano ad avere accesso a cure sanitarie che rispondano alle esigenze di ognuno.

Ma per essere culturalmente competente un sistema sanitario deve:

1) riconoscere i benefici che la diversità porta alla società

2) intraprendere un percorso di consapevolezza, conoscenza e abilità in competenza culturale

3) avere consapevolezza delle dinamiche (problematiche) che si realizzano nell’incontro tra culture

4) istituzionalizzare la competenza culturale

5) modificare l’erogazione dei servizi in modo che riflettano la conoscenza della diversità fra e nelle culture

[132].

Una Commissione Statunitense ha riunito diversi gruppi, tra cui l’American Medical Association, per

promuovere l’assistenza alle minoranze etniche e razziali, superando barriere linguistiche e culturali

attraverso: 1) l’attenzione verso le disparità, 2) la diversificazione culturale della forza lavoro in campo

sanitario e 3) la formazione specifica in competenza culturale di tutti gli operatori [133] (Livello di evidenza

3).

Sono state presentate linee guida per l’acquisizione di competenza culturale sia a livello di sistema sanitario

sia a livello individuale da parte delle maggiori associazioni mediche [134] e di specialità compresa

l’oncologia [135].

Il National Health and Medical Research Council australiano, nella sua guida alla competenza culturale in

sanità [136], riconosce 4 dimensioni d’intervento per migliorare la competenza culturale in campo sanitario:

sistematica o di sistema, organizzativa, professionale, individuale.

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

22

Per interventi di sistema si intendono efficaci politiche e procedure, meccanismi di monitoraggio e risorse

sufficienti a favorire comportamenti e pratiche culturalmente competenti a tutti i livelli con il coinvolgimento

attivo delle comunità culturalmente diverse.

Per dimensione organizzativa si intende il porre in essere le risorse e le capacità necessarie per rispondere

alle necessità degli utenti di comunità culturalmente diverse. Una cultura competente si crea quando la

competenza culturale viene considerata quale “core business” del sistema sanitario e quindi adeguatamente

supportata.

A livello professionale la competenza culturale è identificata come componente fondamentale per la crescita

professionale e formativo-educativa [137]. Vi è anche l’impegno a definire standard di competenza culturale

che guidino la vita professionale degli individui [132-134] (Livello di evidenza 4).

A livello individuale conoscenze, comportamenti, atteggiamenti che consentano di realizzare un

comportamento culturalmente competente devono essere facilitati da un sistema sanitario e da una

organizzazione supportiva.

La competenza culturale è consolidata da: conoscenza, condivisione, capacità di azione.

Il sistema supporta l’organizzazione, l’organizzazione e la componente professionale supportano l’individuo.

5.4 Spunti per ricerche future

Risulta importante definire meglio la cultura, tenendo conto della sua natura olistica e contestuale, per

permettere agli oncologi di stabilire con i loro pazienti di diversi background culturali relazioni terapeutiche

basate sulla fiducia. Inoltre occorre approfondire la comprensione delle modalità di adattamento adottate da

pazienti di culture diverse, tramite test comparativi delle strategie di coping già identificate [128].

Qualità

dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della

raccomandazione

clinica

D

La storia culturale del paziente dovrebbe essere ricostruita dal

medico al primo accesso e l’equipe sanitaria dovrebbe adattare la

comunicazione verbale e non verbale alle differenti sensibilità

culturali [128].

Positiva debole

D

Gli studenti e i professionisti sanitari dovrebbero partecipare a

programmi e training di educazione alla competenza culturale

[137]. Positiva debole

D

Nei casi in cui è necessario, si raccomanda di non limitarsi a

chiedere la presenza di un interprete ma di attivare la consulenza

di un mediatore culturale in campo medico [131] Positiva forte

D Linee guida e standard dovrebbero essere definiti per assicurare

un servizio sanitario culturalmente competente [133]. Positiva debole

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

23

6. Cure di fine vita (interventi sul lutto, “care” dei familiari)

6.1 Dati Epidemiologici

La ESMO Taskforce on Supportive and Palliative Care [138] definisce le cure di fine-vita come gli interventi

prestati quando la morte è imminente, identificando e dando risposte ai bisogni sia del paziente sia della

famiglia nell'ultima fase della vita e nel lutto. Le “cure di fine-vita” si inseriscono nell’ambito delle cure

palliative, finalizzate, in accordo con la WHO, a migliorare la qualità della vita dei pazienti e delle loro

famiglie attraverso la prevenzione e il trattamento del dolore e di altri problemi fisici, psicosociali e

spirituali.

Una percentuale significativa delle persone in fase avanzata di malattia seguite in assistenza palliativa

presenta infatti disturbi psichici, quali disturbi d’ansia (15-28%), depressivi (9-26%), delirium (52-88%) [52,

139] e distress esistenziale e spirituale (35-70%) [140]. Tutto questo comporta uno stato di sofferenza delle

famiglie [141], nella fase antecedente la perdita con dati indicativi che disturbi psicologici del paziente sono

predittori significativi di disagio familiare [142]. Le raccomandazioni sulla gestione del distress [57] indicano

come, durante le cure palliative, il Distress Thermometer (DT) possa essere utile per lo screening dei

caregiver e per identificare il livello di rischio psicopatologico di un familiare [143-145]. Nella fase del lutto

è necessaria grande attenzione per le possibili complicazioni del percorso della elaborazione della perdita

[146], poiché quadri di sofferenza psicologica sono presenti nel 15-30% dei familiari in lutto (ad es disturbi

d’ansia, depressivi, da stress post-traumatico) [147, 148]. Sono disponibili linee guida per la valutazione del

lutto complicato [149], recentemente indicato come focus di attenzione clinica all’interno del Diagnostic

Statistical Manual for Mental Disorders - DSM5 [150]. Il lutto complicato non opportunamente trattato si

accompagna a disturbi psichici e fisici e morbilità più elevata [151].

6.2 Problema Assistenziale

Le cure di “fine-vita”, ovunque siano erogate (ospedale, domicilio, hospice), implicano attenzione ai bisogni

dell’unità paziente-famiglia, e sono finalizzate all’accompagnamento del paziente e dei familiari verso una

“buona morte”. Questa è definita, nella prospettiva dei pazienti e degli stessi familiari, come caratterizzata da

un efficace controllo del dolore e dei sintomi fisici, un chiaro processo decisionale, la preparazione alla

morte, il raggiungimento di un senso di completamento della propria vita (ad es. revisione del percorso

esistenziale, risolvere conflitti, stare con amici e cari), poter percepire un senso a quanto si è fatto (eredità nel

senso dei valori lasciati), affermazione di sé come persona in senso globale [152, 153]. È fondamentale la

costituzione di una rete di sostegno/intervento, i cui nodi sono rappresentati dalla famiglia, dai servizi

istituzionali (équipe di cura e psiconcologica), dal contesto di rete sociale, tra cui le associazioni di

volontariato. La conoscenza delle modalità di risposta emotiva e delle capacità di adattamento della famiglia

(lutto anticipatorio) rappresenta un problema assistenziale prioritario [154] e necessita di capacità di

comunicazione [155, 156].

È necessaria la valutazione delle caratteristiche di funzionamento della famiglia, con possibile applicazione

di strumenti per l’assessment al fine di identificare precocemente le tipologie delle famiglie a rischio o con

problemi (ad es. Family Relationship Index per la codifica delle famiglie conflittuali, adattive, intermedie e

ostili) [157]. Nella previsione del percorso del lutto, un assessment specifico facilita la possibilità di

prevedere l’insorgenza di lutto complicato [158] anche in funzione della sede della morte (ad es. domicilio,

hospice) [159].

Una metanalisi sugli interventi di fine vita indicala scarsità di dati e di studi randomizzati che rende

impossibile proporre raccomandazioni per l’adozione di percorsi di cure di fine vita [160].

6.3 Interventi Raccomandati

L’intervento sulla famiglia di un paziente è fondamentale, date le ripercussioni della malattia sull’equilibrio

di tutto il sistema familiare (“malattia di famiglia”) e si basa sulle caratteristiche della famiglia

(composizione del nucleo familiare, età dei suoi membri, modalità di funzionamento, capacità di

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

24

comunicazione e di gestione dello stress). Ciò ha valore sia quando gli interventi sono declinati nella fase

antecedente la morte del paziente, sia nella fase del lutto [146, 161].

È necessario migliorare la comunicazione affinché i bisogni specifici dei singoli membri (bambini,

adolescenti o adulti), siano valutati, rispettati e affrontati. Riunioni familiari (family meetings, family

conferences) condotte dall’équipe (psicologo, oncologo, infermiere) si sono dimostrate utili sia in senso

educazionale (informazioni sulla evoluzione della malattia, sulle sue manifestazioni ultime, sulle possibilità

di controllare i sintomi) sia in senso psicologico (presa di coscienza dell’evento della perdita imminente)

[162, 163]. Le modalità con cui condurre incontri con la famiglia sono state studiate sul piano delle tecniche

comunicative [164]. Una metanalisi sugli interventi a favore dei caregiver di pazienti oncologici [165] ha

selezionato 29 studi randomizzati, che valutavano il miglioramento di alcuni outcome quali: carico per il

caregiver, miglioramento della capacità di accettare e affrontare la malattia, aumento della propria efficacia e

di alcuni aspetti della qualità di vita. Le modalità dell’intervento riguardavano l’approccio

psicoeducazionale, il counseling terapeutico, il training per fornire o migliorare conoscenze sulla malattia

attraverso incontri faccia a faccia o di gruppo talvolta con i soli caregiver talvolta con la presenza dei pazienti

oppure supporto telefonico o attraverso la messa a disposizione di audiovisivi. Una ulteriore metanalisi che

includeva 11 trial clinici randomizzati coinvolgenti 1836 caregiver ha evidenziato che gli interventi di

supporto aiutano a ridurre il distress psicologico dei caregiver [166]. Ancor più recentemente è stata eseguita

una revisione di 5 metanalisi per analizzare l’effetto dell’intervento sui caregiver, affetti prevalentemente da

disturbi di tipo psicologico e fisico con alterazioni del sonno della funzione immunitaria e del benessere

economico [167]. I risultati della ricerca evidenziano che l’intervento è in grado di ridurre molti degli effetti

negativi sul caregiver ed in aggiunta agisce anche sulla riduzione della sintomatologia del paziente,

migliorando il suo stato fisico e di salute mentale (Livello di evidenza 1+). Nonostante questi risultati, gli

interventi sui caregiver sono raramente applicati.

Gli interventi sul lutto non sembrano efficaci se proposti di routine o possono addirittura essere fattori di

interferenza sul naturale processo del lutto, mentre sono necessari per il lutto complicato [168]. A tale

proposito sono disponibili linee guida per la valutazione del lutto complicato [149] (Livello di evidenza 4).

Un modello centrato sul mantenimento e il potenziamento della dignità del paziente (tecniche basate su

narrazione della propria vita, attivazione del valore di sé) favorisce l’adattamento della famiglia e la

comunicazione intrafamiliare prima della morte, con effetti positivi anche nella fase del lutto [169, 170]. In

presenza di disfunzionalità familiare, interventi centrati sulla famiglia [171] si sono dimostrati utili nel

migliorare i livelli di disagio antecedenti la perdita e nel favorire l’adattamento al lutto [95].

Interventi preventivi risultano scarsamente efficaci, mentre interventi psicoterapeutici sul lutto complicato

comportano un miglioramento significativo delle condizioni cliniche sia a breve che a lungo termine [172]

(Livello di evidenza 1+).

6.4 Spunti per ricerche future

Sono necessari trial randomizzati e studi controllati per valutare l’utilizzo di percorsi di cura di fine vita,

includendo outcome specifici quali il controllo dei sintomi, la comunicazione tra équipe e famiglie, il

benessere dei caregiver, la soddisfazione dello staff e dei caregiver, l’utilizzo di farmaci, la gestione del lutto.

È necessario indagare gli effetti di tali percorsi sulla base anche della variabile culturale di appartenenza

[160].

Inoltre, è necessario effettuare ulteriore ricerca per ottenere informazioni sull’identificazione degli individui

a rischio psicopatologico o con maggiore necessità di supporto [166].

Qualità

dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della

raccomandazione

clinica

A Si raccomanda di attuare interventi psicoeducazionali sulla

famiglia nella fase antecedente la morte del paziente [146] Positiva forte

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

25

Qualità

dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della

raccomandazione

clinica

D

I familiari dovrebbero essere sottoposti a valutazione

dell’evenienza di un “lutto complicato” ed essere informati della

possibilità di supporto anche nella fase successiva al decesso

[150].

Positiva debole

B Nel caso di lutto complicato, si devono garantire interventi di

psicoterapia supportiva sulla famiglia [168]. Positiva forte

7. Cure di supporto per sopravvissuti al cancro

7.1 Dati Epidemiologici

Circa 25 milioni di persone nel mondo convivono con un tumore in fase di cura o di remissione oppure

considerato cronicizzato o guarito. In Italia sono più di 2 milioni, il 4% della popolazione, dei quali il 57%

da più di 5 anni [173].

Nella cultura nordamericana, la sopravvivenza (survivorship) inizia per tutti i pazienti oncologici al

momento della diagnosi e, sulla base del tempo trascorso, è distinta in: acuta, estesa e permanente [174]. In

Europa, l’attenzione è stata prevalentemente rivolta alla sopravvivenza a lungo termine e sono stati definiti

“lungo sopravviventi” quanti hanno superato da almeno tre o cinque anni la fase dei trattamenti e dei

controlli più stretti.

Il termine lungo sopravvivenza include pazienti sia clinicamente guariti (cioè, con un’aspettativa di vita

sovrapponibile a quella della popolazione generale), sia cronicizzati (cioè, che richiedono trattamenti

continui o periodici e regolari controlli conducendo, al tempo stesso, una vita il più possibile attiva e di

qualità).

In Italia, la condizione di sopravvissuto, con focus sulla lungo sopravvivenza, è stata affrontata per la prima

volta con il Progetto di ricerca finalizzata 2008-2011 – Medical and Psycho-Social Rehabilitation Program

for Long-Term Cancer Survivors – finanziato dal Ministero della Salute, nel cui ambito il lungo

sopravvivente oncologico è stato definito come la persona libera da malattia e trattamenti da almeno 5 anni.

Nel 2012-2013 la letteratura oncologica ha dedicato molta attenzione al problema delle diverse definizioni e

interpretazioni del termine “survivor”. Questo è particolarmente rilevante per l’oncologia italiana, dove

pazienti liberi da tumore preferiscono non essere etichettati come “sopravviventi”, bensi’ come “guariti”.

Noi abbiamo proposto che invece si consideri chi ha avuto una diagnosi di tumore come un paziente con una

cronicità fluida, non static, che prevede diverse fasi e diversi outcome [175].

La letteratura internazionale riporta che il 70-80% delle persone con un passato oncologico ha una qualità di

vita non inferiore a quella delle persone che non hanno vissuto questa esperienza; tra esse, una percentuale

non trascurabile elenca effetti positivi – quali, rinnovata spiritualità, modificazione della propria scala di

valori, maggiore autostima e positività, maggiore valorizzazione delle relazioni interpersonali – in genere,

vengono riassunti nel costrutto di crescita post-traumatica. Tuttavia, il restante 20-30% riporta un’eterogenea

lista di effetti negativi, tardivi o a lungo termine, in conseguenza di malattia e trattamenti [176].

7.2 Problema Assistenziale

La lungo sopravvivenza oncologica solleva questioni mediche, psicosociali ed etiche.

Numerosi sono i fattori psicosociali che possono influire sulla qualità di vita di chi ha superato un cancro:

timore di ricadute e secondi tumori; diversa percezione corporea in pazienti sottoposti ad interventi mutilanti

o che alterano, in diversi gradi, l’immagine corporea; preoccupazioni riguardo a sessualità e fertilità;

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

26

sofferenza psicologica legata alla perdita del senso di identità o all’alterazione delle relazioni familiari e

sociali dopo una diagnosi di tumore; ansia, stress e depressione, che possono permanere anche a molta

distanza dalla diagnosi; preoccupazioni legate a possibile discriminazione sul lavoro e assicurativa.

Interventi di assistenza psicologica, programmi riabilitativi e strategie preventive, compresi adeguamenti

negli stili di vita (nutrizione, esercizio fisico, astensione da fumo e alcool, ecc) [177], devono accompagnarsi

a servizi di tipo informativo e assistenziale anche riguardo ad aspetti lavorativi o assicurativi [178]. In italia,

tali servizi sono organizzati in generale per la presa in carico di chi è ammalato, e non di chi convive con

l’aver avuto un tumore o con il rischio di una ricaduta.

7.3 Interventi Raccomandati

Nel 2011, un panel di esperti canadesi ha effettuato una revisione sistematica della letteratura nel tentativo di

realizzare linee guida per orientare l’organizzazione dell’assistenza a pazienti oncologici lungo

sopravviventi, al fine di ottimizzare la loro salute e il loro benessere [179]. Nonostante le evidenze

riscontrate siano generalmente di scarsa qualità, sono emersi alcuni temi rilevanti. In particolare,

l’importanza della “interdisciplinary survivorship care”, cioè l’assistenza fornita da un gruppo

multidisciplinare di esperti che conoscono le problematiche che affrontano le persone che hanno avuto un

tumore, e che sanno rilevare e rispondere tempestivamente ai loro specifici bisogni e all’eventuale distress.

Per una gestione ottimale della lungo sopravvivenza è quindi essenziale una buona comunicazione tra

specialisti – oncologi, radioterapisti, chirurghi – e medici di famiglia, per coordinare insieme il follow-up dei

lungo sopravviventi, evitando mancanze o ridondanze potenzialmente dannose.

Tra gli interventi raccomandati sono citati: l’educazione alla gestione di stili di vita salutari (attività fisica,

cessazione dal fumo, alimentazione equilibrata); il monitoraggio dei sintomi tardivi e a lungo termine, sia

fisici (conseguenze polmonari, cardiache, ormonali, dolore, fatigue, disturbi del sonno e sessuali) sia

psicosociali (ansia, depressione, compromissione dell’immagine corporea, preoccupazioni sessuali e

problemi cognitivi) [177] (Livello di evidenza 1+). A supporto dei necessari cambiamenti comportamentali

per il controllo dei sintomi, ad esempio dello stile di vita, sono raccomandati programmi e interventi di cure

psicosociali e di supporto.

Non è possibile esprimere raccomandazioni su un modello ottimale di follow-up [180]. Seguendo l’esempio

della gestione dei lungo sopravviventi pediatrici, appare sempre più fondamentale attivare servizi dedicati a

tutti i lungo sopravviventi attraverso strutture specializzate nelle problematiche specifiche, con centri di

ascolto e nuove e adeguate competenze diagnostiche, terapeutiche e riabilitative, sia mediche sia

psicosociali, in particolare per i problemi a lungo termine derivanti dalle terapie ed i trattamenti. Nell’ambito

di istituzioni specializzate nella cura dei tumori, la creazione di ambulatori dedicati ai lungo sopravviventi è

sempre più diffusa in molti paesi del mondo [181, 182] e anche in Italia, dove tali strutture stanno nascendo,

anche perché riducono la pressione psicologica su quei pazienti che non vorrebbero più sentirsi “malati”,

evitando loro di rivolgersi ai diversi reparti di cure e/o di confrontarsi con situazioni acute di altri pazienti, e

al tempo stesso offrono risposte specifiche ai loro bisogni.

Fin dall’inizio del percorso terapeutico, occorre chiarire al paziente con una diagnosi di tumore in stadio non

avanzato le conseguenze mediche e psicosociali della malattia e dei trattamenti che potrebbe trovarsi ad

affrontare nel tempo, anche con la guarigione dal tumore. Questo tipo di comunicazione è fondamentale per

poter pianificare la presa in carico e programmare tutti gli interventi necessari ad assicurare al paziente non

solo le migliori probabilità di sopravvivenza, ma anche la possibilità di scegliere trattamenti che rispettino le

sue individuali priorità [183].

7.4 Spunti per ricerche future

La mancanza di una chiara ed univoca definizione di “cancer survivorship”, l’ampia diversità dei campioni

di pazienti – in termini di sito del tumore, fase della malattia, le difficoltà di conduzione di studi di carattere

psicosociale – eterogeneità degli strumenti di rilevazione, intervento di fattori di personalità e di esperienze

sulla qualità di vita, ecc. – caratterizzano gli studi come ad alto rischio di bias. Pertanto, è necessario attuare

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

27

studi controllati, con una metodologia rigorosa, per valutare l’efficacia di interventi/servizi di supporto ai

pazienti sopravvissuti al cancro in condizioni di disagio conseguente a malattia e a trattamenti.

Qualità

dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della

raccomandazione

clinica

B

Ai lungo sopravviventi dovrebbe essere garantita la presa in

carico, multidisciplinare e integrata, per il monitoraggio, la

gestione di eventuali complicanze ed effetti delle

terapie/trattamenti, e in particolare la promozione di stili di vita

sani [177].

Positiva forte

8. Integrare l'assistenza psicosociale nei servizi oncologici

8.1 Dati Epidemiologici

In un report del 2008, l’Institute of Medicine (IOM) americano, raccomandava che gli appropriati interventi

psicosociali dovessero essere integrati nell’assistenza offerta a tutte le persone con tumore [55]. Si stima

tuttavia che almeno il 50% dei malati di tumore non riceva cure psicosociali adeguate ai suoi bisogni [184].

A ciò concorre una serie di fattori: in primo luogo, l’assenza di una adeguata cultura e sensibilità nei sanitari,

che tendono a concentrarsi più sugli aspetti somatici trascurando altre conseguenze ugualmente importanti

della patologia; la carenza di tempo, l’affollamento degli ambulatori e il carico “amministrativo” sono altri

fattori che rendono più difficile l’approccio a queste cure. I bisogni psicosociali insoddisfatti, che attraverso i

meccanismi di persistente stress possono influenzare il tempo di sopravvivenza [185], concorrono inoltre alla

percezione del proprio stato di salute e, soprattutto, alla qualità di vita globale.

In quest’ottica, nella diagnosi e cura della malattia oncologica emerge dunque l’esigenza di costruire percorsi

standardizzati e strutturati che includano interventi di carattere informativo-educativo, a cui si affianchino

modalità di rilevazione delle risorse e delle necessità, presenti nel contesto socio-relazionale della persona, al

fine di attivare gli interventi opportuni.

Integrare l’assistenza psicosociale nella pratica ospedaliera è pertanto una delle sfide assistenziali più

rilevanti che ci aspettano nei prossimi anni.

8.2 Problema Assistenziale

Le cure psicosociali coprono tutti gli aspetti delle cure della persona, con eccezione di quelle dirette contro il

tumore; sono pertanto cure multidisciplinari poiché coinvolgono diversi specialisti: oncologi, psicologi,

infermieri, psichiatri, specialisti in terapie palliative, medici di medicina generale e del territorio e altri

operatori.

Esistono in primo luogo ostacoli organizzativi nell’erogazione degli interventi di tipo psicosociale, dovuti

prevalentemente alla mancanza di coordinamento tra i diversi servizi, che risultano spesso frammentati o

erogati senza tenere conto delle esigenze complessive dell’individuo [184]. Ogni servizio ospedaliero,

erogatore di prestazioni psicosociali, funziona, nella maggior parte dei casi, in modo indipendente dagli altri

(esempio servizi di psicologia o psichiatria o terapie palliative). Ne consegue che tutto il percorso

assistenziale diviene più difficoltoso.

A ciò si deve aggiungere la mancanza di sensibilità e preparazione del personale sanitario verso questi

problemi, la carenza di interventi mirati a implementare nella pratica le cure psicosociali e l’insoddisfazione

e il distress di molti operatori sanitari [186, 187].

Infine, anche quando i servizi vengono offerti, non sempre vengono accettati dai malati; ciò si verifica

soprattutto quando sussistono condizioni per le quali alcune persone possono provare paura o vergogna

(come l’indicazione all’assistenza psicologica per depressione).

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

28

Risulta quindi fondamentale realizzare un processo di presa in carico integrato che, in ogni fase della

malattia tumorale, assicuri il coordinamento delle varie figure coinvolte per garantire una concreta risposta

alle necessità dei pazienti [188]. Nel modello proposto dall’Institute of Medicine americano sono riportate

cinque fasi strutturate a partire dall’identificazione del soggetto che necessita di supporto psicosociale. La

progettazione di un piano di cura a seguito del riconoscimento del bisogno inizia con l’attivazione di una rete

di supporto territoriale che prenda in carico il paziente, per tutto il decorso della patologia oncologica fino al

follow-up [55]. Compito della rete è sostenere il malato tumorale, riconoscendo ed affrontando tanto il

disagio psicologico quanto quello fisico. Gli aspetti emozionali non possono né debbono essere considerati

una normale conseguenza della malattia, pertanto vanno identificati e trattati [189].

8.3 Interventi raccomandati

Il già citato report dell’IOM [55] identifica 5 componenti chiave nel contesto organizzativo in cui integrare le

cure psicosociali:

1) Identificazione dei pazienti con bisogni psicosociali;

2) Costruzione di un piano di interventi per rispondere ai bisogni;

3) Definizione dei meccanismi per avviare i pazienti ai servizi psicosociali;

4) Supporto per l’auto gestione della malattia;

5) Follow-up periodico della prestazione di servizi.

Uno dei metodi più semplici ed economici per identificare i pazienti con bisogni psicosociali richiede

l’impiego sistematico di questionari autosomministrati che danno una prima indicazione dei pazienti per i

quali è necessaria una valutazione più approfondita [190]. Qualora il questionario dimostrasse valori

superiori al cut-off di normalità, si rende necessario un approfondimento mediante colloquio ed intervista

semistrutturata, a cui faccia seguito una adeguata presa in carico, quando necessaria. Ovviamente la sola

identificazione dei pazienti non è sufficiente e va associata ad una organizzazione in grado di offrire una

risposta adeguata per chi ne ha bisogno. A tal fine si rendono necessari profondi interventi di integrazione fra

le strutture già presenti sul territorio, in particolare tra i servizi oncologici e quelli di assistenza psicologica

[191], ma anche fra servizi sociali, cure palliative, hospice etc. [192]. In tale contesto i medici di famiglia

giocano un ruolo importante nell’offrire continuità di cure e servizi [193]. Il successo di questi interventi

dipende anche dal livello con cui i pazienti sono informati e consapevoli della loro situazione e presuppone

l’assenza di rilevanti ostacoli culturali o economici, che rendono tutto il percorso più difficoltoso [194].

La possibilità di essere accompagnati durante la malattia e di sentirsi accolti e non abbandonati dal team di

esperti che utilizzano una comunicazione efficace rappresenta una chiara modalità di lavoro integrato fra tutti

i componenti del percorso di cura [195].

Gran parte dei costi di gestione che possono scaturire da tale integrazione si può abbattere coordinando al

meglio le risorse già presenti, ad esempio migliorando i rapporti funzionali tra le strutture coinvolte.

Un modello utile nella gestione del disagio psicosociale è il “Chronic Care Model” di Wagner et al [196], il

quale prevede una stretta collaborazione tra due figure professionali quali il "Primary Care Provider" e il

"Case Manager". Tale integrazione, anche comunicativa, favorisce il rapporto tra paziente e staff clinico,

migliorando l'aderenza ai trattamenti.

La “collaborative care” si articola in diverse possibili tipologie di approccio, quali ad esempio: DCPC

(Depression Care for People With Cancer) [197]; ADAPt-C (Alleviating Depression Among Patients With

Cancer) [198]; IMPACT (Improving Mood-Promoting Access to Collaborative Treatment) [199]; INCPAD

(Indiana Cancer Pain and Depression) [200]; MHADRO (Mental Health Assessment and Dynamic Referral

for Oncology) [201]. Tutti questi modelli si fondano sulla strutturazione di una collaborazione fra personale

infermieristico ed équipe psico-oncologica, e possono utilizzare anche monitoraggi telefonici o telematici.

L'integrazione fra assistenza psicosociale ed oncologia parte dall'inserimento, nello screening abituale dei

pazienti, di una valutazione del disagio emozionale ed ambientale, attraverso la misurazione dei livelli di

distress e dei sintomi depressivo-ansiosi. Fondamentale è l'identificazione, nella rete di cura, di una figura di

riferimento, coordinatrice dei processi assistenziali che favorisca lo scambio tra gli specialisti coinvolti. In

genere questo ruolo viene svolto da un infermiere care manager.

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

29

I 4 studi randomizzati sopracitati intendevano tutti verificare gli effetti di un modello di Collaborative Care

con interventi diretti o a distanza (telecare) [200] su numerosi esiti, tra cui la depressione: Strong et al [197]

su 200 pazienti; Ell et al [198] 472 soggetti ispanici; Fann et al [199] 215 soggetti anziani; o depressione e

dolore: Kroenke et al [200] 405 pazienti. Tutti questi RCT dimostrano che interventi psicosociali con un

approccio di collaborative care portano benefici ai pazienti sul controllo della depressione, riducono lo

stigma associato al trattamento di malattie psichiatriche e migliorano gli outcome [197-200] (livello di

evidenza 1++).

Modelli di cure collaborative sono stati applicati anche in altri campi della medicina per trattare la

depressione in pazienti con altre patologie croniche quali il diabete e lo scompenso cardiaco [202-204].

È inoltre utile definire dei workflow per ottimizzare le performance assistenziali e predisporre follow up di

verifica. In tale processo, fondamentali risultano i momenti psico-educazionali per sviluppare una

consapevolezza del paziente dei disturbi psicosociali legati alla malattia tumorale [184]. L'uso di strumenti in

grado di definire le criticità del paziente risulta vantaggioso nell'ottica della identificazione prospettica di

potenziali fattori di rischio, indicatori di una probabile presa in carico successiva [56].

Infine va sottolineata la difficoltà di implementazione e diffusione di questi modelli e in generale degli

interventi psicosociali. Ad esempio, malgrado la disponibilità di linee guida e raccomandazioni, da parte

dell’NCCN, sulla necessità dello screening del distress e su altri interventi psicosociali, questi interventi

vengono utilizzati in poche realtà, mettendo in chiara evidenza come sia necessario e urgente studiare

strategie di applicazione, nella pratica clinica, di queste misure.

8.4 Spunti per ricerche future

Si ravvisa la necessità di ampi studi controllati per identificare modalità cost-effectiveness per soddisfare i

bisogni psicosociali, nell’ambito della prevenzione e del trattamento, anche alla luce di valutazioni

discordanti [205]. Occorre inoltre indagare modelli integrati di assistenza psicosociale che siano in grado di

gestire una vasta gamma di sintomi e disturbi causa di distress, che spesso sono presenti insieme in un

paziente, risultano strettamente connessi tra di loro e si alimentano a vicenda.

Qualità

dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della

raccomandazione

clinica

A

Un approccio di "collaborative care" deve essere offerto a tutti i

pazienti, in quanto porta benefici sul versante emozionale e

migliora l'outcome delle terapie [197-200]. Positiva forte

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

30

9. Termini e definizioni

Cure psicosociali

Le cure psicosociali comprendono tutti gli aspetti dell’assistenza per i pazienti con tumore ad eccezione delle

tradizionali cure mediche, chirurgiche e radioterapiche (Institute of Medicine, IOM, report 2008). Molti

studi, compresi trial clinici randomizzati e linee guida, dimostrano che diverse tipologie d’intervento possono

migliorare significativamente lo stato psicologico e sociale di pazienti e familiari. [Turner et al. Psycho-

oncology 2005]. Gli interventi possibili includono, anche se non si limitano, i seguenti aspetti:

• Identificazione e cura dei problemi psicologici e psicopatologici nei pazienti e familiari/caregiver;

• Identificazione e supporto dei bisogni sociali;

• Informazione e comunicazione fra sanitari e pazienti;

• Educazione di malati e familiari/caregiver;

• Misure per ridurre o eliminare le disparità nell’accesso alle cure;

• Cure di fine vita inclusi gli interventi sul lutto, il “care” dei familiari;

• Cure di supporto per i sopravvissuti/lungo sopravviventi al tumore;

• Cura di specifici problemi quali, insonnia, fatigue, sessualità ecc.;

• Cure riabilitative oncologiche per la compromissione della funzionalità psicofisica;

• Interventi sugli ambienti di cura.

Distress

Il termine distress si riferisce a una spiacevole esperienza emotiva multifattoriale di natura psicologica

(cognitiva, comportamentale, emozionale), sociale e/o spirituale che può interferire con la capacità di

affrontare efficacemente la malattia tumorale, i suoi sintomi e il trattamento (NCCN Guidelines distress

management 2012).

Il distress si estende su un continuum che va da normali sentimenti di vulnerabilità, tristezza e paure a

problemi che possono portare a disabilità quali depressione, ansia, panico, isolamento sociale e crisi

esistenziali e spirituali.

Il distress può essere definito e misurato con strumenti autosomministrati.

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

31

10. Figure

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LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

32

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LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

33

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LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

34

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LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

35

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LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

36

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gnostico te

rapeutico

•S

tabili

re c

apacità

decis

ionale

•A

nalis

i bis

ogni

info

rmativi

•C

hia

rire

opzi

oni d

i

tratt

am

ento

e s

copi

della

cura

•C

onsegna lis

ta d

i

dom

ande

•P

resenta

zione

infe

rmie

re d

i ri

feri

mento

•P

resenta

zione d

el re

part

o

•S

pie

gazi

one d

el perc

ors

o d

i

cura

, sin

goli

farm

aci,

som

min

istr

azi

one e

tossic

ità

•C

onsegna m

ate

riale

info

rmativo

•E

ducazi

one a

lla g

estione

eff

ett

i colla

tera

li della

tera

pia

•S

cre

enin

g p

er

ansia

e

depre

ssio

ne

•S

cre

enin

g p

er

bis

ogni s

ocia

li

Riv

alu

tazi

one p

re-t

era

pia

Educazi

one

del m

ala

to

e d

el fa

mili

are

/care

giv

er

Accesso

al P

IS (

vediQ

1)

•V

isita p

re-t

era

pia

con

rivalu

tazi

one

com

ple

ssiv

a d

el

pro

gra

mm

a te

rapeutico

•R

accolta c

onsenso

•V

eri

fica bis

ogni e

com

plia

nce

Nota

: tu

tte le r

acco

man

dazio

ni so

no

di livello

1-

o 2

-, c

on

fo

rza B

se n

on

alt

rim

en

ti in

dic

ato

Ved

iQ

2

Ad

destr

am

en

toall

a

co

mu

nic

azi

on

ee

rela

zio

ne

co

l p

azi

en

te

Ved

i

Q1 e

Q2

Ved

iQ

1

Ved

iA

pp

1

Ved

iQ

3

Q1-Q

2:

Info

rmare

, ed

ucare

e c

om

un

icare

co

l p

azie

nte

e f

am

ilia

re/c

are

giv

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Ove

rvie

wd

el p

roce

sso

info

rma

tivo

: P

azie

nte

in tra

tta

me

nto

me

dic

o

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

37

Sin

tesi d

ell

e e

vid

en

ze s

cie

nti

fich

e: R

ilevare

e r

isp

on

dere

al d

isag

io p

sic

olo

gic

o

Il d

istr

ess

dei pazie

nti d

eve e

ssere

rile

vato

com

e V

I para

metr

o v

itale

al p

ari

di te

mpera

tura

corp

ore

a, fr

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ard

iaca,

frequenza resp

irato

ria, pre

ssio

ne a

rteri

osa

e d

olo

re.

Il d

isagio

deve e

ssere

ric

onosc

iuto

, m

onitora

to e

docum

enta

to d

ura

nte

tutt

e le

fasi

di m

ala

ttia

tum

ora

le in

quals

iasi

am

bie

nte

di pra

tica c

linic

a o

ncolo

gic

a

Div

ers

i str

um

enti s

ono s

tati u

tiliz

zati in

lett

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tura

per

mis

ura

re il dis

tress

. T

ra q

uest

i, a

lcune s

cale

(ad e

s. H

osp

ital A

nxie

tyand D

epre

ssio

nsc

ale

, H

AD

S; B

rief S

ym

pto

mIn

vento

ry 1

8, B

SI-

18),

o s

trum

enti b

revi o

ultra

-bre

vi (

ad e

s. T

erm

om

etr

o d

el

Dis

tress

), p

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facili

tare

la identifica

zio

ne d

i dis

tress

genera

le e

la s

tim

a d

ei q

uadri

di ansi

a e

di depre

ssio

ne.

Cir

ca il 3

0%

dei pazie

nti p

rese

nta

un d

istr

ess

clin

icam

ente

sig

nific

ativ

o (di entità

modera

ta o

severa

), s

uperi

ore

al cut-

off

pre

vis

to p

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la s

cala

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i utiliz

za. L

a s

ensi

bili

tà e

la s

pecific

ità d

i quest

i st

rum

enti o

scill

a fra

il 7

0 e

80%

.

I pazie

nti c

on d

istr

ess

modera

to o

severo

devono e

ssere

invia

ti p

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una c

onsu

lenza p

siconcolo

gic

aper

appro

fondim

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dia

gnost

ico (

inte

rvis

ta s

em

istr

utt

ura

ta, c

ollo

quio

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est

spsi

codia

gnost

ici)

È r

accom

andata

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ttenzio

ne a

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sto fam

iliare

sia

perc

hé la r

ispost

a a

l dis

tress

, oltre

ad e

ssere

influenzata

dagli

asp

ett

i clin

ici, d

ipende a

nche d

al clim

a in

trafa

mila

ire, s

ia p

erc

hé il dis

tress

è identificabile

nel 30%

cir

ca d

ei f

am

iliari d

ei p

azie

nti

I pazie

nti c

on q

uadri

psi

colo

gic

i o p

sicopato

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i clin

icam

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sig

nific

ativ

i (dis

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ele

vato

, dis

turb

i depre

ssiv

i, d

istu

rbi

d’a

nsi

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si g

iovano d

i in

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siconcolo

gic

iinte

gra

ti (sp

ecific

i modelli

di psi

cote

rapia

, in

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sicofa

rmacolo

gic

i)

Div

ers

i tip

i di p

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rapia

indiv

iduale

o d

i gru

ppo s

ono s

tati s

tudia

ti in

tri

als

clin

ici r

andom

izzati e

meta

nalis

ie s

i so

no

dim

ost

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ffic

aci

nella

pra

tica c

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a a

nche s

e l’a

nalis

i dell’

eff

icacia

delle

psi

cote

rapie

ris

ulta a

ssai com

ple

ssa.

Le c

ondiz

ioni p

sicopato

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he (ad e

s., depre

ssio

ne m

aggio

re e

dis

turb

i dell’u

more

in g

enere

, di gra

do s

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, dis

turb

i d’a

nsi

a e

dell’

adatt

am

ento

di g

rado s

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, delir

ium

, ris

chio

suic

idari

o)

devono e

ssere

tra

ttati c

on inte

rventi p

sichia

tric

i st

rutt

ura

ti

Gli

inte

rventi p

sicofa

rmacolo

gic

i (benzodia

zip

ine, a

ntipsi

cotici, a

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ssiv

i, a

ltri

farm

aci p

sicotr

opi)

sono e

ffic

aci

nel

tratt

am

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dei div

ers

i quadri

psi

copato

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i nei pazie

nti c

on c

ancro

.

Q3:

Rilevare

e r

isp

on

dere

al d

isag

io p

sic

olo

gic

o

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

38

On

co

log

o,

iIn

ferm

iere

di

on

co

log

iae

psic

olo

go

VA

LU

TA

ZIO

NE

M

UL

TID

ISC

IPL

INA

RE

TD

sco

re >

4

Evid

en

zacli

nic

ad

i

dis

tress m

od

era

to (T

D

5-7

) o

severo

(TD

> 7

),

Nessu

na e

vid

en

za

di d

istr

ess

Evid

en

za d

i d

istr

ess lie

ve

(TD

<4)

Co

nsu

lto

team

cu

ran

te:

on

co

log

o-p

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olo

go

-

infe

rmie

re-a

ssis

ten

te s

ocia

le

Valu

tazi

on

e p

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co

log

ica

per

ap

pro

fon

dim

en

to

Inte

rven

to

Psic

olo

gic

o

Tra

ttam

en

tod

i

dis

turb

id

i an

sia

,

dep

ressio

ne, ecc.

Nessu

n

inte

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toF

oll

ow

-up

peri

od

ico

Fo

llo

w-u

p

peri

od

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Scre

en

ing

rap

ido

del d

istr

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Scre

en

ing

dei

bis

og

nis

ocia

li:

TD

ecc.

Ap

p1

Se p

resen

zad

i ri

levan

tib

iso

gn

ip

rati

ci,

fam

ilia

ri, s

pir

itu

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V

alu

tazi

on

eT

eam

Mu

ltid

iscip

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are

on

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o, p

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go

, assis

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teso

cia

le,

med

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di fa

mig

lia

Co

invo

lgim

en

toe a

ffid

am

en

toai

serv

izi

so

cia

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all

iati

ve, v

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nta

riato

.

Fare

pia

no

asis

ten

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co

nd

ivis

oco

n

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iglia

e m

ed

ico

cu

ran

te

Fo

llo

w-u

p p

eri

od

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Q3:

Rilevare

e r

isp

on

dere

al d

isag

io p

sic

olo

gic

o e

ai b

iso

gn

i so

cia

li (

Q4)

Fo

llo

w-u

p

peri

od

ico

Ved

i

Ap

p 2

-5

Nota

: tu

tte le r

acco

man

dazio

ni so

no

di livello

1-

o 2

-, c

on

fo

rza B

se n

on

alt

rim

en

ti in

dic

ato

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

39

TE

RM

OM

ET

RO

DE

L D

IST

RE

SS

National C

om

pre

hensiv

e C

ancer

Netw

ork

, P

ractic

e G

uid

elin

es in O

ncolo

gy, v.1

.2007

La p

reghia

mo d

i cerc

hia

re il n

um

ero

(da 0

a 1

0)

che

meglio

descri

ve la q

uantità

di dis

agio

em

otivo c

he h

a

pro

vato

nell’

ultim

a s

ett

imana, o

ggi c

om

pre

so.

10 =

massim

o d

isag

io e

mo

tivo

(massim

o d

istr

ess)

0 =

nessu

n d

isag

io e

mo

tivo

(nessu

n d

istr

ess)

PR

OB

LE

MI P

RA

TIC

I

nella

cura

dei figli

di allo

ggio

econom

ici

scola

stici/la

vora

tivi

di tr

asport

o

PR

OB

LE

MI R

EL

AZ

ION

AL

I

nel ra

pport

o c

on il p

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ner

nel ra

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o c

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li

nel ra

pport

o c

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PR

OB

LE

MI E

MO

ZIO

NA

LI

depre

ssio

ne

paure

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osis

mo

tr

iste

zza

pre

occupazi

one

perd

ita d

i in

tere

ssi

nelle

usuali

att

ività

AS

PE

TT

I S

PIR

ITU

AL

I

pro

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mi i

nere

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ropri

a fede o

gli

aspett

i spir

ituali

(ad e

s.

il senso

dell’

esis

tenza

)

La

pre

ghia

mo

diin

dic

are

con

una

cro

cett

aquali,

tra

leseguenti

voci

,sono

sta

teun

pro

ble

ma

ouna

causa

di

dis

agio

nell’

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ma

settim

ana,

oggi

com

pre

so.

PR

OB

LE

MI F

ISIC

I

pro

ble

mi d

i sonno

dolo

re

pro

ble

mi a

lavars

i/vestirs

i

nausea

senso d

i fa

tica e

sta

nchezz

a

pro

ble

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muovers

i

pro

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mi r

espir

ato

ri

ulc

ere

alla

bocca

pro

ble

mi a

d a

limenta

rsi

difficoltà a

dig

eri

re

stipsi

dis

turb

i della

min

zione

fe

bbre

secchezz

a d

ella

cute

, pru

rito

naso c

hiu

so, senso d

i secchezz

a

fo

rmic

olio

alle

mani o

ai p

iedi

senso d

i gonfiore

pro

ble

mi s

essuali

dia

rrea

pro

ble

mi d

i m

em

oria o

di

concentr

azi

one

pro

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mi s

u c

om

e c

i si v

ede o

com

e s

i appare

Q3:

Rilevare

e r

isp

on

dere

al d

isag

io p

sic

olo

gic

o

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

40

Dia

gn

osi

Inte

rve

nto

Ps

ico

log

ico

e/o

Ps

ich

iatr

ico

Va

luta

zio

ne

Tra

tta

me

nto

Fo

llo

w-u

p

Team

multid

iscip

linare

:

oncolo

go, psic

olo

go, p

sic

hia

tra

,

infe

rmie

ree a

ssis

tente

socia

le.

Indagare

cause d

i depre

ssio

ne

e f

att

ori

concom

itanti

Inte

rvis

taclin

ica

-D

SM

-IV

(in

fie

riD

SM

-5)

-IC

D-1

0 (

in fie

riIC

D-1

1)

Str

um

enti

psic

odia

gnostic

i(ad

es. B

eck D

epre

ssio

n Invento

ry;

Hopele

ssness s

cale

).

Tra

ttam

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Psic

ofa

rmacolo

gic

o

(Antidepre

ssiv

idi II

I o d

i II

genera

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Com

unic

azi

one

col t

eam

oncolo

gic

o

Com

unic

azi

one

con la

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iglia

Follo

w-u

p e

riv

alu

tazi

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peri

odic

a

Dis

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i dell’

um

ore

(Depre

ssio

ne

Maggio

re)

Valu

tazi

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psic

oncolo

gic

a

Q3:

Rilevare

e r

isp

on

dere

al d

isag

io p

sic

olo

gic

o

Psic

ote

rapia

(ad e

s.

cognitiv

o/ c

om

port

am

enta

le;

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rapia

inte

rpers

onale

)

Ric

overo

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hia

tric

o(s

e

ele

vato

rischio

suic

idari

o)

Nota

: tu

tte le r

acco

man

dazio

ni so

no

di livello

1-

o 2

-, c

on

fo

rza B

se n

on

alt

rim

en

ti in

dic

ato

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

41

Dia

gn

osi

Inte

rven

toP

sic

olo

gic

oe/o

Psic

hia

tric

o

Va

luta

zio

ne

Tra

tta

me

nto

Fo

llo

w-u

p

Q3:

Rilevare

e r

isp

on

dere

al d

isag

io p

sic

olo

gic

o

Cause d

i ansia

(cancro

,

dis

turb

i som

atici

, farm

aci) e

fatt

ori

concom

itanti (sto

ria

indiv

iduale

e f

am

iliare

di

ansia

, support

i socia

li, e

venti

str

essanti)

Inte

rvis

ta c

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a

-D

SM

-IV

(in

fie

ri D

SM

-5)

-IC

D-1

0 (

in fie

ri IC

D-1

1)

Str

um

enti p

sic

odia

gnostic

i

(Sta

te-T

rait A

nxi

ety

Invento

ry; Im

pact o

fE

vent

Scale

)

Tra

ttam

en

toP

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rmaco

log

ico

-Sulsin

tom

o(b

enzo

dia

zepin

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-Suldis

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o(f

arm

aci

con p

ropri

età

sero

tonerg

iche)

Follo

w-u

p e

rivalu

tazi

one

peri

odic

a

Com

unic

azi

one

col t

eam

oncolo

gic

o

Com

unic

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con la

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iglia

Dis

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id’A

nsia

Dis

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iStr

ess –

Corr

ela

ti

(dis

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ida S

tress P

ost-

Tra

um

atico

)

Psic

ote

rapia

(ad e

s.

cognitiv

o/ c

om

port

am

enta

le)

Nota

: tu

tte le r

acco

man

dazio

ni so

no

di livello

1-

o 2

-, c

on

fo

rza B

se n

on

alt

rim

en

ti in

dic

ato

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

42

Dia

gn

osi

Inte

rven

toP

sic

olo

gic

oe/o

Psic

hia

tric

o

Va

luta

zio

ne

Tra

tta

me

nto

Fo

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w-u

p

Q3:

Rilevare

e r

isp

on

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al d

isag

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gic

o

Cause d

i difficoltà d

i

adatt

am

ento

(cancro

,

dis

turb

i som

atici

, farm

aci) e

fatt

ori

concom

itanti (sto

ria

indiv

iduale

, stili

di c

opin

g,

support

i socia

li, e

venti

str

essanti)

Inte

rvis

ta c

linic

a

DS

M-I

V (

in fie

ri D

SM

-5)

ICD

-10 (

in fie

ri IC

D-1

1)

Str

um

enti p

sic

odia

gnostic

i

(Min

i-M

enta

ladju

stm

entt

o

Cancer

Scale

)

Cousnelli

ng

e inte

rventi

psic

olg

icis

upport

ivi

Follo

w-u

p e

rivalu

tazi

one

peri

odic

a

Com

unic

azi

one

col t

eam

oncolo

gic

o

Com

unic

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one

con la

fam

iglia

Dis

turb

i Str

ess –

Corr

ela

ti

(dis

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i dell’

adatt

am

ento

)

Psic

ote

rapia

(ad e

s.

cognitiv

o/ c

om

port

am

enta

le)

Tra

ttam

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psic

ofa

rmacolo

gic

o (se

necessari

o, in

funzi

one d

ella

tip

olo

gia

del quadro

: ansia

pre

vale

nte

;

dem

ora

lizza

zione p

revale

nte

, um

ore

irri

tabile

; quadro

mis

to)

Nota

: tu

tte le r

acco

man

dazio

ni so

no

di livello

1-

o 2

-, c

on

fo

rza B

se n

on

alt

rim

en

ti in

dic

ato

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

43

Dia

gn

osi

Inte

rven

toP

sic

hia

tric

o

Va

luta

zio

ne

Tra

tta

me

nto

Fo

llo

w-u

p

Q3:

Rilevare

e r

isp

on

dere

al d

isag

io p

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olo

gic

o

Cause d

i delir

ium

e f

att

ori

concom

itanti

(cancro

,

dis

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i som

atici

farm

aci)

Inte

rvis

ta c

linic

a

DS

M-I

V (

in fie

ri D

SM

-5)

ICD

-10 (

in fie

ri IC

D-1

1)

Str

um

enti p

sic

odia

gnostic

i:

Mem

ori

alD

elir

ium

Assessm

entS

cale

Delir

ium

Rating S

cale

Tra

ttam

ento

etiolo

gic

o e

support

ivo

Follo

w-u

p e

rivalu

tazi

one

peri

odic

a

Com

unic

azi

one

col t

eam

oncolo

gic

o

Com

unic

azi

one

con la

fam

iglia

Delir

ium

Tra

ttam

ento

Psic

ofa

rmacolo

gic

o

(antipsic

otici t

ipic

i o a

tipic

i)

Inte

rvento

educazi

onale

/

com

port

am

enta

le d

i sta

ff

Nota

: tu

tte le r

acco

man

dazio

ni so

no

di livello

1-

o 2

-, c

on

fo

rza B

se n

on

alt

rim

en

ti in

dic

ato

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

44

Sin

tesi d

ell

e e

vid

en

ze s

cie

nti

fich

e: E

lim

inare

le e

merg

en

ti d

isp

ari

tà n

ell

’accesso

all

e c

ure

•Le d

iffe

renze c

ultura

li in

siem

e c

on le d

iffe

renze s

ocio

econom

iche s

ono la c

ausa

pri

ncip

ale

delle

dis

uguaglia

nze n

ell’

access

o a

gli

inte

rventi d

i pre

venzio

ne, s

cre

enin

g, ai m

iglio

ri s

tandard

di cura

, all’

arr

uola

mento

nei t

rials

clin

ici, a

ll’adeguato

contr

ollo d

el

dolo

re,a

lle tera

pie

di s

upport

o e

di fine v

ita,a

gli

inte

rventi

psi

coso

cia

li, e

d a

l su

pport

o d

ei lu

ngo s

opra

vviv

enti

•E

’ pert

anto

indis

pensa

bile

un inquadra

mento

iniz

iale

del p

azie

nte

dal punto

di vis

ta d

ella

sua s

tori

a c

ultura

le, utiliz

zando 7

liv

elli

di

valu

tazio

ne c

ultura

le

•L’ anam

nesi

socio

-cultura

le d

el pazie

nte

aiu

terà

i sa

nitari

ad u

na m

aggio

re c

onsa

pevole

zza v

ers

o il

conte

sto c

ultura

le e

socia

ledel

pazie

nte

e d

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fam

iglia

ed e

ssi sa

ranno m

aggio

rmente

in g

rado d

i pro

porr

e u

n p

rogra

mm

a d

i ass

iste

nza e

di c

ura

•Le c

onosc

enze c

ultura

li acquis

iste

serv

iranno p

er

dete

rmin

are

lo s

tile

di com

unic

azio

ne d

a u

tiliz

zare

con il p

azie

nte

e p

er

com

pre

ndere

le s

ue

necess

ità in r

apport

o a

lla s

ua c

ultura

ed a

l gru

ppo e

tnic

o e

socia

le a

cui appart

iene

•U

na m

odalit

à d

i com

unic

azio

ne c

he d

imost

ra c

apacità d

i c

om

pete

nza c

ultura

le, se

nsi

bili

tà e

d a

ttenzio

ne a

i valo

ri, a

lle c

rede

nze

e

alle

specific

he a

bitudin

i aiu

ta a

sta

bili

re r

ecip

roco r

ispett

o, condiz

ione n

ecess

ari

a

per

cost

ruir

e u

n’a

lleanza tera

peutica e

rid

urr

e i

risc

hi di conflitti.

•I sa

nitari

devono e

ssere

consa

pevoli

dei pro

pri

pre

giu

diz

i che p

oss

ono g

enera

re f

ort

i reazio

ni n

egative quando s

i confr

onta

no c

on

pazie

nti d

i div

ers

o b

ackgro

und c

ultura

le

•S

ono n

ecess

ari

pro

gra

mm

i di educazio

ne a

lla c

om

pete

nza c

ultura

le e

tra

inin

g p

er

studenti d

i medic

ina e

d o

pera

tori

sanitari

•O

ve d

siponib

ile, e

’ bene u

tiliz

zare

un inte

rpre

te p

rofe

ssio

nale

che a

gis

ca c

om

e m

edia

tore

cultura

le in

colla

bora

zio

ne c

on il te

am

oncolo

gic

o

•P

art

e d

ella

com

pete

nza c

ultura

le c

onsi

ste n

ell’

impara

re a

sin

cro

niz

zare

il li

nguaggio

verb

ale

con il l

inguaggio

non v

erb

ale

tenendo

conto

delle

diffe

renti s

ensi

bili

tà c

ultura

li.

•E

’ necess

ari

o inoltre

sta

bili

re u

na c

olla

bora

zio

ne fra

le s

ingole

com

unità e

d il m

ondo c

linic

o in

modo d

a f

orn

ire s

erv

izi s

pe

cific

i alla

cultura

di quella

com

unità e

lavora

re in

siem

e p

er

ass

icura

re s

erv

izi c

he s

iano u

tili

ed e

ffic

aci,

ma in

arm

onia

con la loro

vis

ione d

el

mondo, le

cre

denze, i valo

ri e

le p

ratiche d

i quel conte

sto s

ocio

cultura

le

Q5:

Elim

inar

e le

dis

par

ità

nel

l’acc

esso

alle

cu

re

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

45

Q5:

Elim

inar

e le

dis

par

ità

nel

l’acc

esso

alle

cu

re

Inq

ua

dra

me

nto

cu

ltu

rale

de

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azie

nte

Liv

elli

di

va

luta

zio

ne

Cultu

rale

Am

bie

nte

di

ap

part

en

en

za

Eco

no

mia

Resi

denza /

cara

tteri

stic

he d

el v

icin

ato

Backgro

und s

ocio

-cultura

le

Conte

sto s

tori

co -

polit

ico

Tecn

olo

gia

Inclu

de q

uella

necess

ari

a p

er

il ese

guir

e il p

ropri

o la

voro

Sic

ure

zza d

ell’

am

bie

nte

di la

voro

Reli

gio

ne

Fede / V

isio

ne b

iom

edic

ina o

ccid

enta

le

Lin

gu

a

Impie

go / G

uadagno

Com

pre

nsi

one d

i in

form

azi

oni m

edic

he d

i base

Padro

nanza li

nguis

tica

Str

utt

ura

so

cia

le

Posi

zio

ne s

ocia

le

Influenza fatt

ori

socio

-cultura

li

Sess

o

Età

Valo

ri

Va

luta

zio

ne

in

izia

le

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

46

Q5:

Elim

inar

e le

dis

par

ità

nel

l’acc

esso

alle

cu

re

Inq

ua

dra

me

nto

cu

ltu

rale

de

l p

azie

nte

San

itari

cli

nic

i

on

co

log

i e

Infe

rmie

ri

Acquis

izio

ne

com

pete

nza

cultura

leN

egozi

azi

one

Cultura

pers

onale

Cultura

pro

fessio

nale

•N

ozi

one

di cultura

•R

ela

zione

Conte

sto

cultura

le e

Idea d

i salu

te

•C

om

unic

azi

one

eff

icace

•C

om

unic

azi

one

adeguata

•R

azz

ism

o

Sensib

ilità

e a

ttenzi

one

ai fa

ttori c

ultura

li

Mig

liora

mento

del

pro

gra

mm

a

di assis

tenza

Maggio

r

com

pre

nsio

ne

delle

necessità

del pazi

ente

Alle

anza

tera

peutica

Consapevole

zza

dei

pro

pri

pre

giu

diz

i

Mig

liora

mento

di: •C

onoscenza

•Condiv

isio

ne

•Capacità d

i

azi

one

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

47

Q5:

Elim

inar

e le

dis

par

ità

nel

l’acc

esso

alle

cu

re

Inq

ua

dra

me

nto

cu

ltu

rale

de

l p

azie

nte

Org

an

izza

zio

ni

Favori

re

att

ività

cultura

lmente

com

pete

nte

Istitu

zione d

i

sta

ndard

e

di lin

ee g

uid

a

Att

enzi

one

sulle

dis

pari

Maggio

r colla

bora

zione

tra c

om

unità e

mondo c

linic

o

Impie

go d

i tra

dutt

ori

pro

fessio

nis

ti

Form

azi

one c

ontinua d

ei div

ers

i opera

tori

Mig

liora

mento

delle

capacità c

om

unic

ative

Pro

cesso d

i

media

zione

linguis

tico c

ultura

le

Specia

lizza

ti

in m

ate

ria

medic

a

Term

inolo

gia

specific

a

Div

ers

ific

azi

one

cultura

le

della

forz

a la

voro

Form

azi

one

specific

a

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

48

Sin

tesi d

ell

e e

vid

en

ze s

cie

nti

fich

e: C

ure

di F

ine V

ita (

inte

rven

ti s

ul lu

tto

, “care

”d

ei fa

mil

iari

)

Un a

ppro

ccio

glo

bale

e c

entr

ato

sulla

fam

iglia

nel su

o insi

em

e e

non s

olo

sul pazie

nte

rappre

senta

un r

equis

ito

indis

pensa

bile

per

cure

di f

ine v

ita a

ppro

pri

ate

e d

i qualit

à

Cir

ca il 3

0%

dei fa

mili

ari

di pers

one a

ffetti d

a c

ancro

in fase

avanzata

e s

eguite in

ass

iste

nza p

alli

ativis

tica p

rese

nta

sin

tom

i di dis

tress

em

ozio

nale

e d

istu

rbi psi

colo

gic

i (dis

turb

i d’a

nsi

a, dis

turb

i depre

ssiv

i).

Analo

gam

ente

, il 2

0-2

5%

dei fa

mili

ari p

rese

nta

quadri

di dis

agio

success

ivam

ente

alla

perd

ita d

el pro

pri

o c

aro

(lu

tto

“com

plic

ato

”o p

ato

logic

o)

Tali

condiz

ioni d

i dis

agio

ante

cedenti a

l perd

ita (

c.d

. “l

utt

o a

nticip

ato

rio

”) e

success

ivam

ente

alla

perd

ita (

lutt

o p

.d.)

devono

ess

ere

ric

onosc

iute

, m

onitora

te e

docum

enta

te s

ia n

ella

fase

di a

ssis

tenza p

alli

ativis

tica e

nel f

ollo

w-u

p

Div

ers

i str

um

enti s

ono s

tati u

tiliz

zati in

lett

era

tura

per

mis

ura

re s

ia le c

ondiz

ioni g

enera

li di dis

tress

(ad e

s. T

erm

om

etr

odel

Dis

tress

), s

ia le c

ondiz

ioni d

i dis

agio

più

str

utt

ura

to (

ad e

s. B

rief S

ym

pto

m Invento

ry 1

8, B

SI-

18; In

vento

ry o

f T

raum

atic

Gri

ef)

), s

ia d

i valu

tazio

ne d

el conte

sto f

am

iliare

(ad e

s. F

am

ily R

ela

tionsh

ip Index-F

RI)

La c

reazio

ne d

i una r

ete

di so

stegno/inte

rvento

(la

voro

d’é

quip

e)

e d

i un se

ttin

g a

ssis

tenzia

le c

he f

avori

sca la

com

unic

azio

ne, l

’asc

olto, l’e

mpatia v

ers

o la

fam

iglia

oltre

che il p

azie

nte

sono v

ari

abili

centr

ali

nelle

cure

di fine v

ita

I fa

mili

ari

con d

istr

ess

modera

to o

severo

o a

ppart

enenti a

str

utt

ure

fam

iliari

dis

funzio

nali

devono e

ssere

invia

ti p

er

una

consu

lenza p

siconcolo

gic

a d

i appro

fondim

ento

dia

gnost

ico (

inte

rvis

ta s

em

istr

utt

ura

ta, collo

quio

clin

ico, t

est

s psi

codia

gnost

ici)

Inte

rventi educazio

nali

e s

upport

ivi r

ivolti a

i fa

mili

ari

sono u

tili

nella

fase

di a

ssis

tenza p

alli

ativis

tica facili

tando la

riduzio

ne

del dis

tress

nei care

giv

ers

Le f

am

iglie

dis

funzio

nali

o c

onflittu

ali

e i f

am

iliari

che p

rese

ntino q

uadri

psi

colo

gic

i o p

sicopato

logic

i clin

icam

ente

sig

nif

icativ

i (d

istr

ess

ele

vato

, dis

turb

i depre

ssiv

i, d

istu

rbi d’a

nsi

a)

si g

iovano d

i inte

rventi p

siconcolo

gic

i inte

gra

ti (sp

ecific

i modelli

di

psi

cote

rapia

, in

terv

enti p

sicofa

rmacolo

gic

i)

Div

ers

i tip

i di p

sicote

rapia

indiv

iduale

o d

i gru

ppo s

ono s

tati s

tudia

ti in

tri

als

clin

ici r

andom

izzati e

meta

nalis

i e s

i so

no

dim

ost

rati e

ffic

aci

nella

pra

tica c

linic

a a

nche s

e l’a

nalis

i dell’

eff

icacia

delle

psi

cote

rapie

ris

ulta a

ssai com

ple

ssa.

Q6:

Cu

re d

i fin

e vi

ta

(int

erve

nti

sul l

utt

o, “

care

” d

ei f

amili

ari)

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

49

Q6:

Cu

re d

i fi

ne v

ita

(in

terv

en

ti s

ul

lutt

o,

“care

” d

ei

fam

ilia

ri)

Ove

rvie

w:

cu

re d

i fi

ne

vit

a,

inte

rve

nti

su

l lu

tto

, c

are

de

i fa

mil

iari

Valu

tazi

on

e

•S

taff

cure

palli

ative

(medic

i, in

ferm

ieri

)

•R

accolta

dati

anam

nestici

•V

alu

tazi

one

del pazi

ente

e d

el fa

mili

are

/care

giv

er

•C

om

unic

azi

one

•P

resenta

zione

del pia

no

dia

gnostico

tera

peutico

•S

tabili

recapacità

decis

ionale

•A

nalis

ibis

ogni

info

rmativi,

socio

econom

icie

pra

tici,

psic

osocia

lie s

pir

ituali

•C

hia

rire

opzi

onid

i

tratt

am

ento

e s

copid

elle

cure

di fine v

ita

•S

cre

enin

g p

er

dis

tress

(pazi

ente

/care

giv

er)

•C

ontr

ollo

del dolo

re e

dei sin

tom

i fis

ici

•com

unic

azi

one a

pert

a, onesta

sulla

aspett

ativa

di vita

•costr

uzi

one d

ella

rete

di s

oste

gno (

fam

iglia

,

serv

izi di C

ure

Palli

ative, volo

nta

riato

)

•m

ante

nim

ento

e p

ote

nzi

am

ento

della

dig

nità d

el

pazi

ente

(narr

azi

one d

ella

pro

pri

a v

ita,

att

ivazi

one d

el valo

re d

i sé, senso d

i

genera

tività

e d

i la

scito d

opo la

mort

e)

Pazi

ente

Care

giv

er

•D

efiniz

ione d

elle

modalit

à d

i ris

posta

em

otiva e

delle

capacità d

i adatt

am

ento

della

fam

iglia

(Fam

ily R

ela

tionship

Index)

•C

om

unic

azi

one a

pert

a, onesta

sulla

aspett

ativa

di vita del m

ore

nte

•S

celta d

el lu

ogo m

iglio

re p

er

la m

ort

e d

el

congiu

nto

•F

avori

re la

com

unic

azi

one, il

senso d

i

pre

senza

, il

d

ialo

go c

om

part

ecip

ativ

onei

fam

iliari

•F

avori

readatt

am

ento

nellu

tto

(follo

w-u

p)

Ved

iQ

1-Q

2

Ved

iA

pp

1

LINEE GUIDA ASSISTENZA PSICO-SOCIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

50

Sin

tesi d

ell

e e

vid

en

ze s

cie

nti

fich

e: In

teg

rare

l’a

ssis

ten

za p

sic

oso

cia

le n

ei serv

izi o

nco

log

ici

•S

i stim

a c

he a

lmeno il

50%

dei m

ala

ti d

i cancro

non r

icevano c

ure

psi

coso

cia

li adeguate

ai lo

ro b

isogni

e c

iò influenza

negativam

ente

non s

olo

la q

ualit

à d

i vita m

a a

nche la p

rognosi

di m

ala

ttia

.

•Le c

ure

psi

coso

cia

li com

pre

ndono u

n a

mpio

range

di pro

ble

mi p

rese

nti n

el decors

o d

ella

mala

ttia

di t

ipo e

mozio

nale

, socia

le,

palli

ativo e

logis

tico.

•L’in

tegra

zio

ne c

on le tera

pie

att

ive a

nti n

eopla

stic

he d

eve e

ssere

sta

bili

ta in

tutt

i gli

stadi, d

allo

scre

enin

g a

lle c

ure

pa

lliative e

att

ravers

o tutt

e i

repart

i e le s

edi di cura

così

com

e s

ul te

rritori

o e

con il m

edic

o d

i fa

mig

lia.

•I clin

ici d

evono e

ssere

maggio

rmente

sensi

bili

zzati a

lle p

roble

matiche p

sico-s

ocia

li dei p

azie

nti. I fa

mili

ari

/care

giv

erdevono

ess

ere

support

ati d

ura

nte

tutt

o il

decors

o d

ella

mala

ttia

tanto

quanto

i p

azie

nti.

•A

l fin

e d

i pote

r gara

ntire

, oltre

alla

pre

sa in c

ari

co o

ncolo

gic

a, anche u

na r

ete

di in

terv

enti p

sicoso

cia

li, s

i re

ndono n

ece

ssari

pro

fondi i

nte

rventi d

i inte

gra

zio

ne fra

le s

trutt

ure

già

pre

senti s

ul te

rritori

o, i

n p

art

icola

re tra

i s

erv

izi o

ncolo

gic

i e q

uelli

di

ass

iste

nza p

sicolo

gic

a, m

a a

nche f

ra s

erv

izi s

ocia

li, c

ure

palli

ative, hosp

ice

etc

. In

tale

conte

sto i

medic

i di fa

mig

lia g

iocano u

n

ruolo

im

port

ante

nell’

off

rire

continuità d

i cure

e s

erv

izi .

•S

ono s

tati id

entificati 5

com

ponenti c

hia

ve n

el conte

sto o

rganiz

zativo in

cui in

tegra

re le

cure

psi

coso

cia

li: 1

) id

entificazio

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