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L’illusione dell’oro nero diciamo NO al Petrolio e Si all’oro vero : il Vino e l’acqua! Vai su : www.notrivellazioni.it www.avellino5stelle.com Meetup “Amici di Beppe Grillo” di Avellino – Meetup “Amici di Beppe Grillo” di Bagnoli Irpino L’ILLUSIONE DELL’ORO NERO Diciamo NO al Petrolio e SI al nostro oro vero: Il vino e l’acqua Fonti e studi : Prof.ssa Maria Rita D’Orsogna (ricercatrice presso la California State University at Nordhoff St. (Usa)) Prof. Alessio Valente (Docente di Valutazione di Impatto Ambientale -Università del Sannio) Prof. Domenico Cicchella (Docente di Geochimica -Università del Sannio) Prof. Sabino Aquino (Geologo); Prof. Franco Ortolani (Docente di Geologia - Università “Federico II” Napoli) Profssa. Albina Colella (Docente di Geologia – Università della Basilicata)

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L’illusione dell’oro nero diciamo NO al Petrolio e Si all’oro vero : il Vino e l’acqua!

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L’ILLUSIONE DELL’ORO NERO

Diciamo NO al Petrolio e SI al nostro oro vero: Il vino e l’acqua

Fonti e studi : Prof.ssa Maria Rita D’Orsogna (ricercatrice presso la California State University at Nordhoff St. (Usa)) Prof. Alessio Valente (Docente di Valutazione di Impatto Ambientale -Università del Sannio) Prof. Domenico Cicchella (Docente di Geochimica -Università del Sannio) Prof. Sabino Aquino (Geologo); Prof. Franco Ortolani (Docente di Geologia - Università “Federico II” Napoli) Profssa. Albina Colella (Docente di Geologia – Università della Basilicata)

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CON LO SBLOCCA ITALIA E’ IN ATTO UN’AGGRESSIONE PETROLIFERA

Ci sono pressioni dallo Stato e dalle Compagnie petrolifere mirate al raddoppio delle estrazioni in Basilicata ma anche in tutta Italia.

PERCHE’ ?

1. LA PRESSIONE DA PARTE DELLO STATO PER I SUOI INTERESSI: Con la strategia Energetica Nazionale (SEN, Marzo 2013) lo Stato incentiva lo sviluppo delle risorse petrolifere del Paese al fine di raddoppiare la produzione nazionale degli idrocarburi. L’art. 16 del decreto liberalizzazioni dice di garantire maggiori entrate erariali per lo sviluppo di progetti infrastrutturali e di crescita del territorio. Lo Stato ha bisogno di fare “cassa” e siccome il sottosuolo è di sua proprietà gli introiti dello Stato sul petrolio sono enormi, miliardi di Euro. Il prelievo fiscale è altissimo, fino al 68% incluse le royalty, infatti per esempio dal 2000 al 2012 la Basilicata ha maturato circa 700 milioni di euro di royalty sul petrolio, mentre lo Stato ne ha incassati MILIARDI. Si prevede fino al 2020, di garantire il raddoppio della produzione nazionale di idrocarburi e, quindi di attivare almeno 15 miliardi di euro di investimenti privati, creare 25 mila posti di lavoro stabili e addizionali, ridurre la bolletta energetica di 5 miliardi di euro l’anno, ricavare 2,5 miliardi di euro l’ano di entrate fiscali sia a livello nazionale che a livello locale. Queste sono le INTENZIONI ma invece per esempio in Basilicata, dove sono più di 20 anni che si estrae, oggi i benefici dell’oro nero si vedono poco o per nulla, in quanto la politica ragiona a livello “nazionale” e quindi a livello locale resta ben poco!

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2. LA PRESSIONE DA PARTE DELLE SOCIETA’ PETROLIFERE DOVE IL LORO SCOPO E’ IL PROFITTO: Le società petrolifere hanno molte facilitazioni e sgravi fiscali da parte dell’Italia tra cui:

1) 2 mila tonnellate di petrolio in terra e 50 mila tonnellate in mare sono esenti da tasse. La situazione è simile per il gas;

2) Ricevono dallo Stato un contributo per le attività di rilevamento geofisico non superiore al 40 % dei costi sostenuti;

3) Il gasolio utilizzato nei cantieri può essere acquistato ad un prezzo agevolato, ecc… Quindi hanno tutto l’interesse a trivellare almeno per un primo periodo.

La legge 67/2014 “Sblocca Italia” accelera e apre a gas e petrolio, stoccaggi e gasdotti, rigassificatori, nel nome di un interesse “STRATEGICO” chiude le porte alla democrazia e alla partecipazione dei cittadini. Nessuna possibilità di determinazione effettiva da parte dei comuni e delle Regioni è prevista durante tutte le fasi dell‘iter amministrativo di autorizzazione. Il Governo ha scelto la DECRETAZIONE D’URGENZA per consentire un intensivo sfruttamento del territorio. Lo Stato può disporre delle risorse del sottosuolo, MA può autorizzare le estrazione di idrocarburi SOLO SE NON arreca alcun danno in superficie e se NON si pregiudicherà la sicurezza dei cittadini, delle loro proprietà di superficie e della salute (così come previsto dall’articolo 32 della nostre Costituzione). Se non si rispettano le condizioni sopra citate allora i cittadini possono (o meglio DEVONO) fare qualcosa. Sarà proprio per questo motivo che ogni volta che si verifica un danno ambientale si tende a ridimensionare tutto o a negare e occultare. Inoltre ricordiamo che ciò è aiutato dal fatto che di solito i controllori sono i controllati stessi.

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(Fonte. http://unmig.sviluppoecomimico.gov.it )

MA A QUALE COSTO TUTTO QUESTO …..

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L’ATTIVITA’ PETROLIFERA E’ UN’ATTIVITA’ “SPORCA”

Quella petrolifera è sicuramente un’attività ad alto rischio e ad alto impatto su tutte le matrici

ambientali (suolo, acque, aria) oltre che su flora e fauna, in tutte le fasi del processo: dalla perforazione sino al trasporto e perciò sulla salute umana.

<<Tutti gli stadi della gestione del petrolio, dall’esplorazione alla produzione, per finire con l’uso dei prodotti petroliferi, sono accompagnati da un forte inquinamento ambientale >>

(GOSSEN&VELICHKINA, 2006, Petroleum Chemistry, vol. 46)

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In America l’EPA (Environmental Protection Agency) in una scala da 1 a 9 dei Rischi di

inquinamento mette le attività petrolifere tra il 7 e 8 posto, dove 1 è il rischio più basso

e 9 il massimo. Quindi queste attività sono classificate a RISCHIO MOLTO ELEVATO!

PETROLIO E AMBIENTE NON SONO COMPATIBILI TRA LORO

VEDIAMO PERCHE’ ……

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Quando il petrolio viene estratto dal sottosuolo, si compone di tre fasi: gas, acqua di formazione, e petrolio grezzo.

Perforazione dei pozzi Di questa fase l'aspetto più pericoloso è costituito dall'utilizzo dei fanghi di perforazione. I fanghi sono normalmente costituiti da un liquido (acqua) reso colloidale ed appesantito con l'uso di appositi prodotti. La composizione chimica esatta di tali composti e coperta da segreto industriale, si sa che perlopiù sono ricchi di solfato di bario. Durante questa fase si può avere la fuoriuscita di composti organici volatili, idrocarburi policiclici aromatici, benzene, toluene, xylene, H2S, SO2, nitrati, etilbenzene, PM, CO2. Lavorazione in situ È necessaria una lavorazione del petrolio prima di passare alla raffinazione dello stesso. La lavorazione del petrolio riguarda la separazione di queste tre fasi. Essa si effettua sul posto per tre motivi principali. Innanzitutto perché è più facile e meno costoso trattare il gas, e acque di produzione e il greggio separatamente. Secondo, l'acqua di produzione è altamente corrosiva e quindi viene rimossa per prevenire danni consentendo allo stesso tempo l’utilizzo di materiali meno resistenti nelle condutture. Infine, il trasporto delle tre fasi è molto più facile e più efficace quando sono nelle loro fasi separate.

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Fasi di estrazione e lavorazione e inquinamento dell’aria Dispersione di H2S a partire dal momento dell'estrazione fino alla prima raffinazione che per vari motivi logistici e di qualità del prodotto viene svolta in loco. Si possono avere fuoriuscite di H2S già al momento dell'estrazione o a causa di malfunzionamenti nel trasporto, ma in queste fasi la probabilità che ciò avvenga dipende soprattutto dall'efficienza nella manutenzione degli impianti. Il momento in cui l'emissione di H2S diventa praticamente certa e durante il processo di idrodesulfurizzazione, infatti attraverso il processo Claus (il processo utilizzato per tale operazione) e impossibile trasformare tutta l'H2S in zolfo puro e cosi una parte viene dispersa nell'aria da un inceneritore a fiammella costante che oltre al suddetto inquinante emette anche tanti altri gas (settanta inquinanti tra cui: benzene, formaldehyde, polyciclic aromatics hydrocarbons, incluso naphthelene, acentaldehyde, propylene, toluene, xylene, ethyl benzene e hexane).

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Visti i numerosi e ingenti effetti nocivi dell'H2S ci si aspetterebbe una rigorosa legislazione al riguardo: • Organizzazione mondiale della sanità: 0.005 ppm di H2S • USA: Il Governo federale consiglia 0.001 ppm (Ciascuno stato decide autonomamente) Massachussetts: 0.0006 ppm e Oklahoma: 0.2 ppm • ITALIA: Industria non petrolifera 5 ppm e Industria petrolifera 30 ppm Per quanto riguarda i danni provocati da esposizioni croniche a basse concentrazioni e più difficile dare dati certi e precisi, ma studi recenti dimostrano come anche tali condizioni possano causare problemi neurologici, affaticamento, debolezza, perdita della memoria, mal di testa, problemi alla vista, alla circolazione del sangue, svenimenti. Ci sono anche studi che affermano che l'H2S abbia rilevanti effetti genotossici. Non bisogna dimenticare che oltre ai danni causati direttamente all'uomo l'H2S ha effetti nocivi anche su piante, animali e pesci che sono parte del processo di bioaccumulo; in tale chiave va letta anche la possibile contaminazione di falde acquifere.

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Tecniche di Estrazione. FRACKING? Gli scienziati del Servizio Geologico degli Stati Uniti sembra che abbiano riscontrato una relazione tra attività sismica e una particolare tecnica di estrazione degli idrocarburi chiamata “fracking”. In parole semplici si tratta di iniezione ad alta pressione di fluidi nel sottosuolo allo scopo di fratturare la roccia che così rilascia gas e petrolio. Questa tecnica comporta l’utilizzo di enormi quantità di acqua che viene poi smaltita reiniettandola nel sottosuolo. Tutto ciò oltre a provocare inquinamento delle acque sotterranee, provocherebbe una sorta di effetto lubrificante lungo le faglie diminuendo le forze di attrito e consentendo uno scivolamento e quindi un terremoto. Sono studi che però vanno verificati.

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CONSUMO E INQUINAMENTO RISORSA ACQUA

1 barile di petrolio = 159 litri Servono mediamente 6-7 barili d’acqua per produrre 1 barile di petrolio cioè in media circa 1000 litri d’acqua 50000 barili giorno = 50.000.000 litri acqua giorno Pari al consumo giornaliero di una città di 300.000 abitanti Quest’acqua sarà ricca di IPA, metalli pesanti, VOC’s tra cui BTEX (benzene, toluene, ethylbenzene and xylenes). I sistemi di depurazione non riescono a disinquinarla completamente per cui viene immessa nei corsi d’acqua superficiali contaminandoli. Le acque sotterranee sono molto più superficiali del petrolio (che si trova a 3/4 km) e quindi devono essere per forza attraversate dalla perforazione dei pozzi.

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Inquinamento risorsa acqua: le acque di scarto e i pozzi di reinizione L’acqua è una risorsa strategica molto importante più del petrolio perché ad essa è legata innanzitutto la vita, poi l’agricoltura e quindi l’economia. Poi a differenza del petrolio è una risorsa sostenibile e rinnovabile. Le acque di scarto petrolifero sono tossiche e non possono essere “ripulite”, esse vengono smaltite in due modi: 1. il più economico e a minor impatto ambientale è quello di reiniettarle nei pozzi petroliferi dove non c’è più petrolio (si mettono quindi al posto del petrolio estratto). 2. il più costoso e meno sicuro è quello di portare queste acque negli impianti di trattamento che però devono essere idonei a trattare queste acque tossiche che sono anche radioattive (oltre a idrocarburi e metalli pesanti). Ci sono due tipi di acque tossiche da smaltire: 1. le acque presenti nel giacimento stesso cioè insieme al petrolio, che per milioni anni sono state nel sottosuolo e hanno “assorbito” molte sostanze delle rocce tra cui anche la radiottavità. 2. le acque di processo, cioè quelle immesse nel giacimento per facilitare l’estrazione del petrolio, in cui sono iniettati anche molti elementi chimici sconosciuti perché coperti dal segreto industriale. Cioè acque ricche di “porcherie” di cui non ci è neanche concesso sapere di cosa si tratta. Questi due tipi di acque di scarto vengono tirate fuori insieme al petrolio e vengono separate in sito nei centri oli. Dopo il petrolio viene portato alle raffinerie e il gas viene immesso nei gasdotti e collegati alla rete di distribuzione. Mentre le acque di scarto separate in sito vengono iniettate nei pozzi di reinizione e molto spesso siccome questi pozzi non riescono a contenerle tutte l’eccesso viene portato agli impianti di trattamento, che spesso non sono attrezzati a trattarle ne tantomeno a trattare la loro radioattività. Questa acque “trattate male” vengono sversate nei fiumi.

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L’esempio della BASILICATA e la contaminazione delle Acque Nella Val Basento (Basilicata)le acque di scarto petrolifero, insieme alla vecchia attività chimica hanno inquinato centinai di ettari di terreno che non possono essere più coltivati.

Il pozzo di reinizione Costa Molina2 Nei centri Oli della Val d’Agri, le acque di scarto in eccesso che non riescono ad essere contenute nei pozzo di reiniezione, come ad esempio , il Costa Molina2 vengono portate ad un Tecnoparco a Pisticci Scalo. Questo impianto non è attrezzato a trattarle ne tantomeno a trattare la loro radioattività. Questa acque “trattate male” vengono sversate nel Fiume Basento, infatti è stata trovata acqua radioattiva insieme altre “schifezze” che sono entrate nella catena alimentare. Sempre nella stessa zona è stato riscontrato l’inquinamento delle acque dell’INVASO DI MARSICO NUOVO A 300 metri dall’invaso ci sono 3 pozzi petroliferi. In seguito al ritrovamento di un orizzonte nero sulle sponde dell’invaso, sono stati analizzati i sedimenti e sono stati trovati idrocarburi totali. Infatti erano questi idrocarburi che formavano una patina nera che rivestiva il pietrisco delle sponde dell’invaso (i valori trovati di 75 mg/litro superavano il limite di legge nei suoli pubblici stabilito a 60 mg/litro). Le acque di questo invaso sono utilizzate per scopi irrigui, quindi vengono riversate sui campi per l’agricoltura e per coltivare i prodotti che poi ci mangiamo, entrando così nella catena alimentare. Parte di queste acqua vanno nel Fiume Agri che a sua volta va nel Lago del Pertusillo. Il Lago del Pertusillo è più grande di quello di Marsico Nuovo e fornisce acqua per uso potabile alla Basilicata e alla Puglia ed utilizzato anche per scopi irrigui. Ma anche vicino al Pertusillo ci sono i campi petroliferi, a monte infatti a 2,5 km c’è il centro Oli Viggiano, una raffineria (una raffineria dove si svolgono le prime 3 fasi: separazione dell’olio e del gas che poi viene trasferito alla raffineria vera e propria). Nelle acque di falda sono stati trovati elementi come Benzene, toluene, manganese, metalli pesanti e idrocarburi nei pozzi idropotabili e nell’invaso stesso, tutti superiore ai limiti di legge! Altri campanelli di allarme sono state le morie di carpe e le analisi sulle acque dell’invaso hanno riscontrato idrocarburi tot. (646 volte superiore al limite di legge per le acque potabili, fero fino 29 volte superiore, alluminio fino a 26 volte e altri metalli pesanti tutti utilizzati nell’industria petrolifera – fonte ISS). Anche le analisi dei sedimenti che conservano (accumulano) gli inquinanti hanno confermato i dati. Nei sedimenti del Lago Pertusillo ci sono gli idrocarburi.

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Da dove provengono questi idrocarburi???? Dato che la loro distribuzione è concentrata sul lato del lago dove a monte ci sono i pozzi petroliferi, lo stesso lato dove ci sono anche dei piccoli corsi d’acqua che si immettono nel lago e prima scorrono vicino ai pozzi, sembra abbastanza chiara l’origine. Le fonti possono essere varie, quali sversamenti per incidenti, sversamemnti durante i trasporti ma anche sversamenti non autorizzati. Altra cosa è che vicino al Pertusillo fuoriescono dal sottosuolo liquami rossi e pozze di acqua nerastra, cioè acque profonde ricche di idrocarburi e metalli che defluendo sul suolo si immettono nel Pertusillo, ma esse si riversano anche sui suoli agricoli danneggiandoli. Non si riesce a capire da dove proviene la risalita di queste acque, esse sono anomale (lattiginose e nerastre), in questa zona nota come “LaRossa”, sui suoli non cresce più un filo d’erba e gli agricoltori locali non possono più coltivare la terra come facevano prima, inoltre sono morte le pecore che pascolavano in quell’area. Queste acque sono anomale anche perché hanno caratteristiche chimico-fisiche non riportate in letteratura e sono molto simili alle acque di reiniezione dei pozzi petroliferi. Infatti , a monte si trova il pozzo Costa Molina2 dove vengono iniettate a pressione le acque nel sottosuolo, quindi si ipotizza che queste acque siano correlate alle acque di reinizione del pozzo Costa Molina2 che ha subito dei cedimenti nell’impermeabilizzazione. Questi tipi di incidenti possono succedere e ne consegue che le acque si disperdono nel sottosuolo e poi risalgono in superficie. In America si sono verificati 7000 di questi casi e i suoli sono rimasti deserti.

LE ACQUE CON IDROCARBURI NON POSSONO ESSERE POTABILIZZATE!

L’inquinamento del Fiume Basento persiste nonostante è stata fata una bonifica.

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COSA STA SUCCENDEDO IN BASILICATA?

Una mancata applicazione delle norme per le aree di salvaguardia delle acqua superficiali e sotterranee destinate a consumo umano (D.Lgs. 152/2006 e s.m.i.; Accordo Stato-Regione del 12 dicembre 2012). L’art. 94 delega le regioni alla definizione delle direttive e delle linee guida per la perimetrazione delle aree di salvaguardia. Ma la Regione Basilicata (ma anche la Regione Campania) non hanno provveduto a tale perimetrazione e ai conseguenti vincoli. Le aree di salvaguardia sono quelle di ricarica degli acquiferi (le quali sono delle aree vulnerabili da perimetrare e tutelare) in queste aree si infiltrano le acque che vanno ad alimentare le falde nel sottosuolo, se si immette anche una fonte inquinante questa va negli acquiferi danneggiandoli in modo irreversibile! Nella Val Basento (Basilicata)le acque di scarto petrolifero, insieme alla vecchia attività chimica hanno inquinato centinai di ettari di terreno che non possono essere più coltivati.

(foto: A. Colella, 2013)

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IN IRPINIA ABBIAMO IL PIU’ IMPORTATNTE ACQUIFERO CARBONATICO DELL’APPENNINO La zona dell’Irpinia oggetto di ricerca di idrocarburi interessa territori comunali in cui rientrano anche i massicci montuosi del Terminio-Tuoro (Montella, Cassano, Nusco) e del Cervialto (Caposele) che accolgono acquiferi con potenzialità idrica complessiva di oltre 10.000 litri al secondo in media annua, utilizzati per l’approvvigionamento idrico di oltre quattro milioni di persone. Per tali sistemi montuosi sono state elaborate le “Carta di Vulnerabilità all’inquinamento”. Queste costituiscono un importante documento di pianificazione del territorio, delle acque e di protezione civile. Esse sono utilizzate per mitigare o scongiurare il rischio inquinamento degli acquiferi. Le Carte della Vulnerabilità all’inquinamento, pertanto costituiscono uno strumento unico di lavoro, utile al governo dell’azione umana sul nostro territorio, al fine di prevenire l’inquinamento delle risorse con particolare riferimento alla verifica dello stato di interazione tra il territorio, le risorse idriche sotterranee ed i produttori di inquinamento su di esso ubicati. (S. Aquino, Geologo)

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LA SISMICITA’ Oggi i pozzi di reinizione non bastano più a contenere tutte le acque di scarto, quindi ne devono essere fatti altri, ma il problema è trovare aree che non siano pericolose (aree sismiche, terreni permeabili, ecc…) Inoltre studi recenti hanno evidenziato che la reinizione oltre all’inquinamento potrebbe essere correlata alla sismicità locale. Il rapporto redatto dalla Commissione ICHESE (International Commission on Hydrocarbon Exploration and Seismicity in the Emilia Region) riguarda possibili relazioni tra attività di esplorazione per idrocarburi e aumento dell’attività sismica nell’area colpita dal terremoto dell’Emilia-Romagna del mese di maggio 2012. Ha dichiarato che non è stato possibile confermate la correlazione ma neppure è stato possibile escluderlo! Il pozzo Gesualdo 1 è previsto in una zona il cui sottosuolo è interessato da faglie crostali che permettono la risalita di fluidi profondi che alimentano le manifestazioni termominerali delle Mefite, Mefitelle e Terme di Ansanto note fin dall’antichità. In seguito al sisma del 1732 (l’area in esame si trova nella fascia a massima pericolosità sismica secondo le mappe ufficiali) nella zona delle Terme di Ansanto si verificò una violenta “eruzione” di fluidi che interessò un vasto territorio al contorno (dal catalogo dell’INGV). Le faglie lungo le quali risalgono i fluidi giungono fino all’area del pozzo. La presenza di fluidi in forte pressione nel sottosuolo deve indicare alla Regione Campania che l’ubicazione alle porte dell’abitato non è sostenibile e va annullata. (Franco Ortolani – Professore di Geologia presso l’ Università Federico II di Napoli).

Possiamo stare tranquilli??? Assolutamente NO!

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Trasporto Incremento traffico e incidenti stradali delle cisterne adibite al trasporto del petrolio estratto

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CONTAMINAZIONE DEL SUOLO

I rischi maggiori sono legati a fenomeni per lo più di natura accidentale, quali: -Ingresso di fluidi di strato nel pozzo con conseguente eruzione incontrollata dello stesso (blowout). - Incendi ed esplosioni dai serbatoi. - Incidenti durante il trasporto del greggio; rottura di condotte ed oleodotti; sversamenti accidentali da parte di mezzi di locomozione che transitano nelle aree pozzo per le operazioni di manutenzione. - Errato stoccaggio di fluidi di vario genere (carburanti, acque industriali, fanghi di perforazione, ecc.). - Problemi legati alla reiniezione delle acque di processo. -Incidenti nel trasporto di reflui e rifiuti verso centri di trattamento autorizzati e/o discariche. Generalmente l’inquinamento è causato da Metalli pesanti, Idrocarburi leggeri e pesanti, Benzene, Etilbenzene, Toluene, Xileni (BTEX), Idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e Policlorobifenili (PCB), ma non si esclude che altre sostanze estremamente tossiche, derivanti ad esempio dai residui dei fanghi in fase di perforazione, possano essere immessi nel suolo e da qui entrare nella catena alimentare. Trasporto attraverso oleodotto in zona ad alta sismicità. Usura vista la qualità del petrolio.

tubi dopo

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IL PETROLIO IN IRPINIA E NEL SANNIO E SCADENTE Il petrolio presente in Italia – in generale – è scadente, in qualità ed in quantità, ed è difficile da estrarre perché posto in profondità. E’ saturo di impurità sulfuree che vanno eliminate il più vicino possibile ai punti estrattivi. Non abbiamo nel sottosuolo il petrolio dei film texani, quanto invece una sorta di melma, maleodorante, densa e corrosiva che necessita di vari trattamenti prima di arrivare ad un prodotto finale. (Maria Rita D’Orsogna – Fisico, docente universitario, attivista ambientale) Anche il Petrolio Irpino è certamente uguale a quello della Basilicata, classificato come heavy, sour crude (pesante, amaro); questo significa che presenta idrocarburi pesanti (C >12) e alte concentrazioni di zolfo (> 0,5 %). Questo petrolio danneggia le tubature degli oleodotti con conseguenti rotture e fuoriuscite di greggio (un petrolio di questo tipo può ridurre di 10 volte la durata media di una tubatura). Il rischio più elevato e rappresentato dalla vicinanza delle condotte del trasporto del greggio con fiumi, sorgenti, invasi ed aziende agricole. Per i tubi degli oleodotti, a differenza dei pozzi, non è prevista alcun azione di smantellamento dopo la fase di produzione dei pozzi.

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BLOWOUT

La presenza di fluidi in pressione e gas può far esplodere la testa pozzo, ferendo persone e immettendo inquinanti nell’ambiente circostante Anche prendendo tutte le precauzioni possibili, i pozzi possono sempre avere malfunzionamenti. In Italia abbiamo avuto già esempi di scoppi o incidenti gravi con emissioni incontrollate di idrocarburi per vari giorni senza che nessuno sapesse cosa fare: nelle risaie vicino a Trecate, nei mari attorno alla piattaforma Paguro, nei campi di Policoro. Per risanare Trecate non è bastato un decennio. Non per niente in California c’è una fascia protettiva anti-trivelle di 160 chilometri da riva, e non per niente è dal 1969 che non si buca più il mare.

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In California le ditte petrolifere sono obbligate per LEGGE a dichiarare che l’attività estrattiva e di raffinazione

degli idrocarburi porta tumori, malattie riproduttive e malformazioni fetali a chi vive vicino. Fra i firmatari Shell, Exxon e Chevron (Fisico M.R. D’Orsogna)

L’attività petrolifera è INQUINANTE e di norma viene effettuata in aree desertiche (es. Libia, Texas) dove non

c’è popolazione, non c’è acqua ed è ovvio che l’impatto ambientale e modestissimo, cioè se succede un incidente non crea enormi danni.

Oggi invece le attività petrolifere si stanno spostando su territori “FRAGILI”, cioè su territori ricchi di risorse da

tutelare (risorse come l’acqua, l’agricoltura, l’agricoltura biologica, beni culturali nazionali) ma anche interessati da rischi naturali come principalmente i terremoti ma anche interessati da rischio idrogeologico.

L’Italia è densamente popolata, è a rischio sismico, è ricca di risorse da tutelare, come l’acqua, l’agricoltura,

l’agricoltura biologica, i beni naturali e culturali, il turismo e le coste. Qui l’impatto ambientale delle attività petrolifere è molto maggiore, perché

è un Paese molto FRAGILE e VULNERABILE! Quindi NON si deve trivellare o se si deve trivellare bisogna farlo a modo, ossia sono necessarie leggi ferree e

speciali, in mancanza di quelle bisogna almeno rispettare le leggi esistenti ma questo in Italia avviene? Assolutamente NO!

Perché i nostri politici parlano tanto di tutela dell’ambiente e di energie rinnovabili ma in realtà non le concretizzano in azioni con pianificazione dei territori e tutela delle risorse

(basta guardare come è stata distrutta la Basilicata).

L’illusione dell’oro nero diciamo NO al Petrolio e Si all’oro vero : il Vino e l’acqua!

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L’ITALIA MA SOPRATTUTTO L’IRPINIA NON SONO IL TEXAS: IL PETROLIO DISTRUGGERA’ LA NOSTRA AGRICOLTURA E DANNEGGIERA’ I NOSTRI MARCHI PREGIATI

(DOCG, DOC e IGT) IL NOSTRO VERO ORO : IL VINO E L’ACQUA

Il nostro vero oro sono i vini DOC e DOGC

E’ questa la nostra ricchezza!

L’Irpinia ha un paesaggio invidiabile, variegato, fatto di colline, di mare, di boschi, di posti unici.

Questo patrimonio ha bisogno di essere Salvaguarda

e tutelato, non messo a rischio!

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Progetto “Nusco” che interessa l’Irpinia

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Il 20 settembre 2012 la Italmin Exploration srl e la Compagnia Generale Idrocarburi srl (Cogeid) richiedono alla Regione Campania il permesso per la realizzazione di un pozzo esplorativo nel territorio di Gesualdo, alla ricerca di idrocarburi. Il progetto però, denominato "Nusco", è ben più ampio. Comprende un territorio di 698,50 chilometri quadrati che include 47 Comuni, 46 ricadenti nella provincia di Avellino, uno nella provincia di Benevento. Dopo due anni dalla presentazione del Progetto “NUSCO” la Regione Campania, non si assume nessuna responsabilità per quanto riguarda le trivellazioni petrolifere in Irpinia, anzi perde tempo. Con l’approvazione dello Sblocca Italia del governo Renzi tutte le valutazioni d' impatto ambientale non portate a termine entro il 31 marzo 2015 diventeranno di competenza del Ministero dell'Ambiente. Dopo la richiesta di ripubblicazione del progetto Gesualdo-1 avanzata alla società petrolifera Cogeid dalla commissione VIA della Regione Campania, la situazione petrolio in Irpinia è ora in una fase di stallo. Nell'eventualità in cui ci sarebbe la nuova pubblicazione scatterebbero 60 giorni per la presentazione delle osservazioni al progetto.

IL PIANO TERRITORIALE REGIONALE, E SUCCESSIVAMENTE ANCHE IL PIANO PROVINCIALE esclude la possibilità

di trasformazione dell'area per finalità industriali e per attività estrattive. ALL'INCOMPATIBILITA' AMBIENTALE

SI UNISCE UNA CONTESTUALE INCOMPATIBILITA' DI CARATTERE TECNICO-AMMINISTRATIVO.

L’area di Gesualdo è indicata come sito per la realizzazione del primo pozzo esplorativo, viene

qualificata come “Area a trasformabilità orientata allo sviluppo agro-ambientale”.

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SALUTE

Altro problema grave è la salute, infatti sono stati trovati idrocarburi anche nella catena alimentare. E il tasso di tumori in Basilicata aumenta vertiginosamente ma soprattutto aumenta la velocità dell’aumento stesso dei tumori. La dott. Gabriella Cauzillo,responsabile del Centro operativo regionale dell'Osservatorio epidemiologico lucano, dichiara: "L'incidenza dei tumori maligni in Basilicata è in aumento e inoltre, la velocità dell’incremento dell'incidenza da noi è superiore alla media nazionale".

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UOMO+ACQUA+AGRICOLTURA+BENI CULTURALI+PETROLIO = NON C’E’ COMPATIBILITA’

Nel 2000, i Basilicata sono stati definiti più di 400 siti contaminati, figuriamoci ad oggi). Il danno ambientale è quindi permanente!

Molte delle ditte che intendono trivellare l’Italia sono minori, straniere, con piccoli capitali sociali.

Spesso annunciano di volere fare il salto di qualità con il petrolio d’Italia perché – e lo dicono candidamente ai loro investitori – da noi le leggi sono meno severe, è facile avere i permessi, le spese di ingresso sul territorio

sono basse. Saranno, queste micro ditte irlandesi, australiane, statunitensi e canadesi, capaci di gestire i controlli ambientali

a regola d’arte? Ed in caso di incidenti, con i loro esigui capitali sociali, avranno le risorse per affrontare operazioni di pronto

intervento, risanamento ambientale e risarcimento danni? Il parlamento europeo è molto rigoroso sulla tutela dell’ambiente e del’acqua ma l’Italia non recepisce le

Direttive in modo giusto.

La bonifica delle aree contaminate ci costerebbe molto di più.

Ci conviene?

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