Liceo Scientifico Statale “Albert Einstein” · 2005-03-08 · ALBERT EINSTEIN 1. CENNI SULLA...

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Liceo Scientifico Statale “Albert Einstein” Lacco Ameno – Ischia (NA) Anno scolastico 2003/2004 Tesina di Fisica A cura di: Per il prof.: Valeria Conte Girolamo Buono VA tradizionale

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Liceo Scientifico Statale

“Albert Einstein” Lacco Ameno – Ischia (NA) Anno scolastico 2003/2004

Tesina di Fisica

A cura di: Per il prof.: Valeria Conte Girolamo Buono VA tradizionale

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INDICE

1. Cenni sulla vita di Albert Einstein……………………………………………………………………..pag.2 2. “The Russell-Einstein Manifesto”……..……………………………………………………………..…pag.3 3. Introduzione……………………………………………………………………………………………………….pag.4 4. Il problema dell’etere………………………………………………………………………………………..pag.4 5. L’esperimento di Michelson e Morley……………………………………………………………….pag.6 6. La relatività galileiana e le trasformazioni di Lorentz…………………………………..pag.6 7. I postulati di Einstein…………………………………………………………………………………….……pag.8 8. Gli assiomi della teoria della relatività…………………………………………………………….pag.9 9. Conseguenze delle trasformazioni di Lorentz: la contrazione dei regoli e la

dilatazione del tempo a. contrazione delle lunghezze………………………………………………………………….pag.10 b. dilatazione dei tempi……………………………………………………………………………..pag.11

10. Due esempi della dilatazione del tempo a. La vita media dei mesoni µ…………………………………………………………………..pag.12 b. Il paradosso dei gemelli…………………………………………………………………………pag.12

11. La composizione delle velocità……………………………………………………………………..…pag.13 12. La massa relativistica…………………………………………………………………………………..…..pag.14 13. Equivalenza massa-energia…………………………………………………………………………….pag.15 14. La relatività generale……………………………………………………………………………..………..pag.18

ALBERT EINSTEIN 1. CENNI SULLA VITA DI ALBERT EINSTEIN

Albert Einstein, fisico tedesco, visse tra il 1879 e il 1955. Studente di grande genialità e talento, ma refrattario ai rigidi metodi d'insegnamento delle scuole tedesche, a quindici anni decise di abbandonare gli studi. Solo più tardi, nel 1896 si iscrisse all'Istituto Politecnico di Zurigo. Ma dopo la laurea ebbe difficoltà a trovare lavoro non avendo coltivato buone relazioni personali con i suoi docenti. Nel 1901 prese la cittadinanza svizzera e l’anno dopo si impiegò presso l'Ufficio Brevetti di Berna. Sposò Mileva Mariè, una compagna di università dalla quale ebbe due figli, e dalla quale divorziò nel 1919. Anno di svolta fu il 1905 con la pubblicazione della teoria della relatività ristretta. Conosciuto negli ambienti accademici, poté lasciare il lavoro ai Brevetti nel 1909 per assumere l’incarico di professore straordinario di fisica a Zurigo; nel 1914 divenne membro stipendiato della Reale Accademia Prussiana delle scienze di Berlino.

Nel 1915 sugli “Annali Der Physik” rese nota la teoria della relatività generale. Nel 1919 si sposò una seconda volta con una sua cugina vedova, Elsa, che aveva già due figlie. Ormai famoso anche presso il grande pubblico, nel 1922 ricevette il premio Nobel per la fisica. Attaccato più volte dal regime hitleriano per le sue prese di posizione contro l’ideologia nazista egli lasciò l’Europa; quando nel 1933 i nazisti ebbero acquisito il potere in Germania, egli era già negli Stati Uniti dove divenne professore presso l'Institute for Advanced Studies di Princeton, New Jersey, dove si stabilì definitivamente. Solo in considerazione del grande pericolo rappresentato dalla Germania hitleriana egli abbandonò il suo forte e sentito pacifismo per il quale molte volte si era pronunciato. Scrisse anche una lettera a Roosvelt mettendolo in guardia sul pericolo che la Germania giungesse alla fabbricazione di una bomba atomica. Egli tuttavia non volle partecipare alle ricerche sul primo reattore nucleare dirette da Enrico Fermi e al successivo cosiddetto “progetto Manhattan” diretto da Oppenheimer che portò alla costruzione della bomba atomica. Fu tra i firmatari, assieme a Bertrand Russell di un famoso manifesto pacifista. Morì il 18 aprile 1955.

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2. “The Russell-Einstein Manifesto”

London, 9 July 1955

Bertrand Russell and Albert Einstein

Resolution:

WE invite this Congress, and through it the scientists of the world and the general public, to subscribe to the following resolution:

"In view of the fact that in any future world war nuclear weapons will certainly be employed, and that such weapons threaten the continued existence of mankind, we urge the governments of the world to realize, and to acknowledge publicly, that their purpose cannot be furthered by a world war, and we urge them, consequently, to find peaceful means for the settlement of all matters of dispute between them."

Max Born

Perry W. Bridgman Albert Einstein Leopold Infeld

Frederic Joliot-Curie Herman J. Muller

Linus Pauling Cecil F. Powell Joseph Rotblat

Bertrand Russell Hideki Yukawa

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LA TEORIA DELLA RELATIVITA’

3. INTRODUZIONE

E’ molto difficile dire che cos’è il tempo. Una cosa però tutti pensiamo di sapere con sicurezza: il tempo scorre con flusso costante, misurato dagli orologi sempre più precisi costruiti dall’uomo. In realtà le cose non stanno così, come scoprì Albert Einstein all’inizio del Novecento.

Lo scorrere del tempo è “relativo”, cioè dipende dallo stato di moto del sistema che si considera rispetto alla persona che l’osserva. Se tale sistema solidale con un orologio di grandissima precisione si muove molto velocemente, il tempo che esso misura fluisce più lentamente del tempo registrato da un orologio identico che l’osservatore tiene presso di sé. Questo fatto ci sembra paradossale perché non ne abbiamo esperienza diretta; tuttavia è stato provato sperimentalmente, quando si ha a che fare con particelle subatomiche che possono essere accelerate fino a velocità vicinissime a 300.000 km/s.

4. IL PROBLEMA DELL’ETERE

Nell’Ottocento i fisici giustificavano la possibilità della propagazione della luce nel vuoto attraverso l’esistenza di una sostanza, l’etere luminifero, che riempiva lo spazio interplanetario e interstellare. Tale sostanza possedeva proprietà eccezionali: era imponderabile, non opponeva alcuna resistenza al moto dei corpi ed era dotata al tempo stesso di un’elevatissima rigidità tale da poter trasmettere a velocità elevatissima onde puramente trasversali come le onde luminose. Questa ipotetica sostanza veniva ad identificarsi con lo spazio assoluto di Newton ed era quindi naturale che i fisici cercassero di determinare la velocità della Terra rispetto ad essa.

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5. L’ESPERIMENTO DI MICHELSON E MORLEY

Tra il 1881 e il 1887 due ricercatori americani, Albert Michelson e Edward Morley affrontarono il problema della misura del cosiddetto “vento d’etere”, cioè del moto della Terra attraverso l’etere luminifero. Il dispositivo utilizzato, noto come interferometro è costituito da una serie di specchi (S1 e S2) posti su due bracci ortogonali e di uguale lunghezza (figura#1).

Come si vede c’è uno specchio semitrasparente su cui viene inviato un fascetto di luce. Lo specchio scinde il fascetto in due: una parte procede verso lo specchio S1, l’altra viene riflessa verso lo specchio S2. I due raggi riflessi dai due specchi vengono inviati ad un oculare ed avendo percorso distanze diverse giungono all’oculare sfasati. Pertanto, formano figure di interferenza. Michelson, partendo dell’ipotesi che la velocità della luce fosse diversa a seconda che la luce si muovesse in direzione del moto della Terra o in direzione perpendicolare a quest’ultimo si aspettava che ruotando lo strumento dovesse cambiare anche la figura di interferenza. Ma con grande stupore si accorse che comunque orientasse l’interferometro non si verificava nessun cambiamento apprezzabile. Tale insuccesso poteva essere spiegato solo in due modi: o che la Terra fosse in quiete rispetto all’etere, o che l’etere non esistesse affatto. La prima ipotesi era chiaramente insostenibile in quanto non si capiva perché la Terra, unica tra i corpi presenti nell’Universo dovesse godere di tale privilegio; la seconda ipotesi era destinata a farsi strada.

6. LA RELATIVITA’ GALILEIANA E LE TRASFORMAZIONI DI LORENTZ

Il calcolo della velocità del “vento d’etere” nell’esperienza di Michelson–Morley era basato sul principio della relatività galileiana e sulle note trasformazioni galileiane.

S2

S1

Oculare

Sorgente luminosa

Specchio semitrasparente

[figura#1]

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Il principio di relatività galileiana afferma che tutti i fenomeni meccanici si svolgono in modo identico in tutti i sistemi inerziali, cioè in quei sistemi che si muovono di moto rettilineo uniforme, per cui “non è possibile con esperienze di meccanica mettere in evidenza lo stato di moto rettilineo uniforme del sistema di riferimento”.

Supponiamo Σ e Σ’ due sistemi di riferimento O,x,y,z,t e O’,x’,y’,z’,t’ coincidenti all’istante t = 0. A partire da tale istante, Σ’ incomincia a muoversi rispetto a Σ con velocità costante v0 in direzione x (figura #2).

Le coordinate spazio-temporali di un punto P nei due sistemi di riferimento saranno legate dalle equazioni note come trasformazioni galileiane :

x’ = x – vt

y’ = y

z’ = z

t’ = t

Utilizzando queste trasformazioni si deduce che le velocità si sommano algebricamente (v’ = v – v0) e quindi la velocità della luce sarebbe dovuta essere (c – v0 )

oppure ( c + v0 )( dove v0 è la velocità del vento d’etere) a seconda del verso di percorrenza del raggio luminoso nell’interferometro di Michelson–Morley.

Il dato sperimentale emerso dell’esperienza, invece, faceva osservare che la velocità della luce risulta costante. Tale invarianza veniva dimostrata matematicamente

Σ Σ ’

[figura#2]

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dalle trasformazioni di Lorentz, che il fisico olandese H. A. Lorentz aveva introdotto nello studio dell’elettromagnetismo e per le quali le equazioni dell’elettromagnetismo (le famose equazioni di Maxwell) rimangono invarianti nel passare da un sistema d i riferimento a un altro in moto relativo. Queste trasformazioni presuppongono che i corpi subiscono una contrazione nel verso del loro moto rispetto all’etere. La contrazione avverrebbe in una misura tale da compensare la variazione di velocità della luce .

7. I POSTULATI DI EINSTEIN

La spiegazione dei risultati dell’esperimento di Michelson–Morley data da Lorentz risul tava alquanto artificiosa. Ci voleva l’acutezza di Albert Einstein per individuare che alla base di tutto il ragionamento c’era un’ipotesi non espressa (perchè data per scontata) che in realtà non era ovvia come sembrava.

Si tratta dell’ipotesi che in fisica esiste un tempo che scorre immutabile, identico in tutti i sistemi di riferimento. L’idea del tempo assoluto e dello spazio assoluto, presente in tutta la fisica classica, era stata autorevolmente espressa da Newton nel suo fondamentale lavoro sulla meccanica: Philosophiae naturalis principia matematica.

Che il tempo assoluto possa non esistere è espresso nelle pagine scritte da Einstein nel suo primo lavoro sulla relatività pubblicato nel 1905 con il titolo: “Sull’elettrodinamica dei corpi in movimento” (“Zur Elektrodynamik Bewegter Körper”), in cui lo scienziato confuta il concetto di simultaneità prendendo in esame la trasmissione dell’informazione dell’avvenuta esplosione simultanea di due stelle lontanissime a osservatori presenti in due punti dello spazio distanti tra loro e in moto relativo l’uno dall’altro. Poiché la trasmissione della luce avviene a velocità finita, cosa si può intendere con simultaneità? Da qui si può affermare in maniera plausibile che il tempo non “scorre” ugualmente in sistemi di riferimento in moto l’uno rispetto all’altro così da poter presupporre che non esiste un tempo assoluto come Newton aveva ipotizzato.

Trasformazioni di Lorentz:

2

2

2

1

';';';

1

'

−===

−=

cv

cvxt

tzzyy

cv

vtxx

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8. GLI ASSIOMI DELLA TEORIA DELLA RELATIVITA’

Volendo risolvere le contraddizioni tra le previsioni della meccanica e quelle dell’elettromagnetismo riguardo la velocità della luce e convinto che il tempo assoluto non esiste, Einstein propose di rifondare da capo la fisica partendo da due soli assiomi:

1. Le leggi e i principi della fisica hanno la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento inerziali (principio di relatività);

2. La velocità della luce è la stessa in tutti i sistemi di riferimento inerziali, in modo indipendente dal moto del sistema stesso o della sorgente da cui la luce è emessa (principio della costanza della velocità della luce).

Il primo assioma è una generalizzazione a tutta la fisica del principio di relatività galileiana che vale per la meccanica. Einstein limita l’invarianza delle leggi fisiche ai sistemi di riferimento inerziali. Per questa ragione la teoria del 1905 è chiamata relatività ristretta. Nella teoria della relatività generale del 1915 Einstein amplia il discorso in modo tale che le leggi della fisica risulteranno invariati sotto qualunque cambiamento di sistema di riferimento.

Il secondo assioma permette di spiegare nel modo più semplice il risultato negativo dell’esperimento di Michelson e Morley: in effetti se la velocità della luce non dipende dal sistema di riferimento, le durate dei percorsi dallo specchio semiargentato agli specchi S1 e S2 (vedi figura #1) sono le stesse in qualsiasi posizione sia posto l’apparato sperimentale. Ecco quindi che l’ipotesi dell’invarianza della velocità c della luce dà ragione del fatto che non si osserva alcuna variazione nella figura di interferenza.

9. CONSEGUENZE DELLE TRASFORMAZIONI DI LORENTZ:

LA CONTRAZIONE DEI REGOLI E LA DILATAZIONE DEL TEMPO

Le trasformazioni di Lorentz comportano degli effetti non intuitivi dovuti al fatto che la costanza della velocità della luce modifica le regole di congruenza con le quali ogni osservatore effettua le misurazioni. Le lunghezze e gli intervalli di tempo vengono ad assumere valori diversi rispetto ad un osservatore in quiete o in moto relativo rispetto all’oggetto su cui si effettuano le misure. Alla base di questi apparenti paradossi sta la concezione relativistica secondo la quale non è possibile essere informati istantaneamente in un punto di ciò che avviene in un altro, in quanto tali

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informazioni possono essere trasmesse con una velocità finita che in ogni caso non può superare quella della luce.

a) CONTRAZIONE DELLE LUNGHEZZE

La lunghezza di un corpo è più grande quando questo è a riposo relativamente all’osservatore. Quando il corpo si muove con velocità v rispetto all’osservatore la sua

lunghezza si contrae nella direzione del moto del fattore 2

2

1cv

− .

Cerchiamo di dimostrare quanto affermato.

Consideriamo due sistemi di riferimento inerziali Σ e Σ’ (figura #2) coincidenti all’istante t = 0. A partire da tale istante Σ’ incomincia a muoversi rispetto a Σ con velocità costante v in direzione x. Posizioniamo un’asta ferma lungo l’asse x’ del riferimento accentato. Per un osservatore solidale con il sistema in moto, le coordinate degli estremi dell’asta saranno x’1 e x’2. La sua lunghezza è

'1

'2' xxx −=∆

Per l’osservatore in Σ, invece l'asta si muove con velocità relativa v e quindi per le trasformazioni di Lorentz abbiamo

2

2

2'2

1cvvtxx

−=

2

2

1'1

1cvvtxx

−=

Facciamo la differenza membro a membro e otteniamo

2

2

12'1

'2

1cv

xxxx

−=−

La lunghezza dell’asta per l’osservatore del sistema Σ è allora diminuita del fattore relativistico. Risulta infatti

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2

2' 1

cvxx −∆=∆

Abbiamo così dimostrato quanto in precedenza affermato.

b) DILATAZIONE DEI TEMPI

La conseguenza però più strabiliante è questa: un orologio va al ritmo più veloce quando è a riposo rispetto all’osservatore. Quando si muove con velocità v rispetto all’osservatore, il suo ritmo misurato subisce un rallentamento pari al fattore

relativistico 2

2

1cv

− .

Per la dimostrazione consideriamo ancora una volta i sistemi di riferimento Σ e Σ’ ed un orologio situato in una posizione fissa x’ nel riferimento Σ’.

Ipotizziamo, ora , che avvenga un evento fisico nel sistema Σ’ e di misurare la durata del tempo. L’orologio considerato misura i tempi t1’ e t2’ indicanti rispettivamente l’inizio e la fine dell’evento.

L’osservatore in Σ, invece, misura con lo stesso orologio due tempi t1 e t 2. Per quest’ ultimo osservatore, però, l’orologio ha mutato la sua posizione, poiché si è mosso con velocità costante v e di conseguenza

2

2

''2

2

1

+=

cvcvxt

t 2

2

''1

1

1

+=

cvcvxt

t

facciamo la differenza membro a membro e otteniamo

2

2

'

2

'1

'2

12

11 cv

tt

cv

tttt−

∆=∆⇒

−=−

Per l’osservatore solidale con Σ’ il tempo si è dilatato!

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10. DUE ESEMPI DELLA DILATAZIONE DEL TEMPO

a) LA VITA MEDIA DEI MESONI µ

Il fenomeno della dilatazione del tempo è stato certamente una delle conseguenze più strabilianti della teoria della relatività anche se di difficile verifica. Si è avuta una conferma sperimentale del fenomeno nello studio di particelle denominate mesoni µ , che presentano caratteristiche molto simili agli elettroni. Tali particelle sono instabili e decadono dopo qualche milionesimo di secondo dalla loro formazione. Il loro tempo di dimezzamento è τ = 1,52µs. In un esperimento compiuto al CERN (Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare con sede a Ginevra - Svizzera) s i osservò il decadimento dei mesoni µ fortemente accelerati in un anello di accumulazione fino a farli ruotare ad una velocità molto prossima a quella della luce (v = 0,999c). Applicando ai mesoni in movimento la dilatazione dei tempi abbiamo:

( )( )

sv µτ

τ 5.44999.01 2

≈−

=

Le misure effettuate sul decadimento di tali particelle in moto hanno confermato con buona approssimazione il dato.

Un altro fenomeno riguardante sempre i mesoni µ può essere interpretato solo alla luce della dilatazione dei tempi. Si tratta di questo: i mesoni µ vengono prodotti dai raggi cosmici nell’alta atmosfera a circa 10 km di altezza. Sapendo che la loro vita media è di qualche milionesimo di secondo, pur ammettendo che essi si muovano a velocità prossima a quella della luce essi riuscirebbero a percorrere solo 500 o 600 m nell’atmosfera e non potrebbero giungere sulla terra come avviene. Solo la dilatazione del tempo relativo alla loro vita media consente ad essi di percorrere i km necessari per farli giungere a terra.

b) IL PARADOSSO DEI GEMELLI

Consideriamo come sistema Σ la Terra e come osservatore una persona. Consideriamo inoltre come sistema Σ’ un’astronave che si allontana dalla Terra e come osservatore un fratello gemello della persona rimasta sulla Terra. Poiché tutti i processi,

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anche quelli biologici, rallentano sull’astronave in movimento, ciò avrà come conseguenza che il gemello rimasto sulla Terra invecchia prima di quello in viaggio sull’astronave. Naturalmente il fenomeno diventa osservabile solo a velocità che si avvicinano a quello della luce. La velocità delle moderne astronavi (30.000 km/s) non dà risultati di rilievo. Ma supponiamo che la nostra astronave viaggi a una velocità v = 0.9c e che per il gemello che si trova a bordo passano 20 anni, allora avremo che per il gemello che è rimasto sulla Terra è passato il tempo:

( )anniannit 46

9.01

202

≈−

=∆

Pertanto al rientro sulla Terra il gemello dell’astronave troverà il fratello più invecchiato di 26 anni!

11. LA COMPOSIZIONE DELLE VELOCITA’

Le trasformazioni di Lorentz consentono di giustificare la dilatazione dei tempi e la contrazione delle lunghezze ma anche che la velocità della luce è la massima velocità raggiungibile. Infatti se consideriamo i due sistemi di riferimento Σ e Σ’ con Σ’ che si muove con velocità v rispetto a Σ, un oggetto che si muove rispetto ad un osservatore solidale con Σ’ con velocità u’ si muoverà rispetto ad un osservatore solidale con Σ con una velocità u.

In base alla concezione della fisica classica la velocità u sarà uguale a u = v ± u’ a seconda che u’ e v abbiano lo stesso verso o verso contrario.

Supponiamo di avere un’astronave superveloce che si allontani dalla Terra con una velocità di 30.000 km/s e un raggio luminoso che si propaghi nel verso del moto dell’astronave ; la sua velocità in base alla fisica classica dovrebbe essere per l’osservatore sulla Terra u = v + u’ = 330.000 km/s, cioè superiore a quella della luce e in contrasto con la costanza della velocità c posta come postulato della relatività.

Per trovare la regola di composizione della velocità in accordo con la teoria della relatività partiamo dalle trasformazioni di Lorentz in quanto spazio e tempo, di cui la velocità rappresenta il rapporto, sono suscettibili di misure diverse da parte di due

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osservatori solidali con i sistemi Σ e Σ’, in moto relativo.

Tornando all’analisi del moto dell’oggetto in Σ’, lo spazio x’ da esso percorso nel tempo t’ è dato:

''' tux ⋅=

che sostituito nelle trasformazioni di Lorentz ci darà:

( )2

2

2

2

22

1

''1

1

''';

1

''

1

''

+

=

+=

+=

+=

cv

tcvu

cv

ctvut

t

cv

tvu

cv

vtxx

e pertanto

( )

22

'1

'

''1

''

cvuvu

tcvu

tvutxu

+

+=

+

+== [1]

Se le velocità v e u’ sono lontane da quelle della luce vu’ << c2 e quindi u = u’+ v.

Se v e u’ sono entrambe pari a c, sostituendo nella formula [1] cc

cccccu ==

+

+=

22

1 2

e quindi la velocità della luce risulta una velocità limite non superabile.

12. LA MASSA RELATIVISTICA

Al fine di ricavare l’espressione relativistica della massa consideriamo un classico problema d’urto: due osservatori, ciascuno in quiete nei sistemi di riferimento Σ e Σ’, quest’ultimo in moto rispetto al primo con velocità uniforme v lungo l’asse x. Ad un certo istante l’osservatore in Σ lancia una palla A di massa m0 alla velocità u lungo l’asse y verso il suo corrispondente in Σ’ , costui, d’altro canto, lancia una palla B, identica alla prima con la stessa velocità dell’altra e con verso opposto alla direzione di y’.

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L’urto tra le palle A e B è elastico. Ciascun osservatore vede arrivare la palla lungo lo stesso percorso di andata. Poiché le palle A e B sono identiche e possiedono la stessa velocità iniziale, entrambi gli osservatori vedranno tornare la palla con velocità uguale ed opposta a quella di partenza. La variazione di quantità di moto secondo l’osservatore in Σ è 2m0u . Applicando le trasformate della velocità si ha la variazione di

quantità di moto della palla B pari a 2

0 12'2

−=

cvummu . Ma i due osservatori

dovrebbero raggiungere lo stesso risultato, cioè 2m0u. Evidentemente per ottenere la stessa quantità basta correggere il valore della massa della palla B vista dall’osservatore

in Σ ponendo 2

0

1

=

cv

mm .

Quindi la massa di un corpo non è assoluta, ma essendo 2

0

1

=

cv

mm cresce con la

velocità La massa misurata nel riferimento in cui è ferma viene detta massa a riposo m0. per velocità prossime a quelle della luce si ha che la massa del corpo aumenta rapidamente, l’accelerazione a = F/m tende a zero, quindi la velocità cresce pochissimo benché venga applicata una forza F. Come è possibile tutto questo ? Che fine fa l’energia che la forza F somministra al corpo m ? Naturalmente si trasforma in massa rendendo la velocità quasi costante, garantendo così l’insuperabilità della velocità della luce c !

Numerose sono state le verifiche sperimentali del fenomeno. Significativi sono stati i risultati raggiunti negli acceleratori di particelle. Nel superprotosincrotone (SPS) del CERN di Ginevra è stato trovato, in particolare per protoni portati alla velocità v = 0,99c un aumento relativistico di massa di circa 420 volte.

13. EQUIVALENZA MASSA-ENERGIA

L’aumento relativistico della massa comporta che l’energia cinetica varia con la velocità in modo diverso da quanto previsto dalle formule classiche ( E = 1/2 mv2 ). Einstein propose un famoso esempio con il quale dimostrò la celebre equazione

E = mc2

che rappresenta il “logo” della teoria della relatività.

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Consideriamo un corpo di massa M in quiete nel riferimento Σ. Due raggi luminosi, ciascuno avente la quantità di moto mc = E/2c (insieme portano una quantità di energia E ed hanno una quantità di moto E/c), si muovono l’uno in direzione +x e l’altro in direzione –x colpendo il corpo M. Q uest’ultimo assorbirà la loro energia ma per ragioni di simmetria in quanto viene colpito da due raggi discordi resta fermo nel suo riferimento Σ (figura #3).

Consideriamo ora questo processo dal punto di vista del riferimento Σ’ che si

muove uniformemente a velocità v rispetto a Σ nel verso negativo della direzione y (figura #4). Per la relatività del movimento il corpo M sarà visto in moto con velocità + v e i due raggi viaggeranno in senso obliquo formando un angolo •. La velocità del corpo rimane costante in Σ’ in quanto non viene modificato il suo stato dinamico a seguito dell’assorbimento dei due raggi. Per il principio della conservazione della quantità di moto nella direzione y si ha:

vMsenc

EMv '2

2 =⋅

+ β

dove E è l’energia cinetica del singolo fotone e E/2c2 è la massa del singolo fotone e c sen• è la componente della velocità del fotone lungo la direzione y.

Poiché sen• = v/c (vedi figura #4) dalla formula precedente otteniamo che M+ E/c2 =M’. Pertanto a nuova massa M’ è aumentata della quantità E/c2.

L’energia che il corpo ha ricevuto in questo processo è E = mc2

[Figura #4]

y’

M

c c

β

x

y

M

x’

+v

-v

c c

[Figura #3]

c

+v

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“Dando energia ad un corpo la sua massa cresce, sottraendola, viceversa, diminuisce… Massa ed energia sono due facce di un’unica realtà fisica.”

L’esperienza quotidiana fatta dai fisici sui fasci di particelle che viaggiano a velocità prossime a quelle della luce (acceleratori di particelle) conferma pienamente questa relazione. Anzi è per essa che si richiede un’energia sempre maggiore per accelerare anche di pochissimo queste particelle che nel tendere alla velocità della luce, accrescono la loro massa nel riferimento del laboratorio.

Tale scoperta determinò l’inizio del periodo nucleare e furono proprio gle studi svolti da Albert Einstein in America, che permisero la realizzazione delle prime bombe nucleari che furono utilizzate dagli stessi americani per determinare le sorti del secondo conflitto mondiale.

Infine in virtù di questa stessa equivalenza si giustificano fatti sperimentali ormai all’ordine del giorno nella fisica microscopica: dai processi con annichilimento e produzione di coppie di particelle materia–antimateria, al fenomeno del difetto di massa e ai processi di fusione nucleare.

Facciamo un esempio per illustrare proprio quest’ ultima circostanza: la reazione termonucleare che avviene nelle stelle del tipo deuterio + trizio = elio + neutrone.

L’energia a riposo del deuterio e del trizio è pari a 4.684,572 MeV (MeV è un’unità di misura dell’energia molto usata nella fisica nucleare); l’energia a riposo dell’elio è 3.728,409 MeV, mentre quella del neutrone è di 939,573 MeV, che insieme fanno 4.666,982 MeV.

Come si può osservare nei prodotti di reazione ritroviamo una quantità di energia inferiore a quella di partenza di ben 17,59 MeV. Questa è la porzione di massa

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a riposo della stella che risulta convertita in energia radiante (i raggi che ci provengono dal cosmo) ed è questa la quantità di cui una stella diminuisce la sua massa nel corso di ciascuna reazione termonucleare.

14. LA RELATIVITA’ GENERALE

I fenomeni descritti finora e che riguardano i sistemi di riferimento inerziale vanno sotto il nome di relatività ristretta. La relatività ristretta è quindi una teoria limitata solo a osservatori dotati di moto rettilineo uniforme l’uno rispetto all’altro.

La relatività generale, introdotta da Einstein nel 1915, elimina tale limitazione estendendo il principio di equivalenza: secondo tale principio le leggi fisiche devono avere la stessa forma in qualsiasi sistema di riferimento anche non inerziale. Parendo dall’equivalenza tra un campo gravitazionale uniforme e un sistema di riferimento che si muove di moto uniformemente accelerato, Einstein costruì una teoria della gravitazione intesa come una deformazione dello spazio–tempo. In questa teoria lo spazio–tempo può essere immaginato come un telo ben teso [Figura #5]. Se in un punto di tale telo è posta una massa, essa , con il suo peso, ne determina l’incurvatura. Ciò comporta che i raggi luminosi sono deviati in presenza di un campo gravitazionale, cosa verificata sperimentalmente mediante osservazioni astronomiche svolte durante le eclissi solari, sulla luce proveniente dalle stelle che passa vicino al sole. Questa luce viene deviata in modo tale che la posizione di tali corpi celesti risulta spostata rispetto alla posizione reale.

[Figura #5]

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Nella sua teoria, Einstein ipotizzò anche l’esistenza nell’universo di buchi neri, ovvero di punti dello spazio in cui vi è la presenza di stelle che hanno finito il loro combustibile nucleare e sono collassate riducendosi a dimensioni molto piccole. Tali buchi neri hanno massa collassata enorme e quindi creano un campo gravitazionale così forte da intrappolare la luce e deviarla a tal punto da non permetterle di sfuggire più dalla stella. Il buco nero, per definizione non può essere osservato direttamente, ma la sua presenza può essere ipotizzata attraverso gli effetti gravitazionali che esso opera su altri corpi, in particolare l’intensa radiazione della materia ionizzata che cade in esso. Con questo metodo di indagine è stata confermata l’esistenza di buchi neri nel centro di molte galassie, in accordo con la teoria di Einstein della relatività generale.

Un’altra conseguenza della teoria della relatività generale è il diverso scorrimento del tempo in funzione dei campi gravitazionali, per cui si potrebbe viaggiare nel tempo. Il meccanismo sarebbe semplice: basta proiettarsi nello spazio a velocità prossime a quelle della luce. Il tempo è quindi un concetto relativo. Non si possono riconoscere più un passato, un presente e un futuro assoluti, perché il mio presente può essere il futuro di qualcun altro.

In pratica, come si potrebbe viaggiare nel tempo ? Per diminuire il dispendio di energia, si potrebbe sfruttare la deformazione dello spazio tempo determinata da un buco nero, la cui spaventosa attrazione gravitazionale porterebbe a una distorsione tale da fermare virtualmente il tempo. Secondo i fisici i buchi neri potrebbero rappresentare la porta di accesso dei cosiddetti “wormhole” o “cunicoli di tarlo”, tunnel che uniscono due punti distinti dell’universo sia da un punto di vista fisico, sia temporale.

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“Voglio capire come Dio ha creato il mondo. Non mi interessa questo o quel fenomeno in particolare: voglio penetrare a fondo il Suo pensiero. Il resto sono solo minuzie."

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