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LICEO CLASSICO STATALE Antonio Genovesi NAPOLI PIANO DELL’OFFERTA FORMATIVA anni scolastici 2005-08

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LICEO CLASSICO STATALE Antonio Genovesi

NAPOLI

PIANO DELL’OFFERTA FORMATIVA

anni scolastici 2005-08

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NAPOLI

Il Liceo Classico Statale Antonio Genovesi

PIANO DELL’OFFERTA

FORMATIVA

anni scolastici 2005-08

Napoli 2005

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Indice

Introduzione V La realizzazione dei lavori di restauro XI V. Pacelli, L’Oratorio dei Nobili 1

Il Palazzo delle Congregazioni 9 Gli affreschi del Caracciolo 18 Gli affreschi di Giovanni Lanfranco 27 L’Oratorio delle Dame 49 La decorazione a stucco della vecchia sacrestia 76

Piano dell’Offerta formativa Anni scolastici 2005-08 95

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La lapide posta a ricordo di Carlo Lanza sulla facciata del Liceo Genovesi il 20 marzo 1910.

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Introduzione Dal settembre 2005 il Liceo Classico Statale Antonio

Genovesi, pur conservando come sede succursale i locali di salita Pontecorvo 72, si riappropria, dopo i lunghi lavori di restauro conservativo e di adeguamento funzionale, della sede storica, dell’edificio più solenne della piazza del Gesù Nuovo, una volta Trinità Maggiore, forse la più bella di Napoli, senz’altro la più doviziosa di presenze culturali (dalla Napoli Graeca urbs a Giotto, dal quattrocentesco Palazzo dei Sanseverino, divenuto poi la Chiesa del Gesù Nuovo al pas-saggio dell'imperatore Carlo V, da Battistello Caracciolo, dal Corenzio, dal Lanfranco alla fastosa guglia dell'Immacolata, dalla presenza degli eroi del Risorgimento Carlo Poerio e Guglielmo Oberdan al soggiorno del pittore francese Edgar Degas, a quel palazzo Filomarino, che nei ricordi di molte

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generazioni di studiosi e intellettuali napoletani rappresenta una nobilissima cattedra di vita e di cultura), di quell'edificio, insomma, da cui dall’anno scolastico 1888-89, ininterrot-tamente, si sono impartite lezioni di cultura e di vita a gene-razioni di studenti.

Istituito con Regio Decreto di Vittorio Emanuele II il 13 settembre 1874, come terzo liceo cittadino (funzionavano già in Napoli due regi licei: il Vittorio Emanuele II, dal 1861, e dall'anno scolastico 1862-63 l'Umberto), il nuovo liceo, cui la denominazione Antonio Genovesi giunse solo il 2 ottobre 1876 con il Regio Decreto n. 3338, "non potendosi nel mo-mento adibire all'uopo altra località, che non se ne avevano disponibili, e per non sottostare il Municipio alla grave spesa che sarebbe occorsa per prendere in fitto un edificio privato... fu installato nel Ginnasio Municipale Giannone ai

Gerolomini." Il primo a dirigerlo fu un let-

terato di Lodi, Giacinto Bagatta, intorno a cui si schierò un corpo insegnante di prim'ordine.

Professore d'italiano era il calabrese Carlo Maria Tallari-go, che aveva al suo attivo nume-rose pubblicazioni, fra cui un'in-formatissima Storia della lettera-tura italiana in tre volumi.

Le lettere latine e greche era-no affidate a Carlo Lanza, napo-

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letano, autore, tra l’altro (nella Biblioteca Nazionale di Na-poli ci sono per lo meno trenta titoli sotto il suo nome), di un saggio critico su Apollonio di Tiro in francese (Parigi, 1886). Quando, nel 1907, dopo trentatré anni di magistero, egli la-sciò il liceo, i colleghi vollero che la sua immagine rimanesse per sempre nell'istituto e ne commissionarono il ritratto ad un noto pittore dell'epoca, Luca Postiglione; naturalmente, la tela (pag. VI), dipinta nel 1909, è ancora oggi fra i cimeli più cari dell’istituto.

Completavano il corpo docente di quei primi tempi: Baldassare Labanca, di Agnone, professore di filosofia, che insegnava anche all'Università di Napoli; Amilcare Imbim-bo, di Avellino, professore di storia e geografia; Luigi Pinto, pugliese, professore di fisica e chimica; Ciro Sardi, pro-fessore di matematica; Orazio Comes, professore di storia naturale. Da allora si sono alternati, nella direzione del Liceo, Presidi di notevole caratura intellettuale e, soprattutto, umana:

A. Ferrari 1887-1888 F. Simoncelli 1888-1889 C. Armandi 1899-1902 T. Tentori 1902-1915 E. Di Poggio 1915-1932 G. Cupaiuolo 1932-1937 F. Alderisio 1937-1963

F. Sallusto 1963-1973 V. D’Alessandro 1973-1974 G. Alfano 1974-1975 G. Silvestro 1975-1991 A. De Vico 1991-2002 E. Ferrara dal 2002

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sopra: Il Preside Felice Alderisio (a sinistra) ascolta l’indirizzo di omaggio letto dal vicepreside Carmelo Rizza l’11 settembre 1963, allorché si concudeva la sua lunga presidenza. Attenti e commossi i collaboratori scolastici Ciro Siviglia e Roberto Segreti. sotto: Il Preside Federico Sallusto pronuncia il discorso di addio alla scuola (1973).

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coadiuvati da un Collegio dei Docenti costituito da persona-lità per lo più straordinarie, maestri di cultura e, soprattutto, di vita, che hanno inculcato negli allievi sempre l’amore per la democrazia e per la libertà; né poteva accadere diversa-mente, giacché proprio grazie a tali maestri si è mantenuto costantemente vivo, nel Genovesi, quel sentimento, non a caso retaggio dell’antica Grecia, che ha spronato a rifiutare qualsivoglia dispotismo, anche nelle epoche meno luminose della nostra storia, e che continua ad animare discenti e docenti ancora oggi.

L’attuale Dirigente Scolastico, prof. Ennio Ferrara

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Il restauro e l’adeguamento funzionale dell’edificio monumentale

in Napoli, piazza del Gesù n° 1

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Veduta aerea di piazza del Gesù Nuovo

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Provincia di Napoli La realizzazione e la ristrutturazione degli edifici scolastici è certamente una delle grandi priorità dell’Amministrazione Provinciale di Napoli. La necessità di offrire ai nostri giovani scuole confortevoli e dotate di tutte le strutture adeguate è una scelta fondamentale: noi riponiamo grande importanza nella formazione per la crescita culturale e sociale dei singoli e dell’intera società napoletana. È davvero importante per noi il completamento del restauro del liceo Genovesi, una delle scuole storiche della città, che ha visto formarsi nelle proprie aule tante donne e tanti uomini che oggi si fanno valere in ogni campo, non solo a Napoli ma in tutta Italia. Questa ristrutturazione consente così di offrire alla platea scolastica del centro città una struttura all’avanguardia che per la Provincia rappresenta anche un importante biglietto da visita. Una scuola che ha sede in un palazzo storico che si affaccia in una delle piu Importanti e visitate piazze della città Un luogo di bellezze architettoniche, dunque, ma anche di importanti eventi per la storia della città.

Dino Di Palma

Presidente della Provincia di Napoli

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Assessorato alle Politiche Formative La ristrutturazione della sede storica del Liceo “Antonio Genovesi” ha una straordinaria valenza simbolica per Napoli. Si tratta di uno dei licei più prestigiosi ed antichi della città che ha formato tanti giovani di ogni parte della Provincia di Napoli e ha rappresentato un punto di riferimento per la cultura umanistica meridionale. Un patrimonio monumentale ineguagliabile per la bellezza dell’edificio del ‘600, l’ex Palazzo delle Congregazioni, e un patrimonio culturale speciale per la qualità dell’insegnamento, il rigore dell’impostazione didattica e l’apertura ai fenomeni vivi della società. Un Liceo palestra di conoscenza e democrazia che è rimasto nell’anima e nella pelle di chi lo ha frequentato. Da sempre un Liceo piazza innestato nella storia della società che ha permeato la coscienza delle classi dirigenti più illuminate e lungimiranti. Siamo felici di restituire alla città una scuola di civiltà e di cultura con un restauro conservativo filologico e di pregio.

Angela Cortese

Assessore alle politiche formative

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La realizzazione dell’intervento Nel 1999 aveva inizio con le attività di progettazione il lungo iter per il restauro conservativo e l’adeguamento funzionale del Liceo Classico “Antonio Genovesi”. Da decenni gli organi dirigenziali dell’Istituto, la platea scolastica costituita da alunni e genitori e quella parte di opinione pubblica che confida e crede fermamente nel ruolo primario che l’istituzione scuola ricopre nella società civile, chiedevano con pressante insi-stenza che sì ponesse un freno al degrado ed alla fatiscenza in cui versava l’Istituto, che ha sempre costituito ed oggi ancor

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di più dovrà farlo un pilastro ed un baluardo della pubblica istruzione nella città di Napoli. I lavori hanno radicalmente interessato l’immobile, partendo dal consolidamento delle strutture portanti dell‘edificio per arri-vare ad una radicale sostituzione delle finiture ed al migliora-

Il nuovo corridoio, in posizione centrale, al I piano

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mento dell’impianto distributìvo architettonico, passando per l’integrale sostituzione della dotazione impiantistica implemen-tata con nuovi impianti (ad es. diffusione sonora) necessari per adeguare la struttura ai moderni standard dell’edilizia scola-stica. A tal proposito sono stati adeguati i servizi ìgienico sanitari, è stato realizzato nell’ambito dei presìdi antincendio un impianto ad idranti, sono state eseguite una serie di provvidenze per l’eliminazione delle barriere architettoniche e quant’altro è stato ritenuto necessario per rendere funzionale e moderno l’Istituto scolastico. Tuttavia sarebbe estremamente riduttivo limitare all’ambito sin qui descritto la funzione dei lavori eseguiti. Difatti, particolare rilevanza riveste l’attività di restauro e di recupero su alcuni elementi significativi dell’immobile compiuta in collaborazione con la Soprintendenza ai B.A.A.S di Napoli che ha collaborato attivamente affinché si potesse preservare l’immagine storica andando a recuperare le tracce del passato. In particolare è doveroso un ringraziamento alI’Arch. Anna Matta Ceraso della Soprintendenza ai Beni Architettonici ed alla Dr.ssa Angela Schiattarella della Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici. L’edificio, la cui costruzione risale al 1592, fu voluta dai Padri Gesuiti per accogliere associazioni di laici. Dell’epoca restano le grandi sale al piano terra (Oratorio dei Nobili, Oratorio delle Dame e Sala Valeriano). La volta dell’Oratorio dei Nobili presenta al centro un affresco raffigurante la natività dell’artista Battistello Caracciolo, ed altri affreschi laterali di Giovanni Lanfranco.

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Numerosi sono stati nel corso dei secoli i progetti di trasfor-mazione ideati e mai realizzati in maniera organica, allo scopo di adattare l’edificio alle esigenze delle scuole gesuitiche e dei successivi centri di studio, sino ai giorni nostri. Sulla base della storia è stato, quindi, condotto il recupero della facciata del prospetto principale sulla Piazza del Gesù nella quale ci si è riportati ai cromatismi originari tardo ottocenteschi, effettuando le tinteggiature con tecniche conservative dell’epoca.

Ancora è con grande emozione che sono state riportate alla luce le bugne a punta di diamante sulle facciate laterali della Chiesa del Gesù nelle sale ad essa adiacenti.

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Infine, di particolare rilevanza è risultato il rinvenimento ed il restauro delle decorazioni sulla piattabanda ad arco di uno dei finestroni che affacciano sulla chiesa del Gesù Nuovo. In quest’ottica è stato previsto un ulteriore finanziamento per l’esecuzione di un 2° lotto di completamento che privilegerà in particolare i lavori di restauro e di recupero delle parti significa-tive dell’immobile quali le sale denominate Oratorio dei Nobili ed Oratorio delle Dame ed ancora consentirà il restauro degli stucchi della volta dell’androne e delle pareti bugnate con piperno.

Ing. Pietro Moretti Direttore dei Lavori

Ing. Pasquale Gaudino Responsabile Unico del Procedimento

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Lavori di restauro conservativo ed adeguamento funzionale

Fondi ordinari di bilancio dell’Ammi- Finanziamento nistrazione Provinciale di Napoli

Importo dei lavori appaltati al netto del ribasso € 1.879.225,61

Impresa Aggiudicataria CONESA Scan

Durata dei lavori 36 mesi

Supervisione Soprintendenza ai BB.AA.AA di Napoli Arch. Anna Matta Ceraso

Supervisione Soprintendenza ai BB.AA.SS. di Napoli Dott.ssa Angela Schiattarella

Responsabile Unico del Procedimento Ing. Pasquale Gaudino U.T. Amm. Prov.le di Napoli

Ufficio di Direzione dei Lavori Amministrazione Provinciale di Napoli

Direttore dei Lavori Ing Pietro Moretti

Arch. Gianpiero Cirillo Direttori Operativi Arch. Carlo lacente

Progettazione Architettonica

Ing. Antonio Abbate Progetto appaltato Geom. Maurizio Loffredo

Ing. Pietro Moretti Progetto di Variante Arch. Gianpiero Cirillo

Arch. Carlo lacente

Progetto delle strutture depositate al Genio Civile di Napoli Ing Franco Schioppa

Consulenza Strutturale al R.U.P. Prof. Ing. Antonello De Luca

Collaudo Ing. Luigi Camerlingo

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Particolare dell’Obelisco di piazza del Gesù Nuovo

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VINCENZO PACELLI

L’ORATORIO DEI NOBILI

LICEO CLASSICO STATALE A. GENOVESI

NEL 110° ANNIVERSARIO NAPOLI 1874-1984

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Particolare dell’Obelisco di piazza del Gesù Nuovo

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Il liceo ginnasio Antonio Genovesi di Napoli ha celebrato nel 1984 il centodecimo anniversario della sua fondazione. Per onorare coloro che vi lavorarono e vi studiarono, per rinsal-dare il consapevole impegno di coloro che vi lavorano e vi stu-diano, abbiamo prescelto, fra le varie iniziative possibili, quella di promuovere la pubblicazione di questo volume dedicato in gran parte ai capolavori seicenteschi che ne ornano l’androne e le due sale del pianterreno. C’è parso che, così facendo, continuassimo a compiere opera di djffusione e promozione culturale, giacché la conoscenza di questi affreschi e di questi stucchi, mal noti al grosso pubblico e forse anche a qualche specialista, potrà contribuire ad una più esatta e documentata valutazione di quel Seicento napoletano, a cui, per fortunata coincidenza, proprio quest’anno Napoli ha dedicato grandi mostre e fondamentali pubblicazioni. Il professor Vincenzo Pacelli dell’Università di Napoli ha genero-samente accolto il nostro invito (e di ciò non gli saremo mai a sufficienza grati) di illustrare criticamente il monumentale com-plesso in cui è collocato l’istituto. Se, poi, il nostro orgoglio non ha resistito alla tentazione di fare un po’ la storia del Liceo, osiamo sperare che ci sarà perdonato, ove si rifletta che nei nostri registri figurano nomi come quelli di Benedetto Croce e di Enrico De Nicola; talvolta serve a stimolare il nostro lavoro quotidiano e a renderlo più denso di signifìcati an-che la pura consapevolezza di essere come nani sulle spalle di gi-ganti.

GUIDO SILVESTRO

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Piazza del Gesù Nuovo vista dal Liceo Genovesi

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VINCENZO PACELLI

L’ORATORIO DEI NOBILI

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Il Palazzo delle Congregazioni

Nella Piazza del Gesù a Napoli, sulla sinistra della fac-ciata a bugnato della cinquecentesca Chiesa del Gesù, un vasto edificio della fine del secolo XVI più volte am-pliato e rimaneggiato nel corso dei tempi successivi ospita attualmente due scuole statali, il Liceo-ginnasio ‘A. Genovesi’ e la Scuola media ‘U. Foscolo’. Gli odierni ospiti del vecchio palazzo non rappresentano però che gli ultimi insediamenti che si sono avvicendati nello storico edificio dal Seicento ad oggi. Le funzioni da esso assolte sono state sempre di ospitalità nei con-fronti e di associazioni laiche in stretta relazione con la presenza a Napoli dei padri ignaziani e di istituzioni as-solutamente secolari che dell’assenza dei Gesuiti nel Napoletano hanno approfittato per occuparne le sedi in tempi di varia durata. Prime in ordine cronologico fra gli ospiti dei Gesuiti nel palazzo di Piazza del Gesù furono le diverse confraternite religiose sorte a cavallo fra il Cinquecento e il Seicento, per le cui peculiari esi-

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genze di spazio fu appunto concepita, in piena età post-tridentina, l’edificazione della struttura architet-tonica che qui ci interessa. Su tali congreghe l’informa-zione fornitaci dalle antiche fonti napoletane mano-scritte o a stampa è già di per sé alquanto imprecisa e lacunosa; a queste carenze di carattere documentario vanno aggiunte le grosse difficoltà di ricostruzione ideale dell’originaria ‘facies’ dell’antico insediamento religioso, causate, come si può capire, dal continuo avvicendamento di sempre nuovi ‘abitanti’ con sempre diversi bisogni di spazi e di strutture all’interno della grande costruzione.

Fig. 1: Il Palazzo delle Congregazioni e l’attigua Chiesa del Gesù Nuovo (dalla “Guida” settecentesca di A Parrino)

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Tali problemi sono stati quasi sempre ignorati dai più recenti studiosi di cose napoletane, i quali o non si sono affatto posti dinanzi alla necessità di indagare sulla storia ormai quasi quadricentenaria del Palazzo delle Congregazioni del Gesù Nuovo o lo hanno fatto con scarsa scrupolosità, rifacendosi in maniera poco critica alle sole fonti a stampa, che, come s’é accen-nato, risultano assai reticenti, se non talvolta del tutto mute, su tale argomento. L’unico aspetto della vicenda del palazzo gesuitico che ha attirato già in passato, anche se in modo del tutto discontinuo, l’attenzione delle fonti e degli studiosi, è l’attività di tre noti pittori del Seicento napoletano e italiano in due

Fig. 2: Piazza del Gesù Nuovo in una stampa di Achille Vianelli del 1845

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sale a pianterreno dell’edificio; ci riferiamo alle attuali aula magna e palestra ginnica del liceo ‘Genovesi’, dove tuttora è possibile ammirare sulle volte affreschi di Giovan Battista Caracciolo, Giovanni Lanfranco e Belisario Corenzio. Gli studi su questi affreschi neces-sitano però ancora di più accurate precisazioni e di inediti ampliamenti, sia per quanto riguarda la loro collocazione all’interno della storia dell’arte a Napoli nel secolo XVII sia per quel che concerne l’iconografia delle numerose raffigurazioni nella loro individualità e nel loro insieme, oltre che i presumibilmente stretti le-gami fra l’aspetto iconologico della questione e il pro-blema dell’ originaria distribuzione delle congregazioni

Fig. 3: Veduta aerea di Piazza del Gesù Nuovo

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dentro il palazzo. Venendo ora a un rapido accenno alle principali vi-cende di queste ultime, che qui ci interessano solo ai fini di un’identificazione per quanto è possibile, precisa delle funzioni delle due uniche sale decorate a fresco sopravvissute alle trasformazioni architettoniche degli ultimi due secoli, va detto innanzitutto che l’inizio dei lavori di costruzione del Palazzo a sinistra del Gesù

Fig. 4: La facciata del Liceo Genovesi

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Nuovo si ebbe nel 1592, come attesta una storia ma-noscritta dei Gesuiti napoletani dal 1552 al 1596, compilata dal padre Giovan Francesco Araldo allo sca-dere del secolo XVI e conservata nell’archivio napole-tano della Compagnia: “Alli 11 di maggio 1592 si co-minciò la fabbrica per le congregationi et la dottrina christiana nella casa professa verso la piazza et strada pubblica”. Il primo dettagliato ragguaglio circa la presenza e l’organizzazione delle confraternite laiche nel palazzo del 1592 risale al 1607, e si trova nel “Catalogo di tutte le Congregazioni della B.ma Vergine che sono in ciascheduna casa o collegio della Compagnia di Gesù

Fig. 5: Particolare di Piazza del Gesù Nuovo, dalla stampa di Achille Via-nelli del 1845

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della provincia di Napoli, fatto nel mese di luglio l607”, voluto dal padre provinciale Antonio Spinelli e conser-vato nell’archivio centrale dell’ordine presso la Casa Generalizia di Roma. Il catalogo ci parla di “quattro Congregationi e un Oratorio”, e dà di ogni confraermta il titolo e la quali-fica degli associati: “La prima, eretta sotto il titolo della B. Vergine, è di nobili al numero di duecento… La seconda è di preti… La terza Congregatione, sotto il titolo dell’Annuntiata, è di dottori, curiali e mercanti… La quarta Congregatione sotto il titolo dell’Assuntione della Madonna è di artigiani… Si cominciò molti anni sono un oratorio di servitori, e da settembre del 1606 si è rimesso con maggior fervore...”. Circa un ventennio dopo il D’Engenio Caracciolo nella sua “Napoli Sacra” conferma sostanzialmente quanto riferito dal catalogo gesuitico, enumerando sei associa-zioni, delle quali tre (la prima, la quarta e la quinta del suo elenco) erano gia presenti nella notizia del 1607 (al primo, al terzo e al quarto posto): si tratta dell’Oratorio dei Nobili o Congrega della Natività della Vergine, della Confraternita dei mercanti sotto il titolo dell’Annunciazione, e dell’associazione degli artigiani sotto il titolo dell’Assunta. Le rimanenti tre società ci-tate nella “Napoli Sacra” risultano invece una novità, venendo a sostituire e ad accrescere di un’unità le congregazioni che nel Catalogo erano dette “di preti” e “di servitori”.

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Si riportano infatti al secondo e al terzo posto due congregazioni entrambe affidate alla protezione dell’Angelo Custode e composte da giovani e ragazzi di nascita nobile, e all’ultimo la Congregazione del San-tissimo Sacramento, cui sono associate “diverse per-sone nobili e non nobili”. Di quest’ultima veniamo a sapere dallo Schinosi, antico storiografo dei gesuiti na-poletani, che fu una delle confraternite laiche in rela-zione coi padri ignaziani di più antica formazione, e che si stabili inizialmente, sul finire del Cinquecento, presso il Gesù Vecchio, donde passò nella nuova sede nel 1610, al tempo dei lavori di ampliamento del pa-lazzo e della Chiesa del Gesù Vecchio. Le informazioni forniteci dalle tre fonti fin qui riportate, tra il 1607 e il sesto decennio del Seicento, possono essere verificate e meglio precisate mediante il con-fronto con due carte planimetriche (arricchite da una dettagliata legenda riferentesi al pianterreno del pa-lazzo delle congregazioni), datate 1647 e servate oggi presso la Bibliothèque Nationale di Parigi (le ha fatte conoscere proprio in questi giorni il nuovo archivista della compagnia napoletana padre Filippo Iappelli nella rivista “Societas” del maggio-giugno del 1985). Vi tro-viamo l’Oratorio dei Nobili con annessa Sacrestia (oggi rispettivamente aula magna e atrio d’ingresso del Li-ceo ‘Genovesi’), la ‘Congregazione degli artigiani’ (oggi palestra ginnica della stessa scuola), il “Portone” (oggi ingresso della sola scuola media “Foscolo”), la ‘Con-gregazione dei dottori et mercanti’ (attuale Sala Vale-

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riano, ancora in possesso dei Gesuiti), la ‘Congrega-zione delli Cavalierotti’, cioè dell’Angelo Custode (oggi locale ad uso di palestra del liceo“Genovesi”), il ‘Cortile delle Congregationi’ e numerosi altri ambienti distri-buiti sugli altri tre lati del cortile quadrato interno e adoperati come sacrestie, depositi di materiale sacro, ecc. L’ultima notizia seicentesca riferentesi al Palazzo delle Congregazioni pare essere quella del Celano, che nulla aggiunge sostanzialmente a quello che già si può evin-cere dalle fonti precedenti. Dopo circa un secolo e mezzo di informazioni tanto in-sistenti quanto brevi e superficiali, si arriva al Catalani, che nel 1845, parlando di due soli ambienti del Pa-lazzo, quelli con gli affreschi del primo Seicento, li dice adibiti ad Oratorio dei Cavalieri ed Oratorio delle Dame: quest’ultimo viene a coincidere con sicurezza (lo si può affermare grazie al punto fermo della deco-razione corenziana) con l’antica congrega degli arti-giani.

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Gli affreschi del Caracciolo Nella più grande delle due congregazioni conservate, quella della Natività della Vergine, fa spicco una grande decorazione a fresco, a cui lavorarono in tempi diversi Battistello Caracciolo e Giovanni Lanfranco, con raffigurazioni dedicate alla Madonna e ai Santi. Si sa che a Napoli il più instancabile decoratore a fre-sco di volte, il greco d’Arcadia Belisano Corenzio, aveva trattato spesso questi temi con grande vivacita coloristica, ma soprattutto con una volontà didattica che accostava alle scene e ai personaggi allegorici an-che scritte esplicative. Nelle rappresentazioni di Battistello e di Lanfranco, in-vece, non viene interrotta la continuità decorativa, e l’intento didattico è direttamente affidato all’evidenza iconografica e alle esplicite allegorie.

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Al centro della volta, come in una grande pala d’altare, è collocata in una cornice a stucco lavorata con estrema perizia artigiana la ‘Nativita della Vergine’ (fig.6) dei Caracciolo. L’artista, ancora sotto la sugge-stione delle soluzioni corenziane volle lasciare nel so-stegno del bacile la sigla di questo lavoro compiuto in quattordici giornate che ancora oggi possono essere facilmente individuate. Dove Battistello e vicino alle composizioni di Belisario è soprattutto nella parte bassa dell’affresco, ed in particolare nell’ampio ten-daggio del letto, nell’insieme delle figure femminili e nella rappresentazione del vecchio Gioacchino a sini-stra. Del resto, anche sul piano esecutivo l’affresco e condotto secondo la piu consumata tecnica, appresa da Belisario; i colori, esemplarmente sciolti e assorbiti, conferiscono ancora una brillantezza di toni chiari che fanno di quest’opera una delle più belle del Caracciolo. Più caravaggesca. particolarmente per il ricordo della parte alta della Pala raffigurante le Sette opere di mi-sericordia che Michelangelo Merisi da Caravaggio aveva eseguito tra la fine del 1606 e gli inizi del 1607 per l’altare maggiore della chiesa del Pio Monte della Misericordia, è la fascia superiore della scena, dalla quale l’Eterno Padre, circondato e sostenuto da grazio-sissimi angioletti (raffigurazioni nelle quali il pittore ha sempre saputo raggiungere un’alta qualità espressiva). benedice la Vergine appena nata (fig. 8). In particolare l’angelo al centro del gruppo e a destra

Fig. 6: Giovanni Battista Caracciolo, detto Battistello, Natività della Vergine

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del Padre ricorda immediatamente, sia nella forma che nell’atteggiamento, il compagno, sistemato nella me-desima posa, della parte superiore della tela delle Sette opere di misericordia: soprattutto il braccio pro-teso in avanti e la testa riccioluta testimoniano che l’artista napoletano, nell’analogia della posa, s’è ben ricordato della precedente composizione caravaggesca.

Fig. 7: Giovanni Battista Caracciolo, Natività della Vergine (particolare)

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Fig. 8: Giovanni Battista Caracciolo, Natività della Vergine (particolare) Il fare tipico del Caracciolo si ravvisa qui, sul piano compositivo, nelle figure dal collo troppo corto o troppo lungo, dalle spalle spesso atteggiate con tale

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difficoltà di posa da farle sembrare come dei contor-sionisti. Tra i personaggi della scena si stabilisce un dialogo tutto volto a tranquillizzare la puerpera non più giovane che sostenuta dalla levatrice e da altre aiu-tanti si fa largo tra gli astanti per contemplare la neo-nata. Oltre alla Natività, Battistello ha lasciato nella volta quattro puttini angolari reggenti ciascuno un cartiglio con scritta (fig. 9) alludente ai misteri della Vergine. Il problema cronologico legato a queste cinque raffi-gurazioni costringe a meditare più attentamente sui lavori di decorazione delle rimanenti parti della volta, che solo nel 1646 vennero affidate al Lanfranco, molti anni dopo la scomparsa del Caracciolo. È difficile precisare la datazione dell’attività caracciole-sca nell’Oratorio: gli studiosi (dal Prohaska allo Stou-ghton) in genere concordano sul riferimento agli anni intorno al 1630, ma la recente scoperta documentaria che fissa con sicurezza al 1631 il ciclo mariano della Certosa di San Martino costringe a risalire fino alla metà degli anni Venti almeno, sulla scorta dei sugge-rimenti forniti dall’analisi stilistica che dimostra senza alcun dubbio la netta anteriorità degli affreschi dell’Oratorio e della chiesa francescana di San Diego all’Ospedaletto rispetto al complesso della Certosa di San Martino.

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La monumentalità delle figure, la resa naturalistica de-gli effetti luministici, oltre alla soluzione compositiva adottata nella parte superiore della Natività e di cui s’è già parlato, dimostrano che Battistello non ha ancora dimenticato completamente i traguardi raggiunti a contatto col Caravaggio napoletano: le medesime in-

Fig. 9: Giovanni Battista Caracciolo, Angeli

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dicazioni ci vengono fornite da opere di poco prece-denti che rimandano immediatamente all’esperienza caravaggesca, come la cosiddetta Trinità terrestre della Pietà dei Turchini, la pala col Miracolo di Sant’An-tonio di San Giorgio dei Genovesi e soprattutto la Lavanda dei piedi del presbiterio della chiesa della Certosa di San Martino. Tali precisazioni cronologiche inducono a rivedere la questione delle presunte dipendenze del Caracciolo dal Lanfranco, sulle quali le fonti e la critica hanno pure spesso insistito: se infatti l’attività di frescante del pittore emiliano a Napoli va posta tutta dopo il 1637, e cioè posteriormente alla morte del Caracciolo, non si vede come quest’ultimo possa aver attinto dal Lan-franco napoletano, che tra l’altro mostra di adeguarsi per certi aspetti al clima artistico partenopeo. Batti-stello, al contrario, ha dovuto quasi certamente vedere le opere romane di due pittori fiorentini, il Cigoli e il Passignano (specie gli affreschi), riportandone forti suggestioni. Le notizie documentarie, recentemente fatte conoscere dal saggio sul ritrovamento del Martirio di Sant’Orsola, l’ultima opera dipinta a Napoli da Mi-chelangelo da Caravaggio (il saggio è apparso su “Pro-spettiva” n. 23 del 1980 a firma di Ferdinando Bologna e mia), ci informano sulla permanenza di Battistello a Roma nel 1614, quando conosce Orazio Gentileschi. In quell’occasione il pittore napoletano dovette dimo-strare grande interesse per gli affreschi dei pittori fio-

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rentini sopra ricordati, subendone una forte influenza poi manifestata nei suoi affreschi napoletani. Battistello, desideroso di venire a contatto di tutte le esperienze artistiche possibili, viaggiò moltissimo: fu a Roma, a Genova, a Firenze, molto probabilmente a Bologna e in Lombardia. A Bologna dovette vedere quasi sicuramente gli affre-schi di Lodovico Carracci di Palazzo Fava, ricavandone un evidente insegnamento che trasmise anche al Co-renzio. Più diretto è il rapporto stilistico e quindi cronologico degli affreschi dell’Oratorio dei Nobili con quelli di San Diego, soprattutto per i legami tra gli sfondi paesistici, presenti sia nella Natività sia nelle varie scene rappre-sentate nella Cappella dell’Immacolata della chiesa francescana: il precedente immediato di tali ricreazioni ambientali è certamente rappresentato dai paesaggi che possono ancora ammirarsi, nonostante il totale degrado e l’assoluto abbandono dell’intero complesso, sulle volte del chiostro della chiesa-convento di Santa Maria delle Grazie a Caponapoli, da qualche anno affi-dato all’amministrazione dell’attiguo Ospedale degli In-curabili. Questi affreschi sono stati parzialmente da me riferiti all’attività napoletana di Paolo Bril (il famoso paesista di Anversa) e datati entro il 1605 in un saggio apparso nel volume “Seicento napoletano. - Arte, co-stume e ambiente”.

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Gli affreschi di Giovanni Lanfranco La rimanente decorazione della volta dell’Oratorio della Natività della Vergine si deve, come abbiamo già ac-cennato, a Giovanni Lanfranco di Parma, che vi attese un decennio dopo la scomparsa di Battistello e quasi vent’anni dopo i lavori dello stesso Caracciolo. La venuta a Napoli di Giovanni Lanfranco, artista non allineato sulle posizioni dell’ “arte senza tempo,, (così l’ha felicemente definita Federico Zeri) di stretta os-servanza gesuitica, si deve all’interessamento perso-nale di Muzio Vitelleschi. generale dell’Ordine. L’artista parmense, che partecipa alla decorazione pittorica del Gesù Nuovo, lavorerà anche per i Teatini, diversi per impostazione ideologica e religiosa dai Gesuiti.

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Fig. 10: Giovanni Battista Caracciolo e Giovanni Lanfranco, L’Oratorio dei Nobili: veduta d’insieme della volta

Il pittore emiliano si preoccupò di serbare l’uniformità del programma iconografico d’ispirazione gesuitica, iniziando dal monogramma della Compagnia posto in monocromo sulla vela mediana della parete dell’Annunciazione, al di sopra del luogo sul quale do-veva essere collocato l’altare della Congrega. Lo stem-ma gesuitico (fig. 11) compendia il nome di Gesù in capitale latina e riprende, come si sa, il monogramma del nome di Gesù che fu diffuso da Bernardino da Siena durante la sua predicazione e che Ignazio di Loyola stesso adottò come sigillo dell’ordine da lui fondato. L’ IHS è iscritto in un tondo elegantemente

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Fig. 11: Giovanni Lanfranco, L’Annunciazione e Stemma della Compagnia del Gesù

chiuso da una corona di alloro, a sua volta circondata da una decorazione di fiori e foglie stilizzate e da una testina di cherubino nella punta superiore del triangolo incorniciato da stucchi. A sinistra e a destra dello stemma due pennacchi ospitano rispettivamente l’Arcangelo Gabriele e la Ver-gine Annunziata (fig. 11) a comporre l’aggraziata scena dell’Annunciazione. L’iconografia dell’Arcangelo si attiene in maniera rigorosa ai dettami tridentini: il messaggero celeste sopraggiunge a Nazareth con volo irruente scortato da numerosi angeli e assistito dal Pa-dre Eterno che gli ha affidato l’importante compito. Sull’altro pennacchio solo un riflesso di tanta concita-

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zione raggiunge con la colomba del Santo Spirito la decorosa stanza della Vergine, soavemente colta in atteggiamento di devota obbedienza. Di questo mira-bile esemplare figurativo esiste a Capodimonte il dise-gno originale con la quadrettatura esattamente se-gnata, a dimostrare che anche in questa ultima fase della sua attività il pittore emiliano preparava con ri-gore le sue composizioni non soltanto disegnandole ma anche studiandone sulla carta il rapporto proporzionale fra l’abbozzo e la versione definitiva.

Fig. 12: Giovanni Lanfranco, San Pietro

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Nei pennacchi posti esattamente di fronte a quelli dell’Annunciazione, sulla parete d’ingresso, troviamo a sinistra e a destra i Santi Pietro e Paolo (figg. 12 e 13) coi loro attributi tradizionali delle chiavi e del libro delle epistole, in atteggiamento estatico dinanzi al mi-sterioso evento della Natività della Madre di Dio.

Fig. 13: Giovanni Lanfranco, San Paolo

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Sui quattro pennacchi delle due pareti laterali il Lan-franco ha dipinto da un lato Santa Maria Egiziaca (fig. 14) e San Gennaro (fig. 15), dall’altro San Nìcola di Bari (fig. 16) e Santa Maria Maddalena (fig. 17). A giudicare dalla qualità stilistica del San Gennaro coi paramenti vescovili, levato in cielo da tre angeli sullo sfondo del paesaggio campano dominato dal Vesuvio in attività, il pittore parmense dovette sentire profon-damente il tema di questo santo martire, ripreso in tutta la vitalità della sua giovinezza e in un atteggia-mento trionfale che ben si adatta al suo ruolo di pro-tettore della terra partenopea. Sull’altro pennacchio Santa Maria Egiziaca è levata in cielo dagli angeli con un’iconografia che tende come al solito ad assimilarla alla Maddalena, dalla quale avrebbe dovuto essere distinta dai tre pani di cui si nutrì durante la vita eremitica trascorsa nel deserto. Il Lanfranco invece preferì differenziare le due sante pe-nitenti col carattenzzare piu precisamente sul piano iconografico la Maddalena del pennacchio seguente, identificabile attraverso il tradizionale vaso degli un-guenti e il boscoso paesaggio della Provenza dal quale si eleva, aiutata dagli angeli, verso il cielo. Indagate con più attenzione, le due sante si distinguono anche nelle vesti, di cui Santa Maria Egiziaca è priva, e nei capelli, scarmigliati in ambedue, ma assai più lunghi nella Maddalena tanto da lasciarle scoperti soltanto i seni e un ginocchio.

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Fig. 14: Giovanni Lanfranco, Santa Maria Egiziaca La felicità coloristica trova accordi particolarmente riu-sciti nella più complessa rappresentazione del San Ni-cola di Bari, nella quale il pittore ha riassunto in una sintesi davvero felice tre fra i piu noti miracoli compiuti in vita e in morte dal santo orientale (era nato a Pa-tara in Asia Minore): quello delle tre fanciulle povere dotate con tre palle o borse d’oro, quello del bimbo sottratto alla schiavitù presso il sultano saraceno che lo costringeva a servire come coppiere e restituito in volo ai genitori disperati e infine quello dei tre fanciulli messi in salamoia dall’oste disumano per essere serviti

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come pesci salati agli avventori della taverna. Partico-larmente interessante è in questa scena, sia dal punto di vista iconografico che soprattutto da quello stilistico, la raffigurazione a volo d’uccello dell’intera penisola italiana, sulla quale il Santo solleva il bimbo coppiere: lo “stivale” è presentato con esattezza geografica, che non manca di individuare anche le isole minori e le co-ste della Jugoslavia. Il santo barese era sicuramente quello che meno degli altri si sarebbe prestato a una coerente introduzione nel programma gesuitico e ma-riologico, se l’accostamento figurativo alla Vergine col Bambino, i principali e più diretti tramiti dei suoi mira-

Fig. 15: Giovanni Lanfranco, San Gennaro

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Fig. 16: Giovanni Lanfranco, San Nicola di Bari

miracoli, non fosse sopraggiunto a fugare questa difficoltà. Va però notato che i miracoli operati in soccorso dei fanciulli dal santo di Bari (veneratissimo a Napoli nel secolo XVII, come dimostrano altri esemplari pittorici come quello di Filippo Vitale nella Chiesa delle Sacramentine) tendevano ad avvicinare il tema in questione a quello, carissimo ai Gesuiti, dell’Angelo Custode. Quasi sicuramente, come ha anche ipotizzato recen-temente padre Filippo lappelli, Lanfranco attinse il ma-teriale iconografico per i miracoli di San Nicola di Bari

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dal P. Antonio Beatillo. Questi, nato a Bari nel 1570, gesuita dal 1588, professore a Napoli e a Lecce, rettore dei collegi di Tropea e Barletta, confessore e predicatore itinerante, trascorse gli ultimi venti anni della sua vita nella casa professa del Gesù Nuovo di Napoli. Quando Lanfranco affrescava la volta dell’oratorio nel 1646, Beatillo era appena morto, ma certo precedentemente il pittore emiliano aveva avuto modo di scambiare pareri con il frate gesuita nel tempo in cui affrescava la cupola del Gesù Nuovo. Nella fascia di raccordo fra il quadro centrale battistel-liano con la Natività della Vergine e gli otto pennacchi

Fig. 17: Giovanni Lanfranco, Santa Maria Maddalena

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con l’Annunciazione e i sei santi, il Lanfranco ha di-pinto otto figure allegoriche muliebri, raggruppate in coppie sui quattro lati, stabilendo forse collegamenti simbolici fra la vita etica dei santi del registro inferiore e le virtù che quelle figure personificano.

Fig. 18: Giovanni Lanfranco, La Temperanza e la Fortezza

Fig. 19: Giovanni Lanfranco, La Fede e la Speranza

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A San Gennaro corrisponde così la Fortezza (con l’attributo del tronco di colonna), a Santa Maria Egi-ziaca la Temperanza (fìg. 18) (che attenua gli effetti del vino miscelandolo coll’acqua che versa dall’anfora nel cratere), alla Vergine la Speranza, all’Arcangelo la Fede (fig. 19), alla Maddalena la Prudenza (intorno al

fig. 20: Giovanni Lanfranco, La Carità e la Prudenza

fig. 21: Giovanni Lanfranco, La Giustizia e la Pace

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cui braccio sinistro s’attorce il serpente), a San Nicola la Carità (fig. 20), a San Paolo la Pace (col ramoscello d’ulivo), a San Pietro la Giustizia (fig. 21) con la spada.

fig. 22: Giovanni Lanfranco, Gesù nell’orto degli ulivi

fig. 23: Giovanni Lanfranco, Il bacio di Giuda

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A completamento sia iconografico che decorativo del ciclo dell’Oratorio della Natività il pittore parmense ha rappresentato in undici delle dodici vele alla sommità delle quattro pareti (si ricordi che uno di tali spazi de-corativi ospita il monogramma gesuitico) diverse scene

fig. 24: Giovanni Lanfranco, Gesù dinanzi al Gran Sacerdote

fig. 25: Giovanni Lanfranco, Gesù dinanzi a Caifa

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della Passione del Cristo: ‘Gesù nell’Orto degli Ulivi’ (fig. 22), il ‘Bacio di Giuda’ (fig. 23), ‘Gesù dinanzi al gran sacerdote’ (fig. 24), ‘Gesu davanti a Caifa’ (o ‘Negazione di Pietro’) (fìg. 25), ‘Gesu davanti a Pilato’ (fig. 26), la ‘Flagellazione’ (fig. 27), ‘L’Incoronazione di

fig. 26: Giovanni Lanfranco, Gesù dinanzi a Pilato

fig. 27: Giovanni Lanfranco, La Flagellazione

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spine’ (fìg. 28), ‘L’Andata al Calvario’ (fig. 29), ‘La Crocifissione’ (fìg. 30), ‘Gli Angeli coi simboli della Passione’ (o ‘Le Marie sulla strada del sepolcro’) (fìg. 31), ‘Le Marie al sepolcro’ (fìg. 32).

fig. 28: Giovanni Lanfranco, L’Incoronazione di spine Il programma iconografico espresso dai due pittori consente di cogliere immediatamente le distanze rispetto ai cicli rappresentativi tipici delle chiese gesui-tiche romane, dove era centrale il tema del martirio. Ciò definisce la peculiarità contenutistica del ciclo pittorico del Gesù Nuovo, e sottolinea contemporanea-mente la consapevolezza dei Padri dell’Ordine di trovarsi a Napoli in un contesto diverso, nel quale bisognava tracciare differenti strategie di approccio e

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di insegnamento. Infatti, è noto che da Napoli partirono molti missionari verso le nuove terre da evangelizzare e che essi assolsero il loro compito seb-

fig. 29: Giovanni Lanfranco, L’Andata al Calvario

fig. 30: Giovanni Lanfranco, La Crocifissione

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bene non avessero avuto quell’educazione iconografica dei martirii, ripetuti per l’appunto in tantissimi cicli delle chiese gesuitiche romane, dove venivano descrit-

fig. 31: Giovanni Lanfranco, Angeli con i simboli della Passione

fig. 32: Giovanni Lanfranco, Le Marie al Sepolcro

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te fino all’esasperazione le tecniche più crudeli del martirio, come Federico Zeri ha attentamente rilevato nel suo insostituibile scritto su ‘Pittura e Controriforma’. Il programma iconografico della direzione dell’ordine venne affidato ai campioni dell’arte controriformata quali Giuseppe Valeriano, Agostino Ciampelli, Nicolò Circignani, Scipione Pulzone da Gaeta. A Napoli invece il padre Valeriano fu utilizzato dalla Compagnia come architetto e non come pittore; per le decorazioni c’erano i pittori locali che si imponevano per la loro personalità e grazie alla qualità della loro produzione; Corenzio, Azzolino, Imparato, Stanzione, Ribera, Fanzago (napoletano di adozione e parente di gesuiti), Beinaschi decorarono le chiese gesuitiche accogliendo i programmi dell’Ordine che solo di rado prevedevano i temi centrali della Compagnia romana. Solo Corenzio, e poi Beinaschi, infatti, raffigurarono l’iconografia dei martiri giapponesi, l’uno nella volta del Gesù Nuovo e l’altro in una tela del Gesù Vecchio. Evidentemente l’insegnamento dei professori e dei predicatori attivi a Napoli, come ad esempio il barese Antonio Beatillo, doveva essere considerato più effica-ce dell’eventuale azione educativa esercitata dalla pit-tura, almeno per ciò che riguardava la formazione dei giovani. A Napoli si preferì la decorazione trionfalistica, la grande impresa decorativa delle affermazioni vittoriose di Gesù, della Madonna e dei santi, quelli so-

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prattutto legati alla divulgazione degli ideali ignaziani. Giovanni Lanfranco con il ciclo dell’Oratorio dei Nobili si attenne con grande raffinatezza artistica a queste direttive. Per quanto riguarda l’ ‘invenzione’ delle raffigurazioni e dei suoi schemi compositivi c’è da dire che non tutti presentano originalità di spunti e novità di creazione: accanto ai pennacchi con le rappresentazioni di santi in posa isolata, di cui è già stato rilevato il carattere pressoché inedito, soluzioni non certo brillanti paiono quelle adottate negli scomparti colle Virtù o nei tondi con le storie della Passione, s’intende per scelta della struttura data ad ognuna delle scene e a ciascun raggruppamento di figure. Ci troviamo di fronte a una totale adesione da parte del pittore emiliano agli ormai non più nuovi partiti iconografici consacrati dalla grande arte parietale ro-mana dell’età di Raffaello e Michelangelo e di quella immediatamente successiva. Tali stretti legami fra il Lanfranco (Terenzo, Parma 1582 - Roma 1647) e la pittura a fresco di più d’un secolo prima si spiegano facilmente con i soggiorni operosi trascorsi nella città papale dal pittore parmense prima di produrre a Napoli le ultime testimonianze delle sue grandi capacità di decoratore. Fra la tradizione romana inaugurata dal Raffaello vaticano e quella sempre “tiberina” più vaga-mente riallacciantesi a Michelangelo fu soprattutto del-la prima che il Lanfranco fece tesoro, come attestano ancora alla fine della sua attività questi affreschi gesui-

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tici: le figure femminili poste in coppie attorno all’affresco battistelliano, identificate come ‘Virtù’ dagli attributi canonici, si richiamano ad esempio con immediatezza al tipo instaurato dal Sanzio nella lunetta con tre Virtù attorniate da puttini e angioletti posta alla sommità di una delle pareti della Stanza della Segnatura. Un altro prototipo, sempre raffael-lesco, potrebbe essere quello delle ‘Sibille e angeli’ eseguiti per Agostino Chigi nella Chiesa di Santa Maria della Pace.

fig. 33: Belisario Corenzio, L’Oratorio delle Dame: veduta d’insieme della volta

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L’Oratorio delle “Dame” Nell’attiguo oratorio delle “dame” il programma iconografico del ciclo corenziano è tra i più completi fra tutti quelli dedicati a Napoli alle storie della Vergine, compresi quelli che lo stesso Belisario realizzò pittori-camente nel corso della sua lunga e operosissima attività di frescante e decoratore. Il Corenzio ritornò infatti più volte con la sua inesauribile vena di narrato-re sui temi mariani ed evangelici, dandoci ad esempio una prova analoga sul piano iconografico (e vicina dal punto di vista stilistico a questa del Gesù Nuovo) nel Chiostro del convento francescano di Santa Maria degli Angeli alle Croci, dove le storie di Maria e del Figlio sono illustrate con inedita dovizia di particolari narrati-

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vi e singolare attardamento su episodi dall’iconografia alquanto rara. A proposito del complesso di affreschi di Santa Maria degli Angeli, costituito da trentasei scene centinate con episodi che vanno dall’infanzia della Vergine alla sua assunzione al cielo e incoronazione, passando attraverso la fanciullezza e la passione del Cristo, e da centoventotto vele decorate con gli stemmi di trentasei famiglie patrizie napoletane del secolo XVII e vari angioletti reggenti i diversi simboli connessi con le litanie mariane, si coglie qui l’occasione per denunciar-ne lo stato di squallidissimo abbandono alle istituzioni competenti e agli organi politici e amministrativi citta-

fig. 34: Belisario Corenzio, Natività della Vergine

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dini e regionali, con la cui colpevole complicità è stato in anni non lontani perpetrato l’ignobile scempio che ha portato alla scomparsa di parecchie scene centina-te, irreparabilmente resecate al centro per ampliare gli archi di passaggio già esistenti e aprirne di nuovi. Accanto al riprovevole comportamento di coloro che hanno autorizzato e compiuto tale “delitto”, va denun-ciata l’altrettanto inqualificabile decisione di far sorge-re al centro del giardino claustrale, a tale scopo total-mente distrutto, un’oscena costruzione che oggi fa bella mostra di sé davanti agli occhi delle autorità universitarie e degli studenti della facoltà di scienze veterinarie. I gravissimi danni apportati a questa pur

fig. 35: Belisario Corenzio, Incoronazione della Vergine

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sempre notevolissima testimonianza storico-artistica della nostra città non da altro dipendono che dall’imperdonabile consuetudine che le autorità hanno sempre avuto di adibire antichi complessi storici e architettonici della nostra penisola miracolosamente sopravvissuti fino al nostro secolo (per essere poi in esso eliminati o mortalmente ‘rimaneggiati’) a ruoli del tutto impropri, come appunto quello di un istituto di studi che per esigenze didattiche si presenta pieno di celle frigorifere per la conservazione e lo studio delle carni animali. Una rara eccezione a tale stato di cose è fortunatamente costituita dall’ex-convento domenicano di San Pietro Martire, restituito di recente alla fruizione

fig. 36: Belisario Corenzio, L’Immacolata Concezione

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fig. 37: Belisario Corenzio,Stella del mare pubblica mediante il restauro e l’insediamento in esso, certamente più decoroso, di una facoltà universitaria come quella di Lettere e Filosofia, indubbiamente più capace di tanti altri pubblici servizi di convivere con

fig. 38: Belisario Corenzio, Il Sole

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fig. 39 e 40: Belisario Corenzio, Scala del Cielo; La Luna antiche strutture, grazie al tipo tutto particolare di esi-genze spaziali da essa richieste. In definitiva, ritornan-

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fig. 41: Belisario Corenzio, La Palma do al Corenzio, ciò che qui si deplora è l’impossibilità di leggere nella sua totalità una produzione figurativa così importante come quella del maestro ellenico del Cinque-Seicento, danneggiata, in tempi purtroppo re-lativamente assai vicini, o dalla completa scomparsa di interi suoi complessi decorativi o da sciagurati ‘restauri’ che hanno irreparabilmente alterato l’origi-naria ‘facies’ di molte sue opere. Per quanto riguarda ora la decorazione a fresco della volta della sala che nel 1845 il già citato Catalani dice-va adibita a Congregazione delle Dame, in stretta rela-zione con l’Oratorio dei Cavalieri, a formare insieme l’Oratorio dei Nobili (l’unica confraternita superstite nel secolo XIX), si può affermare che il Corenzio vi lavorò

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intorno al 1640, più precisamente in un lasso di tempo compreso tra il 1638 e il 1645, immediatamente prima cioè degli affreschi del convento di Santa Maria degli Angeli, che il Celano attribuisce a Belisario ottantacin-quenne (ossia intorno alla meta del quinto decennio del secolo) e che per iconografia e stile paiono la più coerente continuazione, e a volte sovrapponibile ripe-tizione, del ciclo gesuitico.

fig. 42: Belisario Corenzio, Il Giglio Immediatamente prima del complesso decorativo dell’Oratorio delle Dame si dovrebbero invece porre gli ultimi lavori del Corenzio all’interno della Chiesa del Gesù Nuovo, nella quale il pittore d’Arcadia fu attivo a più riprese fra il 1601 e il 1638, come attestano i do-cumenti recentemente scoperti e pubblicati dal Nappi,

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a testimonianza sicura di quei duraturi contatti che i Gesuiti napoletani tennero col Corenzio e avrebbero intrecciato in seguito coi suoi discepoli, dal De Lione allo Stanzione. L’operosità di Belisario nella Casa Professa si sviluppò dunque quando Battistello era già morto e quando sulla volta dell’attiguo Oratorio dei Cavalieri la sua Natività della Vergine attendeva ancora le aggiunte di completamento della decorazione da parte del parmense Lanfranco.

fig. 43: Belisario Corenzio, Il Lauro Venendo ora all’analisi del programma iconografico rispettato dal pittore greco nella Congregazione delle Dame, vanno subito notate due peculiarità dell’intero complesso didascalico-decorativo che non possono sfuggire all’ attenzione di qualunque osservatore: l’as-

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fig. 44 e 45: Belisario Corenzio, Rosa Mistica; Specchio senza difetti

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senza di una decorazione a stucco che, stabilendo un’ininterrotta continuità fra i vari riquadri con storie della Vergine e allegorie e simboli a Lei dedicati, vivacizzi tutto l’insieme della volta affrescata, così come invece si verifica nella sala dei Cavalieri o nella sacrestia decorata dal Vinaccia; e la singolare scelta compositiva di orientare in senso opposto a quello dell’intera decorazione alcuni riquadri, derogando alla consuetudine di scegliere per tutte le parti d’un unico sistema illustrativo un solo punto d’osservazione. Tale sistema consta dunque di tre scene collocate al centro della volta entro cornici ellittiche e di sei scene

fig. 46: Belisario Corenzio, L’Ulivo

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semicircolari poste nelle lunette ricavate al sommo delle pareti fra i pennacchi di raccordo fra queste e il soffitto. Completano il tutto otto allegorie delle virtù affrescate sui pennacchi e dieci gruppi di angioletti distribuiti sulle sei vele laterali e sulla volta fra i tre episodi centrali. Come s’è già più volte sottolineato, il ciclo è tutto consacrato all’esaltazione della Vergine, delle sue virtù e dei fatti salienti della sua storia: tali elementi dovrebbero tutti ruotare, come sempre avviene nei casi di complessi sistemi didascalici de-dicati a un personaggio o a un tema sacro, intorno a uno specifico soggetto, fungente da perno non solo iconografico ma anche compositivo di tutta la struttura figurativa. Nel nostro caso, al centro della volta campeggia la raffigurazione della Incoronazione della Vergine (fig. 35), che pone interrogativi iconografici aggravati dalle difficoltà di identificazione delle particolari funzioni assolte in antico dalla sala corenziana. Le fonti del secolo XVII, dal D’Engenio al De Lellis al Celano, ricordano fra le cinque o sei congregazioni della Casa Professa napoletana una confraternita dell’Assunzione della Vergine, e l’Assunzione, come tutti sanno, è soggetto sacro intimamente connesso con quello dell’Incoronazione di Maria. Ciononostante, non si possono passare sotto silenzio le straordinarie doti di Belisario come scrupoloso e ampio illustratore, talvolta perfino prolisso, delle storie sacre fin nei più piccoli passaggi: tali doti si scontrerebbero qui con la

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tendenza alla sintesi che avrebbe spinto il pittore greco a compendiare due fatti, legatissimi ma pur sempre separati, in un’unica rappresentazione. A tale incon-gruenza, alquanto difficile da accettare senza esitazio-ni, s’aggiunge la presenza nella volta, a fianco di due soggetti ‘celesti’ come la citata Incoronazione (fig. 35) e l’Immacolata Concezione di Maria (fig. 36), di un episodio della vita della Madonna che per maggiore coerenza il pittore avrebbe dovuto porre fra le lunette, la Natività della Vergine (fig. 34), che, guarda caso, ripete, anche se con un partito compositivo e scelte stilistiche alquanto differenti, il soggetto trattato più d’un decennio prima da Battistello nella sala attigua. L’identità fra il soggetto dominante della decorazione battistelliano-lanfranchiana e una delle scene privile-giate di quella corenziana, sembra rafforzare l’ipotesi già sopra formulata circa possibili stretti legami funzionali fra i due antichi ambienti in questione. Accanto ai legami architettonici e funzionali tra gli ambienti, rimane da dire dei legami iconografici che già in Battistello e Lanfranco, ma più esplicitamente e con più coerenza in Belisario Corenzio, vengono stabili-ti con i precetti sull’arte espressi a Trento dai padri conciliari nella 25esima sessione del Concilio. Il rigore tridentino nella condanna dell’abuso delle novità e nella intransigenza che le immagini sacre debbano obbedire al “decoro” viene meglio e più sistematica-mente divulgato dal noto volume del cardinale bolo-

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gnese Gabriele Paleotti. Il volume del Paleotti, una vera e propria precettistica controriformata sulla iconografia delle immagini sacre, venne fatto conoscere presto in tutta Italia ed ebbe largo credito proprio presso i nuovi ordini di stretta osservanza tri-dentina e controriformata. Naturalmente gli artisti che lavorarono su committenza gesuitica dovettero tener conto di questo “sacro” testo oltre che dei dettami della compagnia stessa. Tutto ciò si venne affermando con particolare successo con Belisario Corenzio nell’Oratorio che stiamo prendendo in esame.

fig. 47: Belisario Corenzio, La Presentazione al Tempio

Nella volta, si diceva, accanto alla Natività e all’Incoronazione della Vergine spicca la raffigurazione dell’Immacolata Concezione (fìg. 36), presentata nella più fedele e convinta ottemperanza alla tradizione di un tema non troppo antico ma già chiaramente definito nei suoi caratteri distintivi, grazie alla vastis-sima diffusione avuta soprattutto dopo il Concilio di

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Trento ad opera di ordini religiosi come il francescano e il gesuitico. La Vergine è ritta in piedi, con la corona sul capo, i capelli sciolti sulle spalle e le mani giunte, al di sopra della tradizionale mezzaluna sorretta a sua volta da due angioletti. Ai suoi lati sei angeli svolaz-zanti recano alcuni fra i suoi più ripetuti attributi, derivati alla consuetudine dell’iconografia sacra dalla recita delle litanie mariane: la porta del cielo (porta coeli), la torre d’avorio (turris eburnea), il tempio a pianta centrale (sanctuarium Dei), il giardino recintato (hortus conclusus), la città fortificata (civitas munita), la fontana vivace (fons signatus). Altri dieci attributi son retti dalle coppie di puttini alati che, come s’è detto, Belisario ha dipinto sulle vele e sul soffitto della stanza: la stella del mare (stella maris, fig. 37), il sole (electa ut sol, fig. 38), la scala del cielo (scala tangens coelum, fig. 39), la luna (pulchra ut luna, fig. 40), la palma (quasi palma exaltata, fig. 41), il giglio (lilium inter spinas, fig. 42), il lauro (fig. 43), la rosa

fig. 48: Belisario Corenzio, L’Annunciazione

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mistica (quasi plantatio rosae, fig. 44), lo specchio senza difetti (speculum sine macula, fig. 45), l’ulivo (oliva speciosa, fig. 46). Il ciclo è completato nella parte più bassa dalle sei lunette situate fra i pennacchi affrescati con allegorie delle virtù. Sia la parte narrativa che quella allegorica si riferiscono specifica-mente ancora alla Vergine, della cui vita vengono qui rievocate la Presentazione al tempio (fig. 47), l’Annun-ciazione (fig. 48), la Visitazione (fìg. 49) e, con incon-sueto rilievo, accentuato dalla brevità del racconto storico-leggendario (il Corenzio ha attinto sia alla tradizione evangelica canonica che a quella apocrifa), ben tre scene relative alla vicenda della fuga della Sa-cra Famiglia dalla Palestina in Egitto: il Sogno di Giuseppe (fig. 50), La Fuga in Egitto (fig. 51) e la Traversata d’un fiume durante la fuga (fig. 52).

fig. 49: Belisario Corenzio, La Visitazione

Quasi tutte le nove storie di Maria, così come i sedici simboli delle litanie retti dagli angeli, saranno ripetuti dal Corenzio nei medesimi schemi compositivi e con le stesse scelte d’iconografia e di stile nel Chiostro di

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Santa Maria degli Angeli, dove però la recente distruzione di alcuni affreschi centinati, come si è già detto, non ci permette completi e sempre puntuali confronti. Le scene superstiti comunque manifestano tutte, quale più (ad es. la Presentazione al tempio e il Sogno di Giuseppe) quale meno, riferimenti al ciclo dell’Oratorio delle Dame, anche se non può passare inosservata nella serie francescana la tendenza ad arricchire e a variare nei dettagli rappresentazioni precedenti re-lativamente più sobrie e nitide.

fig. 50: Belisario Corenzio, Il Sogno di Giuseppe

Nel chiostro degli Angeli mancano invece le allegorie delle virtù mariane che nell’Oratorio delle Dame sono presenti in numero di otto e tutte ben individuate mediante i tradizionali attributi e l’uso di didascalie ai piedi delle singole raffigurazioni: la Temperanza, affre-scata anche con la stessa caratterizzazione dal Lan-franco nell’ambiente attiguo (fig. 58), la Mansuetu-dine con l’agnello in grembo (fìg. 59); la Verginità con

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a fianco un piccolo liocorno di cui lo stesso Belisario si ricorderà nella scena dell’Annunciazione affrescata nel chiostro di Santa Maria degli Angeli (fig. 60); la Giustizia con la spada e la bilancia (fig. 53); la Prudenza col serpente e lo specchio (fìg. 54); la Pazienza con le ali e la croce (fig. 55); la Carità coi puttini che ne suggono il latte dal seno (fig. 56); la Fortezza col tronco di colonna (fig. 57).

fig. 51: Belisario Corenzio, La Fuga in Egitto Sulle composizioni e le intenzioni degli affreschi di Belisario Corenzio nella volta dell’Oratorio Gesuitico è possibile fare osservazioni non dissimili da quelle già scaturite dall’analisi degli affreschi lanfranchiani. Nelle scene della vita della Vergine, Belisario pare essersi ricordato con capacità mnemoniche davvero sorprendenti, con estrema precisione, di numerosi singoli brani del vastissimo repertorio iconografico gradualmente costituito dalla tradizione dell’affresco cinquecentesco romano, a partire da Raffaello e fino al

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Manierismo tardo. Si tratta di un’ennesima aggiunta a quel vastissimo sostrato di esperienze culturali sul quale poggia l’operosità artistica corenziana, che abbraccia quasi tutti gli episodi più significativi della storia pittorica d’Italia dei decenni precedenti. Il Corenzio esercitava una selezione poderosa su questi nastri illustrati che passavano dinanzi ai suoi occhi come un film, e quello che aveva scelto veniva passato attraverso il filtro della sua non comune originalità.

fig. 52: Belisario Corenzio, Traversata di un fiume durante la fuga

Aveva certamente visto e studiato a fondo il mondo veneziano: Veronese e Tintoretto sono citati continua-mente nelle grandi arcate, negli sfondi paesistici, nella calca delle persone, nella vena narrativa dolce e lumi-nosa. Non è improbabile che abbia incamerato anche l’esperienza carraccesca di Lodovico (oltre che di Anni-bale) degli affreschi di Palazzo Fava. Ma l’artista che ha lasciato un’orma incancellabile è stato Raffaello. Il napoletano naturalizzato (Belisario era nato in Arcadia nel 1558 e morì a Napoli dopo il 1646) ha saputo ope-

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fig. 53 e 54: Belisario Corenzio, La Giustizia; La Prudenza rare una sintesi prodigiosa di questi grandi e segnare un proprio stile. Grande decoratore di vasti ambienti conventuali, chiostri e volte di grandi chiese, produsse poca pittura su tela. La sua attività artistica nella capi-tale del Viceregno, dove la fece da padrone, è scandita da numerosi documenti di archivio che indicano pure la committenza, quasi sempre religiosa. Instancabile maestro tenne a battesimo tutti gli artisti che si det-tero alla pittura a fresco, da Battistello a Stanzione, da Falcone a Spadaro, da Carlo Coppola ad Onofrio e An-

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drea di Lione. E ciò deve riconoscere, nonostante la poca simpatia che nutre nei suoi riguardi, il famoso biografo delle vite degli artisti napoletani, Bernardo De Dominici. I ricordi raffaelleschi sono evidenti nelle grandi sintesi decorative dove le figure vengono accol-

fig. 55: Belisario Corenzio, La Pazienza

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te nei vani di porte o finestre, nella oggettistica che accompagna la narrazione della storia, negli sfondati degli interni, nelle vele e nei pennacchi, nelle grandi arcate, nei paesaggi con animali e soprattutto nella tipizzazione dei volti e nella precisazione iconografica.

fig. 56: Belisario Corenzio, La Carità

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Quante volte Corenzio ha fatto ricorso alla “Stanza della Segnatura”, uno dei capolavori di Raffaello al Vaticano! Tuttavia, come si diceva, il riferimento, se è mutuato con grande maestria, allo stesso modo non è mai nascosto o peggio negato; anzi è sempre così evidente che si può facilmente riconoscere la fonte precisa.

fig. 57 e 58: Belisario Corenzio, La Fortezza; La Temperanza Il suo attaccamento al lavoro lo portò anche fuori Na-

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poli; per i benedettini di Montecassino produsse degli splendidi affreschi, molto celebrati ma purtroppo distrutti dall’ultimo evento bellico.

fig. 59: Belisario Corenzio, La Mansuetudine

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Anche affreschi rimasti nella città, come si è gia detto, non godono del rispetto dovuto e molti sono stati o deturpati o restaurati nel corso del settecento, quando però i pittori-restauratori, non essendo ancora pe- netrato nelle coscienze il concetto acquisito nel nostro

fig. 60: Belisario Corenzio, La Verginità

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secolo, che l’opera d’arte va rispettata nella sua inte-grità e che la si deve trasmettere senza integrazioni pittoriche, hanno “corretto” e “aggiunto”, spesso can-cellando tratti originali. Per fortuna rimangono interi cicli a testimonianza della maestria del pittore d’Arcadia come nella Cappella degli Angeli al Gesù Nuovo affrescata dal maestro nel 1605 o nella Cappella del Pio Monte di Misericordia o nella volta della chiesa dei SS. Severino e Sossio.

fig. 61: Gian Domenico Vinaccia (disegno), Simone Mano (esecuzione), Sacrestia dell’Oratorio dei Nobili: veduta d’insieme della volta

(al centro Cristo benedicente)

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La decorazione a stucco della vecchia sacrestia

Rimane ora da parlare dell’ultimo dei tre antichi ambienti del Palazzo delle congregazioni laiche che sono sopravvissuti fino ai nostri giorni nonostante le ripetute trasformazioni; si tratta della sacrestia dell’Oratorio dei Nobili, posta sulla sinistra della sala maggiore di tale confraternita e adibita attualmente ad ingresso del Liceo-ginnasio ‘A. Genovesi’ (l’antica entrata principale dell’edificio, che serviva come accesso a tutte le congreghe e al cortile interno, funge oggi da ingresso alla sola Scuola media statale ‘U. Foscolo’). Di tale sala è possibile ancora vedere la volta decorata a stucco, opera del 1682, realizzata dal maestro Simone Mano su ideazione di Gian Domenico Vinaccia, architetto di decorazioni e scultore egli stesso oltre che

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maestro argentiere, attivo in più occasioni su commissioni gesuitiche, come si apprende dal recentissimo saggio di Elio Catello nel quale per la prima volta viene recuperata alla coscienza degli studiosi contemporanei di cose napoletane questa notevole figura di artista del secondo Seicento. Si tratta, afferma il Catello, di un complesso di stucchi

fig. 62: Gian Domenico Vinaccia (disegno), Simone Mano (esecuzione), Sacrestia dell’Oratorio dei Nobili: veduta d’insieme della volta (al centro La Vergine)

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“fra i più importanti e meglio conservati di tutto il Seicento napoletano”.

figg. 64-67: Gian Domenico Vinaccia (disegno), Simone Mano (esecuzione), Gli Apoostoli Giovanni Evangelista, Luca, Giuda Iscariota, Giacomo Maggiore

fig. 63: Gian Domenico Vinaccia (disegno), Simone Mano (esecuzione),Cristo Cristo benedicente)

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Per le dodici vele poste fra i pennacchi di raccordo fra le pareti e la volta il Vinaccia ha ideato altrettanti busti in altorilievo degli Apostoli, caratterizzati quasi tutti dall’attributo del libro e individuati più particolarmente alcuni mediante distintivi iconografici piu specifici.

figg. 68-71: Gian Domenico Vinaccia (disegno), Simone Mano (esecuzione), Gli Apoostoli Tommaso, Giacomo Minore, Bartolomeo, Matteo

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Tralasciando tre busti di difficilissima identificazione per l’assoluta mancanza di altri attributi all’infuori del libro, vanno notati (in senso orario a partire dalla vela

figg. 73-76: Gian Domenico Vinaccia (disegno), Simone Mano (esecuzione), Gli Apoostoli Andrea, Filippo, Taddeo, Pietro

fig. 72: Gian Domenico Vinaccia (disegno), Simone Mano (esecuzione),Cristo La Vergine

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al di sopra e a sinistra dell’attuale portone d’ingresso del liceo ‘Genovesi’) il San Giacomo Maggiore (col bastone del pellegrino e la valva di conchiglia sul petto), il San Bartolomeo (che reca il coltello con cui fu scuoiato), il San Matteo (con gli attributi del gabellie- re), il San Tommaso (con la squadra dell’architetto), il San Giovanni Evangelista, Giuda Iscariota (con il cappio del suicidio), il San Giacomo Minore (col bastone del follatore), il Sant’Andrea (con la croce de-cussata) e il San Pietro (con le tradizionali chiavi). Fra le due coppie di apostoli poste alla sommità della parete d’ingresso e di quella opposta, due ovali inseriti entro pennacchi trapezoidali di raccordo con la sommità della volta (dove un grande riquadro rettangolare ora imbiancato doveva o avrebbe dovuto ospitare un affresco) completano la parte figurata della decorazione con i busti della Vergine (di fronte all’attuale ingresso) e del Cristo in atto di benedire (sull’ingresso). Ridondanti fregi e girali floreali chiusi o aperti da valve di conchiglia terminano il fastoso insieme con grandioso effetto scenografico. La coerenza iconografica di pura ispirazione gesuitica vede protagonista di questo ambiente la figura di Gesù come “Maestro” in mezzo agli Apostoli; la presenza della Madonna è anch’essa una testimonianza di fede gesuitica contro le eresie; ma soprattutto la Madonna era collegata a Gesù per essere di fatto la persona più intimamente legata a Gesù stesso per esserne stata la

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Madre. Il significato iconografico di questa originale scelta decorativa è evidente proprio con le relazioni intercorrenti tra le figure qui rappresentate e gli ideali religiosi della Compagnia. Come Gesù attraverso la sua predicazione si è posto al centro della nuova mis- sione di evangelizzazione delle genti, allo stesso modo i gesuiti sono i nuovi Soldati di Cristo che prediche-ranno e trasmetteranno la parola di Gesù in ogni angolo della terra. E come gli apostoli andarono a predicare e spesso furono martirizzati fino al sacrificio supremo della loro stessa vita per il trionfo della parola di Gesù, così spesso i giovani missionari partiti per evangelizzare le popolazioni di terre lontane subiranno il martirio.

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Giovanni Battista Caracciolo, detto Battistello Giovanni Battista Caracciolo, detto Battistello (Napoli, 1578-1635), fu tra i più importanti pittori degli inizi del Seicento a Napoli e tra i più fedeli seguaci del Caravaggio e uno degli esponenti di spicco del movimento caravaggesco europeo. Della sua vita si sa ben poco, tranne qualche riferimento biografico, ma riguardo alla sua attività artistica siamo più fortunati in quanto numerosi documenti ritrovati negli archivi cittadini ci informano puntualmente della datazione delle sue opere e della loro committenza laica e religiosa. Siamo così in grado di stabilire per molte opere una esatta cronologia. Il primo quadro documentato e che tanto successo ha riportato alla recente mostra sulla Civiltà del Seicento è l’Immacolata, per i minimi di Santa Maria della Stella. Il dipinto dimostra tracce della precedente educazione manieristica e il primo grado di maturita raggiunto dal pittore nell’aderire al nuovo linguaggio caravaggesco, che desumeva dalle Sette opere di Misericordia e dalla Madonna del Rosario, le prime opere napoletane superstiti del Caravaggio. In seguito con il Battesimo di Cristo, ora ai Gerolomini, dimostrò di aver compreso a pieno l’insegnamento caravaggesco. Successivamente attraverso varie esperienze ed in-ferenze, quasi alla fine della sua carriera, come si vede

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in un’opera del 1631, l’Assunzione della Vergine (al Museo di Capodimonte), il Caracciolo si dimostra attratto dalla morbidezza delle forme e dall’idealizzazione delle figure derivate dal classicismo bolognese.

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Giovanni Lanfranco Artisa parmense vissuto fra il 1582 e il 1647, autore di una copiosa produzione pittorica su tela e soprattutto ad affresco, genere che lo vide quasi indiscusso protagonista lungo tutto il secondo quarto del secolo XVII. Allievo di Agostino Carracci nella sua città natale (1597-1601) e poi di Annibale a Roma (1602-1605), fu della grande scuola classicistica emiliana inaugurata dai suoi maestri uno dei più rappresentativi esponenti, fino a quando la profonda evoluzione del suo personale linguaggio figurativo non lo portò a farsi diretto antici-patore dei fasti della pittura e della decorazione pittorica del secondo Seicento. La sua feconda attività si svolse tutta nelle due principali fucine culturali del suo tempo, la Roma papale e la Napoli del Viceregno spagnolo. Nella prima città, dove soggiornò inizialmente per un trentennio (dal 1602 al 1634, col solo breve intermezzo piacen-tino del 1609-1611) e quindi negli ultimi mesi di vita (1646-47), fu il destinatario di alcune delle più ambite commissioni artistiche della corte pontificia e delle famiglie dell’altissima aristocrazia (soprattutto i Bor-ghese e i Sacchetti): tale periodo di instancabile attivi-

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tà sui ponti di lavoro dei maggiori edifici cittadini, civili e sacri (dal Palazzo del Quirinale al Casino Borghese, da San Giovanni dei Fiorentini a San Paolo fuori le Mura, da Sant’Andrea della Valle alla Basilica Vaticana) ebbe però quasi repentina fine nel 1634, quando i recenti successi dei giovani artisti della cerchia barberiniana (Bernini, Pietro da Cortona e Andrea Sacchi) lo spinsero a cercare nuova fortuna nella capitale del Meridione. Qui fu nel periodo 1634-46, so-prattutto grazie all’importantissima operosità di frescante costantemente sollecitata dalle richieste gesuitiche, certosine, teatine e arcivescovili, il primo diffusore del nuovo captante messaggio stilistico destinato a segnare in profondità il futuro corso della pittura del Viceregno: quello del Barocco. A questo suo incontestabile insegnamento intere generazioni di artisti partenopei del Seicento inoltrato e del Settecento, inclusi il Giordano, il Preti e il Solimena, furono ampiamente debitrici.

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Belisario Corenzio Di origine peloponnesiaca (era nato in Arcadia nel 1558), venne a Napoli intorno al 1570 ancora giovinetto, rimanendovi per ben settantasei anni della sua lunghissima vita, fino cioè al 1646, quando alla vigilia della morte si ritirò ad Esperia nel basso Lazio. Nei tre quarti di secolo trascorsi nella città vicereale s’impegnò in un’attività decorativa instancabile producendo uno dei più vasti cataloghi di pitture della storia dell’arte europea, quasi interamente costituito da cicli di affreschi per le pareti e le volte delle principali chiese e complessi conventuali partenopei. Dominatore assoluto della scena artistica napoletana, fu influenzato dalla pittura romana di Raffaello e Michelangelo e dai grandi Veneti, quali Tintoretto e Veronese, ma tenne conto soprattutto dei modi del Cavalier d’Arpino, dei toscani Poccetti e Balducci (quest’ultimo presente a Napoli dal 1596 al 1631) e dei tardomanieristi fiamminghi (dallo Smet a Teodoro d’Errico, da Rinaldo Fiammingo ad Aert Mytens, al Bril). Fra le innumerevoli imprese del suo eclettico ma spes-so originale pennello, particolarmente degne di men-zione sono quelle dell’Annunziata, di Sant’Andrea delle

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Dame, dei SS. Severino e Sossio, del Monte di Pietà, della Certosa, di Santa Maria la Nova, della Sapienza, del Palazzo dei Vicerè e la vasta decorazione del chiostro francescano del convento di Santa Maria degli Angeli alle Croci, dove è ora la Facoltà di Veterinaria.

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Gian Domenico Vinaccia Uno dei maggiori scultori napoletani del secondo Seicento (Massalubrense, 1625 - Napoli, 1695). Attivo per più d’un trentennio (dal 1661 alla morte) nella capitale del Viceregno come architetto e decoratore in marmo e in pietre dure ma soprattutto come finissimo maestro ebanista ed argentiere. Fu nel campo della lavorarone dell’argento che il Vinaccia realizzò le opere di maggiore impegno e di più sicuro successo, riuscendo a strappare al canonico Celano (1692) il giudizio secondo cui “in questa sorta di lavoro non ha pari”. I suoi capolavori (dei quali a volte conserviamo purtroppo il solo ricordo documentario) testimoniano nella scultura, in sintonia colla produzione pittorica del Giordano (a fianco del quale il Vinaccia fu più volte attivo) il momento di transizione dall’enfasi retorica dell’ultimo Barocco alle squisite grazie dell’incipiente stagione del Rococò (si ricordi per tutti la Traslazione delle reliquie di San Gennaro, paliotto eseguito nel 1695 per l’altare maggiore della Cappella del Tesoro in Cattedrale).

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Bibliografia essenziale utilizzata nel corso del presente lavoro: G. F. ARALDO, S.I., Cronica della Compagnia di Gesù di Napoli 1552 -1596, ms. del 1595-96, Arch. Napol. S. I.

Catalogo di tutte le Congregationi della B.ma Vergine che sono in ciascheduna casa o collegio della Com-pagnia di Gesù della provincia di Napoli, fatto nel mese di luglio del 1607, in Lettere edifìcanti della Provincia Napoletana della Compagnia di Gesù, a cura del P. Tacchi Venturi, Napoli 1905, pagg. 214-220

C. D’ENGENIO CARACCIOLO, Napoli Sacra, Napoli 1623

C.DE LELLIS, Aggiunta alla Napoli Sacra del d’Engenio, 1652

C.CELANO, Notizie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli, Napoli 1692

L.CATALANI, Le chiese di Napoli: descrizione storico-artistica, Napoli 1845-53

C.CELANO, Notizie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli, a cura di G. B. Chiarini, Napoli 1856-60

F. ZERI, Pittura e Controriforma, Torino 1957

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W.PROHASKA, Beiträge zu Battistello Caracciolo, in “JAHRBUCH DER KUNSTHISTORISCHEN SAMMLUNGEN IN WIEN”, LXXIV (1978), pagg. 153-269

F.BOLOGNA-V.PACELLI, Caravaggio, 1610: la “Sant’Or-sola sconfitta dal tiranno” per Marc’Antonio Doria, in “PROSPETTIVA” (1980) n. 23, pagg. 24-44

M.W.STOUGHTON, G.B. Caracciolo and his Son Pom-peo: Documents from the Archivio Storico del Banco di Napoli, in “ANTOLOGIA DI BELLE ARTI”, IV (1980), pagg. 187-194

V.PACELLI, Affreschi di Battistello, Lanfranco e Coren-zio nelle Congregazioni del Gesù Nuovo, in Seicento Napoletano. Arte, costume e ambiente, a cura di Roberto Pane, Milano 1984, pagg. 180-195

E.CATELLO, Vinaccia e la sacristia dell’Oratorio dei Nobili al Gesù, in Seicento Napoletano cit., pagg. 357-358

F.IAPPELLI S.I., Gesuiti e Seicento Napoletano, in “SOCIETAS”, XXXIV (1985), pagg. 23-35 (I) e 73-90 (II)

F.SCHINOSI, Jstoria della Compagnia di Gesù apparte-nuta al regno di Napoli, Napoli, 1711

E.NAPPI, Le chiese dei Gesuiti a Napoli, in Seicento Napoletano cit., pag. 318 sgg.

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Ringrazio per l’amichevole e affettuosa collaborazione gli allievi Maria Sica e Francesco Caglioti. Estrema disponibilità ho trovato nel liceo Genovesi, specialmente da parte del prof. Angelo Raffaele Memmolo e del capo dell’ufficio di segreteria rag. Biagio Crispino. Se gli affreschi e gli stucchi dell’Oratorio dei Nobili sono oggi perfettamente leggibili e godibili è soprattutto merito di un felice restauro effettuato negli anni Settanta da Lucia-no Maranzi e diretto dal prof. Nicola Spinosa, oggi Soprin-tendente ai Beni Artistici e Storici. Un particolare ringraziamento esprimo al preside Guido Sil-vestro che, avendo preso con raro entusiasmo l’iniziativa della realizzazione di questo volume, mi ha offerto occa-sione di rendere meglio noti i capolavori seicenteschi custoditi con tanta cura nel Liceo.

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PIANO DELL'OFFERTA FORMATIVA

ANNI SCOLASTICI 2005-2008

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DATI DELLA SCUOLA

Indirizzi:

Sede centrale: Piazza del Gesù Nuovo, 1

Tel. e Fax 081 5514756

Sede succursale: Salita Pontecorvo 72 Tel. e Fax 081 5648703

Segreteria:

Tel. e Fax 081 5514756

e-mail: [email protected]

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IL LICEO

Antonio Genovesi Il 13 settembre 1874 Vittorio Emanuele II firmò il decreto istitutivo del terzo liceo di Napoli, che inizialmente prese il nome dal ginnasio municipale che lo ospitava: "Regio Liceo Giannone". Il Regio Decreto n. 3338 del 2 ottobre 1876 ne stabilì la denominazione definitiva "Liceo Antonio Genovesi", dal nome di uno dei massimi esponenti dell'illuminismo napoletano, fondatore della prima cattedra in Europa di Economia Politica. Con l'inizio dell'anno scolastico 1888-89 il Liceo Genovesi ottenne la sua attuale sede, parte del Palazzo delle Congregazioni, in piazza del Gesù Nuovo, una delle più belle piazze della città, in un ambiente ricco di vita popolare, di storia, di cultura. All'interno dell’edificio si trovano l'Oratorio dei Nobili con annessa Sagrestia (oggi rispettivamente Aula Magna e atrio dell'ingresso del Genovesi) e l'Oratorio delle Dame (in cui sarà ubicata la biblioteca). In questi locali è possibile ammirare gli affreschi di Giovan Battista Caracciolo, Giovanni Lanfranco e Belisario Corenzio. Sulle opere artistiche del Liceo sono stati pubblicati un ricco volume redatto da Vincenzo Pacelli dell’Università di Napoli (1985) e un volume scritto da alcuni alunni della scuola a conclusione di un corso sulla conservazione dei monumenti.

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La sede storica di piazza del Gesù, consegnata nel giugno di quest’anno dopo un intervento strutturale che ha reso l'Istituto più funzionale ed anche rispondente alle norme europee sulla sicurezza, in grado quindi di assolvere sempre meglio alla sua funzione di edificio ospite di una istituzione scolastica, accoglierà gli studenti a partire dall’inizio dell’anno scolastico 2005-06. Sono in corso di allestimento i Laboratori di Fisica, con una sezione storica, di Scienze, di Informatica. La biblioteca del "Genovesi", che risale alla fondazione stessa dell'istituto, è ricca di circa diecimila volumi e viene continua-mente arricchita con nuovi acquisti. È divisa in varie sezioni, ordinate con un catalogo realizzato con tecniche informatiche. Fanno parte della biblioteca i volumi di italianistica del "Fondo Mauro", donati dagli eredi del professor Mauro, che per molti anni insegnò in questa scuola. Esiste, inoltre, un fondo di libri antichi e una sezione di storia dell'arte, che raccoglie lavori sul territorio campano, svolti da allievi della scuola e corredati da fotografie e, talvolta, audiovi-sivi realizzati dagli stessi alunni. Grazie ai lavori di ristrutturazione dell'edificio, la biblioteca sarà ubicata nell'Oratorio delle Dame, ove sarà resa possibile la consultazione dei testi non solo a professori ed alunni della scuola, ma anche al pubblico. La costituzione del Laboratorio di Fisica del Genovesi risale almeno al 1911, data del più antico inventario trovato negli Archivi della scuola. Nel corso degli anni la collezione è stata arricchita con nuovi acquisti, ed oggi conta più di trecento pezzi.

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Gli strumenti antichi, di pregevole manifattura artigianale, sono molti, ben conservati, tuttora funzionanti, e danno l'idea di un laboratorio d'inizio secolo. La biblioteca custodisce anche due testi, di cui uno risale al 1899, che illustrano il funzionamento degli strumenti del laboratorio. Schede descrittive degli strumenti sono state elaborate da gruppi di alunni e incluse in cataloghi sugli strumenti antichi delle scuole napoletane. Nel Laboratorio di Scienze sarà possibile svolgere esercitazio-ni pratiche di chimica e biologia; simulazioni al computer di chimica ed astronomia; esercitazioni con l'uso di modelli e plastici; proiezioni. Fa parte del materiale del laboratorio anche una raccolta di minerali, che sono stati catalogati da un gruppo di alunni; i risultati del lavoro sono pubblicati in un volume corredato di fotografie. La sede succursale è ubicata nell'edificio di salita Pontecorvo, nato come sede scolastica e ristrutturato secondo le norme di sicurezza, con aule luminose e riscaldate. Le palestre, il teatro, il laboratorio d'informatica sono utilizzati in comune con il Liceo Psico-pedagogico Margherita di Savoia,

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Il PIANO DELL'OFFERTA FORMATIVA

CONDIZIONI GENERALI DI SVOLGIMENTO DEL SERVIZIO SCOLASTICO

RISORSE

RISORSE INTERNE: umane

Dirigente scolastico Collaboratore vicario Consiglio di presidenza 56 docenti Coordinatori dei Consigli di classe Consiglio di Istituto Consigli di classe CIC: Sportello di ascolto e sostegno psicologico con

presenza dello psicologo DSGA 10 collaboratori scolastici 5 collaboratori amministrativi Rappresentanze sindacali Funzioni strumentali: numero ed obiettivi fissati dal CdD

annualmente Responsabile della sicurezza Responsabile lavoratori per la sicurezza Squadra antincendio Squadra pronto soccorso Articolazioni del Collegio dei docenti: dipartimenti,

commissioni, comitato di valutazione, commissione elettorale.

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RISORSE INTERNE: materiali

Sede centrale:

15 aule Laboratorio di fisica parzialmente allestito Laboratorio di scienze Laboratorio di informatica in allestimento Ufficio di Presidenza Ufficio di Vicepresidenza Ufficio di Segreteria Ufficio del Direttore Amministrativo Sala dei Professori Palestra (in allestimento)

Nel corso dell’anno scolastico 2005-06 saranno completate, secondo le previsioni, altre 7 aule, nonché la ristrutturazione dell’Oratorio dei Nobili (Aula Magna) e dell’Oratorio delle Dame ( Biblioteca aperta al territorio ). Sede Succursale:

16 aule Sala dei Professori Ufficio del Fiduciario 4 ambienti per uso comune. Spazi comuni con il Liceo Psico-pedagogico Margherita di

Savoia: teatro, palestra, laboratorio di informatica.

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RISORSE ESTERNE

Università Fondazione IDIS Archivio di Stato Biblioteca universitaria Biblioteca nazionale Progetto Hermes: La scuola napoletana in rete Istituto campano per la Storia della Resistenza Istituto Italiano di Studi Filosofici Musei Associazioni culturali presenti sul territorio.

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REGOLE E STATUTI

Regolamento d'istituto

ORARI Lezioni: 8,10 - 14,05 Uffici di segreteria: giorni dispari, ore 10,30 - 12,30 Il Dirigente scolastico riceve il pubblico tutti i giorni dalle 10,00 alle 11,30 oppure su appuntamento.

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OFFERTA FORMATIVA

Il piano di studi, quinquennale, è articolato in un biennio e in un triennio.

In tutte le sezioni della scuola si prosegue lo

studio della lingua inglese per tutto il quinquennio.

In una sezione si potenzia lo studio della storia dell'arte con due ore di insegnamento settimanali per tutto il quinquennio.

In due sezioni si potenzia l’insegnamento della

matematica con l'introduzione del laboratorio d'in-formatica

Il conseguimento del diploma permette di accedere a qualsivoglia facoltà universitaria.

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Quadro orario settimanale delle lezioni

Materia 4 5 1 2 3 Religione 1 1 1 1 1 Italiano 5 5 4 4 4 Latino 5 5 4 4 4 Greco 4 4 3 3 Inglese 3 3 3 3 3 Storia 2 2 3 3 3 Filosofia 3 3 3 Geografia 2 2 Scienze 4 3 2 Matematica 2 2 3 2 2 Fisica 2 3 Storia dell’Arte 1 1 2 Educaz. Fisica 2 2 2 2 2

Totale 26 26 31 31 32

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Quadro orario settimanale delle lezioni

Potenziamento dello studio della storia dell'arte

Materia 4 5 1 2 3 Religione 1 1 1 1 1 Italiano 5 5 4 4 4 Latino 5 5 4 4 4 Greco 4 4 3 3 3 Inglese 3 3 3 3 3 Storia 2 2 3 3 3 Filosofia 3 3 3 Geografia 2 2 Scienze 4 3 2 Matematica 2 2 3 2 2 Fisica 2 3 Storia dell’Arte 2 2 2 2 2 Educaz. Fisica 2 2 2 2 2

Totale 28 28 32 32 32

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Quadro orario settimanale delle lezioni

Potenziamento di matematica

con l'introduzione del laboratorio d'informatica

Materia 4 5 1 2 3 Religione 1 1 1 1 1 Italiano 5 5 4 4 4 Latino 5 5 4 4 4 Greco 4 4 3 3 3 Inglese 3 3 3 3 3 Storia 2 2 3 3 3 Filosofia 3 3 3 Geografia 2 2 Scienze 4 3 2 Matematica 4 4 3 3 3 Fisica 2 3 Storia dell’Arte 1 1 2 Educaz. Fisica 2 2 2 2 2

Totale 28 28 31 32 33

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FUNZIONE EDUCATIVA

1. Formazione dell'uomo e del cittadino 2. Promozione culturale 3. Potenziamento del livello di formazione generale, etica,

civile e culturale FINALITÀ DELLA SCUOLA

1. Riconoscere e praticare i propri diritti e doveri 2. Accettare il confronto nel rispetto di opinioni e diversità 3. Costruire il senso di appartenenza ad una collettività

che cresce e si evolve con il contributo di tutti OBIETTIVI CULTURALI Generali

1. Imparare ad imparare: sapere, saper fare, saper essere 2. Acquisizione dell'autocoscienza come consapevolezza

della propria identità, delle proprie aspirazioni e dei propri comportamenti

3. "Leggere" la realtà contemporanea attraverso l'educa-zione a tutti i linguaggi, al fine di assumere una visione critica dei fenomeni storici, sociali, scientifici, ecc.

4. Acquisire libertà intellettuale, attraverso cui maturare valori etici

5. Rispetto del patrimonio storico, artistico ed ambientale

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Specifici dello studio classico OBIETTIVI CULTURALI

1. Lo studio delle lingue e delle civiltà classiche fornisce la chiave di accesso al patrimonio culturale e civile antico che è fondamento della civiltà e cultura contemporanea

2. Lo studio del latino e del greco permette l'accesso ai contenuti e ai valori delle due civiltà e contribuisce alla formazione della capacità di analisi linguistica anche nella dimensione storica

3. Lo studio delle lingue classiche unito a quello delle lingue moderne favorisce la capacità di astrazione, tale da condurre ad una maggiore consapevolezza dei pro-cessi logici e comunicativi; in più invita a una più matura riconsiderazione della lingua madre, consentendone una maggiore padronanza

Specifici del biennio

1. Partecipare in modo consapevole ad una lezione ed in-teragire, ponendo domande, articolando risposte, argo-mentando giudizi e mettendoli a confronto

2. Ricavare informazioni consultando fonti, usando i reper-tori disciplinari adeguati e accedendo ai luoghi di ricerca

3. Selezionare le informazioni organizzando schedature, sintesi, mappe logiche o attivando altre strategie volte all'apprendimento

4. Riutilizzare le conoscenze acquisite costruendo quadri mentali di riferimento

5. Comprendere e produrre messaggi diversi per tipologia, scopi, destinatari, situazioni comunicative e registro linguistico

6. Usare consapevolmente i linguaggi specifici

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Specifici del triennio OBIETTIVI CULTURALI

1. Comprendere ed utilizzare i linguaggi specifici 2. Acquisire capacità di analisi e di sintesi 3. Maturare capacità logico deduttive 4. Porsi problemi e prospettare soluzioni 5. Saper lavorare autonomamente e in gruppo 6. Saper inquadrare in un medesimo schema logico que-

stioni diverse 7. Acquisire un metodo di studio che fornisca elementi di

autonomia culturale progressiva 8. Saper considerare criticamente affermazioni e informa-

zioni per arrivare a convinzioni fondate e a decisioni consapevoli

Alla fine del biennio lo studente ha le seguenti capacità:

1. Sa leggere, comprendere ed utilizzare il messaggio dei testi autonomamente

2. Sa applicare, nella decodifica dei testi, gli elementi appresi del codice ad essi relativi

3. Sa ricorrere alla lettura come mezzo per accedere a più vasti campi del sapere

4. Sa procedere con metodo rigoroso nell'affrontare un pro-blema, utilizzando dati, formulando ipotesi e proponendo soluzioni

5. Sa riconoscere e riprodurre i modelli appresi di comunica-zione, utilizzando gli elementi essenziali dei linguaggi spe-cifici

6. Sa attivare le strategie più idonee di studio per ottenere risultati

7. Sa riconoscere l'importanza del patrimonio storico, artistico ed ambientale

8. Ha acquisito un metodo di studio utile all'approccio dei sa-peri del triennio

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OBIETTIVI CULTURALI Alla fine del triennio lo studente ha le seguenti capacità: 1. Ha acquisito un metodo di studio tale da consentirgli di in-

terpretare le proprie conoscenze e rielaborarle 2. Ha decodificare e produrre autonomamente testi scritti 3. Sa organizzare un discorso in forme coerenti, coese e

logicamente organizzate 4. Sa utilizzare i linguaggi specifici 5. Sa operare confronti e collegamenti tra i contenuti di diver-

se aree disciplinari 6. Sa utilizzare conoscenze e competenze acquisite per

orientarsi e per agire nella realtà I docenti del Liceo, riuniti per materie, hanno indicato le com-petenze disciplinari in uscita dal biennio.

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METODOLOGIE E STRATEGIE

Centralità del discente nel processo formativo Conduzione delle attività con il gruppo classe Classi aperte e didattica modulare per alcune attività

(sostegno, recupero, potenziamento) Lezione frontale, interattiva, itinerante Lavoro di gruppo, intergruppo Laboratorio Uso delle fonti (esperienze, osservazioni, documenti

come punto di partenza dei processi di astrazione e sistematizzazione)

Partecipazione a conferenze, dibattiti, lezioni con esperto

Uso di varie tecnologie didattiche

STRUMENTI

Libri di testo e di consultazione Pubblicazioni quotidiane e periodiche Lavagna luminosa Audiovisivi Computer Biblioteca Viaggi di istruzione Visite guidate Cineforum, spettacoli teatrali e manifestazioni culturali

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VALUTAZIONE La valutazione sull'apprendimento dell'alunno riguarderà

1. Il livello di partenza dell'allievo

2. Le competenze e le conoscenze disciplinari acquisite

3. Le capacità espressive raggiunte nello specifico lin-guaggio della materia

4. La capacità di rielaborare in maniera critica e personale i contenuti disciplinari

5. L'atteggiamento di partecipazione alla vita di classe e scolastica in genere

CRITERI DI VALUTAZIONE PER LO SVOLGIMENTO DEGLI SCRUTINI FINALI

Il Collegio dei Docenti ad inizio d'anno fissa i criteri di valuta-zione per gli scrutini finali affinché all'interno dell'istituto vi siano omogenei criteri di giudizio e valutazione degli allievi.

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CREDITI

Il credito scolastico sarà attribuito in base alle fasce stabilite dal regolamento degli esami di stato*, tenendo conto della media dei voti riportati, della partecipazione al dialogo educativo, dell'interesse mostrato, della frequenza alle lezioni, della partecipazione alle attività di potenziamento, di eventuali crediti formativi. *

VERIFICHE

Numerose, diversificate, scritte e orali: compiti tradizionali, prove strutturate e semistrutturate; relazioni; interrogazioni tradizionali; interventi richiesti o spontanei; costruzione di schemi e mappe logiche.

CREDITO SCOLASTICO ( punti )

Media dei voti

I anno

II anno

II anno

M = 6

2 – 3

2 - 3

4 - 5

6 < M = < 7

3 - 4

3 - 4

5 - 6

7 < M = < 8

4 - 5

4 - 5

6 - 7

8 < M = < 10

5 - 6

5 - 6

7 - 8

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ACCOGLIENZA

È da sottolineare l'importanza del principio di continuità, in base al quale ogni livello di scuola deve essere considerato quale fondamento e garanzia per quello che segue, in modo che la chiarezza delle finalità, dei metodi e dei contenuti propri di ciascun livello venga doverosamente acquisita da quelli successivi. L'accoglienza è un momento fondamentale del percorso formativo. Suoi obiettivi primari sono: Eliminare il disagio degli studenti in ingresso nelle classi

iniziali Promuovere e potenziare l'interesse e la disponibilità degli

studenti all'apprendimento Rimuovere il tradizionale iato biennio-triennio e costruire,

pur nelle doverose differenziazioni tra i livelli formativi, il senso della continuità e congruenza dell'intero percorso formativo.

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ACCOGLIENZA PER LE IV GINNASIALI CONTINUITÀ SCUOLA MEDIA-SCUOLA SUPERIORE

Cura l'attuazione del progetto la funzione strumentale coadiu-vata da una commissione formata da due insegnanti del biennio.

OBIETTIVI

Diffondere la conoscenza del profilo culturale dell'istituto Diffondere la conoscenza delle finalità del percorso educa-

tivo Rendere più consapevole la scelta dell'indirizzo di studio Favorire la conoscenza del nuovo ambiente

STRUMENTI

Contattare le scuole medie Organizzare per le scuole medie che ne facciano richiesta

una visita degli alunni cui illustrare le caratteristiche del percorso didattico dell'istituto

Distribuire materiale illustrativo che fornisca indicazioni sul corso di studi, funzionamento della scuola, documenti per l'iscrizione

organizzare riunioni con le famiglie per fornire indicazioni sul corso di studi, funzionamento della scuola, documenti per l'iscrizione

Favorire incontri tra gli alunni interessati e gli studenti del liceo

Istituire uno sportello informativo Partecipazione degli alunni iscritti ad un modulo introduttivo

alle materie caratterizzanti il liceo classico

TEMPI novembre, dicembre, gennaio modulo di pregreco: aprile, maggio

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CONOSCENZA DI SÉ, MOTIVAZIONE, PREREQUISITI

L'attuazione del progetto spetta ai consigli di classe

OBIETTIVI Prevenire il disagio degli studenti nei primi giorni di scuola Promuovere la socializzazione Facilitare i rapporti docenti-alunni Chiarire il funzionamento degli Organi Collegiali Favorire negli alunni la conoscenza di sé Avvicinare i docenti alla realtà degli alunni Far emergere le motivazioni della scelta della scuola Illustrare il percorso didattico che si va ad intraprendere (obiettivi formativi, cognitivi delle materie)

Indagine sui prerequisiti Omogeneizzare il più possibile i prerequisiti

STRUMENTI Visita dei locali della scuola Visita della Napoli greco-romana Visita di alcuni istituti culturali presenti nel distretto (Museo archeologico, Museo dell'Opera ... a scelta).

Organizzare un incontro con studenti dello stesso corso già al triennio per uno scambio di esperienze

Distribuire test motivazionali e di autovalutazione Somministrare un questionario socio - culturale Decodifica dei test Somministrare test d'ingresso interdisciplinari e disciplinari a prove strutturate o semistrutturate

Valutazione delle prove con relativo punteggio per ogni allievo Compilazione di una scheda sulla fisionomia della classe, base indispensabile per la programmazione.

Notificare la programmazione con obiettivi e criteri di valutazione alle famiglie e agli studenti

TEMPI tre settimane (settembre, ottobre)

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STRATEGIE

Lezione, lezione frontale, lezione dialogata, lezione itinerante, lavoro di gruppo, intergruppo, laboratorio, uso delle fonti (esperienze, osservazioni, documenti come punto di partenza dei processi di astrazione e di sistematizzazione).

Dedicare il primo periodo dell'anno scolastico al ripasso e alla riflessione sulla lingua e la logica rimandando l'inizio dello studio del latino e del greco ad un periodo successivo e in parallelo affrontare la logica formale in matematica con riflessioni comparate con il linguaggio naturale (dopo un certo periodo di tempo si può anche affrontare il discorso sulle figure di ragionamento).

Dedicare nel corso dell'anno e per tutte le materie alcune ore alla lettura, alla comprensione del testo, alla individuazione dei nuclei concettuali portanti effettuando ore di studio guidato in classe. Avviare la familiarizzazione con i libri di testo (soprat-tutto testi scientifici). MONITORAGGIO

Somministrazione di un questionario per testare le abilità e le conoscenze di base delle classi parallele (IV ginnasiali), Somministrazione di un questionario d'uscita alle quinte ginnasiali I questionari, uguali per tutte le classi, saranno preparati dalla funzione strumentale per la didattica su indicazione dei diparti-menti e corretti dai docenti delle classi. I risultati saranno ela-borati da docenti che collaborano con il responsabile per la qualità

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ACCOGLIENZA PER LE PRIME LICEALI

OBIETTIVI Adeguare il metodo di studio Eliminare il tradizionale iato biennio-triennio Facilitare i rapporti docenti-alunni Avvicinare i docenti alla realtà degli alunni Illustrare il percorso didattico che si va ad intraprendere (obiettivi formativi, cognitivi delle materie)

STRUMENTI Studio guidato (enucleare in un brano parole chiave, concetti chiave, individuare le informazioni relative ad un singolo argomento in uno o più brani proposti, fare una sintesi dei brani letti, produrre mappe logiche)

Aggiornamento della scheda fornita dal CC del Ginnasio Notificare la programmazione con obiettivi e criteri di valutazione alle famiglie e agli studenti

TEMPI due settimane ( settembre) STRATEGIE Lezione, lezione frontale, lezione dialogata, lavoro di gruppo, intergruppo, laboratorio, uso delle fonti (esperienze, osserva-zioni, documenti come punto di partenza dei processi di astrazione e di sistematizzazione).

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ORIENTAMENTO E RIORIENTAMENTO I Consigli di classe, assistiti dal docente che ricopre la Funzio-ne Strumentale dell’area 2, provvederanno a:

Responsabilizzare gli alunni fin dalla quarta ginnasiale Assistere gli alunni nella scelta di percorsi che valorizzino

le capacità, le esperienze e le attitudini individuali Incentivare forme di autovalutazione e conoscenza di sé

La Funzione Strumentale dell’area 2 si occuperà dei rapporti con l’Università e dell’organizzazione di stage formativi.

Per quanto riguarda i rapporti con l’Università provvederà a mettere in contatto gli allievi con le principali Università pre-senti sul territorio attraverso conferenze dei rappresentanti delle Università stesse o attraverso la visita guidata e pro-grammata nelle singole Facoltà degli Atenei .

La scuola ha aderito al progetto P.OR.T.A ed aderisce al PrOF - Programma di Orientamento Formativo.

Per quanto riguarda l’organizzazione di stage formativi, al termine ed all’inizio dell’anno scolastico gli allievi di I, II, III Liceo possono partecipare a stage presso alcune aziende del territorio (pubbliche e private), enti o altre istituzioni.

Gli scopi degli stage sono i seguenti: Contatto con il mondo del lavoro e con le sue strutture Possibilità da parte degli allievi di verificare il possesso di capacità logiche in grado di acquisire conoscenze, compe-tenze e capacità in attività che esulano dalle materie di inse-gnamento, cioè di auto-valutare il raggiungimento degli obiet-tivi che stanno alla base del Liceo stesso.

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La Scuola ha aderito al Progetto “Stage interprofessionale” di orientamento alle professioni intellettuali, in collaborazione con il Comitato Unitario delle Professioni, la Provincia di Napoli, la Consulta Interprofessionale, l’Assessorato alle Politi-che Scolastiche.

Ha inoltre stipulato una convenzione per effettuare stage presso il Centro per disabili “Piccolo Cottolengo don Orione” di Ercolano.

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ATTIVITA' DI RECUPERO, DI SOSTEGNO, DI POTENZIAMENTO

L'attività di sostegno rientra nella programmazione di ciascun Consiglio di Classe e di ogni docente. Accertate in tempi rapidi prime carenze o difficoltà nel processo di apprendimento, cia-scun docente deve attuare interventi di sostegno in orario curricolare con programmazione di interventi e percorsi didat-tici differenziati o con lavori di gruppo eventualmente affidati a un tutor (insegnante o alunno). L'intervento di recupero in orario extrascolastico deve essere destinato ad alunni che, no-nostante il sostegno in itinere e l'impegno personale nello stu-dio, continuino a manifestare carenze nella preparazione e dif-ficoltà nell'acquisizione di abilità e competenze.

La scuola comunica alle famiglie degli alunni promossi con debito formativo le materie in cui si è contratto il debito e la tipologia delle carenze. I FASE: nel mese di Settembre prima dell’inizio dell’attività

didattica la scuola organizza corsi di recupero per sanare i debiti formativi contratti nella valutazione finale dell'anno scolastico precedente. Gli alunni saranno raggruppati secondo fasce di livello per quanto possibile.

II FASE: aula-studio e sportello didattico.

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AULE-STUDIO Obiettivo: potenziare il metodo di studio

Periodo: mese di ottobre, novembre, dicembre

Classi: 4 e 5 ginnasiali, 1 liceali Modalità di svolgimento: I corsi sono destinati ad alunni che nel primo periodo dell'anno scolastico hanno evidenziato difficoltà nel metodo di studio.

Sono affidati a docenti delle materie umanistiche e/o scienti-fiche. Ogni gruppo è formato da un massimo di 10 alunni. Il docente farà tutoraggio per insegnare ad apprendere. SPORTELLO DIDATTICO

Sportello didattico con programmazione predeterminata, struttura permanente a cui gli studenti possono rivolgersi sulla base della calendarizzazione degli interventi

Durante l’anno la scuola realizza dei laboratori di tradu-zione di vario livello

La scuola partecipa alle Olimpiadi di Matematica e organizza un modulo di potenziamento nel mese di Ottobre

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ATTIVITÀ DI IMPLEMENTAZIONE DELL'OFFERTA FORMATIVA

Annualmente il CdD propone progetti di implementazione

dell’offerta formativa. Le varie attività e le modalità di partecipazione vengono comunicate a studenti e famiglie

La partecipazione ai corsi viene riconosciuta come credito scolastico

La scuola realizza attività complementari ed integrative proposte dagli studenti ai sensi della direttiva 133

IPOTESI DI AGGIORNAMENTO E FORMAZIONE IN SERVIZIO

In base alle vigenti norme, il piano si articola nelle iniziative

Prioritariamente promosse dall'amministrazione Progettate dalla scuola autonomamente o consorziate in

rete Proposte da soggetti esterni e riconosciuti dall'ammini-

strazione

L'aggiornamento individuale dei docenti potrà essere discipli-nare, di formazione sulle innovazioni metodologiche e didat-tiche, di formazione relativa allo sviluppo della capacità proget-tuale della scuola e del lavoro di équipe

Proposte di aggiornamento: valutazione, disagio giovanile

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Valutazione del servizio OBIETTIVI

Miglioramento della qualità del servizio Ricerca dei bisogni e delle attese degli utenti e degli ope-

ratori Affidabilità del servizio Successo formativo

VALUTAZIONE ESTERNA Partecipazione al progetto INVALSI AUTOVALUTAZIONE D’ISTITUTO

Scelta dei servizi da valutare Monitoraggio dell’attività (raccogliere, leggere, elaborare i

dati) Attività di valutazione (interpretare i dati) Rapporto valutativo Proposte di miglioramento Eventuale confronto con l’esterno Pianificare le azioni (usare i dati)

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Realizzazione grafica: Angelo Memmolo

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