Libro Due Babilonie

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LE DUE BABILONIE OVVERO IL CULTO PAPALE DIMOSTRA ESSERE L’ADORAZIONE DI NIMROD E SUA MOGLIE DAL TESTO ORIGINALE INGLESE DEL REV. ALEXANDER HISLOP

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IL CULTO PAPALEDIMOSTRA ESSEREL’ADORAZIONE DI NIMROD E SUA MOGLIE

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LE DUE BABILONIE

OVVERO

IL CULTO PAPALE

DIMOSTRA ESSERE

L’ADORAZIONE DI NIMROD E SUA MOGLIE

DAL TESTO ORIGINALE INGLESE DEL

REV. ALEXANDER HISLOP

Page 2: Libro Due Babilonie

2 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 2L e D u e B a b i l o n i e

PUBBLICATO IN LINGUA INGLESE DAS.W. PARTRIDGE & CO. (A. & C. BLACK, LDT.)

PRIMA PUBBLICAZIONE IN GIUGNO, 1916

PUBBLICATO IN LINGUA ITALIANAMARZO 1990

RISTAMPATO IN ITALIANOGENNAIO 2005

EDIZIONEASSOCIAZIONE CRISTIANA “W. M. BRANHAM”

LENTINI (SIRACUSA)

TRADUZIONE A CURA DIANNA MARIA MORIGGI

CAPITOLO I

CARATTERE DISTINTIVO DEI DUE SISTEMI 15

CAPITOLO II

SEZ. I “TRINITÀ NELL’UNITÀ” 21

OGGETTO DELL’ADORAZIONE

SEZ. 2 LA MADRE ED IL FIGLIO E ORIGINE DEL FIGLIO 25

SOTTOSEZIONE I IL FIGLIO IN ASSIRIA 26

SOTTOSEZIONE II IL FIGLIO IN EGITTO 36

SOTTOSEZIONE III IL FIGLIO IN GRECIA 40

SOTTOSEZIONE IV LA MORTE DEL FIGLIO 45

SOTTOSEZIONE V LA DEIFICAZIONE DEL FIGLIO 47

SEZ. III LA MADRE DEL FIGLIO 56

CAPITOLO III

LE FESTE

SEZ I NATALE ED ANNUNCIAZIONE 67

SEZ II PASQUA 73

SEZ III LA NATIVITÀ DI SAN GIOVANNI 79

SEZ IV LA FESTA DELL’ASSUNZIONE 87

Capitolo IV

Dottrina E Disciplina 89

Sez. I Rigenerazione Battesimale 89

Sez. II Giustificazione Mediante Opere 99

Sez. III Il Sacrificio Della Messa 108

Sez. IV L’Estrema Unzione 114

Sez. V Purgatorio E Preghiera Dei Morti 116

Indice207 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 207L e D u e B a b i l o n i e

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206 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 206L e D u e B a b i l o n i e3 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 3L e D u e B a b i l o n i e

PUBBLICATO IN LINGUA INGLESE DAS.W. PARTRIDGE & CO. (A. & C. BLACK, LDT.)

PRIMA PUBBLICAZIONE IN GIUGNO, 1916

PUBBLICATO IN LINGUA ITALIANAMARZO 1990

RISTAMPATO IN ITALIANOGENNAIO 2005

EDIZIONEASSOCIAZIONE CRISTIANA “W. M. BRANHAM”

LENTINI (SIRACUSA)

TRADUZIONE A CURA DIANNA MARIA MORIGGI

CAPITOLO I

CARATTERE DISTINTIVO DEI DUE SISTEMI 15

CAPITOLO II

SEZ. I “TRINITÀ NELL’UNITÀ” 21

OGGETTO DELL’ADORAZIONE

SEZ. 2 LA MADRE ED IL FIGLIO E ORIGINE DEL FIGLIO 25

SOTTOSEZIONE I IL FIGLIO IN ASSIRIA 26

SOTTOSEZIONE II IL FIGLIO IN EGITTO 36

SOTTOSEZIONE III IL FIGLIO IN GRECIA 40

SOTTOSEZIONE IV LA MORTE DEL FIGLIO 45

SOTTOSEZIONE V LA DEIFICAZIONE DEL FIGLIO 47

SEZ. III LA MADRE DEL FIGLIO 56

CAPITOLO III

LE FESTE

SEZ I NATALE ED ANNUNCIAZIONE 67

SEZ II PASQUA 73

SEZ III LA NATIVITÀ DI SAN GIOVANNI 79

SEZ IV LA FESTA DELL’ASSUNZIONE 87

Capitolo IV

Dottrina E Disciplina 89

Sez. I Rigenerazione Battesimale 89

Sez. II Giustificazione Mediante Opere 99

Sez. III Il Sacrificio Della Messa 108

Sez. IV L’Estrema Unzione 114

Sez. V Purgatorio E Preghiera Dei Morti 116

Indice

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4 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 4L e D u e B a b i l o n i e

CAPITOLO V

RITI E CERIMONIE

SEZ. I PROCESSIONE DEGLI IDOLI 119

SEZ. II ADORAZIONE DELLE RELIQUE 122

SEZ. III LA VESTIZIONE E L’INCORONAZIONE DELLE IMMAGINI 126

SEZ. IV IL ROSARIO E L’ADORAZIONE DEL SACRO CUORE 131

SEZ.V LAMPADE (LUMI) E CANDELE DI CERE 133

SEZ. VI IL SEGNO DELLA CROCE 136

CAPITOLO VI

ORDINI RELIGIOSI

SEZ. I IL SOVRANO PONTEFICE 142

SEZ. II PRETI, MONACI E SUORE 149

CAPITOLO VII

I DUE SVILUPPI STORICI E PROFETICI CONSIDERATI 153

SEZ. I IL GRANDE SERPENTE ROSSO 153

SEZ. II LA BESTIA DAL MARE 162

SEZ. III LA BESTIA DELLA TERRA 171

SEZ. IV L’IMMAGINE DELLA BESTIA 176

SEZ. V IL MOME DELLA BESTIA

IL NUMERO DEL SUO NOME

L’INVISIBILE CAPO DEL PAPATO 179

Indice

ELENCO DEI LAVORICITATI O RIFERITI IN QUESTA OPERA

Adam's Roman Antiquities, .............……………………............... London, 1835AEliani Historiae, ................................…………………………...... Rome, 1545AElianus de Nat. Animal, .......................……………………..... Tubingen, 1768AEschylus, .......................................………………………………... Paris, 1557AEschylus, ..........................................…………………………………...... 1552Agathias (Corp. Script. Byzant), ..................……………………...... Bonn, 1828Alford's Greek Test, ......................………………………….......... London, 1856Ambrosii Opera, ...............................……………………………....... Paris, 1836Ammianus Marcellinus, .........................………………………......... Paris, 1681Anacreon, ...............................……………………………....... Cambridge, 1705Apocalypse, Originai Interpretation, ...........………………........... London, 1857Apocriphi (Diodati, Bibbia), .................……………………......... London, 1819Apollodorus, ...........................……………………………......... Gottingen, 1803Apuleius, .............................………………………………............. Leipsic, 1842Arati Phoenomena, .........................…………………………......... Leipsic, 1793Aristophanes, .......................…………………………............. Amsterdam, 1710Arnobius, ...................................…………………………………....... Paris,1836Athenaeus, .......................………………………………................ Leyden, 1612Athenagoras, .....................…………………………................. Wurtzburg, 1777Asiatic Journal, ..........................……………………………......... London, 1816— Researches, .........................……………………………............ London,1806Augustinès City of God, with Lud. Vives's Comment, ....……….. London, 1620Augustini Opera Omnia, ....................………………………........ Bassano, 1807Aulus Gellius, ............................…………………………….......... Leyden, 1666Aurelius Victor, .....................…………………………….............. Utrecht, 1696Ausonii Opera, .....................…………………………............. Amsterdam, 1669Barker and Ainsworth's Lares and Penates of Cilicia, ………........ London, 1853Barker's Hebrew Lexicon, ..........….....…………………….....…...London, 1811Baronii Anales, ..............................…………………………........ Cologne, 1609Bedès Works, ............................…………………………......... Cambridge, 1722Begg's Handbook of Popery, .........……………………............ Edimburgh, 1856Bell's (Robert) Wayside Pictures, .............………………….......... London, 1849— (John) Italy, .......................…………………………............ Edinburgh, 1825Berosus, .................................………………………………........... Leipsic,1825Betham's Etruria Celtica, ..................………………………............ Dublin, 1842— Gael and Cymbri, .....................………………………............... Dublin, 1834Bilney (British Reformers), ...................…………………….......... London, S.D.

205 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 205L e D u e B a b i l o n i ein disparte ed egli era rappresentato vittorioso nel conflitto col serpente; ma anche qui viera qualcosa che faceva notare come egli aveva sofferto una morte violenta, poiché daPorfirio apprendiamo che egli fu trucidato dal serpente e Pitagora afferma di aver visto lasua tomba a Iripos, Delfi. -5. Orus era un dio guerriero. Apollo era similmente rappresen-tato come il grande dio raffigurato in Layard, con l'arco e la freccia che era evidentemen-te il dio genuino babilonese, poiché il ben noto titolo dell'Apollo di Arcitcnes, cioè "ilportatore dell'arco", era evidentemente stato tratto da quella fonte. Fuss dice che Apolloera considerato l'inventore dell'arte di tirare con l'arco, il che lo identifica con Saggitario,di cui abbiamo già visto le origini. -6. Infine, da Ovidio apprendiamo che, prima di con-tendere con Pitone, Apollo aveva usato i suoi dardi solo su cervi, cerbiatti, ecco. Ivi tuttomostra sufficentemente la sua identificazione con il potente cacciatore di Babele.

SEZIONE III IL SACRIFICIO DELLA MESSACAPITOLO V LAMPADE (LUMI) E CANDELE DI CERA1 Da AOR o our, "luce", e an, "agire al di sopra" o produrre, lo stesso della particella in-glese en, "fare". Urano, quindi, e "L'illuminatore". Questo Urano è chiamato dal fenicioSanchuniathon, il figlio di Elion, cioè come egli stesso interpreta il nome "(Altissimo).Urano, in senso fisico è "il Risplendente"; ed Esichio lo fa equivalere a Cronos:, che haanche lo stesso significato, poiché krn, il verbo da cui deriva, significa sia "mostrare lecorna" che "emettere raggi di luce". Perciò mentre l'epiteto Cronos, cioè "II cornuto" siriferisce principalmente al potere fisico di Nimrod quale "potente" re, quando fu deificatoe reso "Signore dei cieli", quel nome, Cronos, gli fu ancora applicato nel verso di"Illuminatore o Datore di luce". La distinzione fatta da Esiodo fra Urano e Cronos, non èargomento contro la reale identità sostanziale di queste divinità originariamente comedivinità Pagane; poiché Erodoto afferma che Esiodo prese parte nel!'inventare una teogo-nia per i Greci, il che vuol dire che almeno alcuni dei dettagli di quella teogonia proveni-vano dalla sua fantasia e, quando è sollevato il velo dell'allegoria, L'“Urano" di Esiodo,sebbene presentato come uno degli dèi pagani, era in fondo il "Dio del cielo" il vivente evero Dio.

CAPITOLO VIORDINI RELIGIOSISEZIONE IIL SOVRANO PONTEFICE1 Le seguenti sono le autorità cui si devono le affermazioni del testo: - Jamblichus diceche Ermes (cioè l'egiziano) fosse il dio della conoscenza celestiale che, essendo da luitrasmessa ai suoi sacerdoti, li autorizzava a scrivere i loro commentari con il nome diErmes'. Ancora, secondo il racconto leggendario di Mercurio Egiziano, egli avrebbe inse-gnato agli uomini il giusto modo di avvicinarsi alla divinità con preghiere e sacrifici.Sembra che Ermete Trismegisto sia stato considerato come una nuova incarnazione diIhoth e gli erano tributati gli onori più alti. I principali libri di questo Ermete, secondoClemente di Alessandria, erano considerati dagli egiziani con il più profondo rispetto, eportati nelle loro processioni religiose.2 In Egitto, "Petr" era usato in questo senso. Vedi Bunsen, Vol. I, p. 545, dove è spiegatoche Ptr significa "mostrare". L'interprete era chiamato Ierofante, che contiene l'idea di"mostrare"in esso.3 II ben noto nome Faraone, il titolo del re-pontefice d'Egitto, non è che la forma egizianadell'ebraico He-Roè. Faraone in Genesi, senza i punti vocalici, è "Phe Roè". Phe è l'arti-colo determinativo egiziano. Non erano i re-pastori che gli egiziani aborrivano, ma i Roi-Tzan, "pastori di bestiame" (Gen. 46:34). Senza l'articolo, Roè, "pastore" è chiaramente

l'originale del francese Roi, re, da dove proviene l'aggettivo reale; e da Ro, che significa"agire da pastore" che è frequentemente pronunciato Reg, proviene Regsh "Colui cheagisce da pastore", da cui il latino Rex e RegalSEZIONE IIPRETI, MONACI E SUORE1 È stato già mostrato che fra i caldei il termine "zero" significa sia "cerchio", che"seme". "Suro", il "seme", in India era la divinità solare incarnata. Quando quel seme erarappresentato in forma umana, per identificarlo con il sole, era rappresentato con il cer-chio, il ben noto emblema del corso annuale del sole, su alcune parti della sua persona.Così il dio Thor era rappresentato con un cerchio infuocato sul petto. In Persia ed in Assi-ria il cerchio era alcune volte raffigurato sul petto, alcune volte intorno alla vita e altresulla mano della divinità solare. In India è rappresentato sull'estremità del dito. Perciò ilcerchio divenne l'emblema di Tammuz nato di nuovo, o il "seme". La tonsura circolaredi Bacco intendeva senza dubbio additarlo come "zero" o il "seme", il grande liberatore.E il cerchio di luce attorno al capo delle cosiddette raffigurazioni di Cristo è solo unadiversa forma della stessa cosa, e proviene dalla stessa fonte. La cerimonia della tonsura,dice Maurice, riferendosi alla pratica di tale cerimonia in India, "era una vecchia praticadei sacerdoti di Mitra, che nelle loro tonsure imitavano il disco solare".In qualità di dio sole era il padre del dio compianto e i suoi capelli erano tagliati a formacircolare, e i sacerdoti che lo piangevano tagliavano i loro capelli alla stessa maniera,così in diversi paesi quelli che lamentavano i morti e si tagliavano i capelli in loro onore,li tagliavano in forma circolare. Vi erano tracce di ciò in Grecia, come si vede nell'Elettadi Sofocle; ed Erodoto particolarmente si riferisce a tale pratica fra gli Sciti nel suo rac-conto sulle pratiche funerarie di quel popolo. "Il corpo coperto di cera e il ventre aperto espurgato, riempito di cipero triturato e di aromi e di sedano e di aceto e di nuovo ricucito,e lo portano su un carro presso un altro popolo. Quelli che di volta in volta ricevono ilcadavere così trasportato si comportano come gli Sciti Reali: si mozzano le orecchie, siradono all'intorno i capelli, ecc. (Storie, libro IV, capitolo 71).Ora mentre il Papa, quale massimo rappresentante del falso Messia, riceve la tonsuracircolare, così è richiesto che tutti i suoi sacerdoti, per identificarsi con lo stesso sistemasi sottopongano alla stessa tonsura circolare, per contrassegnarli nella loro sfera qualirappresentanti dello stesso falso Messia.

2 Mamacona, "sacerdotesse madri" è quasi ebraico puro, essendo derivato da Am,"madre", e Cohn, "sacerdote" solo con la desinenza al femminile. Il nostro Mamma, co-me pure quello del Perù, è soltanto l'ebraico Am raddoppiato. È curioso che il titolo diSignora Abbadessa in Irlanda sia "Reverenda Madre". Il termine stesso per Nun (in ingle-se - suora) è una parola caldea. Nino, il figlio, in caldeo si dice sia Nin che Non. Ora, ilfemminile di Non, "figlio", è Nonna, "figlia" che è proprio il nome canonico papista per"Nun" (ingl. - suora), e Nonno, in maniera simile era nei tempi antichi la designazionedei monaci in oriente.

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204 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 204L e D u e B a b i l o n i ein disparte ed egli era rappresentato vittorioso nel conflitto col serpente; ma anche qui viera qualcosa che faceva notare come egli aveva sofferto una morte violenta, poiché daPorfirio apprendiamo che egli fu trucidato dal serpente e Pitagora afferma di aver visto lasua tomba a Iripos, Delfi. -5. Orus era un dio guerriero. Apollo era similmente rappresen-tato come il grande dio raffigurato in Layard, con l'arco e la freccia che era evidentemen-te il dio genuino babilonese, poiché il ben noto titolo dell'Apollo di Arcitcnes, cioè "ilportatore dell'arco", era evidentemente stato tratto da quella fonte. Fuss dice che Apolloera considerato l'inventore dell'arte di tirare con l'arco, il che lo identifica con Saggitario,di cui abbiamo già visto le origini. -6. Infine, da Ovidio apprendiamo che, prima di con-tendere con Pitone, Apollo aveva usato i suoi dardi solo su cervi, cerbiatti, ecco. Ivi tuttomostra sufficentemente la sua identificazione con il potente cacciatore di Babele.

SEZIONE III IL SACRIFICIO DELLA MESSACAPITOLO V LAMPADE (LUMI) E CANDELE DI CERA1 Da AOR o our, "luce", e an, "agire al di sopra" o produrre, lo stesso della particella in-glese en, "fare". Urano, quindi, e "L'illuminatore". Questo Urano è chiamato dal fenicioSanchuniathon, il figlio di Elion, cioè come egli stesso interpreta il nome "(Altissimo).Urano, in senso fisico è "il Risplendente"; ed Esichio lo fa equivalere a Cronos:, che haanche lo stesso significato, poiché krn, il verbo da cui deriva, significa sia "mostrare lecorna" che "emettere raggi di luce". Perciò mentre l'epiteto Cronos, cioè "II cornuto" siriferisce principalmente al potere fisico di Nimrod quale "potente" re, quando fu deificatoe reso "Signore dei cieli", quel nome, Cronos, gli fu ancora applicato nel verso di"Illuminatore o Datore di luce". La distinzione fatta da Esiodo fra Urano e Cronos, non èargomento contro la reale identità sostanziale di queste divinità originariamente comedivinità Pagane; poiché Erodoto afferma che Esiodo prese parte nel!'inventare una teogo-nia per i Greci, il che vuol dire che almeno alcuni dei dettagli di quella teogonia proveni-vano dalla sua fantasia e, quando è sollevato il velo dell'allegoria, L'“Urano" di Esiodo,sebbene presentato come uno degli dèi pagani, era in fondo il "Dio del cielo" il vivente evero Dio.

CAPITOLO VIORDINI RELIGIOSISEZIONE IIL SOVRANO PONTEFICE1 Le seguenti sono le autorità cui si devono le affermazioni del testo: - Jamblichus diceche Ermes (cioè l'egiziano) fosse il dio della conoscenza celestiale che, essendo da luitrasmessa ai suoi sacerdoti, li autorizzava a scrivere i loro commentari con il nome diErmes'. Ancora, secondo il racconto leggendario di Mercurio Egiziano, egli avrebbe inse-gnato agli uomini il giusto modo di avvicinarsi alla divinità con preghiere e sacrifici.Sembra che Ermete Trismegisto sia stato considerato come una nuova incarnazione diIhoth e gli erano tributati gli onori più alti. I principali libri di questo Ermete, secondoClemente di Alessandria, erano considerati dagli egiziani con il più profondo rispetto, eportati nelle loro processioni religiose.2 In Egitto, "Petr" era usato in questo senso. Vedi Bunsen, Vol. I, p. 545, dove è spiegatoche Ptr significa "mostrare". L'interprete era chiamato Ierofante, che contiene l'idea di"mostrare"in esso.3 II ben noto nome Faraone, il titolo del re-pontefice d'Egitto, non è che la forma egizianadell'ebraico He-Roè. Faraone in Genesi, senza i punti vocalici, è "Phe Roè". Phe è l'arti-colo determinativo egiziano. Non erano i re-pastori che gli egiziani aborrivano, ma i Roi-Tzan, "pastori di bestiame" (Gen. 46:34). Senza l'articolo, Roè, "pastore" è chiaramente

l'originale del francese Roi, re, da dove proviene l'aggettivo reale; e da Ro, che significa"agire da pastore" che è frequentemente pronunciato Reg, proviene Regsh "Colui cheagisce da pastore", da cui il latino Rex e RegalSEZIONE IIPRETI, MONACI E SUORE1 È stato già mostrato che fra i caldei il termine "zero" significa sia "cerchio", che"seme". "Suro", il "seme", in India era la divinità solare incarnata. Quando quel seme erarappresentato in forma umana, per identificarlo con il sole, era rappresentato con il cer-chio, il ben noto emblema del corso annuale del sole, su alcune parti della sua persona.Così il dio Thor era rappresentato con un cerchio infuocato sul petto. In Persia ed in Assi-ria il cerchio era alcune volte raffigurato sul petto, alcune volte intorno alla vita e altresulla mano della divinità solare. In India è rappresentato sull'estremità del dito. Perciò ilcerchio divenne l'emblema di Tammuz nato di nuovo, o il "seme". La tonsura circolaredi Bacco intendeva senza dubbio additarlo come "zero" o il "seme", il grande liberatore.E il cerchio di luce attorno al capo delle cosiddette raffigurazioni di Cristo è solo unadiversa forma della stessa cosa, e proviene dalla stessa fonte. La cerimonia della tonsura,dice Maurice, riferendosi alla pratica di tale cerimonia in India, "era una vecchia praticadei sacerdoti di Mitra, che nelle loro tonsure imitavano il disco solare".In qualità di dio sole era il padre del dio compianto e i suoi capelli erano tagliati a formacircolare, e i sacerdoti che lo piangevano tagliavano i loro capelli alla stessa maniera,così in diversi paesi quelli che lamentavano i morti e si tagliavano i capelli in loro onore,li tagliavano in forma circolare. Vi erano tracce di ciò in Grecia, come si vede nell'Elettadi Sofocle; ed Erodoto particolarmente si riferisce a tale pratica fra gli Sciti nel suo rac-conto sulle pratiche funerarie di quel popolo. "Il corpo coperto di cera e il ventre aperto espurgato, riempito di cipero triturato e di aromi e di sedano e di aceto e di nuovo ricucito,e lo portano su un carro presso un altro popolo. Quelli che di volta in volta ricevono ilcadavere così trasportato si comportano come gli Sciti Reali: si mozzano le orecchie, siradono all'intorno i capelli, ecc. (Storie, libro IV, capitolo 71).Ora mentre il Papa, quale massimo rappresentante del falso Messia, riceve la tonsuracircolare, così è richiesto che tutti i suoi sacerdoti, per identificarsi con lo stesso sistemasi sottopongano alla stessa tonsura circolare, per contrassegnarli nella loro sfera qualirappresentanti dello stesso falso Messia.

2 Mamacona, "sacerdotesse madri" è quasi ebraico puro, essendo derivato da Am,"madre", e Cohn, "sacerdote" solo con la desinenza al femminile. Il nostro Mamma, co-me pure quello del Perù, è soltanto l'ebraico Am raddoppiato. È curioso che il titolo diSignora Abbadessa in Irlanda sia "Reverenda Madre". Il termine stesso per Nun (in ingle-se - suora) è una parola caldea. Nino, il figlio, in caldeo si dice sia Nin che Non. Ora, ilfemminile di Non, "figlio", è Nonna, "figlia" che è proprio il nome canonico papista per"Nun" (ingl. - suora), e Nonno, in maniera simile era nei tempi antichi la designazionedei monaci in oriente.

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CAPITOLO V

RITI E CERIMONIE

SEZ. I PROCESSIONE DEGLI IDOLI 119

SEZ. II ADORAZIONE DELLE RELIQUE 122

SEZ. III LA VESTIZIONE E L’INCORONAZIONE DELLE IMMAGINI 126

SEZ. IV IL ROSARIO E L’ADORAZIONE DEL SACRO CUORE 131

SEZ.V LAMPADE (LUMI) E CANDELE DI CERE 133

SEZ. VI IL SEGNO DELLA CROCE 136

CAPITOLO VI

ORDINI RELIGIOSI

SEZ. I IL SOVRANO PONTEFICE 142

SEZ. II PRETI, MONACI E SUORE 149

CAPITOLO VII

I DUE SVILUPPI STORICI E PROFETICI CONSIDERATI 153

SEZ. I IL GRANDE SERPENTE ROSSO 153

SEZ. II LA BESTIA DAL MARE 162

SEZ. III LA BESTIA DELLA TERRA 171

SEZ. IV L’IMMAGINE DELLA BESTIA 176

SEZ. V IL MOME DELLA BESTIA

IL NUMERO DEL SUO NOME

L’INVISIBILE CAPO DEL PAPATO 179

Indice

ELENCO DEI LAVORICITATI O RIFERITI IN QUESTA OPERA

Adam's Roman Antiquities, .............……………………............... London, 1835AEliani Historiae, ................................…………………………...... Rome, 1545AElianus de Nat. Animal, .......................……………………..... Tubingen, 1768AEschylus, .......................................………………………………... Paris, 1557AEschylus, ..........................................…………………………………...... 1552Agathias (Corp. Script. Byzant), ..................……………………...... Bonn, 1828Alford's Greek Test, ......................………………………….......... London, 1856Ambrosii Opera, ...............................……………………………....... Paris, 1836Ammianus Marcellinus, .........................………………………......... Paris, 1681Anacreon, ...............................……………………………....... Cambridge, 1705Apocalypse, Originai Interpretation, ...........………………........... London, 1857Apocriphi (Diodati, Bibbia), .................……………………......... London, 1819Apollodorus, ...........................……………………………......... Gottingen, 1803Apuleius, .............................………………………………............. Leipsic, 1842Arati Phoenomena, .........................…………………………......... Leipsic, 1793Aristophanes, .......................…………………………............. Amsterdam, 1710Arnobius, ...................................…………………………………....... Paris,1836Athenaeus, .......................………………………………................ Leyden, 1612Athenagoras, .....................…………………………................. Wurtzburg, 1777Asiatic Journal, ..........................……………………………......... London, 1816— Researches, .........................……………………………............ London,1806Augustinès City of God, with Lud. Vives's Comment, ....……….. London, 1620Augustini Opera Omnia, ....................………………………........ Bassano, 1807Aulus Gellius, ............................…………………………….......... Leyden, 1666Aurelius Victor, .....................…………………………….............. Utrecht, 1696Ausonii Opera, .....................…………………………............. Amsterdam, 1669Barker and Ainsworth's Lares and Penates of Cilicia, ………........ London, 1853Barker's Hebrew Lexicon, ..........….....…………………….....…...London, 1811Baronii Anales, ..............................…………………………........ Cologne, 1609Bedès Works, ............................…………………………......... Cambridge, 1722Begg's Handbook of Popery, .........……………………............ Edimburgh, 1856Bell's (Robert) Wayside Pictures, .............………………….......... London, 1849— (John) Italy, .......................…………………………............ Edinburgh, 1825Berosus, .................................………………………………........... Leipsic,1825Betham's Etruria Celtica, ..................………………………............ Dublin, 1842— Gael and Cymbri, .....................………………………............... Dublin, 1834Bilney (British Reformers), ...................…………………….......... London, S.D.

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6 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 6L e D u e B a b i l o n i e

Bion (Poet. Graec. Min.), ............…………………….............. Cambridge, 1661Blakeney's Popery in its Social Aspect, ............……………….. Edinburgh, S.D.Borrow's Gipsies, .........................…………………...……........... London, 1843Bower's Lives of thè Popes, ..................……………...…….......... London, 1750Bryant's Mythology, ........................…………………………....... London, 1807Bulwark, The, ................................…………………………...... Edin, 1852-53Bunsen's Egypt, .........................…………………...………........... London,1848Caesar, ....................………………………………......................... London 1770Callimachus, .............................…………………………….......... Utrecht, 1697Catechismus Romanus, .....................………………….……........... Lyons, 1659Catlin's American Indians, ..................………………..…….......... London, 1841Catullus, ..........................………………………………................ Utrecht, 1659Cedreni Compendium, ...........................………………………….... Bonn, 1838Charlotte Elizabeth's Personal Recollections, ...........……………. London, 1847— — Sketches of Irish History, .................……………………..... Dublin, 1844Chesnev's Euphrates Expedition, .................…………………...... London, 1850Chronicon Paschale, ..........................…………………………........ Bonn, 1832Chrystosomi Opera Omnia, ........................……………………….... Paris, 1738Ciceronis Opera Omnia, ......................………………………........... Paris, 1740Clemens Alexandrinus, Opera. ..............…………………......... Wutzburg, 1778Clemens Protrepticos, ........................………………………........ Lu etioe, 1629Clericus (Johannes) de Chaldaeis et de Sabaeis, ....………….. Amsterdam, 1700Clinton, Fasti Hellenici, .....................………………………......... Oxford, 1834Codex Theodosianus, ......................…………………………........... Bonn, 1842Coleman's Hindoo Mythology, ...............……………………........ London, 1832Cory's Fragments, .........................………………………….......... London, 1732Courayer's Council of Trent, ...............……………………........... London, 1736Covenanter, Irish, ..............…………………………...................... Belfast, 1862Crabb's Mithology, .................…………………………................ London, 1854Crichton's Scandinavia, ...................………………………....... Edinburgh, 1838Cummianus (Patr. Patrum), .............………………………................ Paris, 1851Daubuz's Symbolical Dictionary, .............………………….......... London, 1842D'Aubignè's Reformation, ...................…………………….......... Brussels, 1839David's Antiquitès Etrusques, & c., ...........…………………............. Paris, 1787Davies's Druids, ............................……………………………...... London, 1809Davis's (Sir J.F.) China, ...................………………………........... London, 1857Didron's Christian Ioonography, ................……………………..... London, 1851Diodori Biblioteca, .........................…………………………............. Paris, 1559Diogenes Laertius, ........................………………………….......... London, 1664Dionysius Afer, ............................……………………………....... London, 1658Dyinisius Halicarn, ..........................…………………………........ Oxford, 1704Dryden's Virgil, ..............................……………………………..... London, 1709

Dupuis, Origine de tous les Cultes, ...........…………………............. Paris, 1822Dymock's Classical Dictionary, ................……………………..... London, 1833Elliott's Horae Apocalypticae, ....................…………………….... London, 1851Ennodii Opera, ...................................……………………………..... Paris, 1611Epiphanii Opera Omnia, ..................……………………….......... Cologne, 1682Eunapius, .............................………………………………........... Geneva, 1616Euripides, ................................……………………………...... Cambridge, 1694Eusebii Praepar. Evangel, ...................………………………........ Leipsic, 1842Eusebii Chronicon, .......................………………………............... Venice, 1818— Chron, .............................………………………………............... Basle, 1529— Vita Constantin, .......................………………………….............. Paris, 1677Eustacès Classical Tour, ...............………………….…................. London, 1813Eutropius (Rom. Hist. Script. Graec. Min.), ......……………...... Frankfort, 1590Evangelical Christendom, .......................………….…………....... London, 1853

„ „ ...................…………………….………........... London,1855Firmicus, Julius, ......................…………………….……............... Oxford, 1678Flores Seraphici, ....................……………………...... Colonia/Agrippinae, 1640Furniss's What Every Christian must Know, ……………............... London, S.D.Fuss's Roman Antiquities, ....................………………………....... Oxford, 1840Garden of the Soul, .....................………………………..... Dublin/London, S.D.Gaussen's Daniel, ..........................…………………………......... Paris, 1848-49Gebelin, Monde Primitif, ...................………………………........ Paris, 1773-82Gesenii Lexicon, .........................…………………………............ London, 1855Gibbon's Decline and Fall, ...................………………………........ Dublin, 1781Gibson's Preservative, ..........................………………………....... London, 1848Gieseler's Eccles. History, .................……………………......... Edinburgh, 1846Gill's Commentary, ......................………………………......... London, 1852-54Gillespiès Sinim, ...........................…………………………..... Edinburgh, 1854Golden Manual, ..............................…………………………….... London, 1850Grgorii Nazianzeni Opera, ..................…………………….......... Antwerp, 1612Greswell's Dissertations, .......................…………………….…...... Oxford, 1837Guizot's European Civilisation, ..............………………….…...... L.ondon, 1846Hanmer's Chronographia; appended to translation ofEusebius,& c., ...........…………………………….......................... London, 1636Hardy, Spence, Buddism, ...................………………………........ London, 1853Harvet, Dr. Gent. Review of Epistle of, ...........………………...... London, 1598Pìay's Sincere Christian, ....................………………………........... Dublin, 1783Heathen Mythology, .......................…………………………......... London, S.D.Herodoti Historia, ..............................……………………...……...... Paris, 1592Hesychii Lexicon, .......................…………………………............ Leyden, 1688Hieronymi Opera, .............................……………………………....... Paris, 1643Hislop's Light of Prophecy, .................……………………....... Edinburgh, 1846

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7 Il lettore ricorderà che Esculapio è rappresentato generalmente con un bastone o unramo d'albero al fianco su cui è attorcigliato un serpente. La figura nel testo evidente-mente spiega l'origine di questa rappresentazione.8Nella storia scandinava di Balder, il ramo di vischio è distinto dal dio su cui si fa lamen-to. I miti druidi e scandinavi differiscono un pò ma tuttavia, anche nella storia scandina-va, è evidente che era attribuito al ramo di vischio un certo qual potere miracoloso poichéera capace di fare ciò che nessun altro in tutta la creazione avrebbe potuto compiere; essotrucidò la divinità da cui dipendeva l'"impero" dei "cieli" degli anglosassoni. Orbene tuttociò è necessario per svelare questa apparente contraddizione; è appropriato per compren-dere "il ramo" che aveva tale potere, come espressione simbolica del vero Messia. IlBacco dei Greci venne evidentemente identificato come il "seme del serpente" poichéegli sarebbe nato da una relazione di sua madre con Giove quando quel dio apparve informa di serpente. Se Balder aveva le stesse caratteristiche, la storia della sua morte sipuò ricondurre a questa, che il seme del serpente era stato trucidato dal "seme della don-na". Questa storia, naturalmente deve essere scaturita dai suoi nemici. Ma gli idolatri neusarono ciò che non avrebbero potuto negare in alcun modo, evidentemente con l'intentodi spiegarlo diversamente.

SEZIONE IIPASQUA1 E' dalla stessa parola qui usata dal profeta che sembra derivi la parola "bun". La parolaebraica con i punti vocalici era pronunciata khavan, che in greco divenne alcune voltekapan-os e, altre volte, khabon. La prima mostra come khvan, pronunciata come unasola sillaba, passasse nel latino panis "pane" e la seconda come, in maniera simile, khvondivenisse bon o bun.2Nel tardo caldeo, il nome dell'uovo è comunemente Baiaa o Baietha nella forma enfati-ca, ma Baith è anche formato esattamente secondo la regola da Baitz, proprio comeKaitz, "estate", in caldeo, divenne Kaith.3 La comune parola "Beth", casa, nella Bibbia senza i punti vocalici è Baith, come si puòvedere dal nome di Betel in Genesi 35:1 della LXX, dove esso è "Baith-el".

SEZIONE IV LA FESTA DELL'ASSUNZIONE1 Apollodoro, lib. 3, cap. 5, pag. 266. Abbiamo visto che la grande dea che era adorata aBabilonia come "La madre" era in realtà la moglie di Nino, il grande dio, prototipo diBacco. In conformità a ciò troviamo una storia in un certo qual modo simile a quella diArianna, la moglie di Bacco, come si favoleggia di Semele, sua madre. "Gli abiti di Teti",dice Bryant (vol. 2, pag. 99), "contengono la descrizione di alcuni notevoli episodi deiprimi tempi e un particolare racconto dell'apoteosi di Arianna che è descritto, qualunquepossa essere il significato di ciò, mentre essa viene portata in cielo da Bacco". Si narrauna storia simile di Alcmena, la madre dell'Ercole greco, che era del tutto diverso, comeabbiamo già visto, dall'Ercole primitivo, ed era solo una delle forme di Bacco, poichéegli era un gran "bevitore" e sono proverbiali le "coppe d'Ercole". Orbene, la madre diquesto Ercole sarebbe stata resuscitata. "Jupiter" (padre di Ercole), dice Muller; "risuscitòAIcmena dai morti e la condusse alle isole felici, come moglie di Radamanto".

CAPITOLO IVDOTTRINA E DISCIPLINA

SEZIONE IRIGENERAZIONE BATTESIMALE1 Nella cerimonia cattolica romana del battesimo, la prima cosa che il prete fa è quella diesorcizzare il diavolo dal bambino che dev'essere battezzato con queste parole, "Dipartitida lui, tu spirito impuro, e fai luogo allo Spirito Santo, il Confortatore". (Sincer Chris-tian, Vol. I, pag. 365). Nel Nuovo Testamento non vi è la minima traccia secondo cui taleesorcismo accompagnasse il Battesimo Cristiano. Esso è puramente pagano.2 Vi sono state considerevoli speculazioni sul significato del nome Shinar, applicato allaregione di cui Babilonia era la capitale. I fatti su esposti non gettano luce su ciò? È moltoprobabile che tale nome derivi da "shenè", "ripetere", e "naar", "infanzia". Il paese diShinar quindi, secondo tale veduta, non è altri che il paese del "Rigeneratore".3 Vi è un'evidente allusione al "mistico ventaglio" del dio babilonese, nella condanna diBabilonia, pronunciata in Geremia 51:1, 2: "Geova ha detto questo: 'Ecco io desto controBabilonia e contro gli abitanti di Leb-Camai un vento rovinoso e senz'altro manderò aBabilonia ventilatori, che per certo la ventileranno e che renderanno vuoto il suo paese".4 Da Bryant: la prima figura, il toro sezionato, è tratta dal 3° Volume, pag. 303; la secon-da, il dio sul pesce, dallo stesso volume, a pag. 338. Quanto precede è solo un altro sim-bolo di ciò che è rappresentato dal possente albero fatto a pezzi. Quell'albero rappresenta-va Nimrod come potente fatto a pezzi nel mezzo del suo potere e della sua gloria. L'uo-mo-toro sezionato lo simboleggia come il "principe" che fu fatto a pezzi nella stessamaniera; poiché il nome che indica toro e principe è uguale. Il pesce nel toro mostra latrasformazione che si suppone egli subisse quando fu messo a morte dai suoi nemici;poiché la storia di Melikerta, che con sua madre Ino fu scagliato nel mare, divenendo undio marino, non è che un'altra versione della storia di Bacco, perché Ino era la matrignadi Bacco. Sulla seconda medaglia, Melikerta, con il nome di Palemone, è rappresentatomentre cavalca trionfalmente sul pesce, non è più triste e con, come sua insegna, l'abete oil pino, l'emblema di Baal-berith, "Signore del patto". Questo, paragonato con ciò che èdetto sull'albero di Natale, mostra come l'abete fu identificato come albero di Natale. Ilnome Ghelas sul toro sezionato e sul pesce è equivoco. Applicato al pesce, proviene daGhilea "esultare o saltare per la gioia", come il delfino e i pesci marini similari; applicatoalla divinità, rappresentata sia dal pesce che dal toro, proviene da Ghela, "rivelare", poi-ché quella divinità era il "rivelatore della bontà e della verità".

SEZIONE II GIUSTIFICAZIONEMEDIANTE LE OPERE1 Abbiamo già visto che l'egiziano Orus non era che una nuova incarnazione di Osiride oNimrod. Ora, Erodoto chiama Orus col nome di Apollo (libro 2, 171, C). Anche DiodoroSiculo dice che "Orus, il figlio di Iside, è Apollo". Wilkinson, in un'altra occasione, sem-bra porre in dubbio quest'identità fra Apollo e Orus; ma egli ammette altrove che la storiadi Apollo che "combatte con il serpente Pitone è derivata evidentemente dalla mitologiaegiziana", dove l'allusione è per la rappresentazione di Orus che trafigge il serpente conuna lancia. Da diverse considerazioni può essere mostrato che questa conclusione è cor-retta: -1. Orus, o Osiride era il dio del sole, come Apollo. -2. Osiride, che rappresentavaOrus, era il grande Rivelatore; l'Apollo pitiano era il dio degli oracoli. -3. Osiride, nellaveste di Orus, nacque durante il tempo in cui sua madre era perseguitata dalla malizia deisuoi nemici. Latona, la madre di Apollo, era fuggitiva per una ragione simile alla nascitadel figlio. -4. Orus, secondo una versione del mito, sarebbe stato, come Osiride, fatto apezzi. Nella storia classica greca, questa parte del mito di Apollo era generalmente tenuta

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7 Il lettore ricorderà che Esculapio è rappresentato generalmente con un bastone o unramo d'albero al fianco su cui è attorcigliato un serpente. La figura nel testo evidente-mente spiega l'origine di questa rappresentazione.8Nella storia scandinava di Balder, il ramo di vischio è distinto dal dio su cui si fa lamen-to. I miti druidi e scandinavi differiscono un pò ma tuttavia, anche nella storia scandina-va, è evidente che era attribuito al ramo di vischio un certo qual potere miracoloso poichéera capace di fare ciò che nessun altro in tutta la creazione avrebbe potuto compiere; essotrucidò la divinità da cui dipendeva l'"impero" dei "cieli" degli anglosassoni. Orbene tuttociò è necessario per svelare questa apparente contraddizione; è appropriato per compren-dere "il ramo" che aveva tale potere, come espressione simbolica del vero Messia. IlBacco dei Greci venne evidentemente identificato come il "seme del serpente" poichéegli sarebbe nato da una relazione di sua madre con Giove quando quel dio apparve informa di serpente. Se Balder aveva le stesse caratteristiche, la storia della sua morte sipuò ricondurre a questa, che il seme del serpente era stato trucidato dal "seme della don-na". Questa storia, naturalmente deve essere scaturita dai suoi nemici. Ma gli idolatri neusarono ciò che non avrebbero potuto negare in alcun modo, evidentemente con l'intentodi spiegarlo diversamente.

SEZIONE IIPASQUA1 E' dalla stessa parola qui usata dal profeta che sembra derivi la parola "bun". La parolaebraica con i punti vocalici era pronunciata khavan, che in greco divenne alcune voltekapan-os e, altre volte, khabon. La prima mostra come khvan, pronunciata come unasola sillaba, passasse nel latino panis "pane" e la seconda come, in maniera simile, khvondivenisse bon o bun.2Nel tardo caldeo, il nome dell'uovo è comunemente Baiaa o Baietha nella forma enfati-ca, ma Baith è anche formato esattamente secondo la regola da Baitz, proprio comeKaitz, "estate", in caldeo, divenne Kaith.3 La comune parola "Beth", casa, nella Bibbia senza i punti vocalici è Baith, come si puòvedere dal nome di Betel in Genesi 35:1 della LXX, dove esso è "Baith-el".

SEZIONE IV LA FESTA DELL'ASSUNZIONE1 Apollodoro, lib. 3, cap. 5, pag. 266. Abbiamo visto che la grande dea che era adorata aBabilonia come "La madre" era in realtà la moglie di Nino, il grande dio, prototipo diBacco. In conformità a ciò troviamo una storia in un certo qual modo simile a quella diArianna, la moglie di Bacco, come si favoleggia di Semele, sua madre. "Gli abiti di Teti",dice Bryant (vol. 2, pag. 99), "contengono la descrizione di alcuni notevoli episodi deiprimi tempi e un particolare racconto dell'apoteosi di Arianna che è descritto, qualunquepossa essere il significato di ciò, mentre essa viene portata in cielo da Bacco". Si narrauna storia simile di Alcmena, la madre dell'Ercole greco, che era del tutto diverso, comeabbiamo già visto, dall'Ercole primitivo, ed era solo una delle forme di Bacco, poichéegli era un gran "bevitore" e sono proverbiali le "coppe d'Ercole". Orbene, la madre diquesto Ercole sarebbe stata resuscitata. "Jupiter" (padre di Ercole), dice Muller; "risuscitòAIcmena dai morti e la condusse alle isole felici, come moglie di Radamanto".

CAPITOLO IVDOTTRINA E DISCIPLINA

SEZIONE IRIGENERAZIONE BATTESIMALE1 Nella cerimonia cattolica romana del battesimo, la prima cosa che il prete fa è quella diesorcizzare il diavolo dal bambino che dev'essere battezzato con queste parole, "Dipartitida lui, tu spirito impuro, e fai luogo allo Spirito Santo, il Confortatore". (Sincer Chris-tian, Vol. I, pag. 365). Nel Nuovo Testamento non vi è la minima traccia secondo cui taleesorcismo accompagnasse il Battesimo Cristiano. Esso è puramente pagano.2 Vi sono state considerevoli speculazioni sul significato del nome Shinar, applicato allaregione di cui Babilonia era la capitale. I fatti su esposti non gettano luce su ciò? È moltoprobabile che tale nome derivi da "shenè", "ripetere", e "naar", "infanzia". Il paese diShinar quindi, secondo tale veduta, non è altri che il paese del "Rigeneratore".3 Vi è un'evidente allusione al "mistico ventaglio" del dio babilonese, nella condanna diBabilonia, pronunciata in Geremia 51:1, 2: "Geova ha detto questo: 'Ecco io desto controBabilonia e contro gli abitanti di Leb-Camai un vento rovinoso e senz'altro manderò aBabilonia ventilatori, che per certo la ventileranno e che renderanno vuoto il suo paese".4 Da Bryant: la prima figura, il toro sezionato, è tratta dal 3° Volume, pag. 303; la secon-da, il dio sul pesce, dallo stesso volume, a pag. 338. Quanto precede è solo un altro sim-bolo di ciò che è rappresentato dal possente albero fatto a pezzi. Quell'albero rappresenta-va Nimrod come potente fatto a pezzi nel mezzo del suo potere e della sua gloria. L'uo-mo-toro sezionato lo simboleggia come il "principe" che fu fatto a pezzi nella stessamaniera; poiché il nome che indica toro e principe è uguale. Il pesce nel toro mostra latrasformazione che si suppone egli subisse quando fu messo a morte dai suoi nemici;poiché la storia di Melikerta, che con sua madre Ino fu scagliato nel mare, divenendo undio marino, non è che un'altra versione della storia di Bacco, perché Ino era la matrignadi Bacco. Sulla seconda medaglia, Melikerta, con il nome di Palemone, è rappresentatomentre cavalca trionfalmente sul pesce, non è più triste e con, come sua insegna, l'abete oil pino, l'emblema di Baal-berith, "Signore del patto". Questo, paragonato con ciò che èdetto sull'albero di Natale, mostra come l'abete fu identificato come albero di Natale. Ilnome Ghelas sul toro sezionato e sul pesce è equivoco. Applicato al pesce, proviene daGhilea "esultare o saltare per la gioia", come il delfino e i pesci marini similari; applicatoalla divinità, rappresentata sia dal pesce che dal toro, proviene da Ghela, "rivelare", poi-ché quella divinità era il "rivelatore della bontà e della verità".

SEZIONE II GIUSTIFICAZIONEMEDIANTE LE OPERE1 Abbiamo già visto che l'egiziano Orus non era che una nuova incarnazione di Osiride oNimrod. Ora, Erodoto chiama Orus col nome di Apollo (libro 2, 171, C). Anche DiodoroSiculo dice che "Orus, il figlio di Iside, è Apollo". Wilkinson, in un'altra occasione, sem-bra porre in dubbio quest'identità fra Apollo e Orus; ma egli ammette altrove che la storiadi Apollo che "combatte con il serpente Pitone è derivata evidentemente dalla mitologiaegiziana", dove l'allusione è per la rappresentazione di Orus che trafigge il serpente conuna lancia. Da diverse considerazioni può essere mostrato che questa conclusione è cor-retta: -1. Orus, o Osiride era il dio del sole, come Apollo. -2. Osiride, che rappresentavaOrus, era il grande Rivelatore; l'Apollo pitiano era il dio degli oracoli. -3. Osiride, nellaveste di Orus, nacque durante il tempo in cui sua madre era perseguitata dalla malizia deisuoi nemici. Latona, la madre di Apollo, era fuggitiva per una ragione simile alla nascitadel figlio. -4. Orus, secondo una versione del mito, sarebbe stato, come Osiride, fatto apezzi. Nella storia classica greca, questa parte del mito di Apollo era generalmente tenuta

7 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 7L e D u e B a b i l o n i e

Bion (Poet. Graec. Min.), ............…………………….............. Cambridge, 1661Blakeney's Popery in its Social Aspect, ............……………….. Edinburgh, S.D.Borrow's Gipsies, .........................…………………...……........... London, 1843Bower's Lives of thè Popes, ..................……………...…….......... London, 1750Bryant's Mythology, ........................…………………………....... London, 1807Bulwark, The, ................................…………………………...... Edin, 1852-53Bunsen's Egypt, .........................…………………...………........... London,1848Caesar, ....................………………………………......................... London 1770Callimachus, .............................…………………………….......... Utrecht, 1697Catechismus Romanus, .....................………………….……........... Lyons, 1659Catlin's American Indians, ..................………………..…….......... London, 1841Catullus, ..........................………………………………................ Utrecht, 1659Cedreni Compendium, ...........................………………………….... Bonn, 1838Charlotte Elizabeth's Personal Recollections, ...........……………. London, 1847— — Sketches of Irish History, .................……………………..... Dublin, 1844Chesnev's Euphrates Expedition, .................…………………...... London, 1850Chronicon Paschale, ..........................…………………………........ Bonn, 1832Chrystosomi Opera Omnia, ........................……………………….... Paris, 1738Ciceronis Opera Omnia, ......................………………………........... Paris, 1740Clemens Alexandrinus, Opera. ..............…………………......... Wutzburg, 1778Clemens Protrepticos, ........................………………………........ Lu etioe, 1629Clericus (Johannes) de Chaldaeis et de Sabaeis, ....………….. Amsterdam, 1700Clinton, Fasti Hellenici, .....................………………………......... Oxford, 1834Codex Theodosianus, ......................…………………………........... Bonn, 1842Coleman's Hindoo Mythology, ...............……………………........ London, 1832Cory's Fragments, .........................………………………….......... London, 1732Courayer's Council of Trent, ...............……………………........... London, 1736Covenanter, Irish, ..............…………………………...................... Belfast, 1862Crabb's Mithology, .................…………………………................ London, 1854Crichton's Scandinavia, ...................………………………....... Edinburgh, 1838Cummianus (Patr. Patrum), .............………………………................ Paris, 1851Daubuz's Symbolical Dictionary, .............………………….......... London, 1842D'Aubignè's Reformation, ...................…………………….......... Brussels, 1839David's Antiquitès Etrusques, & c., ...........…………………............. Paris, 1787Davies's Druids, ............................……………………………...... London, 1809Davis's (Sir J.F.) China, ...................………………………........... London, 1857Didron's Christian Ioonography, ................……………………..... London, 1851Diodori Biblioteca, .........................…………………………............. Paris, 1559Diogenes Laertius, ........................………………………….......... London, 1664Dionysius Afer, ............................……………………………....... London, 1658Dyinisius Halicarn, ..........................…………………………........ Oxford, 1704Dryden's Virgil, ..............................……………………………..... London, 1709

Dupuis, Origine de tous les Cultes, ...........…………………............. Paris, 1822Dymock's Classical Dictionary, ................……………………..... London, 1833Elliott's Horae Apocalypticae, ....................…………………….... London, 1851Ennodii Opera, ...................................……………………………..... Paris, 1611Epiphanii Opera Omnia, ..................……………………….......... Cologne, 1682Eunapius, .............................………………………………........... Geneva, 1616Euripides, ................................……………………………...... Cambridge, 1694Eusebii Praepar. Evangel, ...................………………………........ Leipsic, 1842Eusebii Chronicon, .......................………………………............... Venice, 1818— Chron, .............................………………………………............... Basle, 1529— Vita Constantin, .......................………………………….............. Paris, 1677Eustacès Classical Tour, ...............………………….…................. London, 1813Eutropius (Rom. Hist. Script. Graec. Min.), ......……………...... Frankfort, 1590Evangelical Christendom, .......................………….…………....... London, 1853

„ „ ...................…………………….………........... London,1855Firmicus, Julius, ......................…………………….……............... Oxford, 1678Flores Seraphici, ....................……………………...... Colonia/Agrippinae, 1640Furniss's What Every Christian must Know, ……………............... London, S.D.Fuss's Roman Antiquities, ....................………………………....... Oxford, 1840Garden of the Soul, .....................………………………..... Dublin/London, S.D.Gaussen's Daniel, ..........................…………………………......... Paris, 1848-49Gebelin, Monde Primitif, ...................………………………........ Paris, 1773-82Gesenii Lexicon, .........................…………………………............ London, 1855Gibbon's Decline and Fall, ...................………………………........ Dublin, 1781Gibson's Preservative, ..........................………………………....... London, 1848Gieseler's Eccles. History, .................……………………......... Edinburgh, 1846Gill's Commentary, ......................………………………......... London, 1852-54Gillespiès Sinim, ...........................…………………………..... Edinburgh, 1854Golden Manual, ..............................…………………………….... London, 1850Grgorii Nazianzeni Opera, ..................…………………….......... Antwerp, 1612Greswell's Dissertations, .......................…………………….…...... Oxford, 1837Guizot's European Civilisation, ..............………………….…...... L.ondon, 1846Hanmer's Chronographia; appended to translation ofEusebius,& c., ...........…………………………….......................... London, 1636Hardy, Spence, Buddism, ...................………………………........ London, 1853Harvet, Dr. Gent. Review of Epistle of, ...........………………...... London, 1598Pìay's Sincere Christian, ....................………………………........... Dublin, 1783Heathen Mythology, .......................…………………………......... London, S.D.Herodoti Historia, ..............................……………………...……...... Paris, 1592Hesychii Lexicon, .......................…………………………............ Leyden, 1688Hieronymi Opera, .............................……………………………....... Paris, 1643Hislop's Light of Prophecy, .................……………………....... Edinburgh, 1846

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8 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 8L e D u e B a b i l o n i e

Homer, ..............................………………………………......... Cambridge, 1711— Popès), ........................................……………………...………..London 1715Horapollòs Hieroglyphics, ..................……………………......Amsterdam, 1835Horatius, ...................................…………………………………....... Paris, 1691Huès Voyage dans la tartarie et Thibet, .................…………….….... Paris, 1857Humoldt's Mexican Researches, ..................…………………...... London, 1814Hurd's Rites and Ceremonies, ...................……………………….... London.S.D.Hydès Religio Persarum, .....................…………………….......…. Oxford, 1700Hygini Fabulae, ..........................………………………….......… Leipscic, 1856Iranaei Opera, .............................……………………………........ Leipsic, 1853Jamblichus on thè Mysteries, .................…………………......... Chiswick, 1821Jamieson's Scottish Dictionary, .............…………………........ Edinburgh, 1808Jewell (British Reformers), ..................…………………….......... Londom, S.D.Joness's (Sir W.) Works, .......................…………….………........ London, 1807Josephus (Graecè), ..........................………………………….......... Basle, 1544Justini Hist. (Hist. Rom. Script.), .......……………......... Aurelii/Allobrog. 1609Justinus Martyr, .........................…………………………........ Wurtzburg, 1777Justus Lipsius, .............................……………………………........ London, 1698Juvenal, ....................................………………………………........ London,1728Kennedy's Ancient and Hindoo Mythology, ........……………...... London, 1831Kennett's Roman Antiquities, ...................……………………...... London, 1696Kittòs Cyclopaedia, .......................………………………......... Edinburgh, 1856Kittòs Illustrated Commentary, ...................……………………... London, 1840Knox (British Reformers), .................……………………….......... London, S.D.Knox's History of Reformation, .................…………………...... Edin., 1846-48Laotantius, ................................……………………………..... Cambridge, 1685Lafitan, Moeurs des Sauvages Americains, ............……………….... Paris, 1724Landseer's Sabean Researches, ..................……………………..... London, 1823Layard's Babylon and Nineveh, .................……………………..... London, 1853— Nineveh, .................................………………………………..... London,1849Livius, .................................…………………………….......... Amsterdam, 1710Lorimer's Manual of Presbytery, ...........…………………......... Edinburgh, 1842Lucan. de Beli. Civ., ...........................………………………........ Leyden, 1658Lucianus, ..............................……………………………........ Amsterdam, 1743Lucretius, ...................................………………………………...... Oxford, 1695Lycophron (Poet. Graec. Min.), ..................…………………….... Geneva, 1814Macrobius, ...............................…………………………....... Sanct. Colon. 1521M'Gavin's Protestant, ..........................………………………...... Glasgow, 1850Maimonides More Nevochim, ........................……………………... Basle, 1629Maitland on thè Catacombs, .....................……………………...... London, 1846Mallet, .....................................………………………………........ London, 1847Mallet's Northern Antiquities, ..................……………………...... London, 1770

Manilius, ................................………………………………............ Berlin, 1846Martialis Epigrammata, ..........………………………..................... Leyden, 1656Massy, Memoir of Rev. G., ................……………………............ London, 1859Mauricès Indian Antiquities, .................…………………...... London (SeeNote)Medès Works, .................................……………………………..... London,1672Middleton's Letter frome Rome, .................…………………….... London, 1741Milner's Church History, ....................………………………........ London, 1712Milton's Paradise Lost, ......................………………………......... London, 1695Minutius Felix, ...............................……………………………..... Leyden, 1672Missale Romanum, ................................…………………………...... Paris, 1677 “ ”……................................…………………………........ Vienna,1506Missionary Record of Free Church, ...........………………........ Edinburgh, 1855Moor's Hindoo Pantheon, .....................………………………...... London, 1810Morgan's (Lady) Italy, ....................………………………............ London, 1824Moses of Choreneè, .........................…………………………....... London, 1736Muller's Dorians, ..............................…………………………....... Oxford, 1830Mulleri Fragmenta, ..........................…………………………...... Paris, 1846-51Newman's Development, ...................………………………......... London, 1846Nieburh's Roman History, ......................……………………….... London, 1855Nonnus de Phil. Oriental. et Dioysiaca, ...........………………....... Leipsic, 1857Orphic Hymns (Poet. Graec.), ....................……………………........ Paris, 1556Ouvaroffs Eleusinian Mysteries, ................…………………........ London, 1817Ovidii Opera, ..............................……………………………........ Leyden, 1661Pancarpium Mariae, ........................……………………….......... Antwerp, 1618Paradisus Spensi et Sponsae, ..............………………….............. Antwerp, 1618Parkhurst's Heb. Lexicon, .....................………………………...... London, 1799Parson's Japhet, ...............................…………………………….... London, 1767Pausanias, .................................………………………………....... Leipsic, 1696Paxton's Illustrations, Geography, .............………………........ Edinburgh, 1842Persius, .................................………………………………........... Leyden, 1696Petry Suavis Polani, concilium Tridentinum, ...…………....... Gorinchemi, 1658Pfeiffer's (Ida) Iceland, ........................………………………....... London, 1853Photii Bibliotheca, ...........................…………………………......... Berlin, 1824— Lexeon Synagogè, ..........................………………………....... London, 1822Pindarus, ....................................………………………………...... Oxford, 1697Pinkerton's Voyages, ........................……………………........ London, 1808-14Platonis Opera, ..................................……………………………...... Paris, 1578Plinii Opera, ............................……………………………......... Frankfort, 1599Plutarchi Opera, ............................…………………………....... Frankfort, 1599Pocockès India in Greece, ...................……………………........... London, 1852Pompeii, ................................……………………………….......... London, 1831Pontificale Romanum, ..........................………………………....... Venice, 1543

201 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 201L e D u e B a b i l o n i eGesù, Maria e Giuseppe assistetemi sempre, e nella mia ultima agonia,Gesù, Maria e Giuseppe, ricevete il mio ultimo respiro.Amen”.

Per indurre i seguaci di Roma a compiere quest’”atto di buon cristiano” è offerta unaconsiderevole ricompensa. A pag. 30 del Manuale di Furniss summenzionato sotto iltitolo “Norma di vita” si trova il seguente passaggio: - “Al mattino, prima d’alzarvi, fate-vi il segno della croce e dite, Gesù, Maria e Giuseppe, vi offro il cuore e l’anima mia.(Ogni volta che ripetete questa preghiera, otterrete un’indulgenza di 100 giorni, che po-trete utilizzare per le anime del purgatorio)!”. Devo aggiungere che il titolo del libro diFurniss che ho già precedentemente menzionato, è lo stesso della copia del Sig. Smith. Iltitolo della copia in mio possesso è “Ciò che ogni cristiano deve sapere “. Londra; Ri-chardson & Son, 147 Strand. Entrambe le copie contengono le parole blasfeme che homenzionato nel testo ed entrambe hanno l’imprimatur di “Paulus Cullen“.

SEZIONE INATALE E ANNUNCIAZIONE1 Gill, nel suo Commentario su Luca 2:8, dice quanto segue: "I Giudei possiedono duesorta di bestiami… vi è il bestiame di casa che risiede in città e il bestiame del desertoche rimane sui pascoli. Su ciò uno dei commentatori osserva (Mamonide, in Misn. Betza,cap. 5, sez. 7): "Essi risiedono nei pascoli che sono nei villaggi, tutti i giorni sia caldi chefreddi, e non tornano nelle città fino a che non cominciano le piogge. La prima pioggiacade nel mese di Marchesvan, che corrisponde all'ultima parte del nostro ottobre e allaprima di novembre... Da ciò deriva che Cristo dev'essere nato prima della metà di otto-bre, giacché la prima pioggia non era ancora caduta e Kitto, su Dent. 11:14, dice che laprima pioggia cade in autunno "cioè in settembre-ottobre". Ciò porrebbe il periodo deltrasferimento delle greggi dai campi un certo tempo prima di ciò che io ho affermato neltesto, ma non vi è dubbio che non può essere dopo di quanto qui viene affermato secondola testimonianza di Mamonide, la cui conoscenza di quanto riguarda i costumi dei Giudeiè ben nota.2 L'arcidiacono Wood, nel Christian Annotator, vol. 3, pag. 2 e il Manual of Presbytery diLorimer, pag. 130. Lorimer cita Sir Peter King che, nel suo Enquiry into the Worship ofthe Primitive Church, etc. asserisce che in quella chiesa non veniva celebrata alcuna festae aggiunge: "Sembra improbabile che essi celebrassero la natività di Gesù quando eranoin disaccordo sul mese e giorno della sua nascita". Si veda pure il Commentary del Rev.J. Ryle su Luca, cap. 2, Nota a versetto 8, che ammette che il tempo della nascita di Cri-sto è incerto, sebbene egli sia contrario all'idea che le greggi non potessero trovarsi suicampi in dicembre, sulla base delle parole rivolte a Labano da Giacobbe: "Di giorno miconsumava il caldo e di notte il freddo". Orbene, tutta la forza del lamento di Giacobbecontro il suo avaro congiunto sta in questo, che Labano gli fece ciò che nessun altro uo-mo avrebbe mai fatto e, perciò, se egli si riferisce alle fredde notti invernali (che, comun-que, non è il giusto intendimento della frase) ciò dimostra proprio l'opposto di ciò che ilSig. Ryle intende dimostrare, cioè che non era abitudine dei pastori tenere i loro greggi dinotte nei campi durante l'inverno.3 Gieseler, vol. 1, pag. 54, e nota. Crisostomo (monitum in Hom. de Natal. Christy), scri-vendo in Antiochia verso il 380 A.D. dice: "Non sono ancora dieci anni che conosciamoquesto giorno" (Vol. 2, pag. 352). "Ciò che segue" aggiunge Gieseler, "fornisce una ri-marchevole illustrazione della facilità con cui abitudini di recente data abbiano assunto ilcarattere di istituzioni apostoliche". Così continua Crisostomo: "Fra gli abitanti dell'o-

riente, residenti in Tracia ed in Gadeira (Cadice) era noto nei tempi antichi che la nascitadel nostro Signore era sconosciuta ad Antiochia in occidente, proprio ai confini dellaterra santa, ma perfettamente ben conosciuta in tutte le regioni europee, dalla Tracia allaSpagna".4 II nome Gad evidentemente si riferisce, nel primo caso a un dio guerriero, poiché signi-fica "assalire"; ma significa pure "colui che raduna" ed in entrambi i casi può applicarsi aNimrod, la cui caratteristica generale era quella di un dio solare, poiché egli fu il primogrande guerriero e, col nome di Foroneo, era celebrato per aver radunato per primo ilgenere umano in comunità sociali. Il nome Meni "il Numeratore", d'altra parte, sembraproprio un sinonimo del nome di Cush o Chus che, mentre significa "capire" o"nascondere", vuol dire anche "contare o numerare". Il vero significato appropriato delnome Cus è, e non ho dubbi, "il numeratore" o "aritmetico"; poiché mentre Nimrod suofiglio, come potente fu il grande propagatore del sistema babilonico di idolatria, mediantela forza e la potenza egli, in qualità di Hermes, fu il vero ideatore di quel sistema e, ve-dendo come l'idolatria e l'astronomia erano intimamente associate nel renderlo capace dioperare con efficacia, fu indispensabile che egli divenisse specializzato nella scienza deinumeri. Orbene, Ermes (cioè Cus) sarebbe stato colui che "per primo scoprì i numeri el'arte di far conto, la geometria e l'astronomia, il gioco degli scacchi e quello d'azzardo";ed è con ogni probabilità dal riferimento al significato del nome di Cus che alcuni chia-marono "NUMERATORE" il padre degli dèi e degli uomini. Il nome Meni e solo la formacaldea dell'ebraico "Mene", il "numeratore" poiché in caldeo la i spesso prende il postodella e finale. Poiché abbiamo esaminato delle ragioni per concludere con Gesenio, cheNebo, il grande dio profetico di Babilonia, non era altri che lo stesso dio Ermes, ciò mo-stra la particolare enfasi delle prime parole della sentenza divina che siglò la condanna diBaldassarre, in qualità di rappresentante del dio originale: "MENE, MENE, TEKEL,Upharsin", che è come dire enigmaticamente "il numeratore è numerato". Poiché la cop-pa era particolarmente il simbolo di Cus, ecco allora la libagione a lui delle offerte dibevanda in qualità di dio della coppa; e poiché egli era il grande divinatore, ecco il per-ché della divinazione relativa all'anno futuro, che Girolamo mette in relazione alla divini-tà cui fa riferimento Isaia. Orbene Ermcs, in Egitto, in qualità di "Numeratore" era identi-ficato con la luna che numera i mesi. Era chiamato "Signore della I.una" e in qualità di"dispensatore del tempo" egli teneva un "ramo di palma" emblematico dell'anno. Così,quindi, se Gad era la "divinità solare", Meni era considerato naturalmente come il Signo-re della Luna.5 Jamieson fa molte deduzioni di differenti autori riguardo al significato del termine"Hog-manay", ma il seguente estratto è tutto ciò che sembra necessario citare: "Sibbpensa che Hogmanay, il nome dato dal popolo all'ultimo giorno dell'anno, possa essere iltermine parallelo allo scandinavo Hoeg-tid, un termine applicato al Natale e a varie altrefeste della Chiesa". Poiché lo scandinavo "tid" significa "tempo" e "hog-tid" si applicaalle festività della chiesa in generale, il significato di quest'espressione è evidentemente"tempo di festa" ma ciò mostra che "hoeg" ha lo stesso significato che io ho applicato aHog, il significato caldeo.6 "Ail" o "il" è un sinonimo di Geber, il "potente" (Esodo 15:15) e significa anche unalbero di grandi dimensioni, o un cervo con corna a mò di rami. Perciò, in tempi diversi,il grande dio è simboleggiato da un albero imponente o da un cervo. Nell'incisione afianco lo stroncamento del potente è simboleggiato dallo stroncamento di un albero. Inuna moneta di Efeso egli è simboleggiato da un cervo fatto a pezzi e vi è anche un alberodi palma rappresentato come se sorgesse al posto del cervo, proprio come se questi scatu-risse al posto del tronco morto. Da Sanchuniaton, Kronis è chiamato espressamente"Ilos", cioè "il potente". Poiché il grande dio è stroncato, la cornucopia a sinistra dell'al-bero è vuota ma l'albero di palma la protegge.

Page 9: Libro Due Babilonie

200 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 200L e D u e B a b i l o n i eGesù, Maria e Giuseppe assistetemi sempre, e nella mia ultima agonia,Gesù, Maria e Giuseppe, ricevete il mio ultimo respiro.Amen”.

Per indurre i seguaci di Roma a compiere quest’”atto di buon cristiano” è offerta unaconsiderevole ricompensa. A pag. 30 del Manuale di Furniss summenzionato sotto iltitolo “Norma di vita” si trova il seguente passaggio: - “Al mattino, prima d’alzarvi, fate-vi il segno della croce e dite, Gesù, Maria e Giuseppe, vi offro il cuore e l’anima mia.(Ogni volta che ripetete questa preghiera, otterrete un’indulgenza di 100 giorni, che po-trete utilizzare per le anime del purgatorio)!”. Devo aggiungere che il titolo del libro diFurniss che ho già precedentemente menzionato, è lo stesso della copia del Sig. Smith. Iltitolo della copia in mio possesso è “Ciò che ogni cristiano deve sapere “. Londra; Ri-chardson & Son, 147 Strand. Entrambe le copie contengono le parole blasfeme che homenzionato nel testo ed entrambe hanno l’imprimatur di “Paulus Cullen“.

SEZIONE INATALE E ANNUNCIAZIONE1 Gill, nel suo Commentario su Luca 2:8, dice quanto segue: "I Giudei possiedono duesorta di bestiami… vi è il bestiame di casa che risiede in città e il bestiame del desertoche rimane sui pascoli. Su ciò uno dei commentatori osserva (Mamonide, in Misn. Betza,cap. 5, sez. 7): "Essi risiedono nei pascoli che sono nei villaggi, tutti i giorni sia caldi chefreddi, e non tornano nelle città fino a che non cominciano le piogge. La prima pioggiacade nel mese di Marchesvan, che corrisponde all'ultima parte del nostro ottobre e allaprima di novembre... Da ciò deriva che Cristo dev'essere nato prima della metà di otto-bre, giacché la prima pioggia non era ancora caduta e Kitto, su Dent. 11:14, dice che laprima pioggia cade in autunno "cioè in settembre-ottobre". Ciò porrebbe il periodo deltrasferimento delle greggi dai campi un certo tempo prima di ciò che io ho affermato neltesto, ma non vi è dubbio che non può essere dopo di quanto qui viene affermato secondola testimonianza di Mamonide, la cui conoscenza di quanto riguarda i costumi dei Giudeiè ben nota.2 L'arcidiacono Wood, nel Christian Annotator, vol. 3, pag. 2 e il Manual of Presbytery diLorimer, pag. 130. Lorimer cita Sir Peter King che, nel suo Enquiry into the Worship ofthe Primitive Church, etc. asserisce che in quella chiesa non veniva celebrata alcuna festae aggiunge: "Sembra improbabile che essi celebrassero la natività di Gesù quando eranoin disaccordo sul mese e giorno della sua nascita". Si veda pure il Commentary del Rev.J. Ryle su Luca, cap. 2, Nota a versetto 8, che ammette che il tempo della nascita di Cri-sto è incerto, sebbene egli sia contrario all'idea che le greggi non potessero trovarsi suicampi in dicembre, sulla base delle parole rivolte a Labano da Giacobbe: "Di giorno miconsumava il caldo e di notte il freddo". Orbene, tutta la forza del lamento di Giacobbecontro il suo avaro congiunto sta in questo, che Labano gli fece ciò che nessun altro uo-mo avrebbe mai fatto e, perciò, se egli si riferisce alle fredde notti invernali (che, comun-que, non è il giusto intendimento della frase) ciò dimostra proprio l'opposto di ciò che ilSig. Ryle intende dimostrare, cioè che non era abitudine dei pastori tenere i loro greggi dinotte nei campi durante l'inverno.3 Gieseler, vol. 1, pag. 54, e nota. Crisostomo (monitum in Hom. de Natal. Christy), scri-vendo in Antiochia verso il 380 A.D. dice: "Non sono ancora dieci anni che conosciamoquesto giorno" (Vol. 2, pag. 352). "Ciò che segue" aggiunge Gieseler, "fornisce una ri-marchevole illustrazione della facilità con cui abitudini di recente data abbiano assunto ilcarattere di istituzioni apostoliche". Così continua Crisostomo: "Fra gli abitanti dell'o-

riente, residenti in Tracia ed in Gadeira (Cadice) era noto nei tempi antichi che la nascitadel nostro Signore era sconosciuta ad Antiochia in occidente, proprio ai confini dellaterra santa, ma perfettamente ben conosciuta in tutte le regioni europee, dalla Tracia allaSpagna".4 II nome Gad evidentemente si riferisce, nel primo caso a un dio guerriero, poiché signi-fica "assalire"; ma significa pure "colui che raduna" ed in entrambi i casi può applicarsi aNimrod, la cui caratteristica generale era quella di un dio solare, poiché egli fu il primogrande guerriero e, col nome di Foroneo, era celebrato per aver radunato per primo ilgenere umano in comunità sociali. Il nome Meni "il Numeratore", d'altra parte, sembraproprio un sinonimo del nome di Cush o Chus che, mentre significa "capire" o"nascondere", vuol dire anche "contare o numerare". Il vero significato appropriato delnome Cus è, e non ho dubbi, "il numeratore" o "aritmetico"; poiché mentre Nimrod suofiglio, come potente fu il grande propagatore del sistema babilonico di idolatria, mediantela forza e la potenza egli, in qualità di Hermes, fu il vero ideatore di quel sistema e, ve-dendo come l'idolatria e l'astronomia erano intimamente associate nel renderlo capace dioperare con efficacia, fu indispensabile che egli divenisse specializzato nella scienza deinumeri. Orbene, Ermes (cioè Cus) sarebbe stato colui che "per primo scoprì i numeri el'arte di far conto, la geometria e l'astronomia, il gioco degli scacchi e quello d'azzardo";ed è con ogni probabilità dal riferimento al significato del nome di Cus che alcuni chia-marono "NUMERATORE" il padre degli dèi e degli uomini. Il nome Meni e solo la formacaldea dell'ebraico "Mene", il "numeratore" poiché in caldeo la i spesso prende il postodella e finale. Poiché abbiamo esaminato delle ragioni per concludere con Gesenio, cheNebo, il grande dio profetico di Babilonia, non era altri che lo stesso dio Ermes, ciò mo-stra la particolare enfasi delle prime parole della sentenza divina che siglò la condanna diBaldassarre, in qualità di rappresentante del dio originale: "MENE, MENE, TEKEL,Upharsin", che è come dire enigmaticamente "il numeratore è numerato". Poiché la cop-pa era particolarmente il simbolo di Cus, ecco allora la libagione a lui delle offerte dibevanda in qualità di dio della coppa; e poiché egli era il grande divinatore, ecco il per-ché della divinazione relativa all'anno futuro, che Girolamo mette in relazione alla divini-tà cui fa riferimento Isaia. Orbene Ermcs, in Egitto, in qualità di "Numeratore" era identi-ficato con la luna che numera i mesi. Era chiamato "Signore della I.una" e in qualità di"dispensatore del tempo" egli teneva un "ramo di palma" emblematico dell'anno. Così,quindi, se Gad era la "divinità solare", Meni era considerato naturalmente come il Signo-re della Luna.5 Jamieson fa molte deduzioni di differenti autori riguardo al significato del termine"Hog-manay", ma il seguente estratto è tutto ciò che sembra necessario citare: "Sibbpensa che Hogmanay, il nome dato dal popolo all'ultimo giorno dell'anno, possa essere iltermine parallelo allo scandinavo Hoeg-tid, un termine applicato al Natale e a varie altrefeste della Chiesa". Poiché lo scandinavo "tid" significa "tempo" e "hog-tid" si applicaalle festività della chiesa in generale, il significato di quest'espressione è evidentemente"tempo di festa" ma ciò mostra che "hoeg" ha lo stesso significato che io ho applicato aHog, il significato caldeo.6 "Ail" o "il" è un sinonimo di Geber, il "potente" (Esodo 15:15) e significa anche unalbero di grandi dimensioni, o un cervo con corna a mò di rami. Perciò, in tempi diversi,il grande dio è simboleggiato da un albero imponente o da un cervo. Nell'incisione afianco lo stroncamento del potente è simboleggiato dallo stroncamento di un albero. Inuna moneta di Efeso egli è simboleggiato da un cervo fatto a pezzi e vi è anche un alberodi palma rappresentato come se sorgesse al posto del cervo, proprio come se questi scatu-risse al posto del tronco morto. Da Sanchuniaton, Kronis è chiamato espressamente"Ilos", cioè "il potente". Poiché il grande dio è stroncato, la cornucopia a sinistra dell'al-bero è vuota ma l'albero di palma la protegge.

9 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 9L e D u e B a b i l o n i e

Homer, ..............................………………………………......... Cambridge, 1711— Popès), ........................................……………………...………..London 1715Horapollòs Hieroglyphics, ..................……………………......Amsterdam, 1835Horatius, ...................................…………………………………....... Paris, 1691Huès Voyage dans la tartarie et Thibet, .................…………….….... Paris, 1857Humoldt's Mexican Researches, ..................…………………...... London, 1814Hurd's Rites and Ceremonies, ...................……………………….... London.S.D.Hydès Religio Persarum, .....................…………………….......…. Oxford, 1700Hygini Fabulae, ..........................………………………….......… Leipscic, 1856Iranaei Opera, .............................……………………………........ Leipsic, 1853Jamblichus on thè Mysteries, .................…………………......... Chiswick, 1821Jamieson's Scottish Dictionary, .............…………………........ Edinburgh, 1808Jewell (British Reformers), ..................…………………….......... Londom, S.D.Joness's (Sir W.) Works, .......................…………….………........ London, 1807Josephus (Graecè), ..........................………………………….......... Basle, 1544Justini Hist. (Hist. Rom. Script.), .......……………......... Aurelii/Allobrog. 1609Justinus Martyr, .........................…………………………........ Wurtzburg, 1777Justus Lipsius, .............................……………………………........ London, 1698Juvenal, ....................................………………………………........ London,1728Kennedy's Ancient and Hindoo Mythology, ........……………...... London, 1831Kennett's Roman Antiquities, ...................……………………...... London, 1696Kittòs Cyclopaedia, .......................………………………......... Edinburgh, 1856Kittòs Illustrated Commentary, ...................……………………... London, 1840Knox (British Reformers), .................……………………….......... London, S.D.Knox's History of Reformation, .................…………………...... Edin., 1846-48Laotantius, ................................……………………………..... Cambridge, 1685Lafitan, Moeurs des Sauvages Americains, ............……………….... Paris, 1724Landseer's Sabean Researches, ..................……………………..... London, 1823Layard's Babylon and Nineveh, .................……………………..... London, 1853— Nineveh, .................................………………………………..... London,1849Livius, .................................…………………………….......... Amsterdam, 1710Lorimer's Manual of Presbytery, ...........…………………......... Edinburgh, 1842Lucan. de Beli. Civ., ...........................………………………........ Leyden, 1658Lucianus, ..............................……………………………........ Amsterdam, 1743Lucretius, ...................................………………………………...... Oxford, 1695Lycophron (Poet. Graec. Min.), ..................…………………….... Geneva, 1814Macrobius, ...............................…………………………....... Sanct. Colon. 1521M'Gavin's Protestant, ..........................………………………...... Glasgow, 1850Maimonides More Nevochim, ........................……………………... Basle, 1629Maitland on thè Catacombs, .....................……………………...... London, 1846Mallet, .....................................………………………………........ London, 1847Mallet's Northern Antiquities, ..................……………………...... London, 1770

Manilius, ................................………………………………............ Berlin, 1846Martialis Epigrammata, ..........………………………..................... Leyden, 1656Massy, Memoir of Rev. G., ................……………………............ London, 1859Mauricès Indian Antiquities, .................…………………...... London (SeeNote)Medès Works, .................................……………………………..... London,1672Middleton's Letter frome Rome, .................…………………….... London, 1741Milner's Church History, ....................………………………........ London, 1712Milton's Paradise Lost, ......................………………………......... London, 1695Minutius Felix, ...............................……………………………..... Leyden, 1672Missale Romanum, ................................…………………………...... Paris, 1677 “ ”……................................…………………………........ Vienna,1506Missionary Record of Free Church, ...........………………........ Edinburgh, 1855Moor's Hindoo Pantheon, .....................………………………...... London, 1810Morgan's (Lady) Italy, ....................………………………............ London, 1824Moses of Choreneè, .........................…………………………....... London, 1736Muller's Dorians, ..............................…………………………....... Oxford, 1830Mulleri Fragmenta, ..........................…………………………...... Paris, 1846-51Newman's Development, ...................………………………......... London, 1846Nieburh's Roman History, ......................……………………….... London, 1855Nonnus de Phil. Oriental. et Dioysiaca, ...........………………....... Leipsic, 1857Orphic Hymns (Poet. Graec.), ....................……………………........ Paris, 1556Ouvaroffs Eleusinian Mysteries, ................…………………........ London, 1817Ovidii Opera, ..............................……………………………........ Leyden, 1661Pancarpium Mariae, ........................……………………….......... Antwerp, 1618Paradisus Spensi et Sponsae, ..............………………….............. Antwerp, 1618Parkhurst's Heb. Lexicon, .....................………………………...... London, 1799Parson's Japhet, ...............................…………………………….... London, 1767Pausanias, .................................………………………………....... Leipsic, 1696Paxton's Illustrations, Geography, .............………………........ Edinburgh, 1842Persius, .................................………………………………........... Leyden, 1696Petry Suavis Polani, concilium Tridentinum, ...…………....... Gorinchemi, 1658Pfeiffer's (Ida) Iceland, ........................………………………....... London, 1853Photii Bibliotheca, ...........................…………………………......... Berlin, 1824— Lexeon Synagogè, ..........................………………………....... London, 1822Pindarus, ....................................………………………………...... Oxford, 1697Pinkerton's Voyages, ........................……………………........ London, 1808-14Platonis Opera, ..................................……………………………...... Paris, 1578Plinii Opera, ............................……………………………......... Frankfort, 1599Plutarchi Opera, ............................…………………………....... Frankfort, 1599Pocockès India in Greece, ...................……………………........... London, 1852Pompeii, ................................……………………………….......... London, 1831Pontificale Romanum, ..........................………………………....... Venice, 1543

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10 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 10L e D u e B a b i l o n i e

Pontificale Romanum, ..............………………………................... Venice, 1572Poor Man's Manual, ...........................…………………………....... Dublin, S.D.Porphyrius de Antro Nympharum, .............…………………......... Utrecht, 1765Potter's Greek Antiquities, ........................………………………... Oxford, 1697Prescott's Conquest of Perù, .....................……………………...... London, 1855— Mexico, .................................………………………………...... London,1843Prisciani Opera, ................................…………………………....... Leipsic, 1819Proclus in Timaeo, .........................………………………...... Vratislaviae, 1847- on Plat. Theology, ...........................…………………………..... London, 1816Propertius, .................................………………………………...... Utrecht, 1659Quarterly Journal of Prophecy, ..................……………………..... London, 1852Quintus Curtius, ..........................…………………………...... Amsterdam, 1684Redhousès Turkish Dictionary, ..................…………………….... London, 1856Rome in thè Nineteenth Century, .................…………………...... London, 1823Russell's Egypt, ..............................………………………….... Edinburgh, 1831Rylès (Rev. J.) Commentary, ....................……………………..... Ipswich, 1858Salvertè, Eusebe, Sciences Occultes, ...............…………………....... Paris, 1856- Essai sur les Noms, ............................…………………………....... Paris, 1824Sanchuniathon, ................................…………………………….... Bremen,1837Savary's Letters on egypt, .......................……………………….... London, 1786Scottish Protestant, ............................………………………….... Glasgow, 1852Septuagint, ...................................………………………………........ Paris, 1628Servius, .................................………………………………....... Gottingen, 1826Seymour's Evenings with Romanists, ..............………………...... London, 1854Sinclair's (Sir George) Letters to Protestants, ....…………........ Edinburgh. 1852Smith's Classical Dictionary, ...................………………………... London, 1859Socrates Ecclesiasticus, ......................……………………….…........ Paris, 1686Sophocles, ..................................………………………………..... London, 1747Stanley's History of Philosophy, ..................…………………....... London, 1687Statius, .......................................………………………………...... Leyden, 1671Stephen's Centrai America, .....................……………………….... London, 1841Stockii Clavis, ...................................…………………………….. Lipsiae, 1753Strabo, ........................................………………………………….... Basle, 1549Suidas, .......................................………………………………...... Geneva, 1619Symmachi Epistolae, ...........................…………………………...... Douai, 1587Tacitus, .....................................………………………………........ Dublin, 1730Taylor's Mystic Hymns of Orpheus, ..........……………….......... Chiswick, 1824— Pausanias, ………………………………………………………London, 1794Tertulliani Opera, ....................................……. ……………………...Paris, 1844Theocritus (Poet. Graec. Min.), .............…………………........ Cambridge, 1661Theopompus (Muller), ..................………………………….............. Paris, 1853Thevenot, Voyages, ..............................…………………………....... Paris,1689

Thuani Historia, ...........……………………………........................ London,1733Todd's Western India, ........................………………………......... London, 1839Toland's Druids, ...........................…………………………...... Edinburgh, 1815Tookès Pantheon, ......................…………………………............. London, 1806Tnmen's Architecture, .................………………………............... London, 1849Trogus Pompeius (Hist. Rom. Script.), ....……………...... Aurel/Allobrog. 1609Turner's Anglo-Saxons, .....................………………………......... London, 1823Usher's Syllogè, .................……………………………................... Dublin, 1632Valenus Maximus, .........................………………………….......... Venice, 1505Vaux's Nineveh, ...................…………………………................... London, 1851— Antiquities ofthe British Museum, .......………………….......... London 1851Virgilius, ...............................…………………….………….............. Paris 1675Vitruvms de Architectura, .……………………….......................... Leipsic, 1807Vossius de Idololatria, ................…………………….............. Amsterdam, 1668Walpolès Ansayri, ...........................…………………………....... London, 1849Wilkmson's Egyptians, ....................…………………….......... London, 1837-41William's Missionary Enterprises, .............………………….......... London 1847Wilson's India 3000 Years Ago, .............……………….....…….. Bombay, 1858— Parsee Religion, ........................…………………………....... Bombav,' 1843Wyliès Great Exodus, .........................………………………........ London, 1862Xenophontis Opera, ...................……………………………............... Paris 1625Zonaras, ....................................…………………….………………. Bonn, 1841Zosimus (Rom. Hist. Script. Graeci. Min.), ...........……………... Frankfort 1590

199 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 199L e D u e B a b i l o n i emici a dare testimonianza alla grande verità scritturale proclamata dal profeta ebreo, se-condo la quale "la vergine concepirà un figlio il cui nome sarà Emanuele". La costella-zione della vergine come riconoscono molti rinomati astronomi era dedicata a Cerere,che corrisponde alla grande dea di Babilonia, poiché Cerere era adorata col bimbo ingrembo, come lo era la dea babilonese. La Venere assira in origine era vergine, la madredi Bacco o Tammuz. Vergine, quindi, era la Vergine Madre. La profezia di Isaia fu porta-ta a Babilonia dai giudei prigionieri e da lì il nuovo titolo venne applicato alla dea babilo-nese.

4 Hestia, in greco, significa "casa" o "dimora". Si pensa che questo sia generalmente unsignificato secondario della parola, mentre si crede che il suo significato più appropriatosia "fuoco". Ma l'affermazione fatta nei confronti di Hestia mostra che il nome è derivatoda Hes o Hese, "capire, difendere", che rende l'idea della funzione della casa che "copre"o "difende" dall'inclemenza del tempo. Il verbo "Hes" significa pure "proteggere","mostrare misericordia" e da ciò evidentemente proviene la caratteristica di Hestia inqualità di "protettrice dei supplicanti". Se assumiamo che Hestia derivi da Hes "coprire"o "difendere" si comprende facilmente la seguente affermazione di Smith: "Hestia era ladea della vita domestica e la datrice della felicità familiare; poiché si credeva che dimo-rasse nelle parti più interne di ogni casa e che avesse inventato l'arte di costruire le case".Se si suppone che sia "fuoco" l'idea originale del nome Hestia, come si può supporre chesia anche "costruttrice di case"? Ma prendendo Hestia nel senso di Abitazione o Luogo didimora, in quanto deriva da Hes "difendere" o "coprire", è facile vedere come Hestiaabbia finito per essere identificata con "fuoco". La dea che era considerata come"L'abitazione di Dio" era conosciuta col nome di Ashta, "la donna"; mentre Ashta signifi-ca pure "fuoco" e così Hestia o Vesta, quando si sviluppò il sistema babilonico, sarebbestata generalmente guardata come "fuoco" o "dea del fuoco".

5 Da Ze, "La" oppure "colei che", emir "ramo" e amit "portare" al femminile. Hesichio,alla voce "Semiramide" dice che si tratta del nome della "colomba selvaggia". La suddet-ta spiegazione del significato originale del nome Semiramide, riferentesi alla colombaselvatica di Noè (poiché si trattava evidentemente di una selvatica in quanto una domesti-ca non sarebbe stata adatta per la prova), può spiegare perché i greci l'applicassero aqualsiasi colomba selvatica.6 Si pensa che il nome dei Druidi derivi dal greco Drus, albero di quercia o dal celticoDeru, che ha lo stesso significato; ma ciò è ovviamente un errore. In Irlanda, il nomeusato per i Druidi è Droi, e nel Galles Dryw: e si vedrà come la relazione dei Druidi conla quercia sia più di una semplice somiglianza del loro nome a quello dell'albero ma che,piuttosto, derivasse da esso. Il sistema druidico in tutte le sue parti era evidentemente ilsistema babilonese. Dionisio ci informa che i riti di Bacco erano debitamente celebratinelle isole britanniche e Strabene cita Artemidoro per mostrare che, in un'isola vicina allaBritannia, erano venerate Cerere e Proserpina con riti simili alle orge di Samotracia. Ve-dremo dal racconto dei Druidi Ceridwen e di suo figlio, e ne parleremo successivamente(vedi Cap. IV), che vi era una grande analogia fra le sue caratteristiche e quelle dellagrande dea-madre di Babilonia. Tale era il sistema, e il nome Dryw, o Droi, applicato aisacerdoti è in esatta armonia con quel sistema. Il nome Zero, dato in ebraico o nel caldeoprimitivo, al figlio della grande dea regina, nel più tardo caldeo divenne "Dero". Il sacer-dote di Dero "il seme" fu chiamato, come nella maggior parte delle religioni, col nomedel suo dio; e perciò il nome familiare "Druido" è così dimostrato che significhi il sacer-dote di "Dero", il promesso "seme" della donna. Le Amadriadi classiche erano slmilmen-te sacerdotesse di "Hamed-dero", il "seme desiderato", cioè il desiderio di tutte le nazio-ni".7 II lettore intelligente si renderà subito conto dell'assurdità di applicare tale visione della"donna" dell'Apocalisse alla Vergine Maria. Giovanni dichiara espressamente che ciò che

egli vide era un "segno" o un "simbolo" (semeion). Se la donna che egli vide qui è unadonna letterale, "la donna" che siede sui sette colli lo dev'essere pure. "La donna" in en-trambi i casi è un "simbolo". "La donna" sui sette colli è il simbolo della chiesa falsa, ladonna eletta con il sole lo è della vera chiesa, la sposa, la moglie dell'agnello.

8 La spiegazione dell’incisione sul legno della fig. 26 è così provveduta in Pompei, Vol.2, pagg. 91, 92: “Uno di loro (i dipinti) è preso dall’Odissea e rappresenta Ulisse e Circenel momento in cui l’eroe, avendo bevuto la bevanda magica senza nocumento, per virtùdell’antidoto datagli da Mercurio (è ben noto che Circe aveva una Coppa d’oro comel’aveva la Venere di Babilonia), trae la sua spada e avanza per vendicare i suoi compa-gni” che, avendo bevuto alla sua coppa, erano stati mutati in maiali. La dea, terrificata, sisottomette com’è descritto da Omero; Ulisse stesso è il narratore:

“Vanne, disse, e a terra coi tuoi compagni nella stalla giaciTirai dal fianco il brando, e contra lei,Di trafiggerla in atto, io mi scagliai.Circe, mandando una gran voce, corseRapida sotto il colpo, e le ginocchiaCon le braccia afferrommi, e queste alateParole mi drizzò, non senza pianto:Chi sei tu “- Odissea, Pindemonte X 415-420.

“Questa raffigurazione”, aggiunge l’autore di Pompei “è rimarchevole, poiché ci insegnale origini di quella gloria brutta e priva di senso della quale sono spesso circondati i san-ti…Questa gloria fu chiamata nimbo, o aureola, ed è definita da Servio come ‘il fluidoluminoso che circonda la testa degli dèi’. Apparteneva a Circe con particolari proprietà inquanto figlia del sole. Gli imperatori con la loro abituale modestia, la adottarono comemarchio della loro divinità e sotto questo rispettabile patronato essa passò, come moltealtre superstizioni ed abitudini pagane, nell’uso della Chiesa”.

9 “Ciò che ogni cristiano deve sapere e fare” del Rev. J. Furniss. Pubblicato da JamesDuffy, Dublino. L’edizione di questo manuale papista citato, a parte le bestemmie checontiene, espone molti principi immorali che insegnano distintamente l’innocuità dellafrode, se solo tenuta entro i dovuti limiti. Su questa base poiché è stata levata contro diessa una grande protesta, io credo che quest’edizione sia stata ritirata dalla circolazionein generale. La genuità del passaggio summenzionato non può comunque essere messa indubbio. Io stesso ricevetti da un amico di Liverpool una copia dell’edizione contenentequeste parole, che è adesso in mio possesso, dopo aver letto quella in possesso del Rev.Richard Smith di Armagh. Non è solo in Irlanda comunque che tale trinità è esibita all’a-dorazione dei romanisti. In una cartolina postale, stampata dal sacerdote papista di Sun-derland, adesso in mio possesso, con il titolo “Doveri pasquali Chiesa di S. Maria, Bisho-pwearmouth, 1859 ”ciò che segue è la 4a ammonizione data ai “Cari Cristiani” a cui essaè indirizzata:

“4. E non dimenticate mai gli atti di un buon cristiano, raccomandativi così spesso duran-te il rinnovamento della Missione.

Siano benedetti Gesù, Maria e Giuseppe.Gesù, Maria e Giuseppe, vi do il mio cuore, la mia vita e la mia anima

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198 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 198L e D u e B a b i l o n i emici a dare testimonianza alla grande verità scritturale proclamata dal profeta ebreo, se-condo la quale "la vergine concepirà un figlio il cui nome sarà Emanuele". La costella-zione della vergine come riconoscono molti rinomati astronomi era dedicata a Cerere,che corrisponde alla grande dea di Babilonia, poiché Cerere era adorata col bimbo ingrembo, come lo era la dea babilonese. La Venere assira in origine era vergine, la madredi Bacco o Tammuz. Vergine, quindi, era la Vergine Madre. La profezia di Isaia fu porta-ta a Babilonia dai giudei prigionieri e da lì il nuovo titolo venne applicato alla dea babilo-nese.

4 Hestia, in greco, significa "casa" o "dimora". Si pensa che questo sia generalmente unsignificato secondario della parola, mentre si crede che il suo significato più appropriatosia "fuoco". Ma l'affermazione fatta nei confronti di Hestia mostra che il nome è derivatoda Hes o Hese, "capire, difendere", che rende l'idea della funzione della casa che "copre"o "difende" dall'inclemenza del tempo. Il verbo "Hes" significa pure "proteggere","mostrare misericordia" e da ciò evidentemente proviene la caratteristica di Hestia inqualità di "protettrice dei supplicanti". Se assumiamo che Hestia derivi da Hes "coprire"o "difendere" si comprende facilmente la seguente affermazione di Smith: "Hestia era ladea della vita domestica e la datrice della felicità familiare; poiché si credeva che dimo-rasse nelle parti più interne di ogni casa e che avesse inventato l'arte di costruire le case".Se si suppone che sia "fuoco" l'idea originale del nome Hestia, come si può supporre chesia anche "costruttrice di case"? Ma prendendo Hestia nel senso di Abitazione o Luogo didimora, in quanto deriva da Hes "difendere" o "coprire", è facile vedere come Hestiaabbia finito per essere identificata con "fuoco". La dea che era considerata come"L'abitazione di Dio" era conosciuta col nome di Ashta, "la donna"; mentre Ashta signifi-ca pure "fuoco" e così Hestia o Vesta, quando si sviluppò il sistema babilonico, sarebbestata generalmente guardata come "fuoco" o "dea del fuoco".

5 Da Ze, "La" oppure "colei che", emir "ramo" e amit "portare" al femminile. Hesichio,alla voce "Semiramide" dice che si tratta del nome della "colomba selvaggia". La suddet-ta spiegazione del significato originale del nome Semiramide, riferentesi alla colombaselvatica di Noè (poiché si trattava evidentemente di una selvatica in quanto una domesti-ca non sarebbe stata adatta per la prova), può spiegare perché i greci l'applicassero aqualsiasi colomba selvatica.6 Si pensa che il nome dei Druidi derivi dal greco Drus, albero di quercia o dal celticoDeru, che ha lo stesso significato; ma ciò è ovviamente un errore. In Irlanda, il nomeusato per i Druidi è Droi, e nel Galles Dryw: e si vedrà come la relazione dei Druidi conla quercia sia più di una semplice somiglianza del loro nome a quello dell'albero ma che,piuttosto, derivasse da esso. Il sistema druidico in tutte le sue parti era evidentemente ilsistema babilonese. Dionisio ci informa che i riti di Bacco erano debitamente celebratinelle isole britanniche e Strabene cita Artemidoro per mostrare che, in un'isola vicina allaBritannia, erano venerate Cerere e Proserpina con riti simili alle orge di Samotracia. Ve-dremo dal racconto dei Druidi Ceridwen e di suo figlio, e ne parleremo successivamente(vedi Cap. IV), che vi era una grande analogia fra le sue caratteristiche e quelle dellagrande dea-madre di Babilonia. Tale era il sistema, e il nome Dryw, o Droi, applicato aisacerdoti è in esatta armonia con quel sistema. Il nome Zero, dato in ebraico o nel caldeoprimitivo, al figlio della grande dea regina, nel più tardo caldeo divenne "Dero". Il sacer-dote di Dero "il seme" fu chiamato, come nella maggior parte delle religioni, col nomedel suo dio; e perciò il nome familiare "Druido" è così dimostrato che significhi il sacer-dote di "Dero", il promesso "seme" della donna. Le Amadriadi classiche erano slmilmen-te sacerdotesse di "Hamed-dero", il "seme desiderato", cioè il desiderio di tutte le nazio-ni".7 II lettore intelligente si renderà subito conto dell'assurdità di applicare tale visione della"donna" dell'Apocalisse alla Vergine Maria. Giovanni dichiara espressamente che ciò che

egli vide era un "segno" o un "simbolo" (semeion). Se la donna che egli vide qui è unadonna letterale, "la donna" che siede sui sette colli lo dev'essere pure. "La donna" in en-trambi i casi è un "simbolo". "La donna" sui sette colli è il simbolo della chiesa falsa, ladonna eletta con il sole lo è della vera chiesa, la sposa, la moglie dell'agnello.

8 La spiegazione dell’incisione sul legno della fig. 26 è così provveduta in Pompei, Vol.2, pagg. 91, 92: “Uno di loro (i dipinti) è preso dall’Odissea e rappresenta Ulisse e Circenel momento in cui l’eroe, avendo bevuto la bevanda magica senza nocumento, per virtùdell’antidoto datagli da Mercurio (è ben noto che Circe aveva una Coppa d’oro comel’aveva la Venere di Babilonia), trae la sua spada e avanza per vendicare i suoi compa-gni” che, avendo bevuto alla sua coppa, erano stati mutati in maiali. La dea, terrificata, sisottomette com’è descritto da Omero; Ulisse stesso è il narratore:

“Vanne, disse, e a terra coi tuoi compagni nella stalla giaciTirai dal fianco il brando, e contra lei,Di trafiggerla in atto, io mi scagliai.Circe, mandando una gran voce, corseRapida sotto il colpo, e le ginocchiaCon le braccia afferrommi, e queste alateParole mi drizzò, non senza pianto:Chi sei tu “- Odissea, Pindemonte X 415-420.

“Questa raffigurazione”, aggiunge l’autore di Pompei “è rimarchevole, poiché ci insegnale origini di quella gloria brutta e priva di senso della quale sono spesso circondati i san-ti…Questa gloria fu chiamata nimbo, o aureola, ed è definita da Servio come ‘il fluidoluminoso che circonda la testa degli dèi’. Apparteneva a Circe con particolari proprietà inquanto figlia del sole. Gli imperatori con la loro abituale modestia, la adottarono comemarchio della loro divinità e sotto questo rispettabile patronato essa passò, come moltealtre superstizioni ed abitudini pagane, nell’uso della Chiesa”.

9 “Ciò che ogni cristiano deve sapere e fare” del Rev. J. Furniss. Pubblicato da JamesDuffy, Dublino. L’edizione di questo manuale papista citato, a parte le bestemmie checontiene, espone molti principi immorali che insegnano distintamente l’innocuità dellafrode, se solo tenuta entro i dovuti limiti. Su questa base poiché è stata levata contro diessa una grande protesta, io credo che quest’edizione sia stata ritirata dalla circolazionein generale. La genuità del passaggio summenzionato non può comunque essere messa indubbio. Io stesso ricevetti da un amico di Liverpool una copia dell’edizione contenentequeste parole, che è adesso in mio possesso, dopo aver letto quella in possesso del Rev.Richard Smith di Armagh. Non è solo in Irlanda comunque che tale trinità è esibita all’a-dorazione dei romanisti. In una cartolina postale, stampata dal sacerdote papista di Sun-derland, adesso in mio possesso, con il titolo “Doveri pasquali Chiesa di S. Maria, Bisho-pwearmouth, 1859 ”ciò che segue è la 4a ammonizione data ai “Cari Cristiani” a cui essaè indirizzata:

“4. E non dimenticate mai gli atti di un buon cristiano, raccomandativi così spesso duran-te il rinnovamento della Missione.

Siano benedetti Gesù, Maria e Giuseppe.Gesù, Maria e Giuseppe, vi do il mio cuore, la mia vita e la mia anima

11 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 11L e D u e B a b i l o n i e

Pontificale Romanum, ..............………………………................... Venice, 1572Poor Man's Manual, ...........................…………………………....... Dublin, S.D.Porphyrius de Antro Nympharum, .............…………………......... Utrecht, 1765Potter's Greek Antiquities, ........................………………………... Oxford, 1697Prescott's Conquest of Perù, .....................……………………...... London, 1855— Mexico, .................................………………………………...... London,1843Prisciani Opera, ................................…………………………....... Leipsic, 1819Proclus in Timaeo, .........................………………………...... Vratislaviae, 1847- on Plat. Theology, ...........................…………………………..... London, 1816Propertius, .................................………………………………...... Utrecht, 1659Quarterly Journal of Prophecy, ..................……………………..... London, 1852Quintus Curtius, ..........................…………………………...... Amsterdam, 1684Redhousès Turkish Dictionary, ..................…………………….... London, 1856Rome in thè Nineteenth Century, .................…………………...... London, 1823Russell's Egypt, ..............................………………………….... Edinburgh, 1831Rylès (Rev. J.) Commentary, ....................……………………..... Ipswich, 1858Salvertè, Eusebe, Sciences Occultes, ...............…………………....... Paris, 1856- Essai sur les Noms, ............................…………………………....... Paris, 1824Sanchuniathon, ................................…………………………….... Bremen,1837Savary's Letters on egypt, .......................……………………….... London, 1786Scottish Protestant, ............................………………………….... Glasgow, 1852Septuagint, ...................................………………………………........ Paris, 1628Servius, .................................………………………………....... Gottingen, 1826Seymour's Evenings with Romanists, ..............………………...... London, 1854Sinclair's (Sir George) Letters to Protestants, ....…………........ Edinburgh. 1852Smith's Classical Dictionary, ...................………………………... London, 1859Socrates Ecclesiasticus, ......................……………………….…........ Paris, 1686Sophocles, ..................................………………………………..... London, 1747Stanley's History of Philosophy, ..................…………………....... London, 1687Statius, .......................................………………………………...... Leyden, 1671Stephen's Centrai America, .....................……………………….... London, 1841Stockii Clavis, ...................................…………………………….. Lipsiae, 1753Strabo, ........................................………………………………….... Basle, 1549Suidas, .......................................………………………………...... Geneva, 1619Symmachi Epistolae, ...........................…………………………...... Douai, 1587Tacitus, .....................................………………………………........ Dublin, 1730Taylor's Mystic Hymns of Orpheus, ..........……………….......... Chiswick, 1824— Pausanias, ………………………………………………………London, 1794Tertulliani Opera, ....................................……. ……………………...Paris, 1844Theocritus (Poet. Graec. Min.), .............…………………........ Cambridge, 1661Theopompus (Muller), ..................………………………….............. Paris, 1853Thevenot, Voyages, ..............................…………………………....... Paris,1689

Thuani Historia, ...........……………………………........................ London,1733Todd's Western India, ........................………………………......... London, 1839Toland's Druids, ...........................…………………………...... Edinburgh, 1815Tookès Pantheon, ......................…………………………............. London, 1806Tnmen's Architecture, .................………………………............... London, 1849Trogus Pompeius (Hist. Rom. Script.), ....……………...... Aurel/Allobrog. 1609Turner's Anglo-Saxons, .....................………………………......... London, 1823Usher's Syllogè, .................……………………………................... Dublin, 1632Valenus Maximus, .........................………………………….......... Venice, 1505Vaux's Nineveh, ...................…………………………................... London, 1851— Antiquities ofthe British Museum, .......………………….......... London 1851Virgilius, ...............................…………………….………….............. Paris 1675Vitruvms de Architectura, .……………………….......................... Leipsic, 1807Vossius de Idololatria, ................…………………….............. Amsterdam, 1668Walpolès Ansayri, ...........................…………………………....... London, 1849Wilkmson's Egyptians, ....................…………………….......... London, 1837-41William's Missionary Enterprises, .............………………….......... London 1847Wilson's India 3000 Years Ago, .............……………….....…….. Bombay, 1858— Parsee Religion, ........................…………………………....... Bombav,' 1843Wyliès Great Exodus, .........................………………………........ London, 1862Xenophontis Opera, ...................……………………………............... Paris 1625Zonaras, ....................................…………………….………………. Bonn, 1841Zosimus (Rom. Hist. Script. Graeci. Min.), ...........……………... Frankfort 1590

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INTRODUZIONE

Vi è una grande differenza fra le opere degli uomini e quelle di Dio, e un'accura-ta e profonda indagine mentre evidenzia i difetti e le imperfezioni delle une,pone in risalto lo splendore delle altre. Anche l'ago più fine, e su cui l'uomo haprofuso la sua arte, se guardato al microscopio, mostrerà imperfezioni, grossola-nità e asperità. Ma se si potesse puntare il microscopio sui fiori di un campo,non si otterrebbe tale risultato. Invece di diminuire la loro bellezza, se ne scopri-rebbe altra e più delicata che era sfuggita all'occhio nudo; bellezze che ci fannotenere in giusto conto, poiché altrimenti non avremmo avuto il corretto intendi-mento, la piena forza del detto del Signore: "Guardate i gigli del campo, comenon cardano la lana, nè filano, nè tessono: eppure vi assicuro che nemmeno Sa-lomone in tutta la sua gloria, fu mai vestito come uno di loro". La stessa legge èvalida anche nei paragoni fra la Parola di Dio e le più eccellenti produzioni u-mane. Vi sono imperfezioni e difetti anche nei prodotti più ammirati dell'inge-gno umano. Ma più si investigano le Scritture, più minutamente esse sono stu-diate, più è evidente la loro perfezione; ogni giorno vengono portate alla lucenuove bellezze e le scoperte della scienza, le ricerche degli studiosi e l'opera deimiscredenti, tutto concorre ad esplicitare la meravigliosa armonia di tutte le sueparti e la divina bellezza che ne ammanta l'intero.Se ciò vale per le Scritture in generale, è in special modo vero per le Scrittureprofetiche, che costituiscono la base e la pietra angolare della presente opera.Non vi è mai stata alcuna difficoltà nella mente di qualsiasi protestanteilluminato nell'identificare la donna "seduta su sette monti" con il suo nomescritto sulla fronte: "Mistero, Babilonia la Grande", con l'apostasia romana.Nessun'altra città al mondo è mai stata tanto celebrata come la città di Roma, amotivo della sua posizione su sette colli. Gli oratori e i poeti pagani, che nonpensavano di spiegare profezie, l'hanno similmente definita come "la città daisette colli". Così Virgilio si riferì ad essa: "Roma è diventata la più bella (città)del mondo, e si è circondata di sette alture come di una muraglia" (Scilicet etrerum facta est pulcherrima Roma septemqueuna sibi muro circumdedit arces).Properzio parimenti parla d'essa (aggiungendo solo un'altra caratteristica, checompleta il quadro apocalittico) come "L'elevata città su sette colli, che governail mondo intero". Il suo "governare il mondo intero" è proprio la contropartedell'affermazione divina "che regna sui re della terra" (Riv. 17:18). Gli abitantidi Roma la chiamavano città "dai sette colli" come se questo nome descrittivofosse il suo nome proprio. Perciò Grazio parla d'essa riferendosi ai suoi settecolli, quando dice: "Gli dèi che hanno posto la loro affezione sui sette colli".Marziale similmente parla dei "sette monti che dominano". Nei tempi successivitale linguaggio divenne d'uso corrente; per cui quando Simmaco, prefetto dellacittà, e ultimo pontefice massimo pagano, in qualità di sostituto dell'imperatore,presentando per lettera un suo amico ad un altro, lo chiama "L'uomo dei settemonti", "un uomo dai sette monti" che vuoi dire, come lo interpretano icommentatori "Civem Romanum", "Cittadino Romano". Orbene, mentre questa

197 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 197L e D u e B a b i l o n i emortale), fu ammesso alla presenza degli dèi e che Amenofis desiderava lo stesso privile-gio". Questa pretesa ammissione alla presenza degli dèi evidentemente implica l'uso dellearti magiche, di cui si fa riferimento nel testo.7 L'espressione che in Esodo 28:38 è usata per "rispondere dell'errore" o del peccato è inmaniera sostuitiva, "nsha con" (in cui la prima lettera eon è ayn). Un sinonimo di eon"errore", è aon (dove la prima lettera è aleph). In caldeo la prima lettera a diviene i, eperciò con, "errore" diviene ion. Quindi nsha "rispondere" al participio attivo è "nusha".Poiché il greco non ha alcun sh essa diviene nusa. De o Da è il pronome dimostrativo chevuol dire "Ciò" oppure "Il Grande". E cosi "D'ion-nusa" è esattamente "IL GRANDE POR-TATORE; DEL PECCATO". Che i pagani classici avessero una tale idea dell'imputazione delpeccato e di una sofferenza vicariale, è dimostrato da ciò che Ovidio dice nei riguardi diOlenos. Si dice che Olenos abbia preso su di sé volontariamente il biasimo di una colpadi cui era innocente: "Quique in se crimen traxit, voluitque vidcri, Olenos esse nocens".Sotto il peso di questa colpa attribuitagli, Olenos è rappresentato sofferente di tali orrorida morirne, essendo pietrificato o tramutato in pietra. Poiché la pietra in cui Olenos fumutato fu eretta sul sacro monte Ida, ciò mostra che Olenos dev'essere stato consideratouna persona sacra. Il reale personaggio di Olenos "colui che porta il peccato" può cosìessere pienamente identificato.8 Questo è il significato esoterico del "Ramo d'oro" di Virgilio e del ramo di vischio deiDruidi. La prova di ciò dev'essere riservata all'Apocalisse del Passato. Posso notare co-munque, l'ampia estensione dell'adorazione del ramo sacro. Non solo presso i negri d'A-frica che adorano i feticci, in certe occasioni fanno uso di un ramo sacro, ma anche inIndia vi sono tracce della stessa pratica. Mio fratello, S. Hislop, Missionario della ChiesaLibera a Nagpore mi ha informato che l'ultimo Rajah di Nagpore usava ogni anno, in undeterminato giorno, adorare il ramo di una particolare specie di albero, chiamato Apta,che era stato piantato a tale scopo e che, dopo aver ricevuto onori divini, veniva estirpatoe le sue foglie distribuite dal Principe ai suoi nobili. Nelle strade della città venivanovenduti numerosi rami della stessa sorta e le foglie venivano presentate agli amici colnome di sona o "oro".9 II nome "El-Bar" è nella forma ebraica che è più familiare al comune lettore della Bib-bia inglese. La forma caldea del nome è Ala-Bar, con l'ordinaria terminazione greca osapplicatagli. Il cambiamento di Bar in Par in greco si basa sullo stesso principio secondocui Ab, "padre" in greco, diviene Appo e Bard, "il maculato", diviene Pardos, etc. Questonome, Ala-Bar, fu probabilmente dato da Beroso a Ninyas quale legittimo figlio e succes-sore di Nimrod. Che Ala-Par intendesse realmente designare il sovrano conosciuto come"Dio il Figlio", o "il Figlio di Dio", è confermato da una diversa lettura dello stesso nomedategli in greco. In tale lingua il nome è Alasparos. Orbene, Pyrisporus, applicato a Bac-co, significa Ignigena, cioè "Seme del Fuoco"; e Ala-sporso, "il seme di Dio", è soloun'espressione simile formata allo stesso modo, poiché è un nome grecizzato. È risaputoche il greco speiro proviene dall'ebraico Zero ed entrambi significano, quali verbi, semi-nare. La formazione di speiro ha così avuto luogo: il participio attivo di Zero è Zuroche,usato come verbo, diviene Zwero, Zvero e Zpero. "Ala-sparos", quindi, naturalmentesignifica, "il seme di Dio" -una semplice variazione di Ala-Par-os "Dio il Figlio" o "ilfiglio di Dio".10 Per comprendere il vero significato della summenzionata espressione, si deve far riferi-mento ad una rimarchevole forma di giuramento in uso fra i romani. A Roma la formapiù sacra di giuramento era "Per Jovem LAPIDKM", "Per Jupiter la PIETRA". Così com'èsembra un nonsenso. Ma traduciamo lapidem nella lingua sacra, il caldeo, e il giuramentodiventa: "Per Jove, il Figlio", oppure "Per il figlio di Giove". Ben, che in ebraico vuoidire figlio, in caldeo diviene Eben, che significa anche Pietra, come si può vedere in"Ebenezer", "la pietra di soccorso". Orbene, poiché i più eruditi ricercatori dell'antichitàhanno ammesso che il romano Jovis non è che una forma dell'ebraico Geova, è evidenteche il giuramento era stato originariamente "per il figlio di Geova". Ciò spiega in che

modo il più solenne e vincolante giuramento sia stato adottato. Inoltre mostra ciò cherealmente significa "II Figlio di Jovis" Bacco chiamato "l'Eterno Fanciullo".SEZIONE IIILA MADRE DEL FIGLIO1 Valerio Massimo non dice altro circa la rappresentazione di Semiramide col bimbo inbraccio; ma Semiramide fu deificata come Rea, la cui caratteristica era quella d'essere ladea madre e, poiché abbiamo l'evidenza che il nome "Seme della donna" o Zoroastes,risale ai tempi antichi, cioè al suo proprio giorno, ciò vuol dire che se a quei tempi vifosse stata l'adorazione delle immagini, quel "Seme della donna" deve aver occupato inessa una posizione preminente. Poiché in tutto il mondo la Madre e il Figlio appaiono indiverse forme, e sono stati trovati monumenti egiziani che mostrano che quest'adorazionedoveva affondare le sue radici nelle epoche primordiali del mondo. Se, perciò, la madreera raffigurata in una forma così affascinante quand'era rappresentata da sola, possiamoesser certi che la stessa bellezza per cui era celebrata le sarebbe stata attribuita quand'eraraffigurata col bimbo in braccio.2 Quanto straordinaria, si, fanatica fosse la devozione nella mente dei babilonesi per que-sta dea-regina, è sufficientemente provato dall'affermazione di Erodoto, libro I, cap. 199,circa il modo in cui essa richiedeva d'essere propiziata. Che un intero popolo abbia con-sentito a tale costumanza ivi descritta, mostra il sorprendente ascendente che esercitavasu di loro la sua adorazione. Nonnus, parlando della stessa dea la definisce "la speranzadel mondo intero". Era la stessa dea, come abbiamo visto, che era adorata ad Efeso, dellaquale l'argentiere Demetrio parlò come della dea "che l'intero distretto dell'Asia e la terraabitata adorano" (Atti 19:27). Così grande era la devozione a questa dea regina e non soloda parte dei babilonesi, ma del mondo intero dell'antichità, che la fama delle sue gesta haoffuscato la figura del marito Nimrod.

3 II termine Alma è lo stesso usato da Isaia nell'ebraico del Vecchio Testamento, quandoannunciò, 700 anni prima dell'evento, che Cristo sarebbe nato da una vergine. Se dovesseesser posta la domanda su come questo termine ebraico Alma (non in senso romano maebraico) prese la via di Roma, la risposta è: attraverso l'Etruria, che aveva un intimo lega-me con l'Assiria. La parola "mater" stessa, da cui proviene la nostra "madre" è di origineebraica. Proviene dall'ebraico MSH "trarre fuori.", in egiziano Ms "portare fuori", chenella forma caldea diviene Mt da cui l'egiziano Maut, "madre". Erh oppure Er, come ininglese (e una forma simile si e trovata in sanscrito) vuol dire "colui che fa". CosicchéMater o Madre vuol dire "colei che porta fuori".Può farsi un'obiezione al summenzionato racconto circa l'attributo Alma, cioè che questotermine è spesso applicato a Venere che certamente non era vergine. Ma quest'obiezioneè più apparente che reale. Sulla testimonianza di Agostino, egli stesso testimone oculare,apprendiamo che i riti di Vesta enfaticamente "la vergine dea di Roma" sotto il nome diTerra, erano esattamente come quelli di Venere, la dea dell'impurità e della licenziosità.Agostino altrove dice che Vesta, la dea vergine "era da alcuni chiamata Venere".Anche nella mitologia dei nostri antenati scandinavi, troviamo rimarchevole evidenza cheAlma Mater, o la Vergine Madre "sia stata conosciuta originariamente anche da loro.Uno dei loro dèi chiamato Heidmal, che è descritto con i termini più esaltanti, avendotale facoltà di percezione da sentire crescere l'erba dal suolo, o la lana sulle pecore e lacui tromba, quando suonava poteva essere udita in tutto il mondo, è chiamato col nomeparadossale di "figlio di nove vergini". Orbene, è ovvio che ciò contiene un enigma. Ap-plichiamo ad esso il linguaggio col quale era originariamente insegnata la religione diOdino, cioè il caldeo, e l'enigma sarà risolto. In caldeo "figlio di nove vergini" si scriveBen-Almut-Teshaah. Ma si pronuncia in modo identico a "Ben-Almet-Ishaa" cioè "figliodella vergine di salvezza". Quel figlio era conosciuto ovunque come "seme salvatore"."Zerahosha" (nello Zend, "cra-osha"), e la sua madre vergine di conseguenza era "la regi-na di salvezza". Anche nei medesimi cieli l'Iddio di Provvidenza ha obbligato i suoi ne-

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196 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 196L e D u e B a b i l o n i emortale), fu ammesso alla presenza degli dèi e che Amenofis desiderava lo stesso privile-gio". Questa pretesa ammissione alla presenza degli dèi evidentemente implica l'uso dellearti magiche, di cui si fa riferimento nel testo.7 L'espressione che in Esodo 28:38 è usata per "rispondere dell'errore" o del peccato è inmaniera sostuitiva, "nsha con" (in cui la prima lettera eon è ayn). Un sinonimo di eon"errore", è aon (dove la prima lettera è aleph). In caldeo la prima lettera a diviene i, eperciò con, "errore" diviene ion. Quindi nsha "rispondere" al participio attivo è "nusha".Poiché il greco non ha alcun sh essa diviene nusa. De o Da è il pronome dimostrativo chevuol dire "Ciò" oppure "Il Grande". E cosi "D'ion-nusa" è esattamente "IL GRANDE POR-TATORE; DEL PECCATO". Che i pagani classici avessero una tale idea dell'imputazione delpeccato e di una sofferenza vicariale, è dimostrato da ciò che Ovidio dice nei riguardi diOlenos. Si dice che Olenos abbia preso su di sé volontariamente il biasimo di una colpadi cui era innocente: "Quique in se crimen traxit, voluitque vidcri, Olenos esse nocens".Sotto il peso di questa colpa attribuitagli, Olenos è rappresentato sofferente di tali orrorida morirne, essendo pietrificato o tramutato in pietra. Poiché la pietra in cui Olenos fumutato fu eretta sul sacro monte Ida, ciò mostra che Olenos dev'essere stato consideratouna persona sacra. Il reale personaggio di Olenos "colui che porta il peccato" può cosìessere pienamente identificato.8 Questo è il significato esoterico del "Ramo d'oro" di Virgilio e del ramo di vischio deiDruidi. La prova di ciò dev'essere riservata all'Apocalisse del Passato. Posso notare co-munque, l'ampia estensione dell'adorazione del ramo sacro. Non solo presso i negri d'A-frica che adorano i feticci, in certe occasioni fanno uso di un ramo sacro, ma anche inIndia vi sono tracce della stessa pratica. Mio fratello, S. Hislop, Missionario della ChiesaLibera a Nagpore mi ha informato che l'ultimo Rajah di Nagpore usava ogni anno, in undeterminato giorno, adorare il ramo di una particolare specie di albero, chiamato Apta,che era stato piantato a tale scopo e che, dopo aver ricevuto onori divini, veniva estirpatoe le sue foglie distribuite dal Principe ai suoi nobili. Nelle strade della città venivanovenduti numerosi rami della stessa sorta e le foglie venivano presentate agli amici colnome di sona o "oro".9 II nome "El-Bar" è nella forma ebraica che è più familiare al comune lettore della Bib-bia inglese. La forma caldea del nome è Ala-Bar, con l'ordinaria terminazione greca osapplicatagli. Il cambiamento di Bar in Par in greco si basa sullo stesso principio secondocui Ab, "padre" in greco, diviene Appo e Bard, "il maculato", diviene Pardos, etc. Questonome, Ala-Bar, fu probabilmente dato da Beroso a Ninyas quale legittimo figlio e succes-sore di Nimrod. Che Ala-Par intendesse realmente designare il sovrano conosciuto come"Dio il Figlio", o "il Figlio di Dio", è confermato da una diversa lettura dello stesso nomedategli in greco. In tale lingua il nome è Alasparos. Orbene, Pyrisporus, applicato a Bac-co, significa Ignigena, cioè "Seme del Fuoco"; e Ala-sporso, "il seme di Dio", è soloun'espressione simile formata allo stesso modo, poiché è un nome grecizzato. È risaputoche il greco speiro proviene dall'ebraico Zero ed entrambi significano, quali verbi, semi-nare. La formazione di speiro ha così avuto luogo: il participio attivo di Zero è Zuroche,usato come verbo, diviene Zwero, Zvero e Zpero. "Ala-sparos", quindi, naturalmentesignifica, "il seme di Dio" -una semplice variazione di Ala-Par-os "Dio il Figlio" o "ilfiglio di Dio".10 Per comprendere il vero significato della summenzionata espressione, si deve far riferi-mento ad una rimarchevole forma di giuramento in uso fra i romani. A Roma la formapiù sacra di giuramento era "Per Jovem LAPIDKM", "Per Jupiter la PIETRA". Così com'èsembra un nonsenso. Ma traduciamo lapidem nella lingua sacra, il caldeo, e il giuramentodiventa: "Per Jove, il Figlio", oppure "Per il figlio di Giove". Ben, che in ebraico vuoidire figlio, in caldeo diviene Eben, che significa anche Pietra, come si può vedere in"Ebenezer", "la pietra di soccorso". Orbene, poiché i più eruditi ricercatori dell'antichitàhanno ammesso che il romano Jovis non è che una forma dell'ebraico Geova, è evidenteche il giuramento era stato originariamente "per il figlio di Geova". Ciò spiega in che

modo il più solenne e vincolante giuramento sia stato adottato. Inoltre mostra ciò cherealmente significa "II Figlio di Jovis" Bacco chiamato "l'Eterno Fanciullo".SEZIONE IIILA MADRE DEL FIGLIO1 Valerio Massimo non dice altro circa la rappresentazione di Semiramide col bimbo inbraccio; ma Semiramide fu deificata come Rea, la cui caratteristica era quella d'essere ladea madre e, poiché abbiamo l'evidenza che il nome "Seme della donna" o Zoroastes,risale ai tempi antichi, cioè al suo proprio giorno, ciò vuol dire che se a quei tempi vifosse stata l'adorazione delle immagini, quel "Seme della donna" deve aver occupato inessa una posizione preminente. Poiché in tutto il mondo la Madre e il Figlio appaiono indiverse forme, e sono stati trovati monumenti egiziani che mostrano che quest'adorazionedoveva affondare le sue radici nelle epoche primordiali del mondo. Se, perciò, la madreera raffigurata in una forma così affascinante quand'era rappresentata da sola, possiamoesser certi che la stessa bellezza per cui era celebrata le sarebbe stata attribuita quand'eraraffigurata col bimbo in braccio.2 Quanto straordinaria, si, fanatica fosse la devozione nella mente dei babilonesi per que-sta dea-regina, è sufficientemente provato dall'affermazione di Erodoto, libro I, cap. 199,circa il modo in cui essa richiedeva d'essere propiziata. Che un intero popolo abbia con-sentito a tale costumanza ivi descritta, mostra il sorprendente ascendente che esercitavasu di loro la sua adorazione. Nonnus, parlando della stessa dea la definisce "la speranzadel mondo intero". Era la stessa dea, come abbiamo visto, che era adorata ad Efeso, dellaquale l'argentiere Demetrio parlò come della dea "che l'intero distretto dell'Asia e la terraabitata adorano" (Atti 19:27). Così grande era la devozione a questa dea regina e non soloda parte dei babilonesi, ma del mondo intero dell'antichità, che la fama delle sue gesta haoffuscato la figura del marito Nimrod.

3 II termine Alma è lo stesso usato da Isaia nell'ebraico del Vecchio Testamento, quandoannunciò, 700 anni prima dell'evento, che Cristo sarebbe nato da una vergine. Se dovesseesser posta la domanda su come questo termine ebraico Alma (non in senso romano maebraico) prese la via di Roma, la risposta è: attraverso l'Etruria, che aveva un intimo lega-me con l'Assiria. La parola "mater" stessa, da cui proviene la nostra "madre" è di origineebraica. Proviene dall'ebraico MSH "trarre fuori.", in egiziano Ms "portare fuori", chenella forma caldea diviene Mt da cui l'egiziano Maut, "madre". Erh oppure Er, come ininglese (e una forma simile si e trovata in sanscrito) vuol dire "colui che fa". CosicchéMater o Madre vuol dire "colei che porta fuori".Può farsi un'obiezione al summenzionato racconto circa l'attributo Alma, cioè che questotermine è spesso applicato a Venere che certamente non era vergine. Ma quest'obiezioneè più apparente che reale. Sulla testimonianza di Agostino, egli stesso testimone oculare,apprendiamo che i riti di Vesta enfaticamente "la vergine dea di Roma" sotto il nome diTerra, erano esattamente come quelli di Venere, la dea dell'impurità e della licenziosità.Agostino altrove dice che Vesta, la dea vergine "era da alcuni chiamata Venere".Anche nella mitologia dei nostri antenati scandinavi, troviamo rimarchevole evidenza cheAlma Mater, o la Vergine Madre "sia stata conosciuta originariamente anche da loro.Uno dei loro dèi chiamato Heidmal, che è descritto con i termini più esaltanti, avendotale facoltà di percezione da sentire crescere l'erba dal suolo, o la lana sulle pecore e lacui tromba, quando suonava poteva essere udita in tutto il mondo, è chiamato col nomeparadossale di "figlio di nove vergini". Orbene, è ovvio che ciò contiene un enigma. Ap-plichiamo ad esso il linguaggio col quale era originariamente insegnata la religione diOdino, cioè il caldeo, e l'enigma sarà risolto. In caldeo "figlio di nove vergini" si scriveBen-Almut-Teshaah. Ma si pronuncia in modo identico a "Ben-Almet-Ishaa" cioè "figliodella vergine di salvezza". Quel figlio era conosciuto ovunque come "seme salvatore"."Zerahosha" (nello Zend, "cra-osha"), e la sua madre vergine di conseguenza era "la regi-na di salvezza". Anche nei medesimi cieli l'Iddio di Provvidenza ha obbligato i suoi ne-

13 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 13L e D u e B a b i l o n i e

INTRODUZIONE

Vi è una grande differenza fra le opere degli uomini e quelle di Dio, e un'accura-ta e profonda indagine mentre evidenzia i difetti e le imperfezioni delle une,pone in risalto lo splendore delle altre. Anche l'ago più fine, e su cui l'uomo haprofuso la sua arte, se guardato al microscopio, mostrerà imperfezioni, grossola-nità e asperità. Ma se si potesse puntare il microscopio sui fiori di un campo,non si otterrebbe tale risultato. Invece di diminuire la loro bellezza, se ne scopri-rebbe altra e più delicata che era sfuggita all'occhio nudo; bellezze che ci fannotenere in giusto conto, poiché altrimenti non avremmo avuto il corretto intendi-mento, la piena forza del detto del Signore: "Guardate i gigli del campo, comenon cardano la lana, nè filano, nè tessono: eppure vi assicuro che nemmeno Sa-lomone in tutta la sua gloria, fu mai vestito come uno di loro". La stessa legge èvalida anche nei paragoni fra la Parola di Dio e le più eccellenti produzioni u-mane. Vi sono imperfezioni e difetti anche nei prodotti più ammirati dell'inge-gno umano. Ma più si investigano le Scritture, più minutamente esse sono stu-diate, più è evidente la loro perfezione; ogni giorno vengono portate alla lucenuove bellezze e le scoperte della scienza, le ricerche degli studiosi e l'opera deimiscredenti, tutto concorre ad esplicitare la meravigliosa armonia di tutte le sueparti e la divina bellezza che ne ammanta l'intero.Se ciò vale per le Scritture in generale, è in special modo vero per le Scrittureprofetiche, che costituiscono la base e la pietra angolare della presente opera.Non vi è mai stata alcuna difficoltà nella mente di qualsiasi protestanteilluminato nell'identificare la donna "seduta su sette monti" con il suo nomescritto sulla fronte: "Mistero, Babilonia la Grande", con l'apostasia romana.Nessun'altra città al mondo è mai stata tanto celebrata come la città di Roma, amotivo della sua posizione su sette colli. Gli oratori e i poeti pagani, che nonpensavano di spiegare profezie, l'hanno similmente definita come "la città daisette colli". Così Virgilio si riferì ad essa: "Roma è diventata la più bella (città)del mondo, e si è circondata di sette alture come di una muraglia" (Scilicet etrerum facta est pulcherrima Roma septemqueuna sibi muro circumdedit arces).Properzio parimenti parla d'essa (aggiungendo solo un'altra caratteristica, checompleta il quadro apocalittico) come "L'elevata città su sette colli, che governail mondo intero". Il suo "governare il mondo intero" è proprio la contropartedell'affermazione divina "che regna sui re della terra" (Riv. 17:18). Gli abitantidi Roma la chiamavano città "dai sette colli" come se questo nome descrittivofosse il suo nome proprio. Perciò Grazio parla d'essa riferendosi ai suoi settecolli, quando dice: "Gli dèi che hanno posto la loro affezione sui sette colli".Marziale similmente parla dei "sette monti che dominano". Nei tempi successivitale linguaggio divenne d'uso corrente; per cui quando Simmaco, prefetto dellacittà, e ultimo pontefice massimo pagano, in qualità di sostituto dell'imperatore,presentando per lettera un suo amico ad un altro, lo chiama "L'uomo dei settemonti", "un uomo dai sette monti" che vuoi dire, come lo interpretano icommentatori "Civem Romanum", "Cittadino Romano". Orbene, mentre questa

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14 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 14L e D u e B a b i l o n i eCAPITOLO I

CARATTERE DISTINTIVO DEI DUE SISTEMI

Nel dimostrare il carattere babilonico della chiesa papale la prima cosa sullaquale desidero attirare l'attenzione del lettore, è il carattere di MISTERO cheaccomuna entambi i sistemi, quello romano moderno e quello antico babilonese.Il gigantesco sistema di corruzione morale e di idolatria descritto in questoversetto sotto l'emblema di una donna con una "COPPA D'ORO NELLA SUAMANO" (Riv. 17:4), con la quale tutti gli abitanti della terra sono stati inebriati"del vino della sua fornicazione" (Riv. 17:2; 18:3), è chiamato divinamente"Mistero, Babilonia la Grande" (Riv. 17:5). Che il "Mistero dell'iniquità"descritto da Paolo nella 2 Tess. 2:7, abbia la sua controparte nella chiesa diRoma, non può essere negato da alcun uomo sincero, che abbia esaminatoaccuratamente il soggetto. Tale fu l'impressione esercitata da quel racconto nellamente del grande Sir Mattew Hale, a prescindere dal giudizio dell'evidenza, chese la descrizione apostolica fosse stata resa pubblica "qualsiasi dignitario delregno si sarebbe sentito autorizzato a considerare, sempre che lo avesse trovato,il vescovo di Roma come il capo di quel "MISTERO D'INIQUITÀ".Orbene, poiché il sistema qui descritto è egualmente caratterizzato dal nome"MISTERO", si può presumere che entrambi i passaggi si riferiscano allo stessosistema. Ma il linguaggio applicato alla Babilonia del Nuovo Testamento comeil lettore non può non rendersi conto, ci conduce naturalmente alla Babilonia delmondo antico. Come la donna dell'Apocalisse ha nelle sue mani una COPPA, concui inebria le nazioni, così accadeva con la Babilonia dell'antichità. Di quellaBabilonia, all'apice della sua gloria, il Signore così parlò, nell'annunciare la suacondanna mediante Geremia: "Babilonia era nelle mani dell'Eterno una coppad'oro, che inebriava tutta la terra; le nazioni han bevuto del suo vino" (Ger.51:7). Perché quest'esatta similitudine di linguaggio riguardo ai due sistemi? Laconclusione ovvia è certamente che l'una sta all'altra come il tipo all'antitipo.Ordunque, come la Babilonia dell'Apocalisse è caratterizzata dal nome di"MISTERO", così la grande caratteristica distintiva dell'antico sistema babiloneseerano i "MISTERI" caldei, che costituivano parte essenziale di quel sistema. E aquesti misteri allude chiaramente lo stesso linguaggio del profeta ebreo,naturalmente simbolico, quando parla di Babilonia come di una "COPPA D'ORO".Bere della sua "misteriosa pozione", dice Salvertè, era indispensabile per coloroche desideravano essere iniziati a quei Misteri. Quelle "misteriose pozioni"erano composte di "vino, miele, acqua e farina". Dalla natura degli ingredientiimpiegati, e dalla natura di quelli sconosciuti, ma certamente usati, non puòesservi alcun dubbio che fossero di natura inebriante; inoltre gli aspirantidovevano sottoporsi al suo potere, fino a che il loro intendimento non fosseottenebrato, e le loro passioni eccitate dalla bevanda drogata, ed essi fosseroadeguatamente preparati per ciò che dovevano vedere o udire. Se si dovesseinvestigare circa l'oggetto e lo scopo di questi antichi "MISTERI" troveremmo chevi era una sorprendente analogia fra loro e quel "Mistero d'iniquità"personificato dalla Chiesa di Roma. Il loro obiettivo principale era quellod'introdurli segretamente, poco a poco, sotto il suggello della segretezza e lasanzione di un giuramento. Il tempo in cui furono istituiti dimostra che le coseandarono proprio così. I misteri caldei si possono far risalire fino ai giorni di

caratteristica di Roma è stata ben identificata e definita, è sempre statofacile mostrare che la chiesa che ha la sua sede ed il suo quartier generale suisette colli di Roma può molto appropriatamente esser chiamata "Babilonia",inquan- tochè si tratta della sede dell'idolatria del Nuovo Testamento, come l'an-tica Babilonia era la sede principale dell'idolatria del Vecchio. Recenti scopertei nAssiria, messe in relazione con la precedente ben nota ma mal compresa storia emitologia del mondo antico, dimostrano che nel nome di Babilonia la Grande viè un significato più vasto e profondo di quanto non si creda. È ben noto che ilpapismo è paganesimo battezzato; ma Dio adesso sta rendendo manifesto che ilpaganesimo che Roma ha battezzato è in tutti i sui elementi essenziali, il veropaganesimo che prevaleva nell'antica letterale Babilonia, quando Geova aprìdinanzi a Ciro le porte a due battenti di rame, e spezzò le sbarre di ferro.Questa nuova ed inattesa luce, in un modo o nell'altro applicherebbe, in questostesso periodo, sulla Chiesa della Grande Apostasia, lo stesso linguaggio e isimboli che l'Apocalisse ha preparato anticipatamente per noi. Nella visioneapocalittica, è proprio prima del giudizio su di lei che, per la prima volta,Giovanni vede la chiesa apostata con il nome di Babilonia la Grande "scrittosulla fronte" (Riv. 17:5). Che vuol dire quel nome scritto "sulla fronte?". Nonindica certamente che proprio prima del suo giudizio, il suo vero carattere sisarebbe sviluppato, di modo che chiunque avesse occhi per vedere, che avesseun minimo di discernimento spirituale, sarebbe stato costretto, per l'evidenza deisuoi occhi, a riconoscere come meravigliosamente appropriato il titolo applica-tele dallo Spirito di Dio? Il suo giudizio sta approssimandosi in maniera eviden-te; e man mano che s'avvicina, la Provvidenza di Dio, assieme alla parola diDio, per mezzo della luce versata d'ogni parte, rende sempre più evidente cheRoma è effettivamente la Babilonia dell'Apocalisse; che il carattere essenzialedel sistema, i grandi oggetti della sua adorazione, le sue feste, le sue dottrine, ilsuo sacerdozio con i suoi ordini, derivano tutti dall'antica Babilonia; e, infine,che il Papa stesso è veramente e appropriatamente il rappresentante in linea di-retta di Baldassarre. Nella guerra che è stata intrapresa contro le pretese di domi-nio di Roma si sono accumulate sufficienti evidenze del suo orgoglioso vanto, ecioè che essa è la madre e la signora di tutte le chiese - l'unica Chiesa Cattolica,al di fuori della quale non vi è salvezza. Se mai potesse esservi qualche scusanteper tale modo di trattarla tale scusa non durerebbe a lungo. Se la posizione cheio ho assunto può essere mantenuta, essa dev'essere spogliata completamente delnome di Chiesa Cristiana; poiché se fosse stata la Chiesa di Cristo ad essereconvocata quella notte, quando il re-pontefice di Babilonia in mezzo alle miglia-la dei suoi principi "loda gli dèi d'oro e d'argento, e di legno e di pietra" (Dan.5:4), allora la Chiesa di Roma dovrebbe portare il nome di Chiesa di Cristo;altrimenti no. Questa apparirà senza dubbio ad alcuni una posizione molto estre-ma; ma è questo ciò che quest'opera si propone di stabilire; e lasciamo che sia illettore a giudicare se io non abbia portato sufficienti evidenze per sostenere lamia posizione.

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SOTTOSEZIONE V: LA DEIFICAZIONE DEL FIGLIO

1 Zero, in caldeo - greco, "il Seme". Sebbene vi siano motivi per concludere che in Grecoesso talvolta appaia come Zeira tramutandosi quindi in Zoro, come può vedersi dal cam-biamento di Zerubbabel nella Settanta greca a Zoro-babel; e perciò Zuro-astha "il semedella donna" divenne Zoroastro, il ben noto nome del capo degli adoratori del fuoco. Illettore che consulti la dotta e istruttiva opera del dott. Wilson di Bombay, sulla religioneparsi, troverà che vi era uno Zoroastro molto prima di quel Zoroastro che visse nel regnodi Dario Istaspe. Nella storia generale, il Zoroastro di Battriana è menzionato di frequen-te; ma la voce dell'antichità dice chiaramente e distintamente che il primo e grande Zoro-astro fu Assiro o Caldeo e che fu il fondatore del sistema idolatrico di Babilonia, e quindiNimrod. E similmente chiara nell'affermare che egli perì di morte violenta come nel casodi Nimrod, Tammuz o Bacco. L'identità di Bacco e Zoroastro è dimostrata ulteriormentedall'epiteto di Pirisporo attribuito a Bacco negli Inni Orfici. Quando la promessa primiti-va dell'Eden cominciò ad essere dimenticata, il significato del nome Zero-ashta si perdet-te per tutti coloro che conoscevano solo la dottrina esoterica del Paganesimo; e poiché"ashta" in caldeo vuol dire "fuoco" e pure "donna" e i riti di Bacco includevano l'adora-zione del fuoco, "Zero-ashta" fu tradotto "il seme del fuoco"; da qui il soprannome Piri-sporo o Ignigena "nato dal fuoco" applicato a Bacco. Da questo fraintendimento del si-gnificato del nome Zero-ashta, o piuttosto dalla sua premeditata corruzione fatta dai sa-cerdoti, che desideravano stabilire una dottrina per gli iniziati, e un'altra per i profani,ebbe origine la storia circa il non nato infante Bacco che era stato tratto dalle fiamme cheavevano consumato sua madre Semele, quando Jupiter nella sua gloria venne a visitarla.Vi era un altro nome con il quale Zoroastro era conosciuto e che è abbastanza istruttivo,cioè Zar-adas, "l'unico seme". Nella Religione Parsi di Wilson, mentre essi riconosconosupremamente solo un dio, sanno anche che vi era un solo seme, su cui si fondavano lesperanze del mondo. In quasi tutte le nazioni, non solo vi era un grande Dio conosciutocol nome di Zero o Zer, il "seme", e una grande dea conosciuta come Ashta o Isha, "ladonna"; ma il grande dio Zero è frequentemente caratterizzato da alcuni attributi chemettono in evidenza che egli è "l'unico".Orbene, qual'è l'origine di tali appellativi? Genesi 3:15 può spiegarli, mentre nessun altropuò farlo. Il nome Zar-ades, o Zero-adus, inoltre illustra appropriatamente le parole diPaolo: "Non dice: 'E ai semi', come nel caso di molti, ma come nel caso di uno solo: 'E altuo seme', che è Cristo".E degno di nota che il moderno sistema del Parsismo, che data dalla riforma della vec-chia adorazione del fuoco al tempo di Dario Istaspe, rigettando l'adorazione della deamadre, tolse pure dal nome del suo Zoroastro il nome della "donna"; e perciò nello Zend,il linguaggio sacro dei Parsi il nome del loro grande riformatore è Zaratustra, cioè "IISeme Liberatore" in cui l'ultimo membro del nome deriva da Thusht "sciogliere o lasciarandare" e cioè rendere liberi. Thusht è infinito e raggiunto ad esso rappresenta, in San-scrito con il quale lo Zend ha molte affinità, il ben noto segno dell'entrare in azione, pro-prio come L’er inglese. Lo Zaratustra dello Zend, quindi, sembra proprio che sia l'equiva-lente di Foroneo "l'Emancipatore2 Le parole di Diodoro, stampate nelle edizioni ordinarie, dicono semplicemente circa ilnumero dei giudici, "più di quaranta" senza specificare quanti di più. Nel Codex Coisia-nus, è detto che il numero è di "due più di quaranta". Sia Bunsen che Wilkinson sonod'accordo nell'ammettere che i giudici terreni, che si occupavano della questione del sep-pellimento dovevano corrispondere, nel numero, a quelli delle regioni infernali. Orbene,questi giudici, come è stato dimostrato dai monumenti, oltre al loro presidente, eranoproprio quarantadue. I giudici terreni ai funerali, perciò, dovevano similmente esserequarantadue. Riferendosi a questo numero, che si applica egualmente ai giudici di questo

mondo e al mondo degli spiriti. Bunsen parlando del giudizio di una persona deceduta,nel mondo invisibile, usa queste parole nel passo summenzionato riferendosi a:"Quarantadue dèi (il numero che componeva il tribunale dei morti) occupano la sede delgiudizio". Diodoro stesso sia che scrivesse effettivamente "due più di quaranta" o sempli-cemente "più di quaranta", ci fornisce una ragione per credere che quarantadue fosse ilnumero che era presente nella sua mente; poiché egli dice che "il complesso della leggen-da delle ombre sotterranee" che Orfeo portò fuori dall'Egitto, fu "copiato dalle cerimoniedei funerali egiziani" a cui egli aveva assistito nella fase del giudizio prima del seppelli-mento del morto. Se, perciò, vi erano solo quarantadue giudici nelle "ombre sotterranee",ciò parimenti mostra, qualunque lettura delle parole di Diodoro si preferisca, che il nume-ro dei giudici nel giudizio terreno dev'essere stato lo stesso.3 Wilkinson ammette che individui differenti in tempi diversi portarono in Egitto questonome odiato. Uno dei nomi più noti con il quale Typho o il Malvagio fu chiamato, eraSet. Orbene Set e Sem sono sinonimi poiché entrambi significano "II nominato". PoichéSem era il figlio più giovane di Noè, essendo il "fratello di Jafet, l'anziano" (Gen. 10:21),e poiché gli era destinata divinamente la preminenza, il nome Sem, "il nominato" gli erastato dato indubbiamente secondo il disegno divino, o dalla nascita o successivamentecontrassegnandolo come lo era stato precedentemente Set in qualità di "figlio della pro-messa". Sem, comunque, sembra che sia stato conosciuto in Egitto come Typho, non solocol nome di Set: ma anche col proprio; poiché Wilkinson ci dice che Typho era caratte-rizzato da un nome che significava "distruggere e desolare". Orbene, il nome di Sem,pure, in uno dei suoi significati vuol dire "desolare" o render deserto. Così Sem, il nomi-nato, dai suoi nemici fu mutato in Sem, il desolatore o distruttore, cioè il Diavolo.4 Gli studiosi dei Celti fanno derivare il nome Ogmio dalla parola celtica Ogum, chedenoterebbe "il segreto della scrittura"; ma Ogum molto probabilmente deriva dal nomedel dio, piuttosto che il nome del dio derivi da esso.5 In relazione a questo Ogmio, è degno di nota uno dei nomi di Sem il grande Èrcoleegiziano che sconfisse i giganti: Chon. Nell'opera Etymologicum Magnum, leggiamo:"Essi dicono che nel dialetto egiziano Ercole è chiamato Chon". Si paragoni ciò con Wil-kinson, Vol. 5 pag. 17, dove Chon è chiamato "Sem". Orbene Khon significa"Lamentarsi" in caldeo e poiché Sem era Khon, cioè "Sacerdote" dell'Iddio Altissimo, lesue caratteristiche e le circostanze peculiari in qualità di Khon "il lamentatore" costitui-rebbero un'ulteriore ragione per cui egli dovrebbe essere distinto da quel nome col qualeera conosciuto l'Ercole egiziano. E non si dimentichi che da parte di quelli che si sforza-vano di volgere i peccatori dall'errore delle loro vie, vi è un'eloquenza in lacrime vera-mente molto impressionante. Le lacrime di Whitefield costituivano molto del suo potere;e, similmente, le lacrime di Khon, l'Ercole "che si lamenta" lo avrebbero potentementeaiutato a scoraggiare e a sopraffare i giganti.6 Una delle affermazioni a cui mi riferisco è contenuta nelle seguenti parole di Mosè diCorene nella sua Storia Armena, dove si riferisce alla risposta data da Semiramide agliamici di Areo che era stato ucciso da lei in battaglia: "Io ho dato comando, dice Semira-mide, ai miei dèi di leccare le ferite di Areo e di destarlo dai morti. Gli dèi, essa dice,leccarono Areo e lo richiamarono alla vita". Se Semiramide abbia fatto realmente ciò chedisse, sarebbe stato un miracolo. Gli effetti magici erano falsi miracoli: e sia Giustino cheEpifanie mostrano che fin dagli stessi inizi dell'idolatria avevano luogo miracoli apparen-ti... Orbene, a meno che il miracolo apparente di resuscitare i morti mediante le arti magi-che fosse già stato conosciuto ai giorni di Semiramide, non e probabile che essa abbiadato una tale risposta a coloro che desiderava propiziarsi; poiché, da una parte, comeavrebbe essa mai potuto pensare di dare tale risposta, e dall'altra, come avrebbe potutoattendersi quel risultato, se non vi fosse stata una corrente convinzione nelle pratiche dinegromanzia? Noi troviamo che in Egitto, all'incirca nello stesso tempo erano praticatetali arti magiche, se dobbiamo dar credito a Manetone. "Dice Manetone", secondo Giu-seppe, "che egli (l'anziano Horus di cui evidentemente si parla come di un re umano e

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SOTTOSEZIONE V: LA DEIFICAZIONE DEL FIGLIO

1 Zero, in caldeo - greco, "il Seme". Sebbene vi siano motivi per concludere che in Grecoesso talvolta appaia come Zeira tramutandosi quindi in Zoro, come può vedersi dal cam-biamento di Zerubbabel nella Settanta greca a Zoro-babel; e perciò Zuro-astha "il semedella donna" divenne Zoroastro, il ben noto nome del capo degli adoratori del fuoco. Illettore che consulti la dotta e istruttiva opera del dott. Wilson di Bombay, sulla religioneparsi, troverà che vi era uno Zoroastro molto prima di quel Zoroastro che visse nel regnodi Dario Istaspe. Nella storia generale, il Zoroastro di Battriana è menzionato di frequen-te; ma la voce dell'antichità dice chiaramente e distintamente che il primo e grande Zoro-astro fu Assiro o Caldeo e che fu il fondatore del sistema idolatrico di Babilonia, e quindiNimrod. E similmente chiara nell'affermare che egli perì di morte violenta come nel casodi Nimrod, Tammuz o Bacco. L'identità di Bacco e Zoroastro è dimostrata ulteriormentedall'epiteto di Pirisporo attribuito a Bacco negli Inni Orfici. Quando la promessa primiti-va dell'Eden cominciò ad essere dimenticata, il significato del nome Zero-ashta si perdet-te per tutti coloro che conoscevano solo la dottrina esoterica del Paganesimo; e poiché"ashta" in caldeo vuol dire "fuoco" e pure "donna" e i riti di Bacco includevano l'adora-zione del fuoco, "Zero-ashta" fu tradotto "il seme del fuoco"; da qui il soprannome Piri-sporo o Ignigena "nato dal fuoco" applicato a Bacco. Da questo fraintendimento del si-gnificato del nome Zero-ashta, o piuttosto dalla sua premeditata corruzione fatta dai sa-cerdoti, che desideravano stabilire una dottrina per gli iniziati, e un'altra per i profani,ebbe origine la storia circa il non nato infante Bacco che era stato tratto dalle fiamme cheavevano consumato sua madre Semele, quando Jupiter nella sua gloria venne a visitarla.Vi era un altro nome con il quale Zoroastro era conosciuto e che è abbastanza istruttivo,cioè Zar-adas, "l'unico seme". Nella Religione Parsi di Wilson, mentre essi riconosconosupremamente solo un dio, sanno anche che vi era un solo seme, su cui si fondavano lesperanze del mondo. In quasi tutte le nazioni, non solo vi era un grande Dio conosciutocol nome di Zero o Zer, il "seme", e una grande dea conosciuta come Ashta o Isha, "ladonna"; ma il grande dio Zero è frequentemente caratterizzato da alcuni attributi chemettono in evidenza che egli è "l'unico".Orbene, qual'è l'origine di tali appellativi? Genesi 3:15 può spiegarli, mentre nessun altropuò farlo. Il nome Zar-ades, o Zero-adus, inoltre illustra appropriatamente le parole diPaolo: "Non dice: 'E ai semi', come nel caso di molti, ma come nel caso di uno solo: 'E altuo seme', che è Cristo".E degno di nota che il moderno sistema del Parsismo, che data dalla riforma della vec-chia adorazione del fuoco al tempo di Dario Istaspe, rigettando l'adorazione della deamadre, tolse pure dal nome del suo Zoroastro il nome della "donna"; e perciò nello Zend,il linguaggio sacro dei Parsi il nome del loro grande riformatore è Zaratustra, cioè "IISeme Liberatore" in cui l'ultimo membro del nome deriva da Thusht "sciogliere o lasciarandare" e cioè rendere liberi. Thusht è infinito e raggiunto ad esso rappresenta, in San-scrito con il quale lo Zend ha molte affinità, il ben noto segno dell'entrare in azione, pro-prio come L’er inglese. Lo Zaratustra dello Zend, quindi, sembra proprio che sia l'equiva-lente di Foroneo "l'Emancipatore2 Le parole di Diodoro, stampate nelle edizioni ordinarie, dicono semplicemente circa ilnumero dei giudici, "più di quaranta" senza specificare quanti di più. Nel Codex Coisia-nus, è detto che il numero è di "due più di quaranta". Sia Bunsen che Wilkinson sonod'accordo nell'ammettere che i giudici terreni, che si occupavano della questione del sep-pellimento dovevano corrispondere, nel numero, a quelli delle regioni infernali. Orbene,questi giudici, come è stato dimostrato dai monumenti, oltre al loro presidente, eranoproprio quarantadue. I giudici terreni ai funerali, perciò, dovevano similmente esserequarantadue. Riferendosi a questo numero, che si applica egualmente ai giudici di questo

mondo e al mondo degli spiriti. Bunsen parlando del giudizio di una persona deceduta,nel mondo invisibile, usa queste parole nel passo summenzionato riferendosi a:"Quarantadue dèi (il numero che componeva il tribunale dei morti) occupano la sede delgiudizio". Diodoro stesso sia che scrivesse effettivamente "due più di quaranta" o sempli-cemente "più di quaranta", ci fornisce una ragione per credere che quarantadue fosse ilnumero che era presente nella sua mente; poiché egli dice che "il complesso della leggen-da delle ombre sotterranee" che Orfeo portò fuori dall'Egitto, fu "copiato dalle cerimoniedei funerali egiziani" a cui egli aveva assistito nella fase del giudizio prima del seppelli-mento del morto. Se, perciò, vi erano solo quarantadue giudici nelle "ombre sotterranee",ciò parimenti mostra, qualunque lettura delle parole di Diodoro si preferisca, che il nume-ro dei giudici nel giudizio terreno dev'essere stato lo stesso.3 Wilkinson ammette che individui differenti in tempi diversi portarono in Egitto questonome odiato. Uno dei nomi più noti con il quale Typho o il Malvagio fu chiamato, eraSet. Orbene Set e Sem sono sinonimi poiché entrambi significano "II nominato". PoichéSem era il figlio più giovane di Noè, essendo il "fratello di Jafet, l'anziano" (Gen. 10:21),e poiché gli era destinata divinamente la preminenza, il nome Sem, "il nominato" gli erastato dato indubbiamente secondo il disegno divino, o dalla nascita o successivamentecontrassegnandolo come lo era stato precedentemente Set in qualità di "figlio della pro-messa". Sem, comunque, sembra che sia stato conosciuto in Egitto come Typho, non solocol nome di Set: ma anche col proprio; poiché Wilkinson ci dice che Typho era caratte-rizzato da un nome che significava "distruggere e desolare". Orbene, il nome di Sem,pure, in uno dei suoi significati vuol dire "desolare" o render deserto. Così Sem, il nomi-nato, dai suoi nemici fu mutato in Sem, il desolatore o distruttore, cioè il Diavolo.4 Gli studiosi dei Celti fanno derivare il nome Ogmio dalla parola celtica Ogum, chedenoterebbe "il segreto della scrittura"; ma Ogum molto probabilmente deriva dal nomedel dio, piuttosto che il nome del dio derivi da esso.5 In relazione a questo Ogmio, è degno di nota uno dei nomi di Sem il grande Èrcoleegiziano che sconfisse i giganti: Chon. Nell'opera Etymologicum Magnum, leggiamo:"Essi dicono che nel dialetto egiziano Ercole è chiamato Chon". Si paragoni ciò con Wil-kinson, Vol. 5 pag. 17, dove Chon è chiamato "Sem". Orbene Khon significa"Lamentarsi" in caldeo e poiché Sem era Khon, cioè "Sacerdote" dell'Iddio Altissimo, lesue caratteristiche e le circostanze peculiari in qualità di Khon "il lamentatore" costitui-rebbero un'ulteriore ragione per cui egli dovrebbe essere distinto da quel nome col qualeera conosciuto l'Ercole egiziano. E non si dimentichi che da parte di quelli che si sforza-vano di volgere i peccatori dall'errore delle loro vie, vi è un'eloquenza in lacrime vera-mente molto impressionante. Le lacrime di Whitefield costituivano molto del suo potere;e, similmente, le lacrime di Khon, l'Ercole "che si lamenta" lo avrebbero potentementeaiutato a scoraggiare e a sopraffare i giganti.6 Una delle affermazioni a cui mi riferisco è contenuta nelle seguenti parole di Mosè diCorene nella sua Storia Armena, dove si riferisce alla risposta data da Semiramide agliamici di Areo che era stato ucciso da lei in battaglia: "Io ho dato comando, dice Semira-mide, ai miei dèi di leccare le ferite di Areo e di destarlo dai morti. Gli dèi, essa dice,leccarono Areo e lo richiamarono alla vita". Se Semiramide abbia fatto realmente ciò chedisse, sarebbe stato un miracolo. Gli effetti magici erano falsi miracoli: e sia Giustino cheEpifanie mostrano che fin dagli stessi inizi dell'idolatria avevano luogo miracoli apparen-ti... Orbene, a meno che il miracolo apparente di resuscitare i morti mediante le arti magi-che fosse già stato conosciuto ai giorni di Semiramide, non e probabile che essa abbiadato una tale risposta a coloro che desiderava propiziarsi; poiché, da una parte, comeavrebbe essa mai potuto pensare di dare tale risposta, e dall'altra, come avrebbe potutoattendersi quel risultato, se non vi fosse stata una corrente convinzione nelle pratiche dinegromanzia? Noi troviamo che in Egitto, all'incirca nello stesso tempo erano praticatetali arti magiche, se dobbiamo dar credito a Manetone. "Dice Manetone", secondo Giu-seppe, "che egli (l'anziano Horus di cui evidentemente si parla come di un re umano e

15 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 15L e D u e B a b i l o n i eCAPITOLO I

CARATTERE DISTINTIVO DEI DUE SISTEMI

Nel dimostrare il carattere babilonico della chiesa papale la prima cosa sullaquale desidero attirare l'attenzione del lettore, è il carattere di MISTERO cheaccomuna entambi i sistemi, quello romano moderno e quello antico babilonese.Il gigantesco sistema di corruzione morale e di idolatria descritto in questoversetto sotto l'emblema di una donna con una "COPPA D'ORO NELLA SUAMANO" (Riv. 17:4), con la quale tutti gli abitanti della terra sono stati inebriati"del vino della sua fornicazione" (Riv. 17:2; 18:3), è chiamato divinamente"Mistero, Babilonia la Grande" (Riv. 17:5). Che il "Mistero dell'iniquità"descritto da Paolo nella 2 Tess. 2:7, abbia la sua controparte nella chiesa diRoma, non può essere negato da alcun uomo sincero, che abbia esaminatoaccuratamente il soggetto. Tale fu l'impressione esercitata da quel racconto nellamente del grande Sir Mattew Hale, a prescindere dal giudizio dell'evidenza, chese la descrizione apostolica fosse stata resa pubblica "qualsiasi dignitario delregno si sarebbe sentito autorizzato a considerare, sempre che lo avesse trovato,il vescovo di Roma come il capo di quel "MISTERO D'INIQUITÀ".Orbene, poiché il sistema qui descritto è egualmente caratterizzato dal nome"MISTERO", si può presumere che entrambi i passaggi si riferiscano allo stessosistema. Ma il linguaggio applicato alla Babilonia del Nuovo Testamento comeil lettore non può non rendersi conto, ci conduce naturalmente alla Babilonia delmondo antico. Come la donna dell'Apocalisse ha nelle sue mani una COPPA, concui inebria le nazioni, così accadeva con la Babilonia dell'antichità. Di quellaBabilonia, all'apice della sua gloria, il Signore così parlò, nell'annunciare la suacondanna mediante Geremia: "Babilonia era nelle mani dell'Eterno una coppad'oro, che inebriava tutta la terra; le nazioni han bevuto del suo vino" (Ger.51:7). Perché quest'esatta similitudine di linguaggio riguardo ai due sistemi? Laconclusione ovvia è certamente che l'una sta all'altra come il tipo all'antitipo.Ordunque, come la Babilonia dell'Apocalisse è caratterizzata dal nome di"MISTERO", così la grande caratteristica distintiva dell'antico sistema babiloneseerano i "MISTERI" caldei, che costituivano parte essenziale di quel sistema. E aquesti misteri allude chiaramente lo stesso linguaggio del profeta ebreo,naturalmente simbolico, quando parla di Babilonia come di una "COPPA D'ORO".Bere della sua "misteriosa pozione", dice Salvertè, era indispensabile per coloroche desideravano essere iniziati a quei Misteri. Quelle "misteriose pozioni"erano composte di "vino, miele, acqua e farina". Dalla natura degli ingredientiimpiegati, e dalla natura di quelli sconosciuti, ma certamente usati, non puòesservi alcun dubbio che fossero di natura inebriante; inoltre gli aspirantidovevano sottoporsi al suo potere, fino a che il loro intendimento non fosseottenebrato, e le loro passioni eccitate dalla bevanda drogata, ed essi fosseroadeguatamente preparati per ciò che dovevano vedere o udire. Se si dovesseinvestigare circa l'oggetto e lo scopo di questi antichi "MISTERI" troveremmo chevi era una sorprendente analogia fra loro e quel "Mistero d'iniquità"personificato dalla Chiesa di Roma. Il loro obiettivo principale era quellod'introdurli segretamente, poco a poco, sotto il suggello della segretezza e lasanzione di un giuramento. Il tempo in cui furono istituiti dimostra che le coseandarono proprio così. I misteri caldei si possono far risalire fino ai giorni di

caratteristica di Roma è stata ben identificata e definita, è sempre statofacile mostrare che la chiesa che ha la sua sede ed il suo quartier generale suisette colli di Roma può molto appropriatamente esser chiamata "Babilonia",inquan- tochè si tratta della sede dell'idolatria del Nuovo Testamento, come l'an-tica Babilonia era la sede principale dell'idolatria del Vecchio. Recenti scopertei nAssiria, messe in relazione con la precedente ben nota ma mal compresa storia emitologia del mondo antico, dimostrano che nel nome di Babilonia la Grande viè un significato più vasto e profondo di quanto non si creda. È ben noto che ilpapismo è paganesimo battezzato; ma Dio adesso sta rendendo manifesto che ilpaganesimo che Roma ha battezzato è in tutti i sui elementi essenziali, il veropaganesimo che prevaleva nell'antica letterale Babilonia, quando Geova aprìdinanzi a Ciro le porte a due battenti di rame, e spezzò le sbarre di ferro.Questa nuova ed inattesa luce, in un modo o nell'altro applicherebbe, in questostesso periodo, sulla Chiesa della Grande Apostasia, lo stesso linguaggio e isimboli che l'Apocalisse ha preparato anticipatamente per noi. Nella visioneapocalittica, è proprio prima del giudizio su di lei che, per la prima volta,Giovanni vede la chiesa apostata con il nome di Babilonia la Grande "scrittosulla fronte" (Riv. 17:5). Che vuol dire quel nome scritto "sulla fronte?". Nonindica certamente che proprio prima del suo giudizio, il suo vero carattere sisarebbe sviluppato, di modo che chiunque avesse occhi per vedere, che avesseun minimo di discernimento spirituale, sarebbe stato costretto, per l'evidenza deisuoi occhi, a riconoscere come meravigliosamente appropriato il titolo applica-tele dallo Spirito di Dio? Il suo giudizio sta approssimandosi in maniera eviden-te; e man mano che s'avvicina, la Provvidenza di Dio, assieme alla parola diDio, per mezzo della luce versata d'ogni parte, rende sempre più evidente cheRoma è effettivamente la Babilonia dell'Apocalisse; che il carattere essenzialedel sistema, i grandi oggetti della sua adorazione, le sue feste, le sue dottrine, ilsuo sacerdozio con i suoi ordini, derivano tutti dall'antica Babilonia; e, infine,che il Papa stesso è veramente e appropriatamente il rappresentante in linea di-retta di Baldassarre. Nella guerra che è stata intrapresa contro le pretese di domi-nio di Roma si sono accumulate sufficienti evidenze del suo orgoglioso vanto, ecioè che essa è la madre e la signora di tutte le chiese - l'unica Chiesa Cattolica,al di fuori della quale non vi è salvezza. Se mai potesse esservi qualche scusanteper tale modo di trattarla tale scusa non durerebbe a lungo. Se la posizione cheio ho assunto può essere mantenuta, essa dev'essere spogliata completamente delnome di Chiesa Cristiana; poiché se fosse stata la Chiesa di Cristo ad essereconvocata quella notte, quando il re-pontefice di Babilonia in mezzo alle miglia-la dei suoi principi "loda gli dèi d'oro e d'argento, e di legno e di pietra" (Dan.5:4), allora la Chiesa di Roma dovrebbe portare il nome di Chiesa di Cristo;altrimenti no. Questa apparirà senza dubbio ad alcuni una posizione molto estre-ma; ma è questo ciò che quest'opera si propone di stabilire; e lasciamo che sia illettore a giudicare se io non abbia portato sufficienti evidenze per sostenere lamia posizione.

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16 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 16L e D u e B a b i l o n i eSemiramide, che visse pochi secoli dopo il diluvio, e che è conosciuta per avereimpresso su di loro l'immagine della sua mente depravata e corrotta (Fig. 1) 1.

Quella bella ma depravata regina di Babilonia non fu soloun esempio di sfrenata lussuria e licenziosità, ma nei misteridi cui era la principale artefice, era adorata come Rea, lagrande "MADRE" degli dei, i cui riti atroci la identificano conVenere, la MADRE di ogni impurità, ed elevò la medesimacittà sulla quale aveva regnato ad una sinistra fama fra lenazioni, quale grande sede di idolatria e di prostituzionesacra. Tale regina caldea fu quindi un prototipo appropriatoe rimarchevole della "Donna" con la coppa d'oro

dell'Apocalisse, e con sulla fronte il nome "Mistero, Babilonia la Grande, lamadre delle meretrici e delle abominazioni della terra". L'emblema apocalitticodella meretrice con la coppa nelle mani fu pure incorporato nei simboli idolatriciderivati dall'antica Babilonia, e adottati in Grecia: ecco perché la Venere grecaera così rappresentata. E curioso che al giorno d'oggi e da quando apparve per laprima volta, la Chiesa Romana ne ha adottato il simbolo come suo emblemaprediletto. Nel 1825, in occasione del giubileo, Papa Leone XII coniò unamedaglia che portava su di un lato la sua effige, e dall'altro quella della Chiesadi Roma simboleggiata da una "Donna" che tiene nella sua mano sinistra unacroce, e nella destra una COPPA, con la scritta tutt'intorno "Sedet superuniversum", "II mondo intero è il suo trono". Orbene, nel periodo in cui visseSemiramide, un periodo in cui la fede dei patriarchi era ancora viva nella mentedegli uomini, quando Sem era ancora vivente (Fig. 2), era pericoloso suscitarenella mente dei fedeli, che era vessillifera delle verità e della causa di Dio,interesse per tale sistema che fu inaugurato dalla regina babilonese 2.

Noi sappiamo, dalla dichiarazione di Giobbe, che frale tribù patriarcali che non avevano nulla a che vederecon le istituzioni di Mosè, ma che aderirono alla fedepura dei patriarchi, l'idolatria in ogni sua forma eraconsiderata un crimine, che meritava la punizionesommaria su colui che la praticava. "Se contemplandoil sole", dice Giobbe, "che raggiava, e la luna cheprocedeva lucente nel suo corso; il mio cuore, insegreto, s'è lasciato sedurre e la mia bocca ha posato

un bacio sulla mano misfatto anche questo punito dai giudici, poiché avrei difatto rinnegato l'Iddio ch'è di sopra" (Giobbe 31: 26-28). Se questa era lasituazione al tempo di Giobbe quanto più seria dev'essere stata nel tempoquando furono istituiti i misteri. Era quindi necessario, perciò, se doveva sorgerel'idolatria, specialmente tale oscura idolatria come quella che il sistemababilonico conteneva nel suo seno, che tutto dovesse essere fatto furtivamente ein segreto. Sebbene introdotta dall'autorità, deve aver prodotto repulsione e, daparte di coloro del genere umano che erano incorrotti, devono essere staticompiuti violenti tentativi per abbatterla; e in ogni caso, se essa apparveimprovvisamente in tutta la sua ripugnanza, deve aver allarmato le coscienzedegli uomini e raggiunto l'obiettivo proposto. L'obiettivo era quello di legare ilgenere umano nella cieca ed assoluta sottomissione alla gerarchia dipendente

interamente dai sovrani di Babilonia. Nel compimento di questo schema tutta laconoscenza sacra e profana, fu monopolizzata dal sacerdozio che trattava coloroi quali erano iniziati ai "Misteri" esattamente come voleva, secondo gli interessidel grande sistema di dispotismo spirituale che essi amministravano. Così ilpopolo, ovunque si diffondeva il sistema babilonico, veniva vincolato, mani epiedi, ai sacerdoti. I sacerdoti erano i soli depositari della conoscenza religiosa;solo essi detenevano la pura tradizione mediante la quale potevano essereinterpretati gli scritti e i simboli della religione pubblica; e questi non potevanoessere conosciuti senza una cieca ed assoluta sottomissione a loro, che eraindispensabile per la salvezza. Adesso facciamo un paragone fra tutto ciò e laprimitiva storia del papato, il suo spirito e il suo modus operandi, e quanto saràperfetta la coincidenza! Fu in un periodo di luce patriarcale che ebbe inizio ilcorrotto sistema dei "Misteri" babilonesi? Fu in un periodo di luce ancormaggiore che ebbe inizio l'empio e antiscritturale sistema nella chiesa di Roma.Esso ebbe inizio con l'era apostolica, quando sbocciò la chiesa primitiva, quandopotevano vedersi ovunque i frutti gloriosi della Pentecoste, quando i martirisuggellavano la loro testimonianza per la verità con il loro sangue. Ma giàallora, quando il Vangelo splendeva così fulgidamente, lo spirito di Dio rese,mediante Paolo, questa chiara e distinta testimonianza: "IL MISTERODELL'EMPIETÀ È GIÀ ALL'OPERA" (2 Tess. 2:7). Fu predetto divinamente chequel sistema d'iniquità che ebbe inizio sarebbe sfociato in una spaventosaapostasia, che al tempo opportuno sarebbe stata "rivelata" tragicamente esarebbe continuata fino alla distruzione "mediante il soffio della bocca delSignore e annientato con l'apparizione della sua venuta" (2 Tess. 2:8). Maquando fu introdotta dapprincipio nella chiesa lo fu nascostamente, lo fusegretamente e furtivamente, con "ogni sorta d'inganno d'iniquità". Si sarebbeintrodotta "misteriosamente" sotto attraenti ma false pretese, conducendo gliuomini lontano dalla semplicità della verità insegnata da Gesù. E tutto ciòavvenne in segreto per la stessa ragione per cui furono introdotti segretamentegli antichi Misteri di Babilonia; non era ne saggio ne prudente agire altrimenti.Lo zelo della vera Chiesa, sebbene privo di potere civile, sarebbe insorto, perporre il falso sistema e tutti i suoi sostenitori al bando dal Cristianesimo, se essofosse apparso apertamente in tutta la sua oscenità e ciò ne avrebbe arrestato ilprogresso. Per ciò fu introdotto in segreto, e poco a poco fu introdotta unacorruzione dopo l'altra, man mano che procedeva l'apostasia e la Chiesa che giàregrediva divenne pronta a tollerarla, fino a che non raggiunse 1'enormedimensione che conosciamo, quando in ogni suo particolare il sistema delpapato è agli antipodi del sistema della chiesa primitiva. Della gradualeintroduzione di tutto ciò che adesso sono le principali caratteristiche di Roma,mediante l'operazione del "Mistero d'iniquità", abbiamo molte impressionantievidenze, preservate perfino da Roma stessa, nelle iscrizioni copiate dallecatacombe romane. Queste catacombe sono grandi scavi sotterranei nei dintornidi Roma, in cui i cristiani, ai tempi delle persecuzioni, durante i primi tre secoli,celebravano la loro adorazione, e inoltre vi seppellivano i loro morti. Su alcunedelle pietre tombali si sono trovate delle iscrizioni che sono direttamente indisarmonia con i ben noti principi e pratiche di Roma. Facciamo solo unesempio: Che cosa, a tutt'oggi, rappresenta maggiormente il marchio distintivodel papato più del celibato del clero? Tuttavia da queste iscrizioni abbiamomolte decisive evidenze, che anche a Roma, vi era un tempo in cui non era

Donna con coppada Babilonia.

Donna con coppa daRoma sul rovescio dellamedaglia

193 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 193L e D u e B a b i l o n i eribelle", ma "colui che si ribella contro". Non vi è alcun dubbio che Nimrod fosse unribelle e che la sua ribellione fosse celebrata negli antichi miti; ma il suo nome in taleveste non era Nimrod, bensì Merodac, o, fra i romani, Marte, "il ribelle"; o fra gli Oschid'Italia, Mamerte, "colui che causa la ribellione". Che il romano Marte fosse realmente,all'origine, il dio babilonese, è evidente dal nome dato alla dea, che alcune volte venivaidentificata in sua "sorella" e alcune volte in sua "moglie", cioè Bellona, che in caldeosignifica "la lamentatrice di Bel" (da Bel e Onah, lamentatore). L'egiziana Iside, la sorellae moglie di Osiride, viene rappresentata similmente come abbiamo visto, mentre fa illamento su suo fratello Osiride

SOTTOSEZINE III IL FIGLIO IN GRECIA1 Chiunque sa che l'Odzos Arèos di Omero, o "il ramo di Marte" è la stessa cosa che "ilfiglio di Marte". Il superiore geroglifico era evidentemente formato in base allo stessoprincipio. Che la coppa da sola nelle mani del Bacco giovane intendesse designarlo comeil "Cusa più giovane", o "Cusa ragazzo" possiamo facilmente comprenderlo da una di-chiarazione di Pausania, dove egli mostra "il ragazzo Kuathos" come se svolgesse il ruo-lo di coppiere, presentando una coppa ad Ercole. Kuathos è il termine greco che indica"coppa" e deriva evidentemente dall'ebraico Cus, "coppa" che, in una delle sue formecaldee, diviene Khut o Khuath. Orbene, è ben noto che il nome di Cus si ritrovava spessonella forma di Cuth e, tale nome, in certi dialetti, diviene la forma greca Cuath. Il"giovane Kuathos", quindi non è altro che la forma greca di "giovane Cus". Il lettore nonmancherà di notare le macchie sull'abito nella figura.2 I.a ghirlanda d'edera ha evidentemente un simile significato geroglifico, poiché il greco"Zeira kissou" vuol dire sia "fascia o cerchietto d'edera", che "il seme di Cus". La deriva-zione del greco "Zeira", cintura o fascia circolare, proveniente dal caldeo Zer, circondare,mostra che Zero, "il seme", che si pronunciava anche Zeraa, in alcuni dialetti greci sareb-be divenuto, similmente, Zeira. Kissos, "edera", in greco, contiene l'idea basilare delcaldeo Khesna o khisa "coprire o nascondere", da cui deriva, vi è ragione di credere, ilnome Cus, poiché l'edera è in modo caratteristico "Colei che copre o che nasconde". Inrelazione a ciò, si può affermare che la seconda persona della Trinità fenicia fosse Chuso-rus che evidentemente è una contrazione di Chus-zoro, "il seme di Cus". Abbiamo giàvisto che la mitologia fenicia deriva da quella Assiria.3 Bassareus proviene evidentemente dal caldeo Batzar, a cui sia Gcsenio che Parkhurstdanno il duplice significato di "radunare in grappoli" e "fortificare". Batzar si trasformain Bazzar allo stesso modo in cui Nebuchadnctzar è pronunciato Nebuchadnezzar. Nelsenso di "rendere inaccessibile una difesa" Gesenio cita Geremia 51:53: "Anche se Babi-lonia dovesse ascendere ai cieli e anche se dovesse rendere inaccessibile (tabatzar) l'al-tezza della sua forza, da me le verranno li spogliatori, dice il Signore". Qui si fa un evi-dente riferimento ai due grandi elementi della forza di Babilonia, per primo la sua torre;secondariamente, le sue numerose fortificazioni, o mura che la circondavano.4 Da Faro, pronunciato anche Farong o Farang, "stroncare", rendere nudi, apostatare,rendere liberi. Tali significati non vengono comunemente attribuiti in quest'ordine, mapoiché il senso di stroncare spiega tutti gli altri significati, ciò autorizza la conclusioneche stroncare è un senso generico della parola. Orbene, "apostasia" è molto prossimo aquesto significato, e perciò è uno dei più naturali.5 I.a dea Sabina Feronia ha evidentemente relazione con Foroneo, nella sua veste di E-mancipatore. Si credeva che fosse la "dea della libertà" poiché a Terracina gli schiavivenivano emancipati nel suo tempio e perché si ricorda che in un'occasione gli uominiliberi di Roma raccolsero una somma di denaro allo scopo di offrirlo nel suo tempio.Il significato caldeo del nome "Feronia" conferma strettamente questa conclusione. Ladivinità che divideva con lei il tempio e che era adorata insieme a lei in un boschetto era,

come Nino, una divinità adolescente. Era considerata come "Jupiter fanciullo".6 Nella storia polinesiana i cieli e la terra sono stati "legati insieme con corde" e il"distacco" di tali corde sarebbe stato effettuato da miriadi di "libellule" che, con le loro"ali", portarono un importante contributo a tale grande opera. Non vi è qui riferimento ai"potenti" o agli "alati" di Nimrod? I potenti deificati erano spesso rappresentati comeserpenti alati. Vedi Wilkinson, vol. 4, pag. 232, dove il dio Agatodemon è rappresentatocome un "serpente alato". Fra un rude popolo la memoria di tale rappresentazione puòessere naturalmente stata messa in relazione alla "libellula"; in quanto a tutti i potenti oalati del tempo di Nimrod, la vera epoca d'oro del paganesimo, quando "i morti divenne-ro demòni", essi sarebbero stati naturalmente tutti simboleggiati allo stesso modo. Sequalcuno dovesse stupirsi per tale relazione fra la mitologia di Taiti e quella di Babele,non trascuri il fatto che il nome del dio taitiano della guerra era Oro, mentre "Horus (oOrus)" come Wilkinson chiama il figlio di Osiride, in Egitto, che senza ombra di dubbiotrasse il suo sistema da Babilonia, appare nella stessa veste. Quindi cosa potrebbe volerdire il tagliare le "corde" che legavano il cielo alla terra, se non l'infrangere i legami delpatto mediante il quale Dio legò la terra a se stesso quando, aspirando il soave profumodel sacrificio di Noè, egli rinnovò il suo patto con lui in qualità di capo della razza uma-na? Questo patto non soltanto era in relazione alla promessa secondo cui la terra nonsarebbe più stata colpita da un altro diluvio universale, ma conteneva una promessa dibenedizione spirituale per coloro che l'avessero osservato. L'odorare il soave profumo delsacrificio di Noè aveva relazione con la sua fede in Cristo.Quando, in conseguenza di tale soave profumo "Dio benedisse Noè e i suoi figli" (Gen.9:1) ciò si riferiva non soltanto alle benedizioni temporali ma a quelle spirituali ed eterne.Chiunque, perciò, dei figli di Noè che avesse avuto la fede di Noè e avesse camminatocome Noè camminò, sarebbe stato certo dell'interesse divino in un "patto eterno". Bene-detti erano quei legami mediante i quali Dio legava a se stesso i figli degli uomini checredevano, e mediante i quali i cieli e la terra erano così strettamente uniti. Coloro che,d'altra parte, si unirono all'apostasia di Nimrod infransero il patto e nel rigettare l'autoritàdi Dio in effetti dissero: "Infrangiamo a pezzi i suoi legami e togliamoci di dosso le suecorde". Vi è una precisa allusione a questo atto dello spezzare le connessioni del patto frail cielo e la terra, sebbene adombrata, nella storia babilonese di Beroso. Ivi, Belus, cioèNimrod, dopo aver dissipato le tenebre primordiali, separò i cieli e la terra gli uni dall'al-tra. Queste parole intendevano rappresentare Belus come "il formatore del mondo". Maallora si tratterebbe di un nuovo mondo che egli forma; poiché vi erano creature in esi-stenza prima del potere demiurgico che egli aveva esercitato. Il nuovo mondo formato daBelus o Nimrod, era solo un nuovo ordine di cose che egli introdusse quando non tenen-do conto degli avvertimenti divini, si ribellò contro il Cielo. La ribellione dei giganti èrappresenta principalmente come una ribellione contro il Cielo. Vi è una chiara allusionea quest'antica contesa tra i potentati babilonesi e il Cielo nelle parole di Daniele a Nabu-codonosor, quando gli annunciò la sua umiliazione e la sua successiva restaurazione(Daniele 4:26). Egli dice. "Il tuo regno ti sarà sicuro dopo che avrai conosciuto che i cielidominano".

SOTTOSEZIONE IV: LA MORTE DEL FIGLIO' Ovidio rappresenta Orione gonfio d'orgoglio a causa della sua grande forza, un vanaglo-rioso con cui nessuna creatura sulla terra avrebbe potuto competere; di conseguenza ap-parve uno scorpione e, dice il poeta, "fu aggiunto alle stelle". 11 nome dello scorpione incaldeo è Akrab; ma Akrab, così scisso, significa " Il GRANDE OPPRESSORE". Questoè il significato occulto dello scorpione rappresentato nello Zodiaco. 'l'ale segno tipificacolui che stroncò il dio babilonese e soppresse il sistema da lui edificato. Fu mentre ilsole si trovava nello scorpione che Osiride "scomparve" in Egitto e, sulla sua"scomparsa" furono fatti molti lamenti.

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192 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 192L e D u e B a b i l o n i eribelle", ma "colui che si ribella contro". Non vi è alcun dubbio che Nimrod fosse unribelle e che la sua ribellione fosse celebrata negli antichi miti; ma il suo nome in taleveste non era Nimrod, bensì Merodac, o, fra i romani, Marte, "il ribelle"; o fra gli Oschid'Italia, Mamerte, "colui che causa la ribellione". Che il romano Marte fosse realmente,all'origine, il dio babilonese, è evidente dal nome dato alla dea, che alcune volte venivaidentificata in sua "sorella" e alcune volte in sua "moglie", cioè Bellona, che in caldeosignifica "la lamentatrice di Bel" (da Bel e Onah, lamentatore). L'egiziana Iside, la sorellae moglie di Osiride, viene rappresentata similmente come abbiamo visto, mentre fa illamento su suo fratello Osiride

SOTTOSEZINE III IL FIGLIO IN GRECIA1 Chiunque sa che l'Odzos Arèos di Omero, o "il ramo di Marte" è la stessa cosa che "ilfiglio di Marte". Il superiore geroglifico era evidentemente formato in base allo stessoprincipio. Che la coppa da sola nelle mani del Bacco giovane intendesse designarlo comeil "Cusa più giovane", o "Cusa ragazzo" possiamo facilmente comprenderlo da una di-chiarazione di Pausania, dove egli mostra "il ragazzo Kuathos" come se svolgesse il ruo-lo di coppiere, presentando una coppa ad Ercole. Kuathos è il termine greco che indica"coppa" e deriva evidentemente dall'ebraico Cus, "coppa" che, in una delle sue formecaldee, diviene Khut o Khuath. Orbene, è ben noto che il nome di Cus si ritrovava spessonella forma di Cuth e, tale nome, in certi dialetti, diviene la forma greca Cuath. Il"giovane Kuathos", quindi non è altro che la forma greca di "giovane Cus". Il lettore nonmancherà di notare le macchie sull'abito nella figura.2 I.a ghirlanda d'edera ha evidentemente un simile significato geroglifico, poiché il greco"Zeira kissou" vuol dire sia "fascia o cerchietto d'edera", che "il seme di Cus". La deriva-zione del greco "Zeira", cintura o fascia circolare, proveniente dal caldeo Zer, circondare,mostra che Zero, "il seme", che si pronunciava anche Zeraa, in alcuni dialetti greci sareb-be divenuto, similmente, Zeira. Kissos, "edera", in greco, contiene l'idea basilare delcaldeo Khesna o khisa "coprire o nascondere", da cui deriva, vi è ragione di credere, ilnome Cus, poiché l'edera è in modo caratteristico "Colei che copre o che nasconde". Inrelazione a ciò, si può affermare che la seconda persona della Trinità fenicia fosse Chuso-rus che evidentemente è una contrazione di Chus-zoro, "il seme di Cus". Abbiamo giàvisto che la mitologia fenicia deriva da quella Assiria.3 Bassareus proviene evidentemente dal caldeo Batzar, a cui sia Gcsenio che Parkhurstdanno il duplice significato di "radunare in grappoli" e "fortificare". Batzar si trasformain Bazzar allo stesso modo in cui Nebuchadnctzar è pronunciato Nebuchadnezzar. Nelsenso di "rendere inaccessibile una difesa" Gesenio cita Geremia 51:53: "Anche se Babi-lonia dovesse ascendere ai cieli e anche se dovesse rendere inaccessibile (tabatzar) l'al-tezza della sua forza, da me le verranno li spogliatori, dice il Signore". Qui si fa un evi-dente riferimento ai due grandi elementi della forza di Babilonia, per primo la sua torre;secondariamente, le sue numerose fortificazioni, o mura che la circondavano.4 Da Faro, pronunciato anche Farong o Farang, "stroncare", rendere nudi, apostatare,rendere liberi. Tali significati non vengono comunemente attribuiti in quest'ordine, mapoiché il senso di stroncare spiega tutti gli altri significati, ciò autorizza la conclusioneche stroncare è un senso generico della parola. Orbene, "apostasia" è molto prossimo aquesto significato, e perciò è uno dei più naturali.5 I.a dea Sabina Feronia ha evidentemente relazione con Foroneo, nella sua veste di E-mancipatore. Si credeva che fosse la "dea della libertà" poiché a Terracina gli schiavivenivano emancipati nel suo tempio e perché si ricorda che in un'occasione gli uominiliberi di Roma raccolsero una somma di denaro allo scopo di offrirlo nel suo tempio.Il significato caldeo del nome "Feronia" conferma strettamente questa conclusione. Ladivinità che divideva con lei il tempio e che era adorata insieme a lei in un boschetto era,

come Nino, una divinità adolescente. Era considerata come "Jupiter fanciullo".6 Nella storia polinesiana i cieli e la terra sono stati "legati insieme con corde" e il"distacco" di tali corde sarebbe stato effettuato da miriadi di "libellule" che, con le loro"ali", portarono un importante contributo a tale grande opera. Non vi è qui riferimento ai"potenti" o agli "alati" di Nimrod? I potenti deificati erano spesso rappresentati comeserpenti alati. Vedi Wilkinson, vol. 4, pag. 232, dove il dio Agatodemon è rappresentatocome un "serpente alato". Fra un rude popolo la memoria di tale rappresentazione puòessere naturalmente stata messa in relazione alla "libellula"; in quanto a tutti i potenti oalati del tempo di Nimrod, la vera epoca d'oro del paganesimo, quando "i morti divenne-ro demòni", essi sarebbero stati naturalmente tutti simboleggiati allo stesso modo. Sequalcuno dovesse stupirsi per tale relazione fra la mitologia di Taiti e quella di Babele,non trascuri il fatto che il nome del dio taitiano della guerra era Oro, mentre "Horus (oOrus)" come Wilkinson chiama il figlio di Osiride, in Egitto, che senza ombra di dubbiotrasse il suo sistema da Babilonia, appare nella stessa veste. Quindi cosa potrebbe volerdire il tagliare le "corde" che legavano il cielo alla terra, se non l'infrangere i legami delpatto mediante il quale Dio legò la terra a se stesso quando, aspirando il soave profumodel sacrificio di Noè, egli rinnovò il suo patto con lui in qualità di capo della razza uma-na? Questo patto non soltanto era in relazione alla promessa secondo cui la terra nonsarebbe più stata colpita da un altro diluvio universale, ma conteneva una promessa dibenedizione spirituale per coloro che l'avessero osservato. L'odorare il soave profumo delsacrificio di Noè aveva relazione con la sua fede in Cristo.Quando, in conseguenza di tale soave profumo "Dio benedisse Noè e i suoi figli" (Gen.9:1) ciò si riferiva non soltanto alle benedizioni temporali ma a quelle spirituali ed eterne.Chiunque, perciò, dei figli di Noè che avesse avuto la fede di Noè e avesse camminatocome Noè camminò, sarebbe stato certo dell'interesse divino in un "patto eterno". Bene-detti erano quei legami mediante i quali Dio legava a se stesso i figli degli uomini checredevano, e mediante i quali i cieli e la terra erano così strettamente uniti. Coloro che,d'altra parte, si unirono all'apostasia di Nimrod infransero il patto e nel rigettare l'autoritàdi Dio in effetti dissero: "Infrangiamo a pezzi i suoi legami e togliamoci di dosso le suecorde". Vi è una precisa allusione a questo atto dello spezzare le connessioni del patto frail cielo e la terra, sebbene adombrata, nella storia babilonese di Beroso. Ivi, Belus, cioèNimrod, dopo aver dissipato le tenebre primordiali, separò i cieli e la terra gli uni dall'al-tra. Queste parole intendevano rappresentare Belus come "il formatore del mondo". Maallora si tratterebbe di un nuovo mondo che egli forma; poiché vi erano creature in esi-stenza prima del potere demiurgico che egli aveva esercitato. Il nuovo mondo formato daBelus o Nimrod, era solo un nuovo ordine di cose che egli introdusse quando non tenen-do conto degli avvertimenti divini, si ribellò contro il Cielo. La ribellione dei giganti èrappresenta principalmente come una ribellione contro il Cielo. Vi è una chiara allusionea quest'antica contesa tra i potentati babilonesi e il Cielo nelle parole di Daniele a Nabu-codonosor, quando gli annunciò la sua umiliazione e la sua successiva restaurazione(Daniele 4:26). Egli dice. "Il tuo regno ti sarà sicuro dopo che avrai conosciuto che i cielidominano".

SOTTOSEZIONE IV: LA MORTE DEL FIGLIO' Ovidio rappresenta Orione gonfio d'orgoglio a causa della sua grande forza, un vanaglo-rioso con cui nessuna creatura sulla terra avrebbe potuto competere; di conseguenza ap-parve uno scorpione e, dice il poeta, "fu aggiunto alle stelle". 11 nome dello scorpione incaldeo è Akrab; ma Akrab, così scisso, significa " Il GRANDE OPPRESSORE". Questoè il significato occulto dello scorpione rappresentato nello Zodiaco. 'l'ale segno tipificacolui che stroncò il dio babilonese e soppresse il sistema da lui edificato. Fu mentre ilsole si trovava nello scorpione che Osiride "scomparve" in Egitto e, sulla sua"scomparsa" furono fatti molti lamenti.

17 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 17L e D u e B a b i l o n i eSemiramide, che visse pochi secoli dopo il diluvio, e che è conosciuta per avereimpresso su di loro l'immagine della sua mente depravata e corrotta (Fig. 1) 1.

Quella bella ma depravata regina di Babilonia non fu soloun esempio di sfrenata lussuria e licenziosità, ma nei misteridi cui era la principale artefice, era adorata come Rea, lagrande "MADRE" degli dei, i cui riti atroci la identificano conVenere, la MADRE di ogni impurità, ed elevò la medesimacittà sulla quale aveva regnato ad una sinistra fama fra lenazioni, quale grande sede di idolatria e di prostituzionesacra. Tale regina caldea fu quindi un prototipo appropriatoe rimarchevole della "Donna" con la coppa d'oro

dell'Apocalisse, e con sulla fronte il nome "Mistero, Babilonia la Grande, lamadre delle meretrici e delle abominazioni della terra". L'emblema apocalitticodella meretrice con la coppa nelle mani fu pure incorporato nei simboli idolatriciderivati dall'antica Babilonia, e adottati in Grecia: ecco perché la Venere grecaera così rappresentata. E curioso che al giorno d'oggi e da quando apparve per laprima volta, la Chiesa Romana ne ha adottato il simbolo come suo emblemaprediletto. Nel 1825, in occasione del giubileo, Papa Leone XII coniò unamedaglia che portava su di un lato la sua effige, e dall'altro quella della Chiesadi Roma simboleggiata da una "Donna" che tiene nella sua mano sinistra unacroce, e nella destra una COPPA, con la scritta tutt'intorno "Sedet superuniversum", "II mondo intero è il suo trono". Orbene, nel periodo in cui visseSemiramide, un periodo in cui la fede dei patriarchi era ancora viva nella mentedegli uomini, quando Sem era ancora vivente (Fig. 2), era pericoloso suscitarenella mente dei fedeli, che era vessillifera delle verità e della causa di Dio,interesse per tale sistema che fu inaugurato dalla regina babilonese 2.

Noi sappiamo, dalla dichiarazione di Giobbe, che frale tribù patriarcali che non avevano nulla a che vederecon le istituzioni di Mosè, ma che aderirono alla fedepura dei patriarchi, l'idolatria in ogni sua forma eraconsiderata un crimine, che meritava la punizionesommaria su colui che la praticava. "Se contemplandoil sole", dice Giobbe, "che raggiava, e la luna cheprocedeva lucente nel suo corso; il mio cuore, insegreto, s'è lasciato sedurre e la mia bocca ha posato

un bacio sulla mano misfatto anche questo punito dai giudici, poiché avrei difatto rinnegato l'Iddio ch'è di sopra" (Giobbe 31: 26-28). Se questa era lasituazione al tempo di Giobbe quanto più seria dev'essere stata nel tempoquando furono istituiti i misteri. Era quindi necessario, perciò, se doveva sorgerel'idolatria, specialmente tale oscura idolatria come quella che il sistemababilonico conteneva nel suo seno, che tutto dovesse essere fatto furtivamente ein segreto. Sebbene introdotta dall'autorità, deve aver prodotto repulsione e, daparte di coloro del genere umano che erano incorrotti, devono essere staticompiuti violenti tentativi per abbatterla; e in ogni caso, se essa apparveimprovvisamente in tutta la sua ripugnanza, deve aver allarmato le coscienzedegli uomini e raggiunto l'obiettivo proposto. L'obiettivo era quello di legare ilgenere umano nella cieca ed assoluta sottomissione alla gerarchia dipendente

interamente dai sovrani di Babilonia. Nel compimento di questo schema tutta laconoscenza sacra e profana, fu monopolizzata dal sacerdozio che trattava coloroi quali erano iniziati ai "Misteri" esattamente come voleva, secondo gli interessidel grande sistema di dispotismo spirituale che essi amministravano. Così ilpopolo, ovunque si diffondeva il sistema babilonico, veniva vincolato, mani epiedi, ai sacerdoti. I sacerdoti erano i soli depositari della conoscenza religiosa;solo essi detenevano la pura tradizione mediante la quale potevano essereinterpretati gli scritti e i simboli della religione pubblica; e questi non potevanoessere conosciuti senza una cieca ed assoluta sottomissione a loro, che eraindispensabile per la salvezza. Adesso facciamo un paragone fra tutto ciò e laprimitiva storia del papato, il suo spirito e il suo modus operandi, e quanto saràperfetta la coincidenza! Fu in un periodo di luce patriarcale che ebbe inizio ilcorrotto sistema dei "Misteri" babilonesi? Fu in un periodo di luce ancormaggiore che ebbe inizio l'empio e antiscritturale sistema nella chiesa di Roma.Esso ebbe inizio con l'era apostolica, quando sbocciò la chiesa primitiva, quandopotevano vedersi ovunque i frutti gloriosi della Pentecoste, quando i martirisuggellavano la loro testimonianza per la verità con il loro sangue. Ma giàallora, quando il Vangelo splendeva così fulgidamente, lo spirito di Dio rese,mediante Paolo, questa chiara e distinta testimonianza: "IL MISTERODELL'EMPIETÀ È GIÀ ALL'OPERA" (2 Tess. 2:7). Fu predetto divinamente chequel sistema d'iniquità che ebbe inizio sarebbe sfociato in una spaventosaapostasia, che al tempo opportuno sarebbe stata "rivelata" tragicamente esarebbe continuata fino alla distruzione "mediante il soffio della bocca delSignore e annientato con l'apparizione della sua venuta" (2 Tess. 2:8). Maquando fu introdotta dapprincipio nella chiesa lo fu nascostamente, lo fusegretamente e furtivamente, con "ogni sorta d'inganno d'iniquità". Si sarebbeintrodotta "misteriosamente" sotto attraenti ma false pretese, conducendo gliuomini lontano dalla semplicità della verità insegnata da Gesù. E tutto ciòavvenne in segreto per la stessa ragione per cui furono introdotti segretamentegli antichi Misteri di Babilonia; non era ne saggio ne prudente agire altrimenti.Lo zelo della vera Chiesa, sebbene privo di potere civile, sarebbe insorto, perporre il falso sistema e tutti i suoi sostenitori al bando dal Cristianesimo, se essofosse apparso apertamente in tutta la sua oscenità e ciò ne avrebbe arrestato ilprogresso. Per ciò fu introdotto in segreto, e poco a poco fu introdotta unacorruzione dopo l'altra, man mano che procedeva l'apostasia e la Chiesa che giàregrediva divenne pronta a tollerarla, fino a che non raggiunse 1'enormedimensione che conosciamo, quando in ogni suo particolare il sistema delpapato è agli antipodi del sistema della chiesa primitiva. Della gradualeintroduzione di tutto ciò che adesso sono le principali caratteristiche di Roma,mediante l'operazione del "Mistero d'iniquità", abbiamo molte impressionantievidenze, preservate perfino da Roma stessa, nelle iscrizioni copiate dallecatacombe romane. Queste catacombe sono grandi scavi sotterranei nei dintornidi Roma, in cui i cristiani, ai tempi delle persecuzioni, durante i primi tre secoli,celebravano la loro adorazione, e inoltre vi seppellivano i loro morti. Su alcunedelle pietre tombali si sono trovate delle iscrizioni che sono direttamente indisarmonia con i ben noti principi e pratiche di Roma. Facciamo solo unesempio: Che cosa, a tutt'oggi, rappresenta maggiormente il marchio distintivodel papato più del celibato del clero? Tuttavia da queste iscrizioni abbiamomolte decisive evidenze, che anche a Roma, vi era un tempo in cui non era

Donna con coppada Babilonia.

Donna con coppa daRoma sul rovescio dellamedaglia

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18 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 18L e D u e B a b i l o n i econosciuto alcun sistema di celibato clericale. Ne è testimone quanto segue,trovato su tombe diverse:1. "A Basilio, il presbitero, e Felicita, sua moglie".2. "Petronia, moglie di un sacerdote, esempio di modestia. In questo luogolasciai le mie ossa. Asciugate le vostre lacrime, cari marito e figlia, e sappiateche è proibito piangere per chi vive in Dio". Una preghiera qui e lì per i mortidiceva: "Possa Dio rinfrancare il tuo spirito" mostrando che anche allora ilMistero d'iniquità aveva cominciato ad operare; ma le iscrizioni come quelle suriportate mostrano egualmente che era stata un'operazione lenta e attenta, poichénel periodo a cui esse si riferiscono, la chiesa romana non aveva raggiunto lapretesa di adesso, secondo cui è assolutamente proibito sposarsi ai suoisacerdoti. Ingannevolmente e gradualmente Roma gettò le fondamenta del suosistema sacerdotale, su cui successivamente furono edificate così vastesovrastrutture. Fin dal principio il "Mistero" fu impresso sul suo sistema.Ma questa caratteristica di "Mistero" le è rimasta attaccata per tutta la sua storia.Quando cominciò ad avere successo nell'oscurare la luce del Vangelo,oscurando la pienezza e la libertà della grazia di Dio, e attirando le anime degliuomini dai diretti e immediati insegnamenti dell'Unico Grande Profeta e SommoSacerdote, fu attribuito al clero un oscuro potere, che diede loro "dominio sullafede" del popolo - un dominio direttamente ripudiato dagli apostoli (2 Cor.1:24), ma che, parlando della confessione, divenne infine il potere più assoluto ecompleto mai posseduto dai sacerdoti babilonesi su coloro che erano iniziati agliantichi misteri. Il potere clericale del sacerdozio romano culminò con l'erezionedel confessionale. Il confessionale in se stesso fu preso a prestito da Babilonia.La confessione richiesta ai seguaci di Roma è del tutto diversa dalla confessioneprescritta nella parola di Dio. Ciò che dicono le Scritture sulla confessione è"confessate dunque i falli gli uni agli altri" (Giac. 5:1), il che vuoi dire cheanche i sacerdoti dovrebbero confessarsi al popolo come il popolo ai sacerdoti,se dovessero peccare gli uni contro gli altri. Questo non avrebbe mai potutoessere sfruttato per alcuno scopo di dispotismo spirituale e perciò Roma,abbandonando la parola di Dio, ha fatto ricorso al sistema babilonico. In quelsistema, la confessione segreta al sacerdote, secondo una procedura stabilita, erarichiesta da tutti coloro che desideravano essere ammessi ai "Misteri"; e fino ache tale confessione non fosse stata fatta, non poteva aver luogo nessunainiziazione completa. Salvertè si riferisce a questa confessione che venivaosservata in Grecia, in riti che possono chiaramente farsi risalire ad originibabilonesi: "Tutti i Greci da Delti alle Termopili, erano iniziati ai Misteri deltempio di Delfi. Il loro silenzio riguardo a qualsiasi cosa fosse loro comandatodi tenere segreta era garantito sia dal timore delle pene inflitte a chi faceva unarivelazione spergiura, e dalla confessione generale pretesa dagli aspiranti dopol'iniziazione, una confessione che causava loro un grande timore diindiscrezione da parte del sacerdote". Parla inoltre della confessione anchePotter, nelle sue "Antichità greche", sebbene sia grandemente ignorata. Nel suoracconto sui misteri eleusini, dopo aver descritto le cerimonie preliminari e leistruzioni precedenti l'ammissione dei candidati all'iniziazione all'immediatapresenza della divinità, egli così continua: "Quindi il sacerdote che li iniziavachiamato Ierofante, proponeva certe domande, quali per esempio se fosserodigiuni, ecc., a cui essi davano risposte in forma prefissata". Gli eccetera nondevono stupire il casuale lettore; si tratta invero di un eccetera significativo e

contiene un gran significato. Siete liberi da ogni violazione della castità? — enon semplicemente nel senso di impurità morale, ma quel fittizio senso di castitàche il paganesimo ha sempre prediletto. Siete liberi dalla colpa dell' omicidio?— poiché nessun colpevole di omicidio, anche accidentale può essere ammessofino a che non sia purificato dal sangue e vi erano certi sacerdoti chiamati Koes,che "udivano le confessioni" in tali casi e toglievano la colpa del sangue.L'intimità delle domande nel confessionale pagano è menzionata in modoevidente in certi poemi licenziosi di Properzio, Tibullo e Giovenale. Wilkinson,nel suo capitolo su "Digiuni e penitenze semplici" che, egli dice, "eranostrettamente osservati", "in relazione a certe regole e periodi fissati", cita diversefonti classiche che mostrano chiaramente da dove il Papismo traesse la sorta didomande che hanno attribuito quel carattere di oscurità al suo confessionale,com'è chiaramente mostrato dalle ben note pagine di Peter Drus. Lagiustificazione addotta per la confessione auricolare era che le solennità a cui gliiniziati sarebbero stati ammessi erano così elevate, così celesti, così sante chenessun uomo con delle colpe sulla coscienza, non purificato dai peccati, potevaesservi ammesso in tali condizioni. Per la salvezza di coloro che dovevanoessere iniziati, era ritenuto indispensabile che il sacerdote officiante dovesseindagare la loro coscienza per timore che giungesse, senza la debitapurificazione dai peccati contratti, l'ira degli dèi contro i profani. Questa era lamotivazione; ma quando veniamo a conoscenza della natura essenzialmenteempia, sia degli dèi che dei loro adoratori, chi non si rende conto che non sitrattava altro che di una scusa; che lo scopo principale nel richiedere che icandidati all'iniziazione si confessassero ai sacerdoti di tutte le loro colpesegrete e delle mancanze e dei peccati, era solo quello di tenerli del tutto inpotere di coloro ai quali venivano confidati i più riposti sentimenti delle loroanime e i loro segreti più importanti? Adesso, esattamente nello stesso modo eper gli stessi scopi, Roma ha eretto il confessionale. Invece di richiedere chesacerdoti e popolo, come dicono le Scritture "confessino i loro falli gli uni aglialtri" quando vi sono offese reciproche, essa comanda, sotto comminatoria diperdizione, di confessare al sacerdote se essi hanno trasgredito o no contro dilui, mentre il sacerdote non ha alcun obbligo di confessarsi con il popolo. Senzatale confessione, nella chiesa di Roma, non può esservi ammissione aisacramenti, più di quanto ai giorni del paganesimo potesse esservi ammissionesenza la confessione, ai benefici dei Misteri. Oggi, questa confessione, è fatta daciascun individuo, in segreto e in solitudine al sacerdote investito del potere diesaminare le coscienze, per giudicare la vita, assolvere o condannare secondo lasua arbitraria volontà e piacimento. Questo è il grande cardine su cui viene fattoruotare l'intero "Mistero d'iniquità" che è incorporato nel papato; e dovunque siè sottoposti ad esso, esso serve ammirevolmente allo scopo di vincolare gliuomini in tale abbietta soggezione al sacerdozio.In conformità al principio sul quale era edificato il confessionale, la chiesa, cioèil clero, pretendeva di essere l'unico depositario della vera fede delCristianesimo. Come i sacerdoti caldei erano ritenuti i soli detentori della chiavedell'intendimento della mitologia di Babilonia, una chiave loro conferita dallapiù remota antichità, così i sacerdoti di Roma pretendono di essere gli uniciinterpreti delle Scritture; essi solo posseggono la vera tradizione, trasmessad'epoca in epoca, senza la quale è impossibile arrivare al vero intendimentodelle Scritture. Essi perciò richiedono fede implicita nei loro dogmi; tutti gli

191 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 191L e D u e B a b i l o n i enella chiesa di Roma ciò che adesso sono chiamati i Canti Gregoriani, li aveva attinti daimisteri caldei, che da lungo tempo allignavano a Roma; difatti il sacerdote cattolico ro-mano, Eustachio, ammette che questi canti erano in prevalenza composti di "melodiedella Lidia e della Frigia", che furono in tempi successivi le sedi principali di quei miste-ri, dei quali i misteri egiziani erano solo una diramazione. Si trattava di melodie sacre, lamusica del grande dio, e nell'introdurle Gregorio introdusse la musica di Kamut. E cosìstando a tutte le apparenze, è accaduto che il nome di Osiride o Kamut, "il marito dellamadre", è usato quotidianamente fra di noi come nome della scala musicale; poiché cos'èla melodia di Osiride, consistente di "sette vocali" formanti un inno, se non il Gamut?4 Vedi il lessico caldeo dove il verbo "Asher" è tradotto "firmavit roboravit". Assur, ilparticipio passivo, conseguentemente è "firmatus roboratus". Anche in ebraico questosenso sembra essere inerente nel verbo, come si può comprendere dal nome te-ashur, ilnome del larice (Isaia 60:13) il cui legno è notevole per la sua stabilità e compattezza.Anche nel senso dell'ebraico comune, il significato è sostanzialmente lo stesso; dato cheAshur significa "prosperare", o "rendere prospero", Ashur, al participio passivo devesignificare "prosperato", o "reso prospero".5 Nin-neveh, "l'abitazione di Nino".6 La composizione del nome Ermes proviene innanzitutto da "Her" che in caldeo è sino-nimo di Cam o Kem, "colui che è arso". Poiché "Her", inoltre, come Cam, significa"Ardente" o bruciante, questo nome fornisce le basi per identificare Cam con il sole ecosì deificare il grande patriarca, con il cui nome fu successivamente chiamato l'Egitto,in relazione al sole. Kem o Cam sotto il suo stesso nome fu apertamente adorato in epo-che successive nel paese di Cam; ma ciò dapprincipio sarebbe stato troppo ardito. Macomunque mediante il sinonimo "Her" fu preparata la via per ciò. Her è il nome di Horus,che viene identificato col sole, il che mostra che la reale etimologia proviene dal verbo acui ho fatto riferimento. Quindi, secondariamente, "Mes" proviene da Meseh o, senzal'ultimo radicale, che può omettersi. Mesh "trarre fuori". In egiziano, abbiamo Ms nelsenso di "tra fuori" che è evidentemente una forma differente della stessa parola. Nelsenso passivo, inoltre, troviamo impiegato Ms. Il significato basilare di Mesheh nel lessi-co di Stockii è, in latino,"Extraxit", e la nostra parola italiana "estrazione" applicata allanascita o alla discendenza, mostra che vi è una connessione fra il significato generico diquesta parola e la nascita. Questa derivazione sarà utile per spiegare il significato deinomi dei re egiziani Ramesse e Totmes. Il primo significa evidentemente "figlio di Ra" odel sole; poiché Ramesse è "Elion pais"; il secondo, in maniera simile, vuoi dire "Figliodi Toth". Per la stessa ragione Her-mes vuoi dire "Figlio di Her, o Cam", l'ardente, cioèCus.7 Mentre i nomi Bel ed Efaistos hanno l'origine summenzionata, essi non erano nomiinadatti anche, se pur in senso diverso, per gli dèi egiziani guerrieri discendenti da Cus,da cui Babilonia ottenne la sua gloria fra le nazioni. I deificati re guerrieri della linea diCus si vantavano del loro potere di recare confusione fra i loro nemici, di disperdere iloro eserciti e di "ridurre a pezzi la terrà" mediante la loro irresistibile potenza. Vi è un'al-lusione a ciò, indubbiamente, come pure gli atti del primitivo Bel nelle ispirate denuncedi Geremia su Babilonia. Anche il senso fisico di questi nomi era incorporato nel bastoneprovveduto al greco Ercole - lo stesso bastone di Giano - quando, con caratteristiche deltutto differenti da quelle dell'Erede originale fu considerato come il grande riformatoredel mondo, mediante la sua sola forza fisica. Quando viene rappresentato Giano bifrontecon il bastone, tale duplice raffigurazione probabilmente intende raffigurare il vecchioCus e il giovane Nimrod, fusi insieme. Ma la raffigurazione duplice con altri attributi siriferiva ad un altro "Padre degli dèi" di cui parleremo dopo, che aveva specialmente a chefare con l'acqua.8 Nella nostra versione, Ala-mahozin è tradotto a volte "dio delle schiere" e a volte "deiprotettori". Quest'ultima interpretazione è insostenibile, poiché Ala è al singolare. Manemmeno la prima è plausibile; poiché Mahozin, o Mauzzim, non significa "schiere" o

"eserciti" ma "munizioni", cioè fortificazioni. Stockius, nel suo lessico, ci da la definizio-ne di Mahoz al singolare, robur, arx, locus munitus, e a riprova della definizione, i se-guenti esempi: - Giudici 6:26, "E costruisci un altare all'Eterno al tuo Dio, in cima a que-sta roccia" (Mahoz, in margine "luogo fortificato"); e Daniele 11:19, "poi il re si dirigeràverso le fortezze del proprio paese (Mahoz).9 Nella mitologia greca, Cronos e Rea sono comunemente fratello e sorella. Nino e Semi-ramide, secondo la storia, non vengono menzionati come se fra loro vi fosse una relazio-ne di qualsiasi tipo; ma ciò non costituisce un ostacolo circa la reale identità di Cronos edi Nino: poiché, primo, le relazioni fra divinità, in molti paesi, sono particolarmente inconflitto: Osiride, in Egitto, è rappresentato, in tempi diversi, non solo come il figlio emarito di Iside, ma anche come suo padre e fratello; quindi, secondariamente qualunquecosa immortali deificati potessero essere stati prima della loro deificazione, una voltadeificati, essi si vengono a trovare con relazioni di parentela del tutto nuove. Per l'apoteo-si di marito e moglie, fu necessario per la dignità di entrambi che fossero similmenterappresentati come se avessero la stessa origine celestiale, come se entrambi fossero inmodo soprannaturale figli di Dio. Prima del diluvio, il grande peccato che aveva ridottoin rovina la razza umana era, che i "figli di Dio" sposarono altre oltre le figlie di Dio, inaltre parole, coloro che non erano in senso spirituale loro "sorelle" (Gen. 6:2,3). Nel nuo-vo mondo, mentre ancora prevaleva l'influenza di Noè, dev'essere stata fortemente incul-cata la pratica opposta; per un "figlio di Dio" sposare chiunque non fosse una figlia diDio, o sua "sorella" nella fede, dev'essere stato un matrimonio incompatibile e una di-sgrazia. Perciò, dalla perversione di un'idea spirituale, provenne, indubbiamente, la no-zione della dignità e della purezza di una linea reale che dev'essere preservata attraversoil matrimonio di reali fratelli e sorelle. Questo accadeva in Perù, in India e in Egitto. Daqui la relazione fra Jupiter e Giunone la quale si vantava di essere "soror et coniux" -sorella e moglie - di suo marito. Da qui la relazione fra Iside e suo marito Osiride, che èraffigurata come "se facesse pianto su suo fratello Osiride". Per la stessa ragione, senzadubbio, Rea fu dichiarata sorella di suo marito Cronos, per mostrare la di lui dignità edeguaglianza.10 II nome tradotto toro o governante, è in ebraico senza punti vocalici, Shur, che in cal-deo diventa Tur. Da Tur, nel senso di toro, deriva il latino Taurus e dalla stessa parola nelsenso di governante, Turannus, che in origine non aveva alcun significato cattivo. Così inqueste ben note parole dei classici, troviamo l'evidenza del procedimento dello stessoprincipio che portò i deificati re assiri ad essere rappresentati sotto la forma dell'uomo-toro.11 Ciò secondo un peculiare idioma orientale, di cui vi sono molti esempi. Così Baal-aph,"Signore dell'ira", significa "uomo adirato"; Baal-lashon, "Signore della lingua", "uomoeloquente"; Baal-hatzim, "Signore della freccia", "arcieri"; e, similmente, Baal-aberin,"signore delle ali", significa "alato".SOTTOSEZIONE II IL FIGLIO IN EGITTO12 Aristofane dice che Eros o Cupido produsse gli "uccelli" e gli "dèi" "mescolando ognicosa". Ciò evidentemente si riferisce al significato del nome Bel, che a volte significa"colui che mischia" e "colui che confonde". Tale nome appartiene appropriatamente alpadre di Nimrod ma, poiché il figlio era rappresentato come identificatesi col padre, ab-biamo l'evidenza che il nome proviene al figlio e ad altri per eredità.1 La decorazione distintiva di Maut era un avvoltoio sul capo. E non a caso il nome Rea,in uno dei suoi significati, vuol dire avvoltoio.2 "Nimrod": da Nimr, "leopardo", e rada o rad "domare". Secondo un'invariabile abitudi-ne in Ebraico, quando si incontrano due consonanti come le due erre in Nimrod, una diloro viene eliminata. Così Nin-neveh, "l'abitazione di Nino", diviene Ninive. Il nomeNimrod si fa derivare comunemente da Mered, "ribellarsi"; ma vi è sempre stata unadifficoltà circa tale derivazione in quanto renderebbe passivo il nome Nimrod, non "il

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190 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 190L e D u e B a b i l o n i enella chiesa di Roma ciò che adesso sono chiamati i Canti Gregoriani, li aveva attinti daimisteri caldei, che da lungo tempo allignavano a Roma; difatti il sacerdote cattolico ro-mano, Eustachio, ammette che questi canti erano in prevalenza composti di "melodiedella Lidia e della Frigia", che furono in tempi successivi le sedi principali di quei miste-ri, dei quali i misteri egiziani erano solo una diramazione. Si trattava di melodie sacre, lamusica del grande dio, e nell'introdurle Gregorio introdusse la musica di Kamut. E cosìstando a tutte le apparenze, è accaduto che il nome di Osiride o Kamut, "il marito dellamadre", è usato quotidianamente fra di noi come nome della scala musicale; poiché cos'èla melodia di Osiride, consistente di "sette vocali" formanti un inno, se non il Gamut?4 Vedi il lessico caldeo dove il verbo "Asher" è tradotto "firmavit roboravit". Assur, ilparticipio passivo, conseguentemente è "firmatus roboratus". Anche in ebraico questosenso sembra essere inerente nel verbo, come si può comprendere dal nome te-ashur, ilnome del larice (Isaia 60:13) il cui legno è notevole per la sua stabilità e compattezza.Anche nel senso dell'ebraico comune, il significato è sostanzialmente lo stesso; dato cheAshur significa "prosperare", o "rendere prospero", Ashur, al participio passivo devesignificare "prosperato", o "reso prospero".5 Nin-neveh, "l'abitazione di Nino".6 La composizione del nome Ermes proviene innanzitutto da "Her" che in caldeo è sino-nimo di Cam o Kem, "colui che è arso". Poiché "Her", inoltre, come Cam, significa"Ardente" o bruciante, questo nome fornisce le basi per identificare Cam con il sole ecosì deificare il grande patriarca, con il cui nome fu successivamente chiamato l'Egitto,in relazione al sole. Kem o Cam sotto il suo stesso nome fu apertamente adorato in epo-che successive nel paese di Cam; ma ciò dapprincipio sarebbe stato troppo ardito. Macomunque mediante il sinonimo "Her" fu preparata la via per ciò. Her è il nome di Horus,che viene identificato col sole, il che mostra che la reale etimologia proviene dal verbo acui ho fatto riferimento. Quindi, secondariamente, "Mes" proviene da Meseh o, senzal'ultimo radicale, che può omettersi. Mesh "trarre fuori". In egiziano, abbiamo Ms nelsenso di "tra fuori" che è evidentemente una forma differente della stessa parola. Nelsenso passivo, inoltre, troviamo impiegato Ms. Il significato basilare di Mesheh nel lessi-co di Stockii è, in latino,"Extraxit", e la nostra parola italiana "estrazione" applicata allanascita o alla discendenza, mostra che vi è una connessione fra il significato generico diquesta parola e la nascita. Questa derivazione sarà utile per spiegare il significato deinomi dei re egiziani Ramesse e Totmes. Il primo significa evidentemente "figlio di Ra" odel sole; poiché Ramesse è "Elion pais"; il secondo, in maniera simile, vuoi dire "Figliodi Toth". Per la stessa ragione Her-mes vuoi dire "Figlio di Her, o Cam", l'ardente, cioèCus.7 Mentre i nomi Bel ed Efaistos hanno l'origine summenzionata, essi non erano nomiinadatti anche, se pur in senso diverso, per gli dèi egiziani guerrieri discendenti da Cus,da cui Babilonia ottenne la sua gloria fra le nazioni. I deificati re guerrieri della linea diCus si vantavano del loro potere di recare confusione fra i loro nemici, di disperdere iloro eserciti e di "ridurre a pezzi la terrà" mediante la loro irresistibile potenza. Vi è un'al-lusione a ciò, indubbiamente, come pure gli atti del primitivo Bel nelle ispirate denuncedi Geremia su Babilonia. Anche il senso fisico di questi nomi era incorporato nel bastoneprovveduto al greco Ercole - lo stesso bastone di Giano - quando, con caratteristiche deltutto differenti da quelle dell'Erede originale fu considerato come il grande riformatoredel mondo, mediante la sua sola forza fisica. Quando viene rappresentato Giano bifrontecon il bastone, tale duplice raffigurazione probabilmente intende raffigurare il vecchioCus e il giovane Nimrod, fusi insieme. Ma la raffigurazione duplice con altri attributi siriferiva ad un altro "Padre degli dèi" di cui parleremo dopo, che aveva specialmente a chefare con l'acqua.8 Nella nostra versione, Ala-mahozin è tradotto a volte "dio delle schiere" e a volte "deiprotettori". Quest'ultima interpretazione è insostenibile, poiché Ala è al singolare. Manemmeno la prima è plausibile; poiché Mahozin, o Mauzzim, non significa "schiere" o

"eserciti" ma "munizioni", cioè fortificazioni. Stockius, nel suo lessico, ci da la definizio-ne di Mahoz al singolare, robur, arx, locus munitus, e a riprova della definizione, i se-guenti esempi: - Giudici 6:26, "E costruisci un altare all'Eterno al tuo Dio, in cima a que-sta roccia" (Mahoz, in margine "luogo fortificato"); e Daniele 11:19, "poi il re si dirigeràverso le fortezze del proprio paese (Mahoz).9 Nella mitologia greca, Cronos e Rea sono comunemente fratello e sorella. Nino e Semi-ramide, secondo la storia, non vengono menzionati come se fra loro vi fosse una relazio-ne di qualsiasi tipo; ma ciò non costituisce un ostacolo circa la reale identità di Cronos edi Nino: poiché, primo, le relazioni fra divinità, in molti paesi, sono particolarmente inconflitto: Osiride, in Egitto, è rappresentato, in tempi diversi, non solo come il figlio emarito di Iside, ma anche come suo padre e fratello; quindi, secondariamente qualunquecosa immortali deificati potessero essere stati prima della loro deificazione, una voltadeificati, essi si vengono a trovare con relazioni di parentela del tutto nuove. Per l'apoteo-si di marito e moglie, fu necessario per la dignità di entrambi che fossero similmenterappresentati come se avessero la stessa origine celestiale, come se entrambi fossero inmodo soprannaturale figli di Dio. Prima del diluvio, il grande peccato che aveva ridottoin rovina la razza umana era, che i "figli di Dio" sposarono altre oltre le figlie di Dio, inaltre parole, coloro che non erano in senso spirituale loro "sorelle" (Gen. 6:2,3). Nel nuo-vo mondo, mentre ancora prevaleva l'influenza di Noè, dev'essere stata fortemente incul-cata la pratica opposta; per un "figlio di Dio" sposare chiunque non fosse una figlia diDio, o sua "sorella" nella fede, dev'essere stato un matrimonio incompatibile e una di-sgrazia. Perciò, dalla perversione di un'idea spirituale, provenne, indubbiamente, la no-zione della dignità e della purezza di una linea reale che dev'essere preservata attraversoil matrimonio di reali fratelli e sorelle. Questo accadeva in Perù, in India e in Egitto. Daqui la relazione fra Jupiter e Giunone la quale si vantava di essere "soror et coniux" -sorella e moglie - di suo marito. Da qui la relazione fra Iside e suo marito Osiride, che èraffigurata come "se facesse pianto su suo fratello Osiride". Per la stessa ragione, senzadubbio, Rea fu dichiarata sorella di suo marito Cronos, per mostrare la di lui dignità edeguaglianza.10 II nome tradotto toro o governante, è in ebraico senza punti vocalici, Shur, che in cal-deo diventa Tur. Da Tur, nel senso di toro, deriva il latino Taurus e dalla stessa parola nelsenso di governante, Turannus, che in origine non aveva alcun significato cattivo. Così inqueste ben note parole dei classici, troviamo l'evidenza del procedimento dello stessoprincipio che portò i deificati re assiri ad essere rappresentati sotto la forma dell'uomo-toro.11 Ciò secondo un peculiare idioma orientale, di cui vi sono molti esempi. Così Baal-aph,"Signore dell'ira", significa "uomo adirato"; Baal-lashon, "Signore della lingua", "uomoeloquente"; Baal-hatzim, "Signore della freccia", "arcieri"; e, similmente, Baal-aberin,"signore delle ali", significa "alato".SOTTOSEZIONE II IL FIGLIO IN EGITTO12 Aristofane dice che Eros o Cupido produsse gli "uccelli" e gli "dèi" "mescolando ognicosa". Ciò evidentemente si riferisce al significato del nome Bel, che a volte significa"colui che mischia" e "colui che confonde". Tale nome appartiene appropriatamente alpadre di Nimrod ma, poiché il figlio era rappresentato come identificatesi col padre, ab-biamo l'evidenza che il nome proviene al figlio e ad altri per eredità.1 La decorazione distintiva di Maut era un avvoltoio sul capo. E non a caso il nome Rea,in uno dei suoi significati, vuol dire avvoltoio.2 "Nimrod": da Nimr, "leopardo", e rada o rad "domare". Secondo un'invariabile abitudi-ne in Ebraico, quando si incontrano due consonanti come le due erre in Nimrod, una diloro viene eliminata. Così Nin-neveh, "l'abitazione di Nino", diviene Ninive. Il nomeNimrod si fa derivare comunemente da Mered, "ribellarsi"; ma vi è sempre stata unadifficoltà circa tale derivazione in quanto renderebbe passivo il nome Nimrod, non "il

19 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 19L e D u e B a b i l o n i econosciuto alcun sistema di celibato clericale. Ne è testimone quanto segue,trovato su tombe diverse:1. "A Basilio, il presbitero, e Felicita, sua moglie".2. "Petronia, moglie di un sacerdote, esempio di modestia. In questo luogolasciai le mie ossa. Asciugate le vostre lacrime, cari marito e figlia, e sappiateche è proibito piangere per chi vive in Dio". Una preghiera qui e lì per i mortidiceva: "Possa Dio rinfrancare il tuo spirito" mostrando che anche allora ilMistero d'iniquità aveva cominciato ad operare; ma le iscrizioni come quelle suriportate mostrano egualmente che era stata un'operazione lenta e attenta, poichénel periodo a cui esse si riferiscono, la chiesa romana non aveva raggiunto lapretesa di adesso, secondo cui è assolutamente proibito sposarsi ai suoisacerdoti. Ingannevolmente e gradualmente Roma gettò le fondamenta del suosistema sacerdotale, su cui successivamente furono edificate così vastesovrastrutture. Fin dal principio il "Mistero" fu impresso sul suo sistema.Ma questa caratteristica di "Mistero" le è rimasta attaccata per tutta la sua storia.Quando cominciò ad avere successo nell'oscurare la luce del Vangelo,oscurando la pienezza e la libertà della grazia di Dio, e attirando le anime degliuomini dai diretti e immediati insegnamenti dell'Unico Grande Profeta e SommoSacerdote, fu attribuito al clero un oscuro potere, che diede loro "dominio sullafede" del popolo - un dominio direttamente ripudiato dagli apostoli (2 Cor.1:24), ma che, parlando della confessione, divenne infine il potere più assoluto ecompleto mai posseduto dai sacerdoti babilonesi su coloro che erano iniziati agliantichi misteri. Il potere clericale del sacerdozio romano culminò con l'erezionedel confessionale. Il confessionale in se stesso fu preso a prestito da Babilonia.La confessione richiesta ai seguaci di Roma è del tutto diversa dalla confessioneprescritta nella parola di Dio. Ciò che dicono le Scritture sulla confessione è"confessate dunque i falli gli uni agli altri" (Giac. 5:1), il che vuoi dire cheanche i sacerdoti dovrebbero confessarsi al popolo come il popolo ai sacerdoti,se dovessero peccare gli uni contro gli altri. Questo non avrebbe mai potutoessere sfruttato per alcuno scopo di dispotismo spirituale e perciò Roma,abbandonando la parola di Dio, ha fatto ricorso al sistema babilonico. In quelsistema, la confessione segreta al sacerdote, secondo una procedura stabilita, erarichiesta da tutti coloro che desideravano essere ammessi ai "Misteri"; e fino ache tale confessione non fosse stata fatta, non poteva aver luogo nessunainiziazione completa. Salvertè si riferisce a questa confessione che venivaosservata in Grecia, in riti che possono chiaramente farsi risalire ad originibabilonesi: "Tutti i Greci da Delti alle Termopili, erano iniziati ai Misteri deltempio di Delfi. Il loro silenzio riguardo a qualsiasi cosa fosse loro comandatodi tenere segreta era garantito sia dal timore delle pene inflitte a chi faceva unarivelazione spergiura, e dalla confessione generale pretesa dagli aspiranti dopol'iniziazione, una confessione che causava loro un grande timore diindiscrezione da parte del sacerdote". Parla inoltre della confessione anchePotter, nelle sue "Antichità greche", sebbene sia grandemente ignorata. Nel suoracconto sui misteri eleusini, dopo aver descritto le cerimonie preliminari e leistruzioni precedenti l'ammissione dei candidati all'iniziazione all'immediatapresenza della divinità, egli così continua: "Quindi il sacerdote che li iniziavachiamato Ierofante, proponeva certe domande, quali per esempio se fosserodigiuni, ecc., a cui essi davano risposte in forma prefissata". Gli eccetera nondevono stupire il casuale lettore; si tratta invero di un eccetera significativo e

contiene un gran significato. Siete liberi da ogni violazione della castità? — enon semplicemente nel senso di impurità morale, ma quel fittizio senso di castitàche il paganesimo ha sempre prediletto. Siete liberi dalla colpa dell' omicidio?— poiché nessun colpevole di omicidio, anche accidentale può essere ammessofino a che non sia purificato dal sangue e vi erano certi sacerdoti chiamati Koes,che "udivano le confessioni" in tali casi e toglievano la colpa del sangue.L'intimità delle domande nel confessionale pagano è menzionata in modoevidente in certi poemi licenziosi di Properzio, Tibullo e Giovenale. Wilkinson,nel suo capitolo su "Digiuni e penitenze semplici" che, egli dice, "eranostrettamente osservati", "in relazione a certe regole e periodi fissati", cita diversefonti classiche che mostrano chiaramente da dove il Papismo traesse la sorta didomande che hanno attribuito quel carattere di oscurità al suo confessionale,com'è chiaramente mostrato dalle ben note pagine di Peter Drus. Lagiustificazione addotta per la confessione auricolare era che le solennità a cui gliiniziati sarebbero stati ammessi erano così elevate, così celesti, così sante chenessun uomo con delle colpe sulla coscienza, non purificato dai peccati, potevaesservi ammesso in tali condizioni. Per la salvezza di coloro che dovevanoessere iniziati, era ritenuto indispensabile che il sacerdote officiante dovesseindagare la loro coscienza per timore che giungesse, senza la debitapurificazione dai peccati contratti, l'ira degli dèi contro i profani. Questa era lamotivazione; ma quando veniamo a conoscenza della natura essenzialmenteempia, sia degli dèi che dei loro adoratori, chi non si rende conto che non sitrattava altro che di una scusa; che lo scopo principale nel richiedere che icandidati all'iniziazione si confessassero ai sacerdoti di tutte le loro colpesegrete e delle mancanze e dei peccati, era solo quello di tenerli del tutto inpotere di coloro ai quali venivano confidati i più riposti sentimenti delle loroanime e i loro segreti più importanti? Adesso, esattamente nello stesso modo eper gli stessi scopi, Roma ha eretto il confessionale. Invece di richiedere chesacerdoti e popolo, come dicono le Scritture "confessino i loro falli gli uni aglialtri" quando vi sono offese reciproche, essa comanda, sotto comminatoria diperdizione, di confessare al sacerdote se essi hanno trasgredito o no contro dilui, mentre il sacerdote non ha alcun obbligo di confessarsi con il popolo. Senzatale confessione, nella chiesa di Roma, non può esservi ammissione aisacramenti, più di quanto ai giorni del paganesimo potesse esservi ammissionesenza la confessione, ai benefici dei Misteri. Oggi, questa confessione, è fatta daciascun individuo, in segreto e in solitudine al sacerdote investito del potere diesaminare le coscienze, per giudicare la vita, assolvere o condannare secondo lasua arbitraria volontà e piacimento. Questo è il grande cardine su cui viene fattoruotare l'intero "Mistero d'iniquità" che è incorporato nel papato; e dovunque siè sottoposti ad esso, esso serve ammirevolmente allo scopo di vincolare gliuomini in tale abbietta soggezione al sacerdozio.In conformità al principio sul quale era edificato il confessionale, la chiesa, cioèil clero, pretendeva di essere l'unico depositario della vera fede delCristianesimo. Come i sacerdoti caldei erano ritenuti i soli detentori della chiavedell'intendimento della mitologia di Babilonia, una chiave loro conferita dallapiù remota antichità, così i sacerdoti di Roma pretendono di essere gli uniciinterpreti delle Scritture; essi solo posseggono la vera tradizione, trasmessad'epoca in epoca, senza la quale è impossibile arrivare al vero intendimentodelle Scritture. Essi perciò richiedono fede implicita nei loro dogmi; tutti gli

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20 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 20L e D u e B a b i l o n i eCAPITOLO II

OGGETTO DELL'ADORAZIONE

SEZIONE ITRINITÀ NELL'UNITÀ

Se esistono tali generali coincidenze fra i sistemi di Babilonia e Roma, sorge ladomanda: finiscono qui le coincidenze? A ciò diamo la risposta: vanno moltooltre. Dobbiamo soltanto mettere a paragone gli antichi Misteri Babilonesi conl'intero sistema di Roma, e allora vedremo quanto enormemente l'uno abbiaattinto dall'altro. Questi misteri sono stati per lungo tempo avvolti dalle tenebre,ma adesso le dense tenebre cominciano a dissiparsi. Chiunque abbia prestato laminima attenzione alla letteratura Greca, Egiziana, Fenicia o Romana èconsapevole del ruolo che questi Misteri svolgevano in tali paesi, e che, a partele circostanze differenti che potevano esservi, per quanto riguarda tutti gliaspetti essenziali, questi "Misteri" erano gli stessi in paesi diversi. Orbene, comeil linguaggio di Geremia, già citato, indicherebbe che Babilonia fu la fonteprincipale da cui sgorgano tutti questi sistemi idolatrici, così le deduzioni deglistorici più dotti, su basi puramente storiche, hanno condotto alla medesimaconclusione. Da Zonaras troviamo che la testimonianza concorde degli antichiautori che egli ha consultato perveniva a tale conclusione; per cui, parlando diaritmetica e di astronomia egli dice: "Si dice che queste [discipline] provenganodai Caldei agli Egiziani, e da questi ai Greci". Se gli Egiziani e i Greci hannoricevuto la loro aritmetica e la loro astronomia dalla Caldea, vediamo comequeste ultime in Caldea erano scienze sacre, ed erano monopolizzate daisacerdoti, e questa è un'evidenza sufficiente circa l'origine della loro religionedallo stesso ambiente. Sia Bunsen che Layard nelle loro ricerche hanno ottenutosostanzialmente lo stesso risultato. Bunsen afferma che il sistema religiosoegiziano era d'origine asiatica e "dal primitivo impero di Babele", Layard,inoltre, sebbene assuma una certa qual veduta più favorevole, circa il sistemadei MAGI Caldei, di quanto io non sia persuaso che autorizzino i fatti storici, siesprime in tal modo circa quel sistema; "Vi è abbondante evidenza della grandeantichità di questa adorazione primitiva, e anche del fatto che essa ebbe originefra gli abitanti delle pianure d'Assiria", abbiamo la testimonianza concorde siadella storia sacra che di quella profana. Ricevette l'appellativo di perfetta e sicredeva che fosse tra i sistemi religiosi più antichi, avendo preceduto quelladegli Egiziani. "L'identità", egli aggiunge "di molte delle dottrine assire conquelle egiziane e menzionata da Porfirio e da Clemente"; e in relazione allostesso soggetto egli cita quanto segue da Birch sui cilindri e sui monumentibabilonesi: "I segni dello Zodiaco... mostrano inequivocabilmente che i Greciderivarono le loro nozioni e disposizioni dallo Zodiaco (e di conseguenza la loromitologia che era intimamente connessa ad esso) dai Caldei. L'identità diNimrod con la costellazione di Orione non può essere negata". Anche Ouvaroff,nella sua dotta opera sui misteri eleusini, è pervenuto alla stessa conclusione.Dopo aver menzionato il fatto che i sacerdoti egiziani pretendevano il merito diaver trasmesso ai Greci i primi elementi del politeismo, conclude: "Questi fattipositivi dimostrerebbero sufficientemente, anche senza la conformità delle idee,che i misteri trapiantati in Grecia, e quivi uniti ad un certo numero di tradizioni

uomini furono obbligati a credere allo stesso modo della chiesa mentre la chiesaha modellato la sua fede come le è piaciuto. Possedendo, inoltre, supremaautorità sulla fede, essi avrebbero elargito poco o molto a seconda che logiudicassero più conveniente; e come avere una "Riserva" nell'insegnare legrandi verità della religione era un principio essenziale nel sistema diBabilonia,lo è nel Romanismo o nel Trattarianismo d'oggi. Fu tale sacerdozio apretendere di dominare la fede degli uomini che "soffocano la verità conl'ingiustizia" nel mondo antico, cosicché "tenebre coprono la terra, e grandeoscurità il popolo". Fu la medesima pretesa da parte dei sacerdoti romani cheintrodusse i secoli bui, quando il Vangelo fu sconosciuto, e la Bibbia un librosigillato per milioni che ignoravano il nome di Cristo. Sotto ogni aspetto, quindi,vediamo come Roma appropriatamente porti sulla sua fronte il nome "Mistero,Babilonia la Grande".

189 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 189L e D u e B a b i l o n i eche descrive una figurazione papista della Trinità, pubblicata recentemente in quella città,si può vedere che qualcosa di simile a tale modo di rappresentare la divinità appare anchea casa nostra: "In cima al disegno vi è una rappresentazione della Santa Trinità. Vi pre-ghiamo di parlarle con opportuna riverenza. Dio il Padre e Dio il Figlio sono rappresenta-ti come un uomo con due teste, un corpo e due braccia. Una delle teste è simile alle raffi-gurazioni che si fanno ordinariamente del nostro Salvatore. L'altra è la testa di un vecchiosormontata da un triangolo. Dal mezzo di questa figura procede lo spirito santo in formadi colomba. Pensiamo che sia penoso per ogni mente cristiana e ripugnante per i suoisentimenti solo guardare tale figura.5 Alcuni hanno detto che la forma plurale del nome di Dio nell'ebraico del Genesi, nonoffre nessun argomento per la dottrina della pluralità delle persone nella divinità, poichéla stessa parola al plurale è applicata alle divinità pagane. Ma se la divinità suprema nellamaggior parte delle antiche nazioni pagane era trina, è manifestata la futilità di quest'o-biezione.6 II colonnello Kcnnedy si oppone all'applicazione del nome "Eko Deva" all'immaginetriforme del tempio in grotta di Elefanta, basandosi sul fatto che il nome appartiene soloal supremo Brama. Ma in ciò egli è incongruente, poiché ammette che Brama, la primapersona di quell'immagine triforme, si identifica con il supremo Brama; e successivamen-te che è pronunciata una maledizione su tutti coloro che fanno una distinzione fra Brama,Visnù e Siva, le tre divinità rappresentate da quell'immagine.7 La triplice invocazione del sacro nome nella benedizione che Giacobbe concesse ai figlidi Giuseppe è molto appropriata: "E benedisse Giuseppe, e disse: 'L'Iddio, nel cui cospet-to camminarono i miei padri Abrahanio e Isacco, l'Iddio ch'è stato il mio pastore dacchéesisto fino a questo giorno, l'angelo che mi ha liberato da ogni male, benedica questifanciulli" (Gen. 48:15,16). Se l'angelo qui menzionato non fosse stato Dio, Giacobbe nonlo avrebbe mai invocato ponendolo su un piano di eguaglianza con Dio. In Osea 12:3-5,"L'angelo che redense" Giacobbe è espressamente chiamato Dio: "Egli (Giacobbe) lottòcon Dio; lottò con l'angelo, e restò vincitore; egli pianse e lo supplicò. A Bethel lo trovòe quivi Egli parlò con noi"; Or l'Eterno è l'Iddio degli eserciti; il suo nome è l'Eterno".8 Dallo stesso nostro linguaggio abbiamo la prova che esso aveva il significato di un cer-chio fra i caldei, poich'è cos'altro significava zero, il nome della cifra matematica, se nonun cerchio? E da dove abbiamo derivato tale termine se non dagli arabi, che, senza dub-bio, a loro volta lo avevano ricevuto dai Caldei, i grandi cultori sia dell'aritmetica e dellageometria come pure dell'idolatria? Zero, in tal senso, proviene evidentemente dal calde-o, Zer, "circondare", da cui, anche, indubbiamente derivò il nome babilonese di un gran-de ciclo temporale, chiamato un "sarros". Poiché egli, che dai Caldei era consideratocome il grande "seme" era anche stimato come il SOLE incarnato, e poiché l'emblema delsole era un cerchio, la relazione geroglifica fra zero, "il cerchio", e zero, "il seme", fufacilmente stabilita.9 Dall'affermazione di Genesi 1:2 secondo cui "lo spirito di Dio aleggiava sulla superficiedelle acque", dov'è evidente che la colomba è stata fin dal principio un emblema divinodello spirito santo.

SEZIONE II LA MADRE E IL FIGLIO E L'ORIGINE DEL FIGLIO1 Lo stesso nome con cui gli Italiani comunemente designano la Vergine è proprio latraduzione di uno dei titoli delle dee babilonesi. Come Baal o Belus era il nome dellagrande divinità maschile di Babilonia, cosi la divinità femminile era chiamata Beltis.Questo nome è stato ritrovato a Ninive dove si applicava alla "Madre degli dei"; e in undiscorso attribuito a Nabucodonosor, preservato nella Preparatio Evangelii di Eusebio,entrambi i titoli "Belus e Beltis" sono congiunti come titoli del grande dio e della deaBabilonese. Il greco Belus, che rappresentava il più alto titolo del dio babilonese, signifi-cava senza dubbio Baal, "II Signore". Beltis, perciò, come titolo della divinità femminileera equivalente a "Baalti" che in latino è "Mea domina", e in italiano è alterato nel ben

noto "Madonna". In relazione a ciò, può essere osservato che il nome Giunone, la classi-ca "Regina dei cieli", che in greco era Hera, significa pure "La signora" e che il titolopeculiare di Cibele o Rea a Roma, era Domina o "La Signora". Inoltre vi sono buoneragioni per credere che Atena, il ben noto nome di Minerva, avesse lo stesso significato.L'ebraico Adon "II Signore" è, con la punteggiatura, pronunciato Athon. Abbiamo l'evi-denza che questo nome fosse noto ai greci dell'Asia dai quali, in larga misura, l'idolatriapenetrò nella Grecia europea come un nome di Dio sotto la forma di "Athan". Eustatiusin una nota sulle Periergesi di Dionisio, parlando dei nomi locali nel distretto di Laodice-a, dice che "Athan è Dio". Il femminile di Athan "II Signore" è Athana, "La Signora",che nel dialetto attico è Atena. Non v'e dubbio che Minerva è rappresentata comunemen-te come una vergine; ma, nonostante ciò, apprendiamo che a Ierapitra nell'isola di Creta(dice Muller che le monete di tale città portavano impresso il simbolo ateniese di Miner-va) essa era ritenuta la madre del Coribante di Elios, o il "sole". È sicuro che la Minervaegiziana, che era il prototipo della dea ateniese, era una madre ed era chiamata "Deamadre", o "Madre degli dei".2 Gutziaff pensa che Shing Moo debba essere stata presa a prestito da una fonte papista; enon può esservi alcun dubbio che, nel caso individuale a cui egli si riferisce, le storiepagane e cristiane siano amalgamate. Ma Sir J.F. Davis mostra che i cinesi di Cantontrovano tale analogia fra la loro dea pagana Kuanyin e la madonna papista, che, conver-sando con gli europei, essi chiamano indifferentemente sia l'una che l'altra con lo stessotitolo. I primi missionari Gesuiti in Cina inoltre scrissero alla loro sede europea, che tro-vavano menzione nei libri sacri cinesi, libri inequivocabilmente pagani, di una madre eun figlio, molto simili alla loro madonna con bambino di casa loro. Uno dei nomi dellaSanta Madre cinese è Ma Tsoopo.

SOTTOSEZIONE I IL FIGLIO IN ASSIRIA1 Sir H. Rawlinson che ha trovato delle evidenze a Ninive dell'esistenza di una Semirami-de circa 6 secoli prima dell'era cristiana, sembra propenso a considerarla come la solaSemiramide che sia mai esistita. Ma ciò è in contrasto con tutta la storia. Il fatto che vifosse una Semiramide nelle epoche primitive del mondo, è oltre ogni dubbio, sebbenealcune delle gesta della regina successiva siano state evidentemente attribuite alla suapredecessora. Layard dissente dell'opinione di Rawlinson.2 Da Bakhah "piangere" o "lamento". Fra i Fenici, dice Esichio "bacco significa pianto".Come le donne piangevano per Tammuz, così facevano per Bacco.3 Si può osservare che questo stesso nome "Marito della Madre" dato a Osiride, sembraanche oggi essere d'uso comune fra di noi sebbene non vi sia il minimo sospetto circa ilsignificato del termine o sulla sua provenienza. Erodoto menziona che, quando si trovavain Egitto, fu sorpreso di udire lo stesso luttuoso ma incantevole "Cantico di Lino" cantatodagli egiziani (sebbene con un altro nome), che era stato abituato a udire nella sua nativaGrecia. Lino era stato lo stesso dio che Bacco in Grecia, o Osiride in Egitto; poiché Ome-ro presenta un ragazzo che canta il cantico di Lino, mentre era in corso la vendemmia(Iliade) e lo Scoliaste dice che il cantico era cantato in memoria di Lino che era ridotto inpezzi dai cani. L'epiteto "cani" applicato a coloro che avevano fatto a pezzi Lino, è usatoevidentemente in senso mistico, e si vedrà successivamente come attraverso l'altro nomecon cui è conosciuto - Narciso - sia identificato con il Bacco greco e l'egiziano Osiride.In alcuni luoghi in Egitto, sembra che per il cantico di Lino o Osiride sia stata usata unamelodia particolare. Savary dice che, nel tempio di Abidos, "i sacerdoti ripetevano lesette vocali in forma di inni, e che ai musici era proibito entrarvi". Strabone a cui Savaryfa riferimento, chiama il dio da quel tempio Memnone, ma apprendiamo da Wilkinsonche Osiride era il grande dio di Abidos, da cui si comprende che Memnone e Osirideerano solo nomi differenti per la stessa divinità. Il nome di Lino o Osiride, nella qualitàdi "marito di sua madre", era in Egitto Kamut. Quando Gregorio il grande introdusse

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188 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 188L e D u e B a b i l o n i eche descrive una figurazione papista della Trinità, pubblicata recentemente in quella città,si può vedere che qualcosa di simile a tale modo di rappresentare la divinità appare anchea casa nostra: "In cima al disegno vi è una rappresentazione della Santa Trinità. Vi pre-ghiamo di parlarle con opportuna riverenza. Dio il Padre e Dio il Figlio sono rappresenta-ti come un uomo con due teste, un corpo e due braccia. Una delle teste è simile alle raffi-gurazioni che si fanno ordinariamente del nostro Salvatore. L'altra è la testa di un vecchiosormontata da un triangolo. Dal mezzo di questa figura procede lo spirito santo in formadi colomba. Pensiamo che sia penoso per ogni mente cristiana e ripugnante per i suoisentimenti solo guardare tale figura.5 Alcuni hanno detto che la forma plurale del nome di Dio nell'ebraico del Genesi, nonoffre nessun argomento per la dottrina della pluralità delle persone nella divinità, poichéla stessa parola al plurale è applicata alle divinità pagane. Ma se la divinità suprema nellamaggior parte delle antiche nazioni pagane era trina, è manifestata la futilità di quest'o-biezione.6 II colonnello Kcnnedy si oppone all'applicazione del nome "Eko Deva" all'immaginetriforme del tempio in grotta di Elefanta, basandosi sul fatto che il nome appartiene soloal supremo Brama. Ma in ciò egli è incongruente, poiché ammette che Brama, la primapersona di quell'immagine triforme, si identifica con il supremo Brama; e successivamen-te che è pronunciata una maledizione su tutti coloro che fanno una distinzione fra Brama,Visnù e Siva, le tre divinità rappresentate da quell'immagine.7 La triplice invocazione del sacro nome nella benedizione che Giacobbe concesse ai figlidi Giuseppe è molto appropriata: "E benedisse Giuseppe, e disse: 'L'Iddio, nel cui cospet-to camminarono i miei padri Abrahanio e Isacco, l'Iddio ch'è stato il mio pastore dacchéesisto fino a questo giorno, l'angelo che mi ha liberato da ogni male, benedica questifanciulli" (Gen. 48:15,16). Se l'angelo qui menzionato non fosse stato Dio, Giacobbe nonlo avrebbe mai invocato ponendolo su un piano di eguaglianza con Dio. In Osea 12:3-5,"L'angelo che redense" Giacobbe è espressamente chiamato Dio: "Egli (Giacobbe) lottòcon Dio; lottò con l'angelo, e restò vincitore; egli pianse e lo supplicò. A Bethel lo trovòe quivi Egli parlò con noi"; Or l'Eterno è l'Iddio degli eserciti; il suo nome è l'Eterno".8 Dallo stesso nostro linguaggio abbiamo la prova che esso aveva il significato di un cer-chio fra i caldei, poich'è cos'altro significava zero, il nome della cifra matematica, se nonun cerchio? E da dove abbiamo derivato tale termine se non dagli arabi, che, senza dub-bio, a loro volta lo avevano ricevuto dai Caldei, i grandi cultori sia dell'aritmetica e dellageometria come pure dell'idolatria? Zero, in tal senso, proviene evidentemente dal calde-o, Zer, "circondare", da cui, anche, indubbiamente derivò il nome babilonese di un gran-de ciclo temporale, chiamato un "sarros". Poiché egli, che dai Caldei era consideratocome il grande "seme" era anche stimato come il SOLE incarnato, e poiché l'emblema delsole era un cerchio, la relazione geroglifica fra zero, "il cerchio", e zero, "il seme", fufacilmente stabilita.9 Dall'affermazione di Genesi 1:2 secondo cui "lo spirito di Dio aleggiava sulla superficiedelle acque", dov'è evidente che la colomba è stata fin dal principio un emblema divinodello spirito santo.

SEZIONE II LA MADRE E IL FIGLIO E L'ORIGINE DEL FIGLIO1 Lo stesso nome con cui gli Italiani comunemente designano la Vergine è proprio latraduzione di uno dei titoli delle dee babilonesi. Come Baal o Belus era il nome dellagrande divinità maschile di Babilonia, cosi la divinità femminile era chiamata Beltis.Questo nome è stato ritrovato a Ninive dove si applicava alla "Madre degli dei"; e in undiscorso attribuito a Nabucodonosor, preservato nella Preparatio Evangelii di Eusebio,entrambi i titoli "Belus e Beltis" sono congiunti come titoli del grande dio e della deaBabilonese. Il greco Belus, che rappresentava il più alto titolo del dio babilonese, signifi-cava senza dubbio Baal, "II Signore". Beltis, perciò, come titolo della divinità femminileera equivalente a "Baalti" che in latino è "Mea domina", e in italiano è alterato nel ben

noto "Madonna". In relazione a ciò, può essere osservato che il nome Giunone, la classi-ca "Regina dei cieli", che in greco era Hera, significa pure "La signora" e che il titolopeculiare di Cibele o Rea a Roma, era Domina o "La Signora". Inoltre vi sono buoneragioni per credere che Atena, il ben noto nome di Minerva, avesse lo stesso significato.L'ebraico Adon "II Signore" è, con la punteggiatura, pronunciato Athon. Abbiamo l'evi-denza che questo nome fosse noto ai greci dell'Asia dai quali, in larga misura, l'idolatriapenetrò nella Grecia europea come un nome di Dio sotto la forma di "Athan". Eustatiusin una nota sulle Periergesi di Dionisio, parlando dei nomi locali nel distretto di Laodice-a, dice che "Athan è Dio". Il femminile di Athan "II Signore" è Athana, "La Signora",che nel dialetto attico è Atena. Non v'e dubbio che Minerva è rappresentata comunemen-te come una vergine; ma, nonostante ciò, apprendiamo che a Ierapitra nell'isola di Creta(dice Muller che le monete di tale città portavano impresso il simbolo ateniese di Miner-va) essa era ritenuta la madre del Coribante di Elios, o il "sole". È sicuro che la Minervaegiziana, che era il prototipo della dea ateniese, era una madre ed era chiamata "Deamadre", o "Madre degli dei".2 Gutziaff pensa che Shing Moo debba essere stata presa a prestito da una fonte papista; enon può esservi alcun dubbio che, nel caso individuale a cui egli si riferisce, le storiepagane e cristiane siano amalgamate. Ma Sir J.F. Davis mostra che i cinesi di Cantontrovano tale analogia fra la loro dea pagana Kuanyin e la madonna papista, che, conver-sando con gli europei, essi chiamano indifferentemente sia l'una che l'altra con lo stessotitolo. I primi missionari Gesuiti in Cina inoltre scrissero alla loro sede europea, che tro-vavano menzione nei libri sacri cinesi, libri inequivocabilmente pagani, di una madre eun figlio, molto simili alla loro madonna con bambino di casa loro. Uno dei nomi dellaSanta Madre cinese è Ma Tsoopo.

SOTTOSEZIONE I IL FIGLIO IN ASSIRIA1 Sir H. Rawlinson che ha trovato delle evidenze a Ninive dell'esistenza di una Semirami-de circa 6 secoli prima dell'era cristiana, sembra propenso a considerarla come la solaSemiramide che sia mai esistita. Ma ciò è in contrasto con tutta la storia. Il fatto che vifosse una Semiramide nelle epoche primitive del mondo, è oltre ogni dubbio, sebbenealcune delle gesta della regina successiva siano state evidentemente attribuite alla suapredecessora. Layard dissente dell'opinione di Rawlinson.2 Da Bakhah "piangere" o "lamento". Fra i Fenici, dice Esichio "bacco significa pianto".Come le donne piangevano per Tammuz, così facevano per Bacco.3 Si può osservare che questo stesso nome "Marito della Madre" dato a Osiride, sembraanche oggi essere d'uso comune fra di noi sebbene non vi sia il minimo sospetto circa ilsignificato del termine o sulla sua provenienza. Erodoto menziona che, quando si trovavain Egitto, fu sorpreso di udire lo stesso luttuoso ma incantevole "Cantico di Lino" cantatodagli egiziani (sebbene con un altro nome), che era stato abituato a udire nella sua nativaGrecia. Lino era stato lo stesso dio che Bacco in Grecia, o Osiride in Egitto; poiché Ome-ro presenta un ragazzo che canta il cantico di Lino, mentre era in corso la vendemmia(Iliade) e lo Scoliaste dice che il cantico era cantato in memoria di Lino che era ridotto inpezzi dai cani. L'epiteto "cani" applicato a coloro che avevano fatto a pezzi Lino, è usatoevidentemente in senso mistico, e si vedrà successivamente come attraverso l'altro nomecon cui è conosciuto - Narciso - sia identificato con il Bacco greco e l'egiziano Osiride.In alcuni luoghi in Egitto, sembra che per il cantico di Lino o Osiride sia stata usata unamelodia particolare. Savary dice che, nel tempio di Abidos, "i sacerdoti ripetevano lesette vocali in forma di inni, e che ai musici era proibito entrarvi". Strabone a cui Savaryfa riferimento, chiama il dio da quel tempio Memnone, ma apprendiamo da Wilkinsonche Osiride era il grande dio di Abidos, da cui si comprende che Memnone e Osirideerano solo nomi differenti per la stessa divinità. Il nome di Lino o Osiride, nella qualitàdi "marito di sua madre", era in Egitto Kamut. Quando Gregorio il grande introdusse

21 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 21L e D u e B a b i l o n i eCAPITOLO II

OGGETTO DELL'ADORAZIONE

SEZIONE ITRINITÀ NELL'UNITÀ

Se esistono tali generali coincidenze fra i sistemi di Babilonia e Roma, sorge ladomanda: finiscono qui le coincidenze? A ciò diamo la risposta: vanno moltooltre. Dobbiamo soltanto mettere a paragone gli antichi Misteri Babilonesi conl'intero sistema di Roma, e allora vedremo quanto enormemente l'uno abbiaattinto dall'altro. Questi misteri sono stati per lungo tempo avvolti dalle tenebre,ma adesso le dense tenebre cominciano a dissiparsi. Chiunque abbia prestato laminima attenzione alla letteratura Greca, Egiziana, Fenicia o Romana èconsapevole del ruolo che questi Misteri svolgevano in tali paesi, e che, a partele circostanze differenti che potevano esservi, per quanto riguarda tutti gliaspetti essenziali, questi "Misteri" erano gli stessi in paesi diversi. Orbene, comeil linguaggio di Geremia, già citato, indicherebbe che Babilonia fu la fonteprincipale da cui sgorgano tutti questi sistemi idolatrici, così le deduzioni deglistorici più dotti, su basi puramente storiche, hanno condotto alla medesimaconclusione. Da Zonaras troviamo che la testimonianza concorde degli antichiautori che egli ha consultato perveniva a tale conclusione; per cui, parlando diaritmetica e di astronomia egli dice: "Si dice che queste [discipline] provenganodai Caldei agli Egiziani, e da questi ai Greci". Se gli Egiziani e i Greci hannoricevuto la loro aritmetica e la loro astronomia dalla Caldea, vediamo comequeste ultime in Caldea erano scienze sacre, ed erano monopolizzate daisacerdoti, e questa è un'evidenza sufficiente circa l'origine della loro religionedallo stesso ambiente. Sia Bunsen che Layard nelle loro ricerche hanno ottenutosostanzialmente lo stesso risultato. Bunsen afferma che il sistema religiosoegiziano era d'origine asiatica e "dal primitivo impero di Babele", Layard,inoltre, sebbene assuma una certa qual veduta più favorevole, circa il sistemadei MAGI Caldei, di quanto io non sia persuaso che autorizzino i fatti storici, siesprime in tal modo circa quel sistema; "Vi è abbondante evidenza della grandeantichità di questa adorazione primitiva, e anche del fatto che essa ebbe originefra gli abitanti delle pianure d'Assiria", abbiamo la testimonianza concorde siadella storia sacra che di quella profana. Ricevette l'appellativo di perfetta e sicredeva che fosse tra i sistemi religiosi più antichi, avendo preceduto quelladegli Egiziani. "L'identità", egli aggiunge "di molte delle dottrine assire conquelle egiziane e menzionata da Porfirio e da Clemente"; e in relazione allostesso soggetto egli cita quanto segue da Birch sui cilindri e sui monumentibabilonesi: "I segni dello Zodiaco... mostrano inequivocabilmente che i Greciderivarono le loro nozioni e disposizioni dallo Zodiaco (e di conseguenza la loromitologia che era intimamente connessa ad esso) dai Caldei. L'identità diNimrod con la costellazione di Orione non può essere negata". Anche Ouvaroff,nella sua dotta opera sui misteri eleusini, è pervenuto alla stessa conclusione.Dopo aver menzionato il fatto che i sacerdoti egiziani pretendevano il merito diaver trasmesso ai Greci i primi elementi del politeismo, conclude: "Questi fattipositivi dimostrerebbero sufficientemente, anche senza la conformità delle idee,che i misteri trapiantati in Grecia, e quivi uniti ad un certo numero di tradizioni

uomini furono obbligati a credere allo stesso modo della chiesa mentre la chiesaha modellato la sua fede come le è piaciuto. Possedendo, inoltre, supremaautorità sulla fede, essi avrebbero elargito poco o molto a seconda che logiudicassero più conveniente; e come avere una "Riserva" nell'insegnare legrandi verità della religione era un principio essenziale nel sistema diBabilonia,lo è nel Romanismo o nel Trattarianismo d'oggi. Fu tale sacerdozio apretendere di dominare la fede degli uomini che "soffocano la verità conl'ingiustizia" nel mondo antico, cosicché "tenebre coprono la terra, e grandeoscurità il popolo". Fu la medesima pretesa da parte dei sacerdoti romani cheintrodusse i secoli bui, quando il Vangelo fu sconosciuto, e la Bibbia un librosigillato per milioni che ignoravano il nome di Cristo. Sotto ogni aspetto, quindi,vediamo come Roma appropriatamente porti sulla sua fronte il nome "Mistero,Babilonia la Grande".

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22 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 22L e D u e B a b i l o n i elocali, non persero mai il carattere delle loro origini derivate dalla culla delleidee morali e religiose dell'universo. Tutti questi fatti separati, tutte questetestimonianze sparpagliate, riportano a quel principio che colloca in Oriente ilcentro della scienza e della civiltà". Se quindi abbiamo l'evidenza che l'Egitto ela Grecia derivarono la loro religione da Babilonia, abbiamo un'eguale evidenzache il sistema religioso dei Fenici provenisse dalla stessa fonte. Macrobiomostra le caratteristiche distintive dell'idolatria fenicia che devono essere stateimportate dall'Assiria, che, secondo gli scrittori classici, includeva Babilonia."L'adorazione della Venere Architica", dice, "era fiorente in precedenza pressogli Assiri tanto quanto lo è adesso tra i Fenici".Adesso per stabilire l'identità fra i sistemi dell'antica Babilonia e della Romapapale, dobbiamo solo chiederci fino a che punto il sistema del papato è simile aquello stabilito in tali misteri babilonesi. Nel proseguire in tale investigazione visono difficoltà considerevoli da superare poiché, come nella geologia èimpossibile raggiungere in tutti i punti i profondi strati di base della superficieterrestre, così non ci aspetteremo di trovare in ogni paese un racconto completoe coerente di come vi fu stabilito il sistema. Ma tuttavia, come il geologo,esaminando il contenuto di una crepa qui, sollevando lì, e ciò che si raccoglie dasolo ovunque sulla superficie, è in grado di determinare, con stupefacentecertezza, l'ordine e il contenuto generale dei diversi strati della terra, così accadeper quanto riguarda il soggetto dei Misteri Caldei. Ciò che si cerca in un paese èprovveduto da un altro, e ciò che effettivamente si "raccoglie" in direzionidiverse su vaste aree determina necessariamente il caratere molto più di quantonon appaia direttamente in superficie. Prendiamo quindi la riconosciuta unità eil carattere babilonico degli antichi misteri d'Egitto, Grecia, Fenicia e Romacome l'indizio che ci guidi nelle nostre ricerche e procediamo passo dopo passonella nostra comparazione delle dottrine e delle pratiche delle due Babilonie - laBabilonia del Vecchio Testamento e la Babilonia del Nuovo.E qui, per prima cosa, devo rendere nota l'identità degli oggetti d'adorazione siaa Babilonia che a Roma. Gli antichi babilonesi come i romani moderni,riconoscevano a parole l'unità della divinità; e, mentre adoravano innumerevolidivinità minori, ritenendo che queste ultime esercitassero una certa influenzasulle faccende umane, essi riconoscevano che vi era UN Creatore infinito eOnnipotente, Supremo su ogni cosa. Molte altre nazioni fanno lo stesso. "Nelleepoche primere del genere umano" dice Wilkinson nel suo "Antichi Egizi”,“l’esistenza di un'unica e onnipotente divinità, che ha creato ogni cosa, sembraessere stata una credenza universale; e la tradizione ha insegnato agli uomini lestesse nozioni su questo soggetto, che in tempi successivi sono state adottate datutte le nazioni civili". "La religione gotica", dice Mollet, "insegna l'esistenza diun Dio supremo. Signore dell'Universo, a cui ogni cosa dev'essere sottomessa eobbediente". L'antica mitologia islandese lo chiama "l'autore di ogni cosaesistente, l'eterno, il vivente, e l'essere terribile; l'indagatore delle cose nascoste,l'Essere che non cambia mai". Essa attribuisce a questa divinità "un potereinfinito, una conoscenza illimitata, e una giustizia incorruttibile". Abbiamol'evidenza che simile a questa era la fede degli antichi indiani. Sebbene ilmoderno induismo riconosca milioni di dèi i sacri libri degli Indiani mostranoche anticamente le cose non stavano così. Il maggiore Moor, parlando di Bramail dio supremo degli Indù, dice: "Di Lui, la cui gloria è così grande, non vi ènessuna immagine" (Veda). Egli "illumina tutto, delizia tutti, da lui procede ogni

cosa, e a cui si deve ritornare" (Veda). Nelle "Istituzioni di Menu" egli ècaratterizzato come "Colui che solo la mente può percepire; la cui essenza eludegli organi esterni, che non ha parti visibili, che esiste dall'eternità... l'anima ditutti gli esseri, che non può essere compreso". In questi passaggi, vi è una tracciadell'esistenza del Panteismo; ma lo stesso linguaggio usato rende testimonianzadell'esistenza fra gli Indù di un lontano periodo di fede più pura.Anzi, non solo gli antichi indù avevano un'idea esaltata delle perfezioni naturalidi Dio, ma vi è l'evidenza che essi erano ben consapevoli del caratteremisericordioso di Dio, com'è rivelato dal suo modo di trattare con un mondoperduto e colpevole. Ciò è manifesto dallo stesso nome Brama, da loro attribuitoall'infinito ed eterno Iddio. Vi è stata una gran massa di insoddisfacentispeculazioni circa il significato di questo nome, ma quando si consideranoattentamente le diverse dichiarazioni riguardo a Brama, diviene evidente che ilnome Brama corrisponde all'ebraico Rahm, con il prefisso digamma, che èmolto frequente nelle parole del Sanscrito derivate dall'ebraico o dal caldeo.Rahm in ebraico significa "II Misericordioso o compassionevole". Ma Rahmsignifica pure il GREMBO o le interiora; che sono la sede della compassione. Noitroviamo tale linguaggio applicato a Brama, il dio supremo, e non può spiegarsidiversamente se non supponendo che Brama abbia lo stesso significatodell'ebraico Rahm. Così, troviamo che il Dio Krishna in uno dei libri sacri Indù,quando afferma la sua somma dignità e la sua identità con il supremo, usa leseguenti parole: "II grande Brama è il mio GREMBO, ed in esso io pongo il miofeto, e da esso deriva la procreazione di tutta la natura. Il grande Brama è ilGREMBO di tutte le varie forme che sono concepite in ogni grembo naturale".Come potrebbe tale linguaggio essersi mai applicato al "Supremo Brama, ilsantissimo, l'altissimo iddio, l'essere divino, anteriore a tutti gli altri dèi; senzanascita, il Signore potente. Dio degli dèi, il Signore dell'universo" se non dallarelazione che vi è fra Rahm "il grembo" e Rahm "il misericordioso"? Qui,dunque, troviamo che Brama è esattamente lo stesso di "Er-Rahman", "L'onni-misericordioso", un titolo applicato dai Turchi all'Altissimo, e che gli Indù,malgrado la profonda degradazione religiosa attuale, già sapevano che "ilsantissimo, l'altissimo Dio" è anche "l'Iddio di Misericordia", in altre parole, cheegli è "un Dio giusto e Salvatore". E procedendo su questa interpretazione delnome Brama, vediamo quanto esattamente la loro conoscenza religiosa circa lacreazione abbia coinciso con il racconto di tutte le cose, com'è riportato inGenesi. E ben noto che i Bramini, per esaltare se stessi quali sacerdoti, di castasemidivina, a cui tutti gli altri dovevano inchinarsi, avevano insegnato per moltianni che, mentre le altre caste provenivano dalle braccia, corpo e piedi diBrama, la rappresentazione visibile e la manifestazione dell'invisibile Brama, eidentificati con lui, solo essi provenivano dalla bocca dell'Iddio creatore. Inoltretroviamo delle affermazioni nei loro libri sacri le quali mostrano che una voltadoveva essere insegnata una diversa dottrina. Così, in uno dei Veda, parlando diBrama, è espressamente affermato che "tutti gli esseri sono creati dalla suabocca". Nel passaggio in questione è compiuto un tentativo di mistificazione;ma tenendo presente il significato del nome Brama, già spiegato, chi puòdubitare quale fosse il significato reale dell'affermazione, opposta per quantopossa esserlo alla nobile ed esclusiva pretesa dei Bramini? Essa evidentementevuol dire che, fin dalla caduta, colui che è stato rivelato all'uomo come il"Misericordioso1 ed il Clemente" (Eso. 34:6), era conosciuto pure come

187 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 187L e D u e B a b i l o n i egli uccelli che inseguono le mosche, rappresentano la stessa cosa dei serpentisottostanti. Ma il serpente, del quale vi è una doppia rappresentazione è indub-biamente il serpente di Esculapio. La rondine che distrugge la mosca, quindi,

deve rappresentare la stessa divinità. Ora ognuno saquale fosse il nome col quale nel mondo orientale erachiamato il "Signore della Mosca" o il dio che distrug-ge la mosca. Era Beel-zebub. Questo nome che signifi-ca "Signore della mosca" per i profani indicava soltan-to il potere che distruggeva lo sciame di mosche, quan-do queste divennero come spesso accade nei paesi cal-

di una fonte di tormento per il popolo che esse avevano invaso. Ma questo nomeidentificato con il serpente chiaramente si rivela come uno dei nomi distintivi diSatana. E come è appropriato questo nome quando viene penetrato il suo signifi-cato mistico esoterico! Quale è il vero significato di questo nome così familiare?Beel-zebub significa il "Signore senza pace", persino l'infelice che "va avanti eindietro sulla terra e inquieto cammina su e giù" e che, "attraversa posti asciuttiin cerca di riposo e non ne trova".A questo punto è inevitabile la deduzione che Satana propriamente detto deveessere stato il grande dio dei loro segreti e della misteriosa adorazione e ciò ac-corda con gli straordinari misteri di questo argomento.Perciò quando a Roma Gratian abolisce il provvedimento legale a sostegno del-l'adorazione del fuoco e del serpente, vediamo che esattamente si era compiutala predizione Divina. (Riv. 12:9) - "E' il gran dragone fu scagliato, l'originaleserpente, colui che è chiamato Diavolo o Satana, che svia l'intera terra abitata; fuscagliato sulla terra, e i suoi angeli furono scagliati con lui". Cosi, come il Pon-tefice Pagano, del cui potere e privilegi il Papa si notificò erede era il Sommosacerdote di Satana, così il Papa quando prese parte alla lega ed alla alleanza diquel sistema di adorazione del Diavolo e acconsentì ad occupare la giusta posi-zione di quel Pontefice, portando tutte le abominazioni nella Chiesa, divennenecessariamente il primo ministro del Diavolo venendosi così a trovare comple-tamente in suo possesso.Esattamente l'adempimento della Divina affermazione: - la venuta dell'uomo delpeccato era "dopo l'operato o energia di Satana". Allora qui è la grande conclu-sione alla quale noi siamo costretti a giungere con entrambe le basi storico-scritturali: come il mistero della devozione è Dio manifestato nella carne, così ilmistero d'iniquità è, per quanto è possibile, il Diavolo incarnato.

Note al Capitolo 11 Ammiano Marcellino, lib. XIV, cap. 6 p. ad. 26, e lib. XXIII, cap. 6 pagg. 371, 374,paragonati con Giustino Historia, lib. l,pag. 615 con le Cronache di Eusebio, Vol.l,pagg.40,70, ecc. Eusebio dice che Nino e Semiramide regnarono al tempo di Abramo.Vedi Vol. I, pag. 41 e Voi. II, pag. 65.2 Per l'età di Sem, vedi Genesi 11:10,11. In base a ciò Sem visse 502 anni dopo il diluvio,cioè, secondo la cronologia ebraica fino al 1846 a.C.L'età di Nino, il marito di Semiramide, come abbiamo dichiarato nella nota precedente,secondo Eusebio, si sincronizza con quella di Abramo che nacque nel 1996 a.C. La nasci-ta di Abramo ebbe luogo, quindi, solo 9 anni prima della fine del regno di Nino. In con-seguenza di ciò il regno di Nino deve aver avuto termine, secondo la cronologia usuale,verso il 1987 a.C.Clinton, che è un'autorità nel campo della cronologia, pone il regno di Nino un certotempo prima. Nel suo Fasti Hellenici (Voi. 1, pag. 263) lo colloca nel 2182 a.C. Layardsostiene quest'opinione. Si dice che Semiramide sia sopravvissuta di quarantadue anni asuo marito. Qualsiasi veduta perciò si adotti circa l'epoca di Nino, se quella di Eusebio, oquella a cui sono pervenuti Clinton e Layard, è evidente che Sem sopravvisse per moltotempo sia a Nino che a sua moglie. Naturalmente, quest'argomentazione si basa sullasupposizione della correttezza della cronologia ebraica.

NOTE AL CAPITOLO II: OGGETTO DELL'ADORAZIONESEZIONE I TRINITÀ' NELL'UNITA'1 La parola nell'originale del libro di Esodo è la stessa di Rahm, solo che è nella formadel participio.2Mentre tale è il significato di Brama, il significato di Deva, il nome generico per "Dio"in India, è molto simile ad esso. Quel nome è comunemente derivato dal sanscrito Div,"splendere", che è soltanto una forma diversa di Shiv, che ha lo stesso significato, e cheancora proviene dal Caldeo Ziv, "brillantezza o splendore" (Dan. 2:31); e non vi è alcundubbio che quando l'adorazione del sole si innestò nella fede dei Patriarchi, lo splendorevisibile del luminare deificato può avere suggerito il nome. Ma vi è motivo di credere che"Deva" abbia un origine molto più onorevole e che essa provenga realmente dal caldeoThav, "buono", che è anche legittimamente pronunciato Thev, e nella forma enfaticaTheva o Thevo, "II Buono". La prima lettera, rappresentata dal Th, com'è mostrato daDonaldson nel suo Nuovo Cratilo, è frequentemente pronunciata Dh. Perciò, da Dheva oTheva "II Buono" ha naturalmente origine il sanscrito Deva, o, senza il digamma come lotroviamo frequentemente, Deo, "Dio", il latino, Deus e il greco Theos, essendo statolasciato cadere nell'origine Thevo-s il digamma, come novus in latino è il neos greco.Tale idea della faccenda pone enfasi al detto di nostro Signore (Marco 10:18): "Perché michiami buono? Nessuno è buono, tranne uno solo, cioè (Theos) Iddio" - "II Buono".3 Le parole nella nostra traduzione sono, "dietro un albero", ma non vi è, nell'originalealcuna parola che indichi "albero"; ed è riconosciuto da Lowth, e dai migliori orientalistiche la traduzione dovrebbe essere "dopo i riti di Acad", cioè "L'Unico". Sono consapevo-le che alcuni faranno obiezione alla traduzione di "Acad" con "L'Unico" sulla base che inquesto vi è l'articolo. Ma di quanto poco peso ciò possa essere si può vedere dal fatto cheè questo stesso termine "Acad", e senza l'articolo, che è usato in Deuteronomio, quandoviene affermata l'unità della divinità nella maniera più enfatica, "Ascolta, O Israele, Geo-va nostro Dio è Geova", cioè "un solo Geova". Quando si intendeva affermare l'unitàdella divinità nella maniera più vigorosa possibile, i Babilonesi usavano il termine"Adad".4 Lessico Ebraico di Parkhurst alla voce "Cherubini".

Dal seguente estratto dal Dublin Catholic Layman, un importante giornale protestante,

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186 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 186L e D u e B a b i l o n i egli uccelli che inseguono le mosche, rappresentano la stessa cosa dei serpentisottostanti. Ma il serpente, del quale vi è una doppia rappresentazione è indub-biamente il serpente di Esculapio. La rondine che distrugge la mosca, quindi,

deve rappresentare la stessa divinità. Ora ognuno saquale fosse il nome col quale nel mondo orientale erachiamato il "Signore della Mosca" o il dio che distrug-ge la mosca. Era Beel-zebub. Questo nome che signifi-ca "Signore della mosca" per i profani indicava soltan-to il potere che distruggeva lo sciame di mosche, quan-do queste divennero come spesso accade nei paesi cal-

di una fonte di tormento per il popolo che esse avevano invaso. Ma questo nomeidentificato con il serpente chiaramente si rivela come uno dei nomi distintivi diSatana. E come è appropriato questo nome quando viene penetrato il suo signifi-cato mistico esoterico! Quale è il vero significato di questo nome così familiare?Beel-zebub significa il "Signore senza pace", persino l'infelice che "va avanti eindietro sulla terra e inquieto cammina su e giù" e che, "attraversa posti asciuttiin cerca di riposo e non ne trova".A questo punto è inevitabile la deduzione che Satana propriamente detto deveessere stato il grande dio dei loro segreti e della misteriosa adorazione e ciò ac-corda con gli straordinari misteri di questo argomento.Perciò quando a Roma Gratian abolisce il provvedimento legale a sostegno del-l'adorazione del fuoco e del serpente, vediamo che esattamente si era compiutala predizione Divina. (Riv. 12:9) - "E' il gran dragone fu scagliato, l'originaleserpente, colui che è chiamato Diavolo o Satana, che svia l'intera terra abitata; fuscagliato sulla terra, e i suoi angeli furono scagliati con lui". Cosi, come il Pon-tefice Pagano, del cui potere e privilegi il Papa si notificò erede era il Sommosacerdote di Satana, così il Papa quando prese parte alla lega ed alla alleanza diquel sistema di adorazione del Diavolo e acconsentì ad occupare la giusta posi-zione di quel Pontefice, portando tutte le abominazioni nella Chiesa, divennenecessariamente il primo ministro del Diavolo venendosi così a trovare comple-tamente in suo possesso.Esattamente l'adempimento della Divina affermazione: - la venuta dell'uomo delpeccato era "dopo l'operato o energia di Satana". Allora qui è la grande conclu-sione alla quale noi siamo costretti a giungere con entrambe le basi storico-scritturali: come il mistero della devozione è Dio manifestato nella carne, così ilmistero d'iniquità è, per quanto è possibile, il Diavolo incarnato.

Note al Capitolo 11 Ammiano Marcellino, lib. XIV, cap. 6 p. ad. 26, e lib. XXIII, cap. 6 pagg. 371, 374,paragonati con Giustino Historia, lib. l,pag. 615 con le Cronache di Eusebio, Vol.l,pagg.40,70, ecc. Eusebio dice che Nino e Semiramide regnarono al tempo di Abramo.Vedi Vol. I, pag. 41 e Voi. II, pag. 65.2 Per l'età di Sem, vedi Genesi 11:10,11. In base a ciò Sem visse 502 anni dopo il diluvio,cioè, secondo la cronologia ebraica fino al 1846 a.C.L'età di Nino, il marito di Semiramide, come abbiamo dichiarato nella nota precedente,secondo Eusebio, si sincronizza con quella di Abramo che nacque nel 1996 a.C. La nasci-ta di Abramo ebbe luogo, quindi, solo 9 anni prima della fine del regno di Nino. In con-seguenza di ciò il regno di Nino deve aver avuto termine, secondo la cronologia usuale,verso il 1987 a.C.Clinton, che è un'autorità nel campo della cronologia, pone il regno di Nino un certotempo prima. Nel suo Fasti Hellenici (Voi. 1, pag. 263) lo colloca nel 2182 a.C. Layardsostiene quest'opinione. Si dice che Semiramide sia sopravvissuta di quarantadue anni asuo marito. Qualsiasi veduta perciò si adotti circa l'epoca di Nino, se quella di Eusebio, oquella a cui sono pervenuti Clinton e Layard, è evidente che Sem sopravvisse per moltotempo sia a Nino che a sua moglie. Naturalmente, quest'argomentazione si basa sullasupposizione della correttezza della cronologia ebraica.

NOTE AL CAPITOLO II: OGGETTO DELL'ADORAZIONESEZIONE I TRINITÀ' NELL'UNITA'1 La parola nell'originale del libro di Esodo è la stessa di Rahm, solo che è nella formadel participio.2Mentre tale è il significato di Brama, il significato di Deva, il nome generico per "Dio"in India, è molto simile ad esso. Quel nome è comunemente derivato dal sanscrito Div,"splendere", che è soltanto una forma diversa di Shiv, che ha lo stesso significato, e cheancora proviene dal Caldeo Ziv, "brillantezza o splendore" (Dan. 2:31); e non vi è alcundubbio che quando l'adorazione del sole si innestò nella fede dei Patriarchi, lo splendorevisibile del luminare deificato può avere suggerito il nome. Ma vi è motivo di credere che"Deva" abbia un origine molto più onorevole e che essa provenga realmente dal caldeoThav, "buono", che è anche legittimamente pronunciato Thev, e nella forma enfaticaTheva o Thevo, "II Buono". La prima lettera, rappresentata dal Th, com'è mostrato daDonaldson nel suo Nuovo Cratilo, è frequentemente pronunciata Dh. Perciò, da Dheva oTheva "II Buono" ha naturalmente origine il sanscrito Deva, o, senza il digamma come lotroviamo frequentemente, Deo, "Dio", il latino, Deus e il greco Theos, essendo statolasciato cadere nell'origine Thevo-s il digamma, come novus in latino è il neos greco.Tale idea della faccenda pone enfasi al detto di nostro Signore (Marco 10:18): "Perché michiami buono? Nessuno è buono, tranne uno solo, cioè (Theos) Iddio" - "II Buono".3 Le parole nella nostra traduzione sono, "dietro un albero", ma non vi è, nell'originalealcuna parola che indichi "albero"; ed è riconosciuto da Lowth, e dai migliori orientalistiche la traduzione dovrebbe essere "dopo i riti di Acad", cioè "L'Unico". Sono consapevo-le che alcuni faranno obiezione alla traduzione di "Acad" con "L'Unico" sulla base che inquesto vi è l'articolo. Ma di quanto poco peso ciò possa essere si può vedere dal fatto cheè questo stesso termine "Acad", e senza l'articolo, che è usato in Deuteronomio, quandoviene affermata l'unità della divinità nella maniera più enfatica, "Ascolta, O Israele, Geo-va nostro Dio è Geova", cioè "un solo Geova". Quando si intendeva affermare l'unitàdella divinità nella maniera più vigorosa possibile, i Babilonesi usavano il termine"Adad".4 Lessico Ebraico di Parkhurst alla voce "Cherubini".

Dal seguente estratto dal Dublin Catholic Layman, un importante giornale protestante,

23 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 23L e D u e B a b i l o n i elocali, non persero mai il carattere delle loro origini derivate dalla culla delleidee morali e religiose dell'universo. Tutti questi fatti separati, tutte questetestimonianze sparpagliate, riportano a quel principio che colloca in Oriente ilcentro della scienza e della civiltà". Se quindi abbiamo l'evidenza che l'Egitto ela Grecia derivarono la loro religione da Babilonia, abbiamo un'eguale evidenzache il sistema religioso dei Fenici provenisse dalla stessa fonte. Macrobiomostra le caratteristiche distintive dell'idolatria fenicia che devono essere stateimportate dall'Assiria, che, secondo gli scrittori classici, includeva Babilonia."L'adorazione della Venere Architica", dice, "era fiorente in precedenza pressogli Assiri tanto quanto lo è adesso tra i Fenici".Adesso per stabilire l'identità fra i sistemi dell'antica Babilonia e della Romapapale, dobbiamo solo chiederci fino a che punto il sistema del papato è simile aquello stabilito in tali misteri babilonesi. Nel proseguire in tale investigazione visono difficoltà considerevoli da superare poiché, come nella geologia èimpossibile raggiungere in tutti i punti i profondi strati di base della superficieterrestre, così non ci aspetteremo di trovare in ogni paese un racconto completoe coerente di come vi fu stabilito il sistema. Ma tuttavia, come il geologo,esaminando il contenuto di una crepa qui, sollevando lì, e ciò che si raccoglie dasolo ovunque sulla superficie, è in grado di determinare, con stupefacentecertezza, l'ordine e il contenuto generale dei diversi strati della terra, così accadeper quanto riguarda il soggetto dei Misteri Caldei. Ciò che si cerca in un paese èprovveduto da un altro, e ciò che effettivamente si "raccoglie" in direzionidiverse su vaste aree determina necessariamente il caratere molto più di quantonon appaia direttamente in superficie. Prendiamo quindi la riconosciuta unità eil carattere babilonico degli antichi misteri d'Egitto, Grecia, Fenicia e Romacome l'indizio che ci guidi nelle nostre ricerche e procediamo passo dopo passonella nostra comparazione delle dottrine e delle pratiche delle due Babilonie - laBabilonia del Vecchio Testamento e la Babilonia del Nuovo.E qui, per prima cosa, devo rendere nota l'identità degli oggetti d'adorazione siaa Babilonia che a Roma. Gli antichi babilonesi come i romani moderni,riconoscevano a parole l'unità della divinità; e, mentre adoravano innumerevolidivinità minori, ritenendo che queste ultime esercitassero una certa influenzasulle faccende umane, essi riconoscevano che vi era UN Creatore infinito eOnnipotente, Supremo su ogni cosa. Molte altre nazioni fanno lo stesso. "Nelleepoche primere del genere umano" dice Wilkinson nel suo "Antichi Egizi”,“l’esistenza di un'unica e onnipotente divinità, che ha creato ogni cosa, sembraessere stata una credenza universale; e la tradizione ha insegnato agli uomini lestesse nozioni su questo soggetto, che in tempi successivi sono state adottate datutte le nazioni civili". "La religione gotica", dice Mollet, "insegna l'esistenza diun Dio supremo. Signore dell'Universo, a cui ogni cosa dev'essere sottomessa eobbediente". L'antica mitologia islandese lo chiama "l'autore di ogni cosaesistente, l'eterno, il vivente, e l'essere terribile; l'indagatore delle cose nascoste,l'Essere che non cambia mai". Essa attribuisce a questa divinità "un potereinfinito, una conoscenza illimitata, e una giustizia incorruttibile". Abbiamol'evidenza che simile a questa era la fede degli antichi indiani. Sebbene ilmoderno induismo riconosca milioni di dèi i sacri libri degli Indiani mostranoche anticamente le cose non stavano così. Il maggiore Moor, parlando di Bramail dio supremo degli Indù, dice: "Di Lui, la cui gloria è così grande, non vi ènessuna immagine" (Veda). Egli "illumina tutto, delizia tutti, da lui procede ogni

cosa, e a cui si deve ritornare" (Veda). Nelle "Istituzioni di Menu" egli ècaratterizzato come "Colui che solo la mente può percepire; la cui essenza eludegli organi esterni, che non ha parti visibili, che esiste dall'eternità... l'anima ditutti gli esseri, che non può essere compreso". In questi passaggi, vi è una tracciadell'esistenza del Panteismo; ma lo stesso linguaggio usato rende testimonianzadell'esistenza fra gli Indù di un lontano periodo di fede più pura.Anzi, non solo gli antichi indù avevano un'idea esaltata delle perfezioni naturalidi Dio, ma vi è l'evidenza che essi erano ben consapevoli del caratteremisericordioso di Dio, com'è rivelato dal suo modo di trattare con un mondoperduto e colpevole. Ciò è manifesto dallo stesso nome Brama, da loro attribuitoall'infinito ed eterno Iddio. Vi è stata una gran massa di insoddisfacentispeculazioni circa il significato di questo nome, ma quando si consideranoattentamente le diverse dichiarazioni riguardo a Brama, diviene evidente che ilnome Brama corrisponde all'ebraico Rahm, con il prefisso digamma, che èmolto frequente nelle parole del Sanscrito derivate dall'ebraico o dal caldeo.Rahm in ebraico significa "II Misericordioso o compassionevole". Ma Rahmsignifica pure il GREMBO o le interiora; che sono la sede della compassione. Noitroviamo tale linguaggio applicato a Brama, il dio supremo, e non può spiegarsidiversamente se non supponendo che Brama abbia lo stesso significatodell'ebraico Rahm. Così, troviamo che il Dio Krishna in uno dei libri sacri Indù,quando afferma la sua somma dignità e la sua identità con il supremo, usa leseguenti parole: "II grande Brama è il mio GREMBO, ed in esso io pongo il miofeto, e da esso deriva la procreazione di tutta la natura. Il grande Brama è ilGREMBO di tutte le varie forme che sono concepite in ogni grembo naturale".Come potrebbe tale linguaggio essersi mai applicato al "Supremo Brama, ilsantissimo, l'altissimo iddio, l'essere divino, anteriore a tutti gli altri dèi; senzanascita, il Signore potente. Dio degli dèi, il Signore dell'universo" se non dallarelazione che vi è fra Rahm "il grembo" e Rahm "il misericordioso"? Qui,dunque, troviamo che Brama è esattamente lo stesso di "Er-Rahman", "L'onni-misericordioso", un titolo applicato dai Turchi all'Altissimo, e che gli Indù,malgrado la profonda degradazione religiosa attuale, già sapevano che "ilsantissimo, l'altissimo Dio" è anche "l'Iddio di Misericordia", in altre parole, cheegli è "un Dio giusto e Salvatore". E procedendo su questa interpretazione delnome Brama, vediamo quanto esattamente la loro conoscenza religiosa circa lacreazione abbia coinciso con il racconto di tutte le cose, com'è riportato inGenesi. E ben noto che i Bramini, per esaltare se stessi quali sacerdoti, di castasemidivina, a cui tutti gli altri dovevano inchinarsi, avevano insegnato per moltianni che, mentre le altre caste provenivano dalle braccia, corpo e piedi diBrama, la rappresentazione visibile e la manifestazione dell'invisibile Brama, eidentificati con lui, solo essi provenivano dalla bocca dell'Iddio creatore. Inoltretroviamo delle affermazioni nei loro libri sacri le quali mostrano che una voltadoveva essere insegnata una diversa dottrina. Così, in uno dei Veda, parlando diBrama, è espressamente affermato che "tutti gli esseri sono creati dalla suabocca". Nel passaggio in questione è compiuto un tentativo di mistificazione;ma tenendo presente il significato del nome Brama, già spiegato, chi puòdubitare quale fosse il significato reale dell'affermazione, opposta per quantopossa esserlo alla nobile ed esclusiva pretesa dei Bramini? Essa evidentementevuol dire che, fin dalla caduta, colui che è stato rivelato all'uomo come il"Misericordioso1 ed il Clemente" (Eso. 34:6), era conosciuto pure come

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24 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 24L e D u e B a b i l o n i el'Onnipotente, che al principio "parlò e fu fatto", "comandò e tutte le cose furonostabilite", che fece tutte le cose mediante la "Parola della sua Potenza". Dopo ciòche è stato ora detto chiunque consulti le "Ricerche Asiatiche" Vol. 7, pag. 293,può vedere che è in larga misura da una malvagia perversione di questo titolodivino del Vivente e Vero Dio, che hanno avuto origine tutte questeabominazioni morali che hanno reso i simboli dei templi pagani dell'India cosìoffensivi agli occhi della purezza 2.L'idea Babilonese dell'unità divina era così assolutamente idolatrica, che Geova,l'Iddio vivente condannò severamente il suo stesso popolo affinchè non lasostenesse in alcuna maniera: "Quelli che si santificano e si purificano perandare nei giardini per seguire uno3 ch'è quivi in mezzo, quelli che mangianocarne di porco, cose esacrande e dei topi, saranno tutti quanti consumati" (Isaia66:17). Nell'unità di quel solo Dio dei Babilonesi, vi erano tre persone, e persimboleggiare tale dottrina delle trinità, essi impiegavano, com'è mostrato dallescoperte di Layard, il triangolo equilatero, proprio com'è ben noto che la chiesaromana faccia a tutt'oggi. In entrambi i casi tale paragone è degradante per il Rèd'Eternità, ed è estremamente adatto per pervertire le menti di coloro che locontemplano, come se vi fosse o potesse esservi alcuna similitudine fra taleraffigurazione e Colui che ha detto: "A chi paragonerete Iddio, e a qualesomiglianzà lo paragonerete"?Il Papato ha in alcune sue chiese, come per esempio nel monastero dei cosiddettiTrinitariani di Madrid, un'immagine del Dio trino, con tre teste sul corpo4. Ibabilonesi avevano qualcosa di simile. Layard, nella sua ultima opera, ha fornitoun saggio di tale divinità trina, adorata nell'antica Assiria5. La figura quiriprodotta (Figg. 3-4) di un'altra divinità simile adorata fra i pagani della Siberia,è tratta da una medaglia del gabinetto imperiale di S. Pietroburgo, e riprodottanello "Japhet" di Parson. Le tre teste sono disposte differentemente rispettoall'opera di Layard, ma entrambe evidentemente intendono simboleggiare lastessa grande verità, sebbene tutte tali rappresentazioni della Trinità necessa-riamente e assolutamente degradano la concezione di coloro fra i qualiprevalgono tali immagini, circa quel mistero sublime della nostra fede. In India,la divinità suprema, similmente, in uno dei suoi più antichi templi in grotta, èrappresentata con tre teste su un solo corpo, con il nome di "Eko DevaTrimurtti", "Un Dio, tre forme" 6

In Giappone, i buddisti adorano la loro grande divinità, Budda, con tre teste,nella medesima forma, sotto il nome di "San PaoFuh". Tutti questi sono esistiti sin dall'antichità.Mentre l'idolatria si estendeva, il riconoscimento diuna trinità diveniva universale in tutte le antichenazioni del mondo, mostrando quanto profondenella razza umana fossero le radici della dottrinaprimitiva su un tale soggetto, che provienechiaramente dalla Genesi7.Quando guardiamo isimboli della figura trina di Layard, a cui abbiamo

già fatto riferimento, e li esaminiamo con accuratezza, essi si dimostrano moltoistruttivi. Layard è dell'opinione che il cerchio in tale figura abbia il significatodel "Tempo senza limiti". Ma il significato geroglifico del cerchio èevidentemente differente. In Caldea il cerchio raffigurava lo zero8 e zerosignifica anche "il seme" Perciò, secondo il genio del sistema mistico della

Caldea, che era ampiamente basato sui doppi significati, quello che, agli occhidegli uomini in generale, era solo uno zero, "un cerchio", per gli iniziati aveva ilsignificato di zero "il seme". Ora, visto sotto questa luce, l'emblema trino dellasuprema divinità assira mostra chiaramente qual'era stata l'originale fede deipatriarchi. Prima vi è il capo dell'uomo anziano; successivamente, vi è lo zero, ocerchio, cioè "il seme"; e infine, le ali e la coda dell'uccello o colomba;9

mostrano, sebbene in modo blasfemo, l'unità del Padre, del Seme, o Figlio, edello Spirito Santo. Mentre questo era il modo originale mediante il qualel'idolatria pagana rappresentava il Dio Trino, e attraverso questa sorta dirappresentazione sopravvisse fino al tempo di Sennacherib, vi è tuttavia la provache, in un periodo primitivo, ebbe luogo un importante cambiamento nel modobabilonese di considerare la divinità; e quelle tre persone dovevano divenire ilPadre Eterno, lo Spirito di Dio incarnato in una madre umana, e il Figlio Divino,il frutto di quell'incarnazione.

SEZIONE II

LA MADRE E IL FIGLIO E L'ORIGINE DEL FIGLIO

Mentre questa era la teoria, in pratica la prima persona della divinità era senzaimportanza (Figg. 5-6).Come il Grande Invisibile, che non ha alcun interesse immediato nelle faccendeumane, egli doveva "essere adorato solo insilenzio", in pratica, non era affatto adorato dalpopolo. La stessa cosa avviene in India ancoraai nostri giorni. Sebbene Brama, secondo ilibri sacri, sia la prima persona della TriadeIndù, e la religione degli Indostani vengachiamata col suo nome, tuttavia egli non èaffatto adorato, e vi è appena un solo tempio intutta l'India che ancora sopravvive di quelliche precedentemente furono eretti in suoonore. Avviene la stessa cosa in quei paesiEuropei dove il sistema papale si è sviluppatocompletamente. Nell'Italia papale, com'èuniversalmente ammesso da chi vi ha viaggiato (eccetto dove di recente ha fattoil suo ingresso il Vangelo), tutte le manifestazione esterne di adorazione del RèEterno ed Invisibile sono quasi scomparse, mentre la Madre e il Figlio sono igrandi soggetti dell'adorazione. Nell'antica Babilonia, sotto questo aspetto, lecose andavano esattamente alla stessa aniera. I Babilonesi nella loro religionepopolare, adoravano sopra ogni cosa una dea madre e un figlio che eranoraffigurati come un infante o bambino nelle braccia di sua madre. Da Babiloniaquest'adorazione della madre e del figlio si diffuse alle estremità della terra. InEgitto, la Madre e il Figlio erano adorati con il nome di Iside e Osiride (Osiridecome figlio era chiamato più frequentemente Horus). In India fino ad oggi comeIsi e Iswara; in Asia, come Cibele e Deoius; nella Roma pagana, come Fortuna eJupiter-bambino; in Grecia, come Cerere, la grande madre con il bimbo in seno,o come Irene, la dea della pace con il bimbo Fiutone fra le braccia; e anche inTibet, Cina e Giappone, i missionari Gesuiti furono sorpresi di trovare la

In Babilonia In India

Figurazione di divinità trinaadorata in Assiria

185 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 185L e D u e B a b i l o n i emischiate ad essa è evidentemente l'esatta controparte del racconto scritturale diSatana e dei suoi angeli. Omero dice che "tutti gli dei di Tartaro" o Inferno, fu-rono chiamati Teitans. Esiodo ci dice come questi Teitans, o dei degli inferi,giunsero a dimorare lì. Poiché il loro capo aveva commesso un certo atto di mal-vagità contro suo padre, il supremo dio del cielo, con il consenso di molti altri"figli del cielo", quel padre "li chiamò tutti con il dispregiativo nome di Tei-tans", pronunciò una maledizione su di loro e poi, come conseguenza di questamaledizione, essi furono "precipitati nell'inferno" e "legati nelle catene dell'o-scurità nell'abisso".Mentre questo è il più antico racconto di Teitan ed i suoi seguaci tra i Greci,similmente noi lo troviamo nel sistema caldeo. Teitan era proprio un sinonimoper Typhon, il Serpente maligno o Dragone, che era considerato universalmentecome il Diavolo o autore di tutta la malvagità. Fu Thyphon, secondo la versionepagana della storia che uccise Tammuz e lo tagliò a pezzi; ma Lattanzio checonosceva bene l'argomento, sgrida i suoi connazionali pagani perché "adoranoun bambino fatto a pezzi dai Teitans". Allora è innegabile che Teitan, nel credopagano era identico al Dragone o Satana. Nei Misteri, non appena fu possibile,avvenne un importante cambiamento. Prima Tammuz fu adorato come colui cheschiacciò la testa del serpente volendo significare che egli era il distruttore delregno di Satana. Poi lo stesso Dragone o Satana ricevette una certa misura diadorazione "per consolarlo" come i Pagani dicevano "della perdita del suo pote-re" e per impedirgli di far loro del male; e infine il Dragone, o Teitan, o Satana,divenne il supremo oggetto di adorazione, il Titania, o riti di Teitan, occupanoun posto preminente nei Misteri egiziani, e anche in quelli greci. Quanto eraimportante il posto che questi riti di Teitan o Satana occupavano può essere giu-dicato dal fatto che Plutone, il dio dell'inferno (che come sua ultima caratteristi-ca era proprio il grande Avversario) era considerato con soggezione e timore ilgrande dio dal quale dipendevano i destini del genere umano nel mondo eterno;per questo si diceva che spettava a Plutone "di purificare le anime dopo la mor-te".Il Purgatorio, essendo stato nel Paganesimo come nel Cattolicesimo il grandecardine del clericalismo e della superstizione, quale potere attribuisce questaopinione al "dio dell'inferno"! Non sorprende che il serpente, il grande strumen-to del Diavolo, nella seduzione del genere umano, era in tutta la terra adorato,con una tale straordinaria riverenza essendo scritto nel Octateuch di Ostanes,che "i serpenti sono superiori a tutti gli dei e principi dell'universo". Non fa me-raviglia che alla fine fermamente si credette che il Messia, dal quale dipendevala speranza del mondo, fosse egli stesso il "seme del serpente"! Questo era ma-nifestamente il caso in Grecia; per la storia presente si venne poi a dire che ilprimo Bacco fosse dato alla luce come conseguenza di una congiunzione tra suamadre con il padre degli dei, nella forma di un "serpente maculato". Quel padredegli dei era chiaramente il dio dell'inferno. Quanto a Proserpina, la madre diBacco che, miracolosamente concepì e partorì il meraviglioso bambino, il cuirapimento da parte di Plutone occupava grande spazio nei Misteri, fu adoratacome la moglie del dio dell'inferno, come abbiamo già visto, sotto il nome della"Santa Vergine".La storia della seduzione di Eva da parte del serpente è chiaramente importata inquesta leggenda, come Giulio Firmicio ed i primi apologisti Cristiani, con gran-de forza, la tramandarono ai Pagani dei loro tempi; ma molto diversa è la sfuma-

tura data ad essa nella leggenda pagana da quella che essa ha nella Parola Divi-na. Così il grande Trimblerigger, abilmente capovolse la situazione e quando gliuomini cominciarono ad aborrire le sue caratteristiche, fece in modo da esserequasi dappertutto riconosciuto come "il dio di questo mondo". Così profonda eforte era la presa che Satana era riuscito ad ottenere sul mondo antico, in questosenso, che quando il Cristianesimo fu proclamato all'uomo e, la vera luce ri-splendette dal Cielo, proprio la dottrina che abbiamo considerato ora, si eressetra i discepoli professanti di Cristo.Coloro che seguirono questa dottrina furono chiamati Ophiani o Ophites, cioèadoratori del serpente. "Questi eretici" dice Tertulliano magnificano il serpentefino al punto di preferirlo allo stesso Cristo, poiché egli, asseriscono diede laprima conoscenza del bene e del male. Mosè fu indotto da questa percezione delsuo potere e maestà ad erigere il serpente di ottone e chiunque ad esso avesserivolto lo sguardo sarebbe stato risanato. Lo stesso Cristo, essi affermano, nelVangelo imita il sacro potere del serpente quando dice: "Come Mosè sollevò ilserpente nel deserto, così il Figlio dell'Uomo deve essere sollevato". Essi intro-ducono ciò quando benedicono l'Eucarestia. Questi eretici malvagi, manifesta-mente adoravano il vecchio serpente o Satana come il grande benefattore delgenere umano, per aver loro rilevato la conoscenza del bene e del male. Ma que-sta dottrina essi l'avevano derivata dal mondo Pagano dal quale essi erano venu-ti, o dai Misteri così come li avevano ricevuti e celebrati a Roma. Sebbene Tei-tan al tempo di Esiodo e nella antica Grecia fosse un "nome obbrobioso" a Ro-ma nei giorni dell'impero e prima ancora, era diventato proprio l'opposto. "Losplendido e glorioso Teitan" era il modo in cui si parlava di Teitan a Roma.Questo era il titolo dato al sole visto come "Orb of Day" e considerato comedivinità. Ora il lettore ha già visto che un'altra forma di divinità, o Teitan, a Ro-ma era il serpente Epidaurian, adorato sotto il nome di Esculapio, cioè "il ser-pente uomo che istruisce".Qui a Roma Teitan, o Satana era identificato con il "serpente che istruiva il ge-nere umano" che apriva i loro occhi (quando naturalmente essi erano ciechi) ediede loro la "conoscenza del bene e del male".In Pergamo e in tutta l'Asia minore dalla quale Roma derivò direttamente la suaconoscenza dei Misteri, il caso era lo stesso. In Pergamo, dove preminentemente"era il trono di Satana", la divinità del sole, come è ben noto era adorato sotto laforma di un serpente e sotto il nome di Esculapio "il serpente uomo che istrui-sce". Secondo la dottrina fondamentale dei Misteri, come portata a Roma daPergamo, il sole era il solo unico dio, Tammuz o Giano nel suo carattere di Fi-glio, o seme della donna, era una incarnazione. Qui allora il grande segreto del-l'Impero Romano è infine portato alla luce - cioè il vero nome della divinità tu-telare di Roma. Questo era il segreto più gelosamente custodito, tanto che quan-do Valerio Sorano, un uomo del più alto rango e come Cicerone dichiarò "il piùistruito dei Romani" lo aveva incurantemente divulgato, fu condannato a morte.Ora comunque è chiaramente rivelato. Una rappresentazione simbolica del po-polo Romano dal Pompeii sorprendentemente conferma questa deduzione conaffascinante testimonianza. Il lettore dia uno sguardo alla figura qui rappresenta-ta (Fig. 59).Abbiamo già visto che l'autore di Pompeii ammette, per quanto riguarda la pre-cedente figura che, i serpenti sono la rappresentazione sottostante delle oscuredivinità soprastanti. Ammettiamo lo stesso principio e ne segue che le rondini o

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184 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 184L e D u e B a b i l o n i emischiate ad essa è evidentemente l'esatta controparte del racconto scritturale diSatana e dei suoi angeli. Omero dice che "tutti gli dei di Tartaro" o Inferno, fu-rono chiamati Teitans. Esiodo ci dice come questi Teitans, o dei degli inferi,giunsero a dimorare lì. Poiché il loro capo aveva commesso un certo atto di mal-vagità contro suo padre, il supremo dio del cielo, con il consenso di molti altri"figli del cielo", quel padre "li chiamò tutti con il dispregiativo nome di Tei-tans", pronunciò una maledizione su di loro e poi, come conseguenza di questamaledizione, essi furono "precipitati nell'inferno" e "legati nelle catene dell'o-scurità nell'abisso".Mentre questo è il più antico racconto di Teitan ed i suoi seguaci tra i Greci,similmente noi lo troviamo nel sistema caldeo. Teitan era proprio un sinonimoper Typhon, il Serpente maligno o Dragone, che era considerato universalmentecome il Diavolo o autore di tutta la malvagità. Fu Thyphon, secondo la versionepagana della storia che uccise Tammuz e lo tagliò a pezzi; ma Lattanzio checonosceva bene l'argomento, sgrida i suoi connazionali pagani perché "adoranoun bambino fatto a pezzi dai Teitans". Allora è innegabile che Teitan, nel credopagano era identico al Dragone o Satana. Nei Misteri, non appena fu possibile,avvenne un importante cambiamento. Prima Tammuz fu adorato come colui cheschiacciò la testa del serpente volendo significare che egli era il distruttore delregno di Satana. Poi lo stesso Dragone o Satana ricevette una certa misura diadorazione "per consolarlo" come i Pagani dicevano "della perdita del suo pote-re" e per impedirgli di far loro del male; e infine il Dragone, o Teitan, o Satana,divenne il supremo oggetto di adorazione, il Titania, o riti di Teitan, occupanoun posto preminente nei Misteri egiziani, e anche in quelli greci. Quanto eraimportante il posto che questi riti di Teitan o Satana occupavano può essere giu-dicato dal fatto che Plutone, il dio dell'inferno (che come sua ultima caratteristi-ca era proprio il grande Avversario) era considerato con soggezione e timore ilgrande dio dal quale dipendevano i destini del genere umano nel mondo eterno;per questo si diceva che spettava a Plutone "di purificare le anime dopo la mor-te".Il Purgatorio, essendo stato nel Paganesimo come nel Cattolicesimo il grandecardine del clericalismo e della superstizione, quale potere attribuisce questaopinione al "dio dell'inferno"! Non sorprende che il serpente, il grande strumen-to del Diavolo, nella seduzione del genere umano, era in tutta la terra adorato,con una tale straordinaria riverenza essendo scritto nel Octateuch di Ostanes,che "i serpenti sono superiori a tutti gli dei e principi dell'universo". Non fa me-raviglia che alla fine fermamente si credette che il Messia, dal quale dipendevala speranza del mondo, fosse egli stesso il "seme del serpente"! Questo era ma-nifestamente il caso in Grecia; per la storia presente si venne poi a dire che ilprimo Bacco fosse dato alla luce come conseguenza di una congiunzione tra suamadre con il padre degli dei, nella forma di un "serpente maculato". Quel padredegli dei era chiaramente il dio dell'inferno. Quanto a Proserpina, la madre diBacco che, miracolosamente concepì e partorì il meraviglioso bambino, il cuirapimento da parte di Plutone occupava grande spazio nei Misteri, fu adoratacome la moglie del dio dell'inferno, come abbiamo già visto, sotto il nome della"Santa Vergine".La storia della seduzione di Eva da parte del serpente è chiaramente importata inquesta leggenda, come Giulio Firmicio ed i primi apologisti Cristiani, con gran-de forza, la tramandarono ai Pagani dei loro tempi; ma molto diversa è la sfuma-

tura data ad essa nella leggenda pagana da quella che essa ha nella Parola Divi-na. Così il grande Trimblerigger, abilmente capovolse la situazione e quando gliuomini cominciarono ad aborrire le sue caratteristiche, fece in modo da esserequasi dappertutto riconosciuto come "il dio di questo mondo". Così profonda eforte era la presa che Satana era riuscito ad ottenere sul mondo antico, in questosenso, che quando il Cristianesimo fu proclamato all'uomo e, la vera luce ri-splendette dal Cielo, proprio la dottrina che abbiamo considerato ora, si eressetra i discepoli professanti di Cristo.Coloro che seguirono questa dottrina furono chiamati Ophiani o Ophites, cioèadoratori del serpente. "Questi eretici" dice Tertulliano magnificano il serpentefino al punto di preferirlo allo stesso Cristo, poiché egli, asseriscono diede laprima conoscenza del bene e del male. Mosè fu indotto da questa percezione delsuo potere e maestà ad erigere il serpente di ottone e chiunque ad esso avesserivolto lo sguardo sarebbe stato risanato. Lo stesso Cristo, essi affermano, nelVangelo imita il sacro potere del serpente quando dice: "Come Mosè sollevò ilserpente nel deserto, così il Figlio dell'Uomo deve essere sollevato". Essi intro-ducono ciò quando benedicono l'Eucarestia. Questi eretici malvagi, manifesta-mente adoravano il vecchio serpente o Satana come il grande benefattore delgenere umano, per aver loro rilevato la conoscenza del bene e del male. Ma que-sta dottrina essi l'avevano derivata dal mondo Pagano dal quale essi erano venu-ti, o dai Misteri così come li avevano ricevuti e celebrati a Roma. Sebbene Tei-tan al tempo di Esiodo e nella antica Grecia fosse un "nome obbrobioso" a Ro-ma nei giorni dell'impero e prima ancora, era diventato proprio l'opposto. "Losplendido e glorioso Teitan" era il modo in cui si parlava di Teitan a Roma.Questo era il titolo dato al sole visto come "Orb of Day" e considerato comedivinità. Ora il lettore ha già visto che un'altra forma di divinità, o Teitan, a Ro-ma era il serpente Epidaurian, adorato sotto il nome di Esculapio, cioè "il ser-pente uomo che istruisce".Qui a Roma Teitan, o Satana era identificato con il "serpente che istruiva il ge-nere umano" che apriva i loro occhi (quando naturalmente essi erano ciechi) ediede loro la "conoscenza del bene e del male".In Pergamo e in tutta l'Asia minore dalla quale Roma derivò direttamente la suaconoscenza dei Misteri, il caso era lo stesso. In Pergamo, dove preminentemente"era il trono di Satana", la divinità del sole, come è ben noto era adorato sotto laforma di un serpente e sotto il nome di Esculapio "il serpente uomo che istrui-sce". Secondo la dottrina fondamentale dei Misteri, come portata a Roma daPergamo, il sole era il solo unico dio, Tammuz o Giano nel suo carattere di Fi-glio, o seme della donna, era una incarnazione. Qui allora il grande segreto del-l'Impero Romano è infine portato alla luce - cioè il vero nome della divinità tu-telare di Roma. Questo era il segreto più gelosamente custodito, tanto che quan-do Valerio Sorano, un uomo del più alto rango e come Cicerone dichiarò "il piùistruito dei Romani" lo aveva incurantemente divulgato, fu condannato a morte.Ora comunque è chiaramente rivelato. Una rappresentazione simbolica del po-polo Romano dal Pompeii sorprendentemente conferma questa deduzione conaffascinante testimonianza. Il lettore dia uno sguardo alla figura qui rappresenta-ta (Fig. 59).Abbiamo già visto che l'autore di Pompeii ammette, per quanto riguarda la pre-cedente figura che, i serpenti sono la rappresentazione sottostante delle oscuredivinità soprastanti. Ammettiamo lo stesso principio e ne segue che le rondini o

25 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 25L e D u e B a b i l o n i el'Onnipotente, che al principio "parlò e fu fatto", "comandò e tutte le cose furonostabilite", che fece tutte le cose mediante la "Parola della sua Potenza". Dopo ciòche è stato ora detto chiunque consulti le "Ricerche Asiatiche" Vol. 7, pag. 293,può vedere che è in larga misura da una malvagia perversione di questo titolodivino del Vivente e Vero Dio, che hanno avuto origine tutte questeabominazioni morali che hanno reso i simboli dei templi pagani dell'India cosìoffensivi agli occhi della purezza 2.L'idea Babilonese dell'unità divina era così assolutamente idolatrica, che Geova,l'Iddio vivente condannò severamente il suo stesso popolo affinchè non lasostenesse in alcuna maniera: "Quelli che si santificano e si purificano perandare nei giardini per seguire uno3 ch'è quivi in mezzo, quelli che mangianocarne di porco, cose esacrande e dei topi, saranno tutti quanti consumati" (Isaia66:17). Nell'unità di quel solo Dio dei Babilonesi, vi erano tre persone, e persimboleggiare tale dottrina delle trinità, essi impiegavano, com'è mostrato dallescoperte di Layard, il triangolo equilatero, proprio com'è ben noto che la chiesaromana faccia a tutt'oggi. In entrambi i casi tale paragone è degradante per il Rèd'Eternità, ed è estremamente adatto per pervertire le menti di coloro che locontemplano, come se vi fosse o potesse esservi alcuna similitudine fra taleraffigurazione e Colui che ha detto: "A chi paragonerete Iddio, e a qualesomiglianzà lo paragonerete"?Il Papato ha in alcune sue chiese, come per esempio nel monastero dei cosiddettiTrinitariani di Madrid, un'immagine del Dio trino, con tre teste sul corpo4. Ibabilonesi avevano qualcosa di simile. Layard, nella sua ultima opera, ha fornitoun saggio di tale divinità trina, adorata nell'antica Assiria5. La figura quiriprodotta (Figg. 3-4) di un'altra divinità simile adorata fra i pagani della Siberia,è tratta da una medaglia del gabinetto imperiale di S. Pietroburgo, e riprodottanello "Japhet" di Parson. Le tre teste sono disposte differentemente rispettoall'opera di Layard, ma entrambe evidentemente intendono simboleggiare lastessa grande verità, sebbene tutte tali rappresentazioni della Trinità necessa-riamente e assolutamente degradano la concezione di coloro fra i qualiprevalgono tali immagini, circa quel mistero sublime della nostra fede. In India,la divinità suprema, similmente, in uno dei suoi più antichi templi in grotta, èrappresentata con tre teste su un solo corpo, con il nome di "Eko DevaTrimurtti", "Un Dio, tre forme" 6

In Giappone, i buddisti adorano la loro grande divinità, Budda, con tre teste,nella medesima forma, sotto il nome di "San PaoFuh". Tutti questi sono esistiti sin dall'antichità.Mentre l'idolatria si estendeva, il riconoscimento diuna trinità diveniva universale in tutte le antichenazioni del mondo, mostrando quanto profondenella razza umana fossero le radici della dottrinaprimitiva su un tale soggetto, che provienechiaramente dalla Genesi7.Quando guardiamo isimboli della figura trina di Layard, a cui abbiamo

già fatto riferimento, e li esaminiamo con accuratezza, essi si dimostrano moltoistruttivi. Layard è dell'opinione che il cerchio in tale figura abbia il significatodel "Tempo senza limiti". Ma il significato geroglifico del cerchio èevidentemente differente. In Caldea il cerchio raffigurava lo zero8 e zerosignifica anche "il seme" Perciò, secondo il genio del sistema mistico della

Caldea, che era ampiamente basato sui doppi significati, quello che, agli occhidegli uomini in generale, era solo uno zero, "un cerchio", per gli iniziati aveva ilsignificato di zero "il seme". Ora, visto sotto questa luce, l'emblema trino dellasuprema divinità assira mostra chiaramente qual'era stata l'originale fede deipatriarchi. Prima vi è il capo dell'uomo anziano; successivamente, vi è lo zero, ocerchio, cioè "il seme"; e infine, le ali e la coda dell'uccello o colomba;9

mostrano, sebbene in modo blasfemo, l'unità del Padre, del Seme, o Figlio, edello Spirito Santo. Mentre questo era il modo originale mediante il qualel'idolatria pagana rappresentava il Dio Trino, e attraverso questa sorta dirappresentazione sopravvisse fino al tempo di Sennacherib, vi è tuttavia la provache, in un periodo primitivo, ebbe luogo un importante cambiamento nel modobabilonese di considerare la divinità; e quelle tre persone dovevano divenire ilPadre Eterno, lo Spirito di Dio incarnato in una madre umana, e il Figlio Divino,il frutto di quell'incarnazione.

SEZIONE II

LA MADRE E IL FIGLIO E L'ORIGINE DEL FIGLIO

Mentre questa era la teoria, in pratica la prima persona della divinità era senzaimportanza (Figg. 5-6).Come il Grande Invisibile, che non ha alcun interesse immediato nelle faccendeumane, egli doveva "essere adorato solo insilenzio", in pratica, non era affatto adorato dalpopolo. La stessa cosa avviene in India ancoraai nostri giorni. Sebbene Brama, secondo ilibri sacri, sia la prima persona della TriadeIndù, e la religione degli Indostani vengachiamata col suo nome, tuttavia egli non èaffatto adorato, e vi è appena un solo tempio intutta l'India che ancora sopravvive di quelliche precedentemente furono eretti in suoonore. Avviene la stessa cosa in quei paesiEuropei dove il sistema papale si è sviluppatocompletamente. Nell'Italia papale, com'èuniversalmente ammesso da chi vi ha viaggiato (eccetto dove di recente ha fattoil suo ingresso il Vangelo), tutte le manifestazione esterne di adorazione del RèEterno ed Invisibile sono quasi scomparse, mentre la Madre e il Figlio sono igrandi soggetti dell'adorazione. Nell'antica Babilonia, sotto questo aspetto, lecose andavano esattamente alla stessa aniera. I Babilonesi nella loro religionepopolare, adoravano sopra ogni cosa una dea madre e un figlio che eranoraffigurati come un infante o bambino nelle braccia di sua madre. Da Babiloniaquest'adorazione della madre e del figlio si diffuse alle estremità della terra. InEgitto, la Madre e il Figlio erano adorati con il nome di Iside e Osiride (Osiridecome figlio era chiamato più frequentemente Horus). In India fino ad oggi comeIsi e Iswara; in Asia, come Cibele e Deoius; nella Roma pagana, come Fortuna eJupiter-bambino; in Grecia, come Cerere, la grande madre con il bimbo in seno,o come Irene, la dea della pace con il bimbo Fiutone fra le braccia; e anche inTibet, Cina e Giappone, i missionari Gesuiti furono sorpresi di trovare la

In Babilonia In India

Figurazione di divinità trinaadorata in Assiria

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26 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 26L e D u e B a b i l o n i econtroparte della Madonna' e di suo figlio devotamente adorati come nellaRoma papale stessa; Shing Mao, la Santa Madre in Cina, era rappresentata conun figlio tra le braccia, e una gloria intorno a lei, esattamente come se fosse statoimpiegato un artista cattolico romano per raffigurarla 2.

SOTTOSEZIONE IIL FIGLIO IN ASSIRIA

Vi è ragione di credere che all'origine di quella madre vi sia Semiramide3, di cuiabbiamo già parlato, che, è ben noto era adorata dai babilonesi e da altre nazioniorientali sotto il nome di Rea, la grande Dea "madre". Fu dal Figlio, comunque,che essa ottenne tutta la sua gloria e le sue pretese di deificazione. Quel figlio,sebbene raffigurato come un bimbo in braccio alla madre, era una persona digrande statura e di immensa forza fisica oltre che di maniere affascinanti. NelleScritture si fa riferimento a lui (Ezech. 8:14) col nome di Tammuz, ma egli ècomunemente conosciuto fra gli scrittori classici col nome di Bacco, cioè, "IILamentatore" 1.Al comune lettore il nome di Bacco non suggerisce altro che ribellione eubriachezza, ma è adesso ben noto che, fra tutte le cose abominevoli cheavevano luogo durante le sue orge, il loro grande obiettivo era dichiaratamente"la purificazione delle anime" dalla colpa e dalle contaminazioni del peccato.Tale lamentatore, mostrato e adorato come un fanciullo tra le braccia di suamadre, sembra, in realtà, essere stato il marito di Semiramide, il cui nome. Nino,col quale è conosciuto comunemente nella storia classica, significa letteralmente"il Figlio" (da Nin che in ebraico significa "Figlio"). Poiché Semiramide, lamoglie, era adorata come Rea, il cui maggior carattere distintivo era quellod'essere la grande dea "Madre", l'unione di lei col marito, chiamato Nino, o"Figlio", fu sufficiente ad originare la caratteristica adorazione della "Madre edel Figlio", che si diffuse così estesamente fra le nazioni dell'antichità; e questaè certamente la spiegazione del fatto che ha fatto tanto scervellare gliinvetigatori della storia antica, cioè che Nino è alcune volte chiamato marito, ealtre, figlio di Semiramide. Ciò inoltre spiega la stessa confusione che vi è nellerelazioni tra Iside e Osiride, la madre e il Figlio degli egiziani; poiché, comemostra Bunsen, Osiride era rappresentato in Egitto sia come figlio che marito disua madre; ed effettivamente porta, come uno dei titoli di dignità e d'onore, ilnome "Marito della madre" 2.Ciò getta ulteriore luce sul fatto già menzionato, che il dio indiano Iswara èrappresentato come un bambino sul seno di sua madre, Isi o Iswara.Quindi, questo Nino o "Figlio" giacente tra le braccia della Madonnababilonese, è descritto in modo da essere identificato chiaramente con Nimrod."Nino, rè d'Assiria", dice Trogus Pompeius, compendiato da Giustino, "prima ditutto cambiò la soddisfacente moderazione delle maniere antiche, incitato da unanuova passione, il desiderio di conquista. Egli fu il primo a guerreggiare controi suoi vicini e conquistò tutte le nazioni dall'Assiria alla Libia poiché questeultime non conoscevano ancora l'arte della guerra". Questo racconto conducedirettamente a Nimrod, e non può applicarsi a nessun altro. La narrazione diDiodoro Siculo è interamente d'accordo con esso e vi aggiunge alcuni tratti checontribuiscono ulteriormente a determinarne l'identità. Il racconto dice così:"Nino, il più antico dei rè assiri menzionato dalla storia, compì grandi imprese.

Essendo per natura predisposto alla guerra, e ambizioso della gloria che derivadal valore, egli armò un numero considerevole di giovani che erano coraggiosi evigorosi come lui, e li addestrò per molto tempo in esercizi difficili e laboriosi,mediante i quali li abituò alle fatiche della guerra, e ad affrontare i pericoliintrepidamente". Diodoto dice che Nino era "il più antico dei rè assiri", e lorappresenta nel dare inizio a quelle guerre che innalzarono il suo potere adaltezze straordinarie, e che gli sottomisero i popoli di Babilonia, mentre ancorala città di Babilonia non esisteva, e tutto ciò mostra che egli occupava la stessaposizione di Nimrod, di cui il racconto scritturale dice egli fu il primo "a esserepotente sulla terra" e che "il principio del suo regno fu Babele". Poiché icostruttori della torre di Babele, quando il loro linguaggio fu confuso, furonodispersi sulla faccia della terra e perciò abbandonaron sia la città che la torre cheessi avevano cominciato a costruire, non si può appropriatamente dire cheBabilonia, come città esistesse fino a quando Nimrod, stabilendovi il suo potere,la fondò gettando le fondamenta della sua grandezza. A tale riguardo, quindi, lastoria di Nino e quella di Nimrod sono del tutto in armonia. Inoltre il modo incui Nino ottenne il suo potere è identico al modo in cui lo ottenne Nimrod. Nonpuò esservi dubbio che fu costringendo i suoi seguaci all'arte e ai pericoli dellacaccia, che egli gradualmente li formò all'uso delle armi e così li preparò adaiutarlo a stabilire il suo dominio, proprio come Nino. Addestrando i suoiseguaci per un lungo tempo "in difficili e laboriose esercitazioni" li resequalificati per fare di lui il primo rè degli Assiri.La conclusione che si trae da queste testimonianze della storia antica sonorafforzate da molte considerazioni ulteriori. In Genesi 10:11, troviamo un passo,che, quand'è appropriatamente compreso, getta una ferma luce sul soggetto.Questo passaggio, nella Versione Autorizzata, dice così: "Da quel paese uscìAssur ed edificò Ninive". Qui sembra che sia molto importante che Assurprovenisse dal paese di Sinar, nonostante la razza umana in generale provenissetutta dallo stesso posto. Sembra che qui si parta dalla supposizione che Assuravesse una certa qual sorta di diritto divino al possesso del paese e che egli inqualche modo ne fosse stato spodestato da Nimrod, mentre nel contesto non vi èalcun accenno a un tale diritto o a qualcosa che ne costituisca una prova. Inoltre,nel versetto si rappresenta Assur come se si stabilisse nelle immediate vicinanzedi Nimrod costituendo un regno potente come quello di Nimrod stesso, ededificando quattro città, una delle quali è enfaticamente definita "grande" (vers.12); mentre Nimrod, in base a questa interpretazione, costruì lo stesso numero dicittà, delle quali nessuna è caratterizzata in modo specifico come "grande". Oraè estremamente improbabile che Nimrod abbia tollerato tranquillamente unrivale così vicino a lui. Per ovviare a tali difficoltà, è stato proposto di tradurrele parole, "da quel paese egli (Nimrod) andò in Assur o Assiria". Ma in tal caso,secondo l'uso ordinario della grammatica, la parola nell'originale dovrebbeessere semplicemente Assur, senza alcun suffisso di moto. Io sono convinto chetutte le perplessità che i commentatori hanno finora nutrito circa questopassaggio, siano sorte dalla supposizione che nel passo in questione si trovi unnome proprio, mentre in realtà non ne esiste alcuno. Assur è il participio passivodi un verbo che, in Caldeo, significa "fortificare'" \ e, conscguentemente,significa "essere rafforzato", o "reso forte". Leggendo così l'intero passaggio èfacile e scorrevole (vers. 10), "E il principio del suo regno (di Nimrod) fuBabele, ed Erek, e Accad e Calne". Un principio naturalmente implica qualcosa

183 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 183L e D u e B a b i l o n i eancora, dopo tale vita di rassicurarli circa l'eterna felicità. Eanus, «l'uomo cadu-to» fu elevato come il Capo umano di questo sistema di corruzione, questo Mi-stero d'Iniquità. Allora, da questo veniamo a conoscenza del reale significato delnome, applicato alla divinità comunemente adorata in Frigia insieme a Cibelenello stesso carattere di Giano che era allo stesso tempo Padre degli dei e divini-tà Mediatrice. Quel nome era Atys, o Attis, o Attes, e il senso apparirà chiara-mente dal significato della ben nota parola greca Atè che significa "errore delpeccato" ed è ovviamente derivato dal caldeo Hata, "peccare". Atys o Attes,derivate dallo stesso verbo, in modo simile, significano "II Peccatore". Il lettorericorderà che, in Frigia Rea o Cibele, era adorata sotto il nome di Idaia Mater,"La madre della sapienza". Essa portava nella sua mano come proprio simboloun melograno e, noi a ragione possiamo concludere che esso fosse ritenuto tra ipagani "il frutto proibito". Così, come Attes probabilmente allora era considera-to la divinità contemplata di quella madre di sapienza, il "Peccatore", suo stessomarito, che indotto da lei a condividere il suo peccato e la fatale conoscenza,divenne in tal modo e nel vero senso "L'Uomo del peccato", -"L'uomo" attraver-so il quale il peccato entrò nel mondo e la morte attraverso il peccato. Adesso,ad Attes, questo uomo del peccato, dopo essere passato attraverso quei dolori equelle sofferenze che i suoi adoratori commemorano annualmente, furono datele caratteristiche distintive e le glorie del Messia. Egli fu identificato con il Sole,l'unico suo dio, egli fu identificato con Adone, e a lui così identificato è dedicatoil linguaggio del sedicesimo Salmo che predice in tutta la sua grandezza il trion-fo del nostro Salvatore Cristo sulla tomba e sulla morte. -"Poiché non lascerai lamia anima nello Sceol. Non permetterai che il tuo leale veda la fossa". Salmo16:10.Si conosce a sufficienza che la prima parte di questa affermazione era consacra-ta ad Adone, poichè l'annuale lamento delle donne per Tammuz fu velocementetrasformato in gioia a motivo del suo fantastico ritorno dell'Hades o, regioniinfernali. Ma non è ben conosciuto che il Paganesimo applicava al suo dio me-diatore la predetta incorruttibilità del corpo del Messia. Ma che così fosse loaccertiamo dalla distinta testimonianza di Pausanias. "Agdistis", che è Cibele,egli dice "ottenne da Giove che nessuna parte del corpo di Attes dovesse impu-tridirsi o deteriorarsi". Così il Paganesimo applicò ad Attes "il peccatore", l'inco-municabile onore di Cristo, che venne a "salvare il Suo popolo dai propri pecca-ti" - come è detto nel linguaggio Divino scritto dal dolce salmista di Israele unmigliaio di anni prima dell'era Cristiana.Se allora il Papa, come abbiamo visto, occupa il posto di Giano "l'uomo", comeè chiaro che egli allo stesso tempo occupa il posto di Attes, "il peccatore". Sottoquesto punto di vista, come colpisce l'espressione "Uomo del peccato", datodalla profezia di II Tessalonicesi 11:3 a colui che doveva essere il capo dellaCristianità apostata e che doveva concentrare in quella apostasia tutta la corru-zione del Paganesimo babilonese? Si dimostrerà così che il Papa in ogni campoè il capo visibile della bestia. Ma la bestia non solo ha un capo visibile che lagoverna, ma anche uno invisibile. Questo capo invisibile non è altro che Satana,il capo della prima grande apostasia che ebbe inizio nello stesso cielo. Ciò èevidente, senza dubbio, da Rivelazione 13:4 "Si prostrarono davanti al dragoneche aveva dato potere alla bestia, come pure davanti alla bestia, dicendo: "Chi èsimile alla bestia? E chi potrà combattere contro di lei?".Questo linguaggio mostra che l'adorazione del dragone è commisurata all'adora-

zione della bestia. Che il dragone è principalmente Satana, lo stesso arcidemo-nio è evidente dall'affermazione del precedente capitolo (Rivelazione 12:9): "Eil dragone fu precipitato, l'antico serpente, che si chiama Diavolo e Satana, ilseduttore del mondo intero". Se allora, come abbiamo visto, il Papa fosse il visi-bile capo della bestia i fedeli di Roma adorando il Papa necessariamente adora-no anche Satana. Con la Divina affermazione davanti a noi, non vi è possibilitàdi equivoci. E ciò è esattamente quello che potremmo aspettarci in altri campi.Ricordiamoci che il Papa, come capo del Mistero d'Iniquità, è "il figlio dellaperdizione", Iscariota, il falso apostolo, il traditore. Ora è espressamente affer-mato che prima che Giuda commise il suo tradimento "Satana", il principe deiDiavoli, "entrò in lui" impossessandosene completamente. Per analogia possia-mo aspettarci che lo stesso sia avvenuto nel nostro caso. Persino prima che ilPapa potesse concepire un così complicato schema di tradimento alla causa delsuo Signore, come è stato provato contro di lui, prima che egli potesse esserequalificato per portare con successo al compimento quello schema traditore, lostesso Satana dovette entrare in lui. Il Mistero d'Iniquità doveva essere esercitatoe prosperare secondo "l'operato", letteralmente cioè secondo l'energia e il gran-dioso potere di Satana (II Tessalonicesi 2:9).Allora Satana stesso e non qualche spirito subordinato dell'inferno deve presie-dere sopra l'intero vasto sistema di malvagità consacrata, egli deve personalmen-te impossessarsi di colui che è il suo visibile capo, il sistema dovrebbe essereguidato dalla sua diabolica arguzia e "rafforzato" dal suo potere sovraumano.Considerando ciò possiamo subito vedere che i seguaci del Papa quando adora-no la bestia adorano anche il "dragone che dava potere alla bestia". Così, indi-pendentemente dall'evidenza storica, su questo punto, siamo portati all'irresisti-bile conclusione che l'adorazione di Roma è un vasto sistema di adorazione deldemonio. E se per una volta fosse ammesso che il Papa sia il capo della bestiadel mare siamo costretti, sulla pura testimonianza di Dio, senza nessuna altratestimonianza, a considerare questo come un fatto che, consapevolmente o in-consapevolmente coloro che adorano il Papa, stanno effettivamente adorando ilDiavolo.Ma in realtà abbiamo testimonianza storica e di notevole consistenza, che il Pa-pa, come capo dei Misteri caldei è direttamente il rappresentante di Satana comelo è del falso Messia di Babilonia. Molto tempo fa, verso la fine del II° secolo,fu notato da Ireneo che il nome Teitan conteneva il numero mistico seicentosessantasei ed egli diceva, come sua opinione che Teitan "era di gran lunga ilnome più probabile" della bestia del mare. La sua opinione non ha molto peso.Ma l'opinione in se stessa potrebbe essere derivata da altri che ebbero migliori epiù valide ragioni per il loro credo su questo soggetto. Ora inquirendo, sarà ef-fettivamente trovato che, mentre Saturno era il nome del capo visibile, Teitanera il nome del capo invisibile della bestia. Teitan è precisamente la forma cal-dea di Sheitan, il vero nome con il quale Satana è chiamato da tempi immemora-bili dagli adoratori del Diavolo del Kurdistan e dall'Armenia o Kurdistan questaadorazione del Diavolo incorporata nei Misteri caldei venne verso occidenteall'Asia minore e da qui all'Etruria e Roma. Quel Teitan era effettivamente cono-sciuto dalle nazioni classiche come Satana, o lo spirito della malvagità, promo-tore del male morale, ne abbiamo le seguenti prove.La storia di Teitan e dei suoi confratelli è data in Omero ed Esiodo i due massi-mi fra tutti gli scrittori greci. Nonostante leggende più recenti siano ovviamente

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182 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 182L e D u e B a b i l o n i eancora, dopo tale vita di rassicurarli circa l'eterna felicità. Eanus, «l'uomo cadu-to» fu elevato come il Capo umano di questo sistema di corruzione, questo Mi-stero d'Iniquità. Allora, da questo veniamo a conoscenza del reale significato delnome, applicato alla divinità comunemente adorata in Frigia insieme a Cibelenello stesso carattere di Giano che era allo stesso tempo Padre degli dei e divini-tà Mediatrice. Quel nome era Atys, o Attis, o Attes, e il senso apparirà chiara-mente dal significato della ben nota parola greca Atè che significa "errore delpeccato" ed è ovviamente derivato dal caldeo Hata, "peccare". Atys o Attes,derivate dallo stesso verbo, in modo simile, significano "II Peccatore". Il lettorericorderà che, in Frigia Rea o Cibele, era adorata sotto il nome di Idaia Mater,"La madre della sapienza". Essa portava nella sua mano come proprio simboloun melograno e, noi a ragione possiamo concludere che esso fosse ritenuto tra ipagani "il frutto proibito". Così, come Attes probabilmente allora era considera-to la divinità contemplata di quella madre di sapienza, il "Peccatore", suo stessomarito, che indotto da lei a condividere il suo peccato e la fatale conoscenza,divenne in tal modo e nel vero senso "L'Uomo del peccato", -"L'uomo" attraver-so il quale il peccato entrò nel mondo e la morte attraverso il peccato. Adesso,ad Attes, questo uomo del peccato, dopo essere passato attraverso quei dolori equelle sofferenze che i suoi adoratori commemorano annualmente, furono datele caratteristiche distintive e le glorie del Messia. Egli fu identificato con il Sole,l'unico suo dio, egli fu identificato con Adone, e a lui così identificato è dedicatoil linguaggio del sedicesimo Salmo che predice in tutta la sua grandezza il trion-fo del nostro Salvatore Cristo sulla tomba e sulla morte. -"Poiché non lascerai lamia anima nello Sceol. Non permetterai che il tuo leale veda la fossa". Salmo16:10.Si conosce a sufficienza che la prima parte di questa affermazione era consacra-ta ad Adone, poichè l'annuale lamento delle donne per Tammuz fu velocementetrasformato in gioia a motivo del suo fantastico ritorno dell'Hades o, regioniinfernali. Ma non è ben conosciuto che il Paganesimo applicava al suo dio me-diatore la predetta incorruttibilità del corpo del Messia. Ma che così fosse loaccertiamo dalla distinta testimonianza di Pausanias. "Agdistis", che è Cibele,egli dice "ottenne da Giove che nessuna parte del corpo di Attes dovesse impu-tridirsi o deteriorarsi". Così il Paganesimo applicò ad Attes "il peccatore", l'inco-municabile onore di Cristo, che venne a "salvare il Suo popolo dai propri pecca-ti" - come è detto nel linguaggio Divino scritto dal dolce salmista di Israele unmigliaio di anni prima dell'era Cristiana.Se allora il Papa, come abbiamo visto, occupa il posto di Giano "l'uomo", comeè chiaro che egli allo stesso tempo occupa il posto di Attes, "il peccatore". Sottoquesto punto di vista, come colpisce l'espressione "Uomo del peccato", datodalla profezia di II Tessalonicesi 11:3 a colui che doveva essere il capo dellaCristianità apostata e che doveva concentrare in quella apostasia tutta la corru-zione del Paganesimo babilonese? Si dimostrerà così che il Papa in ogni campoè il capo visibile della bestia. Ma la bestia non solo ha un capo visibile che lagoverna, ma anche uno invisibile. Questo capo invisibile non è altro che Satana,il capo della prima grande apostasia che ebbe inizio nello stesso cielo. Ciò èevidente, senza dubbio, da Rivelazione 13:4 "Si prostrarono davanti al dragoneche aveva dato potere alla bestia, come pure davanti alla bestia, dicendo: "Chi èsimile alla bestia? E chi potrà combattere contro di lei?".Questo linguaggio mostra che l'adorazione del dragone è commisurata all'adora-

zione della bestia. Che il dragone è principalmente Satana, lo stesso arcidemo-nio è evidente dall'affermazione del precedente capitolo (Rivelazione 12:9): "Eil dragone fu precipitato, l'antico serpente, che si chiama Diavolo e Satana, ilseduttore del mondo intero". Se allora, come abbiamo visto, il Papa fosse il visi-bile capo della bestia i fedeli di Roma adorando il Papa necessariamente adora-no anche Satana. Con la Divina affermazione davanti a noi, non vi è possibilitàdi equivoci. E ciò è esattamente quello che potremmo aspettarci in altri campi.Ricordiamoci che il Papa, come capo del Mistero d'Iniquità, è "il figlio dellaperdizione", Iscariota, il falso apostolo, il traditore. Ora è espressamente affer-mato che prima che Giuda commise il suo tradimento "Satana", il principe deiDiavoli, "entrò in lui" impossessandosene completamente. Per analogia possia-mo aspettarci che lo stesso sia avvenuto nel nostro caso. Persino prima che ilPapa potesse concepire un così complicato schema di tradimento alla causa delsuo Signore, come è stato provato contro di lui, prima che egli potesse esserequalificato per portare con successo al compimento quello schema traditore, lostesso Satana dovette entrare in lui. Il Mistero d'Iniquità doveva essere esercitatoe prosperare secondo "l'operato", letteralmente cioè secondo l'energia e il gran-dioso potere di Satana (II Tessalonicesi 2:9).Allora Satana stesso e non qualche spirito subordinato dell'inferno deve presie-dere sopra l'intero vasto sistema di malvagità consacrata, egli deve personalmen-te impossessarsi di colui che è il suo visibile capo, il sistema dovrebbe essereguidato dalla sua diabolica arguzia e "rafforzato" dal suo potere sovraumano.Considerando ciò possiamo subito vedere che i seguaci del Papa quando adora-no la bestia adorano anche il "dragone che dava potere alla bestia". Così, indi-pendentemente dall'evidenza storica, su questo punto, siamo portati all'irresisti-bile conclusione che l'adorazione di Roma è un vasto sistema di adorazione deldemonio. E se per una volta fosse ammesso che il Papa sia il capo della bestiadel mare siamo costretti, sulla pura testimonianza di Dio, senza nessuna altratestimonianza, a considerare questo come un fatto che, consapevolmente o in-consapevolmente coloro che adorano il Papa, stanno effettivamente adorando ilDiavolo.Ma in realtà abbiamo testimonianza storica e di notevole consistenza, che il Pa-pa, come capo dei Misteri caldei è direttamente il rappresentante di Satana comelo è del falso Messia di Babilonia. Molto tempo fa, verso la fine del II° secolo,fu notato da Ireneo che il nome Teitan conteneva il numero mistico seicentosessantasei ed egli diceva, come sua opinione che Teitan "era di gran lunga ilnome più probabile" della bestia del mare. La sua opinione non ha molto peso.Ma l'opinione in se stessa potrebbe essere derivata da altri che ebbero migliori epiù valide ragioni per il loro credo su questo soggetto. Ora inquirendo, sarà ef-fettivamente trovato che, mentre Saturno era il nome del capo visibile, Teitanera il nome del capo invisibile della bestia. Teitan è precisamente la forma cal-dea di Sheitan, il vero nome con il quale Satana è chiamato da tempi immemora-bili dagli adoratori del Diavolo del Kurdistan e dall'Armenia o Kurdistan questaadorazione del Diavolo incorporata nei Misteri caldei venne verso occidenteall'Asia minore e da qui all'Etruria e Roma. Quel Teitan era effettivamente cono-sciuto dalle nazioni classiche come Satana, o lo spirito della malvagità, promo-tore del male morale, ne abbiamo le seguenti prove.La storia di Teitan e dei suoi confratelli è data in Omero ed Esiodo i due massi-mi fra tutti gli scrittori greci. Nonostante leggende più recenti siano ovviamente

27 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 27L e D u e B a b i l o n i econtroparte della Madonna' e di suo figlio devotamente adorati come nellaRoma papale stessa; Shing Mao, la Santa Madre in Cina, era rappresentata conun figlio tra le braccia, e una gloria intorno a lei, esattamente come se fosse statoimpiegato un artista cattolico romano per raffigurarla 2.

SOTTOSEZIONE IIL FIGLIO IN ASSIRIA

Vi è ragione di credere che all'origine di quella madre vi sia Semiramide3, di cuiabbiamo già parlato, che, è ben noto era adorata dai babilonesi e da altre nazioniorientali sotto il nome di Rea, la grande Dea "madre". Fu dal Figlio, comunque,che essa ottenne tutta la sua gloria e le sue pretese di deificazione. Quel figlio,sebbene raffigurato come un bimbo in braccio alla madre, era una persona digrande statura e di immensa forza fisica oltre che di maniere affascinanti. NelleScritture si fa riferimento a lui (Ezech. 8:14) col nome di Tammuz, ma egli ècomunemente conosciuto fra gli scrittori classici col nome di Bacco, cioè, "IILamentatore" 1.Al comune lettore il nome di Bacco non suggerisce altro che ribellione eubriachezza, ma è adesso ben noto che, fra tutte le cose abominevoli cheavevano luogo durante le sue orge, il loro grande obiettivo era dichiaratamente"la purificazione delle anime" dalla colpa e dalle contaminazioni del peccato.Tale lamentatore, mostrato e adorato come un fanciullo tra le braccia di suamadre, sembra, in realtà, essere stato il marito di Semiramide, il cui nome. Nino,col quale è conosciuto comunemente nella storia classica, significa letteralmente"il Figlio" (da Nin che in ebraico significa "Figlio"). Poiché Semiramide, lamoglie, era adorata come Rea, il cui maggior carattere distintivo era quellod'essere la grande dea "Madre", l'unione di lei col marito, chiamato Nino, o"Figlio", fu sufficiente ad originare la caratteristica adorazione della "Madre edel Figlio", che si diffuse così estesamente fra le nazioni dell'antichità; e questaè certamente la spiegazione del fatto che ha fatto tanto scervellare gliinvetigatori della storia antica, cioè che Nino è alcune volte chiamato marito, ealtre, figlio di Semiramide. Ciò inoltre spiega la stessa confusione che vi è nellerelazioni tra Iside e Osiride, la madre e il Figlio degli egiziani; poiché, comemostra Bunsen, Osiride era rappresentato in Egitto sia come figlio che marito disua madre; ed effettivamente porta, come uno dei titoli di dignità e d'onore, ilnome "Marito della madre" 2.Ciò getta ulteriore luce sul fatto già menzionato, che il dio indiano Iswara èrappresentato come un bambino sul seno di sua madre, Isi o Iswara.Quindi, questo Nino o "Figlio" giacente tra le braccia della Madonnababilonese, è descritto in modo da essere identificato chiaramente con Nimrod."Nino, rè d'Assiria", dice Trogus Pompeius, compendiato da Giustino, "prima ditutto cambiò la soddisfacente moderazione delle maniere antiche, incitato da unanuova passione, il desiderio di conquista. Egli fu il primo a guerreggiare controi suoi vicini e conquistò tutte le nazioni dall'Assiria alla Libia poiché questeultime non conoscevano ancora l'arte della guerra". Questo racconto conducedirettamente a Nimrod, e non può applicarsi a nessun altro. La narrazione diDiodoro Siculo è interamente d'accordo con esso e vi aggiunge alcuni tratti checontribuiscono ulteriormente a determinarne l'identità. Il racconto dice così:"Nino, il più antico dei rè assiri menzionato dalla storia, compì grandi imprese.

Essendo per natura predisposto alla guerra, e ambizioso della gloria che derivadal valore, egli armò un numero considerevole di giovani che erano coraggiosi evigorosi come lui, e li addestrò per molto tempo in esercizi difficili e laboriosi,mediante i quali li abituò alle fatiche della guerra, e ad affrontare i pericoliintrepidamente". Diodoto dice che Nino era "il più antico dei rè assiri", e lorappresenta nel dare inizio a quelle guerre che innalzarono il suo potere adaltezze straordinarie, e che gli sottomisero i popoli di Babilonia, mentre ancorala città di Babilonia non esisteva, e tutto ciò mostra che egli occupava la stessaposizione di Nimrod, di cui il racconto scritturale dice egli fu il primo "a esserepotente sulla terra" e che "il principio del suo regno fu Babele". Poiché icostruttori della torre di Babele, quando il loro linguaggio fu confuso, furonodispersi sulla faccia della terra e perciò abbandonaron sia la città che la torre cheessi avevano cominciato a costruire, non si può appropriatamente dire cheBabilonia, come città esistesse fino a quando Nimrod, stabilendovi il suo potere,la fondò gettando le fondamenta della sua grandezza. A tale riguardo, quindi, lastoria di Nino e quella di Nimrod sono del tutto in armonia. Inoltre il modo incui Nino ottenne il suo potere è identico al modo in cui lo ottenne Nimrod. Nonpuò esservi dubbio che fu costringendo i suoi seguaci all'arte e ai pericoli dellacaccia, che egli gradualmente li formò all'uso delle armi e così li preparò adaiutarlo a stabilire il suo dominio, proprio come Nino. Addestrando i suoiseguaci per un lungo tempo "in difficili e laboriose esercitazioni" li resequalificati per fare di lui il primo rè degli Assiri.La conclusione che si trae da queste testimonianze della storia antica sonorafforzate da molte considerazioni ulteriori. In Genesi 10:11, troviamo un passo,che, quand'è appropriatamente compreso, getta una ferma luce sul soggetto.Questo passaggio, nella Versione Autorizzata, dice così: "Da quel paese uscìAssur ed edificò Ninive". Qui sembra che sia molto importante che Assurprovenisse dal paese di Sinar, nonostante la razza umana in generale provenissetutta dallo stesso posto. Sembra che qui si parta dalla supposizione che Assuravesse una certa qual sorta di diritto divino al possesso del paese e che egli inqualche modo ne fosse stato spodestato da Nimrod, mentre nel contesto non vi èalcun accenno a un tale diritto o a qualcosa che ne costituisca una prova. Inoltre,nel versetto si rappresenta Assur come se si stabilisse nelle immediate vicinanzedi Nimrod costituendo un regno potente come quello di Nimrod stesso, ededificando quattro città, una delle quali è enfaticamente definita "grande" (vers.12); mentre Nimrod, in base a questa interpretazione, costruì lo stesso numero dicittà, delle quali nessuna è caratterizzata in modo specifico come "grande". Oraè estremamente improbabile che Nimrod abbia tollerato tranquillamente unrivale così vicino a lui. Per ovviare a tali difficoltà, è stato proposto di tradurrele parole, "da quel paese egli (Nimrod) andò in Assur o Assiria". Ma in tal caso,secondo l'uso ordinario della grammatica, la parola nell'originale dovrebbeessere semplicemente Assur, senza alcun suffisso di moto. Io sono convinto chetutte le perplessità che i commentatori hanno finora nutrito circa questopassaggio, siano sorte dalla supposizione che nel passo in questione si trovi unnome proprio, mentre in realtà non ne esiste alcuno. Assur è il participio passivodi un verbo che, in Caldeo, significa "fortificare'" \ e, conscguentemente,significa "essere rafforzato", o "reso forte". Leggendo così l'intero passaggio èfacile e scorrevole (vers. 10), "E il principio del suo regno (di Nimrod) fuBabele, ed Erek, e Accad e Calne". Un principio naturalmente implica qualcosa

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28 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 28L e D u e B a b i l o n i edi successivo, e qui lo troviamo (vers. 11) "Egli venne da quel paese, essendoreso forte, o quando fu reso forte (Ashur), ed edificò Ninive", etc. Ora questo èesattamente in armonia con l'affermazione della storia antica di Giustino, "Ninorafforzò la grandezza dei suoi domini acquisiti, mediante il possesso continuo.Avendo perciò sottomesso i popoli confinanti quando, per un apporto di armatiegli fu ulteriormente rafforzato, uscì contro le altre tribù ed ogni nuova vittoriapreparava la via per un'altra, egli sottomise tutti i popoli dell'oriente". Così,quindi, Nimrod o Nino, fu il costruttore di Ninive; e l'origine del nome di quellacittà "l'abitazione di Nino", lo dimostra2 e allo stesso tempo vien fatta luce sulfatto che il nome della parte principale delle rovine di Ninive fino ad oggi èchiamata Eimrud.Quindi, avendo stabilito che Nino corrisponde a Nimrod in modo in cui taleasserzione spiega ciò che altrimenti sarebbe inesplicabile nella storia antica,conferma grandemente la verità dell'asserzione stessa. È detto che Nino sia statoil figlio di Belus o Bel, e si dice che Bel sia stato il fondatore di Babilonia. SeNino fu in realtà il primo rè di Babilonia, come potrebbe dirsi la stessa cosa diBelus o Bel suo padre? Potrebbero ben esserlo stato entrambi come sicomprende se consideriamo chi era Bel, e ciò che possiamo dedurne dalle suegesta. Se Nino era Nimrod, chi era storicamente Bel? Egli deve essere stato Cus;poiché "Cus generò Nimrod" (Gen. 10:8); e Cus è generalmente rappresentatocome il promotore di ciò che portò alla grande apostasia. Ma, ancora, Cus comefiglio di Cam, era Her-mes o Mercurio; poiché Her-mes è esattamente ilsinonimo egiziano che vuoi dire "figlio di Cam" '.Ermes fu il grande profeta originale dell'idolatria; poiché egli fu riconosciuto daipagani come l'autore dei loro riti religiosi e l'interprete degli dèi. L'illustreGesenio lo identifica con il babilonese Nebo, dio profetico; e un'affermazione diIgino mostra che egli era conosciuto come il promotore di quel movimento cheportò alla divisione delle lingue. Queste sono le sue parole: "Per lunghe età gliuomini vissero sotto il governo di Jove (evidentemente non il romano Jupiter,ma il Geova degli Ebrei), senza città e senza leggi, e tutti parlavano una solalingua. Ma dopo che Mercurio interpretò le lingue degli uomini (da cui il nomedi Ermeneuti dato agli interpreti), lo stesso individuo distribuì le nazioni. Quindiebbe inizio la discordia. Qui è manifesto un enigma. Come potrebbe Mercurio oErmes aver alcun bisogno di interpretare le lingue del genere umano quando essi"parlavano tutti una sola lingua"? Per comprendere il significato di ciò,dobbiamo attingere al linguaggio dei Misteri. Peresh in Calde significa"interpretare", ma era pronunciato dagli antichi Egizi e dai Greci e spesso daglistessi Caldei come "Peres", "dividere". Mercurio, quindi, o Ermes, o Cus, il"Figlio di Cam", era "Colui che DIVISE le lingue degli uomini". Sembra che eglisia stato il promotore del progetto di costruzione della grande città e della torredi Babele; e come il ben noto titolo di Ermes "l'interprete degli dei",indicherebbe, egli li incoraggiò, nel nome di Dio, a continuare nella loroimpresa presuntuosa, che portò alla divisione delle lingue degli uomini, i qualifurono dispersi sulla faccia della terra. Adesso volgiamo l'attenzione al nome diBelus o Bel dato al padre di Nino, o Nimrod in relazione a ciò. Mentre il nomegreco Belus rappresenta sia il Baal che il Bel dei Caldei, questi eranonondimeno dei titoli del tutto distinti. Questi titoli entrambi simili erano spessoattribuiti allo stesso Dio, ma avevano significati totalmente diversi: Baal, comeabbiamo già visto, significa "il Signore"; ma Bel significa "Colui che confonde".

Quando, perciò, leggiamo che Belus, il padre di Nino, fu colui che edificò ofondò Babilonia, può esservi dubbio circa qual'è il senso col quale gli venneattribuito il titolo di Belus?Dev'essere stato nel senso di Bel, "Colui che confonde". E, a questo significatodel nome del Bel babilonese, vi è una ben precisa allusione in Geremia 50:2,dove è detto "Bel è confuso", cioè "Colui che confonde si trova in confusione".Che Cus fosse conosciuto nell'antichità pagana sotto le stesse caratteristiche diBel, "Colui che confonde", è mostrato molto chiaramente da Ovidio.L'affermazione a cui mi riferisco è quella in cui Giano "il dio degli dèi", da cuitutti gli altri dèi hanno avuto origine dice di se stesso: "Gli antichi... michiamavano Caos". Ora questo mostra decisivamente per la prima volta cheCaos era conosciuto non semplicemente come uno stato di confusione, ma comeil "dio della confusione". Ma, secondariamente, chi è familiare con le regole dipronuncia dei Caldei, non farà fatica a comprendere che Caos è solo una delleforme stabilite del nome di Chus o Cush? Se quindi osserviamo il simbolo diGiano che "gli antichi chiamavano Caos", si potrà osservare come essocorrisponda esattamene con quello di Cus, quando questi è identificato con Bel"Colui che confonde". Quel simbolo è un bastone; e il nome "bastone" in Caldeoproviene dalla stessa parola che significa "infrangere in pezzi, o sparpagliareintorno". Colui che causò la confusione delle lingue fu colui che "infranse" laterra che prima era unita, (Gen. 11:1) "in pezzi" e "disperse" i frammenti sullasua superficie. Quant'è appropriato, quindi, come simbolo, il bastone, checommemora l'opera di Cus, in qualità di Bel "Colui che confonde". E talesignificato acquisterà maggior senso quando il lettore esaminerà l'ebraico diGenesi 11:9 e troverà che la medesima parola da cui deriva bastone è quellausata quando è detto che, in conseguenza alla confusione delle lingue, i figlidegli uomini furono "dispersi sulla faccia della terra". La parola qui usata èHephaitz, che, in greco diviene Hephaitz, e da qui l'origine del ben noto mapoco compreso nome di Hephaistos, che si applica a Vulcano, "il padre deglidèi" (Vulcano, nel Panteon classco, non ha comunemente tale elevata dignità,ma in Egitto Hepasistos, o Vulcano, era chiamato "Padre degli dèi"). Hephaistosè il nome del promotore della prima ribellione in quanto è "Colui che disperse",come Bel è il nome dello stesso individuo nella qualità di "Colui che confuse lelingue". Qui, il lettore può vedere la reale origine del martello di Vulcano, che èsolo un altro nome per il bastone di Giano o Caos, "II dio della confusione"; e aproposito, per quanto riguarda il ridurre la terra in pezzi, vi è una sottointesaallusione in Geremia 50:23, dove Babilonia, identificata col dio primordiale, èin tal modo apostrofata: "Come mai s'è rotto, s'è spezzato il martello dell'interaterra!". Quindi, poiché la costruzione della torre fu il primo atto di apertaribellione dopo il diluvio e Cus, in qualità di Bel, ne fu il promotore, egli fu,naturalmente, il primo a cui fu attribuito il nome di Merodac "II Grande Ribelle"e, perciò, secondo l'usuale parallelismo del linguaggio profetico, troviamoentrami i nomi del dio babilonese uniti insieme quando è pronunciato suBabilonia il giudizio di condanna: "Bel è coperto (confuso) d'onta, Merodac èinfranto" (Ger. 50:2). Il giudizio si abbatte sul dio babilonese secondo ciò che hafatto. In qualità di Bel egli aveva "confuso" l'intera terra, perciò egli è"confuso". Come Merodac, per mezzo della ribellione che aveva promosso,aveva "infranto" il mondo unito in pezzi; perciò egli stesso dev'essere infranto.Questo quindi per quanto riguarda il carattere storico di Bel, identificato con

181 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 181L e D u e B a b i l o n i esono entrambi vocaboli caldei, e sono termini correlativi. Come Mistero signifi-ca "Sistema Nascosto", così Saturno significa "Dio Nascosto", il dio veniva ri-velato solamente agli iniziati; a tutti gli altri esso era nascosto. Adesso il nomeSaturno, nella lingua caldea si pronuncia Satùr ma, come ogni studioso caldeosa, consiste soltanto di quattro lettere: Stùr. Questo nome contiene esattamente ilnumero apocalittico 666.Se il Papa è come abbiamo visto, il rappresentante legittimo di Saturno, il nume-ro del Papa, come capo del Mistero d'Iniquità è proprio 666. Ma ancora più sievidenzia, come già mostrato, che il nome di Roma era Saturnia, la città di Sa-

turno. Lo stesso dicono Ovidio, Plinio, Aurelio Victor. Così il Papaha un duplice diritto al nome e al numero della bestia. Egli è il sololegittimo rappresentante dell'originale Saturno, esistente oggi, ed egliregna nella città dei sette colli dove aveva regnato precedentementeil Saturno romano, e dalla sua residenza nella quale l'intera Italia fu"dopo lungo tempo chiamata con il suo nome" essendo comunemen-te chiamata "la terra saturniana". Ma si potrebbe dire cosa c'entraquesto con il nome "Lateinos" che comunemente si crede sia il"nome della bestia"? Molto. Questo prova che l'opinione comune sia

ben fondata. Saturno e Lateinos sono sinonimi avendo precisamente lo stessosignificato e appartenendo ugualmente allo stesso dio. Il lettore non può averdimenticato i versi di Virgilio che mostravano che Lateinos al quale la razzaumana e latina facevano risalire la propria origine era rappresentato con un'aure-ola attorno al capo per mostrare che egli era un "figlio del sole". Inoltre è evi-dente che i Romani sapevano che il nome "Lateinos" significava "II Nascosto",perché i loro antenati invariabilmente affermano che il Lazio ricevette il proprionome da Saturno che "stava nascosto" lì.In campo etimologico quindi, perfino su testimonianza dei romani, Lateinosequivale a "II Nascosto" cioè a Saturno il dio del Mistero.Allora mentre Saturno è il nome della bestia e contiene il numero mistico, Latei-nos che contiene lo stesso numero è un appellativo peculiare e distintivo dellastessa bestia. Il Papa allora, come capo della bestia, è similmente Lateinos oSaturno cioè il capo del "Mistero" babilonese. Quando poi il Papa richiede chetutte le sue funzioni religiose siano rappresentate in "lingua latina" ciò equivalea dire che essi devono essere rappresentati nella lingua del "Mistero"; quandochiama la sua chiesa la Chiesa Latina ciò equivale a dichiarare che essa è laChiesa del "Mistero". Così, proprio con questo nome scelto dal Papa, egli ha conle proprie mani scritto sulla fronte della sua comunione apostata la sua apocalit-tica designazione divina, "MISTERO" - Babilonia la grande. Così anche con unprocesso di pura induzione siamo stati condotti, passo dopo passo fino a trovareil mistico numero 666, giustamente e indelebilmente "segnato" sulla sua stessafronte; colui che ha il suo trono sui sette colli di Roma ha diritti esclusivi edirrevocabili ad essere considerato il Visibile capo della bestia.Comunque il lettore che ha attentamente considerato il linguaggio esplicativodel nome e del numero della bestia apocalittica deve avere osservato che neitermini che descrivono quel nome e quel numero c'è ancora un enigma che nondovrebbe essere trascurato. Rivelazione 13:18 dice: "Qui sta la sapienza! Chi hal'intelligenza, calcoli il numero della bestia; perché è un numero d'uomo. Il nu-mero seicento sessantasei". Cosa vuol dire il "numero della bestia" e il "numerodell'uomo"? Significa semplicemente che è stato chiamato con un nome prima

S = 60T =.400U = 6R = 200

—– 666

derivato da qualche particolare uomo? Questo è il senso in cui le parole sonostate generalmente interpretate. Ma sicuramente questo non è niente di preciso,niente che non si potrebbe egualmente applicare ad innumerevoli nomi. Ma que-sto linguaggio visto in connessione con la certezza dei fatti è come illuminato dauna luce divina. Saturno, il dio nascosto, il dio dei misteri, che il Papa rappre-senta, i cui segreti furono rivelati soltanto agli iniziati, era identico a Giano cheera pubblicamente noto in tutta la Roma, sia ai non iniziati che agli iniziati, co-me il grande Mediatore, colui che apriva e chiudeva le porte e aveva la chiavedel mondo invisibile.Ora cosa significa il nome Giano? Quel nome, come Cornificio mostra in"Macrobius" era propriamente Eanus e nell'antico caldeo significava "L'Uomo".Quando la bestia del mare apparve era chiamata con quel nome. Il nome Eanuso l'uomo fu applicato al Messia babilonese come per identificarlo al seme pro-messo della Donna. Le nazioni classiche hanno una leggenda precisamente dellostesso tipo. "Vi era una tradizione corrente nel cielo, dice Apollodoro, che i gi-ganti non potessero mai essere conquistati se non con l'aiuto di un uomo". Quel-l'uomo che si credeva avesse conquistato gli avversari degli dei, era Giano, il diodell'uomo. Come conseguenza del carattere assunto e dei successi, Giano fuinvestito di alti poteri, eletto custode dei cancelli dei cieli e arbitro dei destinieterni degli uomini. Di questo Giano, questo "Uomo" babilonese, il Papa, comeabbiamo visto, è il legittimo rappresentante; egli porta la sua chiave con quelladi Cibele sua madre e moglie e avanza diritti su tutte queste pretese blasfeme.Il fatto che il Papa ancora basi il suo diritto alla riverenza universale sul posses-so delle chiavi del cielo, nel senso che rafforza la sua potenza, sfidando ogniprincipio della Cristianità per aprire e chiudere i cancelli della gloria, secondo ilsuo piacere e desiderio sovrano, è una sensazionale e aggiuntiva prova che egli èquel capo della bestia del mare, il cui numero identificato con Giano è il numerodi un uomo e ammonta esattamente a seicento sessantasei. Ma c'è ancora qual-che cosa di più da non trascurare sul nome di Giano o Eanus. Giano, mentre eraapertamente adorato come Messia o Uomo-dio era anche celebrato come"Principium Deorum", l'origine e fonte di tutti gli dei pagani. Sotto questo aspet-to lo abbiamo già fatto risalire, attraverso Cus a Noè, per sottolineare il suo di-ritto a questa alta caratteristica; nella sua propria completezza egli deve esserefatto risalire ancora più lontano. Al tempo in cui i Misteri furono manipolati, altempo di Sem e dei suoi confratelli, il quale attraverso il diluvio, era passato dalvecchio al nuovo mondo, i pagani sapevano e non potevano che sapere, l'interastoria di Adamo, e quindi era necessario, se doveva esserci una deificazione delgenere umano, che la sua preminente rappresentanza, come l'umano "padre deglidei e degli uomini" non doveva essere ignorata. Nè lo fu.I Misteri sono pieni di ciò che egli fece, di ciò che gli accadde; e il nome Eanusho come apparve nella forma egiziana, Ph'anesh, "L'uomo", era solo un altro no-me per quello del nostro grande progenitore.Il nome di Adamo, nell'ebraico di Genesi è quasi sempre scritto con l'articolodavanti implicando, "L'Adamo" o "L'Uomo".Comunque c'è questa differenza - "L'Adamo" si riferisce all'uomo non caduto,E-anush, "L'Uomo" all'uomo caduto. Quindi E-anush come "Principium deo-rum" "La fonte e padre degli dei" è il "CADUTO Adamo".Il principio dell'idolatria pagana andò direttamente ad esaltare l'umanità caduta,a consacrare la sua cupidigia di accordare agli uomini di vivere dopo la carne, e

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180 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 180L e D u e B a b i l o n i esono entrambi vocaboli caldei, e sono termini correlativi. Come Mistero signifi-ca "Sistema Nascosto", così Saturno significa "Dio Nascosto", il dio veniva ri-velato solamente agli iniziati; a tutti gli altri esso era nascosto. Adesso il nomeSaturno, nella lingua caldea si pronuncia Satùr ma, come ogni studioso caldeosa, consiste soltanto di quattro lettere: Stùr. Questo nome contiene esattamente ilnumero apocalittico 666.Se il Papa è come abbiamo visto, il rappresentante legittimo di Saturno, il nume-ro del Papa, come capo del Mistero d'Iniquità è proprio 666. Ma ancora più sievidenzia, come già mostrato, che il nome di Roma era Saturnia, la città di Sa-

turno. Lo stesso dicono Ovidio, Plinio, Aurelio Victor. Così il Papaha un duplice diritto al nome e al numero della bestia. Egli è il sololegittimo rappresentante dell'originale Saturno, esistente oggi, ed egliregna nella città dei sette colli dove aveva regnato precedentementeil Saturno romano, e dalla sua residenza nella quale l'intera Italia fu"dopo lungo tempo chiamata con il suo nome" essendo comunemen-te chiamata "la terra saturniana". Ma si potrebbe dire cosa c'entraquesto con il nome "Lateinos" che comunemente si crede sia il"nome della bestia"? Molto. Questo prova che l'opinione comune sia

ben fondata. Saturno e Lateinos sono sinonimi avendo precisamente lo stessosignificato e appartenendo ugualmente allo stesso dio. Il lettore non può averdimenticato i versi di Virgilio che mostravano che Lateinos al quale la razzaumana e latina facevano risalire la propria origine era rappresentato con un'aure-ola attorno al capo per mostrare che egli era un "figlio del sole". Inoltre è evi-dente che i Romani sapevano che il nome "Lateinos" significava "II Nascosto",perché i loro antenati invariabilmente affermano che il Lazio ricevette il proprionome da Saturno che "stava nascosto" lì.In campo etimologico quindi, perfino su testimonianza dei romani, Lateinosequivale a "II Nascosto" cioè a Saturno il dio del Mistero.Allora mentre Saturno è il nome della bestia e contiene il numero mistico, Latei-nos che contiene lo stesso numero è un appellativo peculiare e distintivo dellastessa bestia. Il Papa allora, come capo della bestia, è similmente Lateinos oSaturno cioè il capo del "Mistero" babilonese. Quando poi il Papa richiede chetutte le sue funzioni religiose siano rappresentate in "lingua latina" ciò equivalea dire che essi devono essere rappresentati nella lingua del "Mistero"; quandochiama la sua chiesa la Chiesa Latina ciò equivale a dichiarare che essa è laChiesa del "Mistero". Così, proprio con questo nome scelto dal Papa, egli ha conle proprie mani scritto sulla fronte della sua comunione apostata la sua apocalit-tica designazione divina, "MISTERO" - Babilonia la grande. Così anche con unprocesso di pura induzione siamo stati condotti, passo dopo passo fino a trovareil mistico numero 666, giustamente e indelebilmente "segnato" sulla sua stessafronte; colui che ha il suo trono sui sette colli di Roma ha diritti esclusivi edirrevocabili ad essere considerato il Visibile capo della bestia.Comunque il lettore che ha attentamente considerato il linguaggio esplicativodel nome e del numero della bestia apocalittica deve avere osservato che neitermini che descrivono quel nome e quel numero c'è ancora un enigma che nondovrebbe essere trascurato. Rivelazione 13:18 dice: "Qui sta la sapienza! Chi hal'intelligenza, calcoli il numero della bestia; perché è un numero d'uomo. Il nu-mero seicento sessantasei". Cosa vuol dire il "numero della bestia" e il "numerodell'uomo"? Significa semplicemente che è stato chiamato con un nome prima

S = 60T =.400U = 6R = 200

—– 666

derivato da qualche particolare uomo? Questo è il senso in cui le parole sonostate generalmente interpretate. Ma sicuramente questo non è niente di preciso,niente che non si potrebbe egualmente applicare ad innumerevoli nomi. Ma que-sto linguaggio visto in connessione con la certezza dei fatti è come illuminato dauna luce divina. Saturno, il dio nascosto, il dio dei misteri, che il Papa rappre-senta, i cui segreti furono rivelati soltanto agli iniziati, era identico a Giano cheera pubblicamente noto in tutta la Roma, sia ai non iniziati che agli iniziati, co-me il grande Mediatore, colui che apriva e chiudeva le porte e aveva la chiavedel mondo invisibile.Ora cosa significa il nome Giano? Quel nome, come Cornificio mostra in"Macrobius" era propriamente Eanus e nell'antico caldeo significava "L'Uomo".Quando la bestia del mare apparve era chiamata con quel nome. Il nome Eanuso l'uomo fu applicato al Messia babilonese come per identificarlo al seme pro-messo della Donna. Le nazioni classiche hanno una leggenda precisamente dellostesso tipo. "Vi era una tradizione corrente nel cielo, dice Apollodoro, che i gi-ganti non potessero mai essere conquistati se non con l'aiuto di un uomo". Quel-l'uomo che si credeva avesse conquistato gli avversari degli dei, era Giano, il diodell'uomo. Come conseguenza del carattere assunto e dei successi, Giano fuinvestito di alti poteri, eletto custode dei cancelli dei cieli e arbitro dei destinieterni degli uomini. Di questo Giano, questo "Uomo" babilonese, il Papa, comeabbiamo visto, è il legittimo rappresentante; egli porta la sua chiave con quelladi Cibele sua madre e moglie e avanza diritti su tutte queste pretese blasfeme.Il fatto che il Papa ancora basi il suo diritto alla riverenza universale sul posses-so delle chiavi del cielo, nel senso che rafforza la sua potenza, sfidando ogniprincipio della Cristianità per aprire e chiudere i cancelli della gloria, secondo ilsuo piacere e desiderio sovrano, è una sensazionale e aggiuntiva prova che egli èquel capo della bestia del mare, il cui numero identificato con Giano è il numerodi un uomo e ammonta esattamente a seicento sessantasei. Ma c'è ancora qual-che cosa di più da non trascurare sul nome di Giano o Eanus. Giano, mentre eraapertamente adorato come Messia o Uomo-dio era anche celebrato come"Principium Deorum", l'origine e fonte di tutti gli dei pagani. Sotto questo aspet-to lo abbiamo già fatto risalire, attraverso Cus a Noè, per sottolineare il suo di-ritto a questa alta caratteristica; nella sua propria completezza egli deve esserefatto risalire ancora più lontano. Al tempo in cui i Misteri furono manipolati, altempo di Sem e dei suoi confratelli, il quale attraverso il diluvio, era passato dalvecchio al nuovo mondo, i pagani sapevano e non potevano che sapere, l'interastoria di Adamo, e quindi era necessario, se doveva esserci una deificazione delgenere umano, che la sua preminente rappresentanza, come l'umano "padre deglidei e degli uomini" non doveva essere ignorata. Nè lo fu.I Misteri sono pieni di ciò che egli fece, di ciò che gli accadde; e il nome Eanusho come apparve nella forma egiziana, Ph'anesh, "L'uomo", era solo un altro no-me per quello del nostro grande progenitore.Il nome di Adamo, nell'ebraico di Genesi è quasi sempre scritto con l'articolodavanti implicando, "L'Adamo" o "L'Uomo".Comunque c'è questa differenza - "L'Adamo" si riferisce all'uomo non caduto,E-anush, "L'Uomo" all'uomo caduto. Quindi E-anush come "Principium deo-rum" "La fonte e padre degli dei" è il "CADUTO Adamo".Il principio dell'idolatria pagana andò direttamente ad esaltare l'umanità caduta,a consacrare la sua cupidigia di accordare agli uomini di vivere dopo la carne, e

29 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 29L e D u e B a b i l o n i edi successivo, e qui lo troviamo (vers. 11) "Egli venne da quel paese, essendoreso forte, o quando fu reso forte (Ashur), ed edificò Ninive", etc. Ora questo èesattamente in armonia con l'affermazione della storia antica di Giustino, "Ninorafforzò la grandezza dei suoi domini acquisiti, mediante il possesso continuo.Avendo perciò sottomesso i popoli confinanti quando, per un apporto di armatiegli fu ulteriormente rafforzato, uscì contro le altre tribù ed ogni nuova vittoriapreparava la via per un'altra, egli sottomise tutti i popoli dell'oriente". Così,quindi, Nimrod o Nino, fu il costruttore di Ninive; e l'origine del nome di quellacittà "l'abitazione di Nino", lo dimostra2 e allo stesso tempo vien fatta luce sulfatto che il nome della parte principale delle rovine di Ninive fino ad oggi èchiamata Eimrud.Quindi, avendo stabilito che Nino corrisponde a Nimrod in modo in cui taleasserzione spiega ciò che altrimenti sarebbe inesplicabile nella storia antica,conferma grandemente la verità dell'asserzione stessa. È detto che Nino sia statoil figlio di Belus o Bel, e si dice che Bel sia stato il fondatore di Babilonia. SeNino fu in realtà il primo rè di Babilonia, come potrebbe dirsi la stessa cosa diBelus o Bel suo padre? Potrebbero ben esserlo stato entrambi come sicomprende se consideriamo chi era Bel, e ciò che possiamo dedurne dalle suegesta. Se Nino era Nimrod, chi era storicamente Bel? Egli deve essere stato Cus;poiché "Cus generò Nimrod" (Gen. 10:8); e Cus è generalmente rappresentatocome il promotore di ciò che portò alla grande apostasia. Ma, ancora, Cus comefiglio di Cam, era Her-mes o Mercurio; poiché Her-mes è esattamente ilsinonimo egiziano che vuoi dire "figlio di Cam" '.Ermes fu il grande profeta originale dell'idolatria; poiché egli fu riconosciuto daipagani come l'autore dei loro riti religiosi e l'interprete degli dèi. L'illustreGesenio lo identifica con il babilonese Nebo, dio profetico; e un'affermazione diIgino mostra che egli era conosciuto come il promotore di quel movimento cheportò alla divisione delle lingue. Queste sono le sue parole: "Per lunghe età gliuomini vissero sotto il governo di Jove (evidentemente non il romano Jupiter,ma il Geova degli Ebrei), senza città e senza leggi, e tutti parlavano una solalingua. Ma dopo che Mercurio interpretò le lingue degli uomini (da cui il nomedi Ermeneuti dato agli interpreti), lo stesso individuo distribuì le nazioni. Quindiebbe inizio la discordia. Qui è manifesto un enigma. Come potrebbe Mercurio oErmes aver alcun bisogno di interpretare le lingue del genere umano quando essi"parlavano tutti una sola lingua"? Per comprendere il significato di ciò,dobbiamo attingere al linguaggio dei Misteri. Peresh in Calde significa"interpretare", ma era pronunciato dagli antichi Egizi e dai Greci e spesso daglistessi Caldei come "Peres", "dividere". Mercurio, quindi, o Ermes, o Cus, il"Figlio di Cam", era "Colui che DIVISE le lingue degli uomini". Sembra che eglisia stato il promotore del progetto di costruzione della grande città e della torredi Babele; e come il ben noto titolo di Ermes "l'interprete degli dei",indicherebbe, egli li incoraggiò, nel nome di Dio, a continuare nella loroimpresa presuntuosa, che portò alla divisione delle lingue degli uomini, i qualifurono dispersi sulla faccia della terra. Adesso volgiamo l'attenzione al nome diBelus o Bel dato al padre di Nino, o Nimrod in relazione a ciò. Mentre il nomegreco Belus rappresenta sia il Baal che il Bel dei Caldei, questi eranonondimeno dei titoli del tutto distinti. Questi titoli entrambi simili erano spessoattribuiti allo stesso Dio, ma avevano significati totalmente diversi: Baal, comeabbiamo già visto, significa "il Signore"; ma Bel significa "Colui che confonde".

Quando, perciò, leggiamo che Belus, il padre di Nino, fu colui che edificò ofondò Babilonia, può esservi dubbio circa qual'è il senso col quale gli venneattribuito il titolo di Belus?Dev'essere stato nel senso di Bel, "Colui che confonde". E, a questo significatodel nome del Bel babilonese, vi è una ben precisa allusione in Geremia 50:2,dove è detto "Bel è confuso", cioè "Colui che confonde si trova in confusione".Che Cus fosse conosciuto nell'antichità pagana sotto le stesse caratteristiche diBel, "Colui che confonde", è mostrato molto chiaramente da Ovidio.L'affermazione a cui mi riferisco è quella in cui Giano "il dio degli dèi", da cuitutti gli altri dèi hanno avuto origine dice di se stesso: "Gli antichi... michiamavano Caos". Ora questo mostra decisivamente per la prima volta cheCaos era conosciuto non semplicemente come uno stato di confusione, ma comeil "dio della confusione". Ma, secondariamente, chi è familiare con le regole dipronuncia dei Caldei, non farà fatica a comprendere che Caos è solo una delleforme stabilite del nome di Chus o Cush? Se quindi osserviamo il simbolo diGiano che "gli antichi chiamavano Caos", si potrà osservare come essocorrisponda esattamene con quello di Cus, quando questi è identificato con Bel"Colui che confonde". Quel simbolo è un bastone; e il nome "bastone" in Caldeoproviene dalla stessa parola che significa "infrangere in pezzi, o sparpagliareintorno". Colui che causò la confusione delle lingue fu colui che "infranse" laterra che prima era unita, (Gen. 11:1) "in pezzi" e "disperse" i frammenti sullasua superficie. Quant'è appropriato, quindi, come simbolo, il bastone, checommemora l'opera di Cus, in qualità di Bel "Colui che confonde". E talesignificato acquisterà maggior senso quando il lettore esaminerà l'ebraico diGenesi 11:9 e troverà che la medesima parola da cui deriva bastone è quellausata quando è detto che, in conseguenza alla confusione delle lingue, i figlidegli uomini furono "dispersi sulla faccia della terra". La parola qui usata èHephaitz, che, in greco diviene Hephaitz, e da qui l'origine del ben noto mapoco compreso nome di Hephaistos, che si applica a Vulcano, "il padre deglidèi" (Vulcano, nel Panteon classco, non ha comunemente tale elevata dignità,ma in Egitto Hepasistos, o Vulcano, era chiamato "Padre degli dèi"). Hephaistosè il nome del promotore della prima ribellione in quanto è "Colui che disperse",come Bel è il nome dello stesso individuo nella qualità di "Colui che confuse lelingue". Qui, il lettore può vedere la reale origine del martello di Vulcano, che èsolo un altro nome per il bastone di Giano o Caos, "II dio della confusione"; e aproposito, per quanto riguarda il ridurre la terra in pezzi, vi è una sottointesaallusione in Geremia 50:23, dove Babilonia, identificata col dio primordiale, èin tal modo apostrofata: "Come mai s'è rotto, s'è spezzato il martello dell'interaterra!". Quindi, poiché la costruzione della torre fu il primo atto di apertaribellione dopo il diluvio e Cus, in qualità di Bel, ne fu il promotore, egli fu,naturalmente, il primo a cui fu attribuito il nome di Merodac "II Grande Ribelle"e, perciò, secondo l'usuale parallelismo del linguaggio profetico, troviamoentrami i nomi del dio babilonese uniti insieme quando è pronunciato suBabilonia il giudizio di condanna: "Bel è coperto (confuso) d'onta, Merodac èinfranto" (Ger. 50:2). Il giudizio si abbatte sul dio babilonese secondo ciò che hafatto. In qualità di Bel egli aveva "confuso" l'intera terra, perciò egli è"confuso". Come Merodac, per mezzo della ribellione che aveva promosso,aveva "infranto" il mondo unito in pezzi; perciò egli stesso dev'essere infranto.Questo quindi per quanto riguarda il carattere storico di Bel, identificato con

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30 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 30L e D u e B a b i l o n i eGiano o Caos, il dio della confusione con bastone simbolico (Fig. 7)7.

Continuando con queste deduzioni, non èdifficile affermare che Bel o Belus, il padre diNino, fondò Babilonia, mentre Nino o Nimrodfu appropriatamente il suo edificatore.Considerando Bel o Cus come colui che gettò lefondamenta di Babilonia per primo, lo si puòpure considerare come il primo rè, come èdifatti rappresentato in alcune copie della"Cronaca di Eusebio". Tuttavia è evidente siadalla storia sacra che da quella profana, che non

avrebbe regnato in qualità di rè della monarchia babilonese propriamente detta;e, infatti, nella versione armena della "Cronaca di Eusebio" che è più corretta eautorevole, il suo nome è del tutto omesso dalla lista dei rè assiri mentre quellodi Nino è messo al primo posto e in tali termini corrisponde esattamente alracconto scritturale su Nimrod. Così, se consideriamo il fatto che Nino ècomunemente ritenuto, fin dall'antichità, il figlio di Belus o Bel, quandovediamo che Cus è il Bel storico, l'identità di Nino o Nimrod è ulteriormenteconfermata.Ma quando esaminiamo ciò che è detto di Semiramide, la moglie di Nino, leevidenze ricevono un ulteriore sviluppo. Le evidenze ci portano a mostrareconclusivamente che la moglie di Nino non può essere altri che la moglie diNimrod e ulteriormente, a evidenziare una delle grandi caratteristiche con cuiNimrod, quando fu deificato, era adorato. In Daniele 11:38 leggiamo di un diochiamato Ala-Mahozine8, cioè "dio delle fortezze" (Fig. 8).

Chi potrebbe essere questo dio delle fortezze è incerto. Nelleantiche registrazioni non è mai stata evidente l'esistenza dialcun dio delle fortezze; e si deve ammettere che nessun dio consimili caratteristiche ha mai avuto alcuna notevole menzione.Ma chiunque è a conoscenza di una dea delle fortezze. Tale deaè Cibele, che è universalmente rappresentata con una coronamurata o turrita, o con una fortificazione, sul suo capo. PerchéRea o Cibele era rappresentata in tal modo? Ovidio pone ladomanda e ci provvede la risposta: il motivo, egli dice, per cuila statua di Cibele era circondata da una corona turrita era"poiché essa per prima le eresse in città". La prima città delmondo dopo il diluvio (da cui è spesso datato l'inizio delmondo) provvista di torri e circondata di mura, fu Babilonia; eOvidio stesso ci dice che fu Semiramide la prima regina diquesta città, che si credette abbia "circondato Babilonia con unmuro di mattoni". Semiramide quindi, la prima regina deificatadi quella città con la torre la cui cima avrebbe dovutoraggiungere il cielo, dev'essere stata il prototipo delle dee che"per prime costruirono torri nelle città". Se guardiamo la Diana

di Efeso, troviamo l'evidenza di ciò che diciamo. In generale, Diana eraraffigurata come una vergine, e la patronessa della verginità; ma la Diana diEfeso era del tutto diversa. Essa era rappresentata con tutti gli attributi dellamadre degli dei e, come madre degli dei, essa portava una corona turrita, cherichiama alla mente di chiunque la guardi, la torre di Babele. Quindi questa

Diana turrita è identificata espressamente da un antico scoliaste conSemiramide. Quando, perciò, rammentiamo che Rea o Cibele, la dea con latorre, era in effetti una dea babilonese, e che Semiramide, quando fu deificata,era adorata con il nome di Rea, non rimarrà alcun dubbio, penso, circa l'identitàpersonale della "dea delle fortezze".Non abbiamo alcuna ragione per ritenere che solo Semiramide (sebbene alcunilo pensino) abbia edificato i parapetti di Babilonia. Abbiamo l'espressatestimonianza dello storico antico Megastene, tramandateci da Adibeno, che fu"Belus" che "circondò Babilonia di un muro". Poiché "Bel", colui che confonde,cominciò sia la città che la torre di Babele e le lasciò entrambi incomplete, nonpuò identificarsi con Belus. Quindi il riferimento potrebbe essere solo a suofiglio Nino, che ereditò il titolo del padre e che fu il primo vero rè dell' imperobabilonese e di conseguenza Nimrod. Il motivo vero per cui fu attribuita aSemiramide, la moglie di Nino, la gloria di aver completato le fortificazioni diBabilonia, fu che essa ottenne presso gli antichi idolatri di una volta unaposizione preminente e le furono attribuite tutte le differenti caratteristiche cheappartenevano, o che si supponeva appartenessero, a suo marito. Avendo quindiaccertato una delle caratteristiche per cui la moglie deificata era adorata,possiamo da ciò concludere qual era il carattere corrispondente del maritodeificato. Layard indica distintamente la sua convinzione che Cibele o Rea, ladea "coronata di torri", non fosse altro che la controparte femminile della"divinità che presiedeva ai baluardi o alle fortificazioni"; e che questa divinitàfosse Nino, o Nimrod, ce lo provano altre evidenze provenienti da ciò chenotizie frammentarie dell'antichità dicono circa il primo rè deificato diBabilonia, con il nome che lo identifica come il marito di Rea. Quel nome èCronos o Saturno (Fig. 9) 9.E risaputo che Cronos o Saturno fosse il marito di Rea, ma non sisa bene chi fosse Cronos stesso. Risalendo alle sue origini, sidimostra che tale divinità era il primo re di Babilonia. Teofilod'Antiochia mostra che Cronos in Oriente era adorato come Bel eBaal; e da Eusebio apprendiamo che il primo dei re assiri, il cuinome era Belus, era anche chiamato dagli assiri Cronos. Poiché lecopie originali di Eusebio non parlano di alcun Belus come di unreale re d'Assiria precedente a Nino, re di Babilonia e distinto dalui, ciò mostra che Nino, il primo re di Babilonia era Cronos.Inoltre troviamo che Cronos era il re dei Ciclopi, che erano i suoifratelli, e che trassero da lui il loro nome e che i ciclopi eranoconosciuti come "gli inventori della costruzione di torri". Il re deiciclopi, "gli inventori della costruzione di torri", occupava unaposizione che corrispondeva esattamente a quella di Rea che, "perprima eresse (torri) nelle città". Se, perciò, Rea, la moglie diCronos, fu la dea delle fortezze, Cronos o Saturno, il marito diRea, cioè Nino o Nimrod, il primo re di Babilonia, dev'essere statoAla-mahozin, "il dio delle fortezze".Il nome di Cronos stesso serve non poco a confermare l'argomento. Cronossignifica "il Cornuto". Poiché il corno è un ben noto emblema orientale di forzao di potenza, Cronos "il Cornuto" era, secondo il sistema mistico, solo unsinonimo per l'epiteto scritturale applicato a Nimrod, vale a dire Geber "ilpotente" (Gen. 10:8) "Egli cominciò ad essere potente sulla terra". Il nome

Fig 7 Giano bifronte.

Fig.8Diana di Efeso

F i g . 9Figurazionedi Togrui Beicapo deiTurchi... daH i d e" R e l i g i o n id e g l iAntichi".

179 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 179L e D u e B a b i l o n i eto del Papa dell'Immacolata Concezione che quella stessa Madonna per questoscopo "ferita con la spada", elevata dalla morte ad altezze innalzata divenneRegina del Cielo. Se questo fosse vero chi può fallire nel vedere che in quellecomunità apostate deve essere trovato ciò che precisamente risponde al fare ecostituire nel cuore della Cristianità "Un'immagine della bestia che ebbe la feritadella spada e rivisse? Se le scritture ispirate fossero consultate, si potrebbe vede-re che ciò dovette essere fatto da qualche pubblico atto generale della CristianitàApostata (ver. 14); dicendo a coloro che dimorano sulla terra che avrebbero do-vuto fare un'immagine alla bestia; e così essi fecero.Qui adesso è importante osservare che questo non fu mai fatto e mai avrebbepotuto esserlo, fino ad otto anni fa per questa chiara ragione che la Madonna diRoma non fu mai riconosciuta come colei che comprendeva tutte le caratteristi-che che appartenevano a quella babilonese "Immagine della Bestia". Fino adallora non fu ammesso nemmeno a Roma nonostante, questa influenza malignaavesse operato a lungo, che quella Maria fortemente e veramente immacolata,non poteva essere la perfetta controparte di quella babilonese. Ciò che comun-que non fu fatto prima fu fatto nel dicembre del 1854. Allora i vescovi che veni-vano da tutte le parti della Cristianità e rappresentanti da ogni parte della terra,si incontrarono a Roma e con solo quattro voci dissenzienti fu decretato cheMaria, la madre di Dio che morì, elevata dalla morte e ascesa al cielo, da quelmomento avrebbe dovuto essere adorata come Vergine Immacolata, concepita enata senza peccato. Questa era in modo formale l'immagine della bestia stabilitadal consiglio generale degli "uomini che dimoravano sulla terra". Adesso, aven-do deciso l'immagine della bestia, si dice che la bestia della terra dia vita e paro-la all'Immagine, implicando a priori che essa non ha ne vita, ne voce in se stes-sa; ma che comunque attraverso i mezzi della bestia della terra, essa ha sia vitache voce ed è un agente effettivo del clero papale, il quale la farà parlare esatta-mente come piace a loro. Da quando l'immagine fu innalzata, la sua voce è stataudita ovunque in tutto il Papato.Nel passato i decreti venivano emessi nel nome di Cristo. Ora tutte le cose sonopreminentemente fatte nel nome della Vergine Immacolata. La sua voce è uditaovunque, la sua voce è suprema. Ma si osservi bene che, quando quella voce èudita, non è la voce di grazia e amore, essa è la voce di crudeltà e terrore.Sono in questo senso le parole di Rivelazione 13:17, "Di modo che nessuno pos-sa comprare o vendere, se non chi ha l'impronta, il nome della bestia, o il nume-ro del suo nome". Non appena l'Immagine viene innalzata assistiamo proprio aquesto tipo di espansione. Che cosa, così velocemente il Concordato in Austriaseguì se non questo? Quel concordato, a causa del sorgere di eventi inattesi, nonè ancora stato effettuato ma, se lo si fosse i risultati sarebbero proprio quellipredetti, che nessun uomo del dominio austriaco, potesse "comprare o vendere"senza il marchio sotto una forma o l'altra. E proprio il fatto che tale concordatointollerante, seguisse così velocemente quel decreto dell'Immacolata Concezio-ne, mostra qual'è il frutto naturale di quel decreto. Gli eventi che subito dopoebbero luogo in Spagna, mostrano anche lì il potente operato dello stesso spiritopersecutore. Durante gli ultimi anni, la marea del dispotismo spirituale potrebbeessere sembrata arrestata e molti, senza dubbio, hanno indotto alla persuasioneche, danneggiata come è la sovranità del Papato e barcollante come sembra es-sere quel potere, i suoi subordinati non potessero più perseguitare. Ma c'è unavitalità sorprendente nel Mistero dell'Iniquità. E nessuno può perfino dire in

anticipo quali apparenti impossibilità potrebbero realizzarsi sulla via di arrestareil progresso della libertà e verità, quantunque promettente potrebbe essere l'a-spetto delle cose. Qualsiasi cosa avvenga della Sovranità temporale degli statiromani, è oggi così evidente, così come lo era a molti soltanto poco tempo fa,che la rovina del potere spirituale del Papato è imminente e che il suo potere diperseguitare si è finalmente estinto.Non dubito che molti costretti dall'amore e misericordia di Dio, ancora obbedi-ranno alla voce celeste e fuggiranno da quella dannata comunanza prima chel'ira divina discenda su di essa. Ma se ho ragione nell'interpretazione di questopassaggio ne segue che essa deve divenire ancora più persecutrice di quanto losia mai stata, e che quell'intolleranza che, immediatamente dopo l'elevazionedell'Immagine cominciò a mostrarsi in Austria e Spagna si estenderà su tuttal'Europa; poiché non è detto che l'Immagine della bestia debba soltanto decreta-re, ma (Ver. 15 di Rivelazione): "Sicché la statua fece mettere a morte tutti quel-li che non si prostravano davanti a lei". Quando questo abbia luogo, evidente-mente è questo il tempo in cui si compie ciò che è detto in Rivelazione 13:8 "El'adoreranno tutti quegli abitanti della terra, i nomi dei quale non sono scritti, sindal principio del mondo nel libro di vita dell'Agnello, che è stato sgozzato". Èimpossibile liberarsi di questo dicendo "questo si riferisce agli anni bui, ciò sirealizzò prima di Lutero." Mi chiedo, gli uomini che dimoravano sulla terra han-no elevato l'Immagine della bestia prima dei giorni di Luterò? Evidentementeno. L'ordinanza dell'Immacolata Concezione è cosa passata. La profezia allora siriferisce ai nostri giorni, al periodo nel quale la chiesa sta ora entrando. In altreparole l'assassinio dei testimoni, la grande prova dei santi DEVE AVVENIRE.

SEZIONE VIL NOME DELLA BESTIA

IL NUMERO DEL SUO NOMEL'INVISIBILE CAPO DEL PAPATO

Essendo ora identificati Dagon e il Papa, questo ci porta naturalmente e facil-mente al numero e al nome della bestia così tanto cercati, e conferma interamen-te, con una nuova prova, il vecchio punto di vista protestante sul soggetto. Ilnome "Lateinos" è stato generalmente accettato dagli scrittori protestanti, aven-do molti argomenti di probabilità che lo raccomandano.Eppure è sempre stata trovata una certa carenza e si è sempre sentito che qual-che cosa mancasse per porlo al di fuori di ogni possibilità di dubbio.Adesso, considerando il soggetto dal punto di vista babilonese, troveremo sia ilnome che il numero della bestia evidenziato in tal modo che non vi siano dubbi.Osiride o Nimrod, che il Papa rappresenta, fu chiamato con molti diversi titolipoi, come Wilkinson rivela, egli era nella stessa posizione di sua moglie, la qua-le fu chiamata "Myrionymus" la dea dai "diecimila nomi". Tra questi innumere-voli nomi, come possiamo accertare, quello indicato dallo Spirito di Dio nellinguaggio enigmatico che parla del nome della bestia e del numero del suo no-me? Se noi conoscessimo il nome apocalittico del sitema, questo ci guiderebbeal nome del capo del sistema. Il nome del sistema è "Mistero". (Riv. 17:5). Quiimmediatamente entriamo in possesso della chiave che risolve l'enigma. Oradobbiamo soltanto cercare il nome con il quale Nimrod era conosciuto nei Mi-steri Caldei. Quel nome, come abbiamo visto, era Saturno. Saturno e Mistero

Page 31: Libro Due Babilonie

178 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 178L e D u e B a b i l o n i eto del Papa dell'Immacolata Concezione che quella stessa Madonna per questoscopo "ferita con la spada", elevata dalla morte ad altezze innalzata divenneRegina del Cielo. Se questo fosse vero chi può fallire nel vedere che in quellecomunità apostate deve essere trovato ciò che precisamente risponde al fare ecostituire nel cuore della Cristianità "Un'immagine della bestia che ebbe la feritadella spada e rivisse? Se le scritture ispirate fossero consultate, si potrebbe vede-re che ciò dovette essere fatto da qualche pubblico atto generale della CristianitàApostata (ver. 14); dicendo a coloro che dimorano sulla terra che avrebbero do-vuto fare un'immagine alla bestia; e così essi fecero.Qui adesso è importante osservare che questo non fu mai fatto e mai avrebbepotuto esserlo, fino ad otto anni fa per questa chiara ragione che la Madonna diRoma non fu mai riconosciuta come colei che comprendeva tutte le caratteristi-che che appartenevano a quella babilonese "Immagine della Bestia". Fino adallora non fu ammesso nemmeno a Roma nonostante, questa influenza malignaavesse operato a lungo, che quella Maria fortemente e veramente immacolata,non poteva essere la perfetta controparte di quella babilonese. Ciò che comun-que non fu fatto prima fu fatto nel dicembre del 1854. Allora i vescovi che veni-vano da tutte le parti della Cristianità e rappresentanti da ogni parte della terra,si incontrarono a Roma e con solo quattro voci dissenzienti fu decretato cheMaria, la madre di Dio che morì, elevata dalla morte e ascesa al cielo, da quelmomento avrebbe dovuto essere adorata come Vergine Immacolata, concepita enata senza peccato. Questa era in modo formale l'immagine della bestia stabilitadal consiglio generale degli "uomini che dimoravano sulla terra". Adesso, aven-do deciso l'immagine della bestia, si dice che la bestia della terra dia vita e paro-la all'Immagine, implicando a priori che essa non ha ne vita, ne voce in se stes-sa; ma che comunque attraverso i mezzi della bestia della terra, essa ha sia vitache voce ed è un agente effettivo del clero papale, il quale la farà parlare esatta-mente come piace a loro. Da quando l'immagine fu innalzata, la sua voce è stataudita ovunque in tutto il Papato.Nel passato i decreti venivano emessi nel nome di Cristo. Ora tutte le cose sonopreminentemente fatte nel nome della Vergine Immacolata. La sua voce è uditaovunque, la sua voce è suprema. Ma si osservi bene che, quando quella voce èudita, non è la voce di grazia e amore, essa è la voce di crudeltà e terrore.Sono in questo senso le parole di Rivelazione 13:17, "Di modo che nessuno pos-sa comprare o vendere, se non chi ha l'impronta, il nome della bestia, o il nume-ro del suo nome". Non appena l'Immagine viene innalzata assistiamo proprio aquesto tipo di espansione. Che cosa, così velocemente il Concordato in Austriaseguì se non questo? Quel concordato, a causa del sorgere di eventi inattesi, nonè ancora stato effettuato ma, se lo si fosse i risultati sarebbero proprio quellipredetti, che nessun uomo del dominio austriaco, potesse "comprare o vendere"senza il marchio sotto una forma o l'altra. E proprio il fatto che tale concordatointollerante, seguisse così velocemente quel decreto dell'Immacolata Concezio-ne, mostra qual'è il frutto naturale di quel decreto. Gli eventi che subito dopoebbero luogo in Spagna, mostrano anche lì il potente operato dello stesso spiritopersecutore. Durante gli ultimi anni, la marea del dispotismo spirituale potrebbeessere sembrata arrestata e molti, senza dubbio, hanno indotto alla persuasioneche, danneggiata come è la sovranità del Papato e barcollante come sembra es-sere quel potere, i suoi subordinati non potessero più perseguitare. Ma c'è unavitalità sorprendente nel Mistero dell'Iniquità. E nessuno può perfino dire in

anticipo quali apparenti impossibilità potrebbero realizzarsi sulla via di arrestareil progresso della libertà e verità, quantunque promettente potrebbe essere l'a-spetto delle cose. Qualsiasi cosa avvenga della Sovranità temporale degli statiromani, è oggi così evidente, così come lo era a molti soltanto poco tempo fa,che la rovina del potere spirituale del Papato è imminente e che il suo potere diperseguitare si è finalmente estinto.Non dubito che molti costretti dall'amore e misericordia di Dio, ancora obbedi-ranno alla voce celeste e fuggiranno da quella dannata comunanza prima chel'ira divina discenda su di essa. Ma se ho ragione nell'interpretazione di questopassaggio ne segue che essa deve divenire ancora più persecutrice di quanto losia mai stata, e che quell'intolleranza che, immediatamente dopo l'elevazionedell'Immagine cominciò a mostrarsi in Austria e Spagna si estenderà su tuttal'Europa; poiché non è detto che l'Immagine della bestia debba soltanto decreta-re, ma (Ver. 15 di Rivelazione): "Sicché la statua fece mettere a morte tutti quel-li che non si prostravano davanti a lei". Quando questo abbia luogo, evidente-mente è questo il tempo in cui si compie ciò che è detto in Rivelazione 13:8 "El'adoreranno tutti quegli abitanti della terra, i nomi dei quale non sono scritti, sindal principio del mondo nel libro di vita dell'Agnello, che è stato sgozzato". Èimpossibile liberarsi di questo dicendo "questo si riferisce agli anni bui, ciò sirealizzò prima di Lutero." Mi chiedo, gli uomini che dimoravano sulla terra han-no elevato l'Immagine della bestia prima dei giorni di Luterò? Evidentementeno. L'ordinanza dell'Immacolata Concezione è cosa passata. La profezia allora siriferisce ai nostri giorni, al periodo nel quale la chiesa sta ora entrando. In altreparole l'assassinio dei testimoni, la grande prova dei santi DEVE AVVENIRE.

SEZIONE VIL NOME DELLA BESTIA

IL NUMERO DEL SUO NOMEL'INVISIBILE CAPO DEL PAPATO

Essendo ora identificati Dagon e il Papa, questo ci porta naturalmente e facil-mente al numero e al nome della bestia così tanto cercati, e conferma interamen-te, con una nuova prova, il vecchio punto di vista protestante sul soggetto. Ilnome "Lateinos" è stato generalmente accettato dagli scrittori protestanti, aven-do molti argomenti di probabilità che lo raccomandano.Eppure è sempre stata trovata una certa carenza e si è sempre sentito che qual-che cosa mancasse per porlo al di fuori di ogni possibilità di dubbio.Adesso, considerando il soggetto dal punto di vista babilonese, troveremo sia ilnome che il numero della bestia evidenziato in tal modo che non vi siano dubbi.Osiride o Nimrod, che il Papa rappresenta, fu chiamato con molti diversi titolipoi, come Wilkinson rivela, egli era nella stessa posizione di sua moglie, la qua-le fu chiamata "Myrionymus" la dea dai "diecimila nomi". Tra questi innumere-voli nomi, come possiamo accertare, quello indicato dallo Spirito di Dio nellinguaggio enigmatico che parla del nome della bestia e del numero del suo no-me? Se noi conoscessimo il nome apocalittico del sitema, questo ci guiderebbeal nome del capo del sistema. Il nome del sistema è "Mistero". (Riv. 17:5). Quiimmediatamente entriamo in possesso della chiave che risolve l'enigma. Oradobbiamo soltanto cercare il nome con il quale Nimrod era conosciuto nei Mi-steri Caldei. Quel nome, come abbiamo visto, era Saturno. Saturno e Mistero

31 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 31L e D u e B a b i l o n i eGiano o Caos, il dio della confusione con bastone simbolico (Fig. 7)7.

Continuando con queste deduzioni, non èdifficile affermare che Bel o Belus, il padre diNino, fondò Babilonia, mentre Nino o Nimrodfu appropriatamente il suo edificatore.Considerando Bel o Cus come colui che gettò lefondamenta di Babilonia per primo, lo si puòpure considerare come il primo rè, come èdifatti rappresentato in alcune copie della"Cronaca di Eusebio". Tuttavia è evidente siadalla storia sacra che da quella profana, che non

avrebbe regnato in qualità di rè della monarchia babilonese propriamente detta;e, infatti, nella versione armena della "Cronaca di Eusebio" che è più corretta eautorevole, il suo nome è del tutto omesso dalla lista dei rè assiri mentre quellodi Nino è messo al primo posto e in tali termini corrisponde esattamente alracconto scritturale su Nimrod. Così, se consideriamo il fatto che Nino ècomunemente ritenuto, fin dall'antichità, il figlio di Belus o Bel, quandovediamo che Cus è il Bel storico, l'identità di Nino o Nimrod è ulteriormenteconfermata.Ma quando esaminiamo ciò che è detto di Semiramide, la moglie di Nino, leevidenze ricevono un ulteriore sviluppo. Le evidenze ci portano a mostrareconclusivamente che la moglie di Nino non può essere altri che la moglie diNimrod e ulteriormente, a evidenziare una delle grandi caratteristiche con cuiNimrod, quando fu deificato, era adorato. In Daniele 11:38 leggiamo di un diochiamato Ala-Mahozine8, cioè "dio delle fortezze" (Fig. 8).

Chi potrebbe essere questo dio delle fortezze è incerto. Nelleantiche registrazioni non è mai stata evidente l'esistenza dialcun dio delle fortezze; e si deve ammettere che nessun dio consimili caratteristiche ha mai avuto alcuna notevole menzione.Ma chiunque è a conoscenza di una dea delle fortezze. Tale deaè Cibele, che è universalmente rappresentata con una coronamurata o turrita, o con una fortificazione, sul suo capo. PerchéRea o Cibele era rappresentata in tal modo? Ovidio pone ladomanda e ci provvede la risposta: il motivo, egli dice, per cuila statua di Cibele era circondata da una corona turrita era"poiché essa per prima le eresse in città". La prima città delmondo dopo il diluvio (da cui è spesso datato l'inizio delmondo) provvista di torri e circondata di mura, fu Babilonia; eOvidio stesso ci dice che fu Semiramide la prima regina diquesta città, che si credette abbia "circondato Babilonia con unmuro di mattoni". Semiramide quindi, la prima regina deificatadi quella città con la torre la cui cima avrebbe dovutoraggiungere il cielo, dev'essere stata il prototipo delle dee che"per prime costruirono torri nelle città". Se guardiamo la Diana

di Efeso, troviamo l'evidenza di ciò che diciamo. In generale, Diana eraraffigurata come una vergine, e la patronessa della verginità; ma la Diana diEfeso era del tutto diversa. Essa era rappresentata con tutti gli attributi dellamadre degli dei e, come madre degli dei, essa portava una corona turrita, cherichiama alla mente di chiunque la guardi, la torre di Babele. Quindi questa

Diana turrita è identificata espressamente da un antico scoliaste conSemiramide. Quando, perciò, rammentiamo che Rea o Cibele, la dea con latorre, era in effetti una dea babilonese, e che Semiramide, quando fu deificata,era adorata con il nome di Rea, non rimarrà alcun dubbio, penso, circa l'identitàpersonale della "dea delle fortezze".Non abbiamo alcuna ragione per ritenere che solo Semiramide (sebbene alcunilo pensino) abbia edificato i parapetti di Babilonia. Abbiamo l'espressatestimonianza dello storico antico Megastene, tramandateci da Adibeno, che fu"Belus" che "circondò Babilonia di un muro". Poiché "Bel", colui che confonde,cominciò sia la città che la torre di Babele e le lasciò entrambi incomplete, nonpuò identificarsi con Belus. Quindi il riferimento potrebbe essere solo a suofiglio Nino, che ereditò il titolo del padre e che fu il primo vero rè dell' imperobabilonese e di conseguenza Nimrod. Il motivo vero per cui fu attribuita aSemiramide, la moglie di Nino, la gloria di aver completato le fortificazioni diBabilonia, fu che essa ottenne presso gli antichi idolatri di una volta unaposizione preminente e le furono attribuite tutte le differenti caratteristiche cheappartenevano, o che si supponeva appartenessero, a suo marito. Avendo quindiaccertato una delle caratteristiche per cui la moglie deificata era adorata,possiamo da ciò concludere qual era il carattere corrispondente del maritodeificato. Layard indica distintamente la sua convinzione che Cibele o Rea, ladea "coronata di torri", non fosse altro che la controparte femminile della"divinità che presiedeva ai baluardi o alle fortificazioni"; e che questa divinitàfosse Nino, o Nimrod, ce lo provano altre evidenze provenienti da ciò chenotizie frammentarie dell'antichità dicono circa il primo rè deificato diBabilonia, con il nome che lo identifica come il marito di Rea. Quel nome èCronos o Saturno (Fig. 9) 9.E risaputo che Cronos o Saturno fosse il marito di Rea, ma non sisa bene chi fosse Cronos stesso. Risalendo alle sue origini, sidimostra che tale divinità era il primo re di Babilonia. Teofilod'Antiochia mostra che Cronos in Oriente era adorato come Bel eBaal; e da Eusebio apprendiamo che il primo dei re assiri, il cuinome era Belus, era anche chiamato dagli assiri Cronos. Poiché lecopie originali di Eusebio non parlano di alcun Belus come di unreale re d'Assiria precedente a Nino, re di Babilonia e distinto dalui, ciò mostra che Nino, il primo re di Babilonia era Cronos.Inoltre troviamo che Cronos era il re dei Ciclopi, che erano i suoifratelli, e che trassero da lui il loro nome e che i ciclopi eranoconosciuti come "gli inventori della costruzione di torri". Il re deiciclopi, "gli inventori della costruzione di torri", occupava unaposizione che corrispondeva esattamente a quella di Rea che, "perprima eresse (torri) nelle città". Se, perciò, Rea, la moglie diCronos, fu la dea delle fortezze, Cronos o Saturno, il marito diRea, cioè Nino o Nimrod, il primo re di Babilonia, dev'essere statoAla-mahozin, "il dio delle fortezze".Il nome di Cronos stesso serve non poco a confermare l'argomento. Cronossignifica "il Cornuto". Poiché il corno è un ben noto emblema orientale di forzao di potenza, Cronos "il Cornuto" era, secondo il sistema mistico, solo unsinonimo per l'epiteto scritturale applicato a Nimrod, vale a dire Geber "ilpotente" (Gen. 10:8) "Egli cominciò ad essere potente sulla terra". Il nome

Fig 7 Giano bifronte.

Fig.8Diana di Efeso

F i g . 9Figurazionedi Togrui Beicapo deiTurchi... daH i d e" R e l i g i o n id e g l iAntichi".

Page 32: Libro Due Babilonie

32 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 32L e D u e B a b i l o n i eCronos, come il lettore dei classici sa bene, è applicato a Saturno in qualità di"Padre degli dei". Abbiamo già incontrato un altro "Padre degli dei", Cus, nelsuo aspetto di Bel, Colui che confonde, o Efaistos "Colui che disperdetutt'intorno". E facile capire come, quando ebbe inizio la deificazione deimortali e il "potente" Figlio di Cus fu deificato, il padre, considerando la parteche egli sembra aver avuto nel preparare l'intero sistema idolatrico, sarebbe statopure deificato e, naturalmente, sotto la sua funzione di padre del "Potente" e ditutti i mortali che gli succedettero. Ma, in realtà, troveremo nel corso della nosraindagine, che Nimrod fu il vero Padre degli dei, in qualità di primo mortaledeificato; e che, perciò, questo è in piena armonia con il fatto storico cheCronos, il Cornuto o Potente, è, nel panteon classico, conosciuto con tale titolo.Il significato di questo nome Cronos, il Cornuto, se applicato a Nimrod, spiegapienamente le origini del rimarchevole simbolo, che ricorre così di frequente frale sculture di Ninive, cioè il gigantesco uomo-toro CORNUTO, che rappresenta legrandi divinità assire. La stessa parola che significa toro, vuol dire anchegovernante o principe10 da cui "toro cornuto" significa "Principe potente", e ciriporta ai primi di quei potenti che, sotto il nome di Guebres, Gabrs o Cabiriebbero un ruolo così importante nel mondo antico, e a cui i deificati monarchiassiri fecero in modo sott’inteso risalire le origini della loro grandezza epotenza. Ciò spiega il motivo per cui il Bacco dei greci era rappresentato con lecorna e perché ci si rivolgesse frequentemente a lui con l'epiteto di "Toro-cornuto" che era uno dei suoi più alti titoli onorifici. Anche in tempicomparativamente recenti, Togrui Begh, il capo dei Turchi Selgiucchi, cheproviene dalle vicinanze dell'Eufrate, era rappresentato in maniera simile con trecorna emergenti dal suo capo come emblema della sua sovranità. Ciò avvalorala storia delle origini di una divinità adorata dai nostri antenati paganianglosassoni con il nome di Zernebogus. Questo era una divinità nera, malevolee porta sfortuna, in altre parole, il Diavolo. Questo nome, analizzato ecomparato alla (Fig. 10), getta una luce particolarmente singolare sulla fonte da

cui proviene la superstizione popolare circa il grandeAvversario. Il nome Zer-Neb-Gus è quasi Caldeo puro esembra spiegarsi da se stesso in quanto vuol dire "Il semedel profeta Cus". Abbiamo già visto delle ragioni perconcludere che, col nome di Bel, distinto da Baal, Cus erail grande indovino o falso Profeta adorato a Babilonia. Maricercatori indipendenti sono pervenuti alla conclusioneche Bel e Nebo fossero solo dei titoli diversi per lo stessodio, un dio profetico. Kitto commenta le parole di Isaia46:1 "Bel si è piegato, Nebo si curva", riferendosiall'ultimo nome: "La parola sembra provenire da Nibba,

pronunciare un oracolo, o profetizzare; e quindi significherebbe "oracolo" nonpotendo, come propone Calmest essere altro che un diverso nome per indicareBel, o un epiteto caratterizzante applicato a lui; non essendo insolito ripetere lastessa cosa, nello stesso versetto, con termini equivalenti". "Zer-Nebo-Gus" ilgrande "seme del profeta Cus" era naturalmente Nimrod, poiché Cus era il padredi Nimrod. Ritorniamo adesso a Layard e vediamo come questo nostro paese el'Assiria siano connessi intimamente. Nella scultura a cui abbiamo fattoriferimento per primo troviamo "l'Ercole Assiro", cioè "il gigante Nimrod",com'è chiamato nella versione di Genesi della Settanta, senza bastone, o armi di

qualsiasi sorta, mentre attacca un toro. Dopo averlo sconfitto, egli pone sul suocapo le corna del toro, come trofeo di vittoria e simbolo di potenza; d'allora inpoi l'eroe è rappresentato non solo con le corna e gli zoccoli nella parteanteriore, ma dalla metà in giù con le zampe e il piede fisso del toro. Cosìacconciato egli è rappresentato mentre si accinge ad incontrare un leone. Ciò,con ogni probabilità, intende commemorare alcuni avvenimenti della sua vitache lo resero potente prima nella caccia e poi nella guerra e che, secondo tutte letradizioni antiche, fu rimarchevole in quanto a forza fisica, essendo egli il capodei giganti che si ribellarono contro il cielo. Ora, Nimrod, in quanto figlio diCus, era nero, in altre parole un negro. "Può un etiope cambiare la sua pelle?" ènell'originale "Può farlo un cusita?" Tenendo perciò questo in mente vedremoche in quella raffigurazione dissepolta da Ninive, abbiamo entrambi i prototipidell'anglosassone Zer-Nebo-Gus, "il seme del profeta Cus" e la vera origine deltenebroso avversario del genere umano con corna e zoccoli. Era percaratteristiche differenti da quelle dell'Avversario che Nimrod era adorato inorigine; ma in un popolo di composizione composta come quello anglosassoneera inevitabile che, se avessero adorato qualcuno, non doveva essere altro che,generalmente, oggetto di timore; e così Cronos, "il Cornuto" che portava lecorna come emblema sia di forza fisica che di potere sovrano, doveva divenire,nella superstizione popolare, il rappresentante riconosciuto del Diavolo.In molti e diversi paesi, le corna divennero il simbolo del potere sovrano. Lacorona, che ancora cinge la fronte dei monarchi europei, sembra derivareremotamente dall'emblema di potenza adottato da Cronos o Saturno che,secondo Ferecide, fu il "primo di tutti che abbia mai portato una corona".La prima corona regale sembra essere stata solo una banda, su cui erano poste lecorna. Dall'idea di potere contenuta nel "corno" sembra che abbiano derivato laloro autorità anche i governanti subordinati, mediante un cerchio con un solocorno. Bruce, il viaggiatore abissino, fornisce un esempio di capi abissini cosìdecorati (Fig. 11) riguardo ai quali egli afferma che il corno attrasse la suaparticolare attenzione quando comprese che igovernatori delle provincie si distinguevanomediante questa acconciatura. Nel caso del poteresovrano, la banda regale era adorna alcune volte conun doppio, altre con un triplo corno. Il corno doppioera stato evidentemente l'originale simbolo di potereo potenza da parte dei sovrani; poiché, suimonumenti egiziani, le teste dei personaggi regalideificati non avevano generalmente più di due cornaa dimostrazione della loro potenza. Poiché lasovranità nel caso di Nimrod era fondata sulla forzafisica, le due corna del toro erano simboli di taleforza fisica. E, in armonia a ciò, leggiamo il "Sachuniathon": "Astarte pose sulsuo proprio capo la testa di un toro come insegna di regalità". Col tempo,comunque, si formò un'altra e più alta idea e l'espressione di quell'idea fu vistanel simbolo delle tre corna. Sembra che con l'andare del tempo un berretto siastato associato alle corna regali. In Assiria il berretto con tre corna era uno dei"sacri emblemi" attestante che la potenza ad esso collegata era d'origine celeste,poiché le tre corna evidentemente adombravano la potenza della trinità. Inoltre,abbiamo indicazioni secondo le quali la fascia con le corna senza alcun berretto,

Fig. 10Layard: Ninive eB a b i l o n i a .Raffigurazione delDiavolo

Fig. 11

Capi di tribù abissinedecorat i con cornaindicanti potenza.

177 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 177L e D u e B a b i l o n i eagire come funzionari di Roma i quali, derivando tutta la loro autorità da lui,esercitavano sotto la sua sovraintendenza di "Vescovo dei Vescovi", d'altra parteera la visibile investitura di questi lupi vestiti da pecore. A che cosa serviva ilpalium del Vescivo Papale? Era un vestito fatto di lana, benedetto dal Papa, ot-tenuto dalla lana degli agnelli santi delle suore di S. Agnese e lavorato dalle lorosacre mani che poteva essere concesso a coloro che il Papa desiderava onorare,con lo scopo, come uno di loro ha detto, di "unirli alla nostra società in un unicoovile pastorale".Così commissionato, così ordinato dal Vescovo Universale, loro fecero effetti-vamente la propria opera e indussero la terra e coloro che lì abitavano "ad adora-re la bestia che ricevette la ferita da una spada e rivisse". Questa era una partedel predetto lavoro di questa bestia. Ma c'è ne fu un altro e non meno importanteche rimane da considerare.

SEZIONE IVL'IMMAGINE DELLA BESTIA

Non solo la bestia della terra indusse l'uomo ad adorare la I bestia ma, essa per-suase coloro che dimoravano sulla terra a "fare un'immagine della bestia cheaveva la ferita di una spada e rivisse". Dopo aver meditato per molti anni su ciòche potrebbe implicare "l'immagine della bestia" non potei mai trovare la mini-ma soddisfazione in tutte le teorie che erano state proposte, finché incappai inun'opera modesta ma valida che, avevo già notato, intitolata "Una originale in-terpretazione dell'Apocalisse". Questo lavoro, evidentemente il prodotto di unamente penetrante e profondamente erudita, circa la storia del Papato, fornì im-mediatamente la soluzione della difficoltà.Lì si dichiara che l'immagine della bestia sia la Vergine Madre o la Madonna. Aprima vista questa potrebbe sembrare una soluzione molto improbabile, maquando viene paragonata con la storia religiosa della Caldea, l'improbabilitàscompare del tutto. Nel vecchio paganesimo babilonese c'era un'immagine dellabestia del mare e non appena si sa cosa sia questa immagine, la questione saràgiustamente risolta. Quando fu stabilito che Dagon fosse adorato, nonostantefosse rappresentato in molti diversi modi ed esibito sotto diversi aspetti, la for-ma favorita nella quale veniva adorato, come il lettore ben sa era quella di unbimbo nelle braccia della madre.Nel corso naturale degli eventi, la madre finì per essere adorata insieme al figlioe per divenire l'oggetto preferito di adorazione. Per giustificare questa adorazio-ne, quella madre doveva essere innalzata alla divinità ed a lei dovevano essereattribuiti poteri e prerogative divine. Qualunque fosse perciò la sua dignità sicredeva che il figlio ne possedesse una simile. Qualsiasi nome d'onore egli aves-se un simile nome era attribuito a lei. Egli fu chiamato Belus, "II Signore", leiBeltis, "Mia Signora". Egli fu chiamato Dagon, "L'Uomo del Mare", lei Derke-to, "La Sirena".Egli come il "Re del mondo" portava le corna del toro, lei come abbiamo giàvisto, sotto l'autorità di Sanchuniathon, pose sul proprio capo una testa di torocome segno di regalità. Egli come Dio del Sole fu chiamato Beel-samen,"Signore del Cielo", lei come la Dea della Luna era Melkat-ashemin, "Reginadel Cielo". Lui era adorato in Egitto come il "Rivelatore di bontà e verità", lei aBabilonia sotto il nome di "Colomba" come la dea della gentilezza e della gra-

zia, la "Madre consenziente", misericordiosa e benigna verso gli uomini. Luisotto il nome di Mithra, era adorato come Mesites, o il "Mediatore", lei comeAfrodite o, la "Dominatrice dell'ira", era chiamata Mylitta, la "Mediatrice". Egliera rappresentato mentre schiacciava il grande serpente con il piede, lei mentrefrantumava il capo del serpente nella sua mano. Egli con il nome di Giano, por-tava una chiave come colui che apriva e chiudeva i cancelli del mondo invisibi-le. Lei con il nome di Cibele, fu investita di una simile chiave come emblemadello stesso potere. Egli come colui che redime dal peccato era chiamato "II DioPuro"; anche lei aveva il potere di lavare via il peccato e, malgrado fosse la ma-dre del seme, era chiamata la "Vergine Pura". Egli era rappresentato come"Giudice dei morti"; lei veniva rappresentata al suo fianco, sulla sedia del giudi-zio nel mondo invisibile.Si dice che egli dopo essere stato ucciso da una spada risorse di nuovo e asceseal cielo. Anche lei nonostante la storia dica sia stata uccisa dalla spada di unodei suoi stessi figli, nel mito pare sia stata corporalmente trasportata dal figlio incielo e sempre si dice che sia stata eletta Pambasileia, "Regina dell'universo".Infine il nome con il quale ora lei era riconosciuta era Semelé, che nella linguababilonese significa "L'Immagine".Così, sotto ogni aspetto lei divenne l'espressa immagine della Babilonia, "Labestia che aveva la ferita della spada e rivisse".Dopo ciò che il lettore ha visto è appena necessario dire che essa è la dea cheadesso viene adorata nella Chiesa di Roma sotto il nome di Maria.Nonostante che la dea sia chiamata con il nome della madre di nostro Signore,tutti gli attributi dati a lei sono semplicemente derivati dalla madonna babilone-se e non dalla Vergine Madre di Cristo. Non vi è un rigo o una lettera nella Bib-bia che contengano l'idea che Maria dovesse essere adorata, che essa sia "II rifu-gio dei peccatori", che essa fosse "Immacolata" e che facesse espiazione per ipeccati quando stava presso la croce e quando secondo Simeone una spada tra-passò anche la sua anima o che, dopo la sua morte fu elevata e trasportata ingloria nel cielo. Ma tutto questo fu trovato nel sistema babilonese e, tutto ciò èora incorporato nel sistema di Roma. Il "Sacro cuore di Maria" è esibito cometrafitto da una spada, in segno come la chiesa apostata insegna, che la sua ango-scia alla crocefissione era in realtà una espiazione come la morte di Cristo; poi-ché leggiamo nell'Offizio Devozionale o libro delle funzioni adottato dal"Sodalizio del Sacro Cuore" parole così blasfeme come queste: "Vai quindi de-voto cliente! Vai verso il cuore di Gesù ma passaattraverso il cuore di Maria, la spada del maleche trapassò la sua anima ti apre un passaggio,entra nella ferita che l'amore ha fatto (Fig. 57-58)".Sentiamo ancora un esponente della nuova fede,come M. Genoude in Francia dire che "Maria fula riparatrice della colpa di Eva, come il nostroSignore fu il riparatore della colpa di Adamo", eun altro, il professore Oswaid di Paderbon affer-ma che Maria non era una creatura umana come noi, che ella è la "La Donnacosì come Cristo è l'Uomo", che Maria è co-presente nella eucarestia e che indi-scutibilmente, secondo la dottrina eucaristica della Chiesa, la sua presenza èvera e reale, non soltanto ideale o figurativa e inoltre noi vediamo che nel decre-

Page 33: Libro Due Babilonie

176 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 176L e D u e B a b i l o n i eagire come funzionari di Roma i quali, derivando tutta la loro autorità da lui,esercitavano sotto la sua sovraintendenza di "Vescovo dei Vescovi", d'altra parteera la visibile investitura di questi lupi vestiti da pecore. A che cosa serviva ilpalium del Vescivo Papale? Era un vestito fatto di lana, benedetto dal Papa, ot-tenuto dalla lana degli agnelli santi delle suore di S. Agnese e lavorato dalle lorosacre mani che poteva essere concesso a coloro che il Papa desiderava onorare,con lo scopo, come uno di loro ha detto, di "unirli alla nostra società in un unicoovile pastorale".Così commissionato, così ordinato dal Vescovo Universale, loro fecero effetti-vamente la propria opera e indussero la terra e coloro che lì abitavano "ad adora-re la bestia che ricevette la ferita da una spada e rivisse". Questa era una partedel predetto lavoro di questa bestia. Ma c'è ne fu un altro e non meno importanteche rimane da considerare.

SEZIONE IVL'IMMAGINE DELLA BESTIA

Non solo la bestia della terra indusse l'uomo ad adorare la I bestia ma, essa per-suase coloro che dimoravano sulla terra a "fare un'immagine della bestia cheaveva la ferita di una spada e rivisse". Dopo aver meditato per molti anni su ciòche potrebbe implicare "l'immagine della bestia" non potei mai trovare la mini-ma soddisfazione in tutte le teorie che erano state proposte, finché incappai inun'opera modesta ma valida che, avevo già notato, intitolata "Una originale in-terpretazione dell'Apocalisse". Questo lavoro, evidentemente il prodotto di unamente penetrante e profondamente erudita, circa la storia del Papato, fornì im-mediatamente la soluzione della difficoltà.Lì si dichiara che l'immagine della bestia sia la Vergine Madre o la Madonna. Aprima vista questa potrebbe sembrare una soluzione molto improbabile, maquando viene paragonata con la storia religiosa della Caldea, l'improbabilitàscompare del tutto. Nel vecchio paganesimo babilonese c'era un'immagine dellabestia del mare e non appena si sa cosa sia questa immagine, la questione saràgiustamente risolta. Quando fu stabilito che Dagon fosse adorato, nonostantefosse rappresentato in molti diversi modi ed esibito sotto diversi aspetti, la for-ma favorita nella quale veniva adorato, come il lettore ben sa era quella di unbimbo nelle braccia della madre.Nel corso naturale degli eventi, la madre finì per essere adorata insieme al figlioe per divenire l'oggetto preferito di adorazione. Per giustificare questa adorazio-ne, quella madre doveva essere innalzata alla divinità ed a lei dovevano essereattribuiti poteri e prerogative divine. Qualunque fosse perciò la sua dignità sicredeva che il figlio ne possedesse una simile. Qualsiasi nome d'onore egli aves-se un simile nome era attribuito a lei. Egli fu chiamato Belus, "II Signore", leiBeltis, "Mia Signora". Egli fu chiamato Dagon, "L'Uomo del Mare", lei Derke-to, "La Sirena".Egli come il "Re del mondo" portava le corna del toro, lei come abbiamo giàvisto, sotto l'autorità di Sanchuniathon, pose sul proprio capo una testa di torocome segno di regalità. Egli come Dio del Sole fu chiamato Beel-samen,"Signore del Cielo", lei come la Dea della Luna era Melkat-ashemin, "Reginadel Cielo". Lui era adorato in Egitto come il "Rivelatore di bontà e verità", lei aBabilonia sotto il nome di "Colomba" come la dea della gentilezza e della gra-

zia, la "Madre consenziente", misericordiosa e benigna verso gli uomini. Luisotto il nome di Mithra, era adorato come Mesites, o il "Mediatore", lei comeAfrodite o, la "Dominatrice dell'ira", era chiamata Mylitta, la "Mediatrice". Egliera rappresentato mentre schiacciava il grande serpente con il piede, lei mentrefrantumava il capo del serpente nella sua mano. Egli con il nome di Giano, por-tava una chiave come colui che apriva e chiudeva i cancelli del mondo invisibi-le. Lei con il nome di Cibele, fu investita di una simile chiave come emblemadello stesso potere. Egli come colui che redime dal peccato era chiamato "II DioPuro"; anche lei aveva il potere di lavare via il peccato e, malgrado fosse la ma-dre del seme, era chiamata la "Vergine Pura". Egli era rappresentato come"Giudice dei morti"; lei veniva rappresentata al suo fianco, sulla sedia del giudi-zio nel mondo invisibile.Si dice che egli dopo essere stato ucciso da una spada risorse di nuovo e asceseal cielo. Anche lei nonostante la storia dica sia stata uccisa dalla spada di unodei suoi stessi figli, nel mito pare sia stata corporalmente trasportata dal figlio incielo e sempre si dice che sia stata eletta Pambasileia, "Regina dell'universo".Infine il nome con il quale ora lei era riconosciuta era Semelé, che nella linguababilonese significa "L'Immagine".Così, sotto ogni aspetto lei divenne l'espressa immagine della Babilonia, "Labestia che aveva la ferita della spada e rivisse".Dopo ciò che il lettore ha visto è appena necessario dire che essa è la dea cheadesso viene adorata nella Chiesa di Roma sotto il nome di Maria.Nonostante che la dea sia chiamata con il nome della madre di nostro Signore,tutti gli attributi dati a lei sono semplicemente derivati dalla madonna babilone-se e non dalla Vergine Madre di Cristo. Non vi è un rigo o una lettera nella Bib-bia che contengano l'idea che Maria dovesse essere adorata, che essa sia "II rifu-gio dei peccatori", che essa fosse "Immacolata" e che facesse espiazione per ipeccati quando stava presso la croce e quando secondo Simeone una spada tra-passò anche la sua anima o che, dopo la sua morte fu elevata e trasportata ingloria nel cielo. Ma tutto questo fu trovato nel sistema babilonese e, tutto ciò èora incorporato nel sistema di Roma. Il "Sacro cuore di Maria" è esibito cometrafitto da una spada, in segno come la chiesa apostata insegna, che la sua ango-scia alla crocefissione era in realtà una espiazione come la morte di Cristo; poi-ché leggiamo nell'Offizio Devozionale o libro delle funzioni adottato dal"Sodalizio del Sacro Cuore" parole così blasfeme come queste: "Vai quindi de-voto cliente! Vai verso il cuore di Gesù ma passaattraverso il cuore di Maria, la spada del maleche trapassò la sua anima ti apre un passaggio,entra nella ferita che l'amore ha fatto (Fig. 57-58)".Sentiamo ancora un esponente della nuova fede,come M. Genoude in Francia dire che "Maria fula riparatrice della colpa di Eva, come il nostroSignore fu il riparatore della colpa di Adamo", eun altro, il professore Oswaid di Paderbon affer-ma che Maria non era una creatura umana come noi, che ella è la "La Donnacosì come Cristo è l'Uomo", che Maria è co-presente nella eucarestia e che indi-scutibilmente, secondo la dottrina eucaristica della Chiesa, la sua presenza èvera e reale, non soltanto ideale o figurativa e inoltre noi vediamo che nel decre-

33 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 33L e D u e B a b i l o n i eCronos, come il lettore dei classici sa bene, è applicato a Saturno in qualità di"Padre degli dei". Abbiamo già incontrato un altro "Padre degli dei", Cus, nelsuo aspetto di Bel, Colui che confonde, o Efaistos "Colui che disperdetutt'intorno". E facile capire come, quando ebbe inizio la deificazione deimortali e il "potente" Figlio di Cus fu deificato, il padre, considerando la parteche egli sembra aver avuto nel preparare l'intero sistema idolatrico, sarebbe statopure deificato e, naturalmente, sotto la sua funzione di padre del "Potente" e ditutti i mortali che gli succedettero. Ma, in realtà, troveremo nel corso della nosraindagine, che Nimrod fu il vero Padre degli dei, in qualità di primo mortaledeificato; e che, perciò, questo è in piena armonia con il fatto storico cheCronos, il Cornuto o Potente, è, nel panteon classico, conosciuto con tale titolo.Il significato di questo nome Cronos, il Cornuto, se applicato a Nimrod, spiegapienamente le origini del rimarchevole simbolo, che ricorre così di frequente frale sculture di Ninive, cioè il gigantesco uomo-toro CORNUTO, che rappresenta legrandi divinità assire. La stessa parola che significa toro, vuol dire anchegovernante o principe10 da cui "toro cornuto" significa "Principe potente", e ciriporta ai primi di quei potenti che, sotto il nome di Guebres, Gabrs o Cabiriebbero un ruolo così importante nel mondo antico, e a cui i deificati monarchiassiri fecero in modo sott’inteso risalire le origini della loro grandezza epotenza. Ciò spiega il motivo per cui il Bacco dei greci era rappresentato con lecorna e perché ci si rivolgesse frequentemente a lui con l'epiteto di "Toro-cornuto" che era uno dei suoi più alti titoli onorifici. Anche in tempicomparativamente recenti, Togrui Begh, il capo dei Turchi Selgiucchi, cheproviene dalle vicinanze dell'Eufrate, era rappresentato in maniera simile con trecorna emergenti dal suo capo come emblema della sua sovranità. Ciò avvalorala storia delle origini di una divinità adorata dai nostri antenati paganianglosassoni con il nome di Zernebogus. Questo era una divinità nera, malevolee porta sfortuna, in altre parole, il Diavolo. Questo nome, analizzato ecomparato alla (Fig. 10), getta una luce particolarmente singolare sulla fonte da

cui proviene la superstizione popolare circa il grandeAvversario. Il nome Zer-Neb-Gus è quasi Caldeo puro esembra spiegarsi da se stesso in quanto vuol dire "Il semedel profeta Cus". Abbiamo già visto delle ragioni perconcludere che, col nome di Bel, distinto da Baal, Cus erail grande indovino o falso Profeta adorato a Babilonia. Maricercatori indipendenti sono pervenuti alla conclusioneche Bel e Nebo fossero solo dei titoli diversi per lo stessodio, un dio profetico. Kitto commenta le parole di Isaia46:1 "Bel si è piegato, Nebo si curva", riferendosiall'ultimo nome: "La parola sembra provenire da Nibba,

pronunciare un oracolo, o profetizzare; e quindi significherebbe "oracolo" nonpotendo, come propone Calmest essere altro che un diverso nome per indicareBel, o un epiteto caratterizzante applicato a lui; non essendo insolito ripetere lastessa cosa, nello stesso versetto, con termini equivalenti". "Zer-Nebo-Gus" ilgrande "seme del profeta Cus" era naturalmente Nimrod, poiché Cus era il padredi Nimrod. Ritorniamo adesso a Layard e vediamo come questo nostro paese el'Assiria siano connessi intimamente. Nella scultura a cui abbiamo fattoriferimento per primo troviamo "l'Ercole Assiro", cioè "il gigante Nimrod",com'è chiamato nella versione di Genesi della Settanta, senza bastone, o armi di

qualsiasi sorta, mentre attacca un toro. Dopo averlo sconfitto, egli pone sul suocapo le corna del toro, come trofeo di vittoria e simbolo di potenza; d'allora inpoi l'eroe è rappresentato non solo con le corna e gli zoccoli nella parteanteriore, ma dalla metà in giù con le zampe e il piede fisso del toro. Cosìacconciato egli è rappresentato mentre si accinge ad incontrare un leone. Ciò,con ogni probabilità, intende commemorare alcuni avvenimenti della sua vitache lo resero potente prima nella caccia e poi nella guerra e che, secondo tutte letradizioni antiche, fu rimarchevole in quanto a forza fisica, essendo egli il capodei giganti che si ribellarono contro il cielo. Ora, Nimrod, in quanto figlio diCus, era nero, in altre parole un negro. "Può un etiope cambiare la sua pelle?" ènell'originale "Può farlo un cusita?" Tenendo perciò questo in mente vedremoche in quella raffigurazione dissepolta da Ninive, abbiamo entrambi i prototipidell'anglosassone Zer-Nebo-Gus, "il seme del profeta Cus" e la vera origine deltenebroso avversario del genere umano con corna e zoccoli. Era percaratteristiche differenti da quelle dell'Avversario che Nimrod era adorato inorigine; ma in un popolo di composizione composta come quello anglosassoneera inevitabile che, se avessero adorato qualcuno, non doveva essere altro che,generalmente, oggetto di timore; e così Cronos, "il Cornuto" che portava lecorna come emblema sia di forza fisica che di potere sovrano, doveva divenire,nella superstizione popolare, il rappresentante riconosciuto del Diavolo.In molti e diversi paesi, le corna divennero il simbolo del potere sovrano. Lacorona, che ancora cinge la fronte dei monarchi europei, sembra derivareremotamente dall'emblema di potenza adottato da Cronos o Saturno che,secondo Ferecide, fu il "primo di tutti che abbia mai portato una corona".La prima corona regale sembra essere stata solo una banda, su cui erano poste lecorna. Dall'idea di potere contenuta nel "corno" sembra che abbiano derivato laloro autorità anche i governanti subordinati, mediante un cerchio con un solocorno. Bruce, il viaggiatore abissino, fornisce un esempio di capi abissini cosìdecorati (Fig. 11) riguardo ai quali egli afferma che il corno attrasse la suaparticolare attenzione quando comprese che igovernatori delle provincie si distinguevanomediante questa acconciatura. Nel caso del poteresovrano, la banda regale era adorna alcune volte conun doppio, altre con un triplo corno. Il corno doppioera stato evidentemente l'originale simbolo di potereo potenza da parte dei sovrani; poiché, suimonumenti egiziani, le teste dei personaggi regalideificati non avevano generalmente più di due cornaa dimostrazione della loro potenza. Poiché lasovranità nel caso di Nimrod era fondata sulla forzafisica, le due corna del toro erano simboli di taleforza fisica. E, in armonia a ciò, leggiamo il "Sachuniathon": "Astarte pose sulsuo proprio capo la testa di un toro come insegna di regalità". Col tempo,comunque, si formò un'altra e più alta idea e l'espressione di quell'idea fu vistanel simbolo delle tre corna. Sembra che con l'andare del tempo un berretto siastato associato alle corna regali. In Assiria il berretto con tre corna era uno dei"sacri emblemi" attestante che la potenza ad esso collegata era d'origine celeste,poiché le tre corna evidentemente adombravano la potenza della trinità. Inoltre,abbiamo indicazioni secondo le quali la fascia con le corna senza alcun berretto,

Fig. 10Layard: Ninive eB a b i l o n i a .Raffigurazione delDiavolo

Fig. 11

Capi di tribù abissinedecorat i con cornaindicanti potenza.

Page 34: Libro Due Babilonie

34 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 34L e D u e B a b i l o n i eera anticamente la corona reale. La corona del dio Indù Visnù nella suaincarnazione del Pesce è soltanto un cerchio aperto o una banda con tre cornaerette su di essa, con un pomo in cima a ciascun corno. Tutte le incarnazionisono rappresentate incoronate con una corona che sembra sia stata modellata daquesta, consistente di un diadema con tre punti eretti su di esso, in cui SirWilliam Jones identifica il diadema degli etiopi o dei Parti. La tiara aperta diAgni, il dio Indù del fuoco, mostra nel suo cerchio inferiore il corno doppio,fatto allo stesso modo che in Assiria mostrano allo stesso tempo l'anticaabitudine e la sua provenienza. Invece di tre corna, venivano sostituiti da trefoglie; e così la banda cornuta gradualmente si trasformò nel moderno diademao corona con le tre foglie di fiordaliso, o altri familiari ornamenti a tre foglie(Figg. 12-13).Fra i pellerossa d'America dev'esservi stato evidentemente qualcosa di

altrettanto analogo sull'abitudine babilonese di portare lecorna, poiché nella "danza del bufalo" ciascuno dei danzatoriaveva sul capo le corna del bufalo; ed è degno di specialerilievo che la "danza satirica", o danza dei Satiri in Grecia,sembra essere stata la controparte di questa solennitàpellerossa. Poiché i satiri erano divinità cornute,conseguentemente coloro che imitavano la loro danzadovevano acconciarsi il capo a loro imitazione. Quandotroviamo un'abitudine che è chiaramente fondata su una formadi linguaggio che distingue in modo caratteristico la regionedove si sviluppò il potere di Nimrod, usata in molti paesidiversi, lontani l'uno dall'altro, nei quali nessuna di tali formedi linguaggio era usata nella vita d'ogni giorno, possiamoessere certi che tale abitudine non fu il risultato di un semplice

caso, ma piuttosto indica la vasta diffusione di un'influenza che si diramava intutte le direzioni da Babilonia, fin dal tempo di Nimrod, ilprimo che "cominciò ad essere potente sulla terra".Vi era un altro modo in cui il potere di Nimrod erasimboleggiato oltre che dal "corno". Un sinonimo per Geber"Potente" era "Abir", mentre "Aber" significa pure "ala".Nimrod come capo e capitano di quegli uomini di guerra, dicui si circondava, e che erano strumenti mediante i qualistabiliva il suo potere, era "Baal-aberin", "Signore dei potenti".

Ma, "Baal-abirin" (che si pronuncia pressappoco alla stessamaniera) significa "Alato"11 e perciò nei simboli egli erarappresentato non solo come un toro cornuto ma a volte come

un toro alato e con le corna per mostrare, non semplicemente che egli erapotente, ma che aveva dei potenti ai suoi ordini, che erano sempre in grado dicompiere velocemente il suo potere e di soggiogare ogni opposizione alla suapotenza; e, per mostrare la portata della sua forza, era rappresentato con grandiali spiegate. A questo modo di rappresentare i potenti re di Babilonia e d'Assiria,che imitavano Nimrod e i suoi successori, vi è una chiara allusione in Isaia 8:6-8: "Poiché queto popolo ha sprezzate le acque di Siloc che scorronoplacidamente e si rallegra a motivo di Rezin e del figliolo di Remalia, perciòecco, il Signore sta per far salire su di loro le potenti e grandi acque del fiume,cioè il re d'Assiria e tutta la sua gloria; esso s'eleverà da per tutto sopra il suo

livello e strariperà su tutte le sue sponde. Passerà sopra la Giudea, inonderà, epasserà oltre; arriverà fino al collo e le sue ali spiegate copriranno tutta lalarghezza del tuo paese, o Emmanuele". Quando guardiamo figure come quelleche sono presentate al lettore (Figg. 14-15) con le loro grandi ali spiegate,simboleggianti un re assiro, quale vigore e quale forza forniscono al linguaggioispirato del profeta! E come è pure chiaro che lo spiegamento delle ALI delmonarca assiro che dovevano coprire "il paese di Emmanuele", aveva quelsignificato simbolico al quale ho fatto riferimento, cioèl'inondare il paese con i suoi "potenti" o schiere diarmati, che il re di Babilonia portava con lui nella suainvasione simile a un'inondazione! La conoscenza delmodo in cui erano rappresentati i monarchi assiri e delsignificato di tale raffigurazione da ulteriore forza allastoria del sogno di Ciro il grande, narrata da Erodoto.Ciro, narra lo storico, sognò di aver visto il figlio diuno dei suoi principi, che a quel tempo si trovava inuna provincia lontana, con due grandi "ali sulle suespalle, una delle quali oscurava l'Asia e l'altra l’Euro-pa", da cui egli concluse immediatamente che si stavaorganizzando una ribellione contro di lui. Il simbolo deibabilonesi, dei quali Ciro aveva preso la capitale e alla cui potenza erasucceduto, gli era del tutto familiare; e se le "ali" erano il simbolo del poteresovrano, ed il possederle voleva dire 'Signorìà” suipotenti o sugli eserciti dell'impero, è facile vedere comemolto naturalmente ogni sospetto di slealtàsull'individuo in questione potesse presentarsi nellamaniera summenzionata mediante sogni che potesseronutrire tali sospetti.L'intendimento di questo senso equivoco di "Baal-aberin" può spiegare la rimarchevole affermazione diAristofane che all'inizio del mondo furono creati perprimi "gli uccelli" e quindi, dopo la loro creazione,venne la "razza dei benedetti dèi immortali". Questa èstata considerata come un'affermazione ateistica oassurda da parte del poeta ma, applicando al linguaggiola vera chiave, si trova che esso contiene un importantefatto storico. Ci riporta alla mente che "gli uccelli", cioè gli "alati",simboleggiano "il Signore dei potenti", e quindi il significato è chiaro, cioè, chegli uomini dapprincipio "cominciarono ad essere potenti sulla terra"; e quindi,che i "Signori" o condottieri di "questi potenti" furono deificati. La conoscenzadel significato mistico di questo simbolo chiarisce inoltre l'origine della storia diPerseo, figlio di Jupiter, nato miracolosamente da Danae, che compì cosemirabili e che passò da paese a paese sulle ali poste divinamente su di lui. Ciògetta pure luce sui miti simbolici riguardanti Bellerofonte, e sulle imprese da luicompiute sul suo cavallo alato, e il loro ultimo disastroso atto: mentre egli silibrava sempre più in alto cadde in maniera catastrofica; e di Icaro, il figlio diDedalo, che, volando con delle ali fissate con la cera sul mare Icarico, ebbesciolte le ali per essersi troppo avvicinato al sole, e così diede il suo nome almare dove si suppose fosse caduto. Le favole a cui abbiamo fatto riferimento ci

Toro proveniente daNimrod (fig.14)

Toro proveniente daPersepoli (fig.15)

II dio indùVisnù

Agni, dio indùdel fuoco

175 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 175L e D u e B a b i l o n i eche questa bestia che "venne dalla terra" è espressamente chiamata con quelnome.Rivelazione 19:20: "E la bestia selvaggia fu presa, e con essa il falso profeta cheaveva compiuto davanti ad essa i segni coi quali aveva sviato quelli che avevanoricevuto il marchio della bestia che "veniva dalla terra" a compiere miracolidavanti alla prima bestia selvaggia e quelli che rendono adorazione alla sua im-magine". Siccome era la bestia che "veniva dalla terra" a compiere miracoli da-vanti alla prima bestia ciò mostra che la "bestia della terra" è il falso profeta,cioè Nebo. Se esaminiamo la storia dell'Impero Romano troveremo che anchequi vi è una precisa accordanza tra tipo e anti-tipo. Quando la ferita mortale delpaganesimo fu guarita e ripristinato il vecchio titolo pagano di Pontefice fu amezzo del corrotto clero, simbolizzato come generalmente si crede, e giusta-mente sotto la figura di una bestia munita di corna, come un agnello, secondo ildetto del nostro Signore "Attenti ai falsi profeti" che verranno a voi in veste dipecore ma internamente come lupi famelici.Il clero, come ente morale, consisteva di due grandi divisioni: il clero regolare esecolare che corrispondevano alle due corna o poteri della bestia e univano, an-che in un periodo molto antico, sia i poteri temporali che quelli spirituali. I ve-scovi, come capi di questo clero, avevano ampi poteri temporali, molto tempoprima che il Papa ottenesse la sua corona temporale. Abbiamo in merito unaprecisa testimonianza sia di Guizot che di Gibbon. Dopo aver mostrato che, pri-ma del V secolo, il clero era diventato non solo diverso ma anche indipendentedal popolo Guizot aggiunge: "II clero Cristiano aveva inoltre un'altra diversaforma di influenza".I vescovi ed i preti divennero i principali magistrati municipali e se apriamo ilcodice sia di Teodosio che di Giustiniano troveremo numerosi regolamenti cherimettono gli affari municipali al clero e ai vescovi. Guizot fa alcuni riferimenti.Il seguente estratto dal codice di Giustiniano è sufficiente per mostrare quantoampio fosse il potere civile detenuto dai vescovi: "Per quanto concerne gli affariannuali della città, sia che riguardassero i redditi ordinari della città stessa, siache derivassero dalla città o da doni privati, lasciti o da qualsiasi altra fonte pro-venissero; sia lavori pubblici, spacci di derrate o acquedotti, o la manutenzionedi bagni o porti, o le costruzioni di muri o di torri, o le riparazioni di ponti estrade, o prove nelle quali la città poteva essere impegnata, nel pubblico o priva-to interesse, noi ordiniamo quanto segue: il Pio Vescovo e tre notabili tra i pri-missimi della città dovranno incontrarsi, essi dovranno esaminare ogni anno ilavori fatti, dovranno prendersi cura che coloro che li conducono o che li hannocondotti li facciano con precisione, ne rendano conto e mostrino di aver fatto ilproprio dovere nell'amministrazione sia dei monumenti pubblici, sia delle som-me stabilite per derrate o terme nonché per la manutenzione delle strade, degliacquedotti e di qualsiasi altro lavoro".Ecco una lunga lista delle funzioni poste sulle spalle spirituali del "Pio Vesco-vo" a nessuna delle quali si fa mai allusione nell'enumerazione Divina dei doveridi un vescovo come contemplato nella Parola di Dio. (Vedi I Timoteo 3:1-7; eTito 1:5-9). Come riuscirono i vescovi che in origine furono eletti esclusivamen-te per le questioni spirituali ad afferrare una così enorme autorità temporale?.Gibbon ci illumina sulla vera origine di ciò che Guizot chiama "prodigioso pote-re". L'autore di "Decline and Full", mostra che, subito dopo Costantino, "LaChiesa" (e di conseguenza i vescovi, soprattutto quando ottennero di essere un

ordine separato dal resto del clero) assunsero un grande potere temporale attra-verso il diritto di asilo, che era appartenuto ai templi pagani e che dagli impera-tori era stato trasferito nella Chiesa Cristiana. Le sue parole sono: "Al fuggitivoe perfino al colpevole era permesso di implorare sia la giustizia che la graziadella Divinità e dei Suoi ministri". Così gli ecclesiastici invasero i diritti delmagistrato civile e cosi furono incoraggiati ad ottenere del tutto i poteri dellostato. Cosi anche com'è giustamente osservato dall'autrice di "Roma nel dician-novesimo secolo", parlando del diritto di asilo: "Gli altari furono trasformati inprotezione per quei crimini che avrebbero invece dovuto bandire dal mondo".Questa e una cosa che colpisce molto, mostrare come il potere del papato, findall'inizio, era fondato sulla "illegalità" ed era una prova aggiuntiva alle molteche potrebbero essere allegate, che il Capo del Sistema Romano, al quale tutti ivescovi sono subordinati è in realtà "L'illegale" (II Tessalonicesi 2:,8) predettonelle scritture come il Capo riconosciuto dei Misteri dell'Iniquità. Tutto questopotere temporale nelle mani degli uomini, che professando di essere Ministri diCristo e seguaci dell'Agnello, stavano semplicemente cercando la loro espansio-ne e per assicurarsi quella espansione non esitavano a tradire la causa che pro-fessavano di servire. Il potere spirituale che essi detenevano sulle anime degliuomini e quello secolare che ottennero nelle questioni del mondo erano entram-bi usati in opposizione alla causa della pura religione. All'inizio, questi falsiprofeti, nel guidare gli uomini sviandoli e, cercando di unire paganesimo e cri-stianesimo, scavando come la talpa nel buio e clandestinamente convertendosegretamente il semplice, secondo il detto di Paolo: "II Mistero d'Iniquità fun-ziona già".Ma verso la fine del IV secolo, quando le menti degli uomini erano state gentil-mente ben preparate, e l'aspetto delle cose sembrava essere favorevole a ciò, ilupi vestiti da pecora apparvero sulla terra, poco a poco portarono le loro dottri-ne segrete e pratiche alla luce dei sole e secolo dopo secolo, come il loro potereaumentava con tutti "gli ingaggi dell'ingiustizia" e "i segni e le giacenti meravi-glie", delusero le menti dei cristiani terreni, fecero loro credere che il loro anate-ma fosse l'equivalente della maledizione di Dio: in altre parole che essi poteva-no attirare il fuoco dal cielo e così inducevano la terra e quelli che lì dimoravanoad adorare la bestia, la cui ferita mortale era guarita.Quando la ferita mortale della bestia fu guarita e la bestia dal mare apparve, sidice che, questa bestia della terra divenne l'accreditato riconosciuto esecutoredella volontà della grande bestia del mare. Rivelazione 13:12: "Ed essa esercitatutto quanto il potere della prima bestia, in presenza di Lei ecc. Letteralmente inpresenza di lei vuol dire sotto la sua ispezione". Considerando chi e la primabestia l'espressione "in sua presenza" ha una grande forza.La bestia che ascende dal mare è il "piccolo corno" che ha "occhi simili a quelliumani", Daniele 7:8. Esso è Janus Tuens. il "Giano che tutto vede" in altre paro-le il Vescovo Universale o Sovrintendente Universale che dal suo trono sullesette colline, tramite il sistema organizzato del confessionale, vede e sa tuttoquello che viene fatto fino agli estremi confini del suo vasto dominio. Fu attornoal periodo ili cui il Papa divenne Vescovo Universale che iniziò il costume diinvestire sistematicamente i principali vescovi dell'impero occidentale con lalivrea papale, il palium, "con lo scopo" dice Gìeseler "di simboleggiare e raffor-zare la loro connessione con la Chiesa di Roma. Quel palium, indossato sullespalle dei vescovi, mentre da una parte obbligava coloro che lo ricevevano ad

Page 35: Libro Due Babilonie

174 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 174L e D u e B a b i l o n i eche questa bestia che "venne dalla terra" è espressamente chiamata con quelnome.Rivelazione 19:20: "E la bestia selvaggia fu presa, e con essa il falso profeta cheaveva compiuto davanti ad essa i segni coi quali aveva sviato quelli che avevanoricevuto il marchio della bestia che "veniva dalla terra" a compiere miracolidavanti alla prima bestia selvaggia e quelli che rendono adorazione alla sua im-magine". Siccome era la bestia che "veniva dalla terra" a compiere miracoli da-vanti alla prima bestia ciò mostra che la "bestia della terra" è il falso profeta,cioè Nebo. Se esaminiamo la storia dell'Impero Romano troveremo che anchequi vi è una precisa accordanza tra tipo e anti-tipo. Quando la ferita mortale delpaganesimo fu guarita e ripristinato il vecchio titolo pagano di Pontefice fu amezzo del corrotto clero, simbolizzato come generalmente si crede, e giusta-mente sotto la figura di una bestia munita di corna, come un agnello, secondo ildetto del nostro Signore "Attenti ai falsi profeti" che verranno a voi in veste dipecore ma internamente come lupi famelici.Il clero, come ente morale, consisteva di due grandi divisioni: il clero regolare esecolare che corrispondevano alle due corna o poteri della bestia e univano, an-che in un periodo molto antico, sia i poteri temporali che quelli spirituali. I ve-scovi, come capi di questo clero, avevano ampi poteri temporali, molto tempoprima che il Papa ottenesse la sua corona temporale. Abbiamo in merito unaprecisa testimonianza sia di Guizot che di Gibbon. Dopo aver mostrato che, pri-ma del V secolo, il clero era diventato non solo diverso ma anche indipendentedal popolo Guizot aggiunge: "II clero Cristiano aveva inoltre un'altra diversaforma di influenza".I vescovi ed i preti divennero i principali magistrati municipali e se apriamo ilcodice sia di Teodosio che di Giustiniano troveremo numerosi regolamenti cherimettono gli affari municipali al clero e ai vescovi. Guizot fa alcuni riferimenti.Il seguente estratto dal codice di Giustiniano è sufficiente per mostrare quantoampio fosse il potere civile detenuto dai vescovi: "Per quanto concerne gli affariannuali della città, sia che riguardassero i redditi ordinari della città stessa, siache derivassero dalla città o da doni privati, lasciti o da qualsiasi altra fonte pro-venissero; sia lavori pubblici, spacci di derrate o acquedotti, o la manutenzionedi bagni o porti, o le costruzioni di muri o di torri, o le riparazioni di ponti estrade, o prove nelle quali la città poteva essere impegnata, nel pubblico o priva-to interesse, noi ordiniamo quanto segue: il Pio Vescovo e tre notabili tra i pri-missimi della città dovranno incontrarsi, essi dovranno esaminare ogni anno ilavori fatti, dovranno prendersi cura che coloro che li conducono o che li hannocondotti li facciano con precisione, ne rendano conto e mostrino di aver fatto ilproprio dovere nell'amministrazione sia dei monumenti pubblici, sia delle som-me stabilite per derrate o terme nonché per la manutenzione delle strade, degliacquedotti e di qualsiasi altro lavoro".Ecco una lunga lista delle funzioni poste sulle spalle spirituali del "Pio Vesco-vo" a nessuna delle quali si fa mai allusione nell'enumerazione Divina dei doveridi un vescovo come contemplato nella Parola di Dio. (Vedi I Timoteo 3:1-7; eTito 1:5-9). Come riuscirono i vescovi che in origine furono eletti esclusivamen-te per le questioni spirituali ad afferrare una così enorme autorità temporale?.Gibbon ci illumina sulla vera origine di ciò che Guizot chiama "prodigioso pote-re". L'autore di "Decline and Full", mostra che, subito dopo Costantino, "LaChiesa" (e di conseguenza i vescovi, soprattutto quando ottennero di essere un

ordine separato dal resto del clero) assunsero un grande potere temporale attra-verso il diritto di asilo, che era appartenuto ai templi pagani e che dagli impera-tori era stato trasferito nella Chiesa Cristiana. Le sue parole sono: "Al fuggitivoe perfino al colpevole era permesso di implorare sia la giustizia che la graziadella Divinità e dei Suoi ministri". Così gli ecclesiastici invasero i diritti delmagistrato civile e cosi furono incoraggiati ad ottenere del tutto i poteri dellostato. Cosi anche com'è giustamente osservato dall'autrice di "Roma nel dician-novesimo secolo", parlando del diritto di asilo: "Gli altari furono trasformati inprotezione per quei crimini che avrebbero invece dovuto bandire dal mondo".Questa e una cosa che colpisce molto, mostrare come il potere del papato, findall'inizio, era fondato sulla "illegalità" ed era una prova aggiuntiva alle molteche potrebbero essere allegate, che il Capo del Sistema Romano, al quale tutti ivescovi sono subordinati è in realtà "L'illegale" (II Tessalonicesi 2:,8) predettonelle scritture come il Capo riconosciuto dei Misteri dell'Iniquità. Tutto questopotere temporale nelle mani degli uomini, che professando di essere Ministri diCristo e seguaci dell'Agnello, stavano semplicemente cercando la loro espansio-ne e per assicurarsi quella espansione non esitavano a tradire la causa che pro-fessavano di servire. Il potere spirituale che essi detenevano sulle anime degliuomini e quello secolare che ottennero nelle questioni del mondo erano entram-bi usati in opposizione alla causa della pura religione. All'inizio, questi falsiprofeti, nel guidare gli uomini sviandoli e, cercando di unire paganesimo e cri-stianesimo, scavando come la talpa nel buio e clandestinamente convertendosegretamente il semplice, secondo il detto di Paolo: "II Mistero d'Iniquità fun-ziona già".Ma verso la fine del IV secolo, quando le menti degli uomini erano state gentil-mente ben preparate, e l'aspetto delle cose sembrava essere favorevole a ciò, ilupi vestiti da pecora apparvero sulla terra, poco a poco portarono le loro dottri-ne segrete e pratiche alla luce dei sole e secolo dopo secolo, come il loro potereaumentava con tutti "gli ingaggi dell'ingiustizia" e "i segni e le giacenti meravi-glie", delusero le menti dei cristiani terreni, fecero loro credere che il loro anate-ma fosse l'equivalente della maledizione di Dio: in altre parole che essi poteva-no attirare il fuoco dal cielo e così inducevano la terra e quelli che lì dimoravanoad adorare la bestia, la cui ferita mortale era guarita.Quando la ferita mortale della bestia fu guarita e la bestia dal mare apparve, sidice che, questa bestia della terra divenne l'accreditato riconosciuto esecutoredella volontà della grande bestia del mare. Rivelazione 13:12: "Ed essa esercitatutto quanto il potere della prima bestia, in presenza di Lei ecc. Letteralmente inpresenza di lei vuol dire sotto la sua ispezione". Considerando chi e la primabestia l'espressione "in sua presenza" ha una grande forza.La bestia che ascende dal mare è il "piccolo corno" che ha "occhi simili a quelliumani", Daniele 7:8. Esso è Janus Tuens. il "Giano che tutto vede" in altre paro-le il Vescovo Universale o Sovrintendente Universale che dal suo trono sullesette colline, tramite il sistema organizzato del confessionale, vede e sa tuttoquello che viene fatto fino agli estremi confini del suo vasto dominio. Fu attornoal periodo ili cui il Papa divenne Vescovo Universale che iniziò il costume diinvestire sistematicamente i principali vescovi dell'impero occidentale con lalivrea papale, il palium, "con lo scopo" dice Gìeseler "di simboleggiare e raffor-zare la loro connessione con la Chiesa di Roma. Quel palium, indossato sullespalle dei vescovi, mentre da una parte obbligava coloro che lo ricevevano ad

35 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 35L e D u e B a b i l o n i eera anticamente la corona reale. La corona del dio Indù Visnù nella suaincarnazione del Pesce è soltanto un cerchio aperto o una banda con tre cornaerette su di essa, con un pomo in cima a ciascun corno. Tutte le incarnazionisono rappresentate incoronate con una corona che sembra sia stata modellata daquesta, consistente di un diadema con tre punti eretti su di esso, in cui SirWilliam Jones identifica il diadema degli etiopi o dei Parti. La tiara aperta diAgni, il dio Indù del fuoco, mostra nel suo cerchio inferiore il corno doppio,fatto allo stesso modo che in Assiria mostrano allo stesso tempo l'anticaabitudine e la sua provenienza. Invece di tre corna, venivano sostituiti da trefoglie; e così la banda cornuta gradualmente si trasformò nel moderno diademao corona con le tre foglie di fiordaliso, o altri familiari ornamenti a tre foglie(Figg. 12-13).Fra i pellerossa d'America dev'esservi stato evidentemente qualcosa di

altrettanto analogo sull'abitudine babilonese di portare lecorna, poiché nella "danza del bufalo" ciascuno dei danzatoriaveva sul capo le corna del bufalo; ed è degno di specialerilievo che la "danza satirica", o danza dei Satiri in Grecia,sembra essere stata la controparte di questa solennitàpellerossa. Poiché i satiri erano divinità cornute,conseguentemente coloro che imitavano la loro danzadovevano acconciarsi il capo a loro imitazione. Quandotroviamo un'abitudine che è chiaramente fondata su una formadi linguaggio che distingue in modo caratteristico la regionedove si sviluppò il potere di Nimrod, usata in molti paesidiversi, lontani l'uno dall'altro, nei quali nessuna di tali formedi linguaggio era usata nella vita d'ogni giorno, possiamoessere certi che tale abitudine non fu il risultato di un semplice

caso, ma piuttosto indica la vasta diffusione di un'influenza che si diramava intutte le direzioni da Babilonia, fin dal tempo di Nimrod, ilprimo che "cominciò ad essere potente sulla terra".Vi era un altro modo in cui il potere di Nimrod erasimboleggiato oltre che dal "corno". Un sinonimo per Geber"Potente" era "Abir", mentre "Aber" significa pure "ala".Nimrod come capo e capitano di quegli uomini di guerra, dicui si circondava, e che erano strumenti mediante i qualistabiliva il suo potere, era "Baal-aberin", "Signore dei potenti".

Ma, "Baal-abirin" (che si pronuncia pressappoco alla stessamaniera) significa "Alato"11 e perciò nei simboli egli erarappresentato non solo come un toro cornuto ma a volte come

un toro alato e con le corna per mostrare, non semplicemente che egli erapotente, ma che aveva dei potenti ai suoi ordini, che erano sempre in grado dicompiere velocemente il suo potere e di soggiogare ogni opposizione alla suapotenza; e, per mostrare la portata della sua forza, era rappresentato con grandiali spiegate. A questo modo di rappresentare i potenti re di Babilonia e d'Assiria,che imitavano Nimrod e i suoi successori, vi è una chiara allusione in Isaia 8:6-8: "Poiché queto popolo ha sprezzate le acque di Siloc che scorronoplacidamente e si rallegra a motivo di Rezin e del figliolo di Remalia, perciòecco, il Signore sta per far salire su di loro le potenti e grandi acque del fiume,cioè il re d'Assiria e tutta la sua gloria; esso s'eleverà da per tutto sopra il suo

livello e strariperà su tutte le sue sponde. Passerà sopra la Giudea, inonderà, epasserà oltre; arriverà fino al collo e le sue ali spiegate copriranno tutta lalarghezza del tuo paese, o Emmanuele". Quando guardiamo figure come quelleche sono presentate al lettore (Figg. 14-15) con le loro grandi ali spiegate,simboleggianti un re assiro, quale vigore e quale forza forniscono al linguaggioispirato del profeta! E come è pure chiaro che lo spiegamento delle ALI delmonarca assiro che dovevano coprire "il paese di Emmanuele", aveva quelsignificato simbolico al quale ho fatto riferimento, cioèl'inondare il paese con i suoi "potenti" o schiere diarmati, che il re di Babilonia portava con lui nella suainvasione simile a un'inondazione! La conoscenza delmodo in cui erano rappresentati i monarchi assiri e delsignificato di tale raffigurazione da ulteriore forza allastoria del sogno di Ciro il grande, narrata da Erodoto.Ciro, narra lo storico, sognò di aver visto il figlio diuno dei suoi principi, che a quel tempo si trovava inuna provincia lontana, con due grandi "ali sulle suespalle, una delle quali oscurava l'Asia e l'altra l’Euro-pa", da cui egli concluse immediatamente che si stavaorganizzando una ribellione contro di lui. Il simbolo deibabilonesi, dei quali Ciro aveva preso la capitale e alla cui potenza erasucceduto, gli era del tutto familiare; e se le "ali" erano il simbolo del poteresovrano, ed il possederle voleva dire 'Signorìà” suipotenti o sugli eserciti dell'impero, è facile vedere comemolto naturalmente ogni sospetto di slealtàsull'individuo in questione potesse presentarsi nellamaniera summenzionata mediante sogni che potesseronutrire tali sospetti.L'intendimento di questo senso equivoco di "Baal-aberin" può spiegare la rimarchevole affermazione diAristofane che all'inizio del mondo furono creati perprimi "gli uccelli" e quindi, dopo la loro creazione,venne la "razza dei benedetti dèi immortali". Questa èstata considerata come un'affermazione ateistica oassurda da parte del poeta ma, applicando al linguaggiola vera chiave, si trova che esso contiene un importantefatto storico. Ci riporta alla mente che "gli uccelli", cioè gli "alati",simboleggiano "il Signore dei potenti", e quindi il significato è chiaro, cioè, chegli uomini dapprincipio "cominciarono ad essere potenti sulla terra"; e quindi,che i "Signori" o condottieri di "questi potenti" furono deificati. La conoscenzadel significato mistico di questo simbolo chiarisce inoltre l'origine della storia diPerseo, figlio di Jupiter, nato miracolosamente da Danae, che compì cosemirabili e che passò da paese a paese sulle ali poste divinamente su di lui. Ciògetta pure luce sui miti simbolici riguardanti Bellerofonte, e sulle imprese da luicompiute sul suo cavallo alato, e il loro ultimo disastroso atto: mentre egli silibrava sempre più in alto cadde in maniera catastrofica; e di Icaro, il figlio diDedalo, che, volando con delle ali fissate con la cera sul mare Icarico, ebbesciolte le ali per essersi troppo avvicinato al sole, e così diede il suo nome almare dove si suppose fosse caduto. Le favole a cui abbiamo fatto riferimento ci

Toro proveniente daNimrod (fig.14)

Toro proveniente daPersepoli (fig.15)

II dio indùVisnù

Agni, dio indùdel fuoco

Page 36: Libro Due Babilonie

36 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 36L e D u e B a b i l o n i econducono tutte sulle orme di Nimrod, il primo "signore dei potenti" e che cometale era simboleggiato come se provvisto di ali.E quindi rimarchevole che, nel passo di Aristofane a cui abbiamo fattoriferimento che parla degli uccelli o degli "alati" nati prima degli dèi, siamoinformati che colui dal quale derivano sia i "potenti" che gli dèi non era altri cheil fanciullo alato Cupido12 figlio di Venere che occupava, come dimostreremopiù avanti nella mitologia mistica, la stessa posizione di Nin o Nino, "il figlio"nato a Rea, la madre degli dèi. Poiché Nimrod fu inequivocabilmente il primodei "potenti" dopo il diluvio, quest'affermazione di Aristofane, che il dio-fanciullo Cupido, egli stesso un "alato" producesse tutti gli uccelli o "alati",mentre occupava la stessa posizione di Nin o Nino, "il figlio", mostra che aquesto riguardo Nino e Nimrod si identificano. Mentre questo è ciò che il poetavuole evidentemente dire, da un punto di vista strettamente storico Apollodoro;afferma che "Nino è Nimrod". E quando, in conformità con tale identità di Ninoe Nimrod, troviamo in una delle più celebri sculture di Babilonia, Nino e suamoglie Semiramide rappresentati come se fossero impegnati nella caccia, laportatrice di faretra Semiramide è una compagna appropriata per il "potentecacciatore dinanzi al Signore".

SOTTOSEZIONE IIIL FIGLIO IN EGITTO

Quando ci volgiamo all'Egitto troviamo evidenze rimarchevoli della stessa cosa.Giustino, come abbiamo già visto, dice che "Nino sottomise tutte le nazioni, finoalla Libia" e conseguentemente l'Egitto. L'affermazione di Diodoro Siculo portaalla stessa conclusione poiché l'Egitto era uno dei paesi che, secondo lui, Ninopose in sottomissione a se stesso. In piena armonia con queste affermazionistoriche, troviamo che il nome della terza persona della triade primitiva d'Egittoera Kous. Ma Kous in egiziano proviene da una parola che significherebbe"cacciare". Perciò il nome di Kous, il figlio di Maut, la dea-madre che eraadorna in modo da poterla identificare con Rea, la grande dea-madre dellaCaldea1, significa appropriatamente "cacciatore", o dio della caccia. Poiché kussta a Manut come Nino a Rea, in che modo questo titolo di "Cacciatore"identifica in dio egiziano con Nimrod? Ebbene, lo stesso nome Kus ci porta acontatto con la mitologia romana, non solo spiegando il significato del nome nelsuo Panteon che finora necessita di molte chiarificazioni, ma fa si che tale nome,quand'è spiegato, getta luce su questa divinità egiziana e rafforza la conclusionea cui siamo pervenuti. Il nome a cui mi riferisco è il nome del dio latino Consus,che in un certo senso era identificato con Nettuno ma che era anche consideratocome il "dio dei consigli nascosti" o "colui che nasconde i segreti" e a cui siguardava come al patrono dei cavallerizzi, e si diceva avesse creato il cavallo.Chi potrebbe essere il "dio dei consigli nascosti", o "colui che nasconde isegreti" se non Saturno, il dio dei "misteri" e il cui nome a Roma aveva ilsignificato di "nascosto"? Il padre di Kons, o Konso (com'era anche chiamato),cioè, Amoun, era, come ci dice Plutarco, conosciuto come l'Iddio nascosto epoiché padre e figlio nella stessa triade avevano ordinariamente caratteristichecorrispondenti, ciò mostra che Kons dev'essere stato anche conosciuto comeSaturno, "il nascosto". Se il latino Conso, quindi, corrisponde esattamenteall'egiziano Kons, in qualità di dio dei "misteri" o dei "consigli nascosti" può

esservi dubbio che Kons, il Cacciatore, non fosse la stessa divinità romana chesi suppone abbia creato il cavallo? A chi accreditare la creazione del cavallo senon al grande cacciatore di Babele, che indubbiamente lo utilizzò nelle fatichedella caccia e che mediante tale mezzo dev'essere stato notevolmente aiutatonelle sue battaglie con le bestie selvagge della foresta? A tal riguardo il lettorepuò richiamare alla mente quella creatura fiabesca, il centauro, metà uomo emetà cavallo, che è così frequente nella mitologia della Grecia. Tale creazioneimmaginaria si proponeva di commemorare l'uomo che per primo insegnò l'artedel cavalcare. Ma tale creazione non fu frutto della mitologia greca. Ivi, come inmolte altre cose, i greci avevano solo preso a prestito da una fonte precedente. Ilcentauro è stato trovato su una moneta babilonese la quale mostra che l'ideaoriginalmente dev'essersi sviluppata in quel paese. Il centauro si trova nelloZodiaco, la cui antichità risale ad un periodo lontano e che ha le sue origini inBabilonia. Il centauro era rappresentato, come ci informa espressamente Beroso,storico babilonese, nel tempio di Babilonia, e il suo linguaggio sembra mostrareche le cose stavano così anche nei tempi primitivi. I greci stessi ammettonol'antichità dell'origine del centauro; poiché sebbene Ixione fosse comunementerappresentato come il padre dei centauri, tuttavia essi riconoscono che ilcentauro primitivo era lo stesso Cronos o Saturno, il padre degli dèi (Fig. 16).Ma abbiamo visto che Cronos, o Nimrod, fu il primo re di Babilonia; diconseguenza, il primo centauro era lo stesso Cronos. Adesso, il modo in cui erarappresentato il centauro sulle monete babilonesi, e nello Zodiaco, visto sottoquesta luce, è molto simile. Il centauro era la stessa cosa cheil segno del Saggitario o dell'“Arciere”. Se il fondatore dellagloria di Babilonia era il "potente cacciatore", il cui nome eraproverbiale anche ai giorni di Mosè (Gen. 10:9, "Perciò , vi èun detto, come Nimrod, il potente cacciatore dinanzi alSignore") quando troviamo l'"Arciere" con il suo arco e la suafaretra, in simbolo della suprema divinità babilonese, el'"Arciere" fra i segni dello Zodiaco che nacquero a Babilonia,io penso che possiamo concludere con certezza che questouomo-cavallo o cavallo-uomo Arciere primariamente siriferiva a lui e intendeva perpetuare sia la memoria della suafama come cacciatore che la sua destrezza come domatore dicavalli (Fig. 17).Ora, se paragoniamo il Khons Egiziano, il"cacciatore", con il latino Consus, il dio delle corse equestri, che "produsse ilcavallo", e il Centauro di Babilonia, a cui fu attribuito l'onore di esserel'inventore dell'equitazione, diverrà chiaro, penso, da dove gliEgiziani primitivi derivarono il dio Khons.Khons, il figlio della grande dea-madre, sembra essere statogeneralmente rappresentato come un dio pienamentecresciuto. La divinità babilonese era inoltre rappresentatamolto di frequente in Egitto alla stessa maniera che nel paesedella sua natività, cioè come un figlio nelle braccia di suamadre. Questo era il modo in cui Osiride, "il figlio, il maritodi sua madre" era spesso mostrato, e ciò che impariamo diquesto dio, come nel caso di Khonso, mostra che in origineegli non era altri che Nimrod. Si ammette che il sistemasegreto della Massoneria fosse fondato originalmente sui

Cent. Babilonese.

Cent. Zodiaco.

173 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 173L e D u e B a b i l o n i evere che non si può dimostrare possa avere avuto la sua controparte sulle rivedell'Eufrate o nei sistemi che da essi derivarono. L'immagine della Madonna èstata vista versare lacrime? Molte ne furono versate dalle immagini pagane.Lucano allude a questi idoli dal cuore tenero quando, parlando dei prodigi cheavvenivano durante le guerre civili dice:

Le lacrime versate dai nostri padroni della terra e il sudore sceso daiLari, sono detti le ferite della città.

Anche Virgilio riferisce lo stesso quando dice:Le statue piangenti predissero le guerre e il santo sudore scese dagliidoli di ottone.

Quando sotto il consolato di Appio Claudio e Marco Perpenna, Pubblio Crassofu ferito in battaglia da Aristonico, la statua di Apollo a Cuma versò lacrimeininterrottamente per quattro giorni. Anche gli dei hanno i loro umori, comepure hanno i loro momenti di pianto. Se Roma considera un avvenimento divinol'immagine sacra della sua Madonna che "sbatte gli occhi" non era certamente dimeno il ghigno occasionale delle sacre immagini del Paganesimo.Molti fatti testimoniano questo. Psellus ci racconta che quando i sacerdoti mani-festarono i loro poteri magici "allora le statue ridevano ed i lumi si ingentilivanospontaneamente". Quando le statue davano felicità, comunque, sembra ispirasse-ro sentimenti diversi da quelli di felicità nei cuori di quelli che si rivolgevanoloro. "I Teurghi", dice Salvertè, "provocavano apparizioni di dei nell'aria inmezzo a vapori gassosi liberati dal fuoco". Il teurgo Massimo indubbiamentefece uso di un segreto analogo a questo quando, nei fumi dell'incenso che bruciòdavanti alla statua di Icate, l'immagine fu vista ridere in modo cosi naturale da"terrorizzare gli spettatori". Comunque vi erano volte in cui venivano ispiratidiversi sentimenti.Era l'immagine della Madonna fatta per guardare benignamente l'adoratore pre-ferito e mandarlo a casa sicuro che la sua preghiera fosse ascoltata?Cosi erano fatte le statue di Iside egiziana. Queste dee erano così articolate chepotevano scuotere il serpente d'argento posto sulla loro fronte e acconsentire conmovimenti del capo a coloro che avevano proferito petizioni il loro gradimento.Leggiamo di santi romani che mostrano i loro poteri miracolosi attraversandofiumi o mari con i mezzi più strani. Così è scritto di S. Raimondo che egli futrasportato sul mare dal suo mantello. Vi è uguale racconto di un santo buddistaSura Acharya che visitando le folle del suo popolo dell'India occidentale, galleg-giava nel ruscello sul suo mantello. Eppure dei e sacerdoti del paganesimo mo-strarono ancor più galleggiabilità di questi. C'è un uomo santo, in questi giorninella Chiesa di Roma, che viene celebrato sotto il nome di S. Cubertino, chegalleggia spiritualmente così che, quando è infervorato nelle sue devozioni, nonc'è nulla che possa affondare il suo corpo, ma a dispetto della legge di gravita,esso si solleva di alcuni piedi nell'aria.Così accadeva anche al rinomato S. Francesco d'Assisi, a S. Pietro di Martina, aFrancesco di Macerata, qualche secolo fa. Ma sia S. Cubertino che S. Francescoed i loro simili sono ben lontani dall'essere originali. I sacerdoti ed i maghi deimisteri caldei li anticiparono non soltanto di secoli ma di migliaia di anni. CelioRodigino dice "che secondo i Caldei i raggi luminosi emanati dall'animo a voltepenetrano divinamente il corpo il quale a sua volta levita al di sopra della terra e

che questo fu il caso di Zoroastro". I discepoli di Giamblico affermano di averespesso assistito allo stesso miracolo nel caso del loro maestro, il quale quandopregava si elevava ad altezze di dieci cubiti dalla terra.Il più grande miracolo che Roma vanta è quando, con la ripetizione di cinqueparole magiche, lei professa di far discendere il corpo, il sangue l'anima e ladivinità di nostro Signor Gesù Cristo dal cielo per renderLo realmente e corpo-ralmente nel sacramento dell'altare. I sacerdoti caldei pretendevano con i loroincantesimi magici, in modo simile, di far discendere le loro divinità nelle lorostatue in modo che fosse visibilmente manifestata la loro reale presenza. Essichiamavano questo "Fare gli dei".E da questo senza dubbio deriva il detto dei sacerdoti cattolici che essi hanno ilpotere di "Creare il loro creatore". Non c'è nessuna testimonianza, per quanto ioabbia potuto cercare che, nel sistema babilonese, il sottile rotondo pezzo di o-stia, questo "sacrificio di massa senza sangue", era più considerato sotto altriaspetti che come un simbolo da essere persino scambiato con il dio che rappre-sentava. Eppure la dottrina della transustanziazione è chiaramente le vera essen-za magica la quale pretendeva con l'enunciazione di poche potenti parole, ditrasformare una sostanza in un'altra, con una destra truffa di rimuovere intera-mente una sostanza e di sostituirla con un' altra.Inoltre il Papa, nella pienezza dei propri poteri, si assunse il diritto di controllarel'ira di Dio e di maledire con i suoi "fulmini" chi lo offendesse. Re e molte na-zioni, credendo in questo potere, hanno tremato e si sono inchinati davanti a luiper paura di essere esposti ai suoi tuoni spirituali. I sacerdoti del paganesimoassunsero lo stesso potere e per rafforzare questo potere spirituale cercaronopersino di far discendere il letterale fulmine dal cielo, e sembra esservi qualcheragione per credere che essi effettivamente vi riuscirono anticipando la splendi-da scoperta del Dr. Franklin. Si dice che Numa Pompilio lo abbia fatto con com-pleto successo. Tullio Ostiglio, suo successore, imitando il suo esempio, morìnel tentativo essendo rimasto colpito con la sua famiglia, come in tempi recentiaccadde al prof. Reichman con il fulmine che stava cercando di attrarre.Tali erano i poteri taumaturgici attribuiti nel Mondo Divino alla bestia che dove-va fuoriuscire dalla terra e si vantava che gli stessi poteri furono tutti esercitatidal vecchio simbolo babilonese. Allora in ricordo di questo dio che nasce dalterreno i misteri venivano frequentemente celebrati in grotte sotto terra. Questoè il caso della Persia dove, come Tages era detto fosse nato dal terreno, il leg-gendario Mithra era in modo simile stato generato da una cava nella terra. Lostesso Numa di Roma pretendeva di ricevere tutte le sue divinazioni dalla ninfaEgeria in una cava. In queste cave gli uomini erano prima iniziati ai misteri se-greti con i segni e le meraviglie lì giacenti presentate a loro, venivano riportatidopo la morte di Nimrod all'adorazione di quel dio sotto la sua nuova forma.Questa apocalittica bestia che viene fuori dalla terra, coincide sotto ogni aspettocon quell'antico dio nato da "un buco nel terreno" poiché nessuna parola potreb-be descrivere più esattamente il suo operato delle parole della predizione di Ri-velazione 13:13-14: "E compie grandi segni così che farebbe scendere perfinofuoco dal cielo sulla terra dinnanzi al genere umano, ...mentre dice a quelli chedimorano sulla terra di fare un'immagine della bestia selvaggia che ebbe la feritadella spada e rivisse". Questa taumaturgica bestia, chiamata Nebo o il Profeta,come il profeta dell'idolatria, era naturalmente il falso Profeta. Paragonando ilprecedente passo di Rivelazione con 19:20 sempre di Rivelazione sarà evidente

Page 37: Libro Due Babilonie

172 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 172L e D u e B a b i l o n i evere che non si può dimostrare possa avere avuto la sua controparte sulle rivedell'Eufrate o nei sistemi che da essi derivarono. L'immagine della Madonna èstata vista versare lacrime? Molte ne furono versate dalle immagini pagane.Lucano allude a questi idoli dal cuore tenero quando, parlando dei prodigi cheavvenivano durante le guerre civili dice:

Le lacrime versate dai nostri padroni della terra e il sudore sceso daiLari, sono detti le ferite della città.

Anche Virgilio riferisce lo stesso quando dice:Le statue piangenti predissero le guerre e il santo sudore scese dagliidoli di ottone.

Quando sotto il consolato di Appio Claudio e Marco Perpenna, Pubblio Crassofu ferito in battaglia da Aristonico, la statua di Apollo a Cuma versò lacrimeininterrottamente per quattro giorni. Anche gli dei hanno i loro umori, comepure hanno i loro momenti di pianto. Se Roma considera un avvenimento divinol'immagine sacra della sua Madonna che "sbatte gli occhi" non era certamente dimeno il ghigno occasionale delle sacre immagini del Paganesimo.Molti fatti testimoniano questo. Psellus ci racconta che quando i sacerdoti mani-festarono i loro poteri magici "allora le statue ridevano ed i lumi si ingentilivanospontaneamente". Quando le statue davano felicità, comunque, sembra ispirasse-ro sentimenti diversi da quelli di felicità nei cuori di quelli che si rivolgevanoloro. "I Teurghi", dice Salvertè, "provocavano apparizioni di dei nell'aria inmezzo a vapori gassosi liberati dal fuoco". Il teurgo Massimo indubbiamentefece uso di un segreto analogo a questo quando, nei fumi dell'incenso che bruciòdavanti alla statua di Icate, l'immagine fu vista ridere in modo cosi naturale da"terrorizzare gli spettatori". Comunque vi erano volte in cui venivano ispiratidiversi sentimenti.Era l'immagine della Madonna fatta per guardare benignamente l'adoratore pre-ferito e mandarlo a casa sicuro che la sua preghiera fosse ascoltata?Cosi erano fatte le statue di Iside egiziana. Queste dee erano così articolate chepotevano scuotere il serpente d'argento posto sulla loro fronte e acconsentire conmovimenti del capo a coloro che avevano proferito petizioni il loro gradimento.Leggiamo di santi romani che mostrano i loro poteri miracolosi attraversandofiumi o mari con i mezzi più strani. Così è scritto di S. Raimondo che egli futrasportato sul mare dal suo mantello. Vi è uguale racconto di un santo buddistaSura Acharya che visitando le folle del suo popolo dell'India occidentale, galleg-giava nel ruscello sul suo mantello. Eppure dei e sacerdoti del paganesimo mo-strarono ancor più galleggiabilità di questi. C'è un uomo santo, in questi giorninella Chiesa di Roma, che viene celebrato sotto il nome di S. Cubertino, chegalleggia spiritualmente così che, quando è infervorato nelle sue devozioni, nonc'è nulla che possa affondare il suo corpo, ma a dispetto della legge di gravita,esso si solleva di alcuni piedi nell'aria.Così accadeva anche al rinomato S. Francesco d'Assisi, a S. Pietro di Martina, aFrancesco di Macerata, qualche secolo fa. Ma sia S. Cubertino che S. Francescoed i loro simili sono ben lontani dall'essere originali. I sacerdoti ed i maghi deimisteri caldei li anticiparono non soltanto di secoli ma di migliaia di anni. CelioRodigino dice "che secondo i Caldei i raggi luminosi emanati dall'animo a voltepenetrano divinamente il corpo il quale a sua volta levita al di sopra della terra e

che questo fu il caso di Zoroastro". I discepoli di Giamblico affermano di averespesso assistito allo stesso miracolo nel caso del loro maestro, il quale quandopregava si elevava ad altezze di dieci cubiti dalla terra.Il più grande miracolo che Roma vanta è quando, con la ripetizione di cinqueparole magiche, lei professa di far discendere il corpo, il sangue l'anima e ladivinità di nostro Signor Gesù Cristo dal cielo per renderLo realmente e corpo-ralmente nel sacramento dell'altare. I sacerdoti caldei pretendevano con i loroincantesimi magici, in modo simile, di far discendere le loro divinità nelle lorostatue in modo che fosse visibilmente manifestata la loro reale presenza. Essichiamavano questo "Fare gli dei".E da questo senza dubbio deriva il detto dei sacerdoti cattolici che essi hanno ilpotere di "Creare il loro creatore". Non c'è nessuna testimonianza, per quanto ioabbia potuto cercare che, nel sistema babilonese, il sottile rotondo pezzo di o-stia, questo "sacrificio di massa senza sangue", era più considerato sotto altriaspetti che come un simbolo da essere persino scambiato con il dio che rappre-sentava. Eppure la dottrina della transustanziazione è chiaramente le vera essen-za magica la quale pretendeva con l'enunciazione di poche potenti parole, ditrasformare una sostanza in un'altra, con una destra truffa di rimuovere intera-mente una sostanza e di sostituirla con un' altra.Inoltre il Papa, nella pienezza dei propri poteri, si assunse il diritto di controllarel'ira di Dio e di maledire con i suoi "fulmini" chi lo offendesse. Re e molte na-zioni, credendo in questo potere, hanno tremato e si sono inchinati davanti a luiper paura di essere esposti ai suoi tuoni spirituali. I sacerdoti del paganesimoassunsero lo stesso potere e per rafforzare questo potere spirituale cercaronopersino di far discendere il letterale fulmine dal cielo, e sembra esservi qualcheragione per credere che essi effettivamente vi riuscirono anticipando la splendi-da scoperta del Dr. Franklin. Si dice che Numa Pompilio lo abbia fatto con com-pleto successo. Tullio Ostiglio, suo successore, imitando il suo esempio, morìnel tentativo essendo rimasto colpito con la sua famiglia, come in tempi recentiaccadde al prof. Reichman con il fulmine che stava cercando di attrarre.Tali erano i poteri taumaturgici attribuiti nel Mondo Divino alla bestia che dove-va fuoriuscire dalla terra e si vantava che gli stessi poteri furono tutti esercitatidal vecchio simbolo babilonese. Allora in ricordo di questo dio che nasce dalterreno i misteri venivano frequentemente celebrati in grotte sotto terra. Questoè il caso della Persia dove, come Tages era detto fosse nato dal terreno, il leg-gendario Mithra era in modo simile stato generato da una cava nella terra. Lostesso Numa di Roma pretendeva di ricevere tutte le sue divinazioni dalla ninfaEgeria in una cava. In queste cave gli uomini erano prima iniziati ai misteri se-greti con i segni e le meraviglie lì giacenti presentate a loro, venivano riportatidopo la morte di Nimrod all'adorazione di quel dio sotto la sua nuova forma.Questa apocalittica bestia che viene fuori dalla terra, coincide sotto ogni aspettocon quell'antico dio nato da "un buco nel terreno" poiché nessuna parola potreb-be descrivere più esattamente il suo operato delle parole della predizione di Ri-velazione 13:13-14: "E compie grandi segni così che farebbe scendere perfinofuoco dal cielo sulla terra dinnanzi al genere umano, ...mentre dice a quelli chedimorano sulla terra di fare un'immagine della bestia selvaggia che ebbe la feritadella spada e rivisse". Questa taumaturgica bestia, chiamata Nebo o il Profeta,come il profeta dell'idolatria, era naturalmente il falso Profeta. Paragonando ilprecedente passo di Rivelazione con 19:20 sempre di Rivelazione sarà evidente

37 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 37L e D u e B a b i l o n i econducono tutte sulle orme di Nimrod, il primo "signore dei potenti" e che cometale era simboleggiato come se provvisto di ali.E quindi rimarchevole che, nel passo di Aristofane a cui abbiamo fattoriferimento che parla degli uccelli o degli "alati" nati prima degli dèi, siamoinformati che colui dal quale derivano sia i "potenti" che gli dèi non era altri cheil fanciullo alato Cupido12 figlio di Venere che occupava, come dimostreremopiù avanti nella mitologia mistica, la stessa posizione di Nin o Nino, "il figlio"nato a Rea, la madre degli dèi. Poiché Nimrod fu inequivocabilmente il primodei "potenti" dopo il diluvio, quest'affermazione di Aristofane, che il dio-fanciullo Cupido, egli stesso un "alato" producesse tutti gli uccelli o "alati",mentre occupava la stessa posizione di Nin o Nino, "il figlio", mostra che aquesto riguardo Nino e Nimrod si identificano. Mentre questo è ciò che il poetavuole evidentemente dire, da un punto di vista strettamente storico Apollodoro;afferma che "Nino è Nimrod". E quando, in conformità con tale identità di Ninoe Nimrod, troviamo in una delle più celebri sculture di Babilonia, Nino e suamoglie Semiramide rappresentati come se fossero impegnati nella caccia, laportatrice di faretra Semiramide è una compagna appropriata per il "potentecacciatore dinanzi al Signore".

SOTTOSEZIONE IIIL FIGLIO IN EGITTO

Quando ci volgiamo all'Egitto troviamo evidenze rimarchevoli della stessa cosa.Giustino, come abbiamo già visto, dice che "Nino sottomise tutte le nazioni, finoalla Libia" e conseguentemente l'Egitto. L'affermazione di Diodoro Siculo portaalla stessa conclusione poiché l'Egitto era uno dei paesi che, secondo lui, Ninopose in sottomissione a se stesso. In piena armonia con queste affermazionistoriche, troviamo che il nome della terza persona della triade primitiva d'Egittoera Kous. Ma Kous in egiziano proviene da una parola che significherebbe"cacciare". Perciò il nome di Kous, il figlio di Maut, la dea-madre che eraadorna in modo da poterla identificare con Rea, la grande dea-madre dellaCaldea1, significa appropriatamente "cacciatore", o dio della caccia. Poiché kussta a Manut come Nino a Rea, in che modo questo titolo di "Cacciatore"identifica in dio egiziano con Nimrod? Ebbene, lo stesso nome Kus ci porta acontatto con la mitologia romana, non solo spiegando il significato del nome nelsuo Panteon che finora necessita di molte chiarificazioni, ma fa si che tale nome,quand'è spiegato, getta luce su questa divinità egiziana e rafforza la conclusionea cui siamo pervenuti. Il nome a cui mi riferisco è il nome del dio latino Consus,che in un certo senso era identificato con Nettuno ma che era anche consideratocome il "dio dei consigli nascosti" o "colui che nasconde i segreti" e a cui siguardava come al patrono dei cavallerizzi, e si diceva avesse creato il cavallo.Chi potrebbe essere il "dio dei consigli nascosti", o "colui che nasconde isegreti" se non Saturno, il dio dei "misteri" e il cui nome a Roma aveva ilsignificato di "nascosto"? Il padre di Kons, o Konso (com'era anche chiamato),cioè, Amoun, era, come ci dice Plutarco, conosciuto come l'Iddio nascosto epoiché padre e figlio nella stessa triade avevano ordinariamente caratteristichecorrispondenti, ciò mostra che Kons dev'essere stato anche conosciuto comeSaturno, "il nascosto". Se il latino Conso, quindi, corrisponde esattamenteall'egiziano Kons, in qualità di dio dei "misteri" o dei "consigli nascosti" può

esservi dubbio che Kons, il Cacciatore, non fosse la stessa divinità romana chesi suppone abbia creato il cavallo? A chi accreditare la creazione del cavallo senon al grande cacciatore di Babele, che indubbiamente lo utilizzò nelle fatichedella caccia e che mediante tale mezzo dev'essere stato notevolmente aiutatonelle sue battaglie con le bestie selvagge della foresta? A tal riguardo il lettorepuò richiamare alla mente quella creatura fiabesca, il centauro, metà uomo emetà cavallo, che è così frequente nella mitologia della Grecia. Tale creazioneimmaginaria si proponeva di commemorare l'uomo che per primo insegnò l'artedel cavalcare. Ma tale creazione non fu frutto della mitologia greca. Ivi, come inmolte altre cose, i greci avevano solo preso a prestito da una fonte precedente. Ilcentauro è stato trovato su una moneta babilonese la quale mostra che l'ideaoriginalmente dev'essersi sviluppata in quel paese. Il centauro si trova nelloZodiaco, la cui antichità risale ad un periodo lontano e che ha le sue origini inBabilonia. Il centauro era rappresentato, come ci informa espressamente Beroso,storico babilonese, nel tempio di Babilonia, e il suo linguaggio sembra mostrareche le cose stavano così anche nei tempi primitivi. I greci stessi ammettonol'antichità dell'origine del centauro; poiché sebbene Ixione fosse comunementerappresentato come il padre dei centauri, tuttavia essi riconoscono che ilcentauro primitivo era lo stesso Cronos o Saturno, il padre degli dèi (Fig. 16).Ma abbiamo visto che Cronos, o Nimrod, fu il primo re di Babilonia; diconseguenza, il primo centauro era lo stesso Cronos. Adesso, il modo in cui erarappresentato il centauro sulle monete babilonesi, e nello Zodiaco, visto sottoquesta luce, è molto simile. Il centauro era la stessa cosa cheil segno del Saggitario o dell'“Arciere”. Se il fondatore dellagloria di Babilonia era il "potente cacciatore", il cui nome eraproverbiale anche ai giorni di Mosè (Gen. 10:9, "Perciò , vi èun detto, come Nimrod, il potente cacciatore dinanzi alSignore") quando troviamo l'"Arciere" con il suo arco e la suafaretra, in simbolo della suprema divinità babilonese, el'"Arciere" fra i segni dello Zodiaco che nacquero a Babilonia,io penso che possiamo concludere con certezza che questouomo-cavallo o cavallo-uomo Arciere primariamente siriferiva a lui e intendeva perpetuare sia la memoria della suafama come cacciatore che la sua destrezza come domatore dicavalli (Fig. 17).Ora, se paragoniamo il Khons Egiziano, il"cacciatore", con il latino Consus, il dio delle corse equestri, che "produsse ilcavallo", e il Centauro di Babilonia, a cui fu attribuito l'onore di esserel'inventore dell'equitazione, diverrà chiaro, penso, da dove gliEgiziani primitivi derivarono il dio Khons.Khons, il figlio della grande dea-madre, sembra essere statogeneralmente rappresentato come un dio pienamentecresciuto. La divinità babilonese era inoltre rappresentatamolto di frequente in Egitto alla stessa maniera che nel paesedella sua natività, cioè come un figlio nelle braccia di suamadre. Questo era il modo in cui Osiride, "il figlio, il maritodi sua madre" era spesso mostrato, e ciò che impariamo diquesto dio, come nel caso di Khonso, mostra che in origineegli non era altri che Nimrod. Si ammette che il sistemasegreto della Massoneria fosse fondato originalmente sui

Cent. Babilonese.

Cent. Zodiaco.

Page 38: Libro Due Babilonie

38 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 38L e D u e B a b i l o n i esistemi misterici dell'egiziana Iside, la dea madre, o la moglie di Osiride. Ma ciòche avrebbe condotto all'unione di un corpo Massonico con questi Misteri, nonavrebbe dovuto avere particolari riferimenti all'architettura e, il dio che eraadorato in essi, non sarebbe stato celebrato per il suo successo nelperfezionamento delle arti delle fortificazioni e delle costruzioni? Ora, se le cosestanno così, considerando la relazioe in cui, come abbiamo già visto, l'Egittostava a Babilonia, chi sarebbe stato considerato, naturalmente, come il grandepatrono dell'arte massonica? È molto probabile che tale uomo sia stato Nimrod.Egli fu il primo che si guadagnò fama in tal modo. Come figlio della dea madrebabilonese, egli fu adorato nelle vesti di Ala-maozim, "II dio delle fortezze".Osiride, similmente il figlio della madonna egiziana, era egualmente celebratocome "il forte capo delle costruzioni". Questo forte capo delle costruzioni eraoriginariamente adorato in Egitto con ogni caratteristica fisica di Nimrod. Hogià reso noto il fatto che Nimrod, come figlio di Cus, era negro. Vi era pertantouna tradizione in Egitto, ricordata da Plutarco, secondo la quale “Osiride eranero”, che, in un paese dove generalmente la pelle era piuttosto scura, deve averindicato qualcosa di più dell'ordinario nel colore della sua pelle. Plutarco inoltreafferma che Orus, il figlio di Osiride "era di piacevole complessione" ed eracosì, in prevalenza, che veniva rappresentato Osiride. Ma abbiamo l'evidenzainequivocabile che Osiride, il figlio e marito della grande dea regina d'Egitto,era rappresentato come un vero e proprio negro. In Wilkinson si può trovare unasua rappresentazione (Fig. 18) con le inconfondibili caratteristiche di un genuinocusista o negro. Bunsen pensa che si tratti di una semplice importazione casualeda alcune tribù barbare ma gli abiti di cui è rivestito questo negro parlano inmodo differente, tale abbigliamento lo mette in relazione con Nimrod. QuestoOsiride con caratteristiche negroidi è abbigliato dalla testa ai piedi con un abitomaculato, la cui parte superiore ha una pelle di leopardo e quella inferiore,essendo pure maculata, vi corrisponde. Ora il nome Nimrod2 significa "domatoredel leopardo". Questo non sembra implicare che Nimrod abbia guadagnato famadomando il cavallo e impiegandolo nella caccia la sua fama di cacciatore sibaserebbe principalmente su l'aver inventato l'arte di farsi aiutare dal leopardonel cacciare le altre bestie selvagge. Una specie particolare di leopardodomestico è usata fino ad oggi in India per la caccia; e di Bagajet I, l'imperatoreMogol dell'India, si ricorda che nei suoi padiglioni di caccia avesse non solocani da caccia di varie razze, ma anche leopardi, i cui "collari erano adorni digioielli". Sulle parole del profeta Abacuc, cp. 1:8, "più veloci dei leopardi",Kitto ha fatto la seguente osservazione: "La velocità del leopardo è proverbialein tutti i paesi in cui esso vive. Ciò, unito alle altre sue qualità, in oriente, hafatto si che si potesse parzialmente addestrarlo, cioè che potesse essereimpiegato nella caccia... Adesso i leopardi vengono difficilmente usati per lacaccia nell'Asia Occidentale, tranne che dai re o da governatori; ma sono moltopiù comuni nelle parti orientali dell'Asia. Orosio narra che uno di questi fuspedito dal re del Portogallo al Papa e causò un grande stupore per la maniera ela facilità con la quale uccideva cervi e orsi selvatici. Le Bruyn menziona unleopardo di proprietà del Pascià che governava Gaza e altri territori dell'anticaPalestina e che veniva spesso impiegato nella caccia agli sciacalli. Ma è in Indiache il Cita, o leopardo cacciatore, è impiegato più frequentemente ed è osservatonella perfezione della sua potenza. Quest'abitudine di addomesticare il leopardoe di utilizzarlo in tal modo al servizio dell'uomo, si può far risalire ai primi

tempi dell'antichità primordiale. Nelle parole di Sir William Jones, troviamoche, da un'antica leggenda persiana, egli afferma che Hoshang, il padre diThamurs, che costruì Babilonia, fu "il primo che impiegò cani eleopardi per cacciare". Poiché Thamurs, che edificò Babilonia,non può essere altri che Nimrod, questa leggenda semplicementeattriuisce a suo padre, come fa comprendere il nome, ciò che inrealtà egli stesso aveva fatto. Quindi, allo stesso modo in cui ildio classico rivestito dalla pelle del leone e da ciò identificato inErcole, l'uccisore del leone, così similmente, il dio abbigliato conla pelle di leopardo sarebbe identificato naturalmente conNimrod, il "domatore dei leopardi". Che tale pelle del leopardo,appartenente al dio egiziano, non fosse una cosa occasionale, èchiaramente dimostrato. Wilkinson ci narra che, nelle grandioccasioni in cui il sommo sacerdote egiziano era chiamato adofficiare, era indispensabile che indossasse, come paramento delsuo ufficio, la pelle del leopardo (Fig. 19). Poiché è un principiouniversale di tutte le idolatrie che i sommi sacerdoti portino leinsegne del dio che servono, ciò indica l'importanza che la pellemaculata deve aver avuto quale simbolo del dio stesso.Il modo ordinario in cui era rappresentata misticamente lafavorita divinità egiziana, Osiride, era quello di un giovane toro ovitello - il bue Api - da cui fu tratto il vitello d'oro di Israele. Viera un motivo per cui quel vitello non appare comunemente nel simboloappropriato del dio che rappresenta, poiché tale vitello rappresenta la divinitànelle vesti di saturno "il CELATO", dato che "Api" è solo un altro nome perindicare Saturno (il nome Api in egiziano è Epi o Api, che provieneevidentemente dal caldeo "Ap", "coprire"; in egiziano "Ap" significa"nascondere"). La vacca di Athor comunque, la divinità femminilecorrispondente ad Api, è ben nota come la "vacca macchiata", ed è singolare chei Druidi della Britannia adorassero pure una "vacca macchiata". Per quanto siararo, comunque, trovare un esempio di vitello o giovane toro deificatorappresentato con le macchie, vi è l'evidenza ancora attuale che anche esso fossealcune volte rappresentato così. La fig. 20 raffigura tale divinità, copiata dalCol. Hamilton Smith "dalla collezione originale fatta dagli artisti dell'istitutofrancese del Cairo". Quando scopriamo che Osiride, il grande Dio d'Egitto, sottoforme differenti era così abbigliato con una pelle di leopardo, o con un abitomaculato, e che l'abito di pelle di leopardo era parte indispensabile degli abitisacri del sommo sacerdote, possiamo esser certi che vi sia un significatoprofondo in tale costume. E quale potrebbe essere tale significato se non quellodi identificare Osiride con il dio babilonese, che era celebrato come"l'addomesticatore dei leopardi", e che era adorato anche come Nino, il "figlio",nelle braccia di sua madre?

Osiride insembianze dinegro

171 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 171L e D u e B a b i l o n i edevoti all'adorazione del dio straniero che egli aveva introdotto nella ChiesaCristiana. Gratitudine e proprio interesse similmente cospirarono a questo.Giovenale e tutti coloro che resistettero alle idee e pratiche pagane furono sco-municati e perseguitati, solo quelli che furono sinceramente fedeli all'apostasiaerano favoriti e avvantaggiati e nessuno poteva esserlo più dei pagani, tali uomi-ni furono mandati da Roma in ogni direzione, fino in Britagnia per ripristinare ilregno del Paganesimo; essi furono magnificati con alti titoli, le terre vennerodivise tra di loro e tutto per promuovere l'aumento delle papiste diocesi portando"L'Obolo di Pietro" dall'estremità della terra al Pontefice Romano. Ma non saràmai abbastanza detto che il rè automagnificandosi doveva:

"Onorare un dio che i suoi padri non conoscevano con oro, argento epietre preziose".

Il principio sul quale era basata la transustanziazione è un indiscutibile principiobabilonese ma non vi è testimonianza che questo principio fosse applicato nellostesso senso in cui e stato applicato dai Cattolici.Abbiamo testimonianza che certamente mai un'ostia, come quella dell'adorazio-ne cattolica, fu adorata nella Roma pagana."Fu mai un uomo così matto" dice Cicerone “da essere divinatore romano e sa-cerdote, fu un uomo così matto da considerare ciò di cui si nutre un dio?"Cicerone non avrebbe parlato così se qualche cosa di simile ad un'ostia fossestata istituita a Roma. Ma ciò che fu troppo assurdo per i Romani pagani non loè affatto per il Papa. L'ostia, o ostia consacrata, è il grande dio della Chiesa Ro-mana. Quell'ostia è rinchiusa in una scatola adorna di oro, argento e pietre pre-ziose, e così è chiaro che "Un dio che i padri non conoscevano" è colui che oggipersino i Papi pagani onorano secondo il modo e nei termini della profezia. Co-sì, sotto ogni aspetto, quando il Papa fu investito del titolo pagano di Pontefice efece una realtà di questo titolo lui adempì esattamente la profezia di Danielescritta più di novecento anni prima. Ma ritorniamo ai simboli apocalittici. Fudalla bocca del dragone infuocato che defluì il fiume di acqua. Il Papa alla finedel IV secolo era, come lo è ora il solo rappresentante sulla terra di Belshazzar,o Nimrod perciò i pagani lo accettarono come tale. Egli era ugualmente e natu-ralmente il legittimo successore del romano dragone di fuoco. Quando poi, es-sendo deificato con il titolo di Pontefice, si mise a divulgare la vecchia dottrinababilonese della rigenerazione battesimale, quello fu proprio un compimentodiretto e formale dell'adempimento delle parole divine che il grande dragone difuoco "avrebbe emesso un fiume di acqua dalla sua bocca per portare via la don-na". Lui e quelli che con lui cooperavano in questa causa, prepararono il terrenoper erigere quel tremendo dispotismo civile e spirituale che cominciò a diffon-dersi in Europa nel 606 A.D. Tra gli sconvolgimenti e le confusioni delle nazio-ni, agitate come un mare in tempesta, il Papa di Roma fu eletto Vescovo Univer-sale, e i dieci regni principali dell'Europa lo riconobbero come Vicario di Cristosulla terra, il solo centro di unità, la sola fonte di stabilità per i loro troni. Poicon le sue stesse azioni e con il consenso del PAGANESIMO UNIVERSALE di Romadivenne effettivamente il rappresentante di Dagon, come lui oggi porta sul capola mitra di Dagon, e c'è ragione di credere che la portasse anche allora. Potrebbeallora esserci un più preciso adempimento di Rivelazione 13:1 : "Ed esso stettefermo sulla sabbia del mare. E vidi ascendere dal mare una bestia selvaggia, condieci corna e sette teste, e sulle sue corna dieci diademi, ma sulle teste nomiblasfemi... e vidi una delle sue teste come scannata a morte, ma la sua piaga

mortale fu sanata, e tutta la terra seguì la bestia selvaggia con ammirazione".

SEZIONE IIILA BESTIA DALLA TERRA

Questa bestia ci viene presentata in Rivelazione 13:11: "E vidi un'altra bestiaselvaggia ascendere dalla terra e aveva due corna simili a quelle di agnello, maparlava come un dragone".Nonostante questa bestia sia menzionata dopo la bestia ascesa dal mare, non èdetto che abbia cominciato ad esistere dopo la bestia del mare. L'opera che fecesembra mostrare proprio il contrario poiché, con il suo aiuto, il genere umano èguidato all'adorazione della prima bestia dopo che quella bestia ebbe ricevuto laferita mortale, il che mostra che debba essere esistita prima. La ragione per laquale viene menzionata per seconda è perché, poiché esercitatutti i poteri della prima bestia e conduce gli uomini alla suaadorazione, essa non poteva essere descritta precisamentefino a che quella bestia non fosse apparsa sulla scena. Vi eranell'antica Caldea un tipo simile a questa. Questo dio erachiamato in babilonese Nebo, in Egitto Nub o Num, tra i Ro-mani Numa, per Numa Pompilio, il grande sacerdote-re deiRomani, dove occupava precisamente la posizione del babilo-nese Nebo.Tra gli Etruschi, dai quali i Romani derivavano la maggiorparte dei loro riti, era chiamato Tages e di questo Tages vieneparticolarmente ricordato che, proprio come Giovanni vide, labestia che stiamo considerando "ascendere dalla terra," cosìTages era un bambino nato improvvisamente e miracolosa-mente da un solco o da un buco nel terreno. In Egitto questodio era rappresentato con la testa e le corna di un ariete. (Fig.55)In Etruria sembra sia stato rappresentato in modo simile. Poi-ché lì troviamo un bambino divino e miracoloso che ha le cornadi un ariete. (Fig. 56)II nome Nebo, il grande distintivo di questo dio. significa ''IlProfeta" e come tale dava oracoli, proferiva divinazioni, vantavamiracolosi poteri, ed era esperto in arti magiche. Egli era ilgrande taumaturgo e rispondeva esattamente ai termini dellaprofezia di Rivelazione 13:13 dove viene detto: "E compiegrandi segni, così che farebbe scendere perfino fuoco dal ciclosulla terra dinnanzi al genere umano". E' sotto questo aspettoche il Tages etrusco era conosciuto, poiché fu detto che egliavesse insegnato ai divinatori romani, sia tutte le superstizioniche i raggiri connessi all'arte taumaturgica. Come ai nostri gior-ni sentiamo parlare di immagini e di Madonne piangenti e diinnumerevoli altri prodigi che continuamente avvengono nellaChiesa Romana per sostenere i dogma papali, così era anche nelsistema babilonese. Difficilmente vi è una forma di "pia frode"o di santa impostura praticata in questi giorni sulle rive del Te-

Dio egiziano ragein forma di ca-prone

dio etrusco rap-presentato simil-

mente

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170 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 170L e D u e B a b i l o n i edevoti all'adorazione del dio straniero che egli aveva introdotto nella ChiesaCristiana. Gratitudine e proprio interesse similmente cospirarono a questo.Giovenale e tutti coloro che resistettero alle idee e pratiche pagane furono sco-municati e perseguitati, solo quelli che furono sinceramente fedeli all'apostasiaerano favoriti e avvantaggiati e nessuno poteva esserlo più dei pagani, tali uomi-ni furono mandati da Roma in ogni direzione, fino in Britagnia per ripristinare ilregno del Paganesimo; essi furono magnificati con alti titoli, le terre vennerodivise tra di loro e tutto per promuovere l'aumento delle papiste diocesi portando"L'Obolo di Pietro" dall'estremità della terra al Pontefice Romano. Ma non saràmai abbastanza detto che il rè automagnificandosi doveva:

"Onorare un dio che i suoi padri non conoscevano con oro, argento epietre preziose".

Il principio sul quale era basata la transustanziazione è un indiscutibile principiobabilonese ma non vi è testimonianza che questo principio fosse applicato nellostesso senso in cui e stato applicato dai Cattolici.Abbiamo testimonianza che certamente mai un'ostia, come quella dell'adorazio-ne cattolica, fu adorata nella Roma pagana."Fu mai un uomo così matto" dice Cicerone “da essere divinatore romano e sa-cerdote, fu un uomo così matto da considerare ciò di cui si nutre un dio?"Cicerone non avrebbe parlato così se qualche cosa di simile ad un'ostia fossestata istituita a Roma. Ma ciò che fu troppo assurdo per i Romani pagani non loè affatto per il Papa. L'ostia, o ostia consacrata, è il grande dio della Chiesa Ro-mana. Quell'ostia è rinchiusa in una scatola adorna di oro, argento e pietre pre-ziose, e così è chiaro che "Un dio che i padri non conoscevano" è colui che oggipersino i Papi pagani onorano secondo il modo e nei termini della profezia. Co-sì, sotto ogni aspetto, quando il Papa fu investito del titolo pagano di Pontefice efece una realtà di questo titolo lui adempì esattamente la profezia di Danielescritta più di novecento anni prima. Ma ritorniamo ai simboli apocalittici. Fudalla bocca del dragone infuocato che defluì il fiume di acqua. Il Papa alla finedel IV secolo era, come lo è ora il solo rappresentante sulla terra di Belshazzar,o Nimrod perciò i pagani lo accettarono come tale. Egli era ugualmente e natu-ralmente il legittimo successore del romano dragone di fuoco. Quando poi, es-sendo deificato con il titolo di Pontefice, si mise a divulgare la vecchia dottrinababilonese della rigenerazione battesimale, quello fu proprio un compimentodiretto e formale dell'adempimento delle parole divine che il grande dragone difuoco "avrebbe emesso un fiume di acqua dalla sua bocca per portare via la don-na". Lui e quelli che con lui cooperavano in questa causa, prepararono il terrenoper erigere quel tremendo dispotismo civile e spirituale che cominciò a diffon-dersi in Europa nel 606 A.D. Tra gli sconvolgimenti e le confusioni delle nazio-ni, agitate come un mare in tempesta, il Papa di Roma fu eletto Vescovo Univer-sale, e i dieci regni principali dell'Europa lo riconobbero come Vicario di Cristosulla terra, il solo centro di unità, la sola fonte di stabilità per i loro troni. Poicon le sue stesse azioni e con il consenso del PAGANESIMO UNIVERSALE di Romadivenne effettivamente il rappresentante di Dagon, come lui oggi porta sul capola mitra di Dagon, e c'è ragione di credere che la portasse anche allora. Potrebbeallora esserci un più preciso adempimento di Rivelazione 13:1 : "Ed esso stettefermo sulla sabbia del mare. E vidi ascendere dal mare una bestia selvaggia, condieci corna e sette teste, e sulle sue corna dieci diademi, ma sulle teste nomiblasfemi... e vidi una delle sue teste come scannata a morte, ma la sua piaga

mortale fu sanata, e tutta la terra seguì la bestia selvaggia con ammirazione".

SEZIONE IIILA BESTIA DALLA TERRA

Questa bestia ci viene presentata in Rivelazione 13:11: "E vidi un'altra bestiaselvaggia ascendere dalla terra e aveva due corna simili a quelle di agnello, maparlava come un dragone".Nonostante questa bestia sia menzionata dopo la bestia ascesa dal mare, non èdetto che abbia cominciato ad esistere dopo la bestia del mare. L'opera che fecesembra mostrare proprio il contrario poiché, con il suo aiuto, il genere umano èguidato all'adorazione della prima bestia dopo che quella bestia ebbe ricevuto laferita mortale, il che mostra che debba essere esistita prima. La ragione per laquale viene menzionata per seconda è perché, poiché esercitatutti i poteri della prima bestia e conduce gli uomini alla suaadorazione, essa non poteva essere descritta precisamentefino a che quella bestia non fosse apparsa sulla scena. Vi eranell'antica Caldea un tipo simile a questa. Questo dio erachiamato in babilonese Nebo, in Egitto Nub o Num, tra i Ro-mani Numa, per Numa Pompilio, il grande sacerdote-re deiRomani, dove occupava precisamente la posizione del babilo-nese Nebo.Tra gli Etruschi, dai quali i Romani derivavano la maggiorparte dei loro riti, era chiamato Tages e di questo Tages vieneparticolarmente ricordato che, proprio come Giovanni vide, labestia che stiamo considerando "ascendere dalla terra," cosìTages era un bambino nato improvvisamente e miracolosa-mente da un solco o da un buco nel terreno. In Egitto questodio era rappresentato con la testa e le corna di un ariete. (Fig.55)In Etruria sembra sia stato rappresentato in modo simile. Poi-ché lì troviamo un bambino divino e miracoloso che ha le cornadi un ariete. (Fig. 56)II nome Nebo, il grande distintivo di questo dio. significa ''IlProfeta" e come tale dava oracoli, proferiva divinazioni, vantavamiracolosi poteri, ed era esperto in arti magiche. Egli era ilgrande taumaturgo e rispondeva esattamente ai termini dellaprofezia di Rivelazione 13:13 dove viene detto: "E compiegrandi segni, così che farebbe scendere perfino fuoco dal ciclosulla terra dinnanzi al genere umano". E' sotto questo aspettoche il Tages etrusco era conosciuto, poiché fu detto che egliavesse insegnato ai divinatori romani, sia tutte le superstizioniche i raggiri connessi all'arte taumaturgica. Come ai nostri gior-ni sentiamo parlare di immagini e di Madonne piangenti e diinnumerevoli altri prodigi che continuamente avvengono nellaChiesa Romana per sostenere i dogma papali, così era anche nelsistema babilonese. Difficilmente vi è una forma di "pia frode"o di santa impostura praticata in questi giorni sulle rive del Te-

Dio egiziano ragein forma di ca-prone

dio etrusco rap-presentato simil-

mente

39 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 39L e D u e B a b i l o n i esistemi misterici dell'egiziana Iside, la dea madre, o la moglie di Osiride. Ma ciòche avrebbe condotto all'unione di un corpo Massonico con questi Misteri, nonavrebbe dovuto avere particolari riferimenti all'architettura e, il dio che eraadorato in essi, non sarebbe stato celebrato per il suo successo nelperfezionamento delle arti delle fortificazioni e delle costruzioni? Ora, se le cosestanno così, considerando la relazioe in cui, come abbiamo già visto, l'Egittostava a Babilonia, chi sarebbe stato considerato, naturalmente, come il grandepatrono dell'arte massonica? È molto probabile che tale uomo sia stato Nimrod.Egli fu il primo che si guadagnò fama in tal modo. Come figlio della dea madrebabilonese, egli fu adorato nelle vesti di Ala-maozim, "II dio delle fortezze".Osiride, similmente il figlio della madonna egiziana, era egualmente celebratocome "il forte capo delle costruzioni". Questo forte capo delle costruzioni eraoriginariamente adorato in Egitto con ogni caratteristica fisica di Nimrod. Hogià reso noto il fatto che Nimrod, come figlio di Cus, era negro. Vi era pertantouna tradizione in Egitto, ricordata da Plutarco, secondo la quale “Osiride eranero”, che, in un paese dove generalmente la pelle era piuttosto scura, deve averindicato qualcosa di più dell'ordinario nel colore della sua pelle. Plutarco inoltreafferma che Orus, il figlio di Osiride "era di piacevole complessione" ed eracosì, in prevalenza, che veniva rappresentato Osiride. Ma abbiamo l'evidenzainequivocabile che Osiride, il figlio e marito della grande dea regina d'Egitto,era rappresentato come un vero e proprio negro. In Wilkinson si può trovare unasua rappresentazione (Fig. 18) con le inconfondibili caratteristiche di un genuinocusista o negro. Bunsen pensa che si tratti di una semplice importazione casualeda alcune tribù barbare ma gli abiti di cui è rivestito questo negro parlano inmodo differente, tale abbigliamento lo mette in relazione con Nimrod. QuestoOsiride con caratteristiche negroidi è abbigliato dalla testa ai piedi con un abitomaculato, la cui parte superiore ha una pelle di leopardo e quella inferiore,essendo pure maculata, vi corrisponde. Ora il nome Nimrod2 significa "domatoredel leopardo". Questo non sembra implicare che Nimrod abbia guadagnato famadomando il cavallo e impiegandolo nella caccia la sua fama di cacciatore sibaserebbe principalmente su l'aver inventato l'arte di farsi aiutare dal leopardonel cacciare le altre bestie selvagge. Una specie particolare di leopardodomestico è usata fino ad oggi in India per la caccia; e di Bagajet I, l'imperatoreMogol dell'India, si ricorda che nei suoi padiglioni di caccia avesse non solocani da caccia di varie razze, ma anche leopardi, i cui "collari erano adorni digioielli". Sulle parole del profeta Abacuc, cp. 1:8, "più veloci dei leopardi",Kitto ha fatto la seguente osservazione: "La velocità del leopardo è proverbialein tutti i paesi in cui esso vive. Ciò, unito alle altre sue qualità, in oriente, hafatto si che si potesse parzialmente addestrarlo, cioè che potesse essereimpiegato nella caccia... Adesso i leopardi vengono difficilmente usati per lacaccia nell'Asia Occidentale, tranne che dai re o da governatori; ma sono moltopiù comuni nelle parti orientali dell'Asia. Orosio narra che uno di questi fuspedito dal re del Portogallo al Papa e causò un grande stupore per la maniera ela facilità con la quale uccideva cervi e orsi selvatici. Le Bruyn menziona unleopardo di proprietà del Pascià che governava Gaza e altri territori dell'anticaPalestina e che veniva spesso impiegato nella caccia agli sciacalli. Ma è in Indiache il Cita, o leopardo cacciatore, è impiegato più frequentemente ed è osservatonella perfezione della sua potenza. Quest'abitudine di addomesticare il leopardoe di utilizzarlo in tal modo al servizio dell'uomo, si può far risalire ai primi

tempi dell'antichità primordiale. Nelle parole di Sir William Jones, troviamoche, da un'antica leggenda persiana, egli afferma che Hoshang, il padre diThamurs, che costruì Babilonia, fu "il primo che impiegò cani eleopardi per cacciare". Poiché Thamurs, che edificò Babilonia,non può essere altri che Nimrod, questa leggenda semplicementeattriuisce a suo padre, come fa comprendere il nome, ciò che inrealtà egli stesso aveva fatto. Quindi, allo stesso modo in cui ildio classico rivestito dalla pelle del leone e da ciò identificato inErcole, l'uccisore del leone, così similmente, il dio abbigliato conla pelle di leopardo sarebbe identificato naturalmente conNimrod, il "domatore dei leopardi". Che tale pelle del leopardo,appartenente al dio egiziano, non fosse una cosa occasionale, èchiaramente dimostrato. Wilkinson ci narra che, nelle grandioccasioni in cui il sommo sacerdote egiziano era chiamato adofficiare, era indispensabile che indossasse, come paramento delsuo ufficio, la pelle del leopardo (Fig. 19). Poiché è un principiouniversale di tutte le idolatrie che i sommi sacerdoti portino leinsegne del dio che servono, ciò indica l'importanza che la pellemaculata deve aver avuto quale simbolo del dio stesso.Il modo ordinario in cui era rappresentata misticamente lafavorita divinità egiziana, Osiride, era quello di un giovane toro ovitello - il bue Api - da cui fu tratto il vitello d'oro di Israele. Viera un motivo per cui quel vitello non appare comunemente nel simboloappropriato del dio che rappresenta, poiché tale vitello rappresenta la divinitànelle vesti di saturno "il CELATO", dato che "Api" è solo un altro nome perindicare Saturno (il nome Api in egiziano è Epi o Api, che provieneevidentemente dal caldeo "Ap", "coprire"; in egiziano "Ap" significa"nascondere"). La vacca di Athor comunque, la divinità femminilecorrispondente ad Api, è ben nota come la "vacca macchiata", ed è singolare chei Druidi della Britannia adorassero pure una "vacca macchiata". Per quanto siararo, comunque, trovare un esempio di vitello o giovane toro deificatorappresentato con le macchie, vi è l'evidenza ancora attuale che anche esso fossealcune volte rappresentato così. La fig. 20 raffigura tale divinità, copiata dalCol. Hamilton Smith "dalla collezione originale fatta dagli artisti dell'istitutofrancese del Cairo". Quando scopriamo che Osiride, il grande Dio d'Egitto, sottoforme differenti era così abbigliato con una pelle di leopardo, o con un abitomaculato, e che l'abito di pelle di leopardo era parte indispensabile degli abitisacri del sommo sacerdote, possiamo esser certi che vi sia un significatoprofondo in tale costume. E quale potrebbe essere tale significato se non quellodi identificare Osiride con il dio babilonese, che era celebrato come"l'addomesticatore dei leopardi", e che era adorato anche come Nino, il "figlio",nelle braccia di sua madre?

Osiride insembianze dinegro

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40 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 40L e D u e B a b i l o n i eSOTTOSEZIONE III

IL FIGLIO IN GRECIA

Altrettanto in Egitto. Recandoci in Grecia non solo troviamol'evidenza delle stesse cose, ma tale evidenza si fa più forte. Il dioadorato come bambino nelle braccia di sua madre in Grecia, colnome di Dionisio, o Bacco o lacco, è, dagli antichi ricercatori,identificato espressamente con l'egiziano Osiride (Fig. 20). E ilcaso di Erodoto, che aveva proseguito le sue ricerche nello stessoEgitto e che parla sempre di Osiride come di Bacco. Lo stessofine si propone la testimonianza di Diodoro Siculo. "Orfeo", eglidice, "introdusse dall'Egitto la maggior parte delle cerimoniemistiche, le orge che celebravano i vagabondaggi di Cerere e tuttele leggende di cui abbiamo parlato. I riti di Osiride e di Baccosono gli stessi: quelli di Iside e di Cerere (Demetra) siassomigliano esattamente l'un l'altro, eccetto che per il nome".Orbene, a identificare Bacco con Nimrod "il domatore dei

leopardi", dei leopardi erano impiegati per tirare il suo carro; egli stesso erarappresentato vestito d'una pelle di leopardo; i suoi sacerdoti erano abbigliatisimilmente o, quando non era disponibile una pelle di leopardo, veniva usatocome abito sacerdotale la pelle maculata di un cerbiatto. Tale abitudined'indossare la pelle maculata del cerbiatto sembra sia stata originariamenteimportata in Grecia dall'Assiria, dove il cerbiatto maculato era un sacroemblema, come apprendiamo dalle sculture di Ninive; infatti ivi troviamo unadivinità che porta un cerbiatto maculato o un daino a macchie nelle sue braccia,come simbolo di significato misterioso (Fig. 21). L'origine dell'importanzaattribuita al cerbiatto maculato e alla sua pelle è evidentemente la seguente:quando Nimrod, in qualità di "domatore di leopardi", cominciò a rivestirsi diuna pelle di leopardo, come trofeo della sua abilità, il suo abito maculato e il suoaspetto dovettero colpire l'immaginazione di coloro che lo videro; ed eglidovette essere chiamato non solo "il domatore del maculato" (poiché questo è ilpreciso significato di Nimr - il nome del leopardo), ma dovette egli stesso esserchiamato il "maculato". Abbiamo a questo riguardo delle evidenze, fornite daDamaselo, il quale narra che i babilonesi chiamavano "il figlio unico" dellagrande dea madre Momis o Moumis. Orbene, Momis o Moumis, in caldeo,

come Nimr, significa "il maculato". Così quindi, divennefacile rappresentare Nimrod con il simbolo del "cerbiattomaculato" specialmente in Grecia e ovunque prevalesseuna pronuncia simile a quella greca. Il nome Nimrod inGrecia era conosciuto come Nebrod. Il nome delcerbiatto, poiché è il "maculato" ,in Grecia era Nebros, ecosì nulla potrebbe essere più naturale che Nebros, il"cerbiatto maculato" divenisse sinonimo dello stessoNebrod. Quando, perciò, il Bacco greco fu simboleggiato

da Nebros, il "cerbiatto maculato", come abbiamo già visto, quale miglioreraffigurazione sarebbe stata adottata per identificarlo con Nimrod?Abbiamo l'evidenza che tale dio, il cui emblema era il Nebros, fosse conosciutocon gli stessi tratti di Nimrod. Da Anacreonte, apprendiamo che il titolo di

Sommosacerdote

egiziano conpelle di

leopardo.

Idolo di bue egiziano.

Bacco era Aitiopais; cioè "il figlio di Etiope". Ma chi era Etiope? Poiché glietiopi erano cusiti l'Etiope era Cus. "Cus", dice Eusebio, "Fu colui dal qualeprovennero gli etiopi". La testimonianza di Giuseppe ci dice la stessa cosa. Inqualità di padre degli etiopi, Cus era l'etiope per eccellenza. Perciò Epifanie,riferendosi all'origine di Nimrod, così si esprime: "Nimrod, ilfiglio di Cus, l'etiope". Orbene, poiché Bacco era figlio di Etiope,o Cus, egli era per questo rappresentato esteriormente con talicaratteristiche. In qualità di Nin "il figlio", era raffigurato comeun giovane o un fanciullo; e tale giovane o fanciullo erageneralmente raffigurato con una coppa in mano. Tale coppa lorappresentava agli occhi della moltitudine come il diodell'ubriachezza e delle gozzoviglie; e non v'è dubbio che digozzoviglie, nelle sue orge, ve ne fossero in abbondanza; mabisogna tener presente che, dopo tutto, la coppa eraprincipalmente un geroglifico, e cioè quello del nome di dio. Ilnome della coppa, nel linguaggio sacro, era Khus, e così la coppanelle mani del giovane Bacco il figlio di Etiope, mostrava che egli era il giovaneCus, o il figlio di Cus. Nella figura (Fig. 22) la coppa nella destra di Bacco ètenuta in maniera significativa in modo tale da suggerire che si tratti di unsimbolo; e anche del ramo nell'altra mano abbiamo l'espressa testimonianza chesi tratti di un simbolo. Ma è degno di menzione che il ramo non ci permette diidentificarne la sua specie. Deve perciò trattarsi di un emblema generico, di unramo, o un simbolo di un ramo in generale e, di conseguenza, la coppadev'essere un suo complemento che serve a identificarlo specificamente. I duesimboli devono essere letti insieme e, così leggendo, essi sono equivalenti a il"Ramo di Cusa" cioè "il figlio di Cusa" 1. Vi è un altro geroglifico connesso aBacco che è una conferma non indifferente di quanto abbiamo detto, cioè ilramo dell'Edera. Ovunque avessero luogo i riti di Bacco, ovunque fosserocelebrate le sue orge, è certo che appare l'edera. L'edera in una forma o inun'altra, era essenziale in queste celebrazioni. I devoti la portavano nelle loromani, legata intorno alla testa o ne avevano indelebilmente impressa addossouna foglia. Qualunque ne sia stato l'uso, quale potrebbe essere stato ilsignificato? Poche parole basteranno a mostrarlo. In primo luogo abbiamol'evidenza che kissos, il nome greco dell'edera era uno dei nomi di Bacco;sebbene il nome di Cus nella sua forma corretta, fosse noto ai sacerdoti deiMisteri, tuttavia la forma conosciuta mediante la quale erapronunciato il nome dei suoi discendenti, i Cusisti, non erasecondo l'uso orientale, ma era "kissaioi" o "kissioi". Così,Strabene parlando degli abitanti di Susa, che erano il popolodel Cusistan, o l'antico paese di Cus, dice: "I Susiani sonochiamati kissioi", il che, oltre ogni dubbio, vuol dire i Cusiti.Ordunque, se i kissioi sono i cusiti, kissos è senza dubbio Cus.Quindi il ramo d'edera che occupava un posto così rilevante intutte le celebrazioni dei baccanali era un chiaro simbolo dellostesso Bacco; poiché Esichio ci assicura che Bacco, come loraffigurano i suoi sacerdoti, era conosciuto nei Misteri come"il ramo". Da ciò si comprende come Kissos, il nome grecodell'edera, divenisse il nome di Bacco. In qualità di figlio diCusa, è alcune volte identificato con lui, egli era a volte

Scultura diNinive.

Figura di Baccocon coppa.

169 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 169L e D u e B a b i l o n i egione furono gradualmente ridotti al modello di immaginazione i riti e le ceri-monie furono introdotti per provocare i sensi del volgo". All'inizio del V secoloTertulliano fu repentinamente resuscitato dalla morte per assistere alla festa diqualche santo popolare e martire e potè essere guardato fissamente con sbalordi-mento ed indignazione nello spettacolo profano che raggiunse la fama della purae spirituale adorazione della congregazione cristiana. Il più presto possibile leporte delle chiese furono spalancate ed essi dovettero offendere con il fumo del-l'incenso, il profumo dei fiori, il riverbero della luce e delle candele, che diffuse-ro nell'apogeo uno sgargiante e nel loro giudizio sacrileghe luci. Gibbon ha mol-to di più per lo stesso effetto. Può adesso qualcuno credere che questo fu acci-dentale? No. Esso evidentemente fu il risultato di una disonesta politica dellaquale, nel corso di questa indagine, noi abbiamo così innumerevoli esempi daparte del papato. Il papa Damasus vide che nella città preminentemente guarda-vano all'idolatria e se egli voleva mantenere il Vangelo puro ed integro, dovevaessere disposto a sorreggere e portare la croce per affrontare l'odio e la malvagi-tà e sopportare la durezza come i buoni seguaci di Gesù Cristo. Egualmente videche, portando il titolo attorno al quale per così tanti anni, furono racchiuse tuttele speranze e le emozioni del paganesimo, avrebbe dovuto dare ai suoi votantiragione di credere che desiderava agire in conformità dell'originale spirito diquel titolo, potendo contare sulla popolarità, grandezza e gloria.Quale alternativa avrebbe verosimilmente scelto Damasus? L'uomo che vienenel vescovato di Roma, come un ladro e un dominatore sopra i cadaveri di uncentinaio di suoi oppositori non avrebbe certo esitato sulla scelta che avrebbedovuto fare. Il risultato evidenzia che aveva agito in modo, assumendo il titolopagano di pontefice sottoponendosi a qualsiasi sacrificio del vero che giustifichila sua rivendicazione del titolo agli occhi dei pagani, come il legittimo rappre-sentante della lunga discendenza dei Pontefici. Non vi è possibilità di considera-zione per i fatti in nessuna altra supposizione. È anche evidente che lui ed i suoisuccessori furono accettati in quel modo dai pagani che, raccogliendosi nellachiesa romana e radunandosi attorno al nuovo pontefice, non vollero cambiare illoro credo o adorazione ma lo introdussero nella chiesa. Il lettore ha visto quan-to perfetta e completa sia la copia del Paganesimo Babilonese che è stato intro-dotto, sotto il patronato dei papi, nella chiesa romana.Egli ha visto che il Dio che il papato adora come il Figlio dell'Altissimo, nono-stante l'ordine divino, non è adorato solamente sotto la forma di immagine comenei giorni del dichiarato paganesimo, con arte ed espedienti umani, ma quegliattributi furono ascritti a Colui che era il vero opposto di quelli che apparteneva-no al misericordioso Salvatore, ma le cui qualità sono precisamente quelle chefurono ascritte a Moloc il dio del fuoco o Ala Mahozim, il dio delle fortezze.Proprio nel tempo in cui, il vescovo di Roma fu investito del titolo di pontefice,il Salvatore cominciò ad essere chiamato Icthys o il Pesce, identificandolo in talmodo con Dagon, o il dio Pesce, e che da allora avanzando, passo dopo passo,quando le circostanze lo permettevano, ciò che era andato sotto il nome dell'ado-razione di Cristo era proprio stata l'adorazione di quella stessa divinità babilone-se con tutti i suoi riti, sfarzi, e cerimonie, precisamente come nell'antica Babilo-nia.Infine ha visto che, il sovrano pontefice della chiesa cristiana di Roma ha pro-gettato il titolo concessogli alla fine del IV' secolo così da essere nobilitalo comelo era stato per secoli con il vero nome blasfemo, originariamente concesso ai

vecchi pontefici Babilonesi.Adesso, se le circostanze in cui il Papa ha raggiunto tutto questo culmine di po-tere ed assunzione blasfema, fossero paragonate alla predizione di Daniele, cheper mancanza della vera chiave (interpretazione) non è mai stata compresa, iopenso che il lettore vedrà adesso letteralmente nella storia dei papi di Roma chequella predizione è stata adempiuta.La predizione alla quale io alludo o quella che si riferisce a ciò che comunemen-te è detto "Ostinato Re", come descritto in Daniele 11:36 e successivi versi.Questo "Ostinato Re" tutto ammette sia il Re che sorse al tempo dei Vangeli enel Regno di Cristo è generalmente supposto sia un Infedele Anticristo, non soloopponendosi alla verità ma, opponendosi anche al Cattolicesimo e a qualsiasicosa solo abbia assunto il nome di Cristianesimo.Ma ora leggiamo la predizione alla luce dei fatti che altri hanno già passato inrassegna prima di noi e potremmo vedere la reale differenza nell'avvenimento.Daniele 11:36-37: "E il re veramente farà secondo la sua propria volontà, e siesalterà e si magnificherà al di sopra di ogni dio; e pronuncerà cose meraviglio-se contro l'Iddio degli dei. E certamente avrà successo finché la denuncia nonsia giunta a compimento; perché la cosa decisa deve farsi. E non prenderà inconsiderazione il desiderio delle donne e ogni altro dio, ma si magnificherà suchiunque". Le parole danno una esatta descrizione del Cattolicesimo con la pro-pria superbia, la propria bestemmia, la costrizione al celibato ed alla verginità.Ma le parole che seguono, qualsiasi senso i commentatori abbiano loro dato,non è stato finora possibile accordarle ne con le teorie che il Papa aveva intesone con altre. Comunque intendiamole soltanto letteralmente e paragoniamolecon la storia papale e tutto sarà chiaro, consistente, armonioso.L’ispirato profeta ha dichiaralo che nella Chiesa di Cristo sarebbe sorto qualcu-no che non solo avrebbe agognato grandi altezze ma le avrebbe raggiunte cosìche avrebbe agito secondo la sua volontà e il suo desiderio, sarebbe stato supre-mo in opposizione alla legge umana e Divina. Adesso se questo re deve essere ilpreteso successore dell'uomo-pesce della Galilea, nascerebbe sicuramente unaquestione. Come può essere possibile che egli abbia mai avuto i mezzi per a-scendere a tale potere? Le parole che seguono danno una precisa risposta a que-sta domanda: "Non considererà alcun dio perché si innalzerà sopra tutte le cose.Ma onorerà Ala Mahozim, il dio delle fortezze, un dio sconosciuto ai suoi padrie l'onorerà con l'argento, con l'oro e con le pietre preziose e con altre cose dipregio e farà si di difenderlo con un dio straniero e quelli che lo riconoscerannoli colmerà di onori, darà loro potestà sopra molti, e distribuirà gratuitamente laterra". Così è la profezia. Questo e esattamente quello che fece il Papa.La propria espansione e sempre stata il principio della Cristianità e nella propriaafferma/ione era veramente il "Dio delle fortezze" che adorava.L'adorazione di quel dio che egli introdusse nella chiesa romana e, così facendoconvertì quello che altrimenti sarebbe stato per lui fonte di vulnerabilità proprioai culmine della sua forza e l'esatto Paganesimo di Roma, con il quale fu sorrettala roccaforte del suo potere.Una volta provato che il Papa era disposto ad adottare il Paganesimo sotto ilnome di Cristo, i pagani e i sacerdoti pagani per la maggior parte furono i fedelie contenti difensori. Quando il Papa cominciò ad esercitare un imponente poteresui Cristiani, quali sarebbero stati gli uomini che avrebbe raccomandato, cheavrebbe promosso, che avrebbe portato all'onore e al potere? Esattamente i più

Page 41: Libro Due Babilonie

168 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 168L e D u e B a b i l o n i egione furono gradualmente ridotti al modello di immaginazione i riti e le ceri-monie furono introdotti per provocare i sensi del volgo". All'inizio del V secoloTertulliano fu repentinamente resuscitato dalla morte per assistere alla festa diqualche santo popolare e martire e potè essere guardato fissamente con sbalordi-mento ed indignazione nello spettacolo profano che raggiunse la fama della purae spirituale adorazione della congregazione cristiana. Il più presto possibile leporte delle chiese furono spalancate ed essi dovettero offendere con il fumo del-l'incenso, il profumo dei fiori, il riverbero della luce e delle candele, che diffuse-ro nell'apogeo uno sgargiante e nel loro giudizio sacrileghe luci. Gibbon ha mol-to di più per lo stesso effetto. Può adesso qualcuno credere che questo fu acci-dentale? No. Esso evidentemente fu il risultato di una disonesta politica dellaquale, nel corso di questa indagine, noi abbiamo così innumerevoli esempi daparte del papato. Il papa Damasus vide che nella città preminentemente guarda-vano all'idolatria e se egli voleva mantenere il Vangelo puro ed integro, dovevaessere disposto a sorreggere e portare la croce per affrontare l'odio e la malvagi-tà e sopportare la durezza come i buoni seguaci di Gesù Cristo. Egualmente videche, portando il titolo attorno al quale per così tanti anni, furono racchiuse tuttele speranze e le emozioni del paganesimo, avrebbe dovuto dare ai suoi votantiragione di credere che desiderava agire in conformità dell'originale spirito diquel titolo, potendo contare sulla popolarità, grandezza e gloria.Quale alternativa avrebbe verosimilmente scelto Damasus? L'uomo che vienenel vescovato di Roma, come un ladro e un dominatore sopra i cadaveri di uncentinaio di suoi oppositori non avrebbe certo esitato sulla scelta che avrebbedovuto fare. Il risultato evidenzia che aveva agito in modo, assumendo il titolopagano di pontefice sottoponendosi a qualsiasi sacrificio del vero che giustifichila sua rivendicazione del titolo agli occhi dei pagani, come il legittimo rappre-sentante della lunga discendenza dei Pontefici. Non vi è possibilità di considera-zione per i fatti in nessuna altra supposizione. È anche evidente che lui ed i suoisuccessori furono accettati in quel modo dai pagani che, raccogliendosi nellachiesa romana e radunandosi attorno al nuovo pontefice, non vollero cambiare illoro credo o adorazione ma lo introdussero nella chiesa. Il lettore ha visto quan-to perfetta e completa sia la copia del Paganesimo Babilonese che è stato intro-dotto, sotto il patronato dei papi, nella chiesa romana.Egli ha visto che il Dio che il papato adora come il Figlio dell'Altissimo, nono-stante l'ordine divino, non è adorato solamente sotto la forma di immagine comenei giorni del dichiarato paganesimo, con arte ed espedienti umani, ma quegliattributi furono ascritti a Colui che era il vero opposto di quelli che apparteneva-no al misericordioso Salvatore, ma le cui qualità sono precisamente quelle chefurono ascritte a Moloc il dio del fuoco o Ala Mahozim, il dio delle fortezze.Proprio nel tempo in cui, il vescovo di Roma fu investito del titolo di pontefice,il Salvatore cominciò ad essere chiamato Icthys o il Pesce, identificandolo in talmodo con Dagon, o il dio Pesce, e che da allora avanzando, passo dopo passo,quando le circostanze lo permettevano, ciò che era andato sotto il nome dell'ado-razione di Cristo era proprio stata l'adorazione di quella stessa divinità babilone-se con tutti i suoi riti, sfarzi, e cerimonie, precisamente come nell'antica Babilo-nia.Infine ha visto che, il sovrano pontefice della chiesa cristiana di Roma ha pro-gettato il titolo concessogli alla fine del IV' secolo così da essere nobilitalo comelo era stato per secoli con il vero nome blasfemo, originariamente concesso ai

vecchi pontefici Babilonesi.Adesso, se le circostanze in cui il Papa ha raggiunto tutto questo culmine di po-tere ed assunzione blasfema, fossero paragonate alla predizione di Daniele, cheper mancanza della vera chiave (interpretazione) non è mai stata compresa, iopenso che il lettore vedrà adesso letteralmente nella storia dei papi di Roma chequella predizione è stata adempiuta.La predizione alla quale io alludo o quella che si riferisce a ciò che comunemen-te è detto "Ostinato Re", come descritto in Daniele 11:36 e successivi versi.Questo "Ostinato Re" tutto ammette sia il Re che sorse al tempo dei Vangeli enel Regno di Cristo è generalmente supposto sia un Infedele Anticristo, non soloopponendosi alla verità ma, opponendosi anche al Cattolicesimo e a qualsiasicosa solo abbia assunto il nome di Cristianesimo.Ma ora leggiamo la predizione alla luce dei fatti che altri hanno già passato inrassegna prima di noi e potremmo vedere la reale differenza nell'avvenimento.Daniele 11:36-37: "E il re veramente farà secondo la sua propria volontà, e siesalterà e si magnificherà al di sopra di ogni dio; e pronuncerà cose meraviglio-se contro l'Iddio degli dei. E certamente avrà successo finché la denuncia nonsia giunta a compimento; perché la cosa decisa deve farsi. E non prenderà inconsiderazione il desiderio delle donne e ogni altro dio, ma si magnificherà suchiunque". Le parole danno una esatta descrizione del Cattolicesimo con la pro-pria superbia, la propria bestemmia, la costrizione al celibato ed alla verginità.Ma le parole che seguono, qualsiasi senso i commentatori abbiano loro dato,non è stato finora possibile accordarle ne con le teorie che il Papa aveva intesone con altre. Comunque intendiamole soltanto letteralmente e paragoniamolecon la storia papale e tutto sarà chiaro, consistente, armonioso.L’ispirato profeta ha dichiaralo che nella Chiesa di Cristo sarebbe sorto qualcu-no che non solo avrebbe agognato grandi altezze ma le avrebbe raggiunte cosìche avrebbe agito secondo la sua volontà e il suo desiderio, sarebbe stato supre-mo in opposizione alla legge umana e Divina. Adesso se questo re deve essere ilpreteso successore dell'uomo-pesce della Galilea, nascerebbe sicuramente unaquestione. Come può essere possibile che egli abbia mai avuto i mezzi per a-scendere a tale potere? Le parole che seguono danno una precisa risposta a que-sta domanda: "Non considererà alcun dio perché si innalzerà sopra tutte le cose.Ma onorerà Ala Mahozim, il dio delle fortezze, un dio sconosciuto ai suoi padrie l'onorerà con l'argento, con l'oro e con le pietre preziose e con altre cose dipregio e farà si di difenderlo con un dio straniero e quelli che lo riconoscerannoli colmerà di onori, darà loro potestà sopra molti, e distribuirà gratuitamente laterra". Così è la profezia. Questo e esattamente quello che fece il Papa.La propria espansione e sempre stata il principio della Cristianità e nella propriaafferma/ione era veramente il "Dio delle fortezze" che adorava.L'adorazione di quel dio che egli introdusse nella chiesa romana e, così facendoconvertì quello che altrimenti sarebbe stato per lui fonte di vulnerabilità proprioai culmine della sua forza e l'esatto Paganesimo di Roma, con il quale fu sorrettala roccaforte del suo potere.Una volta provato che il Papa era disposto ad adottare il Paganesimo sotto ilnome di Cristo, i pagani e i sacerdoti pagani per la maggior parte furono i fedelie contenti difensori. Quando il Papa cominciò ad esercitare un imponente poteresui Cristiani, quali sarebbero stati gli uomini che avrebbe raccomandato, cheavrebbe promosso, che avrebbe portato all'onore e al potere? Esattamente i più

41 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 41L e D u e B a b i l o n i eSOTTOSEZIONE III

IL FIGLIO IN GRECIA

Altrettanto in Egitto. Recandoci in Grecia non solo troviamol'evidenza delle stesse cose, ma tale evidenza si fa più forte. Il dioadorato come bambino nelle braccia di sua madre in Grecia, colnome di Dionisio, o Bacco o lacco, è, dagli antichi ricercatori,identificato espressamente con l'egiziano Osiride (Fig. 20). E ilcaso di Erodoto, che aveva proseguito le sue ricerche nello stessoEgitto e che parla sempre di Osiride come di Bacco. Lo stessofine si propone la testimonianza di Diodoro Siculo. "Orfeo", eglidice, "introdusse dall'Egitto la maggior parte delle cerimoniemistiche, le orge che celebravano i vagabondaggi di Cerere e tuttele leggende di cui abbiamo parlato. I riti di Osiride e di Baccosono gli stessi: quelli di Iside e di Cerere (Demetra) siassomigliano esattamente l'un l'altro, eccetto che per il nome".Orbene, a identificare Bacco con Nimrod "il domatore dei

leopardi", dei leopardi erano impiegati per tirare il suo carro; egli stesso erarappresentato vestito d'una pelle di leopardo; i suoi sacerdoti erano abbigliatisimilmente o, quando non era disponibile una pelle di leopardo, veniva usatocome abito sacerdotale la pelle maculata di un cerbiatto. Tale abitudined'indossare la pelle maculata del cerbiatto sembra sia stata originariamenteimportata in Grecia dall'Assiria, dove il cerbiatto maculato era un sacroemblema, come apprendiamo dalle sculture di Ninive; infatti ivi troviamo unadivinità che porta un cerbiatto maculato o un daino a macchie nelle sue braccia,come simbolo di significato misterioso (Fig. 21). L'origine dell'importanzaattribuita al cerbiatto maculato e alla sua pelle è evidentemente la seguente:quando Nimrod, in qualità di "domatore di leopardi", cominciò a rivestirsi diuna pelle di leopardo, come trofeo della sua abilità, il suo abito maculato e il suoaspetto dovettero colpire l'immaginazione di coloro che lo videro; ed eglidovette essere chiamato non solo "il domatore del maculato" (poiché questo è ilpreciso significato di Nimr - il nome del leopardo), ma dovette egli stesso esserchiamato il "maculato". Abbiamo a questo riguardo delle evidenze, fornite daDamaselo, il quale narra che i babilonesi chiamavano "il figlio unico" dellagrande dea madre Momis o Moumis. Orbene, Momis o Moumis, in caldeo,

come Nimr, significa "il maculato". Così quindi, divennefacile rappresentare Nimrod con il simbolo del "cerbiattomaculato" specialmente in Grecia e ovunque prevalesseuna pronuncia simile a quella greca. Il nome Nimrod inGrecia era conosciuto come Nebrod. Il nome delcerbiatto, poiché è il "maculato" ,in Grecia era Nebros, ecosì nulla potrebbe essere più naturale che Nebros, il"cerbiatto maculato" divenisse sinonimo dello stessoNebrod. Quando, perciò, il Bacco greco fu simboleggiato

da Nebros, il "cerbiatto maculato", come abbiamo già visto, quale miglioreraffigurazione sarebbe stata adottata per identificarlo con Nimrod?Abbiamo l'evidenza che tale dio, il cui emblema era il Nebros, fosse conosciutocon gli stessi tratti di Nimrod. Da Anacreonte, apprendiamo che il titolo di

Sommosacerdote

egiziano conpelle di

leopardo.

Idolo di bue egiziano.

Bacco era Aitiopais; cioè "il figlio di Etiope". Ma chi era Etiope? Poiché glietiopi erano cusiti l'Etiope era Cus. "Cus", dice Eusebio, "Fu colui dal qualeprovennero gli etiopi". La testimonianza di Giuseppe ci dice la stessa cosa. Inqualità di padre degli etiopi, Cus era l'etiope per eccellenza. Perciò Epifanie,riferendosi all'origine di Nimrod, così si esprime: "Nimrod, ilfiglio di Cus, l'etiope". Orbene, poiché Bacco era figlio di Etiope,o Cus, egli era per questo rappresentato esteriormente con talicaratteristiche. In qualità di Nin "il figlio", era raffigurato comeun giovane o un fanciullo; e tale giovane o fanciullo erageneralmente raffigurato con una coppa in mano. Tale coppa lorappresentava agli occhi della moltitudine come il diodell'ubriachezza e delle gozzoviglie; e non v'è dubbio che digozzoviglie, nelle sue orge, ve ne fossero in abbondanza; mabisogna tener presente che, dopo tutto, la coppa eraprincipalmente un geroglifico, e cioè quello del nome di dio. Ilnome della coppa, nel linguaggio sacro, era Khus, e così la coppanelle mani del giovane Bacco il figlio di Etiope, mostrava che egli era il giovaneCus, o il figlio di Cus. Nella figura (Fig. 22) la coppa nella destra di Bacco ètenuta in maniera significativa in modo tale da suggerire che si tratti di unsimbolo; e anche del ramo nell'altra mano abbiamo l'espressa testimonianza chesi tratti di un simbolo. Ma è degno di menzione che il ramo non ci permette diidentificarne la sua specie. Deve perciò trattarsi di un emblema generico, di unramo, o un simbolo di un ramo in generale e, di conseguenza, la coppadev'essere un suo complemento che serve a identificarlo specificamente. I duesimboli devono essere letti insieme e, così leggendo, essi sono equivalenti a il"Ramo di Cusa" cioè "il figlio di Cusa" 1. Vi è un altro geroglifico connesso aBacco che è una conferma non indifferente di quanto abbiamo detto, cioè ilramo dell'Edera. Ovunque avessero luogo i riti di Bacco, ovunque fosserocelebrate le sue orge, è certo che appare l'edera. L'edera in una forma o inun'altra, era essenziale in queste celebrazioni. I devoti la portavano nelle loromani, legata intorno alla testa o ne avevano indelebilmente impressa addossouna foglia. Qualunque ne sia stato l'uso, quale potrebbe essere stato ilsignificato? Poche parole basteranno a mostrarlo. In primo luogo abbiamol'evidenza che kissos, il nome greco dell'edera era uno dei nomi di Bacco;sebbene il nome di Cus nella sua forma corretta, fosse noto ai sacerdoti deiMisteri, tuttavia la forma conosciuta mediante la quale erapronunciato il nome dei suoi discendenti, i Cusisti, non erasecondo l'uso orientale, ma era "kissaioi" o "kissioi". Così,Strabene parlando degli abitanti di Susa, che erano il popolodel Cusistan, o l'antico paese di Cus, dice: "I Susiani sonochiamati kissioi", il che, oltre ogni dubbio, vuol dire i Cusiti.Ordunque, se i kissioi sono i cusiti, kissos è senza dubbio Cus.Quindi il ramo d'edera che occupava un posto così rilevante intutte le celebrazioni dei baccanali era un chiaro simbolo dellostesso Bacco; poiché Esichio ci assicura che Bacco, come loraffigurano i suoi sacerdoti, era conosciuto nei Misteri come"il ramo". Da ciò si comprende come Kissos, il nome grecodell'edera, divenisse il nome di Bacco. In qualità di figlio diCusa, è alcune volte identificato con lui, egli era a volte

Scultura diNinive.

Figura di Baccocon coppa.

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42 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 42L e D u e B a b i l o n i echiamato col nome di suo padre Kissos. La sua effettiva relazione con il padreera comunque mostrata dal ramo d'edera, poiché "il ramo di kissos", che per ilvolgare profano era solo "il ramo d'edera", per gli iniziati era "il ramo di Cus" 2.Orbene, questo dio, che era conosciuto come l'erede di Cus, era adorato con unnome che, mentre gli stava molto bene nella sua qualità di dio della vendemmiacon il quale era diffusamente conosciuto, lo descrive pure quale grandeFortificatore. Il nome era Bassareus, che, nel suo duplice significato vuol diresia "il proprietario delle uve o radunatore della vendemmia", che "colui checirconda con un muro"3 e in quest'ultimo senso identifica il dio greco conl'egiziano Osiride "il forte capo delle costruzioni", e con l'assiro "Belus, checircondò Babilonia di mura".Così dall'Assiria, dall'Egitto e dalla Grecia abbiamo una cumulativa e sovrab-bondante evidenza concorrente a dimostrare che il bambino adorato fra lebraccia della dea madre in tutti questi paesi, con le caratteristiche di Nino o Nin,"il figlio", era Nimrod, il figlio di Cus. Una caratteristica qui, una coincidenza làpossono essere state tratte da alcuni eroi successivi; ma sembra impossibiledubitare che Nimrod fosse il prototipo di quel figlio, il grande originale.La sorprendente estensione dell'adorazione di quest'uomo indica qualcosa diveramente straordinario nel suo carattere; e vi è ampia ragione di credere che alsuo giorno egli fosse molto popolare. Insediandosi in qualità di re, Nimrodinvase il sistema patriarcale e limitò la libertà del genere umano, tuttavia moltipensarono che egli avesse agito bene, ricompensandoli ampiamente per laperdita della loro libertà, e lo ricoprirono di gloria e di fama. Al tempo in cuiegli visse, le bestie selvagge della foresta si moltiplicavano più rapidamentedella razza umana, provocando grandi depredazioni fra le popolazioni disperse elontane fra loro della terra, e dovevano incutere grande timore nelle menti degliuomini. Il pericolo derivante dalla vita di queste popolazioni da una tale fontequando la popolazione era ancora esigua, spiega perché Dio stesso nonscacciasse i condannati Cananei dinanzi a Israele completamente, sebbene lamisura della loro iniquità fosse piena (Esodo 23:29,30): "Non li cacceròd'innanzi a tè in un anno, affinchè il paese non divenga una distesa desolata e lebestie selvagge del campo non si moltiplicano realmente contro di tè. Li cacceròd'innanzi a tè un po' alla volta, finché tu divenga fecondo e realmente prendapossesso del paese". I successi di Nimrod nel cacciare le bestie selvagge dalcampo, e nel liberare il mondo dai mostri, devono avergli ottenuto la nomina dipreminente benefattore della sua razza. Con tali mezzi, non meno che con lebande al suo seguito, egli aumentò il suo potere, quando per primo divennepotente sulla terra; e allo stesso modo consolidò il suo potere. Quindi essendo ilprimo grande edificatore di città dopo il diluvio, avendo radunato insieme gliuomini in comunità e circondandoli di mura, li mise in condizione di trascorrerei loro giorni in sicurtà. Entro i parapetti delle mura di una città fortificata nonpoteva esservi timore alcuno delle bestie selvagge e, poiché in tal modo venivaprovveduta sicurezza, gli uomini senza dubbio si consideravano grandi debitorinei confronti di Nimrod. Non c'è perciò da meravigliarsi, che il nome del"potente cacciatore" che era allo stesso tempo il prototipo del "dio dellefortezze" divenisse un nome famoso. Ma se Nimrod si fosse guadagnato la famasolo così sarebbe stato un bene. Non contento di aver liberato gli uomini daltimore delle bestie selvagge, cercò anche di emanciparli dal timore del Signoreche è il principio della sapienza e nel quale solo può trovarsi la felicità. Per

questo egli sembra aver ricevuto il titolo mediante il quale gli uomini sidilettarono di onorarlo, cioè quello di "emancipatore" o "liberatore". Il lettorepotrà ricordare un nome che gli è già stato imposto. Si tratta del nome diForoneo. L'era di Foroneo è esattamente l'era di Nimrod. Egli visse all'incircaquando gli uomini avevano una sola lingua, quand'ebbe inizio la confusionedelle lingue e il genere umano fu disperso. Si dice che sia stato il primo cheabbia radunato il genere umano in comunità, il primo dei mortali che abbiaregnato e il primo che abbia offerto sacrifici idolatrici. Queste caratteristichenon si applicano ad altri che a Nimrod. Orbene, il nome dategli in relazione alsuo "radunare insieme gli uomini" e all'origine dei sacrifici idolatrici, è moltosignificativo. Foroneo, in uno dei suoi significati, che è quello più naturale, vuoldire "apostata"4. Tale nome molto probabilmente gli fu dato dalla parteincorrotta dei figli di Noè. Ma quel nome ha pure un altro significato, cioè"rendere liberi"; e perciò i suoi seguaci lo adottarono e glorificarono il grande"apostata" dalla fede primitiva, sebbene egli fosse il primo che ridusse le libertàdel genere umano, quale grande "Emancipatore"5.E da quello, attraverso una forma o l'altra, questo titolo fu applicato ai suoideificati successori come titolo onorifico. Tutte le tradizioni fin dai primi tempirecano testimonianza circa l'apostasia di Nimrod e al suo successonell'allontanare gli uomini dalla fede dei patriarchi, liberando la loro mente daquel rispetto verso Dio e da quel timore del giudizio celeste che dovevapermanere in loro essendo ancora recente il ricordo del diluvio. Secondo tutti iprincipi della natura umana influenzabile, anche questo fu un importanteelemento della sua fama, poiché gli uomini si sarebbero facilmente radunatiintorno a chiunque desse la minima apparenza di plausibilità a qualunquedottrina insegnasse che essi avrebbero potuto conseguire la felicità e il cielo,senza mutare il loro cuore ne la loro natura, e sebbene vivessero allontanati daDio.Quanto grande fosse il prestigio conferito a Nimrod dalla razza umana, nellastima degli uomini empi, a motivo del fatto che egli li aveva emancipati dallavera religione, allontanando da loro l'autorità celeste, lo troviamo vividamentedescritto in una tradizione polinesiana, che ne fornisce l'evidenza. JohnWilliams, il ben noto missionario, ci narra che, secondo una delle antichetradizioni degli isolani dei mari del sud, "il cielo era in origine così vicino allaterra che gli uomini non potevano camminare, ma erano costretti a strisciaresotto di esso. Ciò era veramente male; ma col tempo un individuo concepì lasublime idea di elevare il cielo ad un'altezza più convenevole. A tale scopoimpiegò tutte le sue forze e, con il primo dei suoi sforzi, lo sollevò in cima aduna pianta chiamata teve, alta circa 120 cm. Lo appoggiò quindi si riposò, dopodi che, con un secondo sforzo lo sollevò all'altezza di un albero chiamatokanariki, che è grande quanto un sicomoro. Con un terzo sforzo, lo sollevò sullacima dei monti; e dopo un lungo periodo di riposo, e uno sforzo molto piùprodigioso, lo elevò sino allo stato attuale". Per questo, in quanto potentebenefattore del genere umano, "tale personaggio fu deificato e fino a quandonon abbracciarono il cristianesimo gli abitanti, preda dell'inganno, lo adoraronocome l'"Elevatore dei cieli". Orbene, cosa potrebbe meglio descrivere laposizione del genere umano subito dopo il diluvio e il tramutarsi di Nimrod inForoneo "L'emancipatore", di questa leggenda polinesiana? Mentre laspaventosa catastrofe mediante la quale Dio mostrò la sua giustizia vendicatrice

167 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 167L e D u e B a b i l o n i epotere pontificale, ed in armonia con I° Timoteo 4:3 la predetta apostasia perquanto riguardava Roma era ampiamente diffusa. Era quando gli uomini proibi-rono di sposarsi e di astenersi da ogni forma di carne. Allora con la banale dot-trina del peccato era anche inculcata la fittizia santità ed il popolo era portato acredere che tutte le persone battezzate necessariamente fossero rigenerate. L'im-pero romano d'occidente rimase sotto un governante civile ed il Vescovo di Ro-ma, sostenendo questo capo, potè subito contagiare ogni parte di questo imperocon la corruzione pagana impegnadosi a diffonderla. Considerando la crudeltàcon cui furono trattati dal Pontefice di Roma, con il favore della potenza impe-riale, Giovenale e tutti quelli che si opponevano alla dottrina pagana in merito almatrimonio e all'astinenza, facilmente può essere visto quanto pericolose potes-sero essere le conseguenze per la causa della Verità. Questo stato di cose permi-se il suo naturale proseguimento. Ma ora il Signore della Chiesa interferì.Nel 410 la rivolta dei Goti ed il saccheggio di Roma da parte di Alarico, il goti-co, diedero all'impero romano eretto dal 476, quello shock nella sua completafrattura e nella estinzione della potenza imperiale. Perciò sebbene nel persegui-mento dell'inaugurata antecedente politica, il Vescovo di Roma fosse formal-mente riconosciuto con un editto imperiale del 445 come "Capo di tutte le Chie-se d'occidente", tutti i nuovi vescovi cominciarono ad ordinare di "tenere edosservare come una legge" qualunque cosa facesse piacere al Vescovo di Romaordinare o decretare.(Gli sconvolgimenti dell'impero e poco dopo la caduta dello stesso potere impe-riale annullarono gli effetti disastrosi in larga espansione di questo editto. Inaltre parole "La terra aprì la sua bocca" quando la caduta dell'impero romano fua beneficio della vera religione e previde il fiume dell'errore e della corruzione,che ebbe la sua sorgente in Roma.In queste circostanze, dice Gieseler, riferendosi all'influenza di Roma nei variregni in cui era stato diviso l'impero, il Papa non poteva direttamente interferirenelle materie ecclesiastiche e le sue comunicazioni con la religione di stato di-pendevano direttamente dalle disposizioni regali. Alla fine il papato sopraffecegli effetti del terremoto ed i regni dell'occidente furono inghiottiti in questo fiu-me di errori che esce dalla bocca del dragone. Ma il rovesciamento del potereimperiale diede alla vera Chiesa d'occidente un relativo periodo di libertà chealtrimenti non avrebbe potuto avere.In ciò può essere vista la mano della Provvidenza e così al momento giusto laterra aprì la sua bocca ed aiutò la donna.Comunque, per ritornare al memorabile periodo in cui il titolo pagano fu dato alVescovo di Roma, le circostanze in cui il titolo pagano fu accordato a Papa Da-masus furono così potenti da non essere state una piccola prova alla fede ed allaintegrità di molti uomini migliori di lui.Benché il paganesimo fosse legalmente abolito nell'impero romano d'occidente,nella città dei sette colli era ancora silenziosamente diffuso tanto che Jerome,che Lo conosceva bene, scrivendo di Roma in quello stesso periodo, lo chiama-va "La fogna di tutte le superstizioni".La conseguenza fu che, mentre dovunque da un capo all'altro dell'impero, l'edit-to imperiale per l'abolizione del paganesimo era rispettato, in Roma lo stesso erain larga misura una lettera morta.Symmachus, il prefetto della città e più illustri famiglie patrizie erano così fana-ticamente devoti alla religione come le masse popolari che l'imperatore si trovò

necessariamente, malgrado la legge, ad essere connivente con l'idolatria dei Ro-mani. Quanto forte fosse la presa che il paganesimo aveva nella città imperiale,persino dopo che il fuoco di Vesta fu estinto, il lettore lo può percepire dalleparole di Gibbon: "L'immagine e l'altare della Vittoria devono essere davverorimosse dalla casa del Senato ma anche l'imperatore deve fare a meno di statuedi dei esposti alla pubblica vista". Quattrocentoventiquattro tra templi e cappelletranquillamente rimanevano a soddisfare la devozione del popolo, ed in ogniquartiere di Roma, la delicatezza dei Cristiani era offesa dai fumi dei sacrificiidolatrici. Così forte era il paganesimo in Roma persino dopo che fu ritirato l'ap-poggio dello Stato attorno al 376. Ma guardiamo in avanti solamente di cinqueanni e vediamo cosa ne è avvenuto.Il nome paganesimo era quasi interamente sparito, quando il giovane Teodosioin un editto redatto 423 A.D. usa queste parole: "Adesso noi possiamo credereche i pagani che rimangono sono niente".Le parole di Gibbon in merito a questo, sono molto singolari.Ammettendo che, nonostante le leggi imperiali fatte contro il paganesimo, "nonparticolare privazione" fu imposta ai settari, che in credulità sostenevano le fa-vole di Ovidio ed ostinatamente rigettavano i miracoli del Vangelo, egli espres-se la sua sorpresa per la rapidità della rivoluzione che ebbe luogo tra i Romanidel paganesimo e quelli della cristianità."La rovina del paganesimo", egli disse, risale al 378 A.D.; l'anno in cui il vesco-vo di Roma fu fatto Pontefice al 395."La rovina del paganesimo negli anni di Teodosio è forse il solo esempio dellatotale estirpazione di una antica e popolare superstizione e può quindi meritaredi essere considerato come un singolare evento nella storia del genere umano."Dopo la veloce conversione del Senato, egli così procede: "L'edificante esempiodella famiglia Anician (convertitasi alla cristianità) fu ben presto imitato dalresto della nobiltà.I cittadini che si sostenevano con la loro propria operosità ed il volgo che erasopportato con pubblica liberalità, riempivano le chiese del Laterano e del Vati-cano con un incessante calca di devoti proseliti.I decreti del Senato che vietavano l'adorazione degli idoli furono ratificati colconsenso generale dei Romani, lo splendore della capitale fu deturpato ed i tem-pli solitari furono abbandonati alla rovina ed al disprezzo. Roma sottomise conla beffa del Vangelo. La generazione che venne al mondo dopo la promulgazio-ne delle leggi imperiali, fu attirata all'interno della Chiesa Cattolica e la cadutadel paganesimo fu così rapida e così silenziosa che ventotto anni dopo la mortedi Teodosio (il maggiore) le deboli e minute vestigia non erano visibili all'oc-chio del legislatore.Adesso di cosa può rendere conto questa e rapida rivoluzione? E perché la Paro-la del Signore ha avuto via libera e potè essere glorificata? Allora cosa significail nuovo aspetto che la Chiesa Romana ha adesso incominciato ad assumere? Inesatte proporzioni il paganesimo scomparve senza la Chiesa e, nelle stesse ugua-li proporzioni il paganesimo apparve all'interno di essa. Vestiti pagani per i pre-ti, feste pagane per il popolo, dottrine pagane ed idee di ogni sorta sono dovun-que in voga. Il testimone della storia che parlò così decisamente circa la rapidaconversione dei Romani alla professione del Vangelo fu non meno deciso a que-sto riguardo. Nella sua considerazione della chiesa romana sotto la guida di"Introduzione alle cerimonie pagane" egli così dice: "Come gli oggetti di reli-

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166 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 166L e D u e B a b i l o n i epotere pontificale, ed in armonia con I° Timoteo 4:3 la predetta apostasia perquanto riguardava Roma era ampiamente diffusa. Era quando gli uomini proibi-rono di sposarsi e di astenersi da ogni forma di carne. Allora con la banale dot-trina del peccato era anche inculcata la fittizia santità ed il popolo era portato acredere che tutte le persone battezzate necessariamente fossero rigenerate. L'im-pero romano d'occidente rimase sotto un governante civile ed il Vescovo di Ro-ma, sostenendo questo capo, potè subito contagiare ogni parte di questo imperocon la corruzione pagana impegnadosi a diffonderla. Considerando la crudeltàcon cui furono trattati dal Pontefice di Roma, con il favore della potenza impe-riale, Giovenale e tutti quelli che si opponevano alla dottrina pagana in merito almatrimonio e all'astinenza, facilmente può essere visto quanto pericolose potes-sero essere le conseguenze per la causa della Verità. Questo stato di cose permi-se il suo naturale proseguimento. Ma ora il Signore della Chiesa interferì.Nel 410 la rivolta dei Goti ed il saccheggio di Roma da parte di Alarico, il goti-co, diedero all'impero romano eretto dal 476, quello shock nella sua completafrattura e nella estinzione della potenza imperiale. Perciò sebbene nel persegui-mento dell'inaugurata antecedente politica, il Vescovo di Roma fosse formal-mente riconosciuto con un editto imperiale del 445 come "Capo di tutte le Chie-se d'occidente", tutti i nuovi vescovi cominciarono ad ordinare di "tenere edosservare come una legge" qualunque cosa facesse piacere al Vescovo di Romaordinare o decretare.(Gli sconvolgimenti dell'impero e poco dopo la caduta dello stesso potere impe-riale annullarono gli effetti disastrosi in larga espansione di questo editto. Inaltre parole "La terra aprì la sua bocca" quando la caduta dell'impero romano fua beneficio della vera religione e previde il fiume dell'errore e della corruzione,che ebbe la sua sorgente in Roma.In queste circostanze, dice Gieseler, riferendosi all'influenza di Roma nei variregni in cui era stato diviso l'impero, il Papa non poteva direttamente interferirenelle materie ecclesiastiche e le sue comunicazioni con la religione di stato di-pendevano direttamente dalle disposizioni regali. Alla fine il papato sopraffecegli effetti del terremoto ed i regni dell'occidente furono inghiottiti in questo fiu-me di errori che esce dalla bocca del dragone. Ma il rovesciamento del potereimperiale diede alla vera Chiesa d'occidente un relativo periodo di libertà chealtrimenti non avrebbe potuto avere.In ciò può essere vista la mano della Provvidenza e così al momento giusto laterra aprì la sua bocca ed aiutò la donna.Comunque, per ritornare al memorabile periodo in cui il titolo pagano fu dato alVescovo di Roma, le circostanze in cui il titolo pagano fu accordato a Papa Da-masus furono così potenti da non essere state una piccola prova alla fede ed allaintegrità di molti uomini migliori di lui.Benché il paganesimo fosse legalmente abolito nell'impero romano d'occidente,nella città dei sette colli era ancora silenziosamente diffuso tanto che Jerome,che Lo conosceva bene, scrivendo di Roma in quello stesso periodo, lo chiama-va "La fogna di tutte le superstizioni".La conseguenza fu che, mentre dovunque da un capo all'altro dell'impero, l'edit-to imperiale per l'abolizione del paganesimo era rispettato, in Roma lo stesso erain larga misura una lettera morta.Symmachus, il prefetto della città e più illustri famiglie patrizie erano così fana-ticamente devoti alla religione come le masse popolari che l'imperatore si trovò

necessariamente, malgrado la legge, ad essere connivente con l'idolatria dei Ro-mani. Quanto forte fosse la presa che il paganesimo aveva nella città imperiale,persino dopo che il fuoco di Vesta fu estinto, il lettore lo può percepire dalleparole di Gibbon: "L'immagine e l'altare della Vittoria devono essere davverorimosse dalla casa del Senato ma anche l'imperatore deve fare a meno di statuedi dei esposti alla pubblica vista". Quattrocentoventiquattro tra templi e cappelletranquillamente rimanevano a soddisfare la devozione del popolo, ed in ogniquartiere di Roma, la delicatezza dei Cristiani era offesa dai fumi dei sacrificiidolatrici. Così forte era il paganesimo in Roma persino dopo che fu ritirato l'ap-poggio dello Stato attorno al 376. Ma guardiamo in avanti solamente di cinqueanni e vediamo cosa ne è avvenuto.Il nome paganesimo era quasi interamente sparito, quando il giovane Teodosioin un editto redatto 423 A.D. usa queste parole: "Adesso noi possiamo credereche i pagani che rimangono sono niente".Le parole di Gibbon in merito a questo, sono molto singolari.Ammettendo che, nonostante le leggi imperiali fatte contro il paganesimo, "nonparticolare privazione" fu imposta ai settari, che in credulità sostenevano le fa-vole di Ovidio ed ostinatamente rigettavano i miracoli del Vangelo, egli espres-se la sua sorpresa per la rapidità della rivoluzione che ebbe luogo tra i Romanidel paganesimo e quelli della cristianità."La rovina del paganesimo", egli disse, risale al 378 A.D.; l'anno in cui il vesco-vo di Roma fu fatto Pontefice al 395."La rovina del paganesimo negli anni di Teodosio è forse il solo esempio dellatotale estirpazione di una antica e popolare superstizione e può quindi meritaredi essere considerato come un singolare evento nella storia del genere umano."Dopo la veloce conversione del Senato, egli così procede: "L'edificante esempiodella famiglia Anician (convertitasi alla cristianità) fu ben presto imitato dalresto della nobiltà.I cittadini che si sostenevano con la loro propria operosità ed il volgo che erasopportato con pubblica liberalità, riempivano le chiese del Laterano e del Vati-cano con un incessante calca di devoti proseliti.I decreti del Senato che vietavano l'adorazione degli idoli furono ratificati colconsenso generale dei Romani, lo splendore della capitale fu deturpato ed i tem-pli solitari furono abbandonati alla rovina ed al disprezzo. Roma sottomise conla beffa del Vangelo. La generazione che venne al mondo dopo la promulgazio-ne delle leggi imperiali, fu attirata all'interno della Chiesa Cattolica e la cadutadel paganesimo fu così rapida e così silenziosa che ventotto anni dopo la mortedi Teodosio (il maggiore) le deboli e minute vestigia non erano visibili all'oc-chio del legislatore.Adesso di cosa può rendere conto questa e rapida rivoluzione? E perché la Paro-la del Signore ha avuto via libera e potè essere glorificata? Allora cosa significail nuovo aspetto che la Chiesa Romana ha adesso incominciato ad assumere? Inesatte proporzioni il paganesimo scomparve senza la Chiesa e, nelle stesse ugua-li proporzioni il paganesimo apparve all'interno di essa. Vestiti pagani per i pre-ti, feste pagane per il popolo, dottrine pagane ed idee di ogni sorta sono dovun-que in voga. Il testimone della storia che parlò così decisamente circa la rapidaconversione dei Romani alla professione del Vangelo fu non meno deciso a que-sto riguardo. Nella sua considerazione della chiesa romana sotto la guida di"Introduzione alle cerimonie pagane" egli così dice: "Come gli oggetti di reli-

43 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 43L e D u e B a b i l o n i echiamato col nome di suo padre Kissos. La sua effettiva relazione con il padreera comunque mostrata dal ramo d'edera, poiché "il ramo di kissos", che per ilvolgare profano era solo "il ramo d'edera", per gli iniziati era "il ramo di Cus" 2.Orbene, questo dio, che era conosciuto come l'erede di Cus, era adorato con unnome che, mentre gli stava molto bene nella sua qualità di dio della vendemmiacon il quale era diffusamente conosciuto, lo descrive pure quale grandeFortificatore. Il nome era Bassareus, che, nel suo duplice significato vuol diresia "il proprietario delle uve o radunatore della vendemmia", che "colui checirconda con un muro"3 e in quest'ultimo senso identifica il dio greco conl'egiziano Osiride "il forte capo delle costruzioni", e con l'assiro "Belus, checircondò Babilonia di mura".Così dall'Assiria, dall'Egitto e dalla Grecia abbiamo una cumulativa e sovrab-bondante evidenza concorrente a dimostrare che il bambino adorato fra lebraccia della dea madre in tutti questi paesi, con le caratteristiche di Nino o Nin,"il figlio", era Nimrod, il figlio di Cus. Una caratteristica qui, una coincidenza làpossono essere state tratte da alcuni eroi successivi; ma sembra impossibiledubitare che Nimrod fosse il prototipo di quel figlio, il grande originale.La sorprendente estensione dell'adorazione di quest'uomo indica qualcosa diveramente straordinario nel suo carattere; e vi è ampia ragione di credere che alsuo giorno egli fosse molto popolare. Insediandosi in qualità di re, Nimrodinvase il sistema patriarcale e limitò la libertà del genere umano, tuttavia moltipensarono che egli avesse agito bene, ricompensandoli ampiamente per laperdita della loro libertà, e lo ricoprirono di gloria e di fama. Al tempo in cuiegli visse, le bestie selvagge della foresta si moltiplicavano più rapidamentedella razza umana, provocando grandi depredazioni fra le popolazioni disperse elontane fra loro della terra, e dovevano incutere grande timore nelle menti degliuomini. Il pericolo derivante dalla vita di queste popolazioni da una tale fontequando la popolazione era ancora esigua, spiega perché Dio stesso nonscacciasse i condannati Cananei dinanzi a Israele completamente, sebbene lamisura della loro iniquità fosse piena (Esodo 23:29,30): "Non li cacceròd'innanzi a tè in un anno, affinchè il paese non divenga una distesa desolata e lebestie selvagge del campo non si moltiplicano realmente contro di tè. Li cacceròd'innanzi a tè un po' alla volta, finché tu divenga fecondo e realmente prendapossesso del paese". I successi di Nimrod nel cacciare le bestie selvagge dalcampo, e nel liberare il mondo dai mostri, devono avergli ottenuto la nomina dipreminente benefattore della sua razza. Con tali mezzi, non meno che con lebande al suo seguito, egli aumentò il suo potere, quando per primo divennepotente sulla terra; e allo stesso modo consolidò il suo potere. Quindi essendo ilprimo grande edificatore di città dopo il diluvio, avendo radunato insieme gliuomini in comunità e circondandoli di mura, li mise in condizione di trascorrerei loro giorni in sicurtà. Entro i parapetti delle mura di una città fortificata nonpoteva esservi timore alcuno delle bestie selvagge e, poiché in tal modo venivaprovveduta sicurezza, gli uomini senza dubbio si consideravano grandi debitorinei confronti di Nimrod. Non c'è perciò da meravigliarsi, che il nome del"potente cacciatore" che era allo stesso tempo il prototipo del "dio dellefortezze" divenisse un nome famoso. Ma se Nimrod si fosse guadagnato la famasolo così sarebbe stato un bene. Non contento di aver liberato gli uomini daltimore delle bestie selvagge, cercò anche di emanciparli dal timore del Signoreche è il principio della sapienza e nel quale solo può trovarsi la felicità. Per

questo egli sembra aver ricevuto il titolo mediante il quale gli uomini sidilettarono di onorarlo, cioè quello di "emancipatore" o "liberatore". Il lettorepotrà ricordare un nome che gli è già stato imposto. Si tratta del nome diForoneo. L'era di Foroneo è esattamente l'era di Nimrod. Egli visse all'incircaquando gli uomini avevano una sola lingua, quand'ebbe inizio la confusionedelle lingue e il genere umano fu disperso. Si dice che sia stato il primo cheabbia radunato il genere umano in comunità, il primo dei mortali che abbiaregnato e il primo che abbia offerto sacrifici idolatrici. Queste caratteristichenon si applicano ad altri che a Nimrod. Orbene, il nome dategli in relazione alsuo "radunare insieme gli uomini" e all'origine dei sacrifici idolatrici, è moltosignificativo. Foroneo, in uno dei suoi significati, che è quello più naturale, vuoldire "apostata"4. Tale nome molto probabilmente gli fu dato dalla parteincorrotta dei figli di Noè. Ma quel nome ha pure un altro significato, cioè"rendere liberi"; e perciò i suoi seguaci lo adottarono e glorificarono il grande"apostata" dalla fede primitiva, sebbene egli fosse il primo che ridusse le libertàdel genere umano, quale grande "Emancipatore"5.E da quello, attraverso una forma o l'altra, questo titolo fu applicato ai suoideificati successori come titolo onorifico. Tutte le tradizioni fin dai primi tempirecano testimonianza circa l'apostasia di Nimrod e al suo successonell'allontanare gli uomini dalla fede dei patriarchi, liberando la loro mente daquel rispetto verso Dio e da quel timore del giudizio celeste che dovevapermanere in loro essendo ancora recente il ricordo del diluvio. Secondo tutti iprincipi della natura umana influenzabile, anche questo fu un importanteelemento della sua fama, poiché gli uomini si sarebbero facilmente radunatiintorno a chiunque desse la minima apparenza di plausibilità a qualunquedottrina insegnasse che essi avrebbero potuto conseguire la felicità e il cielo,senza mutare il loro cuore ne la loro natura, e sebbene vivessero allontanati daDio.Quanto grande fosse il prestigio conferito a Nimrod dalla razza umana, nellastima degli uomini empi, a motivo del fatto che egli li aveva emancipati dallavera religione, allontanando da loro l'autorità celeste, lo troviamo vividamentedescritto in una tradizione polinesiana, che ne fornisce l'evidenza. JohnWilliams, il ben noto missionario, ci narra che, secondo una delle antichetradizioni degli isolani dei mari del sud, "il cielo era in origine così vicino allaterra che gli uomini non potevano camminare, ma erano costretti a strisciaresotto di esso. Ciò era veramente male; ma col tempo un individuo concepì lasublime idea di elevare il cielo ad un'altezza più convenevole. A tale scopoimpiegò tutte le sue forze e, con il primo dei suoi sforzi, lo sollevò in cima aduna pianta chiamata teve, alta circa 120 cm. Lo appoggiò quindi si riposò, dopodi che, con un secondo sforzo lo sollevò all'altezza di un albero chiamatokanariki, che è grande quanto un sicomoro. Con un terzo sforzo, lo sollevò sullacima dei monti; e dopo un lungo periodo di riposo, e uno sforzo molto piùprodigioso, lo elevò sino allo stato attuale". Per questo, in quanto potentebenefattore del genere umano, "tale personaggio fu deificato e fino a quandonon abbracciarono il cristianesimo gli abitanti, preda dell'inganno, lo adoraronocome l'"Elevatore dei cieli". Orbene, cosa potrebbe meglio descrivere laposizione del genere umano subito dopo il diluvio e il tramutarsi di Nimrod inForoneo "L'emancipatore", di questa leggenda polinesiana? Mentre laspaventosa catastrofe mediante la quale Dio mostrò la sua giustizia vendicatrice

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44 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 44L e D u e B a b i l o n i esui peccatori del mondo antico era ancora fresca nella mente degli uomini. Noèe coloro che erano fra i suoi discendenti, si sforzavano di imprimere a tutticoloro che ricadevano sotto la loro autorità la lezione che quel solenne eventoinsegnava, cioè che i "cieli", vale a dire, Dio, dovevano essere sembrati moltovicini alla terra. Mantenere l'unione tra il cielo e la terra, e mantenerla il piùstretta possibile dev'essere stato il più grande desiderio di coloro che amavanoDio ed era nei migliori interessi della razza umana. Ma ciò voleva dire privarladi tutti i vizi e i "piaceri del peccato" che la mente naturale non rinnovata e nonsantificata, continuamente bramava. Ciò dev'essere segretamente stato unaschiavitù insostenibile per tutti coloro che possedevano una mente empia. "Lamente carnale è nemica di Dio", "non è soggetta alla sua legge", ne è in grado dicompierla. Essa dice all'Onnipotente "Ci allontaniamo, perché non desideriamoconoscere le tue vie". Fino a quando l'influenza del grande padre del nuovomondo esercitava ascendente, non c'è da meravigliarsi che coloro i quali eranolontani da Dio e dalla devozione, sentissero il cielo e la sua influenza e autoritàcome intollerabilmente vicini e che in tali circostanze essi "non camminassero"ma solo "strisciassero" cioè non avevano alcuna libertà di camminare "secondoil desiderio dei loro occhi e l'immaginazione dei loro cuori". Nimrod liemancipò da tale schiavitù. Mediante l'apostasia che introdusse, mediante la vitalibera che si sviluppò fra coloro che gli gravitavano intorno, separandoli dallasanta influenza che in un certo qual modo in precedenza li aveva controllati, eglili aiutò ad allontanarsi da Dio e dalla stretta spiritualità della sua legge,divenendo così "l'elevatore dei cieli", facendo sentire e agire gli uomini come seil cielo fosse lontano da loro o dalla terra, come se il Dio del cielo "non potessevedere attraverso le oscure nubi", ne potesse mostrare il suo dispiacere neiconfronti di chi infrangeva la sua legge. Tutti avrebbero potuto respirareliberamente e camminare in libertà. Per tale motivo tali uomini avrebberoconsiderato Nimrod un benefattore.Orbene, chi avrebbe immaginato che una tradizione taitiana avrebbe gettato lucesulla storia di Atlante? In effetti quando Atlante che, porta il cielo sulle spalle, èposto in giusta posizione con il deificato eroe dei mari del sud, che benedisse ilmondo sollevando i cieli che incombevano su di esso, chi non vedrà che l'unastoria ha relazione con l'altra? 6 Così, quindi sembra che Atlante, con il cielo sulsuo dorso, non si riferisca semplicemente ad una conoscenza astronomica, comealcuni hanno supposto, ma a qualcosa del tutto differente, cioè alla grandeapostasia dei giganti che si ribellarono contro il "cielo", nella quale Nimrod, "ilpotente", il suo riconosciuto caporione, occupava una posizione preminente.Secondo il sistema, della cui introduzione Nimrod fu un grande strumento, gliuomini furono indotti a credere che non sarebbe stato necessario un effettivocambiamento della terra e, poiché tale cambiamento era inutile, avrebberopotuto essere rigenerati mediante semplici mezzi esterni. Guardando il soggettoalla luce delle orge dei baccanali che, come il lettore ha visto, commemoravanola storia di Nimrod, è evidente che egli indusse il genere umano a ricevere illoro bene dai godimenti sensuali e mostrò loro quanto piacere potessero trarredal godimento del peccato senza alcun timore dell'ira di Dio. Nelle sue variespedizioni egli era sempre accompagnato da schiere di donne e con musiche,canti, gochi, ribalderie e qualsiasi altra cosa gli fosse piaciuta, egli siguadagnava il favore del genere umano.

SOTTOSEZIONE IVLA MORTE DEL FIGLIO

Sulla morte di Nimrod le scritture tacciono. Vi è un'antica tradizione secondo laquale egli morì di morte violenta. Le circostanze di tale morte, comunque, comevengono rappresentate dall'antichità, sono circondate da leggenda. Si dice cheuna tempesta di vento mandata da Dio contro la torre di Babele la rovesciasse eche Nimrod perisse sotto le sue rovine. Ciò potrebbe essere falso, poichéabbiamo sufficienti evidenze che la torre di Babele rimase a lungo dopo il tempodi Nimrod. Quindi, circa la morte di Nino, la storia profana è oscura e tenebrosa,sebbene un racconto narri che egli subisse una morte violenta come quella diPenteo, Licurgo e Orfeo che, si dice, fossero fatti a pezzi. L'identità di Nimrod, edell'egiziano Osiride è un fatto stabilito; in base a ciò noi cercheremo di far lucesulla morte di Nimrod. Osiride subì una morte violenta e tale morte fu il temacentrale di tutta l'idolatria egiziana. Se Osiride era Nimrod, come abbiamo visto,quella morte violenta che gli egiziani piangevano così pateticamente nelle lorofeste annuali non era altro che la morte di Nimrod. I racconti relativi alla mortedel dio adorato nei diversi riti misterici di diversi paesi raggiungono tutti lastessa conclusione. Una dichiarazione di Platone sembra mostrare che al suogiorno l'egiziano Osiride era considerato lo stesso che Tammuz; ed è ben notoche Tammuz non è altri che Adone, il famoso cacciatore, per la cui morte,secondo la leggenda, Venere pianse amaramente. Come le donne d'Egittopiangevano Osiride, così le donne Fenicie e Assire piangevano Tammuz e aRoma le donne facevano lamento su Bacco. Il Nebros o "cerbiatto maculato" erail simbolo di Bacco, poiché rappresentava Nebrod o lo stesso Nimrod. Orbene,in talune occasioni, nelle celebrazioni mistiche, il Nebros, o "cerbiattomacchiato", era fatto a pezzi, appositamente, come apprendiamo da Fotius incommemorazione di ciò che era avvenuto a Bacco che era rappresentato dalcerbiatto.Il fare a pezzi il Nebros "il cerbiatto maculato", conferma la conclusione che lamorte di Bacco come quella di Osiride, rappresentano la morte di Nebrod cheera adorato dai babilonesi sotto lo stesso nome di "maculato". Sebbene nontroviamo alcun racconto relativo ai misteri osservati in Grecia in memoria diOrione, il gigante e potente cacciatore celebrato da Omero, con tale nome,tuttavia egli era rappresentato simbolicamente come se fosse morto alla stessamaniera di Osiride, essendo quindi stato traslato in cielo1.Dalle storie persiane ci viene espressamente confermato che fu Nimrod adessere deificato dopo la sua morte, col nome di Orione, e posto fra le stelle.Abbiamo qui, dunque, un'ampia e conclusiva evidenza, che unitamente ci portaad una sola conclusione: che la morte di Nimrod, il bimbo adorato fra le bracciadella dea madre di Babilonia, fu una morte violenta.Orbene, quando questo potente eroe, nel mezzo della sua carriera di gloria, fustroncato improvvisamente da una morte violenta, sembra che il paese intero futravolto nella catastrofe. Quando la notizia si diffuse, coloro che vivevano dipiaceri credettero che si fosse eclissata la gaiezza delle nazioni. Alto fu illamento che si levò ovunque fino ai cieli, da parte degli apostati della fedeprimitiva per tale spaventosa catastrofe. Fu allora che, ebbero inizio lelamentazioni per Tammuz, nelle quali furono colpevolmente implicati i figlid'Israele, e la cui esistenza si può tracciare non solo attraverso gli annali

165 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 165L e D u e B a b i l o n i elanda cattolica vi è questa universale adorazione per le sorgenti sacre e l'annualepellegrinaggio a Loch Dergh per lavare via il peccato nelle sue acque benedette.Così ovunque la vecchia adorazione del fuoco fu ben presto associata all'adora-zione dell'acqua. In questi misteri entrambi i modi di purificazione sono con-giunti. Benché il battesimo d'acqua fosse usato per rigenerare la purificazionecol fuoco era considerata indispensabile e per lunghi anni i bambini furono an-cora fatti passare attraverso il fuoco di Moloc. Questa doppia purificazione at-traverso il fuoco e l'acqua era praticata in Messico tra i seguaci di Wodan. Nelmondo pagano la stessa doppia purificazione fu anche praticata tra i vecchi pa-gani romani e, nel corso dei tempi, pressoché dovunque. L'adorazione del fuocoe l'adorazione del serpente che erano state entrambe deposte, furono ristabilite inuna nuova forma con tutte le vecchie abominazioni e l'aggiunta di molte altre.Quando la sua adorazione fu fermamente ristabilita ed ogni opposizione fu ri-mossa, il dio del mare fu anche adorato come il dio della guerra che morì per ilbene dell'umanità ma che dopo la risurrezione diviene assolutamente invincibile.Nella Roma pagana, in ricordo di questa nuova incarnazione, il 25 dicembre,altrimenti noto come il giorno di Natale, era il "Natalis Solis invicti", il comple-anno dell'indomito sole.Abbiamo egualmente visto che il vero nome del dio romano della guerra fossegiustamente il nome di Nimrod per "Mars" e "Mavor", i due ben conosciuti no-mi del rè della guerra romano che erano evidentemente la giusta traduzione ro-mana dal caldeo "Mar" e "Mavor" il "Ribelle". Così come ribelle e invincibileera stato Nimrod che rappresentava Dagon, la bestia del mare. Il lettore se consi-dera Riv. 13:3-4 vedrà precisamente così:

"E vidi una delle due teste come scannata a morte, ma la sua piagamortale fu sanata, e tutta la terra seguì la bestia selvaggia con ammi-razione. E adorarono il dragone perché aveva dato l'autorità allabestia selvaggia e adorarono la bestia selvaggia con le parole: 'Chi èsimile alla bestia selvaggia e chi può guerreggiare contro di essa?'".

Con tutto il rispetto vi è analogia tra la profezia e l'antico simbolo babilonese.Possiamo di questo trovare ogni corrispondenza nella storia religiosa del roma-no impero dopo la caduta del vecchio paganesimo? Sì, sotto ogni aspetto. Nonappena il paganesimo fu legalmente abolito, estinto l'eterno fuoco di Vesta ed ilvecchio serpente fu cacciato da quel potere che così lungamente si era assicura-to, egli tentò il più potente dei malvagi per riguadagnare la propria influenza e lapropria autorità.Così, nel tempo intermedio, scoperta quella persecuzione della Cristianità, nonpotendo distruggere la chiesa simboleggiata della donna vestita di sole, usò u-n'altra linea di condotta. Riv. 12:15: "E dalla sua bocca il serpente vomitò dietroalla donna acqua simile a un fiume, per farla annegare nel fiume". Il simbolo quiè certamente molto rimarchevole.Se questo era il dragone di fuoco esso poteva essere l'atteso che si voleva fosserappresentato, in concordanza ai miti popolari "come vomitando fuoco dietro ladonna". Ma non è così. Fu un diluvio d'acqua che egli buttò fuori dalla propriabocca. Cosa sperava questo malvagio? Come l'acqua viene emessa dalla boccadel dragone così la falsa dottrina. Ma niente è più specifico di questo?Ogni singolo sguardo al vecchio sistema babilonese evidenzierà che l'acqua but-

tata fuori dalla bocca deve essere l'acqua della rigenerazione battesimale. Inquesto preciso periodo, quando il paganesimo fu soppresso, la dottrina dellarigenerazione viene incontro col battesimo già operante nella Chiesa Cristiana,minacciando di diffondersi come un diluvio su tutto l'impero romano. Fu allora,precisamente che il nostro Signore Gesù Cristo cominciò ad essere popolarmen-te chiamato Ichthys che è "II pesce", manifestalmente identificandolo con Da-gon. Dalla fine del IV secolo in avanti fu insegnato che chiunque fosse statolavato nella fonte battesimale era in tal modo reso puro, così vergine e candido.Questo diluvio non fuoriuscì veramente dalla bocca di Satana, il vecchio serpen-te, ma dalla bocca di colui che viene riconosciuto dai pagani di Roma come ilvisibile capo del vecchio romano paganesimo.Quando l'adorazione romana del fuoco fu soppressa, abbiamo visto che la caricadi Pontefice Massimo, capo del paganesimo, fu abolita. Quello era "II ferimentomortale" della testa del dragone di fuoco. Ma quella testa che ricevette la propriaferita cominciò ad essere risanata. Pochi anni dopo che il titolo pagano di Ponte-fice fu abolito, esso rinacque con il vero Imperatore e fu ripristinato con tutte lesue associazioni pagane, sul vescovo di Roma che, da questo momento in poi,comincia la grande rappresentazione nel riversare sulla professione del Cristia-nesimo la prima rovinosa dottrina della rigenerazione battesimale unita a tutte lealtre dottrine derivate dall'antico sistema babilonese.Quando questo titolo pagano fu concesso al vescovo romano, non era veramentela concessione di un titolo onorifico, ma un titolo che concedeva enorme poten-za. All'autorità del Vescovo di Roma, in questa nuova veste, si associavano"cinque o sei altri vescovi", come suoi consiglieri, ancora vescovi e metropolita-ni da ogni chiesa. Nell'antica Gallia e non meno in Italia si era a loro assoggetta-ti, e le pene civili erano affiancate a quelle da loro istituite per sottomettere alleloro pontificali decisioni.Vigendo questo potere con l'imperiale autorità nelle vesti del Vescovo romano,grande fu il danno alla causa del vero e della dirittura morale quando il Vescovodispose di dedicarsi all'estensione della falsa dottrina.Per quanto formidabile fosse il danno, la vera Chiesa, la Sposa, la Moglie del-l'Agnello, era meravigliosamente protetta da essa. Per un certo periodo quellaChiesa fu protetta dai pericoli, non solamente nelle arroccate fortezze nelle qualimolti dei propri devoti membri fondarono i loro asili, ma anche per un notevoleintervento della Divina Provvidenza a proprio vantaggio.Quell'intervento e riferito a queste parole. Riv. 12:16: "Ma la terra venne in aiu-to della donna, e la terra aprì la sua bocca e inghiottì il fiume che il dragone ave-va vomitato dalla sua bocca". Nel mondo letterale, quando la terra apre la suabocca si intende un terremoto, e il termine terremoto accorda con il linguaggiofigurativo di Apocalisse dove tutto tende giustamente ad evidenziare il grandesconvolgimento politico. Adesso, quando noi esaminiamo la storia del periodoin questione, troviamo che questo fatto accorda esattamente con la prefigurazio-ne del Vescovo di Roma che, subito dopo essere divenuto Pontefice, così solle-citamente portò nel paganesimo della chiesa quegli sconvolgimenti politici, ini-ziati nell'impero civile di Roma e mai cessati, fino a che l'impero non verrà fran-tumato e disperso. Ma per questo vediamo che la potenza spirituale del papatoera stata, dall'inizio fino ad ora, fermamente stabilita su tutte le nazioni dell'occi-dente.È chiaro che immediatamente dopo Damasus, il vescovo romano ricevette il suo

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164 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 164L e D u e B a b i l o n i elanda cattolica vi è questa universale adorazione per le sorgenti sacre e l'annualepellegrinaggio a Loch Dergh per lavare via il peccato nelle sue acque benedette.Così ovunque la vecchia adorazione del fuoco fu ben presto associata all'adora-zione dell'acqua. In questi misteri entrambi i modi di purificazione sono con-giunti. Benché il battesimo d'acqua fosse usato per rigenerare la purificazionecol fuoco era considerata indispensabile e per lunghi anni i bambini furono an-cora fatti passare attraverso il fuoco di Moloc. Questa doppia purificazione at-traverso il fuoco e l'acqua era praticata in Messico tra i seguaci di Wodan. Nelmondo pagano la stessa doppia purificazione fu anche praticata tra i vecchi pa-gani romani e, nel corso dei tempi, pressoché dovunque. L'adorazione del fuocoe l'adorazione del serpente che erano state entrambe deposte, furono ristabilite inuna nuova forma con tutte le vecchie abominazioni e l'aggiunta di molte altre.Quando la sua adorazione fu fermamente ristabilita ed ogni opposizione fu ri-mossa, il dio del mare fu anche adorato come il dio della guerra che morì per ilbene dell'umanità ma che dopo la risurrezione diviene assolutamente invincibile.Nella Roma pagana, in ricordo di questa nuova incarnazione, il 25 dicembre,altrimenti noto come il giorno di Natale, era il "Natalis Solis invicti", il comple-anno dell'indomito sole.Abbiamo egualmente visto che il vero nome del dio romano della guerra fossegiustamente il nome di Nimrod per "Mars" e "Mavor", i due ben conosciuti no-mi del rè della guerra romano che erano evidentemente la giusta traduzione ro-mana dal caldeo "Mar" e "Mavor" il "Ribelle". Così come ribelle e invincibileera stato Nimrod che rappresentava Dagon, la bestia del mare. Il lettore se consi-dera Riv. 13:3-4 vedrà precisamente così:

"E vidi una delle due teste come scannata a morte, ma la sua piagamortale fu sanata, e tutta la terra seguì la bestia selvaggia con ammi-razione. E adorarono il dragone perché aveva dato l'autorità allabestia selvaggia e adorarono la bestia selvaggia con le parole: 'Chi èsimile alla bestia selvaggia e chi può guerreggiare contro di essa?'".

Con tutto il rispetto vi è analogia tra la profezia e l'antico simbolo babilonese.Possiamo di questo trovare ogni corrispondenza nella storia religiosa del roma-no impero dopo la caduta del vecchio paganesimo? Sì, sotto ogni aspetto. Nonappena il paganesimo fu legalmente abolito, estinto l'eterno fuoco di Vesta ed ilvecchio serpente fu cacciato da quel potere che così lungamente si era assicura-to, egli tentò il più potente dei malvagi per riguadagnare la propria influenza e lapropria autorità.Così, nel tempo intermedio, scoperta quella persecuzione della Cristianità, nonpotendo distruggere la chiesa simboleggiata della donna vestita di sole, usò u-n'altra linea di condotta. Riv. 12:15: "E dalla sua bocca il serpente vomitò dietroalla donna acqua simile a un fiume, per farla annegare nel fiume". Il simbolo quiè certamente molto rimarchevole.Se questo era il dragone di fuoco esso poteva essere l'atteso che si voleva fosserappresentato, in concordanza ai miti popolari "come vomitando fuoco dietro ladonna". Ma non è così. Fu un diluvio d'acqua che egli buttò fuori dalla propriabocca. Cosa sperava questo malvagio? Come l'acqua viene emessa dalla boccadel dragone così la falsa dottrina. Ma niente è più specifico di questo?Ogni singolo sguardo al vecchio sistema babilonese evidenzierà che l'acqua but-

tata fuori dalla bocca deve essere l'acqua della rigenerazione battesimale. Inquesto preciso periodo, quando il paganesimo fu soppresso, la dottrina dellarigenerazione viene incontro col battesimo già operante nella Chiesa Cristiana,minacciando di diffondersi come un diluvio su tutto l'impero romano. Fu allora,precisamente che il nostro Signore Gesù Cristo cominciò ad essere popolarmen-te chiamato Ichthys che è "II pesce", manifestalmente identificandolo con Da-gon. Dalla fine del IV secolo in avanti fu insegnato che chiunque fosse statolavato nella fonte battesimale era in tal modo reso puro, così vergine e candido.Questo diluvio non fuoriuscì veramente dalla bocca di Satana, il vecchio serpen-te, ma dalla bocca di colui che viene riconosciuto dai pagani di Roma come ilvisibile capo del vecchio romano paganesimo.Quando l'adorazione romana del fuoco fu soppressa, abbiamo visto che la caricadi Pontefice Massimo, capo del paganesimo, fu abolita. Quello era "II ferimentomortale" della testa del dragone di fuoco. Ma quella testa che ricevette la propriaferita cominciò ad essere risanata. Pochi anni dopo che il titolo pagano di Ponte-fice fu abolito, esso rinacque con il vero Imperatore e fu ripristinato con tutte lesue associazioni pagane, sul vescovo di Roma che, da questo momento in poi,comincia la grande rappresentazione nel riversare sulla professione del Cristia-nesimo la prima rovinosa dottrina della rigenerazione battesimale unita a tutte lealtre dottrine derivate dall'antico sistema babilonese.Quando questo titolo pagano fu concesso al vescovo romano, non era veramentela concessione di un titolo onorifico, ma un titolo che concedeva enorme poten-za. All'autorità del Vescovo di Roma, in questa nuova veste, si associavano"cinque o sei altri vescovi", come suoi consiglieri, ancora vescovi e metropolita-ni da ogni chiesa. Nell'antica Gallia e non meno in Italia si era a loro assoggetta-ti, e le pene civili erano affiancate a quelle da loro istituite per sottomettere alleloro pontificali decisioni.Vigendo questo potere con l'imperiale autorità nelle vesti del Vescovo romano,grande fu il danno alla causa del vero e della dirittura morale quando il Vescovodispose di dedicarsi all'estensione della falsa dottrina.Per quanto formidabile fosse il danno, la vera Chiesa, la Sposa, la Moglie del-l'Agnello, era meravigliosamente protetta da essa. Per un certo periodo quellaChiesa fu protetta dai pericoli, non solamente nelle arroccate fortezze nelle qualimolti dei propri devoti membri fondarono i loro asili, ma anche per un notevoleintervento della Divina Provvidenza a proprio vantaggio.Quell'intervento e riferito a queste parole. Riv. 12:16: "Ma la terra venne in aiu-to della donna, e la terra aprì la sua bocca e inghiottì il fiume che il dragone ave-va vomitato dalla sua bocca". Nel mondo letterale, quando la terra apre la suabocca si intende un terremoto, e il termine terremoto accorda con il linguaggiofigurativo di Apocalisse dove tutto tende giustamente ad evidenziare il grandesconvolgimento politico. Adesso, quando noi esaminiamo la storia del periodoin questione, troviamo che questo fatto accorda esattamente con la prefigurazio-ne del Vescovo di Roma che, subito dopo essere divenuto Pontefice, così solle-citamente portò nel paganesimo della chiesa quegli sconvolgimenti politici, ini-ziati nell'impero civile di Roma e mai cessati, fino a che l'impero non verrà fran-tumato e disperso. Ma per questo vediamo che la potenza spirituale del papatoera stata, dall'inizio fino ad ora, fermamente stabilita su tutte le nazioni dell'occi-dente.È chiaro che immediatamente dopo Damasus, il vescovo romano ricevette il suo

45 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 45L e D u e B a b i l o n i esui peccatori del mondo antico era ancora fresca nella mente degli uomini. Noèe coloro che erano fra i suoi discendenti, si sforzavano di imprimere a tutticoloro che ricadevano sotto la loro autorità la lezione che quel solenne eventoinsegnava, cioè che i "cieli", vale a dire, Dio, dovevano essere sembrati moltovicini alla terra. Mantenere l'unione tra il cielo e la terra, e mantenerla il piùstretta possibile dev'essere stato il più grande desiderio di coloro che amavanoDio ed era nei migliori interessi della razza umana. Ma ciò voleva dire privarladi tutti i vizi e i "piaceri del peccato" che la mente naturale non rinnovata e nonsantificata, continuamente bramava. Ciò dev'essere segretamente stato unaschiavitù insostenibile per tutti coloro che possedevano una mente empia. "Lamente carnale è nemica di Dio", "non è soggetta alla sua legge", ne è in grado dicompierla. Essa dice all'Onnipotente "Ci allontaniamo, perché non desideriamoconoscere le tue vie". Fino a quando l'influenza del grande padre del nuovomondo esercitava ascendente, non c'è da meravigliarsi che coloro i quali eranolontani da Dio e dalla devozione, sentissero il cielo e la sua influenza e autoritàcome intollerabilmente vicini e che in tali circostanze essi "non camminassero"ma solo "strisciassero" cioè non avevano alcuna libertà di camminare "secondoil desiderio dei loro occhi e l'immaginazione dei loro cuori". Nimrod liemancipò da tale schiavitù. Mediante l'apostasia che introdusse, mediante la vitalibera che si sviluppò fra coloro che gli gravitavano intorno, separandoli dallasanta influenza che in un certo qual modo in precedenza li aveva controllati, eglili aiutò ad allontanarsi da Dio e dalla stretta spiritualità della sua legge,divenendo così "l'elevatore dei cieli", facendo sentire e agire gli uomini come seil cielo fosse lontano da loro o dalla terra, come se il Dio del cielo "non potessevedere attraverso le oscure nubi", ne potesse mostrare il suo dispiacere neiconfronti di chi infrangeva la sua legge. Tutti avrebbero potuto respirareliberamente e camminare in libertà. Per tale motivo tali uomini avrebberoconsiderato Nimrod un benefattore.Orbene, chi avrebbe immaginato che una tradizione taitiana avrebbe gettato lucesulla storia di Atlante? In effetti quando Atlante che, porta il cielo sulle spalle, èposto in giusta posizione con il deificato eroe dei mari del sud, che benedisse ilmondo sollevando i cieli che incombevano su di esso, chi non vedrà che l'unastoria ha relazione con l'altra? 6 Così, quindi sembra che Atlante, con il cielo sulsuo dorso, non si riferisca semplicemente ad una conoscenza astronomica, comealcuni hanno supposto, ma a qualcosa del tutto differente, cioè alla grandeapostasia dei giganti che si ribellarono contro il "cielo", nella quale Nimrod, "ilpotente", il suo riconosciuto caporione, occupava una posizione preminente.Secondo il sistema, della cui introduzione Nimrod fu un grande strumento, gliuomini furono indotti a credere che non sarebbe stato necessario un effettivocambiamento della terra e, poiché tale cambiamento era inutile, avrebberopotuto essere rigenerati mediante semplici mezzi esterni. Guardando il soggettoalla luce delle orge dei baccanali che, come il lettore ha visto, commemoravanola storia di Nimrod, è evidente che egli indusse il genere umano a ricevere illoro bene dai godimenti sensuali e mostrò loro quanto piacere potessero trarredal godimento del peccato senza alcun timore dell'ira di Dio. Nelle sue variespedizioni egli era sempre accompagnato da schiere di donne e con musiche,canti, gochi, ribalderie e qualsiasi altra cosa gli fosse piaciuta, egli siguadagnava il favore del genere umano.

SOTTOSEZIONE IVLA MORTE DEL FIGLIO

Sulla morte di Nimrod le scritture tacciono. Vi è un'antica tradizione secondo laquale egli morì di morte violenta. Le circostanze di tale morte, comunque, comevengono rappresentate dall'antichità, sono circondate da leggenda. Si dice cheuna tempesta di vento mandata da Dio contro la torre di Babele la rovesciasse eche Nimrod perisse sotto le sue rovine. Ciò potrebbe essere falso, poichéabbiamo sufficienti evidenze che la torre di Babele rimase a lungo dopo il tempodi Nimrod. Quindi, circa la morte di Nino, la storia profana è oscura e tenebrosa,sebbene un racconto narri che egli subisse una morte violenta come quella diPenteo, Licurgo e Orfeo che, si dice, fossero fatti a pezzi. L'identità di Nimrod, edell'egiziano Osiride è un fatto stabilito; in base a ciò noi cercheremo di far lucesulla morte di Nimrod. Osiride subì una morte violenta e tale morte fu il temacentrale di tutta l'idolatria egiziana. Se Osiride era Nimrod, come abbiamo visto,quella morte violenta che gli egiziani piangevano così pateticamente nelle lorofeste annuali non era altro che la morte di Nimrod. I racconti relativi alla mortedel dio adorato nei diversi riti misterici di diversi paesi raggiungono tutti lastessa conclusione. Una dichiarazione di Platone sembra mostrare che al suogiorno l'egiziano Osiride era considerato lo stesso che Tammuz; ed è ben notoche Tammuz non è altri che Adone, il famoso cacciatore, per la cui morte,secondo la leggenda, Venere pianse amaramente. Come le donne d'Egittopiangevano Osiride, così le donne Fenicie e Assire piangevano Tammuz e aRoma le donne facevano lamento su Bacco. Il Nebros o "cerbiatto maculato" erail simbolo di Bacco, poiché rappresentava Nebrod o lo stesso Nimrod. Orbene,in talune occasioni, nelle celebrazioni mistiche, il Nebros, o "cerbiattomacchiato", era fatto a pezzi, appositamente, come apprendiamo da Fotius incommemorazione di ciò che era avvenuto a Bacco che era rappresentato dalcerbiatto.Il fare a pezzi il Nebros "il cerbiatto maculato", conferma la conclusione che lamorte di Bacco come quella di Osiride, rappresentano la morte di Nebrod cheera adorato dai babilonesi sotto lo stesso nome di "maculato". Sebbene nontroviamo alcun racconto relativo ai misteri osservati in Grecia in memoria diOrione, il gigante e potente cacciatore celebrato da Omero, con tale nome,tuttavia egli era rappresentato simbolicamente come se fosse morto alla stessamaniera di Osiride, essendo quindi stato traslato in cielo1.Dalle storie persiane ci viene espressamente confermato che fu Nimrod adessere deificato dopo la sua morte, col nome di Orione, e posto fra le stelle.Abbiamo qui, dunque, un'ampia e conclusiva evidenza, che unitamente ci portaad una sola conclusione: che la morte di Nimrod, il bimbo adorato fra le bracciadella dea madre di Babilonia, fu una morte violenta.Orbene, quando questo potente eroe, nel mezzo della sua carriera di gloria, fustroncato improvvisamente da una morte violenta, sembra che il paese intero futravolto nella catastrofe. Quando la notizia si diffuse, coloro che vivevano dipiaceri credettero che si fosse eclissata la gaiezza delle nazioni. Alto fu illamento che si levò ovunque fino ai cieli, da parte degli apostati della fedeprimitiva per tale spaventosa catastrofe. Fu allora che, ebbero inizio lelamentazioni per Tammuz, nelle quali furono colpevolmente implicati i figlid'Israele, e la cui esistenza si può tracciare non solo attraverso gli annali

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46 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 46L e D u e B a b i l o n i edell'antichità, classica, ma nella letteratura mondiale da Ultima Thule alGiappone.Circa il prevalere di tali lamentazioni in Cina, così si esprime il Rev. W.Gillespie: “La festa del battello-dragone ha luogo a metà dell'estate ed è unastagione di grande eccitazione. Circa 2000 anni fa qui viveva un giovanemandarino cinese, Wat-yune, molto rispettato e prediletto dal popolo. Condolore di tutti, egli improvvisamente annegò nel fiume. Molti battelli siaccinsero immediatamente alla sua ricerca, ma il suo corpo non fu mai ritrovato.Fin d'allora, nello stesso giorno del mese, i battelli-dragone, vanno in cerca dilui”. "È qualcosa" aggiunge l'autore, "di simile al lamento per Adone, o al piantosu Tammuz menzionato nelle Scritture". Poiché il grande dio Budda èrappresentato in Cina generalmente come un negro, ciò può servire a identificareil diletto mandarino la cui perdita è pianta ogni anno. Il sistema religiosogiapponese coincide largamente con quello cinese. In Islanda, e in tutta laScandinavia, vi sono simili lamentazioni per la perdita del dio Balder. Balder acausa del tradimento del dio Loki, lo spirito del destino del male, secondoquanto era stato scritto nel libro del destino, doveva essere trucidato, sebbenel'impero del cielo dipendesse dalla sua vita". Suo padre Odino aveva "appreso ilterribile segreto dal libro del destino, avendo evocato uno dei Volar dal suodominio infernale. Tutti gli dèi tremarono nell'apprendere tale fatto. QuindiFrigga (la moglie di Odino) sottopose ogni oggetto, animato e inanimato aprestare giuramento di non distruggere o provvedere armi contro Balder. Fuoco,acqua, rocce e vegetali furono vincolati a tale solenne obbligo. Solo una pianta,il vischio, fu dimenticata. Loki scoperse l'omissione e ottenne un'arma fatale daquell'insignificante cespuglio. Fra i passatempi dei guerrieri del Valhalla(l'assemblea degli dèi) uno era quello di scagliare dardi contro la divinitàinvulnerabile, che provava piacere nel presentare il suo petto magico alle loroarmi. Durante uno di tali tornei, il genio malvagio pose un ramoscello di vischionelle mani del cieco Hoder e diresse la sua mira adempiendo la terribilepredizione mediante un involontario fratricidio. Gli astanti rimasero attoniti esenza parola dallo stupore; e la loro sfortuna fu grande più di ogni altra poichénessuno, per rispetto alla sacralità del luogo, osò vendicarlo. Con lagrime dilamenti essi trasportarono il corpo senza vita sulla spiaggia e lo posero su unbattello, come pira funebre, insieme a quello di Nanna la sua amata sposa cheera morta col cuore infranto. Il suo cavallo e le sue armi furono arsi insiemesecondo i riti funebri degli antichi eroi del nord". Quindi Frigga, sua madre, fusopraffatta dal dolore. "Inconsolabile per la perdita del suo meraviglioso figlio",dice il dott. Crichton "essa inviò Hermod (la rondine) alla dimora di Hela (la deadegli inferi, o delle regioni infernali), ad offrire un riscatto per la sualiberazione. La tetra dea promise che lo avrebbe liberato, a patto che ogni cosasulla terra fosse stata trovata in cordoglio per lui. Quindi dei messaggeri furonomandati in tutto il mondo a controllare che l'ordine fosse rispettato e gli effettidella tristezza generale furono come 'quando vi è un disgelo generale'". Vi sonovariazioni considerevoli dalla storia originale in queste due leggende; ma infondo l'essenza della storia è la stessa, per cui si presuppone abbiano le stesseorigini.

SOTTOSEZIONE VLA DEIFICAZIONE DEL FIGLIO

Se qualcuno più di ogni altro fu profondamente coinvolto nella tragica morte diNimrod, questi fu sua moglie Semiramide che, da una posizione umile all'inizio,era stata esaltata fino a condividere con lui il trono di Babilonia. Cosa avrebbefatto in tale situazione? Avrebbe quietamente dimenticato la fama e gli onori acui era stata abituata? No. Sebbene la morte di suo marito avesse inferto unbrutto colpo alla sua potenza, tuttavia la risoluzione e un'ambizione sfrenata laportarono a perseguire i suoi fini. In vita suo marito era stato onorato come uneroe, nella morte lei l'avrebbe fatto adorare come un dio, si, il promesso semedella donna, "Zero-asta"1 che era destinato a schiacciare la testa del serpente eche, nel farlo, avrebbe ricevuto una ferita al calcagno. I patriarchi e il mondoantico in generale erano perfettamente a conoscenza della grande promessaoriginaria dell'Eden e sapevano bene che il ferire il calcagno del seme promessovoleva dire la sua morte, e che la maledizione sarebbe stata rimossa dal mondosolo con la morte del grande Liberatore. Se la promessa relativa allo stritolare latesta del serpente in Genesi, fatta ai nostri progenitori, fu fatta realmente, e setutto il genere umano discende da loro, allora ci possiamo aspettare di trovaretracce d'essa in tutte le nazioni. E difatti è così. Difficilmente si trova un popolosulla terra nella cui mitologia essa non sia adombrata. I Greci rappresentavano illoro grande dio Apollo nell'atto di uccidere il serpente Pitone; ed Ercole chestrangola i serpenti mentre è ancora nella culla. In Egitto, India, Scandinavia eMessico troviamo chiare allusioni alla stessa grande verità. "Il genio del male"dice Wilkinson, "dell'avversario del dio egiziano Horus è frequentementerappresentato come un serpente con il capo trafitto da una spada. La stessaleggenda si rinviene nelle religioni dell'India, dove il malvagio serpente Calyia èucciso da Visnù, nella sua incarnazione di Crisna (Fig. 23) e la divinitàscandinava Thor avrebbe stritolato il capo del grande serpente con il suomartello". "L'origine di ciò", egli aggiunge "può farsi facilmente risalire allaBibbia". In riferimento a simili credenze fra i messicani, troviamo che Humboldtdice che "il serpente stritolato dal grande spirito Teotl, quando assume la formadi una delle divinità subalterne, è il genio del male, un vero Kakodemòne".Orbene, nella maggior parte dei casi, quando si esamina il soggetto fino infondo, ne emerge che il dio che distrugge il serpente è rappresentato come seperseverasse nelle difficoltà e sofferenze che conducono alla sua morte. Così ildio Thor, mentre infine sconfigge il grande serpente, è rappresentato come se,nel momento stesso della vittoria, perisse a causa degli effluvi velenosi del suorespiro. La stessa sembra essere la maniera in cui i babilonesi rappresentavano illoro grande distruttore dei serpenti. La sua misteriosa sofferenza è così descrittadal poeta greco Aratus, il cui linguaggio mostra che il significato dellarappresentazione era stato generalmente perduto, sebbene, considerato alla lucedelle Scritture, assuma un significato profondo:

"Una figura umana, sconvolta dalla fatica, appare; tuttavia il suonome rimane incerto;ne si conosce il lavoro che essa in tal modo sostiene; ma essa sembracadere sulle ginocchia;i mortali ignoranti la chiamano Engonasis; e mentre sublimente lesue maestose mani sono spalancate sotto di lui si agita l'orrida testa

163 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 163L e D u e B a b i l o n i eziato con Gibbon, il primo che rifiutò di adornarsi degli idolatrici abiti pontifica-li o apparire come pontefice.Adesso da questo è evidente che, quando il paganesimo fu abolito nell'imperoromano, quando la carica del pontefice massimo fu soppressa e tutti i dignitaridel paganesimo furono cacciati dai loro influenti e potenti insediamenti, questonon fu soltanto la cacciata del dragone di fuoco da Roma ma la cacciata del dra-gone di fuoco di Babilonia.In senso simbolico, era giusto il decreto sul reale solo e legittimo successore diNimrod, quando la grandezza del suo crollo diede origine all'esclamazione:«Come sei caduto dall'alto o Lucifero figlio del giorno».

SEZIONI IILA BESTIA DEL MARE

II prossimo grande nemico che la nostra documentazione presenta è la bestia dalmare. Riv. 13:1 «Ed esso stette fermo sulla sabbia del mare. E vidi ascendere dalmare una bestia selvaggia con dieci corna e sette teste, e sulle sue corna diecidiademi, ma sulle sue teste nomi blasfemi».Le sette teste e le dieci corna di questa bestia evidenziano come nel grande dra-gone questo potere sia essenzialmente la bestia stessa ma avendo subito un so-stanziale cambiamento. Dopo l'adorazione del dio del fuoco, nel vecchio sistemababilonese fece prontamente seguito l'adorazione del dio dell'acqua e del mare.Così come nel passato il mondo corse il rischio di venire bruciato, così adessoegualmente corre il rischio di venire sommerso.Si e visto attualmente che così è stato nella storia messicana. Essi dicono, prima-riamente fu distrutto con il fuoco e quindi fu distrutto con l'acqua.La mitologia druida dà la stessa versione, attraverso i Bardi afferma che unatremenda tempesta di fuoco spaccò la terra e fu rapidamente seguita dall'esplo-sione del Lake-Elion, quando le acque degli abissi tracimarono «coprendo tuttoil mondo». In Grecia troviamo narrata la stessa storia. Diodoro Siculo ci dice,che nei primi tempi, un mostro chiamato Egida, il quale vomitava fiamme, ap-parve in Frigia e da quel momento spandendo lungo il monte Taurus improvvisie travolgenti scoppi d'incendi bruciò tutti i boschi fino all’ India, spazzò la fore-sta del monte Lebanon e si estese dall'Egitto all'Africa, fermandosi solo quandofu costretto da Minerva. I Frigi ricordarono bene quelle conflagrazioni ed il dilu-vio che lo seguì. Ovidio stesso nella sua favola della trasformazione del cigno,alluse chiaramente alla stessa adorazione del fuoco alla quale fece velocementeseguito l'adorazione dell'acqua. Egli descrive il re Cigno che unitesi agli amicidi Phaethon e di conseguenza all'adorazione del fuoco, dopo la morte dei suoiamici avvenuta a mezzo del fuoco, lo odiò a tal punto da prendere l'elementocontrario che è l'acqua, come suo habitat, e si trasformò in cigno.Il grande diluvio che in India occupa un posto rilevante nella storia della mitolo-gia, sebbene fosse confuso con la storia di Noè deve essere stato evidenziato congli stessi simboli, e fu durante quel diluvio che gli ultimi Vedas o libri sacri fu-rono ritrovati per mezzo del grande dio nella forma di pesce. Evidentemente laperdita dei Vedas ebbe luogo nell'esatto periodo del terribile disastro accorso aquesti dei; secondo i Purans, un dio, acerrimo nemico di questi dei, chiomatoDurgu, abolì tutte le cerimonie religiose e i Bramini spaventati abbandonarono

la lettura dei Vedas. Il fuoco perse la sua energia e le stelle atterrite si nascoseroalla vista, in altre parole l'idolatrica adorazione del fuoco e l'adorazione dei corpicelesti furono soppresse. Così quando noi consideriamo Babilonia troviamosostanzialmente la medesima situazione.In Beroso l'inizio del diluvio è rappresentato con il periodo di Alorus o dio delfuoco, ovvero Nimrod, il che evidenzia che sono entrambi intesi in senso simbo-lico. Adesso, da questo diluvio, emerge Dagon il dio pesce o dio del mare. Leorigini dell'adorazione di Dagon, descritte da Beroso, sono fondate sulla leggen-da che al tempo dei tempi, quando gli uomini erano ancora barbari, uscì dal marRosso o golfo Persico, una bestia chiamata Oannes, mezzo uomo e mezzo pesceche civilizzò i Babilonesi insegnando loro le arti e le scienze ed istruendoli nellapolitica e nella religione.L'adorazione di Dagon fu introdotta da molte parti esonerando naturalmente,Nimrod che aveva precedentemente tanto sedotto il mondo con l'adorazione delfuoco.Coloro che erano introdotti nel mistero segreto, in un primo tempo professandoavversione alla prescritta adorazione del fuoco, cercarono di recuperare la loroinfluenza e potere con terribili immagini raffiguranti il diluvio nel quale Noè èrappresentato con il nome di Dagon, ovvero il dio pesce; scene in cui l'interafamiglia dell'uomo disturbata dagli eventi della natura non potè fare a meno disentire un profondo interesse per la loro comune relazione con il secondo padredella razza umana. Visto la mescolanza di questi misteri essi poterono solo ri-chiamare alla memoria quella idolatria ristabilendo sostanzialmente l'esatto si-stema che avevano ripudiato.Così velocemente fu preparato il cammino per questo: Tammuz venne presenta-to come colui che si concede all'immolazione per il bene dell'umanità. Una di-stinzione fu fatta tra il dio serpente ed il serpente reale. La specie divina fu rap-presentata con il serpente di Agathodaemon, l'altra specie con il serpente di Ca-codaemon ovvero il maligno.Fu facile quindi portare gradatamente gli uomini a credere che, a dispetto ditutte le apparenze contrarie, Tammuz invece di essere il padrone dell'adorazionedel serpente, in senso cattivo, fosse in realtà il grande nemico di Apophis, ilgrande serpente maligno, invidioso delle gioie del genere umano, o che in effettiegli fosse il vero seme della donna destinato a frantumare la testa del serpente.In qualche modo per i metempsicosi fu facile identificare Nimrod in Noè e fa-cendo questo pare che i patriarchi accondiscendessero graziosamente a reincar-narsi in persone da loro favorevolmente scelte; così Dagon potè nuovamenteriportare l'umanità ancora a quelle benedizioni che aveva perduto con l'uccisionedi Nimrod. Certo è che, nei misteri caldei, dovunque essi fossero istituiti, Dagonfu adorato con una caratteristica che rappresentava entrambi. In un sistema pre-cedente un grande modo per purificarsi era attraverso il fuoco, adesso è con l'ac-qua.In quel tempo ebbe inizio la dottrina della rigenerazione battesimale connessacon il passaggio di Noè attraverso le acque del diluvio. Allora iniziò la venera-zione sulla terra per le sacre sorgenti, i sacri laghi, i sacri fiumi ovunque si tro-vassero.Tra i Parsi, che durante l'adorazione del fuoco, adorarono anche Zereparankando mar Caspio e tra gli indiani che adorano le acque purificatrici del Gange quel-lo che conta è che questo è il grande passaporto per il cielo. Ancora oggi nell'Ir-

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162 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 162L e D u e B a b i l o n i eziato con Gibbon, il primo che rifiutò di adornarsi degli idolatrici abiti pontifica-li o apparire come pontefice.Adesso da questo è evidente che, quando il paganesimo fu abolito nell'imperoromano, quando la carica del pontefice massimo fu soppressa e tutti i dignitaridel paganesimo furono cacciati dai loro influenti e potenti insediamenti, questonon fu soltanto la cacciata del dragone di fuoco da Roma ma la cacciata del dra-gone di fuoco di Babilonia.In senso simbolico, era giusto il decreto sul reale solo e legittimo successore diNimrod, quando la grandezza del suo crollo diede origine all'esclamazione:«Come sei caduto dall'alto o Lucifero figlio del giorno».

SEZIONI IILA BESTIA DEL MARE

II prossimo grande nemico che la nostra documentazione presenta è la bestia dalmare. Riv. 13:1 «Ed esso stette fermo sulla sabbia del mare. E vidi ascendere dalmare una bestia selvaggia con dieci corna e sette teste, e sulle sue corna diecidiademi, ma sulle sue teste nomi blasfemi».Le sette teste e le dieci corna di questa bestia evidenziano come nel grande dra-gone questo potere sia essenzialmente la bestia stessa ma avendo subito un so-stanziale cambiamento. Dopo l'adorazione del dio del fuoco, nel vecchio sistemababilonese fece prontamente seguito l'adorazione del dio dell'acqua e del mare.Così come nel passato il mondo corse il rischio di venire bruciato, così adessoegualmente corre il rischio di venire sommerso.Si e visto attualmente che così è stato nella storia messicana. Essi dicono, prima-riamente fu distrutto con il fuoco e quindi fu distrutto con l'acqua.La mitologia druida dà la stessa versione, attraverso i Bardi afferma che unatremenda tempesta di fuoco spaccò la terra e fu rapidamente seguita dall'esplo-sione del Lake-Elion, quando le acque degli abissi tracimarono «coprendo tuttoil mondo». In Grecia troviamo narrata la stessa storia. Diodoro Siculo ci dice,che nei primi tempi, un mostro chiamato Egida, il quale vomitava fiamme, ap-parve in Frigia e da quel momento spandendo lungo il monte Taurus improvvisie travolgenti scoppi d'incendi bruciò tutti i boschi fino all’ India, spazzò la fore-sta del monte Lebanon e si estese dall'Egitto all'Africa, fermandosi solo quandofu costretto da Minerva. I Frigi ricordarono bene quelle conflagrazioni ed il dilu-vio che lo seguì. Ovidio stesso nella sua favola della trasformazione del cigno,alluse chiaramente alla stessa adorazione del fuoco alla quale fece velocementeseguito l'adorazione dell'acqua. Egli descrive il re Cigno che unitesi agli amicidi Phaethon e di conseguenza all'adorazione del fuoco, dopo la morte dei suoiamici avvenuta a mezzo del fuoco, lo odiò a tal punto da prendere l'elementocontrario che è l'acqua, come suo habitat, e si trasformò in cigno.Il grande diluvio che in India occupa un posto rilevante nella storia della mitolo-gia, sebbene fosse confuso con la storia di Noè deve essere stato evidenziato congli stessi simboli, e fu durante quel diluvio che gli ultimi Vedas o libri sacri fu-rono ritrovati per mezzo del grande dio nella forma di pesce. Evidentemente laperdita dei Vedas ebbe luogo nell'esatto periodo del terribile disastro accorso aquesti dei; secondo i Purans, un dio, acerrimo nemico di questi dei, chiomatoDurgu, abolì tutte le cerimonie religiose e i Bramini spaventati abbandonarono

la lettura dei Vedas. Il fuoco perse la sua energia e le stelle atterrite si nascoseroalla vista, in altre parole l'idolatrica adorazione del fuoco e l'adorazione dei corpicelesti furono soppresse. Così quando noi consideriamo Babilonia troviamosostanzialmente la medesima situazione.In Beroso l'inizio del diluvio è rappresentato con il periodo di Alorus o dio delfuoco, ovvero Nimrod, il che evidenzia che sono entrambi intesi in senso simbo-lico. Adesso, da questo diluvio, emerge Dagon il dio pesce o dio del mare. Leorigini dell'adorazione di Dagon, descritte da Beroso, sono fondate sulla leggen-da che al tempo dei tempi, quando gli uomini erano ancora barbari, uscì dal marRosso o golfo Persico, una bestia chiamata Oannes, mezzo uomo e mezzo pesceche civilizzò i Babilonesi insegnando loro le arti e le scienze ed istruendoli nellapolitica e nella religione.L'adorazione di Dagon fu introdotta da molte parti esonerando naturalmente,Nimrod che aveva precedentemente tanto sedotto il mondo con l'adorazione delfuoco.Coloro che erano introdotti nel mistero segreto, in un primo tempo professandoavversione alla prescritta adorazione del fuoco, cercarono di recuperare la loroinfluenza e potere con terribili immagini raffiguranti il diluvio nel quale Noè èrappresentato con il nome di Dagon, ovvero il dio pesce; scene in cui l'interafamiglia dell'uomo disturbata dagli eventi della natura non potè fare a meno disentire un profondo interesse per la loro comune relazione con il secondo padredella razza umana. Visto la mescolanza di questi misteri essi poterono solo ri-chiamare alla memoria quella idolatria ristabilendo sostanzialmente l'esatto si-stema che avevano ripudiato.Così velocemente fu preparato il cammino per questo: Tammuz venne presenta-to come colui che si concede all'immolazione per il bene dell'umanità. Una di-stinzione fu fatta tra il dio serpente ed il serpente reale. La specie divina fu rap-presentata con il serpente di Agathodaemon, l'altra specie con il serpente di Ca-codaemon ovvero il maligno.Fu facile quindi portare gradatamente gli uomini a credere che, a dispetto ditutte le apparenze contrarie, Tammuz invece di essere il padrone dell'adorazionedel serpente, in senso cattivo, fosse in realtà il grande nemico di Apophis, ilgrande serpente maligno, invidioso delle gioie del genere umano, o che in effettiegli fosse il vero seme della donna destinato a frantumare la testa del serpente.In qualche modo per i metempsicosi fu facile identificare Nimrod in Noè e fa-cendo questo pare che i patriarchi accondiscendessero graziosamente a reincar-narsi in persone da loro favorevolmente scelte; così Dagon potè nuovamenteriportare l'umanità ancora a quelle benedizioni che aveva perduto con l'uccisionedi Nimrod. Certo è che, nei misteri caldei, dovunque essi fossero istituiti, Dagonfu adorato con una caratteristica che rappresentava entrambi. In un sistema pre-cedente un grande modo per purificarsi era attraverso il fuoco, adesso è con l'ac-qua.In quel tempo ebbe inizio la dottrina della rigenerazione battesimale connessacon il passaggio di Noè attraverso le acque del diluvio. Allora iniziò la venera-zione sulla terra per le sacre sorgenti, i sacri laghi, i sacri fiumi ovunque si tro-vassero.Tra i Parsi, che durante l'adorazione del fuoco, adorarono anche Zereparankando mar Caspio e tra gli indiani che adorano le acque purificatrici del Gange quel-lo che conta è che questo è il grande passaporto per il cielo. Ancora oggi nell'Ir-

47 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 47L e D u e B a b i l o n i edell'antichità, classica, ma nella letteratura mondiale da Ultima Thule alGiappone.Circa il prevalere di tali lamentazioni in Cina, così si esprime il Rev. W.Gillespie: “La festa del battello-dragone ha luogo a metà dell'estate ed è unastagione di grande eccitazione. Circa 2000 anni fa qui viveva un giovanemandarino cinese, Wat-yune, molto rispettato e prediletto dal popolo. Condolore di tutti, egli improvvisamente annegò nel fiume. Molti battelli siaccinsero immediatamente alla sua ricerca, ma il suo corpo non fu mai ritrovato.Fin d'allora, nello stesso giorno del mese, i battelli-dragone, vanno in cerca dilui”. "È qualcosa" aggiunge l'autore, "di simile al lamento per Adone, o al piantosu Tammuz menzionato nelle Scritture". Poiché il grande dio Budda èrappresentato in Cina generalmente come un negro, ciò può servire a identificareil diletto mandarino la cui perdita è pianta ogni anno. Il sistema religiosogiapponese coincide largamente con quello cinese. In Islanda, e in tutta laScandinavia, vi sono simili lamentazioni per la perdita del dio Balder. Balder acausa del tradimento del dio Loki, lo spirito del destino del male, secondoquanto era stato scritto nel libro del destino, doveva essere trucidato, sebbenel'impero del cielo dipendesse dalla sua vita". Suo padre Odino aveva "appreso ilterribile segreto dal libro del destino, avendo evocato uno dei Volar dal suodominio infernale. Tutti gli dèi tremarono nell'apprendere tale fatto. QuindiFrigga (la moglie di Odino) sottopose ogni oggetto, animato e inanimato aprestare giuramento di non distruggere o provvedere armi contro Balder. Fuoco,acqua, rocce e vegetali furono vincolati a tale solenne obbligo. Solo una pianta,il vischio, fu dimenticata. Loki scoperse l'omissione e ottenne un'arma fatale daquell'insignificante cespuglio. Fra i passatempi dei guerrieri del Valhalla(l'assemblea degli dèi) uno era quello di scagliare dardi contro la divinitàinvulnerabile, che provava piacere nel presentare il suo petto magico alle loroarmi. Durante uno di tali tornei, il genio malvagio pose un ramoscello di vischionelle mani del cieco Hoder e diresse la sua mira adempiendo la terribilepredizione mediante un involontario fratricidio. Gli astanti rimasero attoniti esenza parola dallo stupore; e la loro sfortuna fu grande più di ogni altra poichénessuno, per rispetto alla sacralità del luogo, osò vendicarlo. Con lagrime dilamenti essi trasportarono il corpo senza vita sulla spiaggia e lo posero su unbattello, come pira funebre, insieme a quello di Nanna la sua amata sposa cheera morta col cuore infranto. Il suo cavallo e le sue armi furono arsi insiemesecondo i riti funebri degli antichi eroi del nord". Quindi Frigga, sua madre, fusopraffatta dal dolore. "Inconsolabile per la perdita del suo meraviglioso figlio",dice il dott. Crichton "essa inviò Hermod (la rondine) alla dimora di Hela (la deadegli inferi, o delle regioni infernali), ad offrire un riscatto per la sualiberazione. La tetra dea promise che lo avrebbe liberato, a patto che ogni cosasulla terra fosse stata trovata in cordoglio per lui. Quindi dei messaggeri furonomandati in tutto il mondo a controllare che l'ordine fosse rispettato e gli effettidella tristezza generale furono come 'quando vi è un disgelo generale'". Vi sonovariazioni considerevoli dalla storia originale in queste due leggende; ma infondo l'essenza della storia è la stessa, per cui si presuppone abbiano le stesseorigini.

SOTTOSEZIONE VLA DEIFICAZIONE DEL FIGLIO

Se qualcuno più di ogni altro fu profondamente coinvolto nella tragica morte diNimrod, questi fu sua moglie Semiramide che, da una posizione umile all'inizio,era stata esaltata fino a condividere con lui il trono di Babilonia. Cosa avrebbefatto in tale situazione? Avrebbe quietamente dimenticato la fama e gli onori acui era stata abituata? No. Sebbene la morte di suo marito avesse inferto unbrutto colpo alla sua potenza, tuttavia la risoluzione e un'ambizione sfrenata laportarono a perseguire i suoi fini. In vita suo marito era stato onorato come uneroe, nella morte lei l'avrebbe fatto adorare come un dio, si, il promesso semedella donna, "Zero-asta"1 che era destinato a schiacciare la testa del serpente eche, nel farlo, avrebbe ricevuto una ferita al calcagno. I patriarchi e il mondoantico in generale erano perfettamente a conoscenza della grande promessaoriginaria dell'Eden e sapevano bene che il ferire il calcagno del seme promessovoleva dire la sua morte, e che la maledizione sarebbe stata rimossa dal mondosolo con la morte del grande Liberatore. Se la promessa relativa allo stritolare latesta del serpente in Genesi, fatta ai nostri progenitori, fu fatta realmente, e setutto il genere umano discende da loro, allora ci possiamo aspettare di trovaretracce d'essa in tutte le nazioni. E difatti è così. Difficilmente si trova un popolosulla terra nella cui mitologia essa non sia adombrata. I Greci rappresentavano illoro grande dio Apollo nell'atto di uccidere il serpente Pitone; ed Ercole chestrangola i serpenti mentre è ancora nella culla. In Egitto, India, Scandinavia eMessico troviamo chiare allusioni alla stessa grande verità. "Il genio del male"dice Wilkinson, "dell'avversario del dio egiziano Horus è frequentementerappresentato come un serpente con il capo trafitto da una spada. La stessaleggenda si rinviene nelle religioni dell'India, dove il malvagio serpente Calyia èucciso da Visnù, nella sua incarnazione di Crisna (Fig. 23) e la divinitàscandinava Thor avrebbe stritolato il capo del grande serpente con il suomartello". "L'origine di ciò", egli aggiunge "può farsi facilmente risalire allaBibbia". In riferimento a simili credenze fra i messicani, troviamo che Humboldtdice che "il serpente stritolato dal grande spirito Teotl, quando assume la formadi una delle divinità subalterne, è il genio del male, un vero Kakodemòne".Orbene, nella maggior parte dei casi, quando si esamina il soggetto fino infondo, ne emerge che il dio che distrugge il serpente è rappresentato come seperseverasse nelle difficoltà e sofferenze che conducono alla sua morte. Così ildio Thor, mentre infine sconfigge il grande serpente, è rappresentato come se,nel momento stesso della vittoria, perisse a causa degli effluvi velenosi del suorespiro. La stessa sembra essere la maniera in cui i babilonesi rappresentavano illoro grande distruttore dei serpenti. La sua misteriosa sofferenza è così descrittadal poeta greco Aratus, il cui linguaggio mostra che il significato dellarappresentazione era stato generalmente perduto, sebbene, considerato alla lucedelle Scritture, assuma un significato profondo:

"Una figura umana, sconvolta dalla fatica, appare; tuttavia il suonome rimane incerto;ne si conosce il lavoro che essa in tal modo sostiene; ma essa sembracadere sulle ginocchia;i mortali ignoranti la chiamano Engonasis; e mentre sublimente lesue maestose mani sono spalancate sotto di lui si agita l'orrida testa

Page 48: Libro Due Babilonie

48 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 48L e D u e B a b i l o n i edel dragone, e il suo piede destro sembra fermo, fisso sulla cresta dascacciare del mostro che si contorce".

La costellazione così rappresentata è conosciuta con il nome comune de"L'inginocchiato" dalla stessa descrizione di questo poeta greco, ma è chiaro

che, poiché "Engonasis" proviene da Babilonia,dev'essere interpretata, non in greco bensì incaldeo, poiché l'azione stessa dellarappresentazione lo richiede, il titolo delsofferente misterioso è proprio "Colui cheschiaccia il serpente". Alcune volte comunque,l'effettiva uccisione del serpente era rappresentatacome qualcosa di più facile; tuttavia, ancheallora, l'ultimo risultato era la morte. La mortedel distruttore di serpente è descritta in modo danon lasciare dubbi circa l'origine della leggenda.Questo è proprio il caso del dio indiano Crisna, acui allude Wilkinson nell'estratto già fornito.

Nella leggenda che lo riguarda, vi è incluso il racconto della primitiva promessaedenica. Per primo, egli è rappresentato nelle raffigurazioni e nelle immaginicon il suo piede sul capo del grande serpente e quindi, dopo averlo distrutto,narra la leggenda, egli muore in conseguenza d'una freccia al piede e, come nelcaso di Tammuz, vengono fatti annualmente grandi lamenti sulla sua morte.Anche in Grecia, nella storia classica di Paride e di Achille, abbiamo una chiaraallusione a quella parte della promessa primitiva, che si riferisce al ferire ilcalcagno del conquistatore. Achille, figlio unico di una dea, era invulnerabile,eccetto il tallone, dove una ferita sarebbe stata mortale. Su di esso l'avversariodiresse il suo colpo ed il risultato fu la morte.Orbene, se vi è ancora tale evidenza che perfino i pagani sapevano che solomorendo il promesso Messia avrebbe distrutto la morte e colui che ha il poteredella morte, cioè il Diavolo, quanto più vivida dev'essere stata l'impressione delgenere umano in generale circa questa verità vitale ai primi giorni diSemiramide, quand'erano ancora tanto vicini alla sorgente di tutte le tradizionidivine. Quando perciò fu dato il nome di Zoroastes "il seme della donna" a coluiche era perito nel mezzo della sua fortunata carriera di falsa adorazione eapostasia, non può esservi dubbio sul significato che quel nome intendevatrasmettere. E il fatto della morte violenta dell'eroe che, nelle considerazioni deisuoi sostenitori, aveva fatto così tanto bene al genere umano, rendendo felice laloro esistenza e liberandoli dal timore dell'ira avvenire, invece d'essere fatale alconferimento di tale titolo, lo favorì più di qualsiasi altro audace disegno. Tuttociò che era necessario all'approvazione del progetto da parte di coloro chedesideravano una scusa per continuare l'apostasia dal vero Dio, era solod'insegnare che, sebbene il grande promotore dell'apostasia fosse caduto predadella malizia degli uomini, egli aveva gratuitamente offerto se stesso per il benedel genere umano. Orbene, questo è in realtà ciò che fu fatto. La versione caldeadella storia del grande Zeroastro è che egli pregò l'Iddio supremo del cielo diprendersi la sua vita; che quella sua preghiera fu esaudita e che egli spirasse,assicurò ai suoi discepoli che, se avessero mostrato il dovuto riguardo per la suamemoria, l'impero non si sarebbe dipartito dai Babilonesi. Ciò che Beroso, lo

storico babilonese, dice circa lo stroncamento del capo del grande dio Belus,porta alla stessa conclusione che Belus comandò a uno degli dèi di tagliargli latesta, affinchè dal sangue così versato per suo comando e di sua propria volontà,quando si fosse mischiato con la terra, potessero essere formate delle nuovecreature, poiché la prima creazione è rappresentata come una sorta di fallimento.Così la morte di Belus, che rappresentava Nimrod, come quella attribuita aZoroastro, fu rappresentata del tutto...volontaria, alla quale egli si sottopose peril beneficio del mondo.Sembra che sia stato solo quando l'eroe morto fu deificato che i misteri segretivennero all'esistenza. La precedente forma di apostasia durante la vita diNimrod sembra sia stata aperta e pubblica. Orbene, si credette evidentementeche farne pubblicità non fosse appropriato. La morte del grande promotoredell'apostasia non fu la morte di un guerriero ucciso in battaglia, ma un atto dirigore giudiziario, inflitto solennemente. Ciò è ben stabilito dal racconto dellamorte sia di Tammuz, sia di Osiride. Ciò che segue è il racconto di Tammuz,provveduto dal celebrato Maimonide: "Quando il falso profeta chiamatoTammuz predicò a un certo re che avrebbe dovuto adorare le sette stelle e idodici segni dello zodiaco, quel re ordinò che gli fosse inflitta una morteterribile. La notte della sua morte tutte le immagini da ogni angolo della terra siradunarono nel tempio di Babilonia dinanzi alla grande immagine d'oro delSole, che era sospesa fra il cielo e la terra. Tale immagine si prostrò nel mezzodel tempio e così fecero tutte le immagini attorno ad essa, mentre essa leinformava di ciò che era accaduto a Tammuz. Le immagini piansero e silamentarono tutta la notte e quindi al mattino se ne fuggirono, ciascuna al suotempio ai confini della terra. Da lì sorse l'abitudine ogni anno di far lutto e dipiangere per Tammuz". Vi è qui naturalmente tutta la stravaganza dell'idolatria,che Mamoide trovò nei libri sacri dei caldei che aveva consultato, ma non vi èalcun motivo di dubitare del fatto in se stesso, sia per quanto riguarda il modoche il motivo della morte di Tammuz. In questa leggenda caldea è affermato chefu per comando di 'un certo re' che tale promotore dell'apostasia fu messo amorte. Chi potrebbe essere tale re che si oppose con tale determinazioneall'adorazione delle schiere dei cieli? Da ciò che si narra circa l'Ercole egiziano,viene fatta considerevole luce sul soggetto. Wilkinson ammette che l'Ercole piùantico, in realtà il più primitivo, fu quello che in Egitto era conosciuto comecolui che avevacon "la potenza degli dèi" combattuto e sopraffatto i giganti.Orbene non v'è dubbio che il titolo e la caratteristica di Ercole furono datesuccessivamente dai pagani a colui che essi adoravano come grande liberatore oMessia, proprio come gli avversari delle divinità pagane furono stigmatizzaticome i "giganti" che si erano ribellati contro il cielo. Ma desideriamo che illettore rifletta da solo su chi fossero i veri Giganti che si ribellarono contro ilcielo. Essi erano Nimrod e la sua gente; poiché i Giganti erano proprio i"Potenti" di cui Nimrod era il capo. Chi, quindi, molto probabilmente fu il capodell'opposizione all'apostasia dalla fede primitiva? Se Sem a quel tempo eravivente, non è probabile che si trattasse di lui? In pieno accordo con questadeduzione troviamo che uno dei nomi dell'Ercole primitivo in Egitto era "Sem".Se "Sem" era l'Ercole primitivo che sconfisse i Giganti e non mediante lasemplice forza fisica, ma mediante la "potenza di Dio" o la forza dello SpiritoSanto ciò armonizza perfettamente con il suo carattere; oltre a ciò è d'accordo inmaniera rimarchevole con il racconto egiziano della morte di Osiride. Gli

II serpente Calya ucciso daVisnù nella sua incarnazione diCrisna ed una dea egiziana cheschiaccia la testa del serpente

161 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 161L e D u e B a b i l o n i eMentre Nino è letteralmente ucciso con la spada, Sem, con la spada dello Spiri-to, vince il sistema dell'adorazione del fuoco e così sottomette il cuore degliuomini inducendoli a credere, per un certo periodo di tempo, che tale sistema diadorazione fosse totalmente estinto.Nell'impero romano, allo stesso modo morì il dragone di fuoco, ricevendo unamortale ferita di spada, quella spada dello Spirito, la quale è la parola di Dio.Così questa è un'esatta analogia tra tipo e anti-tipo; ma non solo in questo.Quando i documenti storici sono indagati scrupolosamente, diventa evidenteche, quando la testa dell'idolatria di Roma fu staccata con la spada attraversol'eliminazione della carica di «Pontefice Massimo», l'ultimo pontefice massimoromano era L’ATTUALE, LEGITTIMA, ESCLUSIVA RAPPRESENTAZIONE DI NIMRODe del suo sistema idolatrico. Per chiarire questo è necessaria una breve occhiataalla storia romana.Nei primi periodi della preistoria, in comune con tutta la terra, Roma era profon-damente ubriaca della «Coppa d'oro» di Babilonia. Vi è una connessione conl'idolatria di Babilonia, che la pone al di sopra di ogni altra nazione in una posi-zione peculiare ed unica.Al tempo di Romolo, la rappresentazione del Messia Babilonese, chiamato colsuo nome, stabilì il suo tempio ad un dio e il suo palazzo ad un re, ed uno diquesti, molto imponente, venne a trovarsi all'interno delle mura di quella cittàche Remo e suo fratello erano destinati a fondare.Sulla collina Capitolina, famosa dopo quei giorni, come il grande eccelso luogodell'adorazione romana, fu eretta Saturnia, o città di Saturno il gran dio dei Cal-dei. Qualche ribellione ebbe luogo quando furono abolite le immagini scolpitedi Babilonia e fu rigorosamente proibito farsi qualche idolo; quando i due ge-melli fondatori di questa nuova città eressero le sue modeste mura, la città ed ilpalazzo dei loro predecessori babilonesi furono a lungo lasciati in rovina. Il ro-vinoso stato di quella sacra città, al tempo di Evander, è menzionato da Virgilio,riferendosi al tempo in cui Enea visitò l'antico re italiano. Così egli dice:Quando vedemmo due cumuli di rovine ecc. ecc.La mortale ferita inflitta al sistema caldeo, comunque, era destinata a guarire.Una colonia di Etruschi che zelantemente attaccò l'idolatria caldea immigrò,alcuni dall'Asia Minore, altri dalla Grecia e si insediò nei dintorni di Roma. Alungo andare furono incorporati nello stato romano, ma prima che questa fusio-ne politica avesse luogo, esercitarono la più potente influenza nella religione deiRomani. Per primi furono abili in divinazioni, presagi, in tutte le scienze reali opresunte, monopolizzando gli auspici ed i presagi, fatto sta che i Romani guar-darono loro con rispetto.E risaputo che i Romani ricavavano i loro oroscopi o presagi dalla lettura dellamano ed all'inizio nessuno, se non i nativi di questo paese potevano esercitare lafunzione di Haruspex (divinatore) che aveva riferimento con tutti i riti usati nelsacrificio.Guerre e dispute sorsero tra Roma e gli Etruschi, tuttavia una moltitudine dinobili romani, fu mandata in Etruria per essere istruita nelle sacre scienze che lìfiorivano.La conseguenza fu che i Romani, sotto l'influenza degli uomini di cui scrutava-no le menti, furono plasmati con quello che era radicato nell'antica adorazionedel fuoco e richiamarono alla memoria ancora molto di quell'idolatria che essiavevano formalmente ripudiato. Perciò, sebbene Numa nell'introdurre il suo

sistema religioso avesse finora tenuto in considerazione il sentimento prevalenteai suoi giorni, proibendo l'adorazione delle immagini per l'alleanza tra i Romanie gli Etruschi nelle cose sacre, introdusse argomenti per la definitiva sovversio-ne di quella proibizione.Il collegio dei pontefici di cui dispose la fondazione, nell'evolversi del tempo,divenne sostanzialmente un collegio etrusco e il Sovrano Pontefice presidentedel collegio e controllore di ogni pubblico e privato rito religioso del popoloromano, sotto ogni considerazione, divenne in spirito e in pratica un ponteficeetrusco.Anche dopo che l'idolatria etrusca fu assorbita dal sistema romano, il SovranoPontefice di Roma fu tuttavia solo un germoglio del grande originale sistemababilonese. Egli era un devoto adoratore del dio babilonese ma non era la legitti-ma rappresentazione di questo Dio. Il vero legittimo Pontefice di Babiloniaaveva il suo seggio oltre i confini dell'impero romano. Quel seggio, dopo lamorte di Belshazzar e l'espulsione dei sacerdoti caldei da Babilonia da parte deire Medi-Persiani, era a Pergamo dove era la congregazione di una delle settechiese dell'Asia. Lì, di conseguenza, per molti secoli fu il «Trono di Satana».Riv. 2:13:«So dove dimori, cioè dov'è il trono di Satana; e continui a tenere saldo il mionome» ecc.Lì era la sua dimora favorita, sotto la protezione del deificato re di Pergamo e lìera l'adorazione di Esculapio, sotto forma di un serpente, celebrata con terribiliorgie ed eccessi. Tale adorazione altrove era contenuta con misure di sicurezza.All'inizio il Pontefice romano non ebbe una immediata connessione con Perga-mo e la sua gerarchia, eppure nel corso dei tempi, il pontifìcato di Roma e quel-lo di Pergamo vennero ad essere identificati per analogia. Pergamo divenne par-te dell'impero romano quando Attalus III, l'ultimo dei suoi re, lasciò per testa-mento tutti i suoi domini al popolo romano nel 133 A.C.Dopo, per qualche tempo, il regno di Pergamo fu incorporato nel dominio roma-no e lì nessuno avrebbe potuto apertamente e opportunatamente avanzare dirittisu tutte le sue onorificenze inerenti al vecchio titolo dei re di Pergamo. In queltempo, anche il potere dei pontefici romani sembra fossero stati ridotti, maquando Giulio Cesare, già eletto Pontefice Massimo, diventò anche imperatore,il supremo civile governante dei romani, il capo dello stato di Roma e della reli-gione romana, avendo nelle sue mani tutti i poteri e le funzioni del vero legitti-mo pontefice di Babilonia, si assicurò tutta questa potenza.Quando gli sembrò opportuno rivendicare l'eredità divina di Attalus oltre al re-gno che Attalus aveva lasciato in eredità ai romani,accentrò anche su di se' l'at-tenzione a motivo della «Venus Genitrix», la quale sembra fosse la madre dellarazza Julian e sembra intendesse fare di lui «II figlio» di tutte le grandi dee, poi-ché Attalus era anche considerato come «II toro cornuto». Così, in certe occa-sioni, quando nell'esercizio delle sue funzioni pontificali, egli appare in tutto losfarzo e le abitudini babilonesi, è come lo stesso potente Belshazzar in abitiscarlatti con la croce di Nimrod tra le sue mani, indossando la mitra di Dagon eportando le chiavi di Giano e Cibele. La cosa potè così continuare, come giàvisto anche sotto i cosiddetti imperatori cristiani che stabilirono direttamentequale balsamo per la loro coscienza un entusiasmante sostituto nella rappresen-tazione della più idolatrica funzione del pontificato (ovunque quale sostitutooperante nel loro nome e nella loro autorità) fino al regno di grazia che è eviden-

Page 49: Libro Due Babilonie

160 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 160L e D u e B a b i l o n i eMentre Nino è letteralmente ucciso con la spada, Sem, con la spada dello Spiri-to, vince il sistema dell'adorazione del fuoco e così sottomette il cuore degliuomini inducendoli a credere, per un certo periodo di tempo, che tale sistema diadorazione fosse totalmente estinto.Nell'impero romano, allo stesso modo morì il dragone di fuoco, ricevendo unamortale ferita di spada, quella spada dello Spirito, la quale è la parola di Dio.Così questa è un'esatta analogia tra tipo e anti-tipo; ma non solo in questo.Quando i documenti storici sono indagati scrupolosamente, diventa evidenteche, quando la testa dell'idolatria di Roma fu staccata con la spada attraversol'eliminazione della carica di «Pontefice Massimo», l'ultimo pontefice massimoromano era L’ATTUALE, LEGITTIMA, ESCLUSIVA RAPPRESENTAZIONE DI NIMRODe del suo sistema idolatrico. Per chiarire questo è necessaria una breve occhiataalla storia romana.Nei primi periodi della preistoria, in comune con tutta la terra, Roma era profon-damente ubriaca della «Coppa d'oro» di Babilonia. Vi è una connessione conl'idolatria di Babilonia, che la pone al di sopra di ogni altra nazione in una posi-zione peculiare ed unica.Al tempo di Romolo, la rappresentazione del Messia Babilonese, chiamato colsuo nome, stabilì il suo tempio ad un dio e il suo palazzo ad un re, ed uno diquesti, molto imponente, venne a trovarsi all'interno delle mura di quella cittàche Remo e suo fratello erano destinati a fondare.Sulla collina Capitolina, famosa dopo quei giorni, come il grande eccelso luogodell'adorazione romana, fu eretta Saturnia, o città di Saturno il gran dio dei Cal-dei. Qualche ribellione ebbe luogo quando furono abolite le immagini scolpitedi Babilonia e fu rigorosamente proibito farsi qualche idolo; quando i due ge-melli fondatori di questa nuova città eressero le sue modeste mura, la città ed ilpalazzo dei loro predecessori babilonesi furono a lungo lasciati in rovina. Il ro-vinoso stato di quella sacra città, al tempo di Evander, è menzionato da Virgilio,riferendosi al tempo in cui Enea visitò l'antico re italiano. Così egli dice:Quando vedemmo due cumuli di rovine ecc. ecc.La mortale ferita inflitta al sistema caldeo, comunque, era destinata a guarire.Una colonia di Etruschi che zelantemente attaccò l'idolatria caldea immigrò,alcuni dall'Asia Minore, altri dalla Grecia e si insediò nei dintorni di Roma. Alungo andare furono incorporati nello stato romano, ma prima che questa fusio-ne politica avesse luogo, esercitarono la più potente influenza nella religione deiRomani. Per primi furono abili in divinazioni, presagi, in tutte le scienze reali opresunte, monopolizzando gli auspici ed i presagi, fatto sta che i Romani guar-darono loro con rispetto.E risaputo che i Romani ricavavano i loro oroscopi o presagi dalla lettura dellamano ed all'inizio nessuno, se non i nativi di questo paese potevano esercitare lafunzione di Haruspex (divinatore) che aveva riferimento con tutti i riti usati nelsacrificio.Guerre e dispute sorsero tra Roma e gli Etruschi, tuttavia una moltitudine dinobili romani, fu mandata in Etruria per essere istruita nelle sacre scienze che lìfiorivano.La conseguenza fu che i Romani, sotto l'influenza degli uomini di cui scrutava-no le menti, furono plasmati con quello che era radicato nell'antica adorazionedel fuoco e richiamarono alla memoria ancora molto di quell'idolatria che essiavevano formalmente ripudiato. Perciò, sebbene Numa nell'introdurre il suo

sistema religioso avesse finora tenuto in considerazione il sentimento prevalenteai suoi giorni, proibendo l'adorazione delle immagini per l'alleanza tra i Romanie gli Etruschi nelle cose sacre, introdusse argomenti per la definitiva sovversio-ne di quella proibizione.Il collegio dei pontefici di cui dispose la fondazione, nell'evolversi del tempo,divenne sostanzialmente un collegio etrusco e il Sovrano Pontefice presidentedel collegio e controllore di ogni pubblico e privato rito religioso del popoloromano, sotto ogni considerazione, divenne in spirito e in pratica un ponteficeetrusco.Anche dopo che l'idolatria etrusca fu assorbita dal sistema romano, il SovranoPontefice di Roma fu tuttavia solo un germoglio del grande originale sistemababilonese. Egli era un devoto adoratore del dio babilonese ma non era la legitti-ma rappresentazione di questo Dio. Il vero legittimo Pontefice di Babiloniaaveva il suo seggio oltre i confini dell'impero romano. Quel seggio, dopo lamorte di Belshazzar e l'espulsione dei sacerdoti caldei da Babilonia da parte deire Medi-Persiani, era a Pergamo dove era la congregazione di una delle settechiese dell'Asia. Lì, di conseguenza, per molti secoli fu il «Trono di Satana».Riv. 2:13:«So dove dimori, cioè dov'è il trono di Satana; e continui a tenere saldo il mionome» ecc.Lì era la sua dimora favorita, sotto la protezione del deificato re di Pergamo e lìera l'adorazione di Esculapio, sotto forma di un serpente, celebrata con terribiliorgie ed eccessi. Tale adorazione altrove era contenuta con misure di sicurezza.All'inizio il Pontefice romano non ebbe una immediata connessione con Perga-mo e la sua gerarchia, eppure nel corso dei tempi, il pontifìcato di Roma e quel-lo di Pergamo vennero ad essere identificati per analogia. Pergamo divenne par-te dell'impero romano quando Attalus III, l'ultimo dei suoi re, lasciò per testa-mento tutti i suoi domini al popolo romano nel 133 A.C.Dopo, per qualche tempo, il regno di Pergamo fu incorporato nel dominio roma-no e lì nessuno avrebbe potuto apertamente e opportunatamente avanzare dirittisu tutte le sue onorificenze inerenti al vecchio titolo dei re di Pergamo. In queltempo, anche il potere dei pontefici romani sembra fossero stati ridotti, maquando Giulio Cesare, già eletto Pontefice Massimo, diventò anche imperatore,il supremo civile governante dei romani, il capo dello stato di Roma e della reli-gione romana, avendo nelle sue mani tutti i poteri e le funzioni del vero legitti-mo pontefice di Babilonia, si assicurò tutta questa potenza.Quando gli sembrò opportuno rivendicare l'eredità divina di Attalus oltre al re-gno che Attalus aveva lasciato in eredità ai romani,accentrò anche su di se' l'at-tenzione a motivo della «Venus Genitrix», la quale sembra fosse la madre dellarazza Julian e sembra intendesse fare di lui «II figlio» di tutte le grandi dee, poi-ché Attalus era anche considerato come «II toro cornuto». Così, in certe occa-sioni, quando nell'esercizio delle sue funzioni pontificali, egli appare in tutto losfarzo e le abitudini babilonesi, è come lo stesso potente Belshazzar in abitiscarlatti con la croce di Nimrod tra le sue mani, indossando la mitra di Dagon eportando le chiavi di Giano e Cibele. La cosa potè così continuare, come giàvisto anche sotto i cosiddetti imperatori cristiani che stabilirono direttamentequale balsamo per la loro coscienza un entusiasmante sostituto nella rappresen-tazione della più idolatrica funzione del pontificato (ovunque quale sostitutooperante nel loro nome e nella loro autorità) fino al regno di grazia che è eviden-

49 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 49L e D u e B a b i l o n i edel dragone, e il suo piede destro sembra fermo, fisso sulla cresta dascacciare del mostro che si contorce".

La costellazione così rappresentata è conosciuta con il nome comune de"L'inginocchiato" dalla stessa descrizione di questo poeta greco, ma è chiaro

che, poiché "Engonasis" proviene da Babilonia,dev'essere interpretata, non in greco bensì incaldeo, poiché l'azione stessa dellarappresentazione lo richiede, il titolo delsofferente misterioso è proprio "Colui cheschiaccia il serpente". Alcune volte comunque,l'effettiva uccisione del serpente era rappresentatacome qualcosa di più facile; tuttavia, ancheallora, l'ultimo risultato era la morte. La mortedel distruttore di serpente è descritta in modo danon lasciare dubbi circa l'origine della leggenda.Questo è proprio il caso del dio indiano Crisna, acui allude Wilkinson nell'estratto già fornito.

Nella leggenda che lo riguarda, vi è incluso il racconto della primitiva promessaedenica. Per primo, egli è rappresentato nelle raffigurazioni e nelle immaginicon il suo piede sul capo del grande serpente e quindi, dopo averlo distrutto,narra la leggenda, egli muore in conseguenza d'una freccia al piede e, come nelcaso di Tammuz, vengono fatti annualmente grandi lamenti sulla sua morte.Anche in Grecia, nella storia classica di Paride e di Achille, abbiamo una chiaraallusione a quella parte della promessa primitiva, che si riferisce al ferire ilcalcagno del conquistatore. Achille, figlio unico di una dea, era invulnerabile,eccetto il tallone, dove una ferita sarebbe stata mortale. Su di esso l'avversariodiresse il suo colpo ed il risultato fu la morte.Orbene, se vi è ancora tale evidenza che perfino i pagani sapevano che solomorendo il promesso Messia avrebbe distrutto la morte e colui che ha il poteredella morte, cioè il Diavolo, quanto più vivida dev'essere stata l'impressione delgenere umano in generale circa questa verità vitale ai primi giorni diSemiramide, quand'erano ancora tanto vicini alla sorgente di tutte le tradizionidivine. Quando perciò fu dato il nome di Zoroastes "il seme della donna" a coluiche era perito nel mezzo della sua fortunata carriera di falsa adorazione eapostasia, non può esservi dubbio sul significato che quel nome intendevatrasmettere. E il fatto della morte violenta dell'eroe che, nelle considerazioni deisuoi sostenitori, aveva fatto così tanto bene al genere umano, rendendo felice laloro esistenza e liberandoli dal timore dell'ira avvenire, invece d'essere fatale alconferimento di tale titolo, lo favorì più di qualsiasi altro audace disegno. Tuttociò che era necessario all'approvazione del progetto da parte di coloro chedesideravano una scusa per continuare l'apostasia dal vero Dio, era solod'insegnare che, sebbene il grande promotore dell'apostasia fosse caduto predadella malizia degli uomini, egli aveva gratuitamente offerto se stesso per il benedel genere umano. Orbene, questo è in realtà ciò che fu fatto. La versione caldeadella storia del grande Zeroastro è che egli pregò l'Iddio supremo del cielo diprendersi la sua vita; che quella sua preghiera fu esaudita e che egli spirasse,assicurò ai suoi discepoli che, se avessero mostrato il dovuto riguardo per la suamemoria, l'impero non si sarebbe dipartito dai Babilonesi. Ciò che Beroso, lo

storico babilonese, dice circa lo stroncamento del capo del grande dio Belus,porta alla stessa conclusione che Belus comandò a uno degli dèi di tagliargli latesta, affinchè dal sangue così versato per suo comando e di sua propria volontà,quando si fosse mischiato con la terra, potessero essere formate delle nuovecreature, poiché la prima creazione è rappresentata come una sorta di fallimento.Così la morte di Belus, che rappresentava Nimrod, come quella attribuita aZoroastro, fu rappresentata del tutto...volontaria, alla quale egli si sottopose peril beneficio del mondo.Sembra che sia stato solo quando l'eroe morto fu deificato che i misteri segretivennero all'esistenza. La precedente forma di apostasia durante la vita diNimrod sembra sia stata aperta e pubblica. Orbene, si credette evidentementeche farne pubblicità non fosse appropriato. La morte del grande promotoredell'apostasia non fu la morte di un guerriero ucciso in battaglia, ma un atto dirigore giudiziario, inflitto solennemente. Ciò è ben stabilito dal racconto dellamorte sia di Tammuz, sia di Osiride. Ciò che segue è il racconto di Tammuz,provveduto dal celebrato Maimonide: "Quando il falso profeta chiamatoTammuz predicò a un certo re che avrebbe dovuto adorare le sette stelle e idodici segni dello zodiaco, quel re ordinò che gli fosse inflitta una morteterribile. La notte della sua morte tutte le immagini da ogni angolo della terra siradunarono nel tempio di Babilonia dinanzi alla grande immagine d'oro delSole, che era sospesa fra il cielo e la terra. Tale immagine si prostrò nel mezzodel tempio e così fecero tutte le immagini attorno ad essa, mentre essa leinformava di ciò che era accaduto a Tammuz. Le immagini piansero e silamentarono tutta la notte e quindi al mattino se ne fuggirono, ciascuna al suotempio ai confini della terra. Da lì sorse l'abitudine ogni anno di far lutto e dipiangere per Tammuz". Vi è qui naturalmente tutta la stravaganza dell'idolatria,che Mamoide trovò nei libri sacri dei caldei che aveva consultato, ma non vi èalcun motivo di dubitare del fatto in se stesso, sia per quanto riguarda il modoche il motivo della morte di Tammuz. In questa leggenda caldea è affermato chefu per comando di 'un certo re' che tale promotore dell'apostasia fu messo amorte. Chi potrebbe essere tale re che si oppose con tale determinazioneall'adorazione delle schiere dei cieli? Da ciò che si narra circa l'Ercole egiziano,viene fatta considerevole luce sul soggetto. Wilkinson ammette che l'Ercole piùantico, in realtà il più primitivo, fu quello che in Egitto era conosciuto comecolui che avevacon "la potenza degli dèi" combattuto e sopraffatto i giganti.Orbene non v'è dubbio che il titolo e la caratteristica di Ercole furono datesuccessivamente dai pagani a colui che essi adoravano come grande liberatore oMessia, proprio come gli avversari delle divinità pagane furono stigmatizzaticome i "giganti" che si erano ribellati contro il cielo. Ma desideriamo che illettore rifletta da solo su chi fossero i veri Giganti che si ribellarono contro ilcielo. Essi erano Nimrod e la sua gente; poiché i Giganti erano proprio i"Potenti" di cui Nimrod era il capo. Chi, quindi, molto probabilmente fu il capodell'opposizione all'apostasia dalla fede primitiva? Se Sem a quel tempo eravivente, non è probabile che si trattasse di lui? In pieno accordo con questadeduzione troviamo che uno dei nomi dell'Ercole primitivo in Egitto era "Sem".Se "Sem" era l'Ercole primitivo che sconfisse i Giganti e non mediante lasemplice forza fisica, ma mediante la "potenza di Dio" o la forza dello SpiritoSanto ciò armonizza perfettamente con il suo carattere; oltre a ciò è d'accordo inmaniera rimarchevole con il racconto egiziano della morte di Osiride. Gli

II serpente Calya ucciso daVisnù nella sua incarnazione diCrisna ed una dea egiziana cheschiaccia la testa del serpente

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50 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 50L e D u e B a b i l o n i eegiziani dicono che il grande nemico del loro dio lo sconfisse, non medianteaperta violenza, ma che, avendo formato una cospirazione con settantadue degliuomini preminenti d'Egitto, lo assoggettò al suo potere e lo mise a morte,riducendo, quindi, il suo corpo a pezzi e inviando le sue parti a differenti cittàdel paese. Il significato di questa affermazione si comprende se diamo unosguardo alle istituzioni giudiziarie d'Egitto. Settantadue era proprio il numerodei giudici sia civili che sacri che, secondo la legge egiziana, erano necessari perdeterminare quale punizione per il reato di offesa come quello di Osiride,supponendo che tale peccato fosse divenuto materia di inchiesta giudiziaria. Neldeterminare tale caso, vi erano necessariamente implicati due tribunali. Primo,vi erano i giudici ordinari, che avevano il potere di vita e di morte e cheammontavano a trenta quindi un tribunale composto da quarantadue giudici. SeOsiride fosse stato condannato a morte, dovevano determinare se il corpodovesse essere sepolto o no poiché chiunque dopo la morte doveva esseresottoposto all'ordalìa di questo tribunale2.Poiché gli fu rifiutata la sepoltura, dovettero esservi necessariamente implicatientrambi i tribunali; e così vi sarebbero state esattamente settantadue personecon Tipho come presidente, a condannare a morte Osiride e a decretare chefosse fatto a pezzi. Il fare a pezzi il corpo morto e mandarne le parti smembratea diverse città, trova un parallelo e il motivo per ciò che è spiegato, in ciò cheleggiamo nella Bibbia circa lo smembramento in pezzi del corpo morto dellaconcubina del Levita (Giudici 19:29), le cui parti furono mandate ognuna aciascuna delle dodici tribù d'Israele; e un passo simile fu compiuto da Saul,quando fece a pezzi due paia di buoi e li mandò per tutto il territorio del suoregno (1 Sa. 11:7). I commentatori riconoscono che sia il Levita che Saulagirono secondo un'abitudine patriarcale che infliggeva vendetta sommaria acoloro che mancavano di partecipare al solenne raduno in tal modo convocato.Ciò fu dichiarato da Saul con molte parole, quando le parti dei buoi scannatifurono madate alle tribù: "Chiunque di noi non uscirà come seguace di Saul e diSamuele, in questi modo si farà ai suoi bovini". In maniera simile, quando leparti smembrate di Osiride furono mandate alle città dai settantadue"cospiratori", in altre parole dai giudici supremi d'Egitto, ciò equivalse a unasolenne dichiarazione nel loro nome, che "chiunque dovesse fare ciò che Osirideha fatto, così sarà fatto a lui, così dovrebbe essere fatto a pezzi".Quando l'empietà e l'apostasia cominciarono nuovamente a progredire, tale attofu naturalmente oggetto di intenso abominio per tutti i suoi simpatizzanti e, peravervi preso parte con un ruolo principale, il suo protagonista fu stigmatizzatoessendo definito Typho, ovverosia "il Malvagio"3. L'influenza che questoaborrito Typho esercitò sulle menti dei cosiddetti "cospiratori", considerando laforza fisica di cui era provveduto Nimrod, dev'essere stata grande e mostra che,sebbene il suo operato contro Osiride non sia chiaro ed egli stesso si sia attiratoun nome odiato, egli non fosse in realtà altri che il primitivo Ercole chesconfisse i giganti mediante la "potenza di Dio", mediante la persuasiva forzadel suo Santo Spirito. In relazione a tale caratteristica di Sem, il mito che faperire Adone, identificato con Osiride, fra le zanne di un orso selvaggio, èfacilmente dipanato, le zanne dell'orso selvaggio erano un simbolo. NelleScritture la zanna è chiamata "corno" (Ezechiele 27:15); fra molti dei greciclassici è considerata alla stessa maniera. Quando perciò si apprende che lazanna è considerata come il corno, secondo il simbolismo dell'idolatria, il

significato delle zanne dell'orso per cui Adone perì, non è più oscuro. Le cornadel toro che Nimrod portava erano il simbolo della sua forza, fisica. Le zannedell'orso erano il simbolo della potenza spirituale. Poiché il "corno" significapotenza, così la zanna, cioè il corno della bocca, significa "potere della bocca";in altre parole, il potere della persuasione, lo stesso potere di cui Sem, ilprimitivo Ercole era così segnatamente provvisto. Anche dalle antiche tradizionigaeliche abbiamo notizia dell'evidenza che illustra quest'idea del potere dellabocca e lo connette con quel grande figlio di Noè su cui si posò in modospeciale la benedizione dell'Altissimo, com'è ricordato nelle Scritture. L'Ercoleceltico era chiamato Ercole Ogmio, che in caldeo vuol dire "Ercole ilLamentatore"4. Nessun nome potrebbe essere più appropriato che questo.Eccetto il nostro primogenitore, Adamo, non vi è forse mai stato un solo uomoche abbia visto tanto dolore come lui. Non solo egli vide una vasta apostasiache, a motivo dei suoi sentimenti d'uomo giusto e testimone com'egli era statodella spaventosa catastrofe del diluvio, devono averlo afflitto profondamente;ma egli visse tanto da seppellire Sette Generazioni di suoi discendenti. Eglivisse per 502 anni dopo il Diluvio e poiché le vite degli uomini andavanorapidamente accorciandosi dopo quell'evento, non meno di sette generazioni disuoi discendenti diretti morirono prima di lui (Gen. 11:10-32). Quanto fuappropriato il nome di Ogmio, "il Lamentatore o Colui che fa lutto" perchéaveva avuto una tale esperienza! Orbene, come è rappresentato questo Ercole"Lamentatore" nella sua attività di raddrizzatore di torti? Non con l'aiuto dellasua clava, come l'Ercole dei Greci, bensì mediante la forza della persuasione. Furappresentato con le moltitudini che lo seguivano, adorne di splendide collaned'oro e d'ambra inserite nei loro orecchi, mentre catene uscivano dalla suabocca5. Vi è una grande differenza tra i due simboli, la zanna di un orso e lecatene uscenti dalla bocca, che si traggono dietro folle consenzienti; maentrambi illustrano splendidamente la stessa idea: la potenza del potere dipersuasione che rese Sem capace per un certo tempo di opporsi all'infaustacorrente che rapidamente fluiva nel mondo.Quando Sem operò così potentemente sulle menti degli uomini da indurli a dareun terribile esempio e quando gli arti smembrati di quell'apostata furonomandati alle città principali, dove indubbiamente questi aveva stabilito la suainfluenza, è facile comprendere che, se l'idolatria continuò, dovette farlosegretamente. Il terrore di un'esecuzione, inflitta a un potente come Nimrod,rese necessario che, per un certo tempo almeno, fosse usata una grandeattenzione. In queste circostanze, quindi, può esservi difficilmente dubbio, che ilsistema dei "Misteri", che ebbe Babilonia come suo centro, si diffondesse nelmondo. In questi misteri, sotto il suggello del segreto e la sanzione di ungiuramento e mediante tutte le fertili risorse della magìa, gli uomini furonogradualmente ricondotti a quell'idolatria che era stata soppressa pubblicamente,mentre nuove caratteristiche furono aggiunte a quell'idolatria in modo darenderla ancora più blasfema di prima. Che la magìa e l'idolatria fossero sorellegemelle e vissero al mondo assieme, è abbondantemente dimostrato. "Ad egli",(Zoroastro) dice lo storico Giustino "fu attribuito d'essere stato il primo ad averinventato le arti magiche e ad avere studiato diligentemente i moti dei corpicelesti". Lo Zoroastro di cui parla Giustino è lo Zoroastro Battriano; ma siammette generalmente che ciò sia un errore. Stanley, nella sua Storia dellaFilosofia Orientale, conclude che tale errore sia sorto dalla somiglianza del

159 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 159L e D u e B a b i l o n i ein una sola volta del suo regno e della sua vita. Adesso, circa questo tracollo, èveramente chiara l'allusione nella profezia di Isaia che, esultando del rovescia-mento dice: "Adesso tu sei caduto dai cieli o Lucifero, figlio del giorno". Il re diBabilonia pretese di essere la rappresentazione di Nimrod o Phaéthon ed il pro-feta con queste parole lo informa che, come il dio nel quale è glorificato fu cac-ciato dalla sua elevata condizione, così certamente sarà per lui. Nella storia clas-sica è risaputo, Phaéthon fu distrutto col fuoco (Esculapio morì nello stesso mo-do) ma questo fuoco è pura metafora per l'ira di Dio con la quale la sua vita e ilsuo regno ebbero fine. Esaminando la storia in ogni particolare, possiamo vede-re che fu ucciso giudizialmente con la spada. Tale è il linguaggio della profeziae così esso doveva essere corrispondente al carattere, ai fatti, al destino dell'anti-co simbolo (tipo). Chi poteva andar bene per anti-simbolo? La potenza dellaRoma pagana imperiale che poteva essere rappresentata da un "Serpente di fuo-co". Niente poteva maggiormente e chiaramente rappresentarla. Fra tutti i signo-ri e tutti gli dei adorati nell'imperiale città i due più grandi oggetti di culto erano:"L'eterno Fuoco", che perpetuamente bruciava nel tempio di Vesta ed il sacroSerpente Epidaurian. Nella Roma pagana l'adorazione del fuoco e del serpenteera talvolta separata, talvolta congiunta, ma occupava un posto preminente nellaconsiderazione dei Romani. Il fuoco di Vesta era considerato come uno deigrandi baluardi dell'impero. Si vantava che fosse stato preso a Troia da Enea, ilquale lo custodì con l'ombra di Ettore, ed era mantenuto vivo con la più gelosacura dalle vergini vestali, le quali a motivo di questo incarico erano altamenteonorate. Il tempio dove era mantenuto, dice Agostino, era il più sacro e il piùriverito di tutti i templi di Roma. Il fuoco che era così gelosamente custodito inquesto tempio e sul quale così tanti credevano di potere contare, era consideratonella stessa maniera in cui lo consideravano gli adoratori del fuoco dell'anticaBabilonia. Era visto come il purificatore ed a questo proposito ogni anno a Pali-lia o festa di Pales, nel mese di aprile, uomini e bestiame erano fatti passare at-traverso il fuoco.Il serpente Epidaurian, che i Romani adoravano con il fuoco, era visto come laraffigurazione di Esculapio, il figlio del sole.Esculapio che rappresenta il sacro serpente era evidentemente un altro nome deldio babilonese. Il suo destino fu esattamente uguale a quello di Phaéthon. Eglisapeva che sarebbe stato colpito dalla luce e che in conseguenza a ciò sarebbemorto. È evidente che questo non può essere stato in senso fisico ma in sensospirituale l'esposizione è giusta questo che si credeva di innalzare l'uomo che eramorto in angoscia e peccato ad una rinascita di vita. Adesso questo è esattamen-te quello che Phaéthon pretendeva fare quando colpì "appiccando fuoco allaterra". Nel sistema babilonese vi era una simbolica morte. Tutti gli iniziati pas-sati attraverso il fuoco, dopo che avevano ottenuto una nuova vita, nella qualeera implicata la rigenerazione, venivano giustamente dichiarati passati dallamorte alla vita. Come il passaggio attraverso il fuoco era un purificarsi dal pec-cato, così per la resurrezione Phaéthon fu colpito dalla morte. Quindi come E-sculapio era il figlio del sole, così lo era Phaéthon. Questa relazione simboleggianelle immagini di Esculapio la sua testa generalmente circondata da raggi. Cosìil Papa cinge la testa nelle presunte immagini di Cristo ma la reale sorgente diqueste irradiazioni è manifesta e conosciuta l'un l'altro attraverso le arti e la let-teratura di Roma. Così parla Virgilio dei latini:E adesso in fasto il sereno re appare quattro carri di latini porta venti raggi d'oro

ecc. ecc.I raggi d'oro attorno alla testa di Esculapio intendono contrassegnare lo stessocome il figlio del sole o il sole incarnato.I raggi d'oro intorno alla testa nelle immagini e nei dipinti portano il nome diCristo ed i pagani intendono mostrare che sicuramente possono adorarli cosìcome le immagini delle loro ben conosciute divinità benché portino un differen-te nome. Esculapio, al tempo della mortale pestilenza, fu invitato a Roma daEpidaurus. Il Dio sottoforma di grande serpente, dentro la nave che serviva perportarlo a Roma, essendo giunto al Tevere fu solennemente augurato come diotutore dei Romani. Da questo momento in poi comincia a livello universale, inpubblico ed in privato, l'adorazione del serpente Epidaurian, il serpente che rap-presenta la divinità del sole incarnato, in altre parole il serpente di fuoco. Tro-viamo in quasi tutte le case il sacro serpente che era di una specie innocua. Dicel'autore di "Pompei": "Questo serpente nidificava presso gli altari domestici eusciva come un cane o un gatto per chiedere qualcosa da mangiare. Questo sacroanimale faceva guerra ai topi e ai ratti e teneva lontano ogni specie di vermi." Illettore troverà in questa figura (fig. 53) l'adorazione del fuoco e del serpentetalvolta unita talvolta separata.

La ragione di questa doppia rappresentazione del dionon credo sia pertinente in questo contesto ma è moltoevidente, dalle parole di Virgilio prima considerate,che le figure sopra citate hanno le loro teste cinte daraggi e rappresentano il dio del fuoco o divinità delsole e che, in questo caso, il dio del fuoco è nero, colo-re con il quale lo identifichiamo con l'Etiope o il neroPhaéthon, mentre l'autore di Pompei ammette che lostesso dio-nero del fuoco, in certi casi è rappresentatocon due enormi serpenti.Ora, se questa adorazione del sacro serpente del sole, ilgrande dio del fuoco, era così conosciuta in Roma,quale simbolo avrebbe potuto portare la potenza idola-trica della pagana imperiale Roma se non il "Grande

Serpente di Fuoco"?; senza dubbio fu immediatamente stabilito che lo stendardoimperiale, esso stesso stendardo dei pagani imperatori di Roma, come ponteficemassimo, il capo del grande sistema dell'adorazione del fuoco e adorazione delserpente, fosse un serpente innalzato su di una lunga asta, e così colorato daesibirlo come un riconosciuto simbolo dell'adorazione del fuoco. Così la cristia-nità si propagò nel romano impero - il potere della luce e le tenebre sono affian-cate. Rivelazione 12:7-9: «E scoppiò la guerra in cielo: Michele e i suoi angeliguerreggiarono contro il dragone, e il dragone e i suoi angeli guerreggiarono,ma esso non prevalse, ne fu più trovato posto in cielo. E il gran dragone fu sca-gliato, l'originale serpente, colui che è chiamato Diavolo e Satana, che svia l'in-tera terra abitata, fu scagliato sulla terra e i suoi angeli furono scagliati con lui.»Il grande serpente di fuoco fu scagliato quando con il decreto di grazia, durantel'impero romano fu abolito il paganesimo, i fuochi di Vesta furono estinti, leentrate delle vergini vestali furono confiscate e l'imperatore romano (il quale fu«pontefice massimo», il vero capo dell'idolatria di Roma e, come tale, apparivacon i simboli idolatrici dei pagani) in un impeto di coscienza rimosse la propriacarica.

Adorazione del fuoco edel serpente

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158 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 158L e D u e B a b i l o n i ein una sola volta del suo regno e della sua vita. Adesso, circa questo tracollo, èveramente chiara l'allusione nella profezia di Isaia che, esultando del rovescia-mento dice: "Adesso tu sei caduto dai cieli o Lucifero, figlio del giorno". Il re diBabilonia pretese di essere la rappresentazione di Nimrod o Phaéthon ed il pro-feta con queste parole lo informa che, come il dio nel quale è glorificato fu cac-ciato dalla sua elevata condizione, così certamente sarà per lui. Nella storia clas-sica è risaputo, Phaéthon fu distrutto col fuoco (Esculapio morì nello stesso mo-do) ma questo fuoco è pura metafora per l'ira di Dio con la quale la sua vita e ilsuo regno ebbero fine. Esaminando la storia in ogni particolare, possiamo vede-re che fu ucciso giudizialmente con la spada. Tale è il linguaggio della profeziae così esso doveva essere corrispondente al carattere, ai fatti, al destino dell'anti-co simbolo (tipo). Chi poteva andar bene per anti-simbolo? La potenza dellaRoma pagana imperiale che poteva essere rappresentata da un "Serpente di fuo-co". Niente poteva maggiormente e chiaramente rappresentarla. Fra tutti i signo-ri e tutti gli dei adorati nell'imperiale città i due più grandi oggetti di culto erano:"L'eterno Fuoco", che perpetuamente bruciava nel tempio di Vesta ed il sacroSerpente Epidaurian. Nella Roma pagana l'adorazione del fuoco e del serpenteera talvolta separata, talvolta congiunta, ma occupava un posto preminente nellaconsiderazione dei Romani. Il fuoco di Vesta era considerato come uno deigrandi baluardi dell'impero. Si vantava che fosse stato preso a Troia da Enea, ilquale lo custodì con l'ombra di Ettore, ed era mantenuto vivo con la più gelosacura dalle vergini vestali, le quali a motivo di questo incarico erano altamenteonorate. Il tempio dove era mantenuto, dice Agostino, era il più sacro e il piùriverito di tutti i templi di Roma. Il fuoco che era così gelosamente custodito inquesto tempio e sul quale così tanti credevano di potere contare, era consideratonella stessa maniera in cui lo consideravano gli adoratori del fuoco dell'anticaBabilonia. Era visto come il purificatore ed a questo proposito ogni anno a Pali-lia o festa di Pales, nel mese di aprile, uomini e bestiame erano fatti passare at-traverso il fuoco.Il serpente Epidaurian, che i Romani adoravano con il fuoco, era visto come laraffigurazione di Esculapio, il figlio del sole.Esculapio che rappresenta il sacro serpente era evidentemente un altro nome deldio babilonese. Il suo destino fu esattamente uguale a quello di Phaéthon. Eglisapeva che sarebbe stato colpito dalla luce e che in conseguenza a ciò sarebbemorto. È evidente che questo non può essere stato in senso fisico ma in sensospirituale l'esposizione è giusta questo che si credeva di innalzare l'uomo che eramorto in angoscia e peccato ad una rinascita di vita. Adesso questo è esattamen-te quello che Phaéthon pretendeva fare quando colpì "appiccando fuoco allaterra". Nel sistema babilonese vi era una simbolica morte. Tutti gli iniziati pas-sati attraverso il fuoco, dopo che avevano ottenuto una nuova vita, nella qualeera implicata la rigenerazione, venivano giustamente dichiarati passati dallamorte alla vita. Come il passaggio attraverso il fuoco era un purificarsi dal pec-cato, così per la resurrezione Phaéthon fu colpito dalla morte. Quindi come E-sculapio era il figlio del sole, così lo era Phaéthon. Questa relazione simboleggianelle immagini di Esculapio la sua testa generalmente circondata da raggi. Cosìil Papa cinge la testa nelle presunte immagini di Cristo ma la reale sorgente diqueste irradiazioni è manifesta e conosciuta l'un l'altro attraverso le arti e la let-teratura di Roma. Così parla Virgilio dei latini:E adesso in fasto il sereno re appare quattro carri di latini porta venti raggi d'oro

ecc. ecc.I raggi d'oro attorno alla testa di Esculapio intendono contrassegnare lo stessocome il figlio del sole o il sole incarnato.I raggi d'oro intorno alla testa nelle immagini e nei dipinti portano il nome diCristo ed i pagani intendono mostrare che sicuramente possono adorarli cosìcome le immagini delle loro ben conosciute divinità benché portino un differen-te nome. Esculapio, al tempo della mortale pestilenza, fu invitato a Roma daEpidaurus. Il Dio sottoforma di grande serpente, dentro la nave che serviva perportarlo a Roma, essendo giunto al Tevere fu solennemente augurato come diotutore dei Romani. Da questo momento in poi comincia a livello universale, inpubblico ed in privato, l'adorazione del serpente Epidaurian, il serpente che rap-presenta la divinità del sole incarnato, in altre parole il serpente di fuoco. Tro-viamo in quasi tutte le case il sacro serpente che era di una specie innocua. Dicel'autore di "Pompei": "Questo serpente nidificava presso gli altari domestici eusciva come un cane o un gatto per chiedere qualcosa da mangiare. Questo sacroanimale faceva guerra ai topi e ai ratti e teneva lontano ogni specie di vermi." Illettore troverà in questa figura (fig. 53) l'adorazione del fuoco e del serpentetalvolta unita talvolta separata.

La ragione di questa doppia rappresentazione del dionon credo sia pertinente in questo contesto ma è moltoevidente, dalle parole di Virgilio prima considerate,che le figure sopra citate hanno le loro teste cinte daraggi e rappresentano il dio del fuoco o divinità delsole e che, in questo caso, il dio del fuoco è nero, colo-re con il quale lo identifichiamo con l'Etiope o il neroPhaéthon, mentre l'autore di Pompei ammette che lostesso dio-nero del fuoco, in certi casi è rappresentatocon due enormi serpenti.Ora, se questa adorazione del sacro serpente del sole, ilgrande dio del fuoco, era così conosciuta in Roma,quale simbolo avrebbe potuto portare la potenza idola-trica della pagana imperiale Roma se non il "Grande

Serpente di Fuoco"?; senza dubbio fu immediatamente stabilito che lo stendardoimperiale, esso stesso stendardo dei pagani imperatori di Roma, come ponteficemassimo, il capo del grande sistema dell'adorazione del fuoco e adorazione delserpente, fosse un serpente innalzato su di una lunga asta, e così colorato daesibirlo come un riconosciuto simbolo dell'adorazione del fuoco. Così la cristia-nità si propagò nel romano impero - il potere della luce e le tenebre sono affian-cate. Rivelazione 12:7-9: «E scoppiò la guerra in cielo: Michele e i suoi angeliguerreggiarono contro il dragone, e il dragone e i suoi angeli guerreggiarono,ma esso non prevalse, ne fu più trovato posto in cielo. E il gran dragone fu sca-gliato, l'originale serpente, colui che è chiamato Diavolo e Satana, che svia l'in-tera terra abitata, fu scagliato sulla terra e i suoi angeli furono scagliati con lui.»Il grande serpente di fuoco fu scagliato quando con il decreto di grazia, durantel'impero romano fu abolito il paganesimo, i fuochi di Vesta furono estinti, leentrate delle vergini vestali furono confiscate e l'imperatore romano (il quale fu«pontefice massimo», il vero capo dell'idolatria di Roma e, come tale, apparivacon i simboli idolatrici dei pagani) in un impeto di coscienza rimosse la propriacarica.

Adorazione del fuoco edel serpente

51 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 51L e D u e B a b i l o n i eegiziani dicono che il grande nemico del loro dio lo sconfisse, non medianteaperta violenza, ma che, avendo formato una cospirazione con settantadue degliuomini preminenti d'Egitto, lo assoggettò al suo potere e lo mise a morte,riducendo, quindi, il suo corpo a pezzi e inviando le sue parti a differenti cittàdel paese. Il significato di questa affermazione si comprende se diamo unosguardo alle istituzioni giudiziarie d'Egitto. Settantadue era proprio il numerodei giudici sia civili che sacri che, secondo la legge egiziana, erano necessari perdeterminare quale punizione per il reato di offesa come quello di Osiride,supponendo che tale peccato fosse divenuto materia di inchiesta giudiziaria. Neldeterminare tale caso, vi erano necessariamente implicati due tribunali. Primo,vi erano i giudici ordinari, che avevano il potere di vita e di morte e cheammontavano a trenta quindi un tribunale composto da quarantadue giudici. SeOsiride fosse stato condannato a morte, dovevano determinare se il corpodovesse essere sepolto o no poiché chiunque dopo la morte doveva esseresottoposto all'ordalìa di questo tribunale2.Poiché gli fu rifiutata la sepoltura, dovettero esservi necessariamente implicatientrambi i tribunali; e così vi sarebbero state esattamente settantadue personecon Tipho come presidente, a condannare a morte Osiride e a decretare chefosse fatto a pezzi. Il fare a pezzi il corpo morto e mandarne le parti smembratea diverse città, trova un parallelo e il motivo per ciò che è spiegato, in ciò cheleggiamo nella Bibbia circa lo smembramento in pezzi del corpo morto dellaconcubina del Levita (Giudici 19:29), le cui parti furono mandate ognuna aciascuna delle dodici tribù d'Israele; e un passo simile fu compiuto da Saul,quando fece a pezzi due paia di buoi e li mandò per tutto il territorio del suoregno (1 Sa. 11:7). I commentatori riconoscono che sia il Levita che Saulagirono secondo un'abitudine patriarcale che infliggeva vendetta sommaria acoloro che mancavano di partecipare al solenne raduno in tal modo convocato.Ciò fu dichiarato da Saul con molte parole, quando le parti dei buoi scannatifurono madate alle tribù: "Chiunque di noi non uscirà come seguace di Saul e diSamuele, in questi modo si farà ai suoi bovini". In maniera simile, quando leparti smembrate di Osiride furono mandate alle città dai settantadue"cospiratori", in altre parole dai giudici supremi d'Egitto, ciò equivalse a unasolenne dichiarazione nel loro nome, che "chiunque dovesse fare ciò che Osirideha fatto, così sarà fatto a lui, così dovrebbe essere fatto a pezzi".Quando l'empietà e l'apostasia cominciarono nuovamente a progredire, tale attofu naturalmente oggetto di intenso abominio per tutti i suoi simpatizzanti e, peravervi preso parte con un ruolo principale, il suo protagonista fu stigmatizzatoessendo definito Typho, ovverosia "il Malvagio"3. L'influenza che questoaborrito Typho esercitò sulle menti dei cosiddetti "cospiratori", considerando laforza fisica di cui era provveduto Nimrod, dev'essere stata grande e mostra che,sebbene il suo operato contro Osiride non sia chiaro ed egli stesso si sia attiratoun nome odiato, egli non fosse in realtà altri che il primitivo Ercole chesconfisse i giganti mediante la "potenza di Dio", mediante la persuasiva forzadel suo Santo Spirito. In relazione a tale caratteristica di Sem, il mito che faperire Adone, identificato con Osiride, fra le zanne di un orso selvaggio, èfacilmente dipanato, le zanne dell'orso selvaggio erano un simbolo. NelleScritture la zanna è chiamata "corno" (Ezechiele 27:15); fra molti dei greciclassici è considerata alla stessa maniera. Quando perciò si apprende che lazanna è considerata come il corno, secondo il simbolismo dell'idolatria, il

significato delle zanne dell'orso per cui Adone perì, non è più oscuro. Le cornadel toro che Nimrod portava erano il simbolo della sua forza, fisica. Le zannedell'orso erano il simbolo della potenza spirituale. Poiché il "corno" significapotenza, così la zanna, cioè il corno della bocca, significa "potere della bocca";in altre parole, il potere della persuasione, lo stesso potere di cui Sem, ilprimitivo Ercole era così segnatamente provvisto. Anche dalle antiche tradizionigaeliche abbiamo notizia dell'evidenza che illustra quest'idea del potere dellabocca e lo connette con quel grande figlio di Noè su cui si posò in modospeciale la benedizione dell'Altissimo, com'è ricordato nelle Scritture. L'Ercoleceltico era chiamato Ercole Ogmio, che in caldeo vuol dire "Ercole ilLamentatore"4. Nessun nome potrebbe essere più appropriato che questo.Eccetto il nostro primogenitore, Adamo, non vi è forse mai stato un solo uomoche abbia visto tanto dolore come lui. Non solo egli vide una vasta apostasiache, a motivo dei suoi sentimenti d'uomo giusto e testimone com'egli era statodella spaventosa catastrofe del diluvio, devono averlo afflitto profondamente;ma egli visse tanto da seppellire Sette Generazioni di suoi discendenti. Eglivisse per 502 anni dopo il Diluvio e poiché le vite degli uomini andavanorapidamente accorciandosi dopo quell'evento, non meno di sette generazioni disuoi discendenti diretti morirono prima di lui (Gen. 11:10-32). Quanto fuappropriato il nome di Ogmio, "il Lamentatore o Colui che fa lutto" perchéaveva avuto una tale esperienza! Orbene, come è rappresentato questo Ercole"Lamentatore" nella sua attività di raddrizzatore di torti? Non con l'aiuto dellasua clava, come l'Ercole dei Greci, bensì mediante la forza della persuasione. Furappresentato con le moltitudini che lo seguivano, adorne di splendide collaned'oro e d'ambra inserite nei loro orecchi, mentre catene uscivano dalla suabocca5. Vi è una grande differenza tra i due simboli, la zanna di un orso e lecatene uscenti dalla bocca, che si traggono dietro folle consenzienti; maentrambi illustrano splendidamente la stessa idea: la potenza del potere dipersuasione che rese Sem capace per un certo tempo di opporsi all'infaustacorrente che rapidamente fluiva nel mondo.Quando Sem operò così potentemente sulle menti degli uomini da indurli a dareun terribile esempio e quando gli arti smembrati di quell'apostata furonomandati alle città principali, dove indubbiamente questi aveva stabilito la suainfluenza, è facile comprendere che, se l'idolatria continuò, dovette farlosegretamente. Il terrore di un'esecuzione, inflitta a un potente come Nimrod,rese necessario che, per un certo tempo almeno, fosse usata una grandeattenzione. In queste circostanze, quindi, può esservi difficilmente dubbio, che ilsistema dei "Misteri", che ebbe Babilonia come suo centro, si diffondesse nelmondo. In questi misteri, sotto il suggello del segreto e la sanzione di ungiuramento e mediante tutte le fertili risorse della magìa, gli uomini furonogradualmente ricondotti a quell'idolatria che era stata soppressa pubblicamente,mentre nuove caratteristiche furono aggiunte a quell'idolatria in modo darenderla ancora più blasfema di prima. Che la magìa e l'idolatria fossero sorellegemelle e vissero al mondo assieme, è abbondantemente dimostrato. "Ad egli",(Zoroastro) dice lo storico Giustino "fu attribuito d'essere stato il primo ad averinventato le arti magiche e ad avere studiato diligentemente i moti dei corpicelesti". Lo Zoroastro di cui parla Giustino è lo Zoroastro Battriano; ma siammette generalmente che ciò sia un errore. Stanley, nella sua Storia dellaFilosofia Orientale, conclude che tale errore sia sorto dalla somiglianza del

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52 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 52L e D u e B a b i l o n i enome e che a motivo di ciò quello sia stato attribuito al Zoroastro Battriano cheappropriatamente appartiene ai Caldei, "giacché non si può immaginare cheBattriano fosse l'inventore di quelle arti in cui i Caldei, che furono suoicontemporanei, erano così esperti". Epifanie giunse evidentemente alla stessaconclusione prima di lui. Egli sostiene in base all'evidenza che al suo tempofosse stato Nimrod a instaurare le scienze della magìa e dell'astronomìa,l'invenzione delle quali fu attribuita successivamente al Zoroastro (Battriano).Poiché abbiamo già visto che Nimrod e il Caldeo Zoroastro sono la stessapersona, la conclusione sia degli antichi che dei moderni investigatori delleantichità caldee si armonizza interamente. Orbene il sistema segreto dei Caldeiprovvedeva abbondanti opportunità per colpire l'immaginazione degli iniziatimediante vari inganni e artifici di magìa. Nonostante tutta la cura e leprecauzioni di coloro che sopraintendevano a queste iniziazioni, ne è trapelatoabbastanza per darci una visione molto chiara delle loro reali caratteristiche.Qualsiasi cosa fosse cosi escogitata, avviluppava la mente dei novizi a un puntotale di eccitazione che, dopo essersi implicitamente arresi ai sacerdoti, potesseroessere preparati a ricevere qualunque cosa. Dopo che i candidati all'iniziazionefossero passati attraverso il confessionale e pronunciato i richiesti giuramenti"venivano loro presentati" dice Wilkinson "strani e stupefacenti oggetti". Alcunevolte il luogo dove si trovavano sembrava ruotasse intorno a loro; altre voltesembrava brillare e risplendere di luce e fuoco radiante quindi nuovamenteerano avvolti da nere tenebre, altre volte ancora, tuoni, oltre spaventosi clamorio muggiti e alcune volte i tremanti spettatori. Quindi, infine, il grande dio,l'oggetto centrale della loro adorazione, Osiride, Tammuz, Nimrod o Adone,veniva loro rivelato nella maniera più adatta a calmare le loro paure e a suscitarein loro una cieca devozione. Un racconto di tali manifestazioni ci è provvedutoda un antico pagano, molto cauto in realtà, ma tuttavia in un modo che mostra lanatura dei segreti magici mediante i quali tali apparenti miracoli erano compiuti:"In una manifestazione che non bisognava rivelare ... si vedeva sulle mura di untempio una massa di luce che da principio appariva molto lontana. Essa sitrasformava, mentre andava rivelandosi, in un volto evidentemente divino, esoprannaturale, di aspetto severo, ma con un tocco di dolcezza. Seguendo gliinsegnamenti di una religione misteriosa, gli Alessandrini l'onoravano comeOsiride o Adone". Dopo questa affermazione difficilmente può esservi dubbioche le arti magiche qui impiegate non fossero altro che quelle che oggi si usanoper la moderna fantasmagorìa. Tali mezzi o simili furono usati negliantichissimi periodi per mostrare allo sguardo dei viventi, nel corso dei Misterisegreti, coloro che erano morti. Abbiamo delle affermazioni nella storia anticache si riferiscono al periodo di Semiramide, le quali mostrano che i riti magicivenivano compiuti per tale medesimo scopo6 e poiché la lanterna magica oqualcosa di simile ad essa, fu manifestamente usata in tempi successivi a talfine, è ragionevole concludere che gli stessi sistemi furono impiegati in tempipiù antichi. Fu facile per coloro che controllavano i Misteri, avendo scopertosegreti che erano sconosciuti alla massa del genere umano e che essiaccuratamente preservavano, fornire ciò che poteva sembrare la dimostrazioneoculare che Tammuz, che era stato ucciso e per il quale venivano fatte talilamentazioni, era ancora vivente e circondato di gloria celeste e divina. Dallelabbra di uno così gloriosamente rivelato o dalle labbra di alcuni sacerdoti bennascosti, che parlavano nel suo nome da dietro la scena, cosa sarebbe stato

troppo incredibile o meraviglioso per essere creduto? Così l'intero sistema deisegreti Misteri di Babilonia glorificava un uomo morto e, quando infine fustabilita l'adorazione di un uomo morto, ci si asssicurò l'adorazione di moltiseguaci. Ciò fa' luce sul linguaggio del Salmo 106, dove il Signore,rimproverando Israele per la sua apostasia disse: "Ed essi s'attaccavano al Baaldi Peor parata la via per indurre tutti alle abominazioni e ai crimini di cui imisteri divennero la scena"; poiché a coloro che non desideravano approfondirela conoscenza di Dio che, preferirono alcuni oggetti visibili d'adorazione,cedendo ai sensuali sentimenti delle loro menti carnali, nessun'altra ragionesarebbe sembrata più convincente per la loro fede o la loro pratica più di udirecon le loro proprie orecchie un comando dato nel mezzo di una gloriosamanifestazione e proveniente apparentemente dalla stessa divinità che essiadoravano.Lo schema così fraudolentemente formatosi, fu efficace: Semiramide ottennegloria dal suo morto e deificato marito e nel corso del tempo entrambi, con ilnome di Rea e Nino, "la dea madre e il figlio", furono adorati con entusiasmoincredibile e le loro immagini erano collocate ovunque. Le caratteristiche negredi Nimrod non furono di ostacolo alla sua adorazione. Secondo la dottrinacaldea della trasmigrazione delle anime era spiegato che Nino, riapparso nellapersona di un figlio postumo di carnagione chiara, nato in modo soprannaturaledalla sua moglie vedova dopo che il padre era stato assunto in gloria. Poiché lalicenziosa e dissoluta vita di Semiramide le procurò molti figli per i quali nonpoteva apparentemente essere addotto alcun padre terreno, una scusa comequesta avrebbe santificato il suo peccato e consentito di conquistare i sentimentidi coloro che disprezzavano la pura adorazione di Geova e tuttavia potevanonon desiderare di inchinarsi dinanzi ad una divinità negra. Dalla luce riflessa suBabilonia dall'Egitto, come anche dalla forma delle immagini esistenti delbambino babilonese nelle braccia della sua dea-madre, abbiamo ogni ragione dicredere che questo è ciò che effettivamente avvenne. In Egitto si credeva che ilbiondo Horus, il figlio del nero Osiride, che era l'oggetto favoritodell'adorazione, nelle braccia della dea Iside, fosse nato miracolosamente inconseguenza di un congiungimento fra quella dea e Osiride dopo la morte diquest'ultimo e, in realtà, che fosse una nuova incarnazione di quel dio, pervendicare la sua morte contro i suoi assassini. E sorprendente trovare in cosìtanti paesi e fra milioni di persone d'oggi, che non hanno mai visto un negro,l'adorazione di un dio negro. Ma tuttavia, come vedremo successivamente, fra lenazioni civilizzate dell'antichità, Nimrod quasi ovunque cadde in disgrazia e fudeposto dalla sua antica preminenza espressamente per deformità "sulla basedella sua bruttezza". Anche nella stessa Babilonia, il figlio postumo, poiché siidentificava con il padre ed ereditò tutta la gloria di suo padre, possedendotuttavia la carnagione di sua madre, divenne il tipo favorito del divino figliodella madonna.Questo figlio così adorato fra le braccia di sua madre, era investito di tutti gliattributi e chiamato con quasi tutti i nomi del promesso Messia. Come Cristonell'ebraico del Vecchio Testamento era chiamato Adonai, il Signore, cosìTammuz fu chiamato Adon o Adone. Col nome di Mitra fu adorato quale"Mediatore". Come Mediatore e capo del patto della grazia egli fu nominatoBaal-Berith, Signore del patto (Fig. 24) (Giudici 8:33).In tale veste egli è rappresentato in monumenti persiani mentre siede

157 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 157L e D u e B a b i l o n i ein un conflitto simile. Da Arnobius, impariamo che quando sotto Nino gli Assirimossero guerra ai Bactriani, la guerra fu combattuta non solo con milizie e spa-de ma con varie magie e con mezzi derivati dalle sacre istruzioni dei Caldei.Quando è noto che i Ciclopi sono, dallo storico Castor, seguiti fino all'epoca diSaturno ovvero Belus e quando apprendiamo che Giove nel combattimento con-tro i Titani ricevette aiuto dai Ciclopi con segni di bagliori e fulmini e saette,possiamo avere una chiara idea che le arti magiche derivano dai Misteri caldei eche Nino stesso le impiegò nella guerra contro il rè di Bactria.È evidente che nel periodo precedente i sacerdoti dei Misteri caldei conoscevanola composizione del favoloso fuoco greco che bruciava sott'acqua, il cui segretoè andato perduto; non vi può essere dubbio che Nino, erigendo il suo potere,approfittasse di tali segreti scientifici, dei quali egli solo era il detentore.E noto, malgrado tutto, che in questo ed in altri aspetti vi sia un'esatta coinciden-za tra Vulcano il dio del fuoco dei Romani e Nimrod il dio del fuoco dei Babilo-nesi. Nel caso del classico Vulcano è solo nella sua caratteristica di dio del fuo-co che è popolarmente rappresentato come un agente fisico; ma era nei suoi a-spetti spirituali, "pulendo e rigenerando" l'animo umano, che l'adorazione delfuoco ha dimostrato maggior efficacia nel mondo.Il potere, la popolarità e l'abilità di Nimrod, così pure la seducente natura delsuo stesso problema, lo resero capace di espandere la deludente dottrina in lungoe in largo e fu rappresentato sotto il ben conosciuto nome di Phaéthon nell'attodi "appiccare fuoco all'intero mondo" o (senza la poetica metafora) fu responsa-bile del coinvolgimento di tutta l'umanità nella colpa dell'adorazione del fuoco.La straordinaria prevalenza dell'adorazione del dio del fuoco, nei primi annidella creazione, è provata da fatti e da leggende trovate in tutta la terra. Così inMessico gli indigeni narrano che, già dopo il primo anno, il mondo fu bruciatocon il fuoco. La loro storia, come quella degli Egiziani, fu scritta in geroglifici, èche questo deve essere inteso simbolicamente. Così in India hanno una leggendadagli aspetti molto simili benché qualcosa vari nella loro forma.I Bramini dicono che, in un periodo molto remoto del passato, uno degli deibrillò con insuperabile splendore "infliggendo con i suoi fulgenti raggi angosceravvivando più di mille mondi" e a meno che un altro dio molto più potente nonsi fosse interposto interrompendolo, il risultato sarebbe stato molto più disastro-so. Nella trinità druida vi è un esatto riferimento allo stesso evento. Si dice chenei tempi primordiali si levò una tempesta di fuoco che spaccò la terra separan-dola dalle acque, nessuno sfuggì ma "l'eletta compagnia si rinchiuse in un recin-to con una robusta porta" con i grandi "patriarchi scelti per la loro integrità".Evidentemente questo è con Sem il capo dei fedeli che hanno preservato la lorointegrità quando così tanti fecero naufragio della fede e della buona coscienza.Queste storie mostrano quanto efficace possa essere questa forma di apostasia. Ilpurgatorio papale e i fuochi di San Giovanni, che abbiamo già considerato, emolte altre favole o tranquille pratiche ancora esistenti sono come molte reliquiedella stessa antica superstizione. Si osserverà comunque che il grande serpenterosso o grande serpente infuocato è rappresentato eretto davanti alla donna conla corona di dodici stelle, ovvero la vera chiesa di Dio, "per distruggere suo fi-glio ancor prima che sia nato". Adesso, questo è in esatta accordanza con le ca-ratteristiche del grande capo del sistema dell'adorazione del fuoco. Nimrod, in-fatti, veniva considerato come il grande divoratore di bambini. Pensando allasua prima deificazione vediamo che si innalzò come Nino o il figlio, ancora

come il primo degli esseri umani che fu deificato e fu naturalmente il padre ditutti gli dei Babilonesi e perciò dopo fu universalmente considerato in questaveste. Così per il padre degli dei, Kronos, era giusto che: "divorasse i suoi figliappena nati". Tale è l'analogia tra tipo e antitipo. La leggenda ha un ulteriore edampio significato applicato a Nimrod, ovvero il "primo cornuto", è proprio rife-rito al fatto che, come rappresentante di Moloc o Baal, al suo altare fossero gra-dite offerte di neonati. Noi abbiamo un'ampia e triste documentazione su questosoggetto dai ricordi dell'antichità.I Fenici, dice Eusebius, ogni anno sacrificavano i loro amati unigeniti figli aKronos o Saturno. Diodoro Siculo afferma che i Cartaginesi, in un'occasionequand'erano stati assediati dai Siciliani e schiacciati dal dolore, allo scopo di ret-tificare i loro errori, come essi supponevano, attinsero qualche volta alle usanzedi Cartagine in questo caso avventatamente scegliendo duecento tra i più nobilidei loro bambini per sacrificarli pubblicamente a questo dio. C'è dunque ragionedi credere che le stesse pratiche fossero in voga in Bretagna ai tempi dei Druidi.Noi sappiamo che offrivano sacrifici umani al sanguinario dio, facevano passarei bambini attraverso il fuoco di Moloc ed è assai probabile che li immolassero.Da Geremia 32:35 comparato con Geremia 19:5, troviamo che queste due cosesono parte di uno stesso sistema.Il dio che i Druidi adoravano era Baal ed a lui venivano sacrificati i bambini.Quando "il frutto del ventre" era così offerto, lo era per "i peccati dello spirito".Ed era un principio patriarcale della legge mosaica, un principio, non vi è dub-bio tramandato dalla fede patriarcale che il sacerdote doveva servirsi di tuttoquello che veniva sacrificato come offerta per il peccato (Numeri 18:9,10). Per-ciò i sacerdoti di Nimrod o Baal necessariamente erano obbligati a mangiareparte del sacrificio umano. Le antiche traduzioni riferiscono che gli apostati chepresero parte alla ribellione con Nimrod, fecero guerra ai fedeli figli di Noè.Potenza e numerosità facevano parte degli adoratori del fuoco, ma a fianco diSem e della fede vi era il grande potere dello Spirito di Dio, perciò molti si pen-tirono dei loro peccati. Il potere di Nimrod ebbe fine e con questo, nello stessotempo, terminò il culto del sole e del serpente di fuoco a lui associato.L'avvenimento fu esattamente come afferma qui Rivelazione 12:9 "E il grandragone fu precipitato, l'antico serpente, che si chiama Diavolo e Satana, il se-duttore del mondo intero, fu precipitato sulla terra, e i suoi angeli furono preci-pitati con lui"; il capo dell'adorazione del fuoco e tutti i suoi subalterni a lui as-sociati furono cacciati dal potere e dalla gloria che si erano procurati. Questo erail tempo in cui tutti gli dei del classico Pantheon della Grecia erano felici di fug-gire e nascondersi alla collera dei loro avversari. In India succedeva che Indra, ilrè dei Surya, il dio del sole, Agni, il dio del fuoco, e tutta la divinità dell'Olimpoindiano, venivano scacciati dal cielo sulla terra, errando e nascondendosi nelleforeste, sconsolati e pronti a perire di fame.Avvenne che, mentre Phaéthon guidava il carro del sole, appiccò fuoco alla terrae fu colpito dal Supremo Dio; scaraventato precipitosamente sulla terra, le sorel-le e le figlie del sole gli facevano lamento così come le donne lo fecero perTammuz. Come Vulcano o Molk-gheber, il classico dio del fuoco, fu così igno-mignosamente scaraventato dal cielo sulla terra, così Omero si riferisce a luiparlando dell'ira del Re dei Cieli, che in questo senso deve essere inteso come il"Più Potente Dio". La tremenda caduta di Molk-gheber, o Nimrod, il "Re-Potente" avvenne quando fu cacciato dalle grandezze del suo potere e fu privato

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156 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 156L e D u e B a b i l o n i ein un conflitto simile. Da Arnobius, impariamo che quando sotto Nino gli Assirimossero guerra ai Bactriani, la guerra fu combattuta non solo con milizie e spa-de ma con varie magie e con mezzi derivati dalle sacre istruzioni dei Caldei.Quando è noto che i Ciclopi sono, dallo storico Castor, seguiti fino all'epoca diSaturno ovvero Belus e quando apprendiamo che Giove nel combattimento con-tro i Titani ricevette aiuto dai Ciclopi con segni di bagliori e fulmini e saette,possiamo avere una chiara idea che le arti magiche derivano dai Misteri caldei eche Nino stesso le impiegò nella guerra contro il rè di Bactria.È evidente che nel periodo precedente i sacerdoti dei Misteri caldei conoscevanola composizione del favoloso fuoco greco che bruciava sott'acqua, il cui segretoè andato perduto; non vi può essere dubbio che Nino, erigendo il suo potere,approfittasse di tali segreti scientifici, dei quali egli solo era il detentore.E noto, malgrado tutto, che in questo ed in altri aspetti vi sia un'esatta coinciden-za tra Vulcano il dio del fuoco dei Romani e Nimrod il dio del fuoco dei Babilo-nesi. Nel caso del classico Vulcano è solo nella sua caratteristica di dio del fuo-co che è popolarmente rappresentato come un agente fisico; ma era nei suoi a-spetti spirituali, "pulendo e rigenerando" l'animo umano, che l'adorazione delfuoco ha dimostrato maggior efficacia nel mondo.Il potere, la popolarità e l'abilità di Nimrod, così pure la seducente natura delsuo stesso problema, lo resero capace di espandere la deludente dottrina in lungoe in largo e fu rappresentato sotto il ben conosciuto nome di Phaéthon nell'attodi "appiccare fuoco all'intero mondo" o (senza la poetica metafora) fu responsa-bile del coinvolgimento di tutta l'umanità nella colpa dell'adorazione del fuoco.La straordinaria prevalenza dell'adorazione del dio del fuoco, nei primi annidella creazione, è provata da fatti e da leggende trovate in tutta la terra. Così inMessico gli indigeni narrano che, già dopo il primo anno, il mondo fu bruciatocon il fuoco. La loro storia, come quella degli Egiziani, fu scritta in geroglifici, èche questo deve essere inteso simbolicamente. Così in India hanno una leggendadagli aspetti molto simili benché qualcosa vari nella loro forma.I Bramini dicono che, in un periodo molto remoto del passato, uno degli deibrillò con insuperabile splendore "infliggendo con i suoi fulgenti raggi angosceravvivando più di mille mondi" e a meno che un altro dio molto più potente nonsi fosse interposto interrompendolo, il risultato sarebbe stato molto più disastro-so. Nella trinità druida vi è un esatto riferimento allo stesso evento. Si dice chenei tempi primordiali si levò una tempesta di fuoco che spaccò la terra separan-dola dalle acque, nessuno sfuggì ma "l'eletta compagnia si rinchiuse in un recin-to con una robusta porta" con i grandi "patriarchi scelti per la loro integrità".Evidentemente questo è con Sem il capo dei fedeli che hanno preservato la lorointegrità quando così tanti fecero naufragio della fede e della buona coscienza.Queste storie mostrano quanto efficace possa essere questa forma di apostasia. Ilpurgatorio papale e i fuochi di San Giovanni, che abbiamo già considerato, emolte altre favole o tranquille pratiche ancora esistenti sono come molte reliquiedella stessa antica superstizione. Si osserverà comunque che il grande serpenterosso o grande serpente infuocato è rappresentato eretto davanti alla donna conla corona di dodici stelle, ovvero la vera chiesa di Dio, "per distruggere suo fi-glio ancor prima che sia nato". Adesso, questo è in esatta accordanza con le ca-ratteristiche del grande capo del sistema dell'adorazione del fuoco. Nimrod, in-fatti, veniva considerato come il grande divoratore di bambini. Pensando allasua prima deificazione vediamo che si innalzò come Nino o il figlio, ancora

come il primo degli esseri umani che fu deificato e fu naturalmente il padre ditutti gli dei Babilonesi e perciò dopo fu universalmente considerato in questaveste. Così per il padre degli dei, Kronos, era giusto che: "divorasse i suoi figliappena nati". Tale è l'analogia tra tipo e antitipo. La leggenda ha un ulteriore edampio significato applicato a Nimrod, ovvero il "primo cornuto", è proprio rife-rito al fatto che, come rappresentante di Moloc o Baal, al suo altare fossero gra-dite offerte di neonati. Noi abbiamo un'ampia e triste documentazione su questosoggetto dai ricordi dell'antichità.I Fenici, dice Eusebius, ogni anno sacrificavano i loro amati unigeniti figli aKronos o Saturno. Diodoro Siculo afferma che i Cartaginesi, in un'occasionequand'erano stati assediati dai Siciliani e schiacciati dal dolore, allo scopo di ret-tificare i loro errori, come essi supponevano, attinsero qualche volta alle usanzedi Cartagine in questo caso avventatamente scegliendo duecento tra i più nobilidei loro bambini per sacrificarli pubblicamente a questo dio. C'è dunque ragionedi credere che le stesse pratiche fossero in voga in Bretagna ai tempi dei Druidi.Noi sappiamo che offrivano sacrifici umani al sanguinario dio, facevano passarei bambini attraverso il fuoco di Moloc ed è assai probabile che li immolassero.Da Geremia 32:35 comparato con Geremia 19:5, troviamo che queste due cosesono parte di uno stesso sistema.Il dio che i Druidi adoravano era Baal ed a lui venivano sacrificati i bambini.Quando "il frutto del ventre" era così offerto, lo era per "i peccati dello spirito".Ed era un principio patriarcale della legge mosaica, un principio, non vi è dub-bio tramandato dalla fede patriarcale che il sacerdote doveva servirsi di tuttoquello che veniva sacrificato come offerta per il peccato (Numeri 18:9,10). Per-ciò i sacerdoti di Nimrod o Baal necessariamente erano obbligati a mangiareparte del sacrificio umano. Le antiche traduzioni riferiscono che gli apostati chepresero parte alla ribellione con Nimrod, fecero guerra ai fedeli figli di Noè.Potenza e numerosità facevano parte degli adoratori del fuoco, ma a fianco diSem e della fede vi era il grande potere dello Spirito di Dio, perciò molti si pen-tirono dei loro peccati. Il potere di Nimrod ebbe fine e con questo, nello stessotempo, terminò il culto del sole e del serpente di fuoco a lui associato.L'avvenimento fu esattamente come afferma qui Rivelazione 12:9 "E il grandragone fu precipitato, l'antico serpente, che si chiama Diavolo e Satana, il se-duttore del mondo intero, fu precipitato sulla terra, e i suoi angeli furono preci-pitati con lui"; il capo dell'adorazione del fuoco e tutti i suoi subalterni a lui as-sociati furono cacciati dal potere e dalla gloria che si erano procurati. Questo erail tempo in cui tutti gli dei del classico Pantheon della Grecia erano felici di fug-gire e nascondersi alla collera dei loro avversari. In India succedeva che Indra, ilrè dei Surya, il dio del sole, Agni, il dio del fuoco, e tutta la divinità dell'Olimpoindiano, venivano scacciati dal cielo sulla terra, errando e nascondendosi nelleforeste, sconsolati e pronti a perire di fame.Avvenne che, mentre Phaéthon guidava il carro del sole, appiccò fuoco alla terrae fu colpito dal Supremo Dio; scaraventato precipitosamente sulla terra, le sorel-le e le figlie del sole gli facevano lamento così come le donne lo fecero perTammuz. Come Vulcano o Molk-gheber, il classico dio del fuoco, fu così igno-mignosamente scaraventato dal cielo sulla terra, così Omero si riferisce a luiparlando dell'ira del Re dei Cieli, che in questo senso deve essere inteso come il"Più Potente Dio". La tremenda caduta di Molk-gheber, o Nimrod, il "Re-Potente" avvenne quando fu cacciato dalle grandezze del suo potere e fu privato

53 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 53L e D u e B a b i l o n i enome e che a motivo di ciò quello sia stato attribuito al Zoroastro Battriano cheappropriatamente appartiene ai Caldei, "giacché non si può immaginare cheBattriano fosse l'inventore di quelle arti in cui i Caldei, che furono suoicontemporanei, erano così esperti". Epifanie giunse evidentemente alla stessaconclusione prima di lui. Egli sostiene in base all'evidenza che al suo tempofosse stato Nimrod a instaurare le scienze della magìa e dell'astronomìa,l'invenzione delle quali fu attribuita successivamente al Zoroastro (Battriano).Poiché abbiamo già visto che Nimrod e il Caldeo Zoroastro sono la stessapersona, la conclusione sia degli antichi che dei moderni investigatori delleantichità caldee si armonizza interamente. Orbene il sistema segreto dei Caldeiprovvedeva abbondanti opportunità per colpire l'immaginazione degli iniziatimediante vari inganni e artifici di magìa. Nonostante tutta la cura e leprecauzioni di coloro che sopraintendevano a queste iniziazioni, ne è trapelatoabbastanza per darci una visione molto chiara delle loro reali caratteristiche.Qualsiasi cosa fosse cosi escogitata, avviluppava la mente dei novizi a un puntotale di eccitazione che, dopo essersi implicitamente arresi ai sacerdoti, potesseroessere preparati a ricevere qualunque cosa. Dopo che i candidati all'iniziazionefossero passati attraverso il confessionale e pronunciato i richiesti giuramenti"venivano loro presentati" dice Wilkinson "strani e stupefacenti oggetti". Alcunevolte il luogo dove si trovavano sembrava ruotasse intorno a loro; altre voltesembrava brillare e risplendere di luce e fuoco radiante quindi nuovamenteerano avvolti da nere tenebre, altre volte ancora, tuoni, oltre spaventosi clamorio muggiti e alcune volte i tremanti spettatori. Quindi, infine, il grande dio,l'oggetto centrale della loro adorazione, Osiride, Tammuz, Nimrod o Adone,veniva loro rivelato nella maniera più adatta a calmare le loro paure e a suscitarein loro una cieca devozione. Un racconto di tali manifestazioni ci è provvedutoda un antico pagano, molto cauto in realtà, ma tuttavia in un modo che mostra lanatura dei segreti magici mediante i quali tali apparenti miracoli erano compiuti:"In una manifestazione che non bisognava rivelare ... si vedeva sulle mura di untempio una massa di luce che da principio appariva molto lontana. Essa sitrasformava, mentre andava rivelandosi, in un volto evidentemente divino, esoprannaturale, di aspetto severo, ma con un tocco di dolcezza. Seguendo gliinsegnamenti di una religione misteriosa, gli Alessandrini l'onoravano comeOsiride o Adone". Dopo questa affermazione difficilmente può esservi dubbioche le arti magiche qui impiegate non fossero altro che quelle che oggi si usanoper la moderna fantasmagorìa. Tali mezzi o simili furono usati negliantichissimi periodi per mostrare allo sguardo dei viventi, nel corso dei Misterisegreti, coloro che erano morti. Abbiamo delle affermazioni nella storia anticache si riferiscono al periodo di Semiramide, le quali mostrano che i riti magicivenivano compiuti per tale medesimo scopo6 e poiché la lanterna magica oqualcosa di simile ad essa, fu manifestamente usata in tempi successivi a talfine, è ragionevole concludere che gli stessi sistemi furono impiegati in tempipiù antichi. Fu facile per coloro che controllavano i Misteri, avendo scopertosegreti che erano sconosciuti alla massa del genere umano e che essiaccuratamente preservavano, fornire ciò che poteva sembrare la dimostrazioneoculare che Tammuz, che era stato ucciso e per il quale venivano fatte talilamentazioni, era ancora vivente e circondato di gloria celeste e divina. Dallelabbra di uno così gloriosamente rivelato o dalle labbra di alcuni sacerdoti bennascosti, che parlavano nel suo nome da dietro la scena, cosa sarebbe stato

troppo incredibile o meraviglioso per essere creduto? Così l'intero sistema deisegreti Misteri di Babilonia glorificava un uomo morto e, quando infine fustabilita l'adorazione di un uomo morto, ci si asssicurò l'adorazione di moltiseguaci. Ciò fa' luce sul linguaggio del Salmo 106, dove il Signore,rimproverando Israele per la sua apostasia disse: "Ed essi s'attaccavano al Baaldi Peor parata la via per indurre tutti alle abominazioni e ai crimini di cui imisteri divennero la scena"; poiché a coloro che non desideravano approfondirela conoscenza di Dio che, preferirono alcuni oggetti visibili d'adorazione,cedendo ai sensuali sentimenti delle loro menti carnali, nessun'altra ragionesarebbe sembrata più convincente per la loro fede o la loro pratica più di udirecon le loro proprie orecchie un comando dato nel mezzo di una gloriosamanifestazione e proveniente apparentemente dalla stessa divinità che essiadoravano.Lo schema così fraudolentemente formatosi, fu efficace: Semiramide ottennegloria dal suo morto e deificato marito e nel corso del tempo entrambi, con ilnome di Rea e Nino, "la dea madre e il figlio", furono adorati con entusiasmoincredibile e le loro immagini erano collocate ovunque. Le caratteristiche negredi Nimrod non furono di ostacolo alla sua adorazione. Secondo la dottrinacaldea della trasmigrazione delle anime era spiegato che Nino, riapparso nellapersona di un figlio postumo di carnagione chiara, nato in modo soprannaturaledalla sua moglie vedova dopo che il padre era stato assunto in gloria. Poiché lalicenziosa e dissoluta vita di Semiramide le procurò molti figli per i quali nonpoteva apparentemente essere addotto alcun padre terreno, una scusa comequesta avrebbe santificato il suo peccato e consentito di conquistare i sentimentidi coloro che disprezzavano la pura adorazione di Geova e tuttavia potevanonon desiderare di inchinarsi dinanzi ad una divinità negra. Dalla luce riflessa suBabilonia dall'Egitto, come anche dalla forma delle immagini esistenti delbambino babilonese nelle braccia della sua dea-madre, abbiamo ogni ragione dicredere che questo è ciò che effettivamente avvenne. In Egitto si credeva che ilbiondo Horus, il figlio del nero Osiride, che era l'oggetto favoritodell'adorazione, nelle braccia della dea Iside, fosse nato miracolosamente inconseguenza di un congiungimento fra quella dea e Osiride dopo la morte diquest'ultimo e, in realtà, che fosse una nuova incarnazione di quel dio, pervendicare la sua morte contro i suoi assassini. E sorprendente trovare in cosìtanti paesi e fra milioni di persone d'oggi, che non hanno mai visto un negro,l'adorazione di un dio negro. Ma tuttavia, come vedremo successivamente, fra lenazioni civilizzate dell'antichità, Nimrod quasi ovunque cadde in disgrazia e fudeposto dalla sua antica preminenza espressamente per deformità "sulla basedella sua bruttezza". Anche nella stessa Babilonia, il figlio postumo, poiché siidentificava con il padre ed ereditò tutta la gloria di suo padre, possedendotuttavia la carnagione di sua madre, divenne il tipo favorito del divino figliodella madonna.Questo figlio così adorato fra le braccia di sua madre, era investito di tutti gliattributi e chiamato con quasi tutti i nomi del promesso Messia. Come Cristonell'ebraico del Vecchio Testamento era chiamato Adonai, il Signore, cosìTammuz fu chiamato Adon o Adone. Col nome di Mitra fu adorato quale"Mediatore". Come Mediatore e capo del patto della grazia egli fu nominatoBaal-Berith, Signore del patto (Fig. 24) (Giudici 8:33).In tale veste egli è rappresentato in monumenti persiani mentre siede

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54 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 54L e D u e B a b i l o n i esull'arcobaleno, il ben noto simbolo del patto. In India, col nome di Visnù, ilPreservatore o Salvatore degli uomini, sebbene fosse dio, egli era adorato comeil grande "Uomo-vittima", che prima che i mondi fossero, poiché non vi eranessun altro da offrire, offrì se stesso in sacrificio. I sacri scritti indù insegnanoche questa misteriosa offerta antecedente la creazione è il fondamento di tutti isacrifici che sono stati offerti da allora in poi. Dovrebbe meravigliarci taleaffermazione dai libri sacri della mitologia pagana? Perché dovrebbe? Fin daquando il peccato entrò nel mondo vi è stata solo una via di salvezza, quellamediante il sangue di un patto interno, una via che il genere umano una voltaconosceva, dai giorni del giusto Abele in poi. Quando Abele, "per fede", offrì aDio un sacrificio più eccellente di quello di Caino, fu la sua fede "nel sanguedell'agnello scannato", nel proposito di Dio "dalla fondazione del mondo", e cheal tempo stabilito da Dio doveva essere realmente offerto sul Calvario, che rese"eccellente" la sua offerta. Se Abele era a conoscenza "del sangue dell'agnello",perché gli Indù non avrebbero dovuto conoscerlo? Una piccola parola mostrache anche in Grecia il valore del "sangue di Dio" era stato conosciuto, sebbenetale valore fosse stato oscurato e degradato dalle espressioni dei poeti. Taleparola è Icóre. Qualunque lettore dei poeti classici greci sa che Ichor è il termineparticolarmente appropriato al sangue della divinità. Così Omero si riferisce adesso:

"Dalle chiare vene scorre l'immortale, Icóre Come torrente fluisceda un dio ferito, Emanazione pura, diluvio incorrotto, Diverso dalnostro volgare, malato sangue terrestre".

Orbene, qual'è il significato appropriato al termine Icóre? In greco esso non hasignificato etimologico alcuno; ma, in caldeo, Icóresignifica "La cosa preziosa". Tale nome, applicato alsangue di una divinità, può aver avuto solo un'origine.Esso porta in se stesso l'evidenza della sua origine,provenendo dalla grande tradizione patriarcale, cheindusse Abele ha guardare anticipatamente al "preziososangue di Cristo", come al dono più "prezioso" chel'amore divino avrebbe potuto fare a un mondo colpevolee che è, oltre ad essere il sangue della vera "Vittima-

umana", anche sinceramente e profondamente "il Sangue di Dio" (Atti 20:28).Anche nella stessa Grecia, sebbene la dottrina fosse completamente corrotta,non era andata del tutto perduta. Fu mischiata alle falsità e alle leggende equindi dimenticata dalla moltitudine; ma tuttavia, nel segreto sistema misticooccupava necessariamente un posto importante. Come ci dice Servio, lo scopoprincipale delle orge di Bacco era "la purificazione delle anime" e, poiché inqueste orge regolarmente aveva luogo l'immolazione e lo smembramento e lospargimento di sangue dell'animale, in memoria dello spargimento del sanguevitale della grande divinità che in esse veniva commemorata, questospargimento simbolico del sangue di tale divinità non avrebbe portato alla"purificazione" dal peccato che questi riti mistici intendevano effettuare?Abbiamo visto che le sofferenze dello Zeroastro Babilonese e di Belus furonorappresentate come del tutto volontarie, alle quali essi si sottomisero per il benedel mondo, e ciò in relazione allo schiacciamento del capo del grande serpenteche avrebbe portato alla rimozione del peccato e della maledizione. Se il Baccogreco non è che l'altra forma della divinità babilonese, allora le sue sofferenze e

lo spargimento del suo sangue devono essere state rappresentate come se essi visi fossero sottoposti per lo stesso scopo, cioè per la "purificazione delle anime".Da questo punto di vista consideriamo il ben noto nome di Bacco in Grecia. Ilnome era Dionìsio o Dionusos. Qual'è il significato di questo nome? Fino ad orasono state fatte delle supposizioni ma se si tiene conto che esso appartiene allalingua di quel paese dal quale originariamente proviene lo stesso dio allora ilsignificato è chiaro. D'ion-nuso-s significa "COLUI CHE PORTA PECCATO"7. Unnome del tutto appropriato al personaggio di colui le cui sofferenze furonorappresentate in modo così misterioso e che era considerato come il grande"purificatore delle anime".Orbene, questo dio babilonese è conosciuto in Grecia come "Colui che porta ilpeccato" e in India come "Uomo-vittima", fra i buddisti d'oriente, del cuisistema gli elementi originali sono chiaramente babilonesi, ci si rivolgevacomunemente a lui come al "Salvatore del mondo". E stato ormai ben acquisitoil fatto che i Greci adoravano occasionalmente il dio supremo col titolo di "Zeusil salvatore", ma questo titolo si riferiva soltanto alla salvezza nelle battaglie oad alcuni temporanei interventi di liberazione. Ma quando si apprende che "Zeusil salvatore" era solo un titolo di Dionisio il "Bacco che porta il peccato", la suapeculiarità come "il Salvatore" appare sotto una luce interamente diversa. InEgitto, il dio caldeo era considerato come un grande oggetto d'amore eadorazione, come il dio mediante cui "bontà e verità furono rivelate al genereumano". Egli era considerato come l'erede predestinato di tutte le cose e, sicredeva che, alla sua nascita, si udisse una voce proclamare "È nato il Signore ditutta la terra". Come tale egli fu chiamato "Re dei re e Signore dei signori".Poiché questa era una dichiarata caratteristica di questo eroe-dio, il famosoSeostris fece sì che questo titolo fosse aggiunto sui monumenti che egli avevaeretti per perpetuare la fama delle sue vittorie. Non solo egli era onorato qualegrande "Re del mondo", era anche considerato come il Signore del mondoinvisibile e "Giudice dei morti"; e veniva insegnato che, nel mondo degli spiriti,tutti dovevano comparire dinanzi al suo temuto tribunale, affinchè fosse loroassegnato il destino stabilito. Poiché il vero Messia secondo la loro profeziadoveva essere chiamato "Uomo il cui nome era Germoglio", egli fu celebratonon solo come il "Ramo di Cus", ma come il "Ramo di Dio"misericordiosamente dato alla terra per guarire tutti i mali ereditati dalla carne8.Egli era adorato a Babilonia col nome di "El-Bar", cioè "Dio il Figlio". onquesto medesimo nome egli viene elencato da Beroso, lo storico caldeo, come ilsecondo nella lista dei sovrani Babilonesi9. Con questo nome è stato ritrovato daLayard nelle sculture di Ninive, poiché il nome Bar "figlio" ha il segno chedenota El cioè "Dio" davanti ad esso come prefisso. Con lo stesso nome è statotrovato da Sir H. Rawlinson, poiché il nome "Beltis" e quello di "Figliosplendente" non sono altro che un'immediata giusta posizione. Col nome di Baregli era anticamente adorato in Egitto, sebbene in tempi posteriori il dio Barfosse degradato nel Panteon popolare. Nella stessa Roma pagana, cometestimonia Ovidio, egli era adorato con il nome di Eterno fanciullo"10.Cosìaudacemente e direttamente fu un semplice mortale a porsi a Babilonia inopposizione al "Figlio del Benedetto".

Tammuz o Adoneadorato come Mitra,

il mediatore.

155 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 155L e D u e B a b i l o n i eadorato, nei primi anni della creazione, spiega l'audace caratteristica di questiprimi inizi dell'apostasia. Se l'adorazione del sole e dei corpi celesti, dissero gliuomini, era una cosa veramente scusabile, potrebbe la razza umana cadere real-mente ed innocentemente? Ma com'è il fatto? Nella primitiva lingua dell'umani-tà il sole era chiamato "Shemesh" che vuol dire "Servitore". Questo nome, es-sendo stato dato senza dubbio divinamente per prendersi cura del mondo in ri-cordo della grande verità dopo tutto era il designato Ministro del dono del gran-de invisibile Creatore per i suoi figli.Gli uomini seppero questo ma posero il seguace nel posto del maestro e chiama-rono il sole Baal, il "Signore", accordandogli adorazione. Cosa comprendonodel detto di Paolo "Quando essi conobbero Dio in una menzogna, adorarono eservirono creature più del Creatore che è Dio su tutto, beato per sempre". Il prin-cipio dell'adorazione del sole e l'adorazione dei corpi celesti era un peccato evi-dente, un presuntuoso audace peccato. Così come il sole nei cieli è un grandeoggetto di adorazione, il fuoco è la sua rappresentazione nelle adorazioni terre-stri.Vitruvio allude alle prime adorazioni del fuoco quando dice che gli uomini for-mano le prime comunità con riunioni attorno ad esso.Questo è esattamente in armonia con quanto abbiamo già visto riguardo Forone-o, che è stato identificato con Nimrod che, oltre ad essere l'inventore del fuoco,fu il primo che radunò in comunità gli uomini. Assieme al sole e al grande diodel fuoco a tempo debito identifichiamo con esso il serpente adorato (fig. 5-

2).Circa la mitologia del mondo primitivo Owen dice: "IIserpente è universalmente il simbolo del sole". In Egittouno dei più comuni simboli del sole o del dio-sole è undisco con un serpente attorno.La ragione principale di questa identificazione sembra siache il sole fosse un grande illuminatore-informatore delmondo fisico mentre il serpente lo fosse del mondo spiri-tuale dando all'umanità "Conoscenza di Dio e malvagi-tà” . Naturalmente questo implica tremende scorrettezzeda parte dei capi di tali sistemi, tenuto conto del periodoin cui è cominciato, ma così sembra essere il significatodell'identificazione.

Di tutti gli eventi abbiamo riscontro nelle Sacre Scritture e negli scritti profanied è certo che l'adorazione del serpente iniziò a fianco dell'adorazione del fuocoe del sole. L'ispirata affermazione di Paolo è decisiva in merito al soggetto. Era,egli dice: "Quando gli uomini conobbero Dio, ma non lo glorificarono come unDio, perché hanno cambiato la gloria di Dio incorruttibile, con immagini di uo-mini mortali, di uccelli, di quadrupedi e di rettili". Con questo è in accordo an-che la storia profana. Uno degli scrittori profani, Sanchuniatho il fenicio, che siritiene fosse vissuto al tempo di Giosué disse così: "In principio fu attribuitoqualche cosa di divina natura al serpente ed alle tribù dei serpenti; per questoanimale considerato il più spirituale tra tutti i rettili di FOCOSA natura, poichémostra un incredibile velocità, muovendosi col suo spirito, senza mani ne piedi.Inoltre è longevo ed ha la caratteristica nel rinnovare la sua giovinezza... cosìThoth è sacrificato nei sacri libri sulle cui considerazioni questo animale fu in-trodotto nei sacri riti e misteri". Thoth, ricorderemo, fu il consigliere di Thamusche è Nino. Da queste evidenze siamo portati a concludere che l'adorazione del

Adorazione del serpen-te quale dio del fuoco

serpente fosse una parte della primordiale apostasia di Nimrod. La "focosa natu-ra" del serpente di cui prima avevamo parlato, è continuamente celebrata daipoeti pagani.Anche Virgilio, autore di Pompei, fa notare la natura divina attribuita al serpen-te, quando descrive il "sacro serpente" che esce dalla tomba di Anchise, padre diEnea... Questa adorazione del fuoco e l'adorazione del serpente dovrebbero esse-re congiunte.Il serpente come "rigeneratore di giovinezza", ogni anno era plausibilmente sim-boleggiato come un emblema del sole, il grande rigeneratore che ogni anno rige-nera e rinnova l'aspetto della natura, e, infine dopo essere stato deificato, fu ado-rato come il grande rigeneratore del "genere umano".Nel capitolo che stiamo considerando il "grande serpente infuocato" è rappre-sentato con tutti gli emblemi della regalità. Tutte le sue teste sono incoronatecon corone e diademi. In Egitto era il serpente di fuoco o serpente del sole, inGrecia era chiamato basilisco, il serpente reale si identifica con Moloc, il cuinome, mentre risveglia il concetto di fuoco e sangue propriamente significa "ilre".Tra gli egiziani e ancor più tra molte nazioni, il basilisco era sempre consideratoil vero simbolo della maestà e del dominio. Così la sua immagine fu affissa aicopricapi dei monarchi egiziani e non era lecito per nessun altro portare taleemblema.Il sole identificato con il serpente era chiamato "P'ouro" il cui significato a volteè "Fuoco" a volte è "Re" e fra questi stessi nomi l'epiteto "Purros", il focoso, èdato al "Grande sette-volte incoronato serpente" del nostro testo.Così il sole, il gran dio del fuoco, fu identificato con il serpente. Ma egli ebbeanche un rappresentante umano che è Tammuz a cui le fìglie di Israele facevanolamento; in altre parole Nimrod. Abbiamo già visto l'identità di Nimrod e diZoroastro. Adesso Zoroastro, non solo era il capo dei misteri caldei ma, tutto fasupporre che fosse il capo degli adoratori del fuoco.Il titolo dato da Beroso a Nino, primo re dei babilonesi, indica la stessa cosa.Questo titolo è "Alorus" che significa "il dio del fuoco". Così Nimrod "il dio delfuoco" era Molk-Gheber ovvero "il potente re", poiché egli è il primo che fuchiamato Moloc o Re, e il primo che cominciò ad essere potente sulla terra. Fusolo dopo la sua morte, comunque, come il figlio del sole o il sole incarnato,tuttavia al tempo in cui visse non avanzò le pretese di essere Bal-Kan o sacerdo-te di Baal dal quale evidentemente deriva l'altro nome del dio del fuoco romano"Vulcano". Nella storia di Vulcano infatti, ogni cosa è esattamente in armoniacon quella di Nimrod.Vulcano era "il più brutto e deforme re degli dei" e Nimrod in tutto il mondo èrappresentato con le fattezze di un negro. Benché Vulcano fosse talmente bruttoche, quando cercò moglie, "tutte le belle dee lo rifiutarono con orrore" il destinoirrevocabile si impose, pronunciò il decreto e malgrado tutto furono uniti "ilmassimo della bruttura tra gli dei" con il "massimo della bellezza tra le dee".Così, a dispetto delle sue scure e cusite fattezze, Nimrod ebbe per sua reginaSemiramide, la più bella tra le donne. Ella era nota per la sua infedeltà e licen-ziosità come la moglie di Vulcano. Questi era il capo ed il più importante tra iCiclopi, gli "dei della fiamma"; Nimrod era il capo degli adoratori del fuoco.Vulcano era il fabbro dei fulmini con i quali distruggeva i nemici degli dei;vediamo che Nino o Nimrod nella sua guerra contro il re di Bactria fu trascinato

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154 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 154L e D u e B a b i l o n i eadorato, nei primi anni della creazione, spiega l'audace caratteristica di questiprimi inizi dell'apostasia. Se l'adorazione del sole e dei corpi celesti, dissero gliuomini, era una cosa veramente scusabile, potrebbe la razza umana cadere real-mente ed innocentemente? Ma com'è il fatto? Nella primitiva lingua dell'umani-tà il sole era chiamato "Shemesh" che vuol dire "Servitore". Questo nome, es-sendo stato dato senza dubbio divinamente per prendersi cura del mondo in ri-cordo della grande verità dopo tutto era il designato Ministro del dono del gran-de invisibile Creatore per i suoi figli.Gli uomini seppero questo ma posero il seguace nel posto del maestro e chiama-rono il sole Baal, il "Signore", accordandogli adorazione. Cosa comprendonodel detto di Paolo "Quando essi conobbero Dio in una menzogna, adorarono eservirono creature più del Creatore che è Dio su tutto, beato per sempre". Il prin-cipio dell'adorazione del sole e l'adorazione dei corpi celesti era un peccato evi-dente, un presuntuoso audace peccato. Così come il sole nei cieli è un grandeoggetto di adorazione, il fuoco è la sua rappresentazione nelle adorazioni terre-stri.Vitruvio allude alle prime adorazioni del fuoco quando dice che gli uomini for-mano le prime comunità con riunioni attorno ad esso.Questo è esattamente in armonia con quanto abbiamo già visto riguardo Forone-o, che è stato identificato con Nimrod che, oltre ad essere l'inventore del fuoco,fu il primo che radunò in comunità gli uomini. Assieme al sole e al grande diodel fuoco a tempo debito identifichiamo con esso il serpente adorato (fig. 5-

2).Circa la mitologia del mondo primitivo Owen dice: "IIserpente è universalmente il simbolo del sole". In Egittouno dei più comuni simboli del sole o del dio-sole è undisco con un serpente attorno.La ragione principale di questa identificazione sembra siache il sole fosse un grande illuminatore-informatore delmondo fisico mentre il serpente lo fosse del mondo spiri-tuale dando all'umanità "Conoscenza di Dio e malvagi-tà” . Naturalmente questo implica tremende scorrettezzeda parte dei capi di tali sistemi, tenuto conto del periodoin cui è cominciato, ma così sembra essere il significatodell'identificazione.

Di tutti gli eventi abbiamo riscontro nelle Sacre Scritture e negli scritti profanied è certo che l'adorazione del serpente iniziò a fianco dell'adorazione del fuocoe del sole. L'ispirata affermazione di Paolo è decisiva in merito al soggetto. Era,egli dice: "Quando gli uomini conobbero Dio, ma non lo glorificarono come unDio, perché hanno cambiato la gloria di Dio incorruttibile, con immagini di uo-mini mortali, di uccelli, di quadrupedi e di rettili". Con questo è in accordo an-che la storia profana. Uno degli scrittori profani, Sanchuniatho il fenicio, che siritiene fosse vissuto al tempo di Giosué disse così: "In principio fu attribuitoqualche cosa di divina natura al serpente ed alle tribù dei serpenti; per questoanimale considerato il più spirituale tra tutti i rettili di FOCOSA natura, poichémostra un incredibile velocità, muovendosi col suo spirito, senza mani ne piedi.Inoltre è longevo ed ha la caratteristica nel rinnovare la sua giovinezza... cosìThoth è sacrificato nei sacri libri sulle cui considerazioni questo animale fu in-trodotto nei sacri riti e misteri". Thoth, ricorderemo, fu il consigliere di Thamusche è Nino. Da queste evidenze siamo portati a concludere che l'adorazione del

Adorazione del serpen-te quale dio del fuoco

serpente fosse una parte della primordiale apostasia di Nimrod. La "focosa natu-ra" del serpente di cui prima avevamo parlato, è continuamente celebrata daipoeti pagani.Anche Virgilio, autore di Pompei, fa notare la natura divina attribuita al serpen-te, quando descrive il "sacro serpente" che esce dalla tomba di Anchise, padre diEnea... Questa adorazione del fuoco e l'adorazione del serpente dovrebbero esse-re congiunte.Il serpente come "rigeneratore di giovinezza", ogni anno era plausibilmente sim-boleggiato come un emblema del sole, il grande rigeneratore che ogni anno rige-nera e rinnova l'aspetto della natura, e, infine dopo essere stato deificato, fu ado-rato come il grande rigeneratore del "genere umano".Nel capitolo che stiamo considerando il "grande serpente infuocato" è rappre-sentato con tutti gli emblemi della regalità. Tutte le sue teste sono incoronatecon corone e diademi. In Egitto era il serpente di fuoco o serpente del sole, inGrecia era chiamato basilisco, il serpente reale si identifica con Moloc, il cuinome, mentre risveglia il concetto di fuoco e sangue propriamente significa "ilre".Tra gli egiziani e ancor più tra molte nazioni, il basilisco era sempre consideratoil vero simbolo della maestà e del dominio. Così la sua immagine fu affissa aicopricapi dei monarchi egiziani e non era lecito per nessun altro portare taleemblema.Il sole identificato con il serpente era chiamato "P'ouro" il cui significato a volteè "Fuoco" a volte è "Re" e fra questi stessi nomi l'epiteto "Purros", il focoso, èdato al "Grande sette-volte incoronato serpente" del nostro testo.Così il sole, il gran dio del fuoco, fu identificato con il serpente. Ma egli ebbeanche un rappresentante umano che è Tammuz a cui le fìglie di Israele facevanolamento; in altre parole Nimrod. Abbiamo già visto l'identità di Nimrod e diZoroastro. Adesso Zoroastro, non solo era il capo dei misteri caldei ma, tutto fasupporre che fosse il capo degli adoratori del fuoco.Il titolo dato da Beroso a Nino, primo re dei babilonesi, indica la stessa cosa.Questo titolo è "Alorus" che significa "il dio del fuoco". Così Nimrod "il dio delfuoco" era Molk-Gheber ovvero "il potente re", poiché egli è il primo che fuchiamato Moloc o Re, e il primo che cominciò ad essere potente sulla terra. Fusolo dopo la sua morte, comunque, come il figlio del sole o il sole incarnato,tuttavia al tempo in cui visse non avanzò le pretese di essere Bal-Kan o sacerdo-te di Baal dal quale evidentemente deriva l'altro nome del dio del fuoco romano"Vulcano". Nella storia di Vulcano infatti, ogni cosa è esattamente in armoniacon quella di Nimrod.Vulcano era "il più brutto e deforme re degli dei" e Nimrod in tutto il mondo èrappresentato con le fattezze di un negro. Benché Vulcano fosse talmente bruttoche, quando cercò moglie, "tutte le belle dee lo rifiutarono con orrore" il destinoirrevocabile si impose, pronunciò il decreto e malgrado tutto furono uniti "ilmassimo della bruttura tra gli dei" con il "massimo della bellezza tra le dee".Così, a dispetto delle sue scure e cusite fattezze, Nimrod ebbe per sua reginaSemiramide, la più bella tra le donne. Ella era nota per la sua infedeltà e licen-ziosità come la moglie di Vulcano. Questi era il capo ed il più importante tra iCiclopi, gli "dei della fiamma"; Nimrod era il capo degli adoratori del fuoco.Vulcano era il fabbro dei fulmini con i quali distruggeva i nemici degli dei;vediamo che Nino o Nimrod nella sua guerra contro il re di Bactria fu trascinato

55 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 55L e D u e B a b i l o n i esull'arcobaleno, il ben noto simbolo del patto. In India, col nome di Visnù, ilPreservatore o Salvatore degli uomini, sebbene fosse dio, egli era adorato comeil grande "Uomo-vittima", che prima che i mondi fossero, poiché non vi eranessun altro da offrire, offrì se stesso in sacrificio. I sacri scritti indù insegnanoche questa misteriosa offerta antecedente la creazione è il fondamento di tutti isacrifici che sono stati offerti da allora in poi. Dovrebbe meravigliarci taleaffermazione dai libri sacri della mitologia pagana? Perché dovrebbe? Fin daquando il peccato entrò nel mondo vi è stata solo una via di salvezza, quellamediante il sangue di un patto interno, una via che il genere umano una voltaconosceva, dai giorni del giusto Abele in poi. Quando Abele, "per fede", offrì aDio un sacrificio più eccellente di quello di Caino, fu la sua fede "nel sanguedell'agnello scannato", nel proposito di Dio "dalla fondazione del mondo", e cheal tempo stabilito da Dio doveva essere realmente offerto sul Calvario, che rese"eccellente" la sua offerta. Se Abele era a conoscenza "del sangue dell'agnello",perché gli Indù non avrebbero dovuto conoscerlo? Una piccola parola mostrache anche in Grecia il valore del "sangue di Dio" era stato conosciuto, sebbenetale valore fosse stato oscurato e degradato dalle espressioni dei poeti. Taleparola è Icóre. Qualunque lettore dei poeti classici greci sa che Ichor è il termineparticolarmente appropriato al sangue della divinità. Così Omero si riferisce adesso:

"Dalle chiare vene scorre l'immortale, Icóre Come torrente fluisceda un dio ferito, Emanazione pura, diluvio incorrotto, Diverso dalnostro volgare, malato sangue terrestre".

Orbene, qual'è il significato appropriato al termine Icóre? In greco esso non hasignificato etimologico alcuno; ma, in caldeo, Icóresignifica "La cosa preziosa". Tale nome, applicato alsangue di una divinità, può aver avuto solo un'origine.Esso porta in se stesso l'evidenza della sua origine,provenendo dalla grande tradizione patriarcale, cheindusse Abele ha guardare anticipatamente al "preziososangue di Cristo", come al dono più "prezioso" chel'amore divino avrebbe potuto fare a un mondo colpevolee che è, oltre ad essere il sangue della vera "Vittima-

umana", anche sinceramente e profondamente "il Sangue di Dio" (Atti 20:28).Anche nella stessa Grecia, sebbene la dottrina fosse completamente corrotta,non era andata del tutto perduta. Fu mischiata alle falsità e alle leggende equindi dimenticata dalla moltitudine; ma tuttavia, nel segreto sistema misticooccupava necessariamente un posto importante. Come ci dice Servio, lo scopoprincipale delle orge di Bacco era "la purificazione delle anime" e, poiché inqueste orge regolarmente aveva luogo l'immolazione e lo smembramento e lospargimento di sangue dell'animale, in memoria dello spargimento del sanguevitale della grande divinità che in esse veniva commemorata, questospargimento simbolico del sangue di tale divinità non avrebbe portato alla"purificazione" dal peccato che questi riti mistici intendevano effettuare?Abbiamo visto che le sofferenze dello Zeroastro Babilonese e di Belus furonorappresentate come del tutto volontarie, alle quali essi si sottomisero per il benedel mondo, e ciò in relazione allo schiacciamento del capo del grande serpenteche avrebbe portato alla rimozione del peccato e della maledizione. Se il Baccogreco non è che l'altra forma della divinità babilonese, allora le sue sofferenze e

lo spargimento del suo sangue devono essere state rappresentate come se essi visi fossero sottoposti per lo stesso scopo, cioè per la "purificazione delle anime".Da questo punto di vista consideriamo il ben noto nome di Bacco in Grecia. Ilnome era Dionìsio o Dionusos. Qual'è il significato di questo nome? Fino ad orasono state fatte delle supposizioni ma se si tiene conto che esso appartiene allalingua di quel paese dal quale originariamente proviene lo stesso dio allora ilsignificato è chiaro. D'ion-nuso-s significa "COLUI CHE PORTA PECCATO"7. Unnome del tutto appropriato al personaggio di colui le cui sofferenze furonorappresentate in modo così misterioso e che era considerato come il grande"purificatore delle anime".Orbene, questo dio babilonese è conosciuto in Grecia come "Colui che porta ilpeccato" e in India come "Uomo-vittima", fra i buddisti d'oriente, del cuisistema gli elementi originali sono chiaramente babilonesi, ci si rivolgevacomunemente a lui come al "Salvatore del mondo". E stato ormai ben acquisitoil fatto che i Greci adoravano occasionalmente il dio supremo col titolo di "Zeusil salvatore", ma questo titolo si riferiva soltanto alla salvezza nelle battaglie oad alcuni temporanei interventi di liberazione. Ma quando si apprende che "Zeusil salvatore" era solo un titolo di Dionisio il "Bacco che porta il peccato", la suapeculiarità come "il Salvatore" appare sotto una luce interamente diversa. InEgitto, il dio caldeo era considerato come un grande oggetto d'amore eadorazione, come il dio mediante cui "bontà e verità furono rivelate al genereumano". Egli era considerato come l'erede predestinato di tutte le cose e, sicredeva che, alla sua nascita, si udisse una voce proclamare "È nato il Signore ditutta la terra". Come tale egli fu chiamato "Re dei re e Signore dei signori".Poiché questa era una dichiarata caratteristica di questo eroe-dio, il famosoSeostris fece sì che questo titolo fosse aggiunto sui monumenti che egli avevaeretti per perpetuare la fama delle sue vittorie. Non solo egli era onorato qualegrande "Re del mondo", era anche considerato come il Signore del mondoinvisibile e "Giudice dei morti"; e veniva insegnato che, nel mondo degli spiriti,tutti dovevano comparire dinanzi al suo temuto tribunale, affinchè fosse loroassegnato il destino stabilito. Poiché il vero Messia secondo la loro profeziadoveva essere chiamato "Uomo il cui nome era Germoglio", egli fu celebratonon solo come il "Ramo di Cus", ma come il "Ramo di Dio"misericordiosamente dato alla terra per guarire tutti i mali ereditati dalla carne8.Egli era adorato a Babilonia col nome di "El-Bar", cioè "Dio il Figlio". onquesto medesimo nome egli viene elencato da Beroso, lo storico caldeo, come ilsecondo nella lista dei sovrani Babilonesi9. Con questo nome è stato ritrovato daLayard nelle sculture di Ninive, poiché il nome Bar "figlio" ha il segno chedenota El cioè "Dio" davanti ad esso come prefisso. Con lo stesso nome è statotrovato da Sir H. Rawlinson, poiché il nome "Beltis" e quello di "Figliosplendente" non sono altro che un'immediata giusta posizione. Col nome di Baregli era anticamente adorato in Egitto, sebbene in tempi posteriori il dio Barfosse degradato nel Panteon popolare. Nella stessa Roma pagana, cometestimonia Ovidio, egli era adorato con il nome di Eterno fanciullo"10.Cosìaudacemente e direttamente fu un semplice mortale a porsi a Babilonia inopposizione al "Figlio del Benedetto".

Tammuz o Adoneadorato come Mitra,

il mediatore.

Page 56: Libro Due Babilonie

56 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 56L e D u e B a b i l o n i eSEZIONE III

LA MADRE DEL FIGLIO

Orbene, mentre la madre derivava la sua gloria dapprincipio dal carattere divinoattribuito al fanciullo fra le sue braccia, a lungo andare eclissò il figlio.Dapprincipio con ogni probabilità non vi fu nessun pensiero in alcuno diascrivere divinità alla madre. Vi era un'espressa promessa che necessariamentecondusse il genere umano ad aspettarsi che, una volta o l'altra, il Figlio di Dio,con straordinaria condiscendenza, sarebbe apparso in questo mondo come ilFiglio dell'Uomo. Ma non vi era alcuna promessa, o la minima ombra dipromessa, che potesse indurre alcuno a prevedere che una donna sarebbe statainvestita di attributi che l'avrebbero innalzata al livello di divinità. Èimprobabile perciò che, quando la madre fu dal principio mostrata con il figliotra le braccia, si intendesse tributarle onori divini. Essa fu usata indubbiamentecome piedestallo per sostenere il figlio divino e presentarlo affinchè il genereumano lo adorasse; e la gloria che lo circondava si sarebbe riflessa su di lei,unica fra le figlie di Èva ad aver generato il seme promesso, la sola speranza delmondo. Ma mentre questo, indubbiamente, era il progetto, è un principiostabilito in tutte le idolatrie che ciò che fa maggiormente appello ai sensi devefare l'impressione più potente. Orbene, il figlio, anche nella sua nuovareincarnazione, quando si credette che Nimrod riapparisse in una forma piùgradevole, era sempre mostrato semplicemente come un figlio, senza alcunaparticolare attrazione; mentre la madre nelle cui braccia egli stava, furappresentata con tutte le arti della pittura e della scultura, rivestita di quellabellezza straordinaria che in realtà le era propria.Si narra che in un'occasione la bellezza di Semiramide abbia represso unaribellione che stava per sorgere fra i suoi sudditi non appena lei apparve fra loro;e si ricorda che la memoria dell'ammirazione da lei suscitata nelle loro menticon la sua apparizione in quell'occasione, fu perpetuata da una statua eretta aBabilonia, che la rappresentava nell'atteggiamento con il quale li aveva tantoaffascinati1. Questa regina babilonese non era semplicemente in caratterecoincidente con l'Afrodite dei Greci e la Venere dei Romani, ma era, in effetti,l'origine storica di quella dea che il mondo antico considerava lapersonificazione della bellezza muliebre; poiché Sanchuniathon ci assicura cheAfrodite o Venere era identica ad Astarte e Astarte non è altri che "la donna chefece torri o mura circolari", cioè Semiramide. La Venere romana, come èrisaputo, era la Venere di Cipro ed è stato storicamente provato che la Venere diCipro abbia avuto origine a Babilonia. Orbene, ciò che in circostanze simili ci sipoteva attendere che avvenisse, effettivamente avvenne. Se il figlio dovevaessere adorato, tanto più la madre. La madre in effetti divenne l'oggettoprediletto dell'adorazione2. Per giustificare quest'adorazione la madre fuinnalzata a divinità come suo figlio e si guardava a lei come alla destinata acompletare il ferimento della testa del serpente ed era facile, se fosse statonecessario, trovare abbondanti e plausibili motivi per completare ciò che Nino oNimrod il grande figlio, nella sua vita mortale aveva solo iniziato.La chiesa di Roma pretende che non fu tanto il seme della donna, quanto ladonna stessa a ferire il capo del serpente. In dispregio della grammatica essacosì traduce la denuncia divina contro il serpente: "Essa ti schiaccerà il capo e tula insidierai al calcagno". Lo stesso valeva per gli antichi Babilonesi ed era

rappresentato simbolicamente nei loro templi. Diodoro Siculo narra che in unastanza nascosta del tempio di Babele, o tempio di Belus, vi fossero 3 immaginidelle grandi divinità di Babilonia; e una di queste era una donna che stringeva latesta di un serpente. Fra i Greci era simboleggiata la stessa cosa; poiché Diana,la cui vera essenza era originariamente la stessa di quella della grande deababilonese, era raffigurata come se portasse in mano un serpente privato dellatesta. Col passare del tempo mentre i fatti della storia di Semiramide divenivanooscuri con temerarietà la nascita di suo figlio fu dichiarata miracolosa: e perciòfu chiamata "Alma Mater" 3, la "vergine madre".Che la nascita del Grande Liberatore dovesse essere miracolosa era estesamenteconosciuto molto tempo prima dell'era cristiana. Per secoli, alcuni dicono permigliaia d'anni prima di quell'evento, i sacerdoti buddisti avevano una tradizionesecondo cui una vergine doveva concepire un figlio che avrebbe benedetto ilmondo. Che tale tradizione non provenisse da alcuna fonte papista è evidentedalla sorpresa espressa dai missionari gesuiti quando per primi si recarono inTibet e in Cina e non solo trovarono una madre e un figlio che venivano adoratinelle case, ma quella madre era adorata esattamente come la loro Madonna,"Virgo deipara", "la Vergine madre di Dio", e per di più in regioni dove nontrovarono la minima traccia sia del nome che della storia del nostro SignoreGesù Cristo. La promessa primitiva che il "seme della donna avrebbe ferito latesta del serpente" suggerì naturalmente l'idea di una nascita miracolosa.L'inganno sacerdotale e la presunzione umana si proposero malvagiamente dianticipare l'adempimento di quella promessa e la regina babilonese pare sia statala prima a cui fu dato tale onore. Appropriatamente, le furono conferiti i titolipiù alti. Fu chiamata "regina del cielo" (Geremia 44:17-19,25). In Egitto funominata Athor, cioè "l'abitazione di Dio" per significare che in lei dimoravatutta la "pienezza della divinità". Allo scopo di mettere in risalto la caratteristicaPanteistica della grande dea-madre come anche il suo essere Infinita eOnnipotente, fu scolpita la seguente iscrizione su uno dei templi della Verginemadre in Egitto: "Io sono tutto ciò che è stato, che è e che sarà. Nessun mortaleha rimosso il mio velo. Il frutto che ho concepito è il Sole". In Grecia aveva ilnome Hestina e fra i romani Vesta, che è solo una modifica dello stesso nome,un nome che, sebbene sia stato comunemente compreso indi versi modi,realmente significa "Luogo di dimora"4.In qualità di luogo di dimora della deità, così ci si rivolge a Hestia o Vesta negliInni Orfici:

"Figlia di Saturno, dama venerabile, che dimori nella fiamma eternadel gran fuoco. In tè gli dèi hanno fissato il loro LUOGO DI DIMORA,base forte e stabile della razza umana".

Anche quando Vesta è identificata col fuoco questo stesso carattere di Vestaquale "Luogo di dimora" appare distintamente. Così Filiolao, parlando di unfuoco nel mezzo del centro del mondo, lo chiama "La Vesta dell'Universo, laCASA di Jupiter, la madre degli dèi". A Babilonia il titolo di dea-madre e diluogo di dimora di Dio era Sacca o, nella forma enfatica, Sacta, cioè "ilTabernacolo". Perciò fino ad oggi, le grandi dee in India, che dispongono ditutta la potenza del dio che rappresentano, sono chiamate "Sacti", o"Tabernacolo". Orbene, si credeva che in lei dimorasse, come Tabernacolo oTempio di Dio, non solo tutto il potere, ma tutta la grazia e la bontà. Venivaconsiderata come la somma di ogni qualità di gentilezza e di misericordia; e

153 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 153L e D u e B a b i l o n i econsacrazione, ricevono la tonsura circolare, il che li identifica, oltre ogni dub-bio, con Bacco, "il principe mutilato" 1. Ora, se i sacerdoti di Roma, hanno toltovia la chiave della conoscenza e chiudono la Bibbia al popolo; se essi sono ordi-nati per offrire sacrifici caldei in onore della regina pagana dei cieli; se essi sonovincolati alla legge caldea del celibato, ciò li rende profondamente dissoluti; se,in breve sono tutti segnati alla loro consacrazione con il marchio di identifica-zione dei sacerdoti caldei di Bacco, quale possibile diritto possono accampareper definirsi ministri di Cristo.Ma Roma non ha soltanto il suo ordinario clero secolare, come esso è chiamato;essa ha anche, come ognuno sa, altri ordini religiosi di differenti sorta. Essa haeserciti di monaci e suore arruolati al suo servizio. Dove si può trovare la mini-ma autorizzazione a far ciò nelle Scritture? Nella religione del Messia babilone-se, la loro istituzione risaliva ai tempi più antichi. In quel sistema vi erano mo-naci e suore in abbondanza. In Tibet e in Giappone, dove il sistema caldeo fuintrodotto nell'antichità, abbondano i monasteri con gli stessi disastrosi risultatinei confronti della morale esattamente come nell'Europa papale. In Scandinaviale sacerdotesse di Freya che sono generalmente le figlie del Re, il cui compitoera di custodire il fuoco sacro e che erano vincolate dalla verginità perpetua,erano proprio un ordine di suore. Ad Atene vi erano vergini mantenute a spesedella comunità, che erano rigidamente obbligate ad una vita da nubili. NellaRoma pagana, le vergini vestali che avevano le stesse mansioni svolte dalle sa-cerdotesse di Freya, occupavano una posizione simile. Anche in Perù, durante ilregno degli Incas, prevaleva lo stesso sistema e mostrava un'analogia così rimar-chevole con quello delle vestali di Roma, delle suore del papato e delle verginisacre del Perù, che deve aver avuto la stessa origine comune. Così si esprimePrescott riferendosi alle monache peruviane: "Un'altra singolare analogia con leistituzioni cattoliche romane è rappresentata dalle vergini del sole, le elette, co-m'erano chiamate. Esse erano giovani fanciulle dedicate al servizio della divinitàche in tenera età erano prelevate dalle loro case e messe in convento, dove eranoaffidate alla cura di certe anziane matrone, le mamacona2, che le allattavanoentro le loro mura.Era compito loro vegliare sul fuoco sacro ottenuto alla festa di Raymi. Dal mo-mento in cui facevano il loro ingresso nell'edificio erano tagliate fuori da ognicomunicazione con il mondo, persino con la loro famiglia e i loro amici... Guaiall'infelice fanciulla che era scoperta in un intrigo! La severa legge degli Incasstabiliva che fosse sepolta vivà” Questa era esattamente la sorte che toccava allevestali romane che erano scoperte a violare i loro voti. Ne in Perù, ne nella Ro-ma pagana vi era un così severo obbligo alla verginità come vi è nel papato.Essa non era perpetua e quindi non eccessivamente demoralizzante. Dopo uncerto tempo, le suore potevano essere sciolte dal loro isolamento e sposarsi; spe-ranza che è assolutamente preclusa alla chiesa di Roma. In tutti questi casi, co-munque, è chiaro che il principio su cui sono fondate queste istituzioni è origi-nariamente lo stesso. "Ci si stupisce" aggiunge Prescott "di trovare una cosìstretta somiglianzà fra le istituzioni degli indiani americani, quelle dell'anticaRoma e quelle dei cattolici moderni".Prescott trova difficile conciliare le similitudini; ma una breve frase del profetaGeremia, che è stata citata al principio di questa indagine, chiarisce la questionecompletamente: "Babilonia è stata nella mano del Signore una coppa d'oro, cheha fatto ubriacare tutta la terra". (Ger. 51:7).

CAPITOLO VIII DUE SVILUPPI STORICO E PROFETICO CONSIDERATI

Finora noi abbiamo considerato la storia delle due Babilonie particolarmente neidettagli. Adesso diamo uno sguardo al loro sistema organizzato. Lo schema ido-latrico dell'antica Babilonia assume diversi aspetti nei differenti periodi dellasua storia. Nella descrizione profetica della moderna Babilonia è pure evidenteuno sviluppo di diverse potenze in varie riprese. Possono questi due sviluppiconfermare una tipica relazione l'un l'altro? Sì lo possono. Quando noi conside-riamo la storia religiosa dell'antica Babilonia Pagana per avere conferma suisimboli profetici che gettano dubbi sull'organizzazione idolatrica di Roma, sitroverà che vi sono, in questo contesto, molti chiarimenti circa il soggetto chestiamo trattando.La potenza dell'iniquità operante nella moderna Babilonia è specificatamentedescritta nei capitoli XII e XIII di Rivelazione ed essi sono così esposti: I. Ilgrande serpente rosso; II. La bestia che viene dal mare; III. La bestia che saledalla terra; IV. L'immagine della bestia.In tutti questi aspetti si troverà, dopo debite indagini, che per quanto riguarda lasuccessione e l'ordine di sviluppo, il nuovo paganesimo è l'esatto corrispettivodel paganesimo babilonese nel vecchio testamento.

SEZIONE IIL GRANDE SERPENTE ROSSO

Questo formidabile nemico della verità è particolarmente descritto in Riv. 12:3 -"E fu visto un altro segno nel cielo, un gran dragone rosso".E concordamente riconosciuto che egli è il primo grande nemico che aggrediscela Chiesa Cristiana al tempo dei Vangeli.Considerato il modo in cui è descritto e le azioni attribuitegli, si troverà che vi èuna grande analogia tra lui e il primo grande nemico del mondo che compare dinuovo nell'antica Chiesa del figlio di Dio, dopo il diluvio. Al tempo in cui fudata la Divina Consacrazione il termine dragone non aveva tale significato tra ipagani e i sacri scrittori.Il drago dei greci detto "Pausania" era solamente un grande serpente; e il conte-sto mostra che questa è la giusta motivazione per la quale al terzo verso è chia-mato "dragone" e nel quattordicesimo è semplicemente descritto come un ser-pente. Qui la parola rosso sta ad infuocato per questo il serpente rosso significainfuocato, serpente di fuoco. Esattamente così doveva apparire nelle prime for-me d'idolatria che vediamo nel mondo antico sotto il patronato di Nimrod. Nellapiana di Shinar, vediamo che il "Serpente di fuoco" fu oggetto di grande culto.Vi è la grande evidenza che l'apostasia fra i figli di Noè ebbe inizio con l'adora-zione del fuoco e questo è collegato con il simbolo del serpente. Abbiamo anchevisto, in diverse occasioni, che il fuoco è adorato come elemento illuminante epurificatore. E questo il vero inizio? L'identità di Nimrod e di Nino è già stataampiamente dimostrata e così pure, sotto il suo nome, si raffigura l'origine dellastessa pratica. In un frammento di Apollodoro si dice che Nino importò dagliAssiri l'adorazione del fuoco. Il sole, una così grande sorgente di luce e di calo-re, fu adorato sotto il nome di Baal. Il fatto che il sole con questo nome, fosse

Page 57: Libro Due Babilonie

152 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 152L e D u e B a b i l o n i econsacrazione, ricevono la tonsura circolare, il che li identifica, oltre ogni dub-bio, con Bacco, "il principe mutilato" 1. Ora, se i sacerdoti di Roma, hanno toltovia la chiave della conoscenza e chiudono la Bibbia al popolo; se essi sono ordi-nati per offrire sacrifici caldei in onore della regina pagana dei cieli; se essi sonovincolati alla legge caldea del celibato, ciò li rende profondamente dissoluti; se,in breve sono tutti segnati alla loro consacrazione con il marchio di identifica-zione dei sacerdoti caldei di Bacco, quale possibile diritto possono accampareper definirsi ministri di Cristo.Ma Roma non ha soltanto il suo ordinario clero secolare, come esso è chiamato;essa ha anche, come ognuno sa, altri ordini religiosi di differenti sorta. Essa haeserciti di monaci e suore arruolati al suo servizio. Dove si può trovare la mini-ma autorizzazione a far ciò nelle Scritture? Nella religione del Messia babilone-se, la loro istituzione risaliva ai tempi più antichi. In quel sistema vi erano mo-naci e suore in abbondanza. In Tibet e in Giappone, dove il sistema caldeo fuintrodotto nell'antichità, abbondano i monasteri con gli stessi disastrosi risultatinei confronti della morale esattamente come nell'Europa papale. In Scandinaviale sacerdotesse di Freya che sono generalmente le figlie del Re, il cui compitoera di custodire il fuoco sacro e che erano vincolate dalla verginità perpetua,erano proprio un ordine di suore. Ad Atene vi erano vergini mantenute a spesedella comunità, che erano rigidamente obbligate ad una vita da nubili. NellaRoma pagana, le vergini vestali che avevano le stesse mansioni svolte dalle sa-cerdotesse di Freya, occupavano una posizione simile. Anche in Perù, durante ilregno degli Incas, prevaleva lo stesso sistema e mostrava un'analogia così rimar-chevole con quello delle vestali di Roma, delle suore del papato e delle verginisacre del Perù, che deve aver avuto la stessa origine comune. Così si esprimePrescott riferendosi alle monache peruviane: "Un'altra singolare analogia con leistituzioni cattoliche romane è rappresentata dalle vergini del sole, le elette, co-m'erano chiamate. Esse erano giovani fanciulle dedicate al servizio della divinitàche in tenera età erano prelevate dalle loro case e messe in convento, dove eranoaffidate alla cura di certe anziane matrone, le mamacona2, che le allattavanoentro le loro mura.Era compito loro vegliare sul fuoco sacro ottenuto alla festa di Raymi. Dal mo-mento in cui facevano il loro ingresso nell'edificio erano tagliate fuori da ognicomunicazione con il mondo, persino con la loro famiglia e i loro amici... Guaiall'infelice fanciulla che era scoperta in un intrigo! La severa legge degli Incasstabiliva che fosse sepolta vivà” Questa era esattamente la sorte che toccava allevestali romane che erano scoperte a violare i loro voti. Ne in Perù, ne nella Ro-ma pagana vi era un così severo obbligo alla verginità come vi è nel papato.Essa non era perpetua e quindi non eccessivamente demoralizzante. Dopo uncerto tempo, le suore potevano essere sciolte dal loro isolamento e sposarsi; spe-ranza che è assolutamente preclusa alla chiesa di Roma. In tutti questi casi, co-munque, è chiaro che il principio su cui sono fondate queste istituzioni è origi-nariamente lo stesso. "Ci si stupisce" aggiunge Prescott "di trovare una cosìstretta somiglianzà fra le istituzioni degli indiani americani, quelle dell'anticaRoma e quelle dei cattolici moderni".Prescott trova difficile conciliare le similitudini; ma una breve frase del profetaGeremia, che è stata citata al principio di questa indagine, chiarisce la questionecompletamente: "Babilonia è stata nella mano del Signore una coppa d'oro, cheha fatto ubriacare tutta la terra". (Ger. 51:7).

CAPITOLO VIII DUE SVILUPPI STORICO E PROFETICO CONSIDERATI

Finora noi abbiamo considerato la storia delle due Babilonie particolarmente neidettagli. Adesso diamo uno sguardo al loro sistema organizzato. Lo schema ido-latrico dell'antica Babilonia assume diversi aspetti nei differenti periodi dellasua storia. Nella descrizione profetica della moderna Babilonia è pure evidenteuno sviluppo di diverse potenze in varie riprese. Possono questi due sviluppiconfermare una tipica relazione l'un l'altro? Sì lo possono. Quando noi conside-riamo la storia religiosa dell'antica Babilonia Pagana per avere conferma suisimboli profetici che gettano dubbi sull'organizzazione idolatrica di Roma, sitroverà che vi sono, in questo contesto, molti chiarimenti circa il soggetto chestiamo trattando.La potenza dell'iniquità operante nella moderna Babilonia è specificatamentedescritta nei capitoli XII e XIII di Rivelazione ed essi sono così esposti: I. Ilgrande serpente rosso; II. La bestia che viene dal mare; III. La bestia che saledalla terra; IV. L'immagine della bestia.In tutti questi aspetti si troverà, dopo debite indagini, che per quanto riguarda lasuccessione e l'ordine di sviluppo, il nuovo paganesimo è l'esatto corrispettivodel paganesimo babilonese nel vecchio testamento.

SEZIONE IIL GRANDE SERPENTE ROSSO

Questo formidabile nemico della verità è particolarmente descritto in Riv. 12:3 -"E fu visto un altro segno nel cielo, un gran dragone rosso".E concordamente riconosciuto che egli è il primo grande nemico che aggrediscela Chiesa Cristiana al tempo dei Vangeli.Considerato il modo in cui è descritto e le azioni attribuitegli, si troverà che vi èuna grande analogia tra lui e il primo grande nemico del mondo che compare dinuovo nell'antica Chiesa del figlio di Dio, dopo il diluvio. Al tempo in cui fudata la Divina Consacrazione il termine dragone non aveva tale significato tra ipagani e i sacri scrittori.Il drago dei greci detto "Pausania" era solamente un grande serpente; e il conte-sto mostra che questa è la giusta motivazione per la quale al terzo verso è chia-mato "dragone" e nel quattordicesimo è semplicemente descritto come un ser-pente. Qui la parola rosso sta ad infuocato per questo il serpente rosso significainfuocato, serpente di fuoco. Esattamente così doveva apparire nelle prime for-me d'idolatria che vediamo nel mondo antico sotto il patronato di Nimrod. Nellapiana di Shinar, vediamo che il "Serpente di fuoco" fu oggetto di grande culto.Vi è la grande evidenza che l'apostasia fra i figli di Noè ebbe inizio con l'adora-zione del fuoco e questo è collegato con il simbolo del serpente. Abbiamo anchevisto, in diverse occasioni, che il fuoco è adorato come elemento illuminante epurificatore. E questo il vero inizio? L'identità di Nimrod e di Nino è già stataampiamente dimostrata e così pure, sotto il suo nome, si raffigura l'origine dellastessa pratica. In un frammento di Apollodoro si dice che Nino importò dagliAssiri l'adorazione del fuoco. Il sole, una così grande sorgente di luce e di calo-re, fu adorato sotto il nome di Baal. Il fatto che il sole con questo nome, fosse

57 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 57L e D u e B a b i l o n i eSEZIONE III

LA MADRE DEL FIGLIO

Orbene, mentre la madre derivava la sua gloria dapprincipio dal carattere divinoattribuito al fanciullo fra le sue braccia, a lungo andare eclissò il figlio.Dapprincipio con ogni probabilità non vi fu nessun pensiero in alcuno diascrivere divinità alla madre. Vi era un'espressa promessa che necessariamentecondusse il genere umano ad aspettarsi che, una volta o l'altra, il Figlio di Dio,con straordinaria condiscendenza, sarebbe apparso in questo mondo come ilFiglio dell'Uomo. Ma non vi era alcuna promessa, o la minima ombra dipromessa, che potesse indurre alcuno a prevedere che una donna sarebbe statainvestita di attributi che l'avrebbero innalzata al livello di divinità. Èimprobabile perciò che, quando la madre fu dal principio mostrata con il figliotra le braccia, si intendesse tributarle onori divini. Essa fu usata indubbiamentecome piedestallo per sostenere il figlio divino e presentarlo affinchè il genereumano lo adorasse; e la gloria che lo circondava si sarebbe riflessa su di lei,unica fra le figlie di Èva ad aver generato il seme promesso, la sola speranza delmondo. Ma mentre questo, indubbiamente, era il progetto, è un principiostabilito in tutte le idolatrie che ciò che fa maggiormente appello ai sensi devefare l'impressione più potente. Orbene, il figlio, anche nella sua nuovareincarnazione, quando si credette che Nimrod riapparisse in una forma piùgradevole, era sempre mostrato semplicemente come un figlio, senza alcunaparticolare attrazione; mentre la madre nelle cui braccia egli stava, furappresentata con tutte le arti della pittura e della scultura, rivestita di quellabellezza straordinaria che in realtà le era propria.Si narra che in un'occasione la bellezza di Semiramide abbia represso unaribellione che stava per sorgere fra i suoi sudditi non appena lei apparve fra loro;e si ricorda che la memoria dell'ammirazione da lei suscitata nelle loro menticon la sua apparizione in quell'occasione, fu perpetuata da una statua eretta aBabilonia, che la rappresentava nell'atteggiamento con il quale li aveva tantoaffascinati1. Questa regina babilonese non era semplicemente in caratterecoincidente con l'Afrodite dei Greci e la Venere dei Romani, ma era, in effetti,l'origine storica di quella dea che il mondo antico considerava lapersonificazione della bellezza muliebre; poiché Sanchuniathon ci assicura cheAfrodite o Venere era identica ad Astarte e Astarte non è altri che "la donna chefece torri o mura circolari", cioè Semiramide. La Venere romana, come èrisaputo, era la Venere di Cipro ed è stato storicamente provato che la Venere diCipro abbia avuto origine a Babilonia. Orbene, ciò che in circostanze simili ci sipoteva attendere che avvenisse, effettivamente avvenne. Se il figlio dovevaessere adorato, tanto più la madre. La madre in effetti divenne l'oggettoprediletto dell'adorazione2. Per giustificare quest'adorazione la madre fuinnalzata a divinità come suo figlio e si guardava a lei come alla destinata acompletare il ferimento della testa del serpente ed era facile, se fosse statonecessario, trovare abbondanti e plausibili motivi per completare ciò che Nino oNimrod il grande figlio, nella sua vita mortale aveva solo iniziato.La chiesa di Roma pretende che non fu tanto il seme della donna, quanto ladonna stessa a ferire il capo del serpente. In dispregio della grammatica essacosì traduce la denuncia divina contro il serpente: "Essa ti schiaccerà il capo e tula insidierai al calcagno". Lo stesso valeva per gli antichi Babilonesi ed era

rappresentato simbolicamente nei loro templi. Diodoro Siculo narra che in unastanza nascosta del tempio di Babele, o tempio di Belus, vi fossero 3 immaginidelle grandi divinità di Babilonia; e una di queste era una donna che stringeva latesta di un serpente. Fra i Greci era simboleggiata la stessa cosa; poiché Diana,la cui vera essenza era originariamente la stessa di quella della grande deababilonese, era raffigurata come se portasse in mano un serpente privato dellatesta. Col passare del tempo mentre i fatti della storia di Semiramide divenivanooscuri con temerarietà la nascita di suo figlio fu dichiarata miracolosa: e perciòfu chiamata "Alma Mater" 3, la "vergine madre".Che la nascita del Grande Liberatore dovesse essere miracolosa era estesamenteconosciuto molto tempo prima dell'era cristiana. Per secoli, alcuni dicono permigliaia d'anni prima di quell'evento, i sacerdoti buddisti avevano una tradizionesecondo cui una vergine doveva concepire un figlio che avrebbe benedetto ilmondo. Che tale tradizione non provenisse da alcuna fonte papista è evidentedalla sorpresa espressa dai missionari gesuiti quando per primi si recarono inTibet e in Cina e non solo trovarono una madre e un figlio che venivano adoratinelle case, ma quella madre era adorata esattamente come la loro Madonna,"Virgo deipara", "la Vergine madre di Dio", e per di più in regioni dove nontrovarono la minima traccia sia del nome che della storia del nostro SignoreGesù Cristo. La promessa primitiva che il "seme della donna avrebbe ferito latesta del serpente" suggerì naturalmente l'idea di una nascita miracolosa.L'inganno sacerdotale e la presunzione umana si proposero malvagiamente dianticipare l'adempimento di quella promessa e la regina babilonese pare sia statala prima a cui fu dato tale onore. Appropriatamente, le furono conferiti i titolipiù alti. Fu chiamata "regina del cielo" (Geremia 44:17-19,25). In Egitto funominata Athor, cioè "l'abitazione di Dio" per significare che in lei dimoravatutta la "pienezza della divinità". Allo scopo di mettere in risalto la caratteristicaPanteistica della grande dea-madre come anche il suo essere Infinita eOnnipotente, fu scolpita la seguente iscrizione su uno dei templi della Verginemadre in Egitto: "Io sono tutto ciò che è stato, che è e che sarà. Nessun mortaleha rimosso il mio velo. Il frutto che ho concepito è il Sole". In Grecia aveva ilnome Hestina e fra i romani Vesta, che è solo una modifica dello stesso nome,un nome che, sebbene sia stato comunemente compreso indi versi modi,realmente significa "Luogo di dimora"4.In qualità di luogo di dimora della deità, così ci si rivolge a Hestia o Vesta negliInni Orfici:

"Figlia di Saturno, dama venerabile, che dimori nella fiamma eternadel gran fuoco. In tè gli dèi hanno fissato il loro LUOGO DI DIMORA,base forte e stabile della razza umana".

Anche quando Vesta è identificata col fuoco questo stesso carattere di Vestaquale "Luogo di dimora" appare distintamente. Così Filiolao, parlando di unfuoco nel mezzo del centro del mondo, lo chiama "La Vesta dell'Universo, laCASA di Jupiter, la madre degli dèi". A Babilonia il titolo di dea-madre e diluogo di dimora di Dio era Sacca o, nella forma enfatica, Sacta, cioè "ilTabernacolo". Perciò fino ad oggi, le grandi dee in India, che dispongono ditutta la potenza del dio che rappresentano, sono chiamate "Sacti", o"Tabernacolo". Orbene, si credeva che in lei dimorasse, come Tabernacolo oTempio di Dio, non solo tutto il potere, ma tutta la grazia e la bontà. Venivaconsiderata come la somma di ogni qualità di gentilezza e di misericordia; e

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58 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 58L e D u e B a b i l o n i equando la morte pose termine alla sua carriera, mentre si inventò la leggendache fosse stata deificata e mutata in una colomba, per esprimere la benignitàcelestiale della sua natura, fu chiamata col nome di "D’Iunè", cioè "La colomba"o, senza l'articolo, "Juno", il nome della "regina dei cieli" romana che ha lostesso significato; e sotto forma sia di colomba che la propria, fu adorata daibabilonesi. La colomba, titolo scelto da questa regina deificata, è rappresentatacomunemente con un ramo d'olivo nel becco. Come essa stessa erarappresentata, nella sua forma umana, con un ramo d'olivo in mano; e da questomodo di rappresentarla è estremamente probabile che provenisse il nome colquale essa è comunemente conosciuta, poiché "E 'emir-alit" significa "LaPortatrice del Ramo"5 (Fig. 25). Quando la dea fu così rappresentata come unacolomba con il ramo d'olivo, non può esservi dubbio che il simbolo avesse inparte riferimento alla storia del diluvio; ma vi è molto di più nel simbolo che unsemplice memoriale di quel grande evento. "Un ramo" com'è già stato provato,era il simbolo del figlio deificato e quando la madre deificata fu rappresentatacome una colomba, quale sarebbe stato il motivo di raffigurarla così se nonquello di identificarla con lo spirito di ogni grazia che aleggiava, simile a unacolomba, sull'abisso della creazione; poiché nelle sculture di Ninive, comeabbiamo visto, le ali e la coda della colomba rappresentano il terzo membrodell'idolatrica trinità assira. A conferma di ciò, dev'essere detto che la "Juno"assira, cioè la "Vergine Venere", com'era chiamata, era identificata con l'aria.Cosi Julius Formicus dice: "Gli Assiri e parte degli Africani credono che l'ariasia l'elemento supremo, poiché hanno consacrato questo stesso (elemento) colnome di Giunone, cioè la "Vergine Venere". Perché l'aria fu così identificata conGiunone il cui simbolo era quello della terza persona della Trinità assira?Perché, in caldeo, la stessa parola che significa aria significa anche "SpiritoSanto". La conoscenza di tutto ciò che spiega l'affermazione di Proclus, che"Giunone vuol dire generazione dell'anima". E da dove si suppone che l'animatragga la sua origine se non dallo spirito di Dio? In armonia all'assimilazione diGiunone con lo spirito di Dio, la sorgente della vita e anche come dea dell'aria,così essa era invocata negli "Inni Orfici".

"O regale Giunone, dall'aspetto maestoso,Formata d'aria, divina, benedetta regina di Giove,Intronizzata nel seno della cerulea aria,La razza dei mortali è la tua costante cura,

Vento rinfrescante, solo il tuopotere ispira,Che nutri la vita, che ogni vitadesidera,Madre dei temporali e dei venti,solo da tèOgni cosa è prodotta, la vitamortale è conosciuta,Tutta la natura mostra il tuodivino temperamento,

E il dominio universale è solo tuo,Con l'urlo risonante del vento, il rigonfiante mare,E i fiumi che scorrono, ruggiscono quando tu li scuoti".

Così, la regina deificata, sotto ogni aspetto era considerata una vera donna, e altempo stesso adorata come l'incarnazione dello Spirito Santo, lo spirito dellapace e dell'amore. Nel tempio di Gerapoli, in Siria, vi era una famosa statuadella dea Giunone, alla quale accorrevano per adorarla folle da ogni parte.L'immagine della dea era riccamente abbigliata, sul suo capo vi era una colombad'oro chiamata con un nome caratteristico nel paese, "Semèion". Qual'è ilsignificato di Semèion? Evidentemente è "Abitazione" (da Ze "quella" o "lagrande", e "Maaon" o "Maion", "casa" che nel dialetto ionico usato da Luciano,che descrisse la dea, divenne naturalmente Meion) e la "colomba d'oro" sul suocapo mostra chiaramente che si suppone dimorasse in lei, cioè lo Spirito di Dio.Quando le fu conferita tale dignità trascendente e le sue immagini lapresentarono agli occhi degli uomini come Venere Urania "Venere Celeste" laregina della bellezza, che assicurava la salvezza ai suoi adoratori, mentre lirendeva liberi di abbandonarsi ad ogni empia passione e ad ogni appetitosensuale depravato, non c'è da meravigliarsi che fosse adorata entusiasticamenteda chiunque. Col nome di madre degli dèi la dea regina di Babilonia divenne unoggetto di adorazione quasi universale. "La madre degli dèi" dice Clerico "eraadorata dai persiani, dai siriani e da tutti i re d'Europa e dell'Asia con la piùprofonda venerazione religiosa". Tacito fornisce l'evidenza che la deababilonese era adorata nel cuore della Germania e Cesare, quando invase laBritannia, trovò che i sacerdoti di questa stessa dea, conosciuti col nome diDruidi, vi erano stati prima di lui6. Erodoto, per conoscenza personale,testimonia che in Egitto questa "regina del cielo" era "la più grande e la piùadorata di tutte le divinità". Ovunque fu introdotta la sua adorazione, èsorprendente quale affascinante potere esercitasse. In realtà si può dire che allenazioni fosse fatto bere il vino delle sue fornicazioni. In particolare, i Giudei aigiorni di Geremia, bevvero del vino della sua coppa e furono così sviatidall'idolatria che perfino dopo l'incendio di Gerusalemme e la desolazione delpaese non riuscirono a rimuoverla. Mentre dimoravano in Egitto come residentiforestieri, invece di rendere testimonianza a Dio contro il paganesimo che licircondava, erano devoti a tale forma di idolatria come gli egiziani stessi.Geremia fu mandato da Dio ad esprimere ira contro di loro se avesserocontinuato ad adorare la regina dei cieli, ma i suoi avvertimenti furono vani."E", disse il profeta, "tutti gli uomini che sapevano come le loro mogli avevanofatto fumo di sacrificio ad altri dèi e tutte le mogli che stavano come una grandecongregazione, e tutto il popolo che dimorava nel paese d'Egitto, in Patros,rispondevano a Geremia dicendo: "Riguardo alla parola che tu ci haipronunciata in nome di Geova, noi ti ascolteremo, ma positivamente metteremoin pratica ogni parola che è uscita dalla nostra bocca, per far fumo di sacrificioalla regina dei cielì e per versarle libazioni, proprio come noi stessi e i nostri re ei nostri principi facemmo nella città di Giuda e nelle vie di Gerusalemmequando eravamo sazi di pane e stavamo bene e non vedevamo nessunacalamità" (Geremia 44:15-17). Così i Giudei, il popolo particolare di Dio,emulava gli egiziani nella loro devozione alla regina dei cieli.L'adorazione della dea madre con il figlio in braccio continuò ad essereosservata in Egitto fino all'arrivo del Cristianesimo. Se il Vangelo dovevaacquistare potere sulla massa del popolo, bisognava rovesciare l'adorazione diquesta dea regina.In generale ciò avvenne solo nominalmente. Invece, dunque, di cacciare la dea

. . . , s i m b o l o d e l l a d e aSemiramide,rappresentata... colomba cheesce dall'arca

151 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 151L e D u e B a b i l o n i eperpetuo quelli che sono santificati"? (Ebrei 10:14). Questa è la reale funzionecaratteristica del sacerdozio papista. Ricordando che tale potere gli era statoconferito quand'era stato ordinato al sacerdozio. Lutero usava, negli anni succes-sivi, con un brivido, esprimere il suo stupore che "la terra non avesse spalancatola sua bocca per inghiottire chi aveva pronunciato tali parole, e colui al qualeerano rivolte". Il sacrificio che i sacerdoti papali sono autorizzati a offrire comeil "vero sacrificio propiziatorio" per i peccati dei vivi e dei morti, non è che il"sacrificio incruento" della messa, che era offerto a Babilonia molto prima chene udisse parlare Roma.Va ricordato che, mentre Semiramide, la regina del Cielo, a cui prima venneofferto il "sacrificio incruento" della messa, era in se stessa la personificazionedell'impurità, allo stesso tempo godeva del più grande favore per quella sorta disantità che derivava dal suo disprezzo verso il matrimonio. I misteri che essapresiedeva erano scene della più disgustosa degradazione e tuttavia i massimiordini del sacerdozio erano vincolati a vita al celibato, come un modello di vitadi particolare e preminente santità. Per quanto possa sembrare strano, tuttavia lavoce del passato attribuisce a quell'abbandonata regina l'invenzione del celibatoclericale, e della sorta più rigorosa. In alcuni paesi, come in Egitto, la naturaumana pretendeva i suoi diritti, e sebbene in generale si seguisse il modello ba-bilonese, fu abolito il giogo del celibato, e ai sacerdoti fu permesso di sposarsi.Ma ogni studioso sa che quando l'adorazione di Cibele fu introdotta nella Romapagana, fu introdotta nella sua forma primitiva, con il suo celibato del clero.Quando il Papa si appropriò di tutto ciò che era caratteristico dell'adorazione diquella dea, dalla stessa fonte introdusse nel sacerdozio l'obbligo vincolante delcelibato. L'introduzione di tale principio nella chiesa cristiana era stata anticipa-tamente predetta come marchio caratteristico dell'apostasia, quando gli uomini"si sarebbero allontanati dalla fede prestando attenzione a ingannevoli espressio-ni ispirate mediante l'ipocrisia di uomini che diranno menzogne, segnati nellaloro coscienza come da un ferro rovente, che proibiranno di sposarsi". Gli effet-ti di tale introduzione furono tra i più disastrosi. La storia di tutte le nazioni incui è stato introdotto il celibato sacerdotale ha dimostrato che, invece di esaltarela purezza di coloro che gli erano sottoposti, li ha solo immersi in una maggiorecontaminazione. La storia del Tibet, della Cina e del Giappone, dove l'istituzio-ne babilonica del celibato sacerdotale prevaleva da tempo immemorabile, testi-monia le abominazioni che da esso scaturirono. Gli eccessi commessi dai sacer-doti celibi di Bacco nella Roma pagana nei loro segreti misteri, furono tali che ilsenato fu costretto ad espellerli dalla repubblica romana. Nella Roma papale dalcelibato sacerdotale sono scaturite le stesse abominazioni, in relazione al corrot-to e corruttore sistema del confessionale, visto che tutti coloro che hanno esami-nato il soggetto, sono stati costretti ad ammirare lo stupefacente significato delnome in esso divinamente adombrato, sia in senso letterale che figurativo,"Babilonia la grande, la MADRE DELLE MERETRICI E DELLE ABOMINAZIONI DEL-LA TERRA". Trascurando le migliaia di fatti di tale sorta, ne citeremo solo uno,confermato dal preminente storico cattolico romano De Thou. Quando il PapaPaolo V pensava di sopprimere le case di tolleranza autorizzate nella "città san-ta", il senato romano protestò contro tale attuazione, adducendo che l'esistenzadi tali luoghi era il solo mezzo di impedire ai sacerdoti di sedurre le loro moglie le loro figlie!!Questi sacerdoti celibi riceveranno un contrassegno particolare alla loro ordina-

zione; cioè quello della tonsura. La tonsura è la prima parte della cerimonia del-l'ordinazione, ed è considerata l'elemento più importante in relazione all'ordina-zione del clero romano. Quando dopo lunghe contese i Pitti furono infine indottialla sottomissione del vescovo di Roma, l'accettazione di questa tonsura cometonsura di S. Pietro da parte del clero era il simbolo di tale sottomissione. Nai-tan, il re dei Pitti, radunò i nobili della sua corte e i pastori della sua chiesa, ecosì disse loro: "Raccomando a tutto il clero del mio regno di ricevere la tonsu-ra". Quindi, senza indugio, come ci informa Bede, questa importante rivoluzionefu compiuta per mezzo dell'autorità reale. Egli inviò in ogni provincia agenti,obbligando tutti i ministri e i monaci a ricevere la tonsura circolare, secondo lamoda romana, sottomettendosi così a Pietro "il più benedetto principe degli apo-stoli". "Esso era il marchio" dice Merle D'Aubignè, "che i Papi imprimono nonsulle loro fronti, ma sulla loro corona. Una proclamazione reale, e pochi colpi diforbici dei tensori, resero gli scozzesi, come un gregge di pecore, sottomessi albastone del pastore del Tevere". Poiché Roma attribuisce tale importanza allatonsura, ci chiediamo qual'è il suo significato? Esso rappresentava l'inaugurazio-ne visibile di coloro che si sottomettevano ad esso come i sacerdoti di Bacco. Latonsura non può pretendere di avere la minima pretesa d'autorità cristiana. Essaera in realtà la "tonsura di Pietro", ma non di Pietro di Galilea, bensì del caldeo"Pietro" dei misteri. Egli era un sacerdote tonsurato, poiché così era il dio cheegli rappresentava. Secoli prima dell'era cristiana così Erodoto descrive la tonsu-ra babilonese: "Gli arabi non riconoscevano altri dèi oltre a Bacco e Urania edessi dicevano che i loro capelli erano tagliati nella stessa maniera di quelli diBacco; ora, essi li tagliavano in forma circolare, tagliandoli intorno alle tem-pie". Che cosa, quindi, condusse a questa tonsura di Bacco? Ogni cosa nella suastoria era rappresentata misticamente e geroglificamente, e in maniera tale chenessuno se non gli iniziati potessero comprendere. Una delle cose che occupava-no il posto principale nei misteri era la mutilazione a cui egli era soggetto quan-d'era messo a morte. In memoria di ciò, egli era pianto con amari lamenti ognianno, come "Rosh-Gheza", "il principe mutilato". Ma "Rosh-Gheza" significapure "tosato o raso". Perciò egli stesso era rappresentato sia con l'una che conl'altra forma della tonsura; e i suoi sacerdoti per lo stesso motivo, alla loro ordi-nazione, erano a capo rasato o tonsurato. In tutto il mondo, dove si trovano trac-ce del sistema caldeo, questa tonsura o rasatura del capo si è sempre trovata in-sieme ad esso. I sacerdoti di Osiride, il Bacco egiziano, si distinguevano per iloro capi rasati. Nella Roma pagana, in India e anche in Cina, il marchio caratte-ristico del sacerdozio babilonico era il capo rasato. Così Gautama Budda, chevisse perlomeno 450 anni prima di Cristo, fondò la setta Buddista in India che sidiffuse fino alle più remote regioni d'oriente e fu il primo a radersi il capo inobbedienza, come egli asseriva, ad un comando divino e quindi esortò altri adimitare il suo esempio. Uno dei titoli col quale era chiamato era quello di"rasato". "Il rasato" dice uno dei Puran, "affinchè potesse obbedire agli ordini diVisnù, costituì un certo numero di discepoli e di rasati come lui stesso". Lagrande antichità di questa tonsura si può vedere dalle punizioni comminate nellalegge mosaica contro di essa. Ai sacerdoti giudei era espressamente proibito difare alcuna rasatura sulle loro teste (Levitico 21:5), il che mostra in modo suffi-ciente che, anche tanto indietro come al tempo di Mosè, i "rasati" già esistevano.Nella chiesa di Roma i capi dei sacerdoti ordinari sono solo tonsurati, quelli deimonaci o del clero ordinario sono rasati, ma entrambi, similmente, alla loro

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150 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 150L e D u e B a b i l o n i eperpetuo quelli che sono santificati"? (Ebrei 10:14). Questa è la reale funzionecaratteristica del sacerdozio papista. Ricordando che tale potere gli era statoconferito quand'era stato ordinato al sacerdozio. Lutero usava, negli anni succes-sivi, con un brivido, esprimere il suo stupore che "la terra non avesse spalancatola sua bocca per inghiottire chi aveva pronunciato tali parole, e colui al qualeerano rivolte". Il sacrificio che i sacerdoti papali sono autorizzati a offrire comeil "vero sacrificio propiziatorio" per i peccati dei vivi e dei morti, non è che il"sacrificio incruento" della messa, che era offerto a Babilonia molto prima chene udisse parlare Roma.Va ricordato che, mentre Semiramide, la regina del Cielo, a cui prima venneofferto il "sacrificio incruento" della messa, era in se stessa la personificazionedell'impurità, allo stesso tempo godeva del più grande favore per quella sorta disantità che derivava dal suo disprezzo verso il matrimonio. I misteri che essapresiedeva erano scene della più disgustosa degradazione e tuttavia i massimiordini del sacerdozio erano vincolati a vita al celibato, come un modello di vitadi particolare e preminente santità. Per quanto possa sembrare strano, tuttavia lavoce del passato attribuisce a quell'abbandonata regina l'invenzione del celibatoclericale, e della sorta più rigorosa. In alcuni paesi, come in Egitto, la naturaumana pretendeva i suoi diritti, e sebbene in generale si seguisse il modello ba-bilonese, fu abolito il giogo del celibato, e ai sacerdoti fu permesso di sposarsi.Ma ogni studioso sa che quando l'adorazione di Cibele fu introdotta nella Romapagana, fu introdotta nella sua forma primitiva, con il suo celibato del clero.Quando il Papa si appropriò di tutto ciò che era caratteristico dell'adorazione diquella dea, dalla stessa fonte introdusse nel sacerdozio l'obbligo vincolante delcelibato. L'introduzione di tale principio nella chiesa cristiana era stata anticipa-tamente predetta come marchio caratteristico dell'apostasia, quando gli uomini"si sarebbero allontanati dalla fede prestando attenzione a ingannevoli espressio-ni ispirate mediante l'ipocrisia di uomini che diranno menzogne, segnati nellaloro coscienza come da un ferro rovente, che proibiranno di sposarsi". Gli effet-ti di tale introduzione furono tra i più disastrosi. La storia di tutte le nazioni incui è stato introdotto il celibato sacerdotale ha dimostrato che, invece di esaltarela purezza di coloro che gli erano sottoposti, li ha solo immersi in una maggiorecontaminazione. La storia del Tibet, della Cina e del Giappone, dove l'istituzio-ne babilonica del celibato sacerdotale prevaleva da tempo immemorabile, testi-monia le abominazioni che da esso scaturirono. Gli eccessi commessi dai sacer-doti celibi di Bacco nella Roma pagana nei loro segreti misteri, furono tali che ilsenato fu costretto ad espellerli dalla repubblica romana. Nella Roma papale dalcelibato sacerdotale sono scaturite le stesse abominazioni, in relazione al corrot-to e corruttore sistema del confessionale, visto che tutti coloro che hanno esami-nato il soggetto, sono stati costretti ad ammirare lo stupefacente significato delnome in esso divinamente adombrato, sia in senso letterale che figurativo,"Babilonia la grande, la MADRE DELLE MERETRICI E DELLE ABOMINAZIONI DEL-LA TERRA". Trascurando le migliaia di fatti di tale sorta, ne citeremo solo uno,confermato dal preminente storico cattolico romano De Thou. Quando il PapaPaolo V pensava di sopprimere le case di tolleranza autorizzate nella "città san-ta", il senato romano protestò contro tale attuazione, adducendo che l'esistenzadi tali luoghi era il solo mezzo di impedire ai sacerdoti di sedurre le loro moglie le loro figlie!!Questi sacerdoti celibi riceveranno un contrassegno particolare alla loro ordina-

zione; cioè quello della tonsura. La tonsura è la prima parte della cerimonia del-l'ordinazione, ed è considerata l'elemento più importante in relazione all'ordina-zione del clero romano. Quando dopo lunghe contese i Pitti furono infine indottialla sottomissione del vescovo di Roma, l'accettazione di questa tonsura cometonsura di S. Pietro da parte del clero era il simbolo di tale sottomissione. Nai-tan, il re dei Pitti, radunò i nobili della sua corte e i pastori della sua chiesa, ecosì disse loro: "Raccomando a tutto il clero del mio regno di ricevere la tonsu-ra". Quindi, senza indugio, come ci informa Bede, questa importante rivoluzionefu compiuta per mezzo dell'autorità reale. Egli inviò in ogni provincia agenti,obbligando tutti i ministri e i monaci a ricevere la tonsura circolare, secondo lamoda romana, sottomettendosi così a Pietro "il più benedetto principe degli apo-stoli". "Esso era il marchio" dice Merle D'Aubignè, "che i Papi imprimono nonsulle loro fronti, ma sulla loro corona. Una proclamazione reale, e pochi colpi diforbici dei tensori, resero gli scozzesi, come un gregge di pecore, sottomessi albastone del pastore del Tevere". Poiché Roma attribuisce tale importanza allatonsura, ci chiediamo qual'è il suo significato? Esso rappresentava l'inaugurazio-ne visibile di coloro che si sottomettevano ad esso come i sacerdoti di Bacco. Latonsura non può pretendere di avere la minima pretesa d'autorità cristiana. Essaera in realtà la "tonsura di Pietro", ma non di Pietro di Galilea, bensì del caldeo"Pietro" dei misteri. Egli era un sacerdote tonsurato, poiché così era il dio cheegli rappresentava. Secoli prima dell'era cristiana così Erodoto descrive la tonsu-ra babilonese: "Gli arabi non riconoscevano altri dèi oltre a Bacco e Urania edessi dicevano che i loro capelli erano tagliati nella stessa maniera di quelli diBacco; ora, essi li tagliavano in forma circolare, tagliandoli intorno alle tem-pie". Che cosa, quindi, condusse a questa tonsura di Bacco? Ogni cosa nella suastoria era rappresentata misticamente e geroglificamente, e in maniera tale chenessuno se non gli iniziati potessero comprendere. Una delle cose che occupava-no il posto principale nei misteri era la mutilazione a cui egli era soggetto quan-d'era messo a morte. In memoria di ciò, egli era pianto con amari lamenti ognianno, come "Rosh-Gheza", "il principe mutilato". Ma "Rosh-Gheza" significapure "tosato o raso". Perciò egli stesso era rappresentato sia con l'una che conl'altra forma della tonsura; e i suoi sacerdoti per lo stesso motivo, alla loro ordi-nazione, erano a capo rasato o tonsurato. In tutto il mondo, dove si trovano trac-ce del sistema caldeo, questa tonsura o rasatura del capo si è sempre trovata in-sieme ad esso. I sacerdoti di Osiride, il Bacco egiziano, si distinguevano per iloro capi rasati. Nella Roma pagana, in India e anche in Cina, il marchio caratte-ristico del sacerdozio babilonico era il capo rasato. Così Gautama Budda, chevisse perlomeno 450 anni prima di Cristo, fondò la setta Buddista in India che sidiffuse fino alle più remote regioni d'oriente e fu il primo a radersi il capo inobbedienza, come egli asseriva, ad un comando divino e quindi esortò altri adimitare il suo esempio. Uno dei titoli col quale era chiamato era quello di"rasato". "Il rasato" dice uno dei Puran, "affinchè potesse obbedire agli ordini diVisnù, costituì un certo numero di discepoli e di rasati come lui stesso". Lagrande antichità di questa tonsura si può vedere dalle punizioni comminate nellalegge mosaica contro di essa. Ai sacerdoti giudei era espressamente proibito difare alcuna rasatura sulle loro teste (Levitico 21:5), il che mostra in modo suffi-ciente che, anche tanto indietro come al tempo di Mosè, i "rasati" già esistevano.Nella chiesa di Roma i capi dei sacerdoti ordinari sono solo tonsurati, quelli deimonaci o del clero ordinario sono rasati, ma entrambi, similmente, alla loro

59 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 59L e D u e B a b i l o n i equando la morte pose termine alla sua carriera, mentre si inventò la leggendache fosse stata deificata e mutata in una colomba, per esprimere la benignitàcelestiale della sua natura, fu chiamata col nome di "D’Iunè", cioè "La colomba"o, senza l'articolo, "Juno", il nome della "regina dei cieli" romana che ha lostesso significato; e sotto forma sia di colomba che la propria, fu adorata daibabilonesi. La colomba, titolo scelto da questa regina deificata, è rappresentatacomunemente con un ramo d'olivo nel becco. Come essa stessa erarappresentata, nella sua forma umana, con un ramo d'olivo in mano; e da questomodo di rappresentarla è estremamente probabile che provenisse il nome colquale essa è comunemente conosciuta, poiché "E 'emir-alit" significa "LaPortatrice del Ramo"5 (Fig. 25). Quando la dea fu così rappresentata come unacolomba con il ramo d'olivo, non può esservi dubbio che il simbolo avesse inparte riferimento alla storia del diluvio; ma vi è molto di più nel simbolo che unsemplice memoriale di quel grande evento. "Un ramo" com'è già stato provato,era il simbolo del figlio deificato e quando la madre deificata fu rappresentatacome una colomba, quale sarebbe stato il motivo di raffigurarla così se nonquello di identificarla con lo spirito di ogni grazia che aleggiava, simile a unacolomba, sull'abisso della creazione; poiché nelle sculture di Ninive, comeabbiamo visto, le ali e la coda della colomba rappresentano il terzo membrodell'idolatrica trinità assira. A conferma di ciò, dev'essere detto che la "Juno"assira, cioè la "Vergine Venere", com'era chiamata, era identificata con l'aria.Cosi Julius Formicus dice: "Gli Assiri e parte degli Africani credono che l'ariasia l'elemento supremo, poiché hanno consacrato questo stesso (elemento) colnome di Giunone, cioè la "Vergine Venere". Perché l'aria fu così identificata conGiunone il cui simbolo era quello della terza persona della Trinità assira?Perché, in caldeo, la stessa parola che significa aria significa anche "SpiritoSanto". La conoscenza di tutto ciò che spiega l'affermazione di Proclus, che"Giunone vuol dire generazione dell'anima". E da dove si suppone che l'animatragga la sua origine se non dallo spirito di Dio? In armonia all'assimilazione diGiunone con lo spirito di Dio, la sorgente della vita e anche come dea dell'aria,così essa era invocata negli "Inni Orfici".

"O regale Giunone, dall'aspetto maestoso,Formata d'aria, divina, benedetta regina di Giove,Intronizzata nel seno della cerulea aria,La razza dei mortali è la tua costante cura,

Vento rinfrescante, solo il tuopotere ispira,Che nutri la vita, che ogni vitadesidera,Madre dei temporali e dei venti,solo da tèOgni cosa è prodotta, la vitamortale è conosciuta,Tutta la natura mostra il tuodivino temperamento,

E il dominio universale è solo tuo,Con l'urlo risonante del vento, il rigonfiante mare,E i fiumi che scorrono, ruggiscono quando tu li scuoti".

Così, la regina deificata, sotto ogni aspetto era considerata una vera donna, e altempo stesso adorata come l'incarnazione dello Spirito Santo, lo spirito dellapace e dell'amore. Nel tempio di Gerapoli, in Siria, vi era una famosa statuadella dea Giunone, alla quale accorrevano per adorarla folle da ogni parte.L'immagine della dea era riccamente abbigliata, sul suo capo vi era una colombad'oro chiamata con un nome caratteristico nel paese, "Semèion". Qual'è ilsignificato di Semèion? Evidentemente è "Abitazione" (da Ze "quella" o "lagrande", e "Maaon" o "Maion", "casa" che nel dialetto ionico usato da Luciano,che descrisse la dea, divenne naturalmente Meion) e la "colomba d'oro" sul suocapo mostra chiaramente che si suppone dimorasse in lei, cioè lo Spirito di Dio.Quando le fu conferita tale dignità trascendente e le sue immagini lapresentarono agli occhi degli uomini come Venere Urania "Venere Celeste" laregina della bellezza, che assicurava la salvezza ai suoi adoratori, mentre lirendeva liberi di abbandonarsi ad ogni empia passione e ad ogni appetitosensuale depravato, non c'è da meravigliarsi che fosse adorata entusiasticamenteda chiunque. Col nome di madre degli dèi la dea regina di Babilonia divenne unoggetto di adorazione quasi universale. "La madre degli dèi" dice Clerico "eraadorata dai persiani, dai siriani e da tutti i re d'Europa e dell'Asia con la piùprofonda venerazione religiosa". Tacito fornisce l'evidenza che la deababilonese era adorata nel cuore della Germania e Cesare, quando invase laBritannia, trovò che i sacerdoti di questa stessa dea, conosciuti col nome diDruidi, vi erano stati prima di lui6. Erodoto, per conoscenza personale,testimonia che in Egitto questa "regina del cielo" era "la più grande e la piùadorata di tutte le divinità". Ovunque fu introdotta la sua adorazione, èsorprendente quale affascinante potere esercitasse. In realtà si può dire che allenazioni fosse fatto bere il vino delle sue fornicazioni. In particolare, i Giudei aigiorni di Geremia, bevvero del vino della sua coppa e furono così sviatidall'idolatria che perfino dopo l'incendio di Gerusalemme e la desolazione delpaese non riuscirono a rimuoverla. Mentre dimoravano in Egitto come residentiforestieri, invece di rendere testimonianza a Dio contro il paganesimo che licircondava, erano devoti a tale forma di idolatria come gli egiziani stessi.Geremia fu mandato da Dio ad esprimere ira contro di loro se avesserocontinuato ad adorare la regina dei cieli, ma i suoi avvertimenti furono vani."E", disse il profeta, "tutti gli uomini che sapevano come le loro mogli avevanofatto fumo di sacrificio ad altri dèi e tutte le mogli che stavano come una grandecongregazione, e tutto il popolo che dimorava nel paese d'Egitto, in Patros,rispondevano a Geremia dicendo: "Riguardo alla parola che tu ci haipronunciata in nome di Geova, noi ti ascolteremo, ma positivamente metteremoin pratica ogni parola che è uscita dalla nostra bocca, per far fumo di sacrificioalla regina dei cielì e per versarle libazioni, proprio come noi stessi e i nostri re ei nostri principi facemmo nella città di Giuda e nelle vie di Gerusalemmequando eravamo sazi di pane e stavamo bene e non vedevamo nessunacalamità" (Geremia 44:15-17). Così i Giudei, il popolo particolare di Dio,emulava gli egiziani nella loro devozione alla regina dei cieli.L'adorazione della dea madre con il figlio in braccio continuò ad essereosservata in Egitto fino all'arrivo del Cristianesimo. Se il Vangelo dovevaacquistare potere sulla massa del popolo, bisognava rovesciare l'adorazione diquesta dea regina.In generale ciò avvenne solo nominalmente. Invece, dunque, di cacciare la dea

. . . , s i m b o l o d e l l a d e aSemiramide,rappresentata... colomba cheesce dall'arca

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60 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 60L e D u e B a b i l o n i ebabilonese, in moltissimi casi fu solo cambiato il nome. Fu chiamata MariaVergine e, assieme a suo figlio, fu adorata dai professanti cristiani esattamentecome lo era da coloro che erano apertamente e dichiaratamente pagani. Laconseguenza fu, che quando, nel 325 A.D. fu convocato il Concilio di Nicea percondannare l'eresia di Ario che negava la divinità di Cristo, quell'eresia fu inrealtà condannata, ma non senza l'aiuto di uomini che fornirono preciseindicazioni del loro desiderio di porre la creatura allo stesso livello del Creatore,ponendo la Vergine madre a fianco a fianco del figlio. Al Concilio di Nicea,dice l'autore di "Nimrod", "La sezione melchita" cioè, i rappresentanti delcosiddetto cristianesimo d'Egitto "asserirono che vi erano tre persone nellaTrinità, il Padre, la Vergine Maria, e il Messia loro Figlio". Riferendosi a questofatto stupefacente che emerge dal Concilio Niceno, Padre Newman parlaesultantemente di queste discussioni che tendevano alla glorificazione di Mariadicendo: "La controversia aprì una questione che non era stata posta". Così, incielo vi fu meraviglia; fu visto un trono molto al di sopra di tutte le potenzecreate, un trono di mediazione, di intercessione, un titolo archetipico, unacorona splendente come la stella del mattino, una gloria emanante dal tronoeterno, abiti puri come i cieli e uno scettro supremo. E chi era l'eredepredestinato di quella maestà? Chi era quel saggio e qual era il suo nome, lamadre del giusto amore e del timore e della santa speranza, esaltata come unalbero di palme in En-gheddi, e un roseto di Gerico, creata fin dall'inizio primadel mondo, nel consiglio di Dio, e col suo potere in Gerusalemme? La visione sitrova nell'Apocalisse: "Una donna abbigliata di sole, con la luna sotto i suoipiedi, e sulla testa una corona di dodici stelle"7 "I devoti di Maria" egliaggiunge, "non vanno oltre la vera fede. La Chiesa di Roma non è idolatra ameno che l'Arianesimo non sia ortodossia". Questa è vera poesia dellabestemmia. Contiene pure un argomento, ma a cosa si perviene con esso?Proprio al fatto che se si ammette che Cristo sia veramente e propriamente Dio edegno di onori divini, sua madre, da cui egli deriva semplicemente la suaumanità, dev'essere considerata allo stesso modo, dev'essere innalzata molto aldi sopra del livello di tutte le altre creature e dev'essere adorata come partecipedella divinità. La divinità di Cristo è fatta coincidere con la divinità di suamadre. Questo è il papato nel diciannovesimo secolo; sì, questo è il papato inInghilterra. Era già noto che il papato ovunque fosse diffuso lo era in modoimpudente e sfacciato nelle sue bestemmie; che a Lisbona è stata vista unachiesa con le seguenti parole scolpite sul suo prospetto "Alla vergine dea diLoreto, la comunità italiana, devota alla sua divinità, ha dedicato questotempio". Ciò è, comunque, proprio l'esatta riproduzione della dottrina dell'anticaBabilonia sulla grande dea madre. La Maonna di Roma, quindi, non è altri chela madonna di Babilonia. La "Regina dei Cieli" di un sistema è uguale alla"Regina dei Cieli" dell'altro. La dea adorata a Babilonia ed in Egitto qualeTabernacolo o Abitazione di Dio, è identica a colei che, col nome di Maria, èchiamata a Roma "La Casa consacrata a Dio", "II maestoso luogo di dimora","La dimora di Dio", "II Tabernacolo dello Spirito Santo", "II tempio dellaTrinità". Alcuni probabilmente cercheranno di difendere tale linguaggio dicendoche le Scritture dicono che ogni credente sia un tempio dello Spirito Santo e,quindi, che male può esservi nel parlare della Vergine Maria, che eraindubbiamente una santa di Dio, con quel nome o con nomi dal significatosimile? Orbene non v'è dubbio che ciò che Paolo dice sia vero (1 Cor 3:16)

"Non sapete voi che siete il tempio di Dio e che lo Spirito Santo dimora invoi?". Non solo è vero, ma è una grande verità, una verità benedetta che damaggior conforto e che placa la sofferenza delle difficoltà quand'è appresa; lostesso apostolo dice pure: "Noi siamo il tempio dell'Iddio vivente, come Diodisse: 'Risiederò tra loro e camminerò tra loro e io sarò il loro Dio ed essisaranno il mio popolo" (2 Cor. 6:16). Si deve anche riconoscere, e lietamente,che ciò vuol dire la dimora in noi di tutte le persone della gloriosa divinità,poiché il signore Gesù disse (Giov. 14:23), "Se qualcuno mi ama osserverà lamia parola e il Padre mio lo amerà, e verremo da lui e faremo dimora presso dilui". Ma mentre si ammette tutto ciò, esaminando il materiale si troverà che ilPapato e l'idea scritturale contenuta in tali espressioni, comunqueapparentemente simili, sono essenzialmente differenti. Quando è detto che ilcredente è "il tempio di Dio", o il tempio dello Spirito Santo, ciò vuol dire (Efes.3:17) che "Cristo dimora mediante la fede nei cuori". Ma quando Roma dice cheMaria è "Il tempio" o "Tabernacolo di Dio", nel significato pagano del termine,cioè l'unione fra lei e la divinità, è un'unione che va oltre l'unione ipostatica frala natura umana e quella divina di Cristo. La natura umana di Cristo è il"Tabernacolo di Dio" in quanto che la Natura Divina ha così velato la sua gloriain tal modo, assumendo la nostra natura, affinchè possiamo avvicinarci senzaessere sopraffatti dal timore dello Spirito Santo. Giovanni si riferisce a questagloriosa verità quando dice (Giovanni 1:14) "La parola divenne carne e dimorò(letteralmente fece tabernacolo) fra noi, e noi abbiamo mirato la sua gloria, lagloria che appartiene all'unigenito Figlio del Padre, pieno di grazia e di verità".In tal senso Cristo, l'Iddio-Uomo, è il solo "tabernacolo di Dio". Orbene, èprecisamente in questo senso che Roma chiama Maria "tabernacolo di Dio" odello "Spirito Santo". Così parla l'autore di un'opera papista dedicata all'esalta-zione della Vergine, nella quale vengono attribuiti a Maria tutti i titoli peculiarie le prerogative di Cristo: "Vedi il Tabernacolo di Dio, la dimora di Dio,l'abitazione, la città di Dio è con gli uomini e negli uomini e per gli uomini, perla loro salvezza ed esaltazione e glorificazione eterna... Può essere più chiaroche ciò si applichi alla vera chiesa? E in maniera simile non è egualmente verodel santissimo sacramento del corpo del Signore? Non è vero di chiunque di noise siamo veramente cristiani? Indubbiamente; ma dobbiamo contemplare questomistero (in quanto esistente) in maniera peculiare nella santissima madre delnostro Signore". Quindi l'autore dopo essersi sforzato di mostrare che "Maria ègiustamente considerata il Tabernacolo di Dio con gli uomini" e ciò in sensoparticolare, un senso differente da quello secondo il quale tutti i cristiani sono il"Tempio di Dio", così continua facendo espresso riferimento a lei qualetabernacolo: "Realmente grande è il beneficio, singolare è il privilegio, che iltabernacolo di Dio debba essere con gli uomini, nel quale gli uomini possano insicurtà avvicinarsi a Dio venuto Uomo". Qui l'intera gloria mediatrice di Cristo,in qualità di Dio-uomo in cui dimora la pienezza della divinità corporale, èattribuita a Maria, o per lo meno egli la condivide con lei. Le citazionisummenzionate sono tratte da un'opera pubblicata più di due secoli fa. Da allorail papato è migliorato? Si è pentito delle sue bestemmie? No, al contrario. Lecitazioni già menzionate da Padre Newman lo provano; ma vi è una prova ancorpiù forte. In un'opera pubblicata di recente la stessa idea blasfema è ancor piùchiaramente rivelata. Mentre Maria è chiamata "La casa consacrata a Dio" e il"Tempio della trinità" la seguente liturgia con la sua risposta mostrerà in che

149 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 149L e D u e B a b i l o n i equando, per usare le parole di Layard "il corpo del pesce formava una mitrasopra quello dell'uomo, mentre la sua coda squamosa simile ad un ventaglio glipendeva dietro come un mantello, lasciando esposti le braccia e i piedi umani".Di Dagon in questa forma Layard fornisce una raffigurazione nella sua ultimaopera, che è qui riportata per il lettore (Fig. 48); e nessuno che esamini la suamitra e la paragoni con quella del Papa, com'è mostrato nell'Horae di Elliott,può dubitare per un momento che da quella e da nessun altra fonte, la mitra pa-

pale abbia avuto origine. Le fauci aperte del pesce chesormonta il capo dell'uomo a Ninive sono l'inconfondibi-le controparte delle corna della mitra del Papa a Roma.Ciò avveniva in oriente per lo meno cinque secoli primadell'era cristiana. Sembra che egualmente si sia verifica-to in Egitto; poiché Wilkinson, parlando di un pesce del-la specie dei Siluridi, dice "che uno dei geni del Panteonegiziano appare sotto forma umana con la testa di questopesce". In occidente, in un periodo successivo, abbiamol'evidenza che i pagani distaccavano la mitra a forma ditesta di pesce dal corpo del pesce e usavano quella mitra

solo per adornare il capo del grande dio mediatore; poiché su diverse incisionipagane di Malta quel dio con i ben noti attributi di Osiride, è rappresentato connulla del pesce tranne la mitra sul capo (Fig. 49); molto simile nella forma allamitra del Papa, o a quella di un vescovo papale d'oggi. Anche in Cina una volta

evidentemente prevaleva la stessa pratica di portare unamitra a forma di testa di pesce, poiché la medesima con-troparte della mitra papale, portata dall'imperatore cine-se, esiste fino ad oggi. "E noto" mi ha chiesto un cono-sciuto autore contemporaneo, in una comunicazioneprivata, "che l'imperatore della Cina ha sempre, fino adora, quale sommo sacerdote della nazione, una voltal'anno pregato a favore della nazione, benedicendola

indossando abiti sacerdotali e una mitra in testa del tutto identici a quelli indos-sati dal pontefice negli scorsi 1200 anni? "I fatti stanno così. A riprova di taledichiarazione produco un'incisione della mitra imperiale (Fig. 50) che è l'esattofac-simile della mitra episcopale papista. Il lettore deve tener presente che anchein Giappone, benché così distante sia da Babele che dalla Cina stessa, una delledivinità è rappresentata con lo stesso simbolo di potenza prevalente in Assiria -le corna del toro -, ed è chiamato "il principe celeste col capo taurino". Se il

simbolo di Nimrod in veste di Cronos, il "cornuto", è stato tro-vato in Giappone non sorprende che il simbolo di Dagon siastato rintracciato in Cina. Ma vi è un altro simbolo del poterepapale che non deve essere trascurato, ed è quello del pastoraledel pontefice. Da dove proviene? La risposta a questa domanda,in primo luogo, è che il Papa l'ha rubato agli Auguri romani. Illettore dei classici può ricordare che quando gli Auguri romaniconsultavano il cielo, o traevano pronostici dal suo aspetto, viera un certo strumento che era indispensabile per la loro profes-sione. La verga mediante la quale essi circoscrivevano la porzio-ne di cielo nella quale avrebbero fatto le loro osservazioni, eraricurva all'estremità, ed era chiamata "lituus".

Dagon con la mitra aforma di pesce sul capo.

Osiride con la mitra aforma di pesce sul capo.

Mitra imperia-le del ponteficeromano.

Ora il "lituus" era così manifestamente identico al pastorale del pontefice, chegli scrittori cattolici romani stessi, scrivendo negli Evi Bui, non esitavano a vol-te a usare il termine "lituus" come sinonimo di pastorale. Così uno scrittore pa-pale descrive un certo Papa o vescovo come "mitra litoque decorus", "adornatocon la mitra e il bastone dell'augure", spiegando perciò che egli era adorno con"la mitra e il pastorale". Ma tale lituus, o verga per la divinazione, degli Auguriromani, era, com'è ben noto tratta dagli Etruschi, che, a loro volta l'avevano pre-sa, insieme con la loro religione, agli Assiri.Come gli Auguri romani si distinguevano per il loro bastone ricurvo, così i sa-cerdoti caldei, compiendo i loro riti magici, erano generalmente provvisti di unbastone ricurvo o pastorale.Questo magico bastone ricurvo può essere fatto risalire direttamente al primo redi Babilonia, cioè Nimrod che, com'è affermato da Beroso, fu il primo che portòil titolo di re-pastore. In ebraico, o nel caldeo dei giorni di Abramo "Nimrod ilpastore" si diceva "He-Roè"; e da questo titolo del "potente cacciatore dinanzi alSignore" non vi è dubbio che è derivato sia il nomestesso di Eroe, che tutta l'adorazione degli eroi che siè poi diffusa nel mondo.Certo è che i deificati successori di Nimrod sono statigeneralmente rappresentati con il pastorale o bastonericurvo. E questo il caso di Babilonia e di Ninive co-me mostrano gli attuali monumenti.L'annessa illustrazione (Fig. 51) proveniente da Babi-lonia, mostra il papale pastorale nella sua forma pri-mitiva. Era lo stesso anche in Egitto, dopo che vi fustabilito il potere babilonico come testimoniano le statue di Osiride col suo pa-storale, essendo lo stesso Osiride di frequente rappresentato come un pastoralecon un occhio su di esso3.

SEZIONE IIPRETI, MONACI E SUORE

Se il capo è corrotto, così lo sono anche le membra. Se il Papa è essenzialmentepagano, quale potrebbe essere la peculiarità del suo clero? Se essi derivano iloro ordini da una fonte radicalmente corrotta, tali ordini devono essere partecipidella corruzione della fonte da cui scaturiscono e difatti l'evidenza relativa allecaratteristiche pagane del clero papale è completa come quella relativa al Papastesso. Sotto qualunque luce viene considerato il soggetto, tutto questo è chiara-mente evidente.Vi è un diretto contrasto fra i ministri di Cristo e quelli del sacerdozio papale.Quando Cristo incaricò i suoi servitori, il compito era quello di "pascere le suepecore, pascere i suoi agnelli", e di farlo con la parola di Dio, che rende testimo-nianza a lui stesso e contiene parole di vita eterna. Quando il Papa fa ordinazionidel suo clero, egli impone loro di proibire, eccetto che in circostanze speciali, lalettura della Parola di Dio "nella lingua volgare", cioè, nella lingua che il popolopuò comprendere. Egli da loro, in realtà, un incarico; e qual'è? Esso è espressocon tali sorprendenti parole: "Riceverete il potere di santificare per i vivi e per imorti". Cosa può esserci di più blasfemo di ciò? Cosa che si allontani maggior-mente dall'unico sacrificio di Cristo, mediante il quale "Egli ha reso perfetti in

Figure da Babilonia conpastorale.

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148 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 148L e D u e B a b i l o n i equando, per usare le parole di Layard "il corpo del pesce formava una mitrasopra quello dell'uomo, mentre la sua coda squamosa simile ad un ventaglio glipendeva dietro come un mantello, lasciando esposti le braccia e i piedi umani".Di Dagon in questa forma Layard fornisce una raffigurazione nella sua ultimaopera, che è qui riportata per il lettore (Fig. 48); e nessuno che esamini la suamitra e la paragoni con quella del Papa, com'è mostrato nell'Horae di Elliott,può dubitare per un momento che da quella e da nessun altra fonte, la mitra pa-

pale abbia avuto origine. Le fauci aperte del pesce chesormonta il capo dell'uomo a Ninive sono l'inconfondibi-le controparte delle corna della mitra del Papa a Roma.Ciò avveniva in oriente per lo meno cinque secoli primadell'era cristiana. Sembra che egualmente si sia verifica-to in Egitto; poiché Wilkinson, parlando di un pesce del-la specie dei Siluridi, dice "che uno dei geni del Panteonegiziano appare sotto forma umana con la testa di questopesce". In occidente, in un periodo successivo, abbiamol'evidenza che i pagani distaccavano la mitra a forma ditesta di pesce dal corpo del pesce e usavano quella mitra

solo per adornare il capo del grande dio mediatore; poiché su diverse incisionipagane di Malta quel dio con i ben noti attributi di Osiride, è rappresentato connulla del pesce tranne la mitra sul capo (Fig. 49); molto simile nella forma allamitra del Papa, o a quella di un vescovo papale d'oggi. Anche in Cina una volta

evidentemente prevaleva la stessa pratica di portare unamitra a forma di testa di pesce, poiché la medesima con-troparte della mitra papale, portata dall'imperatore cine-se, esiste fino ad oggi. "E noto" mi ha chiesto un cono-sciuto autore contemporaneo, in una comunicazioneprivata, "che l'imperatore della Cina ha sempre, fino adora, quale sommo sacerdote della nazione, una voltal'anno pregato a favore della nazione, benedicendola

indossando abiti sacerdotali e una mitra in testa del tutto identici a quelli indos-sati dal pontefice negli scorsi 1200 anni? "I fatti stanno così. A riprova di taledichiarazione produco un'incisione della mitra imperiale (Fig. 50) che è l'esattofac-simile della mitra episcopale papista. Il lettore deve tener presente che anchein Giappone, benché così distante sia da Babele che dalla Cina stessa, una delledivinità è rappresentata con lo stesso simbolo di potenza prevalente in Assiria -le corna del toro -, ed è chiamato "il principe celeste col capo taurino". Se il

simbolo di Nimrod in veste di Cronos, il "cornuto", è stato tro-vato in Giappone non sorprende che il simbolo di Dagon siastato rintracciato in Cina. Ma vi è un altro simbolo del poterepapale che non deve essere trascurato, ed è quello del pastoraledel pontefice. Da dove proviene? La risposta a questa domanda,in primo luogo, è che il Papa l'ha rubato agli Auguri romani. Illettore dei classici può ricordare che quando gli Auguri romaniconsultavano il cielo, o traevano pronostici dal suo aspetto, viera un certo strumento che era indispensabile per la loro profes-sione. La verga mediante la quale essi circoscrivevano la porzio-ne di cielo nella quale avrebbero fatto le loro osservazioni, eraricurva all'estremità, ed era chiamata "lituus".

Dagon con la mitra aforma di pesce sul capo.

Osiride con la mitra aforma di pesce sul capo.

Mitra imperia-le del ponteficeromano.

Ora il "lituus" era così manifestamente identico al pastorale del pontefice, chegli scrittori cattolici romani stessi, scrivendo negli Evi Bui, non esitavano a vol-te a usare il termine "lituus" come sinonimo di pastorale. Così uno scrittore pa-pale descrive un certo Papa o vescovo come "mitra litoque decorus", "adornatocon la mitra e il bastone dell'augure", spiegando perciò che egli era adorno con"la mitra e il pastorale". Ma tale lituus, o verga per la divinazione, degli Auguriromani, era, com'è ben noto tratta dagli Etruschi, che, a loro volta l'avevano pre-sa, insieme con la loro religione, agli Assiri.Come gli Auguri romani si distinguevano per il loro bastone ricurvo, così i sa-cerdoti caldei, compiendo i loro riti magici, erano generalmente provvisti di unbastone ricurvo o pastorale.Questo magico bastone ricurvo può essere fatto risalire direttamente al primo redi Babilonia, cioè Nimrod che, com'è affermato da Beroso, fu il primo che portòil titolo di re-pastore. In ebraico, o nel caldeo dei giorni di Abramo "Nimrod ilpastore" si diceva "He-Roè"; e da questo titolo del "potente cacciatore dinanzi alSignore" non vi è dubbio che è derivato sia il nomestesso di Eroe, che tutta l'adorazione degli eroi che siè poi diffusa nel mondo.Certo è che i deificati successori di Nimrod sono statigeneralmente rappresentati con il pastorale o bastonericurvo. E questo il caso di Babilonia e di Ninive co-me mostrano gli attuali monumenti.L'annessa illustrazione (Fig. 51) proveniente da Babi-lonia, mostra il papale pastorale nella sua forma pri-mitiva. Era lo stesso anche in Egitto, dopo che vi fustabilito il potere babilonico come testimoniano le statue di Osiride col suo pa-storale, essendo lo stesso Osiride di frequente rappresentato come un pastoralecon un occhio su di esso3.

SEZIONE IIPRETI, MONACI E SUORE

Se il capo è corrotto, così lo sono anche le membra. Se il Papa è essenzialmentepagano, quale potrebbe essere la peculiarità del suo clero? Se essi derivano iloro ordini da una fonte radicalmente corrotta, tali ordini devono essere partecipidella corruzione della fonte da cui scaturiscono e difatti l'evidenza relativa allecaratteristiche pagane del clero papale è completa come quella relativa al Papastesso. Sotto qualunque luce viene considerato il soggetto, tutto questo è chiara-mente evidente.Vi è un diretto contrasto fra i ministri di Cristo e quelli del sacerdozio papale.Quando Cristo incaricò i suoi servitori, il compito era quello di "pascere le suepecore, pascere i suoi agnelli", e di farlo con la parola di Dio, che rende testimo-nianza a lui stesso e contiene parole di vita eterna. Quando il Papa fa ordinazionidel suo clero, egli impone loro di proibire, eccetto che in circostanze speciali, lalettura della Parola di Dio "nella lingua volgare", cioè, nella lingua che il popolopuò comprendere. Egli da loro, in realtà, un incarico; e qual'è? Esso è espressocon tali sorprendenti parole: "Riceverete il potere di santificare per i vivi e per imorti". Cosa può esserci di più blasfemo di ciò? Cosa che si allontani maggior-mente dall'unico sacrificio di Cristo, mediante il quale "Egli ha reso perfetti in

Figure da Babilonia conpastorale.

61 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 61L e D u e B a b i l o n i ebabilonese, in moltissimi casi fu solo cambiato il nome. Fu chiamata MariaVergine e, assieme a suo figlio, fu adorata dai professanti cristiani esattamentecome lo era da coloro che erano apertamente e dichiaratamente pagani. Laconseguenza fu, che quando, nel 325 A.D. fu convocato il Concilio di Nicea percondannare l'eresia di Ario che negava la divinità di Cristo, quell'eresia fu inrealtà condannata, ma non senza l'aiuto di uomini che fornirono preciseindicazioni del loro desiderio di porre la creatura allo stesso livello del Creatore,ponendo la Vergine madre a fianco a fianco del figlio. Al Concilio di Nicea,dice l'autore di "Nimrod", "La sezione melchita" cioè, i rappresentanti delcosiddetto cristianesimo d'Egitto "asserirono che vi erano tre persone nellaTrinità, il Padre, la Vergine Maria, e il Messia loro Figlio". Riferendosi a questofatto stupefacente che emerge dal Concilio Niceno, Padre Newman parlaesultantemente di queste discussioni che tendevano alla glorificazione di Mariadicendo: "La controversia aprì una questione che non era stata posta". Così, incielo vi fu meraviglia; fu visto un trono molto al di sopra di tutte le potenzecreate, un trono di mediazione, di intercessione, un titolo archetipico, unacorona splendente come la stella del mattino, una gloria emanante dal tronoeterno, abiti puri come i cieli e uno scettro supremo. E chi era l'eredepredestinato di quella maestà? Chi era quel saggio e qual era il suo nome, lamadre del giusto amore e del timore e della santa speranza, esaltata come unalbero di palme in En-gheddi, e un roseto di Gerico, creata fin dall'inizio primadel mondo, nel consiglio di Dio, e col suo potere in Gerusalemme? La visione sitrova nell'Apocalisse: "Una donna abbigliata di sole, con la luna sotto i suoipiedi, e sulla testa una corona di dodici stelle"7 "I devoti di Maria" egliaggiunge, "non vanno oltre la vera fede. La Chiesa di Roma non è idolatra ameno che l'Arianesimo non sia ortodossia". Questa è vera poesia dellabestemmia. Contiene pure un argomento, ma a cosa si perviene con esso?Proprio al fatto che se si ammette che Cristo sia veramente e propriamente Dio edegno di onori divini, sua madre, da cui egli deriva semplicemente la suaumanità, dev'essere considerata allo stesso modo, dev'essere innalzata molto aldi sopra del livello di tutte le altre creature e dev'essere adorata come partecipedella divinità. La divinità di Cristo è fatta coincidere con la divinità di suamadre. Questo è il papato nel diciannovesimo secolo; sì, questo è il papato inInghilterra. Era già noto che il papato ovunque fosse diffuso lo era in modoimpudente e sfacciato nelle sue bestemmie; che a Lisbona è stata vista unachiesa con le seguenti parole scolpite sul suo prospetto "Alla vergine dea diLoreto, la comunità italiana, devota alla sua divinità, ha dedicato questotempio". Ciò è, comunque, proprio l'esatta riproduzione della dottrina dell'anticaBabilonia sulla grande dea madre. La Maonna di Roma, quindi, non è altri chela madonna di Babilonia. La "Regina dei Cieli" di un sistema è uguale alla"Regina dei Cieli" dell'altro. La dea adorata a Babilonia ed in Egitto qualeTabernacolo o Abitazione di Dio, è identica a colei che, col nome di Maria, èchiamata a Roma "La Casa consacrata a Dio", "II maestoso luogo di dimora","La dimora di Dio", "II Tabernacolo dello Spirito Santo", "II tempio dellaTrinità". Alcuni probabilmente cercheranno di difendere tale linguaggio dicendoche le Scritture dicono che ogni credente sia un tempio dello Spirito Santo e,quindi, che male può esservi nel parlare della Vergine Maria, che eraindubbiamente una santa di Dio, con quel nome o con nomi dal significatosimile? Orbene non v'è dubbio che ciò che Paolo dice sia vero (1 Cor 3:16)

"Non sapete voi che siete il tempio di Dio e che lo Spirito Santo dimora invoi?". Non solo è vero, ma è una grande verità, una verità benedetta che damaggior conforto e che placa la sofferenza delle difficoltà quand'è appresa; lostesso apostolo dice pure: "Noi siamo il tempio dell'Iddio vivente, come Diodisse: 'Risiederò tra loro e camminerò tra loro e io sarò il loro Dio ed essisaranno il mio popolo" (2 Cor. 6:16). Si deve anche riconoscere, e lietamente,che ciò vuol dire la dimora in noi di tutte le persone della gloriosa divinità,poiché il signore Gesù disse (Giov. 14:23), "Se qualcuno mi ama osserverà lamia parola e il Padre mio lo amerà, e verremo da lui e faremo dimora presso dilui". Ma mentre si ammette tutto ciò, esaminando il materiale si troverà che ilPapato e l'idea scritturale contenuta in tali espressioni, comunqueapparentemente simili, sono essenzialmente differenti. Quando è detto che ilcredente è "il tempio di Dio", o il tempio dello Spirito Santo, ciò vuol dire (Efes.3:17) che "Cristo dimora mediante la fede nei cuori". Ma quando Roma dice cheMaria è "Il tempio" o "Tabernacolo di Dio", nel significato pagano del termine,cioè l'unione fra lei e la divinità, è un'unione che va oltre l'unione ipostatica frala natura umana e quella divina di Cristo. La natura umana di Cristo è il"Tabernacolo di Dio" in quanto che la Natura Divina ha così velato la sua gloriain tal modo, assumendo la nostra natura, affinchè possiamo avvicinarci senzaessere sopraffatti dal timore dello Spirito Santo. Giovanni si riferisce a questagloriosa verità quando dice (Giovanni 1:14) "La parola divenne carne e dimorò(letteralmente fece tabernacolo) fra noi, e noi abbiamo mirato la sua gloria, lagloria che appartiene all'unigenito Figlio del Padre, pieno di grazia e di verità".In tal senso Cristo, l'Iddio-Uomo, è il solo "tabernacolo di Dio". Orbene, èprecisamente in questo senso che Roma chiama Maria "tabernacolo di Dio" odello "Spirito Santo". Così parla l'autore di un'opera papista dedicata all'esalta-zione della Vergine, nella quale vengono attribuiti a Maria tutti i titoli peculiarie le prerogative di Cristo: "Vedi il Tabernacolo di Dio, la dimora di Dio,l'abitazione, la città di Dio è con gli uomini e negli uomini e per gli uomini, perla loro salvezza ed esaltazione e glorificazione eterna... Può essere più chiaroche ciò si applichi alla vera chiesa? E in maniera simile non è egualmente verodel santissimo sacramento del corpo del Signore? Non è vero di chiunque di noise siamo veramente cristiani? Indubbiamente; ma dobbiamo contemplare questomistero (in quanto esistente) in maniera peculiare nella santissima madre delnostro Signore". Quindi l'autore dopo essersi sforzato di mostrare che "Maria ègiustamente considerata il Tabernacolo di Dio con gli uomini" e ciò in sensoparticolare, un senso differente da quello secondo il quale tutti i cristiani sono il"Tempio di Dio", così continua facendo espresso riferimento a lei qualetabernacolo: "Realmente grande è il beneficio, singolare è il privilegio, che iltabernacolo di Dio debba essere con gli uomini, nel quale gli uomini possano insicurtà avvicinarsi a Dio venuto Uomo". Qui l'intera gloria mediatrice di Cristo,in qualità di Dio-uomo in cui dimora la pienezza della divinità corporale, èattribuita a Maria, o per lo meno egli la condivide con lei. Le citazionisummenzionate sono tratte da un'opera pubblicata più di due secoli fa. Da allorail papato è migliorato? Si è pentito delle sue bestemmie? No, al contrario. Lecitazioni già menzionate da Padre Newman lo provano; ma vi è una prova ancorpiù forte. In un'opera pubblicata di recente la stessa idea blasfema è ancor piùchiaramente rivelata. Mentre Maria è chiamata "La casa consacrata a Dio" e il"Tempio della trinità" la seguente liturgia con la sua risposta mostrerà in che

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62 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 62L e D u e B a b i l o n i esenso essa è considerata tempio dello Spirito Santo: "Celebrante Ipse deuscreavit illam in Spiritu Sancto. Risposta Et effun dit illam inter omnia opera sua.V. Domina, exaudi", etc., che così si traduce : "V. il Signore stesso l'ha creatanello Spirito Santo e l'ha versata fra tutte le sue opere. V O Signora, ascolta",etc. Tale stupefacente linguaggio dimostra che Maria è identificata con loSpirito Santo, quando si parla di lei che "è versata" su "tutte le opere di Dio"; eche, come abbiamo visto, era proprio lo stesso modo in cui era considerata laDonna, come il "Tabernacolo" o Casa di Dio dai pagani. Dov'era usato talelinguaggio in relazione alla Vergine? Non in Spagna, ne in Austria; ne in luoghioscuri dell'Europa Continentale, ma a Londra.I nomi blasfemi attribuiti a Maria dal Papato non hanno ombra di fondamentonella Bibbia, ma sono tutti fondati sull'idolatria di Babilonia. Sì le caratteristichee strutture della Madonna romana e di quella babilonese sono le stesse. Fino atempi recenti, quando Raffaello si allontanò un po' dalla tradizione, non vi eranoche sembianze giudaiche o italiane nelle Madonne papiste. Se queste pitture oimmagini della Vergine Madre avessero inteso rappresentare la madre del nostroSignore sarebbero state riprodotte secondo l'uno o l'altro modello. Ma non èstato così. In un paese di beltà con gli occhi scuri, con chiome corvine, laMadonna è sempre stata rappresentata con gli occhi azzurri e i capelli biondi,caratteristiche del tutto differenti da quella giudaica, che si suppone sianaturalmente stata quella della madre del nostro Signore, ma che ben si accordacon ciò che tutta l'antichità attribuisce alla dea Regina di Babilonia. In quasi tuttii Paesi la grande dea è stata descritta con capelli biondi o dorati, mostrando chedev'esservi stato un grande prototipo a cui essi la facevano corrispondere. "FlavaCeres", la "bionda Cerere", può anche non essere presa in considerazione inquesto argomento, se fosse un caso isolato, poiché si può pensare che l'attributo"capelli biondi" le provenisse dal grano, cereale che si supponeva affidato allasua protezione. Ma lo stesso attributo è applicato a molte altre dee. Europa, cheGiove trasformò in giovenca, è chiamata "la bionda Europa", Minerva èchiamata da Omero "Occhichiari Atena", e da Ovidio "la bionda"; la cacciatriceDiana, che è comunemente identificata con la luna, è chiamata da Anacreonte"la bionda figlia di Giove", un titolo che certamente non può essere stato sugge-rito dalla pallida faccia argentea della luna. Dionè, la madre di Venere, è descrit-ta da Teocrito come “bionda”. Venere stessa è chiamata frequentemente “AureaVenus”, la “Venere d’oro”. La dea indiana Lakshni, la “Madre dell’universo”, èdescritta “di complessione dorata”. Arianna, la moglie di Bacco, era chiamata“la bionda Arianna”. Così Dryden fa riferimento ai suoi capelli dorati o gialli:

“Dove giocano le onde vigorose nel porto di Diana;Giace dimenticata la chiara Arianna;Ivi afflitta dal dolore e fuori di se dalla disperazione;Essa lacera i suoi abiti e si strappa i capelli d’oro”.La Gorgone Medusa prima d’essere trasformata,

Mentre era celebrata per la sua bellezza, era generalmenteCelebrata per le sue bionde chiome:

“Medusa una volta affascinante. Per ottenere il suo amoreUna folla rivale di ansiosi amanti lottaEssi che l’hanno vista…Ma sopra tutto, la lunghezza dei suoi capelliIndorate onde inanellate, gradevolmente splendenti”.

La Sirena che si trova nelle romantiche leggende del Nord, che fu evidentemen-te tratta dalla storia di Atagartis, la dea pesce della Siria, chiamata madre di Se-miramide, e che fu alcune volte identificata con Semiramide stessa, era descrittacon capelli della stessa sorta. “Ellewoman”, questo è il nome scandinavo dellaMedusa, “è bionda”, dice l’introduzione alle “leggende danesi” di Hans Ander-sen, “e dai capelli d’oro e suona dolcemente uno strumento a corde. Si vede difrequente sedere sulla superficie delle acque, e pettina i suoi lunghi capelli dora-ti con un pettine d’oro”. Anche quando Athor, la Venere egiziana era rappresen-tata come una vacca, indubbiamente per indicare l’aspetto della dea che la vaccarappresentava, la testa della vacca e il collo erano indorati. Quando i più famosidipinti della Vergine Madre in Italia la rappresentano di carnagione chiara e coni capelli d’oro, e in tutta l’Irlanda la Vergine è quasiinvariabilmente rappresentata fino ad oggi nella stessaidentica maniera, chi può opporsi alla conclusione cheessa sia stata rappresentata così, solo perché è stata co-piata dallo stesso prototipo delle divinità pagane?Orbene, tale similitudine non è solo relativa alla carna-gione, ma anche alle caratteristiche. Le caratteristichegiudaiche sono ovunque contrassegnate ed hanno unaspetto loro particolare. Ma la Madonna cattolica non hanulla della forma e delle caratteristiche giudaiche: coloroche hanno fatto personalmente il paragone fra entrambesono concordi nel dichiarare che nell’intero aspetto è deltutto simile alla madonna babilonese trovata da Sir Ro-bert Ker Porter fra le rovine di Babilonia.Vi è ancora un’altra caratteristica rimarchevole di queste raffigurazioni che èdegna di nota e cioè quella del Nimbo o caratteristico cerchio di luce che fre-quentemente circonda il capo della madonna romana. Con questo cerchio si cir-conda pure il capo nelle immagini di Cristo. Dove ha avuto origine tale

inganno? Nel caso del nostro Signore, se il suo capo fosse statosemplicemente circondato da raggi, potrebbe esservi una certa qual scusante peraffermare che essi fossero tratti dalla narrazione evangelica, dove è affermatoche sul monte santo la sua faccia divenne splendente come la luce. Ma dove, itutte le Scritture, leggiamo mai che il suo capo fosse circondato da un disco, oda un cerchio di luce? Ciò che cercheremmo invano nella Parola di Dio si trovanelle rappresentazioni artistiche dei grandi dèi e dee di Babilonia. Il disco, eparticolarmente il cerchio, erano il ben noto simbolo della divinità solare cheappariva spesso nei simbolismi orientali circondata da un cerchio o disco. Lo

Circe, la figlia del sole,con l'aureola intorno

al capo.

147 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 147L e D u e B a b i l o n i eper la santità degli antichi editti"; e perciò nessun dubbio circa l'origine dell'abi-tudine che "le leggi dei Medi e dei Persiani non possono essere mutate". Riceveil Papa l'adorazione dai Cardinali? Il re di babilonia, quale sovrano pontefice,era adorato in maniera simile. E richiesto ai re e agli ambasciatori di baciare lapantofola del Papa? Anche questo è copiato dallo stesso modello; poiché, dice ilprofessor Gaussen, citando Strabene ed Erodoto "i re di Caldea portavano aipiedi pantofole che i rè da loro assogettati dovevano baciare". Infine, ci si rivol-ge al Papa con il titolo di "Sua Santità"? Lo stesso avveniva per il pontefice pa-gano di Roma. Sembra che il titolo sia stato comune per tutti i pontefici. Simma-co, l'ultimo rappresentante pagano dell'imperatore romano, in qualità di sovranopontefice, rivolgendosi ad uno dei suoi colleghi pontefici, a proposito di unapromozione che stava per ottenere, disse: "Ho udito che VOSTRA SANTI-TÀ' (sanctitatem tuam) sta per essere chiamato dalle sacre lettere".Ora che le chiavi di Pietro sono state restituite al loro possessore di diritto, lacattedra di Pietro deve andare insieme a loro. Tale famosa sedia proviene dallostesso luogo di provenienza delle chiavi incrociate. La medesima ragione cheindusse il Papa a prendere le chiavi caldee lo condusse naturalmente a prenderepossesso della cattedra vacante del pontefice massimo pagano. Poiché il Pontefi-ce, in virtù del suo ufficio, era stato lo Ierofante, cioè l'interprete dei misteri, ilsuo scranno ufficiale meritava bene l'attributo di cattedra di Pietro, allo stessomodo in cui le chiavi pagane erano chiamate "le chiavi di Pietro"; e così fu in-fatti chiamata. L'effettiva discendenza della famosa cattedra di Pietro appare dalseguente fatto: "I romani avevano" dice Bower, "secondo ciò che essi pensava-no, fino all'anno 1662 una solida prova, non solo che Pietro aveva eretto la suacattedra, ma che vi fosse assiso egli stesso; poiché, fino a quell'anno, la stessacattedra su cui essi credevano, o avrebbero voluto far credere agli altri, che eglisi fosse seduto, era esibita ed esposta alla pubblica adorazione il 18 gennaio,festa della menzionata cattedra".Ma mentre si stava procedendo ai lavori di ripulitura, al fine di poterla collocarein una sede degna in Vaticano, sfortunatamente apparvero su di essa le dodicifatiche di Ercole! E così dovette essere messa da parte. I sostenitori del papatofurono non poco sconcertati da tale scoperta, ma hanno cercato di porla in unamiglior luce. "La nostra adorazione" dice Giacomo Bartolini, nelle sue Antichitàsacre di Roma, dove parla delle circostanze relative alla scoperta, "comunquenon fu malriposta giacché non è al legno che noi la tributiamo, ma al principedegli apostoli, S. Pietro, che si suppone si sia seduto su di essa". Qualunque cosail lettore possa pensare di questa apologia sull'adorazione della cattedra, eglicertamente per lo meno percepirà, mettendo tutto ciò in relazione a quanto ab-biamo già visto, che la vecchia leggenda sulla cattedra di S. Pietro è semplice-mente smascherata. In tempi moderni, sembra che Roma sia stata piuttosto sfor-tunata nei riguardi delle cattedre di S. Pietro, poiché, anche dopo la scopertadelle dodici fatiche di Ercole che la resero inadatta a portare la luce che la Rifor-ma aveva gettato sulle tenebre della Santa Sede, quella che fu scelta per rimpiaz-zarla era stata destinata a rivelare ancora più ridicolmente le sfrontate imposturedel papismo. La cattedra precedente era stata presa a prestito dai pagani; la suc-cessiva sembra sia stata sottratta ai mussulmani; poiché quando i soldati francesidel generale Bonaparte presero possesso di Roma nel 1795, trovarono sul retrod'esso, in arabo, la ben nota frase del Corano "non vi è nessun Dio se non Dio, eMaometto è il suo profeta".

Il Papa non ha semplicemente una cattedra su cui assidersi; ma ha pure una se-dia sulla quale è trasportato, in pompa magna, a spalla d'uomo, quando egli sireca a visitare S. Pietro o qualche altra chiesa di Roma. Così un testimone ocula-re descrive tale spettacolo nel quartier generale dell'idolatria papale: "Si udivanobattere fuori i tamburi. Le armi dei soldati risuonavano sul pavimento di pietradella casa di Dio, quando, al comando del loro capitano, essi imbracciavano epresentavano le armi. Quale inadeguata preparazione per ricevere un ministrodel mite e mansueto Gesù! Ora spostandosi lentamente, fra due ali di soldati inarmi, appare una lunga processione di ecclesiastici, vescovi, canonici e cardinaliche precedono il romano pontefice, trasportato su una sedia dorata, abbigliatod'abiti risplendenti come il sole. Lo portano dodici uomini vestiti di cremisi,immediatamente preceduti da diverse persone che portano una croce, la sua mi-tra, la sua triplice corona, e altre insegne del suo incarico. Poiché egli era portatosulle spalle degli uomini, fra le folle osannanti, il suo capo era coperto e sor-montato da due immensi ventagli, fatti di penne di pavone e portati da due servi-tori". Questo è il sovrano pontefice a tutt'oggi; solo che, frequentemente, oltread essere sormontata dai flabelli, che non sono altro che i "Mistici flabelli diBacco" la sua sedia di stato è pure sormontata da un normale baldacchino. Oraguardiamo indietro fino a tremila anni e vediamo come il sovrano pontefice d'E-gitto soleva rendere visita al tempio del suo dio. "Avendo raggiunto i recinti deltempio" dice Wilkinson, "le guardie e gli attendenti reali scelti come rappresen-tanti dell'intero esercito entravano nel cortile... Bande militari suonavano le ariepiù in voga; e i numerosi stendardi dei diversi reggimenti, e le bandiere garriva-no al vento, le armi scintillanti, l'immenso concorso di folla, e l'imponente mae-stà delle elevate torri dei propilei, ricoperte con le loro rutilanti bandiere, com-pletavano la cornice, presentando una scena raramente vista, possiamo dire, maieguagliata in alcuna occasione, in nessun altro paese. La caratteristica più signi-ficativa di questa cerimonia era lo scintillante corteo del monarca, che era porta-to sulla sedia gestatoria dai principali funzionari dello stato, sotto lo sventolio diricchi flabelli e ventagli di piume". Provvediamo, da un'incisione di Wilkinson(Fig. 47), la parte centrale di una placca dedicata a una di tali processioni egizia-ne, affinchè il lettore possa vedere con i suoi propri occhiquanto esattamente il noto cerimoniale del Papa, coinci-da con quello pagano. Ciò vale sia per la cattedra che perle chiavi di Pietro. Ora Giano, la cui chiave il Papa usur-pò con quella di sua moglie o madre Cibele, era ancheDagon. Giano, il dio bifronte, "che aveva vissuto in duemondi" era la divinità babilonese, incarnazione di Noè eDagon, il dio-pesce, rappresentava quella divinità qualemanifestazione dello stesso patriarca che aveva vissutocosì a lungo fra le acque del diluvio. Come il Papa portale chiavi di Giano, così porta la mitra di Dagon e gli scavi di Ninive lo hannoconfermato oltre ogni dubbio. La mitra papale è del tutto differente dalla mitradi Aronne e dei sommi sacerdoti giudei. Quella mitra era un turbante mentre lamitra bicorne che porta il Papa, quando siede sul sommo altare a Roma e ricevel'adorazione dei cardinali, è la stessa mitra portata da Dagon, il dio-pesce deifilistei e dei babilonesi. Anticamente Dagon era rappresentato in due maniere.Una era quand'era raffigurato come mezzo uomo e mezzo pesce; con la parte disopra interamente umana e quella di sotto terminante a coda di pesce. L'altra era,

Processione (.lei farao-ne d'Editto.

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146 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 146L e D u e B a b i l o n i eper la santità degli antichi editti"; e perciò nessun dubbio circa l'origine dell'abi-tudine che "le leggi dei Medi e dei Persiani non possono essere mutate". Riceveil Papa l'adorazione dai Cardinali? Il re di babilonia, quale sovrano pontefice,era adorato in maniera simile. E richiesto ai re e agli ambasciatori di baciare lapantofola del Papa? Anche questo è copiato dallo stesso modello; poiché, dice ilprofessor Gaussen, citando Strabene ed Erodoto "i re di Caldea portavano aipiedi pantofole che i rè da loro assogettati dovevano baciare". Infine, ci si rivol-ge al Papa con il titolo di "Sua Santità"? Lo stesso avveniva per il pontefice pa-gano di Roma. Sembra che il titolo sia stato comune per tutti i pontefici. Simma-co, l'ultimo rappresentante pagano dell'imperatore romano, in qualità di sovranopontefice, rivolgendosi ad uno dei suoi colleghi pontefici, a proposito di unapromozione che stava per ottenere, disse: "Ho udito che VOSTRA SANTI-TÀ' (sanctitatem tuam) sta per essere chiamato dalle sacre lettere".Ora che le chiavi di Pietro sono state restituite al loro possessore di diritto, lacattedra di Pietro deve andare insieme a loro. Tale famosa sedia proviene dallostesso luogo di provenienza delle chiavi incrociate. La medesima ragione cheindusse il Papa a prendere le chiavi caldee lo condusse naturalmente a prenderepossesso della cattedra vacante del pontefice massimo pagano. Poiché il Pontefi-ce, in virtù del suo ufficio, era stato lo Ierofante, cioè l'interprete dei misteri, ilsuo scranno ufficiale meritava bene l'attributo di cattedra di Pietro, allo stessomodo in cui le chiavi pagane erano chiamate "le chiavi di Pietro"; e così fu in-fatti chiamata. L'effettiva discendenza della famosa cattedra di Pietro appare dalseguente fatto: "I romani avevano" dice Bower, "secondo ciò che essi pensava-no, fino all'anno 1662 una solida prova, non solo che Pietro aveva eretto la suacattedra, ma che vi fosse assiso egli stesso; poiché, fino a quell'anno, la stessacattedra su cui essi credevano, o avrebbero voluto far credere agli altri, che eglisi fosse seduto, era esibita ed esposta alla pubblica adorazione il 18 gennaio,festa della menzionata cattedra".Ma mentre si stava procedendo ai lavori di ripulitura, al fine di poterla collocarein una sede degna in Vaticano, sfortunatamente apparvero su di essa le dodicifatiche di Ercole! E così dovette essere messa da parte. I sostenitori del papatofurono non poco sconcertati da tale scoperta, ma hanno cercato di porla in unamiglior luce. "La nostra adorazione" dice Giacomo Bartolini, nelle sue Antichitàsacre di Roma, dove parla delle circostanze relative alla scoperta, "comunquenon fu malriposta giacché non è al legno che noi la tributiamo, ma al principedegli apostoli, S. Pietro, che si suppone si sia seduto su di essa". Qualunque cosail lettore possa pensare di questa apologia sull'adorazione della cattedra, eglicertamente per lo meno percepirà, mettendo tutto ciò in relazione a quanto ab-biamo già visto, che la vecchia leggenda sulla cattedra di S. Pietro è semplice-mente smascherata. In tempi moderni, sembra che Roma sia stata piuttosto sfor-tunata nei riguardi delle cattedre di S. Pietro, poiché, anche dopo la scopertadelle dodici fatiche di Ercole che la resero inadatta a portare la luce che la Rifor-ma aveva gettato sulle tenebre della Santa Sede, quella che fu scelta per rimpiaz-zarla era stata destinata a rivelare ancora più ridicolmente le sfrontate imposturedel papismo. La cattedra precedente era stata presa a prestito dai pagani; la suc-cessiva sembra sia stata sottratta ai mussulmani; poiché quando i soldati francesidel generale Bonaparte presero possesso di Roma nel 1795, trovarono sul retrod'esso, in arabo, la ben nota frase del Corano "non vi è nessun Dio se non Dio, eMaometto è il suo profeta".

Il Papa non ha semplicemente una cattedra su cui assidersi; ma ha pure una se-dia sulla quale è trasportato, in pompa magna, a spalla d'uomo, quando egli sireca a visitare S. Pietro o qualche altra chiesa di Roma. Così un testimone ocula-re descrive tale spettacolo nel quartier generale dell'idolatria papale: "Si udivanobattere fuori i tamburi. Le armi dei soldati risuonavano sul pavimento di pietradella casa di Dio, quando, al comando del loro capitano, essi imbracciavano epresentavano le armi. Quale inadeguata preparazione per ricevere un ministrodel mite e mansueto Gesù! Ora spostandosi lentamente, fra due ali di soldati inarmi, appare una lunga processione di ecclesiastici, vescovi, canonici e cardinaliche precedono il romano pontefice, trasportato su una sedia dorata, abbigliatod'abiti risplendenti come il sole. Lo portano dodici uomini vestiti di cremisi,immediatamente preceduti da diverse persone che portano una croce, la sua mi-tra, la sua triplice corona, e altre insegne del suo incarico. Poiché egli era portatosulle spalle degli uomini, fra le folle osannanti, il suo capo era coperto e sor-montato da due immensi ventagli, fatti di penne di pavone e portati da due servi-tori". Questo è il sovrano pontefice a tutt'oggi; solo che, frequentemente, oltread essere sormontata dai flabelli, che non sono altro che i "Mistici flabelli diBacco" la sua sedia di stato è pure sormontata da un normale baldacchino. Oraguardiamo indietro fino a tremila anni e vediamo come il sovrano pontefice d'E-gitto soleva rendere visita al tempio del suo dio. "Avendo raggiunto i recinti deltempio" dice Wilkinson, "le guardie e gli attendenti reali scelti come rappresen-tanti dell'intero esercito entravano nel cortile... Bande militari suonavano le ariepiù in voga; e i numerosi stendardi dei diversi reggimenti, e le bandiere garriva-no al vento, le armi scintillanti, l'immenso concorso di folla, e l'imponente mae-stà delle elevate torri dei propilei, ricoperte con le loro rutilanti bandiere, com-pletavano la cornice, presentando una scena raramente vista, possiamo dire, maieguagliata in alcuna occasione, in nessun altro paese. La caratteristica più signi-ficativa di questa cerimonia era lo scintillante corteo del monarca, che era porta-to sulla sedia gestatoria dai principali funzionari dello stato, sotto lo sventolio diricchi flabelli e ventagli di piume". Provvediamo, da un'incisione di Wilkinson(Fig. 47), la parte centrale di una placca dedicata a una di tali processioni egizia-ne, affinchè il lettore possa vedere con i suoi propri occhiquanto esattamente il noto cerimoniale del Papa, coinci-da con quello pagano. Ciò vale sia per la cattedra che perle chiavi di Pietro. Ora Giano, la cui chiave il Papa usur-pò con quella di sua moglie o madre Cibele, era ancheDagon. Giano, il dio bifronte, "che aveva vissuto in duemondi" era la divinità babilonese, incarnazione di Noè eDagon, il dio-pesce, rappresentava quella divinità qualemanifestazione dello stesso patriarca che aveva vissutocosì a lungo fra le acque del diluvio. Come il Papa portale chiavi di Giano, così porta la mitra di Dagon e gli scavi di Ninive lo hannoconfermato oltre ogni dubbio. La mitra papale è del tutto differente dalla mitradi Aronne e dei sommi sacerdoti giudei. Quella mitra era un turbante mentre lamitra bicorne che porta il Papa, quando siede sul sommo altare a Roma e ricevel'adorazione dei cardinali, è la stessa mitra portata da Dagon, il dio-pesce deifilistei e dei babilonesi. Anticamente Dagon era rappresentato in due maniere.Una era quand'era raffigurato come mezzo uomo e mezzo pesce; con la parte disopra interamente umana e quella di sotto terminante a coda di pesce. L'altra era,

Processione (.lei farao-ne d'Editto.

63 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 63L e D u e B a b i l o n i esenso essa è considerata tempio dello Spirito Santo: "Celebrante Ipse deuscreavit illam in Spiritu Sancto. Risposta Et effun dit illam inter omnia opera sua.V. Domina, exaudi", etc., che così si traduce : "V. il Signore stesso l'ha creatanello Spirito Santo e l'ha versata fra tutte le sue opere. V O Signora, ascolta",etc. Tale stupefacente linguaggio dimostra che Maria è identificata con loSpirito Santo, quando si parla di lei che "è versata" su "tutte le opere di Dio"; eche, come abbiamo visto, era proprio lo stesso modo in cui era considerata laDonna, come il "Tabernacolo" o Casa di Dio dai pagani. Dov'era usato talelinguaggio in relazione alla Vergine? Non in Spagna, ne in Austria; ne in luoghioscuri dell'Europa Continentale, ma a Londra.I nomi blasfemi attribuiti a Maria dal Papato non hanno ombra di fondamentonella Bibbia, ma sono tutti fondati sull'idolatria di Babilonia. Sì le caratteristichee strutture della Madonna romana e di quella babilonese sono le stesse. Fino atempi recenti, quando Raffaello si allontanò un po' dalla tradizione, non vi eranoche sembianze giudaiche o italiane nelle Madonne papiste. Se queste pitture oimmagini della Vergine Madre avessero inteso rappresentare la madre del nostroSignore sarebbero state riprodotte secondo l'uno o l'altro modello. Ma non èstato così. In un paese di beltà con gli occhi scuri, con chiome corvine, laMadonna è sempre stata rappresentata con gli occhi azzurri e i capelli biondi,caratteristiche del tutto differenti da quella giudaica, che si suppone sianaturalmente stata quella della madre del nostro Signore, ma che ben si accordacon ciò che tutta l'antichità attribuisce alla dea Regina di Babilonia. In quasi tuttii Paesi la grande dea è stata descritta con capelli biondi o dorati, mostrando chedev'esservi stato un grande prototipo a cui essi la facevano corrispondere. "FlavaCeres", la "bionda Cerere", può anche non essere presa in considerazione inquesto argomento, se fosse un caso isolato, poiché si può pensare che l'attributo"capelli biondi" le provenisse dal grano, cereale che si supponeva affidato allasua protezione. Ma lo stesso attributo è applicato a molte altre dee. Europa, cheGiove trasformò in giovenca, è chiamata "la bionda Europa", Minerva èchiamata da Omero "Occhichiari Atena", e da Ovidio "la bionda"; la cacciatriceDiana, che è comunemente identificata con la luna, è chiamata da Anacreonte"la bionda figlia di Giove", un titolo che certamente non può essere stato sugge-rito dalla pallida faccia argentea della luna. Dionè, la madre di Venere, è descrit-ta da Teocrito come “bionda”. Venere stessa è chiamata frequentemente “AureaVenus”, la “Venere d’oro”. La dea indiana Lakshni, la “Madre dell’universo”, èdescritta “di complessione dorata”. Arianna, la moglie di Bacco, era chiamata“la bionda Arianna”. Così Dryden fa riferimento ai suoi capelli dorati o gialli:

“Dove giocano le onde vigorose nel porto di Diana;Giace dimenticata la chiara Arianna;Ivi afflitta dal dolore e fuori di se dalla disperazione;Essa lacera i suoi abiti e si strappa i capelli d’oro”.La Gorgone Medusa prima d’essere trasformata,

Mentre era celebrata per la sua bellezza, era generalmenteCelebrata per le sue bionde chiome:

“Medusa una volta affascinante. Per ottenere il suo amoreUna folla rivale di ansiosi amanti lottaEssi che l’hanno vista…Ma sopra tutto, la lunghezza dei suoi capelliIndorate onde inanellate, gradevolmente splendenti”.

La Sirena che si trova nelle romantiche leggende del Nord, che fu evidentemen-te tratta dalla storia di Atagartis, la dea pesce della Siria, chiamata madre di Se-miramide, e che fu alcune volte identificata con Semiramide stessa, era descrittacon capelli della stessa sorta. “Ellewoman”, questo è il nome scandinavo dellaMedusa, “è bionda”, dice l’introduzione alle “leggende danesi” di Hans Ander-sen, “e dai capelli d’oro e suona dolcemente uno strumento a corde. Si vede difrequente sedere sulla superficie delle acque, e pettina i suoi lunghi capelli dora-ti con un pettine d’oro”. Anche quando Athor, la Venere egiziana era rappresen-tata come una vacca, indubbiamente per indicare l’aspetto della dea che la vaccarappresentava, la testa della vacca e il collo erano indorati. Quando i più famosidipinti della Vergine Madre in Italia la rappresentano di carnagione chiara e coni capelli d’oro, e in tutta l’Irlanda la Vergine è quasiinvariabilmente rappresentata fino ad oggi nella stessaidentica maniera, chi può opporsi alla conclusione cheessa sia stata rappresentata così, solo perché è stata co-piata dallo stesso prototipo delle divinità pagane?Orbene, tale similitudine non è solo relativa alla carna-gione, ma anche alle caratteristiche. Le caratteristichegiudaiche sono ovunque contrassegnate ed hanno unaspetto loro particolare. Ma la Madonna cattolica non hanulla della forma e delle caratteristiche giudaiche: coloroche hanno fatto personalmente il paragone fra entrambesono concordi nel dichiarare che nell’intero aspetto è deltutto simile alla madonna babilonese trovata da Sir Ro-bert Ker Porter fra le rovine di Babilonia.Vi è ancora un’altra caratteristica rimarchevole di queste raffigurazioni che èdegna di nota e cioè quella del Nimbo o caratteristico cerchio di luce che fre-quentemente circonda il capo della madonna romana. Con questo cerchio si cir-conda pure il capo nelle immagini di Cristo. Dove ha avuto origine tale

inganno? Nel caso del nostro Signore, se il suo capo fosse statosemplicemente circondato da raggi, potrebbe esservi una certa qual scusante peraffermare che essi fossero tratti dalla narrazione evangelica, dove è affermatoche sul monte santo la sua faccia divenne splendente come la luce. Ma dove, itutte le Scritture, leggiamo mai che il suo capo fosse circondato da un disco, oda un cerchio di luce? Ciò che cercheremmo invano nella Parola di Dio si trovanelle rappresentazioni artistiche dei grandi dèi e dee di Babilonia. Il disco, eparticolarmente il cerchio, erano il ben noto simbolo della divinità solare cheappariva spesso nei simbolismi orientali circondata da un cerchio o disco. Lo

Circe, la figlia del sole,con l'aureola intorno

al capo.

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64 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 64L e D u e B a b i l o n i estesso accadeva nella Roma pagana. Apollo, figlio del sole, era spessorappresentato così. Le dee che pretendevano d'essere imparentate col sole eranoegualmente raffigurate con il nimbo o cerchio luminoso. Nella fig. 26 vediamo,da Pompei, una rappresentazione di Circe "la figlia del sole", con il capocircondato da un cerchio allo stesso modo del capo della Madonna romana.Chiunque lo vuole paragoni il nimbo intorno al capo di Circe con quello dellaVergine papista e vedrà come essi corrispondono esattamente8.Orbene, chi può credere che tutte queste coincidenze siano casuali?Naturalmente, anche se la Madonna realmente rassomigliasse alla VergineMaria, ciò non giustificherebbe lo stesso l'idolatria. Ma quando è evidente che ladea custodita nella chiesa papale come oggetto di adorazione suprema da partedei suoi devoti, è la stessa regina babilonese che stabilì Nimrod o Nino, comerivale di Cristo e che nella sua stessa persona è l'incarnazione di ogni sorta dilicenziosità, quale tenebrosa caratteristica ciò imprime sull'idolatria romana.Che vantaggio vi è a mitigare l'odioso carattere di tale idolatria, dicendo che ilfiglio che essa espone all'adorazione è chiamato col nome di Gesù? Quando essaera adorata assieme a suo figlio nell'antica Babilonia, quel figlio era chiamatocon un nome che è particolare del Cristo, e distintivo del suo glorioso essere,come il nome di Gesù.Egli era chiamato "Zoro-Ashta", "il seme della donna". Ma ciò non impedì chel'ira di Dio fosse rivolta contro coloro che in questi giorni antichi adoravanoquell'immagine di gelosia (Ezechiele 8:3). Vi sono state molte speculazioni suciò che potrebbe essere stata tale "immagine di gelosia". Ma quando si apprendeche la grande caratteristica dell'antica idolatria era proprio l'adorazione dellamadre e del figlio, e che quel figlio era il Figlio di Dio incarnato, tutto è chiaro.Si paragonino i versetti 3 o 5 col versetto 14 e si vedrà che le "donne chepiangevano Tammuz" piangevano strettamente vicine all'immagine di gelosia.Ne può, l'attribuire il nome di Cristo all'infante in braccio alla donna romana,rendere l'"immagine di gelosia" meno offensiva per l'Altissimo, meno idonea aprovocare il suo dispiacere, quando è evidente che l'infante è adorato comefiglio di colei che era adorata come regina dei cieli, con tutti gli attributi delladivinità; ed era allo stesso tempo la "madre delle meretrici e delle abominazionidella terra". Il Signore aborrisce in ogni caso l'adorazione delle immagini maspecialmente l'adorazione di immagini di tale sorta. Orbene, se i fatti che hopresentati sono veri, c'è da meravigliarsi che terribili minacce siano dirette nellaparola di Dio contro l'apostasia romana e che lo sfogo della sua tremenda ira siadestinato ad essere versato sui suoi capi colpevoli? Se queste cose sono vere chioserà intercedere per la Roma papale o chiamarla Chiesa Cristiana? Solo ilpaganesimo può aver ispirato la dottrina ammessa dai Melchiti al concilio diNicea, secondo cui la Santa Trinità consiste del "Padre, della Vergine Maria edel Messia loro figlio?". Chi non indietreggia con orrore a tale pensiero? Che sipuò dire di una chiesa che insegna ai suoi figli ad adorare tale trinità com'ècontenuto nelle righe seguenti:

"Cuore di Gesù io ti adoro;Cuore di Maria io ti imploro;Cuore di Giuseppe, puro e giusto;IN QUESTI TRE CUORI IO RIPONGO LA MIA FIDUCIA" 9

Se questo non è paganesimo, cosa può essere chiamato con tale nome? Tuttaviaquesta è la trinità che adesso ai cattolici romani d’Irlanda viene insegnato adadorare sin dalla tenera infanzia. Questa è la Trinità che, negli ultimi libri diistruzione catechistiche è presentata come grande oggetto di devozione ai segua-ci del papismo. Il manuale che contiene queste bestemmie porta il chiaro“Imprimatur” di “Paulus Cullen” Arcivescovo Papista di Dublino. Vi è ancoraqualcuno che oserà dire, dopo tutto ciò, che la Chiesa Cattolica Romana dev’es-sere ancora chiamata cristiana perché crede nella dottrina della Trinità? Ci cre-devano anche i pagani babilonesi, gli egiziani e gli odierni indù, esattamenteallo stesso modo di Roma. Basta, quindi, con la mortale illusione che Roma siacristiana! Può esservi stata una certa esitazione nell’accettare tale supposizione,ma ogni giorno il “Grande Mistero” si rivela sempre più sotto il suo vero aspet-to. Non vi è, e non può esservi, alcuna salvezza per le anime degli uomini inBabilonia. “Uscite da essa, o popolo mio” è l’alto ed esplicito comando di Dio.Coloro che vi disubbidiscono lo fanno a proprio rischio.

145 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 145L e D u e B a b i l o n i eletta loro da un libro chiamato il "Libro Petroma"; cioè, come ci viene spiegato,un libro fatto di pietra. Ma, evidentemente, si tratta solo di un gioco di parolesecondo l'abituale spirito del paganesimo, che intendeva divertire il volgo. Lanatura del caso e la storia dei misteri, parimenti mostrano che questo libro nonera altri che il "Libro Pet-Roma"; cioè il "Libro del Grande Interprete"; in altreparole di Ermete Trismegisto, il grande interprete degli dèi.In Egitto, dal quale Atene derivò la sua religione, il libro di Ermes era conside-rato come la fonte divina di tutta la vera conoscenza dei misteri1. In Egitto, per-ciò, Ermes era adorato in qualità di grande interprete, o "Pietro-Roma"2. AdAtene, Ermes com'è ben noto, occupava esattamente lo stesso posto e, natural-mente, nel linguaggio sacro, dev'essere stato conosciuto con lo stesso titolo.Il sacerdote perciò che spiegava i misteri nel nome di Ermes dev'essere statoprovvisto non delle chiavi di Pietro, ma delle chiavi di "Pietro-Roma". Qui ilfamoso "libro di Pietra" comincia ad apparire quindi in una nuova luce, e spargenuova luce su uno dei più tenebrosi e misteriosi episodi della storia papale. Estato sempre motivo di stupore per i ricercatori storici come sia potuto avvenireche il nome di Pietro sia stato associato con Roma nella maniera in cui esso sitrova dal quarto secolo in poi. Tanti paesi diversi, sono stati indotti a credere chePietro, che era un "apostolo della circoncisione" abbia derogato dall'incaricodivino divenendo apostolo della chiesa gentile, e che egli sia divenuto un capospirituale a Roma, quando non esiste alcuna soddisfacente evidenza che egli siamai stato a Roma. Ma il libro di Pietro-Roma, spiega ciò che altrimenti sarebbeinesplicabile. L'esistenza di tale titolo era troppo desiderabile per non essereappetita dal papato; e secondo la sua abituale politica, fu sicuro, avendone lapossibilità, di volgerlo a proprio vantaggio. E tale possibilità l'ebbe. Quando ilPapa venne a trovarsi in intima relazione con il sacerdozio pagano essi infinevennero, come vedremo, a trovarsi sotto il suo controllo. Quale migliore oppor-tunità per cercare di riconciliare il paganesimo e il cristianesimo, facendo appa-rire il pagano "Pietro-Roma" con le sue chiavi come "Pietro di Roma" lo stessoapostolo a cui il Signore Gesù aveva dato le "chiavi del regno dei Cieli"? Perciòda un semplice gioco di parole, persone e cose essenzialmente differenti furonoconfuse; e paganesimo e cristianesimo furono fusi insieme; e così, per gli acce-cati cristiani dell'apostasia, il papa divenne il rappresentante dell'apostolo Pietro,mentre per i pagani iniziati, egli era solo il rappresentante di Pietro, l'interpretedei ben noti misteri. In tal modo il Papa divenne l'espressa controparte di "Gianobifronte". Oh, quale enfasi di significato vi è nell'espressione scritturale che siapplica al papato "Mistero d'iniquità"!Il lettore è adesso preparato a comprendere com'è che il grande consiglio di Sta-to del Papa che lo assiste nel governo della chiesa, venne chiamato collegio deiCardinali. Il termine Cardinale deriva da cardo, cioè cardine. Giano, di cui ilPapa porta le chiavi, era il dio delle porte e dei cardini, ed era chiamato Patul-cius, e Clusius, "colui che apre e che chiude". Ciò ha un significato blasfemo,poiché egli era adorato a Roma come grande mediatore. Qualsiasi affare impor-tante dovesse essere trattato, qualsiasi divinità invocata, un'invocazione dovevaprima di tutto essere rivolta a Giano, che era riconosciuto come il "Dio deglidèi", nella cui misteriosa divinità erano fuse le caratteristiche di padre e figlio;senza di lui nessuna preghiera poteva essere udita, ne le "porte del cielo" poteva-no dischiudersi. Era lo stesso dio adorato estesamente in Asia Minore al tempoin cui nostro Signore mandò, per mezzo del suo servo Giovanni, i sette messaggi

apocalittici alle chiese di quella regione. E infatti, in uno di questi messaggi,troviamo che Egli tacitamente rimprovera l'aver ascritto in modo profano quellache era una sua esclusiva caratteristica a tale divinità, e rivendica il suo dirittoesclusivo attribuito abitualmente al suo rivale. In Rivelazione 3:7 troviamo:"Queste cose dice il santo, il verace, colui che ha la chiave di Davide, colui cheapre e nessuno chiude, colui che chiude e nessuno apre". Ora, a questo Giano, inqualità di mediatore, adorato in Asia Minore e a Roma, apparteneva il governodel mondo, e "tutto il potere in cielo, in terra e sul mare".Per questo particolare motivo gli si attribuiva la "Jus vertenti cardini'' - "poteredi ruotare i cardini" - di aprire le porte del cielo, o di aprire o chiudere le portedella pace e della guerra. Il Papa perciò, quando si assise come sommo sacerdo-te di Giano, assunse anche lo "Jus vertendi cardinis", "il potere di ruotare i car-dini" - di aprire e chiudere nel blasfemo senso pagano. Lentamente e cautamentedapprincipio tale potere fu solo accennato; ma essendo state gettate le fonda-menta, costantemente, secolo dopo secolo, vi fu edificata sopra la grande sovra-struttura del potere sacerdotale. I pagani, che videro che sotto la guida papale ilcristianesimo, com'era professato a Roma, faceva grandi passi incontro al paga-nesimo, furono più che contenti di riconoscere al Papa tale potere; essi lietamen-te lo incoraggiarono ad aumentare, passo dopo passo, il pieno peso delle preteseblasfeme adatte al rappresentante di Giano - pretese che, come si sa, sono ades-so, con l'unanime consenso della cristianità occidentale apostata, riconosciutecome inerenti la funzione del vescovo di Roma. Per mettere in grado il Papa,comunque, di ottenere la completa pienezza del potere che egli adesso rivendica,gli era necessaria la cooperazione di altri. Quando il suo potere si dilatò, quandoil suo dominio si estese, specialmente dopo che egli divenne un sovrano tempo-rale, le chiavi di Giano divennero troppo pesanti per la sua sola mano ed egliebbe bisogno di alcuni con cui condividere il potere dei "cardini". Perciò i suoiconsiglieri privati, i suoi alti funzionari di stato che erano associati con lui nelgoverno della chiesa e del mondo, assunsero adesso il ben noto titolo di"cardinali" - i sacerdoti del "cardine". Questo titolo era stato portato in prece-denza dagli alti funzionari dell'imperatore romano che, come "Pontefice Massi-mo", era stato egli stesso il rappresentante di Giano. Anche durante il regno diTeodosio, l'imperatore cristiano di Roma, il titolo di cardinale era portato dalsuo primo ministro. Ma ora, sia il nome che il potere implicato in esso, erano dalungo tempo scomparsi da tutti i funzionari civili dei sovrani temporali, e soloquelli che assistevano il Papa nel portare le chiavi di Giano, per aprire e chiude-re, furono conosciuti col titolo di Cardinali, o sacerdoti del "cardine".Ho detto che il Papa divenne il rappresentante di Giano, il Messia babilonese. Seil lettore solo considera la pretesa blasfema del papato, vedrà quanto esattamen-te ciò è una copia del suo originale. Nei paesi in cui il sistema babilonese era piùestesamente sviluppato, troviamo il Sovrano Pontefice del dio babilonese inve-stito degli stessi attributi che adesso sono ascritti al Papa. E il Papa chiamato"Dio sulla terra", "Vice-Dio" e "Vicario di Gesù Cristo"? Il rè in Egitto, dovericopriva l'incarico di sovrano pontefice era, dice Wilkinson, considerato consomma riverenza, quale "RAPPRESENTANTE DELLA DIVINITÀ SULLA TERRA". È ilPapa "infallibile" e si vanta la chiesa di Roma che egli è sempre stato "immutatoe immutabile"? Lo stesso avveniva nel caso del pontefice caldeo e del sistema sucui egli presiedeva. Il sovrano pontefice, dice lo scrittore appena citato, credevadi essere "INCAPACE D'ERRORE" e, di conseguenza, vi era "il più grande rispetto

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144 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 144L e D u e B a b i l o n i eletta loro da un libro chiamato il "Libro Petroma"; cioè, come ci viene spiegato,un libro fatto di pietra. Ma, evidentemente, si tratta solo di un gioco di parolesecondo l'abituale spirito del paganesimo, che intendeva divertire il volgo. Lanatura del caso e la storia dei misteri, parimenti mostrano che questo libro nonera altri che il "Libro Pet-Roma"; cioè il "Libro del Grande Interprete"; in altreparole di Ermete Trismegisto, il grande interprete degli dèi.In Egitto, dal quale Atene derivò la sua religione, il libro di Ermes era conside-rato come la fonte divina di tutta la vera conoscenza dei misteri1. In Egitto, per-ciò, Ermes era adorato in qualità di grande interprete, o "Pietro-Roma"2. AdAtene, Ermes com'è ben noto, occupava esattamente lo stesso posto e, natural-mente, nel linguaggio sacro, dev'essere stato conosciuto con lo stesso titolo.Il sacerdote perciò che spiegava i misteri nel nome di Ermes dev'essere statoprovvisto non delle chiavi di Pietro, ma delle chiavi di "Pietro-Roma". Qui ilfamoso "libro di Pietra" comincia ad apparire quindi in una nuova luce, e spargenuova luce su uno dei più tenebrosi e misteriosi episodi della storia papale. Estato sempre motivo di stupore per i ricercatori storici come sia potuto avvenireche il nome di Pietro sia stato associato con Roma nella maniera in cui esso sitrova dal quarto secolo in poi. Tanti paesi diversi, sono stati indotti a credere chePietro, che era un "apostolo della circoncisione" abbia derogato dall'incaricodivino divenendo apostolo della chiesa gentile, e che egli sia divenuto un capospirituale a Roma, quando non esiste alcuna soddisfacente evidenza che egli siamai stato a Roma. Ma il libro di Pietro-Roma, spiega ciò che altrimenti sarebbeinesplicabile. L'esistenza di tale titolo era troppo desiderabile per non essereappetita dal papato; e secondo la sua abituale politica, fu sicuro, avendone lapossibilità, di volgerlo a proprio vantaggio. E tale possibilità l'ebbe. Quando ilPapa venne a trovarsi in intima relazione con il sacerdozio pagano essi infinevennero, come vedremo, a trovarsi sotto il suo controllo. Quale migliore oppor-tunità per cercare di riconciliare il paganesimo e il cristianesimo, facendo appa-rire il pagano "Pietro-Roma" con le sue chiavi come "Pietro di Roma" lo stessoapostolo a cui il Signore Gesù aveva dato le "chiavi del regno dei Cieli"? Perciòda un semplice gioco di parole, persone e cose essenzialmente differenti furonoconfuse; e paganesimo e cristianesimo furono fusi insieme; e così, per gli acce-cati cristiani dell'apostasia, il papa divenne il rappresentante dell'apostolo Pietro,mentre per i pagani iniziati, egli era solo il rappresentante di Pietro, l'interpretedei ben noti misteri. In tal modo il Papa divenne l'espressa controparte di "Gianobifronte". Oh, quale enfasi di significato vi è nell'espressione scritturale che siapplica al papato "Mistero d'iniquità"!Il lettore è adesso preparato a comprendere com'è che il grande consiglio di Sta-to del Papa che lo assiste nel governo della chiesa, venne chiamato collegio deiCardinali. Il termine Cardinale deriva da cardo, cioè cardine. Giano, di cui ilPapa porta le chiavi, era il dio delle porte e dei cardini, ed era chiamato Patul-cius, e Clusius, "colui che apre e che chiude". Ciò ha un significato blasfemo,poiché egli era adorato a Roma come grande mediatore. Qualsiasi affare impor-tante dovesse essere trattato, qualsiasi divinità invocata, un'invocazione dovevaprima di tutto essere rivolta a Giano, che era riconosciuto come il "Dio deglidèi", nella cui misteriosa divinità erano fuse le caratteristiche di padre e figlio;senza di lui nessuna preghiera poteva essere udita, ne le "porte del cielo" poteva-no dischiudersi. Era lo stesso dio adorato estesamente in Asia Minore al tempoin cui nostro Signore mandò, per mezzo del suo servo Giovanni, i sette messaggi

apocalittici alle chiese di quella regione. E infatti, in uno di questi messaggi,troviamo che Egli tacitamente rimprovera l'aver ascritto in modo profano quellache era una sua esclusiva caratteristica a tale divinità, e rivendica il suo dirittoesclusivo attribuito abitualmente al suo rivale. In Rivelazione 3:7 troviamo:"Queste cose dice il santo, il verace, colui che ha la chiave di Davide, colui cheapre e nessuno chiude, colui che chiude e nessuno apre". Ora, a questo Giano, inqualità di mediatore, adorato in Asia Minore e a Roma, apparteneva il governodel mondo, e "tutto il potere in cielo, in terra e sul mare".Per questo particolare motivo gli si attribuiva la "Jus vertenti cardini'' - "poteredi ruotare i cardini" - di aprire le porte del cielo, o di aprire o chiudere le portedella pace e della guerra. Il Papa perciò, quando si assise come sommo sacerdo-te di Giano, assunse anche lo "Jus vertendi cardinis", "il potere di ruotare i car-dini" - di aprire e chiudere nel blasfemo senso pagano. Lentamente e cautamentedapprincipio tale potere fu solo accennato; ma essendo state gettate le fonda-menta, costantemente, secolo dopo secolo, vi fu edificata sopra la grande sovra-struttura del potere sacerdotale. I pagani, che videro che sotto la guida papale ilcristianesimo, com'era professato a Roma, faceva grandi passi incontro al paga-nesimo, furono più che contenti di riconoscere al Papa tale potere; essi lietamen-te lo incoraggiarono ad aumentare, passo dopo passo, il pieno peso delle preteseblasfeme adatte al rappresentante di Giano - pretese che, come si sa, sono ades-so, con l'unanime consenso della cristianità occidentale apostata, riconosciutecome inerenti la funzione del vescovo di Roma. Per mettere in grado il Papa,comunque, di ottenere la completa pienezza del potere che egli adesso rivendica,gli era necessaria la cooperazione di altri. Quando il suo potere si dilatò, quandoil suo dominio si estese, specialmente dopo che egli divenne un sovrano tempo-rale, le chiavi di Giano divennero troppo pesanti per la sua sola mano ed egliebbe bisogno di alcuni con cui condividere il potere dei "cardini". Perciò i suoiconsiglieri privati, i suoi alti funzionari di stato che erano associati con lui nelgoverno della chiesa e del mondo, assunsero adesso il ben noto titolo di"cardinali" - i sacerdoti del "cardine". Questo titolo era stato portato in prece-denza dagli alti funzionari dell'imperatore romano che, come "Pontefice Massi-mo", era stato egli stesso il rappresentante di Giano. Anche durante il regno diTeodosio, l'imperatore cristiano di Roma, il titolo di cardinale era portato dalsuo primo ministro. Ma ora, sia il nome che il potere implicato in esso, erano dalungo tempo scomparsi da tutti i funzionari civili dei sovrani temporali, e soloquelli che assistevano il Papa nel portare le chiavi di Giano, per aprire e chiude-re, furono conosciuti col titolo di Cardinali, o sacerdoti del "cardine".Ho detto che il Papa divenne il rappresentante di Giano, il Messia babilonese. Seil lettore solo considera la pretesa blasfema del papato, vedrà quanto esattamen-te ciò è una copia del suo originale. Nei paesi in cui il sistema babilonese era piùestesamente sviluppato, troviamo il Sovrano Pontefice del dio babilonese inve-stito degli stessi attributi che adesso sono ascritti al Papa. E il Papa chiamato"Dio sulla terra", "Vice-Dio" e "Vicario di Gesù Cristo"? Il rè in Egitto, dovericopriva l'incarico di sovrano pontefice era, dice Wilkinson, considerato consomma riverenza, quale "RAPPRESENTANTE DELLA DIVINITÀ SULLA TERRA". È ilPapa "infallibile" e si vanta la chiesa di Roma che egli è sempre stato "immutatoe immutabile"? Lo stesso avveniva nel caso del pontefice caldeo e del sistema sucui egli presiedeva. Il sovrano pontefice, dice lo scrittore appena citato, credevadi essere "INCAPACE D'ERRORE" e, di conseguenza, vi era "il più grande rispetto

65 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 65L e D u e B a b i l o n i estesso accadeva nella Roma pagana. Apollo, figlio del sole, era spessorappresentato così. Le dee che pretendevano d'essere imparentate col sole eranoegualmente raffigurate con il nimbo o cerchio luminoso. Nella fig. 26 vediamo,da Pompei, una rappresentazione di Circe "la figlia del sole", con il capocircondato da un cerchio allo stesso modo del capo della Madonna romana.Chiunque lo vuole paragoni il nimbo intorno al capo di Circe con quello dellaVergine papista e vedrà come essi corrispondono esattamente8.Orbene, chi può credere che tutte queste coincidenze siano casuali?Naturalmente, anche se la Madonna realmente rassomigliasse alla VergineMaria, ciò non giustificherebbe lo stesso l'idolatria. Ma quando è evidente che ladea custodita nella chiesa papale come oggetto di adorazione suprema da partedei suoi devoti, è la stessa regina babilonese che stabilì Nimrod o Nino, comerivale di Cristo e che nella sua stessa persona è l'incarnazione di ogni sorta dilicenziosità, quale tenebrosa caratteristica ciò imprime sull'idolatria romana.Che vantaggio vi è a mitigare l'odioso carattere di tale idolatria, dicendo che ilfiglio che essa espone all'adorazione è chiamato col nome di Gesù? Quando essaera adorata assieme a suo figlio nell'antica Babilonia, quel figlio era chiamatocon un nome che è particolare del Cristo, e distintivo del suo glorioso essere,come il nome di Gesù.Egli era chiamato "Zoro-Ashta", "il seme della donna". Ma ciò non impedì chel'ira di Dio fosse rivolta contro coloro che in questi giorni antichi adoravanoquell'immagine di gelosia (Ezechiele 8:3). Vi sono state molte speculazioni suciò che potrebbe essere stata tale "immagine di gelosia". Ma quando si apprendeche la grande caratteristica dell'antica idolatria era proprio l'adorazione dellamadre e del figlio, e che quel figlio era il Figlio di Dio incarnato, tutto è chiaro.Si paragonino i versetti 3 o 5 col versetto 14 e si vedrà che le "donne chepiangevano Tammuz" piangevano strettamente vicine all'immagine di gelosia.Ne può, l'attribuire il nome di Cristo all'infante in braccio alla donna romana,rendere l'"immagine di gelosia" meno offensiva per l'Altissimo, meno idonea aprovocare il suo dispiacere, quando è evidente che l'infante è adorato comefiglio di colei che era adorata come regina dei cieli, con tutti gli attributi delladivinità; ed era allo stesso tempo la "madre delle meretrici e delle abominazionidella terra". Il Signore aborrisce in ogni caso l'adorazione delle immagini maspecialmente l'adorazione di immagini di tale sorta. Orbene, se i fatti che hopresentati sono veri, c'è da meravigliarsi che terribili minacce siano dirette nellaparola di Dio contro l'apostasia romana e che lo sfogo della sua tremenda ira siadestinato ad essere versato sui suoi capi colpevoli? Se queste cose sono vere chioserà intercedere per la Roma papale o chiamarla Chiesa Cristiana? Solo ilpaganesimo può aver ispirato la dottrina ammessa dai Melchiti al concilio diNicea, secondo cui la Santa Trinità consiste del "Padre, della Vergine Maria edel Messia loro figlio?". Chi non indietreggia con orrore a tale pensiero? Che sipuò dire di una chiesa che insegna ai suoi figli ad adorare tale trinità com'ècontenuto nelle righe seguenti:

"Cuore di Gesù io ti adoro;Cuore di Maria io ti imploro;Cuore di Giuseppe, puro e giusto;IN QUESTI TRE CUORI IO RIPONGO LA MIA FIDUCIA" 9

Se questo non è paganesimo, cosa può essere chiamato con tale nome? Tuttaviaquesta è la trinità che adesso ai cattolici romani d’Irlanda viene insegnato adadorare sin dalla tenera infanzia. Questa è la Trinità che, negli ultimi libri diistruzione catechistiche è presentata come grande oggetto di devozione ai segua-ci del papismo. Il manuale che contiene queste bestemmie porta il chiaro“Imprimatur” di “Paulus Cullen” Arcivescovo Papista di Dublino. Vi è ancoraqualcuno che oserà dire, dopo tutto ciò, che la Chiesa Cattolica Romana dev’es-sere ancora chiamata cristiana perché crede nella dottrina della Trinità? Ci cre-devano anche i pagani babilonesi, gli egiziani e gli odierni indù, esattamenteallo stesso modo di Roma. Basta, quindi, con la mortale illusione che Roma siacristiana! Può esservi stata una certa esitazione nell’accettare tale supposizione,ma ogni giorno il “Grande Mistero” si rivela sempre più sotto il suo vero aspet-to. Non vi è, e non può esservi, alcuna salvezza per le anime degli uomini inBabilonia. “Uscite da essa, o popolo mio” è l’alto ed esplicito comando di Dio.Coloro che vi disubbidiscono lo fanno a proprio rischio.

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66 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 66L e D u e B a b i l o n i eCAPITOLO III

FESTE

SEZIONE INATALE E ANNUNCIAZIONE

Se Roma è in realtà la Babilonia dell'Apocalisse e la Madonna custodita nei suoisantuari non è altri che la regina dei cieli, la cui adorazione provocò la terribilecollera di Dio contro i Giudei del tempo di Geremia chiunque abbia timore dellaParola di Dio dovrebbe tremare al solo pensiero di fornire a tale sistema, siaindividualmente che collettivamente, la minima approvazione o sostegno. È giàstato detto qualcosa per dimostrare l'identità dei sistemi romano e babilonese maad ogni passo le evidenze divengono sempre più manifeste. Ciò che emerge dalparagone fra le diferenti feste lo è particolarmente.Le feste di Roma sono innumerevoli ma possono essere segnalate cinque dellepiù importanti per chiarimento, cioè Natale, Annunciazione, Pasqua, Natività diS. Giovanni e la festa dell'Assunzione. Si può dimostrare che ognuna di queste èbabilonese. E per prima la festa in onore della nascita di Cristo, cioè il Natale.Com'è che questa festa fu messa in relazione al 25 dicembre? Non vi è una solaparola nelle scritture circa il preciso giorno della sua nascita, o sul tempodell'anno in cui nacque. Ciò che vi è narrato, fa capire che, qualunque sia stato iltempo della sua nascita, esso non potrebbe essere stato il 25 dicembre. Al tempoin cui l'angelo annunciò la sua nascita ai pastori di Betlemme, essi pascolavano iloro greggi di notte all'aperto nei campi. Il clima della Palestina non è di certoparticolarmente rigido, ma anche lì, sebbene il calore del giorno possa essereconsiderevole, il freddo della notte, da dicembre a febbraio, è molto pungente enon era abitudine dei pastori della Giudea custodire i loro greggi nell'apertacampagna dopo la fine di ottobre1.E pressoché incredibile, quindi, che la nascita di Cristo abbia avuto luogo allafine di dicembre. Vi è grande unanimità fra i commentatori su questo punto.Oltre a Barnes Doddridge, Lighfoot, Joseph Sealiger e Jennings, son tuttidell'opinione che il 25 dicembre non possa essere il tempo giusto della nativitàdel Signore e il celebrato Giuseppe Meda espone una giusta conclusione. Dopouna lunga e attenta disquisizione sul soggetto, fra le altre argomentazioni egliadduce la seguente: "Alla nascita di Cristo ogni donna e bambino dovevanoessere tornati nelle città di appartenenza per alcune delle quali era necessario unlungo viaggio; ma il cuore dell'inverno non era appropriato per tali affari,specialmente per donne con bambini". Perciò Cristo non avrebbe potuto nascerein mezzo all'inverno. Per di più al tempo della nascita di Cristo i pastoriandavano in giro di notte per vigilare sulle greggi, ma non è ammissibile che lofacessero nel cuore dell'inverno. E se alcuno pensasse che i venti invernali nonsiano poi così violenti da quelle parti, si ricordi le parole di Cristo nel Vangelo:"Pregate che la vostra fuga non avvenga in inverno". Se l'inverno era un periodocosì inadatto per fuggire, non sembra che lo sia stato per permettere ai pastori digiacere sui campi e alle donne e ai bambini per viaggiare. In effetti, vienericonosciuto dai più onesti e preparati scrittori da ogni dove2 che il giorno dellanascita di nostro Signore non può essere determinato3 e che entro la chiesacristiana non si udì mai parlare di alcuna festività natalizia fino al terzo secolo eche non fu che al quarto secolo che si cominciò ad osservarla. In base a che

143 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 143L e D u e B a b i l o n i eCAPITOLO VI

ORDINI RELIGIOSI

SEZIONE IIL SOVRANO PONTEFICE

II dono del ministero è uno dei doni più grandi che Cristo abbia mai elargito almondo. È in riferimento a ciò che il salmista predicendo l'ascensione di Cristo,così nobilmente parla dei suoi benedetti risultati: "Sei asceso in alto; hai portatovia prigionieri; hai preso doni in forma di uomini, si, pure gli ostinati per risie-dere fra loro, o Iah. Dio" (Efes. 4:8-11). Alla chiesa di Roma dapprincipio fuaffidato divinamente il dono del governo e del ministero scritturale; e quindi "lasua fede si diffuse in tutto il mondo"; le sue opere di giustizia erano ricche eabbondanti. Ma in un triste momento, l'elemento babilonico fu ammesso nel suoministero, e da allora in poi, quello che era inteso essere una benedizione, fuconvertito in una maledizione. Invece di santificare gli uomini, essa è stata soloil mezzo per demoralizzarli e renderli "per due volte figli dell'inferno" più diquanto non sarebbero diventati se fossero stati semplicemente abbandonati a sestessi.Se alcuno potesse immaginare che vi è qualcosa di occulto e qualche misteriosavirtù nella successione apostolica che scaturisce dal papato, consideri seriamen-te il vero aspetto della struttura stessa del Papa e quella dei vescovi e del clero.Dal Papa in giù, tutto mostra di essere adesso totalmente babilonico. Il collegiodei cardinali con il Papa in testa non è che la controparte del collegio pagano deipontefici, con il suo "Pontefice Massimo", o "Sovrano Pontefice" che esisteva aRoma sin dai tempi antichi e che si basava sul modello del grande originale con-cilio dei Pontefici di Babilonia. Il Papa ora pretende la supremazia quale succes-sore di Pietro al quale si asserisce che il Nostro Signore abbia esclusivamenteaffidato le chiavi del Regno dei Cieli. Ma sulla base di ciò, fino a quando il Papanon fu investito di quel titolo, che per migliaia di anni aveva portato con sé ilpotere delle chiavi di Giano e di Cibele, nessuna pretesa di preminenza o diqualcosa che le somigliasse, fu mai rivendicata. Già all'inizio della chiesa, i ve-scovi di Roma avevano mostrato uno spirito ambizioso e orgoglioso; ma per iprimi tre secoli, la loro pretesa di onori maggiori era fondata semplicementesulla dignità della loro sede, che era quella della città imperiale, la capitale delmondo romano. Quando la sede dell'impero fu trasferita a oriente, Costantinopo-li minacciò di eclissare Roma, e fu così necessario pensare a qualche motivazio-ne per mantenere la dignità del vescovo di Roma. Tale nuova motivazione sitrovò quando, verso il 378, il Papa divenne erede delle chiavi che erano i simbo-li di due ben note divinità di Roma: Giano e Cibele; queste sono le due chiavidel blasone papale, quali insegne della sua autorità spirituale. In che modo ilPapa ottenesse l'autorità di queste chiavi lo vedremo in seguito; ma quando, agliocchi dei pagani, riuscì a rappresentare Giano e Cibele, acquisendo pure il dirit-to a portare le loro chiavi, comprese che se fosse riuscito a far credere ai cristia-ni che solo Pietro aveva il potere delle chiavi, e che egli era il successore di Pie-

tro, la sua dignità come vescovo di Roma sarebbe stata stabilita fermamente piùche mai nonostante la diminuita importanza della città. Egli agì evidentementesecondo questa politica. Passò un certo tempo e quindi quando il segreto operaredel mistero d'iniquità preparò la via per esso, per la prima volta il Papa dichiaròpubblicamente la sua preminenza basata sulle chiavi date a Pietro e verso il 378fu innalzato alla posizione che gli diede, agli occhi dei pagani, il potere dellechiavi. Nel 431, e non prima, egli dichiarò pubblicamente d'essere possessoredelle chiavi di Pietro. Questa è certamente una coincidenza significativa. Non sichiederà il lettore come fu possibile che gli uomini dessero credito a tale presun-zione infondata? Le parole della Scrittura, riguardo a tale soggetto, danno unarisposta solenne ma soddisfacente (2 Tess. 2:10, 11): "Perché non hanno accetta-to l'amore della verità affinchè fossero salvati...E per questo Dio fa andare daloro un'operazione d'errore, affinchè credano alla menzogna". Poche bugie pos-sono essere più grandi; ma, nel corso del tempo, finì per essere creduta; ed ora,mentre la statua di Giove è adorata a Roma come la vera immagine di Pietro,così le chiavi di Giano e di Cibele sono per secoli state devotamente ritenute lechiavi dello stesso apostolo.Mentre la credulità dei cristiani riguardo a tali emblemi di un potere esclusivoconferito da Cristo al Papa tramite Pietro si può spiegare con la loro credulainfatuazione, non è difficile vedere come i pagani si sarebbero stretti intorno alPapa molto più facilmente quando avessero udito che egli fondava il suo poteresul possesso delle chiavi di Pietro. Le chiavi che il Papa possedeva erano lechiavi di un "Pietro" ben noto ai pagani iniziati ai misteri caldei. Che Pietro l'a-postolo fosse anche vescovo di Roma era stato più volte affermato da una fami-gerata leggenda ma che egli sia mai stato a Roma è per lo meno da mettere indubbio. La sua visita a quella città si basa soltanto sull'autorità di uno scrittoredella fine del secondo secolo e dell'inizio del terzo, cioè l'autore dell'opera chia-mata "Le Clementine", che gravemente ci dice che in occasione della sua visita,trovandovi Simon Mago, l'apostolo lo sfidò a dar prova dei suoi poteri magici omiracolosi, e che quindi lo stregone si librò in aria, e Pietro lo fece precipitaregiù con tale violenza che si ruppe le gambe. Tutti gli storici seri hanno respintoquesta storia dell'incontro dell'apostolo con il mago come priva di qualsiasi cre-dibilità; ma poiché la visita di Pietro a Roma si basa sulla stessa autorità, essa siregge o cade con essa o, per lo meno, si deve ammettere che la storia è da mette-re seriamente in dubbio. Ma mentre tutto ciò riguarda Pietro il cristiano, si puòmostrare senza ombra di dubbio che prima dell'era cristiana e dopo di allora, vifosse un "Pietro" che occupava a Roma la posizione più elevata nel sacerdoziopagano. Il sacerdote che spiegava i misteri agli iniziati era a volte chiamato, conun termine greco, Ierofante; ma nel caldeo primitivo la vera lingua dei misteri, ilsuo titolo, pronunciato senza i punti era "Pietro", cioè "L'interprete". Poiché egliera il rivelatore di tutto ciò che è nascosto, non c'era nulla di strano nel fatto che,mentre spiegava la dottrina esoterica dei misteri, esso fosse decorato con le chia-vi delle due divinità di cui spiegava i misteri. Così possiamo vedere come lechiavi di Giano e Cibele divenissero note come le chiavi di Pietro, l'"interprete"dei misteri. Si, abbiamo la più lampante evidenza che, in paesi distanti fra loro eda Roma, queste chiavi fossero conosciute dai pagani iniziati non semplicemen-te come "le chiavi di Pietro", ma come le chiavi di un Pietro identificato conRoma. Nei misteri eleusini di Atene, quando i candidati all'iniziazione eranoedotti nella dottrina segreta del paganesimo, la spiegazione di tale dottrina era

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142 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 142L e D u e B a b i l o n i eCAPITOLO VI

ORDINI RELIGIOSI

SEZIONE IIL SOVRANO PONTEFICE

II dono del ministero è uno dei doni più grandi che Cristo abbia mai elargito almondo. È in riferimento a ciò che il salmista predicendo l'ascensione di Cristo,così nobilmente parla dei suoi benedetti risultati: "Sei asceso in alto; hai portatovia prigionieri; hai preso doni in forma di uomini, si, pure gli ostinati per risie-dere fra loro, o Iah. Dio" (Efes. 4:8-11). Alla chiesa di Roma dapprincipio fuaffidato divinamente il dono del governo e del ministero scritturale; e quindi "lasua fede si diffuse in tutto il mondo"; le sue opere di giustizia erano ricche eabbondanti. Ma in un triste momento, l'elemento babilonico fu ammesso nel suoministero, e da allora in poi, quello che era inteso essere una benedizione, fuconvertito in una maledizione. Invece di santificare gli uomini, essa è stata soloil mezzo per demoralizzarli e renderli "per due volte figli dell'inferno" più diquanto non sarebbero diventati se fossero stati semplicemente abbandonati a sestessi.Se alcuno potesse immaginare che vi è qualcosa di occulto e qualche misteriosavirtù nella successione apostolica che scaturisce dal papato, consideri seriamen-te il vero aspetto della struttura stessa del Papa e quella dei vescovi e del clero.Dal Papa in giù, tutto mostra di essere adesso totalmente babilonico. Il collegiodei cardinali con il Papa in testa non è che la controparte del collegio pagano deipontefici, con il suo "Pontefice Massimo", o "Sovrano Pontefice" che esisteva aRoma sin dai tempi antichi e che si basava sul modello del grande originale con-cilio dei Pontefici di Babilonia. Il Papa ora pretende la supremazia quale succes-sore di Pietro al quale si asserisce che il Nostro Signore abbia esclusivamenteaffidato le chiavi del Regno dei Cieli. Ma sulla base di ciò, fino a quando il Papanon fu investito di quel titolo, che per migliaia di anni aveva portato con sé ilpotere delle chiavi di Giano e di Cibele, nessuna pretesa di preminenza o diqualcosa che le somigliasse, fu mai rivendicata. Già all'inizio della chiesa, i ve-scovi di Roma avevano mostrato uno spirito ambizioso e orgoglioso; ma per iprimi tre secoli, la loro pretesa di onori maggiori era fondata semplicementesulla dignità della loro sede, che era quella della città imperiale, la capitale delmondo romano. Quando la sede dell'impero fu trasferita a oriente, Costantinopo-li minacciò di eclissare Roma, e fu così necessario pensare a qualche motivazio-ne per mantenere la dignità del vescovo di Roma. Tale nuova motivazione sitrovò quando, verso il 378, il Papa divenne erede delle chiavi che erano i simbo-li di due ben note divinità di Roma: Giano e Cibele; queste sono le due chiavidel blasone papale, quali insegne della sua autorità spirituale. In che modo ilPapa ottenesse l'autorità di queste chiavi lo vedremo in seguito; ma quando, agliocchi dei pagani, riuscì a rappresentare Giano e Cibele, acquisendo pure il dirit-to a portare le loro chiavi, comprese che se fosse riuscito a far credere ai cristia-ni che solo Pietro aveva il potere delle chiavi, e che egli era il successore di Pie-

tro, la sua dignità come vescovo di Roma sarebbe stata stabilita fermamente piùche mai nonostante la diminuita importanza della città. Egli agì evidentementesecondo questa politica. Passò un certo tempo e quindi quando il segreto operaredel mistero d'iniquità preparò la via per esso, per la prima volta il Papa dichiaròpubblicamente la sua preminenza basata sulle chiavi date a Pietro e verso il 378fu innalzato alla posizione che gli diede, agli occhi dei pagani, il potere dellechiavi. Nel 431, e non prima, egli dichiarò pubblicamente d'essere possessoredelle chiavi di Pietro. Questa è certamente una coincidenza significativa. Non sichiederà il lettore come fu possibile che gli uomini dessero credito a tale presun-zione infondata? Le parole della Scrittura, riguardo a tale soggetto, danno unarisposta solenne ma soddisfacente (2 Tess. 2:10, 11): "Perché non hanno accetta-to l'amore della verità affinchè fossero salvati...E per questo Dio fa andare daloro un'operazione d'errore, affinchè credano alla menzogna". Poche bugie pos-sono essere più grandi; ma, nel corso del tempo, finì per essere creduta; ed ora,mentre la statua di Giove è adorata a Roma come la vera immagine di Pietro,così le chiavi di Giano e di Cibele sono per secoli state devotamente ritenute lechiavi dello stesso apostolo.Mentre la credulità dei cristiani riguardo a tali emblemi di un potere esclusivoconferito da Cristo al Papa tramite Pietro si può spiegare con la loro credulainfatuazione, non è difficile vedere come i pagani si sarebbero stretti intorno alPapa molto più facilmente quando avessero udito che egli fondava il suo poteresul possesso delle chiavi di Pietro. Le chiavi che il Papa possedeva erano lechiavi di un "Pietro" ben noto ai pagani iniziati ai misteri caldei. Che Pietro l'a-postolo fosse anche vescovo di Roma era stato più volte affermato da una fami-gerata leggenda ma che egli sia mai stato a Roma è per lo meno da mettere indubbio. La sua visita a quella città si basa soltanto sull'autorità di uno scrittoredella fine del secondo secolo e dell'inizio del terzo, cioè l'autore dell'opera chia-mata "Le Clementine", che gravemente ci dice che in occasione della sua visita,trovandovi Simon Mago, l'apostolo lo sfidò a dar prova dei suoi poteri magici omiracolosi, e che quindi lo stregone si librò in aria, e Pietro lo fece precipitaregiù con tale violenza che si ruppe le gambe. Tutti gli storici seri hanno respintoquesta storia dell'incontro dell'apostolo con il mago come priva di qualsiasi cre-dibilità; ma poiché la visita di Pietro a Roma si basa sulla stessa autorità, essa siregge o cade con essa o, per lo meno, si deve ammettere che la storia è da mette-re seriamente in dubbio. Ma mentre tutto ciò riguarda Pietro il cristiano, si puòmostrare senza ombra di dubbio che prima dell'era cristiana e dopo di allora, vifosse un "Pietro" che occupava a Roma la posizione più elevata nel sacerdoziopagano. Il sacerdote che spiegava i misteri agli iniziati era a volte chiamato, conun termine greco, Ierofante; ma nel caldeo primitivo la vera lingua dei misteri, ilsuo titolo, pronunciato senza i punti era "Pietro", cioè "L'interprete". Poiché egliera il rivelatore di tutto ciò che è nascosto, non c'era nulla di strano nel fatto che,mentre spiegava la dottrina esoterica dei misteri, esso fosse decorato con le chia-vi delle due divinità di cui spiegava i misteri. Così possiamo vedere come lechiavi di Giano e Cibele divenissero note come le chiavi di Pietro, l'"interprete"dei misteri. Si, abbiamo la più lampante evidenza che, in paesi distanti fra loro eda Roma, queste chiavi fossero conosciute dai pagani iniziati non semplicemen-te come "le chiavi di Pietro", ma come le chiavi di un Pietro identificato conRoma. Nei misteri eleusini di Atene, quando i candidati all'iniziazione eranoedotti nella dottrina segreta del paganesimo, la spiegazione di tale dottrina era

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FESTE

SEZIONE INATALE E ANNUNCIAZIONE

Se Roma è in realtà la Babilonia dell'Apocalisse e la Madonna custodita nei suoisantuari non è altri che la regina dei cieli, la cui adorazione provocò la terribilecollera di Dio contro i Giudei del tempo di Geremia chiunque abbia timore dellaParola di Dio dovrebbe tremare al solo pensiero di fornire a tale sistema, siaindividualmente che collettivamente, la minima approvazione o sostegno. È giàstato detto qualcosa per dimostrare l'identità dei sistemi romano e babilonese maad ogni passo le evidenze divengono sempre più manifeste. Ciò che emerge dalparagone fra le diferenti feste lo è particolarmente.Le feste di Roma sono innumerevoli ma possono essere segnalate cinque dellepiù importanti per chiarimento, cioè Natale, Annunciazione, Pasqua, Natività diS. Giovanni e la festa dell'Assunzione. Si può dimostrare che ognuna di queste èbabilonese. E per prima la festa in onore della nascita di Cristo, cioè il Natale.Com'è che questa festa fu messa in relazione al 25 dicembre? Non vi è una solaparola nelle scritture circa il preciso giorno della sua nascita, o sul tempodell'anno in cui nacque. Ciò che vi è narrato, fa capire che, qualunque sia stato iltempo della sua nascita, esso non potrebbe essere stato il 25 dicembre. Al tempoin cui l'angelo annunciò la sua nascita ai pastori di Betlemme, essi pascolavano iloro greggi di notte all'aperto nei campi. Il clima della Palestina non è di certoparticolarmente rigido, ma anche lì, sebbene il calore del giorno possa essereconsiderevole, il freddo della notte, da dicembre a febbraio, è molto pungente enon era abitudine dei pastori della Giudea custodire i loro greggi nell'apertacampagna dopo la fine di ottobre1.E pressoché incredibile, quindi, che la nascita di Cristo abbia avuto luogo allafine di dicembre. Vi è grande unanimità fra i commentatori su questo punto.Oltre a Barnes Doddridge, Lighfoot, Joseph Sealiger e Jennings, son tuttidell'opinione che il 25 dicembre non possa essere il tempo giusto della nativitàdel Signore e il celebrato Giuseppe Meda espone una giusta conclusione. Dopouna lunga e attenta disquisizione sul soggetto, fra le altre argomentazioni egliadduce la seguente: "Alla nascita di Cristo ogni donna e bambino dovevanoessere tornati nelle città di appartenenza per alcune delle quali era necessario unlungo viaggio; ma il cuore dell'inverno non era appropriato per tali affari,specialmente per donne con bambini". Perciò Cristo non avrebbe potuto nascerein mezzo all'inverno. Per di più al tempo della nascita di Cristo i pastoriandavano in giro di notte per vigilare sulle greggi, ma non è ammissibile che lofacessero nel cuore dell'inverno. E se alcuno pensasse che i venti invernali nonsiano poi così violenti da quelle parti, si ricordi le parole di Cristo nel Vangelo:"Pregate che la vostra fuga non avvenga in inverno". Se l'inverno era un periodocosì inadatto per fuggire, non sembra che lo sia stato per permettere ai pastori digiacere sui campi e alle donne e ai bambini per viaggiare. In effetti, vienericonosciuto dai più onesti e preparati scrittori da ogni dove2 che il giorno dellanascita di nostro Signore non può essere determinato3 e che entro la chiesacristiana non si udì mai parlare di alcuna festività natalizia fino al terzo secolo eche non fu che al quarto secolo che si cominciò ad osservarla. In base a che

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68 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 68L e D u e B a b i l o n i ecosa, quindi, la Chiesa Romana fissa al 25 dicembre il giorno di Natale? Eccoperché: molto prima della stessa era cristiana fra i pagani era celebrata unafestività in quel preciso tempo dell'anno, in onore della nascita del figlio dellaregina dei cieli babilonesi; e si può facilmente presumere che, per poterconciliare i pagani e aumentare il numero degli aderenti nominali delcristianesimo, la stessa festività fu adottata dalla chiesa romana che la dedicò aCristo. Questa tendenza da parte dei cristiani di incontrarsi a mezza strada colpaganesimo si sviluppò fin dal principio; e troviamo Tertulliano, perfino al suotempo, verso l'anno 230, che si lamenta amaramente dell'incoerenza deidiscepoli di Cristo a questo riguardo in contrasto con la stretta fedeltà dei paganialle loro superstizioni. "Noi che siamo estranei ai sabati, alle lune nuove e allefeste una volta accettevoli a Dio, frequentiamo adesso i Saturnali, le feste digennaio, le Brumalia e le Matronalia", egli dice, "vengono portati doni avanti eindietro, vengono fatti regali in occasione del Capodanno accompagnati dalfrastuono e vengono tenute gare e banchetti insieme a baraonde, oh quanto piùfedeli sono i pagani alla loro religione; difatti stanno particolarmente attenti anon adottare alcuna solennità dai cristiani". (Tertulliano, De Idolatria c 14 vol. Ipag. 682). Uomini onesti si sforzarono di arrestare tale tendenza ma nonostanteciò giunse l'apostasia, fino a che la chiesa, ad eccezione di un piccolo rimanente,fu sommersa dalle superstizioni pagane. Che il Natale fosse originariamente unafesta pagana è fuor di dubbio: il tempo dell'anno e le cerimonie con cui esso èancora celebrato, dimostrano la sua origine. In Egitto il figlio di Iside, che è iltitolo egiziano della regina dei cieli, nacque in questo stesso tempo, "verso iltempo del solstizio invernale". Lo stesso nome con cui il Natale è conosciutopopolarmente in Inghilterra - Yule day - dimostra la sua origine pagana ebabilonese. "Yule" è il nome caldeo per indicare un "infante" o "bambino"; epoiché il 25 dicembre era chiamato dagli antichi anglosassoni, "il giorno diYule" o "giorno del figlio" e la notte precedente "notte-madre", molto tempoprima che essi entrassero in contatto col cristianesimo, ciò dimostra in modosufficiente il suo vero carattere. In lungo e in largo questo giorno della nascitaera osservato nel reame del paganesimo. Si è creduto comunemente che questafestività avesse solo carattere astronomico, riferendosi semplicemente alcompetamento del ciclo annuale del sole e all'inizio di un nuovo ciclo; ma visono indiscutibili evidenze che la festività in questione ebbe un riferimentosuperiore a questo e cioè la commemorazione del giorno della nascita del grandeLiberatore. Fra i Sabei dell'Arabia, che consideravano la luna e non il sole comeil simbolo visibile del loro prediletto oggetto d'idolatria, lo stesso periodo eraosservato come festa della nascita. Così leggiamo nella “Sabean Philosophy” diStanley: "II 24 del decimo mese", cioè dicembre secondo il nostro calendario,"gli arabi celebravano il COMPLEANNO DEL SIGNORE, cioè la luna". Il Signoredella Luna era il dio degli Arabi e quel Signore della Luna, secondo loro, eranato il 24 dicembre, il che mostra chiaramente che la nascita che essicelebravano non era necessariamente connessa al corso del sole. E degno dispeciale menzione, pure, che se il giorno di Natale fra gli antichi Sassonidell'Inghilterra, era osservato per celebrare la nascita di qualsiasi Signore delleschiere celesti, il fatto deve aver avuto qui la stessa motivazione che in Arabia.Come è ben noto i Sassoni consideravano il sole una divinità femminile e la lunaquella maschile. Deve perciò essere stato il giorno della nascita del Signoredella Luna e non quella del Sole che era celebrato il 25 dicembre, anche perché

il giorno della nascita dello stesso Signore della luna era osservato dagli arabi il24 dicembre. Il nome del Signore della Luna in oriente sembra che fosse Meni,poiché questa sembra la più ovvia interpretazione dell'affermazione divina diIsaia 65:11 "Ma voi dimenticate il mio monte santo, che apparecchiate la mensaa Gad ed empite la coppa del vin profumato a Meni". Vi è ragione di credere cheGad si riferisca al dio sole e che Meni similmente designi la divinità lunare4.Meni o Manai significa il "Numeratore" ed è attraverso i cambiamenti della lunache i mesi sono contati: Salmo 104:19, "Egli ha fatto la luna per le stagioni: ilsole conosce il suo tramonto". Il nome di uomo della luna o del dio chepresiedeva su quel luminare fra i Sassoni, era Mane, come dice l'Edda, e Mani,nel "Voluspa". Che fosse la nascita del "Signore della luna" ad essere celebrata aNatale dai Sassoni, è evidente in modo rimarchevole dal nome che ancora è datonella bassa Scozia alla festa dell'ultimo giorno dell'anno. (che sembra essere unresiduo della vecchia festività della nascita, e infatti i dolci che vengonoconfezionati sono chiamati Nur-Cakes, o dolci della nascita). Tale nome èHogmanay5. Orbene, "Hog-Manai" in caldeo significa "la festa del numeratore",in altre parole, la festa del dio Luna o dell'uomo della luna. Per mostrare laconnessione tra paese e paese e l'inveterata perseveranza della vecchiaabitudine, è degno di nota che Gerolamo, commentando le stesse parole di Isaiagià citate circa l'apparecchiare "una tavola per Gad" e "empire la coppa del vinoprofumato per Meni", osserva che era abitudine già a suo tempo, in occasionedell'ultimo giorno dell'anno, specialmente in Egitto ad Alessandria, di imbandiretavole con varietà di cibi prelibati e di coppe contenenti una mistura di vininuovi e trarre alla fine presagi circa il nuovo anno. L'anno egiziano cominciavain un tempo differente dal nostro ma ciò si avvicinava per quanto è possibile(solo sostituendo il whisky al vino) al modo in cui Hogmanay è ancoraosservato L'ultimo giorno dell'ultimo mese del nostro anno in Scozia. Non soquali presagi alcuno possa trarre da ciò che ha luogo in tale tempo, ma ognunonel sud della Scozia è personalmente consapevole del fatto che, per Hogmany, onella sera precedente il giorno dell'anno nuovo, fra quelli che osservano levecchie abitudini, viene apparecchiata una tavola e che mentre da coloro chepossono permetterselo sono provveduti pasticcini e altre leccornie, dolci d'avenae formaggio vengono consumati fra coloro che non li consumano mai se non inquest'occasione, insieme a forti bevande che costituiscono un articolo essenzialedelle vettovaglie.Anche dove il sole era l'oggetto prediletto dell'adorazione, come nella stessaBabilonia e altrove, durante questa festa egli era adorato non solo come astro delgiorno, ma come Dio incarnato. Era un principio essenziale del sistemababilonese, che il sole o Baal fosse il solo vero Dio. Quando perciò Tammuz eraadorato come dio incarnato, ciò voleva pur dire che egli era un'incarnazione delsole. Nella mitologia indù, che si ammette sia fondamentalmente babilonica, ciòemerge molto chiaramente. Ivi, Surya, o il sole, è rappresentato comeun'incarnazione, e nato con lo scopo di sottomettere i nemici degli dèi che, senzatale nascita, non avrebbero potute essere soggiogati.Non era una semplice festa astronomica, quindi, quella che i pagani celebravanodurante il solstizio invernale. Questa festa a Roma era chiamata festa di Saturnoe il modo in cui era celebrata mostra chiaramente la sua provenienza. La festa,che fu regolata da Caligola, durava cinque giorni; veniva data briglia scioltaall’ubriachezza e alla ribellione, gli schiavi erano temporaneamente emancipati

141 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 141L e D u e B a b i l o n i eche su di esso sono le seguenti parole: "Hoc signo victor eris". "In questo segnoconquisterai" che si dice siano state rivolte dal cielo all'imperatore, e che non viera nulla che avesse la forma di una croce, ma "la lettera X". Nelle catacomberomane, sui monumenti cristiani a "Sofonie e ai suoi figli" vi è una chiara allu-sione alla storia della visione; ma tale allusione mostra che la X e non la croce,era considerata il "segno celeste". Le parole sovrastanti l'iscrizione sono queste

"IN HOC SIGNO VINCES X"

Quindi nient'altro oltre la X è dato come "Segno vittorioso". Vi sono alcuni e-sempi, senza dubbio degli stendardi di Costantino, in cui vi è una barra a croce,a cui è appesa la bandiera, che contiene la lettera X; ed Eusebio che scrisse altempo in cui operavano superstizione e apostasia, si sforza di far apparire quellacroce come l'elemento essenziale nelle insegne di Costantino. Ma ciò è ovvia-mente un inganno; quella croce non rappresentava niente di nuovo, niente dicaratteristico negli stendardi di Costantino. Tertulliano mostra che quella barracrociata si trovava da un lungo tempo sul vessillum, lo stendardo pagano deiromani; e serviva per attaccarvi la bandiera; ed era usato solo allo scopo di farlasventolare. Se quella barra crociata era il "segno celestiale" non era necessarioche alcuna voce dal cielo dicesse a Costantino di farla; ne l'esibirla avrebbe su-scitato alcuna particolare attenzione da parte di coloro che l'avessero vista. Nontroviamo alcuna evidenza che la famosa leggenda "con questo vincerai" avessealcun riferimento a questa barra crociata; ma troviamo evidenze ben più decisiveche quella leggenda si riferisca alla X. Ora che quella X non fosse intesa come ilsegno della croce ma come l'iniziale del nome di Cristo, è manifestato da ciò,che il Pi greco equivalente alla nostra R, inserito in mezzo alla X, costituisce unCHR. Chiunque lo desideri può rendersene conto esaminando le tavole di El-liott. Lo stendardo di Costantino, quindi, non era altri che il nome di Cristo. Sel'inganno abbia provenienza dalla terra o dal cielo, se fosse suggerito dalla sa-pienza umana o da quella divina, supponendo che Costantino fosse sincero nellasua professione di fede cristiana, non vi è altro che l'assimilazione dei sentimentiespressi dal salmista: "Nel nome del Signore esibiremo i nostri stendardi". Esibi-re quel nome sugli stendardi di Roma imperiale era una cosa assolutamente nuo-va; e la vista di quel nome, non può esservi dubbio, spinse con insolito ardore isoldati dell'esercito di Costantino a combattere per la conquista del ponte Mil-vio.In precedenza ho avanzato la supposizione che Costantino agisse in buona fedecome cristiano. La sua buona fede, comunque, è stata messa in dubbio; e nutrodei sospetti che il segno della X potesse essere inteso in modi diversi dai paganie dai cristiani. E sicuro che la X fosse il simbolo del dio Cam in Egitto, e cometale era raffigurata sul torace nelle sue immagini. Qualunque sia la veduta che sipreferisce, comunque, circa la sincerità di Costantino, il supposto ordine divinocirca l'onorare il segno della croce, cade interamente nel nulla. Riguardo alla Xnon vi è alcun dubbio che, da parte dei cristiani che non sapevano nulla di segre-ti inganni o complotti, essa era ritenuta generalmente come dichiara Lattanzio,l'equivalente del nome di Cristo. Da questo punto di vista, perciò, essa non rap-presentava nessuna speciale attrazione per i pagani che, anche nell'adorazione diHorus avevano l'abitudine di fare uso mistico del Tau o croce come "segno della

vita". Quando moltitudini di pagani, sulla scia della conversione di Costantino,affluirono nella chiesa, preferirono il vecchio simbolo. La conseguenza fu che inbreve, man mano che avanzava l'apostasia, la X, che in se stessa non era un in-solito simbolo di Cristo, il vero Messia andò del tutto in disuso, e il Tau, il se-gno della croce, l'indiscutibile segno di Tammuz, il falso Messia, fu ovunquesostituito ad essa. Così, mediante il "segno della croce" Cristo è stato nuova-mente crocifisso da coloro che professano d'essere suoi discepoli.

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140 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 140L e D u e B a b i l o n i eche su di esso sono le seguenti parole: "Hoc signo victor eris". "In questo segnoconquisterai" che si dice siano state rivolte dal cielo all'imperatore, e che non viera nulla che avesse la forma di una croce, ma "la lettera X". Nelle catacomberomane, sui monumenti cristiani a "Sofonie e ai suoi figli" vi è una chiara allu-sione alla storia della visione; ma tale allusione mostra che la X e non la croce,era considerata il "segno celeste". Le parole sovrastanti l'iscrizione sono queste

"IN HOC SIGNO VINCES X"

Quindi nient'altro oltre la X è dato come "Segno vittorioso". Vi sono alcuni e-sempi, senza dubbio degli stendardi di Costantino, in cui vi è una barra a croce,a cui è appesa la bandiera, che contiene la lettera X; ed Eusebio che scrisse altempo in cui operavano superstizione e apostasia, si sforza di far apparire quellacroce come l'elemento essenziale nelle insegne di Costantino. Ma ciò è ovvia-mente un inganno; quella croce non rappresentava niente di nuovo, niente dicaratteristico negli stendardi di Costantino. Tertulliano mostra che quella barracrociata si trovava da un lungo tempo sul vessillum, lo stendardo pagano deiromani; e serviva per attaccarvi la bandiera; ed era usato solo allo scopo di farlasventolare. Se quella barra crociata era il "segno celestiale" non era necessarioche alcuna voce dal cielo dicesse a Costantino di farla; ne l'esibirla avrebbe su-scitato alcuna particolare attenzione da parte di coloro che l'avessero vista. Nontroviamo alcuna evidenza che la famosa leggenda "con questo vincerai" avessealcun riferimento a questa barra crociata; ma troviamo evidenze ben più decisiveche quella leggenda si riferisca alla X. Ora che quella X non fosse intesa come ilsegno della croce ma come l'iniziale del nome di Cristo, è manifestato da ciò,che il Pi greco equivalente alla nostra R, inserito in mezzo alla X, costituisce unCHR. Chiunque lo desideri può rendersene conto esaminando le tavole di El-liott. Lo stendardo di Costantino, quindi, non era altri che il nome di Cristo. Sel'inganno abbia provenienza dalla terra o dal cielo, se fosse suggerito dalla sa-pienza umana o da quella divina, supponendo che Costantino fosse sincero nellasua professione di fede cristiana, non vi è altro che l'assimilazione dei sentimentiespressi dal salmista: "Nel nome del Signore esibiremo i nostri stendardi". Esibi-re quel nome sugli stendardi di Roma imperiale era una cosa assolutamente nuo-va; e la vista di quel nome, non può esservi dubbio, spinse con insolito ardore isoldati dell'esercito di Costantino a combattere per la conquista del ponte Mil-vio.In precedenza ho avanzato la supposizione che Costantino agisse in buona fedecome cristiano. La sua buona fede, comunque, è stata messa in dubbio; e nutrodei sospetti che il segno della X potesse essere inteso in modi diversi dai paganie dai cristiani. E sicuro che la X fosse il simbolo del dio Cam in Egitto, e cometale era raffigurata sul torace nelle sue immagini. Qualunque sia la veduta che sipreferisce, comunque, circa la sincerità di Costantino, il supposto ordine divinocirca l'onorare il segno della croce, cade interamente nel nulla. Riguardo alla Xnon vi è alcun dubbio che, da parte dei cristiani che non sapevano nulla di segre-ti inganni o complotti, essa era ritenuta generalmente come dichiara Lattanzio,l'equivalente del nome di Cristo. Da questo punto di vista, perciò, essa non rap-presentava nessuna speciale attrazione per i pagani che, anche nell'adorazione diHorus avevano l'abitudine di fare uso mistico del Tau o croce come "segno della

vita". Quando moltitudini di pagani, sulla scia della conversione di Costantino,affluirono nella chiesa, preferirono il vecchio simbolo. La conseguenza fu che inbreve, man mano che avanzava l'apostasia, la X, che in se stessa non era un in-solito simbolo di Cristo, il vero Messia andò del tutto in disuso, e il Tau, il se-gno della croce, l'indiscutibile segno di Tammuz, il falso Messia, fu ovunquesostituito ad essa. Così, mediante il "segno della croce" Cristo è stato nuova-mente crocifisso da coloro che professano d'essere suoi discepoli.

69 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 69L e D u e B a b i l o n i ecosa, quindi, la Chiesa Romana fissa al 25 dicembre il giorno di Natale? Eccoperché: molto prima della stessa era cristiana fra i pagani era celebrata unafestività in quel preciso tempo dell'anno, in onore della nascita del figlio dellaregina dei cieli babilonesi; e si può facilmente presumere che, per poterconciliare i pagani e aumentare il numero degli aderenti nominali delcristianesimo, la stessa festività fu adottata dalla chiesa romana che la dedicò aCristo. Questa tendenza da parte dei cristiani di incontrarsi a mezza strada colpaganesimo si sviluppò fin dal principio; e troviamo Tertulliano, perfino al suotempo, verso l'anno 230, che si lamenta amaramente dell'incoerenza deidiscepoli di Cristo a questo riguardo in contrasto con la stretta fedeltà dei paganialle loro superstizioni. "Noi che siamo estranei ai sabati, alle lune nuove e allefeste una volta accettevoli a Dio, frequentiamo adesso i Saturnali, le feste digennaio, le Brumalia e le Matronalia", egli dice, "vengono portati doni avanti eindietro, vengono fatti regali in occasione del Capodanno accompagnati dalfrastuono e vengono tenute gare e banchetti insieme a baraonde, oh quanto piùfedeli sono i pagani alla loro religione; difatti stanno particolarmente attenti anon adottare alcuna solennità dai cristiani". (Tertulliano, De Idolatria c 14 vol. Ipag. 682). Uomini onesti si sforzarono di arrestare tale tendenza ma nonostanteciò giunse l'apostasia, fino a che la chiesa, ad eccezione di un piccolo rimanente,fu sommersa dalle superstizioni pagane. Che il Natale fosse originariamente unafesta pagana è fuor di dubbio: il tempo dell'anno e le cerimonie con cui esso èancora celebrato, dimostrano la sua origine. In Egitto il figlio di Iside, che è iltitolo egiziano della regina dei cieli, nacque in questo stesso tempo, "verso iltempo del solstizio invernale". Lo stesso nome con cui il Natale è conosciutopopolarmente in Inghilterra - Yule day - dimostra la sua origine pagana ebabilonese. "Yule" è il nome caldeo per indicare un "infante" o "bambino"; epoiché il 25 dicembre era chiamato dagli antichi anglosassoni, "il giorno diYule" o "giorno del figlio" e la notte precedente "notte-madre", molto tempoprima che essi entrassero in contatto col cristianesimo, ciò dimostra in modosufficiente il suo vero carattere. In lungo e in largo questo giorno della nascitaera osservato nel reame del paganesimo. Si è creduto comunemente che questafestività avesse solo carattere astronomico, riferendosi semplicemente alcompetamento del ciclo annuale del sole e all'inizio di un nuovo ciclo; ma visono indiscutibili evidenze che la festività in questione ebbe un riferimentosuperiore a questo e cioè la commemorazione del giorno della nascita del grandeLiberatore. Fra i Sabei dell'Arabia, che consideravano la luna e non il sole comeil simbolo visibile del loro prediletto oggetto d'idolatria, lo stesso periodo eraosservato come festa della nascita. Così leggiamo nella “Sabean Philosophy” diStanley: "II 24 del decimo mese", cioè dicembre secondo il nostro calendario,"gli arabi celebravano il COMPLEANNO DEL SIGNORE, cioè la luna". Il Signoredella Luna era il dio degli Arabi e quel Signore della Luna, secondo loro, eranato il 24 dicembre, il che mostra chiaramente che la nascita che essicelebravano non era necessariamente connessa al corso del sole. E degno dispeciale menzione, pure, che se il giorno di Natale fra gli antichi Sassonidell'Inghilterra, era osservato per celebrare la nascita di qualsiasi Signore delleschiere celesti, il fatto deve aver avuto qui la stessa motivazione che in Arabia.Come è ben noto i Sassoni consideravano il sole una divinità femminile e la lunaquella maschile. Deve perciò essere stato il giorno della nascita del Signoredella Luna e non quella del Sole che era celebrato il 25 dicembre, anche perché

il giorno della nascita dello stesso Signore della luna era osservato dagli arabi il24 dicembre. Il nome del Signore della Luna in oriente sembra che fosse Meni,poiché questa sembra la più ovvia interpretazione dell'affermazione divina diIsaia 65:11 "Ma voi dimenticate il mio monte santo, che apparecchiate la mensaa Gad ed empite la coppa del vin profumato a Meni". Vi è ragione di credere cheGad si riferisca al dio sole e che Meni similmente designi la divinità lunare4.Meni o Manai significa il "Numeratore" ed è attraverso i cambiamenti della lunache i mesi sono contati: Salmo 104:19, "Egli ha fatto la luna per le stagioni: ilsole conosce il suo tramonto". Il nome di uomo della luna o del dio chepresiedeva su quel luminare fra i Sassoni, era Mane, come dice l'Edda, e Mani,nel "Voluspa". Che fosse la nascita del "Signore della luna" ad essere celebrata aNatale dai Sassoni, è evidente in modo rimarchevole dal nome che ancora è datonella bassa Scozia alla festa dell'ultimo giorno dell'anno. (che sembra essere unresiduo della vecchia festività della nascita, e infatti i dolci che vengonoconfezionati sono chiamati Nur-Cakes, o dolci della nascita). Tale nome èHogmanay5. Orbene, "Hog-Manai" in caldeo significa "la festa del numeratore",in altre parole, la festa del dio Luna o dell'uomo della luna. Per mostrare laconnessione tra paese e paese e l'inveterata perseveranza della vecchiaabitudine, è degno di nota che Gerolamo, commentando le stesse parole di Isaiagià citate circa l'apparecchiare "una tavola per Gad" e "empire la coppa del vinoprofumato per Meni", osserva che era abitudine già a suo tempo, in occasionedell'ultimo giorno dell'anno, specialmente in Egitto ad Alessandria, di imbandiretavole con varietà di cibi prelibati e di coppe contenenti una mistura di vininuovi e trarre alla fine presagi circa il nuovo anno. L'anno egiziano cominciavain un tempo differente dal nostro ma ciò si avvicinava per quanto è possibile(solo sostituendo il whisky al vino) al modo in cui Hogmanay è ancoraosservato L'ultimo giorno dell'ultimo mese del nostro anno in Scozia. Non soquali presagi alcuno possa trarre da ciò che ha luogo in tale tempo, ma ognunonel sud della Scozia è personalmente consapevole del fatto che, per Hogmany, onella sera precedente il giorno dell'anno nuovo, fra quelli che osservano levecchie abitudini, viene apparecchiata una tavola e che mentre da coloro chepossono permetterselo sono provveduti pasticcini e altre leccornie, dolci d'avenae formaggio vengono consumati fra coloro che non li consumano mai se non inquest'occasione, insieme a forti bevande che costituiscono un articolo essenzialedelle vettovaglie.Anche dove il sole era l'oggetto prediletto dell'adorazione, come nella stessaBabilonia e altrove, durante questa festa egli era adorato non solo come astro delgiorno, ma come Dio incarnato. Era un principio essenziale del sistemababilonese, che il sole o Baal fosse il solo vero Dio. Quando perciò Tammuz eraadorato come dio incarnato, ciò voleva pur dire che egli era un'incarnazione delsole. Nella mitologia indù, che si ammette sia fondamentalmente babilonica, ciòemerge molto chiaramente. Ivi, Surya, o il sole, è rappresentato comeun'incarnazione, e nato con lo scopo di sottomettere i nemici degli dèi che, senzatale nascita, non avrebbero potute essere soggiogati.Non era una semplice festa astronomica, quindi, quella che i pagani celebravanodurante il solstizio invernale. Questa festa a Roma era chiamata festa di Saturnoe il modo in cui era celebrata mostra chiaramente la sua provenienza. La festa,che fu regolata da Caligola, durava cinque giorni; veniva data briglia scioltaall’ubriachezza e alla ribellione, gli schiavi erano temporaneamente emancipati

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70 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 70L e D u e B a b i l o n i ee si permettevano ogni libertà verso i loro padroni. Questo era precisamente ilmodo in cui, secondo Beroso, era celebrata a Babilonia la festa degli ubriachidel mese di Tebet, che corrisponde al nostro dicembre, cioè, in altre parole, lafesta di Bacco. "Era abitudine", dice lui, "durante i cinque giorni della festa, chei padroni si sottomettessero ai loro schiavi, e uno di questi governava la casaabbigliato di un manto di porpora come un rè". Questo servitore "vestito diporpora", era chiamato "Zoganes", l'"uomo dello sport e dell'immortalità", ecorrispondeva esattamente al "Signore del cattivo governo", che nelle epochebuie, fu scelto in tutti i paesi papisti per capeggiare le ribalderie natalizie. Lacaratteristica bevanda natalizia ha la sua precisa controparte nella "festa degliubriachi" di Babilonia e molte altre osservanze ancora in uso fra noi per Nataleprovengono dalla stessa fonte. Le candele che in alcune parti dell'Inghilterailluminano la notte di Natale e sono usate fino al termine del periodo festivo,erano accese similmente dai pagani la sera della festa del dio babilonese, in suoonore poiché era una delle caratteristiche distintive della sua adorazione quelladi accendere candele di cera dinanzi ai suoi altari. L'albero di Natale, oggi cosìcomune fra di noi, era pure comune nella Roma pagana e nell'Egitto pagano. InEgitto l'albero era una palma, a Roma era l'abete; la palma indicava il Messiapagano, Baal-Tamar, l'abete lo identificava come Baal-Berith. Si narra che lamadre di Adone, il dio sole e grande divinità mediatrice, fosse cambiatamisticamente in un albero e che generasse in quello stato il suo figlio divino. Sela madre era un albero, il figlio dev'essere stato conosciuto come "l'uomo delramo". E ciò si armonizza del tutto con l'uso di mettere il ceppo di Yule nelfuoco della notte di Natale e con l'apparizione dell'albero di Natale il mattinosuccessivo. In qualità di Zero-Ashta, "il seme della donna", il cui nome significapure Ignigena, o "nato dal fuoco", egli doveva entrare nel fuoco durante la"notte-madre", affinchè potesse nascere da esso il giorno seguente come "Ramodi Dio" o albero che porta agli uomini tutti i doni divini. Ma perché, ci si puòchiedere, bisognava che entrasse nel fuoco sotto il simbolo del ceppo? Percomprenderlo, si deve rammentare che il figliolo divino nato durante il solstiziod'inverno, nasceva come una nuova incarnazione del grande Dio (dopo che queldio era stato fatto a pezzi) allo scopo di vendicare la sua morte sui suoi uccisori.Orbene il grande dio, stroncato nel mezzo della sua potenza e della sua gloria,era simboleggiato come un albero enorme, privato di tutti i suoi rami e abbattutoal suolo6; ma il grande serpente, il simbolo di Esculapio che ridà la vita7, siavvolge intorno al tronco morto (vedi Fig. 27) ed ecco, al suo fianco, germogliaun giovane albero, un albero di una sorta del tuttodifferente che non è destinato ad essere mai stroncato dapotenze ostili e cioè l'albero di palma, il ben noto simbolodella vittoria. L'albero di Natale, com'è già stato detto, aRoma era generalmente rappresentato da un'alberodiverso, l'abete, ma la stessa idea contenuta nell'albero dipalma era implicita nell'abete natalizio; poiché essosimboleggiava in sottointeso il dio neonato come Baal-Berith, "Signore del Patto", e così esternava la perpetuitàdel suo potere, dopo essere caduto dinanzi ai suoi nemici,era stato destato trionfante su tutti loro. Perciò, il 25dicembre, il giorno che era osservato a Roma come quelloin cui il dio vittorioso riappariva sulla terra, era

considerato il Natalis invicti solis, "il giorno della nascita del sole invincibile".Quindi il ceppo natalizio è il tronco morto di Nimrod, deificato come dio-sole,ma stroncato dai suoi nemici; l'albero di Natale è Nimrod redivivo - il dio uccisoche ritorna nuovamente in vita. Alla luce riflessa delle dichiarazionisummenzionate circa le abitudini che ancora sopravvivono fra noi, le cui originisi perdono in mezzo ad una remota antichità, lasciamo che il lettore osservi lapratica singolare ancora vigente la notte di Natale, di baciarsi sotto il vischio.Tale vischio nella tradizione druidica era la rappresentazione del Messia "l'uomodel ramo". Il vischio era considerato come un ramo divino8, un ramoproveniente dal cielo e cresciuto su di un albero che era germogliato dalla terra.Così innestando il ramo celestiale sull'albero terreno, il cielo e la terra, che ilpeccato aveva separati, furono nuovamente riuniti e in tal modo il ramo divischio divenne lo strumento della riconciliazione divina con l'uomo, poiché ilbacio è un ben noto simbolo di riconciliazione e di perdono. Da dove provenivatale idea? Potrebbe derivare dal Salmo 85, versetti 10 e 11 : "La benignità e laverità si sono incontrate, la giustizia e la pace si sono baciate. La veritàgermoglia dalla terra e la giustizia riguarda il cielo". Certo è che quel Salmo fuscritto dopo la cattività babilonese e poiché molti giudei, dopo quell'evento,rimasero a Babilonia sotto la guida di uomini ispirati come Daniele, parte dellaparola divina dev'essere stata loro comunicata, come pure ai loro simili inPalestina. Babilonia era, a quel tempo, il centro del mondo civilizzato e così ilpaganesimo, corrompendo il simbolo divino come deve in effetti aver fatto,ebbe l'opportunità di diffondere la sua corrotta falsificazione della verità finoall'estremità della terra, per mezzo dei Misteri che erano affiliati al grandesistema centrale di Babilonia. Così le stesse abitudini natalizie ancora esistentigettano una luce sorprendente sia sulla rivelazione della grazia fatta a tutta laterra, che sugli sforzi fatti da Satana e dai suoi emissari per mimetizzarla,renderla carnale e degradarla.In molti paesi il verro era sacrificato al dio poiché si credeva che un torto fattoal verro fosse fatto a lui. Secondo una versione della storia della morte di Adoneo Tammuz, essa avvenne, come abbiamo visto, in conseguenza di una feritacausatagli dalle zanne di un cinghiale. Il figlio Atte, il diletto di Cibele, la cuistoria si identifica con quella di Adone, secondo la leggenda sarebbe perito inmodo simile, a causa delle zanne di un cinghiale. Perciò Diana che, sebbene siacomunemente rappresentata nei miti popolari come Diana cacciatrice, era inrealtà la grande madre degli dèi, era frequentemente accompagnata dalla testa diun cinghiale per indicare non solo il successo nella caccia, ma il suo trionfo sulgrande nemico del sistema idolatrico, nel quale essa occupava un posto cosìimportante. Secondo Teocrito, Venere si riconciliò colcinghiale che aveva ucciso Adone poiché, quando fuportato in catene al suo cospetto, affermòpateticamente di averle ucciso il marito non conpremeditazione, ma a causa di un incidente. Matuttavia, in memoria della morte provocata dal misticocinghiale, molti cinghiali furono decapitati per offrirnela testa in sacrificio alla dea corrucciata. Da Smith,Diana è rappresentata con la testa di un cinghiale su dilei in cima ad un mucchio di pietre e nella figura (Fig.28) in cui l'imperatore romano Traiano è rappresentato

Serpente, simbolo diEsculapio, intorno alceppo di un tronco

mortoL'imperatore Traianomentre offre incenso.

139 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 139L e D u e B a b i l o n i epoiché era rappresentato con una fascia che gli circondava il capo con su dellecroci (vedi fig. 45). Il simbolo del dio babilonese è riverito a tutt'oggi nelle am-

pie distese dei Tartari, dove prevale il buddismo, e il modoin cui è rappresentato fra loro costituisce un impressionantecommentario circa il linguaggio applicato alla croce da Ro-ma."La croce" dice il colonnello Wilford, nelle "Ricerche Asiati-che" "sebbene non fosse oggetto di adorazione fra i buddisti,è un emblema prediletto fra di loro. Esso è esattamente lacroce dei Manichei, con foglie e fiori che scaturiscono daessa. Poiché produce fiori e foglie (e anche frutto a quantomi è stato detto) è chiamata albero divino, l'albero degli dèi,l'albero della vita e della conoscenza, il quale produce tuttociò che è buono e desiderabile, ed è posto nel paradiso terre-

stre" (Fig. 46). Si paragoni ciò al linguaggio che Roma applica alla croce e sivedrà quanto precisa sia la concidenza. Nel servizio della Croce essa è chiamata"Albero della vita" e ai suoi adoratori è così insegnato a rivolgersi: "Salve, ocroce, legno trionfale, vera salvezza del mondo fra gli alberi non ve n'è alcunosimile a tè in foglia, fiore e gemma... O croce, sola speranza nostra, aumenta lagiustizia dei pii e perdona le offese degli empi". Può alcuno, leggendo la narra-

zione dei vangeli sulla crocifissione, credere chequella narrazione da se stessa abbia mai potuto germi-nare in tali stravaganze di "foglie, fiori e gemme"come appare in questo servizio romano? Ma quandosi considera che la croce buddista, come quella babi-lonese, era l'emblema riconosciuto di Tammuz cheera noto come il ramo di vischio, è facile vedere ciòche ne seguì.Ora sembra che dapprincipio questo simbolo paganosi diffondesse nella chiesa cristiana d'Egitto e in poitutta l'Africa. Un'affermazione di Tertulliano, dellametà del terzo secolo, mostra quanto, già a quel tem-po, la chiesa di Cartagine fosse contaminata col vec-chio lievito. L'Egitto specialmente, che non fu mai

evangelizzato completamente, sembra abbia preso la direttiva nella diffusione diquesto simbolo pagano. La forma primitiva di ciò che è adesso chiamata la cro-ce cristiana, ritrovata sui monumenti cristiani è inequivocabilmente il Tau paga-no o il "segno della vita" egiziano. Legga il lettore la seguente dichiarazione diSir G. Wilkinson: "Un fatto ancor più curioso che può esser menzionato riguar-do a questo carattere geroglifico (il Tau), che i primi cristiani d'Egitto adottaro-no al posto della croce, è che costituiva il prefisso delle iscrizioni alla stessamaniera della croce in tempi successivi”. Sebbene il dott. Young avesse alcuniscrupoli a credere all'affermazione di Sir A. Edmonston, io posso attestare chenumerose iscrizioni, sormontate dal Tau sono preservate a tutt'oggi sui primitivimonumenti cristiani. In Egitto la più antica forma della "Croce ansata" o "Segnodella vita", era portata da Osiride e da tutti gli dèi egiziani; l'ansa o "maniglia"fu aggiunta successivamente, e così divenne il Tau semplice o croce ordinariad'oggi. Questa e solo questa, è l'origine dell'adorazione della "croce".Ciò apparirà senza dubbio strano e difficile da credere per coloro che hanno

Bacco, il messiababilonese con lecroci.

Varie l'orine di croci usa-te nell'adorazione. (F.46)

letto la storia della chiesa, specialmente per coloro che richiamano alla mente lafamosa apparizione miracolosa della croce di Costantino il giorno precedente ladecisiva vittoria al ponte Milvio, che decise le fortune del paganesimo dichiara-to e del cristianesimo nominale. La storia com'è narrata comunemente, se fossevera, darebbe certamente la sanzione definitiva alla riverenza per la croce ma unesame approfondito della comune versione che ne è data, mostrerà che è basatasolo su una illusione; un'illusione in cui ammette d'esser caduto persino un bra-v'uomo come Milner. Questo è il suo racconto: "Costantino, marciando dallaFrancia in Italia contro Massenzio, in una spedizione che gli avrebbe dato larovina o la vittoria, era gravato dall'ansietà. Era incline a rispettare il Dio deicristiani ma desiderava delle prove soddisfacenti della sua effettiva esistenza edella sua potenza, e non conosceva il sistema per ottenere tale prova, non si sa-rebbe neppure accontentato dell'ateistica indifferenza in cui avevano trovatoappagamento così tanti generali ed eroi. Egli pregò e implorò con tale veemenzae indiscrezione che dio non lo lasciò senza risposta. Mentre marciava con i suoieserciti nel pomeriggio, apparve il trofeo della croce luminosissimo nel cielo,più splendente del sole, con quest'iscrizione 'Con questo segno vincerai'. Egli e isuoi soldati a quella vista rimasero esterrefatti; ma egli continuò a pensare tuttala notte a quell'avvenimento. E Cristo gli apparve mentre dormiva con lo stessosegno della croce e gli diede istruzioni di usare quel simbolo come sua insegnamilitare".Questa è la dichiarazione di Milner. Ora, riguardo al "trofeo della croce", pocheparole saranno sufficienti a mostrare quanto sia profondamente infondato. Nonpenso sia necessario contendere sul fatto che alcuni segni miracolosi abbianoeffettivamente avuto luogo. Può esservi stato oppure no in quest'occasione un"dignus vindice nodus" una crisi meritevole del divino intervento. Se comunquevi sia stato qualcosa fuori dall'ordinario, è faccenda in cui non voglio indagare.Ma dico questo, sulla supposizione che Costantino in quest'occasione agisse inbuona fede e che realmente avesse luogo un'apparizione miracolosa in cielo, chenon fosse cioè il segno della croce ad essere visto, bensì una cosa del tutto di-versa, cioè il nome di Cristo. Che le cose in realtà fossero andate così ci è testi-moniato da Lattanzio, che era il tutore di Crispo, figlio di Costantino, il primoautore che ci abbia provveduto un racconto della faccenda, e l'indiscutibile evi-denza degli stessi stendardi di Costantino. La testimonianza di Lattanzio è la piùdecisiva: "Costantino fu avvertito in sogno di apporre sugli scudi dei suoi soldatiil segno celestiale di Dio e di scendere in battaglia. Egli fece quanto gli fu dettoe con la lettera X egli contrassegnò Cristo sui loro scudi. Equipaggiati con talesegno i suoi eserciti presero la spada". Ora la lettera X era proprio l'iniziale delnome di Cristo, poiché è l'equivalente greco del CH. Se Costantino fece quantogli fu detto, compose il "segno celestiale di Dio" sotto forma della lettera X rap-presentante il simbolo di "Cristo" e non il segno della croce, che egli vide incielo. Quando fu realizzato il Labaro, il famoso stendardo di Costantino, abbia-mo l'evidenza fornita da Ambrogio il ben noto vescovo di Milano, che quellostendardo era formato sullo stesso principio contenuto nella dichiarazione diLattanzio, cioè mostrante semplicemente il nome del Redentore. Egli lo chiama"Labaro, sacro segno del nome di Cristo". Non vi è la minima allusione a qual-siasi croce, a nient'altro che non sia il nome di Cristo. Mentre abbiamo questetestimonianze di Lattanzio e Ambrogio, quando ci accingiamo ad esaminare lostendardo di Costantino troviamo la piena conferma del loro racconto. Troviamo

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138 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 138L e D u e B a b i l o n i epoiché era rappresentato con una fascia che gli circondava il capo con su dellecroci (vedi fig. 45). Il simbolo del dio babilonese è riverito a tutt'oggi nelle am-

pie distese dei Tartari, dove prevale il buddismo, e il modoin cui è rappresentato fra loro costituisce un impressionantecommentario circa il linguaggio applicato alla croce da Ro-ma."La croce" dice il colonnello Wilford, nelle "Ricerche Asiati-che" "sebbene non fosse oggetto di adorazione fra i buddisti,è un emblema prediletto fra di loro. Esso è esattamente lacroce dei Manichei, con foglie e fiori che scaturiscono daessa. Poiché produce fiori e foglie (e anche frutto a quantomi è stato detto) è chiamata albero divino, l'albero degli dèi,l'albero della vita e della conoscenza, il quale produce tuttociò che è buono e desiderabile, ed è posto nel paradiso terre-

stre" (Fig. 46). Si paragoni ciò al linguaggio che Roma applica alla croce e sivedrà quanto precisa sia la concidenza. Nel servizio della Croce essa è chiamata"Albero della vita" e ai suoi adoratori è così insegnato a rivolgersi: "Salve, ocroce, legno trionfale, vera salvezza del mondo fra gli alberi non ve n'è alcunosimile a tè in foglia, fiore e gemma... O croce, sola speranza nostra, aumenta lagiustizia dei pii e perdona le offese degli empi". Può alcuno, leggendo la narra-

zione dei vangeli sulla crocifissione, credere chequella narrazione da se stessa abbia mai potuto germi-nare in tali stravaganze di "foglie, fiori e gemme"come appare in questo servizio romano? Ma quandosi considera che la croce buddista, come quella babi-lonese, era l'emblema riconosciuto di Tammuz cheera noto come il ramo di vischio, è facile vedere ciòche ne seguì.Ora sembra che dapprincipio questo simbolo paganosi diffondesse nella chiesa cristiana d'Egitto e in poitutta l'Africa. Un'affermazione di Tertulliano, dellametà del terzo secolo, mostra quanto, già a quel tem-po, la chiesa di Cartagine fosse contaminata col vec-chio lievito. L'Egitto specialmente, che non fu mai

evangelizzato completamente, sembra abbia preso la direttiva nella diffusione diquesto simbolo pagano. La forma primitiva di ciò che è adesso chiamata la cro-ce cristiana, ritrovata sui monumenti cristiani è inequivocabilmente il Tau paga-no o il "segno della vita" egiziano. Legga il lettore la seguente dichiarazione diSir G. Wilkinson: "Un fatto ancor più curioso che può esser menzionato riguar-do a questo carattere geroglifico (il Tau), che i primi cristiani d'Egitto adottaro-no al posto della croce, è che costituiva il prefisso delle iscrizioni alla stessamaniera della croce in tempi successivi”. Sebbene il dott. Young avesse alcuniscrupoli a credere all'affermazione di Sir A. Edmonston, io posso attestare chenumerose iscrizioni, sormontate dal Tau sono preservate a tutt'oggi sui primitivimonumenti cristiani. In Egitto la più antica forma della "Croce ansata" o "Segnodella vita", era portata da Osiride e da tutti gli dèi egiziani; l'ansa o "maniglia"fu aggiunta successivamente, e così divenne il Tau semplice o croce ordinariad'oggi. Questa e solo questa, è l'origine dell'adorazione della "croce".Ciò apparirà senza dubbio strano e difficile da credere per coloro che hanno

Bacco, il messiababilonese con lecroci.

Varie l'orine di croci usa-te nell'adorazione. (F.46)

letto la storia della chiesa, specialmente per coloro che richiamano alla mente lafamosa apparizione miracolosa della croce di Costantino il giorno precedente ladecisiva vittoria al ponte Milvio, che decise le fortune del paganesimo dichiara-to e del cristianesimo nominale. La storia com'è narrata comunemente, se fossevera, darebbe certamente la sanzione definitiva alla riverenza per la croce ma unesame approfondito della comune versione che ne è data, mostrerà che è basatasolo su una illusione; un'illusione in cui ammette d'esser caduto persino un bra-v'uomo come Milner. Questo è il suo racconto: "Costantino, marciando dallaFrancia in Italia contro Massenzio, in una spedizione che gli avrebbe dato larovina o la vittoria, era gravato dall'ansietà. Era incline a rispettare il Dio deicristiani ma desiderava delle prove soddisfacenti della sua effettiva esistenza edella sua potenza, e non conosceva il sistema per ottenere tale prova, non si sa-rebbe neppure accontentato dell'ateistica indifferenza in cui avevano trovatoappagamento così tanti generali ed eroi. Egli pregò e implorò con tale veemenzae indiscrezione che dio non lo lasciò senza risposta. Mentre marciava con i suoieserciti nel pomeriggio, apparve il trofeo della croce luminosissimo nel cielo,più splendente del sole, con quest'iscrizione 'Con questo segno vincerai'. Egli e isuoi soldati a quella vista rimasero esterrefatti; ma egli continuò a pensare tuttala notte a quell'avvenimento. E Cristo gli apparve mentre dormiva con lo stessosegno della croce e gli diede istruzioni di usare quel simbolo come sua insegnamilitare".Questa è la dichiarazione di Milner. Ora, riguardo al "trofeo della croce", pocheparole saranno sufficienti a mostrare quanto sia profondamente infondato. Nonpenso sia necessario contendere sul fatto che alcuni segni miracolosi abbianoeffettivamente avuto luogo. Può esservi stato oppure no in quest'occasione un"dignus vindice nodus" una crisi meritevole del divino intervento. Se comunquevi sia stato qualcosa fuori dall'ordinario, è faccenda in cui non voglio indagare.Ma dico questo, sulla supposizione che Costantino in quest'occasione agisse inbuona fede e che realmente avesse luogo un'apparizione miracolosa in cielo, chenon fosse cioè il segno della croce ad essere visto, bensì una cosa del tutto di-versa, cioè il nome di Cristo. Che le cose in realtà fossero andate così ci è testi-moniato da Lattanzio, che era il tutore di Crispo, figlio di Costantino, il primoautore che ci abbia provveduto un racconto della faccenda, e l'indiscutibile evi-denza degli stessi stendardi di Costantino. La testimonianza di Lattanzio è la piùdecisiva: "Costantino fu avvertito in sogno di apporre sugli scudi dei suoi soldatiil segno celestiale di Dio e di scendere in battaglia. Egli fece quanto gli fu dettoe con la lettera X egli contrassegnò Cristo sui loro scudi. Equipaggiati con talesegno i suoi eserciti presero la spada". Ora la lettera X era proprio l'iniziale delnome di Cristo, poiché è l'equivalente greco del CH. Se Costantino fece quantogli fu detto, compose il "segno celestiale di Dio" sotto forma della lettera X rap-presentante il simbolo di "Cristo" e non il segno della croce, che egli vide incielo. Quando fu realizzato il Labaro, il famoso stendardo di Costantino, abbia-mo l'evidenza fornita da Ambrogio il ben noto vescovo di Milano, che quellostendardo era formato sullo stesso principio contenuto nella dichiarazione diLattanzio, cioè mostrante semplicemente il nome del Redentore. Egli lo chiama"Labaro, sacro segno del nome di Cristo". Non vi è la minima allusione a qual-siasi croce, a nient'altro che non sia il nome di Cristo. Mentre abbiamo questetestimonianze di Lattanzio e Ambrogio, quando ci accingiamo ad esaminare lostendardo di Costantino troviamo la piena conferma del loro racconto. Troviamo

71 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 71L e D u e B a b i l o n i ee si permettevano ogni libertà verso i loro padroni. Questo era precisamente ilmodo in cui, secondo Beroso, era celebrata a Babilonia la festa degli ubriachidel mese di Tebet, che corrisponde al nostro dicembre, cioè, in altre parole, lafesta di Bacco. "Era abitudine", dice lui, "durante i cinque giorni della festa, chei padroni si sottomettessero ai loro schiavi, e uno di questi governava la casaabbigliato di un manto di porpora come un rè". Questo servitore "vestito diporpora", era chiamato "Zoganes", l'"uomo dello sport e dell'immortalità", ecorrispondeva esattamente al "Signore del cattivo governo", che nelle epochebuie, fu scelto in tutti i paesi papisti per capeggiare le ribalderie natalizie. Lacaratteristica bevanda natalizia ha la sua precisa controparte nella "festa degliubriachi" di Babilonia e molte altre osservanze ancora in uso fra noi per Nataleprovengono dalla stessa fonte. Le candele che in alcune parti dell'Inghilterailluminano la notte di Natale e sono usate fino al termine del periodo festivo,erano accese similmente dai pagani la sera della festa del dio babilonese, in suoonore poiché era una delle caratteristiche distintive della sua adorazione quelladi accendere candele di cera dinanzi ai suoi altari. L'albero di Natale, oggi cosìcomune fra di noi, era pure comune nella Roma pagana e nell'Egitto pagano. InEgitto l'albero era una palma, a Roma era l'abete; la palma indicava il Messiapagano, Baal-Tamar, l'abete lo identificava come Baal-Berith. Si narra che lamadre di Adone, il dio sole e grande divinità mediatrice, fosse cambiatamisticamente in un albero e che generasse in quello stato il suo figlio divino. Sela madre era un albero, il figlio dev'essere stato conosciuto come "l'uomo delramo". E ciò si armonizza del tutto con l'uso di mettere il ceppo di Yule nelfuoco della notte di Natale e con l'apparizione dell'albero di Natale il mattinosuccessivo. In qualità di Zero-Ashta, "il seme della donna", il cui nome significapure Ignigena, o "nato dal fuoco", egli doveva entrare nel fuoco durante la"notte-madre", affinchè potesse nascere da esso il giorno seguente come "Ramodi Dio" o albero che porta agli uomini tutti i doni divini. Ma perché, ci si puòchiedere, bisognava che entrasse nel fuoco sotto il simbolo del ceppo? Percomprenderlo, si deve rammentare che il figliolo divino nato durante il solstiziod'inverno, nasceva come una nuova incarnazione del grande Dio (dopo che queldio era stato fatto a pezzi) allo scopo di vendicare la sua morte sui suoi uccisori.Orbene il grande dio, stroncato nel mezzo della sua potenza e della sua gloria,era simboleggiato come un albero enorme, privato di tutti i suoi rami e abbattutoal suolo6; ma il grande serpente, il simbolo di Esculapio che ridà la vita7, siavvolge intorno al tronco morto (vedi Fig. 27) ed ecco, al suo fianco, germogliaun giovane albero, un albero di una sorta del tuttodifferente che non è destinato ad essere mai stroncato dapotenze ostili e cioè l'albero di palma, il ben noto simbolodella vittoria. L'albero di Natale, com'è già stato detto, aRoma era generalmente rappresentato da un'alberodiverso, l'abete, ma la stessa idea contenuta nell'albero dipalma era implicita nell'abete natalizio; poiché essosimboleggiava in sottointeso il dio neonato come Baal-Berith, "Signore del Patto", e così esternava la perpetuitàdel suo potere, dopo essere caduto dinanzi ai suoi nemici,era stato destato trionfante su tutti loro. Perciò, il 25dicembre, il giorno che era osservato a Roma come quelloin cui il dio vittorioso riappariva sulla terra, era

considerato il Natalis invicti solis, "il giorno della nascita del sole invincibile".Quindi il ceppo natalizio è il tronco morto di Nimrod, deificato come dio-sole,ma stroncato dai suoi nemici; l'albero di Natale è Nimrod redivivo - il dio uccisoche ritorna nuovamente in vita. Alla luce riflessa delle dichiarazionisummenzionate circa le abitudini che ancora sopravvivono fra noi, le cui originisi perdono in mezzo ad una remota antichità, lasciamo che il lettore osservi lapratica singolare ancora vigente la notte di Natale, di baciarsi sotto il vischio.Tale vischio nella tradizione druidica era la rappresentazione del Messia "l'uomodel ramo". Il vischio era considerato come un ramo divino8, un ramoproveniente dal cielo e cresciuto su di un albero che era germogliato dalla terra.Così innestando il ramo celestiale sull'albero terreno, il cielo e la terra, che ilpeccato aveva separati, furono nuovamente riuniti e in tal modo il ramo divischio divenne lo strumento della riconciliazione divina con l'uomo, poiché ilbacio è un ben noto simbolo di riconciliazione e di perdono. Da dove provenivatale idea? Potrebbe derivare dal Salmo 85, versetti 10 e 11 : "La benignità e laverità si sono incontrate, la giustizia e la pace si sono baciate. La veritàgermoglia dalla terra e la giustizia riguarda il cielo". Certo è che quel Salmo fuscritto dopo la cattività babilonese e poiché molti giudei, dopo quell'evento,rimasero a Babilonia sotto la guida di uomini ispirati come Daniele, parte dellaparola divina dev'essere stata loro comunicata, come pure ai loro simili inPalestina. Babilonia era, a quel tempo, il centro del mondo civilizzato e così ilpaganesimo, corrompendo il simbolo divino come deve in effetti aver fatto,ebbe l'opportunità di diffondere la sua corrotta falsificazione della verità finoall'estremità della terra, per mezzo dei Misteri che erano affiliati al grandesistema centrale di Babilonia. Così le stesse abitudini natalizie ancora esistentigettano una luce sorprendente sia sulla rivelazione della grazia fatta a tutta laterra, che sugli sforzi fatti da Satana e dai suoi emissari per mimetizzarla,renderla carnale e degradarla.In molti paesi il verro era sacrificato al dio poiché si credeva che un torto fattoal verro fosse fatto a lui. Secondo una versione della storia della morte di Adoneo Tammuz, essa avvenne, come abbiamo visto, in conseguenza di una feritacausatagli dalle zanne di un cinghiale. Il figlio Atte, il diletto di Cibele, la cuistoria si identifica con quella di Adone, secondo la leggenda sarebbe perito inmodo simile, a causa delle zanne di un cinghiale. Perciò Diana che, sebbene siacomunemente rappresentata nei miti popolari come Diana cacciatrice, era inrealtà la grande madre degli dèi, era frequentemente accompagnata dalla testa diun cinghiale per indicare non solo il successo nella caccia, ma il suo trionfo sulgrande nemico del sistema idolatrico, nel quale essa occupava un posto cosìimportante. Secondo Teocrito, Venere si riconciliò colcinghiale che aveva ucciso Adone poiché, quando fuportato in catene al suo cospetto, affermòpateticamente di averle ucciso il marito non conpremeditazione, ma a causa di un incidente. Matuttavia, in memoria della morte provocata dal misticocinghiale, molti cinghiali furono decapitati per offrirnela testa in sacrificio alla dea corrucciata. Da Smith,Diana è rappresentata con la testa di un cinghiale su dilei in cima ad un mucchio di pietre e nella figura (Fig.28) in cui l'imperatore romano Traiano è rappresentato

Serpente, simbolo diEsculapio, intorno alceppo di un tronco

mortoL'imperatore Traianomentre offre incenso.

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72 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 72L e D u e B a b i l o n i ementre brucia l'incenso alla stessa dea, il capo di un cinghiale forma una figuradi rilievo. Il giorno di Natale i Sassoni continentali offrivano un cinghiale insacrificio al sole per propiziarlo per la morte del suo diletto Adone. A Romaevidentemente esisteva un'usanza simile poiché l'elemento centrale della festaera costituito da un cinghiale, come appare dai seguenti versi di Marziale:"Che il cinghiale ti dia un buon Saturnale". Perciò la testa di cinghiale è tutt'oggiun piatto importante in Inghilterra nel pranzo di Natale, quando le sue originisono da tempo dimenticate. Sì, "l'oca di Natale" e "le focacce natalizie" eranoarticoli essenziali nell'adorazione del Messia babilonese, adorazione praticataanche a Roma e in Egitto (Fig. 29). Wilkinson, riferendosi all'Egitto, mostra che

"l'offerta preferita" da Osiride era "un'oca" e inoltre chel'"oca non avrebbe dovuto essere mangiata se non in pienoinverno". In quanto a Roma, dice Giovenale, che "se sioffendeva Osiride si poteva placarla solo con una grande ocae un piccolo pane". In molti paesi vi è l'evidenza delcarattere sacro attribuito all'oca. E ben noto che ilCampidoglio di Roma fu salvato quando era sul punto diessere sorpreso dai Galli nel cuore della notte dallostarnazzare delle sacre oche di Giunone, tenute nel tempio diGiove. La figura allegata (fig. 30) mostra che l'oca in AsiaMinore era il simbolo di Cupido, proprio com'era il simbolodi Seb in Egitto. In India l'oca occupava una posizione similepoiché in quel paese leggiamo circa l'"oca bramana" o ocasacra a Brama. Infine, i monumenti di Babilonia mostranoche all'oca era attribuita una caratteristica mistica e che essaera offerta in sacrificio come a Roma o in Egitto, poiché lì i

sacerdoti sono rappresentati con un coltello sacrificale in una mano e l'ocanell'altra. Non può quindi esservi dubbio che le feste pagane del solstizioinvernale, in altre parole il Natale, erano tenute in onore della nascita del Messiababilonese.

La considerazione della prossima grande festa delcalendario papista provvede la conferma più grande a ciòche abbiamo appena detto. Tale festa, chiamataAnnunciazione, è celebrata a Roma il 25 marzo,nell'asserita commemorazione del concepimentomiracoloso del nostro Signore nel seno della Vergine, ilgiorno in cui l'angelo fu inviato ad annunciarle il distintivoonore che le era attribuito quale madre del Messia. Ma chiavrebbe detto quando tale annunciazione ebbe luogo? LeScritture non danno alcun indizio concernente il tempo, maciò non è rilevante. Prima che il nostro Signore fosseconcepito o nascesse, quello stesso giorno, adesso indicatonel calendario papista come "Annunciazione dellaVergine", era osservato nella Roma pagana in onore di

Cibele, la Madre del Messia Babilonese. Ora è noto che l'Annunciazione e ilNatale sono in intima relazione l'uno con l'altro. Fra il 25 marzo e il 25 dicembrevi sono esattamente nove mesi. Se, quindi, il falso Messia fu concepito in marzoe nacque in dicembre può alcuno, anche per un momento, credere che ilconcepimento e la nascita del vero Messia possa essere stata esattamente

sincronizzata non solo col mese, ma col giorno? La cosa è incredibile.L'Annunciazione e il Natale sono puramente di derivazione Babilonese.

SEZIONE IIPASQUA

Adesso rivolgiamoci alla Pasqua. Cosa vuol dire lo stesso termine Pasqua? Nonè un nome cristiano. Porta sulla fronte la sua origine caldea. Pasqua (Easter) nonè altri che Astarte, uno dei titoli di Beltis, la regina del cielo il cui nome, com'erapronunciato dagli abitanti di Ninive, era evidentemente identico alla pronunciache è d'uso comune nei paesi anglosassoni. Tale nome, trovato da Layard suimonumenti assiri è Ishtar. L'adorazione di Bel e Astarte fu introdotta inBritannia molto tempo fa, assieme ai Druidi, i "sacerdoti dei boschi". Alcunihanno immaginato che l'adorazione dei Druidi fosse stata dal principiointrodotta dai Fenici che, secoli prima dell'era cristiana, trafficavano con leminiere di stagno di Cornwall. Ma le tracce inequivocabili di quell'adorazione siritrovano nelle regioni delle isole Britanniche dove i Fenici non penetrarono maied essa ha lasciato ovunque segni indelebili della forte presa che essa dovetteesercitare sulle menti dei primi Britanni. Da Bel il primo di maggio è ncorachiamato Beltane nell'almanacco ci sono ancora abitudini che si protraggono atutt'oggi, il che prova quanto accuratamente sia stata osservata l'adorazione diBel o Moloc (poiché entrambi i nomi appartengono allo stesso dio) e sia stataosservata anche nelle parti più settentrionali della Britannia. "La defunta LadyBaird, di Fern Tower, nel Pertshire", dice uno scrittore in "Annotazioni edomande", molto dotta nelle antichità britanniche, "mi ha raccontato che ognianno a Beltane (o primo maggio), un certo numero di uomini e donne siriunivano presso un antico cerchio di pietre druidiche sulla sua tenuta neidintorni di Crieff. Accendevano un fuoco al centro e ciascuna persona ponevaun pezzetto di dolce d'avena in un berretto da pastore; tutti si sedevano e allacieca estraevano un pezzo dal cappello. Uno dei pezzi era stato anticipatamentescurito e chiunque lo avesse preso doveva saltare intorno al fuoco al centro delcerchio e pagare un pegno". Questo è in realtà parte dell'antica adorazione diBaal e la persona prescelta dalla sorte anticamente era arsa in sacrificio. Quindiil passare attraverso il fuoco è la sua controparte e il pagamento del pegnoredime la vittima. Se Baal era così adorato non sarà difficile immaginare chepure la sua consorte Astarte fosse adorata e da Astarte, il cui nome a Ninive eraIshtar, le solennità religiose di aprile oggi in Britannia sono chiamate col nomedi Easter. La festa di cui leggiamo nella storia della chiesa col nome di Easternel terzo o quarto secolo, era una festa completamente diversa da quella che èadesso osservata nella chiesa romana e a quel tempo non era nota col nome diEaster. Era chiamata Pascha o Pasqua e, sebbene non fosse di istituzioneapostolica, fu primitivamente osservata da molti professanti cristiani incommemorazione della morte e risurrezione di Cristo. Tale festaoriginariamente si celebrava al tempo della Pasqua giudaica, quando Cristo fuucciso, un periodo che, ai giorni di Tertulliano, alla fine del secondo secolo, sicredeva cadesse il 23 marzo. Quella festa non era idolatra e non era precedutadalla Quaresima. "E ben noto", dice Cassiano il monaco di Marsiglia che scrivenel quinto secolo e che fece un paragone fra la chiesa primitiva e quella dei suoigiorni, "che l'osservanza dei quaranta giorni non esisteva, fino a quando non fuviolata la perfezione della chiesa primitiva". Da dove provenne, quindi, tale

II dio egiziano Sebcon il suo simbolo

l'oca, sacra ocaofferta insacrificio.

Anatra simbolo diCupido in Asia M.E del Dio Seb inEgitto

137 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 137L e D u e B a b i l o n i etroviamo l'ape a occupare una posizione che fa capire chiaramente che essa eraun simbolo del grande Rivelatore. Così troviamo che Muller, riferendosi ai sim-boli relativi all'adorazione di Diana Efesina dice: "Il suo simbolo costante è l'a-pe, che non può non attribuirsi a Diana... Il capo sacerdote stesso era chiamatoEssen, o l'ape-re". Il carattere del sommo sacerdote mostra il carattere del dioche rappresentava. La divinità di Diana, la dea con la torre, era naturalmente lastessa divinità che accompagnava invariabilmente la dea babilonese: e tale titolodel sacerdote mostra che l'ape che appariva sulle sue medaglie non era che unaltro simbolo di suo figlio, il "Seme della donna" nella sua veste di Dabar "LaParola" che illumina le anime degli uomini. Che questo sia il preciso "Mistero"adombrato dalle candele di cera, così Roma si riferisce all'ape, dalla quale èprodotta la cera: "Poiché siamo estremamente meravigliati, nel considerare co-me ha origine questa sostanza, vale a dire, le candele di cera; dobbiamo necessa-riamente esaltare grandemente colui che ha originato le api, poiché...esse raccol-gono i fiori con i loro piedi, tuttavia i fiori non ne sono a motivo di ciò danneg-giati; poiché esse non generano i loro sciami, ma li liberano attraverso le lorobocche, proprio come Cristo (esempio meraviglioso) procede dalla Bocca di suoPadre". Qui è evidente che si fa riferimento a Cristo come alla "parola di Dio"; ecome avrebbe potuto anche la fantasia più sfrenata concepire tale parallelo con-tenuto in tale passaggio, se non fosse stato per l'equivoco fra "Dabar", "l'Ape" e"Dabar", "la Parola". In un'opera papista già citata, il "Pancarpium Marianum",ho trovato che il Signore Gesù è espressamente chiamato con il nome dell'ape.Riferendosi a Maria con il titolo di "paradiso di delizie", l'autore così si esprime:"In questo Paradiso si ciba quell'ape celestiale, cioè la Sapienza incarnata". Ciòrappresenta in maniera blasfema il Signore Gesù come se avesse tratto tutto ciòche gli è necessario per benedire il mondo da sua madre. Potrebbe ciò proveniredalla Bibbia? No! Ciò può provenire dalla stessa fonte dalla quale lo scrittore haimparato ha chiamare la "sapienza incarnata" con il nome dell'ape. Ora poichél'equivoco da cui scaturisce tale nome applicato al Signore Gesù può verifìcarsisolo nella lingua babilonese, ciò mostra da dove sia venuta la sua teologia e di-mostra inoltre che l'intera preghiera relativa alla benedizione delle candele dicera dev'essere stata tratta da un libro di preghiere babilonese. Certamente, adogni passo, il lettore può vedere sempre più l'esattezza del nome divino dato alladonna dei sette monti, "Mistero, Babilonia la Grande!".

SEZIONE VIIL SEGNO DELLA CROCE

Vi è ancora uno dei segni più notevoli dell'adorazione romana che dev'esseremenzionato, ed è il segno della croce. Nel sistema papale com'è ben noto, il se-gno e l'immagine della croce si trovano ovunque. Non può essere detta nessunapreghiera, ne iniziare l'adorazione, ne alcun altro passo può essere fatto, senza ilfrequente uso del segno della croce. La croce è considerata come un potentetalismano, come il rifugio in ogni frangente pericoloso e in ogni momento ditentazione come un'infallibile protezione contro le potenze delle tenebre. Lacroce è adorata con le forme di adorazione che spettano solo all'Altissimo; e perqualunque romanista è un'offesa mortale sentirla chiamare col termine scrittura-le di "legno maledetto".

Il segno della croce che Roma adesso adora era usato nei misteri babilonesi pergli stessi scopi magici ed era onorato con gli stessi sfarzi. Ciò che è chiamata"croce cristiana" non era dapprincipio assolutamente un emblema cristiano, maera il mistico Tau dei Caldei e degli Egiziani. La vera forma originale della let-tera T - l'iniziale del nome di Tammuz che, in ebraico, ha basilarmente la stessaradice dell'antico caldeo - era formata come nel n. 1 dall'allegata figura (Fig.43); e quelle etrusche e copte co-me ai numeri 2 e 3. Quel misticoTau, al battesimo, era impressosulla fronte di quelli che venivanoiniziati ai misteri ed era usata invari modi come il simbolo piùsacro. Per identificare Tammuzcon il sole era talvolta unita alcerchio solare come nel n. 4; alcune volte era inserita nel cerchio, come nel n. 5.Se la croce di Malta, che i vescovi romani fanno seguire al loro nome come sim-bolo della dignità episcopale, sia la lettera T è incerto; ma non sembra esserviragione di dubitare che la croce maltese sia un espresso simbolo del sole, poichéLayard la trovò come simbolo sacro a Ninive in un modo che la collegava senzaalcuna incertezza al sole.Il mistico Tau, come simbolo della grande divinità era chiamato "il segno dellavita"; era usato come amuleto sul cuore; contrassegnava gli abiti ufficiali deisacerdoti di Roma, era tenuto in mano dai re come segno della loro dignità odella loro autorità d'origine divina. Le vergini vestali della Roma pagana usava-no portarla intorno al collo, come fanno oggi le monache. Lo stesso gli Egiziani,e molte delle nazioni barbare con le quali avevano rapporti, come testimoniano imonumenti egiziani. Riferendosi agli ornamenti di queste tribù, Wilkinson scri-ve così: "La cintura era riccamente adornata; uomini e donne portavano orecchi-ni; ed avevano frequentemente una piccola croce appesa al collo o al collare delloro abito. L'adozione di quest'ultima non era una lorocaratteristica; era anche appesa o figurava sugli abiti delRot-n-no; e tracce d'essa possono trovarsi nei fantasiosiornamenti del Rebo, mostrando che era già in uso agliinizi del quindicesimo secolo prima dell'era cristiana(Fig. 44). E difficile trovare una tribù pagana dove nonsi trovi il segno della croce. La croce era adorata daipagani Celti molto tempo prima dell'incarnazione e del-la morte di Cristo. "È un fatto" dice Maurice "non menorimarchevole quanto ben attestato, che i Druidi nei loroboschetti erano abituati a scegliere gli alberi più impo-nenti e belli come emblema della divinità che essi ado-ravano, e dopo aver tagliato i loro rami, essi ne piantavano due dei più grandisulla parte più alta del tronco, in modo tale che questi rami si estendevano daciascuna parte come le braccia di un uomo, e insieme al corpo presentavanol'aspetto di un enorme croce, e sulla corteccia in diversi luoghi, era incisa la let-tera Tau”. Essa era adorata in Messico da epoche precedenti l'arrivo dei missio-nari cattolici romani, dove grandi croci di pietra erano erette probabilmente al"dio della pioggia". La croce così estesamente adorata, o considerata come unemblema sacro, era il simbolo inequivocabile di Bacco, il Messia babilonese,

Croci: (1) Caldea, (2) Etrusche, (3) Copta, (4 e5) Babilonese.

Croci che ornano Rebonel V" Sec. A.C.

Page 73: Libro Due Babilonie

136 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 136L e D u e B a b i l o n i etroviamo l'ape a occupare una posizione che fa capire chiaramente che essa eraun simbolo del grande Rivelatore. Così troviamo che Muller, riferendosi ai sim-boli relativi all'adorazione di Diana Efesina dice: "Il suo simbolo costante è l'a-pe, che non può non attribuirsi a Diana... Il capo sacerdote stesso era chiamatoEssen, o l'ape-re". Il carattere del sommo sacerdote mostra il carattere del dioche rappresentava. La divinità di Diana, la dea con la torre, era naturalmente lastessa divinità che accompagnava invariabilmente la dea babilonese: e tale titolodel sacerdote mostra che l'ape che appariva sulle sue medaglie non era che unaltro simbolo di suo figlio, il "Seme della donna" nella sua veste di Dabar "LaParola" che illumina le anime degli uomini. Che questo sia il preciso "Mistero"adombrato dalle candele di cera, così Roma si riferisce all'ape, dalla quale èprodotta la cera: "Poiché siamo estremamente meravigliati, nel considerare co-me ha origine questa sostanza, vale a dire, le candele di cera; dobbiamo necessa-riamente esaltare grandemente colui che ha originato le api, poiché...esse raccol-gono i fiori con i loro piedi, tuttavia i fiori non ne sono a motivo di ciò danneg-giati; poiché esse non generano i loro sciami, ma li liberano attraverso le lorobocche, proprio come Cristo (esempio meraviglioso) procede dalla Bocca di suoPadre". Qui è evidente che si fa riferimento a Cristo come alla "parola di Dio"; ecome avrebbe potuto anche la fantasia più sfrenata concepire tale parallelo con-tenuto in tale passaggio, se non fosse stato per l'equivoco fra "Dabar", "l'Ape" e"Dabar", "la Parola". In un'opera papista già citata, il "Pancarpium Marianum",ho trovato che il Signore Gesù è espressamente chiamato con il nome dell'ape.Riferendosi a Maria con il titolo di "paradiso di delizie", l'autore così si esprime:"In questo Paradiso si ciba quell'ape celestiale, cioè la Sapienza incarnata". Ciòrappresenta in maniera blasfema il Signore Gesù come se avesse tratto tutto ciòche gli è necessario per benedire il mondo da sua madre. Potrebbe ciò proveniredalla Bibbia? No! Ciò può provenire dalla stessa fonte dalla quale lo scrittore haimparato ha chiamare la "sapienza incarnata" con il nome dell'ape. Ora poichél'equivoco da cui scaturisce tale nome applicato al Signore Gesù può verifìcarsisolo nella lingua babilonese, ciò mostra da dove sia venuta la sua teologia e di-mostra inoltre che l'intera preghiera relativa alla benedizione delle candele dicera dev'essere stata tratta da un libro di preghiere babilonese. Certamente, adogni passo, il lettore può vedere sempre più l'esattezza del nome divino dato alladonna dei sette monti, "Mistero, Babilonia la Grande!".

SEZIONE VIIL SEGNO DELLA CROCE

Vi è ancora uno dei segni più notevoli dell'adorazione romana che dev'esseremenzionato, ed è il segno della croce. Nel sistema papale com'è ben noto, il se-gno e l'immagine della croce si trovano ovunque. Non può essere detta nessunapreghiera, ne iniziare l'adorazione, ne alcun altro passo può essere fatto, senza ilfrequente uso del segno della croce. La croce è considerata come un potentetalismano, come il rifugio in ogni frangente pericoloso e in ogni momento ditentazione come un'infallibile protezione contro le potenze delle tenebre. Lacroce è adorata con le forme di adorazione che spettano solo all'Altissimo; e perqualunque romanista è un'offesa mortale sentirla chiamare col termine scrittura-le di "legno maledetto".

Il segno della croce che Roma adesso adora era usato nei misteri babilonesi pergli stessi scopi magici ed era onorato con gli stessi sfarzi. Ciò che è chiamata"croce cristiana" non era dapprincipio assolutamente un emblema cristiano, maera il mistico Tau dei Caldei e degli Egiziani. La vera forma originale della let-tera T - l'iniziale del nome di Tammuz che, in ebraico, ha basilarmente la stessaradice dell'antico caldeo - era formata come nel n. 1 dall'allegata figura (Fig.43); e quelle etrusche e copte co-me ai numeri 2 e 3. Quel misticoTau, al battesimo, era impressosulla fronte di quelli che venivanoiniziati ai misteri ed era usata invari modi come il simbolo piùsacro. Per identificare Tammuzcon il sole era talvolta unita alcerchio solare come nel n. 4; alcune volte era inserita nel cerchio, come nel n. 5.Se la croce di Malta, che i vescovi romani fanno seguire al loro nome come sim-bolo della dignità episcopale, sia la lettera T è incerto; ma non sembra esserviragione di dubitare che la croce maltese sia un espresso simbolo del sole, poichéLayard la trovò come simbolo sacro a Ninive in un modo che la collegava senzaalcuna incertezza al sole.Il mistico Tau, come simbolo della grande divinità era chiamato "il segno dellavita"; era usato come amuleto sul cuore; contrassegnava gli abiti ufficiali deisacerdoti di Roma, era tenuto in mano dai re come segno della loro dignità odella loro autorità d'origine divina. Le vergini vestali della Roma pagana usava-no portarla intorno al collo, come fanno oggi le monache. Lo stesso gli Egiziani,e molte delle nazioni barbare con le quali avevano rapporti, come testimoniano imonumenti egiziani. Riferendosi agli ornamenti di queste tribù, Wilkinson scri-ve così: "La cintura era riccamente adornata; uomini e donne portavano orecchi-ni; ed avevano frequentemente una piccola croce appesa al collo o al collare delloro abito. L'adozione di quest'ultima non era una lorocaratteristica; era anche appesa o figurava sugli abiti delRot-n-no; e tracce d'essa possono trovarsi nei fantasiosiornamenti del Rebo, mostrando che era già in uso agliinizi del quindicesimo secolo prima dell'era cristiana(Fig. 44). E difficile trovare una tribù pagana dove nonsi trovi il segno della croce. La croce era adorata daipagani Celti molto tempo prima dell'incarnazione e del-la morte di Cristo. "È un fatto" dice Maurice "non menorimarchevole quanto ben attestato, che i Druidi nei loroboschetti erano abituati a scegliere gli alberi più impo-nenti e belli come emblema della divinità che essi ado-ravano, e dopo aver tagliato i loro rami, essi ne piantavano due dei più grandisulla parte più alta del tronco, in modo tale che questi rami si estendevano daciascuna parte come le braccia di un uomo, e insieme al corpo presentavanol'aspetto di un enorme croce, e sulla corteccia in diversi luoghi, era incisa la let-tera Tau”. Essa era adorata in Messico da epoche precedenti l'arrivo dei missio-nari cattolici romani, dove grandi croci di pietra erano erette probabilmente al"dio della pioggia". La croce così estesamente adorata, o considerata come unemblema sacro, era il simbolo inequivocabile di Bacco, il Messia babilonese,

Croci: (1) Caldea, (2) Etrusche, (3) Copta, (4 e5) Babilonese.

Croci che ornano Rebonel V" Sec. A.C.

73 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 73L e D u e B a b i l o n i ementre brucia l'incenso alla stessa dea, il capo di un cinghiale forma una figuradi rilievo. Il giorno di Natale i Sassoni continentali offrivano un cinghiale insacrificio al sole per propiziarlo per la morte del suo diletto Adone. A Romaevidentemente esisteva un'usanza simile poiché l'elemento centrale della festaera costituito da un cinghiale, come appare dai seguenti versi di Marziale:"Che il cinghiale ti dia un buon Saturnale". Perciò la testa di cinghiale è tutt'oggiun piatto importante in Inghilterra nel pranzo di Natale, quando le sue originisono da tempo dimenticate. Sì, "l'oca di Natale" e "le focacce natalizie" eranoarticoli essenziali nell'adorazione del Messia babilonese, adorazione praticataanche a Roma e in Egitto (Fig. 29). Wilkinson, riferendosi all'Egitto, mostra che

"l'offerta preferita" da Osiride era "un'oca" e inoltre chel'"oca non avrebbe dovuto essere mangiata se non in pienoinverno". In quanto a Roma, dice Giovenale, che "se sioffendeva Osiride si poteva placarla solo con una grande ocae un piccolo pane". In molti paesi vi è l'evidenza delcarattere sacro attribuito all'oca. E ben noto che ilCampidoglio di Roma fu salvato quando era sul punto diessere sorpreso dai Galli nel cuore della notte dallostarnazzare delle sacre oche di Giunone, tenute nel tempio diGiove. La figura allegata (fig. 30) mostra che l'oca in AsiaMinore era il simbolo di Cupido, proprio com'era il simbolodi Seb in Egitto. In India l'oca occupava una posizione similepoiché in quel paese leggiamo circa l'"oca bramana" o ocasacra a Brama. Infine, i monumenti di Babilonia mostranoche all'oca era attribuita una caratteristica mistica e che essaera offerta in sacrificio come a Roma o in Egitto, poiché lì i

sacerdoti sono rappresentati con un coltello sacrificale in una mano e l'ocanell'altra. Non può quindi esservi dubbio che le feste pagane del solstizioinvernale, in altre parole il Natale, erano tenute in onore della nascita del Messiababilonese.

La considerazione della prossima grande festa delcalendario papista provvede la conferma più grande a ciòche abbiamo appena detto. Tale festa, chiamataAnnunciazione, è celebrata a Roma il 25 marzo,nell'asserita commemorazione del concepimentomiracoloso del nostro Signore nel seno della Vergine, ilgiorno in cui l'angelo fu inviato ad annunciarle il distintivoonore che le era attribuito quale madre del Messia. Ma chiavrebbe detto quando tale annunciazione ebbe luogo? LeScritture non danno alcun indizio concernente il tempo, maciò non è rilevante. Prima che il nostro Signore fosseconcepito o nascesse, quello stesso giorno, adesso indicatonel calendario papista come "Annunciazione dellaVergine", era osservato nella Roma pagana in onore di

Cibele, la Madre del Messia Babilonese. Ora è noto che l'Annunciazione e ilNatale sono in intima relazione l'uno con l'altro. Fra il 25 marzo e il 25 dicembrevi sono esattamente nove mesi. Se, quindi, il falso Messia fu concepito in marzoe nacque in dicembre può alcuno, anche per un momento, credere che ilconcepimento e la nascita del vero Messia possa essere stata esattamente

sincronizzata non solo col mese, ma col giorno? La cosa è incredibile.L'Annunciazione e il Natale sono puramente di derivazione Babilonese.

SEZIONE IIPASQUA

Adesso rivolgiamoci alla Pasqua. Cosa vuol dire lo stesso termine Pasqua? Nonè un nome cristiano. Porta sulla fronte la sua origine caldea. Pasqua (Easter) nonè altri che Astarte, uno dei titoli di Beltis, la regina del cielo il cui nome, com'erapronunciato dagli abitanti di Ninive, era evidentemente identico alla pronunciache è d'uso comune nei paesi anglosassoni. Tale nome, trovato da Layard suimonumenti assiri è Ishtar. L'adorazione di Bel e Astarte fu introdotta inBritannia molto tempo fa, assieme ai Druidi, i "sacerdoti dei boschi". Alcunihanno immaginato che l'adorazione dei Druidi fosse stata dal principiointrodotta dai Fenici che, secoli prima dell'era cristiana, trafficavano con leminiere di stagno di Cornwall. Ma le tracce inequivocabili di quell'adorazione siritrovano nelle regioni delle isole Britanniche dove i Fenici non penetrarono maied essa ha lasciato ovunque segni indelebili della forte presa che essa dovetteesercitare sulle menti dei primi Britanni. Da Bel il primo di maggio è ncorachiamato Beltane nell'almanacco ci sono ancora abitudini che si protraggono atutt'oggi, il che prova quanto accuratamente sia stata osservata l'adorazione diBel o Moloc (poiché entrambi i nomi appartengono allo stesso dio) e sia stataosservata anche nelle parti più settentrionali della Britannia. "La defunta LadyBaird, di Fern Tower, nel Pertshire", dice uno scrittore in "Annotazioni edomande", molto dotta nelle antichità britanniche, "mi ha raccontato che ognianno a Beltane (o primo maggio), un certo numero di uomini e donne siriunivano presso un antico cerchio di pietre druidiche sulla sua tenuta neidintorni di Crieff. Accendevano un fuoco al centro e ciascuna persona ponevaun pezzetto di dolce d'avena in un berretto da pastore; tutti si sedevano e allacieca estraevano un pezzo dal cappello. Uno dei pezzi era stato anticipatamentescurito e chiunque lo avesse preso doveva saltare intorno al fuoco al centro delcerchio e pagare un pegno". Questo è in realtà parte dell'antica adorazione diBaal e la persona prescelta dalla sorte anticamente era arsa in sacrificio. Quindiil passare attraverso il fuoco è la sua controparte e il pagamento del pegnoredime la vittima. Se Baal era così adorato non sarà difficile immaginare chepure la sua consorte Astarte fosse adorata e da Astarte, il cui nome a Ninive eraIshtar, le solennità religiose di aprile oggi in Britannia sono chiamate col nomedi Easter. La festa di cui leggiamo nella storia della chiesa col nome di Easternel terzo o quarto secolo, era una festa completamente diversa da quella che èadesso osservata nella chiesa romana e a quel tempo non era nota col nome diEaster. Era chiamata Pascha o Pasqua e, sebbene non fosse di istituzioneapostolica, fu primitivamente osservata da molti professanti cristiani incommemorazione della morte e risurrezione di Cristo. Tale festaoriginariamente si celebrava al tempo della Pasqua giudaica, quando Cristo fuucciso, un periodo che, ai giorni di Tertulliano, alla fine del secondo secolo, sicredeva cadesse il 23 marzo. Quella festa non era idolatra e non era precedutadalla Quaresima. "E ben noto", dice Cassiano il monaco di Marsiglia che scrivenel quinto secolo e che fece un paragone fra la chiesa primitiva e quella dei suoigiorni, "che l'osservanza dei quaranta giorni non esisteva, fino a quando non fuviolata la perfezione della chiesa primitiva". Da dove provenne, quindi, tale

II dio egiziano Sebcon il suo simbolo

l'oca, sacra ocaofferta insacrificio.

Anatra simbolo diCupido in Asia M.E del Dio Seb inEgitto

Page 74: Libro Due Babilonie

74 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 74L e D u e B a b i l o n i eosservanza? Ebbe origine direttamente dagli adoratori della dea babilonese. Talequaresima di quaranta giorni "nella primavera dell'anno" è ancora osservatadagli lazidi o pagani adoratori del diavolo del Kurdistan, che l'hanno ereditatadai loro antichi padroni, i babilonesi. La stessa tradizione l'avevano i paganimessicani, come leggiamo in Humboldt, dove egli narra le osservanze deimessicani: "Tre giorni dopo l'equinozio invernale... iniziava un digiuno solennedi quaranta giorni in onore del sole". Una simile quaresima di quaranta giorni,era osservata in Egitto, come possiamo vedere consultando gli “Egiziani” diWilkinson e come narra Landseer nelle sue "Ricerche sui Sabei” era tenutaespressamente in commemorazione di Adone o Osiride il grande dio mediatore.Allo stesso tempo sembra che il ratto di Proserpina sia stato commemorato allastessa maniera, poiché Giulio Firmico ci informa che per "quaranta notti"continuava il lamento per Proserpina, e da Arnobio apprendiamo che il digiunoosservato dai pagani, chiamato il digiuno "Casto" o "sacro" fu, a sua volta,ritenuto dai cristiani come un'imitazione primariamente del lungo digiuno diCerere quando per molti giorni essa rifiutò determinatamente di mangiare amotivo della sua "profonda tristezza", per la perdita di sua figlia Proserpina,rapita da Fiutone, il dio degli inferi. Come le storie di Bacco o Adone eProserpina, sebbene originariamente distinte, si fondessero o adattassero l'unaall'altra, così che Bacco fu chiamato Libero e sua moglie Arianna, Libera (cheera uno dei nomi di Proserpina), così è possibile che i quaranta giorni di digiunodella Quaresima in tempi successivi siano stati un preliminare indispensabilealla grande festa annuale in commemorazione della morte di Tammuz e dellasua risurrezione che era celebrata alternando pianti ad allegrezza e che in moltipaesi fu considerevolmente precedente alla festa cristiana, essendo osservata ingiugno in Palestina e Assiria; in Egitto verso la metà di maggio e in GranBretagna alcune volte in aprile. Per conciliare i pagani con il cristianesimonominale, Roma seguì la sua abituale politica prendendo disposizioni peramalgamare le feste cristiane con quelle pagane e, mediante un complicato maabile aggiustamento del calendario, non fu una cosa difficile in generale unire ilpaganesimo e cristianesimo, adesso profondamente radicato nell'idolatria inquesto come in molte altre cose e far sì che si stringessero la mano.Lo strumento per compiere questa fusione fu l'abate Dionigi il Piccolo, a cuisiamo debitori come hanno dimostrato i moderni cronologi, del fatto che la datadell'era cristiana o della nascita stessa di Cristo, fu spostata di QUATTRO ANNI daquella reale. Se ciò fu fatto per ignoranza o di proposito è opinabile, ma sembranon ci sia alcun dubbio sul fatto che la nascita del Signore Gesù fosse spostatadi quattro anni da quella vera. Questo cambiamento riguardo alla Pasqua fuaccompagnato da gravi conseguenze. Esso introdusse nella chiesa la più grandecorruzione e la massima superstizione in relazione all'astinenza quaresimale.Chiunque lo desideri potrà leggere le atrocità che erano commemorate durante i"digiuni sacri" o Quaresima Pagana e descritte da Arnobio e ClementeAlessandrino e certamente arrossirà per il cristianesimo di coloro che, con lapiena conoscenza di tali abominazioni, "venivano dall'Egitto per aiutare lalanguida devozione della chiesa degenerata e che non trovavano nessun modomigliore per "rivitalizzarla" che quello di attingere da una fonte così corrotta".Quei cristiani non pensarono affatto che introdurre l'astinenza pagana dellaQuaresima fosse qualcosa di male: ciò mostra quanto fossero caduti in basso econdusse inevitabilmente a una degradazione più profonda. Originariamente,

anche a Roma la Quaresima, insieme alla baldoria del Carnevale, era del tuttosconosciuta e anche quando i digiuni precedenti la Pasqua cristianacominciarono ad essere considerati necessari, i passi che furono fatti perconformarsi al paganesimo, per tale aspetto, furono molto lenti. Quanto potessedurare il periodo del digiuno nella chiesa romana prima del Concilio di Niceanon appare molto chiaro, ma per un periodo considerevole dopo quel concilioabbiamo la chiara evidenza che non superasse le tre settimane. Le parole diSocrate, che scrisse su quest'argomento verso il 450 A.D., sono queste: "Coloroche abitano la principesca città di Roma digiunano insieme prima della Pasquaper tré settimane eccetto il Sabato e il giorno del Signore". Ma infine, quandocominciò a guadagnare terreno l'adorazione di Astarte, furono fatti dei passi perrendere l'intera Quaresima caldea di sei settimane o quaranta giorni imperativain tutto l'impero romano occdentale. A ciò preparò la via un concilio tenuto adAurelia al tempo di Ormida, Vescovo di Roma, verso il 519 che decretò che laQuaresima doveva essere osservata solennemente prima della Pasqua. Fu fattoindubbiamente allo scopo di stabilire tale decreto che pochi giorni dopo ilcalendario fu riaggiustato da Dionisio. Verso la fine del sesto secolo fu fatto ilprimo decisivo tentativo di rafforzare l'osservanza del nuovo calendario. Ma ciòin Britannia incontrò una decisa resistenza. La differenza che intercorreva, inquanto al tempo fra la Pasqua cristiana, osservata in Britannia dai cristiani localie la Pasqua pagana sostenuta da Roma, era di un intero mese e fu solo con laviolenza e lo spargimento di sangue in ultimo che la festività della deaanglosassone e caldea sopraffece quella che era stata osservata in onore diCristo. Questa è la storia della Pasqua. Osservanze popolari che ancoraaccompagnano il periodo delle sue celebrazioni confermano ampiamente latestimonianza della storia riguardo al suo carattere babilonese. Le focacce caldecon il segno della croce del venerdì santo e le uova colorate della domenica diPasqua, figuravano nei riti caldei proprio come vi figurano ora. Le focacceconosciute pure con lo stesso nome erano usate nell'adorazione della regina deicieli, la dea Easter, come lo erano anticamente ai giorni di Cecrope, il fondatoredi Atene, cioè 1500 anni prima dell'era cristiana. "Una specie di pane sacro",dice Byrant, "che si usava offrire agli dèi, era molto antico ed era chiamatoBoun1. Diofene Laerzio parlando di queste offerte fatte da Empedocle, descrivei principali ingredienti di cui era composto, dicendo: "Egli offriva uno dei dolcisacri chiamato boun che era fatto di farina raffinata e di miele". Il profetaGeremia ci informa di questa sorta di offerte quando dice: "I figli raccolgono lalegna e i padri accendono il fuoco e le mogli intridono le paste per fare torte disacrificio alla "regina dei cielì". Le focacce calde col segno della croce adessonon sono offerte ma mangiate durante la festa di Astarte, comunque ciò nonlascia dubbio riguardo alla loro origine. L'origine dell'uovo di Pasqua èsimilmente chiara. Gli antichi Druidi foravano un uovo come emblema sacro delloro ordine. Nelle dionisiache o nei misteri di Bacco, celebrati ad Atene, unaparte delle cerimonie notturne consisteva nella consacrazione di un uovo. Leleggende indù celebrano il loro uovo del mondo colorandolo in oro. I giapponesilo coloravano come l'ottone. In Cina tutt'oggi, le uova colorate sono usate nellefeste come nei nostri paesi. Nei tempi antichi le uova erano usate nei ritireligiosi dei greci e degli egiziani ed erano mangiate per scopi mistici nei lorotempli. Dall'Egitto queste uova sacre si possono chiaramente rintracciare sullerive dell'Eufrate. I poeti classici abbondano di leggende sul mistico uovo

135 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 135L e D u e B a b i l o n i eLicinio, l'imperatore pagano che prima di unirsi in battaglia a Costantino, suorivale, convocò un concilio di suoi amici in un fitto bosco e ivi offrì sacrifici aisuoi dèi accendendo ceri dinanzi a loro, e allo stesso tempo, nel suo discorso,fece loro capire che se non gli avessero dato la vittoria contro Costantino, suonemico, egli sarebbe stato costretto ad abbandonare la loro adorazione e nonavrebbe più acceso "candele in loro onore". Nelle processioni pagane di Roma,inoltre, erano ampiamente usati i ceri. "In queste solennità" dice il dott. Middle-ton, riferendosi ad Apuleio come sua fonte, "il principale magistrato era usofrequentemente d'assistervi in abiti da cerimonia, accompagnato da preti con laloro cotta, con candele di cera in mano, portando in processione le immagini deiloro dèi vestiti dei loro abiti migliori; le processioni in onore degli dei la cuifesta essi celebravano erano di solito seguite dai preminenti giovani del luogo,con abiti o cotte di lino bianco, i quali cantavano inni, accompagnati da folle diogni sorta che erano iniziate alla stessa religione, tutte con torce o candele dicera in mano". Ora, tale abitudine di illuminare a giorno le processioni con lam-pade e candele era così squisitamente ed esclusivamente pagana, che gli scrittoricristiani, come Lattanzio, nel quarto secolo, ne esposero l'assurdità deridendo iRomani "che accendevano candele a Dio come se egli vivesse nelle tenebre". Setale abitudine avesse già a quel tempo guadagnato terreno fra i cristiani, Lattan-zio non l'avrebbe messa in ridicolo come fece, in quanto pratica caratteristica delpaganesimo. Ma ciò che era sconosciuto alla chiesa cristiana al principio delquarto secolo, ben presto cominciò a crescere, e adesso costituisce una dellecaratteristiche più significative di quella comunità che si vanta d'essere la"Madre e Signora di tutte le chiese". Mentre Roma usa sia lampade che candelenei suoi riti sacri, è evidente, comunque, che essa attribuisce certe virtù premi-nenti a queste ultime più che a tutte le altre. Sin dal tempo del Concilio di Tren-to essa ha così pregato la notte di Pasqua, durante la benedizione delle candele:"Invocandoti in questa santa notte di Pasqua, offriamo con la massima umiltàalla tua maestà questo sacrificio; cioè un fuoco non contaminato col grasso dellacarne, ne inquinato con olio o unzione empia; ne ottenuto da fuoco profano; mal'offriamo a te con l'obbedienza che procede da una perfetta devozione, un fuocodi cera e lucignolo, acceso e fatto ardere in onore del tuo nome. Questo Misterocosì grande perciò, e il meraviglioso sacramento di questa notte santa, dev'essereesaltato con appropriate e giuste lodi". Che vi fosse qualche occulto "Mistero"com'è qui dichiarato, adombrato nelle "candele di cera" nell'originale sistemadell'idolatria da cui Roma ha tratto i suoi riti, può ben essere creduto, quando siosserva con quale unanimità, le nazioni più remote, hanno introdotto l'uso dellecandele di cera nei loro riti sacri. Fra i Tungusi, presso il lago Baikal, in Siberia,“candele di cera sono poste davanti ai Burcans" gli dèi o idoli di quel paese.Nelle isole Molucche, le candele di cera vengono usate nell'adorazione di Nito,il diavolo che è adorato da questi isolani. "Venti o trenta persone si radunano"dice Hurd, "invocano il Nito, battendo un piccolo timpano consacrato, mentredue o più della compagnia accendono le candele e pronunciano alcune parolemisteriose, che essi considerano capaci di scongiurarlo". Nell'adorazione di Ce-ylon, l'uso delle candele di cera è un requisito indispensabile. "A Ceylon" dicelo stesso autore, "si erigono delle cappelle, ma in ciascuna di esse sono obbligatia tenere un'immagine di Budda, e la illuminano con candele o ceri, adornandoladi fiori". Una pratica così diffusa deve essersi sviluppata da alcune fonti origina-rie alla base delle quali dev'esservi stata originariamente una motivazione reli-

giosa. La candela di cera era infatti un geroglifico, come tante altre cose cheabbiamo visto, ed il suo scopo era quello di esaltare il dio babilonese in uno deisuoi aspetti caratteristici, quello di grande mediatore. Il lettore dei classici puòrammentare che uno degli dèi della remota antichità era chiamato Urano1 , cioè"L'illuminatore". E così era adorato Nimrod dopo la sua deificazione.Quale dio-sole egli era considerato non solo come l'illuminatore delle animedegli uomini, poiché era conosciuto come il rivelatore della "bontà e verità". Èevidente, dal Vecchio Testamento, non meno che dal Nuovo, che il nome pro-prio e personale del nostro Signore Gesù Cristo è, "La Parola di Dio" in quantoRivelatore del cuore e del consiglio della divinità. Questo quindi identifica ildio-sole con il grande rivelatore delle divinità mentre, con il nome di Mitra, eraraffigurato nelle sculture come un leone con un'ape fra le lab-bra (Fig. 42). Tale insetto fra le labbra del dio-sole aveva loscopo di esaltarne la funzione di "Parola"; poiché Dabar, l'e-spressione che in caldeo significa "ape" vuol dire anche"parola" e la posizione di quell'ape nella sua bocca non lasciaalcun dubbio sul significato che vuole trasmettere. Essa inten-deva imprimere la credenza che Mitra (il quale, dice Plutarco,era adorato come Mesistes, il "Mediatore"), sotto la veste diUrano "L'illuminatore" non era altri che il glorioso di cui l'e-vangelista dice "Nel Principio era la Parola, e la Parola eracon Dio, e la Parola era Dio... In lui era la vita; e la vita era la"LUCE DEGLI UOMINI". Il Signore Gesù Cristo era sempre stato il rivelatore delladivinità, e come tale dev'essere stato conosciuto dai Patriarchi; poiché lo stessoevangelista dice "nessun uomo ha in alcun tempo veduto Dio: l'Unigenito Figlio,che è nel seno del Padre, lo ha spiegato", cioè lo ha rivelato. Prima che arrivasseil Salvatore gli antichi Giudei parlavano comunemente del Messia, o del Figliodi Dio come del Dabar, o la "Parola". Ciò appare da una considerazione di ciòche è dichiarato nel III" capitolo di I Samuele. Nel primo versetto di tale capito-lo è detto: "La parola del Signore era divenuta rara in quei giorni; non apparivanessuna visione", infatti a causa del peccato di Eli, il Signore non si era per lun-go tempo rivelato in visione a lui. Quando il Signore chiamò Samuele, tale"visione" del Dio d'Israele fu restaurata (sebbene non per Eli), poiché è dettonell'ultimo versetto (21), "E il Signore APPARIVA di nuovo a Silo, poiché il Si-gnore si rivelò a Samuele mediante la Parola del Signore". Sebbene il Signoreparli a Samuele, tale linguaggio implica più che parlare, poiché è detto "II Si-gnore apparve" cioè fu visto. Quando il Signore si rivelò o fu visto da Samuele,è detto che lo facesse in qualità di "(Dabar) la Parola del Signore". La "Paroladel Signore" per essere stata visibile, dev'essere stata la personale "Parola diDio", cioè, Cristo. Questo dev'essere stato evidentemente un nome primitivo colquale era conosciuto; e Platone parla della seconda persona della sua Trinitàchiamandola Logos che non è altri che la traduzione di "Dabar", o la "Parola".Ora la luce delle candele di cera, in quanto luce dal Dabar "l'Ape" era considera-ta come un sostituto della luce del Dabar, "la Parola". Così gli apostati si volserodalla "Vera luce", e vi posero un'ombra al suo posto. Che le cose avessero avutoluogo in tal modo è chiaro; poiché, dice Crabb, parlando di Saturno "sui suoialtari erano poste candele accese, poiché da Saturno gli uomini furono portatidalle tenebre dell'errore alla luce della verità". Nella Grecia asiatica il dio babi-lonese era evidentemente conosciuto come la "Parola" datrice di luce, poiché ivi

Mitra, raffigura-to come un iconecon un'ape tra lelabbra.

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134 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 134L e D u e B a b i l o n i eLicinio, l'imperatore pagano che prima di unirsi in battaglia a Costantino, suorivale, convocò un concilio di suoi amici in un fitto bosco e ivi offrì sacrifici aisuoi dèi accendendo ceri dinanzi a loro, e allo stesso tempo, nel suo discorso,fece loro capire che se non gli avessero dato la vittoria contro Costantino, suonemico, egli sarebbe stato costretto ad abbandonare la loro adorazione e nonavrebbe più acceso "candele in loro onore". Nelle processioni pagane di Roma,inoltre, erano ampiamente usati i ceri. "In queste solennità" dice il dott. Middle-ton, riferendosi ad Apuleio come sua fonte, "il principale magistrato era usofrequentemente d'assistervi in abiti da cerimonia, accompagnato da preti con laloro cotta, con candele di cera in mano, portando in processione le immagini deiloro dèi vestiti dei loro abiti migliori; le processioni in onore degli dei la cuifesta essi celebravano erano di solito seguite dai preminenti giovani del luogo,con abiti o cotte di lino bianco, i quali cantavano inni, accompagnati da folle diogni sorta che erano iniziate alla stessa religione, tutte con torce o candele dicera in mano". Ora, tale abitudine di illuminare a giorno le processioni con lam-pade e candele era così squisitamente ed esclusivamente pagana, che gli scrittoricristiani, come Lattanzio, nel quarto secolo, ne esposero l'assurdità deridendo iRomani "che accendevano candele a Dio come se egli vivesse nelle tenebre". Setale abitudine avesse già a quel tempo guadagnato terreno fra i cristiani, Lattan-zio non l'avrebbe messa in ridicolo come fece, in quanto pratica caratteristica delpaganesimo. Ma ciò che era sconosciuto alla chiesa cristiana al principio delquarto secolo, ben presto cominciò a crescere, e adesso costituisce una dellecaratteristiche più significative di quella comunità che si vanta d'essere la"Madre e Signora di tutte le chiese". Mentre Roma usa sia lampade che candelenei suoi riti sacri, è evidente, comunque, che essa attribuisce certe virtù premi-nenti a queste ultime più che a tutte le altre. Sin dal tempo del Concilio di Tren-to essa ha così pregato la notte di Pasqua, durante la benedizione delle candele:"Invocandoti in questa santa notte di Pasqua, offriamo con la massima umiltàalla tua maestà questo sacrificio; cioè un fuoco non contaminato col grasso dellacarne, ne inquinato con olio o unzione empia; ne ottenuto da fuoco profano; mal'offriamo a te con l'obbedienza che procede da una perfetta devozione, un fuocodi cera e lucignolo, acceso e fatto ardere in onore del tuo nome. Questo Misterocosì grande perciò, e il meraviglioso sacramento di questa notte santa, dev'essereesaltato con appropriate e giuste lodi". Che vi fosse qualche occulto "Mistero"com'è qui dichiarato, adombrato nelle "candele di cera" nell'originale sistemadell'idolatria da cui Roma ha tratto i suoi riti, può ben essere creduto, quando siosserva con quale unanimità, le nazioni più remote, hanno introdotto l'uso dellecandele di cera nei loro riti sacri. Fra i Tungusi, presso il lago Baikal, in Siberia,“candele di cera sono poste davanti ai Burcans" gli dèi o idoli di quel paese.Nelle isole Molucche, le candele di cera vengono usate nell'adorazione di Nito,il diavolo che è adorato da questi isolani. "Venti o trenta persone si radunano"dice Hurd, "invocano il Nito, battendo un piccolo timpano consacrato, mentredue o più della compagnia accendono le candele e pronunciano alcune parolemisteriose, che essi considerano capaci di scongiurarlo". Nell'adorazione di Ce-ylon, l'uso delle candele di cera è un requisito indispensabile. "A Ceylon" dicelo stesso autore, "si erigono delle cappelle, ma in ciascuna di esse sono obbligatia tenere un'immagine di Budda, e la illuminano con candele o ceri, adornandoladi fiori". Una pratica così diffusa deve essersi sviluppata da alcune fonti origina-rie alla base delle quali dev'esservi stata originariamente una motivazione reli-

giosa. La candela di cera era infatti un geroglifico, come tante altre cose cheabbiamo visto, ed il suo scopo era quello di esaltare il dio babilonese in uno deisuoi aspetti caratteristici, quello di grande mediatore. Il lettore dei classici puòrammentare che uno degli dèi della remota antichità era chiamato Urano1 , cioè"L'illuminatore". E così era adorato Nimrod dopo la sua deificazione.Quale dio-sole egli era considerato non solo come l'illuminatore delle animedegli uomini, poiché era conosciuto come il rivelatore della "bontà e verità". Èevidente, dal Vecchio Testamento, non meno che dal Nuovo, che il nome pro-prio e personale del nostro Signore Gesù Cristo è, "La Parola di Dio" in quantoRivelatore del cuore e del consiglio della divinità. Questo quindi identifica ildio-sole con il grande rivelatore delle divinità mentre, con il nome di Mitra, eraraffigurato nelle sculture come un leone con un'ape fra le lab-bra (Fig. 42). Tale insetto fra le labbra del dio-sole aveva loscopo di esaltarne la funzione di "Parola"; poiché Dabar, l'e-spressione che in caldeo significa "ape" vuol dire anche"parola" e la posizione di quell'ape nella sua bocca non lasciaalcun dubbio sul significato che vuole trasmettere. Essa inten-deva imprimere la credenza che Mitra (il quale, dice Plutarco,era adorato come Mesistes, il "Mediatore"), sotto la veste diUrano "L'illuminatore" non era altri che il glorioso di cui l'e-vangelista dice "Nel Principio era la Parola, e la Parola eracon Dio, e la Parola era Dio... In lui era la vita; e la vita era la"LUCE DEGLI UOMINI". Il Signore Gesù Cristo era sempre stato il rivelatore delladivinità, e come tale dev'essere stato conosciuto dai Patriarchi; poiché lo stessoevangelista dice "nessun uomo ha in alcun tempo veduto Dio: l'Unigenito Figlio,che è nel seno del Padre, lo ha spiegato", cioè lo ha rivelato. Prima che arrivasseil Salvatore gli antichi Giudei parlavano comunemente del Messia, o del Figliodi Dio come del Dabar, o la "Parola". Ciò appare da una considerazione di ciòche è dichiarato nel III" capitolo di I Samuele. Nel primo versetto di tale capito-lo è detto: "La parola del Signore era divenuta rara in quei giorni; non apparivanessuna visione", infatti a causa del peccato di Eli, il Signore non si era per lun-go tempo rivelato in visione a lui. Quando il Signore chiamò Samuele, tale"visione" del Dio d'Israele fu restaurata (sebbene non per Eli), poiché è dettonell'ultimo versetto (21), "E il Signore APPARIVA di nuovo a Silo, poiché il Si-gnore si rivelò a Samuele mediante la Parola del Signore". Sebbene il Signoreparli a Samuele, tale linguaggio implica più che parlare, poiché è detto "II Si-gnore apparve" cioè fu visto. Quando il Signore si rivelò o fu visto da Samuele,è detto che lo facesse in qualità di "(Dabar) la Parola del Signore". La "Paroladel Signore" per essere stata visibile, dev'essere stata la personale "Parola diDio", cioè, Cristo. Questo dev'essere stato evidentemente un nome primitivo colquale era conosciuto; e Platone parla della seconda persona della sua Trinitàchiamandola Logos che non è altri che la traduzione di "Dabar", o la "Parola".Ora la luce delle candele di cera, in quanto luce dal Dabar "l'Ape" era considera-ta come un sostituto della luce del Dabar, "la Parola". Così gli apostati si volserodalla "Vera luce", e vi posero un'ombra al suo posto. Che le cose avessero avutoluogo in tal modo è chiaro; poiché, dice Crabb, parlando di Saturno "sui suoialtari erano poste candele accese, poiché da Saturno gli uomini furono portatidalle tenebre dell'errore alla luce della verità". Nella Grecia asiatica il dio babi-lonese era evidentemente conosciuto come la "Parola" datrice di luce, poiché ivi

Mitra, raffigura-to come un iconecon un'ape tra lelabbra.

75 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 75L e D u e B a b i l o n i eosservanza? Ebbe origine direttamente dagli adoratori della dea babilonese. Talequaresima di quaranta giorni "nella primavera dell'anno" è ancora osservatadagli lazidi o pagani adoratori del diavolo del Kurdistan, che l'hanno ereditatadai loro antichi padroni, i babilonesi. La stessa tradizione l'avevano i paganimessicani, come leggiamo in Humboldt, dove egli narra le osservanze deimessicani: "Tre giorni dopo l'equinozio invernale... iniziava un digiuno solennedi quaranta giorni in onore del sole". Una simile quaresima di quaranta giorni,era osservata in Egitto, come possiamo vedere consultando gli “Egiziani” diWilkinson e come narra Landseer nelle sue "Ricerche sui Sabei” era tenutaespressamente in commemorazione di Adone o Osiride il grande dio mediatore.Allo stesso tempo sembra che il ratto di Proserpina sia stato commemorato allastessa maniera, poiché Giulio Firmico ci informa che per "quaranta notti"continuava il lamento per Proserpina, e da Arnobio apprendiamo che il digiunoosservato dai pagani, chiamato il digiuno "Casto" o "sacro" fu, a sua volta,ritenuto dai cristiani come un'imitazione primariamente del lungo digiuno diCerere quando per molti giorni essa rifiutò determinatamente di mangiare amotivo della sua "profonda tristezza", per la perdita di sua figlia Proserpina,rapita da Fiutone, il dio degli inferi. Come le storie di Bacco o Adone eProserpina, sebbene originariamente distinte, si fondessero o adattassero l'unaall'altra, così che Bacco fu chiamato Libero e sua moglie Arianna, Libera (cheera uno dei nomi di Proserpina), così è possibile che i quaranta giorni di digiunodella Quaresima in tempi successivi siano stati un preliminare indispensabilealla grande festa annuale in commemorazione della morte di Tammuz e dellasua risurrezione che era celebrata alternando pianti ad allegrezza e che in moltipaesi fu considerevolmente precedente alla festa cristiana, essendo osservata ingiugno in Palestina e Assiria; in Egitto verso la metà di maggio e in GranBretagna alcune volte in aprile. Per conciliare i pagani con il cristianesimonominale, Roma seguì la sua abituale politica prendendo disposizioni peramalgamare le feste cristiane con quelle pagane e, mediante un complicato maabile aggiustamento del calendario, non fu una cosa difficile in generale unire ilpaganesimo e cristianesimo, adesso profondamente radicato nell'idolatria inquesto come in molte altre cose e far sì che si stringessero la mano.Lo strumento per compiere questa fusione fu l'abate Dionigi il Piccolo, a cuisiamo debitori come hanno dimostrato i moderni cronologi, del fatto che la datadell'era cristiana o della nascita stessa di Cristo, fu spostata di QUATTRO ANNI daquella reale. Se ciò fu fatto per ignoranza o di proposito è opinabile, ma sembranon ci sia alcun dubbio sul fatto che la nascita del Signore Gesù fosse spostatadi quattro anni da quella vera. Questo cambiamento riguardo alla Pasqua fuaccompagnato da gravi conseguenze. Esso introdusse nella chiesa la più grandecorruzione e la massima superstizione in relazione all'astinenza quaresimale.Chiunque lo desideri potrà leggere le atrocità che erano commemorate durante i"digiuni sacri" o Quaresima Pagana e descritte da Arnobio e ClementeAlessandrino e certamente arrossirà per il cristianesimo di coloro che, con lapiena conoscenza di tali abominazioni, "venivano dall'Egitto per aiutare lalanguida devozione della chiesa degenerata e che non trovavano nessun modomigliore per "rivitalizzarla" che quello di attingere da una fonte così corrotta".Quei cristiani non pensarono affatto che introdurre l'astinenza pagana dellaQuaresima fosse qualcosa di male: ciò mostra quanto fossero caduti in basso econdusse inevitabilmente a una degradazione più profonda. Originariamente,

anche a Roma la Quaresima, insieme alla baldoria del Carnevale, era del tuttosconosciuta e anche quando i digiuni precedenti la Pasqua cristianacominciarono ad essere considerati necessari, i passi che furono fatti perconformarsi al paganesimo, per tale aspetto, furono molto lenti. Quanto potessedurare il periodo del digiuno nella chiesa romana prima del Concilio di Niceanon appare molto chiaro, ma per un periodo considerevole dopo quel concilioabbiamo la chiara evidenza che non superasse le tre settimane. Le parole diSocrate, che scrisse su quest'argomento verso il 450 A.D., sono queste: "Coloroche abitano la principesca città di Roma digiunano insieme prima della Pasquaper tré settimane eccetto il Sabato e il giorno del Signore". Ma infine, quandocominciò a guadagnare terreno l'adorazione di Astarte, furono fatti dei passi perrendere l'intera Quaresima caldea di sei settimane o quaranta giorni imperativain tutto l'impero romano occdentale. A ciò preparò la via un concilio tenuto adAurelia al tempo di Ormida, Vescovo di Roma, verso il 519 che decretò che laQuaresima doveva essere osservata solennemente prima della Pasqua. Fu fattoindubbiamente allo scopo di stabilire tale decreto che pochi giorni dopo ilcalendario fu riaggiustato da Dionisio. Verso la fine del sesto secolo fu fatto ilprimo decisivo tentativo di rafforzare l'osservanza del nuovo calendario. Ma ciòin Britannia incontrò una decisa resistenza. La differenza che intercorreva, inquanto al tempo fra la Pasqua cristiana, osservata in Britannia dai cristiani localie la Pasqua pagana sostenuta da Roma, era di un intero mese e fu solo con laviolenza e lo spargimento di sangue in ultimo che la festività della deaanglosassone e caldea sopraffece quella che era stata osservata in onore diCristo. Questa è la storia della Pasqua. Osservanze popolari che ancoraaccompagnano il periodo delle sue celebrazioni confermano ampiamente latestimonianza della storia riguardo al suo carattere babilonese. Le focacce caldecon il segno della croce del venerdì santo e le uova colorate della domenica diPasqua, figuravano nei riti caldei proprio come vi figurano ora. Le focacceconosciute pure con lo stesso nome erano usate nell'adorazione della regina deicieli, la dea Easter, come lo erano anticamente ai giorni di Cecrope, il fondatoredi Atene, cioè 1500 anni prima dell'era cristiana. "Una specie di pane sacro",dice Byrant, "che si usava offrire agli dèi, era molto antico ed era chiamatoBoun1. Diofene Laerzio parlando di queste offerte fatte da Empedocle, descrivei principali ingredienti di cui era composto, dicendo: "Egli offriva uno dei dolcisacri chiamato boun che era fatto di farina raffinata e di miele". Il profetaGeremia ci informa di questa sorta di offerte quando dice: "I figli raccolgono lalegna e i padri accendono il fuoco e le mogli intridono le paste per fare torte disacrificio alla "regina dei cielì". Le focacce calde col segno della croce adessonon sono offerte ma mangiate durante la festa di Astarte, comunque ciò nonlascia dubbio riguardo alla loro origine. L'origine dell'uovo di Pasqua èsimilmente chiara. Gli antichi Druidi foravano un uovo come emblema sacro delloro ordine. Nelle dionisiache o nei misteri di Bacco, celebrati ad Atene, unaparte delle cerimonie notturne consisteva nella consacrazione di un uovo. Leleggende indù celebrano il loro uovo del mondo colorandolo in oro. I giapponesilo coloravano come l'ottone. In Cina tutt'oggi, le uova colorate sono usate nellefeste come nei nostri paesi. Nei tempi antichi le uova erano usate nei ritireligiosi dei greci e degli egiziani ed erano mangiate per scopi mistici nei lorotempli. Dall'Egitto queste uova sacre si possono chiaramente rintracciare sullerive dell'Eufrate. I poeti classici abbondano di leggende sul mistico uovo

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76 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 76L e D u e B a b i l o n i ebabilonese e le loro storie sono narrate da Igino l'Egiziano, il bibliotecario dellabiblioteca palatina in Roma al tempo di Augusto che era specializzato in tutto ilsapere del suo paese nativo: "Si narra che un uovo di enormi dimensioni cadessedal cielo nell'Eufrate. I pesci furono scagliati sulle rive. Le colombe che sitrovavano lì lo covarono e da esso uscì Venere che successivamente fu chiamatala dea Siriana, cioè Astarte o Easter e a Cipro, una delle sedi scelte perl'adorazione di Venere o Astarte, un uovo di enormi dimensioni erarappresentato su grande scala".Il significato occulto dell'uovo mistico di Astarte, in uno dei suoi aspetti (poichéha un duplice significato), ha riferimento all'arca durante il tempo del diluvio incui era racchiusa l'intera razza umana, come il pulcino è chiuso nell'uovo primache esso sia covato. Se qualcuno dovesse chiedersi come potè entrare nellamente degli uomini tale straordinario simbolo per tale scopo, la risposta è: ilsacro uovo del paganesimo, come già indicato, è conosciuto come l'"uovo delmondo", cioè l'uovo in cui era racchiuso il mondo. Ora il mondo ha duesignificati distinti, esso significa sia la terra materiale che gli abitanti della terra.L'ultimo significato del termine si può vedere in Genesi 11:1. Se quindi ilmondo è considerato chiuso in un uovo e galleggiante sulle acque può nonessere difficile credere che l'uovo che galleggiava sull'ampio mare universalerappresentasse, cioè, la famiglia di Noè che conteneva l'intero mondo nel suoseno.Detto questo possiamo far provenire la parola uovo da arca. "Il nome ebraicoper uovo è Baitz o, al femminile (poiché vi sono entrambi i generi) Baitza.Questo in caldeo e fenicio, diviene Baitho o Baitha2 che in queste lingue è ancheil modo abituale in cui è pronunciata la parola "casa" 3. L'uovo galleggiante sulleacque che conteneva il mondo, era la casa galleggiante sulle acque del diluviocon gli elementi del nuovo mondo nel suo seno. La discesa dell'uovo dal cieloevidentemente si riferisce alla preparazione dell'arca per espresso desiderio diDio e la stessa cosa sembra chiaramente implicata nella storia egiziana dell'uovodel mondo, che si diceva provenisse dalla bocca del grande Dio. La colombache si posa sull'uovo non ha bisogno di spiegazioni. Questo quindi era ilsignificato di uno degli aspetti dell'uovo mistico. Sebbene la deificata reginarappresentata da Astarte non avesse alcuna reale esistenza ancora per alcunisecoli dopo il diluvio, tuttavia mediante la dottrina della metempsicosi, che erafermamente stabilita a Babilonia, fu facile per i suoi adoratori far credere che, inuna precedente incarnazione, essa fosse vissuta nel mondo antidiluviano e nepassasse indenne attraverso le acque del diluvio. Ora la chiesa romana haadottato questo uovo mistico di Astarte e lo ha consacrato quale simbolo dellaresurrezione di Cristo. Fu anche preparata una forma di preghiera in relazione adessa; il Papa Paolo V insegnò ai suoi superstiziosi fedeli tale preghiera pasquale:"Benedici, o Signore, ti supplichiamo, questa tua creatura dell'uovo, che possadivenire l'intero sostentamento per i tuoi servitori, mangiandolo in ricordo delnostro Signore Gesù Cristo, etc.".Oltre all'uovo mistico vi era un altro emblema di Easter, la dea regina diBabilonia, ed esso era il Rimmon o "melagrana". Con il Rimmon o "melagrana"nelle sue mani essa è frequentemente rappresentata nelle antiche medaglie e lacasa di Rimmon, in cui il rè di Damasco adorava, era del tutto simile al tempiodi Astarte dove quella dea era pubblicamente adorata con Rimmon. La"melagrana" è un frutto pieno di semi e su questa base si è supposto che essa

fosse impiegata come un emblema di quel recipiente in cui furono preservati igermi del nuovo mondo, con cui il nuovo mondo doveva essere seminatonuovamente con l'uomo e le bestie quando fosse passata la desolazione deldiluvio. Ma una più attenta investigazione ci fa volgere a una spiegazione deltutto diversa.Astarte o Cibele era anche chiamata Idaia Mater e il sacro monte in Frigia erachiamato monte Ida, cioè in caldeo, il linguaggio di questi misteri, il Montedella Conoscenza. "Idaia Mater" quindi significa "la Madre della conoscenza",in altre parole la nostra madre Eva che per prima bramò la conoscenza del benee del male e in realtà acquisì a un così duro prezzo per se stessa e per tutti i suoifigli. Astarte, come si può doviziosamente mostrare, era adorata non solo comeun'incarnazione dello spirito di Dio, ma anche come la madre del genere umano.Quando, perciò, la madre degli dèi e la madre della conoscenza fu rappresentatacon il frutto del melograno nella sua mano stesa, invitante verso quelli cheascendevano al sacro monte per essere iniziati ai suoi misteri, può esservidubbio su quale fosse il significato di quel frutto? Evidentemente, essodev'essere il frutto dell'albero della conoscenza - il frutto di quel medesimo"Albero, il cui gusto mortale portò la morte nel mondo e tutti i nostri guai"La conoscenza cui i devoti della dea Idanea erano ammessi era precisamentedella stessa sorta di quella che ne derivò a Eva dopo aver mangiato il fruttoproibito, la conoscenza pratica di tutto ciò che era moralmente cattivo emeschino. Tuttavia, nonostante queste caratteristiche, gli uomini consideravanoAstarte come la loro grande benefattrice che acquistava per loro la conoscenza ele benedizioni connesse a tale conoscenza, che altrimenti essi potevano soloinvano pensare di ottenere dal Padre della luce da cui proviene ogni dono buonoe perfetto.Il papismo ispira gli stessi sentimenti riguardo alla regina romana dei cieli einduce i suoi devoti a considerare il peccato di Eva dal punto di vista delpaganesimo. Nel canone della messa, il servizio più solenne del Messaleromano, troviamo la seguente espressione dove è apostrofato il peccato deinostri primogenitori: "O beata culpa, quae talem meruisti redemptorum" (o fallobenedetto, che ci procurasti un Redentore!). L'idea contenuta in queste parole èsquisitamente pagana. Essa si può far risalire a ciò: "Grazie a Èva, al cui peccatosiamo debitori per il glorioso Salvatore". È la medesima idea contenuta negliscritti di Agostino, ma è un'idea diametralmente opposta allo spirito del Vangeloche costituisce il peccato tanto più peccaminoso in quanto è necessario taleriscatto per liberarsi dal suo corso illegale. Agostino era permeato di sentimentipagani e non si liberò mai del tutto da essi. Ed è straordinario che una personatanto buona e illuminata come Merle d'Aubignè non abbia visto il pericolo n taliparole!Poiché Roma coltiva gli stessi sentimenti religiosi del paganesimo così ne haadottato gli stessi simboli quando ne ha avuto l'opportunità. In questo paese, e inmolti altri paesi d'Europa, non cresce il melograno e tuttavia, anche qui alligna,per quanto è possibile, la superstizione ad esso collegata. Invece del melograno,però, è impiegato l'arancio e così i papisti scozzesi uniscono le arance alle lorouova pasquali, e così pure, quando il vescovo Gilles di Edimburgo si recò annifa alla vanagloriosa cerimonia della lavata dei piedi di dodici straccioniirlandesi, per Pasqua, egli concluse presentando a ciascuno di loro due uova e

133 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 133L e D u e B a b i l o n i edella statua di Cupido, John Beli, critico d'arte di Firenze dice che era un"bambino bello, pieno, rotondetto, in atteggiamento sportivo che gioca con uncuore". Così il dio bambino fu considerato come il "dio del cuore", in altre paro-le come Cupido, il dio dell'amore. Per identificare questa divinità infantile, consuo padre, "il potente cacciatore", egli fu provveduto di "arco e frecce"; e inmano ai poeti, per il diletto del volgo profano, questo sportivo dio-bambino fucelebrato come se trascorresse il tempo a tirare frecce dorate nei cuori del gene-re umano. La sua vera natura, comunque, come mostrano le forti affermazioni, ecome abbiamo visto era molto più antica e del tutto diversa. Egli era il semedella donna. Venere e suo figlio Cupido, quindi, non erano altri che la Madonnae il bambino. Guardando le cose sotto questa luce apparirà la vera forza e il si-gnificato reale del linguaggio che Virgilio pose sulla bocca di Venere, che disseal giovane Cupido:

"figlio, mia forza e mia maggior possanza:figlio che dal gran padre anco non temiL'orribil telo, onde percosso giacque,chi ne die fin nel ciel briga e spavento:A te ricorro, e dal tuo nume aita”

Da ciò che abbiamo già visto in quanto al potere e alla gloria della dea madreedificati interamente sulla natura divina attribuita a suo figlio, il lettore può ve-dere come esattamente si evidenzia, quando il Figlio è chiamato "LA FORZA" disua madre. Il dio-fanciullo, il cui simbolo era il cuore, era riconosciuto come diodell'adolescenza e ciò si accorda in modo appropriato con un'abitudine caratteri-stica dei Romani, Kennett ci dice, nelle sue "Antichità" che i giovani Romani,nell'infanzia, usavano portare un ornamento d'oro attaccato al collo, chiamatobulla, che era vuoto e a forma di cuore. Barker, nella sua opera sulla Ciliciamentre ammette che la bulla romana era a forma di cuore, successivamente di-chiara che "era usuale alla nascita di un bambino chiamarlo col nome di un per-sonaggio divino, che si supponeva lo prendesse sotto la sua protezione ma que-sto nome non doveva essere conservato dopo l'infanzia quando gli veniva toltala bulla". Chi era molto probabilmente il dio sotto la cui custodia erano posti i

bambini romani, quel dio il cui espresso simbolo portavano sot-to l'uno o l'altro dei suoi molti nomi, e chi, mentre era conosciu-to come grande e potente dio di guerra, era anche mostrato nellasua forma prediletta di bambino?La venerazione del "sacro cuore" sembra si sia estesa anche inIndia, poiché lì Visnù, il dio mediatore, in una delle sue forme,con il segno della ferita nel suo piede, in conseguenza della qua-le morì, è rappresentato con un cuore appeso al petto (Fig. 41).Ci si chiede come avvenne che il "Cuore" divenne il simboloriconosciuto del Figlio della grande madre? La risposta è:"cuore" in caldeo si dice "Bel", e poiché dapprincipio, dopo labattuta d'arresto data all'idolatria. quasi tutti i più importantielementi del sistema caldeo furono introdotti sotto il velame,così sotto quel velo continuarono ad essere nascosti allo sguardodei non iniziati, dopo che il motivo principale - quello della pau-ra - aveva cessato di esistere. Ora l'adorazione del "Sacro Cuo-

Visnù, ilmediatore conun cuore appe-

so al petto.

re" non era altro, sotto un simbolo, che l'adorazione del "Sacro Bel", quel poten-te di Babilonia che morì come martire per l'idolatria, poiché Arpocrate o Orus,l'iddio bambino, era considerato come Bel nato di nuovo. La conferma a quantodetto la troviamo nel seguente estratto da Taylor in una delle sue note alla suatraduzione degli "Inni Orfici". "Mentre Bacco", egli dice, "si ammirava in unospecchio, fu miserabilmente fatto a pezzi dai Titani, che, non contenti di talecrudeltà, prima bollirono le sue membra nell'acqua e successivamente le arrosti-rono nel fuoco; ma, mentre mangiavano la sua carne così preparata. Giove di-sturbato dal fumo, e comprendendo la crudeltà di quanto era avvenuto, scagliò ilsuo tuono contro i Titani, e affidò le membra di Bacco ad Apollo, suo fratello,affinchè potesse dovutamente sotterrarle. Dopo che tutto ciò ebbe luogo, Dioni-sio (cioè Bacco), (il cui cuore durante il suo smembramento era stato preso daMinerva e conservato) per mezzo di una nuova RIGENERAZIONE, sorse nuova-mente ed essendo restaurato alla sua vita e integrità precedenti, successivamenteoccupò un posto fra gli dèi". Ciò mostra con sicurezza, sotto una luce impressio-nante, la particolare sacralità del cuore di Bacco; e che la rigenerazione del suocuore aveva lo stesso significato che io gli ho attribuito, cioè la nuova nascita ola nuova incarnazione di Nimrod o Bel. Quando Bel, comunque, nacque nuova-mente come bambino, fu rappresentato come un'incarnazione del sole. Perciò,per indicare la sua relazione con l'ardente e infuocato sole il "sacro cuore" erafrequentemente rappresentato come un "cuore fiammeggiante". Così il "SacroCuore di Roma" è attualmente adorato come un cuore, fiammeggiante, come sipuò vedere dai rosari destinati a tale adorazione.

SEZIONE VLAMPADE (LUMI) E CANDELE DI CERA

Un'altra caratteristica dell'adorazione papale è l'uso dei lumi e candele di cera.Se la madonna e il bambino sono posti in una nicchia, devono avere un lumeche arda dinanzi a loro; se dev'essere celebrata la messa, vi devono essere can-dele che illuminino l'altare; se si deve organizzare una grande processione sononecessarie candele che illuminino lo spettacolo. L'uso di queste lampade e ceriproviene dalla stessa fonte del resto della superstizione papale. Ciò fece sì che il"cuore" quando divenne un simbolo del Figlio incarnato, fosse rappresentatocome un cuore di fuoco, richiese pure che lampade ardenti e candele illuminatefacessero parte dell'adorazione di quel figlio; poiché così, secondo i riti di Zoro-astro, era adorato il dio-sole. Quando ad ogni Egiziano nel corso della stessanotte era richiesto di accendere una lampada davanti alla sua casa all'aperto,questo era un atto di omaggio al sole, che aveva velato la sua gloria assumendouna forma umana. A tutt'oggi, quando gli Yazidi del Curdistan una volta l'annocelebrano la loro festa delle "lampade ardenti", pure quella è in onore dellosceicco Shems o del Sole. Ora, ciò che queste occasioni provvedevano su gran-de scala, era attuato su scala ridotta negli atti individuali di adorazione del lorodio, accendendo lampade e ceri dinanzi alla divinità prediletta. A Babilonia,questa pratica era estremamente diffusa, come apprendiamo dallo scrittore dellibro apocrifo di Baruc. "Essi (i Babilonesi)" dice, "accendevano lampade ai lorodèi, ed in numero più grande di quelle che accendevano per se stessi, sebbenegli dèi non potessero vedere alcuno di loro e siano immoti come le travi delleloro case". Nella Roma pagana era osservata la stessa pratica. Così troviamo

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132 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 132L e D u e B a b i l o n i edella statua di Cupido, John Beli, critico d'arte di Firenze dice che era un"bambino bello, pieno, rotondetto, in atteggiamento sportivo che gioca con uncuore". Così il dio bambino fu considerato come il "dio del cuore", in altre paro-le come Cupido, il dio dell'amore. Per identificare questa divinità infantile, consuo padre, "il potente cacciatore", egli fu provveduto di "arco e frecce"; e inmano ai poeti, per il diletto del volgo profano, questo sportivo dio-bambino fucelebrato come se trascorresse il tempo a tirare frecce dorate nei cuori del gene-re umano. La sua vera natura, comunque, come mostrano le forti affermazioni, ecome abbiamo visto era molto più antica e del tutto diversa. Egli era il semedella donna. Venere e suo figlio Cupido, quindi, non erano altri che la Madonnae il bambino. Guardando le cose sotto questa luce apparirà la vera forza e il si-gnificato reale del linguaggio che Virgilio pose sulla bocca di Venere, che disseal giovane Cupido:

"figlio, mia forza e mia maggior possanza:figlio che dal gran padre anco non temiL'orribil telo, onde percosso giacque,chi ne die fin nel ciel briga e spavento:A te ricorro, e dal tuo nume aita”

Da ciò che abbiamo già visto in quanto al potere e alla gloria della dea madreedificati interamente sulla natura divina attribuita a suo figlio, il lettore può ve-dere come esattamente si evidenzia, quando il Figlio è chiamato "LA FORZA" disua madre. Il dio-fanciullo, il cui simbolo era il cuore, era riconosciuto come diodell'adolescenza e ciò si accorda in modo appropriato con un'abitudine caratteri-stica dei Romani, Kennett ci dice, nelle sue "Antichità" che i giovani Romani,nell'infanzia, usavano portare un ornamento d'oro attaccato al collo, chiamatobulla, che era vuoto e a forma di cuore. Barker, nella sua opera sulla Ciliciamentre ammette che la bulla romana era a forma di cuore, successivamente di-chiara che "era usuale alla nascita di un bambino chiamarlo col nome di un per-sonaggio divino, che si supponeva lo prendesse sotto la sua protezione ma que-sto nome non doveva essere conservato dopo l'infanzia quando gli veniva toltala bulla". Chi era molto probabilmente il dio sotto la cui custodia erano posti i

bambini romani, quel dio il cui espresso simbolo portavano sot-to l'uno o l'altro dei suoi molti nomi, e chi, mentre era conosciu-to come grande e potente dio di guerra, era anche mostrato nellasua forma prediletta di bambino?La venerazione del "sacro cuore" sembra si sia estesa anche inIndia, poiché lì Visnù, il dio mediatore, in una delle sue forme,con il segno della ferita nel suo piede, in conseguenza della qua-le morì, è rappresentato con un cuore appeso al petto (Fig. 41).Ci si chiede come avvenne che il "Cuore" divenne il simboloriconosciuto del Figlio della grande madre? La risposta è:"cuore" in caldeo si dice "Bel", e poiché dapprincipio, dopo labattuta d'arresto data all'idolatria. quasi tutti i più importantielementi del sistema caldeo furono introdotti sotto il velame,così sotto quel velo continuarono ad essere nascosti allo sguardodei non iniziati, dopo che il motivo principale - quello della pau-ra - aveva cessato di esistere. Ora l'adorazione del "Sacro Cuo-

Visnù, ilmediatore conun cuore appe-

so al petto.

re" non era altro, sotto un simbolo, che l'adorazione del "Sacro Bel", quel poten-te di Babilonia che morì come martire per l'idolatria, poiché Arpocrate o Orus,l'iddio bambino, era considerato come Bel nato di nuovo. La conferma a quantodetto la troviamo nel seguente estratto da Taylor in una delle sue note alla suatraduzione degli "Inni Orfici". "Mentre Bacco", egli dice, "si ammirava in unospecchio, fu miserabilmente fatto a pezzi dai Titani, che, non contenti di talecrudeltà, prima bollirono le sue membra nell'acqua e successivamente le arrosti-rono nel fuoco; ma, mentre mangiavano la sua carne così preparata. Giove di-sturbato dal fumo, e comprendendo la crudeltà di quanto era avvenuto, scagliò ilsuo tuono contro i Titani, e affidò le membra di Bacco ad Apollo, suo fratello,affinchè potesse dovutamente sotterrarle. Dopo che tutto ciò ebbe luogo, Dioni-sio (cioè Bacco), (il cui cuore durante il suo smembramento era stato preso daMinerva e conservato) per mezzo di una nuova RIGENERAZIONE, sorse nuova-mente ed essendo restaurato alla sua vita e integrità precedenti, successivamenteoccupò un posto fra gli dèi". Ciò mostra con sicurezza, sotto una luce impressio-nante, la particolare sacralità del cuore di Bacco; e che la rigenerazione del suocuore aveva lo stesso significato che io gli ho attribuito, cioè la nuova nascita ola nuova incarnazione di Nimrod o Bel. Quando Bel, comunque, nacque nuova-mente come bambino, fu rappresentato come un'incarnazione del sole. Perciò,per indicare la sua relazione con l'ardente e infuocato sole il "sacro cuore" erafrequentemente rappresentato come un "cuore fiammeggiante". Così il "SacroCuore di Roma" è attualmente adorato come un cuore, fiammeggiante, come sipuò vedere dai rosari destinati a tale adorazione.

SEZIONE VLAMPADE (LUMI) E CANDELE DI CERA

Un'altra caratteristica dell'adorazione papale è l'uso dei lumi e candele di cera.Se la madonna e il bambino sono posti in una nicchia, devono avere un lumeche arda dinanzi a loro; se dev'essere celebrata la messa, vi devono essere can-dele che illuminino l'altare; se si deve organizzare una grande processione sononecessarie candele che illuminino lo spettacolo. L'uso di queste lampade e ceriproviene dalla stessa fonte del resto della superstizione papale. Ciò fece sì che il"cuore" quando divenne un simbolo del Figlio incarnato, fosse rappresentatocome un cuore di fuoco, richiese pure che lampade ardenti e candele illuminatefacessero parte dell'adorazione di quel figlio; poiché così, secondo i riti di Zoro-astro, era adorato il dio-sole. Quando ad ogni Egiziano nel corso della stessanotte era richiesto di accendere una lampada davanti alla sua casa all'aperto,questo era un atto di omaggio al sole, che aveva velato la sua gloria assumendouna forma umana. A tutt'oggi, quando gli Yazidi del Curdistan una volta l'annocelebrano la loro festa delle "lampade ardenti", pure quella è in onore dellosceicco Shems o del Sole. Ora, ciò che queste occasioni provvedevano su gran-de scala, era attuato su scala ridotta negli atti individuali di adorazione del lorodio, accendendo lampade e ceri dinanzi alla divinità prediletta. A Babilonia,questa pratica era estremamente diffusa, come apprendiamo dallo scrittore dellibro apocrifo di Baruc. "Essi (i Babilonesi)" dice, "accendevano lampade ai lorodèi, ed in numero più grande di quelle che accendevano per se stessi, sebbenegli dèi non potessero vedere alcuno di loro e siano immoti come le travi delleloro case". Nella Roma pagana era osservata la stessa pratica. Così troviamo

77 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 77L e D u e B a b i l o n i ebabilonese e le loro storie sono narrate da Igino l'Egiziano, il bibliotecario dellabiblioteca palatina in Roma al tempo di Augusto che era specializzato in tutto ilsapere del suo paese nativo: "Si narra che un uovo di enormi dimensioni cadessedal cielo nell'Eufrate. I pesci furono scagliati sulle rive. Le colombe che sitrovavano lì lo covarono e da esso uscì Venere che successivamente fu chiamatala dea Siriana, cioè Astarte o Easter e a Cipro, una delle sedi scelte perl'adorazione di Venere o Astarte, un uovo di enormi dimensioni erarappresentato su grande scala".Il significato occulto dell'uovo mistico di Astarte, in uno dei suoi aspetti (poichéha un duplice significato), ha riferimento all'arca durante il tempo del diluvio incui era racchiusa l'intera razza umana, come il pulcino è chiuso nell'uovo primache esso sia covato. Se qualcuno dovesse chiedersi come potè entrare nellamente degli uomini tale straordinario simbolo per tale scopo, la risposta è: ilsacro uovo del paganesimo, come già indicato, è conosciuto come l'"uovo delmondo", cioè l'uovo in cui era racchiuso il mondo. Ora il mondo ha duesignificati distinti, esso significa sia la terra materiale che gli abitanti della terra.L'ultimo significato del termine si può vedere in Genesi 11:1. Se quindi ilmondo è considerato chiuso in un uovo e galleggiante sulle acque può nonessere difficile credere che l'uovo che galleggiava sull'ampio mare universalerappresentasse, cioè, la famiglia di Noè che conteneva l'intero mondo nel suoseno.Detto questo possiamo far provenire la parola uovo da arca. "Il nome ebraicoper uovo è Baitz o, al femminile (poiché vi sono entrambi i generi) Baitza.Questo in caldeo e fenicio, diviene Baitho o Baitha2 che in queste lingue è ancheil modo abituale in cui è pronunciata la parola "casa" 3. L'uovo galleggiante sulleacque che conteneva il mondo, era la casa galleggiante sulle acque del diluviocon gli elementi del nuovo mondo nel suo seno. La discesa dell'uovo dal cieloevidentemente si riferisce alla preparazione dell'arca per espresso desiderio diDio e la stessa cosa sembra chiaramente implicata nella storia egiziana dell'uovodel mondo, che si diceva provenisse dalla bocca del grande Dio. La colombache si posa sull'uovo non ha bisogno di spiegazioni. Questo quindi era ilsignificato di uno degli aspetti dell'uovo mistico. Sebbene la deificata reginarappresentata da Astarte non avesse alcuna reale esistenza ancora per alcunisecoli dopo il diluvio, tuttavia mediante la dottrina della metempsicosi, che erafermamente stabilita a Babilonia, fu facile per i suoi adoratori far credere che, inuna precedente incarnazione, essa fosse vissuta nel mondo antidiluviano e nepassasse indenne attraverso le acque del diluvio. Ora la chiesa romana haadottato questo uovo mistico di Astarte e lo ha consacrato quale simbolo dellaresurrezione di Cristo. Fu anche preparata una forma di preghiera in relazione adessa; il Papa Paolo V insegnò ai suoi superstiziosi fedeli tale preghiera pasquale:"Benedici, o Signore, ti supplichiamo, questa tua creatura dell'uovo, che possadivenire l'intero sostentamento per i tuoi servitori, mangiandolo in ricordo delnostro Signore Gesù Cristo, etc.".Oltre all'uovo mistico vi era un altro emblema di Easter, la dea regina diBabilonia, ed esso era il Rimmon o "melagrana". Con il Rimmon o "melagrana"nelle sue mani essa è frequentemente rappresentata nelle antiche medaglie e lacasa di Rimmon, in cui il rè di Damasco adorava, era del tutto simile al tempiodi Astarte dove quella dea era pubblicamente adorata con Rimmon. La"melagrana" è un frutto pieno di semi e su questa base si è supposto che essa

fosse impiegata come un emblema di quel recipiente in cui furono preservati igermi del nuovo mondo, con cui il nuovo mondo doveva essere seminatonuovamente con l'uomo e le bestie quando fosse passata la desolazione deldiluvio. Ma una più attenta investigazione ci fa volgere a una spiegazione deltutto diversa.Astarte o Cibele era anche chiamata Idaia Mater e il sacro monte in Frigia erachiamato monte Ida, cioè in caldeo, il linguaggio di questi misteri, il Montedella Conoscenza. "Idaia Mater" quindi significa "la Madre della conoscenza",in altre parole la nostra madre Eva che per prima bramò la conoscenza del benee del male e in realtà acquisì a un così duro prezzo per se stessa e per tutti i suoifigli. Astarte, come si può doviziosamente mostrare, era adorata non solo comeun'incarnazione dello spirito di Dio, ma anche come la madre del genere umano.Quando, perciò, la madre degli dèi e la madre della conoscenza fu rappresentatacon il frutto del melograno nella sua mano stesa, invitante verso quelli cheascendevano al sacro monte per essere iniziati ai suoi misteri, può esservidubbio su quale fosse il significato di quel frutto? Evidentemente, essodev'essere il frutto dell'albero della conoscenza - il frutto di quel medesimo"Albero, il cui gusto mortale portò la morte nel mondo e tutti i nostri guai"La conoscenza cui i devoti della dea Idanea erano ammessi era precisamentedella stessa sorta di quella che ne derivò a Eva dopo aver mangiato il fruttoproibito, la conoscenza pratica di tutto ciò che era moralmente cattivo emeschino. Tuttavia, nonostante queste caratteristiche, gli uomini consideravanoAstarte come la loro grande benefattrice che acquistava per loro la conoscenza ele benedizioni connesse a tale conoscenza, che altrimenti essi potevano soloinvano pensare di ottenere dal Padre della luce da cui proviene ogni dono buonoe perfetto.Il papismo ispira gli stessi sentimenti riguardo alla regina romana dei cieli einduce i suoi devoti a considerare il peccato di Eva dal punto di vista delpaganesimo. Nel canone della messa, il servizio più solenne del Messaleromano, troviamo la seguente espressione dove è apostrofato il peccato deinostri primogenitori: "O beata culpa, quae talem meruisti redemptorum" (o fallobenedetto, che ci procurasti un Redentore!). L'idea contenuta in queste parole èsquisitamente pagana. Essa si può far risalire a ciò: "Grazie a Èva, al cui peccatosiamo debitori per il glorioso Salvatore". È la medesima idea contenuta negliscritti di Agostino, ma è un'idea diametralmente opposta allo spirito del Vangeloche costituisce il peccato tanto più peccaminoso in quanto è necessario taleriscatto per liberarsi dal suo corso illegale. Agostino era permeato di sentimentipagani e non si liberò mai del tutto da essi. Ed è straordinario che una personatanto buona e illuminata come Merle d'Aubignè non abbia visto il pericolo n taliparole!Poiché Roma coltiva gli stessi sentimenti religiosi del paganesimo così ne haadottato gli stessi simboli quando ne ha avuto l'opportunità. In questo paese, e inmolti altri paesi d'Europa, non cresce il melograno e tuttavia, anche qui alligna,per quanto è possibile, la superstizione ad esso collegata. Invece del melograno,però, è impiegato l'arancio e così i papisti scozzesi uniscono le arance alle lorouova pasquali, e così pure, quando il vescovo Gilles di Edimburgo si recò annifa alla vanagloriosa cerimonia della lavata dei piedi di dodici straccioniirlandesi, per Pasqua, egli concluse presentando a ciascuno di loro due uova e

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78 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 78L e D u e B a b i l o n i eun'arancia. Adesso, tale uso dell'arancia che rappresenta il frutto "del terribilealbero della prova edenico" non dev'essere considerato come un'invenzionemoderna; esso risale ai tempi dell'antichità classica. Il giardino delle Esperidi,come viene riconosciuto da tutti coloro che hanno studiato il soggetto è propriocontroparte occidentale dell'orientale giardino dell'Eden. a descrizione deigiardini sacri, ubicati nelle isole atlantiche di fronte alle coste africane, mostrache la loro ubicazione leggendaria coincide esattamente con Capo Verde o leCanarie o altre dello stesso gruppo; e, naturalmente, quel frutto d'oro dell'alberosacro, gelosamente custodito, non era altri che l'arancia. Orbene, il lettoresottolinei:secondo la storia classica pagana non vi era alcun serpente in quel giardino didelizie nelle isole benedette che TENTASSE il genere umano alla violazione deiloro doveri verso il loro grande benefattore, mangiando del sacro albero che gliaveva riservato come prova della loro obbedienza. No, al contrario, era ilGrande Serpente, il simbolo del Diavolo, il Principe del male, il Nemicodell'uomo, che aveva loro proibito di mangiare del prezioso frutto che eglisorvegliava attentamente per non consentire che fosse toccato. Ercole, una delleforme del Messia pagano, non quello primitivo bensì l'Ercole greco, impietositoper l'infelice condizione dell'uomo, uccise e domò il serpente, l'essere invidiosoche proibiva al genere umano l'uso di ciò che gli era così necessario per renderlosia perfettamente felice che saggio e donò loro ciò che gli era indispensabilesenza cui sarebbero stati senza alcuna speranza. Qui, quindi, si sono esattamenteinvertiti i ruoli di Dio e del Diavolo. Geova, che proibisce all'uomo di mangiaredell'albero della conoscenza è simboleggiato dal serpente ed è considerato comeun essere maligno e ingeneroso, mentre colui che emancipa l'uomo dal giogo diDio e gli da il frutto dell'albero proibito - in altre parole, Satana col nome diErcole - è celebrato come il liberatore buono e misericordioso della razzaumana. Quale mistero di iniquità vi è! E tutto ciò è insito nell’arancìa sacra diPasqua.

Gieseler, parlando della Chiesa Orientale delsecondo secolo, per quanto concerne leosservanze pasquali, dice: "In esse (le festepasquali commemorative della morte di Cristo)essi (i cristiani orientali) mangiavano pane nonlievitato, probabilmente come i giudei, per ottogiorni...Non vi è alcuna traccia di una festaannuale della resurrezione fra di loro, poichéquest'ultima era celebrata ogni domenica".(Catholic Church, sect. 53, p. 178, nota 35).Riguardo alla Chiesa Occidentale, in unperiodo posteriore - l'epoca di Costantino -

sembra che venissero osservati quindici giorni di esercizi religiosi in relazionealla festività della Pasqua cristiana, come appare dal seguente estratto diBingham, gentilmente provvedutoci da un amico, sebbene non vi sia indicata ladurata del digiuno. Bingham (Origin. Eccles. vol. IX, p. 94) dice: "Le solennitàdi Pasqua (sono) la settimana precedente e quella successiva alla domenica diPasqua - una settimana della croce, l'altra della resurrezione. Gli antichi parlanodella Pasqua di Passione e di Risurrezione come di una solennità della durata diquindici giorni. Quindici giorni erano obbligatori per legge imperiale e

Uovo Sacro diEliopoli

Uovo diTifone

comandati alla chiesa universale...Scaligero menziona una legge di Costantinoche ordinava due settimane di Pasqua e un'interuzione di tutti i procedimentilegali.

SEZIONE IIILA NATIVITÀ' DI SAN GIOVANNI

La festa della natività di S. Giovanni è posta nel calendario papale al 24 di giu-gno, il solstizio d'estate. Lo stesso identico periodo era similmente memorabilenel calendario babilonese come quello di una delle feste più importanti. Era du-rante il solstizio che aveva inizio quello che in Caldea, Siria e Fenicia era chia-mato mese di "Tammuz"; e il primo giorno, cioè verso il 24 giugno era celebratauna delle più grandi feste in onore di Tammuz. Per motivi diversi, in paesi di-versi venivano scelti altri periodi per commemorare la morte e risurrezione deldio babilonese, ma questo, come si può intuire dal nome del mese, sembra siastato il tempo reale in cui la festa era osservata in origine nel paese in cui nac-que l'idolatria. Così forte era la presa di questa festa con i suoi riti caratteristicinella mente degli uomini, che anche quando vennero dedicati altri giorni algrande evento connesso con il Messia babilonese, questa stagione sacra nonsarebbe stata lasciata trascorrere senza che si tenesse l'osservanza, almeno, deisuoi riti caratteristici. Quando il papato mandò i suoi missionari in tutta l'Euro-pa, verso la fine del sesto secolo, per radunare i pagani nel suo ovile, questafesta era in auge in parecchi paesi. Cosa si sarebbe dovuto fare? Si doveva muo-vere loro guerra? No. Ciò sarebbe stato contrario alla ben nota opinione del Pa-pa Gregorio I, secondo la quale, con tutti i mezzi si sarebbe dovuto incontrare ipagani a metà strada per introdurli nella chiesa romana. La politica gregorianaera osservata con attenzione; e così il giorno del solstizio estivo che era statodedicato dai pagani all'adorazione di Tammuz, fu incorporato come sacra festacristiana nel calendario romano.Ma doveva ancora essere determinata una questione: quale doveva essere il no-me di questa festa pagana, quando fosse stata battezzata e ammessa nel ritualedel Cristianesimo Romano? Chiamarla col suo vecchio nome di Bel o Tammuzsarebbe stato troppo ardito; chiamarlo col nome di Cristo avrebbe presentatodelle difficoltà, poiché non vi era nulla di speciale nella sua storia da commemo-rare proprio in quel periodo. Ma l'astuzia degli agenti del Mistero dell'iniquitànon doveva essere vanificata. Se non le si poteva attribuire convenientemente ilnome di Cristo, cosa avrebbe potuto impedirle d'essere chiamata col nome delsuo precursore, Giovanni il Battista? Giovanni il Battista era nato proprio seimesi prima del Signore. Così come fra il 24 giugno e il 24 dicembre, cioè fra ilsolstizio estivo e quello invernale vi sono sei mesi. Ora, per gli scopi del papato,niente poteva risultare più opportuno di questo. Uno dei molti nomi con cui erachiamato Tammuz o Nimrod quando riappariva nei Misteri, dopo essere statoucciso, era Oannes. Il nome di Giovanni il Battista, d'altra parte, nel linguaggiosacro adottato della chiesa romana era Joannes. Per rendere accettabile quindi, lafesta del 24 giugno sia ai cristiani che ai pagani, tutto ciò che fu necessario fu dichiamarla appunto festa di Joannes; e così i cristiani avrebbero supposto di ono-rare Giovanni il Battista, mentre i pagani avrebbero ancora continuato ad adora-

131 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 131L e D u e B a b i l o n i eIn Grecia, il trifoglio in una forma o nell'altra, occupava un posto importante;poiché la verga di Mercurio, il conduttore delle anime a cui era scritta tale po-tenza, era chiamato "Rabdos Tripetelos", o "canna a tre foglie". Fra i Druidibritanni il trifoglio, di cui era serto il capo di Osiride, era la corona della trinità,la corona posta sul suo capo come rappresentativa dell'Eterno - "la corona ditutta la terra", in armonia a ciò che aveva detto la voce divina alla sua nascita,"II Signore di tutta la terra è nato". Ora, poiché quella "ghirlanda di Meliloto"che corona il dominio universale, cadde "dal suo capo" prima della sua morte,quando egli sorse a nuova vita, la corona doveva essere di nuovo posta sul suocapo, e il suo dominio universale solennemente confermato. Da qui proviene lasolenne incoronazione delle statue del grande dio, e anche l'uso di porre la"ghirlanda" sul suo altare come trofeo del suo riguadagnato "dominio". Ma se ilgrande dio era incoronato, era necessario che pure la grande dea ricevesse unonore simile. Perciò nacque la leggenda che quando Bacco portò in cielo suamoglie Arianna, nel conferire la grande dignità che le spettava, le pose sul suocapo una corona; e il ricordo di quest'incoronazione della moglie del dio babilo-nese si è perpetuato fino ad oggi mediante la ben nota raffigurazione della sferachiamata corona ariannea. Questa è oltre ogni dubbio, la vera origine del ritopapista dell'incoronazione delle immagini della Vergine.Dal fatto che la ghirlanda di Meliloto occupava un posto così importante nelmito di Osiride, con il "serto" era posto sul suo altare, e la sua tomba"incoronata" di fiori, sorse l'abitudine di adornare gli altari degli dèi con"corone" di ogni sorta e con una gaia profusione di fiori. Parallela a questa ra-gione di decorare gli altari con fiori, ve ne era anche un'altra. Quando in

"Quel campo delizioso Di Enna, Proserpina raccoglieva fiori, Essastessa, il fiore più bello, in un triste dì Fu raccolto";

e tutti i fiori che essa aveva conservato nel suo grembo furono perduti, tale per-dita fu lamentata come qualcosa di straordinario, una perdita che non solo laprivava della sua gloria spirituale, ma inaridiva la fertilità e la bellezza dellaterra stessa. Si credette comunque che tale perdita fosse riparata dalla moglie diNimrod, col nome di Astarte o Venere. Perciò mentre la sacra "ghirlanda" deldio privo di corona era posta in trionfo nuovamente sul suo capo e sul suo altare,i fiori ritrovati da Proserpina erano anche posti su tale altare, in segno di gratitu-dine a quella madre di grazia e dea, per la bellezza e le benedizioni temporaliche la terra doveva alla sua intercessione e al suo amore. Nella Roma pagana lecose stavano proprio così. Gli altari erano adornati a profusione con fiori. Daquella fonte il papato trasse direttamente l'abitudine di adornare l'altare con fiori;e dal papato, il Puseysmo nell'Inghilterra protestante, opera per introdurre taleabitudine. Ma, mettendolo in relazione con la sua fonte, certamente uomini conun barlume di cristianesimo possono ben vergognarsi solo a pensare una tal co-sa. Non solo ciò è in opposizione allo spirito del Vangelo, che richiede che chiadora Dio che è spirito, "lo adori con spirito e verità"; ma ciò è un preciso sim-bolismo di coloro che gioiscono nello ristabilimento del paganesimo in opposi-zione all'adorazione dell'unico vivente e vero Dio.

SEZIONE IVIL ROSARIO E L'ADORAZIONE DEL SACRO CUORE

Chiunque sa quanto sia diffuso in tutto il romanismo l'uso del Rosario, e come idevoti di Roma meccanicamente ripetano le loro preghiere sulla loro corona. Ilrosario, comunque, non è un'invenzione del papato, è molto più antico, e quasiuniversalmente diffuso fra le nazioni pagane. Infatti era usato come strumentosacro dagli antichi Messicani, è d'uso comune fra i bramini dell'India, e nei sacrilibri indù si trovano parecchi riferimenti ad esso. Così nel racconto della mortedi Sathi, la moglie di Siva, troviamo menzione del rosario. "Udendo di quest'e-vento, Siva svenne per il dolore; quindi, essendosi ripreso, si affrettò alle rivedel fiume celeste, dove egli vide giacere il corpo della sua diletta Sari, vestitod'abiti bianchi, mentre teneva un rosario tra le mani, e splendeva di luce brillan-do come oro infuocato". Nel Tibet è usato da tempo immemorabile e anche fra imilioni di orientali che aderiscono alla fede buddista. Ciò che segue, tratto daSir John Davis, mostra quanto ne sia comune l'uso in Cina: "Dalla religione tar-tara del Lama il rosario di 108 grani divenne parte della moda cerimoniale attac-cato ai nove gradi del rango ufficiale. Esso consiste di un collare di pietre e co-ralli grandi quasi un uovo di piccione, che discende fino alla vita, e si distingueper i vari grani secondo la qualità di chi lo indossa. Vi è un piccolo rosario diotto grani, di grandezza inferiore, con cui i bonzi contano le loro preghiere egiaculatorie esattamente come nel rituale romano. In Cina i laici alcune volte loportano al polso, profumato con muschio, e gli danno il nome di Heang-choo, ograno fragrante". Nella Grecia asiatica il rosario era usato comunemente, comesi può vedere dall'immagine di Diana Efesina. Nella Roma pagana sembra che lecose stessero pure così. Le collane con cui si adornavano le matrone romane nonerano semplici ornamenti intorno al collo, ma scendevano giù sul petto, propriocome i moderni rosari, e il nome con cui erano chiamate indica l'uso a cui eranodestinate. Monile, la parola usata comunemente per una collana, non può averealtro significato che quello di "Rammemoratore". Ora, qualunque sia la pretesaper l'introduzione di tali "Rosari" o "Rammemoratori" l'idea stessa è assoluta-mente pagana. Si suppone che debbano essere pronunciate regolarmente un cer-to numero di preghiere ma si trascura la grande importanza che Dio attribuisceal cuore, e induce quelli che ne fanno uso a credere che quella forma e quellaroutine siano tutto, e che "debbano essere uditi per il loro uso di molte parole".Nella chiesa di Roma è stata introdotta largamente in tempi successivi una nuo-va sorta di devozione in cui i rosari giocano una parte importan-te, e che mostra quali nuovi e ulteriori passi stia facendo il papatoogni giorno nella direzione del vecchio paganesimo babilonese.Mi riferisco al "Rosario del Sacro Cuore". Era così anche nell'an-tica Babilonia, come è evidente dal modo in cui il sistema babilo-nico si manifestava in Egitto. Anche lì era venerato un "SacroCuore". Il "cuore" era uno dei simboli sacri di Osiride, quandonacque di nuovo e apparve come Arpocrate, o la divinità infanti-le, nato fra le braccia di sua madre Iside. Perciò, il frutto dell'egi-ziana Persea gli era particolarmente sacro, per la sua rassomiglianza al "CUOREUMANO". Perciò questa divinità infantile era rappresentata frequentemente conun cuore, o con un frutto di Persea a forma di cuore umano (Fig. 40). Parlando

Cupido.

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130 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 130L e D u e B a b i l o n i eIn Grecia, il trifoglio in una forma o nell'altra, occupava un posto importante;poiché la verga di Mercurio, il conduttore delle anime a cui era scritta tale po-tenza, era chiamato "Rabdos Tripetelos", o "canna a tre foglie". Fra i Druidibritanni il trifoglio, di cui era serto il capo di Osiride, era la corona della trinità,la corona posta sul suo capo come rappresentativa dell'Eterno - "la corona ditutta la terra", in armonia a ciò che aveva detto la voce divina alla sua nascita,"II Signore di tutta la terra è nato". Ora, poiché quella "ghirlanda di Meliloto"che corona il dominio universale, cadde "dal suo capo" prima della sua morte,quando egli sorse a nuova vita, la corona doveva essere di nuovo posta sul suocapo, e il suo dominio universale solennemente confermato. Da qui proviene lasolenne incoronazione delle statue del grande dio, e anche l'uso di porre la"ghirlanda" sul suo altare come trofeo del suo riguadagnato "dominio". Ma se ilgrande dio era incoronato, era necessario che pure la grande dea ricevesse unonore simile. Perciò nacque la leggenda che quando Bacco portò in cielo suamoglie Arianna, nel conferire la grande dignità che le spettava, le pose sul suocapo una corona; e il ricordo di quest'incoronazione della moglie del dio babilo-nese si è perpetuato fino ad oggi mediante la ben nota raffigurazione della sferachiamata corona ariannea. Questa è oltre ogni dubbio, la vera origine del ritopapista dell'incoronazione delle immagini della Vergine.Dal fatto che la ghirlanda di Meliloto occupava un posto così importante nelmito di Osiride, con il "serto" era posto sul suo altare, e la sua tomba"incoronata" di fiori, sorse l'abitudine di adornare gli altari degli dèi con"corone" di ogni sorta e con una gaia profusione di fiori. Parallela a questa ra-gione di decorare gli altari con fiori, ve ne era anche un'altra. Quando in

"Quel campo delizioso Di Enna, Proserpina raccoglieva fiori, Essastessa, il fiore più bello, in un triste dì Fu raccolto";

e tutti i fiori che essa aveva conservato nel suo grembo furono perduti, tale per-dita fu lamentata come qualcosa di straordinario, una perdita che non solo laprivava della sua gloria spirituale, ma inaridiva la fertilità e la bellezza dellaterra stessa. Si credette comunque che tale perdita fosse riparata dalla moglie diNimrod, col nome di Astarte o Venere. Perciò mentre la sacra "ghirlanda" deldio privo di corona era posta in trionfo nuovamente sul suo capo e sul suo altare,i fiori ritrovati da Proserpina erano anche posti su tale altare, in segno di gratitu-dine a quella madre di grazia e dea, per la bellezza e le benedizioni temporaliche la terra doveva alla sua intercessione e al suo amore. Nella Roma pagana lecose stavano proprio così. Gli altari erano adornati a profusione con fiori. Daquella fonte il papato trasse direttamente l'abitudine di adornare l'altare con fiori;e dal papato, il Puseysmo nell'Inghilterra protestante, opera per introdurre taleabitudine. Ma, mettendolo in relazione con la sua fonte, certamente uomini conun barlume di cristianesimo possono ben vergognarsi solo a pensare una tal co-sa. Non solo ciò è in opposizione allo spirito del Vangelo, che richiede che chiadora Dio che è spirito, "lo adori con spirito e verità"; ma ciò è un preciso sim-bolismo di coloro che gioiscono nello ristabilimento del paganesimo in opposi-zione all'adorazione dell'unico vivente e vero Dio.

SEZIONE IVIL ROSARIO E L'ADORAZIONE DEL SACRO CUORE

Chiunque sa quanto sia diffuso in tutto il romanismo l'uso del Rosario, e come idevoti di Roma meccanicamente ripetano le loro preghiere sulla loro corona. Ilrosario, comunque, non è un'invenzione del papato, è molto più antico, e quasiuniversalmente diffuso fra le nazioni pagane. Infatti era usato come strumentosacro dagli antichi Messicani, è d'uso comune fra i bramini dell'India, e nei sacrilibri indù si trovano parecchi riferimenti ad esso. Così nel racconto della mortedi Sathi, la moglie di Siva, troviamo menzione del rosario. "Udendo di quest'e-vento, Siva svenne per il dolore; quindi, essendosi ripreso, si affrettò alle rivedel fiume celeste, dove egli vide giacere il corpo della sua diletta Sari, vestitod'abiti bianchi, mentre teneva un rosario tra le mani, e splendeva di luce brillan-do come oro infuocato". Nel Tibet è usato da tempo immemorabile e anche fra imilioni di orientali che aderiscono alla fede buddista. Ciò che segue, tratto daSir John Davis, mostra quanto ne sia comune l'uso in Cina: "Dalla religione tar-tara del Lama il rosario di 108 grani divenne parte della moda cerimoniale attac-cato ai nove gradi del rango ufficiale. Esso consiste di un collare di pietre e co-ralli grandi quasi un uovo di piccione, che discende fino alla vita, e si distingueper i vari grani secondo la qualità di chi lo indossa. Vi è un piccolo rosario diotto grani, di grandezza inferiore, con cui i bonzi contano le loro preghiere egiaculatorie esattamente come nel rituale romano. In Cina i laici alcune volte loportano al polso, profumato con muschio, e gli danno il nome di Heang-choo, ograno fragrante". Nella Grecia asiatica il rosario era usato comunemente, comesi può vedere dall'immagine di Diana Efesina. Nella Roma pagana sembra che lecose stessero pure così. Le collane con cui si adornavano le matrone romane nonerano semplici ornamenti intorno al collo, ma scendevano giù sul petto, propriocome i moderni rosari, e il nome con cui erano chiamate indica l'uso a cui eranodestinate. Monile, la parola usata comunemente per una collana, non può averealtro significato che quello di "Rammemoratore". Ora, qualunque sia la pretesaper l'introduzione di tali "Rosari" o "Rammemoratori" l'idea stessa è assoluta-mente pagana. Si suppone che debbano essere pronunciate regolarmente un cer-to numero di preghiere ma si trascura la grande importanza che Dio attribuisceal cuore, e induce quelli che ne fanno uso a credere che quella forma e quellaroutine siano tutto, e che "debbano essere uditi per il loro uso di molte parole".Nella chiesa di Roma è stata introdotta largamente in tempi successivi una nuo-va sorta di devozione in cui i rosari giocano una parte importan-te, e che mostra quali nuovi e ulteriori passi stia facendo il papatoogni giorno nella direzione del vecchio paganesimo babilonese.Mi riferisco al "Rosario del Sacro Cuore". Era così anche nell'an-tica Babilonia, come è evidente dal modo in cui il sistema babilo-nico si manifestava in Egitto. Anche lì era venerato un "SacroCuore". Il "cuore" era uno dei simboli sacri di Osiride, quandonacque di nuovo e apparve come Arpocrate, o la divinità infanti-le, nato fra le braccia di sua madre Iside. Perciò, il frutto dell'egi-ziana Persea gli era particolarmente sacro, per la sua rassomiglianza al "CUOREUMANO". Perciò questa divinità infantile era rappresentata frequentemente conun cuore, o con un frutto di Persea a forma di cuore umano (Fig. 40). Parlando

Cupido.

79 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 79L e D u e B a b i l o n i eun'arancia. Adesso, tale uso dell'arancia che rappresenta il frutto "del terribilealbero della prova edenico" non dev'essere considerato come un'invenzionemoderna; esso risale ai tempi dell'antichità classica. Il giardino delle Esperidi,come viene riconosciuto da tutti coloro che hanno studiato il soggetto è propriocontroparte occidentale dell'orientale giardino dell'Eden. a descrizione deigiardini sacri, ubicati nelle isole atlantiche di fronte alle coste africane, mostrache la loro ubicazione leggendaria coincide esattamente con Capo Verde o leCanarie o altre dello stesso gruppo; e, naturalmente, quel frutto d'oro dell'alberosacro, gelosamente custodito, non era altri che l'arancia. Orbene, il lettoresottolinei:secondo la storia classica pagana non vi era alcun serpente in quel giardino didelizie nelle isole benedette che TENTASSE il genere umano alla violazione deiloro doveri verso il loro grande benefattore, mangiando del sacro albero che gliaveva riservato come prova della loro obbedienza. No, al contrario, era ilGrande Serpente, il simbolo del Diavolo, il Principe del male, il Nemicodell'uomo, che aveva loro proibito di mangiare del prezioso frutto che eglisorvegliava attentamente per non consentire che fosse toccato. Ercole, una delleforme del Messia pagano, non quello primitivo bensì l'Ercole greco, impietositoper l'infelice condizione dell'uomo, uccise e domò il serpente, l'essere invidiosoche proibiva al genere umano l'uso di ciò che gli era così necessario per renderlosia perfettamente felice che saggio e donò loro ciò che gli era indispensabilesenza cui sarebbero stati senza alcuna speranza. Qui, quindi, si sono esattamenteinvertiti i ruoli di Dio e del Diavolo. Geova, che proibisce all'uomo di mangiaredell'albero della conoscenza è simboleggiato dal serpente ed è considerato comeun essere maligno e ingeneroso, mentre colui che emancipa l'uomo dal giogo diDio e gli da il frutto dell'albero proibito - in altre parole, Satana col nome diErcole - è celebrato come il liberatore buono e misericordioso della razzaumana. Quale mistero di iniquità vi è! E tutto ciò è insito nell’arancìa sacra diPasqua.

Gieseler, parlando della Chiesa Orientale delsecondo secolo, per quanto concerne leosservanze pasquali, dice: "In esse (le festepasquali commemorative della morte di Cristo)essi (i cristiani orientali) mangiavano pane nonlievitato, probabilmente come i giudei, per ottogiorni...Non vi è alcuna traccia di una festaannuale della resurrezione fra di loro, poichéquest'ultima era celebrata ogni domenica".(Catholic Church, sect. 53, p. 178, nota 35).Riguardo alla Chiesa Occidentale, in unperiodo posteriore - l'epoca di Costantino -

sembra che venissero osservati quindici giorni di esercizi religiosi in relazionealla festività della Pasqua cristiana, come appare dal seguente estratto diBingham, gentilmente provvedutoci da un amico, sebbene non vi sia indicata ladurata del digiuno. Bingham (Origin. Eccles. vol. IX, p. 94) dice: "Le solennitàdi Pasqua (sono) la settimana precedente e quella successiva alla domenica diPasqua - una settimana della croce, l'altra della resurrezione. Gli antichi parlanodella Pasqua di Passione e di Risurrezione come di una solennità della durata diquindici giorni. Quindici giorni erano obbligatori per legge imperiale e

Uovo Sacro diEliopoli

Uovo diTifone

comandati alla chiesa universale...Scaligero menziona una legge di Costantinoche ordinava due settimane di Pasqua e un'interuzione di tutti i procedimentilegali.

SEZIONE IIILA NATIVITÀ' DI SAN GIOVANNI

La festa della natività di S. Giovanni è posta nel calendario papale al 24 di giu-gno, il solstizio d'estate. Lo stesso identico periodo era similmente memorabilenel calendario babilonese come quello di una delle feste più importanti. Era du-rante il solstizio che aveva inizio quello che in Caldea, Siria e Fenicia era chia-mato mese di "Tammuz"; e il primo giorno, cioè verso il 24 giugno era celebratauna delle più grandi feste in onore di Tammuz. Per motivi diversi, in paesi di-versi venivano scelti altri periodi per commemorare la morte e risurrezione deldio babilonese, ma questo, come si può intuire dal nome del mese, sembra siastato il tempo reale in cui la festa era osservata in origine nel paese in cui nac-que l'idolatria. Così forte era la presa di questa festa con i suoi riti caratteristicinella mente degli uomini, che anche quando vennero dedicati altri giorni algrande evento connesso con il Messia babilonese, questa stagione sacra nonsarebbe stata lasciata trascorrere senza che si tenesse l'osservanza, almeno, deisuoi riti caratteristici. Quando il papato mandò i suoi missionari in tutta l'Euro-pa, verso la fine del sesto secolo, per radunare i pagani nel suo ovile, questafesta era in auge in parecchi paesi. Cosa si sarebbe dovuto fare? Si doveva muo-vere loro guerra? No. Ciò sarebbe stato contrario alla ben nota opinione del Pa-pa Gregorio I, secondo la quale, con tutti i mezzi si sarebbe dovuto incontrare ipagani a metà strada per introdurli nella chiesa romana. La politica gregorianaera osservata con attenzione; e così il giorno del solstizio estivo che era statodedicato dai pagani all'adorazione di Tammuz, fu incorporato come sacra festacristiana nel calendario romano.Ma doveva ancora essere determinata una questione: quale doveva essere il no-me di questa festa pagana, quando fosse stata battezzata e ammessa nel ritualedel Cristianesimo Romano? Chiamarla col suo vecchio nome di Bel o Tammuzsarebbe stato troppo ardito; chiamarlo col nome di Cristo avrebbe presentatodelle difficoltà, poiché non vi era nulla di speciale nella sua storia da commemo-rare proprio in quel periodo. Ma l'astuzia degli agenti del Mistero dell'iniquitànon doveva essere vanificata. Se non le si poteva attribuire convenientemente ilnome di Cristo, cosa avrebbe potuto impedirle d'essere chiamata col nome delsuo precursore, Giovanni il Battista? Giovanni il Battista era nato proprio seimesi prima del Signore. Così come fra il 24 giugno e il 24 dicembre, cioè fra ilsolstizio estivo e quello invernale vi sono sei mesi. Ora, per gli scopi del papato,niente poteva risultare più opportuno di questo. Uno dei molti nomi con cui erachiamato Tammuz o Nimrod quando riappariva nei Misteri, dopo essere statoucciso, era Oannes. Il nome di Giovanni il Battista, d'altra parte, nel linguaggiosacro adottato della chiesa romana era Joannes. Per rendere accettabile quindi, lafesta del 24 giugno sia ai cristiani che ai pagani, tutto ciò che fu necessario fu dichiamarla appunto festa di Joannes; e così i cristiani avrebbero supposto di ono-rare Giovanni il Battista, mentre i pagani avrebbero ancora continuato ad adora-

Page 80: Libro Due Babilonie

80 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 80L e D u e B a b i l o n i ere il loro vecchio dio Oannes, o Tammuz. Così, lo stesso periodo in cui nell'anti-ca Babilonia veniva celebrata la grande festa estiva di Tammuz, viene tutt'oggiosservato nella chiesa papale come la festa della natività di S. Giovanni. E lafesta di S. Giovanni inizia esattamente come aveva inizio il giorno festivo inCaldea. E ben noto che, in oriente, il giorno comincia di sera. Così, sebbene siail giorno 24 ad essere considerato quello della natività, tuttavia è la Notte di S.Giovanni che, la sera del 23, hanno inizio le festività e le solennità di quel perio-do. Ora, se esaminiamo le festività stesse, vedremo come siano puramente paga-ne e come mostrino decisamente la loro reale discendenza. Le grandi solennitàche contraddistinguono la notte di S. Giovanni sono i fuochi di mezz'estate.Vengono accesi in Francia, Svizzera, nell'Irlanda cattolica romana e in alcuneisole occidentali della Scozia. Sono accesi dappertutto dai seguaci di Roma efiaccole ardenti sono portate per i campi di granoturco. Così Bel nel suo“Wayside Pictures” descrive i fuochi di S. Giovanni di Brittany, in Francia:"Ogni festa è contrassegnata da caratteristiche diverse sue peculiari. Quella di S.Giovanni è forse, nel complesso, la più importante. Per tutto il giorno i bambinipoveri vanno in giro chiedendo contribuzioni per accendere i fuochi di MonsieurS. Giovanni e verso sera il primo falò è seguito da un secondo, poi da un terzo,un quarto, quindi a migliaia brillano sulle cime dei colli fino a che l'intero paesene è completamente circondato. A volte i sacerdoti accendono il primo falò nellapiazza del mercato e a volte esso è acceso da un angelo che viene fatto scenderecon un meccanismo dalla sommità della chiesa, con in mano una fiaccola. I gio-vani danzano freneticamente attorno al fuoco poiché esiste una superstizionesecondo la quale danzando intorno a 9 fuochi prima di mezzanotte, si sposeran-no entro l'anno successivo. Delle sedie per i morti sono collocate a ridosso delfalò, poiché si suppone che i loro spiriti vi si siedano per il triste piacere di udireancora una volta i canti delle loro genti e contemplare l'entusiasmo della gioven-tù. In queste occasioni vengono conservati frammenti di torce come rimediocontro le malattie nervose e i tumori e la corona floreale che sormonta il falòprincipale è così richiesta che hanno luogo violenti tumulti per il suo possesso".Ciò accade in Francia. Volgiamoci adesso all'Irlanda. "Nel corso della grandefesta dei contadini irlandesi, la notte di S. Giovanni", dice Charlotte Elizabethdescrivendo una particolare festa a cui assistette, "è abitudine, al tramonto diquel giorno, di accendere immensi fuochi in tutto il paese edificando, fino agrande altezza, delle cataste composte di torba, legno di palude e altre sostanzecombustibili. La torba provvede una fiamma costante, il legno di palude unafiamma brillante e gli effetti di questi fuochi sono visibili su ogni colle, produ-cendo un fumo visibile da ogni punto dell'orizzonte. Al principio della sera ipaesani si radunano tutti abbigliati con i vestiti della festa, raggianti di salute,con l'aspetto che mostra quell'eccitazione e quello splendore gioioso che caratte-rizza la gente entusiasta di quelle lande. Non ho mai visto alcuna cosa che lerassomigliasse e fui estremamente deliziata dalle loro intelligenti felici e benproporzionate fattezze, dalla baldanza degli uomini e dal piacevole, grazioso mamodesto portamento delle fanciulle, dalla vivacità degli anziani e dal giubilo deifanciulli. Furono accesi i fuochi e scaturì un'imponente fiammata e per un pòrimasero a contemplarla con i volti stranamente sfigurati dalla luce caratteristicache viene dal principio emanata quando prende fuoco il legno di palude. Dopouna breve pausa fu fatto dello spazio di fronte a un vecchio sonatore, cieco, dicornamusa: il perfetto esemplare di energia, buffoneria e scaltrezza che, seduto

su una sedia bassa, con un boccale ricolmo a portata di mano, regolò la corna-musa su toni animati ed ebbe inizio una danza interminabile. Ma accadde qual-cosa che mi sorprese non poco. Dopo aver arso per alcune ore ed essersi quasispenti i fuochi, ebbe inizio una parte fondamentale della cerimonia. Ognuno deipresenti passò attraverso d'esso e diversi bambini furono gettati oltre le braciardenti, mentre un telaio di legno di circa otto piedi, con la testa di un cavallofissata ad un'estremità ed un grande lenzuolo bianco sopra, fa la sua apparizione.Esso fu accolto con alte grida e invocato come il cavallo bianco. Chiesi cosarappresentasse e mi fu detto che raffigurava tutto il bestiame. Qui vi era l'anticaadorazione di Baal, se non quella di Moloch, apertamente e chiaramente serbatanel cuore di un paese nominalmente cristiano e da milioni di professanti il nomedi Cristo. Ne fui confusa perché allora non sapevo che il papismo fosse solo uningannevole adattamento dell'idolatria pagana ai suoi disegni".Tale è la festa della notte di S. Giovanni celebrata fino ad oggi in Francia e nel-l'Irlanda papista. Questo è il modo in cui i seguaci di Roma pretendono di com-memorare la nascita di colui che venne per preparare la via del Signore, volgen-do il suo antico popolo da tutti i loro rifugi di menzogna, rendendolo consapevo-le della necessità di abbracciare il regno di Dio che non consiste in semplicicose esteriori, ma nella "giustizia e pace e gioia nello Spirito Santo". Abbiamovisto la sola osservazione dei riti con i quali è celebrata questa festa, indurrel'autrice appena citata alla conclusione che ciò che aveva prima visto era real-mente la reliquia dell'adorazione pagana di Baal. La storia della festa e il modoin cui essa è osservata, riflette reciproca luce sulle altre. Prima che il cristianesi-mo facesse il suo ingresso nelle Isole Britanniche, la festa pagana del 24 giugnoera celebrata fra i Druidi che accendevano fuochi in onore della loro grande di-vinità che come abbiamo già visto, era Baal. "Questi fuochi di mezz'estate equesti sacrifici", dice Toland nel suo “Account of thè Druids” "avevano lo sco-po di ottenere una benedizione sui frutti della terra, adesso pronti per il raccoltocome quella del primo maggio, affinchè potessero crescere prosperi; e quelladell'ultimo di ottobre era un ringraziamento per la fine della mietitura". Ancora,parlando dei fuochi druidici di mezz'estate, egli così prosegue: "Per ritornare ainostri fuochi era abitudine del Signore del luogo, o di suo figlio o di altre perso-ne di rango elevato, di prendere le viscere degli animali sacrificati fra le mani e,camminando scalzo sui carboni per tre volte dopo che le fiamme avevano smes-so di ardere, di portarle direttamente ai Druidi che attendevano con la pelle inte-ra sull'altare. Se l'uomo di rango se la cavava senza danno ciò era consideratocome un buon presagio ed era accolto con dimostrazioni festose; ma se venivadanneggiato era considerato come portasfortuna sia per la comunità che per sestesso". "Così, io ho visto" aggiunge Toland "la gente correre e saltare attraversoi fuochi di S. Giovanni in Irlanda non solo orgogliosi di essere passati senzaessersi bruciati, ma, come se fosse una certa qual sorta di lustro ritenendosi be-nedetti in modo speciale dalla cerimonia ignorandone l'origine della stessa".Abbiamo già considerato dei motivi per concludere che Foroneo, "il primo deimortali a regnare", cioè Nimrod e la dea romana Feronia, erano strettamentecollegati l'uno all'altra. In relazione ai fuochi di S. Giovanni tale relazione è an-cor di più confermata da ciò che è stato trasmesso dall'antichità circa queste duedivinità e, allo stesso tempo, è chiarita l'origine di tali fuochi. Foroneo è descrit-to in modo tale che mostra che egli era conosciuto in relazione all'origine dell'a-dorazione del fuoco. Così Pausania parla di lui: - "vicino a quest'immagine

129 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 129L e D u e B a b i l o n i erelativa al vestire il "Padre del genere umano'" con un mantello di pelli; e dopotutto ciò che abbiamo visto della deificazione di uomini morti, può esservi dub-bio su che cosa fosse commemorato annualmente?Nimrod stesso quando fu fatto a pezzi, fu necessariamente denudato. Tale fattofu identificato con la nudità di Noè e infine con quella di Adamo. Fu fatto crede-re che si fosse sottoposto volontariamente alla sofferenza per il bene del genereumano. La sua nudità perciò, e la nudità del "padre degli dèi" di cui egli era u-n'incarnazione, era considerata un'umiliazione volontaria. Quando, perciò, lesue sofferenze cessarono e la sua umiliazione passò, l'abito di cui era vestito fuconsiderato un abbigliamento meritorio, utilizzabile non solo per lui stesso maper tutti quelli che erano iniziati ai suoi misteri. Nei sacri riti del dio babilonese,sia l'esposizione che la vestizione che erano rappresentate come se avesseroavuto luogo, nella sua stessa storia, erano ripetute da tutti i suoi adoratori, se-condo la dichiarazione di Firmico, affinchè gli iniziati subissero ciò che avevasubito il loro dio. Per primo, dopo essere stati appropriatamente preparati conriti magici e cerimonie, essi erano introdotti in uno stato di assoluta nudità, neipiù reconditi recessi del tempio. Ciò si evince dalla seguente affermazione diProclo: "Nel più santo dei misteri, essi dicono che i mistici dapprima si incontra-no con i demoni dalle molteplici sembianze che sono scagliati davanti agli dèi:ma entrando nelle parti più interne del tempio, essi ricevono genuinamente nelloro seno illuminazione divina e, SVESTITI DEI LORO ABITI, partecipano, comeessi dicono, della natura divina". Quando gli iniziati, così "illuminati" e resipartecipi della "natura divina", dopo essersi "svestiti dei loro abiti" erano nuova-mente rivestiti gli abiti con i quali erano ricoperti come "abiti sacri" possedeva-no preclare virtù. "Il manto di pelle" con cui il Padre del genere umano fu divi-namente rivestito dopo essere stato reso consapevole così dolorosamente dellasua nudità, era, come riconosce ogni teologo intelligente, un emblema tipicodella gloriosa giustizia di Cristo - l'abito di salvezza, in cui "tutto e tutti devonocredere". Gli abiti posti sugli iniziati dopo averli svestiti dei precedenti eranoevidentemente intesi come un'imitazione dell'emblema. "Gli abiti degli iniziatiai Misteri Eleusini", dice Potter, "erano considerati sacri e di non minore effica-cia per allontanare il male dagli incantesimi e dalle magìe". E naturalmente, sepossibile, in questi "abiti sacri" essi erano sepolti; poiché Erodoto, parlando del-l'Egitto, da dove provenivano questi misteri, ci dice che la religione prescriveval'abito dei morti. L'efficacia degli "abiti sacri" come mezzo di salvezza e di libe-razione dal male nel mondo invisibile ed eterno, occupa un posto di rilievo inmolte religioni. Così i Parsi, i cui elementi fondamentali del loro sistema pro-vengono dal caldeo Zoroastro, credono che "il Sadra o abito sacro'" serva es-senzialmente a "proteggere l'anima dipartita dalle calamità provenienti da Ari-man", o il diavolo; ed essi rappresentano quelli che trascurano l'uso di questesacre vesti sofferenti nell'anima e "mentre emettono grida terribili e spaventose",per spiegare le sofferenze loro inflitte "da ogni sorta di rettili e animali nocivi,che li assalivano con i loro denti e pungiglioni e non davano loro un momento direspiro". Cosa potrebbe mai aver indotto il genere umano ad attribuire tali virtùagli abiti sacri? Se si ammette che non si tratta altro che di una perversione de-gli "abiti sacri" posti sui nostri progenitori, è tutto chiaro. Ciò, inoltre, spiega lesuperstiziose credenze del papato, altrimenti inspiegabili, che indussero nelleepoche buie a premunirsi tanto contro il timore del giudizio avvenire, cercandod'essere sepolti nell'abito di un monaco. Essere sepolti nei saio di un frate, ac-

compagnati da lettere che iscrivevano il defunto ad un ordine monastico, eraconsiderata una liberazione sicura dalla condanna eterna! Nel “Credo di Piers ilContadino” un frate è descritto mentre persuade un pover uomo a consegnargliil suo denaro assicurandogli che, solo se egli contribuirà per il suo monastero:

"San Francesco stesso ti custodirà nella sua cappa. Ti presenterà allaTrinità, e pregherà per i tuoi peccati"

In virtù della stessa credenza superstiziosa, rè Giovanni d'Inghilterra fu sepoltonel cappuccio di un frate; e molti altri regali e nobili personaggi, "prima dellavita e dell'immortalità" a cui furono di nuovo portati per mezzo della Riforma,non avrebbero mai pensato che potesse esistere sistema migliore per coprire leloro nudità e le loro anime corrotte, che quello di drappeggiarsi negli abiti diqualche monaco o frate empio come loro. Ora, tutti questi ricettacoli di menzo-gna, sia nel papismo che nel paganesimo, messi in relazione con il vestire i santidell'un sistema, e gli dei dell'altro, quando si risale alla loro origine, mostranoche sin da quando il peccato entrò nel mondo, l'uomo ha sempre sentito il biso-gno di una giustizia migliore della sua per proteggerlo, e che sarebbe venuto iltempo in cui tutte le tribù della terra avrebbero conosciuto che la sola giustiziadisponibile sarebbe stata la "giustizia di Dio".Intimamente connessa con la "vestizione delle immagini dei santi" è anche laloro '“incoronazione”. Negli ultimi due secoli sono state celebrate più e piùvolte nel corso della comunione papista, le feste dell'incoronazione delle"immagini sacre". A Firenze, pochi anni fa, l'immagine della Madonna con ilbimbo fra le braccia fu “incoronata” con insolita pompa e solennità. Ora, ciòscaturisce pure dal fatto commemorato nella storia di Bacco o Osiride. PoichéNimrod fu il primo rè dopo il diluvio, così Bacco era celebrato come il primoche fu incoronato. Quando egli cadde in mano ai suoi nemici, assieme alla suagloria e potenza, fu anche privato della sua corona. La "caduta della corona dalcapo di Osiride" era commemorata in Egitto in modo particolare. Quella coronain tempi diversi fu rappresentata in varie maniere, ma nel piùfamoso mito di Osiride fu rappresentata come una "Ghirlandadi Meliloto". Il meliloto è una specie di trifoglio; e il trifoglionel sistema pagano era uno degli emblemi della Trinità. Da iTrattariani a tutt'oggi, il trifoglio è usato nello stesso sensosimbolico con cui lo è stato per lungo tempo nel papato, dacui il Puseysmo lo ha tratto. Così, in una blasfema rappresen-tazione papista di ciò che è chiamato Dio Padre (del quattor-dicesimo secolo) lo troviamo rappresentato con una corona atré punte ciascuna delle quali è sormontata da una foglia ditrifoglio bianco (Fig. 39). Ma molto prima che esistessero ilTrattarianismo o il Romanismo, il trifoglio era simbolo sacro.Il trifoglio bianco era evidentemente un simbolo di grandeimportanza fra gli antichi Persiani; poiché troviamo che cosìsi esprime Erodoto riferendosi ad esso nel descrivere i riti deiMagi persiani: "Se alcuno (Persiano) intende offrire a un dio,porta l'animale ad un luogo consacrato. Quindi, dividendo lavittima in parti, bolle la carne e la pone sopra le erbe più tene-re, specialmente il TRIFOGLIO. Fatto ciò, un mago - senza unmago non può esservi nessun sacrificio - canta un inno sacro".

Raffigura/ione diDio Padre.

Page 81: Libro Due Babilonie

128 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 128L e D u e B a b i l o n i erelativa al vestire il "Padre del genere umano'" con un mantello di pelli; e dopotutto ciò che abbiamo visto della deificazione di uomini morti, può esservi dub-bio su che cosa fosse commemorato annualmente?Nimrod stesso quando fu fatto a pezzi, fu necessariamente denudato. Tale fattofu identificato con la nudità di Noè e infine con quella di Adamo. Fu fatto crede-re che si fosse sottoposto volontariamente alla sofferenza per il bene del genereumano. La sua nudità perciò, e la nudità del "padre degli dèi" di cui egli era u-n'incarnazione, era considerata un'umiliazione volontaria. Quando, perciò, lesue sofferenze cessarono e la sua umiliazione passò, l'abito di cui era vestito fuconsiderato un abbigliamento meritorio, utilizzabile non solo per lui stesso maper tutti quelli che erano iniziati ai suoi misteri. Nei sacri riti del dio babilonese,sia l'esposizione che la vestizione che erano rappresentate come se avesseroavuto luogo, nella sua stessa storia, erano ripetute da tutti i suoi adoratori, se-condo la dichiarazione di Firmico, affinchè gli iniziati subissero ciò che avevasubito il loro dio. Per primo, dopo essere stati appropriatamente preparati conriti magici e cerimonie, essi erano introdotti in uno stato di assoluta nudità, neipiù reconditi recessi del tempio. Ciò si evince dalla seguente affermazione diProclo: "Nel più santo dei misteri, essi dicono che i mistici dapprima si incontra-no con i demoni dalle molteplici sembianze che sono scagliati davanti agli dèi:ma entrando nelle parti più interne del tempio, essi ricevono genuinamente nelloro seno illuminazione divina e, SVESTITI DEI LORO ABITI, partecipano, comeessi dicono, della natura divina". Quando gli iniziati, così "illuminati" e resipartecipi della "natura divina", dopo essersi "svestiti dei loro abiti" erano nuova-mente rivestiti gli abiti con i quali erano ricoperti come "abiti sacri" possedeva-no preclare virtù. "Il manto di pelle" con cui il Padre del genere umano fu divi-namente rivestito dopo essere stato reso consapevole così dolorosamente dellasua nudità, era, come riconosce ogni teologo intelligente, un emblema tipicodella gloriosa giustizia di Cristo - l'abito di salvezza, in cui "tutto e tutti devonocredere". Gli abiti posti sugli iniziati dopo averli svestiti dei precedenti eranoevidentemente intesi come un'imitazione dell'emblema. "Gli abiti degli iniziatiai Misteri Eleusini", dice Potter, "erano considerati sacri e di non minore effica-cia per allontanare il male dagli incantesimi e dalle magìe". E naturalmente, sepossibile, in questi "abiti sacri" essi erano sepolti; poiché Erodoto, parlando del-l'Egitto, da dove provenivano questi misteri, ci dice che la religione prescriveval'abito dei morti. L'efficacia degli "abiti sacri" come mezzo di salvezza e di libe-razione dal male nel mondo invisibile ed eterno, occupa un posto di rilievo inmolte religioni. Così i Parsi, i cui elementi fondamentali del loro sistema pro-vengono dal caldeo Zoroastro, credono che "il Sadra o abito sacro'" serva es-senzialmente a "proteggere l'anima dipartita dalle calamità provenienti da Ari-man", o il diavolo; ed essi rappresentano quelli che trascurano l'uso di questesacre vesti sofferenti nell'anima e "mentre emettono grida terribili e spaventose",per spiegare le sofferenze loro inflitte "da ogni sorta di rettili e animali nocivi,che li assalivano con i loro denti e pungiglioni e non davano loro un momento direspiro". Cosa potrebbe mai aver indotto il genere umano ad attribuire tali virtùagli abiti sacri? Se si ammette che non si tratta altro che di una perversione de-gli "abiti sacri" posti sui nostri progenitori, è tutto chiaro. Ciò, inoltre, spiega lesuperstiziose credenze del papato, altrimenti inspiegabili, che indussero nelleepoche buie a premunirsi tanto contro il timore del giudizio avvenire, cercandod'essere sepolti nell'abito di un monaco. Essere sepolti nei saio di un frate, ac-

compagnati da lettere che iscrivevano il defunto ad un ordine monastico, eraconsiderata una liberazione sicura dalla condanna eterna! Nel “Credo di Piers ilContadino” un frate è descritto mentre persuade un pover uomo a consegnargliil suo denaro assicurandogli che, solo se egli contribuirà per il suo monastero:

"San Francesco stesso ti custodirà nella sua cappa. Ti presenterà allaTrinità, e pregherà per i tuoi peccati"

In virtù della stessa credenza superstiziosa, rè Giovanni d'Inghilterra fu sepoltonel cappuccio di un frate; e molti altri regali e nobili personaggi, "prima dellavita e dell'immortalità" a cui furono di nuovo portati per mezzo della Riforma,non avrebbero mai pensato che potesse esistere sistema migliore per coprire leloro nudità e le loro anime corrotte, che quello di drappeggiarsi negli abiti diqualche monaco o frate empio come loro. Ora, tutti questi ricettacoli di menzo-gna, sia nel papismo che nel paganesimo, messi in relazione con il vestire i santidell'un sistema, e gli dei dell'altro, quando si risale alla loro origine, mostranoche sin da quando il peccato entrò nel mondo, l'uomo ha sempre sentito il biso-gno di una giustizia migliore della sua per proteggerlo, e che sarebbe venuto iltempo in cui tutte le tribù della terra avrebbero conosciuto che la sola giustiziadisponibile sarebbe stata la "giustizia di Dio".Intimamente connessa con la "vestizione delle immagini dei santi" è anche laloro '“incoronazione”. Negli ultimi due secoli sono state celebrate più e piùvolte nel corso della comunione papista, le feste dell'incoronazione delle"immagini sacre". A Firenze, pochi anni fa, l'immagine della Madonna con ilbimbo fra le braccia fu “incoronata” con insolita pompa e solennità. Ora, ciòscaturisce pure dal fatto commemorato nella storia di Bacco o Osiride. PoichéNimrod fu il primo rè dopo il diluvio, così Bacco era celebrato come il primoche fu incoronato. Quando egli cadde in mano ai suoi nemici, assieme alla suagloria e potenza, fu anche privato della sua corona. La "caduta della corona dalcapo di Osiride" era commemorata in Egitto in modo particolare. Quella coronain tempi diversi fu rappresentata in varie maniere, ma nel piùfamoso mito di Osiride fu rappresentata come una "Ghirlandadi Meliloto". Il meliloto è una specie di trifoglio; e il trifoglionel sistema pagano era uno degli emblemi della Trinità. Da iTrattariani a tutt'oggi, il trifoglio è usato nello stesso sensosimbolico con cui lo è stato per lungo tempo nel papato, dacui il Puseysmo lo ha tratto. Così, in una blasfema rappresen-tazione papista di ciò che è chiamato Dio Padre (del quattor-dicesimo secolo) lo troviamo rappresentato con una corona atré punte ciascuna delle quali è sormontata da una foglia ditrifoglio bianco (Fig. 39). Ma molto prima che esistessero ilTrattarianismo o il Romanismo, il trifoglio era simbolo sacro.Il trifoglio bianco era evidentemente un simbolo di grandeimportanza fra gli antichi Persiani; poiché troviamo che cosìsi esprime Erodoto riferendosi ad esso nel descrivere i riti deiMagi persiani: "Se alcuno (Persiano) intende offrire a un dio,porta l'animale ad un luogo consacrato. Quindi, dividendo lavittima in parti, bolle la carne e la pone sopra le erbe più tene-re, specialmente il TRIFOGLIO. Fatto ciò, un mago - senza unmago non può esservi nessun sacrificio - canta un inno sacro".

Raffigura/ione diDio Padre.

81 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 81L e D u e B a b i l o n i ere il loro vecchio dio Oannes, o Tammuz. Così, lo stesso periodo in cui nell'anti-ca Babilonia veniva celebrata la grande festa estiva di Tammuz, viene tutt'oggiosservato nella chiesa papale come la festa della natività di S. Giovanni. E lafesta di S. Giovanni inizia esattamente come aveva inizio il giorno festivo inCaldea. E ben noto che, in oriente, il giorno comincia di sera. Così, sebbene siail giorno 24 ad essere considerato quello della natività, tuttavia è la Notte di S.Giovanni che, la sera del 23, hanno inizio le festività e le solennità di quel perio-do. Ora, se esaminiamo le festività stesse, vedremo come siano puramente paga-ne e come mostrino decisamente la loro reale discendenza. Le grandi solennitàche contraddistinguono la notte di S. Giovanni sono i fuochi di mezz'estate.Vengono accesi in Francia, Svizzera, nell'Irlanda cattolica romana e in alcuneisole occidentali della Scozia. Sono accesi dappertutto dai seguaci di Roma efiaccole ardenti sono portate per i campi di granoturco. Così Bel nel suo“Wayside Pictures” descrive i fuochi di S. Giovanni di Brittany, in Francia:"Ogni festa è contrassegnata da caratteristiche diverse sue peculiari. Quella di S.Giovanni è forse, nel complesso, la più importante. Per tutto il giorno i bambinipoveri vanno in giro chiedendo contribuzioni per accendere i fuochi di MonsieurS. Giovanni e verso sera il primo falò è seguito da un secondo, poi da un terzo,un quarto, quindi a migliaia brillano sulle cime dei colli fino a che l'intero paesene è completamente circondato. A volte i sacerdoti accendono il primo falò nellapiazza del mercato e a volte esso è acceso da un angelo che viene fatto scenderecon un meccanismo dalla sommità della chiesa, con in mano una fiaccola. I gio-vani danzano freneticamente attorno al fuoco poiché esiste una superstizionesecondo la quale danzando intorno a 9 fuochi prima di mezzanotte, si sposeran-no entro l'anno successivo. Delle sedie per i morti sono collocate a ridosso delfalò, poiché si suppone che i loro spiriti vi si siedano per il triste piacere di udireancora una volta i canti delle loro genti e contemplare l'entusiasmo della gioven-tù. In queste occasioni vengono conservati frammenti di torce come rimediocontro le malattie nervose e i tumori e la corona floreale che sormonta il falòprincipale è così richiesta che hanno luogo violenti tumulti per il suo possesso".Ciò accade in Francia. Volgiamoci adesso all'Irlanda. "Nel corso della grandefesta dei contadini irlandesi, la notte di S. Giovanni", dice Charlotte Elizabethdescrivendo una particolare festa a cui assistette, "è abitudine, al tramonto diquel giorno, di accendere immensi fuochi in tutto il paese edificando, fino agrande altezza, delle cataste composte di torba, legno di palude e altre sostanzecombustibili. La torba provvede una fiamma costante, il legno di palude unafiamma brillante e gli effetti di questi fuochi sono visibili su ogni colle, produ-cendo un fumo visibile da ogni punto dell'orizzonte. Al principio della sera ipaesani si radunano tutti abbigliati con i vestiti della festa, raggianti di salute,con l'aspetto che mostra quell'eccitazione e quello splendore gioioso che caratte-rizza la gente entusiasta di quelle lande. Non ho mai visto alcuna cosa che lerassomigliasse e fui estremamente deliziata dalle loro intelligenti felici e benproporzionate fattezze, dalla baldanza degli uomini e dal piacevole, grazioso mamodesto portamento delle fanciulle, dalla vivacità degli anziani e dal giubilo deifanciulli. Furono accesi i fuochi e scaturì un'imponente fiammata e per un pòrimasero a contemplarla con i volti stranamente sfigurati dalla luce caratteristicache viene dal principio emanata quando prende fuoco il legno di palude. Dopouna breve pausa fu fatto dello spazio di fronte a un vecchio sonatore, cieco, dicornamusa: il perfetto esemplare di energia, buffoneria e scaltrezza che, seduto

su una sedia bassa, con un boccale ricolmo a portata di mano, regolò la corna-musa su toni animati ed ebbe inizio una danza interminabile. Ma accadde qual-cosa che mi sorprese non poco. Dopo aver arso per alcune ore ed essersi quasispenti i fuochi, ebbe inizio una parte fondamentale della cerimonia. Ognuno deipresenti passò attraverso d'esso e diversi bambini furono gettati oltre le braciardenti, mentre un telaio di legno di circa otto piedi, con la testa di un cavallofissata ad un'estremità ed un grande lenzuolo bianco sopra, fa la sua apparizione.Esso fu accolto con alte grida e invocato come il cavallo bianco. Chiesi cosarappresentasse e mi fu detto che raffigurava tutto il bestiame. Qui vi era l'anticaadorazione di Baal, se non quella di Moloch, apertamente e chiaramente serbatanel cuore di un paese nominalmente cristiano e da milioni di professanti il nomedi Cristo. Ne fui confusa perché allora non sapevo che il papismo fosse solo uningannevole adattamento dell'idolatria pagana ai suoi disegni".Tale è la festa della notte di S. Giovanni celebrata fino ad oggi in Francia e nel-l'Irlanda papista. Questo è il modo in cui i seguaci di Roma pretendono di com-memorare la nascita di colui che venne per preparare la via del Signore, volgen-do il suo antico popolo da tutti i loro rifugi di menzogna, rendendolo consapevo-le della necessità di abbracciare il regno di Dio che non consiste in semplicicose esteriori, ma nella "giustizia e pace e gioia nello Spirito Santo". Abbiamovisto la sola osservazione dei riti con i quali è celebrata questa festa, indurrel'autrice appena citata alla conclusione che ciò che aveva prima visto era real-mente la reliquia dell'adorazione pagana di Baal. La storia della festa e il modoin cui essa è osservata, riflette reciproca luce sulle altre. Prima che il cristianesi-mo facesse il suo ingresso nelle Isole Britanniche, la festa pagana del 24 giugnoera celebrata fra i Druidi che accendevano fuochi in onore della loro grande di-vinità che come abbiamo già visto, era Baal. "Questi fuochi di mezz'estate equesti sacrifici", dice Toland nel suo “Account of thè Druids” "avevano lo sco-po di ottenere una benedizione sui frutti della terra, adesso pronti per il raccoltocome quella del primo maggio, affinchè potessero crescere prosperi; e quelladell'ultimo di ottobre era un ringraziamento per la fine della mietitura". Ancora,parlando dei fuochi druidici di mezz'estate, egli così prosegue: "Per ritornare ainostri fuochi era abitudine del Signore del luogo, o di suo figlio o di altre perso-ne di rango elevato, di prendere le viscere degli animali sacrificati fra le mani e,camminando scalzo sui carboni per tre volte dopo che le fiamme avevano smes-so di ardere, di portarle direttamente ai Druidi che attendevano con la pelle inte-ra sull'altare. Se l'uomo di rango se la cavava senza danno ciò era consideratocome un buon presagio ed era accolto con dimostrazioni festose; ma se venivadanneggiato era considerato come portasfortuna sia per la comunità che per sestesso". "Così, io ho visto" aggiunge Toland "la gente correre e saltare attraversoi fuochi di S. Giovanni in Irlanda non solo orgogliosi di essere passati senzaessersi bruciati, ma, come se fosse una certa qual sorta di lustro ritenendosi be-nedetti in modo speciale dalla cerimonia ignorandone l'origine della stessa".Abbiamo già considerato dei motivi per concludere che Foroneo, "il primo deimortali a regnare", cioè Nimrod e la dea romana Feronia, erano strettamentecollegati l'uno all'altra. In relazione ai fuochi di S. Giovanni tale relazione è an-cor di più confermata da ciò che è stato trasmesso dall'antichità circa queste duedivinità e, allo stesso tempo, è chiarita l'origine di tali fuochi. Foroneo è descrit-to in modo tale che mostra che egli era conosciuto in relazione all'origine dell'a-dorazione del fuoco. Così Pausania parla di lui: - "vicino a quest'immagine

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82 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 82L e D u e B a b i l o n i e(l'immagine di Bitone) essi (gli Argivi) accendevano un fuoco, poiché essi noncredevano che il fuoco fosse stato donato da Prometeo agli uomini, ma ascrive-vano l'invenzione a Foroneo". Dev'essere accaduto qualcosa di tragico circa lamorte di questo Foroneo inventore del fuoco che "per primo riunì il genere uma-no in comunità"; poiché, dopo aver descritto l'ubicazione del suo sepolcro, Pau-sania aggiunge: "In realtà, anche al presente essi celebrano osservanze funebri inonore di Foroneo"; linguaggio che mostra che la sua morte dev'essere stata cele-brata come quella di Bacco. Quindi il carattere dell'adorazione di Feronia, checoincide con l'adorazione del fuoco, è evidente nei riti praticati dai sacerdotinella città situata ai piedi del monte Soratte, chiamata col suo nome. "I sacerdo-ti", dice Byrant riferendosi sia a Plinio che a Strabene come autorità, "con i piedinudi, camminavano su una grande quantità di carboni accesi e di ceneri". A que-sta stessa pratica fa riferimento Arnus citando Virgilio rivolgendosi ad Apollo, ildio sole, che aveva il suo santuario a Soracte:

"O patrono delle elevate dimore di Soracte,Febo, che eserciti potere fra gli dèi,Colui che per primo serviamo; tronchi interi di piniOleosi sono per te abbattuti, per far splendere la tua gloria.Da te protetti, con le nostre nude piante dei piedi,Attraverso le fiamme indenni marciamo e camminiamo sui carboniardenti".Cosi i fuochi di S. Giovanni, sulle cui braci ardenti vengono fatti passare vecchie giovani, si possono far risalire al "primo mortale che regnò".E rimarchevole che una festa con tutte le caratteristiche essenziali dell'adorazio-ne del fuoco di Baal, si trovi fra nazioni pagane, in regioni lontane l'una dall'al-tra, ricadente all'incirca nello stesso periodo del mese di Tammuz, quand'eraanticamente celebrato il dio babilonese. Fra i turchi il digiuno di Ramadan che,dice Hurd, inizia il 12 di giugno, è celebrato con illuminazione di lampade ar-denti. In Cina, dove la festa del dragone del fiume è celebrata in modo da ricor-dare a coloro che ne sono stati testimoni, il lamento per Adone, è la solennitàche da inizio a mezz'estate. In Perù, durante il regno degli Incas, veniva tenuta lafesta di Rayami, la festa più grande dei peruviani, quando i sacri fuochi veniva-no accesi di nuovo dal sole, mediante specchi concavi di metallo lucido. Rego-larmente all'inizio del solstizio dal principio cominciava in segno di lutto "undigiuno generale di tre giorni e nessun fuoco doveva essere acceso nelle lorodimore" e quindi, il quarto giorno, il lutto si mutava in gioia, quando l'Inca e lasua corte, seguiti dall'intera popolazione di Cuzco, si riunivano al sorgere delsole nella grande piazza per assistere al levarsi dell'astro. "Con impazienza" dicePrescott "essi attendevano la venuta della divinità e non appena i suoi primi rag-gi illuminavano le torri e gli edifici più elevati della capitale, esplodeva da partedella moltitudine radunata un grido di giubilo, accompagnato da canti trionfali edalle selvagge melodie degli strumenti barbari, che si levavano in alto e semprepiù forti man mano che il sole compiva la sua orbita innalzandosi sulle catenemontuose a oriente, riversando così il suo pieno splendore sui propri devoti".Potrebbe essere casuale tale alternanza di lutto e di gioia coincidente col tempoin cui i babilonesi piangevano e gioivano su Tammuz? Poiché Tammuz era ladivinità solare incarnata, è facile vedere come tale lutto e gioia dovrebbero esse-re messi in relazione all'adorazione del sole. In Egitto la festa delle lampade

ardenti in cui molti sono già stati costretti a vedere l'equivalente della festa di S.Giovanni, era chiaramente connessa con il lutto e il giubilo per Osiride."Nella città di Sais" dice Erodoto "essi mostravano il sepolcro di colui che nonpenso sia giusto menzionare in quest'occasione". Questa è la maniera immutabi-le con cui lo storico si riferisce a Osiride, ai cui misteri era stato iniziato, quandonarra alcuni dei riti della sua adorazione. "Ciò ha luogo nella camera sacra oltreil tempio di Minerva e al chiuso fra le mura di questo tempio che è occupato perl'intera lunghezza. Dopo essersi raccolti nella città di Sais per la festa, in unacerta notte tutti accendono molte lucerne all'aperto intorno alla casa in circolo.Le lucerne sono costituite da vasi pieni d'olio e di sale, e alla superficie c'è illucignolo che arde per tutta la notte e la festa ha il nome di accensione dellelucerne. Gli Egiziani che non vanno a questa festa aspettano la notte accendendoanch'essi tutte le lucerne e così non solo in Sais si accendono lucerne ma anchein tutto l'Egitto. Quanto alla ragione per cui questa notte ha ottenuto luce e ono-ranze, viene narrato a tale riguardo un racconto sacro". Wilkinson, nel citarequesto passo di Erodoto, identifica espressamente questa festa con le lamenta-zioni per Osiride e ci assicura che era considerato della più grande importanzaonorare la divinità mediante l'attenta osservanza di questi riti.Fra gli Iazidi, o adoratori del diavolo della moderna Caldea fino ad oggi, è cele-brata la stessa festa con riti probabilmente quasi identici a migliaia di anni fa,quando nella stessa regione l'adorazione di Tammuz era in tutta la sua gloria.Così Mister Layard descrive una festa di tale sorta alla quale egli stesso era statopresente: "Al termine del crepuscolo, i fachiri, ordine più basso dei sacerdoti,vestiti con abiti scuri di stoffa grossolana, strettamente aderenti ai loro corpi,con turbanti neri sui loro capi, uscivano dalle tombe, ciascuno con una lampadain una mano ed un recipiente d'olio con un lucignolo di cotone nell'altra. Essiriempivano e collocavano le lampade in una delle nicchie del muro del cortile eanche su delle costruzioni ai lati della valle e pure su rocce isolate e nelle cavitàdei tronchi d'albero. Innumerevoli stelle apparivano scintillando sui neri fianchidella montagna e nei tenebrosi recessi della foresta. Non appena i sacerdoti pas-savano in mezzo alle folle per adempire ai loro doveri, uomini e donne passava-no alla loro destra attraverso la fiamma e dopo aver strofinato il sopraccigliodestro con la parte che era stata, purificata dall'elemento sacro, essi la portava-no devotamente alle labbra. Alcuni che portavano bambini tra le braccia simil-mente li ungevano mentre altri tendevano le mani affinchè fossero toccati daquelli che, meno fortunati, non avevano potuto raggiungere la fiamma... Con ilproseguire della notte, quelli che si erano radunati - dovevano essere circa 5000persone - accendevano le fiaccole che avevano portato con loro attraverso laforesta. L'effetto era magico: i vari gruppi potevano debolmente essere distintiattraverso le tenebre - gli uomini che si affrettavano avanti e indietro - le donnecoi loro figli sedute sui tetti delle case - e le folle radunate intorno ai ciarlataniche esponevano le loro mercanzie per venderle. Migliaia di luci si riflettevanonelle fontane e nei ruscelli risplendendo debolmente attraverso il fogliame deglialberi e tremolavano in lontananza.Mentre guardavo questa scena straordinaria il ronzìo di una voce umana li zittìimprovvisamente e una canzone solenne e melanconica si udì dalla vallata. As-somigliava ad alcuni canti maestosi che alcuni anni prima avevo ascoltato nellacattedrale di un paese lontano. Musica così patetica e dolce che non avevo maiudito in oriente. Le voci degli uomini e delle donne si fondevano armoniosa-

127 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 127L e D u e B a b i l o n i etutti gli accessi all'isola erano proibiti in tutti gli altri periodi e che nessun uccel-lo volava su di essa, ne pesce nuotava vicino a tale suolo consacrato”.Sembra che questa non sia stata una semplice processione di sacerdoti nelle im-mediate vicinanze della tomba, ma un vero e proprio pellegrinaggio nazionale;poiché, dice Diodoro, "il sepolcro di Osiride a File è riverito dai sacerdoti ditutto l'Egitto". Non abbiamo le stesse informazioni particolareggiate circa l'ado-razione delle reliquie in Assiria o Babilonia, ma ve n'è abbastanza per mostrareche, se era il dio babilonese ad essere adorato in Egitto col nome di Osiride, cosìnel suo stesso paese era prestata la superstiziosa venerazione alle sue reliquie.Abbiamo già visto che quando morì lo Zoroastro di Babilonia, si sapeva che egliaveva volontariamente ceduto la sua vita in sacrificio e aveva "dato incarico aisuoi connazionali di preservare i suoi resti, assicurando loro che dall'osservare omeno questo comando sarebbe dipeso il destino del loro impero. E appropriata-mente, apprendiamo da Ovidio, che il "Busta Nini" o "Tomba di Nino", moltotempo dopo ciò, era uno dei monumenti di Babilonia. Ora, paragonando la mor-te e la resurrezione leggendarie del falso Messia, con la morte e la risurrezionedi quello vero, si troverà che vi è rimarchevole contrasto. Quando il falso Mes-sia morì, gli arti furono smembrati e le sue ossa furono disperse per tutto il pae-se. Quando ebbe luogo la morte del vero Messia, la Provvidenza dispose affin-chè il suo corpo rimanesse tutto intero e che si adempissero esattamente le paro-le profetiche "non gli sarà rotto nessun osso". Quando, ancora, il falso Messiasarebbe resuscitato, quella resurrezione ebbe luogo in un nuovo corpo, mentre ilvecchio corpo, con tutte le sue membra, fu lasciato, mostrando così che la resur-rezione non era che una pretesa e un inganno. Quando il vero Messia fu"dichiarato figlio di Dio con potenza, mediante la resurrezione dei morti", latomba sebbene vigilata gelosamente dagli armati increduli soldati di Roma, futrovata assolutamente vuota, e nessun corpo morto del Signore fu trovato suc-cessivamente, ne si pretese mai che fosse trovato. La resurrezione di Cristo, per-ciò, si pone su di un piano del tutto diverso dalla resurrezione di Osiride. Delcorpo di Cristo, naturalmente, data la natura del caso, non vi sono reliquie. Ro-ma, comunque, per perpetuare il sistema Babilonese, ha ovviato a tale mancanzamediante le reliquie dei santi; ed ora le reliquie di San Pietro e San Paolo, di SanTommaso e di San Lorenzo, occupano lo stesso posto nell'adorazione del papatodi quelle di Osiride in Egitto, o di Zoroastro a Babilonia.

SEZIONE IIILA VESTIZIONE E L'INCORONAZIONE DELLE IMMAGINI

Nelle chiesa di Roma, la vestizione e l'incoronazione delle immagini costituisceuna parte estremamente significativa del cerimoniale. Le immagini sacre nonsono, come le statue ordinarie con abiti dello stesso materiale delle medesime,ma esse hanno abiti posti su di loro di volta in volta, come i comuni mortali.Sono spesso sostenute grandi spese per drappeggiarle: e quelli che offrono lorosplendidi abiti suppongono così di ottenere il loro particolare favore, e di accu-mulare una grande quantità di meriti. Così, nel settembre del 1852, troviamo ilduca e la duchessa di Montpensier celebrati nel Tablet, non soltanto per la lorocarità nel "dare 3.000 reali a favore dei poveri", ma specialmente e soprattutto,per la loro pietà nel “presentare la Vergine con uno splendido abito di tessutod'oro, con merletti e corona d'argento”. Quasi lo stesso tipo di pietà della disso-

luta Regina di Spagna fu testimoniata da una simile beneficenza, quando essadepose ai piedi della Regina del Cielo l'omaggio degli abiti e dei gioielli cheessa aveva indossato in occasione di un solenne ringraziamento, come pure l'a-bito che indossava quand'era stata pugnalata dall'assassino Merino. "Il mantello"dice il giornale spagnolo Espana, "mostrava i segni del colpo e la sua foderad'ermellino era macchiata con il sangue prezioso di Sua Maestà. Nel cesto (checonteneva gli abiti) vi erano similmente i gioielli che adornavano il capo e ilpetto di sua Maestà. Fra loro vi era un diamante prezioso, così squisitamentelavorato e così abbagliante che sembrava essere lavorato da una singola pietra".Ciò è sufficientemente puerile e presenta la natura umana sotto un aspetto moltoumiliante; ma esso è copiato dall'antica adorazione pagana. Lo stesso abbiglia-mento e adornamento degli dèi aveva luogo in Egitto e vi erano persone sacresolo alle quali era consentito di interferire in funzioni così sacre. Così nella pie-tra di Rosetta troviamo un riferimento a codesti sacri funzionari come segue: "Icapi sacerdoti e i profeti, e coloro che hanno accesso al penetrare per vestire glidèi,... riuniti nel tempio di Menfi, stabiliti dal seguente decreto". Il "vestire glidèi" occupava un posto egualmente importante nel cerimoniale dell'antica Gre-cia. Così troviamo che Pausania riferendosi a un dono fatto a Minerva dice: "Intempi successivi Laodicea, la figlia di Agapenore, mandò un velo a Tegea, aMinerva Alea". L'epigramma (iscrizione) su quest'offerta indica, nello stessotempo, l'origine di Laodicea:

"Laodicea, da Cipro, la divina,Al suo paese natìo,Mandò questo velo, offerto a Minerva".

Così pure, quando Ecuba, la regina troiana, nel caso già menzionato, conducevale processioni penitenziali al tempio di Minerva per le strade di Troia, ricevetteil comando di non recarvisi a mani vuote, ma di portare con sé, come offertaaccettevole:

"Di pepli istoriati in serbo tenea, lavor delle fenice donne,che Paride, solcando il vasto mar di Sidon conducea, quando la figliadi Lindaro rapìo. Di questi Ecùba un ne toglie, il più grande, il piùriposto, fulgido come stella, ed a Minerva offerta lo destina".

Vi è una meravigliosa rassomiglianza qui fra la pietà della Regina di Troia equella della regina di Spagna. Ora, nell'antico paganesimo era sottointeso unmistero sotto l'abbigliamento degli dèi. Se gli dèi e le dee erano così compiaciutinell'essere vestiti, ciò era perché vi era stato un tempo nella loro storia in cuiessi ebbero un grande bisogno di abiti. Si, può essere stabilito con chiarezza,come è già stato accennato, che in fondo i grandi dèi e le grandi dee del pagane-simo, mentre i fatti della loro storia s'intrecciavano con i loro sistemi idolatrici,erano adorati anche come incarnazione dei nostri grandi progenitori, la cui disa-strosa caduta li privò della loro gloria originaria e rese necessario che la manodivina coprisse la loro nudità con degli abiti specialmente preparati per loro.Non posso qui entrare in un'elaborata prova di questo fatto; ma lascio che sirifletta sull'osservazione di Erodoto relativa alla cerimonia annuale, osservata inEgitto, del sacrificio di un montone, e della vestizione del PADRE DEGLI DEI conla sua pelle. Si paragoni quest'affermazione con la narrazione divina di Genesi

Page 83: Libro Due Babilonie

126 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 126L e D u e B a b i l o n i etutti gli accessi all'isola erano proibiti in tutti gli altri periodi e che nessun uccel-lo volava su di essa, ne pesce nuotava vicino a tale suolo consacrato”.Sembra che questa non sia stata una semplice processione di sacerdoti nelle im-mediate vicinanze della tomba, ma un vero e proprio pellegrinaggio nazionale;poiché, dice Diodoro, "il sepolcro di Osiride a File è riverito dai sacerdoti ditutto l'Egitto". Non abbiamo le stesse informazioni particolareggiate circa l'ado-razione delle reliquie in Assiria o Babilonia, ma ve n'è abbastanza per mostrareche, se era il dio babilonese ad essere adorato in Egitto col nome di Osiride, cosìnel suo stesso paese era prestata la superstiziosa venerazione alle sue reliquie.Abbiamo già visto che quando morì lo Zoroastro di Babilonia, si sapeva che egliaveva volontariamente ceduto la sua vita in sacrificio e aveva "dato incarico aisuoi connazionali di preservare i suoi resti, assicurando loro che dall'osservare omeno questo comando sarebbe dipeso il destino del loro impero. E appropriata-mente, apprendiamo da Ovidio, che il "Busta Nini" o "Tomba di Nino", moltotempo dopo ciò, era uno dei monumenti di Babilonia. Ora, paragonando la mor-te e la resurrezione leggendarie del falso Messia, con la morte e la risurrezionedi quello vero, si troverà che vi è rimarchevole contrasto. Quando il falso Mes-sia morì, gli arti furono smembrati e le sue ossa furono disperse per tutto il pae-se. Quando ebbe luogo la morte del vero Messia, la Provvidenza dispose affin-chè il suo corpo rimanesse tutto intero e che si adempissero esattamente le paro-le profetiche "non gli sarà rotto nessun osso". Quando, ancora, il falso Messiasarebbe resuscitato, quella resurrezione ebbe luogo in un nuovo corpo, mentre ilvecchio corpo, con tutte le sue membra, fu lasciato, mostrando così che la resur-rezione non era che una pretesa e un inganno. Quando il vero Messia fu"dichiarato figlio di Dio con potenza, mediante la resurrezione dei morti", latomba sebbene vigilata gelosamente dagli armati increduli soldati di Roma, futrovata assolutamente vuota, e nessun corpo morto del Signore fu trovato suc-cessivamente, ne si pretese mai che fosse trovato. La resurrezione di Cristo, per-ciò, si pone su di un piano del tutto diverso dalla resurrezione di Osiride. Delcorpo di Cristo, naturalmente, data la natura del caso, non vi sono reliquie. Ro-ma, comunque, per perpetuare il sistema Babilonese, ha ovviato a tale mancanzamediante le reliquie dei santi; ed ora le reliquie di San Pietro e San Paolo, di SanTommaso e di San Lorenzo, occupano lo stesso posto nell'adorazione del papatodi quelle di Osiride in Egitto, o di Zoroastro a Babilonia.

SEZIONE IIILA VESTIZIONE E L'INCORONAZIONE DELLE IMMAGINI

Nelle chiesa di Roma, la vestizione e l'incoronazione delle immagini costituisceuna parte estremamente significativa del cerimoniale. Le immagini sacre nonsono, come le statue ordinarie con abiti dello stesso materiale delle medesime,ma esse hanno abiti posti su di loro di volta in volta, come i comuni mortali.Sono spesso sostenute grandi spese per drappeggiarle: e quelli che offrono lorosplendidi abiti suppongono così di ottenere il loro particolare favore, e di accu-mulare una grande quantità di meriti. Così, nel settembre del 1852, troviamo ilduca e la duchessa di Montpensier celebrati nel Tablet, non soltanto per la lorocarità nel "dare 3.000 reali a favore dei poveri", ma specialmente e soprattutto,per la loro pietà nel “presentare la Vergine con uno splendido abito di tessutod'oro, con merletti e corona d'argento”. Quasi lo stesso tipo di pietà della disso-

luta Regina di Spagna fu testimoniata da una simile beneficenza, quando essadepose ai piedi della Regina del Cielo l'omaggio degli abiti e dei gioielli cheessa aveva indossato in occasione di un solenne ringraziamento, come pure l'a-bito che indossava quand'era stata pugnalata dall'assassino Merino. "Il mantello"dice il giornale spagnolo Espana, "mostrava i segni del colpo e la sua foderad'ermellino era macchiata con il sangue prezioso di Sua Maestà. Nel cesto (checonteneva gli abiti) vi erano similmente i gioielli che adornavano il capo e ilpetto di sua Maestà. Fra loro vi era un diamante prezioso, così squisitamentelavorato e così abbagliante che sembrava essere lavorato da una singola pietra".Ciò è sufficientemente puerile e presenta la natura umana sotto un aspetto moltoumiliante; ma esso è copiato dall'antica adorazione pagana. Lo stesso abbiglia-mento e adornamento degli dèi aveva luogo in Egitto e vi erano persone sacresolo alle quali era consentito di interferire in funzioni così sacre. Così nella pie-tra di Rosetta troviamo un riferimento a codesti sacri funzionari come segue: "Icapi sacerdoti e i profeti, e coloro che hanno accesso al penetrare per vestire glidèi,... riuniti nel tempio di Menfi, stabiliti dal seguente decreto". Il "vestire glidèi" occupava un posto egualmente importante nel cerimoniale dell'antica Gre-cia. Così troviamo che Pausania riferendosi a un dono fatto a Minerva dice: "Intempi successivi Laodicea, la figlia di Agapenore, mandò un velo a Tegea, aMinerva Alea". L'epigramma (iscrizione) su quest'offerta indica, nello stessotempo, l'origine di Laodicea:

"Laodicea, da Cipro, la divina,Al suo paese natìo,Mandò questo velo, offerto a Minerva".

Così pure, quando Ecuba, la regina troiana, nel caso già menzionato, conducevale processioni penitenziali al tempio di Minerva per le strade di Troia, ricevetteil comando di non recarvisi a mani vuote, ma di portare con sé, come offertaaccettevole:

"Di pepli istoriati in serbo tenea, lavor delle fenice donne,che Paride, solcando il vasto mar di Sidon conducea, quando la figliadi Lindaro rapìo. Di questi Ecùba un ne toglie, il più grande, il piùriposto, fulgido come stella, ed a Minerva offerta lo destina".

Vi è una meravigliosa rassomiglianza qui fra la pietà della Regina di Troia equella della regina di Spagna. Ora, nell'antico paganesimo era sottointeso unmistero sotto l'abbigliamento degli dèi. Se gli dèi e le dee erano così compiaciutinell'essere vestiti, ciò era perché vi era stato un tempo nella loro storia in cuiessi ebbero un grande bisogno di abiti. Si, può essere stabilito con chiarezza,come è già stato accennato, che in fondo i grandi dèi e le grandi dee del pagane-simo, mentre i fatti della loro storia s'intrecciavano con i loro sistemi idolatrici,erano adorati anche come incarnazione dei nostri grandi progenitori, la cui disa-strosa caduta li privò della loro gloria originaria e rese necessario che la manodivina coprisse la loro nudità con degli abiti specialmente preparati per loro.Non posso qui entrare in un'elaborata prova di questo fatto; ma lascio che sirifletta sull'osservazione di Erodoto relativa alla cerimonia annuale, osservata inEgitto, del sacrificio di un montone, e della vestizione del PADRE DEGLI DEI conla sua pelle. Si paragoni quest'affermazione con la narrazione divina di Genesi

83 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 83L e D u e B a b i l o n i e(l'immagine di Bitone) essi (gli Argivi) accendevano un fuoco, poiché essi noncredevano che il fuoco fosse stato donato da Prometeo agli uomini, ma ascrive-vano l'invenzione a Foroneo". Dev'essere accaduto qualcosa di tragico circa lamorte di questo Foroneo inventore del fuoco che "per primo riunì il genere uma-no in comunità"; poiché, dopo aver descritto l'ubicazione del suo sepolcro, Pau-sania aggiunge: "In realtà, anche al presente essi celebrano osservanze funebri inonore di Foroneo"; linguaggio che mostra che la sua morte dev'essere stata cele-brata come quella di Bacco. Quindi il carattere dell'adorazione di Feronia, checoincide con l'adorazione del fuoco, è evidente nei riti praticati dai sacerdotinella città situata ai piedi del monte Soratte, chiamata col suo nome. "I sacerdo-ti", dice Byrant riferendosi sia a Plinio che a Strabene come autorità, "con i piedinudi, camminavano su una grande quantità di carboni accesi e di ceneri". A que-sta stessa pratica fa riferimento Arnus citando Virgilio rivolgendosi ad Apollo, ildio sole, che aveva il suo santuario a Soracte:

"O patrono delle elevate dimore di Soracte,Febo, che eserciti potere fra gli dèi,Colui che per primo serviamo; tronchi interi di piniOleosi sono per te abbattuti, per far splendere la tua gloria.Da te protetti, con le nostre nude piante dei piedi,Attraverso le fiamme indenni marciamo e camminiamo sui carboniardenti".Cosi i fuochi di S. Giovanni, sulle cui braci ardenti vengono fatti passare vecchie giovani, si possono far risalire al "primo mortale che regnò".E rimarchevole che una festa con tutte le caratteristiche essenziali dell'adorazio-ne del fuoco di Baal, si trovi fra nazioni pagane, in regioni lontane l'una dall'al-tra, ricadente all'incirca nello stesso periodo del mese di Tammuz, quand'eraanticamente celebrato il dio babilonese. Fra i turchi il digiuno di Ramadan che,dice Hurd, inizia il 12 di giugno, è celebrato con illuminazione di lampade ar-denti. In Cina, dove la festa del dragone del fiume è celebrata in modo da ricor-dare a coloro che ne sono stati testimoni, il lamento per Adone, è la solennitàche da inizio a mezz'estate. In Perù, durante il regno degli Incas, veniva tenuta lafesta di Rayami, la festa più grande dei peruviani, quando i sacri fuochi veniva-no accesi di nuovo dal sole, mediante specchi concavi di metallo lucido. Rego-larmente all'inizio del solstizio dal principio cominciava in segno di lutto "undigiuno generale di tre giorni e nessun fuoco doveva essere acceso nelle lorodimore" e quindi, il quarto giorno, il lutto si mutava in gioia, quando l'Inca e lasua corte, seguiti dall'intera popolazione di Cuzco, si riunivano al sorgere delsole nella grande piazza per assistere al levarsi dell'astro. "Con impazienza" dicePrescott "essi attendevano la venuta della divinità e non appena i suoi primi rag-gi illuminavano le torri e gli edifici più elevati della capitale, esplodeva da partedella moltitudine radunata un grido di giubilo, accompagnato da canti trionfali edalle selvagge melodie degli strumenti barbari, che si levavano in alto e semprepiù forti man mano che il sole compiva la sua orbita innalzandosi sulle catenemontuose a oriente, riversando così il suo pieno splendore sui propri devoti".Potrebbe essere casuale tale alternanza di lutto e di gioia coincidente col tempoin cui i babilonesi piangevano e gioivano su Tammuz? Poiché Tammuz era ladivinità solare incarnata, è facile vedere come tale lutto e gioia dovrebbero esse-re messi in relazione all'adorazione del sole. In Egitto la festa delle lampade

ardenti in cui molti sono già stati costretti a vedere l'equivalente della festa di S.Giovanni, era chiaramente connessa con il lutto e il giubilo per Osiride."Nella città di Sais" dice Erodoto "essi mostravano il sepolcro di colui che nonpenso sia giusto menzionare in quest'occasione". Questa è la maniera immutabi-le con cui lo storico si riferisce a Osiride, ai cui misteri era stato iniziato, quandonarra alcuni dei riti della sua adorazione. "Ciò ha luogo nella camera sacra oltreil tempio di Minerva e al chiuso fra le mura di questo tempio che è occupato perl'intera lunghezza. Dopo essersi raccolti nella città di Sais per la festa, in unacerta notte tutti accendono molte lucerne all'aperto intorno alla casa in circolo.Le lucerne sono costituite da vasi pieni d'olio e di sale, e alla superficie c'è illucignolo che arde per tutta la notte e la festa ha il nome di accensione dellelucerne. Gli Egiziani che non vanno a questa festa aspettano la notte accendendoanch'essi tutte le lucerne e così non solo in Sais si accendono lucerne ma anchein tutto l'Egitto. Quanto alla ragione per cui questa notte ha ottenuto luce e ono-ranze, viene narrato a tale riguardo un racconto sacro". Wilkinson, nel citarequesto passo di Erodoto, identifica espressamente questa festa con le lamenta-zioni per Osiride e ci assicura che era considerato della più grande importanzaonorare la divinità mediante l'attenta osservanza di questi riti.Fra gli Iazidi, o adoratori del diavolo della moderna Caldea fino ad oggi, è cele-brata la stessa festa con riti probabilmente quasi identici a migliaia di anni fa,quando nella stessa regione l'adorazione di Tammuz era in tutta la sua gloria.Così Mister Layard descrive una festa di tale sorta alla quale egli stesso era statopresente: "Al termine del crepuscolo, i fachiri, ordine più basso dei sacerdoti,vestiti con abiti scuri di stoffa grossolana, strettamente aderenti ai loro corpi,con turbanti neri sui loro capi, uscivano dalle tombe, ciascuno con una lampadain una mano ed un recipiente d'olio con un lucignolo di cotone nell'altra. Essiriempivano e collocavano le lampade in una delle nicchie del muro del cortile eanche su delle costruzioni ai lati della valle e pure su rocce isolate e nelle cavitàdei tronchi d'albero. Innumerevoli stelle apparivano scintillando sui neri fianchidella montagna e nei tenebrosi recessi della foresta. Non appena i sacerdoti pas-savano in mezzo alle folle per adempire ai loro doveri, uomini e donne passava-no alla loro destra attraverso la fiamma e dopo aver strofinato il sopraccigliodestro con la parte che era stata, purificata dall'elemento sacro, essi la portava-no devotamente alle labbra. Alcuni che portavano bambini tra le braccia simil-mente li ungevano mentre altri tendevano le mani affinchè fossero toccati daquelli che, meno fortunati, non avevano potuto raggiungere la fiamma... Con ilproseguire della notte, quelli che si erano radunati - dovevano essere circa 5000persone - accendevano le fiaccole che avevano portato con loro attraverso laforesta. L'effetto era magico: i vari gruppi potevano debolmente essere distintiattraverso le tenebre - gli uomini che si affrettavano avanti e indietro - le donnecoi loro figli sedute sui tetti delle case - e le folle radunate intorno ai ciarlataniche esponevano le loro mercanzie per venderle. Migliaia di luci si riflettevanonelle fontane e nei ruscelli risplendendo debolmente attraverso il fogliame deglialberi e tremolavano in lontananza.Mentre guardavo questa scena straordinaria il ronzìo di una voce umana li zittìimprovvisamente e una canzone solenne e melanconica si udì dalla vallata. As-somigliava ad alcuni canti maestosi che alcuni anni prima avevo ascoltato nellacattedrale di un paese lontano. Musica così patetica e dolce che non avevo maiudito in oriente. Le voci degli uomini e delle donne si fondevano armoniosa-

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84 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 84L e D u e B a b i l o n i emente con le morbide note dei molti flauti. A intervalli regolari il canto era in-terrotto dall'alto clamore dei cembali e dei tamburi e quelli che si trovavanoentro i limiti delle tombe si univano alle melodie... I tamburi, che erano percossisimultaneamente, interrompevano solo a intervalli il canto dei preti". Layardnon dice in quale periodo questa festa avesse luogo, ma il suo linguaggio lasciapochi dubbi che non si trattasse della festa di Bacco; in altre parole del Messiababilonese, la cui morte tragica e la consecutiva resurrezione alla vita e alla glo-ria, costituivano la pietra angolare del paganesimo antico. La festa era chiara-mente tenuta in onore dello sceicco Shems, o il sole, e dello sceicco Adi, o"Principe dell'eternità" intorno alla cui tomba aveva luogo la solennità, propriocome la festa delle lampade in Egitto, in onore del dio-sole Osiride era celebrataentro i confini della tomba di quel dio a Sais.Orbene, il lettore non può mancare di osservare che in questa festa degli Iazidiuomini, donne e bambini erano "PURIFICATI" attraverso il contatto con"l'elemento sacro'' del fuoco. Nei riti di Zoroastro, il grande dio caldeo, il fuocooccupava esattamente lo stesso posto. Ciò si basava sul principio essenziale diquel sistema secondo il quale "chi si accostava al fuoco avrebbe ricevuto lucedalla divinità" e che "attraverso il fuoco divino tutti i peccati prodotti da genera-zioni sarebbero stati purgati". Perciò bisognava "far passare i loro figli e le lorofiglie attraverso il fuoco, a Moloc" (Ger. 32:35), per purificarli dal loro peccatooriginale e attraverso questa purificazione molti innocenti bambini divennerovittime di una divinità sanguinaria. Fra i Romani pagani questa purificazioneattraverso il fuoco era pure osservata "poiché", dice Ovidio "il fuoco purifica siail pastore che le pecore". Fra gli indù, da tempo immemorabile, il fuoco è statoadorato per la sua efficacia purificatrice. Così un adoratore è rappresentato daColebrooke, secondo i libri sacri, mentre si rivolge al fuoco: "Salute a tè (o fuo-co), che accetti le oblazioni, che risplendi, che scintilli; possa tu, il PURIFICATO-RE, portarci buona fortuna". Vi sono alcuni che mantengono un fuoco perpetuo ecompiono devozione quotidiane ad esso e "nel terminare i sacramenti degli dèi"ogni giorno gli presentano le loro supplicazioni: "Fuoco, tu espii il peccato con-tro gli dèi; possa questo sacrifìcio essere efficace. Tu espii il peccato contro l'uo-mo; tu espii il peccato contro i manès (spiriti dipartiti); tu espii i peccati ripetuti;tu espii ogni peccato che io ho commesso, volontariamente o involontariamente;possa questo sacrificio essere efficace". Anche fra i Druidi il fuoco era celebratocome purificatore. Così, in un canto druidico, leggiamo: "Essi celebrano le lodidel santo alla presenza del fuoco purificatore, che viene fatto ascendere in alto".Se, in effetti ai tempi druidici ci si attendeva una benedizione dall'accensionedelle pire, dal passare attraverso il fuoco, era semplicemente come conseguenzadel purgamento dal peccato che si attribuiva agli esseri umani e a tutte le coseconnesse loro. E evidente che questa stessa credenza relativa all'efficacia"purificatrice" del fuoco era condivisa dai cattolici Romani e Irlandesi quand'es-si così zelantemente passavano sia loro che i loro figli attraverso i fuochi di S.Giovanni. Toland testimonia che questi fuochi vengono accesi per una purifica-zione e tutti coloro che esaminano attentamente questo soggetto pervengono allastessa conclusione.Ordunque, se la festa babilonese di Tammuz si sincronizzava esattamente con lafesta della natività di S. Giovanni, non c'è da meravigliarsi che questa festa siaancora celebrata con i fiammeggianti "fuochi di Baal" e che non sia altro che lacopia fedele di ciò che era condannato da Geova anticamente fra il suo antico

popolo quando essi "facevano passare i loro figli attraverso il fuoco a Moloc".Ma chi conosce bene il Vangelo potrebbe definire cristiana tale festa? I pretipapisti, anche se non l'insegnano apertamente, per lo meno consentono ai loroseguaci di credere, con la stessa intensità degli antichi adoratori del fuoco, che ilfuoco materiale può purgare dalla colpa e dall'offerta del peccato. Come tuttociò tenda a fissare nelle menti dei loro ottenebrati vassalli una delle favole piùmostruose ma profittevoli al loro sistema, lo considereremo successivamente. Ilnome di Oannes doveva esser noto solo agli iniziati quale nome del Messia pa-gano e dal principio fu necessaria una certa misura di circospezione nell'intro-durre il paganesimo nella chiesa. Ma quando giunse il tempo in cui il Vangelofu oscurato e le tenebre si fecero più intense, non fu più necessaria tale precau-zione. Appropriatamente troviamo che, nelle epoche oscure, il Messia paganonon fu introdotto nella chiesa in maniera clandestina. Apertamente e dichiarata-mente egli fu canonizzato con il suo ben noto nome classico di Bacco e Dionisioe additato all'adorazione dei fedeli. Sì, a Roma, che professa d'essere preminen-temente la sposa di Cristo, la sola chiesa in cui si possa trovare la salvezza, haavuto la sfrontata impudenza di dare al grande avversario pagano del Figlio diDio un posto nel calendario, CON IL SUO STESSO NOME. Al lettore basti solo os-servare il calendario romano e troverà che questo è un fatto letterale; troverà cheil 7 ottobre è dedicato all'osservanza in onore di "San Bacco Martire". Ora, sen-za alcun dubbio, Bacco fu un martire: egli morì di morte violenta; perse la vitaper la religione, ma la religione per cui egli morì era quella degli adoratori delfuoco; infatti egli fu messo a morte, come abbiamo appreso da Maimonide, peraver promosso l'adorazione delle schiere celesti. Questo patrono delle schierecelesti e dell'adorazione del fuoco (poiché le due vanno sempre insieme, manonella mano) è stato canonizzato da Roma; che questo "San Bacco Martire" fosseidentico al Bacco dei pagani, il dio dell'ubriachezza e delle gozzoviglie, è evi-dente dal tempo della sua festa poiché il 7 ottobre segue di poco la fine dellavendemmia autunnale, che gli antichi romani usavano celebrare con ciò che erachiamato la "Festa Rustica" di Bacco ed è proprio a quel tempo che ha luogo lafesta papale di "S. Bacco Martire".Allo stesso modo in cui il dio caldeo è stato ammesso nel calendario romano colnome di Bacco, così è anche stato canonizzato con il suo altro nome di Dionisio.I pagani avevano l'abitudine di adorare lo stesso dio con nomi diversi e, appro-priatamente, non contenti della festa per Bacco col quale nome egli era comune-mente conosciuto a Roma, i Romani, indubbiamente per piacere ai Greci, cele-bravano una festa rustica in suo onore, due giorni dopo, con il nome di DionisioEleuterio, il nome col quale era adorato in Grecia. Quella festa rustica era chia-mata brevemente con il nome di Dionisia o, esprimendo più pienamente il suoscopo, il suo nome divenne "Festum Dionysi Eleutheri rusticum", cioè la "festarustica di Dionisio Eleuterio". Orbene il papato nel suo eccesso di zelo per isanti e l'adorazione dei santi, ha in effetti diviso in due Dionisio Eleuterio, fa-cendone due diversi santi col doppio nome di una divinità pagana e oltre a ciò,ha fatto dell'innocente epiteto "Rustico" che, anche fra i pagani non ha alcunapretesa di divinità, un terzo nome; e così è accaduto che, alla data del 9 ottobre,leggiamo quest'iscrizione nel calendario: "Festa di S. Dionisio e dei suoi compa-gni, S. Eleuterio e S. Rustico". Ora questo Dionisio che il papismo ha così mera-vigliosamente fornito di due compagni è il famoso S. Denis, il santo patrono diParigi e un paragone della storia del santo papista e del dio pagano farà non po-

125 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 125L e D u e B a b i l o n i edi Cadmus, se desiderate dimorare nel vostro paese, benedetti con il possesso dibuona salute portate le ossa di Ettore, figlio di Priamo, nei vostri domini dall'A-sia, e riverite l'eroe in armonia al mandato di Giove'". Possono essere citati moltiesempi simili tratti dallo stesso autore. Si credeva che le ossa così riverite e at-tentamente custodite fossero miracolose. Fin dai primi periodi il sistema delbuddismo si era basato sulle reliquie, che avevano la capacità di fare miracoliper lo meno come quelle dei "Venti Martiri" o delle reliquie di S.Stefano. Nel"Mahawanso" uno dei classici della fede buddista, è fatto riferimento alla custo-dia delle reliquie di Budda: "Avendo colui che ha sconfitto i nemici perfezionatole opere che doveva compiere entro il ricettacolo delle reliquie, radunata un'as-semblea di sacerdoti così si rivolse loro: 'Le opere che dovevo compiere nelricettacolo delle reliquie, sono compiute. Domani custodirò le reliquie. Signori,tenete in mente le reliquie'". Chi non ha sentito parlare del Santo Mantello diTreves, e della sua esibizione in pubblico? Da ciò che segue il lettore vedrà chevi è un'esatta similitudine con l'esposizione del Sacro Mantello di Budda: "Inseguito a ciò (il nipote del Raja Naga) mediante il suo dono soprannaturale, sal-tando in aria all'altezza di sette alberi di palme, e stendendo le braccia si recò nelluogo dove era posto il Dupathupo (o tabernacolo) in cui era collocato l'abitoche Buddho, cioè il Principe Siddhatto, aveva indossato in occasione del suoingresso nel sacerdozio, e lo mostrò al popolo". Questo "Santo Abito" di Buddaera indubbiamente genuino ed era oggetto di adorazione come il santo mantellodi Treves. Le similitudini non finiscono qui. E trascorso solo un anno o due daquando il Papa ha presentato al suo diletto figlio, Francesco d'Austria, un DEN-TE di S. Pietro, come segno del suo speciale favore e considerazione. I denti diBudda sono tenuti in egual conto fra i suoi adoratori. "Re di Devas", disse unmissionario buddista che fu inviato presso una delle principali corti di Ceylon achiedere una o due reliquie al Rajah, "Re di Devas, tu possiedi il vero canino (diBudda) come anche le vere ossa del collo del divino insegnante. Signore di De-vas non avere esitazioni nelle faccende che riguardano la salvezza dell'isola diLanka". Quindi l'efficacia miracolosa delle reliquie è mostrata da ciò che segue:"II salvatore del mondo (Budda) anche dopo aver conseguito il Parinibanan ol'emancipazione finale (cioè dopo la sua morte) mediante le reliquie del suo cor-po compì infiniti atti di massima perfezione, per il conforto spirituale e la pro-sperità mondana del genere umano. Mentre il vincitore (Jeyus) era ancora viven-te, che cosa non avrebbe compiuto?"Ora, nelle"'Ricerche Asiatiche" è fatta un'affermazione riguardo a queste reli-quie di Budda, che ci rivela l'origine reale di questa adorazione buddista dellereliquie. L'affermazione è la seguente: "Le ossa o membra del Budda furonodisperse per tutto il mondo, come quelle di Osiride e di Giove Zagreo. Radunar-le fu dal principio compito dei suoi discendenti e dei suoi seguaci. A motivodella pietà filiale, il ricordo di questa luttuosa ricerca era tenuto annualmente inmodo fittizio, con tutti i possibili contrassegni del cordoglio e della tristezza,fino a che un sacerdote annunciava che tutte le sacre reliquie erano state ritrova-te. Ciò è praticato a tutt'oggi da diverse tribù tartare della regione di Budda; el'espressione 'le ossa del figlio dello spirito dei cieli' è caratteristica dei cinesi edi alcune tribù Tartare". Qui è evidente che l'adorazione delle reliquie è partedelle cerimonie istituite per commemorare la tragica morte di Osiride o Nimrodche, come il lettore può ricordare, fu diviso in quattordici pezzi mandati a quat-tordici diverse regioni contaminate dalla sua apostasia e dalla falsa adorazione,

per esercitare terrore su quanti avessero cercato di seguire il suo esempio. Quan-do gli apostati riottennero il potere, la prima cosa che fecero fu di cercare questereliquie smembrate del grande ribelle dell'idolatria e di sotterrarle con ogni for-ma di devozione. Plutarco così descrive la ricerca: "Essendo venuta a conoscen-za di questo fatto (cioè dello smembramento di Osiride), Iside si pose alla ricer-ca delle membra disperse del corpo di suo marito, usando una barca di papiroper poter passare più facilmente attraverso le parti più basse e acquitrinose delpaese... E un motivo per cui esistono in Egitto diversi sepolcri di Osiride è cheovunque scoprisse una delle membra disperse essa la seppelliva sul luogo; seb-bene altri suppongano che si tratti di un artificio della regina, che presentavaciascuna di quelle città con un'immagine di suo marito, affinchè, se Tifone aves-se sopraffatto Orus nella prossima contesa, non sarebbe stato in grado di scopri-re il vero sepolcro. Iside ebbe successo nel radunare le varie membra, con l'ecce-zione di una che era stata divorata dal Lepidoto dal Fagro e dall'Ossirinco, percui questi pesci sono tenuti in abominio dagli Egiziani. Per fare ammenda essaconsacrò il fallo e istituì una solenne festività alla sua memoria". Non solo ciòmostra la vera origine dell'adorazione delle reliquie ma mostra anche che la mol-tiplicazione delle reliquie è molto antica. Se perciò Roma può vantarsi di posse-dere 16 o 20 sacri mantelli, sette o otto braccia di S. Matteo, due o tre teste di S.Pietro, ciò non è più di quanto abbia fatto l'Egitto con le reliquie di Osiride. L'E-gitto fu ricoperto dei sepolcri del suo dio martirizzato; e molte gambe e bracciae teschi, tutti dati per genuini, erano mostrati nei luoghi di sepoltura rivali, all'a-dorazione dei fedeli egiziani. No, non solo queste reliquie erano sacre in se stes-se, esse consacravano lo stesso suolo in cui erano sepolte. Questo fatto è mostra-to da Wilkinson che lo trae da una dichiarazione di Plutarco: "II tempio di que-sta divinità ad Abidos" egli dice, "era inoltre particolarmente onorato e il luogoera considerato così sacro dagli Egiziani, che le persone viventi a una certa di-stanza da esso desideravano, e forse ottenevano con difficoltà, il permesso dipossedere un sepolcro entro la sua necropoli, affinchè, dopo la morte, potesseroriposare nel SUOLO SANTIFICATO DALLA TOMBA di questa grande e misteriosadivinità". Se il luogo dov'erano sepolte le reliquie di Osiride era consideratoparticolarmente santo, è facile vedere come questo avrebbe fatto naturalmentescaturire i pellegrinaggi cosi frequenti fra i pagani. Il lettore non ha bisogno chegli si ricordi quale importanza Roma attribuisca ai pellegrinaggi alle tombe deisanti martiri, dei profeti o degli apostoli. La stessa maniera in cui il Signore tro-vò appropriato disporre del corpo di Mosè seppellendolo egli stesso nel paese diMoab, cosicché nessun uomo ne conoscesse mai l'ubicazione, serve evidente-mente come rimprovero verso quei sentimenti dai quali scaturirono i pellegri-naggi. E considerando da dove proveniva Israele, le idee egiziane da cui essierano infetti, com'è mostrato dalla vicenda del vitello d'oro, e il grande rispettoche essi avevano nutrito per Mosè, è evidente la sapienza di Dio nel disporre ditale corpo. Nel paese dove Israele aveva così a lungo soggiornato, vi erano gran-di e pompon pellegrinaggi in certe stagioni dell'anno. Erodoto ci dice che al suotempo la moltitudine che si recava in un pellegrinaggio a Bubasti ammontava a700.000 individui e che allora scorreva più vino che in qualsiasi periodo dell'an-no. Wilkinson si riferisce così ad un simile pellegrinaggio a File: "Oltre allecelebrazioni dei grandi misteri che avevano luogo a File, era compiuta una gran-de cerimonia in un tempo particolare, quando i sacerdoti, in solenne processio-ne, visitavano la sua tomba e la adornavano di fiori. Plutarco asserisce pure che

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124 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 124L e D u e B a b i l o n i edi Cadmus, se desiderate dimorare nel vostro paese, benedetti con il possesso dibuona salute portate le ossa di Ettore, figlio di Priamo, nei vostri domini dall'A-sia, e riverite l'eroe in armonia al mandato di Giove'". Possono essere citati moltiesempi simili tratti dallo stesso autore. Si credeva che le ossa così riverite e at-tentamente custodite fossero miracolose. Fin dai primi periodi il sistema delbuddismo si era basato sulle reliquie, che avevano la capacità di fare miracoliper lo meno come quelle dei "Venti Martiri" o delle reliquie di S.Stefano. Nel"Mahawanso" uno dei classici della fede buddista, è fatto riferimento alla custo-dia delle reliquie di Budda: "Avendo colui che ha sconfitto i nemici perfezionatole opere che doveva compiere entro il ricettacolo delle reliquie, radunata un'as-semblea di sacerdoti così si rivolse loro: 'Le opere che dovevo compiere nelricettacolo delle reliquie, sono compiute. Domani custodirò le reliquie. Signori,tenete in mente le reliquie'". Chi non ha sentito parlare del Santo Mantello diTreves, e della sua esibizione in pubblico? Da ciò che segue il lettore vedrà chevi è un'esatta similitudine con l'esposizione del Sacro Mantello di Budda: "Inseguito a ciò (il nipote del Raja Naga) mediante il suo dono soprannaturale, sal-tando in aria all'altezza di sette alberi di palme, e stendendo le braccia si recò nelluogo dove era posto il Dupathupo (o tabernacolo) in cui era collocato l'abitoche Buddho, cioè il Principe Siddhatto, aveva indossato in occasione del suoingresso nel sacerdozio, e lo mostrò al popolo". Questo "Santo Abito" di Buddaera indubbiamente genuino ed era oggetto di adorazione come il santo mantellodi Treves. Le similitudini non finiscono qui. E trascorso solo un anno o due daquando il Papa ha presentato al suo diletto figlio, Francesco d'Austria, un DEN-TE di S. Pietro, come segno del suo speciale favore e considerazione. I denti diBudda sono tenuti in egual conto fra i suoi adoratori. "Re di Devas", disse unmissionario buddista che fu inviato presso una delle principali corti di Ceylon achiedere una o due reliquie al Rajah, "Re di Devas, tu possiedi il vero canino (diBudda) come anche le vere ossa del collo del divino insegnante. Signore di De-vas non avere esitazioni nelle faccende che riguardano la salvezza dell'isola diLanka". Quindi l'efficacia miracolosa delle reliquie è mostrata da ciò che segue:"II salvatore del mondo (Budda) anche dopo aver conseguito il Parinibanan ol'emancipazione finale (cioè dopo la sua morte) mediante le reliquie del suo cor-po compì infiniti atti di massima perfezione, per il conforto spirituale e la pro-sperità mondana del genere umano. Mentre il vincitore (Jeyus) era ancora viven-te, che cosa non avrebbe compiuto?"Ora, nelle"'Ricerche Asiatiche" è fatta un'affermazione riguardo a queste reli-quie di Budda, che ci rivela l'origine reale di questa adorazione buddista dellereliquie. L'affermazione è la seguente: "Le ossa o membra del Budda furonodisperse per tutto il mondo, come quelle di Osiride e di Giove Zagreo. Radunar-le fu dal principio compito dei suoi discendenti e dei suoi seguaci. A motivodella pietà filiale, il ricordo di questa luttuosa ricerca era tenuto annualmente inmodo fittizio, con tutti i possibili contrassegni del cordoglio e della tristezza,fino a che un sacerdote annunciava che tutte le sacre reliquie erano state ritrova-te. Ciò è praticato a tutt'oggi da diverse tribù tartare della regione di Budda; el'espressione 'le ossa del figlio dello spirito dei cieli' è caratteristica dei cinesi edi alcune tribù Tartare". Qui è evidente che l'adorazione delle reliquie è partedelle cerimonie istituite per commemorare la tragica morte di Osiride o Nimrodche, come il lettore può ricordare, fu diviso in quattordici pezzi mandati a quat-tordici diverse regioni contaminate dalla sua apostasia e dalla falsa adorazione,

per esercitare terrore su quanti avessero cercato di seguire il suo esempio. Quan-do gli apostati riottennero il potere, la prima cosa che fecero fu di cercare questereliquie smembrate del grande ribelle dell'idolatria e di sotterrarle con ogni for-ma di devozione. Plutarco così descrive la ricerca: "Essendo venuta a conoscen-za di questo fatto (cioè dello smembramento di Osiride), Iside si pose alla ricer-ca delle membra disperse del corpo di suo marito, usando una barca di papiroper poter passare più facilmente attraverso le parti più basse e acquitrinose delpaese... E un motivo per cui esistono in Egitto diversi sepolcri di Osiride è cheovunque scoprisse una delle membra disperse essa la seppelliva sul luogo; seb-bene altri suppongano che si tratti di un artificio della regina, che presentavaciascuna di quelle città con un'immagine di suo marito, affinchè, se Tifone aves-se sopraffatto Orus nella prossima contesa, non sarebbe stato in grado di scopri-re il vero sepolcro. Iside ebbe successo nel radunare le varie membra, con l'ecce-zione di una che era stata divorata dal Lepidoto dal Fagro e dall'Ossirinco, percui questi pesci sono tenuti in abominio dagli Egiziani. Per fare ammenda essaconsacrò il fallo e istituì una solenne festività alla sua memoria". Non solo ciòmostra la vera origine dell'adorazione delle reliquie ma mostra anche che la mol-tiplicazione delle reliquie è molto antica. Se perciò Roma può vantarsi di posse-dere 16 o 20 sacri mantelli, sette o otto braccia di S. Matteo, due o tre teste di S.Pietro, ciò non è più di quanto abbia fatto l'Egitto con le reliquie di Osiride. L'E-gitto fu ricoperto dei sepolcri del suo dio martirizzato; e molte gambe e bracciae teschi, tutti dati per genuini, erano mostrati nei luoghi di sepoltura rivali, all'a-dorazione dei fedeli egiziani. No, non solo queste reliquie erano sacre in se stes-se, esse consacravano lo stesso suolo in cui erano sepolte. Questo fatto è mostra-to da Wilkinson che lo trae da una dichiarazione di Plutarco: "II tempio di que-sta divinità ad Abidos" egli dice, "era inoltre particolarmente onorato e il luogoera considerato così sacro dagli Egiziani, che le persone viventi a una certa di-stanza da esso desideravano, e forse ottenevano con difficoltà, il permesso dipossedere un sepolcro entro la sua necropoli, affinchè, dopo la morte, potesseroriposare nel SUOLO SANTIFICATO DALLA TOMBA di questa grande e misteriosadivinità". Se il luogo dov'erano sepolte le reliquie di Osiride era consideratoparticolarmente santo, è facile vedere come questo avrebbe fatto naturalmentescaturire i pellegrinaggi cosi frequenti fra i pagani. Il lettore non ha bisogno chegli si ricordi quale importanza Roma attribuisca ai pellegrinaggi alle tombe deisanti martiri, dei profeti o degli apostoli. La stessa maniera in cui il Signore tro-vò appropriato disporre del corpo di Mosè seppellendolo egli stesso nel paese diMoab, cosicché nessun uomo ne conoscesse mai l'ubicazione, serve evidente-mente come rimprovero verso quei sentimenti dai quali scaturirono i pellegri-naggi. E considerando da dove proveniva Israele, le idee egiziane da cui essierano infetti, com'è mostrato dalla vicenda del vitello d'oro, e il grande rispettoche essi avevano nutrito per Mosè, è evidente la sapienza di Dio nel disporre ditale corpo. Nel paese dove Israele aveva così a lungo soggiornato, vi erano gran-di e pompon pellegrinaggi in certe stagioni dell'anno. Erodoto ci dice che al suotempo la moltitudine che si recava in un pellegrinaggio a Bubasti ammontava a700.000 individui e che allora scorreva più vino che in qualsiasi periodo dell'an-no. Wilkinson si riferisce così ad un simile pellegrinaggio a File: "Oltre allecelebrazioni dei grandi misteri che avevano luogo a File, era compiuta una gran-de cerimonia in un tempo particolare, quando i sacerdoti, in solenne processio-ne, visitavano la sua tomba e la adornavano di fiori. Plutarco asserisce pure che

85 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 85L e D u e B a b i l o n i emente con le morbide note dei molti flauti. A intervalli regolari il canto era in-terrotto dall'alto clamore dei cembali e dei tamburi e quelli che si trovavanoentro i limiti delle tombe si univano alle melodie... I tamburi, che erano percossisimultaneamente, interrompevano solo a intervalli il canto dei preti". Layardnon dice in quale periodo questa festa avesse luogo, ma il suo linguaggio lasciapochi dubbi che non si trattasse della festa di Bacco; in altre parole del Messiababilonese, la cui morte tragica e la consecutiva resurrezione alla vita e alla glo-ria, costituivano la pietra angolare del paganesimo antico. La festa era chiara-mente tenuta in onore dello sceicco Shems, o il sole, e dello sceicco Adi, o"Principe dell'eternità" intorno alla cui tomba aveva luogo la solennità, propriocome la festa delle lampade in Egitto, in onore del dio-sole Osiride era celebrataentro i confini della tomba di quel dio a Sais.Orbene, il lettore non può mancare di osservare che in questa festa degli Iazidiuomini, donne e bambini erano "PURIFICATI" attraverso il contatto con"l'elemento sacro'' del fuoco. Nei riti di Zoroastro, il grande dio caldeo, il fuocooccupava esattamente lo stesso posto. Ciò si basava sul principio essenziale diquel sistema secondo il quale "chi si accostava al fuoco avrebbe ricevuto lucedalla divinità" e che "attraverso il fuoco divino tutti i peccati prodotti da genera-zioni sarebbero stati purgati". Perciò bisognava "far passare i loro figli e le lorofiglie attraverso il fuoco, a Moloc" (Ger. 32:35), per purificarli dal loro peccatooriginale e attraverso questa purificazione molti innocenti bambini divennerovittime di una divinità sanguinaria. Fra i Romani pagani questa purificazioneattraverso il fuoco era pure osservata "poiché", dice Ovidio "il fuoco purifica siail pastore che le pecore". Fra gli indù, da tempo immemorabile, il fuoco è statoadorato per la sua efficacia purificatrice. Così un adoratore è rappresentato daColebrooke, secondo i libri sacri, mentre si rivolge al fuoco: "Salute a tè (o fuo-co), che accetti le oblazioni, che risplendi, che scintilli; possa tu, il PURIFICATO-RE, portarci buona fortuna". Vi sono alcuni che mantengono un fuoco perpetuo ecompiono devozione quotidiane ad esso e "nel terminare i sacramenti degli dèi"ogni giorno gli presentano le loro supplicazioni: "Fuoco, tu espii il peccato con-tro gli dèi; possa questo sacrifìcio essere efficace. Tu espii il peccato contro l'uo-mo; tu espii il peccato contro i manès (spiriti dipartiti); tu espii i peccati ripetuti;tu espii ogni peccato che io ho commesso, volontariamente o involontariamente;possa questo sacrificio essere efficace". Anche fra i Druidi il fuoco era celebratocome purificatore. Così, in un canto druidico, leggiamo: "Essi celebrano le lodidel santo alla presenza del fuoco purificatore, che viene fatto ascendere in alto".Se, in effetti ai tempi druidici ci si attendeva una benedizione dall'accensionedelle pire, dal passare attraverso il fuoco, era semplicemente come conseguenzadel purgamento dal peccato che si attribuiva agli esseri umani e a tutte le coseconnesse loro. E evidente che questa stessa credenza relativa all'efficacia"purificatrice" del fuoco era condivisa dai cattolici Romani e Irlandesi quand'es-si così zelantemente passavano sia loro che i loro figli attraverso i fuochi di S.Giovanni. Toland testimonia che questi fuochi vengono accesi per una purifica-zione e tutti coloro che esaminano attentamente questo soggetto pervengono allastessa conclusione.Ordunque, se la festa babilonese di Tammuz si sincronizzava esattamente con lafesta della natività di S. Giovanni, non c'è da meravigliarsi che questa festa siaancora celebrata con i fiammeggianti "fuochi di Baal" e che non sia altro che lacopia fedele di ciò che era condannato da Geova anticamente fra il suo antico

popolo quando essi "facevano passare i loro figli attraverso il fuoco a Moloc".Ma chi conosce bene il Vangelo potrebbe definire cristiana tale festa? I pretipapisti, anche se non l'insegnano apertamente, per lo meno consentono ai loroseguaci di credere, con la stessa intensità degli antichi adoratori del fuoco, che ilfuoco materiale può purgare dalla colpa e dall'offerta del peccato. Come tuttociò tenda a fissare nelle menti dei loro ottenebrati vassalli una delle favole piùmostruose ma profittevoli al loro sistema, lo considereremo successivamente. Ilnome di Oannes doveva esser noto solo agli iniziati quale nome del Messia pa-gano e dal principio fu necessaria una certa misura di circospezione nell'intro-durre il paganesimo nella chiesa. Ma quando giunse il tempo in cui il Vangelofu oscurato e le tenebre si fecero più intense, non fu più necessaria tale precau-zione. Appropriatamente troviamo che, nelle epoche oscure, il Messia paganonon fu introdotto nella chiesa in maniera clandestina. Apertamente e dichiarata-mente egli fu canonizzato con il suo ben noto nome classico di Bacco e Dionisioe additato all'adorazione dei fedeli. Sì, a Roma, che professa d'essere preminen-temente la sposa di Cristo, la sola chiesa in cui si possa trovare la salvezza, haavuto la sfrontata impudenza di dare al grande avversario pagano del Figlio diDio un posto nel calendario, CON IL SUO STESSO NOME. Al lettore basti solo os-servare il calendario romano e troverà che questo è un fatto letterale; troverà cheil 7 ottobre è dedicato all'osservanza in onore di "San Bacco Martire". Ora, sen-za alcun dubbio, Bacco fu un martire: egli morì di morte violenta; perse la vitaper la religione, ma la religione per cui egli morì era quella degli adoratori delfuoco; infatti egli fu messo a morte, come abbiamo appreso da Maimonide, peraver promosso l'adorazione delle schiere celesti. Questo patrono delle schierecelesti e dell'adorazione del fuoco (poiché le due vanno sempre insieme, manonella mano) è stato canonizzato da Roma; che questo "San Bacco Martire" fosseidentico al Bacco dei pagani, il dio dell'ubriachezza e delle gozzoviglie, è evi-dente dal tempo della sua festa poiché il 7 ottobre segue di poco la fine dellavendemmia autunnale, che gli antichi romani usavano celebrare con ciò che erachiamato la "Festa Rustica" di Bacco ed è proprio a quel tempo che ha luogo lafesta papale di "S. Bacco Martire".Allo stesso modo in cui il dio caldeo è stato ammesso nel calendario romano colnome di Bacco, così è anche stato canonizzato con il suo altro nome di Dionisio.I pagani avevano l'abitudine di adorare lo stesso dio con nomi diversi e, appro-priatamente, non contenti della festa per Bacco col quale nome egli era comune-mente conosciuto a Roma, i Romani, indubbiamente per piacere ai Greci, cele-bravano una festa rustica in suo onore, due giorni dopo, con il nome di DionisioEleuterio, il nome col quale era adorato in Grecia. Quella festa rustica era chia-mata brevemente con il nome di Dionisia o, esprimendo più pienamente il suoscopo, il suo nome divenne "Festum Dionysi Eleutheri rusticum", cioè la "festarustica di Dionisio Eleuterio". Orbene il papato nel suo eccesso di zelo per isanti e l'adorazione dei santi, ha in effetti diviso in due Dionisio Eleuterio, fa-cendone due diversi santi col doppio nome di una divinità pagana e oltre a ciò,ha fatto dell'innocente epiteto "Rustico" che, anche fra i pagani non ha alcunapretesa di divinità, un terzo nome; e così è accaduto che, alla data del 9 ottobre,leggiamo quest'iscrizione nel calendario: "Festa di S. Dionisio e dei suoi compa-gni, S. Eleuterio e S. Rustico". Ora questo Dionisio che il papismo ha così mera-vigliosamente fornito di due compagni è il famoso S. Denis, il santo patrono diParigi e un paragone della storia del santo papista e del dio pagano farà non po-

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86 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 86L e D u e B a b i l o n i eca luce sul soggetto S. Denis; essendo stato decapitato e gettato nella Senna,come dice la leggenda, dopo aver galleggiato per un tratto sulle acque, con stu-pore degli spettatori, riprese il proprio capo nelle sue mani e così si incamminòal luogo della sua sepoltura. In commemorazione di tale stupendo miracolo fuper l'occasione cantato un inno per molti secoli nella cattedrale di S. Denis aParigi, che conteneva i seguenti versi:

"Se cadaver mox erexit, (il cadavere sorse immediatamente) Truncustruncum caputvexit, (il tronco portò con il capo reciso) Quem ferentemhox direxit, (guidato per la sua via) Angelorum legio" (da una legione diangeli)

Infine anche i papisti cominciarono a vergognarsi di tale assurdità celebrata innome della religione e nell'anno 1879 fu abolita la "funzione di S. Denis". Os-serviamo, comunque, lo svolgersi degli eventi. Il mondo ha per un certo tempocamminato speditamente verso le epoche buie. Il breviario romano, che è statoprovveduto alla Francia, è stato, all'inizio del secolo, reimposto dall'autoritàpapale alla chiesa Francese, con tutte le sue leggende e questa insieme alle altre.La cattedrale di S. Denis è stata nuovamente costruita e la vecchia adorazione èstata riproposta in tutta la sua enormità. Orbene, com'è potuta entrare nelle men-ti degli uomini l'invenzione di tale favola mostruosa? L'origine non è da ricer-carsi molto lontano. La chiesa di Roma rappresenta i suoi santi canonizzati, chesi dice abbiano sofferto il martirio con la spada, come immagini decapitate ostatue con il capo in mano. "Ho visto" dice Eusebio Salvertè "in una chiesa dellaNormandia, St Clair e S. Mitra ad Arles, in Svizzera, tutti i soldati della legioneTebana rappresentati con le teste in mano. S. Valerio è così raffigurato a Limo-ges, sulla porta della Cattedrale e su altri monumenti. Il grande Sigillo del canto-ne di Zurigo rappresenta, nella stessa posizione, S. Felice, S. Regola e S. Exu-speranzio. È certamente lì l'origine della pia favola che si narra su questi martiricome S. Denis e molti altri".Questa era l'origine immediata della storia dei santi morti che, risorti, si eranoincamminati al sepolcro con la testa in mano. Ma è facile rendersi conto chel'abitudine di tale rappresentazione è tratta dal paganesimo e così identifica il S.Denis papale di Parigi con il pagano Dionisio, non solo di Roma, ma di Babilo-nia. Dionisio o Bacco, in una delle sue trasformazioni, era rappresentato come ilcapricorno il "pesce con le corna di capro" e vi è ragione di credere che avessela medesima forma che possedeva con il nome di Oannes. In questa forma inIndia, col nome di "Sauro", che è evidentemente il "seme" si dice abbia compiu-to molte cose meravigliose. Orbene, nei cieli Persiani egli era non solo rappre-sentato misticamente come capricorno, ma anche in forma umana e quindi pro-prio come è rappresentato nel papismo S. Denis. Le parole dell'antico scrittoreche descrive questa figura nei cieli Persiani sono queste: "Capricorno, il terzodecano. Metà della figura senza capo, poiché il capo è nelle sue mani". Nimrodfu decapitato e in commemorazione di quel fatto, che i suoi adoratori così pia-mente piangevano, la sua immagine era rappresentata così nei cieli Persiani.Tale capo reciso, in alcune versioni della sua storia, avrebbe compiuto, come sifavoleggiava, cose meravigliose a chi avesse toccato il tronco senza vita di S.Denis. Bryant ha dimostrato, in questa storia di Orfeo, che si tratta solo di unavariante diversamente rappresentata della storia di Osiride. Osiride fu fatto apezzi in Tracia. Ora, quando le membra straziate di quest'ultimo furono dissemi-

nate per i campi, il suo capo galleggiando sull'Ebro, diede prova del carattere delsuo possessore. Dice Virgilio:"Quindi, quando il suo capo fu reciso dalle sue belle spalle, Deterso dalle acque,giacque sull'Ebro, Anche allora la sua voce tremante invocò la sua sposa, Con lasua ultima voce egli gridò, 'Euridice';'Euridice' replicarono le rocce e le rive del fiume".Vi è qui una diversità, ma fra queste diversità vi è un'evidente unità. In entrambii casi i capi recisi dai corpi senza vita occupano lo sfondo del dipinto; in entram-bi i casi il miracolo è in relazione ad un fiume. Orbene, quando le feste di "S.Bacco Martire" e di "S. Dionisio ed Eleuterio" così rimarchevolmente coincido-no con il tempo in cui era celebrata la festa del dio pagano del vino, sia col no-me di Bacco o Dionisio o Eleuterio, e quando i modi di presentare il moderno el'antico Dionisio sono evidentemente gli stessi, mentre le leggende sono cosìstrettamente connesse, chi può dubitare del reale significato di queste feste ro-mane? Esse non sono cristiane. Sono pagane; sono inequivocabilmente Babilo-nesi.

SEZIONE IVLA FESTA DELL'ASSUNZIONE

Se ciò che è stato detto mostra la politica carnale di Roma a spese della verità, lecircostanze relative alla festa dell'Assunzione mostrano ancor di più la malvagiae blasfema audacia di quella chiesa; si consideri che la dottrina relativa a questafesta non fu stabilita nel medio evo, ma tré secoli dopo la riforma, nel dicianno-vesimo secolo. La dottrina su cui si basa la festa dell'Assunzione è la seguente:che la Vergine Maria non vide la corruzione, che in corpo e anima fu portata incielo e adesso è investita di ogni potere in cielo e sulla terra. Questa dottrina èstata impudentemente presentata al pubblico britannico in una recente pastoraledell'arcivescovo papista di Dublino. Questa dottrina ha adesso ricevuto il mar-chio dell'infallibilità papale, essendo stata incorporata nell'ultimo decreto blasfe-mo che proclama l'"Immacolata Concezione".Ora, è impossibile per i preti di Roma trovare un brandello di plausibilità nellaScrittura, per tale dottrina. Ma nel sistema babilonese, la storiella era già prontaper le loro rapaci mani. Vi era l'insegnamento che Bacco scese all'inferno, liberòsua madre dalle potenze infernali e la portò con se trionfalmente in cielo1. Que-sta leggenda si diffuse ovunque si fosse diffuso il sistema babilonico, e appro-priatamente, fino ad oggi, i Cinesi celebrano, come hanno fatto da tempo imme-morabile, una festa in onore di quella madre che da suo figlio fu redenta dalpotere della morte e del sepolcro. La festa dell'Assunzione della Chiesa Romanaè celebrata il 15 agosto. La festa cinese, basata su una leggenda simile e celebra-ta con lucerne e candelabri, com'è mostrato da Sir J. F. Davis nel suo interessan-te racconto grafico della Cina, è egualmente celebrata nel mese di agosto. Orbe-ne, quando la madre del Messia pagano veniva festeggiata, in quanto era stataassunta, era in quell'occasione che, con il nome di "Colomba" essa era adoratacome l'Incarnazione dello Spirito di Dio, con il quale essa era identificata. Intale qualità essa era considerata come la fonte di ogni santità e la grande"Purificatrice" e, naturalmente, era conosciuta come la "Vergine" madre "Pura eIncontaminata". Col nome di Proserpina (con il quale benché la dea babilonese

123 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 123L e D u e B a b i l o n i eTebe. Con queste immagini essi si recavano in certi periodi in Libia e celebrava-no una splendida festa per dodici dèi". Poiché la festa era chiamata festa etiope epoiché erano gli Etiopi che portavano l'idolo in Etiopia e lo riportavano indietro,ciò indica che gli idoli dovevano essere etiopici; e poiché abbiamo visto chel'Egitto era sotto l'impero di Nimrod, e conseguentemente degli Etiopi Cusiti,quando l'idolatria fu portata per un certo tempo in Egitto, quale significato a-vrebbe avuto questo trasferire gli idoli in Etiopia, il paese dei Cusiti, che eranosolennemente commemorati ogni anno, se non quello naturale della temporaneasoppressione dell'adorazione degli idoli inaugurata da Nimrod? In Messico ab-biamo la storia dell'esatta controparte di questa festa etiope. Ivi, in un certo pe-riodo, le immagini degli dèi venivano portate fuori dal paese in una processionefunebre, come se lo abbandonassero, e quindi, dopo un certo tempo, venivanoriportate indietro con grandi manifestazioni di gioia. In Grecia, troviamo unafesta del tutto simile che, mentre si ricollega da una parte con la festa etioped'Egitto, dall'altra parte tale festa è in stretta relazione alla processione peniten-ziale di Papa Gregorio. Così troviamo che Potter si riferisce per primo a una"festa delfica in memoria di un VIAGGIO di Apollo"; e quindi sotto il titolo diuna festa chiamata apollonia, così leggiamo: "Ad Apollo ed Egialea per questomotivo: Apollo avendo ottenuto una vittoria su Pitone, si recò da Egialea ac-compagnato da sua sorella Diana; ma essendo intimorito, da lì fuggì a Cuta.Dopo di ciò, gli Egialei furono infetti da un'infezione epidemica e, essendo av-vertiti dai profeti di dover placare le due divinità offese, mandarono sette giova-ni e molte vergini a implorarli di ritornare. (Qui troviamo il tipico genere della'Semplice litania' di Papa Gregorio). Apollo e Diana accettarono la loro suppli-ca,...e divenne un'abitudine incaricare ragazzi e ragazze scelti per fare una solen-ne processione, come per invocarne il ritorno, e così continuò fino al tempo diPausania". La contesa tra Pitone e Apollo, in Grecia, è la controparte di quellatra Tifone e Osiride in Egitto; in altre parole, fra Sem e Nimrod. Così vediamo ilreale significato e l'origine della festa etiope, quando gli Etiopi portavano fuorigli dèi dai templi egiziani. Quella festa evidentemente risaliva al tempo in cui amotivo della morte di Nimrod l'idolatria fu costretta a celarsi e a non mostrarsiad altri che ai devoti seguaci del "Potente cacciatore" (che si trovavano nella suastessa famiglia - la famiglia di Cus), quando, con grandi lamenti e cordoglio gliidolatri fuggirono con i loro dèi sulle loro spalle, per nascondersi dove fosseloro possibile. In commemorazione della soppressione dell'idolatria e delle infe-lici conseguenze che si supponeva dovessero derivare da tale soppressione, laprima parte della festa, sulla quale abbiamo luce sia dal Messico che dalla Gre-cia, consisteva di una processione di lamentatori, e quindi il lutto era mutato ingioia, in memoria del felice ritorno di questi dèi banditi, alla loro precedenteesaltazione. In realtà una degna origine per la 'Settuplice Litania' di Papa Grego-rio e le processioni papiste.

SEZIONE IIADORAZIONE DELLE RELIQUIE

Niente è più caratteristico di Roma che l'adorazione delle reliquie. Ovunque visia una cappella, o un tempio consacrato, essi sono incompleti se non vi è unareliquia o un'altra di un santo o di una santa che gli conferiscono santità. Le reli-

quie dei santi o le ossa mummificate dei martiri costituiscono gran parte dellaricchezza della chiesa. In relazione a tali reliquie hanno avuto luogo gli imbroglipiù colossali; e sulla loro capacità di operare miracoli sono state narrate le storiepiù assurde. Anche Agostino, con tutto il suo acume filosofico e il suo zelo con-tro alcune forme di false dottrine, fu profondamente contagiato dal sempre pre-sente spirito che condusse all'adorazione delle reliquie. Chiunque legga l'argo-mento con cui egli conclude la sua famosa "Città di Dio", non si meraviglieràpiù che Roma l'abbia fatto santo, additandolo all'adorazione dei fedeli. Prendia-mo solo un esempio o due delle storie con cui al suo tempo egli combatte leillusioni:"Quando il vescovo Progezzio portò le reliquie di S. Stefano alla cittàchiamata Qeque Tibiltine, la gente accorse in gran numero per onorarle. Fra lorovi era una donna cieca, che supplicava qualcuno che la conducesse al vescovoche deteneva le SACRE RELIQUIE. Così fu, e il vescovo le diede alcuni fiori cheaveva in mano. Essa li prese, li pose sui suoi occhi e immediatamente riacquistòla vista, cosicché passò rapidamente tra la folla senza aver bisogno che nessunola conducesse". Al tempo di Agostino "l'adorazione" formale delle reliquie nonera ancora stata stabilita; ma i martiri a cui si supponeva appartenessero eranogià invocati con preghiere e supplicazioni, e questo con l'alta approvazione delVescovo di Ippona, com'è abbondantemente mostrato dalla seguente storia: "Quia Ippona" egli dice, "vi era un povero e santo uomo di nome Fiorenzo che vive-va facendo il sarto. Quest'uomo avendo perduto il suo mantello e non essendo ingrado di comprarne un altro per rimpiazzarlo, si recò al santuario dei Venti Mar-tiri in questa città e li pregò ad alta voce, supplicandoli di aiutarlo ad ottenere unaltro mantello. Una folla di ragazzacci che lo udì, lo seguì sulla via del ritorno,beffeggiandolo, chiedendogli se avesse ottenuto dei soldi dai martiri per com-prarsi un mantello. Il pover uomo continuò in silenzio per la strada di casa e,passando vicino al mare, vide un grande pesce che era stato gettato sulla spiag-gia e ancora respirava. Le altre persone che erano presenti gli permisero di pren-dere questo pesce che egli portò a un certo Catoso, un cuoco e buon cristianoche glielo pagò bene. Con il denaro egli comprò della lana che sua moglie filòfacendone un mantello. Quando il cuoco cosse il pesce trovò nel suo ventre unanello d'oro che la sua coscienza spinse a dare al pover uomo così dicendo:'Guarda come i Venti Martiri ti hanno vestito!'". Così il grande Agostino incul-cava l'adorazione dei morti e l'onore per le reliquie miracolose. I ragazzacci cheschernivano durante le preghiere del sarto sembra abbiano avuto più buon sensosia del "vecchio santo sarto" che del vescovo. Tali uomini che professavano ilcristianesimo nel quinto secolo, prepararono la via per l'adorazione di ogni sortadi cenci e ossa rotte. Per secoli, prima che nel mondo apparissero i santi e i mar-tiri cristiani era fiorita la stessa adorazione nel reame del paganesimo. In Grecia,la superstiziosa considerazione per le reliquie, e specialmente per le ossa deglieroi deificati, era parte rilevante dell'idolatria popolare. L'opera di Pausania,l'erudito in antichità greche, è piena di riferimenti a questa superstizione. Così,circa Pelope, il portatore di spada, leggiamo che dopo essere passato attraversosvariate avventure, fu nominato dall'oracolo di Delfi strumento divino di libera-zione degli Eleani da una pestilenza, la sua spada fu "affidata", come sacra reli-quia, "alla custodia" dell'uomo che l'aveva pescata dal mare, e ai suoi posteri. Leossa del troiano Ettore furono preservate a Tebe come prezioso deposito."Essi" (i tebani) dice Pausania, "dicono che le sue (di Ettore) ossa furono portatelì a Troia, in conseguenza del seguente oracolo: 'Tebani, che risiedete nella città

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122 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 122L e D u e B a b i l o n i eTebe. Con queste immagini essi si recavano in certi periodi in Libia e celebrava-no una splendida festa per dodici dèi". Poiché la festa era chiamata festa etiope epoiché erano gli Etiopi che portavano l'idolo in Etiopia e lo riportavano indietro,ciò indica che gli idoli dovevano essere etiopici; e poiché abbiamo visto chel'Egitto era sotto l'impero di Nimrod, e conseguentemente degli Etiopi Cusiti,quando l'idolatria fu portata per un certo tempo in Egitto, quale significato a-vrebbe avuto questo trasferire gli idoli in Etiopia, il paese dei Cusiti, che eranosolennemente commemorati ogni anno, se non quello naturale della temporaneasoppressione dell'adorazione degli idoli inaugurata da Nimrod? In Messico ab-biamo la storia dell'esatta controparte di questa festa etiope. Ivi, in un certo pe-riodo, le immagini degli dèi venivano portate fuori dal paese in una processionefunebre, come se lo abbandonassero, e quindi, dopo un certo tempo, venivanoriportate indietro con grandi manifestazioni di gioia. In Grecia, troviamo unafesta del tutto simile che, mentre si ricollega da una parte con la festa etioped'Egitto, dall'altra parte tale festa è in stretta relazione alla processione peniten-ziale di Papa Gregorio. Così troviamo che Potter si riferisce per primo a una"festa delfica in memoria di un VIAGGIO di Apollo"; e quindi sotto il titolo diuna festa chiamata apollonia, così leggiamo: "Ad Apollo ed Egialea per questomotivo: Apollo avendo ottenuto una vittoria su Pitone, si recò da Egialea ac-compagnato da sua sorella Diana; ma essendo intimorito, da lì fuggì a Cuta.Dopo di ciò, gli Egialei furono infetti da un'infezione epidemica e, essendo av-vertiti dai profeti di dover placare le due divinità offese, mandarono sette giova-ni e molte vergini a implorarli di ritornare. (Qui troviamo il tipico genere della'Semplice litania' di Papa Gregorio). Apollo e Diana accettarono la loro suppli-ca,...e divenne un'abitudine incaricare ragazzi e ragazze scelti per fare una solen-ne processione, come per invocarne il ritorno, e così continuò fino al tempo diPausania". La contesa tra Pitone e Apollo, in Grecia, è la controparte di quellatra Tifone e Osiride in Egitto; in altre parole, fra Sem e Nimrod. Così vediamo ilreale significato e l'origine della festa etiope, quando gli Etiopi portavano fuorigli dèi dai templi egiziani. Quella festa evidentemente risaliva al tempo in cui amotivo della morte di Nimrod l'idolatria fu costretta a celarsi e a non mostrarsiad altri che ai devoti seguaci del "Potente cacciatore" (che si trovavano nella suastessa famiglia - la famiglia di Cus), quando, con grandi lamenti e cordoglio gliidolatri fuggirono con i loro dèi sulle loro spalle, per nascondersi dove fosseloro possibile. In commemorazione della soppressione dell'idolatria e delle infe-lici conseguenze che si supponeva dovessero derivare da tale soppressione, laprima parte della festa, sulla quale abbiamo luce sia dal Messico che dalla Gre-cia, consisteva di una processione di lamentatori, e quindi il lutto era mutato ingioia, in memoria del felice ritorno di questi dèi banditi, alla loro precedenteesaltazione. In realtà una degna origine per la 'Settuplice Litania' di Papa Grego-rio e le processioni papiste.

SEZIONE IIADORAZIONE DELLE RELIQUIE

Niente è più caratteristico di Roma che l'adorazione delle reliquie. Ovunque visia una cappella, o un tempio consacrato, essi sono incompleti se non vi è unareliquia o un'altra di un santo o di una santa che gli conferiscono santità. Le reli-

quie dei santi o le ossa mummificate dei martiri costituiscono gran parte dellaricchezza della chiesa. In relazione a tali reliquie hanno avuto luogo gli imbroglipiù colossali; e sulla loro capacità di operare miracoli sono state narrate le storiepiù assurde. Anche Agostino, con tutto il suo acume filosofico e il suo zelo con-tro alcune forme di false dottrine, fu profondamente contagiato dal sempre pre-sente spirito che condusse all'adorazione delle reliquie. Chiunque legga l'argo-mento con cui egli conclude la sua famosa "Città di Dio", non si meraviglieràpiù che Roma l'abbia fatto santo, additandolo all'adorazione dei fedeli. Prendia-mo solo un esempio o due delle storie con cui al suo tempo egli combatte leillusioni:"Quando il vescovo Progezzio portò le reliquie di S. Stefano alla cittàchiamata Qeque Tibiltine, la gente accorse in gran numero per onorarle. Fra lorovi era una donna cieca, che supplicava qualcuno che la conducesse al vescovoche deteneva le SACRE RELIQUIE. Così fu, e il vescovo le diede alcuni fiori cheaveva in mano. Essa li prese, li pose sui suoi occhi e immediatamente riacquistòla vista, cosicché passò rapidamente tra la folla senza aver bisogno che nessunola conducesse". Al tempo di Agostino "l'adorazione" formale delle reliquie nonera ancora stata stabilita; ma i martiri a cui si supponeva appartenessero eranogià invocati con preghiere e supplicazioni, e questo con l'alta approvazione delVescovo di Ippona, com'è abbondantemente mostrato dalla seguente storia: "Quia Ippona" egli dice, "vi era un povero e santo uomo di nome Fiorenzo che vive-va facendo il sarto. Quest'uomo avendo perduto il suo mantello e non essendo ingrado di comprarne un altro per rimpiazzarlo, si recò al santuario dei Venti Mar-tiri in questa città e li pregò ad alta voce, supplicandoli di aiutarlo ad ottenere unaltro mantello. Una folla di ragazzacci che lo udì, lo seguì sulla via del ritorno,beffeggiandolo, chiedendogli se avesse ottenuto dei soldi dai martiri per com-prarsi un mantello. Il pover uomo continuò in silenzio per la strada di casa e,passando vicino al mare, vide un grande pesce che era stato gettato sulla spiag-gia e ancora respirava. Le altre persone che erano presenti gli permisero di pren-dere questo pesce che egli portò a un certo Catoso, un cuoco e buon cristianoche glielo pagò bene. Con il denaro egli comprò della lana che sua moglie filòfacendone un mantello. Quando il cuoco cosse il pesce trovò nel suo ventre unanello d'oro che la sua coscienza spinse a dare al pover uomo così dicendo:'Guarda come i Venti Martiri ti hanno vestito!'". Così il grande Agostino incul-cava l'adorazione dei morti e l'onore per le reliquie miracolose. I ragazzacci cheschernivano durante le preghiere del sarto sembra abbiano avuto più buon sensosia del "vecchio santo sarto" che del vescovo. Tali uomini che professavano ilcristianesimo nel quinto secolo, prepararono la via per l'adorazione di ogni sortadi cenci e ossa rotte. Per secoli, prima che nel mondo apparissero i santi e i mar-tiri cristiani era fiorita la stessa adorazione nel reame del paganesimo. In Grecia,la superstiziosa considerazione per le reliquie, e specialmente per le ossa deglieroi deificati, era parte rilevante dell'idolatria popolare. L'opera di Pausania,l'erudito in antichità greche, è piena di riferimenti a questa superstizione. Così,circa Pelope, il portatore di spada, leggiamo che dopo essere passato attraversosvariate avventure, fu nominato dall'oracolo di Delfi strumento divino di libera-zione degli Eleani da una pestilenza, la sua spada fu "affidata", come sacra reli-quia, "alla custodia" dell'uomo che l'aveva pescata dal mare, e ai suoi posteri. Leossa del troiano Ettore furono preservate a Tebe come prezioso deposito."Essi" (i tebani) dice Pausania, "dicono che le sue (di Ettore) ossa furono portatelì a Troia, in conseguenza del seguente oracolo: 'Tebani, che risiedete nella città

87 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 87L e D u e B a b i l o n i eca luce sul soggetto S. Denis; essendo stato decapitato e gettato nella Senna,come dice la leggenda, dopo aver galleggiato per un tratto sulle acque, con stu-pore degli spettatori, riprese il proprio capo nelle sue mani e così si incamminòal luogo della sua sepoltura. In commemorazione di tale stupendo miracolo fuper l'occasione cantato un inno per molti secoli nella cattedrale di S. Denis aParigi, che conteneva i seguenti versi:

"Se cadaver mox erexit, (il cadavere sorse immediatamente) Truncustruncum caputvexit, (il tronco portò con il capo reciso) Quem ferentemhox direxit, (guidato per la sua via) Angelorum legio" (da una legione diangeli)

Infine anche i papisti cominciarono a vergognarsi di tale assurdità celebrata innome della religione e nell'anno 1879 fu abolita la "funzione di S. Denis". Os-serviamo, comunque, lo svolgersi degli eventi. Il mondo ha per un certo tempocamminato speditamente verso le epoche buie. Il breviario romano, che è statoprovveduto alla Francia, è stato, all'inizio del secolo, reimposto dall'autoritàpapale alla chiesa Francese, con tutte le sue leggende e questa insieme alle altre.La cattedrale di S. Denis è stata nuovamente costruita e la vecchia adorazione èstata riproposta in tutta la sua enormità. Orbene, com'è potuta entrare nelle men-ti degli uomini l'invenzione di tale favola mostruosa? L'origine non è da ricer-carsi molto lontano. La chiesa di Roma rappresenta i suoi santi canonizzati, chesi dice abbiano sofferto il martirio con la spada, come immagini decapitate ostatue con il capo in mano. "Ho visto" dice Eusebio Salvertè "in una chiesa dellaNormandia, St Clair e S. Mitra ad Arles, in Svizzera, tutti i soldati della legioneTebana rappresentati con le teste in mano. S. Valerio è così raffigurato a Limo-ges, sulla porta della Cattedrale e su altri monumenti. Il grande Sigillo del canto-ne di Zurigo rappresenta, nella stessa posizione, S. Felice, S. Regola e S. Exu-speranzio. È certamente lì l'origine della pia favola che si narra su questi martiricome S. Denis e molti altri".Questa era l'origine immediata della storia dei santi morti che, risorti, si eranoincamminati al sepolcro con la testa in mano. Ma è facile rendersi conto chel'abitudine di tale rappresentazione è tratta dal paganesimo e così identifica il S.Denis papale di Parigi con il pagano Dionisio, non solo di Roma, ma di Babilo-nia. Dionisio o Bacco, in una delle sue trasformazioni, era rappresentato come ilcapricorno il "pesce con le corna di capro" e vi è ragione di credere che avessela medesima forma che possedeva con il nome di Oannes. In questa forma inIndia, col nome di "Sauro", che è evidentemente il "seme" si dice abbia compiu-to molte cose meravigliose. Orbene, nei cieli Persiani egli era non solo rappre-sentato misticamente come capricorno, ma anche in forma umana e quindi pro-prio come è rappresentato nel papismo S. Denis. Le parole dell'antico scrittoreche descrive questa figura nei cieli Persiani sono queste: "Capricorno, il terzodecano. Metà della figura senza capo, poiché il capo è nelle sue mani". Nimrodfu decapitato e in commemorazione di quel fatto, che i suoi adoratori così pia-mente piangevano, la sua immagine era rappresentata così nei cieli Persiani.Tale capo reciso, in alcune versioni della sua storia, avrebbe compiuto, come sifavoleggiava, cose meravigliose a chi avesse toccato il tronco senza vita di S.Denis. Bryant ha dimostrato, in questa storia di Orfeo, che si tratta solo di unavariante diversamente rappresentata della storia di Osiride. Osiride fu fatto apezzi in Tracia. Ora, quando le membra straziate di quest'ultimo furono dissemi-

nate per i campi, il suo capo galleggiando sull'Ebro, diede prova del carattere delsuo possessore. Dice Virgilio:"Quindi, quando il suo capo fu reciso dalle sue belle spalle, Deterso dalle acque,giacque sull'Ebro, Anche allora la sua voce tremante invocò la sua sposa, Con lasua ultima voce egli gridò, 'Euridice';'Euridice' replicarono le rocce e le rive del fiume".Vi è qui una diversità, ma fra queste diversità vi è un'evidente unità. In entrambii casi i capi recisi dai corpi senza vita occupano lo sfondo del dipinto; in entram-bi i casi il miracolo è in relazione ad un fiume. Orbene, quando le feste di "S.Bacco Martire" e di "S. Dionisio ed Eleuterio" così rimarchevolmente coincido-no con il tempo in cui era celebrata la festa del dio pagano del vino, sia col no-me di Bacco o Dionisio o Eleuterio, e quando i modi di presentare il moderno el'antico Dionisio sono evidentemente gli stessi, mentre le leggende sono cosìstrettamente connesse, chi può dubitare del reale significato di queste feste ro-mane? Esse non sono cristiane. Sono pagane; sono inequivocabilmente Babilo-nesi.

SEZIONE IVLA FESTA DELL'ASSUNZIONE

Se ciò che è stato detto mostra la politica carnale di Roma a spese della verità, lecircostanze relative alla festa dell'Assunzione mostrano ancor di più la malvagiae blasfema audacia di quella chiesa; si consideri che la dottrina relativa a questafesta non fu stabilita nel medio evo, ma tré secoli dopo la riforma, nel dicianno-vesimo secolo. La dottrina su cui si basa la festa dell'Assunzione è la seguente:che la Vergine Maria non vide la corruzione, che in corpo e anima fu portata incielo e adesso è investita di ogni potere in cielo e sulla terra. Questa dottrina èstata impudentemente presentata al pubblico britannico in una recente pastoraledell'arcivescovo papista di Dublino. Questa dottrina ha adesso ricevuto il mar-chio dell'infallibilità papale, essendo stata incorporata nell'ultimo decreto blasfe-mo che proclama l'"Immacolata Concezione".Ora, è impossibile per i preti di Roma trovare un brandello di plausibilità nellaScrittura, per tale dottrina. Ma nel sistema babilonese, la storiella era già prontaper le loro rapaci mani. Vi era l'insegnamento che Bacco scese all'inferno, liberòsua madre dalle potenze infernali e la portò con se trionfalmente in cielo1. Que-sta leggenda si diffuse ovunque si fosse diffuso il sistema babilonico, e appro-priatamente, fino ad oggi, i Cinesi celebrano, come hanno fatto da tempo imme-morabile, una festa in onore di quella madre che da suo figlio fu redenta dalpotere della morte e del sepolcro. La festa dell'Assunzione della Chiesa Romanaè celebrata il 15 agosto. La festa cinese, basata su una leggenda simile e celebra-ta con lucerne e candelabri, com'è mostrato da Sir J. F. Davis nel suo interessan-te racconto grafico della Cina, è egualmente celebrata nel mese di agosto. Orbe-ne, quando la madre del Messia pagano veniva festeggiata, in quanto era stataassunta, era in quell'occasione che, con il nome di "Colomba" essa era adoratacome l'Incarnazione dello Spirito di Dio, con il quale essa era identificata. Intale qualità essa era considerata come la fonte di ogni santità e la grande"Purificatrice" e, naturalmente, era conosciuta come la "Vergine" madre "Pura eIncontaminata". Col nome di Proserpina (con il quale benché la dea babilonese

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88 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 88L e D u e B a b i l o n i efosse in origine distinta essa era identificata), mentre era celebrata come madredel primo Bacco e conosciuta come "moglie onorata di Plutone", era anche con-siderata, secondo quanto menzionato negli "Inni Orfici", come"Associata delle stagioni, essenza luminosa, Vergine regnante ovunque, coleiche porta la luce celeste".Più si esaminano, più diviene evidente, quando si paragonano con le più antichedottrine della Grecia classica, che i loro autori, chiunque abbia scritto tali inni,compresero e accettarono pienamente la teologia genuina del paganesimo. Inarmonia al fatto che Proserpina era comunemente adorata nella Grecia pagana,sebbene ben conosciuta come moglie di Plutone, dio degli inferi, con il nome di"Santa Vergine", troviamo Pausania mentre descrive il boschetto Camasio, ren-dendo così testimonianza: "Questo boschetto contiene una statua di Apollo, diMercurio che porta un montone e di Proserpina, la figlia di Cerere, che è chia-mata 'LA SANTA VERGINE". La purezza di questa "Santa Vergine" non consistesemplicemente nella libertà del peccato, ma essa si distingue specialmente per lasua "immacolata concezione" poiché Proclo dice: "Essa è chiamata Corè, per lapurezza della sua essenza e la sua INCONTAMINATA trascendenza nelle sue GE-NERAZIONI". Si è meravigliato qualcuno del recente decreto? Non v'è alcun mo-tivo. Fu solo per seguire la dottrina pagana precedentemente adottata e fusasicon l'intero sistema di Roma che quel decreto è stato emanato e che la Madonnadi Roma è stata formalmente e in ogni senso del termine, dichiarata assoluta-mente "IMMACOLATA".Orbene, dopo tutto ciò, è possibile dubitare che la Madonna di Roma, con ilbambino in braccio, e la Madonna di Babilonia, non siano che una sola e identi-ca dea? E noto che la Madonna romana è adorata come una dea, sì, come ogget-to supremo di adorazione. Non si ribellarono, allora, i cristiani d'Inghilterra all'i-dea di sostenere ancora questo mostruoso paganesimo babilonese? Quale corpoelettorale cristiano potrebbe tollerare che i suoi rappresentanti devolgano il de-naro di questa nazione protestante per sostenere tale idolatria blasfema? La col-pa dell'idolatria è considerata da molti una colpa comparativamente lieve e unpeccato insignificante. Ma non è così che la considera l'Iddio del cielo. Qual'è ditutti e dieci il comandamento che è circondato dalle più solenni e terribili san-zioni? È il secondo: "Non ti fare scultura alcuna ne immagine alcuna delle coseche sono lassù nei cieli o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra; non tiprostrare dinanzi a tali cose e non servire loro: poiché io l'Eterno, L'Iddio Tuo,sono un Dio geloso che punisco l'iniquità dei padri sui figlioli fino alla terza ealla quarta generazione di quelli che mi odiano”. Queste parole furono pronun-ciate dalle medesime labbra di Dio e scritte con lo stesso dito di Dio su tavolettedi pietra: non solo per istruzione del seme di Abramo, ma per tutte le tribù e legenerazioni del genere umano.Nessun altro comandamento contiene tale minaccia. Orbene, se Dio ha minac-ciato di punire il PECCATO DI IDOLATRIA PIÙ DI TUTTI GLI ALTRI PECCATI e setroviamo che il duro giudizio di Dio grava su tutti noi, mentre questo medesimopeccato grida al cielo contro di noi, non dovrebbe essere materia di un'approfon-dita indagine se fra tutti gli altri nostri peccati nazionali, che sono sia molti chegravi, questo possa costituire "la stessa testa e fronte della nostra offesa?".

CAPITOLO IVDOTTRINA E DISCIPLINA

Quando Linacer, eminente medico, ma bigotto romano del regno di Enrico VIII,per la prima volta lesse il Nuovo Testamento, dopo un pò esclamò: "O questolibro non dice il vero, o noi non siamo cristiani". Si rese conto che il sistema diRoma e il sistema del Nuovo Testamento erano direttamente opposti l'uno all'al-tro; e nessuno che li metta a confronto in modo imparziale può giungere ad altraconclusione. Passare dalla Bibbia al breviario è come passare dalla luce alletenebre. Mentre l'una spira gloria a Dio nei cieli altissimi, pace sulla terra agliuomini di buona volontà, l'altra inculca tutto ciò che è disonorante per l'Altissi-mo e rovinoso per il benessere spirituale e morale del genere umano. Come hapotuto il Papato abbracciare tali perniciose dottrine e pratiche? Era la Bibbiacosì oscura o ambigua che gli uomini caddero naturalmente nell'inganno di sup-porre che essa richiedesse di credere e praticare esattamente l'opposto di ciò cheessa insegnava? No! La dottrina e la disciplina del Papa non sono mai state trat-te dalla Bibbia. Il fatto che chiunque vi sia al potere abbia messo al bando laBibbia e che consegni chi sceglie il dono dell'amore celeste alle fiamme o lemette sotto chiave, lo dimostra. Uno sguardo ai capisaldi del sistema papaledimostrerà sufficientemente che la sua dottrina e disciplina, sotto tutti gli aspettifondamentali, è stata attinta da Babilonia. Lasciamo che adesso il lettore ne os-servi l'evidenza.

SEZIONE IRIGENERAZIONE BATTESIMALE

E ben noto che la rigenerazione mediante il battesimo è un articolo fondamenta-le di Roma, sì, tanto da porsi all'inizio del sistema romano. Il battesimo è cosìimportante secondo Roma che, da una parte è considerato "di assoluta necessitàper la salvezza", in quanto gli infanti che muoiono senza di esso non possonoessere ammessi alla gloria; e, d'altra parte, le sue virtù sono così grandi che essoviene in ogni caso definito infallibile per "rigenerarci a una nuova nascita spiri-tuale, rendendoci figli di Dio"; è inoltre "la prima porta per mezzo della qualeentriamo nel gregge di Gesù Cristo, il primo mezzo mediante il quale riceviamola grazia della riconciliazione con Dio; perciò i meriti della morte di Cristo so-no, mediante il battesimo, applicati alla nostra anima in maniera così sovrabbon-dante da soddisfare pienamente la giustizia divina per tutti i peccati commessicompreso quello originale".Orbene, sotto entrambi gli aspetti questa dottrina è assolutamente antiscritturale;in entrambi i casi essa è squisitamente pagana. E antiscritturale poiché il SignoreGesù Cristo ha dichiarato espressamente che i bambini, senza mancare di rispet-to al battesimo o a qualsiasi estrema ordinanza, possono essere ammessi in tuttala gloria del mondo celeste: "Lasciate stare i fanciullini, e smettete d'impedireloro di venire da me, poiché a tali appartiene il regno dei cieli” Giovanni il Bat-tista, mentre era ancora nel seno di sua madre, fu così pieno di gioia per l'avven-to del Salvatore che, non appena il saluto di Maria risuonò alle orecchie di suamadre, il bambino non ancora nato "saltò di grande allegrezza nel suo seno". Sequel bambino fosse morto nascendo sarebbe stato escluso dall'“eredità dei santi

121 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 121L e D u e B a b i l o n i emoltitudini alte grida di tristezza per tutto il corso della processione, come se lasemplice intensità del grido servisse a rendere manifesto il dispiacere del diogiustamente offeso. Gregorio, chiamato comunemente il Grande, sembra siastato il primo su vasta scala a introdurre tali processioni religiose nella chiesaromana. Nel 590, quando Roma fu punita dalla mano di Dio con la pestilenza,egli esortò il popolo a unirsi in pubblica supplica a Dio, stabilendo che avrebbe-ro dovuto incontrarsi sul finire del giorno in SETTE DIVERSE COMPAGNIE, secon-do le loro rispettive età, sesso e rango e marciare in sette differenti processioni,recitando litanie o supplicazioni, fin che non si fossero incontrati in un sol luo-go. Il popolo obbedì e procedette cantando e pronunciando le parole "Signoreabbi pietà di noi", portando con loro, come narra Baronio, per espresso comandodi Gregorio, un'immagine della vergine. La stessa idea di una tale processione èun affronto alla maestà del cielo; esso implica che Dio che è spirito "vede conocchi di carne" e può essere commosso da tale spettacolo pittoresco, propriocome un mortale. Come esperimento ha avuto poco successo. Nello spazio diun'ora, mentre erano così impegnate, ottanta persone caddero per terra ed esala-rono l'ultimo respiro. Tuttavia ciò è adesso considerato dai Britannici come "lavia più eccellente" per allontanare l'ira di Dio in tempo di calamità nazionale."Questa calamità" dice il dott. Wiseman, riferendosi ai disastri indiani, "si èabbattuta sui nostri antenati nei giorni cattolici, quando sembrava che le vie diquesta città (Londra) fossero percorse in ogni direzione da processioni di peni-tenti, che gridavano, come Davide quando la pestilenza colpì il popolo". Se que-sta allusione a Davide ha qualche pertinenza o significato, deve implicare cheDavide, al tempo della pestilenza, abbia guidato qualche "processione peniten-ziale". Ma il dott. Wiseman sa, o pensiamo che sappia, che Davide non fecenulla di tutto ciò, poiché la sua penitenza non fu assolutamente espressa median-te le processioni, come "ai giorni cattolici dei nostri antenati" a cui siamo invita-ti a ritornare. Tale riferimento a Davide, quindi, è un semplice tentativo di in-gannare coloro ai quali non è dato di leggere la Bibbia, come se tali "processionipenitenziali" avessero qualche base scritturale. Il Times, commentando tale sug-gerimento dei dignitari papali ha detto: "La storica idea è abbastanza semplice evecchia per quanto possa esserlo". La ritroveremo in Omero con "la processionedi Ecuba e delle donne di Troia al santuario di Minerva, nell'acropoli di quellacittà". Fu un tempo di terrore e di costernazione a Troia quando Diomede, conforza irresistibile, spazzò ogni cosa che gli stava dinanzi, e la capitolazione del-l'orgogliosa città sembrava vicina. Per avvertire della condanna apparentementeinevitabile, la regina troiana fu divinamente invitata

"A guidare la processione delle matrone di Troia al tempio di Miner-va"

E così essa fece:

"Essa stessa conduceva... la lunga processione II corteo procedevamaestosamente lento;Ben presto esse giunsero alla più alta cima della torre d'IlioE salirono sulla splendida cupola palladiana La moglie di Antenore,la leggiadra Teano, attese Come le sacerdotesse di Pallade, e apertele porte Con le mani giunte e gli occhi supplicanti Riempirono la cu-pola di grida supplici"

Qui troviamo un precedente per le "processioni penitenziali" in relazione conl'idolatria, cosa che si cercherebbe invano nella storia di Davide, o di alcuno deisanti del Vecchio Testamento. Le processioni religiose e specialmente le proces-sioni con le immagini siano esse tristi o gioiose, sono squisitamente pagane.Nella parola di Dio troviamo due esempi in cui le processioni vengono effettua-te col permesso di Dio, ma quando si paragona l'oggetto di queste processionicon il dichiarato scopo e le caratteristiche delle processioni romane, si vedrà chenon vi è alcuna analogia fra esse e le processioni di Roma. I due casi a cui miriferisco sono i sette giorni durante i quali si girò intorno a Gerico e la proces-sione per portare l'arca di Dio da Kirjat-jearim alla città di Davide. Le processio-ni, nel primo caso, sebbene recassero il simbolo della divina adorazione nonintendevano essere un atto di adorazione religiosa, ma erano un modo miracolo-so concesso dall'intervento divino di combattere una guerra. Nell'altro caso, vifu semplicemente la rimozione dell'arca, il simbolo della presenza di Geova dalluogo dove, per un certo periodo, era rimasta a giacere nell'oscurità, al luogodove il Signore stesso aveva scelto di dimorare; e in tale occasione fu del tuttoappropriato e convenevole che il trasferimento avesse luogo con tutta la solenni-tà religiosa. Ma questi erano semplici avvenimenti occasionali, e non avevanoniente in comune con le processioni romane, che costituiscono parte regolaredelle cerimonie papali. Ma sebbene le Scritture non dicano nulla delle proces-sioni religiose nell'adorazione approvata da Dio, parlano più di una volta delleprocessioni pagane accompagnate da immagini ed evidenziano la stoltezza dicoloro che si aspettano qualcosa di buono da parte di dei, impossibilitati a spo-starsi a meno che non siano trasportati. Parlando degli dèi di Babilonia, il profe-ta Isaia così dice (cap. 46:6): "Ci sono quelli che traggono a profusione l'orodalla bocca, e con l'asta della bilancia pesano l'argento. Assumono un lavoratoredi metalli, ed egli ne fa un dio. Essi si prostrano, si, si inchinano. Lo portanosulla spalla, lo sostengono e lo depositano nel suo luogo perché stia fermo".Nelle sculture di Ninive queste processione di idoli, portati a spalla da uomini,sono vividamente rappresentate, e costituiscono una impressionante illustrazio-ne del linguaggio profetico, e delle reali origini delle processioni Papiste. InEgitto era osservata la stessa pratica. Nelle "processioni del santuario" dice Wil-kinson, "era abitudine portare la statua delle divinità più importanti, in cui onoreaveva luogo la processione, insieme a quella del re e alle figure dei suoi antena-ti, portati nella stessa maniera, sulle spalle degli uomini". Ma non sono solo leprocessioni in generale identificate con il sistema babilonico. Abbiamo l'eviden-za che queste processioni traggano la loro origine da quel disastroso evento cheebbe luogo nella storia di Nimrod e che ha già occupato parecchio della nostraattenzione. Wilkinson dice che "Diodoro parla di una festa etiope di Giove,quando la statua era portata in processione, probabilmente per commemorare ilsupposto rifugio del dio in quel paese che", egli, "può essere stato un monumen-to commemorativo della fuga degli egiziani con i loro dèi". Il passo di Diodoro,a cui si riferisce Wilkinson, non è molto decisivo per stabilire il motivo per cuile statue di Giove e di Giunone (poiché Diodoro menziona sia il santuario diGiove che quello di Giunone) erano annualmente portate in Etiopia, e quindi,dopo un certo periodo di soggiorno, riportate nuovamente in Egitto. Ma, parago-nandolo con altri passaggi dell'antichità, il suo scopo appare chiaro. Eustatiusafferma che, nel corso della festa in questione, "secondo alcuni, gli Etiopi usava-no prelevare le immagini di Zeus e degli altri dèi dal grande tempio di Zeus a

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120 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 120L e D u e B a b i l o n i emoltitudini alte grida di tristezza per tutto il corso della processione, come se lasemplice intensità del grido servisse a rendere manifesto il dispiacere del diogiustamente offeso. Gregorio, chiamato comunemente il Grande, sembra siastato il primo su vasta scala a introdurre tali processioni religiose nella chiesaromana. Nel 590, quando Roma fu punita dalla mano di Dio con la pestilenza,egli esortò il popolo a unirsi in pubblica supplica a Dio, stabilendo che avrebbe-ro dovuto incontrarsi sul finire del giorno in SETTE DIVERSE COMPAGNIE, secon-do le loro rispettive età, sesso e rango e marciare in sette differenti processioni,recitando litanie o supplicazioni, fin che non si fossero incontrati in un sol luo-go. Il popolo obbedì e procedette cantando e pronunciando le parole "Signoreabbi pietà di noi", portando con loro, come narra Baronio, per espresso comandodi Gregorio, un'immagine della vergine. La stessa idea di una tale processione èun affronto alla maestà del cielo; esso implica che Dio che è spirito "vede conocchi di carne" e può essere commosso da tale spettacolo pittoresco, propriocome un mortale. Come esperimento ha avuto poco successo. Nello spazio diun'ora, mentre erano così impegnate, ottanta persone caddero per terra ed esala-rono l'ultimo respiro. Tuttavia ciò è adesso considerato dai Britannici come "lavia più eccellente" per allontanare l'ira di Dio in tempo di calamità nazionale."Questa calamità" dice il dott. Wiseman, riferendosi ai disastri indiani, "si èabbattuta sui nostri antenati nei giorni cattolici, quando sembrava che le vie diquesta città (Londra) fossero percorse in ogni direzione da processioni di peni-tenti, che gridavano, come Davide quando la pestilenza colpì il popolo". Se que-sta allusione a Davide ha qualche pertinenza o significato, deve implicare cheDavide, al tempo della pestilenza, abbia guidato qualche "processione peniten-ziale". Ma il dott. Wiseman sa, o pensiamo che sappia, che Davide non fecenulla di tutto ciò, poiché la sua penitenza non fu assolutamente espressa median-te le processioni, come "ai giorni cattolici dei nostri antenati" a cui siamo invita-ti a ritornare. Tale riferimento a Davide, quindi, è un semplice tentativo di in-gannare coloro ai quali non è dato di leggere la Bibbia, come se tali "processionipenitenziali" avessero qualche base scritturale. Il Times, commentando tale sug-gerimento dei dignitari papali ha detto: "La storica idea è abbastanza semplice evecchia per quanto possa esserlo". La ritroveremo in Omero con "la processionedi Ecuba e delle donne di Troia al santuario di Minerva, nell'acropoli di quellacittà". Fu un tempo di terrore e di costernazione a Troia quando Diomede, conforza irresistibile, spazzò ogni cosa che gli stava dinanzi, e la capitolazione del-l'orgogliosa città sembrava vicina. Per avvertire della condanna apparentementeinevitabile, la regina troiana fu divinamente invitata

"A guidare la processione delle matrone di Troia al tempio di Miner-va"

E così essa fece:

"Essa stessa conduceva... la lunga processione II corteo procedevamaestosamente lento;Ben presto esse giunsero alla più alta cima della torre d'IlioE salirono sulla splendida cupola palladiana La moglie di Antenore,la leggiadra Teano, attese Come le sacerdotesse di Pallade, e apertele porte Con le mani giunte e gli occhi supplicanti Riempirono la cu-pola di grida supplici"

Qui troviamo un precedente per le "processioni penitenziali" in relazione conl'idolatria, cosa che si cercherebbe invano nella storia di Davide, o di alcuno deisanti del Vecchio Testamento. Le processioni religiose e specialmente le proces-sioni con le immagini siano esse tristi o gioiose, sono squisitamente pagane.Nella parola di Dio troviamo due esempi in cui le processioni vengono effettua-te col permesso di Dio, ma quando si paragona l'oggetto di queste processionicon il dichiarato scopo e le caratteristiche delle processioni romane, si vedrà chenon vi è alcuna analogia fra esse e le processioni di Roma. I due casi a cui miriferisco sono i sette giorni durante i quali si girò intorno a Gerico e la proces-sione per portare l'arca di Dio da Kirjat-jearim alla città di Davide. Le processio-ni, nel primo caso, sebbene recassero il simbolo della divina adorazione nonintendevano essere un atto di adorazione religiosa, ma erano un modo miracolo-so concesso dall'intervento divino di combattere una guerra. Nell'altro caso, vifu semplicemente la rimozione dell'arca, il simbolo della presenza di Geova dalluogo dove, per un certo periodo, era rimasta a giacere nell'oscurità, al luogodove il Signore stesso aveva scelto di dimorare; e in tale occasione fu del tuttoappropriato e convenevole che il trasferimento avesse luogo con tutta la solenni-tà religiosa. Ma questi erano semplici avvenimenti occasionali, e non avevanoniente in comune con le processioni romane, che costituiscono parte regolaredelle cerimonie papali. Ma sebbene le Scritture non dicano nulla delle proces-sioni religiose nell'adorazione approvata da Dio, parlano più di una volta delleprocessioni pagane accompagnate da immagini ed evidenziano la stoltezza dicoloro che si aspettano qualcosa di buono da parte di dei, impossibilitati a spo-starsi a meno che non siano trasportati. Parlando degli dèi di Babilonia, il profe-ta Isaia così dice (cap. 46:6): "Ci sono quelli che traggono a profusione l'orodalla bocca, e con l'asta della bilancia pesano l'argento. Assumono un lavoratoredi metalli, ed egli ne fa un dio. Essi si prostrano, si, si inchinano. Lo portanosulla spalla, lo sostengono e lo depositano nel suo luogo perché stia fermo".Nelle sculture di Ninive queste processione di idoli, portati a spalla da uomini,sono vividamente rappresentate, e costituiscono una impressionante illustrazio-ne del linguaggio profetico, e delle reali origini delle processioni Papiste. InEgitto era osservata la stessa pratica. Nelle "processioni del santuario" dice Wil-kinson, "era abitudine portare la statua delle divinità più importanti, in cui onoreaveva luogo la processione, insieme a quella del re e alle figure dei suoi antena-ti, portati nella stessa maniera, sulle spalle degli uomini". Ma non sono solo leprocessioni in generale identificate con il sistema babilonico. Abbiamo l'eviden-za che queste processioni traggano la loro origine da quel disastroso evento cheebbe luogo nella storia di Nimrod e che ha già occupato parecchio della nostraattenzione. Wilkinson dice che "Diodoro parla di una festa etiope di Giove,quando la statua era portata in processione, probabilmente per commemorare ilsupposto rifugio del dio in quel paese che", egli, "può essere stato un monumen-to commemorativo della fuga degli egiziani con i loro dèi". Il passo di Diodoro,a cui si riferisce Wilkinson, non è molto decisivo per stabilire il motivo per cuile statue di Giove e di Giunone (poiché Diodoro menziona sia il santuario diGiove che quello di Giunone) erano annualmente portate in Etiopia, e quindi,dopo un certo periodo di soggiorno, riportate nuovamente in Egitto. Ma, parago-nandolo con altri passaggi dell'antichità, il suo scopo appare chiaro. Eustatiusafferma che, nel corso della festa in questione, "secondo alcuni, gli Etiopi usava-no prelevare le immagini di Zeus e degli altri dèi dal grande tempio di Zeus a

89 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 89L e D u e B a b i l o n i efosse in origine distinta essa era identificata), mentre era celebrata come madredel primo Bacco e conosciuta come "moglie onorata di Plutone", era anche con-siderata, secondo quanto menzionato negli "Inni Orfici", come"Associata delle stagioni, essenza luminosa, Vergine regnante ovunque, coleiche porta la luce celeste".Più si esaminano, più diviene evidente, quando si paragonano con le più antichedottrine della Grecia classica, che i loro autori, chiunque abbia scritto tali inni,compresero e accettarono pienamente la teologia genuina del paganesimo. Inarmonia al fatto che Proserpina era comunemente adorata nella Grecia pagana,sebbene ben conosciuta come moglie di Plutone, dio degli inferi, con il nome di"Santa Vergine", troviamo Pausania mentre descrive il boschetto Camasio, ren-dendo così testimonianza: "Questo boschetto contiene una statua di Apollo, diMercurio che porta un montone e di Proserpina, la figlia di Cerere, che è chia-mata 'LA SANTA VERGINE". La purezza di questa "Santa Vergine" non consistesemplicemente nella libertà del peccato, ma essa si distingue specialmente per lasua "immacolata concezione" poiché Proclo dice: "Essa è chiamata Corè, per lapurezza della sua essenza e la sua INCONTAMINATA trascendenza nelle sue GE-NERAZIONI". Si è meravigliato qualcuno del recente decreto? Non v'è alcun mo-tivo. Fu solo per seguire la dottrina pagana precedentemente adottata e fusasicon l'intero sistema di Roma che quel decreto è stato emanato e che la Madonnadi Roma è stata formalmente e in ogni senso del termine, dichiarata assoluta-mente "IMMACOLATA".Orbene, dopo tutto ciò, è possibile dubitare che la Madonna di Roma, con ilbambino in braccio, e la Madonna di Babilonia, non siano che una sola e identi-ca dea? E noto che la Madonna romana è adorata come una dea, sì, come ogget-to supremo di adorazione. Non si ribellarono, allora, i cristiani d'Inghilterra all'i-dea di sostenere ancora questo mostruoso paganesimo babilonese? Quale corpoelettorale cristiano potrebbe tollerare che i suoi rappresentanti devolgano il de-naro di questa nazione protestante per sostenere tale idolatria blasfema? La col-pa dell'idolatria è considerata da molti una colpa comparativamente lieve e unpeccato insignificante. Ma non è così che la considera l'Iddio del cielo. Qual'è ditutti e dieci il comandamento che è circondato dalle più solenni e terribili san-zioni? È il secondo: "Non ti fare scultura alcuna ne immagine alcuna delle coseche sono lassù nei cieli o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra; non tiprostrare dinanzi a tali cose e non servire loro: poiché io l'Eterno, L'Iddio Tuo,sono un Dio geloso che punisco l'iniquità dei padri sui figlioli fino alla terza ealla quarta generazione di quelli che mi odiano”. Queste parole furono pronun-ciate dalle medesime labbra di Dio e scritte con lo stesso dito di Dio su tavolettedi pietra: non solo per istruzione del seme di Abramo, ma per tutte le tribù e legenerazioni del genere umano.Nessun altro comandamento contiene tale minaccia. Orbene, se Dio ha minac-ciato di punire il PECCATO DI IDOLATRIA PIÙ DI TUTTI GLI ALTRI PECCATI e setroviamo che il duro giudizio di Dio grava su tutti noi, mentre questo medesimopeccato grida al cielo contro di noi, non dovrebbe essere materia di un'approfon-dita indagine se fra tutti gli altri nostri peccati nazionali, che sono sia molti chegravi, questo possa costituire "la stessa testa e fronte della nostra offesa?".

CAPITOLO IVDOTTRINA E DISCIPLINA

Quando Linacer, eminente medico, ma bigotto romano del regno di Enrico VIII,per la prima volta lesse il Nuovo Testamento, dopo un pò esclamò: "O questolibro non dice il vero, o noi non siamo cristiani". Si rese conto che il sistema diRoma e il sistema del Nuovo Testamento erano direttamente opposti l'uno all'al-tro; e nessuno che li metta a confronto in modo imparziale può giungere ad altraconclusione. Passare dalla Bibbia al breviario è come passare dalla luce alletenebre. Mentre l'una spira gloria a Dio nei cieli altissimi, pace sulla terra agliuomini di buona volontà, l'altra inculca tutto ciò che è disonorante per l'Altissi-mo e rovinoso per il benessere spirituale e morale del genere umano. Come hapotuto il Papato abbracciare tali perniciose dottrine e pratiche? Era la Bibbiacosì oscura o ambigua che gli uomini caddero naturalmente nell'inganno di sup-porre che essa richiedesse di credere e praticare esattamente l'opposto di ciò cheessa insegnava? No! La dottrina e la disciplina del Papa non sono mai state trat-te dalla Bibbia. Il fatto che chiunque vi sia al potere abbia messo al bando laBibbia e che consegni chi sceglie il dono dell'amore celeste alle fiamme o lemette sotto chiave, lo dimostra. Uno sguardo ai capisaldi del sistema papaledimostrerà sufficientemente che la sua dottrina e disciplina, sotto tutti gli aspettifondamentali, è stata attinta da Babilonia. Lasciamo che adesso il lettore ne os-servi l'evidenza.

SEZIONE IRIGENERAZIONE BATTESIMALE

E ben noto che la rigenerazione mediante il battesimo è un articolo fondamenta-le di Roma, sì, tanto da porsi all'inizio del sistema romano. Il battesimo è cosìimportante secondo Roma che, da una parte è considerato "di assoluta necessitàper la salvezza", in quanto gli infanti che muoiono senza di esso non possonoessere ammessi alla gloria; e, d'altra parte, le sue virtù sono così grandi che essoviene in ogni caso definito infallibile per "rigenerarci a una nuova nascita spiri-tuale, rendendoci figli di Dio"; è inoltre "la prima porta per mezzo della qualeentriamo nel gregge di Gesù Cristo, il primo mezzo mediante il quale riceviamola grazia della riconciliazione con Dio; perciò i meriti della morte di Cristo so-no, mediante il battesimo, applicati alla nostra anima in maniera così sovrabbon-dante da soddisfare pienamente la giustizia divina per tutti i peccati commessicompreso quello originale".Orbene, sotto entrambi gli aspetti questa dottrina è assolutamente antiscritturale;in entrambi i casi essa è squisitamente pagana. E antiscritturale poiché il SignoreGesù Cristo ha dichiarato espressamente che i bambini, senza mancare di rispet-to al battesimo o a qualsiasi estrema ordinanza, possono essere ammessi in tuttala gloria del mondo celeste: "Lasciate stare i fanciullini, e smettete d'impedireloro di venire da me, poiché a tali appartiene il regno dei cieli” Giovanni il Bat-tista, mentre era ancora nel seno di sua madre, fu così pieno di gioia per l'avven-to del Salvatore che, non appena il saluto di Maria risuonò alle orecchie di suamadre, il bambino non ancora nato "saltò di grande allegrezza nel suo seno". Sequel bambino fosse morto nascendo sarebbe stato escluso dall'“eredità dei santi

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90 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 90L e D u e B a b i l o n i edella luce" alla quale egli era certamente destinato ad "incontrarsi"? Tuttavia ilvescovo cattolico romano Hay, sfidando qualsiasi principio della parola di Dionon esitò a redigere la seguente domanda: cosa avviene ad un bambino chemuore privo del battesimo? Risposta: se un bambino dovesse essere messo amorte per amore di Cristo, ciò sarebbe un battesimo di sangue e porterebbe alciclo; ma tranne che in tal caso, poiché i bambini sono incapaci di nutrire il desi-derio d'essere battezzati insieme ad altre necessarie disposizioni, se essi nonvengono effettivamente battezzati con acqua, "NON POSSONO ENTRARE IN CIE-LO". Poiché questa dottrina non proviene dalla Bibbia, da dove viene? Viene dalpaganesimo. Il lettore dei classici non può non ricordare dove e in quale tristecondizione Enea trovò le anime degli infelici bambini che erano morti prima diricevere, per così dire, "i riti della chiesa", quando visitò le regioni infernali."Sentono al primo entrar voci e vagiti di pargoletti infanti che dal latte E da leculle acerbamente svelti Vider ne primi dì l'ultima sera"Questi miseri bambini, per glorificare la virtù e l'efficacia dei riti mistici delpaganesimo, sono esclusi dai campi Elisi, il paradiso dei pagani, ed hanno fra iloro compagni nessun altra compagnia migliore che quella dei colpevoli di sui-cidio:"Passan di mano in mano a quei che feri Incontro a se, la luce in odio avendo El'alme a vide, anzi nel prescritto giorno Si son da loro indegnamente ancisi Maquando vorrebbero ora i meschini Esser di sopra, e povertà vivendo Soffrire, ede la vita ogni disagio!".Questo per quanto riguarda la mancanza del battesimo. Quindi, per quanto ri-guarda gli effetti positivi che esso reca la dottrina papale è egualmente antiscrit-turale. Vi sono Protestanti professanti che accettano la dottrina della Rigenera-zione Battesimale; ma la parola di Dio non conosce niente di tutto ciò. Il raccon-to scritturale del battesimo mostra che non comunica una nuova nascita, ma cheesso è il mezzo appropriato per suggellare quella nuova nascita ove essa giàesista. A questo riguardo il battesimo ha lo stesso significato della circoncisione.Orbene cosa dice la parola di Dio sull'efficacia della circoncisione? Essa dice,parlando di Abramo: "Ed egli ricevette un segno, cioè la circoncisione comesuggello della giustizia mediante la sua fede che aveva mentre era nel suo statoincirconciso" (Romani 4:11). La circoncisione non rese Abramo giusto; egli eragiusto prima d'essere circonciso. Ma intendeva dichiaralo giusto, dandogli pienaevidenza nella sua consapevolezza di esserlo. Se Abramo non fosse stato giustoprima della sua circoncisione, essa non sarebbe stata un suggello, non avrebbepotuto confermare ciò che non esisteva. Così è col battesimo, esso è un suggellodi giustizia della fede che l'uomo "possiede prima d'essere battezzato"; poiché èdetto, "Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato" (Marco 16:16). Do-ve esiste la fede, se è genuina, essa è l'evidenza di un cuore nuovo di una naturarigenerata; ed è solo in base alla professione di quella fede e alla rigenerazionenel caso di un adulto che egli è ammesso al battesimo. Anche nel caso dei bam-bini, che non possono fare alcuna professione di fede o di santità, l'amministra-zione del battesimo non è fatta allo scopo di rigenerarli o di santificarli, ma didichiararli "santi", nel senso d'essere idonei ad essere consacrati anche nell'in-fanzia per il servizio di Cristo, proprio come l'intera nazione di Israele, in conse-guenza della loro relazione con Abramo, secondo la carne, furono "santi al Si-gnore". Se non fossero, in quel senso figurativo, "santi" non sarebbero idonei

per il battesimo, che è il suggello di una condizione santa. Ma la Bibbia li di-chiara "santi" perché discendono da genitori credenti, e questo anche quando lofosse soltanto uno dei due: "Poiché il marito incredulo è santificato rispetto allamoglie, e la moglie incredula è santificata rispetto al marito; altrimenti i vostrifigli sarebbero realmente impuri, ma ora sono santi". (1 Corinti 7:14). È in con-seguenza alla "Santità", con tutte le responsabilità che comporta il dichiararlosolennemente, che essi sono battezzati. Tale "santità", comunque, è molto diver-sa dalla "Santità" della nuova natura; e sebbene lo stesso fatto del battesimo, siada parte dello spirito di Dio, un importante mezzo per rendere la santità una glo-riosa realtà, esso non assicura in tutti i casi la rigenerazione spirituale. Dio può onon può, come Egli crede giusto, dare il nuovo cuore; ma è manifesto che mi-gliaia che sono stati debitamente battezzati sono ancora non rigenerati, sonoancora nella stessa posizione di Simon Mago che, dopo essere stato battezzatocanonicamente da Filippo, fu dichiarato "fiele velenoso e un laccio d'ingiusti-zia" (Atti 8:23). La dottrina di Roma, comunque, insegna che tutti coloro chesono battezzati canonicamente, comunque ignoranti, comunque minorati, sedanno solo fede implicita alla chiesa e cedono le loro coscienze ai preti sonorigenerati come mai potrebbero divenirlo, e che i bambini fuoriuscenti dalleacque del battesimo sono del tutto purgati dall'onta del peccato originale. Perciòtroviamo che i Gesuiti missionari in India si vantano di fare migliaia di converti-ti, semplicemente battezzandoli, senza averli minimamente istruiti in preceden-za, nella più completa ignoranza delle verità del Cristianesimo, sulla sola basedella loro semplice professione di sottomissione a Roma. Questa dottrina dellarigenerazione battesimale è inoltre essenzialmente babilonese. Alcuni possonoforse sentirsi turbati all'idea che la rigenerazione possa essere stata conosciutanel mondo pagano, ma se solo si recano in India troveranno, fino a questo gior-no, i bigotti indù che non hanno mai aperto le loro orecchie alle istruzioni cri-stiane estremamente familiari al termine e all'idea quanto noi stessi. I bambinifanno oggetto di un loro vanto l'essere "nati due volte" e che, come tali, sonocerti della felicità eterna. Orbene, accadeva così anche a Babilonia e quivi lanascita veniva conferita col battesimo. Nei misteri caldei, prima che fosse rice-vuta qualsiasi istruzione, era richiesto prima di tutto che la persona da iniziare sisottomettesse al battesimo come segno di obbedienza cieca e implicita. Trovia-mo diversi autori antichi che recano una testimonianza diretta sia al fatto di talebattesimo che ai suoi scopi. "In certi riti sacri dei pagani", dice Tertulliano rife-rendosi in particolar modo all'adorazione di Iside e Mitra, "la modalità dell'ini-ziazione è costituita dal battesimo". Il termine iniziazione mostra chiaramenteche era ai Misteri di tale divinità che vien fatto riferimento. Tale battesimo ave-va luogo per immersione e sembra che sia stato piuttosto un violento e formida-bile processo; poiché troviamo che colui che passava attraverso le acque purifi-catrici e altre necessarie penitenze, "se fosse sopravvissuto, allora sarebbe statoammesso alla conoscenza". Per affrontare tale ordalia era necessario non pococoraggio da parte di chi doveva subirla. Vi era comunque un grande incentivo asottoporvisi poiché a coloro che erano così battezzati veniva promessa, ci assi-cura Tertulliano, come conseguenza, la "RIGENERAZIONE" e il perdono di tutti iloro peccati. I nostri antenati pagani, gli adoratori di Odino, praticavano riti bat-tesimali che, messi in relazione col dichiarato scopo per cui erano tenuti, mo-strano che, per lo meno, essi devono aver creduto che sarebbe stata lavata via lacolpa originale e la corruzione dei loro figli neonati mediante l'essere battezzati

119 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 119L e D u e B a b i l o n i epagava per esse". Tali erano le operazioni della dottrina del Purgatorio e dellepreghiere per i morti fra i professi e riconosciuti pagani; e sotto quale essenzialeaspetto esse differiscono dalle operazioni della stessa dottrina della Roma papa-le? Vi sono le stesse estorsioni. Sia nell'una che nell'altra. La dottrina del Purga-torio è squisitamente pagana e non può nemmeno per un istante resistere allaluce delle Scritture. Per quelli che muoiono in Cristo non vi è, ne può esservi,alcun purgatorio; poiché il "sangue di Gesù Cristo, il Figlio di Dio, purifica daTUTTI i peccati". D'altra parte, per coloro che muoiono senza alcuna personaleunione con Cristo, e conseguentemente, non purificati, non giustificati e nonsalvati, non può esservi alcun altra purificazione; poiché, mentre "colui che ha ilFiglio ha la vita, colui che non ha il Figlio non ha la vita", e non potrà mai aver-la. Per quanto si indaghi nelle Scritture si troverà che, riguardo a tutti coloro che"muoiono nei loro peccati" il decreto di Dio è irreversibile: "L'ingiusto rimangaingiusto e il corrotto rimanga corrotto". Così l'intera dottrina del Purgatorio è unsistema di pura procedura pagana, disonorante Dio, e che delude gli uomini chevivono nel peccato con la speranza di un'espiazione dopo la morte, che li ingan-na privandoli dei loro beni e della loro salvezza. Nel purgatorio pagano, fuoco,acqua e vento erano rappresentati (come si può vedere dai versi di Virgilio)combinati in modo da purgare la lordura del peccato. Nel purgatorio del papatosempre fin dai giorni di Papa Gregorio, il FUOCO stesso è stato il grande mezzodel purgamento. Così, mentre i fuochi del Purgatorio del mondo futuro non sonoaltro che la trasposizione dei principi incorporati nei fiammeggianti e purificato-ri fuochi di Baal della notte di S. Giovanni, essi formano un altro anello nell'i-dentificazione del sistema romano con il sistema di Tammuz o Zoroastro, ilgrande dio degli antichi adoratori del fuoco.Ora, se la rigenerazione battesimale, la giustificazione mediante le opere, le pe-nitenze come soddisfazione della giustizia di Dio, il sacrificio incruento dellamessa, l'estrema unzione, il purgatorio e le preghiere per i morti, derivano tuttida Babilonia, quanto appropriatamente può il sistema di Roma definirsi Babilo-nese. E se i racconti già provveduti sono veri, quanti ringraziamenti dovremmoinnalzare a Dio che, da un tale sistema ci ha liberati con la benedetta Riforma!Quale grande dono è l'essere liberati dal confidare in tale rifugio di menzogneche non potranno mai togliere i peccati come non può farlo il sangue di tori o dicapri! Com'è benedetto sapere che il sangue dell'Agnello, applicato dallo Spiritodi Dio alla coscienza più contaminata la purifica completamente dalle operemorte e dal peccato!

CAPITOLO V

RITI E CERIMONIE

SEZIONE IPROCESSIONE DEGLI IDOLI

Quelli che hanno letto il racconto dell'ultima processione idolatrica nella capita-le della Scozia, nella "Storia della Riforma''' di J. Knox, non possono avere di-menticato facilmente la tragicommedia con cui si concluse. La luce del Vangelosi è diffusa estesamente, gli idoli papisti hanno perduto il loro fascino e ovunquesi è levata contro di loro l'antipatia del popolo. "Le immagini" dice lo storico,"furono tolte da ogni parte del paese; e a Edimburgo vi era un grande idolo chia-mato Santo Geyle (il santo patrono della capitale) che fu prima gettato nel lagodel nord e dopo bruciato senza che alcuno vi si opponesse". I vescovi chiesero alconsiglio comunale se "risistemare il vecchio San Geyle, o altrimenti, a lorospese, fare una nuova immagine". Il consiglio comunale non accettò la primaproposta e rifiutò decisamente la seconda; poiché si erano convinti del peccatodi idolatria. I vescovi e i preti, comunque, erano ancora attaccati ai loro idoli e,all'avvicinarsi dell'anniversario della festa di S. Giles, quando vi era l'abitudinedi portare i santi in processione attraverso la città, determinarono di fare del loromeglio, affinchè la consueta processione avesse luogo con la maggior pompapossibile. A tale proposito, "un marmouset idolo" che il popolo con derisionechiamò "il giovane S. Geyle" fu portato dai monaci e collocato al posto del vec-chio. "Il giorno stabilito", dice Knox, "si radunarono preti, frati, canonici... contamburelli e trombe e stendardi; e chi li guidava se non la stessa regina reggente,assieme ai suoi monaci, per onorare la festa. Proveniva da ovest, scendeva giùper Higt Street e per Canno Cross". Mentre la regina era presente, tutti cercaro-no di rallegrare il cuore dei preti e dei loro amici. Ma non appena sua Maestà siritirò per il pranzo, alcuni della folla, che avevano seguito l'intera faccenda conocchio malevolo, "si avvicinarono all'idolo come per cercare di aiutare a portar-lo, e sollevato il carro sulle loro spalle, cominciarono a scuoterlo, pensando difarlo cadere. Ma ciò era previsto e si era provveduto con dei chiodi di ferro(mediante i quali era ancorato al carro); e così uno cominciò a gridare: 'Giù conl'idolo, giù con esso'; e senza indugio fu scagliato giù"...Tale processione idolatrica fra gente che aveva iniziato a studiare e a gustare laparola di Dio, non suscita altro che indignazione e disprezzo. Ma nei paesi papi-sti, in mezzo a popolazioni tenute di proposito nelle tenebre, tali processionisono il mezzo favorito che la Chiesa di Roma impiega per ottenebrare i suoiadepti vincolandoli a se stessa. Le lunghe processioni con le immagini portate aspalla, con gli sfarzosi abiti dei preti e i vari abiti dei differenti ordini di monacie suore, con l'aiuto di bandiere al vento e l'emozionante suono della musica stru-mentale, se non si osservano con molta attenzione, sono adatti per divertireplausibilmente il popolo, per gratificare l'amore per il pittoresco e, quando leemozioni da esse suscitate sono nobilitate col nome di pietà e religione, servonoallo scopo del dispotismo spirituale. Appropriatamente, il papato ha sempre lar-gamente attinto a tali spettacoli. Nelle occasioni gioiose si è pensato di consa-crare l'ilarità e l'eccitazione causata da tali processioni al servizio degli idoli;e nei periodi di cordoglio, si è fatto uso degli stessi mezzi per far levare alle

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118 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 118L e D u e B a b i l o n i epagava per esse". Tali erano le operazioni della dottrina del Purgatorio e dellepreghiere per i morti fra i professi e riconosciuti pagani; e sotto quale essenzialeaspetto esse differiscono dalle operazioni della stessa dottrina della Roma papa-le? Vi sono le stesse estorsioni. Sia nell'una che nell'altra. La dottrina del Purga-torio è squisitamente pagana e non può nemmeno per un istante resistere allaluce delle Scritture. Per quelli che muoiono in Cristo non vi è, ne può esservi,alcun purgatorio; poiché il "sangue di Gesù Cristo, il Figlio di Dio, purifica daTUTTI i peccati". D'altra parte, per coloro che muoiono senza alcuna personaleunione con Cristo, e conseguentemente, non purificati, non giustificati e nonsalvati, non può esservi alcun altra purificazione; poiché, mentre "colui che ha ilFiglio ha la vita, colui che non ha il Figlio non ha la vita", e non potrà mai aver-la. Per quanto si indaghi nelle Scritture si troverà che, riguardo a tutti coloro che"muoiono nei loro peccati" il decreto di Dio è irreversibile: "L'ingiusto rimangaingiusto e il corrotto rimanga corrotto". Così l'intera dottrina del Purgatorio è unsistema di pura procedura pagana, disonorante Dio, e che delude gli uomini chevivono nel peccato con la speranza di un'espiazione dopo la morte, che li ingan-na privandoli dei loro beni e della loro salvezza. Nel purgatorio pagano, fuoco,acqua e vento erano rappresentati (come si può vedere dai versi di Virgilio)combinati in modo da purgare la lordura del peccato. Nel purgatorio del papatosempre fin dai giorni di Papa Gregorio, il FUOCO stesso è stato il grande mezzodel purgamento. Così, mentre i fuochi del Purgatorio del mondo futuro non sonoaltro che la trasposizione dei principi incorporati nei fiammeggianti e purificato-ri fuochi di Baal della notte di S. Giovanni, essi formano un altro anello nell'i-dentificazione del sistema romano con il sistema di Tammuz o Zoroastro, ilgrande dio degli antichi adoratori del fuoco.Ora, se la rigenerazione battesimale, la giustificazione mediante le opere, le pe-nitenze come soddisfazione della giustizia di Dio, il sacrificio incruento dellamessa, l'estrema unzione, il purgatorio e le preghiere per i morti, derivano tuttida Babilonia, quanto appropriatamente può il sistema di Roma definirsi Babilo-nese. E se i racconti già provveduti sono veri, quanti ringraziamenti dovremmoinnalzare a Dio che, da un tale sistema ci ha liberati con la benedetta Riforma!Quale grande dono è l'essere liberati dal confidare in tale rifugio di menzogneche non potranno mai togliere i peccati come non può farlo il sangue di tori o dicapri! Com'è benedetto sapere che il sangue dell'Agnello, applicato dallo Spiritodi Dio alla coscienza più contaminata la purifica completamente dalle operemorte e dal peccato!

CAPITOLO V

RITI E CERIMONIE

SEZIONE IPROCESSIONE DEGLI IDOLI

Quelli che hanno letto il racconto dell'ultima processione idolatrica nella capita-le della Scozia, nella "Storia della Riforma''' di J. Knox, non possono avere di-menticato facilmente la tragicommedia con cui si concluse. La luce del Vangelosi è diffusa estesamente, gli idoli papisti hanno perduto il loro fascino e ovunquesi è levata contro di loro l'antipatia del popolo. "Le immagini" dice lo storico,"furono tolte da ogni parte del paese; e a Edimburgo vi era un grande idolo chia-mato Santo Geyle (il santo patrono della capitale) che fu prima gettato nel lagodel nord e dopo bruciato senza che alcuno vi si opponesse". I vescovi chiesero alconsiglio comunale se "risistemare il vecchio San Geyle, o altrimenti, a lorospese, fare una nuova immagine". Il consiglio comunale non accettò la primaproposta e rifiutò decisamente la seconda; poiché si erano convinti del peccatodi idolatria. I vescovi e i preti, comunque, erano ancora attaccati ai loro idoli e,all'avvicinarsi dell'anniversario della festa di S. Giles, quando vi era l'abitudinedi portare i santi in processione attraverso la città, determinarono di fare del loromeglio, affinchè la consueta processione avesse luogo con la maggior pompapossibile. A tale proposito, "un marmouset idolo" che il popolo con derisionechiamò "il giovane S. Geyle" fu portato dai monaci e collocato al posto del vec-chio. "Il giorno stabilito", dice Knox, "si radunarono preti, frati, canonici... contamburelli e trombe e stendardi; e chi li guidava se non la stessa regina reggente,assieme ai suoi monaci, per onorare la festa. Proveniva da ovest, scendeva giùper Higt Street e per Canno Cross". Mentre la regina era presente, tutti cercaro-no di rallegrare il cuore dei preti e dei loro amici. Ma non appena sua Maestà siritirò per il pranzo, alcuni della folla, che avevano seguito l'intera faccenda conocchio malevolo, "si avvicinarono all'idolo come per cercare di aiutare a portar-lo, e sollevato il carro sulle loro spalle, cominciarono a scuoterlo, pensando difarlo cadere. Ma ciò era previsto e si era provveduto con dei chiodi di ferro(mediante i quali era ancorato al carro); e così uno cominciò a gridare: 'Giù conl'idolo, giù con esso'; e senza indugio fu scagliato giù"...Tale processione idolatrica fra gente che aveva iniziato a studiare e a gustare laparola di Dio, non suscita altro che indignazione e disprezzo. Ma nei paesi papi-sti, in mezzo a popolazioni tenute di proposito nelle tenebre, tali processionisono il mezzo favorito che la Chiesa di Roma impiega per ottenebrare i suoiadepti vincolandoli a se stessa. Le lunghe processioni con le immagini portate aspalla, con gli sfarzosi abiti dei preti e i vari abiti dei differenti ordini di monacie suore, con l'aiuto di bandiere al vento e l'emozionante suono della musica stru-mentale, se non si osservano con molta attenzione, sono adatti per divertireplausibilmente il popolo, per gratificare l'amore per il pittoresco e, quando leemozioni da esse suscitate sono nobilitate col nome di pietà e religione, servonoallo scopo del dispotismo spirituale. Appropriatamente, il papato ha sempre lar-gamente attinto a tali spettacoli. Nelle occasioni gioiose si è pensato di consa-crare l'ilarità e l'eccitazione causata da tali processioni al servizio degli idoli;e nei periodi di cordoglio, si è fatto uso degli stessi mezzi per far levare alle

91 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 91L e D u e B a b i l o n i edella luce" alla quale egli era certamente destinato ad "incontrarsi"? Tuttavia ilvescovo cattolico romano Hay, sfidando qualsiasi principio della parola di Dionon esitò a redigere la seguente domanda: cosa avviene ad un bambino chemuore privo del battesimo? Risposta: se un bambino dovesse essere messo amorte per amore di Cristo, ciò sarebbe un battesimo di sangue e porterebbe alciclo; ma tranne che in tal caso, poiché i bambini sono incapaci di nutrire il desi-derio d'essere battezzati insieme ad altre necessarie disposizioni, se essi nonvengono effettivamente battezzati con acqua, "NON POSSONO ENTRARE IN CIE-LO". Poiché questa dottrina non proviene dalla Bibbia, da dove viene? Viene dalpaganesimo. Il lettore dei classici non può non ricordare dove e in quale tristecondizione Enea trovò le anime degli infelici bambini che erano morti prima diricevere, per così dire, "i riti della chiesa", quando visitò le regioni infernali."Sentono al primo entrar voci e vagiti di pargoletti infanti che dal latte E da leculle acerbamente svelti Vider ne primi dì l'ultima sera"Questi miseri bambini, per glorificare la virtù e l'efficacia dei riti mistici delpaganesimo, sono esclusi dai campi Elisi, il paradiso dei pagani, ed hanno fra iloro compagni nessun altra compagnia migliore che quella dei colpevoli di sui-cidio:"Passan di mano in mano a quei che feri Incontro a se, la luce in odio avendo El'alme a vide, anzi nel prescritto giorno Si son da loro indegnamente ancisi Maquando vorrebbero ora i meschini Esser di sopra, e povertà vivendo Soffrire, ede la vita ogni disagio!".Questo per quanto riguarda la mancanza del battesimo. Quindi, per quanto ri-guarda gli effetti positivi che esso reca la dottrina papale è egualmente antiscrit-turale. Vi sono Protestanti professanti che accettano la dottrina della Rigenera-zione Battesimale; ma la parola di Dio non conosce niente di tutto ciò. Il raccon-to scritturale del battesimo mostra che non comunica una nuova nascita, ma cheesso è il mezzo appropriato per suggellare quella nuova nascita ove essa giàesista. A questo riguardo il battesimo ha lo stesso significato della circoncisione.Orbene cosa dice la parola di Dio sull'efficacia della circoncisione? Essa dice,parlando di Abramo: "Ed egli ricevette un segno, cioè la circoncisione comesuggello della giustizia mediante la sua fede che aveva mentre era nel suo statoincirconciso" (Romani 4:11). La circoncisione non rese Abramo giusto; egli eragiusto prima d'essere circonciso. Ma intendeva dichiaralo giusto, dandogli pienaevidenza nella sua consapevolezza di esserlo. Se Abramo non fosse stato giustoprima della sua circoncisione, essa non sarebbe stata un suggello, non avrebbepotuto confermare ciò che non esisteva. Così è col battesimo, esso è un suggellodi giustizia della fede che l'uomo "possiede prima d'essere battezzato"; poiché èdetto, "Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato" (Marco 16:16). Do-ve esiste la fede, se è genuina, essa è l'evidenza di un cuore nuovo di una naturarigenerata; ed è solo in base alla professione di quella fede e alla rigenerazionenel caso di un adulto che egli è ammesso al battesimo. Anche nel caso dei bam-bini, che non possono fare alcuna professione di fede o di santità, l'amministra-zione del battesimo non è fatta allo scopo di rigenerarli o di santificarli, ma didichiararli "santi", nel senso d'essere idonei ad essere consacrati anche nell'in-fanzia per il servizio di Cristo, proprio come l'intera nazione di Israele, in conse-guenza della loro relazione con Abramo, secondo la carne, furono "santi al Si-gnore". Se non fossero, in quel senso figurativo, "santi" non sarebbero idonei

per il battesimo, che è il suggello di una condizione santa. Ma la Bibbia li di-chiara "santi" perché discendono da genitori credenti, e questo anche quando lofosse soltanto uno dei due: "Poiché il marito incredulo è santificato rispetto allamoglie, e la moglie incredula è santificata rispetto al marito; altrimenti i vostrifigli sarebbero realmente impuri, ma ora sono santi". (1 Corinti 7:14). È in con-seguenza alla "Santità", con tutte le responsabilità che comporta il dichiararlosolennemente, che essi sono battezzati. Tale "santità", comunque, è molto diver-sa dalla "Santità" della nuova natura; e sebbene lo stesso fatto del battesimo, siada parte dello spirito di Dio, un importante mezzo per rendere la santità una glo-riosa realtà, esso non assicura in tutti i casi la rigenerazione spirituale. Dio può onon può, come Egli crede giusto, dare il nuovo cuore; ma è manifesto che mi-gliaia che sono stati debitamente battezzati sono ancora non rigenerati, sonoancora nella stessa posizione di Simon Mago che, dopo essere stato battezzatocanonicamente da Filippo, fu dichiarato "fiele velenoso e un laccio d'ingiusti-zia" (Atti 8:23). La dottrina di Roma, comunque, insegna che tutti coloro chesono battezzati canonicamente, comunque ignoranti, comunque minorati, sedanno solo fede implicita alla chiesa e cedono le loro coscienze ai preti sonorigenerati come mai potrebbero divenirlo, e che i bambini fuoriuscenti dalleacque del battesimo sono del tutto purgati dall'onta del peccato originale. Perciòtroviamo che i Gesuiti missionari in India si vantano di fare migliaia di converti-ti, semplicemente battezzandoli, senza averli minimamente istruiti in preceden-za, nella più completa ignoranza delle verità del Cristianesimo, sulla sola basedella loro semplice professione di sottomissione a Roma. Questa dottrina dellarigenerazione battesimale è inoltre essenzialmente babilonese. Alcuni possonoforse sentirsi turbati all'idea che la rigenerazione possa essere stata conosciutanel mondo pagano, ma se solo si recano in India troveranno, fino a questo gior-no, i bigotti indù che non hanno mai aperto le loro orecchie alle istruzioni cri-stiane estremamente familiari al termine e all'idea quanto noi stessi. I bambinifanno oggetto di un loro vanto l'essere "nati due volte" e che, come tali, sonocerti della felicità eterna. Orbene, accadeva così anche a Babilonia e quivi lanascita veniva conferita col battesimo. Nei misteri caldei, prima che fosse rice-vuta qualsiasi istruzione, era richiesto prima di tutto che la persona da iniziare sisottomettesse al battesimo come segno di obbedienza cieca e implicita. Trovia-mo diversi autori antichi che recano una testimonianza diretta sia al fatto di talebattesimo che ai suoi scopi. "In certi riti sacri dei pagani", dice Tertulliano rife-rendosi in particolar modo all'adorazione di Iside e Mitra, "la modalità dell'ini-ziazione è costituita dal battesimo". Il termine iniziazione mostra chiaramenteche era ai Misteri di tale divinità che vien fatto riferimento. Tale battesimo ave-va luogo per immersione e sembra che sia stato piuttosto un violento e formida-bile processo; poiché troviamo che colui che passava attraverso le acque purifi-catrici e altre necessarie penitenze, "se fosse sopravvissuto, allora sarebbe statoammesso alla conoscenza". Per affrontare tale ordalia era necessario non pococoraggio da parte di chi doveva subirla. Vi era comunque un grande incentivo asottoporvisi poiché a coloro che erano così battezzati veniva promessa, ci assi-cura Tertulliano, come conseguenza, la "RIGENERAZIONE" e il perdono di tutti iloro peccati. I nostri antenati pagani, gli adoratori di Odino, praticavano riti bat-tesimali che, messi in relazione col dichiarato scopo per cui erano tenuti, mo-strano che, per lo meno, essi devono aver creduto che sarebbe stata lavata via lacolpa originale e la corruzione dei loro figli neonati mediante l'essere battezzati

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92 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 92L e D u e B a b i l o n i econ l'acqua o con la loro immersione in essa, non appena nati, nelle acque deilaghi o fiumi. Si, dall'altra parte dell'Atlantico, in Messico, fu trovata in vigorela stessa dottrina della rigenerazione battesimale fra i nativi quando Cortez e isuoi soldati approdarono su quelle spiagge. La cerimonia del battesimo messica-no, a cui assistettero con stupore i missionari spagnoli cattolici romani, è cosìvistosamente descritta nella ''Conquista del Messicò", dì Prescott: "Quando fupreparato tutto ciò che era necessario per il battesimo, furono radunati i genitoridel bambino; venne convocata la levatrice, che era la persona che compiva il ritodel battesimo. Prima dell'aurora si riunirono tutti nel cortile della casa. Quandoil sole si fu levato, la levatrice prese fra le braccia il bimbo, chiedendo un picco-lo recipiente d'argilla con dell'acqua, mentre quelli intorno a lei collocavano inmezzo al cortile gli ornamenti che erano stati preparati per il battesimo. Essa sivolgeva ad occidente e immediatamente iniziava a compiere alcune cerimo-nie...Dopo di ciò spruzzava acqua sul capo del bambino dicendo, 'O figlio mio,prendi e ricevi l'acqua del Signore del mondo, che è la nostra vita, che è data perla crescita e il rinnovamento del nostro corpo. Essa lava e purifica. Io prego chequeste gocce celesti possano entrare nel tuo corpo e vi dimorino; che esse possa-no distruggere e rimuovere da tè tutto il male e il peccato che ti fu conferito pri-ma dell'inizio del mondo, poiché fin da allora tutti siamo sotto il suo potere...'.Quindi essa immergeva in acqua il corpo del bambino e si esprimeva così 'Inqualsiasi momento tu venga, tu che sei nocivo per questo bambino, lascialo edipartiti da lui, poiché adesso vive nuovamente ed è Nato di Nuovo; adesso egliè purificato e mondato di nuovo e la nostra madre Chalchivitlycue (la dea delleacque) lo ha introdotto nel mondo'. Avendo così pregato, la levatrice prese ilbimbo fra le braccia e, alzandolo verso il cielo, disse, 'O Signore, tu vedi quiquesta creatura che tu hai mandato nel mondo, questo luogo di lutto, sofferenzae penitenza. Promettigli, o Signore, i tuoi doni e la tua ispirazione, poiché tu seiil Grande Dio e con tè vi è la grande dea”1.Qui vi è L’opus operatum, senza trucchi. Qui vi è la rigenerazione battesimale el'esorcismo eseguiti così pienamente e completamente come ogni prete romanoo amante del Trattaniarismo potrebbe inventare. Si chiede il lettore quale evi-denza vi sia che il Messico abbia tratto questa dottrina dalla Caldea? L'evidenzaè decisiva. Dalle ricerche di Humboldt troviamo che i messicani celebravanoWodan come fondatore della loro razza, proprio come facevano i Britanni. IlWodan o Odino scandinavo corrisponde all'Adone di Babilonia. Il Wodan delMessico, come può vedersi dalla seguente citazione: "Secondo le antiche tradi-zioni raccolte dal vescovo Francis Nunez de la Vega", dice Humboldt, "il Wo-dan di Chiapanese (del Messico) era nipote di quel famoso grand'uomo, che altempo del grande diluvio, in cui perì la maggior parte del genere umano, fu sal-vato su una zattera insieme alla sua famiglia. Wodan cooperò alla costruzionedel grande edificio che era stato edificato dagli uomini per raggiungere i cieli;l'esecuzione di questo imprudente progetto fu interrotta;ciascuna famiglia ricevette da quel tempo un linguaggio diverso e il grande spi-rito Teote ordinò a Wodan di andare e popolare il paese di Anahuac". Ciòsicuramente provvede la dimostrazione da dove provenne originariamente lamitologia messicana e da dove inoltre proveniva quella dottrina della rigenera-zione battesimale che i Messicani avevano in comune con gli Egiziani e i Persia-ni, adoratori della regina caldea dei cieli. Prescott, in effetti, ha manifestato deidubbi sulla genuinità di questa tradizione che coincide proprio esattamente con

la storia Scritturale per essere facilmente creduta. Ma l'illustre Humboldt, che haesaminato attentamente senza pregiudizi la materia, ha espresso la sua pienaaccettazione nella sua correttezza; e anche dalle interessanti pagine di Prescott,essa può essere provata in ogni particolare essenziale, con la sola eccezione delnome di Wodan, a cui egli non fa alcun riferimento. Ma il fatto che il nome siastato attribuito ad alcuni illustri eroi fra i supposti antenati della razza messica-na, è posto oltre ogni dubbio dalla singolare circostanza secondo la quale i Mes-sicani chiamarono uno dei loro giorni Wodansday, esattamente come gli Inglesi.Questo, messo in relazione a tutte le altre circostanze, è una prova molto signifi-cativa, sia dell'unità della razza umana che dell'estesa diffusione del sistemaidolatrico che ebbe inizio a Babele1.Nel caso sorgesse la domanda circa la possibilità che i Babilonesi adottasserotale dottrina della rigenerazione mediante il battesimo, possiamo chiarire taledomanda. Nei Misteri Babilonesi, la commemorazione del Diluvio, dell'arca edei grandi avvenimenti della vita di Noè, furono fusi con l'adorazione della Re-gina dei cieli e di suo figlio. Noè, poiché visse in due mondi, in quello antece-dente il diluvio e in quello successivo, fu chiamato "Difues" o "nato due volte" efu rappresentato come un dio con due teste che guardano in direzioni opposte,l'una di anziano e l'altra di giovane (Fig. 34). Sebbene abbia-mo visto che Giano bifronte per certi aspetti avesse dei rife-rimenti a Cus e a suo figlio, Nimrod, considerati come unsolo dio, in una doppia personalità, come Supremo e padredi tutti i deificati "potenti", tuttavia, per ottenergli la medesi-ma autorità e il rispetto essenziali per costituirlo appropriata-mente capo del grande sistema di idolatria che fu inauguratodagli apostati, fu necessario rappresentarlo come se in unmodo o nell'altro si identificasse con il grande patriarca, cheera il padre di tutti. Perciò nelle leggende di Giano, troviamomischiate con altre cose derivate da una fonte del tutto di-versa, affermazioni non solo relative al suo essere "padre delmondo", ma anche al suo essere "l'inventore delle navi", ilche è chiaramente derivato dalla storia di Noè e perciò, ilmodo rimarchevole in cui egli è rappresentato nelle figurequi presentate al lettore può con fiducia credersi che sia stato primariamentesuggerito dalla storia del grande patriarca diluviano, della cui integrità nella suaduplice vita parlano particolarmente le scritture, dove è detto (Gen. 6:9) "Noè fuuomo giusto. Egli si mostrò senza difetto fra i suoi contemporanei, cioè nellasua vita prima e dopo il diluvio. L'intera mitologia greca e romana, come puredell'Asia, è piena della storia e delle gesta di Noè al punto che è impossibilefraintenderla. In India, il dio Visnù, "il Preservatore", che è celebrato per avermiracolosamente preservato una famiglia giusta al tempo in cui il mondo fusommerso, non solo intreccia la storia di Noè con la sua leggenda, ma è chiama-to con il suo stesso nome. Visnù non è che la forma sanscrita del caldeo"Ishnuh", "l'uomo Noè", oppure "l'uomo del riposo". Nel caso di Indra, il re de-gli dei, e dio della pioggia, che è evidentemente solo un'altra forma dello stessodio, il nome si trova nella precisa forma di Ishnu. Orbene, la stessa leggenda diVisnù, che pretende fare di lui non una semplice creatura, ma il supremo ed"eterno Iddio", mostra che questa interpretazione del nome non è una sempliceinfondata immaginazione. Così egli è celebrato nel "Matsya Puran": "II sole, il

Noè chiamatoDifeo il "nato duevolte" con i due

volti: quellogiovane e quello

vecchio.

117 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 117L e D u e B a b i l o n i e

SEZIONE VPURGATORIO E PREGHIERE PER I MORTI

"L'estrema unzione", comunque, per uno spirito ardente, non era che una risorsamiserabile nella prospettiva della morte. Non c'è perciò da meravigliarsi chefosse necessario escogitare qualche cosa d'altro per coloro che avevano ricevutotutto quello che la presunzione dei preti pretendeva di conferire, per confortarlinella prospettiva dell'eternità. In ogni sistema, perciò, eccetto che nella Bibbia,la dottrina di un purgatorio dopo la morte, e delle preghiere per i morti, ha sem-pre trovato un posto da occupare. Per quanto indaghiamo in tempi antichi o re-centi, troveremo che il paganesimo concede delle speranze dopo la morte ai pec-catori che, al tempo della loro dipartita, erano consapevolmente non meritevoliper dimorare con i benedetti. A tale scopo fu inventato uno stadio intermedio incui, mediante le pene del purgatorio, il peccato non rimosso potesse nel mondofuturo essere purificato, e l'anima potesse incontrare la beatitudine finale.In Grecia la dottrina di un purgatorio fu inculcata dallo stesso capo dei filosofi.Così Platone, parlando del giudizio futuro dei morti, asserisce che per tutti vi èla speranza finale della liberazione, ma precisa che, di "quelli che sono giudica-ti", "alcuni" devono prima "recarsi in un luogo sotterraneo di giudizio, dove essidovranno subire la punizione che hanno meritato"; mentre altri, a motivo di ungiudizio favorevole, elevati subito in certi luoghi celesti, "trascorreranno il lorotempo in maniera simile a quando esistevano in forma umana". Nella Romapagana, si credeva egualmente nel purgatorio; ma lì sembra che non vi fossealcuna speranza d'essere esentati dalle sue pene. Perciò Virgilio, descrivendo leproprie diverse torture, così si esprime:

"Avvien che terra speme e duolo e gioiaVivendo le conturba, e che rinchiuseNel tenebroso carcere e ne l'ombraDel mortai velo, a le bellezze eterneNon ergon gli occhi. Ed oltre a ciò, morendo,Perché sian fuori de la terrena vesta,Non del tutto si spoglian, le meschineDe le sue macchie, che 'l corporeo lezzoSì l'ha per lungo suo contagio infette,Che scevre anco dal corpo, in nuova guisaLe tien contaminate, impure e sozze,Perciò di purga han d'uopo, e per purgarleSon de l'antiche colpe in vari modiPunite e travagliate: altre ne l'auraSospese al vento, altre ne l'acqua immerse,Ed altre al foco raffinate ed arse:Che quale è di ciascuna il genio e 'l fallo,Tale è 'l castigo. Indi a venir n'è datoNe gli ampi Elisi campi; e poche siamo,Cui sì lieto soggiorno si destini.Qui stiamo infin che 'l tempo a ciò prescrittoD'ogni immondizia ne forbisca e terga,

Si ch'a nitida fiamma, a semplice aura,A puro eterio senso ne riduca(Virgilio, Eneide, libro 6, 1091-1116)

In Egitto era inculcata sostanzialmente la stessa dottrina del Purgatorio. Ma unavolta che tale dottrina fu resa accessibile al popolo, ecco che fu aperta la portaad ogni sorta di estorsioni sacerdotali. Le preghiere per i morti vanno sempreassociate al purgatorio; ma nessuna preghiera può essere pienamente efficacesenza l'interposizione dei preti; e nessuna funzione sacerdotale può essere prov-veduta a meno che non si paghi per essa. Perciò, in ogni paese troviamo il sacer-dozio pagano intento a "divorare le case delle vedove", facendo commercio deiteneri sentimenti dei parenti in lacrime, estremamente sensibili alla felicità eter-na dei loro diletti defunti. Da ogni parte vi è una testimonianza universale relati-va al gravoso e costoso carattere di queste cerimonie postume. Una delle oppres-sioni sotto la quale gemono i poveri romanisti irlandesi, è rappresentata dalleperiodiche devozioni speciali, che essi devono pagare, allorché la morte sottraeloro qualche parente. Non solo vi sono servizi funebri e tasse funerarie per ilriposo dei dipartiti, al tempo del seppellimento, ma i sacerdoti compiono ripetu-te visite alle famiglie per lo stesso scopo, che richiedono forti spese, iniziandocon ciò che è chiamato "il mese della mente", cioè un servizio a favore del dece-duto quando è trascorso un mese dal suo decesso. Qualcosa di interamente simi-le aveva luogo nell'antica Grecia; poiché, dice Muller nella sua "Storia dei Do-ri", "gli Argivi sacrificavano a Mercurio il trentesimo giorno (dopo la sua morte)quale conduttore dei morti". In India molti e onerosi sono i servizi di Sradd'ha, oesequie funebri per il riposo dei morti; e per assicurare loro la dovuta efficacia,viene inculcato che "donazioni di bestiame, terre, oro, argento e altre cose" do-vrebbero essere fatte dall'uomo stesso all'approssimarsi della morte; o "se è trop-po debole, da un altro in suo nome".Ovunque guardiamo, il caso è pressochéuguale. Per i Tartari, "Le Gurjumi, o preghiere per i morti" dice l'AsiaticJournal, "sono molto costose". "In Grecia", dice Snidas, "il sacrificio più grandee più costoso era il misterioso sacrificio chiamato Teletè", un sacrificio che,secondo Platone, "era offerto per i vivi e per i morti, e che si supponeva li libe-rasse da tutti i mali a cui i malvagi sono soggetti quando abbandonano questomondo". In Egitto le esazioni dei preti per i servizi funebri e le messe per i mortierano lungi dall'essere insignificanti. "I preti", dice Wilkinson, "indicevano lagente a spendere forti somme per la celebrazione dei riti funebri; e molti cheavevano appena di che vivere erano ansiosi di possedere qualcosa da poter spen-dere per i loro morti. Poiché, a parte il processo di imbalsamazione, che a voltecostava un talento d'argento, la tomba stessa veniva a costare un'enorme quantitàdi denaro". "Le cerimonie" lo udiamo dire in un'altra occasione, "consistevanodi un sacrificio simile a quello offerto nei templi, dedicato per conto del defuntoa uno o più dèi (come Osiride, Anubi e altri connessi con Amenti); erano pureofferti incensi e libazioni; e a volte veniva letta una preghiera mentre i parenti egli amici presenti facevano cordoglio. Essi univano inoltre le loro preghiere aquelle dei preti. Il sacerdote che officiava il servizio funebre era scelto dal gradodei Pontefici che indossavano la pelle di leopardo; ma erano compiuti diversialtri riti nei confronti delle mummie da parte di uno dei sacerdoti minori, primache esse venissero poste nelle tombe dopo tali cerimonie. In realtà, essi conti-nuavano a fornire queste prestazioni a varie scadenze e fintanto che la famiglia

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SEZIONE VPURGATORIO E PREGHIERE PER I MORTI

"L'estrema unzione", comunque, per uno spirito ardente, non era che una risorsamiserabile nella prospettiva della morte. Non c'è perciò da meravigliarsi chefosse necessario escogitare qualche cosa d'altro per coloro che avevano ricevutotutto quello che la presunzione dei preti pretendeva di conferire, per confortarlinella prospettiva dell'eternità. In ogni sistema, perciò, eccetto che nella Bibbia,la dottrina di un purgatorio dopo la morte, e delle preghiere per i morti, ha sem-pre trovato un posto da occupare. Per quanto indaghiamo in tempi antichi o re-centi, troveremo che il paganesimo concede delle speranze dopo la morte ai pec-catori che, al tempo della loro dipartita, erano consapevolmente non meritevoliper dimorare con i benedetti. A tale scopo fu inventato uno stadio intermedio incui, mediante le pene del purgatorio, il peccato non rimosso potesse nel mondofuturo essere purificato, e l'anima potesse incontrare la beatitudine finale.In Grecia la dottrina di un purgatorio fu inculcata dallo stesso capo dei filosofi.Così Platone, parlando del giudizio futuro dei morti, asserisce che per tutti vi èla speranza finale della liberazione, ma precisa che, di "quelli che sono giudica-ti", "alcuni" devono prima "recarsi in un luogo sotterraneo di giudizio, dove essidovranno subire la punizione che hanno meritato"; mentre altri, a motivo di ungiudizio favorevole, elevati subito in certi luoghi celesti, "trascorreranno il lorotempo in maniera simile a quando esistevano in forma umana". Nella Romapagana, si credeva egualmente nel purgatorio; ma lì sembra che non vi fossealcuna speranza d'essere esentati dalle sue pene. Perciò Virgilio, descrivendo leproprie diverse torture, così si esprime:

"Avvien che terra speme e duolo e gioiaVivendo le conturba, e che rinchiuseNel tenebroso carcere e ne l'ombraDel mortai velo, a le bellezze eterneNon ergon gli occhi. Ed oltre a ciò, morendo,Perché sian fuori de la terrena vesta,Non del tutto si spoglian, le meschineDe le sue macchie, che 'l corporeo lezzoSì l'ha per lungo suo contagio infette,Che scevre anco dal corpo, in nuova guisaLe tien contaminate, impure e sozze,Perciò di purga han d'uopo, e per purgarleSon de l'antiche colpe in vari modiPunite e travagliate: altre ne l'auraSospese al vento, altre ne l'acqua immerse,Ed altre al foco raffinate ed arse:Che quale è di ciascuna il genio e 'l fallo,Tale è 'l castigo. Indi a venir n'è datoNe gli ampi Elisi campi; e poche siamo,Cui sì lieto soggiorno si destini.Qui stiamo infin che 'l tempo a ciò prescrittoD'ogni immondizia ne forbisca e terga,

Si ch'a nitida fiamma, a semplice aura,A puro eterio senso ne riduca(Virgilio, Eneide, libro 6, 1091-1116)

In Egitto era inculcata sostanzialmente la stessa dottrina del Purgatorio. Ma unavolta che tale dottrina fu resa accessibile al popolo, ecco che fu aperta la portaad ogni sorta di estorsioni sacerdotali. Le preghiere per i morti vanno sempreassociate al purgatorio; ma nessuna preghiera può essere pienamente efficacesenza l'interposizione dei preti; e nessuna funzione sacerdotale può essere prov-veduta a meno che non si paghi per essa. Perciò, in ogni paese troviamo il sacer-dozio pagano intento a "divorare le case delle vedove", facendo commercio deiteneri sentimenti dei parenti in lacrime, estremamente sensibili alla felicità eter-na dei loro diletti defunti. Da ogni parte vi è una testimonianza universale relati-va al gravoso e costoso carattere di queste cerimonie postume. Una delle oppres-sioni sotto la quale gemono i poveri romanisti irlandesi, è rappresentata dalleperiodiche devozioni speciali, che essi devono pagare, allorché la morte sottraeloro qualche parente. Non solo vi sono servizi funebri e tasse funerarie per ilriposo dei dipartiti, al tempo del seppellimento, ma i sacerdoti compiono ripetu-te visite alle famiglie per lo stesso scopo, che richiedono forti spese, iniziandocon ciò che è chiamato "il mese della mente", cioè un servizio a favore del dece-duto quando è trascorso un mese dal suo decesso. Qualcosa di interamente simi-le aveva luogo nell'antica Grecia; poiché, dice Muller nella sua "Storia dei Do-ri", "gli Argivi sacrificavano a Mercurio il trentesimo giorno (dopo la sua morte)quale conduttore dei morti". In India molti e onerosi sono i servizi di Sradd'ha, oesequie funebri per il riposo dei morti; e per assicurare loro la dovuta efficacia,viene inculcato che "donazioni di bestiame, terre, oro, argento e altre cose" do-vrebbero essere fatte dall'uomo stesso all'approssimarsi della morte; o "se è trop-po debole, da un altro in suo nome".Ovunque guardiamo, il caso è pressochéuguale. Per i Tartari, "Le Gurjumi, o preghiere per i morti" dice l'AsiaticJournal, "sono molto costose". "In Grecia", dice Snidas, "il sacrificio più grandee più costoso era il misterioso sacrificio chiamato Teletè", un sacrificio che,secondo Platone, "era offerto per i vivi e per i morti, e che si supponeva li libe-rasse da tutti i mali a cui i malvagi sono soggetti quando abbandonano questomondo". In Egitto le esazioni dei preti per i servizi funebri e le messe per i mortierano lungi dall'essere insignificanti. "I preti", dice Wilkinson, "indicevano lagente a spendere forti somme per la celebrazione dei riti funebri; e molti cheavevano appena di che vivere erano ansiosi di possedere qualcosa da poter spen-dere per i loro morti. Poiché, a parte il processo di imbalsamazione, che a voltecostava un talento d'argento, la tomba stessa veniva a costare un'enorme quantitàdi denaro". "Le cerimonie" lo udiamo dire in un'altra occasione, "consistevanodi un sacrificio simile a quello offerto nei templi, dedicato per conto del defuntoa uno o più dèi (come Osiride, Anubi e altri connessi con Amenti); erano pureofferti incensi e libazioni; e a volte veniva letta una preghiera mentre i parenti egli amici presenti facevano cordoglio. Essi univano inoltre le loro preghiere aquelle dei preti. Il sacerdote che officiava il servizio funebre era scelto dal gradodei Pontefici che indossavano la pelle di leopardo; ma erano compiuti diversialtri riti nei confronti delle mummie da parte di uno dei sacerdoti minori, primache esse venissero poste nelle tombe dopo tali cerimonie. In realtà, essi conti-nuavano a fornire queste prestazioni a varie scadenze e fintanto che la famiglia

93 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 93L e D u e B a b i l o n i econ l'acqua o con la loro immersione in essa, non appena nati, nelle acque deilaghi o fiumi. Si, dall'altra parte dell'Atlantico, in Messico, fu trovata in vigorela stessa dottrina della rigenerazione battesimale fra i nativi quando Cortez e isuoi soldati approdarono su quelle spiagge. La cerimonia del battesimo messica-no, a cui assistettero con stupore i missionari spagnoli cattolici romani, è cosìvistosamente descritta nella ''Conquista del Messicò", dì Prescott: "Quando fupreparato tutto ciò che era necessario per il battesimo, furono radunati i genitoridel bambino; venne convocata la levatrice, che era la persona che compiva il ritodel battesimo. Prima dell'aurora si riunirono tutti nel cortile della casa. Quandoil sole si fu levato, la levatrice prese fra le braccia il bimbo, chiedendo un picco-lo recipiente d'argilla con dell'acqua, mentre quelli intorno a lei collocavano inmezzo al cortile gli ornamenti che erano stati preparati per il battesimo. Essa sivolgeva ad occidente e immediatamente iniziava a compiere alcune cerimo-nie...Dopo di ciò spruzzava acqua sul capo del bambino dicendo, 'O figlio mio,prendi e ricevi l'acqua del Signore del mondo, che è la nostra vita, che è data perla crescita e il rinnovamento del nostro corpo. Essa lava e purifica. Io prego chequeste gocce celesti possano entrare nel tuo corpo e vi dimorino; che esse possa-no distruggere e rimuovere da tè tutto il male e il peccato che ti fu conferito pri-ma dell'inizio del mondo, poiché fin da allora tutti siamo sotto il suo potere...'.Quindi essa immergeva in acqua il corpo del bambino e si esprimeva così 'Inqualsiasi momento tu venga, tu che sei nocivo per questo bambino, lascialo edipartiti da lui, poiché adesso vive nuovamente ed è Nato di Nuovo; adesso egliè purificato e mondato di nuovo e la nostra madre Chalchivitlycue (la dea delleacque) lo ha introdotto nel mondo'. Avendo così pregato, la levatrice prese ilbimbo fra le braccia e, alzandolo verso il cielo, disse, 'O Signore, tu vedi quiquesta creatura che tu hai mandato nel mondo, questo luogo di lutto, sofferenzae penitenza. Promettigli, o Signore, i tuoi doni e la tua ispirazione, poiché tu seiil Grande Dio e con tè vi è la grande dea”1.Qui vi è L’opus operatum, senza trucchi. Qui vi è la rigenerazione battesimale el'esorcismo eseguiti così pienamente e completamente come ogni prete romanoo amante del Trattaniarismo potrebbe inventare. Si chiede il lettore quale evi-denza vi sia che il Messico abbia tratto questa dottrina dalla Caldea? L'evidenzaè decisiva. Dalle ricerche di Humboldt troviamo che i messicani celebravanoWodan come fondatore della loro razza, proprio come facevano i Britanni. IlWodan o Odino scandinavo corrisponde all'Adone di Babilonia. Il Wodan delMessico, come può vedersi dalla seguente citazione: "Secondo le antiche tradi-zioni raccolte dal vescovo Francis Nunez de la Vega", dice Humboldt, "il Wo-dan di Chiapanese (del Messico) era nipote di quel famoso grand'uomo, che altempo del grande diluvio, in cui perì la maggior parte del genere umano, fu sal-vato su una zattera insieme alla sua famiglia. Wodan cooperò alla costruzionedel grande edificio che era stato edificato dagli uomini per raggiungere i cieli;l'esecuzione di questo imprudente progetto fu interrotta;ciascuna famiglia ricevette da quel tempo un linguaggio diverso e il grande spi-rito Teote ordinò a Wodan di andare e popolare il paese di Anahuac". Ciòsicuramente provvede la dimostrazione da dove provenne originariamente lamitologia messicana e da dove inoltre proveniva quella dottrina della rigenera-zione battesimale che i Messicani avevano in comune con gli Egiziani e i Persia-ni, adoratori della regina caldea dei cieli. Prescott, in effetti, ha manifestato deidubbi sulla genuinità di questa tradizione che coincide proprio esattamente con

la storia Scritturale per essere facilmente creduta. Ma l'illustre Humboldt, che haesaminato attentamente senza pregiudizi la materia, ha espresso la sua pienaaccettazione nella sua correttezza; e anche dalle interessanti pagine di Prescott,essa può essere provata in ogni particolare essenziale, con la sola eccezione delnome di Wodan, a cui egli non fa alcun riferimento. Ma il fatto che il nome siastato attribuito ad alcuni illustri eroi fra i supposti antenati della razza messica-na, è posto oltre ogni dubbio dalla singolare circostanza secondo la quale i Mes-sicani chiamarono uno dei loro giorni Wodansday, esattamente come gli Inglesi.Questo, messo in relazione a tutte le altre circostanze, è una prova molto signifi-cativa, sia dell'unità della razza umana che dell'estesa diffusione del sistemaidolatrico che ebbe inizio a Babele1.Nel caso sorgesse la domanda circa la possibilità che i Babilonesi adottasserotale dottrina della rigenerazione mediante il battesimo, possiamo chiarire taledomanda. Nei Misteri Babilonesi, la commemorazione del Diluvio, dell'arca edei grandi avvenimenti della vita di Noè, furono fusi con l'adorazione della Re-gina dei cieli e di suo figlio. Noè, poiché visse in due mondi, in quello antece-dente il diluvio e in quello successivo, fu chiamato "Difues" o "nato due volte" efu rappresentato come un dio con due teste che guardano in direzioni opposte,l'una di anziano e l'altra di giovane (Fig. 34). Sebbene abbia-mo visto che Giano bifronte per certi aspetti avesse dei rife-rimenti a Cus e a suo figlio, Nimrod, considerati come unsolo dio, in una doppia personalità, come Supremo e padredi tutti i deificati "potenti", tuttavia, per ottenergli la medesi-ma autorità e il rispetto essenziali per costituirlo appropriata-mente capo del grande sistema di idolatria che fu inauguratodagli apostati, fu necessario rappresentarlo come se in unmodo o nell'altro si identificasse con il grande patriarca, cheera il padre di tutti. Perciò nelle leggende di Giano, troviamomischiate con altre cose derivate da una fonte del tutto di-versa, affermazioni non solo relative al suo essere "padre delmondo", ma anche al suo essere "l'inventore delle navi", ilche è chiaramente derivato dalla storia di Noè e perciò, ilmodo rimarchevole in cui egli è rappresentato nelle figurequi presentate al lettore può con fiducia credersi che sia stato primariamentesuggerito dalla storia del grande patriarca diluviano, della cui integrità nella suaduplice vita parlano particolarmente le scritture, dove è detto (Gen. 6:9) "Noè fuuomo giusto. Egli si mostrò senza difetto fra i suoi contemporanei, cioè nellasua vita prima e dopo il diluvio. L'intera mitologia greca e romana, come puredell'Asia, è piena della storia e delle gesta di Noè al punto che è impossibilefraintenderla. In India, il dio Visnù, "il Preservatore", che è celebrato per avermiracolosamente preservato una famiglia giusta al tempo in cui il mondo fusommerso, non solo intreccia la storia di Noè con la sua leggenda, ma è chiama-to con il suo stesso nome. Visnù non è che la forma sanscrita del caldeo"Ishnuh", "l'uomo Noè", oppure "l'uomo del riposo". Nel caso di Indra, il re de-gli dei, e dio della pioggia, che è evidentemente solo un'altra forma dello stessodio, il nome si trova nella precisa forma di Ishnu. Orbene, la stessa leggenda diVisnù, che pretende fare di lui non una semplice creatura, ma il supremo ed"eterno Iddio", mostra che questa interpretazione del nome non è una sempliceinfondata immaginazione. Così egli è celebrato nel "Matsya Puran": "II sole, il

Noè chiamatoDifeo il "nato duevolte" con i due

volti: quellogiovane e quello

vecchio.

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94 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 94L e D u e B a b i l o n i evento, l'etere, tutte le cose incorporee, furono assorbite nella sua essenza divina;e poiché l'universo è distrutto, l'eterno e onnipotente dio ha assunto una formaantica, e RIPOSA misteriosamente sulla superficie di quell'oceano (universale).Ma nessuno può conoscere se egli sia visibile o invisibile o qual è il santo nomedi quella persona, o ciò che causa il suo misterioso SONNO. Ne alcuno può direquanto a lungo egli riposi prima di ricominciare ad agire; poiché nessuno lo havisto ne alcuno gli si è accostato, ne può penetrare il mistero della sua vera es-senza". In conformità a questa antica leggenda, Visnù è ancora rappresentatocome se dormisse per quattro mesi l'anno. Orbene, connettiamo questa storia alnome di Noè, l'uomo del riposo e con la sua storia personale durante il periododel diluvio, quando il mondo fu distrutto, quando per quaranta giorni e quarantanotti ovunque era il caos, quando non apparvero ne il sole, ne la luna, ne le stel-le, quando il cielo e il mare si mischiarono, e tutto era solo un ampio oceanouniversale nel cui seno galleggiava il patriarca, quando non vi era nessun essereumano per avvicinarglisi, ma solo coloro che erano con lui nell'arca e "il misterodella sua reale essenza" è penetrato, "il santo nome di quella persona" è scopertoe il suo "sonno misterioso" è pienamente svelato. Orbene, dovunque Noè siacelebrato, se col nome di Saturno, "il nascosto", poiché tale nome si applicava alui come anche a Nimrod, poiché egli era rimasto nascosto nell'arca, nel "giornodell'ardente ira del Signore", o "Oannes", o "Giano", l'Uomo del mare", egli èdescritto generalmente in modo tale da mostrare che egli era considerato come"Difues", "nato due volte", o "rigenerato". I Bramini, "nati due volte" che si fre-giano di questo titolo, mostrano che il dio che essi rappresentano e le cui prero-gative essi si arrogano, era conosciuto come "il dio nato due volte". La correla-zione della rigenerazione con la storia di Noè assume speciale rilievo nel rac-conto relativo ai Misteri celebrati in Egitto. I più dotti esploratori delle antichitàegiziane, incluso Sir Gardiner Wilkinson, ammettono che la storia di Noè eraintrecciata con quella di Osiride. La nave di Iside e il sarcofago di Osiride, chenavigavano sulle acque, additano distintamente quell'evento rimarchevole. Visono stati periodi diversi in differenti luoghi d'Egitto, quando si faceva lamentosulla sorte di Osiride e a sua volta, si faceva speciale riferimento alla storia per-sonale del "potente cacciatore dinanzi al signore" e alla spaventosa catastrofeattraverso la quale passò Noè. Nella grande e solenne festa chiamata "la scom-parsa di Osiride" è evidente che è Noè stesso che si suppose si fosse perdutoallora. Il tempo in cui Osiride fu "chiuso nel suo sarcofago" e in cui quel sarco-fago fu affidato alle acque com'è dichiarato da Plutarco, si sincronizza esatta-mente con il periodo quando Noè entrò nell'arca. Il tempo era "il 17" giorno delmese Athyr, quando era cessata la piena del Nilo, e le notti si allungavano e igiorni decrescevano". Il mese Atyhr era il secondo mese dopo l'equinozio diautunno, quando aveva inizio l'anno civile dei Giudei e dei patriarchi. Secondoquest'affermazione, quindi, Osiride fu "chiuso nel suo sarcofago" il 17° giornodel secondo mese dell'anno patriarcale. Paragoniamo ciò con il racconto Scrittu-rale dell'ingresso di Noè nell'arca e si vedrà come siano in perfetta armonia(Gen. 7:11)."L'anno seicentesimo della vita di Noè, il secondo mese, il diciassettesimo gior-no del mese, quel giorno tutte le fonti del grande abisso scoppiarono e le catarat-te dei cicli si aprirono; in quello stesso giorno Noè entrò nell'arca". Inoltre ilperiodo durante il quale si credeva che Osiride (altrimenti Adone) fosse statochiuso nel suo sarcofago, corrispondeva esattamente a quello in cui Noè fu con-

finato nell'arca, un anno intero. Ora le affermazioni di Plutarco dimostrano che,poiché nel corso di questa festa Osiride veniva considerato morto e sepoltoquando veniva posto nella sua arca o sarcofago e affidata all'abisso, così, dopoun certo tempo ne veniva nuovamente fuori, a "nuova vita", o "rigenerazione".Sembra che qui vi sia ragione di credere che Dio abbia provveduto mediantel'arca e il diluvio ai santi patriarchi e specialmente al giusto Noè, una vividarappresentazione tipica del potere del sangue e dello spirito di Cristo che ci sal-va dall'ira e che ci purifica da tutti i peccati - una rappresentazione che era un"suggello" più incoraggiante, e una conferma alla fede di coloro che realmentecredevano. Sembra che Pietro alluda chiaramente a ciò, quando dice, parlando diquesto medesimo avvenimento: "Ciò che corrisponde a questo salva ora anchevoi, cioè il battesimo".A qualsiasi verità primitiva i Caldei avessero attinto, la distorsero profondamen-te e la alterarono. Essi volontariamente ignorarono il fatto che fu la "giustiziadella fede" che Noè ebbe "prima'" del Diluvio, che lo portò in salvo attraverso leacque vendicatrici di quella tremenda catastrofe e che lo fece uscire, dai lombidell'arca come se si trattasse di una nuova nascita, in un nuovo mondo, quandol'arca si posò sul monte Ararat ed egli fu liberato dalla sua lunga prigionìa. Essiportarono i loro seguaci a credere che, se solo fossero passati attraverso le acquebattesimali e le penitenze ad esse connesse sarebbero stati, come il secondo pa-dre del genere umano, dei "difues", "nati due volte", o "rigenerati", assumendo iprivilegi del giusto Noè, ottenendo una "nuova nascita" (palingenesia) di cui laloro coscienza mostrava tanto d'aver bisogno.Il papato agisce precisamente sullo stesso principio e da questa medesima fontetrae la sua dottrina della rigenerazione battesimale, circa la quale si è scrittotanto e sono sorte tante controversie. Per quanto gli uomini possano negarlo,questa e questa soltanto è la vera origine del dogma antiscritturale2. Il lettore hagià visto quanto fedelmente Roma abbia copiato gli esorcismi pagani in relazio-ne al battesimo. Tutte le altre caratteristiche ad esso attinenti, quali l’uso delsale, della saliva, del crisma, o unzione con olio; e il segnare la fronte col segnodella croce, sono similmente pagani. Alcuni dei sostenitori europei di Roma,hanno ammesso che almeno alcuni di questi non derivino dalle Scritture. CosìJodocus Tiletanus di Lovanio, difendendo la dottrina della "Tradizione nonscritta" non esita a dire: "Noi non siamo soddisfatti di ciò che dichiarano gliapostoli o l'Evangelo ma diciamo che, sia prima che dopo, vi sono diverse cosedi una certa importanza accettate e ricevute all'infuori della dottrina che non sonscritte in nessun luogo. Poiché noi benediciamo le acque dove battezziamo el'olio col quale ungiamo; sì, e oltre a ciò colui che è battezzato. E (vi prego) daquali Scritture abbiamo imparato a far ciò? Non lo abbiamo tratto da un'ordinan-za segreta e non scritta? E per di più quali scritture ci hanno insegnato a ungerecon olio? Sì, vi prego, da dove viene, che noi immergiamo per tré volte il bam-bino nell'acqua? Tutto ciò proviene da questa nascosta e celata dottrina che inostri antenati hanno ricevuto in segretezza e senza alcuna curiosità, osservan-dola ancora". Questo insegnante di Lovanio, naturalmente pretende che la"dottrina nascosta e celata" di cui egli parla, fosse la "parola non scritta" perve-nuta attraverso il canale dell'infallibilità, dagli apostoli di Cristo fino ad oggi.Ma dopo ciò che abbiamo già visto, il lettore probabilmente muterà opinionecirca la fonte dalla quale le nascoste e misteriose dottrine son venute. E, in effet-ti. Padre Newmann stesso ammette, riguardo l'acqua santa (cioè l'acqua impre-

115 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 115L e D u e B a b i l o n i eziana". Può il lettore credere che tale duplice senso sia accidentale? Certamenteno. Il medesimo spirito che convertì la festa del pagano Oannes nella festa delcristiano Giovanni, ritenendo nel contempo tutto il suo antico paganesimo, hacon abilità congegnato le iniziali I.H.S. affinchè prestino la somiglianza di untributo al cristianesimo, mentre il paganesimo ha in realtà tutta la sostanza del-l'omaggio conferitogli.Quando le donne d'Arabia cominciarono ad adottare quest'ostia e ad offrire il"sacrificio incruento", tutti i genuini cristiani compresero allora il vero significa-to del loro sacrificio. Esse furono considerate eretiche e chiamate con il nome diColliridiane, dal nome greco del pane che impiegavano. Ma Roma vide che l'e-resia poteva risultare a suo vantaggio; e perciò, sebbene condannata dalla partesana della chiesa, la pratica di offrire e mangiare questo "sacrificio incruento" fupromossa dal papato; ed ora, esso ha preso il posto del semplice ma preziosissi-mo sacramento del pasto serale istituito dal nostro Signore stesso.Intimamente connesso col sacrificio della messa è il soggetto della transustan-ziazione, ma la considerazione d'esso sarà trattata più convenientemente in unasuccessiva tappa di quest'inchiesta.

SEZIONE IVL'ESTREMA UNZIONE

L'ultima funzione che il papismo compie per i viventi è quella di somministrar-gli "l'estrema unzione", per ungerli nel nome del Signore, dopo averli confessatie assolti, e così preparati per il loro ultimo e invisibile soggiorno. La pretesa dadove scaturisce questa "unzione" dei moribondi è tratta da un comando di Gia-como circa il far visita agli ammalati; ma quando il passo in questione è citatoonestamente si può vedere che tale pratica non è mai sorta da direttive apostoli-che, bensì essa proviene da tutt'altra fonte. "Vi è qualcuno malato fra voi?" diceGiacomo (5:14,15), "Chiami gli anziani della chiesa e preghino su di lui, ungen-dolo con olio nel nome del Signore e la preghiera della fede salverà l'ammalatoe il Signore lo DESTERÀ”. Ora, è evidente che questa preghiera e l'unzione ave-vano lo scopo di ristabilire il malato. Gli apostoli, in qualità di fondamenta dellaChiesa Cristiana, erano investiti dal loro grande Re e Condottiero di poteri mira-colosi, poteri che sarebbero durati solo per un certo tempo ed erano destinati,come dichiararono gli stessi apostoli mentre li esercitavano, a "passare" (1 Co-rinti 13:8). Tali poteri erano esercitati quotidianamente dagli "anziani della chie-sa" quando Giacomo scrisse la sua epistola e servivano per la guarigione delcorpo, come fece lo stesso nostro Signore. "L'estrema unzione" di Roma, com'èmostrato dall'espressione stessa, non serve al medesimo scopo. Essa non è desti-nata alla guarigione degli ammalati o a "destarli"; poiché non è somministrata acoloro per i quali vi è ancora speranza di guarigione, bensì a coloro per i quali lamorte è imminente. Poiché lo scopo di tale unzione è diametralmente oppostoall'unzione scritturale, deve provenire da tutt'altra fonte. La fonte è come abbia-mo visto quella stessa da cui il papato ha importato così tanto paganesimo nelsuo seno. L'estrema unzione proviene, ovviamente, dai Misteri Caldei. Fra imolti nomi del dio babilonese vi era "Bee-Samen", "II Signore del cielo", che èil nome del dio sole. Ma Bee-Samen significa pure appropriatamente "Signoredell'olio" ed era evidentemente inteso come un sinonimo del nome divino,"Messia". In Erodoto troviamo una dichiarazione che solo questo nome può

spiegare. Vi è un individuo rappresentato come se avesse sognato che il sole haunto suo padre. Che il sole unga qualcuno non è certamente un'idea che da solapossa venire alla mente; ma quando si vede che il nome "Beel-Samen", "Signoredel cielo" vuoi dire anche "Signore dell'olio" è facile vedere come potè sorgeretale idea. Ciò inoltre spiega il fatto che il corpo del Beusa babilonese era rappre-sentato immerso nell'olio e preservato nel suo sepolcro in Babilonia fino al tem-po di Serse. E per la stessa ragione, indubbiamente, avvenne che a Roma la"statua di Saturno" fosse "vuota e piena d'olio". Il ramo d'olivo, che abbiamo giàvisto era il simbolo del dio caldeo, aveva evidentemente lo stesso significatogeroglifico: poiché siccome l'olivo era l'albero dell'olio, così un ramo d'olivosignificava emblematicamente "figlio dell'olio" o "unto" (Zaccaria 4:12-14). Daqui la ragione per cui i Greci, nel recarsi dinanzi ai loro dèi in attitudine suppli-ce, venivano al tempio in molte occasioni portando in mano rami d'olivo. Poichéil ramo d'olivo era uno dei simboli riconosciuti dal loro Messia, la cui grandemissione era quella di recare pace fra Dio e l'uomo, così, nel portare questo ra-mo dell'unto, essi testimoniavano che nel nome di quell'unto venivano a cercarela pace. Ora, gli adoratori di questo "Beel-Samen", "Signore del cielo" e"Signore dell'olio" erano unti nel nome del loro dio con "unzioni magiche" dellaspecie più potente; che non erano altro che i mezzi con cui introdurre nel lorocorpo droghe tendenti a eccitare la loro immaginazione e ad aggiungere poterealle bevande magiche che ricevevano, affinchè potessero essere preparati per levisioni e le rivelazioni che erano loro presentate nei Misteri. "Queste unzioni"dice Salvertè, "erano estremamente frequenti nelle antiche cerimonie... Prima diconsultare l'oracolo di Trofonio, essi erano unti con olio nell'intero corpo. Que-sta preparazione certamente concorreva a produrre la visione desiderata. Primadi essere ammessi ai misteri dei saggi indiani, Apollonio e i suoi compagni furo-no cosparsi di un olio così potente che si sentirono come se fossero immersi nelfuoco". Questa era manifestamente un'unzione nel nome del Signore del ciclo,per essere pronti e preparati all'ammissione in visione della sua maestosa presen-za. La medesima ragione che stava alla base di tale unzione prima dell'iniziazio-ne, sarebbe stata naturalmente addotta ancora più potentemente per un'unzionespeciale, quando l'individuo era chiamato, non in visione, ma nella realtà, allapresenza del "Mistero dei misteri" con la sua personale introduzione nel mondoinvisibile ed eterno. Così il sistema pagano naturalmente sviluppò da se stesso"l'Estrema Unzione". I suoi seguaci erano unti per il loro ultimo viaggio, affin-chè mediante la duplice influenza della superstizione e dei potenti stimolantiintrodotti nel corpo nel solo modo in cui era possibile, le loro menti potesseroessere fortificate contro il senso di colpa e il terrore. Da questa fonte, e solo daquesta, venne senza ombra di dubbio "l'estrema unzione" del papato, che eracompletamente sconosciuta fra i cristiani fino a che la corruzione non fece il suoingresso nella chiesa.

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114 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 114L e D u e B a b i l o n i eziana". Può il lettore credere che tale duplice senso sia accidentale? Certamenteno. Il medesimo spirito che convertì la festa del pagano Oannes nella festa delcristiano Giovanni, ritenendo nel contempo tutto il suo antico paganesimo, hacon abilità congegnato le iniziali I.H.S. affinchè prestino la somiglianza di untributo al cristianesimo, mentre il paganesimo ha in realtà tutta la sostanza del-l'omaggio conferitogli.Quando le donne d'Arabia cominciarono ad adottare quest'ostia e ad offrire il"sacrificio incruento", tutti i genuini cristiani compresero allora il vero significa-to del loro sacrificio. Esse furono considerate eretiche e chiamate con il nome diColliridiane, dal nome greco del pane che impiegavano. Ma Roma vide che l'e-resia poteva risultare a suo vantaggio; e perciò, sebbene condannata dalla partesana della chiesa, la pratica di offrire e mangiare questo "sacrificio incruento" fupromossa dal papato; ed ora, esso ha preso il posto del semplice ma preziosissi-mo sacramento del pasto serale istituito dal nostro Signore stesso.Intimamente connesso col sacrificio della messa è il soggetto della transustan-ziazione, ma la considerazione d'esso sarà trattata più convenientemente in unasuccessiva tappa di quest'inchiesta.

SEZIONE IVL'ESTREMA UNZIONE

L'ultima funzione che il papismo compie per i viventi è quella di somministrar-gli "l'estrema unzione", per ungerli nel nome del Signore, dopo averli confessatie assolti, e così preparati per il loro ultimo e invisibile soggiorno. La pretesa dadove scaturisce questa "unzione" dei moribondi è tratta da un comando di Gia-como circa il far visita agli ammalati; ma quando il passo in questione è citatoonestamente si può vedere che tale pratica non è mai sorta da direttive apostoli-che, bensì essa proviene da tutt'altra fonte. "Vi è qualcuno malato fra voi?" diceGiacomo (5:14,15), "Chiami gli anziani della chiesa e preghino su di lui, ungen-dolo con olio nel nome del Signore e la preghiera della fede salverà l'ammalatoe il Signore lo DESTERÀ”. Ora, è evidente che questa preghiera e l'unzione ave-vano lo scopo di ristabilire il malato. Gli apostoli, in qualità di fondamenta dellaChiesa Cristiana, erano investiti dal loro grande Re e Condottiero di poteri mira-colosi, poteri che sarebbero durati solo per un certo tempo ed erano destinati,come dichiararono gli stessi apostoli mentre li esercitavano, a "passare" (1 Co-rinti 13:8). Tali poteri erano esercitati quotidianamente dagli "anziani della chie-sa" quando Giacomo scrisse la sua epistola e servivano per la guarigione delcorpo, come fece lo stesso nostro Signore. "L'estrema unzione" di Roma, com'èmostrato dall'espressione stessa, non serve al medesimo scopo. Essa non è desti-nata alla guarigione degli ammalati o a "destarli"; poiché non è somministrata acoloro per i quali vi è ancora speranza di guarigione, bensì a coloro per i quali lamorte è imminente. Poiché lo scopo di tale unzione è diametralmente oppostoall'unzione scritturale, deve provenire da tutt'altra fonte. La fonte è come abbia-mo visto quella stessa da cui il papato ha importato così tanto paganesimo nelsuo seno. L'estrema unzione proviene, ovviamente, dai Misteri Caldei. Fra imolti nomi del dio babilonese vi era "Bee-Samen", "II Signore del cielo", che èil nome del dio sole. Ma Bee-Samen significa pure appropriatamente "Signoredell'olio" ed era evidentemente inteso come un sinonimo del nome divino,"Messia". In Erodoto troviamo una dichiarazione che solo questo nome può

spiegare. Vi è un individuo rappresentato come se avesse sognato che il sole haunto suo padre. Che il sole unga qualcuno non è certamente un'idea che da solapossa venire alla mente; ma quando si vede che il nome "Beel-Samen", "Signoredel cielo" vuoi dire anche "Signore dell'olio" è facile vedere come potè sorgeretale idea. Ciò inoltre spiega il fatto che il corpo del Beusa babilonese era rappre-sentato immerso nell'olio e preservato nel suo sepolcro in Babilonia fino al tem-po di Serse. E per la stessa ragione, indubbiamente, avvenne che a Roma la"statua di Saturno" fosse "vuota e piena d'olio". Il ramo d'olivo, che abbiamo giàvisto era il simbolo del dio caldeo, aveva evidentemente lo stesso significatogeroglifico: poiché siccome l'olivo era l'albero dell'olio, così un ramo d'olivosignificava emblematicamente "figlio dell'olio" o "unto" (Zaccaria 4:12-14). Daqui la ragione per cui i Greci, nel recarsi dinanzi ai loro dèi in attitudine suppli-ce, venivano al tempio in molte occasioni portando in mano rami d'olivo. Poichéil ramo d'olivo era uno dei simboli riconosciuti dal loro Messia, la cui grandemissione era quella di recare pace fra Dio e l'uomo, così, nel portare questo ra-mo dell'unto, essi testimoniavano che nel nome di quell'unto venivano a cercarela pace. Ora, gli adoratori di questo "Beel-Samen", "Signore del cielo" e"Signore dell'olio" erano unti nel nome del loro dio con "unzioni magiche" dellaspecie più potente; che non erano altro che i mezzi con cui introdurre nel lorocorpo droghe tendenti a eccitare la loro immaginazione e ad aggiungere poterealle bevande magiche che ricevevano, affinchè potessero essere preparati per levisioni e le rivelazioni che erano loro presentate nei Misteri. "Queste unzioni"dice Salvertè, "erano estremamente frequenti nelle antiche cerimonie... Prima diconsultare l'oracolo di Trofonio, essi erano unti con olio nell'intero corpo. Que-sta preparazione certamente concorreva a produrre la visione desiderata. Primadi essere ammessi ai misteri dei saggi indiani, Apollonio e i suoi compagni furo-no cosparsi di un olio così potente che si sentirono come se fossero immersi nelfuoco". Questa era manifestamente un'unzione nel nome del Signore del ciclo,per essere pronti e preparati all'ammissione in visione della sua maestosa presen-za. La medesima ragione che stava alla base di tale unzione prima dell'iniziazio-ne, sarebbe stata naturalmente addotta ancora più potentemente per un'unzionespeciale, quando l'individuo era chiamato, non in visione, ma nella realtà, allapresenza del "Mistero dei misteri" con la sua personale introduzione nel mondoinvisibile ed eterno. Così il sistema pagano naturalmente sviluppò da se stesso"l'Estrema Unzione". I suoi seguaci erano unti per il loro ultimo viaggio, affin-chè mediante la duplice influenza della superstizione e dei potenti stimolantiintrodotti nel corpo nel solo modo in cui era possibile, le loro menti potesseroessere fortificate contro il senso di colpa e il terrore. Da questa fonte, e solo daquesta, venne senza ombra di dubbio "l'estrema unzione" del papato, che eracompletamente sconosciuta fra i cristiani fino a che la corruzione non fece il suoingresso nella chiesa.

95 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 95L e D u e B a b i l o n i evento, l'etere, tutte le cose incorporee, furono assorbite nella sua essenza divina;e poiché l'universo è distrutto, l'eterno e onnipotente dio ha assunto una formaantica, e RIPOSA misteriosamente sulla superficie di quell'oceano (universale).Ma nessuno può conoscere se egli sia visibile o invisibile o qual è il santo nomedi quella persona, o ciò che causa il suo misterioso SONNO. Ne alcuno può direquanto a lungo egli riposi prima di ricominciare ad agire; poiché nessuno lo havisto ne alcuno gli si è accostato, ne può penetrare il mistero della sua vera es-senza". In conformità a questa antica leggenda, Visnù è ancora rappresentatocome se dormisse per quattro mesi l'anno. Orbene, connettiamo questa storia alnome di Noè, l'uomo del riposo e con la sua storia personale durante il periododel diluvio, quando il mondo fu distrutto, quando per quaranta giorni e quarantanotti ovunque era il caos, quando non apparvero ne il sole, ne la luna, ne le stel-le, quando il cielo e il mare si mischiarono, e tutto era solo un ampio oceanouniversale nel cui seno galleggiava il patriarca, quando non vi era nessun essereumano per avvicinarglisi, ma solo coloro che erano con lui nell'arca e "il misterodella sua reale essenza" è penetrato, "il santo nome di quella persona" è scopertoe il suo "sonno misterioso" è pienamente svelato. Orbene, dovunque Noè siacelebrato, se col nome di Saturno, "il nascosto", poiché tale nome si applicava alui come anche a Nimrod, poiché egli era rimasto nascosto nell'arca, nel "giornodell'ardente ira del Signore", o "Oannes", o "Giano", l'Uomo del mare", egli èdescritto generalmente in modo tale da mostrare che egli era considerato come"Difues", "nato due volte", o "rigenerato". I Bramini, "nati due volte" che si fre-giano di questo titolo, mostrano che il dio che essi rappresentano e le cui prero-gative essi si arrogano, era conosciuto come "il dio nato due volte". La correla-zione della rigenerazione con la storia di Noè assume speciale rilievo nel rac-conto relativo ai Misteri celebrati in Egitto. I più dotti esploratori delle antichitàegiziane, incluso Sir Gardiner Wilkinson, ammettono che la storia di Noè eraintrecciata con quella di Osiride. La nave di Iside e il sarcofago di Osiride, chenavigavano sulle acque, additano distintamente quell'evento rimarchevole. Visono stati periodi diversi in differenti luoghi d'Egitto, quando si faceva lamentosulla sorte di Osiride e a sua volta, si faceva speciale riferimento alla storia per-sonale del "potente cacciatore dinanzi al signore" e alla spaventosa catastrofeattraverso la quale passò Noè. Nella grande e solenne festa chiamata "la scom-parsa di Osiride" è evidente che è Noè stesso che si suppose si fosse perdutoallora. Il tempo in cui Osiride fu "chiuso nel suo sarcofago" e in cui quel sarco-fago fu affidato alle acque com'è dichiarato da Plutarco, si sincronizza esatta-mente con il periodo quando Noè entrò nell'arca. Il tempo era "il 17" giorno delmese Athyr, quando era cessata la piena del Nilo, e le notti si allungavano e igiorni decrescevano". Il mese Atyhr era il secondo mese dopo l'equinozio diautunno, quando aveva inizio l'anno civile dei Giudei e dei patriarchi. Secondoquest'affermazione, quindi, Osiride fu "chiuso nel suo sarcofago" il 17° giornodel secondo mese dell'anno patriarcale. Paragoniamo ciò con il racconto Scrittu-rale dell'ingresso di Noè nell'arca e si vedrà come siano in perfetta armonia(Gen. 7:11)."L'anno seicentesimo della vita di Noè, il secondo mese, il diciassettesimo gior-no del mese, quel giorno tutte le fonti del grande abisso scoppiarono e le catarat-te dei cicli si aprirono; in quello stesso giorno Noè entrò nell'arca". Inoltre ilperiodo durante il quale si credeva che Osiride (altrimenti Adone) fosse statochiuso nel suo sarcofago, corrispondeva esattamente a quello in cui Noè fu con-

finato nell'arca, un anno intero. Ora le affermazioni di Plutarco dimostrano che,poiché nel corso di questa festa Osiride veniva considerato morto e sepoltoquando veniva posto nella sua arca o sarcofago e affidata all'abisso, così, dopoun certo tempo ne veniva nuovamente fuori, a "nuova vita", o "rigenerazione".Sembra che qui vi sia ragione di credere che Dio abbia provveduto mediantel'arca e il diluvio ai santi patriarchi e specialmente al giusto Noè, una vividarappresentazione tipica del potere del sangue e dello spirito di Cristo che ci sal-va dall'ira e che ci purifica da tutti i peccati - una rappresentazione che era un"suggello" più incoraggiante, e una conferma alla fede di coloro che realmentecredevano. Sembra che Pietro alluda chiaramente a ciò, quando dice, parlando diquesto medesimo avvenimento: "Ciò che corrisponde a questo salva ora anchevoi, cioè il battesimo".A qualsiasi verità primitiva i Caldei avessero attinto, la distorsero profondamen-te e la alterarono. Essi volontariamente ignorarono il fatto che fu la "giustiziadella fede" che Noè ebbe "prima'" del Diluvio, che lo portò in salvo attraverso leacque vendicatrici di quella tremenda catastrofe e che lo fece uscire, dai lombidell'arca come se si trattasse di una nuova nascita, in un nuovo mondo, quandol'arca si posò sul monte Ararat ed egli fu liberato dalla sua lunga prigionìa. Essiportarono i loro seguaci a credere che, se solo fossero passati attraverso le acquebattesimali e le penitenze ad esse connesse sarebbero stati, come il secondo pa-dre del genere umano, dei "difues", "nati due volte", o "rigenerati", assumendo iprivilegi del giusto Noè, ottenendo una "nuova nascita" (palingenesia) di cui laloro coscienza mostrava tanto d'aver bisogno.Il papato agisce precisamente sullo stesso principio e da questa medesima fontetrae la sua dottrina della rigenerazione battesimale, circa la quale si è scrittotanto e sono sorte tante controversie. Per quanto gli uomini possano negarlo,questa e questa soltanto è la vera origine del dogma antiscritturale2. Il lettore hagià visto quanto fedelmente Roma abbia copiato gli esorcismi pagani in relazio-ne al battesimo. Tutte le altre caratteristiche ad esso attinenti, quali l’uso delsale, della saliva, del crisma, o unzione con olio; e il segnare la fronte col segnodella croce, sono similmente pagani. Alcuni dei sostenitori europei di Roma,hanno ammesso che almeno alcuni di questi non derivino dalle Scritture. CosìJodocus Tiletanus di Lovanio, difendendo la dottrina della "Tradizione nonscritta" non esita a dire: "Noi non siamo soddisfatti di ciò che dichiarano gliapostoli o l'Evangelo ma diciamo che, sia prima che dopo, vi sono diverse cosedi una certa importanza accettate e ricevute all'infuori della dottrina che non sonscritte in nessun luogo. Poiché noi benediciamo le acque dove battezziamo el'olio col quale ungiamo; sì, e oltre a ciò colui che è battezzato. E (vi prego) daquali Scritture abbiamo imparato a far ciò? Non lo abbiamo tratto da un'ordinan-za segreta e non scritta? E per di più quali scritture ci hanno insegnato a ungerecon olio? Sì, vi prego, da dove viene, che noi immergiamo per tré volte il bam-bino nell'acqua? Tutto ciò proviene da questa nascosta e celata dottrina che inostri antenati hanno ricevuto in segretezza e senza alcuna curiosità, osservan-dola ancora". Questo insegnante di Lovanio, naturalmente pretende che la"dottrina nascosta e celata" di cui egli parla, fosse la "parola non scritta" perve-nuta attraverso il canale dell'infallibilità, dagli apostoli di Cristo fino ad oggi.Ma dopo ciò che abbiamo già visto, il lettore probabilmente muterà opinionecirca la fonte dalla quale le nascoste e misteriose dottrine son venute. E, in effet-ti. Padre Newmann stesso ammette, riguardo l'acqua santa (cioè l'acqua impre-

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96 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 96L e D u e B a b i l o n i egnata di sale e consacrata) e molte altre cose che erano, egli dice, "gli strumentie gli accessori del culto demonico" - cioè che fossero tutti di origine pagana, e"santificati perché vennero adottati nella vita della chiesa". Quale scusa, quindi,quale attenuante può essa offrire per una così straordinaria adozione? Eccola:che la chiesa ha "fiducia nel potere del cristianesimo di resistere all'infezione delmale" e di mutarlo in un "uso evangelico".Quale diritto ha la chiesa di nutrire tale fiducia? Quale associazione può esservitra la luce e le tenebre? Quale armonia fra Cristo e Belial? La storia stessa dellachiesa mostra la vanità, sì, l'empietà di tale speranza. Lasciamo che l'avanzaredella nostra indagine getti ulteriore luce sull'argomento. Per adesso vi è solo unodei riti associati al battesimo a cui desidero far riferimento, cioè all'uso dellasaliva in quell'ordinanza; e un esame delle parole usate nel rituale romano, inapplicazione d'essa dimostrerà che il suo impiego nel battesimo deve proveniredai Misteri. Ciò che segue è il racconto della sua applicazione fatta dal vescovoHay: "II sacerdote recita un altro esorcismo e alla fine d'esso tocca le orecchie ele narici della persona che dev'essere battezzata con un po' di saliva dicendo,'Effeta, cioè apriti in un odore di dolcezza; fuggi o Diavolo, perché il giudizio diDio è vicino". Adesso certamente il lettore si chiederà quale probabile, qualepossibile relazione possa esservi fra la saliva e un odore di dolcezza?. Se la dot-trina segreta dei misteri caldei fosse posta fianco a fianco con questa dichiara-zione, si vedrebbe che, per quanto questa collocazione del termine possa appari-re assurda e illogica, non è a caso che "saliva" e "odore di dolcezza" furono po-sti insieme. Abbiamo già visto come tutto il paganesimo fosse familiare con gliattributi e il compito del promesso messia sebbene tale conoscenza fosse usataallo scopo di corrompere le menti del genere umano per tenerle in schiavitù spi-rituale. Abbiamo appena visto che, poiché erano ben consapevoli dell'esistenzadello Spirito Santo, così, intellettualmente, erano anche ben consapevoli circa ilsuo compito, sebbene la loro conoscenza su tale soggetto fosse similmente dege-nerata. Servius, nei suoi commenti sulla Prima Georgica di Virgilio, dopo avercitato la ben nota espressione, "Mystica vannus Iacchi", "il mistico ventaglio diBacco", dice che quel mistico ventaglio simboleggia la "purificazione delle ani-me". Orbene come potrebbe il ventaglio essere un simbolo di purificazione delleanime? La risposta è: il ventaglio è uno strumento per produrre vento3; e, in cal-deo, come è già stato osservato, vi è una sola parola che indichi sia "vento" che"Spirito Santo". Può esservi dubbio che, sia dal principio, il "vento" fosse unodei Divini emblemi patriarcali mediante cui il potere dello Spirito Santo era resoevidente, come disse pure il nostro Signore Gesù Cristo a Nicodemo, "II ventosoffia dove vuole e tu ne odi il rumore, ma non sai ne donde viene ne donde va,così è di chiunque è nato dallo Spirito". Perciò quando Bacco era rappresentato

con il "mistico ventaglio" era per dichiarare che lui era il potentecon cui era "il rimanente dello Spirito" (Fig. 35). Da ciò vennel'idea di purificare le anime mediante il vento, secondo la descri-zione di Virgilio, che rappresenta le lordure e la contaminazionedel peccato rimosse in tal modo:"Perciò di purga han d'uopo e per purgarle Son dell'anti-che colpe in vari modi Punite e travagliate; altre ne l'auraSospese al Vento, altre ne l'acqua immerse" (Virgilio - E-

neide, libro VI, vs. 1105-1107)Bacco

Ecco perché i sacerdoti di Giove (che originariamente non era che un'altra formadi Bacco), (vedi fig. 35), furono chiamati Flamens, cioè i Respiratori, o i deposi-tari dello Spirito Santo.Orbene, nei Misteri, la "saliva" era un altro simbolo della stessa cosa. In Egitto,per il cui tramite il sistema babilonese fece il suo ingresso nell'Europa Occiden-tale il nome dello "Spirito Puro o Purificatore" era "Rekh". Ma "Rekh" significapure saliva, cosicché umettare il naso e le orecchie degli iniziati con la saliva,secondo il sistema mistico, era considerato come ungerli con lo "Spirito purifi-catore". Che Roma nell'adottare la saliva in realtà copiasse da un culto ritualecaldeo in cui lo spirito era l'emblema ufficiale dello "spirito" si comprende dalracconto che essa fa nei suoi formulari autorizzati del motivo per cui umetta conesso le orecchie. Il motivo per cui esse vengono umettate con la saliva, dice ilvescovo Hay è perché "mediante la grazia del battesimo le orecchie della nostraanima sono aperte per udire la parola di Dio e L’ispirazione del suo Spirito San-to". Ma che cosa ha a che fare, si può chiedere, la saliva con l'odore di dolcezza?Io rispondo, la stessa parola "Rekh", che significa Spirito Santo ed era rappre-sentata visibilmente dalla saliva, era intimamente connessa con "Rikh" che si-gnifica "odore fragrante" o "odore di dolcezza". Così, la conoscenza dei misteridà senso e consistente significato alle espressioni cabalistiche rivolte dal battez-zatore papista al battezzando, quando la saliva è applicata sul suo naso e sullesue orecchie, che altrimenti non avrebbero nessun significato: "Effeta, apriti inun odore di dolcezza". Mentre questa era la verità primitiva occultata sotto lasaliva, fra la moltitudine in generale, l'uso magico della saliva divenne il simbo-lo della superstizione più grossolana. Teocrito mostra con quali riti degradantiessa fosse mischiata in Sicilia e in Grecia e Persia mostra così di irridere gli abi-tanti di Roma suoi contemporanei a motivo della loro fiducia in essa, per avver-tirli dell'influenza dell'occhio malvagio":

"La nostra superstizione inizia con la nostra vita;La vecchia oscena nonna, o il più vicino dei parenti,Prende il bambino neonato dalla cullaE per prima cosa prepara della saliva lustrale;Quindi intinge il dito nel suo sputo, Unge le tempie, la fronte le lab-bra, Pretendendo di prevenire le forze della magìa Mediante i suoidisgustosi escrementi".

Mentre così ci rendiamo conto che per quanto lontano si vada il battesimo papa-le è solo una riproduzione di quello caldeo, vi è ancora un altro punto da men-zionare, che rende completa la dimostrazione. Tale punto è contenuto nella se-guente terribile maledizione, diretta contro l'uomo che commette l'offesa imper-donabile di abbandonare la chiesa di Roma, e rende pubbliche le gravi e pesantiragioni che l'hanno indotto a far ciò: "Possa il Padre che ha creato l'uomo, male-dirlo! Possa il Figlio, che ha sofferto per noi, maledirlo! Possa lo Spirito Santoche ha sofferto per noi nel battesimo, maledirlo!”. Non mi soffermo a mostrarequanto assolutamente e profondamente si opponga tale maledizione all'interospirito dell'Evangelo. Ma ciò su cui richiamo l'attenzione del lettore è la stupefa-cente affermazione secondo la quale "lo Spirito Santo ha sofferto per noi nelbattesimo". Dove nell'intero arco delle Scritture potrebbe trovarsi tale asserzio-ne, o qualcosa che possa minimamente sostenerla? Ma che il lettore si volga alracconto babilonese relativo alla personalità dello Spirito Santo e si vedrà con

113 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 113L e D u e B a b i l o n i e"bambino bellissimo"; dal che è ancora più evidente che Cerere, conosciuta dalprofano solo come la madre di "Bar", "il grano", era definita dagli iniziati comela madre di "Bar", "il figlio". Ed ora il lettore sarà preparato a capire il pienosignificato della rappresentazione nella sfera celeste della Vergine con la spigadi grano nella sua mano". La spiga di grano nella mano della Vergine non è cheun altro simbolo del bimbo fra le braccia della Vergine Madre.Ora, questo Figlio, che era simboleggiato come un grano era la divinità solareincarnata, secondo il grande oracolo della grande dea d'Egitto: "Nessun mortaleha sollevato il mio velo. Il frutto che ho generato è il SOLE". Non c'è nulla distrano dunque nel simboleggiare questa divinità incarnata come il "pane di Dio"e quindi rappresentata come "un'ostia rotonda" per identificarla col sole. È que-sta una semplice supposizione? Il lettore legga attentamente il seguente estrattoda Hurd, in cui egli scrive gli ornamenti dell'altare romano, su cui è deposto ilsacramento o pane consacrato, e quindi sarà in grado di giudicare: "Un piattod'argento a forma di SOLE è fissato dal lato opposto al SACRAMENTO sull'altare;che con la luce delle candele ha un'apparenza estremamente brillante". Cosa staa fare lì quel "Sole" "brillante", sull'altare, sopra il "sacramento" o ostia roton-da? In Egitto il disco del sole era rappresentato nei templi e il sovrano con suamoglie e i suoi figli erano raffigurati mentre l'adoravano. Vicino alla piccolacittà di Babain, nell'Alto Egitto, esiste ancora in una grotta una rappresentazionedi un sacrificio al sole, in cui si vedono due sacerdoti che adorano l'immaginedel sole, come si vede nel disegno a fianco (Fig. 38). Nelgrande tempio di Babi-lonia, l'immagine d'oro del sole era esposta per essere adorata dai Babilonesi.

Nel tempio di Cuzco, in Perù, il disco del sole in oro fiam-mante era attaccato su di un muro, affinchè chiunque entras-se potesse inchinarglisi. I Peoni della Tracia erano adoratoridel sole e nella loro adorazione adoravano una sua immaginein forma di disco in cima ad un alto palo. Nell'adorazione diBaal, praticata dagli Israeliti idolatri ai giorni della loro apo-stasia, l'adorazione del sole era egualmente osservata ed èsorprendente trovare che l'immagine del sole era adoratadall'apostata Israele eretta sopra l'altare. Quando il buon rèGiosia diede inizio alla sua opera di riforma, leggiamo che isuoi servitori nel compiere il lavoro procedettero così (2Cron. 34:4):"Inoltre abbatterono dinanzi a lui gli altari dei Baal e tagliòsopra di essi i banchi dell'incenso; e spezzò i pali sacri e leimmagini scolpite (nota: IMMAGINI DEL SOLE;)". Beniaminodi Tudela, il grande viaggiatore giudeo, fornisce un vividoracconto di tale adorazione del sole in tempi comparativa-mente recenti, persistente tra i Cusiti d'oriente, fra i qualitroviamo che, fino ai nostri giorni, è adorata l'immagine del

sole sull'altare. "Vi è un tempio" egli dice " della posterità di Cus, dedicato allacontemplazione delle stelle. Essi adorano il sole come un dio e l'intero paese,per mezzo miglio intorno alla città, è pieno di grandi altari a lui dedicati. All'au-rora del giorno essi si alzano e corrono intorno alle mura della città, attendendoil levarsi del sole; su ogni altare, vi è un'immagine consacrata, non a somiglian-zà d'uomo, ma del globo solare. Questi globi, non appena sorge il sole, s'accen-dono e risuonano con gran clamore, mentre gli bruciano incenso". Da tutto ciò, è

Sacerdoti Egizianiche sacrificano aldio Sole.

manifesto che l'immagine del sole al di sopra dell'altare o su di esso, era uno deisimboli riconosciuti di coloro che adoravano Baal o il sole. E quivi in una cosid-detta chiesa cristiana, un brillante piatto d'argento "a forma di sole" è posto sul-l'altare in tal modo che chiunque adori a quell'altare deve inginocchiarsi in pro-fonda riverenza dinanzi all'immagine del sole. Da dove, io chiedo, potrebbe pro-venire se non dagli antichi adoratori del sole, o dall'adorazione di Baal? E quan-do l'ostia è posta in modo che il "Sole" d'argento sia di fronte ad essa, quale puòessere il suo significato se non quello di mostrare a quelli che hanno occhi pervedere che l'"0stia" stessa è solo un altro simbolo di Baal o del Sole? Se la divi-nità solare era adorata in Egitto come il "seme" o in Babilonia come il "grano" lastessa cosa avvenne circa l'ostia adorata a Roma. "Pane di grano degli eletti,abbi pietà di noi" è una delle preghiere della litania romana, rivolta all'ostia,durante la celebrazione della messa. E uno dei requisiti importanti richiesti acoloro che desiderano partecipare dell'ostia, è lo stesso che era obbligatorio nel-l'antica adorazione della divinità Babilonese. Quelli che partecipavano dovevanoessere assolutamente digiuni. Questa è un'esigenza importantissima. Il vescovoHay, legiferando sul soggetto, dice che è indispensabile "che siano digiuni dallamezzanotte, così da non avere niente nello stomaco da dodici ore prima di rice-verla, ne cibo, ne bevanda, ne medicina". Considerando che il Nostro SignoreGesù Cristo istituì la Santa Comunione immediatamente dopo che i suoi disce-poli avevano partecipato alla festa pasquale, tale rigida esigenza di digiuno puòsembrare molto irragionevole. Ma esaminando tale disposizione del "sacrificioincruento" della messa alla luce dei Misteri Eleusini, e tutto è chiaro, difatti laprima domanda rivolta a coloro che desideravano l'iniziazione era: "Sei digiu-no?" e se la risposta non era affermativa non poteva aver luogo alcuna iniziazio-ne. Non vi è dubbio che il digiuno è, in certe circostanze, un dovere cristiano;ma mentre ne la lettera, ne lo spirito dell'istituzione divina richiedono tale rigidaregolamentazione summenzionata, le regole relative ai Misteri Babilonesi ren-dono evidente da dove tali regole in effetti provengono…Sebbene il dio generato da Iside o Cerere, che era offerto sotto il simbolo dell'o-stia o pane rotondo, fosse in realtà il sole infuocato e ardente, o il terribile Mo-loc, tuttavia in quell'offerta tutto il suo terrore era velato, e tutto ciò che vi era direpulsivo era tenuto in ombra. Sotto tale simbolo egli era offerto alla madre be-nigna, che mitiga il giudizio con la misericordia e a cui fanno infine riferimentotutte le benedizioni spirituali; e benedetto da tale madre egli è restituito per esse-re mangiato, a sostegno della vita, come nutrimento delle anime degli adoratoridi lei. Così la madre era considerata come la divinità favorita. E per un motivodel tutto simile, la madonna di Roma, eclissa del tutto suo figlio in qualità di"Madre di grazia e misericordia".Circa l'aspetto pagano del "sacrificio incruento" della messa, abbiamo già vistonon poco. Ma vi è ancora qualcosa che dev'essere considerato, da cui appareancora di più l'operazione del mistero d'iniquità. Vi sono delle lettere sull'ostiache sono degne di nota. Queste lettere sono I.H.S. Qual'è il significato di questelettere mistiche? Per un cristiano esse significano "Iesus Hominem Salvator","Gesù Salvatore degli Uomini". Ma se un adoratore romano di Iside (poiché altempo degli imperatori vi erano innumerevoli adoratori di Iside a Roma) avesseposto il suo sguardo su di esse, come vi avrebbe letto? Egli vi avrebbe letto,naturalmente, secondo il suo proprio ben noto sistema di idolatria: "Iside, Horus,Seb", cioè "La madre, il figlio, il padre degli dèi", in altre parole la "trinità egi-

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112 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 112L e D u e B a b i l o n i e"bambino bellissimo"; dal che è ancora più evidente che Cerere, conosciuta dalprofano solo come la madre di "Bar", "il grano", era definita dagli iniziati comela madre di "Bar", "il figlio". Ed ora il lettore sarà preparato a capire il pienosignificato della rappresentazione nella sfera celeste della Vergine con la spigadi grano nella sua mano". La spiga di grano nella mano della Vergine non è cheun altro simbolo del bimbo fra le braccia della Vergine Madre.Ora, questo Figlio, che era simboleggiato come un grano era la divinità solareincarnata, secondo il grande oracolo della grande dea d'Egitto: "Nessun mortaleha sollevato il mio velo. Il frutto che ho generato è il SOLE". Non c'è nulla distrano dunque nel simboleggiare questa divinità incarnata come il "pane di Dio"e quindi rappresentata come "un'ostia rotonda" per identificarla col sole. È que-sta una semplice supposizione? Il lettore legga attentamente il seguente estrattoda Hurd, in cui egli scrive gli ornamenti dell'altare romano, su cui è deposto ilsacramento o pane consacrato, e quindi sarà in grado di giudicare: "Un piattod'argento a forma di SOLE è fissato dal lato opposto al SACRAMENTO sull'altare;che con la luce delle candele ha un'apparenza estremamente brillante". Cosa staa fare lì quel "Sole" "brillante", sull'altare, sopra il "sacramento" o ostia roton-da? In Egitto il disco del sole era rappresentato nei templi e il sovrano con suamoglie e i suoi figli erano raffigurati mentre l'adoravano. Vicino alla piccolacittà di Babain, nell'Alto Egitto, esiste ancora in una grotta una rappresentazionedi un sacrificio al sole, in cui si vedono due sacerdoti che adorano l'immaginedel sole, come si vede nel disegno a fianco (Fig. 38). Nelgrande tempio di Babi-lonia, l'immagine d'oro del sole era esposta per essere adorata dai Babilonesi.

Nel tempio di Cuzco, in Perù, il disco del sole in oro fiam-mante era attaccato su di un muro, affinchè chiunque entras-se potesse inchinarglisi. I Peoni della Tracia erano adoratoridel sole e nella loro adorazione adoravano una sua immaginein forma di disco in cima ad un alto palo. Nell'adorazione diBaal, praticata dagli Israeliti idolatri ai giorni della loro apo-stasia, l'adorazione del sole era egualmente osservata ed èsorprendente trovare che l'immagine del sole era adoratadall'apostata Israele eretta sopra l'altare. Quando il buon rèGiosia diede inizio alla sua opera di riforma, leggiamo che isuoi servitori nel compiere il lavoro procedettero così (2Cron. 34:4):"Inoltre abbatterono dinanzi a lui gli altari dei Baal e tagliòsopra di essi i banchi dell'incenso; e spezzò i pali sacri e leimmagini scolpite (nota: IMMAGINI DEL SOLE;)". Beniaminodi Tudela, il grande viaggiatore giudeo, fornisce un vividoracconto di tale adorazione del sole in tempi comparativa-mente recenti, persistente tra i Cusiti d'oriente, fra i qualitroviamo che, fino ai nostri giorni, è adorata l'immagine del

sole sull'altare. "Vi è un tempio" egli dice " della posterità di Cus, dedicato allacontemplazione delle stelle. Essi adorano il sole come un dio e l'intero paese,per mezzo miglio intorno alla città, è pieno di grandi altari a lui dedicati. All'au-rora del giorno essi si alzano e corrono intorno alle mura della città, attendendoil levarsi del sole; su ogni altare, vi è un'immagine consacrata, non a somiglian-zà d'uomo, ma del globo solare. Questi globi, non appena sorge il sole, s'accen-dono e risuonano con gran clamore, mentre gli bruciano incenso". Da tutto ciò, è

Sacerdoti Egizianiche sacrificano aldio Sole.

manifesto che l'immagine del sole al di sopra dell'altare o su di esso, era uno deisimboli riconosciuti di coloro che adoravano Baal o il sole. E quivi in una cosid-detta chiesa cristiana, un brillante piatto d'argento "a forma di sole" è posto sul-l'altare in tal modo che chiunque adori a quell'altare deve inginocchiarsi in pro-fonda riverenza dinanzi all'immagine del sole. Da dove, io chiedo, potrebbe pro-venire se non dagli antichi adoratori del sole, o dall'adorazione di Baal? E quan-do l'ostia è posta in modo che il "Sole" d'argento sia di fronte ad essa, quale puòessere il suo significato se non quello di mostrare a quelli che hanno occhi pervedere che l'"0stia" stessa è solo un altro simbolo di Baal o del Sole? Se la divi-nità solare era adorata in Egitto come il "seme" o in Babilonia come il "grano" lastessa cosa avvenne circa l'ostia adorata a Roma. "Pane di grano degli eletti,abbi pietà di noi" è una delle preghiere della litania romana, rivolta all'ostia,durante la celebrazione della messa. E uno dei requisiti importanti richiesti acoloro che desiderano partecipare dell'ostia, è lo stesso che era obbligatorio nel-l'antica adorazione della divinità Babilonese. Quelli che partecipavano dovevanoessere assolutamente digiuni. Questa è un'esigenza importantissima. Il vescovoHay, legiferando sul soggetto, dice che è indispensabile "che siano digiuni dallamezzanotte, così da non avere niente nello stomaco da dodici ore prima di rice-verla, ne cibo, ne bevanda, ne medicina". Considerando che il Nostro SignoreGesù Cristo istituì la Santa Comunione immediatamente dopo che i suoi disce-poli avevano partecipato alla festa pasquale, tale rigida esigenza di digiuno puòsembrare molto irragionevole. Ma esaminando tale disposizione del "sacrificioincruento" della messa alla luce dei Misteri Eleusini, e tutto è chiaro, difatti laprima domanda rivolta a coloro che desideravano l'iniziazione era: "Sei digiu-no?" e se la risposta non era affermativa non poteva aver luogo alcuna iniziazio-ne. Non vi è dubbio che il digiuno è, in certe circostanze, un dovere cristiano;ma mentre ne la lettera, ne lo spirito dell'istituzione divina richiedono tale rigidaregolamentazione summenzionata, le regole relative ai Misteri Babilonesi ren-dono evidente da dove tali regole in effetti provengono…Sebbene il dio generato da Iside o Cerere, che era offerto sotto il simbolo dell'o-stia o pane rotondo, fosse in realtà il sole infuocato e ardente, o il terribile Mo-loc, tuttavia in quell'offerta tutto il suo terrore era velato, e tutto ciò che vi era direpulsivo era tenuto in ombra. Sotto tale simbolo egli era offerto alla madre be-nigna, che mitiga il giudizio con la misericordia e a cui fanno infine riferimentotutte le benedizioni spirituali; e benedetto da tale madre egli è restituito per esse-re mangiato, a sostegno della vita, come nutrimento delle anime degli adoratoridi lei. Così la madre era considerata come la divinità favorita. E per un motivodel tutto simile, la madonna di Roma, eclissa del tutto suo figlio in qualità di"Madre di grazia e misericordia".Circa l'aspetto pagano del "sacrificio incruento" della messa, abbiamo già vistonon poco. Ma vi è ancora qualcosa che dev'essere considerato, da cui appareancora di più l'operazione del mistero d'iniquità. Vi sono delle lettere sull'ostiache sono degne di nota. Queste lettere sono I.H.S. Qual'è il significato di questelettere mistiche? Per un cristiano esse significano "Iesus Hominem Salvator","Gesù Salvatore degli Uomini". Ma se un adoratore romano di Iside (poiché altempo degli imperatori vi erano innumerevoli adoratori di Iside a Roma) avesseposto il suo sguardo su di esse, come vi avrebbe letto? Egli vi avrebbe letto,naturalmente, secondo il suo proprio ben noto sistema di idolatria: "Iside, Horus,Seb", cioè "La madre, il figlio, il padre degli dèi", in altre parole la "trinità egi-

97 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 97L e D u e B a b i l o n i egnata di sale e consacrata) e molte altre cose che erano, egli dice, "gli strumentie gli accessori del culto demonico" - cioè che fossero tutti di origine pagana, e"santificati perché vennero adottati nella vita della chiesa". Quale scusa, quindi,quale attenuante può essa offrire per una così straordinaria adozione? Eccola:che la chiesa ha "fiducia nel potere del cristianesimo di resistere all'infezione delmale" e di mutarlo in un "uso evangelico".Quale diritto ha la chiesa di nutrire tale fiducia? Quale associazione può esservitra la luce e le tenebre? Quale armonia fra Cristo e Belial? La storia stessa dellachiesa mostra la vanità, sì, l'empietà di tale speranza. Lasciamo che l'avanzaredella nostra indagine getti ulteriore luce sull'argomento. Per adesso vi è solo unodei riti associati al battesimo a cui desidero far riferimento, cioè all'uso dellasaliva in quell'ordinanza; e un esame delle parole usate nel rituale romano, inapplicazione d'essa dimostrerà che il suo impiego nel battesimo deve proveniredai Misteri. Ciò che segue è il racconto della sua applicazione fatta dal vescovoHay: "II sacerdote recita un altro esorcismo e alla fine d'esso tocca le orecchie ele narici della persona che dev'essere battezzata con un po' di saliva dicendo,'Effeta, cioè apriti in un odore di dolcezza; fuggi o Diavolo, perché il giudizio diDio è vicino". Adesso certamente il lettore si chiederà quale probabile, qualepossibile relazione possa esservi fra la saliva e un odore di dolcezza?. Se la dot-trina segreta dei misteri caldei fosse posta fianco a fianco con questa dichiara-zione, si vedrebbe che, per quanto questa collocazione del termine possa appari-re assurda e illogica, non è a caso che "saliva" e "odore di dolcezza" furono po-sti insieme. Abbiamo già visto come tutto il paganesimo fosse familiare con gliattributi e il compito del promesso messia sebbene tale conoscenza fosse usataallo scopo di corrompere le menti del genere umano per tenerle in schiavitù spi-rituale. Abbiamo appena visto che, poiché erano ben consapevoli dell'esistenzadello Spirito Santo, così, intellettualmente, erano anche ben consapevoli circa ilsuo compito, sebbene la loro conoscenza su tale soggetto fosse similmente dege-nerata. Servius, nei suoi commenti sulla Prima Georgica di Virgilio, dopo avercitato la ben nota espressione, "Mystica vannus Iacchi", "il mistico ventaglio diBacco", dice che quel mistico ventaglio simboleggia la "purificazione delle ani-me". Orbene come potrebbe il ventaglio essere un simbolo di purificazione delleanime? La risposta è: il ventaglio è uno strumento per produrre vento3; e, in cal-deo, come è già stato osservato, vi è una sola parola che indichi sia "vento" che"Spirito Santo". Può esservi dubbio che, sia dal principio, il "vento" fosse unodei Divini emblemi patriarcali mediante cui il potere dello Spirito Santo era resoevidente, come disse pure il nostro Signore Gesù Cristo a Nicodemo, "II ventosoffia dove vuole e tu ne odi il rumore, ma non sai ne donde viene ne donde va,così è di chiunque è nato dallo Spirito". Perciò quando Bacco era rappresentato

con il "mistico ventaglio" era per dichiarare che lui era il potentecon cui era "il rimanente dello Spirito" (Fig. 35). Da ciò vennel'idea di purificare le anime mediante il vento, secondo la descri-zione di Virgilio, che rappresenta le lordure e la contaminazionedel peccato rimosse in tal modo:"Perciò di purga han d'uopo e per purgarle Son dell'anti-che colpe in vari modi Punite e travagliate; altre ne l'auraSospese al Vento, altre ne l'acqua immerse" (Virgilio - E-

neide, libro VI, vs. 1105-1107)Bacco

Ecco perché i sacerdoti di Giove (che originariamente non era che un'altra formadi Bacco), (vedi fig. 35), furono chiamati Flamens, cioè i Respiratori, o i deposi-tari dello Spirito Santo.Orbene, nei Misteri, la "saliva" era un altro simbolo della stessa cosa. In Egitto,per il cui tramite il sistema babilonese fece il suo ingresso nell'Europa Occiden-tale il nome dello "Spirito Puro o Purificatore" era "Rekh". Ma "Rekh" significapure saliva, cosicché umettare il naso e le orecchie degli iniziati con la saliva,secondo il sistema mistico, era considerato come ungerli con lo "Spirito purifi-catore". Che Roma nell'adottare la saliva in realtà copiasse da un culto ritualecaldeo in cui lo spirito era l'emblema ufficiale dello "spirito" si comprende dalracconto che essa fa nei suoi formulari autorizzati del motivo per cui umetta conesso le orecchie. Il motivo per cui esse vengono umettate con la saliva, dice ilvescovo Hay è perché "mediante la grazia del battesimo le orecchie della nostraanima sono aperte per udire la parola di Dio e L’ispirazione del suo Spirito San-to". Ma che cosa ha a che fare, si può chiedere, la saliva con l'odore di dolcezza?Io rispondo, la stessa parola "Rekh", che significa Spirito Santo ed era rappre-sentata visibilmente dalla saliva, era intimamente connessa con "Rikh" che si-gnifica "odore fragrante" o "odore di dolcezza". Così, la conoscenza dei misteridà senso e consistente significato alle espressioni cabalistiche rivolte dal battez-zatore papista al battezzando, quando la saliva è applicata sul suo naso e sullesue orecchie, che altrimenti non avrebbero nessun significato: "Effeta, apriti inun odore di dolcezza". Mentre questa era la verità primitiva occultata sotto lasaliva, fra la moltitudine in generale, l'uso magico della saliva divenne il simbo-lo della superstizione più grossolana. Teocrito mostra con quali riti degradantiessa fosse mischiata in Sicilia e in Grecia e Persia mostra così di irridere gli abi-tanti di Roma suoi contemporanei a motivo della loro fiducia in essa, per avver-tirli dell'influenza dell'occhio malvagio":

"La nostra superstizione inizia con la nostra vita;La vecchia oscena nonna, o il più vicino dei parenti,Prende il bambino neonato dalla cullaE per prima cosa prepara della saliva lustrale;Quindi intinge il dito nel suo sputo, Unge le tempie, la fronte le lab-bra, Pretendendo di prevenire le forze della magìa Mediante i suoidisgustosi escrementi".

Mentre così ci rendiamo conto che per quanto lontano si vada il battesimo papa-le è solo una riproduzione di quello caldeo, vi è ancora un altro punto da men-zionare, che rende completa la dimostrazione. Tale punto è contenuto nella se-guente terribile maledizione, diretta contro l'uomo che commette l'offesa imper-donabile di abbandonare la chiesa di Roma, e rende pubbliche le gravi e pesantiragioni che l'hanno indotto a far ciò: "Possa il Padre che ha creato l'uomo, male-dirlo! Possa il Figlio, che ha sofferto per noi, maledirlo! Possa lo Spirito Santoche ha sofferto per noi nel battesimo, maledirlo!”. Non mi soffermo a mostrarequanto assolutamente e profondamente si opponga tale maledizione all'interospirito dell'Evangelo. Ma ciò su cui richiamo l'attenzione del lettore è la stupefa-cente affermazione secondo la quale "lo Spirito Santo ha sofferto per noi nelbattesimo". Dove nell'intero arco delle Scritture potrebbe trovarsi tale asserzio-ne, o qualcosa che possa minimamente sostenerla? Ma che il lettore si volga alracconto babilonese relativo alla personalità dello Spirito Santo e si vedrà con

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98 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 98L e D u e B a b i l o n i eevidenza la somma di bestemmie contenute in questo linguaggio. Secondo ladottrina caldea, Semiramide, la moglie di Nino o Nimrod, quando fu elevata alrango di divinità con il nome di Regina dei cieli, venne adorata come abbiamovisto, come Giunone, la "colomba", in altre parole, lo Spirito Santo incarnato.Ora, quando suo marito, a causa della sua ribellione blasfema contro la maestàdel cielo fu stroncato, per un certo tempo ciò fu causa di tribolazione per lei. Iframmenti di storia antica che ci son pervenuti ci provvedono un racconto dellasua trepidazione e della sua fuga per salvarsi dai suoi avversari. Nelle favoledella mitologia, questa fuga fu rappresentata misticamente in accordo a ciò chefu attribuito a suo marito. I cantori della Grecia rappresentarono Bacco, sconfit-to dai suoi nemici, mentre si rifugiava nella profondità dell'oceano (vedi fig. 36)4. Così Omero dice:

"Su pel Sacro Nisseio egli di BaccoLe nutrici inseguìa. Dal rio percosseCon pungolo crudel, gittaro i TirsiTutte insieme, e fuggir: fuggì lo stessoBacco, e nel mar s'ascose, ove, del feroMinacciar di Ligurco paventoso,

Teti l'accolse" (Omero, Iliade, Libro VI,150-155)In Egitto, come abbiamo visto, Osiride, identifi-cato con Noè, era raffigurato, quand'era sopraf-fatto dal suo grande nemico Tifone, o il"Malvagio", mentre attraversava le acque. I poetirappresentano Semiramide mentre vive le suedifficoltà, e allo stesso modo cerca salvezza.Abbiamo già visto che, col nome di Astarte, sinarrava che fosse uscita dall'uovo meraviglioso

che galleggiava sulle acque dell'Eufrate. Ora Marsiglie narra nel suo “PoesieAstronomiché” che cosa la indusse a trovare rifugio in quelle acque. "Venere siimmerse nelle acque di Babilonia", egli dice, "per evitare la furia del Tifone, ilserpente provvisto di piedi". Quando Venere Urania, o Dionè, la "colomba cele-ste", si immerse con profondo abbattimento in queste acque di Babilonia, si de-ve osservare che, secondo la dottrina caldea, esse la sommersero. Ciò vuol direne più ne meno che lo Spirito Santo incarnato in profonde tribolazioni entrò intali acque e ciò allo scopo che tali acque potessero essere adatte, non solo comedimora temporanea del Messia ma attraverso lo Spirito Santo dare vita e rigene-razione, per mezzo del battesimo, agli adoratori della Madonna caldea.Abbiamo l'evidenza che le virtù purificatrici delle acque, che nell'idea paganaavevano tale efficacia nella purificazione dal peccato e per la rigenerazione del-l'anima, derivavano in parte dal passaggio del dio Mediatore, il dio sole e dio delfuoco, attraverso queste acque durante la sua umiliazione e soggiorno in mezzoad esse; e che il papato fino ad oggi mantiene la medesima abitudine che è sca-turita da tale convinzione. Per quanto riguarda il paganesimo, il seguente estrat-to da Potter e Ateneo parla abbastanza chiaramente: "Ogni persona", dicono,"che si recava ai solenni sacrifici (dei Greci) era purificata dall'acqua. A tal fine,all'ingresso dei templi vi era normalmente un recipiente pieno di acqua santa".Come otteneva tale acqua la sua santità? Quest'acqua "era consacrata" dice Ate-

Bacco rifugiatosi nelprofondo oceano.

neo "ponendo in essa una TORCIA ACCESA prelevata dall'altare". La torcia acce-sa era il preciso simbolo del dio del fuoco e mediante la luce di questa torcia,così indispensabile per consacrare l'acqua santa, possiamo facilmente vedere dadove proviene una gran parte della virtù purificatrice dell'acqua del mare chemuggisce, che era considerata così efficace nel purificare il peccato e la colpa,poiché anche il dio sole aveva trovato rifugio nelle sue acque. Orbene, lo stessometodo è usato nella chiesa di Roma per consacrare l'acqua del battesimo. Latestimonianza, che è al di sopra di ogni sospetto, del vescovo Hay non lasciadubbi al riguardo: "Essa" (l'acqua contenuta nel fonte battesimale) egli dice "èbenedetta la notte di Pentecoste poiché lo Spirito Santo conferisce alle acque delbattesimo il potere e l'efficacia di santificare le nostre anime e poiché il battesi-mo di Cristo è con lo spirito santo e con fuoco" (Mattò. 3:11). Per benedire leacque una torcia accesa è immersa nel fonte. Qui è chiaro che le acque rigene-ratrici di Roma sono consacrate proprio come lo erano le acque rigeneratrici epurificatrici dei pagani. Il vantaggio di ciò secondo il vescovo Hay a parte quel-lo di "rendere plausibile l'apostasia" e di purificare la superstizione, è tutto ciòche è fatto per "rappresentare il fuoco dell'amore divino, che è comunicato all'a-nima col battesimo, e la luce del buon esempio, che tutti coloro che sono battez-zati dovremmo dare". Questo è per rendere accettabile la faccenda, ma rimaneancora il fatto che mentre la dottrina romana relativa al battesimo è puramentepagana, nelle cerimonie connesse al battesimo papale uno dei riti essenziali del-l'antica adorazione del fuoco è ancora praticato fino ad oggi, proprio com'erapraticato dagli adoratori di Bacco, il Messia babilonese. Siccome Roma mantie-ne vivo il ricordo del dio del fuoco che passando attraverso le acque conferisceloro virtù, così, quando essa parla dello Spirito Santo che "soffre per noi nelbattesimo", in maniera simile commemora la parte che il paganesimo assegnavaalla dea babilonese quand'era immersa nelle acque. Il dolore di Bacco o Nimrod,il dolore di sua moglie in cui dimorava miracolosamente lo spirito santo era lostesso. I dolori della Madonna, quindi, quando in queste acque fuggì alla colleradi Tifone, erano le pene del parto mediante cui nacque a Dio un figlio. E così,anche nel lontano occidente, Chalchivitlycue, la dea delle acque messicana emadre di tutti i rigenerati, era rappresentata mentre purgava il bimbo neonato dalpeccato originale e lo "portava nuovamente nel mondo". Ora, lo spirito santo eraadorato in maniera idolatrica a Babilonia, sotto forma di una colomba. Con lastessa forma e con uguale idolatria, lo Spirito Santo è adorato in Roma. Quando,perciò, leggiamo in opposizione a ogni principio scritturale, che lo "spirito santosoffrì per noi nel battesimo", certamente è chiaro chi sia lo Spirito Santo che siintende realmente. Non è altri che Semiramide, la personificazione della lussuriae dell'impurità.

SEZIONE IIGIUSTIFICAZIONE MEDIANTE LE OPERE

Gli adoratori di Nimrod e della sua regina erano considerati come rigenerati epurgati dal peccato per mezzo del battesimo, il quale riceveva la sua virtù dallesofferenze di queste due grandi divinità babilonesi. Inoltre per quanto riguardala giustificazione, la dottrina caldea insegnava che era mediante le opere e i me-riti degli stessi uomini che essi potevano essere giustificati e accettati da Dio.Ciò che segue - tratto dai "Misteri Eleusini'' di Ouvaroff, commentati da Chri-

111 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 111L e D u e B a b i l o n i eche il Signore Gesù diede alla donna che esclamò:"Felice il seno che ti ha portato e le mammelle che hai succhiate". Gesù risposee disse: "No piuttosto: felici quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono inpratica" (Luca 11:27,28). Non può esservi dubbio che questa risposta fu data dalpresciente Salvatore, per reprimere fin dal suo inizio ogni idea simile a quellaespressa da Liguori. Tuttavia quest'idea, che non è basata sulle Scritture, le qualiespressamente la ripudiano, era estesamente diffusa nel reame del paganesimo.Così troviamo una rappresentazione esattamente parallela nella mitologia indùriguardo al dio Siva e a sua moglie Kalì, quando quel dio era raffigurato comeun bambino. "Siva", dice il Linga Puran, "appariva come un infante in un cimi-tero, circondato da spiriti, e Kalì sua moglie, non appena lo scorse, lo prese e,accarezzandolo, gli diede il suo petto. Egli succhiò il nettare fluido; ma poichéegli si ADIRO' per poterlo distrarre e rabbonire, Kalì lo attaccò al suo seno e dan-zò con i folletti e i demoni lì presenti in mezzo ai morti fino a che egli non siplacò e ne fu deliziato; mentre Visnù, Brama, Indra e tutti gli dèi si inchinavano,lodando con cantici di lode il dio degli dèi Kal e Parvati". Kalì, in India, è la deadella distruzione; ma anche nel mito che riguarda questa dea di distruzione, hatrovato il suo ingresso il potere della dea madre nel placare il dio offeso. Se lastoria degli indù mostra il suo "dio degli dèi" in tale luce degradante, quanto piùonorevole è la storia papale al Figlio del Benedetto, quando lo rappresenta comese avesse bisogno d'essere placato da sua madre, la quale gli deve mostrare "ilpetto che egli ha succhiato". Tutto ciò è fatto solo per esaltare la madre, renden-dola più misericordiosa e compassionevole del suo glorioso figlio. Orbene, lastessa cosa accadeva a Babilonia e questa caratteristica della dea regina trovavaesatto riscontro nelle sue offerte preferite. Perciò, troviamo le donne di Giudarappresentate mentre bruciano incenso alla regina dei cieli e le versano libazioni,le offrono focacce" (Geremia 44:19). Le focacce erano il "sacrificio incruento"da lei richiesto. Quel "sacrificio incruento" non solo non era offerto dai suoiseguaci, ma quando erano ammessi ai misteri più profondi essi vi prendevanoparte giurandole rinnovata fedeltà. Nel quarto secolo, quando la regina dei cielicon il nome di Maria, cominciò ad essere adorata nella Chiesa Cristiana, vi fupure introdotto questo "sacrificio incruento". Epifanie afferma che la pratica dioffrirlo e di cibarsene ebbe inizio tra le donne d'Arabia e a quel tempo si sapevabene che era stata adottata dai pagani. La stessa forma del sacrificio incruento diRoma può indicare da dove proviene. Si tratta di una piccola sottile ostia roton-da e sulla sua rotondità la Chiesa di Roma ha posto tanta enfasi, per usare illinguaggio di John Knox al riguardo del dio-ostia: "Se, nel fare la rotondità ilcerchio si rompe, un altro dei pani riceve quell'onore che ne fa un dio e quelpezzo, o infranto miserabile pane, che una volta aveva nutrito la speranza diessere fatto dio, dev'essere dato a un bambino che ci giochi". Cosa può averindotto il papato a insistere tanto sulla "rotondità" del suo sacrificio incruento?Chiaramente nessun riferimento all'istituzione divina della Cena del Nostro Si-gnore poiché in tutti i racconti che ci sono pervenuti non è fatto riferimento al-cuno alla forma del pane che il Signore usò, quando lo benedisse, lo ruppe e lodiede ai suoi discepoli, dicendo: "Prendete, mangiate, questo è il mio corpo: fatequesto in memoria di me". Ne si può far riferimento ad alcuna delle disposizionirelative alla forma del pane pasquale dei Giudei; poiché su tale soggetto non vi ènei libri di Mosè alcuna disposizione. L'importanza, comunque, che Roma attri-buisce alla rotondità dell'ostia, deve avere un motivo e lo troveremo se osservia-

mo gli altari degli egiziani. "Il sottile, pane, rotondo", dice Wilkinson, " si trovasu tutti gli altari". Quasi ogni inezia nell'adorazione egiziana ha un significatosimbolico. Il disco rotondo così frequente nei sacri emblemi d'Egitto simboleg-giava il sole. Ora, quando Osiride, la divinità solare,si incarnò e nacque, non fusoltanto per dare la sua vita in sacrificio per gli uomini, ma affinchè fosse anchela vita e il nutrimento per le loro anime. E universalmente riconosciuto che Isideera il prototipo della Cerere greca e romana. Ma Cerere, dev'essere osservato,era adorata non semplicemente come la scopritrice del grano, ma pure come la"Madre del Grano". Il figlio da lei generato era Hi-Siri, "il seme" o, com'erachiamato più frequentemente in Assiria, "Bar", che significa sia "il figlio" che"il grano" (Fig. 37). I non iniziati potevano riverire Cerere per il dono del granomateriale per nutrire i loro corpi, ma gli iniziati l'adoravano per un dono piùelevato - per il cibo che nutriva le loro ani-me - per aver dato loro quel pane di Dio cheviene dal cielo, per la vita del mondo, di cui,"se qualcuno ne mangia, non morrà mai".Può alcuno immaginare che questa sia unadottrina del Nuovo Testamento, secondo cuiCristo è il "pane della vita?". Non vi è maistata, ne potrebbe esservi mai vita spiritualein qualunque anima, sin da quando ebbeinizio il mondo, o per lo meno sin dall'e-spulsione dall'Eden, che non sia nutrita e sostenuta dal continuo cibarsi dellafede del Figlio di Dio, "in cui (Dio) ritenne bene di far dimorare in lui tutta lapienezza" (Col. 1:19); poiché "tutti abbiamo ricevuto dalla sua pienezza perfinoimmeritata benignità sopra immeritata benignità" (Giov. 1:16). Paolo ci dice chela manna di cui si nutrirono gli Israeliti nel deserto fu per loro un tipo e un sim-bolo vivente del "pane della vita"; (1 Cor. 10:3), "e tutti mangiarono lo stessocibo spirituale". Ora, Clemente di Alessandria, a cui siamo ampiamente debitoriper tutte le scoperte che, in tempi moderni, sono state fatte in Egitto, ci assicuraespressamente che "nel loro carattere nascosto, gli enigmi degli Egiziani eranoMOLTO SIMILI A QUELLI DEI GIUDEI". Che gli iniziati pagani credessero effettiva-mente che il "grano" che Cerere aveva donato al mondo non fosse il "grano" diquesta terra, ma il Figlio divino per mezzo del quale soltanto può essere godutala vita spirituale ed eterna è chiaramente e decisivamente dimostrato. I Druidierano devoti adoratori di Cerere e come tali essi la celebravano nei loro poemimistici come "portatrice delle spighe del grano". Ora, ciò che segue è il raccontoche i Druidi forniscono della loro grande divinità sotto forma di "grano". Quelladivinità era rappresentata come se fosse incorsa, come primo evento, per unaragione o per l'altra, nel dispiacere di Cerere, fuggendo da lei con terrore. Nelsuo terrore, "egli prese la forma di un uccello e volò in aria". Quell'elemento nongli offrì alcun rifugio; poiché la Signora, sotto forma di sparviero, prevalse su dilui - essa stava proprio per ghermirlo. Rabbrividendo di paura, egli scorse unmucchio di grano pulito per terra, piombò in mezzo ad esso, ed assunse la formadi un singolo granello. Ceridwen (cioè la Cerere britannica) prese la forma diuna gallina nera, scese sul frumento, vi rovistò, lo trovò e lo divorò. E, comedice la storia, essa fu incinta di lui per nove mesi, e quando se ne liberò trovòche era divenuto un bimbo così grazioso che non ebbe il coraggio di ucciderlo".Qui è evidente che il chicco di grano è identificato espressamente con il

La spiga di grano in una medaglia.

Page 99: Libro Due Babilonie

110 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 110L e D u e B a b i l o n i eche il Signore Gesù diede alla donna che esclamò:"Felice il seno che ti ha portato e le mammelle che hai succhiate". Gesù risposee disse: "No piuttosto: felici quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono inpratica" (Luca 11:27,28). Non può esservi dubbio che questa risposta fu data dalpresciente Salvatore, per reprimere fin dal suo inizio ogni idea simile a quellaespressa da Liguori. Tuttavia quest'idea, che non è basata sulle Scritture, le qualiespressamente la ripudiano, era estesamente diffusa nel reame del paganesimo.Così troviamo una rappresentazione esattamente parallela nella mitologia indùriguardo al dio Siva e a sua moglie Kalì, quando quel dio era raffigurato comeun bambino. "Siva", dice il Linga Puran, "appariva come un infante in un cimi-tero, circondato da spiriti, e Kalì sua moglie, non appena lo scorse, lo prese e,accarezzandolo, gli diede il suo petto. Egli succhiò il nettare fluido; ma poichéegli si ADIRO' per poterlo distrarre e rabbonire, Kalì lo attaccò al suo seno e dan-zò con i folletti e i demoni lì presenti in mezzo ai morti fino a che egli non siplacò e ne fu deliziato; mentre Visnù, Brama, Indra e tutti gli dèi si inchinavano,lodando con cantici di lode il dio degli dèi Kal e Parvati". Kalì, in India, è la deadella distruzione; ma anche nel mito che riguarda questa dea di distruzione, hatrovato il suo ingresso il potere della dea madre nel placare il dio offeso. Se lastoria degli indù mostra il suo "dio degli dèi" in tale luce degradante, quanto piùonorevole è la storia papale al Figlio del Benedetto, quando lo rappresenta comese avesse bisogno d'essere placato da sua madre, la quale gli deve mostrare "ilpetto che egli ha succhiato". Tutto ciò è fatto solo per esaltare la madre, renden-dola più misericordiosa e compassionevole del suo glorioso figlio. Orbene, lastessa cosa accadeva a Babilonia e questa caratteristica della dea regina trovavaesatto riscontro nelle sue offerte preferite. Perciò, troviamo le donne di Giudarappresentate mentre bruciano incenso alla regina dei cieli e le versano libazioni,le offrono focacce" (Geremia 44:19). Le focacce erano il "sacrificio incruento"da lei richiesto. Quel "sacrificio incruento" non solo non era offerto dai suoiseguaci, ma quando erano ammessi ai misteri più profondi essi vi prendevanoparte giurandole rinnovata fedeltà. Nel quarto secolo, quando la regina dei cielicon il nome di Maria, cominciò ad essere adorata nella Chiesa Cristiana, vi fupure introdotto questo "sacrificio incruento". Epifanie afferma che la pratica dioffrirlo e di cibarsene ebbe inizio tra le donne d'Arabia e a quel tempo si sapevabene che era stata adottata dai pagani. La stessa forma del sacrificio incruento diRoma può indicare da dove proviene. Si tratta di una piccola sottile ostia roton-da e sulla sua rotondità la Chiesa di Roma ha posto tanta enfasi, per usare illinguaggio di John Knox al riguardo del dio-ostia: "Se, nel fare la rotondità ilcerchio si rompe, un altro dei pani riceve quell'onore che ne fa un dio e quelpezzo, o infranto miserabile pane, che una volta aveva nutrito la speranza diessere fatto dio, dev'essere dato a un bambino che ci giochi". Cosa può averindotto il papato a insistere tanto sulla "rotondità" del suo sacrificio incruento?Chiaramente nessun riferimento all'istituzione divina della Cena del Nostro Si-gnore poiché in tutti i racconti che ci sono pervenuti non è fatto riferimento al-cuno alla forma del pane che il Signore usò, quando lo benedisse, lo ruppe e lodiede ai suoi discepoli, dicendo: "Prendete, mangiate, questo è il mio corpo: fatequesto in memoria di me". Ne si può far riferimento ad alcuna delle disposizionirelative alla forma del pane pasquale dei Giudei; poiché su tale soggetto non vi ènei libri di Mosè alcuna disposizione. L'importanza, comunque, che Roma attri-buisce alla rotondità dell'ostia, deve avere un motivo e lo troveremo se osservia-

mo gli altari degli egiziani. "Il sottile, pane, rotondo", dice Wilkinson, " si trovasu tutti gli altari". Quasi ogni inezia nell'adorazione egiziana ha un significatosimbolico. Il disco rotondo così frequente nei sacri emblemi d'Egitto simboleg-giava il sole. Ora, quando Osiride, la divinità solare,si incarnò e nacque, non fusoltanto per dare la sua vita in sacrificio per gli uomini, ma affinchè fosse anchela vita e il nutrimento per le loro anime. E universalmente riconosciuto che Isideera il prototipo della Cerere greca e romana. Ma Cerere, dev'essere osservato,era adorata non semplicemente come la scopritrice del grano, ma pure come la"Madre del Grano". Il figlio da lei generato era Hi-Siri, "il seme" o, com'erachiamato più frequentemente in Assiria, "Bar", che significa sia "il figlio" che"il grano" (Fig. 37). I non iniziati potevano riverire Cerere per il dono del granomateriale per nutrire i loro corpi, ma gli iniziati l'adoravano per un dono piùelevato - per il cibo che nutriva le loro ani-me - per aver dato loro quel pane di Dio cheviene dal cielo, per la vita del mondo, di cui,"se qualcuno ne mangia, non morrà mai".Può alcuno immaginare che questa sia unadottrina del Nuovo Testamento, secondo cuiCristo è il "pane della vita?". Non vi è maistata, ne potrebbe esservi mai vita spiritualein qualunque anima, sin da quando ebbeinizio il mondo, o per lo meno sin dall'e-spulsione dall'Eden, che non sia nutrita e sostenuta dal continuo cibarsi dellafede del Figlio di Dio, "in cui (Dio) ritenne bene di far dimorare in lui tutta lapienezza" (Col. 1:19); poiché "tutti abbiamo ricevuto dalla sua pienezza perfinoimmeritata benignità sopra immeritata benignità" (Giov. 1:16). Paolo ci dice chela manna di cui si nutrirono gli Israeliti nel deserto fu per loro un tipo e un sim-bolo vivente del "pane della vita"; (1 Cor. 10:3), "e tutti mangiarono lo stessocibo spirituale". Ora, Clemente di Alessandria, a cui siamo ampiamente debitoriper tutte le scoperte che, in tempi moderni, sono state fatte in Egitto, ci assicuraespressamente che "nel loro carattere nascosto, gli enigmi degli Egiziani eranoMOLTO SIMILI A QUELLI DEI GIUDEI". Che gli iniziati pagani credessero effettiva-mente che il "grano" che Cerere aveva donato al mondo non fosse il "grano" diquesta terra, ma il Figlio divino per mezzo del quale soltanto può essere godutala vita spirituale ed eterna è chiaramente e decisivamente dimostrato. I Druidierano devoti adoratori di Cerere e come tali essi la celebravano nei loro poemimistici come "portatrice delle spighe del grano". Ora, ciò che segue è il raccontoche i Druidi forniscono della loro grande divinità sotto forma di "grano". Quelladivinità era rappresentata come se fosse incorsa, come primo evento, per unaragione o per l'altra, nel dispiacere di Cerere, fuggendo da lei con terrore. Nelsuo terrore, "egli prese la forma di un uccello e volò in aria". Quell'elemento nongli offrì alcun rifugio; poiché la Signora, sotto forma di sparviero, prevalse su dilui - essa stava proprio per ghermirlo. Rabbrividendo di paura, egli scorse unmucchio di grano pulito per terra, piombò in mezzo ad esso, ed assunse la formadi un singolo granello. Ceridwen (cioè la Cerere britannica) prese la forma diuna gallina nera, scese sul frumento, vi rovistò, lo trovò e lo divorò. E, comedice la storia, essa fu incinta di lui per nove mesi, e quando se ne liberò trovòche era divenuto un bimbo così grazioso che non ebbe il coraggio di ucciderlo".Qui è evidente che il chicco di grano è identificato espressamente con il

La spiga di grano in una medaglia.

99 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 99L e D u e B a b i l o n i eevidenza la somma di bestemmie contenute in questo linguaggio. Secondo ladottrina caldea, Semiramide, la moglie di Nino o Nimrod, quando fu elevata alrango di divinità con il nome di Regina dei cieli, venne adorata come abbiamovisto, come Giunone, la "colomba", in altre parole, lo Spirito Santo incarnato.Ora, quando suo marito, a causa della sua ribellione blasfema contro la maestàdel cielo fu stroncato, per un certo tempo ciò fu causa di tribolazione per lei. Iframmenti di storia antica che ci son pervenuti ci provvedono un racconto dellasua trepidazione e della sua fuga per salvarsi dai suoi avversari. Nelle favoledella mitologia, questa fuga fu rappresentata misticamente in accordo a ciò chefu attribuito a suo marito. I cantori della Grecia rappresentarono Bacco, sconfit-to dai suoi nemici, mentre si rifugiava nella profondità dell'oceano (vedi fig. 36)4. Così Omero dice:

"Su pel Sacro Nisseio egli di BaccoLe nutrici inseguìa. Dal rio percosseCon pungolo crudel, gittaro i TirsiTutte insieme, e fuggir: fuggì lo stessoBacco, e nel mar s'ascose, ove, del feroMinacciar di Ligurco paventoso,

Teti l'accolse" (Omero, Iliade, Libro VI,150-155)In Egitto, come abbiamo visto, Osiride, identifi-cato con Noè, era raffigurato, quand'era sopraf-fatto dal suo grande nemico Tifone, o il"Malvagio", mentre attraversava le acque. I poetirappresentano Semiramide mentre vive le suedifficoltà, e allo stesso modo cerca salvezza.Abbiamo già visto che, col nome di Astarte, sinarrava che fosse uscita dall'uovo meraviglioso

che galleggiava sulle acque dell'Eufrate. Ora Marsiglie narra nel suo “PoesieAstronomiché” che cosa la indusse a trovare rifugio in quelle acque. "Venere siimmerse nelle acque di Babilonia", egli dice, "per evitare la furia del Tifone, ilserpente provvisto di piedi". Quando Venere Urania, o Dionè, la "colomba cele-ste", si immerse con profondo abbattimento in queste acque di Babilonia, si de-ve osservare che, secondo la dottrina caldea, esse la sommersero. Ciò vuol direne più ne meno che lo Spirito Santo incarnato in profonde tribolazioni entrò intali acque e ciò allo scopo che tali acque potessero essere adatte, non solo comedimora temporanea del Messia ma attraverso lo Spirito Santo dare vita e rigene-razione, per mezzo del battesimo, agli adoratori della Madonna caldea.Abbiamo l'evidenza che le virtù purificatrici delle acque, che nell'idea paganaavevano tale efficacia nella purificazione dal peccato e per la rigenerazione del-l'anima, derivavano in parte dal passaggio del dio Mediatore, il dio sole e dio delfuoco, attraverso queste acque durante la sua umiliazione e soggiorno in mezzoad esse; e che il papato fino ad oggi mantiene la medesima abitudine che è sca-turita da tale convinzione. Per quanto riguarda il paganesimo, il seguente estrat-to da Potter e Ateneo parla abbastanza chiaramente: "Ogni persona", dicono,"che si recava ai solenni sacrifici (dei Greci) era purificata dall'acqua. A tal fine,all'ingresso dei templi vi era normalmente un recipiente pieno di acqua santa".Come otteneva tale acqua la sua santità? Quest'acqua "era consacrata" dice Ate-

Bacco rifugiatosi nelprofondo oceano.

neo "ponendo in essa una TORCIA ACCESA prelevata dall'altare". La torcia acce-sa era il preciso simbolo del dio del fuoco e mediante la luce di questa torcia,così indispensabile per consacrare l'acqua santa, possiamo facilmente vedere dadove proviene una gran parte della virtù purificatrice dell'acqua del mare chemuggisce, che era considerata così efficace nel purificare il peccato e la colpa,poiché anche il dio sole aveva trovato rifugio nelle sue acque. Orbene, lo stessometodo è usato nella chiesa di Roma per consacrare l'acqua del battesimo. Latestimonianza, che è al di sopra di ogni sospetto, del vescovo Hay non lasciadubbi al riguardo: "Essa" (l'acqua contenuta nel fonte battesimale) egli dice "èbenedetta la notte di Pentecoste poiché lo Spirito Santo conferisce alle acque delbattesimo il potere e l'efficacia di santificare le nostre anime e poiché il battesi-mo di Cristo è con lo spirito santo e con fuoco" (Mattò. 3:11). Per benedire leacque una torcia accesa è immersa nel fonte. Qui è chiaro che le acque rigene-ratrici di Roma sono consacrate proprio come lo erano le acque rigeneratrici epurificatrici dei pagani. Il vantaggio di ciò secondo il vescovo Hay a parte quel-lo di "rendere plausibile l'apostasia" e di purificare la superstizione, è tutto ciòche è fatto per "rappresentare il fuoco dell'amore divino, che è comunicato all'a-nima col battesimo, e la luce del buon esempio, che tutti coloro che sono battez-zati dovremmo dare". Questo è per rendere accettabile la faccenda, ma rimaneancora il fatto che mentre la dottrina romana relativa al battesimo è puramentepagana, nelle cerimonie connesse al battesimo papale uno dei riti essenziali del-l'antica adorazione del fuoco è ancora praticato fino ad oggi, proprio com'erapraticato dagli adoratori di Bacco, il Messia babilonese. Siccome Roma mantie-ne vivo il ricordo del dio del fuoco che passando attraverso le acque conferisceloro virtù, così, quando essa parla dello Spirito Santo che "soffre per noi nelbattesimo", in maniera simile commemora la parte che il paganesimo assegnavaalla dea babilonese quand'era immersa nelle acque. Il dolore di Bacco o Nimrod,il dolore di sua moglie in cui dimorava miracolosamente lo spirito santo era lostesso. I dolori della Madonna, quindi, quando in queste acque fuggì alla colleradi Tifone, erano le pene del parto mediante cui nacque a Dio un figlio. E così,anche nel lontano occidente, Chalchivitlycue, la dea delle acque messicana emadre di tutti i rigenerati, era rappresentata mentre purgava il bimbo neonato dalpeccato originale e lo "portava nuovamente nel mondo". Ora, lo spirito santo eraadorato in maniera idolatrica a Babilonia, sotto forma di una colomba. Con lastessa forma e con uguale idolatria, lo Spirito Santo è adorato in Roma. Quando,perciò, leggiamo in opposizione a ogni principio scritturale, che lo "spirito santosoffrì per noi nel battesimo", certamente è chiaro chi sia lo Spirito Santo che siintende realmente. Non è altri che Semiramide, la personificazione della lussuriae dell'impurità.

SEZIONE IIGIUSTIFICAZIONE MEDIANTE LE OPERE

Gli adoratori di Nimrod e della sua regina erano considerati come rigenerati epurgati dal peccato per mezzo del battesimo, il quale riceveva la sua virtù dallesofferenze di queste due grandi divinità babilonesi. Inoltre per quanto riguardala giustificazione, la dottrina caldea insegnava che era mediante le opere e i me-riti degli stessi uomini che essi potevano essere giustificati e accettati da Dio.Ciò che segue - tratto dai "Misteri Eleusini'' di Ouvaroff, commentati da Chri-

Page 100: Libro Due Babilonie

100 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 100L e D u e B a b i l o n i estie, mostra che le cose stavano così: "II Signor Ouvaroff ha avanzato l'idea se-condo cui uno dei grandi soggetti dei misteri era quello di presentare all'uomodecaduto il mezzo di ritornare a Dio. Questi mezzi erano le virtù catartiche (cioèle virtù mediante le quali il peccato è rimosso) mediante l'esercizio delle qualipoteva essere vinta la vita materiale. Secondo i misteri tale virtù erano chiamateTeletae, perfezioni, poiché si supponeva che inducessero a una perfezione divita. Coloro che erano purificati da esse erano chiamati Teloumenoi e Tetele-smenoi cioè, portati... alla perfezione", la quale dipendeva dagli sforzi indivi-duali. Nelle Metamorfosi di Apuleio, che era un iniziato ai misteri di Iside, tro-viamo semplificata la stessa dottrina delle azioni meritorie. Così la dea è rappre-sentata mentre narra all'eroe questa storia: "Se mostrerai di MERITARE la prote-zione della mia divinità mediante la tua diligente obbedienza, la devozione reli-giosa e un'inviolabile castità, riconoscerai che per me è possibile e per me sola,estendere la tua vita oltre i limiti che sono stati posti al tuo destino". Quando lostesso individuo aveva ricevuto la prova del supposto favore della divinità, gliastanti esprimevano così le loro congratulazioni: "Evviva, per Èrcole! E tré voltebenedetto sia colui che ha meritato, per la sua innocenza e la probità della suavita passata, tale speciale onore dai cieli". Così avveniva in vita. Alla morte, ilgrande passaporto per il mondo nascosto era ancora costituito dai meriti deglistessi uomini. "Quando i corpi delle persone di rango" (in Egitto), dice Wilkin-son, citando Portino "erano imbalsamati, si prendevano i loro intestini e si pone-vano in un vaso sul quale (dopo che erano stati compiuti alcuni altri riti per imorti) uno degli imbalsamatori pronunciava un'invocazione al sole in favore deldeceduto". La formula, secondo Eufanto che l'ha tradotta in greco dall'originale,era la seguente: "O tu. Sole, nostro Sovrano, Signore! e tutte le divinità che han-no dato vita all'uomo, ricevetemi e concedetemi una dimora con gli eterni dèi.Durante tutta la mia vita ho adorato scrupolosamente gli dèi che mio padre miha insegnato ad adorare, ho sempre onorato i miei genitori che hanno generatoquesto corpo, non ho ucciso nessuno, non ho defraudato nessuno, ne recato in-giuria ad alcun uomo". Così i meriti, l'obbedienza o l'innocenza dell'uomo eranola grande giustificazione. La dottrina di Roma relativa all'importante aspettodella giustificazione del peccatore è la stessa. Naturalmente ciò in se stesso pro-verebbe poco riguardo all'affiliazione dei due sistemi, il babilonese e il romano,poiché, dai giorni di Caino in poi, la dottrina dei meriti umani e dell'autogiustifì-cazione ha sempre trovato dimora nei cuori dell'umanità depravata. Ma la cosadegna di nota relativamente al soggetto in questione è, che nei due sistemi, essoera simboleggiato esattamente allo stesso modo. Nelle leggende papali vieneinsegnato che a San Michele, l'arcangelo, è stata affidata la bilancia della giusti-zia di Dio e che sui due piatti di essa vengono messi i meriti e i demeriti deidipartiti affinchè possano essere facilmente pesati e che se i meriti pesano piùdei demeriti, essi possono essere giudicati favorevolmente. Ora, la dottrina cal-dea della giustificazione, sulla quale riceviamo luce dai monumenti egiziani, èsimboleggiata in maniera identica: la bilancia della giustizia era affidata al dioAnubi invece che a San Michele Arcangelo. Poi le opere buone e quelle cattivesembra che fossero pesate separatamente, facendone una distinta registrazione,cosicché quando entrambe venivano sommate e pesate, era pronunciato il conse-guente giudizio. Wilkinson fornisce un racconto di una di queste scene di giudi-zio, precedente l'ammissione del morto in Paradiso: "Vi è Cerbero, guardianodelle porte, presso il quale è eretta la bilancia della giustizia, e Anubi, il direttore

della pesatura, che colloca un vaso rappresentante le buone azioni del defunto suuno dei piatti della bilancia e la figura o l'emblema della verità sull'altro, proce-de a verificare le richieste di questi che desidera essere ammesso. Se, dopo lapesatura, si trova insufficiente è respinto e Osiride, il giudice dei morti, inclinan-do il suo scettro di condanna, pronuncia il giudizio contro di lui e condanna lasua anima a ritornare alla terra in forma di maiale o di un altro animale impuro...Ma se, quando la somma delle sue opere è ricordata da Thot (che registra i risul-tati delle diverse pesate di Anubi) e le sue virtù PREDOMINANO ciò gli conferisceil diritto di essere ammesso alla dimora dei benedetti e Horo prendendo in manola tavoletta di Thot lo introduce alla presenza di Osiride che, nel suo palazzo,attende con Iside e Nefti, seduto sul suo trono in mezzo alle acque, da cui sorgeil loto che porta sui suoi fiori i quattro Geni o Amenti". La stessa maniera disimboleggiare la giustificazione mediante le opere era evidentemente in uso aBabilonia e perciò vi è una grande forza nella scritta sul muro da parte dellamano divina, quando fu pronunciata la condanna di Baldassarre: "Tekel", "Seistato pesato sulla bilancia e sei stato trovato mancante". Nel sistema dei Parsi,che è stato ampiamente tratto dalla Caldea, è pienamente sviluppato il principiodelle opere buone contro le cattive. "Si suppone che per tré giorni dopo la disso-luzione" dice Vaux nel suo "Ninive e Persepoli", provvedendo un racconto delladottrina dei Parsi relativa ai morti, "l'anima aleggi intorno alla sua casa d'argilla,sperando di riunirvisi; il quarto giorno, appare l'angelo Seroch e la conduce alponte di Cinevad. Su questa struttura che essi asseriscono colleghi il cielo allaterra, siede l'Angelo della giustizia che pesa le azioni dei mortali; quando pre-valgono le opere buone, l'anima si incontra sul ponte con una figura splendenteche dice: 'Io sono il tuo angelo buono, io ero puro in origine, ma le tue operebuone mi hanno reso più puro', e passando la sua mano sul collo dell'anima be-nedetta, la conduce in Paradiso. Se invece predominano le iniquità, l'anima siincontra con uno spettro mostruoso che gli grida: 'Io sono il tuo genio malvagio,ero impuro fin dal principio, ma le tue iniquità mi hanno reso più impuro; percausa tua rimarrò miserabile fino alla resurrezione'; l'anima peccatrice è quindicondotta all'inferno, dove Ariman siede e gli rinfaccia le sue nequizie". Questa èla dottrina del parsismo. Lo stesso vale per la Cina, dove il vescovo Hurd, rac-contando la descrizione cinese delle regioni infernali colle loro figure, dice:"Una di loro rappresenta sempre un peccatore su una coppia di piatti di bilancia,con le sue iniquità su di uno e le sue opere buone sull'altro". "Incontriamo diver-se di tali rappresentazioni" egli aggiunge "nella mitologia greca". Sir J. F. Daviscosì descrive l'operato del principio in Cina: "In un'opera sulla morale, chiamata''Meriti e Demeriti Esaminati", un uomo è tenuto a dar conto ogni giorno deidebiti e dei crediti a seconda delle azioni che ha compiuto e alla fine di ciascunanno gli viene addebitato il totale. Se la bilancia gli è favorevole, ciò serve comebase di una riserva di meriti per l'anno successivo; se gli è contraria, dev'esserecompensato dalle future opere buone. Sono provveduti vari elenchi e tavolecomparative delle azioni buone e cattive nei diversi aspetti della vita ed è incul-cata fortemente la benevolenza prima verso l'uomo e, secondariamente, verso lanatura. Causare la morte di qualcuno è considerato come cento punti di demeri-to, mentre un singolo atto caritatevole come un solo punto... Salvare la vita diuna persona corrisponde all'azione di toglierla ed è detto che quest'opera merito-ria prolunga la vita di una persona di dodici anni.Mentre tale forma di giustificazione è, da una parte, profondamente demoraliz-

109 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 109L e D u e B a b i l o n i esabato. Se la festa della settimana santa fosse effettivamente, come dichiarano isuoi riti, una delle più antiche festività di Saturno, un dio infernale, ma ancheForoneo, il grande Liberatore, sarebbe del tutto naturale che il dio dell'idolatriapapale, benché chiamato col nome di Cristo, sorgesse dai morti nel suo propriogiorno, il Dies Saturni o "giorno di Saturno". Il giorno prima è cantato il Misere-re con tale travolgente commozione che pochi possono ascoltarlo senza com-muoversi e molti perfino svengono per l'emozione che viene suscitata. Che direse non si trattasse solo che del fondo del vecchio canto di Lino, del cui carattereprofondamente toccante e malinconico parla Erodoto? Certo è che molto delpathos di quel Miserere dipende dalla parte d'esso che è cantata dalle soprano;ed è egualmente certo che Semiramide, la moglie di colui che, storicamente,diede origine a quel dio la cui morte era celebrata così pateticamente in moltipaesi, godeva fama d'essere stata l'inventrice della pratica da cui ebbe origine ilcanto da soprano.Ora le flagellazioni che costituiscono una parte importante delle penitenze chehanno luogo a Roma la sera del venerdì santo, costituivano similmente una parteimportante nei riti di quel dio del fuoco da cui il papato ha attinto così generosa-mente. Queste flagellazioni della "settimana di passione" messe in relazione conle altre cerimonie di quel periodo, aggiungono ulteriore testimonianza al realecarattere di quel dio di cui Roma celebra la morte e risurrezione. E meravigliosoconsiderare che, nello stesso luogo preminente di ciò che è chiamato la Cristia-nità Cattolica, i riti fondamentali che vengono rappresentati fino ad oggi sono imedesimi i riti degli antichi adoratori del fuoco caldei.

SEZIONE IIIIL SACRIFICIO DELLA MESSA

Se la rigenerazione battesimale, l'ordinanza di Roma per gli iniziati e la giustifi-cazione per mezzo delle opere, sono entrambe caldee, i principi incorporati nel"sacrificio incruento" della messa non lo sono di meno. Abbiamo l'evidenza chemostra l'origine babilonese dell'idea di quel "sacrificio incruento" in manieramolto chiara. Da Tacito apprendiamo che non era permesso offrire sangue sul-l'altare della Venere di Pafo. Le vittime erano impiegate per gli scopi degli Aru-spici, i cui presagi circa gli eventi potevano essere tratti dall'esame dell'interioradi tali vittime; ma gli altari della Venere pafiana dovevano essere tenuti puri dalsangue. Tacito mostra che l'Aruspice del tempio della Venere pafiana provenivadalla Cilicia a motivo della conoscenza dei suoi riti che potevano essere com-piuti appropriatamente secondo la supposta volontà della dea, avendo i Ciliciuna conoscenza particolare di tali riti. Ora, Tarso, capitale della Cilicia, fu co-struita da Sennacherib, il re Assiro, a espressa imitazione di Babilonia. La suareligione vi avrebbe naturalmente corrisposto e quando troviamo sacrifici in-cruenti a Cipro, i cui sacerdoti provenivano dalla Cilicia, ciò è, in se stesso, unforte indizio che il sacrificio incruento vi fosse giunto attraverso la Cilicia daBabilonia. Tale supposizione è grandemente suffragata quando troviamo in Ero-doto la particolare e abominevole istituzione babilonese di prostituire le verginiin onore di Mylitta, osservata anche a Cipro in onore di Venere. Ma la positivatestimonianza di Pausania porta tale supposizione alla certezza. "Vicino ad esso"dice lo storico parlando del tempio della Venere celeste che era in principio ado-rata dagli Assiri e dopo di questi dai pafiani di Cipro e dai Fenici che abitavano

la città di Ascalon in Palestina. Ma i Citerei veneravano questa dea avendo im-parato i suoi riti dai Fenici". La Venere assira, quindi - cioè la grande dea diBabilonia - e la Venere cipriota erano una sola e di conseguenza l'"incruento"altare della dea pafiana mostra la caratteristica della particolare adorazione delladea babilonese da cui essa derivava. A questo riguardo la dea regina della Cal-dea differiva da suo figlio, che era adorato fra le sue braccia. Egli era, comeabbiamo visto, rappresentato come se traesse diletto dal sangue. Ma lei, comemadre di grazia e di misericordia, come colomba celeste, come "speranza delmondo intero", era contraria al sangue ed era rappresentata in atteggiamentogentile e benigno. Appropriatamente a Babilonia essa portava il nome di Mylit-ta, cioè la "Mediatrice" 1.Chiunque legga la Bibbia e vede come espressamente essa dichiari che, come viè un solo Dio, così vi è "un solo mediatore fra Dio e l'uomo" (1 Tim. 2:5), simeraviglierà di come sia potuto entrare nella mente di alcuno di conferire a Ma-ria, come ha fatto la Chiesa di Roma, la prerogativa di "Mediatrice". Ma la pre-rogativa ascritta alla dea babilonese Mylitta lo spiega sufficientemente. In armo-nia a questa caratteristica di Mediatrice essa era chiamata Afrodite cioè "coleiche placa l'ira" che mediante il suo fascino avrebbe placato l'adirato Giove espesso i più aspri spiriti degli dèi o dell'uomo mortale. Ad Atene era chiamataAmarusia, cioè "la madre dell'accoglienza misericordiosa". A Roma era chiama-ta "la buona dea" ed i suoi misteri erano celebrati dalle donne con particolaresegretezza. In India la dea Laksmi, "la madre dell'universo", la consorte di Vi-snù è anche rappresentata in possesso di una disposizione gradevole e misericor-diosa; e tale attitudine è indicata nella stessa maniera come nel caso della deababilonese. "Nel corso delle feste di Lakshmi", dice Coleman "non venivanoofferti sacrifici cruenti". In Cina, i grandi dèi da cui dipendevano i destini finalidel genere umano, sono considerati nella mente popolare come oggetto di timo-re; ma la dea Kuanyn, la "dea della misericordia" nella quale i cinesi di Cantonriconoscono analogie con la vergine di Roma, è descritta con occhio compassio-nevole verso i peccatori e mediatrice per salvare le anime miserabili dai tormentiai quali sono stati condannati nel mondo degli spiriti. Perciò è considerata conparticolare favore dai cinesi. Questa caratteristica della dea madre si è evidente-mente irradiata dalla Caldea in tutte le direzioni. Orbene, in tal modo compren-diamo com'è accaduto che Roma rappresenta Cristo, "l'Agnello di Dio", mite emansueto di cuore, che non schiaccia la canna rotta e non estingue il lucignolofumante, che pronuncia parole di dolce incoraggiamento ad ogni penitente nelcordoglio, che piange su Gerusalemme che prega per i suoi assassini, come ungiudice severo e inflessibile, davanti al quale il peccatore "deve strisciare nellapolvere senza mai essere sicuro che le sue preghiere vengano ascoltate", mentreMaria è posta nella luce più attraente, come speranza dei peccatori, grande rifu-gio dei colpevoli; e com'è che di Cristo è detto che si è "riservato la giustizia e ilgiudizio", ma ha affidato tutta la misericordia a Sua Madre! Le maggiori operedi devozione di Roma sono pervase da questo stesso principio, esaltando lacompassione e la dolcezza della madre a spese del carattere amorevole del fi-glio. Così S. Alfonso Liguori dice ai suoi lettori che il peccatore che si azzarda arivolgersi direttamente a Cristo lo fa con timore e apprensione della sua ira; mase si avvale della mediazione della Vergine nei riguardi del Figlio, ed essa mo-stra a quel Figlio "le mammelle che ha succhiate" la sua ira si placa immediata-mente. Ma dove nella parola di Dio si trova tale idea? No di certo nella risposta

Page 101: Libro Due Babilonie

108 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 108L e D u e B a b i l o n i esabato. Se la festa della settimana santa fosse effettivamente, come dichiarano isuoi riti, una delle più antiche festività di Saturno, un dio infernale, ma ancheForoneo, il grande Liberatore, sarebbe del tutto naturale che il dio dell'idolatriapapale, benché chiamato col nome di Cristo, sorgesse dai morti nel suo propriogiorno, il Dies Saturni o "giorno di Saturno". Il giorno prima è cantato il Misere-re con tale travolgente commozione che pochi possono ascoltarlo senza com-muoversi e molti perfino svengono per l'emozione che viene suscitata. Che direse non si trattasse solo che del fondo del vecchio canto di Lino, del cui carattereprofondamente toccante e malinconico parla Erodoto? Certo è che molto delpathos di quel Miserere dipende dalla parte d'esso che è cantata dalle soprano;ed è egualmente certo che Semiramide, la moglie di colui che, storicamente,diede origine a quel dio la cui morte era celebrata così pateticamente in moltipaesi, godeva fama d'essere stata l'inventrice della pratica da cui ebbe origine ilcanto da soprano.Ora le flagellazioni che costituiscono una parte importante delle penitenze chehanno luogo a Roma la sera del venerdì santo, costituivano similmente una parteimportante nei riti di quel dio del fuoco da cui il papato ha attinto così generosa-mente. Queste flagellazioni della "settimana di passione" messe in relazione conle altre cerimonie di quel periodo, aggiungono ulteriore testimonianza al realecarattere di quel dio di cui Roma celebra la morte e risurrezione. E meravigliosoconsiderare che, nello stesso luogo preminente di ciò che è chiamato la Cristia-nità Cattolica, i riti fondamentali che vengono rappresentati fino ad oggi sono imedesimi i riti degli antichi adoratori del fuoco caldei.

SEZIONE IIIIL SACRIFICIO DELLA MESSA

Se la rigenerazione battesimale, l'ordinanza di Roma per gli iniziati e la giustifi-cazione per mezzo delle opere, sono entrambe caldee, i principi incorporati nel"sacrificio incruento" della messa non lo sono di meno. Abbiamo l'evidenza chemostra l'origine babilonese dell'idea di quel "sacrificio incruento" in manieramolto chiara. Da Tacito apprendiamo che non era permesso offrire sangue sul-l'altare della Venere di Pafo. Le vittime erano impiegate per gli scopi degli Aru-spici, i cui presagi circa gli eventi potevano essere tratti dall'esame dell'interioradi tali vittime; ma gli altari della Venere pafiana dovevano essere tenuti puri dalsangue. Tacito mostra che l'Aruspice del tempio della Venere pafiana provenivadalla Cilicia a motivo della conoscenza dei suoi riti che potevano essere com-piuti appropriatamente secondo la supposta volontà della dea, avendo i Ciliciuna conoscenza particolare di tali riti. Ora, Tarso, capitale della Cilicia, fu co-struita da Sennacherib, il re Assiro, a espressa imitazione di Babilonia. La suareligione vi avrebbe naturalmente corrisposto e quando troviamo sacrifici in-cruenti a Cipro, i cui sacerdoti provenivano dalla Cilicia, ciò è, in se stesso, unforte indizio che il sacrificio incruento vi fosse giunto attraverso la Cilicia daBabilonia. Tale supposizione è grandemente suffragata quando troviamo in Ero-doto la particolare e abominevole istituzione babilonese di prostituire le verginiin onore di Mylitta, osservata anche a Cipro in onore di Venere. Ma la positivatestimonianza di Pausania porta tale supposizione alla certezza. "Vicino ad esso"dice lo storico parlando del tempio della Venere celeste che era in principio ado-rata dagli Assiri e dopo di questi dai pafiani di Cipro e dai Fenici che abitavano

la città di Ascalon in Palestina. Ma i Citerei veneravano questa dea avendo im-parato i suoi riti dai Fenici". La Venere assira, quindi - cioè la grande dea diBabilonia - e la Venere cipriota erano una sola e di conseguenza l'"incruento"altare della dea pafiana mostra la caratteristica della particolare adorazione delladea babilonese da cui essa derivava. A questo riguardo la dea regina della Cal-dea differiva da suo figlio, che era adorato fra le sue braccia. Egli era, comeabbiamo visto, rappresentato come se traesse diletto dal sangue. Ma lei, comemadre di grazia e di misericordia, come colomba celeste, come "speranza delmondo intero", era contraria al sangue ed era rappresentata in atteggiamentogentile e benigno. Appropriatamente a Babilonia essa portava il nome di Mylit-ta, cioè la "Mediatrice" 1.Chiunque legga la Bibbia e vede come espressamente essa dichiari che, come viè un solo Dio, così vi è "un solo mediatore fra Dio e l'uomo" (1 Tim. 2:5), simeraviglierà di come sia potuto entrare nella mente di alcuno di conferire a Ma-ria, come ha fatto la Chiesa di Roma, la prerogativa di "Mediatrice". Ma la pre-rogativa ascritta alla dea babilonese Mylitta lo spiega sufficientemente. In armo-nia a questa caratteristica di Mediatrice essa era chiamata Afrodite cioè "coleiche placa l'ira" che mediante il suo fascino avrebbe placato l'adirato Giove espesso i più aspri spiriti degli dèi o dell'uomo mortale. Ad Atene era chiamataAmarusia, cioè "la madre dell'accoglienza misericordiosa". A Roma era chiama-ta "la buona dea" ed i suoi misteri erano celebrati dalle donne con particolaresegretezza. In India la dea Laksmi, "la madre dell'universo", la consorte di Vi-snù è anche rappresentata in possesso di una disposizione gradevole e misericor-diosa; e tale attitudine è indicata nella stessa maniera come nel caso della deababilonese. "Nel corso delle feste di Lakshmi", dice Coleman "non venivanoofferti sacrifici cruenti". In Cina, i grandi dèi da cui dipendevano i destini finalidel genere umano, sono considerati nella mente popolare come oggetto di timo-re; ma la dea Kuanyn, la "dea della misericordia" nella quale i cinesi di Cantonriconoscono analogie con la vergine di Roma, è descritta con occhio compassio-nevole verso i peccatori e mediatrice per salvare le anime miserabili dai tormentiai quali sono stati condannati nel mondo degli spiriti. Perciò è considerata conparticolare favore dai cinesi. Questa caratteristica della dea madre si è evidente-mente irradiata dalla Caldea in tutte le direzioni. Orbene, in tal modo compren-diamo com'è accaduto che Roma rappresenta Cristo, "l'Agnello di Dio", mite emansueto di cuore, che non schiaccia la canna rotta e non estingue il lucignolofumante, che pronuncia parole di dolce incoraggiamento ad ogni penitente nelcordoglio, che piange su Gerusalemme che prega per i suoi assassini, come ungiudice severo e inflessibile, davanti al quale il peccatore "deve strisciare nellapolvere senza mai essere sicuro che le sue preghiere vengano ascoltate", mentreMaria è posta nella luce più attraente, come speranza dei peccatori, grande rifu-gio dei colpevoli; e com'è che di Cristo è detto che si è "riservato la giustizia e ilgiudizio", ma ha affidato tutta la misericordia a Sua Madre! Le maggiori operedi devozione di Roma sono pervase da questo stesso principio, esaltando lacompassione e la dolcezza della madre a spese del carattere amorevole del fi-glio. Così S. Alfonso Liguori dice ai suoi lettori che il peccatore che si azzarda arivolgersi direttamente a Cristo lo fa con timore e apprensione della sua ira; mase si avvale della mediazione della Vergine nei riguardi del Figlio, ed essa mo-stra a quel Figlio "le mammelle che ha succhiate" la sua ira si placa immediata-mente. Ma dove nella parola di Dio si trova tale idea? No di certo nella risposta

101 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 101L e D u e B a b i l o n i estie, mostra che le cose stavano così: "II Signor Ouvaroff ha avanzato l'idea se-condo cui uno dei grandi soggetti dei misteri era quello di presentare all'uomodecaduto il mezzo di ritornare a Dio. Questi mezzi erano le virtù catartiche (cioèle virtù mediante le quali il peccato è rimosso) mediante l'esercizio delle qualipoteva essere vinta la vita materiale. Secondo i misteri tale virtù erano chiamateTeletae, perfezioni, poiché si supponeva che inducessero a una perfezione divita. Coloro che erano purificati da esse erano chiamati Teloumenoi e Tetele-smenoi cioè, portati... alla perfezione", la quale dipendeva dagli sforzi indivi-duali. Nelle Metamorfosi di Apuleio, che era un iniziato ai misteri di Iside, tro-viamo semplificata la stessa dottrina delle azioni meritorie. Così la dea è rappre-sentata mentre narra all'eroe questa storia: "Se mostrerai di MERITARE la prote-zione della mia divinità mediante la tua diligente obbedienza, la devozione reli-giosa e un'inviolabile castità, riconoscerai che per me è possibile e per me sola,estendere la tua vita oltre i limiti che sono stati posti al tuo destino". Quando lostesso individuo aveva ricevuto la prova del supposto favore della divinità, gliastanti esprimevano così le loro congratulazioni: "Evviva, per Èrcole! E tré voltebenedetto sia colui che ha meritato, per la sua innocenza e la probità della suavita passata, tale speciale onore dai cieli". Così avveniva in vita. Alla morte, ilgrande passaporto per il mondo nascosto era ancora costituito dai meriti deglistessi uomini. "Quando i corpi delle persone di rango" (in Egitto), dice Wilkin-son, citando Portino "erano imbalsamati, si prendevano i loro intestini e si pone-vano in un vaso sul quale (dopo che erano stati compiuti alcuni altri riti per imorti) uno degli imbalsamatori pronunciava un'invocazione al sole in favore deldeceduto". La formula, secondo Eufanto che l'ha tradotta in greco dall'originale,era la seguente: "O tu. Sole, nostro Sovrano, Signore! e tutte le divinità che han-no dato vita all'uomo, ricevetemi e concedetemi una dimora con gli eterni dèi.Durante tutta la mia vita ho adorato scrupolosamente gli dèi che mio padre miha insegnato ad adorare, ho sempre onorato i miei genitori che hanno generatoquesto corpo, non ho ucciso nessuno, non ho defraudato nessuno, ne recato in-giuria ad alcun uomo". Così i meriti, l'obbedienza o l'innocenza dell'uomo eranola grande giustificazione. La dottrina di Roma relativa all'importante aspettodella giustificazione del peccatore è la stessa. Naturalmente ciò in se stesso pro-verebbe poco riguardo all'affiliazione dei due sistemi, il babilonese e il romano,poiché, dai giorni di Caino in poi, la dottrina dei meriti umani e dell'autogiustifì-cazione ha sempre trovato dimora nei cuori dell'umanità depravata. Ma la cosadegna di nota relativamente al soggetto in questione è, che nei due sistemi, essoera simboleggiato esattamente allo stesso modo. Nelle leggende papali vieneinsegnato che a San Michele, l'arcangelo, è stata affidata la bilancia della giusti-zia di Dio e che sui due piatti di essa vengono messi i meriti e i demeriti deidipartiti affinchè possano essere facilmente pesati e che se i meriti pesano piùdei demeriti, essi possono essere giudicati favorevolmente. Ora, la dottrina cal-dea della giustificazione, sulla quale riceviamo luce dai monumenti egiziani, èsimboleggiata in maniera identica: la bilancia della giustizia era affidata al dioAnubi invece che a San Michele Arcangelo. Poi le opere buone e quelle cattivesembra che fossero pesate separatamente, facendone una distinta registrazione,cosicché quando entrambe venivano sommate e pesate, era pronunciato il conse-guente giudizio. Wilkinson fornisce un racconto di una di queste scene di giudi-zio, precedente l'ammissione del morto in Paradiso: "Vi è Cerbero, guardianodelle porte, presso il quale è eretta la bilancia della giustizia, e Anubi, il direttore

della pesatura, che colloca un vaso rappresentante le buone azioni del defunto suuno dei piatti della bilancia e la figura o l'emblema della verità sull'altro, proce-de a verificare le richieste di questi che desidera essere ammesso. Se, dopo lapesatura, si trova insufficiente è respinto e Osiride, il giudice dei morti, inclinan-do il suo scettro di condanna, pronuncia il giudizio contro di lui e condanna lasua anima a ritornare alla terra in forma di maiale o di un altro animale impuro...Ma se, quando la somma delle sue opere è ricordata da Thot (che registra i risul-tati delle diverse pesate di Anubi) e le sue virtù PREDOMINANO ciò gli conferisceil diritto di essere ammesso alla dimora dei benedetti e Horo prendendo in manola tavoletta di Thot lo introduce alla presenza di Osiride che, nel suo palazzo,attende con Iside e Nefti, seduto sul suo trono in mezzo alle acque, da cui sorgeil loto che porta sui suoi fiori i quattro Geni o Amenti". La stessa maniera disimboleggiare la giustificazione mediante le opere era evidentemente in uso aBabilonia e perciò vi è una grande forza nella scritta sul muro da parte dellamano divina, quando fu pronunciata la condanna di Baldassarre: "Tekel", "Seistato pesato sulla bilancia e sei stato trovato mancante". Nel sistema dei Parsi,che è stato ampiamente tratto dalla Caldea, è pienamente sviluppato il principiodelle opere buone contro le cattive. "Si suppone che per tré giorni dopo la disso-luzione" dice Vaux nel suo "Ninive e Persepoli", provvedendo un racconto delladottrina dei Parsi relativa ai morti, "l'anima aleggi intorno alla sua casa d'argilla,sperando di riunirvisi; il quarto giorno, appare l'angelo Seroch e la conduce alponte di Cinevad. Su questa struttura che essi asseriscono colleghi il cielo allaterra, siede l'Angelo della giustizia che pesa le azioni dei mortali; quando pre-valgono le opere buone, l'anima si incontra sul ponte con una figura splendenteche dice: 'Io sono il tuo angelo buono, io ero puro in origine, ma le tue operebuone mi hanno reso più puro', e passando la sua mano sul collo dell'anima be-nedetta, la conduce in Paradiso. Se invece predominano le iniquità, l'anima siincontra con uno spettro mostruoso che gli grida: 'Io sono il tuo genio malvagio,ero impuro fin dal principio, ma le tue iniquità mi hanno reso più impuro; percausa tua rimarrò miserabile fino alla resurrezione'; l'anima peccatrice è quindicondotta all'inferno, dove Ariman siede e gli rinfaccia le sue nequizie". Questa èla dottrina del parsismo. Lo stesso vale per la Cina, dove il vescovo Hurd, rac-contando la descrizione cinese delle regioni infernali colle loro figure, dice:"Una di loro rappresenta sempre un peccatore su una coppia di piatti di bilancia,con le sue iniquità su di uno e le sue opere buone sull'altro". "Incontriamo diver-se di tali rappresentazioni" egli aggiunge "nella mitologia greca". Sir J. F. Daviscosì descrive l'operato del principio in Cina: "In un'opera sulla morale, chiamata''Meriti e Demeriti Esaminati", un uomo è tenuto a dar conto ogni giorno deidebiti e dei crediti a seconda delle azioni che ha compiuto e alla fine di ciascunanno gli viene addebitato il totale. Se la bilancia gli è favorevole, ciò serve comebase di una riserva di meriti per l'anno successivo; se gli è contraria, dev'esserecompensato dalle future opere buone. Sono provveduti vari elenchi e tavolecomparative delle azioni buone e cattive nei diversi aspetti della vita ed è incul-cata fortemente la benevolenza prima verso l'uomo e, secondariamente, verso lanatura. Causare la morte di qualcuno è considerato come cento punti di demeri-to, mentre un singolo atto caritatevole come un solo punto... Salvare la vita diuna persona corrisponde all'azione di toglierla ed è detto che quest'opera merito-ria prolunga la vita di una persona di dodici anni.Mentre tale forma di giustificazione è, da una parte, profondamente demoraliz-

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102 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 102L e D u e B a b i l o n i ezante, non potrebbe mai esservi per mezzo d'essa, nell'intimo di alcun uomo lacui coscienza è desta, alcun solido sentimento di conforto o assicurazione circale sue prospettive di vita eterna. Chi potrebbe mai dire, per quanto bene possasupporre di aver compiuto, se la "somma delle sue buone azioni" controbilanci ono l'ammontare dei peccati e delle trasgressioni che la sua coscienza gli addebi-ta. Quant'è differente lo scritturale proposito di Dio della "giustificazione perfede" e "fede soltanto senza le opere della legge", che non tiene assolutamenteconto dei meriti umani, ma semplicemente e solamente della "giustizia di Cristoche è per tutti quelli che hanno fede", che libera una volta per sempre "da ognicondanna", quelli che accettano l'offerta del Salvatore e per fede sono uniti aLui. Non è volontà del nostro Padre Celeste che i suoi figli in questo mondorimangano nel dubbio e nelle tenebre circa l'argomento essenziale della lorosalvezza eterna. Anche un santo genuino indubbiamente può, per un certo tem-po, essere aggravato da diverse tentazioni, ma questo non è lo stato normale,naturale dei cristiani in buona salute spirituale, di uno che conosce la pienezza ela gratuità delle benedizioni del Vangelo della pace. Dio ha posto il fondamentopiù solido affinchè tutto il suo popolo possa dire, con Giovanni "Noi stessi ab-biamo conosciuto e abbiam creduto l'amore che ha Dio nel nostro caso" (1 Giov.4:16); o con Paolo: "Poiché sono convinto che ne morte, ne vita, ne angeli, negoverni, ne cose presenti, ne cose avvenire, ne potenze, ne altezze, ne profondi-tà, ne alcun altra cosa potrà separarci dall'amore di Dio che è in Cristo Gesùnostro Signore" (Rom. 8:38,39). Ma nessun uomo può mai dire che "può stabili-re la sua propria giustizia" (Rom. 10:3), e cercare in alcun modo di essere giusti-ficato dalle sue opere. Tale assicurazione, tale conforto, può provenire solamen-te da una semplice e credula fiducia nella libera, immeritata grazia di Dio, dataper mezzo di Cristo, l'impronunciabile dono del Padre d'amore. Fu questo chefece divenire lo spirito di Lutero, come egli stesso dichiarò, "libero come il fioredi un campo" quando, da solo, si recò alla dieta di Worms per confrontarsi contutti i prelati e i potentati ivi convenuti per condannare la dottrina che egli pro-pugnava. E stato questo che in ogni età ha consentito che i martiri si recasserocon sublime eroismo non solo alla prigione ma anche incontro alla morte. Èquesto che emancipa l'anima, restaura la vera dignità dell'umanità e stronca allaradice tutte le false pretese del sacerdozio. Solo questo può produrre una vita diobbedienza filiale, amorevole di cuore alla legge e ai comandamenti di Dio; eche, quando viene meno la natura, e quando si approssima il re dei terrori, rendecapace i poveri, colpevoli figli degli uomini, con un profondo senso di indegni-tà, di dire tuttavia: "O morte dov'è il tuo pungiglione? Sepolcro, dov'è la tuavittoria? Siano rese grazie a Dio che ci da la vittoria mediante Gesù Cristo, no-stro Signore" (1 Cor. 15:55, 57).Orbene, in ogni epoca sia i pagani che i papali non sono mai stati amici di taleconfidenza verso Dio, di tale assicurazione salvifica. Il loro grande obiettivo èsempre stato quello di tenere le anime dei loro seguaci lontane dal contatto diret-to e immediato con un Salvatore vivente e misericordioso e di conseguenza lon-tani dalla certezza del suo favore, al fine di ispirare il senso della necessità dellamediazione umana, così da porsi essi stessi sulle rovine delle speranze e dellafelicità del mondo. Considerando le pretese che il papato avanza con assolutainfallibilità e il potere soprannaturale che esso attribuisce alle funzioni dei suoipreti in relazione alla rigenerazione e al perdono dei peccati, si potrebbe anchesupporre, per amore della discussione, che tutti i suoi aderenti siano stati inco-

raggiati a gioire nella continua assicurazione della loro salvezza personale. Mala realtà è del tutto contraria. Dopo tutte le sue vanterie e pretese, è inculcato,come un dovere il perpetuo dubbio sul soggetto della salvezza dell'uomo allafine della sua vita; è dichiarato perentoriamente come articolo di fede dal Conci-lio di Trento, "che nessun uomo può sapere con certezza infallibile di fede seegli ABBIA OTTENUTO la grazia di Dio". Tale decreto di Roma, mentre è diretta-mente contrario alla Parola di Dio, porta impresso il marchio dell'impostura;poiché se nessun uomo che è stato rigenerato dal battesimo e che ha ricevutocosì l'assoluzione dai peccati non può ciò nonostante aver alcuna certezza dopotutto che "la grazia di Dio" gli sia stata conferita, qual è lo scopo del suo opusoperatum? Tuttavia nel cercare di mantenere i suoi seguaci nel continuo dubbioe nell'incertezza circa la loro sorte finale, essa è "saggia dopo la sua generazio-ne". Nel sistema pagano solo al sacerdote spettava di anticipare il risultato dellabilancia di Anubi e, nel confessionale, vi era di volta in volta una prova mimicadell'opprimente terrore che si sarebbe verificato alla fine nella scena del giudiziodinanzi al tribunale di Osiride. Ivi il sacerdote sedeva per giudicare le operebuone e quelle cattive dei suoi penitenti e, poiché il suo potere e la sua influenzasi fondavano in larga misura sul semplice principio della schiavitù del terrore,egli stava attento affinchè la bilancia generalmente pendesse nella direzione delmale, affinchè i penitenti fossero sempre più sottomessi alla sua volontà nel por-re il giusto ammontare di buone opere sull'altro piatto della bilancia. Poiché egliera il grande giudice circa quali dovessero essere queste opere, era suo interesseindicare ciò che egoisticamente gli avrebbe recato più vantaggio, sia di gloriache d'altro; e dovevano tanto essere pesati e contro pesati meriti e demeriti chedoveva esser sempre lasciato un debito non solo dall'uomo stesso, ma dai suoieredi. Se qualcuno si fosse permesso di credere anticipatamente d'essere assolu-tamente certo della gloria, il sacerdote poteva correre il rischio d'essere privatodi ciò che gli spettava dopo la morte di questi, una faccenda della quale guardar-si con estrema attenzione. Orbene, i preti di Roma hanno copiato sotto ogni a-spetto i sacerdoti di Anubi, il dio delle bilance. Nel confessionale, quando siprefiggono di ricavare qualcosa, essi fanno pesare abbondantemente i peccati ele trasgressioni e quindi, quando hanno a che fare con un uomo influente o po-tente o ricco non gli danno alcuna speranza, se prima egli non gli corrispondeuna certa quantità di denaro o per costruire un'abbazia o per altre che a loro inte-ressano. Nella famosa lettera di padre La Chaise, il confessore di Luigi XIV diFrancia, vi è la menzione del metodo che egli adottava per guadagnare il con-senso di quel monarca licenzioso, alla revoca dell'editto di Nantes, mediante ilquale furono inflitte crudeltà agli innocenti sudditi Ugonotti, dal quale vediamocome il timore della bilancia di S. Michele operasse nel recare i desiderati risul-tati: "Molte volte" narra l'erudito gesuita riferendosi ad un atroce peccato di cuiil re si era reso colpevole dopo molte volte, quando l'ebbi in confessione, fecirisuonare l'inferno nelle sue orecchie e prima di dargli l'assoluzione lo feci so-spirare, temere e tremare. Nonostante ciò mi resi conto che egli era ancora at-tratto da me e desiderava porsi sotto il mio dominio; così gli posi dinanzi la bas-sezza delle sue azioni e gli narrai l'intera storia di come egli fosse malvagio eche non sarebbe stato perdonato fino a che non avrebbe compiuto alcune buoneazioni tali da bilanciare quelle ed espiare il crimine. In conseguenza a ciò egliinfine mi chiese cosa avrebbe dovuto fare. Io gli dissi che avrebbe dovuto stron-care tutti gli eretici del suo regno. Questa era la "buona azione" da collocare

107 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 107L e D u e B a b i l o n i ebili che erano condannati a combattere in queste sanguinarie esibizioni general-mente non lo facevano di loro volontà.Tuttavia, il principio su cui erano condotti questi spettacoli era lo stesso cheaveva influenzato i profeti di Baal, infatti erano celebrati come sacrifici propi-ziatori. Da Fuss apprendiamo che "gli spettacoli di gladiatori erano sacri" a Sa-turno e in Ausonio leggiamo che "l'anfiteatro pretendeva per se stesso i suoigladiatori, quando alla fine di dicembre essi PROPIZIAVANO con il loro sangue ilfiglio del cielo". Giusto Lipsio che lo cita, fa il seguente commento: "Ovunqueosserverete due cose, che i gladiatori combattevano durante i Saturnali e che lofacevano allo scopo di propiziarsi Saturno". "La ragione di ciò", egli aggiunge,"supporrei che dipenda dal fatto che Saturno non è fra gli dèi celesti, ma fraquelli infernali. Plutarco nel suo libro di "Riassunti" dice che i Romani conside-ravano Cronos come un dio sotterraneo e infernale". Non può esserci dubbio checiò sia vicino alla verità, poiché il nome di Plutone è solo un sinonimo di Satur-no, "il nascosto". Ma tuttavia, alla luce della storia reale del Saturno storico,troviamo una ragione più soddisfacente per giustificare i barbari costumi checosì tanta vergogna gettarono sulla reputazione di Roma quando era signora delmondo, quando tali moltitudini di uomini erano "Macellati per far festa a Ro-ma".Quando ci si ricorda che lo stesso Saturno fu fatto a pezzi, è facile vedere comepoté sorgere l'idea di offrirgli per il suo compleanno un sacrificio di benvenutocostringendo degli uomini a farsi a pezzi l'un l'altro, per propiziarsi così il suofavore.La pratica di tali penitenze, quindi, da parte di quelli dei pagani che si automuti-lavano, aveva lo scopo di propiziare e di piacere al loro dio e così accumularsiun certo quantitativo di meriti che potessero parlare a loro favore sulla bilanciadi Anubi. Nel papato, le penitenze hanno lo scopo di rispondere allo stesso finee praticamente sono identiche. Non so, in realtà, se essi usino il coltello come isacerdoti di Baal, ma è certo che essi considerano il versamento del loro sanguecome la penitenza più meritoria che gli fa ottenere alto favore da Dio e cancellamolti peccati. Osservi il lettore i pellegrini di Longh Dergh, in Irlanda, strisciarecarponi sulle loro ginocchia nude sulle pietre aguzze e lasciare una traccia disangue dietro loro e dica ciò che in sostanza vi è di diverso fra tutto ciò e il ta-gliuzzarsi con dei coltelli. Per quanto riguarda la flagellazione, comunque, isostenitori del papato hanno letteralmente copiato la frusta di Osiride. Chiunqueha udito parlare dei Flagellanti che si frustano in pubblico durante le feste dellaChiesa Romana e che sono considerati santi della più bell'acqua. Nelle epocheprimitive del cristianesimo tali flagellazioni erano considerate squisitamente edesclusivamente pagane. Atenagora, uno dei primi apologisti cristiani, ridicoliz-zava i pagani che pensavano che il peccato potesse essere espiato, o Dio propi-ziato con tali mezzi. Ma ora, nelle altre sfere della gerarchia papale, tali pratichesono considerate come un mezzo privilegiato per ottenere il favore di Dio. Ilvenerdì santo, a Roma, a Madrid e in altre sedi principali dell'idolatria romana,moltitudini si radunano per osservare i santi flagellanti che si sferzano fino a farzampillare il sangue da ogni parte del loro corpo. Essi pretendono di far ciò inonore di Cristo, nella festa istituita proprio per commemorare la sua morte, pro-prio come gli adoratori di Osiride facevano la stessa cosa nel corso delle feste incui lo piangevano per la sua dipartita. Ma alcuno, anche dei cristiani meno illu-minati, può credere che l'esaltato Salvatore possa considerare tali riti un onore

per lui, i quali invece riversano disonore sul suo perfetto riscatto e mostrano cheil suo "preziosissimo sangue" ha bisogno d'aver aggiunta supplementare virtù daquel sangue versato dalle schiene di miserabili e malguidati peccatori? Tali of-ferte erano particolarmente appropriate nell'adorazione di Moloc, ma sono deltutto inadatte per il servizio di Cristo.Non è solo in un punto ma sotto molteplici aspetti che le cerimonie della"Settimana Santa", come essa è chiamata, richiamano alla memoria i riti delgrande dio babilonese. Più li osserviamo, più saremo colpiti dalle stupefacentirassomiglianze che sussistono tra esse e quelle osservate nelle feste egizianedelle lampade ardenti e le altre cerimonie degli adoratori del fuoco in diversecontrade. In Egitto la grande illuminazione aveva luogo oltre il sepolcro di Osi-ride a Sais. A Roma, nella "Settimana Santa" il sepolcro di Cristo è illuminatobrillantemente con ceri ardenti. A Creta, dov'è ritenuto vi sia la tomba di Giove,essa è oggetto d'adorazione da parte dei Cretesi. A Roma, se i devoti non adora-no il cosiddetto sepolcro di Cristo, essi adorano ciò che vi è in esso. Poiché vi èragione di credere che la festa pagana delle lampade ardenti fosse osservata incommemorazione degli antichi adoratori del fuoco, così vi è una cerimonia aRoma nella settimana di Pasqua che è inequivocabilmente un atto di adorazionedel fuoco; quando una croce di fuoco è posta all'adorazione di tutti. Tale cerimo-nia è così descritta dall'autrice di "Roma nel IXX secolo”: "L'effetto della crocefiammeggiante sospesa dalla cupola sulla confessione o tomba di S. Pietro, eraestremamente brillante nella notte. Essa era coperta da innumerevoli lampadeche avevano l'effetto di una fiamma di fuoco... L'intera chiesa era stipata da unavasta moltitudine di ogni classe e paese, dalla regalità ai più ignobili mendicanti,tutti miranti quest'unico obiettivo. In pochi minuti il Papa e tutti i suoi cardinalidiscesero in San Pietro e mentre le guardie svizzere tenevano sgombro il passag-gio, l'anziano pontefice...si prostrò in silente adorazione davanti alla CROCE DiFUOCO. Una lunga fila di Cardinali si inginocchiò davanti a lui e i loro splenden-ti abiti formavano uno stridente contrasto con l'umiltà della loro attitudine".Quale potrebbe essere più chiaro ed inequivocabile atto di adorazione del fuocodi questo? Ora vediamo ciò in relazione con il fatto dichiarato nel seguente e-stratto dalla stessa opera e come l'uno getta luce sull'altro: "Con il Venerdì Santoebbero inizio le nostre miserie. In questo giorno disastroso ci recammo primadelle nove alla cappella Sistina... e osservammo una processione guidata dagliordini inferiori del clero, seguita dai cardinali in abiti superbi, con in mano lun-ghe candele e in coda il Papa stesso che camminava sotto un baldacchino crèmi-si, a capo scoperto, portando l'ostia in un recipiente e poiché essa è, come si sa,la vera carne e sangue di Cristo, è portata dalla cappella Sistina attraverso le saleintermedie fino alla cappella paolina dove è deposta nel sepolcro preparato perriceverla, sotto l'altare... io non ho mai saputo che Cristo fosse sepolto prima dimorire, poiché, siccome la crocifissione non ebbe luogo fino al venerdì santo,sembra strano seppellirlo di giovedì. Il suo corpo, comunque, è posto nel sepol-cro, in tutte le chiese di Roma, dove il rito è praticato, il giovedì mattina, maesso vi rimane fino a sabato mezzogiorno quando, per alcune ragioni conosciuteda loro, si suppone che sia risorto dalla tomba fra le salve di cannone, il suonodelle trombe e lo scampanìo delle campane che erano state accuratamente legatesin dall'alba del venerdì santo per paura che il Diavolo potesse entrarvi". L'ado-razione della croce di fuoco del venerdì santo spiega quella che altrimenti sem-brerebbe una stranezza, cioè che Cristo è sepolto giovedì e risorge dai morti

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106 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 106L e D u e B a b i l o n i ebili che erano condannati a combattere in queste sanguinarie esibizioni general-mente non lo facevano di loro volontà.Tuttavia, il principio su cui erano condotti questi spettacoli era lo stesso cheaveva influenzato i profeti di Baal, infatti erano celebrati come sacrifici propi-ziatori. Da Fuss apprendiamo che "gli spettacoli di gladiatori erano sacri" a Sa-turno e in Ausonio leggiamo che "l'anfiteatro pretendeva per se stesso i suoigladiatori, quando alla fine di dicembre essi PROPIZIAVANO con il loro sangue ilfiglio del cielo". Giusto Lipsio che lo cita, fa il seguente commento: "Ovunqueosserverete due cose, che i gladiatori combattevano durante i Saturnali e che lofacevano allo scopo di propiziarsi Saturno". "La ragione di ciò", egli aggiunge,"supporrei che dipenda dal fatto che Saturno non è fra gli dèi celesti, ma fraquelli infernali. Plutarco nel suo libro di "Riassunti" dice che i Romani conside-ravano Cronos come un dio sotterraneo e infernale". Non può esserci dubbio checiò sia vicino alla verità, poiché il nome di Plutone è solo un sinonimo di Satur-no, "il nascosto". Ma tuttavia, alla luce della storia reale del Saturno storico,troviamo una ragione più soddisfacente per giustificare i barbari costumi checosì tanta vergogna gettarono sulla reputazione di Roma quando era signora delmondo, quando tali moltitudini di uomini erano "Macellati per far festa a Ro-ma".Quando ci si ricorda che lo stesso Saturno fu fatto a pezzi, è facile vedere comepoté sorgere l'idea di offrirgli per il suo compleanno un sacrificio di benvenutocostringendo degli uomini a farsi a pezzi l'un l'altro, per propiziarsi così il suofavore.La pratica di tali penitenze, quindi, da parte di quelli dei pagani che si automuti-lavano, aveva lo scopo di propiziare e di piacere al loro dio e così accumularsiun certo quantitativo di meriti che potessero parlare a loro favore sulla bilanciadi Anubi. Nel papato, le penitenze hanno lo scopo di rispondere allo stesso finee praticamente sono identiche. Non so, in realtà, se essi usino il coltello come isacerdoti di Baal, ma è certo che essi considerano il versamento del loro sanguecome la penitenza più meritoria che gli fa ottenere alto favore da Dio e cancellamolti peccati. Osservi il lettore i pellegrini di Longh Dergh, in Irlanda, strisciarecarponi sulle loro ginocchia nude sulle pietre aguzze e lasciare una traccia disangue dietro loro e dica ciò che in sostanza vi è di diverso fra tutto ciò e il ta-gliuzzarsi con dei coltelli. Per quanto riguarda la flagellazione, comunque, isostenitori del papato hanno letteralmente copiato la frusta di Osiride. Chiunqueha udito parlare dei Flagellanti che si frustano in pubblico durante le feste dellaChiesa Romana e che sono considerati santi della più bell'acqua. Nelle epocheprimitive del cristianesimo tali flagellazioni erano considerate squisitamente edesclusivamente pagane. Atenagora, uno dei primi apologisti cristiani, ridicoliz-zava i pagani che pensavano che il peccato potesse essere espiato, o Dio propi-ziato con tali mezzi. Ma ora, nelle altre sfere della gerarchia papale, tali pratichesono considerate come un mezzo privilegiato per ottenere il favore di Dio. Ilvenerdì santo, a Roma, a Madrid e in altre sedi principali dell'idolatria romana,moltitudini si radunano per osservare i santi flagellanti che si sferzano fino a farzampillare il sangue da ogni parte del loro corpo. Essi pretendono di far ciò inonore di Cristo, nella festa istituita proprio per commemorare la sua morte, pro-prio come gli adoratori di Osiride facevano la stessa cosa nel corso delle feste incui lo piangevano per la sua dipartita. Ma alcuno, anche dei cristiani meno illu-minati, può credere che l'esaltato Salvatore possa considerare tali riti un onore

per lui, i quali invece riversano disonore sul suo perfetto riscatto e mostrano cheil suo "preziosissimo sangue" ha bisogno d'aver aggiunta supplementare virtù daquel sangue versato dalle schiene di miserabili e malguidati peccatori? Tali of-ferte erano particolarmente appropriate nell'adorazione di Moloc, ma sono deltutto inadatte per il servizio di Cristo.Non è solo in un punto ma sotto molteplici aspetti che le cerimonie della"Settimana Santa", come essa è chiamata, richiamano alla memoria i riti delgrande dio babilonese. Più li osserviamo, più saremo colpiti dalle stupefacentirassomiglianze che sussistono tra esse e quelle osservate nelle feste egizianedelle lampade ardenti e le altre cerimonie degli adoratori del fuoco in diversecontrade. In Egitto la grande illuminazione aveva luogo oltre il sepolcro di Osi-ride a Sais. A Roma, nella "Settimana Santa" il sepolcro di Cristo è illuminatobrillantemente con ceri ardenti. A Creta, dov'è ritenuto vi sia la tomba di Giove,essa è oggetto d'adorazione da parte dei Cretesi. A Roma, se i devoti non adora-no il cosiddetto sepolcro di Cristo, essi adorano ciò che vi è in esso. Poiché vi èragione di credere che la festa pagana delle lampade ardenti fosse osservata incommemorazione degli antichi adoratori del fuoco, così vi è una cerimonia aRoma nella settimana di Pasqua che è inequivocabilmente un atto di adorazionedel fuoco; quando una croce di fuoco è posta all'adorazione di tutti. Tale cerimo-nia è così descritta dall'autrice di "Roma nel IXX secolo”: "L'effetto della crocefiammeggiante sospesa dalla cupola sulla confessione o tomba di S. Pietro, eraestremamente brillante nella notte. Essa era coperta da innumerevoli lampadeche avevano l'effetto di una fiamma di fuoco... L'intera chiesa era stipata da unavasta moltitudine di ogni classe e paese, dalla regalità ai più ignobili mendicanti,tutti miranti quest'unico obiettivo. In pochi minuti il Papa e tutti i suoi cardinalidiscesero in San Pietro e mentre le guardie svizzere tenevano sgombro il passag-gio, l'anziano pontefice...si prostrò in silente adorazione davanti alla CROCE DiFUOCO. Una lunga fila di Cardinali si inginocchiò davanti a lui e i loro splenden-ti abiti formavano uno stridente contrasto con l'umiltà della loro attitudine".Quale potrebbe essere più chiaro ed inequivocabile atto di adorazione del fuocodi questo? Ora vediamo ciò in relazione con il fatto dichiarato nel seguente e-stratto dalla stessa opera e come l'uno getta luce sull'altro: "Con il Venerdì Santoebbero inizio le nostre miserie. In questo giorno disastroso ci recammo primadelle nove alla cappella Sistina... e osservammo una processione guidata dagliordini inferiori del clero, seguita dai cardinali in abiti superbi, con in mano lun-ghe candele e in coda il Papa stesso che camminava sotto un baldacchino crèmi-si, a capo scoperto, portando l'ostia in un recipiente e poiché essa è, come si sa,la vera carne e sangue di Cristo, è portata dalla cappella Sistina attraverso le saleintermedie fino alla cappella paolina dove è deposta nel sepolcro preparato perriceverla, sotto l'altare... io non ho mai saputo che Cristo fosse sepolto prima dimorire, poiché, siccome la crocifissione non ebbe luogo fino al venerdì santo,sembra strano seppellirlo di giovedì. Il suo corpo, comunque, è posto nel sepol-cro, in tutte le chiese di Roma, dove il rito è praticato, il giovedì mattina, maesso vi rimane fino a sabato mezzogiorno quando, per alcune ragioni conosciuteda loro, si suppone che sia risorto dalla tomba fra le salve di cannone, il suonodelle trombe e lo scampanìo delle campane che erano state accuratamente legatesin dall'alba del venerdì santo per paura che il Diavolo potesse entrarvi". L'ado-razione della croce di fuoco del venerdì santo spiega quella che altrimenti sem-brerebbe una stranezza, cioè che Cristo è sepolto giovedì e risorge dai morti

103 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 103L e D u e B a b i l o n i ezante, non potrebbe mai esservi per mezzo d'essa, nell'intimo di alcun uomo lacui coscienza è desta, alcun solido sentimento di conforto o assicurazione circale sue prospettive di vita eterna. Chi potrebbe mai dire, per quanto bene possasupporre di aver compiuto, se la "somma delle sue buone azioni" controbilanci ono l'ammontare dei peccati e delle trasgressioni che la sua coscienza gli addebi-ta. Quant'è differente lo scritturale proposito di Dio della "giustificazione perfede" e "fede soltanto senza le opere della legge", che non tiene assolutamenteconto dei meriti umani, ma semplicemente e solamente della "giustizia di Cristoche è per tutti quelli che hanno fede", che libera una volta per sempre "da ognicondanna", quelli che accettano l'offerta del Salvatore e per fede sono uniti aLui. Non è volontà del nostro Padre Celeste che i suoi figli in questo mondorimangano nel dubbio e nelle tenebre circa l'argomento essenziale della lorosalvezza eterna. Anche un santo genuino indubbiamente può, per un certo tem-po, essere aggravato da diverse tentazioni, ma questo non è lo stato normale,naturale dei cristiani in buona salute spirituale, di uno che conosce la pienezza ela gratuità delle benedizioni del Vangelo della pace. Dio ha posto il fondamentopiù solido affinchè tutto il suo popolo possa dire, con Giovanni "Noi stessi ab-biamo conosciuto e abbiam creduto l'amore che ha Dio nel nostro caso" (1 Giov.4:16); o con Paolo: "Poiché sono convinto che ne morte, ne vita, ne angeli, negoverni, ne cose presenti, ne cose avvenire, ne potenze, ne altezze, ne profondi-tà, ne alcun altra cosa potrà separarci dall'amore di Dio che è in Cristo Gesùnostro Signore" (Rom. 8:38,39). Ma nessun uomo può mai dire che "può stabili-re la sua propria giustizia" (Rom. 10:3), e cercare in alcun modo di essere giusti-ficato dalle sue opere. Tale assicurazione, tale conforto, può provenire solamen-te da una semplice e credula fiducia nella libera, immeritata grazia di Dio, dataper mezzo di Cristo, l'impronunciabile dono del Padre d'amore. Fu questo chefece divenire lo spirito di Lutero, come egli stesso dichiarò, "libero come il fioredi un campo" quando, da solo, si recò alla dieta di Worms per confrontarsi contutti i prelati e i potentati ivi convenuti per condannare la dottrina che egli pro-pugnava. E stato questo che in ogni età ha consentito che i martiri si recasserocon sublime eroismo non solo alla prigione ma anche incontro alla morte. Èquesto che emancipa l'anima, restaura la vera dignità dell'umanità e stronca allaradice tutte le false pretese del sacerdozio. Solo questo può produrre una vita diobbedienza filiale, amorevole di cuore alla legge e ai comandamenti di Dio; eche, quando viene meno la natura, e quando si approssima il re dei terrori, rendecapace i poveri, colpevoli figli degli uomini, con un profondo senso di indegni-tà, di dire tuttavia: "O morte dov'è il tuo pungiglione? Sepolcro, dov'è la tuavittoria? Siano rese grazie a Dio che ci da la vittoria mediante Gesù Cristo, no-stro Signore" (1 Cor. 15:55, 57).Orbene, in ogni epoca sia i pagani che i papali non sono mai stati amici di taleconfidenza verso Dio, di tale assicurazione salvifica. Il loro grande obiettivo èsempre stato quello di tenere le anime dei loro seguaci lontane dal contatto diret-to e immediato con un Salvatore vivente e misericordioso e di conseguenza lon-tani dalla certezza del suo favore, al fine di ispirare il senso della necessità dellamediazione umana, così da porsi essi stessi sulle rovine delle speranze e dellafelicità del mondo. Considerando le pretese che il papato avanza con assolutainfallibilità e il potere soprannaturale che esso attribuisce alle funzioni dei suoipreti in relazione alla rigenerazione e al perdono dei peccati, si potrebbe anchesupporre, per amore della discussione, che tutti i suoi aderenti siano stati inco-

raggiati a gioire nella continua assicurazione della loro salvezza personale. Mala realtà è del tutto contraria. Dopo tutte le sue vanterie e pretese, è inculcato,come un dovere il perpetuo dubbio sul soggetto della salvezza dell'uomo allafine della sua vita; è dichiarato perentoriamente come articolo di fede dal Conci-lio di Trento, "che nessun uomo può sapere con certezza infallibile di fede seegli ABBIA OTTENUTO la grazia di Dio". Tale decreto di Roma, mentre è diretta-mente contrario alla Parola di Dio, porta impresso il marchio dell'impostura;poiché se nessun uomo che è stato rigenerato dal battesimo e che ha ricevutocosì l'assoluzione dai peccati non può ciò nonostante aver alcuna certezza dopotutto che "la grazia di Dio" gli sia stata conferita, qual è lo scopo del suo opusoperatum? Tuttavia nel cercare di mantenere i suoi seguaci nel continuo dubbioe nell'incertezza circa la loro sorte finale, essa è "saggia dopo la sua generazio-ne". Nel sistema pagano solo al sacerdote spettava di anticipare il risultato dellabilancia di Anubi e, nel confessionale, vi era di volta in volta una prova mimicadell'opprimente terrore che si sarebbe verificato alla fine nella scena del giudiziodinanzi al tribunale di Osiride. Ivi il sacerdote sedeva per giudicare le operebuone e quelle cattive dei suoi penitenti e, poiché il suo potere e la sua influenzasi fondavano in larga misura sul semplice principio della schiavitù del terrore,egli stava attento affinchè la bilancia generalmente pendesse nella direzione delmale, affinchè i penitenti fossero sempre più sottomessi alla sua volontà nel por-re il giusto ammontare di buone opere sull'altro piatto della bilancia. Poiché egliera il grande giudice circa quali dovessero essere queste opere, era suo interesseindicare ciò che egoisticamente gli avrebbe recato più vantaggio, sia di gloriache d'altro; e dovevano tanto essere pesati e contro pesati meriti e demeriti chedoveva esser sempre lasciato un debito non solo dall'uomo stesso, ma dai suoieredi. Se qualcuno si fosse permesso di credere anticipatamente d'essere assolu-tamente certo della gloria, il sacerdote poteva correre il rischio d'essere privatodi ciò che gli spettava dopo la morte di questi, una faccenda della quale guardar-si con estrema attenzione. Orbene, i preti di Roma hanno copiato sotto ogni a-spetto i sacerdoti di Anubi, il dio delle bilance. Nel confessionale, quando siprefiggono di ricavare qualcosa, essi fanno pesare abbondantemente i peccati ele trasgressioni e quindi, quando hanno a che fare con un uomo influente o po-tente o ricco non gli danno alcuna speranza, se prima egli non gli corrispondeuna certa quantità di denaro o per costruire un'abbazia o per altre che a loro inte-ressano. Nella famosa lettera di padre La Chaise, il confessore di Luigi XIV diFrancia, vi è la menzione del metodo che egli adottava per guadagnare il con-senso di quel monarca licenzioso, alla revoca dell'editto di Nantes, mediante ilquale furono inflitte crudeltà agli innocenti sudditi Ugonotti, dal quale vediamocome il timore della bilancia di S. Michele operasse nel recare i desiderati risul-tati: "Molte volte" narra l'erudito gesuita riferendosi ad un atroce peccato di cuiil re si era reso colpevole dopo molte volte, quando l'ebbi in confessione, fecirisuonare l'inferno nelle sue orecchie e prima di dargli l'assoluzione lo feci so-spirare, temere e tremare. Nonostante ciò mi resi conto che egli era ancora at-tratto da me e desiderava porsi sotto il mio dominio; così gli posi dinanzi la bas-sezza delle sue azioni e gli narrai l'intera storia di come egli fosse malvagio eche non sarebbe stato perdonato fino a che non avrebbe compiuto alcune buoneazioni tali da bilanciare quelle ed espiare il crimine. In conseguenza a ciò egliinfine mi chiese cosa avrebbe dovuto fare. Io gli dissi che avrebbe dovuto stron-care tutti gli eretici del suo regno. Questa era la "buona azione" da collocare

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104 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 104L e D u e B a b i l o n i esulla bilancia di San Michele L'Arcangelo per BILANCIARE il suo crimine. Il rè,malvagio com'era, -pur contro la sua volontà - consentì; la "buona azione" fufatta, gli "eretici" furono estirpati e il re fu assolto. Così il paganesimo e il papi-smo similmente "fanno mercato delle anime umane" (Riv. 18:13). Così, uno conla bilancia di Anubi, l'altro con la bilancia di S. Michele, corrispondono esatta-mente alla descrizione divina di Efraim nella sua apostasia: "Efraim è un mer-cante, la bilancia dell'inganno è nella sua mano" (Osea 12:7). L'Anubi degli egi-ziani era esattamente lo stesso del Mercurio dei greci, il "dio dei ladri". S. Mi-chele, nelle mani di Roma, gli corrisponde esattamente. Per mezzo suo e dellasua bilancia e della loro dottrina dei meriti umani, essi hanno fatto di ciò chechiamano la casa di Dio, nient'altro che un covo di ladri. Derubare gli uominidel loro denaro è male, ma infinitamente peggio è frodarli della loro anima.Nella bilancia di Anubi, gli antichi pagani, per garantirsi la giustificazione, do-vevano porre non semplicemente le opere cosiddette buone, ma opere di austeri-tà e di automortificazione inflitte alla loro persona per allontanare l'ira degli dei.La bilancia di S. Michele richiedeva inflessibilmente d'essere equilibrata allastessa maniera. I preti di Roma insegnano che quando il peccato è perdonato, lapunizione non si allontana così semplicemente. Per quanto perfetto possa essereil perdono che Dio può concedere per mezzo dei preti, tuttavia la punizione,grande o piccola, rimane incombente, affinchè gli uomini possano perseverare ecosì "soddisfare la giustizia di Dio". D'altra parte l'uomo non può fare nulla persoddisfare la giustizia di Dio, poiché per quella giustizia egli è indebitato senzasperanza, poiché egli non ha assolutamente "nulla con cui pagare"; e oltre a ciònon vi è nessun bisogno che egli tenti di pagare un centesimo, poiché, a favoredi coloro che credono. Cristo ha posto fine al peccato, rendendo ogni soddisfa-zione che possa essere richiesta dalla legge violata. Ma nonostante ciò Romainsiste che ogni uomo debba essere punito per i suoi peccati e che Dio non possaessere soddisfatto senza sospiri e lamenti, lacerazioni della carne, torture delcorpo e penitenze senza fine da parte dell'offensore, per quanto contrito nel cuo-re e affranto possa essere. Ora se ci rivolgiamo semplicemente alle Scritture,questa perversa esigenza di un'autotortura da parte di coloro per i quali Cristo hacompiuto una completa e perfetta espiazione, può sembrare estremamente stra-na, ma guardando la vera caratteristica del dio che il papismo ha posto per esse-re adorato dai suoi ingannati adoratori, troviamo che al riguardo non vi è nulladi strano. Quel dio è Moloc, il dio delle barbarie e del sangue. Moloc significa"re" e Nimrod fu il primo dopo il diluvio a violare il sistema patriarcale e a porsicome "re" sui suoi seguaci. Dal principio egli fu adorato come "rivelatore dibontà e verità", ma col passare del tempo la sua adorazione fu fatta corrisponde-re al suo carattere tenebroso. Il nome Moloc originariamente non suggeriva checrudeltà o terrore, ma adesso i ben noti riti associati a tal nome ne hanno fatto unsinonimo di tutto ciò che è rivoltante per il cuore dell'uomo e ne giustificanoampiamente la descrizione fatta da Milton:

"Prima Moloc, orrido re, imbrattato dal sangueDei sacrifici umani, e dalle lacrime dei genitori,Sebbene, per il clamore dei timpani e il suono dei tamburelli,Le grida dei loro figli rimangono inascoltate, mentre passano per ilfuocoDi questo orrido idolo".

Tale sanguinaria adorazione, "orrida crudeltà" legata a superstizione abiettariempiva non solo "i luoghi tenebrosi della terra", ma anche regioni che si vanta-no d'essere illuminate, come Grecia, Roma, Egitto, Fenicia, Britannia, che in unperiodo o nell'altro della loro storia, hanno adorato lo stesso dio e nella stessamaniera. Le vittime umane erano le sue offerte preferite; i gemiti umani e i la-menti erano la musica più dolce per le sue orecchie; si credeva che le torturedegli uomini deliziassero il suo cuore. La sua immagine recava come simbolo diMaestà una frusta come anche ne portavano i suoi adoratori e a certe sue festeera richiesto che si flagellassero senza misericordia. "Dopo le cerimonie delsacrificio" dice Erodoto parlando della festa di Iside a Busiris "si flagellano mol-te decine di migliaia di persone. In onore di chi si percuotono non mi è lecitodirlo"(Erodoto, libro 2, cap. 61, pag. 91). Tale riserva di Erodoto è dovuta senza dub-bio al giuramento da lui fatto in qualità di iniziato, ma ricerche successive nonlasciano dubbio circa il dio "in cui onore" avevano luogo le 'bastonature'. NellaRoma pagana gli adoratori di Iside osservavano la stessa pratica in onore di Osi-ride. In Grecia Apollo, il dio di Delo che era identico a Osiride1, era propiziatocon penitenze simili dai marinai che visitavano il suo santuario, come imparia-mo dalle seguenti righe di Callimaco nel suo inno a Delo:

"Non appena essi raggiungono i tuoi approdi, un volta giùDepongono ogni stanchezza e i loro equipaggiamenti,La nave è ormeggiata; ne l'equipaggio pensaDi abbandonare i tuoi limiti sacri, se prima non hannofatto dolorosa penitenza; con la pungente frustaSi sferzano per tré volte intorno al tuo altare".

Oltre alle frustate vi erano anche tagli e mutilazioni nella carne richiesti comeriti propiziatori da una parte dei suoi adoratori. "Nelle solenni celebrazioni deimisteri" dice Giulio Firmico, "ogni cosa doveva aver luogo e i giovani dovevanomorire come lui o soffrire per la sua morte". Osiride fu fatto a pezzi e perciò, perimitare il suo destino, ai suoi fedeli era richiesto che tagliassero e ferissero i lorocorpi. Perciò, quando i sacerdoti di Baal contesero con Elia, per ottenere il favo-re del loro dio ed indurlo a compiere il desiderato miracolo a loro favore, "essiinvocavano con quanto fiato avevano e si facevano incisioni secondo la loroabitudine con daghe e lance, finché si fecero uscire di dosso il sangue" (I Rè 18:28). In Egitto i nativi in generale, sebbene liberali nell'uso della frusta, sembrache fossero parsimoniosi in quello del coltello; ma anche qui vi erano uominiche imitavano sulla loro stessa persona lo smembramento di Osiride. "I Lariid'Egitto" dice Erodoto nel luogo che abbiamo già citato "fanno ciò ancora contanto maggior zelo degli altri in quanto si feriscono anche il viso con le spade".Non può esservi dubbio che nel comando della legge mosaica "non vi dovetefare tagli nella carne per un'anima deceduta" (Lev. 19:28) vi è una diretta allu-sione a questa pratica. Questi tagli nella carne erano praticati nell'adorazionedelle divinità indù, come riti propiziatori o penitenze meritorie. E risaputo cheessi fossero praticati nei riti di Bellona, la "sorella" o "moglie" del dio-guerrieroromano Marte, il cui nome, "Lamentatore di Bel" mostra chiaramente l'originedel dio a cui i romani erano così affezionati da far risalire a lui le loro origini.Erano praticati anche nelle forme più selvagge degli spettacoli di gladiatori, incui il popolo romano, con tutta la sua pretesa civiltà, si dilettava tanto. I misera-

105 R e v . A l e x a n d e r H i s l o p 105L e D u e B a b i l o n i esulla bilancia di San Michele L'Arcangelo per BILANCIARE il suo crimine. Il rè,malvagio com'era, -pur contro la sua volontà - consentì; la "buona azione" fufatta, gli "eretici" furono estirpati e il re fu assolto. Così il paganesimo e il papi-smo similmente "fanno mercato delle anime umane" (Riv. 18:13). Così, uno conla bilancia di Anubi, l'altro con la bilancia di S. Michele, corrispondono esatta-mente alla descrizione divina di Efraim nella sua apostasia: "Efraim è un mer-cante, la bilancia dell'inganno è nella sua mano" (Osea 12:7). L'Anubi degli egi-ziani era esattamente lo stesso del Mercurio dei greci, il "dio dei ladri". S. Mi-chele, nelle mani di Roma, gli corrisponde esattamente. Per mezzo suo e dellasua bilancia e della loro dottrina dei meriti umani, essi hanno fatto di ciò chechiamano la casa di Dio, nient'altro che un covo di ladri. Derubare gli uominidel loro denaro è male, ma infinitamente peggio è frodarli della loro anima.Nella bilancia di Anubi, gli antichi pagani, per garantirsi la giustificazione, do-vevano porre non semplicemente le opere cosiddette buone, ma opere di austeri-tà e di automortificazione inflitte alla loro persona per allontanare l'ira degli dei.La bilancia di S. Michele richiedeva inflessibilmente d'essere equilibrata allastessa maniera. I preti di Roma insegnano che quando il peccato è perdonato, lapunizione non si allontana così semplicemente. Per quanto perfetto possa essereil perdono che Dio può concedere per mezzo dei preti, tuttavia la punizione,grande o piccola, rimane incombente, affinchè gli uomini possano perseverare ecosì "soddisfare la giustizia di Dio". D'altra parte l'uomo non può fare nulla persoddisfare la giustizia di Dio, poiché per quella giustizia egli è indebitato senzasperanza, poiché egli non ha assolutamente "nulla con cui pagare"; e oltre a ciònon vi è nessun bisogno che egli tenti di pagare un centesimo, poiché, a favoredi coloro che credono. Cristo ha posto fine al peccato, rendendo ogni soddisfa-zione che possa essere richiesta dalla legge violata. Ma nonostante ciò Romainsiste che ogni uomo debba essere punito per i suoi peccati e che Dio non possaessere soddisfatto senza sospiri e lamenti, lacerazioni della carne, torture delcorpo e penitenze senza fine da parte dell'offensore, per quanto contrito nel cuo-re e affranto possa essere. Ora se ci rivolgiamo semplicemente alle Scritture,questa perversa esigenza di un'autotortura da parte di coloro per i quali Cristo hacompiuto una completa e perfetta espiazione, può sembrare estremamente stra-na, ma guardando la vera caratteristica del dio che il papismo ha posto per esse-re adorato dai suoi ingannati adoratori, troviamo che al riguardo non vi è nulladi strano. Quel dio è Moloc, il dio delle barbarie e del sangue. Moloc significa"re" e Nimrod fu il primo dopo il diluvio a violare il sistema patriarcale e a porsicome "re" sui suoi seguaci. Dal principio egli fu adorato come "rivelatore dibontà e verità", ma col passare del tempo la sua adorazione fu fatta corrisponde-re al suo carattere tenebroso. Il nome Moloc originariamente non suggeriva checrudeltà o terrore, ma adesso i ben noti riti associati a tal nome ne hanno fatto unsinonimo di tutto ciò che è rivoltante per il cuore dell'uomo e ne giustificanoampiamente la descrizione fatta da Milton:

"Prima Moloc, orrido re, imbrattato dal sangueDei sacrifici umani, e dalle lacrime dei genitori,Sebbene, per il clamore dei timpani e il suono dei tamburelli,Le grida dei loro figli rimangono inascoltate, mentre passano per ilfuocoDi questo orrido idolo".

Tale sanguinaria adorazione, "orrida crudeltà" legata a superstizione abiettariempiva non solo "i luoghi tenebrosi della terra", ma anche regioni che si vanta-no d'essere illuminate, come Grecia, Roma, Egitto, Fenicia, Britannia, che in unperiodo o nell'altro della loro storia, hanno adorato lo stesso dio e nella stessamaniera. Le vittime umane erano le sue offerte preferite; i gemiti umani e i la-menti erano la musica più dolce per le sue orecchie; si credeva che le torturedegli uomini deliziassero il suo cuore. La sua immagine recava come simbolo diMaestà una frusta come anche ne portavano i suoi adoratori e a certe sue festeera richiesto che si flagellassero senza misericordia. "Dopo le cerimonie delsacrificio" dice Erodoto parlando della festa di Iside a Busiris "si flagellano mol-te decine di migliaia di persone. In onore di chi si percuotono non mi è lecitodirlo"(Erodoto, libro 2, cap. 61, pag. 91). Tale riserva di Erodoto è dovuta senza dub-bio al giuramento da lui fatto in qualità di iniziato, ma ricerche successive nonlasciano dubbio circa il dio "in cui onore" avevano luogo le 'bastonature'. NellaRoma pagana gli adoratori di Iside osservavano la stessa pratica in onore di Osi-ride. In Grecia Apollo, il dio di Delo che era identico a Osiride1, era propiziatocon penitenze simili dai marinai che visitavano il suo santuario, come imparia-mo dalle seguenti righe di Callimaco nel suo inno a Delo:

"Non appena essi raggiungono i tuoi approdi, un volta giùDepongono ogni stanchezza e i loro equipaggiamenti,La nave è ormeggiata; ne l'equipaggio pensaDi abbandonare i tuoi limiti sacri, se prima non hannofatto dolorosa penitenza; con la pungente frustaSi sferzano per tré volte intorno al tuo altare".

Oltre alle frustate vi erano anche tagli e mutilazioni nella carne richiesti comeriti propiziatori da una parte dei suoi adoratori. "Nelle solenni celebrazioni deimisteri" dice Giulio Firmico, "ogni cosa doveva aver luogo e i giovani dovevanomorire come lui o soffrire per la sua morte". Osiride fu fatto a pezzi e perciò, perimitare il suo destino, ai suoi fedeli era richiesto che tagliassero e ferissero i lorocorpi. Perciò, quando i sacerdoti di Baal contesero con Elia, per ottenere il favo-re del loro dio ed indurlo a compiere il desiderato miracolo a loro favore, "essiinvocavano con quanto fiato avevano e si facevano incisioni secondo la loroabitudine con daghe e lance, finché si fecero uscire di dosso il sangue" (I Rè 18:28). In Egitto i nativi in generale, sebbene liberali nell'uso della frusta, sembrache fossero parsimoniosi in quello del coltello; ma anche qui vi erano uominiche imitavano sulla loro stessa persona lo smembramento di Osiride. "I Lariid'Egitto" dice Erodoto nel luogo che abbiamo già citato "fanno ciò ancora contanto maggior zelo degli altri in quanto si feriscono anche il viso con le spade".Non può esservi dubbio che nel comando della legge mosaica "non vi dovetefare tagli nella carne per un'anima deceduta" (Lev. 19:28) vi è una diretta allu-sione a questa pratica. Questi tagli nella carne erano praticati nell'adorazionedelle divinità indù, come riti propiziatori o penitenze meritorie. E risaputo cheessi fossero praticati nei riti di Bellona, la "sorella" o "moglie" del dio-guerrieroromano Marte, il cui nome, "Lamentatore di Bel" mostra chiaramente l'originedel dio a cui i romani erano così affezionati da far risalire a lui le loro origini.Erano praticati anche nelle forme più selvagge degli spettacoli di gladiatori, incui il popolo romano, con tutta la sua pretesa civiltà, si dilettava tanto. I misera-