Libro bianco sulla responsabilità ambientale

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Libro bianco sulla responsabilità ambientale COM(2000) 66 def. 9 febbraio 2000 (presentato dalla Commissione) Commissione europea Direzione generale Ambiente

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Libro biancosulla responsabilità ambientale

COM(2000) 66 def.

9 febbraio 2000

(presentato dalla Commissione)

★★

★★

★ ★ ★★★★

★★

Commissione europea

Direzione generale Ambiente

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Numerose altre informazioni sull’Unione europea sono disponibili su Internet via il server Europa (http://europa.eu.int).

Una scheda bibliografica figura alla fine del volume.

Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, 2000

ISBN 92-828-9181-X

© Comunità europee, 2000

Riproduzione autorizzata con citazione della fonte.

Printed in Italy

STAMPATO SU CARTA SBIANCATA SENZA CLORO

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Prefazione 5

Riepilogo 7

Allegato 9

1. Introduzione 11

1.1. Finalità del libro bianco 111.2. Struttura del libro bianco 111.3. Precedenti e contesto istituzionale 11

1.3.1. Il libro verde sul risarcimento dei danni all’ambiente 111.3.2. La posizione del Parlamento europeo 111.3.3. Il parere del Comitato economico e sociale 111.3.4. La decisione della Commissione di redigere un libro bianco 121.3.5. La posizione degli Stati membri 121.3.6. La procedura di consultazione 12

2. Che cos’è la responsabilità ambientale? 13

2.1. La finalità della responsabilità ambientale 132.2. I tipi di danni all’ambiente cui è applicabile la responsabilità ambientale 14

3. L’opportunità di un regime comunitario di responsabilità ambientale e i suoi possibili effetti 14

3.1. Attuare i principi chiave del trattato CE in materia ambientale 143.2. Garantire la decontaminazione e il ripristino dell’ambiente 143.3. Promuovere l’applicazione della normativa comunitaria sull’ambiente 143.4. Migliorare l’integrazione 143.5. Migliorare il funzionamento del mercato interno 153.6. Gli effetti prevedibili 15

4. Le possibili connotazioni di un regime CE di responsabilità ambientale 16

4.1. Irretroattività 164.2. L’ambito di applicazione del regime 16

4.2.1. I danni 164.2.2. Le attività 17

4.3. Il tipo di responsabilità, il tipo di difesa ammessa e l’onere della prova 184.4. Chi deve essere condiderato responsabile? 194.5. I criteri per i differenti tipi di danno 19

4.5.1. I danni alla biodiversità 194.5.2. I siti contaminati 214.5.3. Il danno tradizionale 214.5.4. Il nesso con la direttiva in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi 21

4.6. Garantire l’effettiva decontaminazione e il ripristino dell’ambiente 224.7. L’accesso alla giustizia 22

4.7.1. L’«approccio a due livelli»: lo Stato è responsabile in primis 224.7.2. L’urgenza (provvedimenti provvisori, costi dell’azione preventiva) 224.7.3. Garantire una competenza sufficiente e la riduzione al minimo dei costi non necessari 23

4.8. Il rapporto con le convenzioni internazionali 234.9. Le garanzie finanziarie 23

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INDICE

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5. Diverse opzioni per l’azione della Comunità 25

5.1. L’adesione della Comunità alla convenzione di Lugano 255.2. Un regime limitato ai danni transfrontalieri 255.3. Un’azione degli Stati membri indipendente ma guidata da una raccomandazione comunitaria 265.4. Una direttiva comunitaria 265.5. La responsabilità settoriale, in particolare nel campo delle biotecnologie 27

6. Sussidiarietà e proporzionalità 28

7. L’impatto economico in generale della responsabilità ambientale a livello comunitario 29

8. Conclusioni 31

Allegati 33

1. Studio dei sistemi di responsabilità civile a fronte di danni all’ambiente 332. Gli aspetti economici della responsabilità e dei sistemi comuni di risarcimento

a fronte dei danni all’ambiente 383. Responsabilità per danni ecologici e loro valutazione 484. Responsabilità per siti contaminati 515. Storia e sintesi dei contenuti della convenzione di Lugano 55

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PREFAZIONE

In questi giorni ci siamo confrontati con casi di gravi danni all’ambiente dovuti ad atti dell’uomo. Il re-cente incidente dell’Erika ha provocato una vasta contaminazione della costa francese e la morte dolorosae atroce di varie centinaia di migliaia di uccelli marini ed altri animali. Non è stato tuttavia assolutamen-te il primo caso di fuoruscita in mare di prodotti petroliferi con terribili conseguenze per l’ambiente. Al-cuni anni fa una catastrofe di diversa natura si è verificata nei pressi della riserva naturale di Doñana, nelsud della Spagna, quando la rottura di una diga contenente un volume cospicuo di acque tossiche ha cau-sato un danno enorme all’ambiente circostante, nonché a innumerevoli uccelli protetti. Questi ed altrieventi simili sollevano il problema di chi debba rifondere i costi sopportati per la bonifica dei luoghi e peril risarcimento dei danni. Spetta alla società nel suo complesso, in altre parole al contribuente, sosteneretali costi o spetta all’autore dell’inquinamento, sempreché esso possa essere individuato?

Anche per quanto riguarda i prodotti geneticamente modificati il pubblico si preoccupa seriamente dellepossibili incidenze sulla salute dell’uomo o degli eventuali effetti negativi sull’ambiente. Questi timorifanno invocare l’introduzione di una responsabilità per quanto riguarda i soggetti responsabili.

Un modo per garantire che venga posta maggiore attenzione al fine di evitare i danni all’ambiente è di fat-to quello di imporre una specifica responsabilità a carico del soggetto che svolge un’attività suscettibile dicausare danni di questo tipo. Ciò significa che, quando un’attività dia effettivamente luogo a danni, il sog-getto che ha il controllo dell’attività (l’operatore), cioè l’autore effettivo dell’inquinamento, dovrà pagarei costi per riparare il danno.

Questo libro bianco delinea la struttura di un futuro sistema di responsabilità comunitario per i danni al-l’ambiente mirato a realizzare il principio «Chi inquina paga». Esso descrive gli elementi essenziali affin-ché un sistema di questo tipo sia efficace e praticabile.

Il sistema proposto dovrebbe contemplare non soltanto le lesioni alle persone, i danni alle cose e la conta-minazione dei siti, ma anche i danni alla natura, in particolare a quelle risorse naturali particolarmente im-portanti sotto il profilo della conservazione della diversità biologica nella Comunità (ci si riferisce allearee e alle specie protette dalla rete Natura 2000). Finora infatti i regimi di responsabilità per danni al-l’ambiente vigenti nei singoli Stati membri dell’UE non si applicano a tale fattispecie.

La responsabilità per i danni alla natura è una precondizione affinché i soggetti economici si sentano re-sponsabili in quanto tali per i possibili effetti negativi delle loro attività sull’ambiente. Attualmente, glioperatori sembrano sentire tale responsabilità se è coinvolta la salute delle persone o la proprietà altrui —a tutela di questi beni o diritti esiste già una responsabilità per danni all’ambiente, variamente configurataa livello nazionale —, molto meno se il bene danneggiato è l’ambiente. Essi tendono a considerare l’am-biente «un bene pubblico» per il quale è responsabile la società nel suo complesso piuttosto che il sogget-to singolo che ha causato i danni all’ambiente. La responsabilità è un modo per far sì che le persone sia-no consapevoli di dover rendere conto delle possibili conseguenze delle loro azioni nei confronti della na-tura. Il mutamento di atteggiamento che ci si attende a seguito di tale iniziativa dovrebbe consentire un piùelevato livello di prevenzione e di precauzione.

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RIEPILOGO

Questo libro bianco esamina le varie possibilità di definire un regime di responsabilità per danni all’am-biente su scala comunitaria finalizzato a migliorare l’applicazione dei principi del trattato CE in materia diambiente e del diritto ambientale comunitario e, in ultima analisi, a garantire un adeguato, effettivo ripri-stino dell’ambiente. La decisione della Commissione del gennaio 1997 di elaborare un libro bianco è sta-ta preceduta da un libro verde della Commissione nel 1993, da un’audizione pubblica organizzata dal Par-lamento europeo e dalla Commissione nello stesso anno, da una risoluzione del Parlamento che chiedevauna direttiva CE e infine da un parere del Comitato economico e sociale nel 1994. Diversi Stati membri sisono espressi a favore di un intervento comunitario in questo campo, sottolineando la necessità di trattarela questione della responsabilità anche con riferimento alla questione degli organismi geneticamente mo-dificati (OGM). Nel corso della preparazione del libro bianco sono state consultate le parti interessate.

La responsabilità per danni all’ambiente obbliga l’autore del danno all’ambiente (colui che inquina) a pa-gare per rimediare al danno che ha causato. Tuttavia la responsabilità sussisterà effettivamente solo se gliautori dell’inquinamento posso essere identificati, se il danno è quantificabile, se può essere dimostrato illegame di causa-effetto tra azione ed evento. Il sistema non è quindi applicabile nel caso di inquinamentodiffuso dovuto a numerose cause. L’introduzione di un regime di responsabilità comunitario è motivatadalla volontà di migliorare l’applicazione dei principi fondamentali in materia di ambiente («Chi inquinapaga», prevenzione e precauzione) e delle attuali norme comunitarie in materia, dalla necessità di garanti-re la decontaminazione e il ripristino dell’ambiente e una migliore integrazione dell’ambiente nelle altrepolitiche settoriali e di migliorare il funzionamento del mercato interno. Il sistema di responsabilità tendead incentivare le imprese ad un comportamento più responsabile e ad esercitare quindi un effetto preven-tivo, anche se molto dipenderà dal contesto e dalle caratteristiche della relativa futura regolamentazione.

I principali elementi di un regime comunitario, che sono già stati tracciati, sono i seguenti: irretroattività(applicazione esclusivamente al danno futuro); copertura sia del danno all’ambiente (contaminazione delsito e danno alla biodiversità) che del danno nel senso tradizionale del termine (danno alle persone e allaproprietà); spettro di applicazione chiuso, correlato con la legislazione comunitaria per l’ambiente; la re-sponsabilità per la contaminazione dei siti e per i danni nel senso tradizionale del termine sussisterà sol-tanto se il pregiudizio sia stato causato da un’attività pericolosa o potenzialmente pericolosa regolamenta-ta su scala comunitaria; la responsabilità per danni alla biodiversità sussisterà soltanto nel caso riguardi zo-ne protette di cui alla rete Natura 2000; responsabilità oggettiva per il danno causato da attività intrinse-camente pericolose, responsabilità per colpa per il danno alla biodiversità causato da un’attività non peri-colosa (1); attività di difesa limitata a quella comunemente ammissibile; attenuazione dell’onere della pro-va per l’attore e possibilità di difesa secondo principi di equità per il convenuto; responsabilità principaledel soggetto che ha il controllo materiale sull’attività che ha causato il danno; individuazione di criteri perla valutazione e l’«amministrazione» dei diversi tipi di danno; obbligo di destinare le somme rifuse dal-l’autore dell’inquinamento al ripristino dell’ambiente; ampliamento delle possibilità di accesso alla giusti-zia nel caso di danni all’ambiente; coordinamento con le convenzioni internazionali; garanzia finanziariaper responsabilità potenziali, in collegamento con i mercati.

Sono state presentate e valutate diverse opzioni per l’azione comunitaria: l’adesione della Comunità allaconvenzione di Lugano del Consiglio d’Europa; un regime che copra esclusivamente il danno transfronta-liero; una raccomandazione della Comunità per orientare l’azione degli Stati membri; una direttiva dellaComunità; un regime settoriale per la biotecnologia. Per ciascuna opzione esistono ovviamente argomentia favore e argomenti contrari: la soluzione della direttiva comunitaria si configura come l’opzione più coe-rente. Un’iniziativa comunitaria in questo settore si fonda sui principi di sussidiarietà e di proporzionalitàe su altre ragioni come la non idoneità di regimi nazionali distinti a disciplinare tutti gli aspetti del dannoall’ambiente, l’effetto di integrazione derivante dalla comune attuazione di norme di diritto comunitario ela flessibilità di un regime-cornice comunitario che fissi gli obiettivi e i risultati lasciando agli Stati mem-

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(1) Cfr. la presentazione schematica del possibile campo di applicazione del regime nell’allegato al presente riepilogo.

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bri la scelta dei mezzi e degli strumenti per realizzarli. L’impatto di un sistema di responsabilità comuni-tario sulla competitività esterna dell’industria europea dovrebbe essere limitato. L’esame dei dati sui regi-mi di responsabilità esistenti indica che il loro impatto sulla competitività delle industrie nazionali non èstato sproporzionato. Sono stati studiati gli effetti sulle PMI e sul settore dei servizi finanziari nonchél’importante questione dell’assicurabilità degli elementi principali del sistema. Per essere efficace un si-stema di responsabilità giuridica presuppone valide garanzie finanziarie basate sulla trasparenza e sullacertezza del diritto in materia di responsabilità. Il sistema dovrebbe essere configurato in modo da ridurreal minimo i costi di transazione.

Il libro bianco conclude che la soluzione più opportuna sarebbe una direttiva quadro che introduca la re-sponsabilità oggettiva per i danni causati da attività pericolose regolamentate a livello comunitario, conpossibilità di difesa per il caso di danno tradizionale e di danno all’ambiente e di responsabilità per col-pa per i danni alla biodiversità causati da attività non pericolose. Gli elementi di dettaglio di tale diret-tiva saranno meglio definiti in futuro alla luce delle future consultazioni. Le istituzioni dell’Unione eu-ropea e le parti interessate sono invitate ad esaminare il libro bianco e a presentare le loro osservazionientro il 1º luglio 2000.

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ALLEGATO

POSSIBILE CAMPO DI APPLICAZIONE DI UN SISTEMA COMUNITARIO DI RESPONSABILITÀ AMBIENTALE

Attività pericolose epotenzialmente pericoloseregolamentate dal dirittocomunitario in materia diambiente

Danno tradizionale(danno alle persone ealle cose)

Responsabilità oggettiva

Siti contaminati

Danni alla biodiversità(risorse naturali protette nellezone della rete Natura 2000)

Attivitànon pericolose

Responsabilità oggettiva

Responsabilità oggettiva

Responsabilitàper colpa

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Secondo l’articolo 174, paragrafo 2, del tratta-to CE:

«La politica della Comunità in materia am-bientale (…) è fondata sui principi della pre-cauzione e dell’azione preventiva, sul principiodella correzione, anzitutto alla fonte, dei dannicausati all’ambiente, nonché sul principio “Chiinquina paga”».

Questo libro bianco intende esaminare come ilprincipio «Chi inquina paga» possa meglio ser-vire gli obiettivi della politica comunitaria perl’ambiente, fermo restando che la sua finalitàprincipale è quella di evitare i danni all’am-biente.

Su queste premesse il documento analizza co-me configurare in modo ottimale un regime co-munitario di responsabilità per danni all’am-biente onde migliorare l’applicazione dei prin-cipi del trattato CE in materia di ambiente egarantire il risanamento dei danni ambientali.Il libro bianco cerca di individuare inoltre inquale maniera un regime comunitario di re-sponsabilità ambientale possa migliorare l’ap-plicazione della vigente normativa comunitariain materia di ambiente ed esamina i possibilieffetti economici di tale azione da parte dellaComunità.

La parte introduttiva contiene, nelle sezioni 1 e2, alcune informazioni sui precedenti e unaspiegazione delle finalità della responsabilitàambientale. Segue, nella sezione 3, un’esposi-zione delle ragioni di un regime comunitario diresponsabilità ambientale. La sezione 4 contie-ne i possibili tratti di un regime comunitario,mentre alla sezione 5 sono esaminate e con-frontate opzioni diverse per attuare tale regime.La sezione 6 esamina la questione nell’otticadei principi di sussidiarietà e di proporzionalitàe la sezione 7 valuta l’impatto economico di unregime CE di responsabilità ambientale. Nellasezione 8, infine, si traggono le conclusioni esi indicano le prossime tappe dell’iniziativa.

1.3. PRECEDENTI E CONTESTO ISTITUZIONALE

1.3.1. Il libro verde sul risarcimento dei danni all’ambiente

Nel maggio 1993 la Commissione ha pubblica-to il libro verde sul risarcimento dei danni al-l’ambiente (2). Oltre 100 osservazioni sono sta-te presentate da parte degli Stati membri, del-l’industria, di gruppi ambientalisti e di altreparti interessate, seguite da continue consulta-zioni. Nel novembre 1993 il Parlamento e laCommissione hanno tenuto un’audizione pub-blica congiunta.

1.3.2. La posizione del Parlamento europeo

Nell’aprile 1994 il Parlamento europeo haadottato una risoluzione in cui invitava laCommissione a presentare una proposta di di-rettiva relativa alla regolamentazione della re-sponsabilità per (futuri) danni all’ambiente (3).In quella risoluzione, il Parlamento ha applica-to per la prima volta l’articolo 192, paragrafo 2(ex articolo 138 B, paragrafo 2), del trattatoCE, che gli attribuisce il diritto di chiedere allaCommissione di presentare proposte legislati-ve. Da allora, il Parlamento ha sollevato laquestione della responsabilità ambientale in di-verse occasioni, quali la presentazione del pro-gramma annuale di lavoro della Commissione,in sede di interrogazione parlamentare e in let-tere alla Commissione.

Nel suo questionario per l’audizione dei com-missari designabili, il Parlamento ha sollevatonuovamente la questione e ha ribadito l’urgen-te necessità di una legislazione comunitaria inquesto campo, sottolineando in particolare l’e-sigenza di inserire disposizioni comunitariesulla responsabilità nella normativa in vigorein materia di biotecnologia.

1.3.3. Il parere del Comitato economico e sociale

Il 23 febbraio 1994 il Comitato economico esociale ha formulato un parere dettagliato sullibro verde, in cui veniva sostenuta l’azione

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(2) Comunicazione del 14 maggio 1993 [COM(93) 47 def.] presenta-ta al Consiglio, al Parlamento e al Comitato economico e sociale.

(3) Risoluzione del 20 aprile 1994 (GU C 128 del 9.5.1994).

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1. INTRODUZIONE

1.1. FINALITÀ DEL LIBRO BIANCO

1.2. STRUTTURA DEL LIBRO BIANCO

1.3. PRECEDENTI E CONTESTO ISTITUZIONALE

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della Comunità in materia di responsabilità perdanni all’ambiente e suggerita l’adozione diuna direttiva quadro sulla base degli articoli174 e 175 (ex articoli 130 R e 130 S) del trat-tato (4).

1.3.4. La decisione della Commissione di redigereun libro bianco

A seguito di un dibattito orientativo tenutosi il29 gennaio 1997, la Commissione, tenendoconto della necessità di rispondere alla risolu-zione del Parlamento europeo del 1994 chechiedeva un’azione da parte della Comunità,ha deciso che dovesse essere redatto un librobianco sulla responsabilità ambientale (5).

1.3.5. La posizione degli Stati membri

Alcuni Stati membri hanno espresso, in viaformale o informale, parere favorevole all’a-zione della Comunità in materia di responsabi-lità ambientale in generale (Austria, Belgio,Finlandia, Grecia, Lussemburgo, Paesi Bassi,Portogallo e Svezia); si sa che diversi Statimembri attendono le proposte della Commis-sione prima di avviare una legislazione nazio-nale in materia, specialmente nei campi dellaresponsabilità per danni alla biodiversità. Inol-tre, l’Austria, il Belgio, la Finlandia, la Germa-nia, i Paesi Bassi, la Spagna e la Svezia hannorecentemente dichiarato in sede di Consiglio disostenere l’intenzione della Commissione, nelcontesto del libro bianco sulla responsabilità incorso di redazione, di valutare la questione del-la responsabilità per i danni sull’ambiente inconnessione con la liberalizzazione del com-mercio degli OGM. Recentemente, il RegnoUnito ha chiesto alla Commissione di esamina-re in via prioritaria la fattibilità e i criteri peruno o più regimi di responsabilità che si possa-no estendere al campo di rilascio e della com-mercializzazione degli OGM. Le posizioni de-gli altri Stati membri non sono ancora chiare.

1.3.6. La procedura di consultazione

Durante la redazione del libro bianco sono sta-te effettuate consultazioni con esperti indipen-denti provenienti dai vari Stati membri, conesperti nazionali degli Stati membri e con irappresentanti dei settori interessati. Molti diessi hanno inviato anche osservazioni scritte sudocumenti di lavoro informali loro sottoposti.Le opinioni sono state abbastanza differenzia-te, tra l’altro anche in merito alla stessa neces-sità di un’azione da parte della Comunità. Unasintesi delle osservazioni delle parti interessateè disponibile a richiesta.

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(4) Parere del Comitato economico e sociale del 23 febbraio 1994(CES 226/94).

(5) Sono stati condotti quattro studi mirati all’elaborazione di unapolitica comunitaria in questo settore, studi che sono disponibiliper il pubblico. I sommari di questi studi figurano in questa pub-blicazione (allegati 1–4).

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La regolamentazione in materia di ambientestabilisce norme e procedure mirate a tutelarel’ambiente. In assenza di una specifica respon-sabilità, l’inosservanza delle norme e delle pro-cedure vigenti può semplicemente determinarel’applicazione di sanzioni penali o amministra-tive. Per contro, introducendo tale responsabi-lità nella normativa in materia di ambiente, ipotenziali autori dell’inquinamento rischianodi pagare gli interventi di ripristino o il risarci-mento dei danni che hanno causato.

La responsabilità ambientale non costituisce unrimedio a tutti i tipi di danni all’ambiente. Perla sua efficacia:

• vi devono essere uno (o più) soggetti identi-ficabili (chi inquina);

• il danno deve essere concreto e quantificabile;

• deve essere accertato il nesso di causa-effet-to tra l’evento dannoso e il soggetto identifi-cato come suo autore.

La responsabilità può essere quindi invocata,ad esempio, nei casi in cui il danno derivi daincidenti industriali o da un inquinamento gra-duale dovuto al rilascio nell’ambiente di so-stanze o rifiuti pericolosi da fonti identificabili.

Per contro, la responsabilità non è uno stru-mento adeguato nel caso di inquinamento dif-fuso e su vasta scala, ove sia impossibile stabi-lire un nesso causale tra le attività di singolisoggetti e gli effetti negativi sull’ambiente. Cisi riferisce ad esempio ai cambiamenti climati-ci determinati dalle emissioni di CO2 e di altresostanze, alla morte delle foreste a causa dellepiogge acide e all’inquinamento atmosfericocausato dal traffico.

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2. CHE COS’È LA RESPONSABILITÀAMBIENTALE?

2.1. LA FINALITÀ DELLA RESPONSABILITÀ AMBIENTALE

La responsabilità ambientale è finalizzata adobbligare chi causa danni all’ambiente (coluiche inquina) a pagare per rimediare ai dannicausati.

2.2. I TIPI DI DANNI ALL’AMBIENTE CUI È

APPLICABILE LA RESPONSABILITÀ AMBIENTALE

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3. L’OPPORTUNITÀ DI UN REGIMECOMUNITARIO DI RESPONSABILITÀAMBIENTALE E I SUOI POSSIBILI EFFETTI

3.1. ATTUARE I PRINCIPI CHIAVE DEL TRATTATO CEIN MATERIA AMBIENTALE

La responsabilità ambientale è una maniera perattuare i principi fondamentali della politicaambientale enunciati nel trattato CE (articolo174, paragrafo 2) ed in particolare il principio«Chi inquina paga». Se questo principio non èapplicato al fine di coprire i costi connessi alrisanamento del danno all’ambiente, anchel’ambiente non verrà bonificato, oppure questicosti devono essere pagati dallo Stato e in ulti-ma analisi dal contribuente. Pertanto, un primoobiettivo è rendere chi inquina responsabile deidanni da lui provocati. Se gli autori dell’inqui-namento devono pagare i danni che provocano,essi ridurranno l’inquinamento fino al punto incui i costi di abbattimento, in genere relativi,superino quelli — così evitati — di risarcimen-to. In questa maniera, la responsabilità ambien-tale contribuirà a prevenire i danni e ad inter-nalizzare i costi ambientali (6). La responsabi-lità porterà anche ad una maggiore applicazio-ne del principio di precauzione, nel senso chesaranno evitati rischi e danni, e potrà incorag-giare investimenti di R&S al fine del migliora-mento di conoscenze e tecnologie.

Per rendere realmente operativo il principio«Chi inquina paga», gli Stati membri devonogarantire l’effettiva bonifica o il ripristino del-l’ambiente, laddove vi sia un responsabile del-l’inquinamento, accertandosi che il risarcimen-to a carico di quest’ultimo sia utilizzato in mo-do adeguato ed efficace a tale scopo.

Se la responsabilità esercita l’effetto preventivosopra descritto e garantisce il risanamento in ca-so di danni ambientali, essa favorirà anche unmaggior rispetto della legislazione comunitariasull’ambiente. Di conseguenza, il nesso fra ledisposizioni del regime CE in materia di re-sponsabilità e la normativa ambientale vigente èdi grande importanza. Benché la maggior partedegli Stati membri abbia già approvato legginazionali che prevedono la responsabilità og-gettiva per i danni causati da attività in qualchemodo dannose per l’ambiente, tali leggi hannocampi di applicazione molto diversi e spessonon coprono in modo coerente tutti i danni cau-sati da attività riconosciute come pericolose perl’ambiente. Inoltre, tali regimi di responsabilitàsono operativi soltanto per i danni alle personee alla proprietà, oppure in caso di contaminazio-ne di siti. In genere, non si applicano ai dannialle risorse naturali. È quindi importante che unregime CE di responsabilità ambientale copraanche i danni causati alle risorse naturali, quan-tomeno alle risorse già protette dalla normativacomunitaria di cui alle direttive «Habitat» e«Uccelli selvatici», nelle zone designate dellarete Natura 2000 (7). Gli Stati membri dovrannocomunque garantire il risanamento dei danni aqueste risorse naturali protette, anche quandonon è possibile applicare un regime di responsa-bilità (ad esempio, quando non è possibile indi-viduare l’autore del danno), giacché si tratta diun obbligo previsto dalla direttiva «Habitat».Gli effetti di prevenzione indotti dalla responsa-bilità avranno un effetto di stimolo in un’Unio-ne ampliata, facilitando così l’attuazione dellanormativa in materia di ambiente da parte deinuovi Stati membri.

Il trattato di Amsterdam ha introdotto nell’arti-colo 6 del trattato CE il principio secondo ilquale le esigenze connesse con la tutela del-l’ambiente devono essere integrate nella defi-nizione e nell’attuazione di altre politiche e at-

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(6) L’internalizzazione dei costi ambientali significa che i costi diprevenzione e di bonifica saranno pagati direttamente dalle partiresponsabili del danno anziché essere finanziati dalla società ingenerale.

(7) Direttiva 79/409/CEE del Consiglio relativa alla conservazionedegli uccelli selvatici (GU L 103 del 25.4.1979, pag. 1) e diret-tiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat natura-li e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206 del 22.7.1992,pag. 7).

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3. L’OPPORTUNITÀ DI UN REGIMECOMUNITARIODI RESPONSABILITÀAMBIENTALEE I SUOI POSSIBILI EFFETTI

3.1. ATTUARE I PRINCIPI CHIAVE DEL TRATTATO CEIN MATERIA AMBIENTALE

3.2. GARANTIRE LA DECONTAMINAZIONE

E IL RIPRISTINO DELL’AMBIENTE

3.3. PROMUOVERE L’APPLICAZIONE DELLA

NORMATIVA COMUNITARIA SULL’AMBIENTE

3.4. MIGLIORARE L’INTEGRAZIONE

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tività comunitarie. Un regime CE di responsa-bilità ambientale che riguardi tutte le attivitàregolamentate dalla Comunità comportanti ri-schi per l’ambiente (cfr. punto 4.2.2 per unelenco delle attività) consentirà di meglio inte-grare la dimensione ambientale nei vari settoriinteressati attraverso l’internalizzazione dei co-sti ambientali.

Benché gli obiettivi principali di un regime co-munitario siano di natura ambientale, è anchepossibile che esso contribuisca a creare condi-zioni paritarie di «gioco» nel mercato interno.Ciò è importante giacché la maggior parte de-gli scambi commerciali dell’Unione europea sisvolge nell’ambito del mercato interno, vale adire che per gli Stati membri il commercio in-tra UE è più significativo di quello extra UE equindi, per le imprese che operano nel mercatointerno, le differenze di regolamentazione e dicosto hanno un peso maggiore di quelle con ipaesi terzi.

Al momento, non è ancora chiaro se esistanoproblemi di concorrenza nel mercato internodovuti a differenze nell’approccio alla respon-sabilità ambientale nei vari Stati membri. Ciòpotrebbe essere dovuto al fatto che i sisteminazionali di responsabilità ambientale nell’UEsono relativamente nuovi e non sono ancorapienamente operativi.

In ogni caso, la maggior parte dei regimi in vi-gore negli Stati membri non copre i danni allabiodiversità. L’impatto economico di questi ul-timi potrebbe, verosimilmente, essere molto piùalto dell’impatto derivante dalle vigenti legginazionali in materia di responsabilità e raggiun-gere livelli tali che l’interesse alla competitivitàdelle imprese situate in uno Stato membro po-trebbe suggerire alle autorità nazionali di atten-dere l’iniziativa dell’UE e di non imporre unila-teralmente la responsabilità per la biodiversità.Se così fosse, l’azione dell’UE si giustifiche-rebbe anche in base alla necessità di assicurarecondizioni di parità nel mercato interno.

Le considerazioni di cui sopra suggeriscono diarticolare il regime di responsabilità UE in mo-

do da minimizzare i possibili impatti sulla com-petitività esterna dell’industria degli Stati ap-partenenti all’Unione europea (8). Questo temasarà oggetto di specifica analisi nella sezione 7.Questo è uno dei motivi per cui va seguito unapproccio graduale quando si introduce un regi-me comunitario (cfr. anche la sezione 6).

3.6. GLI EFFETTI PREVEDIBILI

Da quanto detto al punto 3.1 sull’applicazionedei principi «Chi inquina paga», di prevenzio-ne e di precauzione, consegue che la responsa-bilità dovrebbe incentivare un comportamentopiù responsabile da parte delle imprese. Perchéciò accada è però necessario che si realizzinoalcune condizioni. Per esempio, l’esperienzafatta con la legislazione Superfund negli USA(bonifica dei siti contaminati) mostra che si de-ve evitare la possibilità che la responsabilitàvenga elusa trasferendo le attività pericolose adimprese con risorse minime di capitale, che di-ventano insolventi nel caso di danni rilevanti.Se le imprese possono tutelarsi nei confrontidel rischio di responsabilità mediante una co-pertura assicurativa, non tenderanno a far ri-corso a simili espedienti. Poter contare su unagaranzia finanziaria, come un’assicurazione, èdunque importante per garantire che la respon-sabilità sia efficace dal punto di vista dell’am-biente: questo problema è esaminato al punto4.9. L’efficacia di un regime di responsabilitàistituito dalla legge presuppone un sistema digaranzie finanziarie che funzioni, vale a direche predisponga una copertura finanziaria pergli elementi di base del regime stesso. Inoltre,l’efficacia della responsabilità per danni al-l’ambiente (a differenza di quella per il dannotradizionale) dipende dalla capacità delle auto-rità amministrative e giudiziarie di risolvere ra-pidamente le vertenze, oltre che dalla concretapossibilità per il pubblico di adire le vie legali.

L’effetto complessivo della responsabilità èquindi funzione del più ampio contesto e dellaspecifico tratteggio dello schema della respon-sabilità.

(8) Bisogna sottolineare a questo proposito che, nel quadro della le-gislazione sulla responsabilità ambientale, che si applica ancheai danni alle risorse naturali, gli USA applicano tasse differen-ziate per i settori più sensibili, come per esempio le industrie pe-trolifere e chimiche.

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3.5. MIGLIORARE IL FUNZIONAMENTO DEL MERCATO

INTERNO

3.6. GLI EFFETTI PREVEDIBILI

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4. LE POSSIBILI CONNOTAZIONI DI UN REGIME CE DI RESPONSABILITÀAMBIENTALE

Questa sezione presenta una descrizione delleprincipali connotazioni di un regime comunita-rio. Tutti o parte di questi elementi dovrannoesser presi in considerazione a seconda del tipodi opzione che verrà scelto per una successivaazione (cfr. sezione 5).

Per ragioni di certezza del diritto, e consideratele legittime aspettative dei suoi destinatari, il re-gime comunitario dovrebbe essere applicabilesolo alle situazioni future. Potrebbe rientrarvianche il danno accertato dopo l’entrata in vigo-re del regime CE, a meno che l’azione o l’omis-sione che l’hanno provocato non siano avvenu-te prima di quel momento. Dovrebbe essere la-sciata agli Stati membri la gestione dei casi diinquinamento pregresso, ad esempio tramite l’i-stituzione di meccanismi di finanziamento perla bonifica dei siti già contaminati e dei dannialla biodiversità, secondo le modalità meglio ri-spondenti alla loro situazione nazionale, tenen-do conto di elementi quali il numero di tali siti,la natura dell’inquinamento e i costi degli inter-venti di risanamento o ripristino. Per applicareil principio della irretroattività in maniera armo-nica, in un secondo tempo si dovrà definire ilconcetto di «inquinamento pregresso».

Sono da prevedere alcuni costi di transazioneconnessi a controversie sulla linea di demarca-zione tra ciò che bisogna considerare inquina-mento pregresso e ciò che invece è l’inquina-mento coperto dal nuovo regime. Va tenutopresente che un sistema retroattivo avrebbe unimpatto economico nettamente maggiore.

L’ambito di applicazione del regime va consi-derato da due angolazioni differenti: la primaattiene al tipo di danni coperto e la seconda al-la tipologia delle attività in questione che cau-sano danni. Questi aspetti sono trattati qui diseguito.

4.2.1. I danni

Dato che il regime riguarda la responsabilitàambientale, l’oggetto è il danno all’ambiente.Ciò non è così evidente come appare a primavista: parecchie leggi nazionali denominate«leggi sulla responsabilità ambientale» (o simi-li) trattano tipi tradizionali di danno, come lelesioni personali o il danno alla proprietà, piùche il danno all’ambiente in quanto tale. Il dan-no ricade sotto queste leggi se è causato da at-tività considerate pericolose per l’ambiente, ose esso è causato da eventi che producono undanno (tradizionale) attraverso l’ambiente (peresempio, inquinamento di acqua o aria). Esem-pi di tale legislazione sono in Germania la leg-ge del 1990 sulla responsabilità ambientale e inDanimarca la legge del 1994 sul risarcimentodei danni all’ambiente. Alcune altre leggi na-zionali contemplano anche, accanto al dannotradizionale, il deterioramento dell’ambiente,ma questa nozione è a stento specificata da al-tre norme.

In questo libro bianco, due diversi tipi di dan-no vengono sussunti sotto il termine dannoambientale e ad ambedue dovrebbe applicarsiun regime comunitario. In particolare:

La maggior parte degli Stati membri non ha an-cora cominciato ad applicare esplicitamente aldanno alla biodiversità i rispettivi regimi di re-sponsabilità ambientale. Tutti gli Stati membrihanno però adottato leggi o programmi sulla re-sponsabilità per i siti contaminati. Si tratta so-prattutto di disposizioni amministrative che mi-rano alla decontaminazione dei siti inquinati aspese dell’autore dell’inquinamento (e/o di altri).

Per un approccio coerente è importante chevenga coperto anche il danno tradizionale, co-me il danno alle persone o alle cose ove causa-to da attività pericolose come definite laddoveviene individuato il campo di applicazione del

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4. LE POSSIBILI CONNOTAZIONIDI UN REGIME CEDI RESPONSABILITÀAMBIENTALE

4.1. IRRETROATTIVITÀ

4.2. L’AMBITO DI APPLICAZIONE DEL REGIME

Il danno all’ambiente

a) il danno alla biodiversità;

b) il danno sotto forma di contaminazione di siti.

Il danno tradizionale

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regime: infatti in molti casi il danno tradiziona-le e il danno all’ambiente derivano da uno stes-so evento. Un regime comunitario che contem-pli soltanto il danno all’ambiente, lasciando lecompetenze in materia di danno tradizionaleinteramente agli Stati membri, potrebbe con-durre a situazioni non eque (ad esempio nessunrisarcimento o risarcimento per danni alle per-sone inferiore rispetto a quello imposto per idanni all’ambiente prodotti dallo stesso inci-dente). Inoltre la salute umana — un obiettivopolitico importante di per sé — è un interessestrettamente connesso alla tutela dell’ambiente.L’articolo 174, paragrafo 1, del trattato CE af-ferma che la politica ambientale della Comu-nità contribuisce a perseguire, tra gli altri, l’o-biettivo della protezione della salute umana.

4.2.2. Le attività

L’obiettivo di quasi tutti i regimi nazionali diresponsabilità ambientale è di contemplare leattività che comportano intrinsecamente il ri-schio di causare danni (9). Molte di esse sonoattualmente regolamentate dalla legislazione inmateria di ambiente della Comunità o da nor-mative comunitarie che comprendono tra glialtri anche un obiettivo ambientale.

Un quadro coerente per il regime di responsabi-lità deve necessariamente essere collegato conla legislazione CE sulla protezione dell’ambien-te. Oltre a garantire il ripristino dell’ambienteove questo non è oggi possibile, il regime di re-sponsabilità fornirebbe anche incentivi aggiun-tivi alla corretta osservanza delle leggi naziona-li che recepiscono il diritto ambientale comuni-tario. La violazione di tale diritto avrebbe comeconseguenza non solo sanzioni penali o ammi-nistrative, ma anche, in caso di danno, l’obbligoper il responsabile di riparare il danno o di pa-gare un risarcimento per la perdita di valore delbene danneggiato. Questo approccio circoscrit-to, combinato con la legislazione CE esistente,ha inoltre il vantaggio di assicurare in manieraottimale la certezza del diritto.

Le attività contemplate, per quanto concerne ildanno alla salute o il danno alla proprietà e i si-

ti contaminati, potrebbero essere quelle regola-mentate nei seguenti tipi di legislazione comu-nitaria: la legislazione che contempla limiti discarico o di emissione di sostanze pericolosenell’acqua o nell’aria; la legislazione concer-nente le sostanze o i preparati pericolosi conl’obiettivo (anche) di proteggere l’ambiente; lalegislazione tesa a prevenire e controllare i ri-schi di incidenti e di inquinamento, e cioè la di-rettiva sulla prevenzione e la riduzione integra-te dell’inquinamento [direttiva IPPC (integratedpollution prevention and control) e direttiva Se-veso II nella versione modificata]; la legislazio-ne sulla produzione, la manipolazione, la lavo-razione, il recupero, il riciclo, la riduzione,l’immagazzinamento, il trasporto, anche tran-sfrontaliero, e lo smaltimento in discarica di ri-fiuti pericolosi e di altro tipo; la legislazione re-lativa alle biotecnologie; la legislazione sul tra-sporto di sostanze pericolose. Nell’ulterioreconfigurazione di un’iniziativa CE si dovrà de-finire con maggiore precisione quali attivitàcomprendere, facendo ad esempio un elenco ditutti gli atti CE pertinenti cui dovrebbe esserecorrelato il regime di responsabilità. Inoltre, al-cune di queste attività, ad esempio le attivitàconcernenti gli organismi geneticamente modi-ficati (OGM), non sono pericolose di per sé, mapossono in talune circostanze causare danni allasalute o notevoli danni all’ambiente. Ciò po-trebbe avvenire per esempio in caso di fuga daun impianto di massimo contenimento o comeconseguenza imprevista di un rilascio delibera-to. Per questo motivo si ritiene opportuno chetali attività rientrino nel campo di applicazionedi un regime di responsabilità su scala comuni-taria. In tali casi, la definizione precisa del regi-me, ad esempio l’attività di difesa ammissibile,potrebbe non essere la stessa per tutte le attivitàconcernenti gli OGM, ma potrebbe essere diffe-renziata in funzione della legislazione di riferi-mento e delle attività interessate.

Un fattore importante da considerare a proposi-to della biodiversità è l’esistenza di una specifi-ca legislazione comunitaria volta a conservarela biodiversità (direttive «Uccelli selvatici» e«Habitat»). Esse istituiscono un regime di pro-tezione speciale delle risorse naturali, soprattut-to quelle importanti per la conservazione dellabiodiversità, da attuare tramite la rete Natura2000, e prevedono tra l’altro l’obbligo di ripara-zione dei danni significativi a risorse naturali

(9) In questo libro bianco si considera attività (pericolosa) anche lamanipolazione di sostanze che comportano intrinsecamente untale rischio.

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protette; questo obbligo è posto a carico degliStati membri. Il regime di responsabilità am-bientale fornirebbe lo strumento per far pagareall’autore dell’inquinamento la riparazione ditali danni. Poiché l’obiettivo delle due direttiveè la protezione delle risorse naturali in questio-ne, a prescindere dall’attività all’origine deldanno e, dato che tali risorse sono vulnerabili equindi facilmente danneggiabili da altre attivitàoltre a quelle intrinsecamente pericolose, un re-gime di responsabilità applicabile ai danni allabiodiversità dovrebbe anche coprire altre atti-vità oltre quelle pericolose, che causano dannisignificativi nelle zone protette nella rete Natu-ra 2000. Tuttavia il tipo di responsabilità in que-sto caso dovrebbe essere diverso dalla respon-sabilità applicabile al danno causato da attivitàpericolose, come spiegato al punto 4.3.

Responsabilità oggettiva significa che non sic’è bisogno di accertare la colpa dell’autore,ma solo il fatto che l’azione (o l’omissione) hacausato il danno. A prima vista la responsabi-lità per colpa (10) può sembrare economica-mente più efficace della responsabilità oggetti-va, dato che i sostegni ai costi di riduzione del-l’inquinamento non superano i risparmi deri-vanti dalla riduzione delle emissioni. I recentiregimi nazionali e internazionali di responsabi-lità ambientale tendono però a fondarsi sulprincipio della responsabilità oggettiva, parten-do dall’assunto che per questa via gli obiettiviambientali si conseguono più facilmente. Dauna parte, infatti, è molto difficile per l’attoredimostrare la colpa del convenuto in processiper responsabilità ambientale. Dall’altra, si ri-tiene che, se qualcuno esercita attività intrinse-camente pericolose, sia lui in prima persona adoversi assumere il rischio in caso di danno enon la vittima o la società in senso lato. Questeragioni depongono a favore di un regime co-munitario fondato come regola generale sullaresponsabilità oggettiva. Come menzionato alpunto 4.2.2, il danno alla biodiversità dovrebbeessere coperto dalla responsabilità, a prescin-

dere dal fatto che sia causato da un’attività pe-ricolosa o no. In questo caso si propone tutta-via di optare per la responsabilità per colpa an-ziché per la responsabilità oggettiva se il dan-no è causato da un’attività non pericolosa. Leattività svolte conformemente alle misure di at-tuazione delle direttive “«Uccelli selvatici» e«Habitat» che mirano a tutelare la biodiversitànon comporterebbero la responsabilità dellapersona che svolge l’attività, se non per colpa.Queste attività possono ad esempio svolgersinell’ambito di un contratto agroambientale,conformemente al regolamento del Consigliosul sostegno allo sviluppo rurale (11). Lo Statosarà responsabile del risanamento o del risarci-mento del danno alla biodiversità causato daun’attività non pericolosa nel caso in cui non sipossa stabilire la colpa dell’autore.

Nel quadro di un regime di responsabilità am-biente, va garantita la coerenza con altre politi-che comunitarie e con le misure che attuanoqueste politiche.

L’efficacia di un regime di responsabilità nondipende solo dalla sua natura intrinseca, ma an-che da elementi quali il tipo di difesa ammessae la ripartizione dell’onere della prova. Non bi-sogna quindi vanificare gli effetti positivi dellaresponsabilità oggettiva ammettendo troppimezzi di difesa o accollando all’attore un im-possibile onere della prova.

In linea di massima sono ammissibili solo i mez-zi di difesa comunemente accettati, quali la for-za maggiore, il contributo al danno dell’attore oil suo consenso, e l’intervento di terzi (cfr. peresempio il caso di un soggetto che ha causato undanno svolgendo un’attività per obbedire ad unordine impartito da un’autorità pubblica) (12).

Parecchie parti interessate, in particolare glioperatori economici, hanno espresso l’opinioneche bisognerebbe anche ammettere una possi-bilità di difesa per i danni causati da rilasci au-

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(10) Si ha responsabilità per colpa ogniqualvolta un soggetto ha com-piuto un atto illecito intenzionalmente, per negligenza o impruden-za. Tale azione (o omissione) può consistere in inosservanza dinorme giuridiche o di condizioni di un permesso o assumere altraforma.

(11) Regolamento (CE) n. 1257/99 del Consiglio (GU L 160 del26.9.1999, pag. 80).

(12) Alcuni aspetti procedurali possono anche essere eccepiti percontestare la responsabilità, come la mancanza di giurisdizionedel giudice adito o la limitazione della giurisdizione.

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4.3. IL TIPO DI RESPONSABILITÀ, IL TIPO DI DIFESA

AMMESSA E L’ONERE DELLA PROVA

Mezzi di difesa

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torizzati da regolamenti CE, dovuti allo statodell’arte e/o a rischi di sviluppo. Per motivieconomici, essi devono poter prevedere le lororesponsabilità nei confronti di terzi, ma il mo-mento in cui tale responsabilità diventa reale ela sua ampiezza si modificano continuamentein dipendenza di diversi fattori (ad esempiomodifiche della legislazione e degli orienta-menti giurisprudenziali, progressi in medicinaecc.). I mezzi di difesa del tipo qui menzionatonon sono normalmente ammesse dai regimi na-zionali di responsabilità ambientali esistentinegli Stati membri dell’UE. In sede di defini-zione dei mezzi di difesa, sarà necessario tenerconto di ogni possibile impatto, compresi quel-li sulle PMI (cfr. anche sezione 7).

Nelle cause in materia di ambiente è general-mente più difficile per l’attore e più facile peril convenuto accertare i fatti riguardanti il nes-so causale (o la sua assenza) tra l’attività svol-ta dal convenuto e l’evento dannoso. Pertanto,in molti regimi nazionali di responsabilità am-bientale esistono disposizioni per attenuare l’o-nere, posto a carico dell’attore, di provare lostato soggettivo di colpa o il nesso di causalità.Anche il regime comunitario potrebbe contem-plare una certa attenuazione del tradizionaleonere della prova, da definirsi con maggioreprecisione ad uno stadio successivo.

In determinate circostanze potrebbe risultarenon equo porre a carico dell’autore dell’inqui-namento la totalità del risarcimento per il dan-no da lui causato. Bisogna garantire al giudice(o ad altro ente competente, come può essereun arbitro) un certo margine per decidere — adesempio nel caso in cui il soggetto che ha cau-sato il danno possa provare che il danno stessoè stato interamente ed esclusivamente causatoda emissioni esplicitamente permesse dall’au-torizzazione in suo possesso — che parte delrisarcimento sia sostenuto dall’autorità che harilasciato l’autorizzazione invece che dall’auto-re del danno. Per casi del genere bisognerà sta-bilire ulteriori criteri, ad esempio quello secon-do cui il soggetto responsabile deve aver fattotutto il possibile per evitare il danno.

4.4. CHI DEVE ESSERE CONSIDERATO RESPONSABILE?

Un regime comunitario di responsabilità dovràconsiderare soggetto responsabile la o le perso-ne che esercitano il controllo su un’attività (co-sì come intesa dalle regole che definiscono ilcampo di applicazione del regime) che ha oc-casionato il danno (13). Ove l’attività sia con-dotta da una società avente personalità giuridi-ca, la responsabilità ricade sulla persona giuri-dica e non sugli amministratori competenti aprendere le decisioni, né su altri dipendenti chepossono aver partecipato all’attività. I finanzia-tori che non esercitano controllo operativo nondovrebbero rientrare tra i soggetti responsabili.

In funzione dei diversi tipi di danno sono op-portuni approcci differenti. Per il danno allabiodiversità, non esistono regole e criteri di re-sponsabilità sufficientemente validi e bisognaperciò elaborarli. Riguardo alla responsabilitàper la contaminazione di siti, esistono sistemi eleggi nazionali, ma molto differenti l’uno dal-l’altro. Il danno tradizionale dovrebbe esseredisciplinato coerentemente ad altre forme didanno ambientale e ciò si può conseguire sol-tanto se le regole fondamentali sono le stesseper ciascun tipo di danno.

4.5.1. I danni alla biodiversità

Questo campo in genere non è contemplatodalle disposizioni sulla responsabilità degliStati membri e un regime comunitario in mate-ria potrebbe rappresentare un inizio coprendoquesto tipo di danno nei limiti della legislazio-ne comunitaria vigente sulla biodiversità.

Va coperto il danno alla biodiversità specifica-mente protetta nelle zone Natura 2000 ai sensidelle direttive «Uccelli selvatici» e «Habitat».Tale danno potrebbe configurarsi come dannoagli habitat, alla flora e fauna selvatiche e adalcune specie di piante, come precisato negliallegati delle direttive citate.

(13) Gli Stati membri possono tuttavia, sulla base dell’articolo 176del trattato CE, dichiarare responsabili anche altre parti.

Page 38: Libro bianco sulla responsabilità ambientale

L’onere della prova

Il principio di equità

4.4. CHI DEVE ESSERE CONSIDERATO RESPONSABILE?

4.5. I CRITERI PER I DIFFERENTI TIPI DI DANNO

Quale danno alla biodiversità va coperto?

Page 39: Libro bianco sulla responsabilità ambientale

Quando va coperto il danno alla biodiversità?

Dovrebbe essere prevista una soglia minima apartire dalla quale scatta il regime: si dovrebbecoprire soltanto il danno significativo. A talescopo occorre definire criteri tenendo innanzitutto conto dell’interpretazione di questo con-cetto nel contesto della direttiva «Habitat» (14).

Come valutare il danno alla biodiversità e as-sicurare il risanamento a costi ragionevoli?

La valutazione economica del danno alla biodi-versità è di particolare importanza quando essosia irreparabile. Ma anche quando è possibilerimediare al danno, sono comunque necessaricriteri per valutare il pregiudizio alla risorsanaturale onde evitare costi di ripristino spro-porzionati. In ogni singolo caso si dovrà effet-tuare un’analisi costi/benefici o un’analisi diragionevolezza. Quando la bonifica è fattibile,il punto di partenza per tale analisi dovrebbeessere il costo del ripristino (compresi i costidella valutazione del danno). Per valutare i be-nefici offerti dalla risorsa naturale (15), occorreelaborare un sistema ispirandosi a quelli esi-stenti o in fase di elaborazione in alcune regio-ni (Andalusia e Assia, per esempio).

Se il risanamento non è tecnicamente possibileo solo parzialmente fattibile, la valutazionedella risorsa naturale va basata sui costi dellesoluzioni alternative volte a reintrodurre nel-l’ambiente le risorse naturali equivalenti aquelle distrutte in modo da ripristinare il livel-lo di conservazione della natura e di biodiver-sità presente nella rete Natura 2000.

La valutazione delle risorse naturali può esserepiù o meno costosa a seconda del metodo usa-to. I metodi di valutazione economica, come lavalutazione del caso specifico, con le conse-guenti spese di viaggio, o come le altre solu-zioni tecniche usualmente applicate, che richie-dono accertamenti condotti da un gran numerodi persone, possono essere costosi se applicatisistematicamente. Invece i costi possono essere

significativamente ridotti con l’uso delle tecni-che di «trasferimento di benefici». È partico-larmente importante lo sviluppo di database sultrasferimento di benefici, come l’EVRI (Envi-ronmental Valuation Resource Inventory) checontiene materiale in materia di valutazione.Questi database possono servire per contestua-lizzare il problema e come fonte di valutazionidirettamente comparabili.

Il ripristino deve riportare la risorsa naturaleallo stato in cui si trovava prima del danno. Pervalutare detto stato, si possono usare dati stori-ci e dati di riferimento (le caratteristiche nor-mali della risorsa naturale in questione). Nellamaggior parte dei casi non sarà possibile ripro-durre la qualità e la quantità delle risorse natu-rali, o soltanto a costi estremamente elevati.Bisogna perciò mirare a riportare le risorsedanneggiate a condizioni paragonabili a quellepreesistenti, tenendo anche conto di altri fatto-ri quali la funzione e l’uso futuro presunto.

Un danno alla biodiversità, nel senso inteso inquesto libro bianco, può aver luogo solo nellezone protette in base alle direttive «Habitat» e«Uccelli selvatici» che, una volta realizzata larete Natura 2000, dovrebbero coprire fino al10 % del territorio comunitario. In queste zonepotranno essere svolte solo attività rispettosedell’ambiente; ciò significa che in genere il dan-no all’ambiente in queste zone potrà essere cau-sato soltanto da impianti che svolgono attivitàpericolose in zone vicine. Questi impianti peròsono già contemplati da principi fondamentalidel regime proposto, relativi ai danni di tipo tra-dizionale e alla contaminazione di siti. Ne con-segue che l’unico costo addizionale per questeattività per effetto dell’estensione del regime al-la biodiversità è quello connesso alla prevenzio-ne del danno alla biodiversità e del risanamento,secondo i criteri previsti da questo libro bianco.

Poiché nelle zone protette non dovrebbero esse-re svolte attività pericolose, l’eventuale dannoalla biodiversità solo eccezionalmente potrà es-sere causato da industrie contemplate dalla di-

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(14) È imminente la pubblicazione di un documento dei servizi dellaCommissione sull’interpretazione di questo e di altri concettinel contesto dell’articolo 6 della direttiva «Habitat».

(15) Ad esempio la presenza del picchio rosso mezzano (cfr. paginadi frontespizio), una specie protetta nell’ambito della direttiva «Uccelli selvatici».

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Quando va coperto il danno alla biodiversità?

Come valutare il danno alla biodiversità e as-sicurare il risanamento a costi ragionevoli? Come garantire un livello minimo di ripristino?

Il peso del danno alla biodiversità sui costi diprevenzione e di risanamento

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rettiva IPPC o da grandi impianti per i quali co-sto e competitività sono fattori essenziali. Perqueste industrie l’impatto della responsabilitàper danno alla biodiversità sarà quindi minimo.D’altro canto, le attività rispettose dell’ambien-te permesse nelle zone protette potranno, per laloro stessa natura, internalizzare a basso costo ilivelli desiderati di prevenzione e di ripristino.

4.5.2. I siti contaminati

La maggior parte degli Stati membri ha adotta-to, in passato e recentemente, leggi e program-mi speciali sul risanamento dei siti contamina-ti. Il regime comunitario dovrebbe mirare adattuare i principi della politica ambientale(«Chi inquina paga», azione preventiva e pre-cauzione) per le nuove contaminazioni, cercan-do di armonizzare i criteri e gli obiettivi di ri-sanamento. Per i siti contaminati, si appliche-rebbe l’approccio incentrato sulle attività peri-colose e il regime scatterebbe solo in caso dicontaminazioni significative. I siti contaminaticomprendono il suolo, le acque di superficie ele acque sotterranee. Qualora il sito contamina-to comprenda una zona protetta dalla legisla-zione sulla biodiversità, ad essa si applicherà ilregime della responsabilità per danno alla bio-diversità in combinazione con il regime per isiti contaminati. Ciò potrebbe significare che ilripristino delle risorse naturali vada effettuatodopo la decontaminazione del sito.

Si tratta dei criteri in base ai quali valutare edecidere se sia necessario procedere al risana-mento di un sito contaminato. Come per la bio-diversità, anche in questo settore saranno co-perti solo i danni significativi. Il criterio quali-tativo fondamentale in proposito è il seguente:la contaminazione comporta gravi rischi per lepersone e per l’ambiente?

Devono definire la qualità del suolo e delle ac-que che si vuole ottenere o ripristinare nel sito.L’obiettivo principale dovrà essere l’elimina-zione di ogni grave minaccia per le persone el’ambiente. Le soglie accettabili dovrebbero es-sere determinate conformemente alle miglioritecniche disponibili in condizioni tecniche ed

economiche accettabili (ai sensi della direttivaIPPC). Altro obiettivo: il suolo dovrebbe esserereso adatto al suo uso presente e ipotizzabile infuturo. Questi obiettivi qualitativi dovrebbero,ove possibile, essere affiancati a criteri numeri-ci quantificati relativi alla qualità del suolo edell’acqua che si vuole ottenere. Se il risana-mento non è attuabile, per ragioni economiche oper ragioni tecniche, un’alternativa potrebbe es-sere il confinamento totale o parziale del sito.

4.5.3. Il danno tradizionale

La definizione di danno tradizionale, cioè deldanno a persone e cose ed eventualmente dellaperdita economica, resterà di competenza degliStati membri. Tutti gli elementi del regime esa-minato in questo documento dovrebbero tutta-via applicarsi anche al danno tradizionale,escluse le regole specifiche in materia di acces-so alla giustizia (4.7) e i criteri specifici per ilrisanamento e la valutazione del danno all’am-biente (4.5.1 e 4.5.2). Per il danno tradizionaleil regime comunitario non dovrebbe introdurrela nozione di «danno significativo».

4.5.4. Il nesso con la direttiva in materia di respon-sabilità per danno da prodotti difettosi (16)

La direttiva in materia di responsabilità per dan-no da prodotti difettosi disciplina i danni allepersone e alle cose (il danno tradizionale) manon copre i danni all’ambiente. Non si possonoescludere sovrapposizioni tra i due regimi di re-sponsabilità nel campo del danno tradizionale,ad esempio se il danno è causato da un prodottocontenente sostanze pericolose che finisce peressere un prodotto difettoso a causa della pre-senza di sostanze chimiche in quantità superio-re rispetto a quanto consentito dalla legislazioneambientale comunitaria. In questo caso, quandoè chiesto un risarcimento per danno tradiziona-le prevale la direttiva sulla responsabilità perdanno da prodotto (17).

(16) Direttiva 85/374/CEE del Consiglio sul ravvicinamento delle di-sposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degliStati membri in materia di responsabilità per danno da prodottidifettosi (GU L 210 del 7.8.1985, pag. 29), modificata dalla di-rettiva 99/34/CE (GU L 141 del 4.6.1999, pag. 20).

(17) La Commissione ha recentemente pubblicato un libro verde:«La responsabilità civile per danno da prodotti difettosi» perraccogliere informazioni sull’effettiva applicazione della diretti-va ed avviare un dibattito sull’eventuale necessità di una revi-sione sostanziale della direttiva stessa, COM(1999) 396 def.

Page 42: Libro bianco sulla responsabilità ambientale

I criteri di risanamento

Gli obbiettivi di risanamento

Page 43: Libro bianco sulla responsabilità ambientale

4.6. GARANTIRE L’EFFETTIVA DECONTAMINAZIONE

E IL RIPRISTINO DELL’AMBIENTE

Un obbligo comune in caso di danno alla biodi-versità e di contaminazione dei siti dovrebbe es-sere il fatto che l’indennizzo o il risarcimentocorrisposto dall’autore dell’inquinamento per ilripristino o il risanamento vada effettivamentespeso a tale scopo. Se la riparazione del dannonon è possibile o lo è solo in parte, per ragionitecniche o economiche (costi-benefici), il risar-cimento, ammontante al valore del danno nonriparato, andrà speso in progetti comparabili diripristino o miglioramento di risorse naturaliprotette. Per determinare i progetti comparabili,le autorità competenti si baseranno su un’anali-si approfondita dei benefici ambientali ottenuti.

Il caso del danno all’ambiente è diverso dal ca-so del danno tradizionale, in cui la vittima ha ildiritto di presentare ricorso amministrativo ogiudiziario per salvaguardare i propri interessiprivati. Poiché la tutela dell’ambiente è di inte-resse pubblico, lo Stato (e altri enti) ha la re-sponsabilità di agire in primis quando l’am-biente subisce o corre il rischio di subire danni.Tuttavia, la disponibilità delle risorse pubbli-che destinate a tale scopo è limitata e si sta af-fermando l’idea che i cittadini dovrebbero sen-tirsi responsabili nei confronti dell’ambiente epoter intervenire, se del caso, a sua tutela. LaCommissione ha rilevato la necessità di mi-gliorare l’accesso alla giustizia nel quadro del-la sua comunicazione al Consiglio e al Parla-mento sull’attuazione della normativa comuni-taria in materia di ambiente (18).

Un importante strumento giuridico in tale ambi-to è la convenzione di Århus (19). Essa includedisposizioni specifiche in materia di accesso al-

la giustizia che costituiscono la base per varieazioni da parte di singoli e di gruppi costituitiper la difesa dell’interesse pubblico. Tali azionicomprendono il diritto di impugnare le decisionidelle autorità pubbliche davanti al giudice o adaltro organismo indipendente ed imparziale isti-tuito dalla legge (il diritto a ricorrere in via am-ministrativa e giurisdizionale), di chiedere ripa-razioni adeguate ed efficaci, compresi i provve-dimenti di urgenza, di impugnare atti e omissio-ni di soggetti privati o autorità pubbliche cheviolano norme di diritto ambientale (20). Un re-gime CE di responsabilità ambientale contribui-rebbe al recepimento della convenzione nel di-ritto comunitario, secondo le linee che seguono.

4.7.1. L’«approccio a due livelli»: lo Stato è respon-sabile in primis

Gli Stati membri dovrebbero essere tenuti inprimis (primo livello) a garantire la riparazionedel danno alla biodiversità e la decontamina-zione, utilizzando le somme dell’indennizzo odel risarcimento pagate dall’autore del danno.È da presumere che i gruppi ambientalisti (cherispondono ai requisiti previsti dalla legislazio-ne nazionale) abbiano interesse all’assunzionedi decisioni in materia di ambiente (21). In ge-nerale essi dovrebbero avere il diritto di agire atitolo sussidiario, vale a dire soltanto quando loStato non attua alcun intervento o non agiscein maniera adeguata (secondo livello). Ciò valeper i ricorsi amministrativi ed ordinari sottopo-sti ad un organo giudiziario e per le azioni con-tro l’autore dell’inquinamento.

4.7.2. L’urgenza (provvedimenti provvisori, costidell’azione preventiva)

In caso di urgenza, i gruppi costituiti per la tu-tela dell’interesse pubblico dovrebbero avere ildiritto di chiedere direttamente all’autorità giu-diziaria un provvedimento che ingiunga al (po-tenziale) autore dell’inquinamento di agire o diastenersi dall’agire per impedire danni signifi-cativi o evitare ulteriori danni all’ambiente. Atale scopo, i gruppi dovrebbero poter citare ingiudizio il presunto responsabile senza doversi

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ambientale, adottata e sottoscritta, anche dalla Comunità, nellaquarta conferenza ministeriale tenuta ad Århus (Danimarca) dal23 al 25 giugno 1998.

(20) Articolo 9 della convenzione di Århus.(21) Articolo 2, paragrafo 5, della convenzione di Århus.

(18) COM(96) 500 def.: «Un migliore accesso agli organi giurisdi-zionali per gli organismi non governativi e per i singoli cittadiniavrebbe vari effetti positivi per quanto riguarda l’attuazione del-le disposizioni comunitarie in materia di ambiente. In primoluogo sarebbe più probabile che, all’occorrenza, talune vertenzeindividuali relative a problemi di attuazione del diritto comuni-tario fossero risolte conformemente a quanto prescritto dallenorme della Comunità. In secondo luogo, forse di maggiore ri-levanza, ciò avrebbe un effetto generale positivo sull’applica-zione pratica e sull’osservanza della normativa comunitaria inmateria di ambiente, poiché i soggetti potenzialmente responsa-bili tenderebbero a conformarsi alle disposizioni onde evitare lamaggiore probabilità di processi». (pag. 14).

(19) Convenzione (UN/ECE) sull’accesso all’informazione, sulla par-tecipazione dei cittadini e sull’accesso alla giustizia in materia

Page 44: Libro bianco sulla responsabilità ambientale

4.6. GARANTIRE L’EFFETTIVA DECONTAMINAZIONE

E IL RIPRISTINO DELL’AMBIENTE

4.7. L’ACCESSO ALLA GIUSTIZIA

Page 45: Libro bianco sulla responsabilità ambientale

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rivolgere in primo luogo alle autorità statali.Questi provvedimenti ingiuntivi possono esse-re finalizzati a vietare attività che producanodanni all’ambiente e ad imporre agli operatoridi evitare i danni prima o dopo un incidenteoppure di adottare provvedimenti di restitutioad integrum. Spetta al giudice decidere se unprovvedimento di questo tipo è giustificato.

Per i gruppi predetti dovrebbe essere ammessa lapossibilità di chiedere in giudizio la rifusione dispese di entità ragionevole sostenute per le misureurgenti di prevenzione (per impedire o evitare ul-teriori danni) senza obbligarli a chiedere preventi-vamente l’intervento delle autorità pubbliche.

4.7.3. Garantire una competenza sufficiente e la riduzione al minimo dei costi non necessari

Soltanto i gruppi che rispondono ad oggettivicriteri di qualità dovrebbero avere titolo ad agi-re avverso lo Stato o l’autore dell’inquinamen-to. Il ripristino dell’ambiente dovrebbe essereintrapreso in collaborazione con le autoritàpubbliche, con modalità ottimali ed efficientiin termini di costi.

La disponibilità di competenze specifiche e la par-tecipazione di esperti e personale scientifico indi-pendenti e riconosciuti può essere determinante.

Dal momento che l’accesso alla giustizia compor-ta inevitabilmente costi, vale la pena esplorare lapossibilità di ricorrere, in questo contesto, a solu-zioni stragiudiziali quali l’arbitrato e la mediazio-ne, allo scopo di risparmiare tempo e denaro.

Un crescente numero di convenzioni e proto-colli internazionali riguardano la responsabilità(ambientale) in più settori. Ad esempio, esisteormai da tempo un corpus di convenzioni eprotocolli sui danni prodotti dalle attività nu-cleari e sull’inquinamento marino da idrocar-buri. Più di recente, è stata elaborata una con-venzione sui danni prodotti dal trasporto viamare di sostanze pericolose e nocive; gli Statimembri stanno attualmente esaminando la pos-sibilità di una ratifica. Tutte queste convenzio-ni sono basate su una responsabilità oggettiva,

ma limitata, e sul concetto di un risarcimentodi secondo livello. Nel caso dell’inquinamentopetrolifero, il secondo livello è rappresentatoda un fondo alimentato congiuntamente dalleimprese dei paesi di importazione, che risarci-sce — anche entro certi limiti — i sinistri cheoltrepassano le capacità finanziarie dell’arma-tore. Alla luce dei recenti sinistri di inquina-mento marino, si dovrebbe esaminare l’oppor-tunità di completare il regime internazionalecon misure comunitarie. La Commissione pre-parerà una comunicazione sulla sicurezza dellepetroliere (giugno 2000) nella quale, inter alia,esaminerà la necessità di un regime comple-mentare CE di responsabilità per le fuoriuscitedi petrolio. Al riguardo saranno esaminate va-rie opzioni, in relazione alle specificità del set-tore. Più in generale, un futuro regime CE sul-la responsabilità ambientale dovrà precisare seesistano spazi per una sua applicazione nei set-tori già disciplinati dal diritto internazionale.

L’assicurabilità è importante per consentire ilraggiungimento degli obiettivi di un regime diresponsabilità ambientale.

Si è riscontrato che la responsabilità oggettivaspinge le imprese più grandi a trasferire o a de-legare le attività di produzione rischiose ad im-prese di dimensioni inferiori nella speranza dieludere la responsabilità. A loro volta, questeultime, non disponendo, per mancanza di risor-se, di sistemi di gestione dei rischi efficaci comequelli delle grandi imprese, spesso risultano re-sponsabili di una frazione dei danni più alta diquella prevedibile in rapporto alle loro dimen-sioni. Quando queste imprese causano un dan-no, è anche estremamente improbabile che di-spongano delle risorse finanziarie necessarieper porvi rimedio. La disponibilità di un’assicu-razione riduce i rischi cui le imprese sono espo-ste (in parte trasferendoli alle assicurazioni) e leimprese dovrebbero quindi essere meno pro-pense ad eludere la responsabilità (22).

(22) D’altro canto, un’impresa in grado di assicurarsi contro i danniche potrebbe causare alle risorse ambientali ha interesse a com-portarsi responsabilmente. Per ottenere una polizza assicurativa,essa deve infatti sottoporsi ad un audit ambientale, spesso deveavere un efficace sistema di gestione del rischio e, nel caso in cuil’assicurazione debba provvedere al risarcimento, deve addossar-si parte dei costi.

Page 46: Libro bianco sulla responsabilità ambientale

4.8. IL RAPPORTO CON LE CONVENZIONI

INTERNAZIONALI

4.9. LE GARANZIE FINANZIARIE

Page 47: Libro bianco sulla responsabilità ambientale

È probabile che la disponibilità di un’assicura-zione per i rischi ambientali, e in particolareper i danni causati alle risorse naturali, si svi-luppi in maniera graduale. Tuttavia, fintanto-ché non esisteranno tecniche di misurazioneampiamente riconosciute per quantificare idanni all’ambiente, sarà difficile prevedere inmodo attendibile l’importo che il soggetto re-sponsabile dovrà pagare. Il calcolo dei premi infunzione del rischio è importante affinché laresponsabilità diventi effettiva attraverso i con-tratti di assicurazione; dal canto loro, le com-pagnie d’assicurazione saranno tenute a predi-sporre adeguate disposizioni tecniche valideper ogni occasione. L’elaborazione di criteriqualitativi e quantitativi attendibili per l’indivi-duazione e la misurazione dei danni all’am-biente migliorerà le garanzie finanziarie dispo-nibili a supporto del regime di responsabilità econtribuirà a renderlo economicamente soste-nibile, ma ciò non avverrà in tempi brevi e co-munque i costi rimarranno elevati, il che giu-stifica un approccio prudente in sede di realiz-zazione del regime di responsabilità.

Il fatto di limitare la responsabilità per i danniarrecati alle risorse naturali aumenterà proba-bilmente le opportunità di un precoce sviluppodel mercato assicurativo in questo settore, an-che se a scapito dell’effettiva applicazione delprincipio «Chi inquina paga».

Da un esame del mercato delle assicurazioni— l’assicurazione è uno dei modi possibili perdisporre di una garanzia finanziaria, accanto adaltri, quali le fideiussioni bancarie, le riserveinterne o i sistemi di fondi comuni ad un setto-re — risulta che la copertura dei rischi di dan-ni all’ambiente è ancora poco praticata, nono-stante i progressi in alcuni settori dei mercatifinanziari che si stanno specializzando in mate-ria. Un esempio è la predisposizione di nuovitipi di polizze assicurative per la copertura deicosti di risanamento di siti contaminati, peresempio nei Paesi Bassi.

L’assicurabilità dei rischi ambientali è essen-ziale ai fini di poter disporre di una garanzia fi-nanziaria, ma dipende notevolmente dalla cer-tezza del diritto e dalla trasparenza che il regi-me di responsabilità pone in essere. Il requisitogiuridico della garanzia finanziaria, tuttavia,

non figura nei regimi di responsabilità ambien-tale di quasi nessuno degli Stati membri. Lad-dove esso esiste, ad esempio nella legge tede-sca sulla responsabilità ambientale, si sono in-contrate difficoltà nell’applicazione delle rela-tive disposizioni che finora hanno impeditol’emanazione del necessario decreto attuativo.

I timori degli ambienti finanziari sono uno deimotivi per cui è stato proposto in questa sedeun approccio graduale (cfr. sezione 6). La scel-ta di un numero chiuso di attività pericolose, lalimitazione alle risorse naturali già protette dal-la normativa comunitaria esistente e la limita-zione ai danni significativi sono tutti aspettiche consentono di quantificare e gestire meglioi rischi oggetto del regime. Inoltre, il regimecomunitario non dovrebbe imporre l’obbligo dicostituire una garanzia finanziaria, in modo daconsentire la flessibilità necessaria fino allacompleta sperimentazione del nuovo regime.La costituzione di garanzie finanziarie da partedei settori bancario e assicurativo per i rischicui si applica il regime dovrebbe avvenire subase volontaria. La Commissione intende pro-seguire le discussioni con i settori interessati alfine di incoraggiare l’ulteriore messa a puntodi strumenti specifici di garanzia finanziaria.

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Nel processo di elaborazione di una politicacomunitaria sulla responsabilità ambientale so-no stati presi in considerazione diverse opzionie strumenti. Segue una descrizione dei princi-pali, nonché dei relativi vantaggi e svantaggi.

Nel 1993 è stata adottata la convenzione delConsiglio d’Europa sulla responsabilità civileper i danni provocati da attività pericolose perl’ambiente. La Commissione e tutti gli Statimembri hanno partecipato ai negoziati. La con-venzione include un regime per la responsabi-lità ambientale che copre tutti i tipi di danno(sia il danno tradizionale quali le lesioni perso-nali e i danni proprietà che il deterioramentodell’ambiente in quanto tale), ove causati da at-tività pericolose. Le attività pericolose nelcampo delle sostanze pericolose, delle biotec-nologie e dei rifiuti sono chiaramente precisa-te. Tuttavia l’ambito di applicazione è aperto,nel senso che altre attività oltre a quelle espli-citamente menzionate possono essere classifi-cate come pericolose. È disponibile una sintesidei precedenti storici e dei contenuti e un elen-co dei firmatari della convenzione.

L’adesione della Comunità alla convenzioneavrebbe il vantaggio di essere in linea con ilprincipio di sussidiarietà a livello internaziona-le (non sarebbe elaborata una nuova normativacomunitaria in quanto la questione può essereaffrontata tramite l’adesione della Comunità aduna convenzione internazionale esistente). Inol-tre, la convenzione prevede una copertura glo-bale (riguarda tutti i tipi di danno derivanti daattività pericolose) ed ha un campo di applica-zione ampio e aperto; ha quindi il merito di pre-sentare un sistema coerente e di trattare allostesso modo chiunque eserciti attività pericolo-se. Sei Stati membri (23) hanno sottoscritto laconvenzione, mentre altri stanno valutando lapossibilità di farlo. Alcuni Stati membri (24)hanno già messo a punto normative per attuare

la convenzione o ne stanno preparando la ratifi-ca. Tuttavia altri Stati membri (25) non intendo-no sottoscriverla né ratificarla. La convenzione,essendo aperta inoltre all’adesione dei paesidell’Europa centrale ed orientale e anche a pae-si non membri del Consiglio d’Europa, potreb-be avere un notevole campo d’applicazione a li-vello internazionale. L’adesione della Comunitàpotrebbe incoraggiare quella di altri Stati.

Se si confronta il regime della convenzione diLugano con i regimi di responsabilità ambien-tale in vigore negli Stati membri, la convenzio-ne sembra per certi versi più avanzata rispettoalla normativa della maggior parte degli Statimembri (soprattutto per il fatto che riguardaesplicitamente il danno all’ambiente come fat-tispecie specifica). Il suo campo di applicazio-ne aperto, relativamente alle attività pericolose,è anche più avanzato rispetto ai regimi di mol-ti Stati membri che prevedono un campo di ap-plicazione chiuso e più limitato. Tali Statimembri, e buona parte del mondo industriale,ritengono che la convenzione di Lugano abbiaun campo di applicazione troppo ampio, chefornisca una certezza del diritto troppo limitatae che le sue definizioni, soprattutto relativa-mente al danno all’ambiente, siano troppo va-ghe. La convenzione riguarda tale danno, main maniera non sufficientemente specifica. Adesempio, non impone il ripristino né indica cri-teri per il ripristino dell’ambiente o per la valu-tazione economica dei danni. Di conseguenza,se l’adesione alla convenzione fosse l’opzioneprescelta, sarebbe necessario prevedere un attocomunitario complementare al regime dellaconvenzione di Lugano che chiarisca e precisimaggiormente questo nuovo ambito cui appli-care la responsabilità.

Gli Stati membri sono sempre più consci delproblema dei danni causati oltre frontiera, senon altro per l’accresciuta sensibilizzazionedell’opinione pubblica nei confronti dell’inqui-namento originato in un altro paese. La consa-pevolezza dei problemi transfrontalieri cre-scerà verosimilmente con la progressiva attua-

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(25) Danimarca, Germania, Regno Unito.(23) Finlandia, Grecia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo.(24) Austria, Finlandia, Grecia, Paesi Bassi, Portogallo.

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5. DIVERSE OPZIONI PER L’AZIONE DELLA COMUNITÀ

5.1. L’ADESIONE DELLA COMUNITÀ

ALLA CONVENZIONE DI LUGANO

5.2. UN REGIME LIMITATO AI DANNI

TRANSFRONTALIERI

Page 51: Libro bianco sulla responsabilità ambientale

zione della direttiva «Habitat» e di Natura2000. Inoltre molte zone protette si estendonosu più Stati membri. Anche se l’inquinamentoe i danni immediati a una di queste zone si col-locano all’interno di uno Stato membro, i dan-ni possono avere implicazioni anche in altriStati membri, nuocendo ad esempio all’inte-grità di una specie o di un habitat nel suo in-sieme. Anche l’inquinamento di fiumi e laghiassume spesso una dimensione transnazionale.

Secondo la principale argomentazione addottadai sostenitori di un sistema limitato ai dannitransfrontalieri, in base al principio della sussi-diarietà non vi sono ragioni sufficienti per ap-plicare un regime di responsabilità a problemiche riguardano un solo Stato membro; per con-tro, i problemi transfrontalieri sono affrontatisicuramente meglio a livello comunitario. Glisvantaggi consistono nel fatto che un sistemalimitato ai problemi transfrontalieri comporte-rebbe il permanere di gravi lacune nei casi diresponsabilità per danni alla biodiversità, inquanto tale materia resta ancora esclusa dalledisposizioni della maggior parte degli Statimembri. L’importante obiettivo di rafforzarel’applicazione della legislazione comunitaria inmateria di ambiente non potrebbe essere conse-guito da un regime che non si applicasse allamaggior parte delle potenziali infrazioni a talelegislazione, segnatamente a tutte quelle chehanno luogo all’interno di uno Stato membro.Un sistema limitato ai danni transfrontalieripotrebbe addirittura produrre una notevole di-sparità di trattamento all’interno di uno stessoStato membro poiché chi ha provocato un dan-no transfrontaliero, ad esempio, potrebbe esse-re considerato responsabile in base al regimecomunitario limitato a tali danni, mentre altrisoggetti che svolgono la stessa attività nellostesso Stato e provocano danni analoghi po-trebbero sfuggire alla giustizia qualora tali dan-ni non fossero previsti dal regime nazionale.Ciò potrebbe persino mettere in questione lalegittimità di un regime di questo tipo in baseal principio della parità di trattamento qualeelaborato dalla giurisprudenza della Corte digiustizia europea.

L’opzione di una raccomandazione conformealla legislazione comunitaria in vigore per ilsettore potrebbe ottenere il sostegno di chi nonè convinto della necessità di uno strumentogiuridicamente vincolante e reputa, tra l’altro,che non sia sufficientemente dimostrata l’ina-deguatezza delle normative degli Stati membria disciplinare i problemi in campo ambientale.La raccomandazione, essendo uno strumentonon vincolante, sprovvisto di meccanismi disanzione, comporterebbe, rispetto ad uno stru-mento vincolante, minori costi per gli operato-ri, ma anche minori benefici per l’ambiente, tral’altro nei casi di danni transfrontalieri all’in-terno della Comunità. Argomentazioni similivalgono anche per il ricorso ad accordi con-venzionali (facoltativi) in materia di ambiente

Le principali differenze tra l’opzione della di-rettiva comunitaria e l’opzione dell’adesionedella Comunità alla convenzione di Luganoconsistono nella possibilità di meglio definireil campo di applicazione dell’azione comunita-ria e nella possibilità di elaborare più accurata-mente il regime per il danno alla biodiversità,in linea con la legislazione comunitaria in ma-teria. Entrambe le differenze comporterebberouna maggiore certezza del diritto rispetto allaconvenzione di Lugano. Anche se la Comunitànon aderisce alla convenzione di Lugano, que-st’ultima può rappresentare però un’importantefonte di ispirazione per una futura direttiva co-munitaria. Per quanto riguarda l’applicazionedi un regime di responsabilità a Stati nonmembri dell’UE, è chiaro che il processo diampliamento agli Stati candidati terrà conto diuna direttiva comunitaria sulla responsabilitàambientale e che la situazione esistente in que-sti Stati sarà esaminata anche sotto il profilodella responsabilità ambientale.

Paragonando questo tipo di azione comunitariacon le opzioni più limitate e non vincolanti de-scritte nei punti 5.2 e 5.3, la prima è l’opzionea maggior valore aggiunto, in termini di unamigliore attuazione dei principi e della legisla-zione dell’UE in materia di ambiente e di effet-tivo ripristino dell’ambiente.

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5.3. UN’AZIONE DEGLI STATI MEMBRI INDIPENDENTE

MA GUIDATA DA UNA RACCOMANDAZIONE

COMUNITARIA

5.4. UNA DIRETTIVA COMUNITARIA

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In più occasioni il Parlamento europeo ha chie-sto alla Commissione di includere disposizionisulla responsabilità nelle direttive esistenti inmateria di biotecnologie. L’opzione indicata alpunto 5.4 potrebbe essere portata avanti propo-nendo disposizioni più mirate sulla responsabi-lità applicabili a settori specifici (ad esempio,la biotecnologia) anziché un approccio oriz-zontale che copra in modo equivalente tutte leattività (potenzialmente) pericolose.

Un approccio orizzontale ha il vantaggio di in-quadrare tutta la materia in un unico atto. Sem-preché le attività in questione presentino glistessi rischi per l’ambiente e diano luogo aquestioni economiche paragonabili, questo ap-proccio sarebbe non solo più coerente ma an-che più efficiente. Un approccio settoriale nonassicurerebbe un sistema coerente o un’appli-cazione paritaria dei principi «Chi inquina pa-ga», di prevenzione e di precauzione ad attivitàche hanno in comune il fatto di rappresentareun rischio per le persone e per l’ambiente.Inoltre, l’obiettivo di una migliore attuazionedi tutti gli atti della normativa comunitaria inmateria di ambiente non sarebbe realizzabile sele disposizioni sulla responsabilità fossero in-trodotte esclusivamente in un settore di inter-vento normativo specifico. Infine, sarebbe dif-ficile spiegare ad un comparto le ragioni percui deve essere assoggettato a disposizioni inmateria di responsabilità diverse da quelle dialtri comparti che presentano rischi simili. Pertutti questi motivi è preferibile un regime oriz-zontale di responsabilità ambientale.

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5.5. LA RESPONSABILITÀ SETTORIALE, IN PARTICOLARE NEL CAMPO

DELLE BIOTECNOLOGIE

Page 55: Libro bianco sulla responsabilità ambientale

6. SUSSIDIARIETÀ E PROPORZIONALITÀ

Il trattato istitutivo della Comunità europea im-pone che la politica comunitaria in materia diambiente contribuisca alla salvaguardia, allatutela e al miglioramento della qualità dell’am-biente e alla protezione della salute umana (ar-ticolo 174, paragrafo 1). Tale politica deve mi-rare anche ad un elevato livello di tutela tenen-do conto della diversità delle situazioni nellevarie regioni della Comunità. Essa è fondatasul principio della precauzione e sul principioche l’azione preventiva è obbligatoria e che idanni causati all’ambiente devono in via prio-ritaria essere oggetto di interventi di correzionealla fonte, nonché sul principio “Chi inquinapaga” (articolo 174, paragrafo 2). Tutti questiprincipi che, stando alla lettera del trattato (cfr.corsivo), sono vincolanti per le istituzioni co-munitarie, al momento non sono applicati inmodo ottimale ovunque nella Comunità. Unodei motivi è l’esistenza di lacune nei regimi diresponsabilità nella maggior parte degli Statimembri per quanto riguarda il danno alla bio-diversità (cfr. anche sezione 3).

Inoltre, il diritto nazionale non è di fatto in gra-do di regolamentare la questione dei danni am-bientali transfrontalieri nella Comunità, chepotrebbero tra l’altro riguardare corsi d’acqua ehabitat spesso travalicanti i confini di due Sta-ti. Pertanto, è necessario un regime a livellocomunitario per evitare soluzioni inadeguate incaso di danni transfrontalieri.

Gli Stati membri si avvalgono di strumenti di-versi per dare attuazione alle rispettive normesulla responsabilità ambientale. Alcuni si affi-dano in maggior misura al diritto amministrati-vo o pubblico, altri prevalentemente al dirittocivile, tutti utilizzano una combinazione di en-trambi. Un sistema comunitario dovrebbe mi-rare a fissare gli obiettivi e i risultati, lascian-do agli Stati membri la scelta delle modalità edegli strumenti per conseguirli.

In conformità inoltre con i principi di sussidia-rietà e di proporzionalità, un regime comunita-rio — da fondarsi sull’articolo 175 del trattato— potrebbe essere concepito come un regimequadro contenente i requisiti minimi essenziali,

che col tempo potrebbero essere integrati da al-tri elementi che dovessero rivelarsi necessarisulla base dell’esperienza acquisita durante ilperiodo iniziale di applicazione (approcciograduale).

Nel caso in cui lo strumento per l’introduzionedel regime fosse una direttiva, la coerenza diapplicazione in tutta la Comunità sarebbe assi-curata dal monitoraggio effettuato dalla Com-missione sul diritto comunitario e dalla giuri-sprudenza della Corte di giustizia delle Comu-nità europee.

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6. SUSSIDIARIETÀE PROPORZIONALITÀ

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Un regime comunitario coerente con i principidel libro bianco sarebbe per molti aspetti diver-so dai regimi già esistenti. Pertanto, l’esperien-za passata non fornisce sufficienti elementi perprevedere fondatamente quale possa essernel’impatto economico in generale, incluso l’im-patto sulla competitività esterna. La Commis-sione continuerà le sue ricerche in questo setto-re e avvierà altri studi sull’impatto economicoe ambientale della responsabilità ambientale. Irisultati ricavati da detti studi saranno esamina-ti approfonditamente e le future iniziative dellaCommissione in materia saranno preparate te-nendone debitamente conto. Per il momento,comunque, i dati sui regimi esistenti offrono unutile quadro analitico generale.

Le informazioni disponibili circa l’impatto ge-nerale della regolamentazione ambientale sullacompetitività dell’industria non sembrano in-dicare effetti negativi significativi. Esistonoanche dati sull’impatto dei regimi in materiadi responsabilità ambientale. I costi annuicomplessivi per azioni di risanamento soste-nuti da Superfund (26), il regime statunitensedi responsabilità retroattiva, pur escludendo icosti dei danni arrecati alle risorse naturali,rappresentano circa il 5 % della spesa annuacomplessiva sostenuta negli Stati Uniti perconformarsi a tutte le disposizioni federali inmateria di ambiente. Non sono disponibili al-tre cifre sui costi sostenuti da Superfund per idanni a risorse naturali. Per i regimi di re-sponsabilità ambientali applicati negli Statimembri, i dati disponibili indicano che essinon hanno comportato problemi significativisotto il profilo competitività.

Se da un canto permangono incertezze circa glieffetti sulla competitività esterna del regime diresponsabilità CE, va tenuto conto del fatto chenella maggior parte i paesi dell’OCSE sono do-tati di una qualche normativa in materia di re-sponsabilità ambientale. Quindi un regime UE

di responsabilità ambientale non significheràl’adozione da parte dell’UE di uno standardunilaterale di tutela dell’ambiente (27).

Ciò non significherà nemmeno che la competi-tività internazionale dell’industria UE, in parti-colare delle industrie orientate all’esportazionee dei settori che si confrontano con una con-correnza significativa da parte degli esportatoristranieri, non debba essere tutelata con tutti imezzi possibili. Esistono soluzioni per com-pensare potenziali problemi di competitivitàesterna, compatibili con le regole del commer-cio mondiale.

Le PMI sono spesso causa di danni all’ambien-te di entità superiore a quanto fa presumere laloro dimensione, forse a causa del fatto che leloro risorse sono limitate. Da questo punto divista esse potrebbero essere soggette ad un im-patto economico maggiore. Eventuali effetticollaterali indesiderati, quali ad esempio un au-mento della percentuale dei danni causati dallePMI, potrebbero essere attenuati da un usomaggiormente mirato dei meccanismi di sup-porto nazionali o comunitari intesi ad agevola-re l’adozione, da parte delle PMI, di metodi dilavorazione più puliti.

L’approccio proposto in materia di responsabi-lità mette al riparo gli operatori economici delsettore finanziario dall’imputazione della re-sponsabilità, a condizione che essi non abbianocompiti operativi. Per questo settore gli effetticollaterali indesiderati sono poco probabili. Sesi garantisce la certezza del diritto in materia diresponsabilità e trasparenza l’impatto, in parti-colare per il settore assicurativo, sarà col tempopositivo, man mano che si acquisisce esperien-za con il funzionamento del regime e si affer-mano nuovi mercati per i prodotti assicurativi.

Un’altra questione di rilievo è l’effetto dellaresponsabilità ambientale sull’occupazione. Le

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(26) Il libro bianco sostiene che un sistema di responsabilità retroat-tiva, coeteris paribus, ha un impatto più oneroso.

(27) In questo contesto è importante osservare che la maggior partedei problemi di competitività e di delocalizzazione insorge trapaesi sviluppati e paesi in via di sviluppo (affermazione confer-mata dal recente studio dell’OMC relativo al commercio e al-l’ambiente, Special Studies, «Trade and the Environment»,WTO 1999). Ne deriva che, poiché gran parte dei paesi OCSEdispone già di una qualche normativa in materia di responsabi-lità ambientale, l’impatto sulla competitività esterna di un regi-me di responsabilità comunitario è presumibilmente limitato.

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7. L’IMPATTO ECONOMICO IN GENERALE DELLARESPONSABILITÀ AMBIENTALEA LIVELLO COMUNITARIO

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ricerche disponibili in materia di impatto com-plessivo della normativa in materia di ambien-te segnalano che, sebbene in certe specificheindustrie il numero dei posti di lavoro possavariare in aumento o in diminuzione, l’occupa-zione nel suo complesso non dovrebbe risenti-re sistematicamente della nuova regolamenta-zione (28).

Benché non siano disponibili studi empiricisull’impatto specifico della responsabilità am-bientale sull’occupazione, è chiaro che non so-no esclusi taluni effetti negativi ove le impresepassino da attività e processi più nocivi all’am-biente ad altri più puliti. Tuttavia il fenomenopuò essere compensato opportunamente. Il va-lore economico intrinseco della responsabilitàconsiste nel fatto che essa offre incentivi al fi-ne dell’accrescimento dei livelli di prevenzio-ne. È quindi lecito attendersi che l’occupazionenelle industrie che forniscono ed impieganotecnologie pulite e i servizi correlati trarrà van-taggio dalla responsabilità ambientale. Manmano che si sviluppa l’assicurazione per i dan-ni alle risorse naturali, anche in questo settoredovrebbero essere creati nuovi posti di lavoro.

L’idea di base in proposito è uno sviluppo soste-nibile che tenga conto in misura equilibrata del-le dimensioni economica, sociale e ambientale.

Infine, bisogna ricordare che l’uso di strumentidi intervento comporta spesso alcuni costi, purproducendo benefici netti. È dunque necessariocercare di minimizzare i costi connessi conobiettivi predeterminati.

Nel caso della responsabilità, i costi di transa-zione, vale a dire i costi per ottenere e far ap-plicare le regole, rappresentano un problemaspecifico. Si possono menzionare tre casi a ta-le proposito. In primo luogo il caso degli StatiUniti, dove le azioni legali sono molto più dif-fuse che in Europa e dove le leggi in materia diresponsabilità hanno provocato elevati costi ditransazione (soprattutto sotto forma di onorarilegali), pari quasi al 20 % dei costi complessi-vi destinati all’applicazione della legge e al pa-gamento dei risarcimenti. In secondo luogo,

non è dimostrato che i regimi di responsabilitàoggettiva per danni all’ambiente vigenti negliStati membri abbiano determinato un aumentodelle azioni legali o dei costi di transazione. In-fine, la Comunità ha maturato una certa espe-rienza con l’introduzione della direttiva sullaresponsabilità per danno da prodotti difettosi(cfr. nota 16). Un rapporto sul primo periodo diapplicazione di tale direttiva non ha riscontratoun aumento significativo del numero o del tipodi azioni giurisdizionali. Se ne può dedurre chenel tracciare le caratteristiche di un regime diresponsabilità ambientale è importante tenerepresenti i motivi della diversità dei costi ditransazione nei vari sistemi ed evitare le con-notazioni atte a contribuire all’aumento di talicosti.

Anche le regole sull’accesso diretto alla giusti-zia con la legittimazione di soggetti diversidalle autorità pubbliche dovrebbero essere va-lutate in questa prospettiva. L’applicazione disoluzioni stragiudiziali potrebbe essere utile intale contesto. Le norme in materia di risana-mento e ripristino dovrebbero altresì essere va-lutate alla luce dei costi che potrebbero com-portare.

Al fine di potere far fronte all’inquinamentopregresso e ad altre forme di inquinamento perle quali la responsabilità potrebbe non rivelarsiuno strumento adatto, ad esempio nel caso didanni diffusi, o nel caso in cui non si possa in-dividuare l’autore dell’inquinamento, gli Statimembri potrebbero usare — come alcuni giàfanno — altri strumenti, quali prelievi fiscali acarico delle attività inquinanti o fondi istituiti alivello nazionale o regionale.

(28) Cfr. ad esempio lo studio di analisi comparativa Jobs, Competi-tiveness and Environmental Regulation: What are the real is-sues, R. Repetto, World Resources Institute, marzo 1995.

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Questo libro bianco ha cercato di valutare le di-verse opzioni per un’azione della Comunità nelcampo della responsabilità ambientale. Sullabase dell’analisi esposta nel presente documen-to, per la Commissione l’opzione più appropria-ta è una direttiva quadro comunitaria in materiadi responsabilità ambientale basata sulla re-sponsabilità oggettiva — pur attenuata dall’am-missibilità dell’uso di alcuni mezzi di difesa —per il danno tradizionale (danno alla salute e al-la proprietà) e il danno ambientale (contamina-zione di siti e danno alla biodiversità nelle zoneNatura 2000) causati da attività pericolose rego-lamentate a livello comunitario e sulla respon-sabilità per colpa in caso di danni alla biodiver-sità causati da attività non pericolose. Questoapproccio fornirà gli strumenti più efficaci perl’attuazione dei principi del trattato CE in mate-ria di ambiente, in particolare per l’attuazionedel principio «Chi inquina paga».

Gli elementi di questa direttiva quadro dovran-no essere ulteriormente elaborati alla luce dellefuture consultazioni.

La Commissione invita il Parlamento europeo,il Consiglio, il Comitato economico e sociale eil Comitato delle regioni nonché le parti inte-ressate ad esaminare e formulare osservazionisul libro bianco.

Le osservazioni possono essere trasmesse allaCommissione al seguente indirizzo:

Direzione generale Ambiente, sicurezza nu-cleare e protezione civile Unità Aspetti giuridici (DG ENV.B.3)Rue de la Loi 200, B - 1049 Bruxelles

o inviate per posta elettronica a:

[email protected] oppure [email protected]

entro il 1º luglio 2000.

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Page 62: Libro bianco sulla responsabilità ambientale

8. CONCLUSIONI

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Page 65: Libro bianco sulla responsabilità ambientale

Questa relazione finale riguarda i sistemi di responsa-bilità civile di 19 paesi e quanto da essi previsto in ma-teria di «rimedi» per i danni all’ambiente al dicembre1995. Sebbene i termini originali di riferimento fosse-ro limitati alla responsabilità civile, sono state esami-nate nei dettagli anche la responsabilità amministrativae penale al fine di fornire un quadro complessivo esau-riente dei sistemi di «responsabilità in materia di am-biente» attualmente esistenti.

In tutti i paesi considerati vige un sistema classico di re-sponsabilità civile basato sul principio fondamentale che,ove una persona causi un danno ad un’altra con un certogrado di colpa (generalmente negligenza), il danno vadaindennizzato. Queste norme sono espresse o nel codicecivile o da una regola di common law discendente dallagiurisprudenza o da atti dispositivi che formalizzano laregola di common law. I sistemi classici di responsabilitàcivile di alcuni paesi sono stati predisposti al fine di in-trodurre forme di responsabilità oggettiva per danni am-bientali nei casi, ad esempio, di attività pericolose.

Alcuni paesi hanno posto in vigore norme specifichecome base per richieste di indennizzi per danni all’am-biente. I primi paesi che hanno legiferato in tal sensosono stati la Norvegia e la Svezia. Aspetto significativo,gli altri paesi scandinavi hanno anch’essi introdottospecifiche norme di responsabilità civile sul risarcimen-to dei danni all’ambiente. Tra gli altri, anche la Germa-nia possiede un sistema analogo e l’Austria sta per va-rarne uno basato principalmente sulla convenzione diLugano sulla responsabilità civile per i danni provocatida attività pericolose per l’ambiente del 1993. Molte diqueste norme sono recenti, per cui l’esperienza relativaalla loro applicazione è limitata. La legislazione tedescaè stata particolarmente sottoutilizzata.

Le norme specifiche sull’indennizzo dei danni all’am-biente impongono la responsabilità in presunzione dicolpa e sono destinate ad affrontare questioni riguar-danti l’ambiente. Alcune si applicano unicamente a de-terminate attività o impianti industriali, come ad esem-pio le norme danesi e tedesche che prevedono entram-be, in un allegato, una lista delle industrie cui sono ap-plicabili. Per contro, la legislazione finlandese e svede-se si applicano a qualunque attività che determini dan-ni all’ambiente.

La maggior parte della normativa in materia di am-biente nei paesi considerati, in termini di numero dileggi e misure pratiche, è costituita da disposizioniamministrative che consentono l’applicazione di san-zioni penali, tra cui pene pecuniarie e/o detentive, incaso di infrazione. In taluni paesi, come i Paesi Bassi,sono anche previste sanzioni amministrative.

Una caratteristica comune è il ricorso a permessi o au-torizzazioni amministrative, mentre differiscono lemodalità con cui tali sistemi sono stati sviluppati. Al-cuni paesi prevedono alcuni atti dispositivi ammini-strativi e enti amministrativi preposti al controllo del-l’attività di determinate industrie o settori ambientali.Tali enti operano spesso a livello federale, regionale olocale. In altri paesi, il funzionamento di tali sistemi èposto sotto il controllo di una agenzia per la protezio-ne dell’ambiente centrale che esercita il controllo sugran parte dei settori dell’ambiente e delle attività in-dustriali in collegamento con gli enti locali. Attual-mente nel Regno Unito è in corso una transizione daun sistema di controllo settoriale a uno prevalentemen-te attuato da una agenzia per l’ambiente che lasciaperò alcune competenze alle autorità locali. La Dani-marca dispone di una struttura simile, sebbene i consi-gli locali (contea e comune) sembrino aver mantenutopiù poteri rispetto all’autorità centrale. In Finlandia viè una agenzia centrale per l’ambiente con tredici agen-zie speciali decentrate a livello regionale.

La violazione di un permesso o di un provvedimentoamministrativo dà luogo a sanzioni penali, ma nei casipiù gravi si parla di reato penale di inquinamento. Al-cuni paesi, come Finlandia, Germania e Spagna, hannorecentemente previsto nel codice penale reati control’ambiente in senso lato.

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Allegato 1

STUDIO DEI SISTEMI DI RESPONSABILITÀ CIVILE A FRONTE DEI DANNI ALL’AMBIENTE

SINTESI

McKenna & Co, Londra, giugno 1996

INTRODUZIONE

RESPONSABILITÀ CIVILE

RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA E PENALE

ALLEGATI

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RISARCIMENTO CIVILE

Il principale rimedio di diritto civile, comune ai paesiconsiderati, è il risarcimento dei danni, che mira a in-dennizzare una persona per una lesione o una perditasubita al fine di ripristinare per quanto possibile lo statopreesistente al verificarsi del danno. Il sistema cercaquindi di valutare in termini finanziari tale perdita. Leperdite indennizzabili sono in genere limitate alle lesio-ni personali, ai danni materiali e spesso alla mera perdi-ta economica. Di conseguenza, la maggior parte dei si-stemi non prevede un indennizzo per un danno esclusi-vamente ecologico. Ciò non significa che non è maiprevisto un risarcimento per i danni a suolo, acque disuperficie, flora, fauna ecc. In tali circostanze, il risarci-mento non è stabilito in relazione al danno ecologico,bensì alla perdita che esso ha prodotto al proprietariodel fondo o all’occupante, ad esempio, a seguito dellariduzione del valore del fondo o dei danni ai mezzi disussistenza. Generalmente è possibile richiedere il ri-sarcimento dei costi del risanamento.

Sono stati compiuti alcuni progressi sulla via dell’in-dennizzo del danno ecologico di per sé. Gli USA pre-vedono un sistema che consente il risarcimento dei«danni alle risorse naturali» che possono però solo es-sere richiesti o recuperati dai soggetti cui le risorsesono affidate e per questo servono ben poco a un sog-getto privato. I sistemi giurisdizionali stanno tuttoramettendo a punto metodi per la valutazione e il con-tenimento di tali danni. In Belgio, il giudice applica ilconcetto di beni collettivi in base al quale possono es-sere indennizzate perdite ecologiche o estetiche. InFrancia e nei Paesi Bassi i gruppi ambientalisti posso-no richiedere un indennizzo in relazione all’interesseche essi intendono tutelare. I risarcimenti sono con-cessi per consentire l’attuazione di qualche forma direcupero come il ripopolamento dei fiumi o la puliziadei volatili impregnati di petrolio.

In base ai principi del diritto civile, molti sistemi nonimpongono di utilizzare i risarcimenti per il recuperodell’ambiente o lo fanno comunque solo in presenzadi determinate condizioni. Alcuni sistemi di responsa-bilità civile prevedono l’obbligo di attenuare eventua-li danni, il che può includere anche il risanamento. Inaggiunta, in alcuni paesi le autorità amministrativepossono ingiungere all’attore in giudizio di effettuarele operazioni di risanamento obbligandolo espressa-mente ad usare le somme ottenute a titolo di risarci-mento per il recupero. In Norvegia, i risarcimentivengono versati alle autorità per consentire loro di ef-

fettuare gli interventi di risanamento. Il privato rice-verà il denaro soltanto laddove il risanamento esuladall’interesse pubblico.

Tutti i sistemi analizzati prevedono alcuni meccanismiamministrativi per la protezione dell’ambiente. E moltedelle azioni finalizzate alla tutela e al recupero dell’am-biente sono basate su tali meccanismi, più che sui rime-di di diritto civile. I regimi di autorizzazione e monito-raggio forniscono informazioni alle autorità che gene-ralmente hanno ampia facoltà di imporre di rimediare aldanno o di ovviare direttamente e richiedere il paga-mento delle spese. Tali facoltà dipendono spesso dallenorme di legge che ne sono alla base. Molti paesi attri-buiscono alle autorità competenti la facoltà di imporre ilrecupero o di disinquinare direttamente e di richiedere ilpagamento delle spese. Tali poteri sono stati introdottinella legislazione solo di recente in Lussemburgo. NeiPaesi Bassi, essi sono supportati da sanzioni ammini-strative in caso di inadempienza. Un’altra facoltà previ-sta, ad esempio, in Portogallo, Paesi Bassi e Italia è lachiusura di uno stabilimento che violi la normativa ecausi inquinamento. In Italia può anche essere impostala rilocalizzazione di uno stabilimento.

Raramente vengono fissati massimali per i risarcimentio per i costi del risanamento. La Germania prevede unlimite teorico nel diritto civile in materia di ambienteper le lesioni alle persone e alle cose, stabilito ad un li-vello abbastanza elevato. L’Austria limita in genere i ri-sarcimenti civili al valore della proprietà. I costi di risa-namento sono in genere limitati solo dal fatto di essereragionevoli e necessari, il che richiede una qualche va-lutazione dei costi e dei benefici del risanamento.

Esistono alcune differenze tra i livelli di recupero ri-chiesti dai vari paesi. I sistemi più avanzati vigono neiPaesi Bassi dove il livello di base è la «multifunziona-lità» che richiede un recupero in condizioni idonee atutti gli usi. Il sistema attuale è una revisione dei bennoti standard ABC. Solo eccezionalmente non è richie-sta la multifunzionalità. L’uso presente è in genereconsiderato unicamente per decidere se avviare o me-no il risanamento. Gli USA praticano un sistema cheimpone il risanamento per recuperare condizioni simi-li alla «multifunzionalità». In considerazione dei note-

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Page 68: Libro bianco sulla responsabilità ambientale

RISARCIMENTO CIVILE

COMPETENZE AMMINISTRATIVE

LIMITI ESISTENTI PER L’INDENNIZZO E LE SPESE

DI RISANAMENTO

STANDARD DI RISANAMENTO/RECUPERO

Page 69: Libro bianco sulla responsabilità ambientale

voli costi che ciò implica, il sistema sta evolvendo ver-so standard meno ambiziosi nella pratica. Alcuni paesistabiliscono standard assoluti elevati, come Danimar-ca, Finlandia e Portogallo, sebbene nella pratica nonsembrino essere rigorosamente rispettati. La maggiorparte dei paesi non ha definito standard precisi, sebbe-ne esistano linee guida in proposito e nella pratica sitenga conto della destinazione finale.

Nella maggior parte dei paesi, nei casi urgenti può esserechiesto un provvedimento provvisorio per impedireun’attività inquinante o per richiedere misure positive diprevenzione. In genere tali provvedimenti sono decisi dalgiudice. In Danimarca, però, le autorità amministrativehanno talune facoltà di far applicare provvedimenti diquesto tipo senza l’intervento delle autorità giurisdizio-nali. In Germania essi sono limitati a casi estremamenteurgenti, mentre in Italia sono inusuali in relazione a que-stioni ambientali. Il Regno Unito applica il principio dicontemperare gli interessi in gioco che richiede una valu-tazione dei vantaggi e degli svantaggi per le parti. Se ilprovvedimento comporta notevoli svantaggi per una par-te può essere respinto. Il sistema svedese sembra esserepiù liberale, in quanto ammette tali interventi in presenzadi un semplice rischio di inquinamento.

Per regola generale la responsabilità incombe a chi haprovocato l’inquinamento. Di solito trattasi dell’opera-tore o del proprietario, sebbene nei vari ordinamenti ilsoggetto responsabile venga talvolta designato in ma-niera più specifica. Le sanzioni penali, benché riguar-dino determinate azioni, sono formulate in linea gene-rale in termini di soggetto responsabile. Le nuove di-sposizioni nel Regno Unito in materia di terreni conta-minati attribuiscono la responsabilità principale degliinterventi di risanamento al proprietario del fondo o al-l’occupante, nel caso non sia stato possibile individua-re chi abbia causato l’inquinamento.

Gli amministratori e i dirigenti possono essere conside-rati responsabili nella maggior parte dei paesi, in parti-colare sotto il profilo penale. In taluni paesi, come Fin-landia, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia, Svizzera eSpagna, la responsabilità può essere in linea teorica at-tribuita all’impresa controllante laddove questa esercitiun effettivo controllo sull’attività. Similmente, il credi-tore che mantenga o sia privato dell’esercizio di un ef-fettivo controllo può vedersi imputata o meno la re-sponsabilità.

NESSO CAUSALE E ONERE DELLA PROVA

Una notevole difficoltà comune alle cause in materiaambientale nei paesi oggetto dello studio è la dimo-strazione del nesso causale. Di frequente si tratta diquestioni complesse per le quali vengono richiesteconsulenze e perizie tecniche, il che può rappresentareun ostacolo notevole al buon esito di una azione avvia-ta da un singolo.

Le regole fondamentali applicate dalla maggior partedei sistemi prevedono che l’onere della prova sia a ca-rico dell’attore. Generalmente, nel diritto civile questideve dimostrare che una sequenza causale o versionedegli eventi era più probabile rispetto a qualsiasi altra.Questo tipo di prova viene spesso definito «pondera-zione delle probabilità» o «probabilità prevalente». Intaluni paesi, come Belgio, Portogallo e Islanda, sonorichieste prove di grado più elevato.

In alcuni paesi presi in esame è prevista l’inversione ol’attenuazione dell’onere della prova. In genere l’in-versione dell’onere della prova è un istituto frutto del-la giurisprudenza che viene utilizzato in circostanzespecifiche. Il giudice può, ad esempio, invertire l’one-re della prova nel caso di attività particolarmente peri-colose o in cui non esista apparentemente alcuna spie-gazione alternativa alla versione dei fatti che l’attorecerca di dimostrare. In Germania si è imposta nellagiurisprudenza una versione attenuata dell’onere dellaprova poi inclusa nella normativa riguardante la re-sponsabilità in materia di ambiente. Questa prevedeche l’attore dimostri semplicemente che lo stabilimen-to era idoneo a causare il danno. Il convenuto deve al-lora dimostrare l’esistenza di una causa diversa.

Vi sono notevoli differenze tra un paese e l’altro perquanto riguarda le possibilità riconosciute ai singoli ein particolare ai gruppi costituiti per la tutela dell’am-biente di adire un giudice per far applicare la normati-va riguardante la protezione e il ripristino delle condi-zioni ambientali.

In funzione del principio generale adottato dalla mag-gior parte dei paesi considerati soltanto chi abbia uninteresse diretto, vale a dire abbia subito un danno ouna perdita, è legittimato ad intentare un’azione civileal fine di ottenere un risarcimento. In genere quindi un

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Page 70: Libro bianco sulla responsabilità ambientale

PROVVEDIMENTI PROVVISORI

SOGGETTI RESPONSABILI

NESSO CAUSALE E ONERE DELLA PROVA

ACCESSO ALLA GIUSTIZIA

DIRITTO CIVILE

Page 71: Libro bianco sulla responsabilità ambientale

soggetto non ha legittimazione in relazione a beni nondi sua proprietà. Una legittimazione di questo tipo peri singoli è stata presa in considerazione e poi respintain Danimarca.

Dal momento che non possono dimostrare di aver su-bito alcuna perdita diretta, i gruppi ambientalisti nonpossono generalmente avviare cause civili. In Franciaesiste però una disposizione che prevede che i singolicittadini interessati possano delegare ad un gruppod’interesse di intentare un’azione civile, amministrati-va o penale. In base a determinate norme italiane, talu-ni gruppi d’interesse riconosciuti possono intervenirein sede di determinazione del risarcimento nel procedi-mento civile. Il Portogallo e i Paesi Bassi consentonoai gruppi d’interesse di richiedere provvedimenti prov-visori per la protezione dell’ambiente.

In Lussemburgo, alcune norme cominciano ad attribui-re ai gruppi d’interesse la legittimazione a costituirsiparte civile. L’approccio della Norvegia è interessantein quanto i gruppi ambientalisti si sono visti concederela legittimazione ad agire in giustizia in taluni casi e ilgiudice spesso preferisce tali azioni rispetto a quelleavviate da singoli cittadini. In aggiunta, nei Paesi Bas-si e in Francia, il giudice ha riconosciuto un indenniz-zo a gruppi d’interesse per le spese sostenute per il re-cupero dell’ambiente. Una norma specifica in Dani-marca consente di richiedere un risarcimento delle spe-se per il ripopolamento delle acque.

Le norme più liberali in materia di legittimazione adagire in giustizia sono quelle irlandesi dove i giudicihanno stabilito che tale legittimazione spetta per defi-nizione alla parte lesa che comprende anche i gruppid’interesse.

Sotto il profilo del diritto amministrativo, nei paesi con-siderati sono state rilevate sostanziali differenze tra i di-ritti riconosciuti ai singoli o ai gruppi d’interesse di im-pugnare le decisioni e far applicare la legge. Nella mag-gior parte dei casi, i singoli hanno la facoltà di impu-gnare le decisioni amministrative davanti al giudice so-lo quando sono stati violati o lesi in qualche modo i lo-ro interessi e diritti. Anche in questo caso, il legislatoreirlandese sembra attribuire a ogni singolo o gruppo ildiritto di impugnare una decisione amministrativa.

Nel diritto amministrativo, i diritti dei gruppi d’inte-resse sembrano in qualche modo più ampi rispetto a

quelli loro riconosciuti in sede civile. Spesso i gruppiinteressati sono chiamati ad agire in relazione ad inte-ressi per la cui tutela sono stati costituiti, come neiPaesi Bassi e in Svizzera. Altri paesi, quali Regno Uni-to, Svezia, Norvegia e Islanda, richiedono che taligruppi dimostrino di avere un sufficiente interesse. Igiudici britannici sembrano adottare un approccio sem-pre più liberale in materia. In taluni paesi, la normati-va stabilisce di fatto se i gruppi d’interesse abbiano omeno tali diritti e in Italia e Danimarca il legislatore ègiunto perfino a stilare un elenco dei gruppi d’interes-se a cui sono riconosciuti tali diritti.

Le più ampie disparità tra i vari paesi sono riscontratenel campo dei diritti riconosciuti ai singoli e ai gruppid’interesse in materia penale. Spagna, Francia, RegnoUnito e Austria consentono azioni in sede penale delsingolo soggetto. Nel Regno Unito, tale diritto è statoutilizzato dai gruppi ambientalisti, mentre in Francia èriconosciuto a tutti i gruppi d’interesse autorizzati. InFinlandia, le azioni di parte sono possibili, ma moltorare; in Irlanda, talune norme conferiscono a chiunqueabbia un interesse il diritto di avviare un’azione pena-le. Diversa appare la situazione in Lussemburgo e inPortogallo. In Lussemburgo, un gruppo d’interesse puòavviare un’azione penale se può dimostrare di avere uninteresse diverso da quello della collettività per contodella quale agisce il pubblico ministero. In Portogallo,i gruppi d’interesse possono stare in giudizio solo co-me terzi.

Gli altri paesi non citati non consentono l’azione delsingolo in via penale, mentre permettono una qualcheforma di impugnazione o reclamo presso le autoritàavverso una decisione non impugnabile in sede penale.Tale diritto è generalmente riconosciuto soltanto allavittima, benché in Italia sia previsto anche per i gruppid’interesse riconosciuti.

Quando chi inquina è insolvente o introvabile, la vitti-ma non può contare in genere su alcun rimedio in sedecivile. Solo la Svezia prevede la costituzione di un fon-do utilizzabile a tale scopo. Similmente, quando il ri-sanamento è necessario, ma non si riesce a far pagarechi ha inquinato, sono le autorità che finanziano leoperazioni e si accollano i costi delle stesse. Esistonoalcuni fondi specifici: in Germania, ad esempio, c’è ilfondo per il risanamento di terreni contaminati, in

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Page 72: Libro bianco sulla responsabilità ambientale

DIRITTO AMMINISTRATIVO

DIRITTO PENALE

GARANZIE FINANZIARIE

Page 73: Libro bianco sulla responsabilità ambientale

Francia quello per l’indennizzo dell’inquinamento acu-stico prodotto dagli aeroporti e nei Paesi Bassi quelloper l’inquinamento atmosferico e tra le imprese petro-lifere è stato costituito un fondo per l’inquinamentoprodotto dalle vecchie stazioni di benzina.

L’assicurazione obbligatoria è utilizzata in alcuni deipaesi in esame, ma per lo più soltanto in aree specifi-che ad alto rischio, come ad esempio gli impianti nu-cleari, alcuni siti stabiliti (Francia e Germania) e per irifiuti tossici e pericolosi. La Svezia richiede però chei siti autorizzati contribuiscano ad un fondo per la re-sponsabilità civile in materia di ambiente.

La maggior parte delle polizze di assicurazione dispo-nibili sui mercati assicurativi in generale riguardanosolo i danni improvvisi e accidentali. In alcuni paesi(segnatamente Danimarca, Francia, Italia, Paesi Bassie Spagna) esistono fondi comuni assicurativi che co-prono i rischi da inquinamento. Questi fondi, insiemealle polizze emesse da singoli assicuratori in paesi co-me Germania, Regno Unito, Svezia, Svizzera e Irlan-da, forniscono una copertura che include anche l’in-quinamento graduale.

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Allegato 2

GLI ASPETTI ECONOMICI DELLA RESPONSABILITÀ E DEI SISTEMI COMUNI DI RISARCIMENTO A FRONTE DEI DANNI ALL’AMBIENTE

SINTESI

ERM Economics, Londra, marzo 1996

Questo studio intendeva analizzare le implicazionieconomiche dei sistemi di responsabilità in materia diambiente ed esaminare le giustificazioni economicheper un’azione a livello comunitario. Uno studio paral-lelo (29) ha preso in esame gli aspetti giuridici.

I sistemi di responsabilità in materia di ambiente sonointeressanti per i potenziali benefici che possono com-portare. In particolare:

• possono incoraggiare a prevenire o rimediare aidanni all’ambiente per i quali attualmente non sonoprevisti altri strumenti;

• possono risarcire direttamente la vittima;

• possono migliorare l’attuazione del principio «Chiinquina paga»;

• in talune circostanze, sono più efficienti da un pun-to di vista economico degli strumenti normativi(prescrittivi e di controllo) o economici.

L’approccio adottato nel presente studio prevedeva in-nanzitutto l’individuazione dei potenziali benefici ecosti connessi all’introduzione di un sistema di respon-sabilità e, successivamente, l’esame dei dati empirici edegli studi di supporto disponibili. Erano previste inol-tre interviste che sono state effettuate ad alcune impre-se di sette settori industriali in cinque paesi, di cuiquattro dell’UE e uno dell’Europa orientale, nonché arappresentanti di banche e compagnie di assicurazionenei cinque paesi in questione.

È significativo che sia stata rilevata una sorprendente ca-renza di studi precedenti sugli aspetti economici dei si-stemi di responsabilità in materia di ambiente. Nessuno

dei paesi dell’UE oggetto dello studio aveva condottoanalisi economiche empiriche sui costi, o sui benefici,dei rispettivi sistemi di responsabilità in vigore o previ-sti. Analoga carenza di analisi empiriche è stata riscon-trata presso i principali soggetti economici: imprese,compagnie di assicurazione e banche. La ricerca condot-ta per questo studio non è stata in grado di trovare un’im-presa o un’associazione industriale che avesse quantifi-cato in maniera completa le proprie voci di costo attualie presunte in materia di ambiente (30). La ricerca ha evi-denziato inoltre che né le banche né le assicurazioni era-no in grado di quantificare i costi futuri nei dettagli.

Questa mancanza di basi empiriche per un’azione in talesettore è dovuta a più ragioni, in particolare al fatto che:

• i sistemi di responsabilità in materia di ambiente so-no nuovi in Europa ed esiste pochissima esperienzaal riguardo;

• gli altri sistemi di prevenzione (polizia, vigili delfuoco) mirano essenzialmente a evitare incidenti odanni; un effetto che, di per sé, mal si presta ad es-sere studiato ai fini di una valutazione.

L’utilizzo di un sistema di responsabilità in materia diambiente è stato posto a confronto con altri tipi di stru-menti alternativi, ad esempio di carattere economico enormativo, utilizzando alcuni criteri:

• efficienza economica ai fini del controllo dell’inqui-namento;

• incentivi per la prevenzione, il recupero dell’am-biente e lo sviluppo di nuove tecnologie;

• entità dei costi di transazione (31).

Questi criteri sono stati utilizzati per ottenere indica-zioni di partenza circa la possibile applicazione dei si-stemi di responsabilità in materia di ambiente in rela-zione ai vari tipi di problemi ambientali.

I sistemi di responsabilità in materia di ambiente sonopiù adatti ai casi in cui la causa è nota, come adesempio per i danni provocati da uno specifico inci-dente, o quando esiste un solo responsabile e un’uni-

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(29) «Studio dei sistemi di responsabilità civile a fronte dei danni al-l’ambiente: aspetti giuridici», McKenna & Co, 1996.

(30) Sappiamo che un ridotto numero di imprese multinazionali hacostituito riserve contabili per far fronte ad alcune o a tutte lepassività attese per il futuro.

(31) Spese legali, amministrative, per la valutazione dei rischi, il mo-nitoraggio e l’esecuzione.

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Allegato 2

GLI ASPETTI ECONOMICIDELLA RESPONSABILITÀE DEI SISTEMI COMUNIDI RISARCIMENTOA FRONTE DEI DANNI ALL’AMBIENTE

SINTESI

ERM Economics, Londra, marzo 1996

1. OBIETTIVI E METODOLOGIADELLO STUDIO

1.1. SISTEMI DI RESPONSABILITÀ IN MATERIA

DI AMBIENTE E ALTRI STRUMENTI

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ca vittima. I sistemi di responsabilità in materia diambiente possono essere efficaci in ragione della loroflessibilità: consentono infatti a chi inquina la sceltatra le azioni meno costose (32), ancorché tali sceltepossano diventare più difficili a causa dell’incertezzacirca la potenziale portata della responsabilità, incer-tezza che sarà maggiore quando la causa non è chiarae l’entità e il valore del danno sono di difficile valu-tazione, come nel caso di danni ecologici derivanti daun inquinamento diffuso.

Gli strumenti normativi possono essere relativamenteefficaci laddove sia stato stabilito un livello di inquina-mento giudicato socialmente accettabile, le differenzetra il costo marginale delle misure per la riduzione del-l’inquinamento siano modeste e il legislatore dispongadi informazioni esaurienti ed aggiornate sul costo di unintervento per la riduzione dell’inquinamento. Gli stru-menti economici possono essere efficaci su mercatinon in crisi e dove i costi sostenuti dalle imprese per ilcontrollo dell’inquinamento siano estremamente diver-si per cui, se le imprese sono libere di scegliere le op-zioni che preferiscono per ridurre l’inquinamento, pos-sono riuscire a ridurre tali costi. Sia gli strumenti nor-mativi che quelli economici richiedono un controlloregolare sulle attività inquinanti delle imprese.

In base a tali caratteristiche, è possibile concludere cheun sistema di responsabilità in materia di ambiente haun vantaggio comparato nel risolvere i problemi di in-quinamento accidentale delle varie componenti am-bientali specie in caso di inquinamento graduale, so-prattutto al suolo o alle acque, a condizione di poterdimostrare a costi ragionevoli la causa dell’inquina-mento e eventualmente anche la presenza di una con-taminazione pregressa del suolo (purché si possanocontenere i costi di transazione). I sistemi di responsa-bilità in materia di ambiente presentano invece unosvantaggio comparato in caso di inquinamento diffuso(soprattutto dell’aria ed eventualmente dell’acqua),con più responsabili, molteplici danni e nesso di cau-salità difficilmente dimostrabile.

I sistemi di responsabilità in materia di ambiente sonocomplementari agli altri strumenti, giacché nessunostrumento è efficace per tutti i tipi di inquinamento. Lodimostra il caso dei danni ecologici agli habitat natura-li e all’ambiente non soggetto a diritti di proprietà, do-ve il vantaggio comparato dipende dal tipo di inquina-mento e dalla sua origine.

L’efficienza dei vari strumenti alternativi può essereconfrontata in linea di principio valutando i costi checiascuno di essi comporta per chi inquina e per le au-torità di regolamentazione nel raggiungimento di undeterminato obiettivo di tutela dell’ambiente. Secondoalcuni studi empirici, laddove sia possibile utilizzaregli strumenti economici per problemi di inquinamento,questi si rivelano molto più efficienti sotto il profiloconvenienza rispetto a quelli normativi, consentonocioè di raggiungere lo stesso obiettivo di tutela del-l’ambiente a costi talvolta notevolmente inferiori. Pur-troppo, non esistono attualmente studi empirici sui ri-sultati in termini di costi-efficacia ed efficienza econo-mica dei sistemi di responsabilità in materia di am-biente confrontabili con quelli di altri strumenti.

Nell’Unione europea, esistono tuttora notevoli danniall’ambiente cui non è stato trovato rimedio e che unsistema di responsabilità in materia di ambiente, comeprimo passo, avrebbe potuto internalizzare. Solo nelcercare di determinarne l’entità questo studio ha dovu-to ancora una volta riscontrare una grave carenza didati. Nessun paese UE dispone di dati sufficientemen-te dettagliati che consentano di stimare in manieraesauriente i danni ambientali lasciati senza rimedio.Esistono stime parziali riguardanti alcuni tipi di inqui-namento, ma si tratta di dati molto scarsi ed estrema-mente difformi. Utilizzando un metodo basato su indi-catori, abbiamo stimato che il costo annuo dei danninon riparati nei paesi dell’UE potrebbe variare tra il 4e il 7 % del PIL (33). Tale dato emerge da tre fattori:

• i diversi livelli di attività inquinanti negli Statimembri;

• la sensibilità e la concentrazione degli ambienti re-cettori;

• i diversi livelli dell’attuale tutela dell’ambiente.

Un approccio comune nell’UE nei confronti di un si-stema di responsabilità in materia di ambiente potreb-be potenzialmente annullare le disparità tra gli attualilivelli di tutela dell’ambiente, benché sia arduo trovareun sistema in grado di ottenere gli stessi effetti in ordi-namenti giuridici diversi, anche ipotizzando che non vi

(32) È un vantaggio comune anche agli strumenti economici.

(33) Va notato che, se l’entità dei risarcimenti annui fosse così eleva-ta, la stima della crescita del PIL che tenesse conto dei costiecologici sarebbe negativa per la maggior parte dei paesi e perquasi tutti gli anni

Page 78: Libro bianco sulla responsabilità ambientale

2. I COSTI DEI DANNI ALL’AMBIENTE

2.1. DANNI ALL’AMBIENTE

Page 79: Libro bianco sulla responsabilità ambientale

siano differenze per quanto riguarda la sensibilità degliambienti recettori.

L’incertezza circa il livello e la distribuzione dei danni,nonché le diverse valutazioni dei vari soggetti inqui-nanti, appaiono chiaramente poco soddisfacenti. Tutta-via, qualora venisse introdotto un sistema europeo diresponsabilità in materia di ambiente, i giudici avreb-bero bisogno di indicazioni sui metodi applicabili perla valutazione dei danni. Un primo passo potrebbe es-sere la definizione di un insieme di linee guida perl’applicazione delle tecniche di valutazione dei danni edi un quadro di riferimento per la stima dell’entità deidanni.

Lo studio ha cercato di riunire tutti i dati disponibilisulla spesa delle industrie europee per la prevenzionedell’inquinamento; ciò è utile per due ragioni:

• le differenze tra i livelli di spesa dei vari Stati mem-bri possono già avere effetti sulla concorrenza;

• può servire a valutare l’entità della spesa totale at-tuale in relazione al valore stimato dei danni nonancora riparati. Se tali danni venissero internalizza-ti grazie a un sistema di responsabilità in materia diambiente, l’onere per le imprese aumenterebbe inmisura significativa rispetto agli attuali livelli dispesa per la tutela dell’ambiente.

L’attendibilità dei dati è molto dubbia, ma tendenzial-mente emerge che vi sono differenze tra i vari paesiper quanto riguarda la spesa sostenuta dall’industriaper la prevenzione dell’inquinamento.

Dai dati relativi alle industrie risulta che, ove esista unsistema di responsabilità in materia di ambiente, le im-prese non sono in grado di individuare, all’interno del-la spesa per la tutela dell’ambiente, quella connessa aisistemi di responsabilità e quella imputabile ad altrielementi, ad esempio per conformarsi alla normativa oper realizzare le strategie dell’impresa per la tutela del-l’ambiente. Le attività di prevenzione sono per lo piùindotte dall’effetto combinato di molteplici fattori.

Sebbene le imprese non siano in grado di stabilire conprecisione i costi aggiuntivi che potrebbero derivare infuturo dall’introduzione di sistemi di responsabilità piùrigorosi, i costi per la tutela dell’ambiente e la regola-mentazione rimangono nel complesso tra le loro prin-

cipali preoccupazioni. Un sistema di responsabilità og-gettiva, combinato con altre componenti di una strate-gia di tutela dell’ambiente, potrebbe incoraggiare leimprese a prestare maggiore attenzione al riguardo.

Non è possibile calcolare fino a che punto i vari ele-menti di un sistema di responsabilità più rigoroso pos-sano indurre le industrie a sostenere il costo delle atti-vità di prevenzione.

In relazione ai problemi ambientali per i quali un siste-ma di responsabilità sarebbe più efficace, vale la penaesaminare quale frazione dei danni all’ambiente talesistema potrebbe riguardare.

Le stime relative all’incidenza dei danni su ciascunacomponente ambientale indicano che i danni al suolorappresentano dal 10 % al 40 % dei danni complessivi.Un altro indicatore è la quota dell’inquinamento nondiffuso (di fonte puntuale) rispetto all’inquinamentodiffuso, che si colloca verosimilmente attorno al 15 %.Per quanto riguarda la contaminazione del suolo, al ri-lascio accidentale di sostanze inquinanti è attribuibilesolo il 15 % circa dei danni, rispetto all’85 % per il ri-lascio continuo (cfr. sezione 2.1).

Se un sistema di responsabilità in materia di ambientesi applicasse unicamente ai problemi per cui apparepiù efficace, consentirebbe di internalizzare solo unapiccola frazione dei danni all’ambiente (34), pur poten-do incentivare fortemente la prevenzione.

La responsabilità in materia di ambiente è applicabilead alcuni problemi di inquinamento transfrontaliero,come l’inquinamento accidentale delle risorse idriche,ma non a problemi transfrontalieri dovuti a molteplicicause (inquinamento atmosferico) in cui sia difficilestabilire o provare quale è stata l’origine o la quota deldanno prodotto dall’inquinamento.

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(34) Tale dato può essere confrontato con le stime disponibili per laGermania. Il sistema della responsabilità in materia di ambienteattualmente internalizzerebbe circa l’1 % dei danni totali al-l’ambiente.

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2.2. LIVELLI ATTUALI DELLA SPESA PER LA TUTELA

DELL’AMBIENTE

2.3. L’IMPATTO DI UN SISTEMA DI RESPONSABILITÀ

IN MATERIA DI AMBIENTE

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Sistemi esistenti

Appare improbabile, sulla base dei risultati delle inter-viste, che i sistemi della responsabilità esistenti negliStati membri UE comportino qualche significativa di-storsione degli scambi. Nessuna delle imprese interpel-late ha dichiarato che il sistema della responsabilità inmateria di ambiente di per sé costituisce un problema.Ciò non sorprende, dal momento che attualmente il co-sto di tale sistema rappresenta una quota trascurabiledel valore della produzione e di conseguenza influenzain misura limitata le attuali decisioni di produzione.

Solo se le differenze di costo delle misure a tutela del-l’ambiente dovessero permanere per un periodo ditempo significativo, o vi fossero aspettative al riguar-do, potrebbero influire sulle decisioni circa la localiz-zazione degli investimenti futuri. Inoltre, le impresemultinazionali, che più frequentemente decidono sullalocalizzazione degli investimenti valutando il contestointernazionale, tendono ad applicare le stesse normeper la tutela dell’ambiente in tutti i paesi UE in cuioperano, indipendentemente dalle differenze tra le va-rie legislazioni e norme nazionali in materia.

La maggior parte delle imprese ha indicato sì che lequestioni ambientali hanno influenzato in generale leloro decisioni di investimento, ma non necessariamen-te la scelta tra vari paesi. Esse hanno tenuto conto an-che della trasparenza del processo decisionale e dellaprevedibilità del quadro normativo.

Sistemi futuri

Senza un approccio comune ai sistemi di responsabi-lità in materia di ambiente in Europa, potrebbero in-sorgere differenze tra i costi sostenuti per il risarci-mento dei danni nei vari paesi dell’UE.

Per simulare gli effetti dei futuri sistemi di responsabilitàsulla competitività è stato utilizzato un modello relativoalle vendite applicato ad una industria di base operantesu un mercato concorrenziale, l’industria chimica, e so-no stati valutati gli effetti di differenze di costo fino al2 % tra i vari paesi. I risultati di tale simulazione hannoevidenziato che, a lungo termine, ciò potrebbe compor-tare variazioni relative delle quote di mercato dei singo-li paesi dell’UE tra –4 % e +2 %. In un’industria comequella chimica, altamente competitiva e dove i prodottidi alcune imprese sono facilmente sostituibili gli uni con

gli altri, differenze di costo relativamente modeste pos-sono avere effetti estremamente significativi sulla perdi-ta di quote di mercato. Tuttavia, i rapporti commerciali ele differenze di costo con paesi non UE costituiscono unfattore importante, forse ancora più importante delle dif-ferenze di costo connesse ai diversi sistemi di tutela am-bientale nei paesi membri UE, e tra questi e i paesi terzi,in grado di alterare la concorrenzialità relativa dei paesiUE rispetto ai paesi terzi.

Nell’Unione europea, il mercato interno ha eliminatouna serie di ostacoli agli scambi e agli investimenti.Inoltre la disponibilità di infrastrutture e le politicheeconomiche sono sempre più simili, rispetto a quantoavviene nei paesi terzi. Di conseguenza, le ripercussio-ni delle differenze di costo connesse alla tutela del-l’ambiente dovrebbero essere maggiori all’interno del-l’UE e suscitare problemi di concorrenza interna. Tut-tavia, nell’ambito del presente studio, non è stato pos-sibile trovare prove empiriche definitive al riguardo.

Per quanto riguarda altre industrie esaminate in questostudio (conciaria, farmaceutica, elettronica, mineraria,pasta di legno e carta, legno), l’impatto dei sistemi fu-turi di responsabilità in materia di ambiente sulla com-petitività dovrebbe essere inferiore rispetto a quello in-dicato per l’industria chimica. Tali industrie appaionoinfatti meno competitive, danno luogo a minore volu-me di scambi e hanno un costo dei trasporti che incidein misura maggiore sul costo totale.

A causa della carenza di dati in materia, il supportoempirico ai fini della valutazione dei benefici di un’a-zione comunitaria è stato scarso. È comunque possibi-le sintetizzare i vantaggi generali di tale azione.

I regimi della responsabilità in materia di ambientepossono porre in essere mezzi efficaci per porre rime-dio ad alcuni tipi di danni all’ambiente, come i danniaccidentali di cui sia nota la causa, e incoraggiare laprevenzione dei danni all’ambiente in generale. Inver-samente, è possibile affermare che i danni sarebberomaggiori in assenza di un tale sistema in quanto non sipotrebbe in nessun caso invocare la potenziale respon-sabilità delle imprese. Di conseguenza, un sistema diresponsabilità sarebbe uno strumento di politica am-bientale complementare a quelli attualmente esistenti.

Tra i vari paesi UE esistono già differenze a livello disistemi della responsabilità in materia di ambiente,

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2.4. COMPETITIVITÀ E COSTO DELLA RESPONSABILITÀ

2.5. I BENEFICI DI UN’AZIONE COMUNITARIA

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nonché di spesa per la tutela dell’ambiente. Tali diffe-renze possono aumentare, ad esempio, se i paesi chehanno manifestato la volontà di sottoscrivere la con-venzione di Lugano introducessero sistemi di questotipo, mentre altri no. L’analisi sulla competitività hafornito solo un’indicazione generale circa il fatto chele differenze di costo che potrebbero determinarsi infuturo provocherebbero distorsioni alla concorrenza.Tuttavia, le questioni ambientali preoccupano forte-mente le imprese che operano in settori ecologicamen-te sensibili. Le imprese vogliono certezza generalizza-ta a tutta l’UE per promuovere il mercato unico e faci-litare la mobilità dei capitali. In tale contesto, l’incer-tezza dovuta a sistemi della responsabilità mutevoli edifformi nei vari paesi potrebbe rivelarsi un fattore an-cor più importante delle differenze dirette di costo insede di assunzione delle decisioni a lungo termine.

Per stabilire se includere o meno nell’ambito di appli-cazione del sistema della responsabilità ambientalel’inquinamento transfrontaliero va esaminato il tipo diinquinamento. La maggior parte dell’inquinamentotransfrontaliero è atmosferico, ossia di natura diffusa,con causa incerta e poco idoneo ad essere internalizza-to attraverso il regime della responsabilità ambientale.Altri casi di inquinamento transfrontaliero, come quel-lo dei fiumi e degli habitat e quello dovuto al trasportodi rifiuti pericolosi, si prestano ad un’applicazione nonsolo di tali sistemi, ma anche di accordi bilaterali omultilaterali.

I regimi attuali della responsabilità in materia di am-biente hanno inciso solo modestamente sulla spesa perinquinamento o sui risarcimenti e non hanno posto, diper sé, gravi problemi alle imprese. Non risultano ri-percussioni ben precise sulla competitività. Tuttavia, inragione del loro effetto combinato, le imprese non so-no per lo più in grado di distinguere tra l’impatto suiloro costi prodotto dai sistemi della responsabilità inmateria di ambiente e gli effetti di altre politiche a fa-vore dell’ambiente.

Di conseguenza, non sorprende che i costi indotti del-la prevenzione siano sembrati limitati e di difficile in-dividuazione. Tra le imprese interpellate, nessuna harealizzato una valutazione quantitativa delle sue vocidi costo o ha quantificato la riduzione dei rischi deri-vante dalla spesa a fini di prevenzione. Similmente,

nessuna ha valutato le conseguenze dei futuri sistemidi responsabilità in materia di ambiente né ha saputodistinguere tra gli effetti potenziali dei vari elementidella politica ambientale.

PMI

La flessibilità di un sistema di responsabilità in mate-ria di ambiente che consenta alle imprese di sceglierequali azioni preventive attuare potrebbe essere utileper le PMI. Altri elementi positivi dal loro punto di vi-sta potrebbero essere la trasparenza e condizioni diconcorrenza equiparabili offerte da un sistema istituitoper legge. Tuttavia, la maggior parte degli strumenti dipolitica ambientale, compresi i sistemi di responsabi-lità, possono gravare più pesantemente sulle risorse fi-nanziarie delle PMI che su quelle delle grandi imprese.

Le PMI sono più vulnerabili ai rischi ambientali inquanto non sono diversificate come le grandi imprese edispongono di risorse manageriali limitate in materiadi prevenzione. Sono di conseguenza più esposte al ri-schio di gravi incidenti inquinanti. I danni causati dauna unità produttiva possono perciò comportare note-voli obblighi in materia di ambiente per una piccolaimpresa.

Il costo per conformarsi alle complesse normative con-nesse ai sistemi della responsabilità in materia di am-biente, e il costo e la durata di eventuali vertenze, ten-deranno a configurarsi come costi fissi che gravano piùpesantemente sui bilanci delle PMI.

Le limitazioni della responsabilità, ove stabilite in fun-zione dell’attività delle grandi imprese, sarebbero inso-stenibili per le piccole; dovrebbero quindi essere deter-minate in base ad elementi che tengano conto delle di-mensioni, anche se in conseguenza di ciò qualche dan-no non verrebbe indennizzato. Questo potenziale pro-blema sarebbe amplificato qualora le grandi impresecostituissero piccole imprese allo scopo di limitare i ri-schi a cui sono esposte. Potrebbe inoltre essere diffici-le stabilire un limite valido in tutta la UE.

Per le PMI è fondamentale avere la possibilità di assi-curarsi, in quanto dispongono di limitate risorse finan-ziarie per la copertura dei propri rischi. Le proceduredi valutazione dei rischi utilizzate o richieste dallecompagnie di assicurazione (e dalle banche) sarebberorelativamente più onerose per le piccole che per legrandi imprese.

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3. LA RISPOSTA DEGLI OPERATORI ECONOMICI

3.1. LE RISPOSTE DELLE IMPRESE

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I rischi connessi alla responsabilità potrebbero indurrele banche ad adottare un atteggiamento più cauto nelvalutare le immobilizzazioni a garanzia dei prestiti, so-prattutto se le imprese di assicurazione adottano massi-mali di assicurazione molto bassi. Ciò ridurrebbe la ca-pacità delle imprese di ottenere finanziamenti e di con-seguenza i loro investimenti.

Ciò detto, l’impatto delle PMI sull’ambiente può esse-re proporzionalmente maggiore se rapportato alle lorodimensioni e il loro impatto collettivo sarebbe rilevan-te. È perciò difficile giustificare per tali imprese un’e-senzione dalle norme sulla responsabilità. Peraltro esi-stono a livello UE meccanismi di compensazione co-me la disciplina comunitaria sugli aiuti di Stato a favo-re dell’ambiente che prevedono condizioni più favore-voli allo scopo di aiutare le PMI ad adeguarsi alle nor-me ambientali.

Atteggiamento delle imprese verso i futuri sistemi diresponsabilità

Durante le interviste con le imprese, sono stati discus-si anche i loro atteggiamenti nei confronti dei sistemidi responsabilità attuali e eventualmente futuri. I risul-tati evidenziano come la maggior parte delle impreseinterpellate accetti il principio «Chi inquina paga», manon sia disposta a pagare per il danno prodotto daun’altra impresa; di conseguenza, le imprese sono re-stie a partecipare alla costituzione di fondi comunid’indennizzo finanziati dall’industria.

Le imprese vogliono inoltre che gli standard di risana-mento si basino sul criterio di «idoneità all’uso».

Le imprese non vogliono:

• una responsabilità retroattiva;

• garanzie finanziarie obbligatorie;

• fondi comuni d’indennizzo (finanziati dall’indu-stria);

• la responsabilità oggettiva senza limitazioni o causeesonerative.

Le interviste hanno anche indicato che le imprese po-trebbero eventualmente accettare in determinate condi-zioni:

• un’assicurazione obbligatoria;

• il riconoscimento in capo alle ONG del diritto aproporre un’azione in giudizio.

3.2. COMPAGNIE DI ASSICURAZIONE

Le compagnie di assicurazione hanno espresso due di-verse preoccupazioni circa i sistemi di responsabilitàin materia di ambiente. La prima riguarda l’accresciu-ta vulnerabilità delle compagnie di assicurazione dovu-ta ai rischi di inquinamento pregresso delle vecchie po-lizze, soprattutto in un sistema di responsabilità re-troattiva. La seconda riguarda la necessità di modifica-re le polizze per far fronte al sistema più rigoroso del-la responsabilità in materia di ambiente.

Il ruolo del mercato assicurativo viene consideratomolto importante per tre ragioni:

• occorrerà prevedere la possibilità di assicurare la re-sponsabilità di tutte le imprese, salvo le più grandi,in modo da consentire loro di gestire i rispettivi ri-schi finanziari;

• occorrerà garantire che le vittime siano risarcitequando l’ammontare del risarcimento supera la ca-pacità finanziaria di una impresa;

• il concetto di assicurabilità indica se il sistema dellaresponsabilità in materia di ambiente sarà o meno ingrado di internalizzare in maniera efficiente i costiconnessi ai danni. I rischi non assicurabili, a menoche derivino da attività correnti dell’impresa, saran-no sia i rischi non valutabili (in tal caso l’impresanon sarà in grado di rispondere in base a dati ogget-tivi) o quelli per cui un’azione in giustizia difficil-mente avrebbe esito positivo a causa della difficoltàdi dimostrare il nesso causale.

La quota dei danni all’ambiente attualmente coperta daassicurazione è modesta, stimata in base ai nostri con-tatti con le compagnie di assicurazione a menodell’1 %. Tuttavia, la responsabilità retroattiva darebbeil via a una lunga serie di richieste di indennizzi per iquali gli assicuratori non hanno raccolto premi e nonhanno quindi accantonato riserve.

Se si auspica una maggiore copertura assicurativa perle imprese inquinanti, ogni decisione adottata sugli ele-menti da includere in un futuro più rigoroso sistema diresponsabilità in materia di ambiente deve tener contodelle opinioni e degli interessi finanziari del settore as-sicurativo.

Le compagnie di assicurazione cominciano a differen-ziare le polizze per i rischi ambientali da quelle sulla re-sponsabilità in generale oppure costituiscono raggrup-pamenti. Oggi l’offerta di polizze per la copertura dei

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3.2. COMPAGNIE DI ASSICURAZIONE

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danni all’ambiente viene gestita con maggiore cautela ein base ad una più attenta valutazione dei rischi. Tale of-ferta riguarda soprattutto rischi per l’ambiente chiara-mente definiti dei quali sia possibile effettuare una va-lutazione per poi procedere al calcolo dei premi. Lenuove polizze tendono a ridurre i massimali ed il cam-po di applicazione della copertura al fine di limitare l’e-sposizione complessiva dell’assicuratore nel settore deirischi ambientali. Le compagnie richiedono sempre piùspesso di poter effettuare verifiche in loco prima di as-sicurare le industrie inquinanti. Ciò aumenta i costi ditransazione (comportando forse una maggiorazione delpremio del 10 %) e può rendere tali polizze non allaportata delle PMI. Sebbene le polizze per i rischi am-bientali siano più costose di quelle per la responsabilitàcivile generale, in linea di principio possono essere sot-toscritte da imprese di tutte le dimensioni.

È stata anche proposta l’istituzione di una assicurazio-ne obbligatoria per garantire che tutte le vittime possa-no essere indennizzate. L’esperienza dell’assicurazioneobbligatoria in Germania ne ha evidenziato i problemipratici. Gli assicuratori interpellati nell’ambito dellostudio sono contrari all’idea, anche perché non vorreb-bero dover svolgere il ruolo di polizia dell’ambiente.Temono inoltre che tali interventi in campo assicurati-vo farebbero lievitare i costi generali e i premi. In ag-giunta, dal momento che la responsabilità in materia diambiente rappresenta un settore relativamente nuovoper il mercato assicurativo, le compagnie dovrebberoacquisire maggiore esperienza prima che sia realizza-bile l’introduzione di un sistema obbligatorio.

L’assicurazione obbligatoria sarebbe inoltre problema-tica per i potenziali assicurati, soprattutto le PMI. Se lesingole compagnie di assicurazione avessero il dirittodi rifiutare la copertura delle imprese ad alto rischio,queste ultime dovrebbero o chiudere o sostenere unonere finanziario enorme per raggiungere gli standarddi prevenzione dell’inquinamento richiesti dall’assicu-ratore. A breve termine, tali costi potrebbero crescerein misura significativa se le compagnie di assicurazio-ne adottassero un atteggiamento conservatore al fine dilimitare i loro rischi. Gli assicuratori cercherebberoinoltre di limitare l’entità della copertura garantita alleimprese ad alto rischio.

Le principali difficoltà per una efficace assicurazionedella responsabilità in materia di ambiente, così comedelineate dal settore assicurativo, sarebbero le seguenti:

• la carenza di dati storici sulle richieste di indenniz-zo (frequenza ed entità) in base ai quali valutare irischi;

• l’incertezza riguardante le future richieste, che po-trebbe essere influenzata da una serie di rischi sco-nosciuti (35);

• la conseguente incapacità degli assicuratori di valu-tare e quantificare in maniera attendibile i massima-li o modificare l’entità dei premi in caso di sistemipiù rigorosi della responsabilità.

Le componenti di autoassicurazione delle polizze po-trebbero incentivare azioni di prevenzione da partedelle imprese, ma fino ad oggi i tassi dei premi nonhanno in alcun modo dato riscontro a variazioni dei li-velli di rischio in maniera trasparente ed oggettiva. Itassi attualmente applicati possono variare sensibil-mente tra le varie assicurazioni e imprese (con rischicomparabili). Perciò, sino ad ora, i costi delle assicura-zioni non hanno fornito indicazioni economiche vali-de. Si tratta però di un mercato alquanto recente e pro-babilmente, man mano che gli assicuratori acquisiran-no maggiore esperienza, sarà possibile raggiungereuna più elevata efficienza economica, come già avve-nuto in altri mercati assicurativi.

Gli assicuratori forniranno una copertura nel quadro disistemi più rigorosi, ma restano ignoti sia la sua entitàche il relativo costo. Nel futuro prossimo, la coperturatenderà a collocarsi tra i seguenti limiti:

• nessuna copertura per i danni agli habitat naturali eper l’ambiente non di proprietà privata;

• nessuna copertura in presenza di inversione dell’one-re della prova e in mancanza di cause esonerative;

• nessuna copertura per la responsabilità retroattiva;

• copertura dei danni accidentali ma non dell’inquina-mento continuo;

• nessuna copertura prevedibile dei danni da inquina-mento atmosferico, o solo in misura modesta.

Potrebbe essere necessario un lungo periodo perché imercati assicurativi evolvano ed acquisiscano espe-rienza. Il mercato della responsabilità in materia diambiente non è attualmente interessante per gli assicu-ratori che vorranno avere maggiori dati sulle richiestedi risarcimento prima di fissare premi che riflettano i

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(35) I rischi specifici connessi alla responsabilità in materia di am-biente sono: lo sviluppo di conoscenze scientifiche sulle sostanzepericolose, la consapevolezza del pubblico della possibilità di ri-chiedere un indennizzo, la valutazione del risarcimento e/o deglistandard di recupero, la propensione del pubblico a ricorrere algiudice e l’interpretazione giurisprudenziale in materia di re-sponsabilità e risarcimento.

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rischi reali di inquinamento ed essere disposti a ri-schiare una quota significativa delle loro riserve.

Data la circolarità del problema, gli assicuratori do-vranno essere incoraggiati ad ampliare la coperturadelle polizze per la responsabilità in materia di am-biente man mano che verranno definiti i sistemi futu-ri di responsabilità in materia di ambiente. È quindiopportuno prevedere uno sviluppo graduale di talemercato.

Nel corso dello studio sono state interpellate anche lebanche. Queste si rivelano ancora più incerte delle as-sicurazioni sulle implicazioni dei sistemi di responsa-bilità presenti e futuri. Le discussioni si sono focaliz-zate sui seguenti punti:

• le ripercussioni dei sistemi di responsabilità am-bientale sull’accesso al credito;

• il potenziale rischio che la responsabilità in materiadi ambiente dei clienti ricada sulle banche.

Non tutte le banche sono già pienamente consapevolidei rischi che l’attività dei loro mutuatari comporta perl’ambiente, ma ritengono che il problema si ponga so-prattutto per le PMI (che costituiscono la quota piùconsistente dei loro crediti garantiti).

Le banche si sono trovate a fronteggiare i primi casi disofferenze dovute ad una riduzione del valore delle ga-ranzie reali da loro detenute a causa dell’inquinamentodel suolo. La necessità di effettuare una sia pur limitatavalutazione dei rischi per l’ambiente accresce i costi ditransazione di un credito, con effetti sproporzionati suipiccoli crediti. Di conseguenza, le piccole imprese po-trebbero essere particolarmente colpite dai costi con-nessi alla valutazione dei rischi. I settori che hanno ge-neralmente ottenuto fondi a fronte di garanzie reali, mache esercitano attività potenzialmente inquinanti, po-trebbero vedersi limitare l’accesso al credito a causa diuna riduzione del valore delle garanzie. Ciò potrebbeincidere in maniera particolarmente grave sulle PMI.

Se la responsabilità solidale crea una sindrome da «ri-sarcimento attinto presso chi è solvibile», l’incertezzacirca i futuri costi di una impresa potrebbe ridurre ilsuo fido e di conseguenza la sua capacità di ottenereprestiti. Le banche sarebbero ancora più prudenti sedovessero a loro volta, in quanto solvibili, essere chia-mate a risarcire un danno.

Le banche si preoccupano soprattutto di limitare la re-sponsabilità del mutuante quando chiedono in garanziabeni dell’impresa. Senza tale protezione, non sarebberodisposte a concedere prestiti a molte imprese ad alto ri-schio.

Le garanzie finanziarie obbligatorie costituiscono unambito in cui le banche vedono notevoli difficoltà.Molti strumenti di garanzia finanziaria hanno durata li-mitata (ad esempio, 5 anni) e di conseguenza non ga-rantirebbero affatto contro i danni con effetti ritardatisul lungo periodo. Il valore della garanzia finanziariaridurrebbe direttamente la capacità delle imprese di ot-tenere prestiti e questo limiterebbe in particolare i fi-nanziamenti alle PMI.

I fondi di indennizzo sono stati esaminati in quantomeccanismo complementare per risarcire le vittime eporre rimedio ai danni che altrimenti non verrebberocoperti dal sistema di responsabilità. Possono inoltreoffrire alcuni vantaggi quando la riparazione di undanno va per le lunghe o quando si vogliono evitarecause complicate con più vittime e responsabili.

I fondi esaminati nell’ambito del presente studio com-prendono quelli istituiti in Germania, Paesi Bassi, Fran-cia, Giappone e USA. L’esperienza mostra che tali fon-di sono stati prevalentemente utilizzati per problemi diinquinamento diffuso e per i siti contaminati non protet-ti per i quali non era possibile individuare un responsa-bile tenuto al pagamento del risanamento; l’esito è statoperò molto diverso a seconda dei casi. È risultato diffi-cile prevedere l’entità delle richieste di indennizzo e farfronte ad esse con le risorse disponibili nei fondi.

I fondi di indennizzo presentano due principali difetti.Le imprese sono restie ad aderirvi laddove ritengano didover pagare molto per l’inquinamento prodotto da al-tre imprese, inclusi i loro concorrenti. Ciò potrebbe ap-parire poco equo e anche in contrasto con il principio«Chi inquina paga». Inoltre tali fondi, a meno che pre-vedano contributi al fondo proporzionali al reale inqui-namento, non offrono efficaci incentivi per la preven-zione. Tuttavia se il contributo fosse proporzionale (adesempio dove è chiara l’origine del danno) sarebbe me-no necessario costituire un fondo comune. Per concilia-re questi due problemi occorre individuare una base difinanziamento che garantisca equità ed efficienza e siaal tempo stesso sufficientemente semplice e ampia.

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3.3. ISTITUTI BANCARI

3.4. FONDI DI INDENNIZZO

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I fondi di indennizzo possono svolgere un ruolo pre-zioso nel rimediare ai danni o risarcire le vittime inpresenza di emissioni inquinanti prodotte da più fonti(come nel caso dell’inquinamento atmosferico) chenon consentono quindi l’imputazione della responsabi-lità ad ogni singola fonte nell’ambito del sistema dellaresponsabilità in materia di ambiente. Sono utili inoltrenei casi in cui le emissioni possono essere facilmentetenute sotto controllo e il fondo può essere finanziatotramite imposte sulle emissioni stesse. In questo caso,il fondo di indennizzo per rimediare ai danni all’am-biente sarebbe affiancato da uno strumento economico(un’imposta sull’inquinamento) destinato al suo finan-ziamento.

Per ragioni amministrative e finanziarie, i fondi posso-no essere organizzati a diversi livelli (locale, nazionalee comunitario). Una amministrazione efficace dal pun-to di vista dei costi richiede un forte coinvolgimento alivello locale, mentre il finanziamento può apparire an-che più equo se organizzato su base locale in quanto ibeneficiari del fondo sono proprio coloro che vi hannocontribuito finanziariamente. L’utilizzo dei sistemi im-positivi nazionali potrebbe ridurre i costi amministrati-vi di un fondo. Anche se i fondi con un’ampia base difinanziamento (ad esempio a livello comunitario) pos-sono consentire economie di scala, non riscuotono ap-parentemente grande consenso, mentre c’è la tendenzaa preferire piuttosto fondi a base locale o nazionale.

Un elemento essenziale evidenziato dallo studio è lacarenza di dati economici sui costi e benefici. L’anali-si presenta perciò un ampio margine di incertezza (36)ed impone quindi una notevole cautela nella messa apunto di un sistema di responsabilità in materia di am-biente.

L’entità dei danni all’ambiente rimasti senza rimedio èfortemente incerta, ma comunque molto consistente.Un sistema di responsabilità in materia di ambiente co-stituisce uno strumento complementare ad altri stru-menti di politica ambientale. La sua idoneità ad affron-tare i casi di danni all’ambiente dipende dal tipo di

problema: l’incertezza circa la causa del danno è unfattore importante che limita l’ambito di applicazionedella responsabilità in materia di ambiente. I danni ac-cidentali si prestano all’applicazione di un siffatto si-stema, ma essi rappresentano solo una piccola partedei danni.

La responsabilità in materia di ambiente è uno stru-mento potenzialmente flessibile, ma introduce un altolivello di incertezza per gli operatori economici al mo-mento di valutare i rischi che la loro attività comporta.Poiché la possibilità di assicurare questi rischi potreb-be favorire lo sviluppo del sistema della responsabilità,la messa a punto di tale sistema dovrebbe anche mira-re a ridurre il più possibile le incertezze relative al fu-turo costo.

Sulla base delle considerazioni economiche esaminatenel presente studio, è possibile indicare alcune impli-cazioni per quanto riguarda la maggiore o minore op-portunità economica in ordine ad alcuni degli elementidi un sistema futuro di responsabilità in materia di am-biente. Vengono qui di seguito sintetizzati (con unabreve spiegazione tra parentesi per ciascun punto) al-cuni dei risultati ottenuti.

• l’inquinamento accidentale (un sistema di responsa-bilità in materia di ambiente sarà verosimilmentepiù efficace di altri strumenti nel caso di danni a tut-te le componenti ambientali, sia per quanto riguardai rimedi che per il risarcimento dei danni all’am-biente, e potrà incentivare più efficacemente la pre-venzione);

• l’inquinamento graduale di cui sia però possibile di-mostrare l’origine a costi ragionevoli (l’introduzio-ne della responsabilità nei casi di inquinamento gra-duale indurrà ad una maggiore attenzione alla pre-venzione di questo tipo di inquinamento);

• favorire lo sviluppo di un mercato assicurativo nelramo specifico dei danni all’ambiente parallelamen-te alla messa a punto di un sistema della responsa-bilità in tale ambito;

• la responsabilità oggettiva ma proporzionale (coe-rentemente con il principio «Chi inquina paga». Laresponsabilità proporzionale, piuttosto che solidale,è altamente preferita dalle imprese, banche e com-pagnie di assicurazione, anche se, in presenza di piùresponsabili o nei casi in cui la causa del danno siaincerta, può rivelarsi difficile dimostrare quale partedel danno sia imputabile a chi);

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(36) Sono necessari più studi economici a livello nazionale e setto-riale per affrontare tale problema.

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4. SINTESI DEI PUNTI DI FORZAE DI DEBOLEZZA DEL SISTEMADELLA RESPONSABILITÀ IN MATERIA DI AMBIENTE DA UN PUNTO DI VISTA ECONOMICO

NOTEVOLE OPPORTUNITÀ ECONOMICA PER:

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• standard di recupero efficaci in termini di costo (perlimitare il costo di interventi di recupero non neces-sari);

• sviluppare una serie di orientamenti europei perl’applicazione delle tecniche di valutazione del dan-no e di un quadro di riferimento per stabilirne l’en-tità (bisogno particolarmente sentito se il dannoecologico verrà incluso nell’ambito di applicazionedi un sistema di responsabilità in materia di am-biente);

• fornire una protezione ai finanziatori a fronte dellaresponsabilità dei mutuatari (a tutela anche delleimprese che effettuano il risanamento dei siti, al fi-ne di limitare la loro responsabilità).

• il diritto delle ONG di intraprendere azioni in giusti-zia (se le ONG fossero legittimate ad avviare un’a-zione in giustizia, sotto il controllo dell’autorità giu-diziaria, sarebbe possibile affrontare molti più casi,soprattutto quelli riguardanti danni ecologici a sitinon di proprietà privata per i quali nessun singolocittadino avrebbe interesse ad adire il giudice. Tutta-via, anche in presenza di meccanismi automatici vol-ti ad evitare quanto più possibile il ricorso alla giu-stizia, ciò potrebbe aumentare i costi di transazione);

• l’inversione dell’onere della prova (il vantaggio dispostare l’onere della prova sull’operatore sta nelfatto che questi conosce meglio i possibili effetti del-le emissioni prodotte nello svolgimento della sua at-tività rispetto a chi promuove l’azione. Dall’altro la-to, è sempre difficile provare qualcosa di negativo,cioè che le emissioni non hanno causato il danno);

• la limitazione della responsabilità delle imprese (incaso di responsabilità illimitata, anche in presenzadi rischi modesti — la maggior parte dei casi — leimprese che intendono tutelarsi rischiano di investi-re in misura eccessiva nella prevenzione; le banchelimiterebbero inoltre i finanziamenti, in base ad unavalutazione prudente dei grandi rischi nell’ipotesipiù pessimista; le compagnie di assicurazione limi-terebbero inoltre la copertura. Per contro, la respon-sabilità limitata, eventualmente solo in una fasetransitoria, continuerà a fornire incentivi alla pre-venzione, riducendo al tempo stesso in misura si-gnificativa il grado di incertezza);

• un regime speciale per le PMI (un sistema di re-sponsabilità in materia di ambiente può produrre siavantaggi che svantaggi per le PMI. Aumenterà glioneri delle PMI in misura sproporzionata rispetto

alle loro risorse finanziarie, ma eventuali cause eso-nerative a loro favore non consentirebbero di impe-dire l’inquinamento);

• la costituzione di un fondo di indennizzo finanziatodalla collettività (un fondo comune di indennizzo fi-nanziato dai contributi dell’industria potrebbe nonessere efficace od equo, in quanto le imprese attualinon sono responsabili dell’inquinamento, come neicasi dei siti contaminati da inquinamento passato.L’utilizzo di tali fondi pubblici per rimediare a de-terminati danni all’ambiente ha una connotazioneche risponde al criterio della pubblica utilità).

• la responsabilità oggettiva retroattiva, senza causeesonorative (assicuratori e banche si ritirerebberodal mercato; l’attività sui vecchi siti diventerebbeimpossibile);

• i fondi di indennizzo finanziati dall’industria (le im-prese non intendono pagare per l’inquinamento pro-dotto dai concorrenti; le imprese “pulite” paghereb-bero due volte, il che scoraggerebbe la prevenzione;l’ammontare dei contributi sarebbe arbitrario e nonfornirebbe quindi efficaci incentivi economici);

• un fondo di indennizzo organizzato a livello comu-nitario (i fondi organizzati a livello locale o nazio-nale sarebbero maggiormente efficaci);

• l’assicurazione obbligatoria (le compagnie di assi-curazione potrebbero offrire polizze generali ed ef-ficaci in termini di costi solo su un mercato dell’as-sicurazione della responsabilità molto maturo per ilquale i rischi per tutte le imprese sono ben cono-sciuti. Sarebbe difficile evitare che gli assicuratoririchiedano premi eccessivi);

• l’introduzione di garanzie finanziarie obbligatorie(ridurrebbero notevolmente i finanziamenti a favoredelle PMI per investimenti. Avrebbero inoltre unadurata limitata e non coprirebbero l’orizzonte tem-porale di una potenziale responsabilità per problemia lungo termine);

• estendere l’ambito di applicazione alle fonti diffusedi inquinamento (senza una chiara causa, è difficile ecostoso dimostrare l’esistenza di una responsabilità);

• la responsabilità solidale (difficilmente potrebbe su-scitare efficaci incentivi per la prevenzione e po-trebbe accrescere i costi di transazione).

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OPPORTUNITÀ ECONOMICA INCERTA PER:

SCARSA OPPORTUNITÀ DA UN PUNTO DI VISTA

ECONOMICO PER:

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Allegato 3

RESPONSABILITÀ PER DANNIECOLOGICI E LORO VALUTAZIONE

SINTESI

Edward H.P. Brans e Mark UilhoornUniversità Erasmus di Rotterdam

INTRODUZIONE

Nell’elaborare direttive contenenti norme sulle emissio-ni, standard di qualità, obblighi relativi alla valutazionedell’impatto ambientale di alcuni progetti e altro, l’U-nione europea intendeva prevenire ed impedire danni al-l’ambiente. Purtroppo, non è mai possibile evitare com-pletamente incidenti che producono inquinamento ed al-tri eventi dannosi. Di conseguenza, qualche danno al-l’ambiente si produrrà comunque. In tali casi, l’istitutodella responsabilità in materia di danni all’ambiente po-trebbe costituire un utile strumento per recuperare, ripri-stinare e impedire questo tipo di danni (cfr. in propositoil quinto programma di azione in materia di ambiente).

Nella maggior parte degli Stati membri dell’UE, i danniall’ambiente non possono dar luogo a indennizzi in as-senza di lesioni alla persona o danni alle cose (cfr. studiodi diritto comparato di McKenna & Co, giugno 1996).L’istituto della responsabilità in materia di ambiente a li-vello comunitario deve quindi affrontare tale questione,colmando alcune delle lacune esistenti nei sistemi di tu-tela dell’ambiente vigenti negli Stati membri. Il docu-mento di base è incentrato sull’indennizzo dei danniecologici (in appresso, danni alle risorse naturali), indi-pendentemente dall’attività (intrinsecamente nociva omeno), incidente o evento che ha originato il danno.

L’ambito di applicazione del sistema comunitario dellaresponsabilità proposto è limitato ai danni alle risorsenaturali a cui non sia possibile rimediare completa-mente attraverso, ad esempio, interventi di risanamen-to, azioni per l’eliminazione del danno e azioni pre-ventive volte a limitare i danni all’ambiente. I provve-dimenti di recupero vengono adottati in aggiunta a taliazioni e sono finalizzati al ripristino delle condizionioriginarie in cui si trovavano le risorse naturali dan-neggiate. La responsabilità dei danni alle risorse natu-rali incombe all’autore dell’atto, dell’incidente o del-l’evento che ne è stato la causa.

Per «risorse naturali» si intendono le risorse naturaliviventi o inanimate quali suolo, habitat, popolazioneittica, flora e fauna selvatica, forme di vita animale evegetale, aria, acqua ed ecosistemi. Per “danni alle ri-sorse naturali” si intende l’alterazione, la modifica, lalesione, il deterioramento, la distruzione o la perdita ditali risorse. Anche la perdita o l’alterazione delle fun-zioni e dei servizi a vantaggio della collettività a se-guito del danneggiamento di tali risorse vanno consi-derate un danno. Tuttavia, non tutte le modifiche allaquantità e alla qualità delle risorse naturali o alla fun-zione da queste assolta vanno considerate un danno.Occorre prendere in considerazione alcuni criteri limi-te (cfr. infra).

L’ambito di applicazione del sistema della responsabi-lità è limitato ai danni ecologici e riguarda i danni allerisorse naturali libere o appartenenti a un soggetto, masolo nella misura in cui queste presentano uno specifi-co valore per la collettività. Le direttive «Uccelli sel-vatici» e «Habitat» possono fungere da punto di riferi-mento al riguardo. In base ad entrambe le direttive, gliStati membri devono designare speciali aree di prote-zione. Gli habitat naturali e le altre risorse naturali ubi-cate o dipendenti da queste aree geografiche sono con-siderate, in virtù della loro importanza, di particolarevalore per la collettività. Gli Stati membri potrebberoavere la facoltà di estendere l’ambito di applicazionedel sistema ad altre aree che contengono o garantisco-no la sussistenza di risorse naturali di particolare valo-re per la collettività, come le riserve naturali nazionali.

Un problema particolare riguarda le risorse naturalisoggette a diritti di proprietà privata. Qualora vengaoccasionato un danno ad una proprietà privata, in lineadi principio spetta al proprietario cercare di porre ri-medio e recuperare il danno. Tuttavia, non sempre ilproprietario sarà disposto ad adire il giudice o a spen-dere l’indennizzo per il recupero delle risorse naturalidanneggiate. Potrebbe lui stesso aver causato il danno.Alla luce delle finalità delle direttive «Uccelli selvati-ci» e «Habitat», occorre intervenire anche se il dannoriguarda risorse naturali soggette a diritti di proprietà.Vi sono allora diverse possibilità per il recupero deidanni a risorse naturali particolari di proprietà privata.Una consiste nell’attribuire allo Stato o a gruppi costi-tuiti per la tutela dell’interesse pubblico, in base allescelte effettuate in merito al locus standi, la legittima-zione a proporre un’azione in giudizio. Ciononostante,

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Allegato 3

RESPONSABILITÀ PER DANNIECOLOGICI E LORO VALUTAZIONE

SINTESI

Edward H.P. Brans e Mark UilhoornUniversità Erasmus di Rotterdam

INTRODUZIONE

AMBITO DI APPLICAZIONE

RISORSE NATURALI LIBERE O APPARTENENTI

A UN SOGGETTO

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lo Stato o tali gruppi non dovrebbero essere coinvoltinell’azione o nel processo di recupero, a meno chequesto non porti significativi benefici per la colletti-vità. Non si vogliono includere tutte le risorse naturalisoggette alla proprietà privata, ma solo quelle di parti-colare valore per la collettività.

Una parte delle risorse naturali che rientrano nell’am-bito di applicazione del sistema della responsabilitànon spettano in proprietà ad alcuno: sono res nullius ores communis. In caso di danni alle risorse naturali,l’attribuzione della facoltà di agire per conto della col-lettività ad autorità pubbliche, a gruppi costituiti per latutela dell’interesse pubblico o a entrambi, al fine diottenere un risarcimento per il pregiudizio a tali risor-se, è di fondamentale importanza per consentirne l’ef-fettivo recupero. Per quanto riguarda le risorse natura-li soggette a diritti di proprietà, spetta in linea di prin-cipio al proprietario cercare di porre rimedio e recupe-rare il danno. Qualora questi non voglia adire il giudi-ce, avendo egli stesso occasionato il danno, o spende-re l’indennizzo per il recupero delle risorse naturalidanneggiate, occorre operare una scelta in relazione allocus standi (cfr. paragrafo precedente). Anche in que-sto caso i limiti ai diritti di proprietà e i vincoli sulladestinazione dell’indennizzo andrebbero consideratisoltanto qualora i danni riguardino risorse naturali diparticolare valore per la collettività.

Il sistema della responsabilità proposto autorizza il ri-sarcimento dei danni occasionati alle risorse naturalida tutti i tipi di attività, incidenti o eventi pregiudizie-voli. Tuttavia, non tutte le modifiche qualitative equantitative prodotte alle risorse naturali vanno consi-derate un danno e determinano il sorgere di una re-sponsabilità. Per un corretto funzionamento del siste-ma della responsabilità, sarebbe utile individuare unasoglia minima al disotto della quale non sorge alcunaresponsabilità a carico dell’autore del danno. A tal finepossono essere individuati alcuni fattori che costitui-scono il punto di partenza per dimostrare che è statacausata un’alterazione quantificabile con effetti negati-vi a risorse naturali e alla funzione da queste assolta.Gli standard di qualità e i livelli di emissione previstida alcune direttive UE possono essere utili a tale sco-po. In ogni caso, occorrerebbe almeno confrontare lasituazione successiva al verificarsi del danno con quel-la preesistente all’attività, all’incidente e all’eventocausale.

DESTINAZIONE DELL’INDENNIZZO

In generale, l’indennizzo ottenuto dovrebbe essere de-stinato e utilizzato unicamente per il recupero, la riabi-litazione, la sostituzione o l’acquisizione di risorse na-turali equivalenti a quelle danneggiate. Si potrebberomettere in comune gli indennizzi, ove i danni alle ri-sorse naturali superino la soglia minima, ma un singo-lo indennizzo rischia di essere troppo modesto, per ra-gioni economiche e tecniche, per consentire un recupe-ro del danno.

Il sistema comunitario della responsabilità proposto èdi natura risarcitoria e non punitiva. Di conseguenza, ilrisarcimento deve essere valutato in modo da rappre-sentare il valore delle risorse naturali perdute e dellefunzioni che queste non sono più in grado di assolvere.Occorre quindi quantificare il danno e il valore dellerisorse naturali danneggiate. La valutazione del dannoalle risorse naturali è un esercizio complesso in quantomolte risorse naturali non hanno un valore di mercato.Oltre alle metodologie economiche esistenti, potrebbe-ro essere elaborati modelli astratti in base a procedurestandard oppure i costi del recupero potrebbero essereutilizzati come misura del danno.

Se il recupero è fattibile da un punto di vista tecnico e ilcosto degli interventi è ragionevole in base ad un’anali-si costi-benefici, il costo delle misure per il recupero deldanno rappresenta il metodo prioritario e preferibile percalcolare l’ammontare dell’indennizzo. Le misure di re-cupero vengono attuate per ricondurre le risorse natura-li danneggiate e le funzioni da queste assolte alle condi-zioni originarie, vale a dire così come sarebbero state sel’incidente non si fosse verificato. In taluni casi può es-sere difficile determinare con esattezza quali fossero lecondizioni originarie. In questo caso, potrebbe essereutile avvalersi dei dati storici, dei dati di riferimento,dei dati di controllo, dei dati raccolti per la valutazionedell’impatto ambientale (ove disponibili) e delle infor-mazioni relative ad aree non colpite ma paragonabili alsito danneggiato. L’adeguatezza degli interventi di re-cupero può essere valutata in base all’estensione e allanatura del danno, al tipo, alla quantità e alla qualità del-le risorse naturali e dei servizi persi e stabilendo le mi-sure necessarie per la sostituzione o la restitutio ad inte-grum della qualità e della quantità di tali risorse natura-li e delle funzioni da queste assolte.

In taluni casi sarà difficile decidere circa la ragionevo-lezza del costo delle misure per il recupero del danno

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LEGITTIMAZIONE A PROPORRE UN’AZIONE

SOGLIA MINIMA

DESTINAZIONE DELL’INDENNIZZO

VALUTAZIONE

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alle risorse naturali o per acquisire risorse equivalenti.Il criterio della ragionevolezza richiede una valutazio-ne del costo economico e ambientale degli interventi direcupero a fronte dei benefici che essi comportano perl’ambiente. Una volta determinata la natura e l’entitàdegli effetti che l’attività all’origine del danno ha com-portato per le risorse naturali, il danneggiato deve indi-viduare una serie di alternative per il recupero che of-frano benefici analoghi e scegliere quella che presentail migliore rapporto costo-efficacia. L’alternativa piùvantaggiosa da un punto di vista economico sarà quel-la meno costosa in base a determinati parametri e alraffronto con i benefici che ciascuna alternativa com-porta per l’ambiente.

Qualora il costo degli interventi di recupero sia palese-mente sproporzionato e eccessivo, l’acquisizione di ri-sorse equivalenti potrebbe costituire una valida alter-nativa per compensare il danno. Un’altra soluzione po-trebbe essere il versamento di una somma ad un fondoche verrà destinato unicamente a finalità di recupero ocomunque a vantaggio dell’ambiente.

Ci possono volere anni prima di recuperare un dannoalle risorse naturali. Il danno impedisce o altera l’uti-lizzo delle risorse da parte dell’uomo dal momento incui ha avuto luogo l’evento causale fino al completorecupero delle risorse. Risarcire questa perdita tempo-ranea significa determinare quali azioni occorre intra-prendere per compensare il valore d’uso per l’uomo,valore che è stato alterato o annullato. Per valutare ta-le indennizzo, si possono quantificare i servizi persi oalterati e realizzare interventi che garantiscano gli stes-si servizi o servizi paragonabili.

L’indennizzo può anche essere fornito attraverso unfondo. L’industria e gli altri settori potrebbero essere in-coraggiati a costituire su base volontaria fondi di questotipo. Si potrebbe inoltre lasciare all’iniziativa degli Sta-ti membri la creazione di meccanismi di sicurezza cheintervenissero nel caso vi fossero problemi con dannioccasionati, ad esempio, da incidenti cumulativi.

In conclusione, l’entità del risarcimento in base al si-stema della responsabilità proposto per quanto riguar-da i danni alle risorse naturali andrebbe valutato in

funzione del costo di recupero, riabilitazione, sostitu-zione o acquisizione di risorse naturali equivalenti aquelle danneggiate, compreso il risarcimento delle per-dite temporanee e dei costi ragionevolmente necessarialla valutazione del danno. Il risarcimento deve essereutilizzato soltanto ai fini del recupero e per riportare lerisorse naturali e le funzioni da queste assolte nelle lo-ro condizioni originarie.

Page 100: Libro bianco sulla responsabilità ambientale

PERDITA TEMPORANEA

FONDO

PROSPETTIVE

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Un sistema comunitario della responsabilità per dannicausati dall’inquinamento del suolo permette di dareattuazione ai principi dell’azione preventiva e dellaprecauzione e al principio «Chi inquina paga». Inoltre,può evitare o eliminare le distorsioni alla concorrenzasul mercato interno determinate dalle differenze esi-stenti tra i sistemi nazionali.

Per quanto riguarda la responsabilità per il risanamen-to dei siti contaminati, l’eventuale sistema comunitariodovrebbe mirare in particolare ad armonizzare la defi-nizione di «siti contaminati» (comprendente suolo, ac-que di superficie e acque sotterranee) e le norme mini-me, gli obiettivi e obblighi di risanamento che costitui-scono fattori fondamentali per determinare l’ambito diapplicazione della norma in materia di responsabilità el’entità dei costi di risanamento.

L’introduzione di un sistema di responsabilità a livellocomunitario non impedirà agli Stati membri di metterea punto un loro processo decisionale a livello ammini-strativo riguardante il risanamento dei siti contaminatie di scegliere gli strumenti giuridici più adatti a talescopo. Un sistema comunitario della responsabilitànon dovrebbe in particolare influire sulle modalità diindividuazione dell’inquinamento (ossia attraversocontrolli del suolo o la costituzione di un catasto deiterreni inquinati), né sull’imposizione di un obbligoamministrativo ad effettuare il risanamento e contri-buire ai costi dello stesso o sulla possibilità di imporregaranzie finanziarie per evitare problemi di insolvenza.Peraltro, le norme comunitarie dovrebbero obbligaregli Stati membri a regolamentare le procedure di risa-namento al fine di assicurare un minimo di efficienzadi tutela giudiziaria.

Il sistema comunitario dovrebbe mirare unicamente adisciplinare la materia della responsabilità per le futu-re contaminazioni del suolo.

II. QUADRO DI RIFERIMENTO DI UN SISTEMADELLA RESPONSABILITÀ PER I COSTI DI RISANAMENTO

1. DEFINIZIONE DI “SITI CONTAMINATI”

L’elaborazione di una politica e di una strategia europeein materia di responsabilità per (il risanamento di) siticontaminati richiede l’utilizzo di una definizione comu-ne europea per tale termine. Nel sistema comunitarioproposto, l’espressione «terra contaminata» include«suolo», «acque sotterranee» e «acque di superficie».Ciò in virtù principalmente di considerazioni politicheconnesse alle modalità con cui si realizza in pratica l’in-quinamento dei siti. Dal momento che lo strato superio-re del terreno, il sottosuolo, le acque sotterranee e di su-perficie sono strettamente interconnesse, l’inquinamen-to dello strato superiore del terreno costituisce ancheuna minaccia per sottosuolo, acque di superficie e ac-que sotterranee. Inoltre, il trattamento delle zone inqui-nate non può essere efficace se limitato allo strato supe-riore del terreno senza prendere in considerazione le ac-que di superficie, il sottosuolo, l’aria ed altri elementigassosi presenti nel suolo. Infine, assoggettando il suo-lo e le acque sotterranee alle stesse norme sul risana-mento, saranno evitate le contraddizioni tra di esse.

Le norme e gli obiettivi di risanamento sono la basefondamentale della responsabilità in materia di risana-mento dei siti contaminati. Le differenze tra le disposi-zioni degli ordinamenti nazionali sulla qualità del suo-lo possono anche falsare la concorrenza e avere un im-patto diretto sul funzionamento del mercato interno. Èquindi necessario introdurre un livello minimo di ar-monizzazione.

Si tratta di norme generali per valutare l’inquinamentodel suolo e decidere se il risanamento sia o meno ne-cessario.

La maggior parte degli Stati membri ritiene che solol’inquinamento dei siti che produce effetti inaccettabiliper l’uomo e per l’ambiente richieda un risanamento.Questa idea, oltre che presupposto che un determinatolivello minimo di inquinamento sia da ritenersi accet-tabile in una società industriale, è basata su un approc-

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Allegato 4

RESPONSABILITÀ PER SITICONTAMINATI

SINTESI

Sophie Deloddere e Donatienne RyckbostUniversità di Gand

I. OBIETTIVI E PRINCIPI

II. QUADRO DI RIFERIMENTODI UN SISTEMADELLA RESPONSABILITÀPER I COSTI DI RISANAMENTO

1. DEFINIZIONE DI “SITI CONTAMINATI”

2. ARMONIZZAZIONE DELLE NORME

E DEGLI OBIETTIVI DI RISANAMENTO

2.1. NORME DI RISANAMENTO

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cio realistico al problema che tiene conto dell’utilizzopresente o prevedibilmente futuro del suolo e dellascarsa disponibilità di mezzi finanziari per il recuperodel suolo contaminato.

L’accettabilità degli effetti per l’uomo e per l’ambien-te può essere determinata sulla base di criteri di risana-mento specifici e numericamente quantificati o sullabase di un criterio generale e non quantificato, vale adire l’esistenza di una grave minaccia per l’uomo o perl’ambiente. La presenza di una grave minaccia può tral’altro essere influenzata dai rischi di esposizione perl’uomo, gli animali, le piante e per le operazioni dicaptazione delle acque, nonché dalle proprietà e dallefunzioni del suolo, dalla natura e dalla concentrazionedelle sostanze inquinanti o dei microrganismi e dallapossibilità che questi si diffondano, dalla gravità deldanno potenziale.

L’uso di norme non quantificate offre il vantaggio di af-frontare ogni caso nel modo migliore tenendo conto del-le specifiche condizioni del sito, come il tipo di sostanzeinquinanti, le proprietà del suolo, la situazione idrologi-ca e l’uso del terreno. Una siffatta valutazione del ri-schio ha però lo svantaggio di essere troppo onerosa intermini di tempo e di denaro. I criteri di risanamentoquantificati, pur fornendo una stima meno precisa del ri-schio effettivo e consentendo una minore flessibilità nel-la decisione degli interventi, presentano però molteplicivantaggi, quali una maggiore coerenza a livello delle po-litiche che facilita la pianificazione e gli interventi e neconsente una più rapida e agevole attuazione.

Nell’attuale proposta comunitaria, il concetto di graveminaccia per l’uomo o per l’ambiente costituisce unanorma minima generale non quantificata in base allaquale decidere di volta in volta se l’intervento di risa-namento sia o meno necessario. Questa regola implicache in futuro occorrerà evitare ogni minima minacciagrave in quanto comporterebbe effetti inaccettabili perl’uomo e per l’ambiente.

Al fine di stabilire se esista una minaccia grave, vieneproposto un approccio differenziato che tiene quantomeno conto dell’uso presente e ipotizzabile in futurodel suolo, piuttosto che uno che consideri la destina-zione d’uso del suolo. Tale scelta è in linea con la lo-gica adottata dalla maggior parte degli Stati membri.

La norma non quantificata sopra indicata potrebbe es-sere applicata in combinazione con le norme comuniquantificate. Per una maggiore armonizzazione, po-

trebbero essere elaborati standard di risanamento nu-merici a livello comunitario. Nell’applicare tali normequantificate è possibile individuare due impostazioni.Primo, le norme quantificate possono essere utilizzatecome linee guida. Ciò implica che esse siano un ele-mento non vincolante del processo decisionale ammi-nistrativo. L’esistenza di un rischio effettivo deve esse-re stabilita valutando il rischio caso per caso e il supe-ramento degli standard numerici di risanamento costi-tuirà solo uno degli elementi per stabilire se il risana-mento sia necessario. In secondo luogo, possono esse-re applicate norme quantificate vincolanti. In tal caso,il superamento degli standard numerici implica neces-sariamente l’esistenza di una minaccia grave e l’esi-genza di procedere al risanamento. L’esistenza di un ri-schio grave è allora definita a titolo generale per tutti icasi. Quest’ultimo approccio offre un maggior livellotecnico di certezza del diritto, ma implica un non sem-pre facile consenso su tali standard e una minore fles-sibilità. Ad ogni modo, al fine di evitare un vuoto giu-ridico (temporaneo), è opportuno che fino a quandonon saranno state definite norme quantificate l’esisten-za di una minaccia grave (che dovrà essere stabilitasulla base di una valutazione condotta caso per caso)costituirà il criterio di ripiego.

Gli obiettivi di risanamento definiranno in definitiva laqualità del suolo che è ragionevolmente possibile man-tenere o ripristinare. Tali obiettivi possono essere nonquantificati (ad esempio l’assenza di un grave pericoloper l’uomo o per l’ambiente, il recupero delle funzionidel suolo) o possono essere quantificati attraversostandard numerici.

Idealmente, l’obiettivo del risanamento dovrebbe ri-portare il suolo ad una condizione in cui non sia pre-sente alcuna contaminazione. Il risanamento del suolodeve perciò riuscire a riportare la qualità del suolo aisuoi valori naturali (obiettivo quantificato). Tuttavia, lalimitatezza delle risorse finanziarie e l’entità del pro-blema impongono in genere agli Stati membri di limi-tare gli obiettivi del risanamento facendo riferimento avalutazioni effettuate in base alle migliori tecnologiedisponibili (BAT — Best Available Technology) e al-l’uso presente o ipotizzabile in futuro del suolo. Lad-dove, in base alle valutazioni condotte tenendo contodelle BAT, non sia possibile ottenere i valori preesi-stenti, l’obiettivo di evitare una ulteriore diffusionedell’inquinamento o una grave minaccia viene consi-derato un obiettivo minimo non quantificato.

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2.2. OBIETTIVI DI RISANAMENTO

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Un sistema comunitario dovrebbe prevedere l’obietti-vo minimo non quantificato dell’eliminazione di ognigrave minaccia per l’uomo o l’ambiente in ogni speci-fico caso, tenendo conto del principio BAT e dell’usopresente o ipotizzabile in futuro del suolo.

Questo obiettivo non quantificato dovrebbe, ove possi-bile, essere applicato in combinazione con gli standardnumerici quantificati indicanti la qualità del suolo chesi deve raggiungere. In particolare, i suddetti standarddi risanamento potrebbero anche essere utilizzati perquantificare gli obiettivi minimi del risanamento.

Laddove il risanamento non fosse possibile, per ragio-ni economiche (costi sproporzionati) o per ragioni tec-niche, un’alternativa potrebbe essere il contenimentodi isolamento.

Gli obiettivi comunitari di risanamento (quantificati enon) non dovrebbero impedire agli Stati membri diadottare obiettivi più rigorosi (quali valori di qualitàdel suolo «naturali» o l’obiettivo generale della «mul-tifunzionalità»).

Il sistema comunitario dovrebbe imporre agli Statimembri di far sì che, ove necessario, le procedure di ri-sanamento siano attuate in tempi brevi e sulla base deicriteri sopra esposti, imputando la responsabilità al-l’autore del danno e introducendo meccanismi volti agarantire l’effettiva attuazione degli interventi di risa-namento.

Gli Stati membri possono prendere in considerazione iseguenti aspetti per fornire adeguate garanzie di tutelagiudiziaria e attuare interventi di risanamento efficien-ti. Un ente pubblico apposito potrebbe essere incarica-to del controllo delle operazioni e dell’esecuzione oprosecuzione del risanamento in caso di pericolo im-minente, ad esempio qualora la parte responsabile nonprovveda volontariamente o vi provveda in manieranon sufficiente. Altri aspetti procedurali potrebbero ri-guardare il diritto di accesso al sito inquinato al fine disuperare l’opposizione dei proprietari o possessori delfondo a partecipare alle attività di risanamento, la par-tecipazione delle parti lese al processo decisionale e imeccanismi per la composizione delle vertenze a livel-lo amministrativo.

4. CARATTERE NON ESCLUSIVO

DELLA RESPONSABILITÀ: GERARCHIA DEI RESPONSABILI

Il sistema comunitario della responsabilità per i costidel risanamento mira a dare attuazione al principio«Chi inquina paga». In generale, le norme nazionalisulla responsabilità oggettiva non sono esclusive, nelsenso che la vittima non vede limitato il suo diritto acitare in giudizio terzi oltre al responsabile dell’inqui-namento in base alla norma sulla responsabilità diretta.Nemmeno il sistema comunitario dovrebbe avere ca-rattere esclusivo. Il che significa che gli Stati membri,in base al principio della sussidiarietà, possono mante-nere in vigore altre norme in base alle quali la respon-sabilità viene attribuita anche a terzi (come la respon-sabilità per colpa, la responsabilità del proprietario delterreno inquinato). Tale coesistenza implica la possibi-lità di promuovere un’azione nei confronti di più sog-getti per ottenere il risarcimento del costo del risana-mento.

Gli ordinamenti degli Stati membri spesso attribuisco-no la responsabilità al proprietario o al detentore cheoccupa il terreno inquinato, in seconda istanza rispettoall’effettivo responsabile del danno o a terzi. Ciò è giu-stificato dal fatto che il proprietario (o il possessore,occupante ecc.) è tenuto a controllare i rischi che unfondo comporta e deve di conseguenza adottare misu-re preventive. Tale norma tuttavia è spesso attenuatadalla specifica eccezione di presunzione di innocenzadel proprietario che può comportare un esonero dallaresponsabilità o quanto meno una sua limitazione a de-terminati costi.

Il sistema comunitario proposto dovrebbe prevedereun’attenuazione della responsabilità del proprietario odell’occupante del fondo che non abbiano causato l’in-quinamento. Gli Stati membri dovrebbero più in parti-colare essere tenuti a garantire che il proprietario o ilpossessore del fondo, in base al criterio della semplicetitolarità del diritto di proprietà o dell’obbligo di vigi-lanza sul fondo, possano essere ritenuti responsabilidei costi del risanamento soltanto se, dopo opportuneindagini, non fosse possibile individuare un autore del-l’inquinamento solvibile. Il modo più efficace per farluogo a questa gerarchia di responsabili sembra quellodi attribuire al convenuto il diritto di impugnare la do-manda dell’attore qualora individuasse chi ha realmen-te causato l’inquinamento e quest’ultimo si rivelassesolvibile. Questa norma consente di dare migliore at-tuazione al principio dell’azione preventiva, dal mo-

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3. ASPETTI PROCEDURALI

(OBBLIGO DI RISANAMENTO)

4. CARATTERE NON ESCLUSIVO

DELLA RESPONSABILITÀ:GERARCHIA DEI RESPONSABILI

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mento che chi può potenzialmente causare un inquina-mento sa anticipatamente di venire considerato respon-sabile prima delle altre parti (forse maggiormente sol-vibili) che in condizioni normali non hanno contribui-to al danno. Di conseguenza, vi sarebbe una miglioreinternalizzazione dei costi per la riduzione dell’inqui-namento.

Va detto che la semplice applicazione della gerarchiaproposta non impedirebbe, laddove gli autori dell’in-quinamento non siano individuabili e solvibili e le nor-me nazionali non prevedano il totale esonero dalla re-sponsabilità o una sua limitazione in base al principiodella presunzione di innocenza del proprietario, di farsostenere al proprietario innocente tutto il costo del ri-sanamento.

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1. Nel marzo 1992 il Consiglio ha conferito alla Com-missione un mandato di negoziato per i settori di com-petenza comunitaria relativamente alla preparazionedella convenzione del Consiglio d’Europa sulla re-sponsabilità civile per i danni provocati da attività pe-ricolose per l’ambiente, sottoposta alla firma delle par-ti nel giugno 1993.

Oltre alla Comunità europea e a tutti gli Stati membri,hanno partecipato ai negoziati anche i paesi dell’EFTAed alcuni paesi dell’Europa centrale ed orientale. Laconvenzione ammette l’adesione anche di Stati nonmembri del Consiglio d’Europa.

2. La finalità e l’obiettivo della convenzione è stabilireun adeguato risarcimento per i danni provocati da atti-vità pericolose per l’ambiente. La convenzione contieneinoltre misure per la prevenzione dei danni e il ripristinodelle condizioni precedenti. Il concetto di danni abbrac-cia le alterazioni dell’ambiente, i danni alle persone e al-le cose e i costi delle misure preventive, ossia le misureadottate per impedire o alleviare i danni. I danni posso-no risultare da una singola azione o da un processo con-tinuativo di inquinamento. Va notato che la definizionedi «ambiente» nella convenzione è molto ampia.

Al fine di conseguire l’obiettivo di riparare adeguata-mente i danni all’ambiente, la convenzione introduceun regime di responsabilità oggettiva. In base alla con-venzione, il responsabile è l’operatore, ossia la perso-na che ha il controllo dell’attività pericolosa nel mo-mento in cui si verifica l’incidente o, in caso di sitipermanentemente utilizzati per lo smaltimento di rifiu-ti, nel momento in cui si ha conoscenza del danno.

3. Il termine «attività pericolosa» si riferisce ad una at-tività professionale che preveda l’uso di sostanze peri-colose, di organismi o microrganismi geneticamentemodificati e abbraccia anche il funzionamento di in-stallazioni o siti per il trattamento e lo stoccaggio deirifiuti. Per alcune definizioni, come quella di sostanzepericolose o di organismi geneticamente modificati, laconvenzione rinvia alle definizioni indicate nelle diret-tive comunitarie.

La convenzione riconosce alle associazioni ambientali-ste il diritto di adire il giudice per far sì che vengano

attuate misure di prevenzione e recupero. Le parti con-traenti hanno però la possibilità di non dare applica-zione all’articolo in questione (articolo 18). Inoltre, laconvenzione impone alle parti contraenti «se del caso»di richiedere la costituzione di un sistema di garanziafinanziaria. Le condizioni, i limiti e altri elementi di ta-le sistema sono interamente lasciati al legislatore delleparti.

4. La convenzione riconosce agli ordinamenti interniun’ampia flessibilità per quanto riguarda le disposizio-ni di attuazione e consente inoltre di prevedere dispo-sizioni finalizzate ad una maggiore protezione dell’am-biente e delle vittime. Essa contiene una clausola chericonosce il primato della normativa comunitaria lad-dove quest’ultima disciplini aspetti affrontati dallaconvenzione.

5. La convenzione prevede disposizioni per l’adesionedella Comunità europea. La Comunità ha diritto di vo-to nel comitato permanente che si occupa dei problemidi interpretazione e attuazione posti dalla convenzione,facoltà che può esercitare nell’ambito delle sue compe-tenze.

Firmatari della convenzione

6. Fino ad oggi nove paesi hanno sottoscritto la con-venzione, di cui sei Stati membri della Comunità, se-gnatamente Finlandia, Grecia, Italia, Lussemburgo,Paesi Bassi e Portogallo. Gli altri firmatari sono Cipro,Islanda e Liechtenstein. Non vi è stata ancora alcunaratifica, ma hanno già avviato le procedure di ratificaalcuni paesi (Finlandia, Grecia e Paesi Bassi). La con-venzione entrerà in vigore dopo la terza ratifica.

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Allegato 5

STORIA E SINTESI DEI CONTENUTIDELLA CONVENZIONE DI LUGANO

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Commissione europea

Libro bianco sulla responsabilità ambientale

Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee

2000 — 55 pagg. — 21 x 29,7 cm

ISBN 92-828-9181-X

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